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Canto I

Il canto primo del Purgatorio di Dante Alighieri si svolge ai piedi della montagna del Purgatorio, sulla
spiaggia; siamo nella notte tra il 9 e il 10 aprile 1300 (Pasqua), o secondo altri commentatori tra il 26 e il
27 marzo 1300.

Temi e contenuti
Protasi e invocazione alle Muse versi 112
Il cielo dellemisfero australe versi 1327
Catone versi 28111
Rito di purificazione versi 112136

il 10 aprile e Dante riempito di gioia da un'alba luminosa sulla spiaggia del Purgatorio: Dante
e Virgilio sono usciti dall'Inferno. Dante, lasciatosi alle spalle il regno della perdizione, muove i suoi
primi passi in quello della speranza. Il suo ingegno come una navicella che si appresta a seguire
una rotta pi tranquilla, quella del "secondo regno" dove l'anima si purifica e diventa degna di
contemplare Dio.
Le Muse, e Calliope in particolare, sono invocate a sostenere il canto del poeta con la stessa
perizia mostrata quando, sfidate a una gara di canto dalle Pieridi, furono vittoriose e punirono le
sfidanti. evidente il richiamo a un esempio di superbia punita, del quale peccato Dante riconosce
di essersi macchiato (un ulteriore esempio si trover nel proemio del Paradiso).
L'aspetto dell'aria sereno, d'un colore di zaffiro orientale (viene citato appunto lo zaffiro perch
secondo i lapidari lo zaffiro era la pietra che donava la libert). Essendo mattino, il bel pianeta
Venere, simbolo d'amore e di concordia tra gli uomini, splendeva nella plaga d'oriente,
annunciatrice del Sole. Quattro stelle, simbolo delle virt cardinali (prudenza, giustizia, fortezza e
temperanza), splendono nel cielo del Purgatorio e il poeta lamenta che esse non siano viste dagli
uomini, se non "dalla prima gente", Adamo ed Eva, che furono cacciati dal Paradiso terrestre.
Appare un uomo di aspetto venerando la cui sola vista suscita timore. Le stelle-virt ne illuminano
il viso. Egli chiede severamente ai due poeti chi siano; li crede due dannati, poich essi sono giunti
per una via inconsueta. Virgilio induce Dante ad assumere un atteggiamento di umile
sottomissione. Dante un vivo, Virgilio ha avuto l'incarico di aiutarlo a sfuggire al male. Mezzo
necessario sembrato fargli percorrere il mondo dei dannati. Di se stesso, Virgilio dice di non
essere sotto la giurisdizione di Minosse; sua sede il Limbo. In quel luogo anche Marzia, la
moglie di Catone, lo spirito apparso ai due poeti. in nome di Marzia che Virgilio chiede la
benevolenza di Catone, ma l'inflessibilit morale di questi indica come sia vana una simile richiesta
l dove unico volere da seguire quello di Dio: egli nel Purgatorio figura della libert dal peccato,
mentre in Terra egli figura del rispetto della legge.
Se dunque, il viaggio di Dante stato voluto da Dio, Catone obbedir a questo volere, non si
lascer lusingare da un richiamo terreno, dalla memoria pur dolce di donna cui fu affettuosamente
legato. Catone ordina a Virgilio di sottoporre Dante a un rito: lo cinger con un giunco, gli toglier
dal viso le tracce del passaggio nell'inferno.
I giunchi crescono sulla riva dellisola del Purgatorio. Simbolo dellumilt che si piega al volere
divino, essi sono senza nodi e assecondano con il loro moto quello delle onde che lincurvano.
Catone sparisce; i due poeti discendono lungo la spiaggia.
Lalba, con la sua luce, vince ormai le tenebre. Sul terreno cresce dellerba, bagnata dalla rugiada
notturna. Virgilio appoggia le palme aperte sullerba bagnata, poi le passa sulle guance di Dante.
Le tracce dellinferno vengono cancellate. I due poeti procedono. Virgilio compie il rito obbedendo
allordine avuto da Catone, e cinge Dante con un giunco.
Immediatamente, nel luogo lasciato vuoto dal giunco, un altro rinasce ad indicare come lumilt
crei umilt e sia inesauribile

