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LA VIOLENZA SESSUALE DEL CONIUGE

E I MALTRATTAMENTI FAMILIARI
La Corte di Cassazione con la recente sentenza (Cassazione Pen., Sez. III, 23 gennaio 2015, n.
3231) ha stabilito che per qualificarsi il delitto di violenza sessuale irrilevante che tra marito e
moglie vi sia stata una abitualit di rapporti intimi nel corso della relazione matrimoniale, poich ciascun rapporto deve deve essere caratterizzato dalla volontariet e non pu mai discendere dalla imposizione di una parte sullaltra in nome di una sorta di abitudine o di una pretesa
al rapporto sessuale conseguente allesistenza del rapporto di coniugio, il quale non degrada la
persona di un coniuge a oggetto di possesso dellaltro. Inoltre, il reato sussiste anche laddove
la vittima, per rassegnazione, abbia finito per non opporsi alle avances sessuali del soggetto
attivo, quando questi si sia mostrato del tutto indifferente alle iniziali manifestazioni di diniego.
Questi i fatti. La Corte dAppello di Ancona, con sentenza del 28 novembre 2013, pur riducendone la pena, aveva confermato la condanna di un uomo per avere posto in essere nei confronti
della propria moglie condotte di maltrattamento e lesioni personali, nonch per averla, in pi
occasioni, costretta contro la sua volont ad avere rapporti sessuali con lui.
In proposito, occorre evidenziare che i fatti delittuosi per i quali si proceduto sono stati, dai
giudici di merito, attentamente vagliati, allesito di un racconto che prende le origini da un matrimonio sorto quando la persona offesa era ancora minorenne, dal quale erano nati dei figli e
che era durato oltre venti anni. La donna aveva raccontato di come le difficolt relazionali erano
insorte quando lei e i figli avevano raggiunto limputato nelle Marche, ove si era trasferito in
cerca di lavoro. L, egli aveva preso labitudine di bere, di rincasare tardi, spesso ubriaco, e di
picchiarla per ogni sciocchezza. In pratica, man mano che passava il tempo, si era creato un clima familiare molto pesante, nel quale lindifferenza delluomo era giunta al punto che, quando
la moglie era stata colpita da un carcinoma e ricoverata per tale ragione, egli non era neppure
andato a trovarla allospedale. Anzi, una volta dimessa e tornata ancora sofferente, non aveva
esitato a pretendere prestazioni sessuali.
Il ricorso
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione limputato, il quale ha fondato
le proprie censure su tre motivi. In primo luogo, stata eccepita lerrata applicazione della legge e omessa motivazione in ordine al reato di violenza sessuale, ritenendo come non
attendibili le dichiarazioni della persona offesa. Non solo: stato evidenziato che tra i due
coniugi si verificavano abitualmente rapporti sessuali e che quelli nei quali si sarebbe registrato il dissenso sarebbero stati soltanto un paio; casi, per, in cui la donna non aveva op-

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posto resistenza per paura della reazione del marito, soggetto allassunzione di sostanze
stupefacenti. Da qui la mancata reazione ha impedito anche allimputato di percepire il dissenso della moglie, tanto pi che luomo aveva anche un livello di sensibilit molto basso.
In secondo luogo, stata eccepita la violazione di legge e omessa motivazione con riferimento
alle lesioni personali, in quanto pur essendovi un certificato medico che parla solo di ecchimosi
al braccio, la contestazione era nel senso di avere percosso la moglie con calci e pugni.
In terzo luogo, secondo limputato, vi stata erronea applicazione dellart. 572 c.p. essendovi
state, s, condotte reiterate, ma non abituali, come invece richiede la fattispecie di maltrattamenti.
fiori_noviolenzaLa Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il ricorso e ai limiti dellinammissibilit, essendo state riproposte le medesime censure di merito svolte dinanzi alla Corte dAppello. Orbene, in ordine al primo motivo, stato ritenuto irrilevante il fatto che tra il marito e
la moglie vi sia stata una abitualit di rapporti perch, in ogni caso, ciascuno di essi deve essere
caratterizzato da una convergenza di volont e non pu mai discendere dalla imposizione di una
parte sullaltra in nome di una sorta di abitudine o di una pretesa al rapporto sessuale conseguente allesistenza della relazione di coniugio, che giammai degrada la persona di un coniuge
a oggetto di possesso dellaltro coniuge (cfr. Cass. Pen., Sez. III, 12 luglio 2007, n. 3602).
La Suprema Corte ha poi affermato che nellabuso sessuale il reato sussiste anche laddove la
vittima, per rassegnazione, abbia finito per non opporsi, n con le parole e n coi fatti, alle

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avances sessuali del soggetto attivo, quando questi si sia mostrato del tutto indifferente alle
iniziali manifestazioni di diniego e la situazione complessiva ponga la prima in una condizione
di soggezione. A tale stregua, infatti, si ritenuto che lapparente accondiscendenza solo
finalizzata a porre fine a una situazione divenuta ormai angosciosa e insopportabile (Cass. Pen.,
Sez. III, 10 dicembre 1990, Mois, RV 186427).
In altri termini, integra il delitto de qua non solo la violenza che pone il soggetto passivo
nellimpossibilit di opporre tutta la resistenza possibile, realizzando un vero e proprio costringimento fisico, ma anche quella che si manifesta con il compimento di atti idonei a superare
la volont contraria della persona offesa, soprattutto se la condotta criminosa si esplica in un
contesto ambientale tale da vanificare ogni possibile reazione della vittima (Cass. Pen., Sez.
III, 28 novembre 2006, n. 40443).
In situazioni come quella in esame alla Suprema Corte, anche il consenso apparentemente
prestato dalla persona offesa irrilevante perch viziato.
In ordine al secondo motivo, non stata rilevata alcuna contraddizione tra il citato certificato
medico (ove parla di ecchimosi al solo braccio) e quanto emerso in istruttoria, in quanto il suddetto referto non esclude la sussistenza di una pluralit di fatti ove la donna aveva parlato di
calci e pugni.
In ordine, infine, al terzo e ultimo motivo relativo ai maltrattamenti in famiglia (ora, contro
familiari a seguito della riforma del 2012), la Corte conclude come non possa escludersi anche
questulteriore fattispecie visto che stato comprovato la sussistenza di un quadro di comportamenti minacciosi e violenti che hanno caratterizzato costantemente la vita matrimoniale,
connotato anche da aggressioni per futili motivi e reiterate minacce di morte, attuate anche in
presenza dei figli. Se vi era, invero, qualcosa di episodico, non erano le condotte maltrattanti,
ma i periodi di assenza dei comportamenti vessatori.
La Corte ha pertanto rigettato tutte le ragioni dellimputato e ha confermato la sentenza della
Corte dAppello.

Avvocato Armando Cecatiello, Milano


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