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Università degli Studi di Bari

Centro Interuniversitario Servizi Ingegneria Biomedica


G. A. Borelli

Biomeccanica
delle protesi d’anca

Protesi articolare

Scopo di un’articolazione artificiale è realizzare


un sistema che ripristini, per quanto possibile,la
cinematica fisiologica e consenta di sopportare i
carichi, minimizzare l’usura e l’attrito, evitando
l’insorgere di reazioni dannose nell’organismo


Artroprotesi d’anca

circa 40.000
impianti protesici
in Italia nel 2002

PROTESI

™ Eliminare il dolore

™ Recuperare il movimento


Durata
N. follow
Stelo Ancoraggio Autore
casi up
(anni)
Anatomic biologico 74 10 Archibeck (2001)
Mallory Ti biologico 245 10/13 Bourne et Al. (2001)
Titanio + HA biologico 274 10-13 D’Antonio (2001)
Ti + HA biologico 380 10/13 D’Antonio et Al. (2001)
Bicontact biologico 200 9 Eingartner et Al. (2000)
Lord biologico 103 10 Inoue et Al.(2001)
PCA biologico 311 12 Kawamura et Al. (2001)
Lord I tipo biologico 76 13 Keisu et Al. (2001)
Mella-Sousa et Al.
IQL biomet biologico 430 6
> 4000 Superficie
biologico 134 9
(2001)
Moreland e Moreno
porosa (2001)
impianti Rivest. HA
Natural hip -
biologico 100 8 Oosterbos et Al. (2001)
biologico 88 6 Pace (2000)
Sulzer
CLS biologico 232 9 Schreiner et Al. (2001)
Buoni Muller
Ti
con cemento
con cemento
76
255
9
10
Acklin (2001)
Eingartner et Al. (2001)
Titanio con cemento 133 10 Grubl et Al. (2002)
> 95% Muller
T 28 acciaio
con cemento 180 10 Havinga et Al. (2001)
con cemento 379 21 Meding et Al. (2000)
inox liscio
TR-28 shot
con cemento 171 18 Meding et Al. (2000)
blast cromo
Muller
con cemento 49 15 Raber et Al. (2001)
(CoGNiMo)
Exeter con cemento 325 12 Williams et Al. (2002)


Fattori meccanici legati
all’evoluzione del sistema protesico

• Materiali
• Caratteristiche tribologiche delle
superfici di carico
• Finiture superficiali - rivestimenti
• Geometria: forma/dimensioni
• Contatto osso-protesi
• Distribuzione delle sollecitazioni

Valutazione biomeccanica

La validità globale di un sistema


protesico è attestata dai risultati clinici

Apporto della valutazione biomeccanica :


• Verifica della validità di singole ipotesi
• Guida all’evoluzione del sistema protesico

Metodi:
• Valutazione della casistica
• Modelli numerici e sperimentali


Biomeccanica dell’anca

Pawels

Sforzi di torsione

Biomeccanica dell’anca protesizzata


Bergmann


Biomeccanica dell’anca protesizzata

La protesi modifica sostanzialmente la


distribuzione delle sollecitazioni nell’osso

Il sistema osso-protesi evolve attraverso una successione


di eventi meccanici e biologici che interagiscono fra loro

Il sistema biologico ha “di norma” una buona capacità di


adattamento purchè vi siano corretti presupposti
meccanici, biologici e dinamici

Biomeccanica dell’anca protesizzata

Cosa NON si conosce • Il reale sistema di carico


• Distribuzione e caratteristiche
dei contatti osso-protesi
• Variazione nel tempo

Stato di sollecitazione dell’impianto

Risposta dell’osso

Stabilità
dell’ancoraggio


SIR JOHN CHARNLEY

1961
1967

M.E. MULLER

protesi d'anca

anatomia funzionale biomeccanica forze meccaniche mobilizzazione scelte


dell'anca ed osteogenesi asettica progettuali

fisiologica protesizzata lubrificazione rimodellamento micromovimenti ancoraggio

fattori meccanici fattori biologici accoppiamenti


femore femore detriti di usura
materiali
acetabolo acetabolo stab. primaria mob. settica
osteolisi secondaria finiture sup.
osteoinduzione
rivestimenti sup.
mobilizzazione
tecnica chirurgica
modularità
stab. secondaria
diametro testa

stelo

acetabolo


Protesi d’anca
Una protesi dell’anca è costituita da:
• uno stelo, fissato nel canale
diafisario del femore, sempre
realizzato in metallo
• una testa femorale, realizzata in
metallo o ceramica, connessa allo
stelo mediante accoppiamento
conico,
• una coppa acetabolare, che si
articola sulla testa femorale,
normalmente realizzata in
UHMWPE o più raramente in
ceramica o in metallo,
• un guscio acetabolare, non
necessariamente sempre presente,
che avvolge rigidamente la coppa
acetabolare, realizzato in metallo