Analisi
Fin dai primi versi evidente laccento posto da Dante sulla novit e diversit del Purgatorio rispetto
allInferno. Il cielo, il mare contrapposti allaria buia e opprimente; levolversi della luce dal buio stellato
allalba che indica il passare del tempo (mentre lassenza di tempo, ovvero leternit dellinferno, pi
volte sottolineata, a partire dallincipit del canto terzo); il ruolo di Dante che da osservatore partecipe ed
anche critico diventa egli stesso penitente in cammino (come le anime che incontrer) e quindi deve
disporsi con umilt alla purificazione; la certezza che questa purificazione sar la conquista della vera
libert, ovvero la libert dal peccato: questi i temi sviluppati nel canto.
Come avvenuto gi nellInferno anche questa volta il I canto, insieme al II, non corrisponde
immediatamente allinizio del nuovo viaggio, ma rappresenta il preludio allintera cantica
del Purgatorio e perci ne anticipa molte caratteristiche, sia nei contenuti che nel tono poetico. A
segnare continuit con lInferno ritornano la proposizione dellargomento, linvocazione alle Muse,
lindicazione dellora, limprovviso apparire di Catone, che ricorda laltrettanto improvvisa comparsa di
Virgilio, le allegorie legate alla natura, alle stelle, a Catone stesso, che corrispondono a quelle della
selva, delle fiere, del veltro. Ma, accanto a questi elementi ricorrenti, ne compaiono alcuni del tutto
nuovi: la dolcezza delle immagini e del linguaggio, i temi dellamore e della libert, che corrispondono
alla ritrovata pace del cuore. Accanto, per, a questi elementi, che caratterizzano la nuova situazione
poetica della cantica, si distingue nel I canto un tema particolare: quello della resurrezione, che si
traduce in forme diverse nelle tre macrosequenze del racconto: la descrizione del paesaggio, la
rappresentazione di Catone, il rito finale di purificazione.
Sul piano del racconto, lascesa dalla chiusa voragine infernale alla superficie della terra comporta il
recupero della visione del mondo naturale, che si attua, per, non in modo violento, in un passaggio
improvviso dal buio totale allo sfolgorio di una luce meridiana, ma in un trapasso smorzato, in quanto la
luminosit indefinita e diffusa dellalba crea unatmosfera dolce di accoglienza e di attesa. Il paesaggio
nel quale il pellegrino si trova un paesaggio vero, anche se il poeta non indugia a descriverlo
realisticamente. I riferimenti al cielo, al mare, alla spiaggia riconducono ad unisola reale, ma il
significato profondo di ogni immagine legato al suo valore simbolico, cio alla rinascita dello spirito,
che recupera linnocenza: il cielo, le quattro stelle, il preannuncio del Sole rappresentano uno spazio
nel quale sulla legge naturale si accende la luce rigeneratrice della Grazia. Anche la dimensione
temporale conferma lo stesso tema: quello che sta annunciandosi allorizzonte il giorno di Pasqua, la
Risurrezione di Cristo, e ci induce alla dolcezza e alla speranza, ma lapprodo alla spiaggia che cinge
la montagna del Purgatorio non il raggiungimento di una meta, bens linizio di un cammino
penitenziale. Luomo non pi come Adamo, deve faticosamente recuperare il giardino perduto. La
ritrovata pace del cuore si vena di malinconia sorretta dalla speranza. Daltra parte, tutti i valori simbolici
sono assorbiti dallatmosfera poetica del racconto, che si svolge in un silenzio raccolto, corrispondente
alla trepida attesa del protagonista.
Accanto alle consuete figure di Dante e Virgilio compare un personaggio caratterizzato da dignit e
austerit: Marco Porcio Catone Uticense, che ha qui la funzione di "guardiano", tant vero che
interviene con tono risentito quando vede i due pellegrini e chiede se "le leggi dabisso" sono state
infrante. La risposta di Virgilio tratteggia brevemente la condizione di Dante, e mette in evidenza il
legame tra Questo e Catone: entrambi in cerca di libert (Libert va cercando, ch s cara / come sa
chi per lei vita rifiuta, 7172). Catone si diede la morte, eppure si trova in Purgatorio (ricordiamo che
Dante raffigura i suicidi nellInferno, fra i violenti contro se stessi). Si apre perci un problema di
interpretazione di non poco spessore.

