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Diocesi di Vittorio Veneto

CENTRO DIOCESANO VOCAZIONI


Nella Pasqua di Ges,
chiamati a fare della propria vita un sacrificio d Amore
Per educare alla felicit della verit
relatore: p. AMEDEO CENCINI
religioso canossiano, psicologo e formatore
domenica 23 ottobre 2011

1. INTRODUZIONE
Buongiorno e buon pomeriggio a tutti e
grazie per questo invito a venire qui, invito
che ho accolto volentieri; francamente anche
perch sono stato un po incuriosito da quello
che mi ha detto don Gianluigi e da quello che
mi ha mandato anche e da quello che gi un
pochino sapevo. Incuriosito dellesistenza di
questi Laboratori Vocazionali e dunque vengo
qui anche per capirci un pochino meglio di
questa realt, che mi sembra una cosa
originale, singolare e che dice limpegno che
in questa chiesa locale, non da ora, si presta a
questo problema della Chiesa in generale, il
problema dellanimazione vocazionale, della
pastorale vocazionale.

Allora, io non ho la pretesa assolutamente


di dirvi nulla di particolarmente originale e
nuovo, semplicemente cosi vorrei attirare la
vostra attenzione, come ha detto sua
Eccellenza, su alcuni elementi che sono
particolarmente importanti per concepire in
modo corretto cosa vuol dire oggi lavorare
nellanimazione, nella pastorale vocazionale,
partendo un po da questa idea che stata gi
proposta e lanciata. Il problema fondamentale
oggi quello di creare o sostenere o
promuovere o elaborare in maniera sempre
pi efficace una vera e propria cultura
vocazionale.

2. LA QUESTIONE FONDAMENTALE: LA CULTURA VOCAZIONALE


2.1 Al di l della crisi, il coraggio dellannuncio vocazionale
Ecco, il vero problema un po
universale. Lo scorso febbraio abbiamo
celebrato il secondo congresso continentale
vocazionale dellAmerica Latina in Costarica;
bellissimo congresso, cerano in America
Latina 600-700 persone, ogni chiesa
nazionale era rappresentata con il tipico

colore e folklore sudamericano e questo


stato il secondo congresso. Alcune decine di
anni fa si decise di fare dei congressi
continentali, in qualche maniera per elaborare,
un pochino, una pastorale vocazionale
secondo le necessit del tempo. E si cominci
appunto con quello del Brasile, dellAmerica

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Latina che si celebr in Brasile e fu il primo
congresso continentale. Poi ci fu quello
europeo, celebrato a Roma, poi quello
dellAmerica del Nord, celebrato a Montreal,
poi quello orientale, sarebbe toccato a quello
dellAfrica, per vari motivi non stato
possibile e cosi si cominciato con il secondo
ciclo, che appunto ripartito con lAmerica
Latina. E stato il primo continente che ha
cominciato, diciamo cosi, nellera moderna,
intendendo lera post-conciliare, appunto a
riflettere sulla tematica della pastorale
vocazionale. Ed stato molto significativo in
questo convegno ricordare appunto il primo
convegno.
Il primo convegno stato celebrato
allinsegna della crisi e si disse impossibile
continuare a parlare ancora di crisi, basta
con la crisi, non si pu per tutta leternit
dibatterci con la crisi e con le conseguenze di
depressione che questo pu creare in noi.
Non esiste un animatore vocazionale
depresso. Come fa un animatore vocazionale
a fare animazione vocazionale depresso, con
la depressione. Occorre fare un passo
avanti. Qual il passo avanti ? Il passo
avanti sappiamo tutti delle difficolt,
difficolt che ci sono anche in un continente
cosi complesso, cosi variegato come
lAmerica Latina. Eppure il bisogno quello
di creare una cultura vocazionale. E che cosa
vuol dire creare cultura vocazionale?
Appunto, le riflessioni che vi propongo ora
sono quelle che un pochino, in parte, ho
proposto in quel convegno.
Allora, innanzitutto partiamo da questo
presupposto: non possiamo continuare
semplicemente ad analizzare la crisi, a cercare
di rispondere alla crisi perch la reazione alla
crisi abbastanza qualche cosa che, come
dire, soprattutto se legato al concetto
dellemergenza, emergenza vocazionale
emergenza vuol dire qualche cosa che sta
capitando adesso, si salvi chi pu, come
facciamo, le parrocchie vuote, i seminari con

pochi seminaristi, i noviziati anchessi vuoti.


Le cose che si fanno in uno stile di emergenza
molte volte sono cose fatte in fretta, non
abbastanza ponderate, non abbastanza
calcolate, non abbastanza illuminate, non
abbastanza inserite dentro un progetto. Un
progetto coerente, un progetto organico, un
progetto sistematico. E poi emergenza vuol
dire affrontare, lo stesso termine lo dice,
emergenza vuol dire qualche cosa che
emerge. Noi non possiamo rispondere
semplicemente al problema emergenza. Noi
dobbiamo cercare di capire qual la radice
del problema. E fondamentale che abbiamo
questo tipo di atteggiamento. E fondamentale
ancora capire che quello che si fa allinterno
di una logica come una logica di crisi, di
emergenza, qualche cosa che determina o un
animatore
vocazionale
depresso
o
unanimazione
vocazionale
paurosa,
angosciata, che parte appunto dalla
preoccupazione del numero, dimenticando
che langoscia vocazionale produce solo
angoscia, non produce vocazioni, almeno di
solito cosi.
Occorre cio che, ancora una volta,
cerchiamo di cogliere il significato di questo
problema che stiamo vivendo allinterno della
Chiesa, per non accontentarci di ricorrere a
stratagemmi singolari o addirittura impropri.
Esempio , in alcuni ambienti, unanimazione
vocazionale
mercantile,
cos
detta,
unanimazione vocazionale cio che mira
immediatamente a un risultato immediato, che
si possa possibilmente anche conteggiare,
anche se vero che abbiamo tutti questa
preoccupazione.
Oppure unanimazione vocazionale che,
ecco un altro stratagemma piuttosto singolare,
la cosiddetta fondazione vocazionale. Il
termine di una lettera circolare di una madre
generale che annuncia al suo Istituto di avere
deciso di aprire una comunit in un posto, in
un ambiente, in cui c ancora mercato, cosi
diceva la lettera della reverenda madre con