L’articolazione coxofemorale
L’articolazione coxofemorale è costituita dalla testa del
femore e dalla concavità dell’acetabolo.In termini
meccanici, è sostanzialmente equivalente ad un giunto
sferico con tre gradi di libertà.
4° vertebra inferiore
Legamento ileolombare
Legamenti
sacroiliaci
promontorio anteriori

grande foro
ischiatico
Legamento
spina iliaca sacrospinoso
anteriore
superiore Spina iliaca
superiore
anteriore

L'escursione articolare è di:


Piccolo foro
Legamento
ischiatico Sinfisi
pubica
sacrotuberoso • 120°-140° in flesso-estensione,
• 60°-80° in abduzione-adduzione,
• 60°-90° in rotazione interna-esterna


Le forze articolari: modello
biomeccanico di Pauwels
Rydell
p Paul
Bergmann
pt R
Bilancia di Pauwels la risultante delle forze
a agenti sull’articolazione
b dell’anca è inclinata di circa
16-20° sulla verticale ed ha
intensità pari a 2.5-3 volte il
peso corporeo.

Epifisi femorale

In un femore sano, la maggior parte


delle sollecitazioni si distribuisce a
livello delle porzioni prossimo-
mediale e prossimo laterale, subito al
di sopra del piccolo trocantere e
raggiunge i valori più alti all’inizio ed
alla fine del ciclo del passo.

L’ordine di grandezza delle pressioni


di contatto varia, all’incirca, da 1
Mpa, nel caso di contatto cartilagine-
cartilagine, a 8 MPa nella fase
centrale di appoggio monopodale


Lo stato di sollecitazione
dell’acetabolo
Sebbene l’intensità delle forze articolari dell’anca vari
notevolmente nel corso del ciclo del passo, la sua direzione
rimane compresa nel quadrante antero-superiore dell’acetabolo

In condizioni di appoggio
monopodale, le sollecitazioni nel
guscio corticale (15 20 Mpa)
sono più elevate che nel
sottostante osso trabecolare (0.3-
0.4 Mpa).
I massimi valori della pressione
intra-articolare sono presenti nella
fase di appoggio monopodale e
sono dell’ordine di circa 9 Mpa

protesi d'anca

anatomia funzionale biomeccanica forze meccaniche mobilizzazione scelte


dell'anca ed osteogenesi asettica progettuali

fisiologica protesizzata lubrificazione rimodellamento micromovimenti ancoraggio

fattori meccanici fattori biologici accoppiamenti


femore femore detriti di usura
materiali

acetabolo acetabolo stab. primaria mob. settica finiture sup.


osteolisi secondaria
osteoinduzione rivestimenti sup.
forze
intersegmentali mobilizzazione modularità
tecnica chirurgica

stab. secondaria diametro testa

stelo

colletto
lunghezza
sezione
collo

acetabolo

metal back
fissaggio


Biomeccanica dell’anca protesizzata
Le maggiori differenze fra anca
normale ed anca protesizzata si
verificano soprattutto per il
sovvertimento della distribuzione
delle tensioni nella zona prossimo-
mediale del femore. Nelle
articolazioni naturali, le forze
vengono trasmesse, attraverso le
superfici articolari, le inserzioni
muscolari e quelle legamentose, alle
strutture dell'osso spongioso e
corticale. L'inserimento di una
protesi altera questa distribuzione e
crea sollecitazioni che non hanno
alcun corrispettivo fisiologico

Biomeccanica dell’anca protesizzata


Non è noto:
• come si realizzino nello spazio i punti di contatto
protesi-osso
– come essi possano modificarsi nel tempo
– quali caratteristiche meccaniche abbiano (ad
esempio quale sia il limite di resistenza a taglio
o a comprensione di un ponte osseo sviluppatosi
nell’area periprotesica a contatto con la protesi);
• le azioni muscolari (intensità e direzione della
forza, istante di attivazione, distribuzione delle
inserzioni).
Quindi:
• non è possibile conoscere il reale stato di
sollecitazione della struttura (osso-impianto) da
cui dipende il rimaneggiamento osseo, l’osteolisi
da disuso e lo stress shielding; ossia il successo
nel tempo dell’impianto.