Anche la figura di Catone Uticense, il severo custode del Purgatorio, , nel suo sostanziale ruolo di
aiutante, collegata al tema della resurrezione. Anche in lui, come nel paesaggio, realt e simbolo si
fondono: egli un personaggio storico, ma in quanto martire della libert, rappresenta simbolicamente
la rinuncia dellanima al peccato in vista del recupero della libert totale. Egli non un eroe politico e
nemmeno un santo: possiede sapienza e virt naturali, ma non la Grazia. Richiama perci la figura
di Adamo e preannuncia luomo come sar sulla cima del Purgatorio. Egli magnanimo pi di Farinata,
in quanto inserito nel disegno di Dio. Col suo sacrificio rimanda a quello di Cristo e, quindi, alla
possibilit della resurrezione. Perci ricorda, insieme alla figura del saggio antico, quella del patriarca
biblico. In lui non ci pu essere rimpianto per la vita terrena anche quando essa assume il volto dolce e
puro della moglie Marzia. La sua libert consiste nel volere il bene e comprende anche laffrancamento
da ogni passione e da ogni affetto esclusivamente mondano. La sua funzione di custode lo pone
ancora nella condizione dellesilio: sar salvo solo nellultimo giorno. Ma attraverso di lui, che
costituisce un exemplum, coloro che approdano alle sue grotte scoprono nel Purgatorio il regno della
libert. In questo senso Catone integra e supera il ruolo di Virgilio, in quanto in lui la virt stoica pagana
si integra (simbolicamente) con la verit della rivelazione cristiana.
La letteratura latina gi dal I secolo a.C. presenta Catone come esempio di virt; il suicidio suscita per
fra i pensatori cristiani un giudizio negativo (ad esempio in SantAgostino).
Erich Auerbach scrive: Catone una "figura", o piuttosto era tale il Catone terreno, che
a Utica rinunci alla vita per la libert, e il Catone che qui appare nel Purgatorio la figura svelata o
adempiuta, la verit di quellavvenimento figurale. Infatti la libert politica e terrena per cui morto era
soltanto "umbra futurorum": una prefigurazione di quella libert cristiana che ora egli chiamato a
custodire e in vista della quale anche qui egli resiste ad ogni tentazione terrena; di quella libert
cristiana da ogni cattivo impulso che porta allautentico dominio su se stesso, appunto quella libert per
raggiungere la quale Dante cinto del giunco dellumilt, finch la conquister realmente sulla sommit
della montagna e sar coronato signore di se stesso da Virgilio.[1]
Nella conclusione del canto, lasciato Catone, Dante e Virgilio procedono soli in silenzio lungo la
spiaggia: tornano cos i temi del paesaggio e del cammino con i quali il canto si era aperto. Ma adesso
il rapporto con la natura acquista un valore ancor pi squisitamente religioso, attraverso il compimento
del rito che Catone aveva prescritto. Dante si purifica il volto con la rugiada e si cinge la vita con
un giunco schietto. Fino dallarrivo alla spiaggia il canto pieno di atti simbolici, che si rifanno a riti e
cerimonie liturgiche: il volgersi a destra, il contemplare le stelle, lindicare lora...; ci significa che
Dante, attraverso rituali che alludono alla confessione, si reintegra nella natura primitica e riconquista il
senso della comunit (di qui nasceranno i numerosi scontri con gli amici della giovinezza). Essenziale,
per questo, allavvio della resurrezione spirituale, il rito di purificazione e di umilt. La sacralit della
cerimonia conferisce a Dante una magnanimit che lo rende superiore al modello di eroe rappresentato
da Farinata degli Uberti, aprendogli un ben diverso destino. Di questa umilt, cio del risorgere di una
coscienza pura, segno il costante, ininterrotto silenzio del poetaprotagonista, il quale, proprio per la
sua religiosa concentrazione, al centro del canto: di lui, della salvezza sua e di ogni altro uomo, di cui
egli figura, parlano Virgilio e Catone, richiamando su di lui lattenzione del lettore.

CANTO II
Il canto secondo del Purgatorio di Dante Alighieri si svolge sulla spiaggia ai piedi della montagna
del Purgatorio, dove arrivano le anime per iniziare la propria espiazione; siamo allalba del 10
aprile 1300 (Pasqua), o secondo altri commentatori del 27 marzo 1300.

Temi e contenuti

Langelo nocchiero vv. 151


Le anime dei penitenti vv. 5275
Lincontro con lamico Casella vv. 76117
Il rimprovero di Catone vv. 118133

Sintesi

lalba, descritta con molti particolari astronomici e gi il cielo da vermiglio diventa dorato, quando
ancora i due poeti si guardano intorno alla ricerca del cammino migliore da intraprendere, sulla spiaggia
del monte del Purgatorio. Improvvisamente notano lavvicinarsi di un punto luminosissimo che si muove
a grande velocit, finch non riconoscono un angelo che, con la sola forza delle ali eterne ed
immacolate, fa avanzare limbarcazione nella quale sono trasportate dalla foce del Tevere fino allisola
del Purgatorio le anime destinate alla redenzione. Come i due poeti, anche le anime che approdano
sono spaesate.
Le anime si accorgono che Dante ancora vivo e si accalcano attorno (come la folla fa attorno ad un
uomo con un ramo dulivo in mano, dice Dante), e fra esse lo riconosce il musico fiorentino Casella. Si
abbracciano o cercano di farlo: Dante infatti, quasi traducendo un verso del libro VI dellEneide,
esprime come inutilmente tenti di abbracciare quellanima intangibile ; quindi Casella spiega perch
solo ora arrivi al Purgatorio (infatti langelo, secondo la volont di Dio, non accoglie sempre
immediatamente le anime dei morti: ma ora che iniziato il Giubileo egli le traghetta tutte). Dante,
ricordandosi dei bei tempi, prega il musico di intonare una canzone che dia sollievo alla sua anima
affannata dal viaggio attraverso lInferno. Casella intona una canzone del Convivio, Amor che ne la
mente mi ragiona, con tale dolcezza che tutti rimangono estasiati ad ascoltare, ma allimprovviso
irrompe Catone a rimproverare le anime e a spronare verso il cammino di redenzione loro, ma
implicitamente anche Dante. La folla dopo il richiamo di Catone si disperde e torna sui suoi passi.