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una terminologia un po singolare davvero,
cio in un ambiente, in una regione, non so in
quale parte del mondo, in cui c ancora
mercato, mercato vocazionale si intende. E
dunque il proposito, la decisione, il
discernimento fatto dal consiglio generalizio
stato questo: andiamo l, fondiamo, apriamo l
una comunit con il dichiarato intento di
ricavare vocazioni che ci possono poi aiutare
a mantenere e a sostenere le opere
dellistituto, dove abbiamo invece carenza
vocazionale, come in Italia e dintorni. Ecco
questo atteggiamento, che non poi cos
infrequente, non cos raro, cos isolato, per
dice chiaramente un atteggiamento che non
un
atteggiamento
di
partenza,
uninterpretazione del fenomeno che non
assolutamente corretta. Noi siamo chiamati a,
come dire, ad annunciare il vangelo, e dunque
anche ad aprire comunit dove il Signore ci
manda, dove c bisogno di recare il suo
annuncio e non con il progetto diretto o

indiretto, mediato o immediato, di provvedere


alla nostra sopravvivenza, alla nostra
salvezza potremmo dire.
Non sembra esagerato il raccordo, come
dire, ma mi viene in mente quando Ges sulla
croce fu provocato dai suoi crocifissori a
scendere dalla croce: Se sei davvero il Figlio
di Dio salva te stesso. Scendi dalla croce e
cosi salverai te stesso. Non si rendevano
conto che stavano usando la motivazione la
meno efficace per Ges, Ges non era
interessato a salvare s stesso. Era salito sulla
croce non per salvare s stesso, non era questo
lobbiettivo. Cosi appunto come deve essere
chiaro per noi. Noi annunciamo il vangelo,
annunciamo la Pasqua di morte e resurrezione
del Signore, non abbiamo come obbiettivo
quello di salvare noi stessi e provvedere alla
nostra sopravvivenza. Siamo al servizio della
chiesa, dellevangelo, secondo quello che un
progetto che non siamo noi a controllare
evidentemente.

2.2 Cosa significa creare una cultura vocazionale?


Allora che cosa vuole dire, cerchiamo di
capire, cosa vuol dire cultura vocazionale?
Cultura evidentemente richiama lidea di
qualcosa di stabile, di definitivo, che nasce a
sua volta da una certa idea della Chiesa. Non
qualche cosa che si fa perch adesso ci
troviamo in questa congiuntura vocazionale.
Se vogliamo creare cultura vocazionale,
ebbene lidea di cultura richiama lidea di
qualche cosa che fa parte strutturalmente della
Chiesa. Qualche cosa in cui la Chiesa coglie il
suo modo di essere, il suo modo di concepirsi,
il suo modo di servire il mondo. E ancora
2.2.1

cultura dunque qualche cosa che fa parte del


modo normale anche di sentirci noi credenti,
noi annunciatori del Vangelo, noi consacrati,
noi credenti, impegnati come deve essere
qualsiasi credente nella sua Chiesa. E allora,
ecco,
diciamolo
subito,
un
po
unimpostazione generale che vedo possa gi
essere illuminante. Creare cultura vuol dire
fondamentalmente provvedere a delineare, a
fornire, a promuovere, tre aspetti che sono
appunto fondamentali nel concetto di cultura:
MENTALIT,
SENSIBILIT,
PRASSI
o
PEDAGOGIA.

Mentalit

Per creare cultura occorre prima di tutto


creare una mentalit, creare delle condizioni
che siano generali, che siano condivise
universalmente, che cio in qualche modo

esprimano qualche cosa che fa parte della


verit del ministero della Chiesa e che la crisi,
lemergenza, la congiuntura vocazionale
paradossalmente ci aiuta a scoprire meglio

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che in altri periodi. E paradossale ma la crisi
ci aiuta a capire meglio cosa vuol dire essere
Chiesa, essere credenti. Dunque creare
mentalit vocazionale il primo elemento per
creare unautentica cultura e appunto significa
creare una convergenza attorno a determinate
idee, un insieme teorico di dati e di nozioni
che illustrano il senso dellessere Chiesa e il
valore oggettivo di ci di cui si vuole creare,
appunto, una cultura. Dunque mentalit
vorrebbe dire guardarsi bene in faccia e
confrontarci su questo: siamo convinti, siamo
daccordo che pastorale vocazionale vuol dire
questo e questo. Perch chiaro che se nella
Chiesa non c una convergenza. che nasce
anzitutto dalla condivisione di alcuni valori
che sono fondamentali e che danno cuore,
sono destinati a dare una direzione esplicita
precisa poi al fare animazione vocazionale, se
non c questa condivisione chiaro che non
lavoriamo in modo autentico e non possiamo
pretendere che ci siano dei risultati in quello
che facciamo. Dunque non vero che la teoria
serve solo a chi pensa, riflette e elabora
costruzioni teoriche. Non c niente di pi
pratico di una buona teoria. E dunque
importante che noi ci confrontiamo su questi
elementi fondamentali, radicali: cosa vuol dire
vocazione, cosa vuol dire fare proposta
vocazionale, cosa vuol dire una Chiesa che
annuncia il vangelo della vocazione, la buona
novella della vocazione. E chiaro che non
pu essere solamente la Chiesa che
preoccupata dei buchi, dei vuoti che si creano
allinterno della sua struttura, dico che c di
pi. E il vangelo della vocazione, una
notizia bella, buona che la Chiesa deve
annunciare proprio perch fa parte della sua
struttura, del suo essere. Dunque la mentalit
riguarda lapproccio intellettuale, conoscitivo
al problema e la cultura qui dovrebbe essere
intesa soprattutto come una teoria, teoria
convincente che fa nascere appunto una
mentalit corrispondente.