Il sistema di carico nel femore
protesizzato
20-25 ° 19-25°

Fzmax ≈ 2 – 5 W;
(8/9W)

Mt = 24 / 40,3 Nm
I massimi valori del momento flettente sono originati da forze comprese
fra 1'8,2% e il 10% del peso corporeo, si tratta di valori che vanno poi
moltiplicati per il braccio di azione rispetto alla sezione considerata.
Salire o scendere le scale o alzarsi da una sedia rappresentano
una delle attività più gravose per l’anca

Il sistema di carico nell’acetabolo


protesizzato


Lo stato di sollecitazione nell’impianto
protesico
Si possono definire alcuni comportamenti di massima:
• le deformazioni longitudinali, nella regione ossea prossimo-mediale,
sono inferiori a quelle fisiologiche, superiori nella parte distale,
• le deformazioni circonferenziali, sono più elevate, rispetto ai valori
"fisiologici" (negli steli a press-fit si ha un aumento delle tensioni
circonferenziali pari al 125%, Walker 1992)
• sono presenti elevate sollecitazioni torsionali intorno all'asse
longitudinale della protesi
• all'interfaccia osso-impianto si hanno sollecitazioni di taglio e
compressione

Lubrificazione dell’articolazione
fisiologica
Non è ben noto quali siano i meccanismi che garantiscono la separazione
delle cartilagini per mezzo del liquido sinoviale, un’ipotesi può essere
che:
• all’atto dell’appoggio calcaneare, con un rapido aumento del carico ed
una riduzione della velocità, il liquido sinoviale rimanga “intrappolato per
schiacciamento” e si abbia una lubrificazione elastoidrodinamica per la
presenza di una pellicola di schiacciamento (squeeze-film);
• nelle successive fasi del ciclo del passo, si ha una diminuzione del carico
ed un aumento di velocità per cui un meccanismo di tipo
elastoidrodinamico classico potrebbe assicurare la lubrificazione;
• nella fase di pendolamento, in presenza di un’elevata velocità relativa ed
un carico articolare basso, vi sia uno spazio relativamente ampio fra le
cartilagini, riempito di liquido sinoviale;
• nella fase finale di spinta calcaneare potrebbe ripetersi il meccanismo di
“squeeze-film”.
Inoltre, nei casi in cui lo spessore di fluido non fosse in grado di assicurare
la lubrificazione, potrebbe attivarsi la lubrificazione di strato limite che si
avvarrebbe della presenza di uno strato di fosfolipidi adesi alle superfici
articolari.


lubrificazione dell’articolazione
protesizzata

Nel caso di una coppa acetabolare in polietilene (UHMWPE) con testa


femorale metallica o ceramica, i parametri che determinano lo
spessore della pellicola di schiacciamento (squeeze-film) sono legati a:
• raggio della testa femorale (anche nel metallo\metallo);
• gioco radiale fra testa del componente femorale e coppa acetabolare;
• spessore della coppa acetabolare e modulo elastico del materiale che la
costituisce.
In particolare l’altezza della pellicola è direttamente proporzionale al
raggio della testa femorale ed allo spessore della coppa ed è
inversamente proporzionale al gioco fra le superfici a contatto ed al
modulo di elasticità del polietilene

lubrificazione dell’articolazione
protesizzata

43 °C


protesi d'anca

anatomia funzionale biomeccanica forze meccaniche mobilizzazione scelte


dell'anca ed osteogenesi asettica progettuali

fisiologica protesizzata lubrificazione rimodellamento micromovimenti ancoraggio

fattori meccanici fattori biologici accoppiamenti


femore femore detriti di usura
materiali
acetabolo acetabolo stab. primaria mob. settica
osteolisi secondaria finiture sup.
osteoinduzione
rivestimenti sup.
mobilizzazione
tecnica chirurgica
modularità
stab. secondaria
diametro testa

stelo

acetabolo

Stabilità primaria e secondaria

La fissazione primaria è ottenuta durante l’impianto, mentre la fissazione


secondaria è il risultato della riparazione e del rimodellamento osseo
che avvengono durante il processo di guarigione.
Il successo di un impianto protesico è legato all’ottenimento della stabilità
biologica secondaria, possibilmente con integrazione ossea (riducendo
al minimo lo spazio tra protesi ed osso).
In sintesi, prescindendo da aspetti biologici e chirurgici, si può dire
che la forma della protesi determina la stabilità primaria; i
rivestimenti condizionano la neoformazione ossea ed infine la
finitura superficiale contribuisce ad ottenere la stabilità secondaria


stress-shielding

Il fenomeno dello stress-shielding,


indotto dall’elemento protesico
rigido, causa una riduzione della
massa ossea, corticale e
trabecolare, che può anche
raggiungere valori del 50% dopo
pochi anni e che riduce la resistenza
dell’osso e la sua capacità di
sopportare i carichi trasmessigli.