Analisi
Simile al canto precedente, la delicatissima descrizione dellalba ci suggerisce implicitamente
limportanza del tempo nel Purgatorio, il suo essere calato in unatmosfera in qualche modo terrena e
temporale, a differenza dellInferno e del Paradiso: il Purgatorio infatti si trova nel mondo, ed
destinato a finire dopo il Giudizio Universale; lo scorrere del tempo fondamentale in questo luogo, dal
momento che da esso dipende la purgazione delle anime e la loro purificazione: vediamo poi che non
solo conta il tempo effettivo dellespiazione, ma quello che si trascorre nellattesa di iniziare, come
accade alle anime che aspettano nellAntipurgatorio e a Casella stesso, a cui solo le indulgenze del
Giubileo hanno permesso di essere accolto immediatamente dallangelo nocchiero. Questo tra laltro ci
fornisce unulteriore conferma dellanno nel quale si svolge la Divina Commedia, cio il 1300.
Nonostante questattesa obbligata, nel canto molto presente il motivo della velocit, soprattutto
allinizio; langelo appare velocissimo e altrettanto velocemente riparte, dopo che le anime si sono
"gettate" sulla spiaggia al suo segnale. A questo motivo contrapposto invece quello della lentezza,
che compare non appena le anime iniziano ad indugiare presso i poeti, finch non interviene Catone a
rimproverarle, introducendo un altro tema che ricorrer spesso nel Purgatorio, e cio quello della
sollecitudine delle anime ad espiare.
Se le anime si erano attardate, perch trattenute dalla "dolcezza" del canto di Casella. Il canto che
invece gli espianti devono praticare quello dei Salmi, come quello che appunto stavano cantando
sulla barca che li trasportava: v. 46, "In exitu Israel de Aegypto", che invoca allegoricamente la
Sliberazione dal peccato e dalla schiavit della condizione terrena attraverso il salmo sulla liberazione

degli Ebrei dallEgitto (come spiega Dante stesso nel Convivio e nellEpistola a Cangrande). Altra
spia simbolica potrebbe essere il canto solitario di Casella, contrapposto allarmonia con cui invece le
anime cantavano, "a una voce", il salmo. Questo ci porta anche a riflettere su come la prima immagine
che ci data di queste anime sia proprio quella del coro, dellarmonia, della solidariet: nel Purgatorio
infatti le anime sono solidali tra loro a differenza dellInferno, dove invece si insultano e litigano , e
solidali con Dante, qui loro eguale ben pi che nelle altre cantiche, come testimonia anche la ricorrenza
di sorrisi, di abbracci, di cui il primo proprio quello tra Dante e Casella.

Canto III
Il canto terzo del Purgatorio di Dante Alighieri si svolge nellAntipurgatorio, ove le anime dei contumaci
(morti scomunicati) attendono di poter iniziare la loro purificazione; siamo nel mattino del 10
aprile 1300 (Pasqua), o secondo altri commentatori del 27 marzo 1300.