In questo insieme eticoveritativo si


costituisce il sistema che pu diventare
tradizione addirittura, cio pressione e sintesi
dellidentit di un gruppo, sua identit sottesa
che viene trasmessa dai pi anziani ai pi
giovani come qualcosa di prezioso e che non
pu
essere
perduto
nel
passaggio
generazionale. Ecco dunque anzitutto allora
questa prima parte: mentalit. Se dunque si
vuole costruire cultura delle vocazioni sar
necessario definire senso e contenuto della
chiamata, il suo obiettivo, per passare poi al
significato di essa come ci che qualifica il
rapporto tra Dio il chiamante e luomo il
chiamato.
Ecco se avessimo tempo potremmo andare
a ripescare nel documento Nuove vocazioni
per una nuova Europa che il documento
che fece seguito appunto al congresso
vocazionale continentale europeo quello che
l si chiam il salto di qualit, da un certo tipo
di comprensione della pastorale vocazionale a
un tipo nuovo di concezione che appunto
riguarda essenzialmente una questione di
mentalit. Faccio riferimento velocemente
solo ad alcuni di questi elementi: se la
pastorale delle vocazioni nata come
emergenza legata a una situazione di crisi e
indigenza vocazionale oggi non pu pi
pensarsi con la stessa precariet e motivata da
una congiuntura negativa, ma al contrario
lanimazione vocazionale appare come
espressione stabile e coerente della maternit
della chiesa che sempre aperta al piano
inarrestabile di Dio che sempre in essa genera
vita. Secondo, se ai suoi inizi la pastorale
vocazionale provvedeva a circoscrivere
soltanto lintervento ad alcune categorie di
persone, i nostri, quelli pi vicini agli
ambienti di Chiesa, o quelli che sembravano
mostrare subito un certo di interesse, i pi
buoni e meritevoli, o quelli che gi avevano
fatto lopzione di fede, adesso si avverte
sempre pi la necessit di estendere con
coraggio a tutti, almeno in teoria, lannuncio

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della proposta vocazionale. A me fa sempre
pensare questo fatto: noi pensiamo sempre
lanimazione vocazionale come il punto
terminale di un cammino credente. E come il
segno della piena maturazione di un
atteggiamento credente, il credente che fa
conto di fare una scelta per il regno di Dio. E
se fosse il contrario? E se lanimazione
vocazionale fosse propedeutica alla fede? Non
potrebbe lanimazione vocazionale fare parte
del krigma, far parte del primo annuncio? Io
sono molto convinto che un cristianesimo che
parte subito con lidea della responsabilit,
come diremmo poi, ecco questo tipo di
annuncio contribuirebbe a presentare in
maniera molto pi adeguata la stessa fede, la
stessa religione, la stessa visione di fede al
Signore Ges Cristo perch non ci pu essere
adesione di fede se non allinterno di un
processo interiore, personale, soggettivo,
allinterno del quale la persona si rende
responsabile di quel dono che sta ricevendo.
Ecco io credo che questo potrebbe cambiare
in modo radicale il modo di proporre la fede,
allargando enormemente subito, come dire, il
punto di riferimento, il bacino di utenza; non
pi solo i nostri, i buoni, quelli che gi
vengono in Chiesa, quelli che gi hanno
2.2.2

ladesione di fede, ma adoperare, usare questo


modo di intendere la proposta vocazionale
addirittura come proposta che fa nascere la
fede. Ecco, un altro elemento. Se prima
lattivit vocazionale nasceva in buona parte
dalla paura dellestinzione, paura di contare di
meno e dalla pretesa di mantenere sempre
determinati livelli di presenza o di opere, ora
la paura, che sempre pessima consigliera,
cede il posto alla speranza cristiana che nasce
dalla fede ed proiettata verso la novit, per il
futuro di Dio. Dunque finiamola con questi
atteggiamenti un po millenaristi, come se
fossimo arrivati al tempo della storia che
qualcosa fatalmente, inesorabilmente, finisce.
Mi pare che ci sia una sorta di enfatizzazione
della storia che stiamo vivendo come fossimo
arrivati chiss a quale punto decisivo,
strategico, il nodo storico. Chiss quante volte
nella Chiesa si sono vissute situazioni di
carenza, di povert, di penurie, di debolezze,
di limite. Dunque non il caso che
enfatizziamo questo nostro tempo, anche se
qui in modo negativo, cio in una sorta di
narcisismo allincontrario, che finisce per
per farci perdere di vista quello che dovrebbe
essere latteggiamento pi corretto.

Sensibilit

Il secondo elemento per creare una cultura


vocazionale dovrebbe essere la sensibilit.
Sensibilit vuol dire la persona che si
convince che non solo quella teoria prima
esposta nella mentalit, quei dati teorici sono
veri, sono universalmente veri, fanno parte un
po di questa cultura credente ma ecco
sensibilit vorrebbe dire che il singolo ha fatto
lesperienza che questo vero nella sua vita,
ha toccato con mano, ha proprio sperimentato
che non esiste senso della vita che non sia
vocazionale. Ha sperimentato che la sua
felicit, perch in fondo per questo che noi
viviamo, passa attraverso la visione

vocazionale. Ha sperimentato che la sua vita


non pu non fare i conti con questo
interrogativo strategico: qual il mio ruolo ?
qual il mio posto ? che cosa sono chiamato
a fare ed a essere ? forse ancor prima che
cosa ho ricevuto? di fronte al quale dunque
sono tenuto ora a caricarmi di una certa
responsabilit nei confronti degli altri. Allora
qui lapproccio sarebbe prevalentemente di
tipo esperienziale-globale e maggiormente
coinvolgente la totalit della persona. Prima
cera solo nella parte della mentalit la testa,
la capoccia, le convinzioni teoriche cerebrali,
qui invece c tutto luomo. Mi viene in

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mente il vangelo di oggi il comandamento
pi importante amare con tutto il cuore, con
tutta la mente e con tutte le forze, ecco la
fase esperienziale. Ecco che dunque ci
consente in questo senso il passaggio da una
pastorale vocazionale come tradizione
semplicemente da trasmettere attorno a un
2.2.3

determinato nucleo veritativo, ad una


tradizione che non pi solo un dato da
trasmettere e ricopiare sempre uguale, ma
qualche cosa sempre da rimotivare, perch si
avvale e si arricchisce della creativit dei
singoli.