protesi d'anca

anatomia funzionale biomeccanica forze meccaniche mobilizzazione scelte


dell'anca ed osteogenesi asettica progettuali

fisiologica protesizzata lubrificazione rimodellamento micromovimenti ancoraggio

fattori meccanici fattori biologici accoppiamenti


femore femore detriti di usura
materiali
acetabolo acetabolo stab. primaria mob. settica
osteolisi secondaria finiture sup.
osteoinduzione
rivestimenti sup.
mobilizzazione
tecnica chirurgica
modularità
stab. secondaria
diametro testa

stelo

acetabolo


Mobilizzazione asettica

La mobilizzazione asettica continua ad essere una delle


principali causa di fallimento delle protesi d'anca
maggiormente presente nei soggetti più giovani e di
maggior massa corporea
Qualunque sia il meccanismo che conduce alla
mobilizzazione, essa è certamente favorita dalla mancanza
di stabilità dell'impianto nell'immediato post-
operatorio

Mobilizzazione asettica

Fra le cause che concorrono a determinare la mobilizzazione asettica sono


predominanti:
• i fattori meccanici, come la presenza di movimenti tangenziali, dovuti
alle diverse caratteristiche dei materiali a contatto
• la produzione di detriti, sia metallici che di polietilene
• la qualità dell'osso in cui è posto l'impianto
• le alterazioni meccaniche e geometriche legate al processo di
invecchiamento, sia per la minore capacità dell'osso porotico di
compensare l'elevata rigidezza degli impianti, sia per l'aumento delle
dimensioni interne del canale midollare.


Migrazione e micromovimenti
La differente rigidezza delle strutture a
contatto, la presenza di vincoli in grado di
trasmettere solo sollecitazioni di taglio e
di compressione sono alcuni dei fattori che
rendono inevitabili i micromovimenti
relativi; essi sono, al tempo stesso, causa
ed effetto del tipo di interfaccia presente
fra osso ed impianto
Una distinzione va comunque fatta fra la
migrazione, che rappresenta una
variazione permanente della posizione
dello stelo rispetto all'osso ed il
micromovimento, che definisce lo
spostamento elastico, quindi recuperabile,
presente durante il ciclo del passo

Osteolisi secondaria a detriti


L’osteolisi periprotesica fu descritta per la prima volta da Charnley nel 1975,
si manifesta, per lo più, con una perdita focale
Qualora si verifichi un cospicuo fenomeno di corrosione o d’usura
massiva di un metallo, si osserva la pigmentazione dei tessuti circostanti,
fenomeno detto “metallosi”. Tale evento è frequente nelle protesi con
accoppiamento metallo-metallo.


protesi d'anca

anatomia funzionale biomeccanica forze meccaniche mobilizzazione scelte


dell'anca ed osteogenesi asettica progettuali

fisiologica protesizzata lubrificazione rimodellamento micromovimenti ancoraggio

fattori meccanici fattori biologici accoppiamenti


femore femore detriti di usura
materiali
acetabolo acetabolo stab. primaria mob. settica
osteolisi secondaria finiture sup.
osteoinduzione
rivestimenti sup.
mobilizzazione
tecnica chirurgica
modularità
stab. secondaria
diametro testa

stelo

colletto
lunghezza
sezione
collo

acetabolo

metal back
fissaggio

Scelte progettuali

Esistono circa 400 modelli differenti di protesi d’anca


Ancoraggio
• con cemento
• biologico

comunque venga realizzato, la mancanza di legami chimici fra osso ed


impianto fa si che esso sia affidato all’azione meccanica della stabilità di
forma e della successiva osteointegrazione esplicata, a livello
microscopico, dalla aree di interferenza fra le superfici corrispondenti
della protesi e dell’osso.

L’uso di rivestimenti in grado di non inibire o di stimolare la ricrescita


ossea rappresenta il primo passo in una diversa direzione che
probabilmente si svilupperà con il contributo dell’ingegneria genetica.