Sintesi
Linizio della salita vv 145
Dopo che le anime del purgatorio sono state severamente rimproverate da Catone per aver tardato il
cammino di espiazione per ascoltare la canzone di Casella, Dante e Virgilio si avviano di corsa verso la
montagna (e il commentatore Benvenuto ironizza stranamente su quel "currere per illam planitiem").
Virgilio ancora pieno di rimorso per lerrore che ha commesso (quello di aver ascoltato anche lui la
canzone di Casella). Dante ad un tratto vede solo la sua ombra e non quella di Virgilio, e teme che il
suo maestro lo abbia abbandonato. Ma non cos: infatti il maestro gli spiega che il suo corpo fu
portato da Brindisi a Napoli: ossia nella sua tomba attuale. Ma soprattutto lo informa che la luce del
sole, come passa per i cieli del paradiso senza trovare ostacoli, cos passa attraverso le anime e non
permette loro di fare ombra. Come poi esse, che sono immateriali, possano soffrire le pene del
purgatorio e dellinferno, questo non lo sa. Lo sa solo la virt divina che per non vuole svelarci tutto
perch se avessimo potuto saper tuttoMaria non avrebbe avuto bisogno di partorire. Molti filosofi
dellantichit come Platone e Aristotele tentarono di conoscere tutto e ora il loro desiderio di
conoscenza diventato la loro pena eterna. E qui Virgilio si interrompe, e alquanto turbato (perch si
sente chiamato in causa) non aggiunge altro.
gli scomunicati vv 46 102
Dante e Virgilio arrivano finalmente alla montagna del purgatorio. Il problema che troppo ripida, cos
ripida che in confronto ad essa i dirupi pi scoscesi che si trovavano sulla costa della Liguria ("tra Lerici
e Turbia") sembrano delle scale facili da salire. Impossibilitati dunque a tentare la scalata, Dante e
Virgilio provano a trovare una soluzione. Virgilio prova con la sua ragione e volge gli occhi verso il
basso, mentre Dante guarda verso lalto (e "da man sinistra") e scorge delle anime di penitenti. Dice al
maestro che, se non riesce a trovare una soluzione da solo, forse meglio chiedere alle anime dove la
salita meno ripida. Virgilio e Dante si dirigono verso il gruppo dei penitenti, che il Dante narratore
paragona a un gregge. Questo "gregge" va molto lento e si trova a una grande distanza dai poeti.
Dante scopre che queste anime sono gli scomunicati.
Si pu notare in questa parte del canto come il ruolo di Virgilio quale guida per il pellegrino Dante
venga a mancare. In effetti, ora il poeta latino si trova in un luogo che non ha mai visitato, a causa della

sua pena divina (il restare nel Limbo). Sul piano allegorico, la Ragione, rappresentata da Virgilio, man
mano che si avvicina a Dio, si smarrisce sempre pi, poich essa non stata creata per comprendere il
suo mistero (che, secondo Dante, comprensibile solo per via diretta tramite lestasi mistica, che
prover infatti nellultimo canto del Paradiso). Lazione giusta da compiere per avvicinarsi a Dio, quindi,
non il ragionare a testa bassa come fa Virgilio, bens guardare verso lalto, verso lamore divino.
Manfredi 103 fine
Tra gli scomunicati c un bel giovane con due ferite, una delle quali al petto, descritto come "biondo,
bello e di gentile aspetto, ma lun de cigli un colpo avea diviso". Questo bel giovane chiede a Dante se
lo ha mai visto. Dante risponde di non sapere chi sia e il giovane gli racconta la sua storia. Egli
Manfredi, figlio di Federico II e nipote di Costanza dAltavilla. Manfredi cita la figlia Costanza, madre di
Giacomo e Federico, rispettivamente re di Aragona e di Sicilia. Manfredi racconta "orribil furon li peccati
miei" e di essere stato scomunicato da vari papi. Mor in battaglia nel 1266 a Benevento ma in punto di
morte si pent e il Signore lo perdon mandandolo nel Purgatorio invece che allInferno. I papi invece
non lo perdonarono, tanto che il vescovo di Cosenza, incaricato da papa Clemente IV[1], fece
dissotterrare le sue ossa (Or le bagna la pioggia e move il vento), che furono poi trasportate a ceri
spenti e capovolti, come nei funerali degli eretici, lungo il fiume Verde (identificabile secondo Benvenuto
e molti altri critici moderni con il Liri o il Garigliano). Manfredi chiede a Dante di raccontare quello che
ha detto a sua figlia Costanza e di dirle che lui stesso si trova nel Purgatorio, se altro si crede nel
mondo dei vivi, e di chiederle di pregare per lui, perch pi si prega per unanima del Purgatorio pi il
tempo di espiazione diminuisce. Con Manfredi, i credenti riescono a capire la grande bont di Dio che
abbraccia tutti coloro che si sono pentiti in fin di vita.