Prassi o pedagogia

Terzo elemento che costituisce una cultura


la prassi o pedagogia. Occorre dunque
passare organicamente dalla definizione di
quel nucleo veritativo, mentalit, poi alla
sensibilit cio alla provocazione, alla
promozione di una esperienza che diventi
sempre pi soggettiva, fatta sulla propria pelle
da parte del singolo, ecco occorre passare al
tentativo quantomeno di delineare dei
percorsi, delle linee operative, una prassi
concreta, una pedagogia che molto
importante. Non vero che la pedagogia la
parente povera, mentre la teologia, la biblica,
sarebbero il settore importante, nobile, l dove
si decidono le sorti anche della fede e della
pastorale vocazionale. E no, importante la
pedagogia. Una fede, una teologia che non
diventi pedagogia non autentica teologia.
Una teologia che non possa essere tradotta in
parole molto povere, molto semplici, che tutti
possano intendere non una autentica
teologia, perlomeno cristiana. Il vangelo
tutto un tentativo di tradurre pedagogicamente
la ricchezza della bella notizia, proprio perch
bella e buona la notizia dellevangelo
traduciamolo in percorsi accessibili a tutti.
Una buona spiritualit deve poter essere detta
in lingua e dialetto locale, che tutti possono
intendere, assaporare e tutti possono anche
decifrare come percorso che pu essere
percorso da tutti e dunque come obiettivo che
pu essere raggiunto da tutti. Ecco, su questo
noi molte volte siamo un po carenti, ci
accontentiamo di fare dei discorsi teorici
appunto a livello della progettazione, della

mentalit
vocazionale,
della
teoria
vocazionale, della teologia vocazionale e
siamo poi particolarmente carenti quando si
tratta di definire i percorsi concreti. Oggi
paradossalmente la teologia sta molto bene,
in ottime condizioni di salute, la pedagogia
che sta male. Eppure li probabilmente che
noi decidiamo un pochino anche le sorti della
nostra proposta. Potremmo sempre, in ogni
circostanza, in ogni momento dellannuncio
della proposta evangelica ricordarci sempre di
realizzare questo raccordo, di non proporre
mai solamente una proposta, un progetto
teorico, per quanto elegantemente e
dignitosamente costruito e elaborato, ma
cercare di indicare anche il percorso altrimenti
una messa, unomelia, una catechesi, una pia
devozione,
lamministrazione
di
un
sacramento, la confessione e quantaltro se
non presenta a chi ascolta, a chi viene ad
usufruire in quel momento di quella
situazione pastorale, se non fa questo tipo di
proposta che cerca di coniugare, di mettere
insieme mentalit, esperienza e pedagogia,
rischia di essere inutile. Se la persona che
viene, che celebra la sua relazione con Dio nel
tempio in un modo o in altro attraverso
lamministrazione dei sacramenti o in altre
forme e non sente che da quella celebrazione
ne viene una provocazione e allora io che
cosa devo fare ? A fronte di questo dono che
ora mi viene dato qual il mio ruolo, qual il
mio posto?- noi non possiamo dire di aver
fatto unoperazione pastorale cristiana. Come
ricordava prima il vescovo, o vocazionale la

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proposta che noi facciamo o non proposta
cristiana.
Aggiungiamo:
perch
sia
vocazionale, occorre che sia veicolata
secondo questa concezione organica di quella
che possiamo chiamare appunto la cultura
vocazionale, che appunto si articola attraverso
questi tre momenti costitutivi: mentalit,
sensibilit e prassi o pedagogia vocazionale.
Ecco, credo che gi questo sia illuminante per

elaborare poi in concreto anche una


esperienza concreta, pratica, pastoralmente
valida ed efficace come quella dei Laboratori
Vocazionali. Allora io adesso tenterei di dire
qualcosa di pi specifico almeno del primo
punto, sulla mentalit e se facciamo a tempo
anche sul secondo. Solamente alcuni
elementi.

2.3 Ripartire dal vero Volto di Dio, per una vita vissuta come vocazione
2.3.1

Dio, leternamente chi-amante

Che cosa vuol dire allora creare e come


dire confezionare, in modo attento, senza
dare nulla per scontato, una mentalit
vocazionale? Io credo che il primo punto
dovrebbe essere questo: la pastorale
vocazionale non semplicemente torniamo
tanto abbiamo gi detto prima che
probabilmente vi sarete sentiti dire moltissime
volte, ma credo che sia sempre importante
ribadirlo con chiarezza la pastorale
vocazionale non nasce da unemergenza, non
nasce da una situazione di crisi ma anzi
elemento fondamentale della pastorale. C
modo di presentare addirittura il vero volto di
Dio. Perch Dio chi ? Dio , ci direbbe la
pastorale vocazionale, Dio leternamente
chiamante. Dunque c proprio unidea di
Dio, una definizione di Dio che viene dalla
pastorale vocazionale. Non vero che la
pastorale solo pratica, cos operativa per
cercare di convincere pi gente possibile a
fare un certo tipo di scelta. La pastorale
vocazionale affonda profondamente le sue
radici nella teologia, addirittura al punto che
fa una proposta di Dio che non viene con la
stessa chiarezza da altri settori della pastorale.
Secondo me, la pastorale dovrebbe darci
unautentica, precisa, specifica, singolare
teologia, cio un volto di Dio, che emerge
proprio l. Dio come leternamente chiamante,
colui che da tutta leternit non fa altro che

chiamare, perch chiamare voce del verbo


amare, chi-amare. E dunque Dio non pu fare
nientaltro che chiamare, proprio perch Dio
leternamente amante ed lamore eterno,
delleterno, che si risolve, si esprime, si
manifesta, in una chiamata che altrettanto
eterna: Dio che continuamente ci chiama.
E allora questo che cosa vuol dire ancora?
Che la vocazione parla prima di tutto di Dio,
che ci rivela appunto questo Dio che chiama e
che chiama perch ama. La chiamata vuol dire
sempre un rapporto stabilito con una persona,
con una persona precisa. La chiamata non di
gruppo: Dio sa contare solo fino a uno. Dio
ogni giorno chiama la singola persona e ogni
giorno della singola persona sempre una
chiamata. Noi oggi parliamo molto di
formazione permanente, dovremmo parlare di
vocazione permanente, perch ogni giorno
della mia vita Dio mi chiama, non pu essere
che cos. Nel documento Nuove vocazioni
per una nuova Europa c unespressione
molto bella che dice ogni vocazione
mattutina. Vuol dire allinizio della giornata
quando prima ancora che tu apri lagenda,
cominci a pensare a quello che devi fare, dove
devi andare, le tue occupazioni ecco c gi
una chiamata, il Dio leternamente
chiamante. La vocazione non solo la scelta
che si fa cio ad un certo punto della vita sui
venti-venticinque-trenta anni, ma il