L’elemento di confronto, per ogni nuovo impianto, è costituito dai


risultati delle protesi cementate

Ancoraggio biologico
la protesi non cementata richiede una congruenza anatomica difficile da realizzare
sia nel canale midollare, che sulle superfici di osteotomia.
la distinzione fra protesi cementate e non cementate è assai meno significativa di
quanto fino ad oggi non si sia voluto ritenere. In entrambi i casi la fissazione
dei componenti è affidata alla presenza di microincastri; eguale l'atrofia
subita dall'osso, simile il comportamento biochimico dei tessuti presenti
all'interfaccia spesso, analoghe le complicazioni (formazione di cisti e di aree
di osteolisi intorno agli steli cementati, che diede origine al concetto di
"patologia del cemento“)
un intimo contatto osso-protesi Ciò vuol dire che, fra le due superfici, vi deve
essere una distanza massima compresa fra 0.3-0.5 mm (Carlsson 1988) e 1 mm
(Harris et al. 1983).
Vantaggi Î assenza di cemento da rimuovere in caso di reimpianto
consentirebbe di ottenere un ancoraggio tridimensionale, fra protesi
ed osso, in grado di trasferire, attraverso l'interfaccia, anche
sollecitazioni di trazione


Osso spugnoso

Tantalio

Zweymuller K.A.
C.O.R.R. 1988

microincastri ???


Ancoraggio con cemento

• Ottima congruenza anatomica


• Carico precoce
MA
La reazione di polimerizzazione è fortemente
esotermica
La rimozione del cemento, nel corso di un
reimpianto, è complessa


Materiali: lo stelo

Resistenza a fatica

In protesi applicate su soggetti in corsa o camminanti


normalmente sono state misurate forze pari a 4,3 o 3,3
volte il peso del corpo umano e queste forze vengono
applicate circa 700 volte per ogni chilometro percorso.
Anche una persona che conduca una vita sedentaria carica
il proprio peso su ciascuna gamba 5-10*103 volte al
giorno, il che vuol dire più di 106 volte all'anno. Si tratta,
tenendo conto delle ridotte sezioni resistenti degli impianti,
di condizioni che possono causare l'insorgenza di fenomeni
di fatica.


Corrosione
I materiali metallici utilizzati per applicazioni biomediche devono
possedere una elevata resistenza alla corrosione. I fluidi presenti nel
corpo umano, caratterizzati dalla presenza di cloruri e ricchi di
ossigeno, sono infatti fortemente aggressivi per la maggior parte dei
materiali metallici, avendo ad esempio una aggressività simile a quella
dell'acqua di mare
Quasi tutti gli altri metalli, compresi quelli considerati molto resistenti alla
corrosione come gli acciai inossidabili e il titanio, hanno potenziali di
ossidazione inferiori a quello di riduzione di ossigeno nel corpo
umano, e pertanto sono termodinamicamente suscettibili di corrosione.

Meccanismi di corrosione

Materiali: le coppe acetabolari


I vari materiali che possono essere utilizzati per la realizzazione delle
coppe acetabolari di protesi d’anca (o corrispondenti componenti per le
protesi di ginocchio) sono:
• metalli,
• ceramiche,
• polietilene ad ultra alto peso molecolare (UHMWPE),
i possibili accoppiamenti sono rappresentati da:
• accoppiamento metallo/UHMWPE,
• accoppiamento ceramica/UHMWPE,
• accoppiamento ceramica/ceramica,
• accoppiamento metallo/metallo,
la più significativa novità, emersa negli ultimi anni, è connessa all’utilizzo
di:
• UHMWPE reticolato.


Materiali: le teste femorali
Per la realizzazione di teste femorali possono essere utilizzate sia leghe di
cobalto, sia (anche se in misura minore) acciai inossidabili austenitici.
Le leghe di cobalto rappresentano oggi la scelta elitaria, grazie in primo
luogo alla elevata durezza di tali leghe. Lo sviluppo degli acciai
inossidabili ad alto tenore di azoto (soprattutto nella variante priva di
nichel) potrebbe però rilanciare anche tale materiale, soprattutto per le
protesi che utilizzano steli nello stesso materiale. Tra le varie leghe di
cobalto standardizzate, la più usata per teste femorali (che vengono in
genere ottenute per lavorazione meccanica partendo da barre è
probabilmente la lega forgiata ISO 5832-12, CoCrMo ad alto carbonio
Non vengono invece praticamente più utilizzati per teste femorali (e coppe
acetabolari) né il titanio né le sue leghe, a causa delle inadeguate
proprietà tribologiche di tale materiale

Materiali metallici
I vantaggi connessi all’uso dei materiali metallici sono:
• costo relativamente basso (se paragonato alle ceramiche),
• affidabilità strutturale (non vi è rischio di rotture),
• semplicità di lavorazione (in genere per asportazione di truciolo).
Gli svantaggi sono legati a:
• una durezza inferiore a quella delle ceramiche, che possono
determinare una maggior usura della controsuperficie articolare
(soprattutto se in UHMWPE) ed una maggior facilità di
danneggiamento in caso di usura a tre corpi per presenza ci corpi
estranei (detriti di osso o di cemento osseo).