Analisi
Lunit del canto III nasce non dalla presenza costante di un solo tema, ma dalla drammatica ed
insistita contrapposizione di due motivi fra di loro complementari: il sentimento amaro della disunione e
quello pacificante dellunione. La disunione emerge nel senso di solitudine e di abbandono provato
nella sequenza iniziale da Dante, nellamara malinconia di Virgilio, nel ciglio spaccato di Manfredi e
nella violenza della scomunica subita dal principe svevo. Il motivo dellunione, invece, consiste
nellimportanza data al rapporto fra lanima ed il corpo, sentiti come unit inscindibili in quanto il corpo
destinato a risorgere nella gloria del cielo e a partecipare della beatitudine. Nel sentimento di unione
rientrano anche lumile disponibilit di Manfredi al pentimento e insieme linfinita misericordia di Dio
verso i peccatori. Questi temi che emergono dal montaggio sapiente delle varie sequenze.
Dante, quando non vede profilarsi lombra di Virgilio accanto alla sua, teme di essere abbandonato e si
sente smarrito: questo comporta la coscienza della condizione precaria del pellegrino, che affronta una
prova eccezionale e rivela il suo bisogno di protezione. Dante d prova cos della propria umilt e
anticipa la parte dellepisodio subito dopo dedicata a Virgilio. Da notare che la solitudine, la proterva
affermazione di isolamento che caratterizza le anime dellInferno e fa parte della loro dannazione
appare remota dalla condizione degli spiriti del Purgatorio. In questo luogo la sofferenza che conduce
alla purificazione viene vissuta nella solidariet reciproca: pertanto la disunione assume un carattere
estraneo alla condizione delle anime e pu apparire solo in quanto esperienza di chi non appartiene a
questo mondo (i due pellegrini) o come ricordo di eventi terreni.

Il modo in cui Virgilio reagisce al dubbio di Dante, il suo modo di vivere il distacco dal proprio corpo e di
affrontare la questione dei corpi aerei dei penitenti, il ricordo del Limbo sono tutte prove dei limiti della
ragione, ma valicano il piano simbolico e contribuiscono a dare un nuovo, dolente profilo allumanit di
Virgilio. Egli, in sostanza, il solo personaggio del canto che vive langoscia dellesclusione: non solo il
suo corpo non risorger per la gloria, e per questo egli vive lamarezza del distacco, ma parallelamente
la sua anima non potr mai partecipare alla salvezza e pertanto gli negata la prospettiva della
speranza. Ma proprio questo velo di tristezza, il tono elegiaco con il quale egli esprime la sua
consapevolezza conferiscono un profilo pi umanamente drammatico alla sua figura, che acquisisce
unaffettivit paterna pi intensa. Mentre appare diverso litinerario di Dante, volto a una meta definitiva
di salvezza, il rapporto fra laiutante e il protagonista si fa pi stretto, in quanto entrambi sperimentano
la fragilit dei propri limiti.
Se Virgilio infatti sperimenta e sottolinea i limiti della Ragione, di cui egli stesso il simbolo (State
contenti, umana gente, al quia..."), Dante, proprio grazie al richiamo di Virgilio compie un passaggio nel
suo personale itinerario: avverte la necessit di superare lesperienza stilnovistica e la filosofia
del Convivio, che andr inserita in una prospettiva pi alta, quella della salvezza. Daltra parte,
lamarezza di Virgilio abbraccia linsufficienza di tutta la cultura classica, di qui il suo accenno agli spiriti
del Limbo: gli antichi presunsero troppo (come gli scomunicati), affidandosi solo alla forza della
ragione. La sequenza si conclude con una sorta di intervallo, che ha la funzione di passaggio alla
seconda ed essenziale parte del canto; in essa lincertezza della strada, lincontro con la schiera degli
scomunicati (perder tempo a chi pi sa pi spiace...) e la similitudine delle pecorelle, accostando
elementi di smarrimento ed altri di mansueta accettazione, approfondiscono il clima ascetico
penitenziale.
Il primo degli spiriti salvati con il quale Dante stabilisce un colloquio un grande peccatore,
scomunicato dalla chiesa per le sue colpe: Manfredi di Svevia. Ma il poeta non pone la sua attenzione
sugli elementi di disunione, bens sulla misericordia di Dio, che dona gratuitamente la salvezza di fronte
alla conversione sincera del cuore, compiutasi in un istante, fuori dalla dimensione umana del tempo. Il
poeta, sottolineando il rapporto diretto dellanima con Dio, tende a superare laspetto giuridico del
comportamento della Chiesa e a vanificare la validit della scomunica. Ci rivela latteggiamento
ideologico di Dante e trova un suo fondamento nella realt, nella cronaca del tempo. Certo, egli ha
scelto il personaggio per le sue doti di liberalit, di cultura, per le sue convinzioni contrarie al potere
ecclesiastico; ma ci che restituisce il fascino poetico di Manfredi il suo passaggio dalla superbia
allumilt, dalla polemica al rasserenato perdono. Egli appare nella presentazione con tutti i caratteri del
cavaliere (biondo, bello, gentile), ma la sua non una storia di trionfo guerriero, bens di sconfitta.
Sconfitto dai suoi nemici, subisce lumiliazione e lesperienza del perdono, ci appare gi profondamente
spiritualizzato. In lui restano le virt gentili del cavaliere, si manifesta laffettuosit del padre e
soprattutto si afferma laltezza dellumilt. Proprio lumilt di cuore laiuta a trascendere il risentimento, a
superare la malinconia per quel suo corpo offeso e perseguitato. Il tema del corpo non per lui motivo
di avvertire la disunione; egli sa che un giorno esso risorger insieme a quelli di tutti i salvati: da qui la
sua elegia dolente ma contenuta; da qui il suo sorriso (Poi sorridendo disse...), che lo distingue dalla
malinconia di Virgilio. Anche lui, per effetto della scomunica, era divenuto un emarginato come Virgilio e
le anime del Limbo, ma lumilt gli ha aperto le vie della speranza. E nella speranza trova fondamento
quel suo spirito di comunione, che si dilata dal mondo ultraterreno fino a quello terreno con la
riconsacrazione della famiglia, quando egli ricorda la sua santa ava Costanza, gi beata in cielo, e la