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contenuto della mia risposta credente ogni
giorno alleternamente chiamante.
Ancora di pi la vocazione, la teologia
della vocazione dunque la pastorale
vocazionale correttamente intesa mi presenta
un volto particolare di Dio. Proprio a partire
da quello che stavamo dicendo adesso, la
vocazione abbiamo detto non quella scelta
fatta a un tempo e poi mai pi smentita nei
casi migliori, evidentemente, ma il
contenuto, abbiamo detto di una risposta
continua, progressiva, costante. Perch?
Perch appunto rivelazione del progetto di
Dio ed chiaro che il progetto di Dio non lo
potr capire, non posso pretendere di capirlo
tutto in una volta. E un po misterioso questo
progetto. Sar la vita che me lo sveler
progressivamente. Ma questo cosa mi svela di
Dio? Mi svela lidea del Dio, del Dio che
mistero. Mistero cosa vuol dire? Mistero vuol
dire che non si capisce subito, che non si pu
afferrare immediatamente, mistero vuol dire
che non si pu afferrare immediatamente. A
volte noi pensiamo che sia cos perch il
2.3.2

mistero tenebroso dunque inaccessibile,


impossibile da captare in un momento. Il
contrario! Dio mistero perch ci lascia luce,
c un eccesso di luce in Dio. E dunque Dio
non lo posso afferrare immediatamente, cos
come non posso fissare immediatamente la
luce del sole. E che cosa vuol dire questo
eccesso di luce in Dio? Vuol dire leccesso
dellamore, un amore che cos tanto
grande ecco perch Ges nel vangelo ci
chiede di amare con tutto il cuore, perch un
po una risposta allamore di Dio che mi ama
con tutto il suo cuore. E dunque una
scoperta questa della mia vocazione che sar
progressiva, cosi come sar una scoperta
progressiva del mistero che Dio, che
continuer poi per sempre, fino nellestasi.
Allora, pensate questa rivelazione che mi
viene, questa teologia che nasce allinterno
della pastorale vocazionale. Essa mi svela
limmagine di Dio come di colui che
mistero ricco di luce, ma mistero buono
allora.

La vita delluomo: non enigma, ma mistero abitato dal Mistero

Mistero buono cosa vuol dire? Mistero


che desidera svelarsi, mistero che desidera
farsi conoscere, mistero che vuole farsi
vedere, vuole farsi sentire. Mistero che ricco
di senso, che pu dare luce anche alla mia vita
e nella mia vita assume senso, scopre senso,
nella misura in cui quel senso lo coglie l,
nella contemplazione del mistero divino. Per
questo, che cosa fa quel Dio che mistero,
per mistero buono attenzione? Mi invia
continuamente messaggi. La vocazione che
cos? E uno di questi messaggi, il
messaggio quotidiano, ci che mi tiene
continuamente in contatto con la fonte del
senso nella mia esistenza e che appunto mi
chiama costantemente. Attenzione! Qual il
contrario, che cos il contrario del mistero?
Cosa si oppone ed allopposto del mistero?

Allopposto
del
mistero
non
c
semplicemente la presunzione di chi sa. Oggi
non corriamo questo rischio, oggi viviamo
tempi ancora di pensiero debole, di incapacit
della ragione di agire, dunque non va di moda
la presunzione di chi pensa di avere gi capito
tutto, anzi semmai va di moda lindifferenza
di chi dice ma chi se ne importa . Il
contrario del mistero lenigma. Il mistero
luminoso, buono, caloroso, vuole
comunicarsi, vuole svelarsi, ti manda
continuamente messaggi; lenigma freddo,
metallico, non si pu comprendere ma per il
motivo opposto al mistero. Il mistero non si
pu comprendere subito perch c troppa
luce; nellenigma c troppa tenebra,
nellenigma c questa impossibilit di
penetrazione, lenigma nemico, ostile,

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assurdo, incapace di offrire un senso da dare
alla nostra vita. Non desidera rivelarsi, n
farsi vedere o sentire, non entra in contatto
con noi, non ci permette di stabilire un
contatto con lui. E metallico, freddo,
impenetrabile e oscuro, muto e sordo e
soprattutto non chiama, non chiama nessuno.
Insomma il mistero rimanda al divino e
lenigma ha qualcosa di diabolico, ma, ecco il
punto, pu ribaltare e contaminare anche il
nostro rapporto con Dio. Anche se siamo
spontaneamente attratti dal mistero e respinti
dallenigma infatti, non possiamo dare per
scontato o presumere che la nostra relazione
con Dio sia sempre vissuta come relazione
con il Dio mistero.
Per questo importante capire, vivere
bene lidentit del chiamato, perch
lautentico chiamato, cio colui che scopre in
continuazione il piccolo mistero della sua
chiamata, colui che resta sempre in un
atteggiamento contemplativo di fronte al
grande mistero di Dio. Dunque capite che
questa la condizione per verificare se noi
davvero viviamo un rapporto autentico con
Dio. Anzi, lautentico chiamato quel
credente che coglie costantemente il piccolo
mistero del proprio io dentro il grande mistero
di Dio o scopre sempre pi s stesso come
parte del mistero divino, con sorpresa grande
da un lato e infinita fiducia dallaltro di
scoprirlo sempre pi, lasciandoci condurre e
guidare da questa luce gentile, la luce di Dio.
Mentre al contrario chi, pi o meno
coscientemente, vive con Dio un rapporto
enigmatico, e questo possibile nella nostra
vita, la crisi vocazionale sempre
conseguenza anche di un rapporto enigmatico
vissuto con Dio o di un rapporto vissuto con il
Dio enigma. Chi vive con Dio un rapporto
enigmatico non potr nemmeno scoprire la
propria vocazione, n sentirsi motivato a farlo
perch se il rapporto enigmatico non c
questa relazione come con una fonte di calore,
di luce, che vuole svelarsi, che vuole rivelarsi,