Ceramiche
Per la realizzazione di teste femorali e nel caso di accoppiamento
ceramica/ceramica anche di coppe acetabolari possono essere utilizzati due
diversi tipi di ceramica: l’allumina e la zirconia.
In generale i vantaggi connessi all’uso dei materiali ceramici sono:
• inerzia chimica: sono materiali biocompatibili e sono immuni da corrosione,
• stabilità: non si degradano nel tempo,
• rigidità: sollecitati, non sono soggetti a grossi cambiamenti dimensionali,
• durezza: elevata resistenza all’abrasione,
• idrofilicità: consentono una migliore lubrificazione e un minore coefficiente di
attrito,
• possibile elevata qualità della finitura superficiale.
Le problematiche connesse all’uso dei materiali ceramici sono:
• i materiali ceramici sono intrinsecamente fragili e possono andare incontro a
rottura,
• la tecnologia di produzione è complessa e richiede elevato know-how, tanto
che pochi sono i produttori in grado di produrre componenti ceramici.
• il costo dei componenti ceramici è conseguentemente elevato.

UHMWPE
Il polietilene è un materiale polimerico ottenuto dal monomero etilene.
L’UHMWPE può essere trasformato in semilavorati o prodotti finiti
mediante:
• stampaggio per compressione (di lastre),
• stampaggio diretto per compressione (di componenti protesici),
• estrusione RAM (di barre),
che possono comunque indurre una certa diminuzione del peso
molecolare.
I vantaggi dell’UHMWPE sono:
• elevata resistenza all’urto
• ottima biocompatibilità
• basso coefficiente d’attrito
• elevata stabilità chimica (viene prodotto senza additivi o stabilizzanti)
Lo svantaggio principale è connesso alla:
• Relativa suscettibilità a fenomeni di usura.


Finitura superficiale: estensione e
distribuzione
dovrebbe essere il più estesa possibile per ottenere la massima
fissazione, ma gli effetti negativi che il rivestimento poroso ha
sulle proprietà del materiale, il notevole rilascio ionico che le
caratterizza ed il trasferimento delle sollecitazioni (stress
shielding) provocato da tale tipo di rivestimento hanno condotto a
limitare la quantità di superficie biologicamente attiva alla
porzione superiore dello stelo (appoggio metafisario) applicata con
continuità su tutta la superficie interessata

Finitura superficiale: tipo di superficie

titanio reso ruvido, rivestimenti


madreporici di sferule di
cromo-cobalto o titanio, applicazioni
di grovigli di filo di titanio, titanio
spruzzato a plasma e materiali
bioattivi non metallici come
idrossiapatite ( HP), fosfato
tricalcico (TCP) o biovetri, superfici
porose


Superfici porose
Gli studi sui materiali porosi, come rivestimento di componenti protesici, risalgono alla fine degli
anni '60 e hanno riguardato gli aspetti fondamentali della fissazione biologica:
• dimensione dei pori: gli impianti commerciali hanno porosità comprese fra i 50 e i 500 µm
senza che siano note sensibili differenze di comportamento. Secondo Cameron (1982), il
movimento relativo presente all'interfaccia osso-stelo a causa del carico e della differente
rigidezza è di circa 25 µm per cui il valore medio della porosità non dovrebbe essere
inferiore a 150 µm;
• spessore del rivestimento: sempre estremamente contenuto, è una conseguenza delle
scelte relative al diametro dei pori, al numero di strati o al procedimento di ottenimento della
superficie;
• resistenza dell'interfaccia: generalmente l'interfaccia delle protesi porose ha una più elevata
resistenza a trazione e a taglio e una maggiore rigidezza (Spector et al. 1982);
• micromovimenti dell'interfaccia: il grado di stabilità iniziale assicurato all'impianto è
determinante nel condizionare l'ancoraggio; per ottenere la ricrescita ossea i movimenti
tangenziali dell'interfaccia non dovrebbero superare, secondo i 30 µm (Pilliar et al. 1986);
• rilascio ionico: negli impianti porosi è stata evidenziata una velocità di corrosione superiore
di 5-10 volte a quella presente negli impianti lisci. L'aumento di ioni metallici rilasciati può
causare una maggiore sensibilizzazione allergica e un effetto cancerogenetico;
• tipo di materiale: in laboratorio la ricrescita ossea è stata ottenuta adoperando metalli,
polimeri e ceramiche. Per i diversi tipi di materiale non è attualmente possibile affermare
quale agisca meglio a lungo termine. Studi svolti in vivo su animali non hanno evidenziato
differenze di comportamento fra Titanio e Cr-Co-Mo.