figlia Costanza alla quale si volge il suo pensiero paterno.

Canto V
Il canto quinto del Purgatorio di Dante Alighieri si svolge nellAntipurgatorio, dove le anime dei morti
violentemente attendono di poter iniziare la loro espiazione; siamo nel pomeriggio del 10
aprile 1300 (Pasqua), o secondo altri commentatori del 27 marzo 1300.

Sintes
Rimprovero di Virgilio vv.121
Dante, seguendo Virgilio, si allontana dalle anime dei pigri fin quando una di queste lancia un grido di
meraviglia poich i raggi del sole non riescono a trapassare il corpo del poeta e ne proiettano l ombra
sul terreno. Alle parole del penitente Dante si volge e vede le anime guardarlo meravigliate, ma Virgilio
lo richiama con una certa fermezza ricordandogli che l uomo proteso ad un fine non deve lasciarsi
distrarre ma deve perseguirlo con decisione. Dante non pu non accogliere l invito del maestro, perch
riconosce la verit dell osservazione.

I negligenti morti di morte violenta vv. 2263


Dante e Virgilio si trovano nellantipurgatorio e sulle pendici del monte incontrano una nuova schiera di
anime che intona il salmo "Miserere". Esse sono le anime di coloro che sono morti di morte violenta e si
sono pentiti solo in fin di vita. Vedendo Dante sono colte da desiderio di sapere il motivo per cui egli,
essendo vivo, si trova nel Purgatorio.

Jacopo del Cassero vv. 6484


Il primo interlocutore di Dante Jacopo del Cassero. Questi nacque a Fano nel 1260 e
nel 1289 partecip alla battaglia di Campaldino, dove probabilmente conobbe Dante. Difese Bologna,
citt di cui era podest (129697), dagli attacchi di Azzo VIII, signore di Ferrara. Nel 1298 venne
eletto podest di Milano e per raggiungere la citt decise di passare da Venezia via mare e poi
proseguire per terra, per evitare i territori dellavversario. Nonostante ci, mentre si trovava a Oriago,
nel padovano, venne raggiunto dai sicari di Azzo VIII e ucciso.
Jacopo chiede a Dante, se passer per Fano, di ricordare ai suoi parenti di pregare per lui affinch il
tempo da trascorrere nellantipurgatorio finisca.

Bonconte da Montefeltro vv. 85129

Unaltra anima chiede a Dante di pregare per lei: essa appartiene a Bonconte da Montefeltro. Bonconte
(in uno dei passaggi pi vibranti dellintera Commedia) sottolinea che, se in vita era appartenuto alla
casata deiMontefeltro, ora egli semplicemente se stesso, attraverso la formula "io fui di Montefeltro, io
son Bonconte"(Vv.88); quindi evidente un distacco totale dalla dimensione terrena. Bonconte nacque
dal conte ghibellino Guido da Montefeltro (che Dante colloca nellinferno tra i consiglieri fraudolenti) e
partecip alla cacciata dei Guelfi da Arezzo nel 1287. Ad Arezzo fu a capo dei Ghibellini contro
i Senesi. Mor nella battaglia di Campaldino nel 1289, ma il suo cadavere non fu mai trovato. Bonconte
narra della sua cruenta morte e dellinvocazione a Maria per il perdono dei peccati in fin di vita.
Specifica il luogo in cui mor esangue in seguito alle ferite ricevute: nel Casentino, nel punto in cui
scorre lArchiano affluente dellArno