che ogni giorno mi manda messaggi, con la


quale io stabilisco questo tipo di rapporto
confidenziale,intimo, che sento preoccupato,
che sento interessato alla mia vita, alla mia
felicit. Dunque chiaro che la crisi
vocazionale, affrontata correttamente, una
crisi che pone al primo piano la qualit del
rapporto con Dio, dunque una certa immagine
anche di Dio, perch certamente nella testa di
tanti cristiani Dio molto pi enigma che
mistero e di conseguenza si vive un rapporto
con Dio, con un Dio che ha questo volto che
non pu essere che enigmatico e da un
rapporto con Dio che enigmatico non pu
certo derivare n la voglia n la possibilit di
cogliere la propria chiamata. E viceversa chi
non si sente chiamato o non si impegna a
scoprire la propria vocazione come Dio lha
pensata finisce per trattare Dio come enigma,
volto senza tratti n voce, superficie rigida
ove rimbalzano intorno e allindietro
interrogativi senza risposta fino a diventare
lui stesso un enigma. E credo che qui ci sia la
storia di tante crisi di fede.
La proposta vocazionale parte sempre dal
volto di Dio, dal volto delleternamente
chiamante, dalla capacit di delineare questo
volto e naturalmente questa delineazione del
volto delleternamente chiamante, del mistero
delleternamente chiamante pu essere fatto
solo da un animatore vocazionale, cio un
credente che vive con Dio questo tipo di
rapporto. E ancora la vocazione allora prima
di tutto rivelazione di Dio, non ci stanchiamo
di dirlo. La vocazione non realizzazione
semplicemente di quello che tu devi fare, del
tuo futuro, semplicemente cosi svelamento
della tua identit, la vocazione cristiana un
modo di rivelare Dio, perch se siamo stati
creati a immagine e somiglianza Sua,
qualsiasi vocazione come la riedizione di
quel particolare aspetto secondo il quale tu sei
stato creato appunto a immagine dellEterno.
Dunque la vocazione prima di tutto teofania,
rivelazione dellEterno.

10
Voglio dire che non si pu continuare ad
abbassare il livello qualitativo della vocazione
proponendola come ci che ti consente di
realizzare te stesso, la tua autorealizzazione,
che ti svela quello che tu sei chiamato a fare e
che parte di conseguenza da che cosa; se la
vocazione la realizzazione di quello che tu
sei chiamato a fare evidentemente lambito
del discernimento vocazionale sono le tue
doti, le tue qualit. Ma questo un modo
molto banale di parlare di vocazione. La
vocazione qualche cosa di divino, il modo
di manifestare nel mondo Dio, un Dio che pu
essere visto solo dalla ricchezza delle sue
creature. La vocazione infatti, la vocazione
di ognuno, rivelazione di quel particolare
aspetto, che riguarda Dio, che solo tu con la

tua vita sei chiamato a manifestare. La


vocazione ci parla di Dio molto pi e molto
prima che delluomo e del futuro delluomo in
questione
o
della
sua
semplice
autorealizzazione
umana.
Ma
quale
autorealizzazione?!
La
vocazione

manifestazione del mistero dellEterno, svela


alluomo quello che e quello che chiamato
ad essere in quanto manifestazione di Dio.
Voi pensate che ricchezza teologica c in
tutto questo e anche per questo motivo
squisitamente teologico che le chiamate sono
tante, tante quante sono gli esseri umani
viventi e non possiamo certo essere noi a
presumere di ridurre le vocazioni ad ununica
vocazione.

2.4 Una pastorale vocazionale fondata su una affidabile proposta teologica


2.4.1

Il mistero della Creazione

Lultimo
punto
della
mentalit
vocazionale che volevo ribadire la duplice
polarit teologica vocazionale, che sarebbe i
due poli attorno ai quali costruire unautentica
animazione pastorale vocazionale dal punto di
visto teologico, ribadisco. Sono il MISTERO
della CREAZIONE che la polarit pi
classica, pi tradizionale anche pi usata
diciamo cos e la polarit della
REDENZIONE, che invece non altrettanto
concretamente messa in atto, proposta, come
elemento illuminante. Ecco io credo che sia
molto importante questa riflessione: i due poli
cio devono esserci tutti e due.
Cosa vuol dire la polarit della creazione?
Vuol dire, come ho detto appena adesso, che
la vocazione la manifestazione di quella
immagine, somiglianza con lEterno, secondo
2.4.2

la quale tu sei stato pensato e creato da Dio,


questo Dio che si innamorato di te al punto
da preferirti alla non esistenza. E molto bello
pensare alla vocazione in questi termini, un
Dio che si innamorato di te, della tua
bellezza, di questo progetto, al punto da
preferirti alla non-esistenza. Dunque, secondo
questa interpretazione, la vocazione
realizzazione di che cosa? Del progetto delle
origini. La vocazione la realizzazione del
progetto della creazione, di quel progetto che
lEterno ha pensato sulla tua vita, sulla tua
storia.
E
questa
diciamo
che

linterpretazione
pi
tradizionale,
evidentemente corretta, ci mancherebbe.