Rivestimenti superficiali: Idrossiapatite


L’idrossiapatite è un materiale ceramico di composizione Ca10(PO4)6OH2 molto
simile alla componente mineralizzata dell’osso
Esiste una rilevante variabilità nelle risposte fornite dall'idrossiapatite, in
condizioni di prova simili che può essere attribuita ad una serie di fattori in
grado di influenzare l'adesione ceramica-metallo:
• rugosità superficiale;
• grado di ossidazione; temperatura;
• velocità di raffreddamento;
• storia termica della ceramica e della lega;
• forma e spessore del rivestimento;
• grado di porosità dell'interfaccia;
• processo di deposizione con plasma;
• tipo ed intensità del carico
• cambiamento di fase: da α-fosfato tricalcico a β-fosfato tricalcico che, nel
corso della diffusione con plasma, si verifica nella struttura della ceramica
determinando, nella maggioranza dei casi, ceramiche di fosfato di calcio non
cristalline


Rivestimenti superficiali: Biovetri

I biovetri sono vetri inorganici formati da miscele di Na2O-


CaO-P2O5-SiO2 in intervalli definiti di composizione,
progettati in modo da provocare reazioni superficiali
controllate una volte introdotte nell’organismo (Figura 26),
con la formazione di un certo legame chimico con i tessuti
biologici.
Essi vengono riassorbiti in tempi piuttosto rapidi e creano
condizioni chimiche locali che favoriscono i processi di
osteointegrazione, in quanto nei pori (3-30 micrometri) che
si producono a seguito della formazione di un gel attivo a
base di silice, sulla superficie dell’impianto si nucleano
cristalli di idrossiapatite

Modularità

• Maggiore adattabilità anatomica


• Maggiore quantitativo di detriti di usura


Diametro testa

22 - 32
Il diametro della testa influenza anche l’ampiezza dei
movimenti concessi dalla protesi, con una
relazione di proporzionalità diretta ed è collegabile
al rischio di lussazione e di contatto precoce dei
componenti, con una relazione di proporzionalità
inversa
Nel caso di accoppiamento metallo-metallo, prove di
laboratorio hanno dimostrato che il quantitativo di
detriti dovuti all’usura diminuisce all’aumentare
dei diametri

Geometria dello stelo

• collo
• antiversione del collo,
• angolo cervico-diafisario
• colletto
• dimensioni dell'impianto
• sezione retta dello stelo
• lunghezza dello stelo
• rigidezza
• geometria del corpo dello stelo
• taglie


Geometria dello stelo

I modelli di stelo femorale si sono evoluti secondo filosofie differenti, ogni


sistema di classificazione è arbitrario; è tuttavia possibile individuare dei
modelli generali di steli in base al loro sviluppo nel piano frontale ed in quello
sagittale:
• retti;
• curvi;
• anatomici.
Non si tratta solo di una differenziazione morfologica ma di una diversa maniera
di intendere la ricerca di quella congruenza superficiale che limitando la
distanza fra osso e superficie protesica rende più probabile lo sviluppo di
strutture ossee adese alla protesi.
La ricerca di un contatto, il più possibile esteso e che si sviluppi in maniera
tridimensionale ha portato allo sviluppo delle protesi “anatomiche” dove si
tiene conto anche della curvatura sul piano sagittale con la realizzazione di
protesi asimmetriche

Proprietà meccaniche dell’osso e dei


materiali protesici


Rigidezza

L'entità della differenza fra le caratteristiche meccaniche dell'osso e quelle


dello stelo fa sì che le deformazioni delle due strutture non siano
congruenti e siano presenti micromovimenti relativi che, oltre che
inibire l’apposizione di osso neoformato, possono indurre rapidamente
fenomeni di abrasione e di formazione di detriti.
L'uso di impianti meno rigidi dovrebbe portare, quindi, a un minor
riassorbimento osseo, questa considerazione ha condotto all'uso del
titanio ed allo sviluppo di progetti di steli in materiali compositi con
basso modulo di elasticità ed elevata resistenza
«isoelasticità » ??