Jacopo e Bonconte sono accomunati dal sangue, che segna latmosfera di estrema violenza di quegli
anni. Particolare il ricordo di Bonconte sulla disputa avvenuta dopo la sua morte tra il diavolo e un
angelo: entrambi reclamavano lanima: langelo affermava che lui doveva avere lanima perch
Bonconte si era pentito, mentre il diavolo sosteneva che fosse uningiustizia perdonarlo dopo una vita
trascorsa nel peccato. Il diavolo, sconfitto, vuole vendicarsi sul corpo di Bonconte. Provoca un violento

temporale che fa straripare le acque che a loro volta si dirigono verso lArno. Il corpo viene cos
straziato dalla furia della corrente e trascinato finch le braccia di Bonconte, poste a forma di croce sul
petto, si sciolgono.
Spontaneo e quasi automatico il parallelo con le vicende estreme e il destino del padre: anche per
Guido da Montefeltro (XXVII dellInferno) si accende una disputa subito dopo la morte, in quel caso tra
San Francesco (Guido in vecchiaia si era "reso" frate) e un "nero cherubino". A differenza di Bonconte
salvo per una "lagrimetta", come beffardo dice il demonio , Guido dannato allinferno per aver dato
un consiglio fraudolento a papa Bonifacio VIII, che surrettiziamente lo aveva assolto prima del peccato.
Assoluzione, come ovvio, non valida.

Pia de Tolomei vv. 130136


Una terza anima chiede a Dante di pregare per lei una volta ritornato in terra: appartiene a Pia dei
Tolomei, ed enuncia gentilmente e brevemente al pellegrino il luogo in cui nacque, Siena, e in cui fu
uccisa, la Maremma. Allude attraverso una perifrasi al suo assassino: il marito. La donna era forse una
nobile di Siena appartenente alla casata dei Tolomei, e, secondo ricostruzioni mai pienamente
verificate storicamente, morta nel 1297 per mano del consorte, signore del castel di Pietra in Maremma.
Sono state avanzate alcune ipotesi sul motivo dellassassinio: alcuni storici antichi ritengono che Nello
dei Pannocchieschi, il marito, labbia uccisa per risposarsi conMargherita Aldobrandeschi, secondo altri
in seguito allinfedelt della moglie.
Lunica analogia tra i personaggi la morte violenta subita e il pentimento avvenuto in punto di morte.
Bonconte e Iacopo del Cassero sono morti in seguito a battaglie o feroci inimicizie con altri nobili, e
manifestano sentimento e coinvolgimento nel raccontare la loro storia a Dante. Il periodo in cui i due
hanno vissuto caratterizzato da lotte per il potere tra i vari signori italiani. Al contrario Pia dei Tolomei
assume un tono non recriminatorio verso il suo uccisore, non sembra turbata dal fatto che prima egli la
prese come sposa e successivamente la uccise. Latteggiamento della donna nel raccontare la propria
storia a Dante distaccato e freddo, come a sottolineare il suo completo distacco dalla vita e dal
mondo terreno; lunica, tuttavia, dalla quale traspare un velo di cortesia, chiedendogli di farle il favore
di ricordarla in terra solo dopo essersi riposato dal lungo viaggio.

Analisi
Il canto, attraverso i tre personaggi che allinea, presenta un quadro impressionante della violenza
sanguinosa che macchia ogni luogo e ogni situazione, dalla pi ovvia violenza politica e militare a
quella, pi nascosta ma altrettanto tragica, che si svolge in famiglia. Le accuse ai colpevoli, bench
espresse senza toni veementi, non mancano: da "quel da Esti" (v. 77), ossia il signore di Ferrara che
perseguita Jacopo del Cassero, allo sposo omicida di Pia de Tolomei. Un altro e diverso colpevole
viene additato da Bonconte, nel suo racconto drammatico degli estremi istanti di vita: la natura
sconvolta, che con le acque dei fiumi in piena trascina il corpo fino a sciogliere le braccia che aveva
stretto in croce come ultimo segno della fiducia in Dio, strumento del demonio che, ribellandosi
vanamente allangelo che salva lanima, pentitasi in extremis, esercita il suo dominio sul corpo di
Bonconte.
Il canto costruito intorno al tema del pentimento che, bench tardivo, tuttavia tale da indurre Dio alla
misericordia; a questo si collega il tema della preghiera, pronunciata dalle anime in coro ( appunto
il Miserere) e della richiesta che tutte le anime fanno a Dante di ricordarle tra i viventi: cos Jacopo ai
vv. 7072 e Bonconte al v. 89.
Questo canto, nel quale si inserisce anche un diretto motivo autobiografico (la battaglia di Campaldino,
alla quale Dante partecip), si pu considerare, proprio per il sangue e la violenza che descrive, degna
preparazione al canto VI, nel quale Dante pronuncia una durissima invettiva contro lItalia tutta, segnata
dallingiustizia e dalla prepotenza.

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