Il dramma della Redenzione

Per forse insufficiente oggi; ha bisogno


di essere completata dallaltra polarit, quella

della redenzione, che introduce un concetto e


una sensibilit anche nuova. Entriamo un po

11
anche nella sensibilit infatti, ovvero, nel
secondo senso, quello del Dio redentore. La
vocazione un appello che il Padre redentore
rivolge a ogni uomo, a ogni donna salvati dal
figlio. Perch? Cosa vuol dire questo appello?
Questo appello sul piano vocazionale
terribilmente importante comprendere questo
vuol dire che come se il Padre ti
ricordasse che la salvezza che il sangue del
Figlio ti ha ottenuto, diventa in te, deve
diventare in te, la responsabilit di salvezza da
parte tua nei confronti degli altri. Questa
lautentica vocazione cristiana. Guardate
come siamo distanti dalla pastorale
vocazionale mercantile o quella che deve
semplicemente tappare i buchi. Vocazione
vuol dire che Dio ha cos tanto amato il
mondo da rendergli la creatura che ha creato,
da rendere la creatura capace di redenzione. E
ci tremano i polsi a pensare questo, ma questo
vocazione cristiana, cari fratelli e sorelle
se no facciamo qualcosaltro. Non facciamo
autentica pastorale vocazionale se non
trasmettiamo questo tipo di interpretazione
del messaggio cristiano.
Ecco perch vedete, fare animazione
vocazionale propedeutico alla fede, non
semplicemente lultimo punto, che pu essere
proposto solamente a quelli che gi hanno
fatto unadesione credente e che sono gi
credenti che partecipano, che sono osservanti
e praticanti. Fare proposta vocazionale
intelligente, autentica ideologicamente e
teologicamente corretta vuol dire fare lunico
annuncio cristiano credente che si pu fare.
Lannuncio vocazionale, in altre parole, fa
parte del krigma, non una specializzazione
per i pi belli, i pi bravi. Perch? Perch
per i cristiani! Vuol dire questo: non esiste il
cristiano che semplicemente salvato e cosi
ringrazia Dio pi o meno commosso per il
sangue del Figlio. Essere salvato, che cosa
vuol dire in fondo, in ultima analisicosa
vuol dire essere salvati? E da che cosa siamo
salvati? Noi siamo salvati fondamentalmente

dallegoismo, la filautia, il peccato, la madre


di tutti i peccati. Attenzione, perch ci pu
essere egoismo anche in un certo modo di
interpretare levento cristiano. Il cristiano di
certo vede semplicemente la sua salvezza, il
cristiano che provvede al suo paradiso, il
cristiano che provvede a mettere da parte i
suoi meriti, che a un certo punto della vita
dove posso mettere tutti questi meriti? Sono
cosi tanti, devo costruirmi un altro hangar
per metterceli dentro tutti. Oggi questo tipo
di cristiano non va pi di moda. Per
attenzione, perch possibile questo tipo
estremamente riduttivo, spaventosamente
riduttivo,
intimamente
riduttivo,
del
messaggio cristiano, che chiaro che non pu
attirare nessuno.
Il cristianesimo attira solo se presentato
nella sua drammaticit. Che vuol dire
drammaticit? Drammaticit vuol dire la
formulazione
responsabile
responsabilizzante, quella che ti fa dire tu sei
stato salvato ed essere salvato vuol dire essere
responsabile di salvezza. Essere salvato vuol
dire che tu sei posto per grazia, evidentemente
per grazia, non sono i tuoi muscoli che ti
consentono di fare questo, per grazia se tu sei
stato salvato dalla croce del Figlio, tu sei stato
posto per grazia nella condizione di operare
salvezza. Tu sei responsabile della salvezza di
tuo fratello, tu sei responsabile della
redenzione del mondo. Tu non puoi pensare il
tuo futuro semplicemente in funzione di te
stesso, neanche la vocazione, evidentemente.
Voi pensate cosi ed io sono assolutamente
convinto che questo tipo di provocazione:
primo
presenterebbe
il
cristianesimo
maggiormente nella sua integrit, perch
questo il cristianesimo; secondo avrebbe
anche
molta
pi
efficacia,
proprio
chimicamente vocazionale. Perch? Perch
la psicologia ci dice che lessere umano
attratto dalle proposte grandi, dalle proposte
alte, dalle proposte decisive, dalle proposte
violente, dalle proposte drammatiche, dalle

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proposte che ti chiedono il massimo, dalle
proposte che senti come il massimo che pu
chiedere alla tua vita. E dunque
fondamentale che noi oggi impariamo a fare
una pastorale vocazionale che non parte pi,
che non privilegia pi in modo esclusivo,
semplicemente la polarit della creazione, la
polarit teologica del Dio creatore, ma che
coniuga
questa
polarit
teologica
dellelemento del Dio creatore allaltra
polarit teologica, quella del Dio redentore
che salva, che redime, che ci ama fino a
questo punto, perch in fondo dellamore di
Dio che dobbiamo parlare. Qual il segno pi
grande dellamore di Dio per noi? E la croce
di Ges. Perch? Perch la croce di Ges non
solo ci regala, ci dona, a basso prezzo una
salvezza che noi non abbiamo assolutamente
faticato a meritare, ma perch il sangue della

croce, la salvezza che viene dalla croce ci


mette in condizione di operare salvezza. Detto
in altre parole: il segno pi grande dellamore
di Dio , non semplicemente che Dio ci ha
considerato punti di arrivo della sua
benevolenza, ma il fatto che Dio ci ha messo
in grado di amare con il suo stesso cuore.
Capite, fratelli e sorelle, questa la teologia
che viene dalla pastorale vocazionale, che non
solamente dunque la pastorale, come spesso
purtroppo viene intensa in modo riduttivo e
poco elegante e teologicamente non corretto.
La pastorale vocazionale davvero svela un
volto di Dio, davvero svela un senso della
salvezza e della redenzione e dunque anche di
quel credente che vuol vivere in maniera
adeguata, integrale, il dono di grazia che ha
ricevuto.