Geometria dell’acetabolo

• alette
• filettatura
• viti
• metal-back e modularità
• Press-fit


Alette

Hanno la funzione di assicurare la stabilità primaria;


indipendentemente dalla forma inducono sempre elevate
concentrazioni di tensioni localizzate nelle aree in cui
penetrano nell’osso (Ries et al. 1999). Per tale ragione
richiedono un’accurata predeterminazione delle dimensioni
dell’impianto e della preparazione della cavità acetabolare;
possono causare una parziale mancanza di contatto
all’interfaccia neocotile-osso. Considerando che in un
cotile non cementato il carico viene trasmesso attraverso la
rima acetabolare, si deve accuratamente evitare che in tale
area vi sia perdita di contatto

Cotili autofilettanti

Le coppe filettate possono avere sostanzialmente tre


diverse forme: parabolica, tronco-conica, o
emisferica; in ogni caso provocano nell’osso
acetabolare un’aumento delle sollecitazioni in
direzione medio-laterale con sforzi di compressione
nella parte inferiore e superiore della coppa.
L’adozione di cotili autofilettanti ha certamente
migliorato i risultati a medio termine, inizialmente
assai poco incoraggianti, tuttavia la mobilizzazione
asettica, legata anche alle caratteristiche della
filettatura, rappresenta un problema rilevante ed
attuale.


Metal-back e modularità
Consente:
• uniforme distribuzione delle sollecitazioni
• diminuire lo spessore del polietilene,
• sostituire l’inserto in polietilene
I micromovimenti fra inserto e guscio ed il livello di finitura superficiale
della parte interna del guscio metallico hanno costituito le cause del
maggior quantitativo di detriti di usura che questo tipo di coppa ha
rilasciato rispetto ai componenti non modulari.
La presenza del guscio metallico causa, nella struttura ossea:
• più elevate sollecitazioni lungo il bordo della coppa,
• nella parte centrale dell’acetabolo si ha un livello di sollecitazioni
inferiore al fisiologico.

press-fit

Nel caso di coppe non cementate a press-fit il carico viene


trasmesso principalmente attraverso l’osso corticale della
rima acetabolare e quindi deve essere evitato un
posizionamento troppo mediale ed una perdita di contatto
con la rima
può essere opportuna la presenza del foro apicale, che
consente al chirurgo di determinare l’avvenuto, corretto
posizionamento della coppa


Casistiche
Durata
N. follow
Stelo Ancoraggio Autore
casi up
(anni)
Anatomic biologico 74 10 Archibeck (2001)
Mallory Ti biologico 245 10/13 Bourne et Al. (2001)
Titanio + HA biologico 274 10-13 D’Antonio (2001)
Ti + HA biologico 380 10/13 D’Antonio et Al. (2001)
Bicontact biologico 200 9 Eingartner et Al. (2000)
Lord biologico 103 10 Inoue et Al.(2001)
PCA biologico 311 12 Kawamura et Al. (2001)
Lord I tipo biologico 76 13 Keisu et Al. (2001)
Mella-Sousa et Al.
IQL biomet biologico 430 6
> 4000 (2001)
Superficie Moreland e Moreno
biologico 134 9
impianti porosa (2001)
Rivest. HA biologico 100 8 Oosterbos et Al. (2001)
Natural hip -
biologico 88 6 Pace (2000)
Sulzer
CLS biologico 232 9 Schreiner et Al. (2001)
Buoni Muller con cemento 76 9 Acklin (2001)
Ti con cemento 255 10 Eingartner et Al. (2001)
> 95% Titanio con cemento 133 10 Grubl et Al. (2002)
Muller con cemento 180 10 Havinga et Al. (2001)
T 28 acciaio
con cemento 379 21 Meding et Al. (2000)
inox liscio
TR-28 shot
con cemento 171 18 Meding et Al. (2000)
blast cromo
Muller
con cemento 49 15 Raber et Al. (2001)
(CoGNiMo)
Exeter con cemento 325 12 Williams et Al. (2002)

Evoluzione clinica

1 anno

4 anni 6 anni


Prospettive
Direttive comunitarie
Metodi quantitativi di analisi di immagini
Radiologia convenzionale
DEXA
Stereolitografia e prototipazione rapida
Chirurgia assistita
– passivi monitorizzano semplicemente la posizione e l'orientamento degli
strumenti ma lasciano che il chirurgo sia libero di usarli a suo piacimento,
Questa categoria può essere suddivisa ulteriormente in tre sottocategorie:
– pianificatori preoperatori
– simulatori chirurgici (per lo più usati preoperatoriamente)
– navigatori o sistemi di ausilio (usati intraoperatoriamente).
– semiattivi riducono le possibilità di movimento degli strumenti
esclusivamente ad un’area sicura,
– attivi hanno il pieno controllo del movimento degli strumenti chirurgici,
Valutazione clinica funzionale



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