2.5 Teologia, teofania, teopatia


Ecco allora avrei detto questo se avessi
avuto ancora un po di tempo riguardo alla
sensibilit, che per gi entra qui, perch qui
con questo tipo di discorso, la proposta
teorica - teologica prepara la strada per
lesperienza della persona, perch qui a
questo punto quando si parla di responsabilit,
la responsabilit sempre molto personale,
molto soggettiva, molto singolare. Allora,
ecco, nel capitoletto della sensibilit avrei
proposto questo tipo di articolazione
progressiva del discorso. La sensibilit che
passa dalla teologia alla teofania alla teopatia.
Brevissimamente: la teologia cosa vuol dire?
In fondo quello che abbiamo detto dianzi,
cio una corretta concettualizzazione,
limmagine di Dio che chiama, leternamente
chiamante e che mi chiama per in modo da
spiegare dov che questo concetto teorico
apre alla sensibilit, dunque allesperienza del
singolo? Vi ho detto che si entra nella fase,
nel secondo elemento costitutivo della cultura
quando si fa esperienza, quando cio non

solo unadesione intellettuale che mi fa


intendere correttamente
cosa vuol dire
vocazione, ma quando questo diventa apre
in me, provoca in me unesperienza. Noi
parliamo sempre di esperienza, anche
spirituale, no? Laltro giorno ho visto il
depliant di una casa di esercizi che diceva
vieni qui con noi, in una bella casa in cima
alla collina e farai esperienza di Dio
molto bello, no? Ci che si propone come
elemento attraente, lesperienza di Dio. Gi,
lesperienza di Dio.
Von Balthasar dice che nella Bibbia
questa categoria interpretativa, del divino
lesperienza di Dio non esiste nemmeno,
labbiamo creata noi. Ma nella Bibbia non c
lesperienza di Dio, c nella Bibbia il
contrario: Dio che fa esperienza di noi. Ecco,
per entrare in un adeguato processo di ricerca
vocazionale, occorre entrare in questa
disponibilit interiore. Non sei tu a dare
lappuntamento a Dio, non sei tu a pilotare in
qualche modo la ricerca del divino e dei suoi

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desideri come spesso capita in noi, molto
naturale, una tentazione di tutti, universale,
no? Non puoi entrare in una sensibilit
interiore, entrare in questaltro atteggiamento
interno, che vuol dire una disposizione
completamente diversa: Dio che fa
esperienza di te. Domandate cos ad Abramo
cosa vuol dire esperienza di Dio, cosa voglia
dire fare un percorso. Ecco si apre un discorso
vocazionale solo se alla base, ecco a cosa
dovrebbe condurre credo un laboratorio
vocazionale, si crea un cammino esperienziale
del divino, in cui al primo posto non c
luomo che va, trionfalmente, olimpico e
naturalmente vincente a fare esperienza di Dio
e dunque studia Sacra Scrittura, impara un
sacco di cose per decifrare Dio e la sua parola.
Ma il credente che riesce a fare questo
passaggio, a mettersi nella condizione di chi
si lascia incontrare da Dio. Dio che mi
incontra. E come incontra Dio? Sempre la
Sacra Scrittura, cosa mi dice? Dio incontra
luomo attraverso la prova. La prova lo
strumento attraverso il quale Dio si manifesta
a noi. E questa manifestazione di Dio, questo
appello del mistero che dicevamo dianzi,
quotidiano, ogni giorno ha la sua prova se tu
entri in questo atteggiamento interiore
veramente. La vita parla se c un cuore che
ascolta. Dio ti trova ogni giorno se tu entri in
questa disponibilit interiore. E allora il
cammino vocazionale comincia a diventare
chiaro, o sempre pi chiaro, in quella luce che
viene
dal
mistero.
La
teofania,
brevissimamente, qui avrei cosi proposto
volevo attirare lattenzione su questo
fenomeno che oggi particolarmente
inquietante teofania vuol dire Dio che si
manifesta. Non pi teologia, ma teofania,
cio Dio che si manifesta, dunque in termini
pi chiari,pi immediati, pi evidenti, anche
sensibilmente, come dire, provocanti. Non
solo la mia mente, ma i miei occhi, il mio
udito, il mio cuore, le mie mani
unesperienza continua, progressiva di Dio.

Ecco, qual il rischio oggi ? Il rischio


oggi che noi stiamo perdendo i sensi e i
nostri giovani in particolare. I sensi, per il
fatto che sono sovralimentati e alimentati in
maniera balorda per cui questi nostri
giovani stanno perdendo i sensi. Hanno gli
occhi ma non vedono, hanno orecchie ma non
sentono. E dobbiamo stare attenti, perch
molte volte anche le nostre celebrazioni
comunque, le nostre proposte, le nostre
teologie,cio in modo in cui parliamo di Dio,
non arrivano, non passano alla teofania. Cio
abbiamo il senso, il senso labbiamo perch
vedete il rapporto tra i sensi, i cinque sensi,
se sono cinque, forse sono sei, forse sono
sette comunque noi abbiamo i sensi come
mediazione del rapporto tra noi e la realt. E il
senso, il senso vuol dire la verit. Il segreto
qual ? Che il senso incontri i sensi e poi che
nella celebrazione del mistero, in cui noi
proponiamo il senso, noi riusciamo ad attivare
i sensi, a celebrare il mistero attraverso i
sensi. E allora che si favorisce, si facilita,
lesperienza del divino, cio che Dio parla e
luomo finalmente in grado di sentire, di
ascoltare, di commuoversi, di piangere e si
accorge che Dio non abita solamente in cielo
ma in ogni frammento della sua vita di ogni
giorno.
Terzo: la teopatia. E un termine strano,
forse qualcuno mi sa dire che cosa vuol dire.
E il punto di arrivo, perch crea in noi
unautentica sensibilit vocazionale. Arrivare
al pati Deum, cio arrivare a vivere con
Dio questo tipo di esperienza che sia
rispettoso del dramma della salvezza ecco,
che sia pasquale, niente di pi. Ci
ricolleghiamo a quanto dicevamo prima,
parlando della polarit della redenzione. Ecco,
noi oggi dobbiamo recuperare questa
dimensione drammatica. Bonhffer parlava
della grazia a caro prezzo. Credo che la crisi
vocazionale, sia anche conseguenza della
pastorale dellanalgesico e dellestetico
semplicemente. Una pastorale che deve

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invece recuperare assolutamente il senso, la
tonalit drammatica della vita umana. Chi
stato salvato a caro prezzo si accorge che
questo caro prezzo vuol dire in s la grazia di
una responsabilit per la salvezza degli altri.
Se noi oggi riprendiamo a proporre un

cristianesimo
cos,
un
cristianesimo
drammatico, io sono assolutamente sicuro che
creiamo cultura vocazionale e facciamo anche
una pastorale vocazionale autentica per tutte
le vocazioni, in modo particolare per alcune
vocazioni.

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