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Alain Badiou: La crisi, vera e falsa contraddizione del mondo contemporaneo

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La modernit prima di tutto una realt negativa. Effettivamente si tratta di una rot
tura con la tradizione. la fine del vecchio mondo di caste, nobilt, obblighi di c
arattere religioso, riti giovanili di iniziazione, mitologia locale, sottomissio
ne delle donne, potere assoluto del padre sui suoi figli, e divisione ufficiale
tra un piccolo gruppo di governanti e una massa condannata di lavoratori. Nulla
pu spingere questo movimento indietro un movimento che, evidentemente, iniziato i
n Occidente con il Rinascimento, si consolidato con lIlluminismo del XVIII secolo
e poi materializzato nelle innovazioni senza precedenti nelle tecniche di produ
zione e nel costante affinamento dei mezzi di misurazione, di circolazione e di
comunicazione.
Forse il punto pi sorprendente che questa rottura con il mondo della tradizione,
questo vero e proprio tornado che si abbatte sul lumanit quello che in appena tre
secoli ha spazzato via forme di organizzazione che duravano da millenni crea una
crisi soggettiva le cui cause e portata sono evidenti , e uno dei cui aspetti p
i rilevanti la difficolt estrema e crescente che i giovani, in particolare, affron
tano nel trovare un posto in questo nuovo mondo.
Questa la vera crisi. A volte la gente pensa che questa una crisi del capitalism
o finanziario. No per niente! Il capitalismo si sta espandendo in tutto il mondo
lo sta facendo meravigliosamente. Le guerre e le crisi fanno parte dei suoi mez
zi di sviluppo. Questi mezzi sono tanto brutali quanto sono necessari per spazza
re via la concorrenza e permettere ai vincitori di concentrare la maggior quanti
t possibile di capitale disponibile nelle proprie mani.
Da questo punto di vista, strettamente oggettivo la concentrazione del capitale
ricordate a che punto siamo arrivati: il 10% della popolazione mondiale possiede
l86% del capitale disponibile; l1% detiene ancora il 46% di tale capitale; e il 5
0% della popolazione mondiale ne possiede esattamente nulla, 0%.
facilmente comprensibile che il 10% che possiede quasi tutto non ha nessuna vogl
ia di essere confuso con chi non ha nulla.
A loro volta, un gran numero di coloro che condividono il restante 14% nutrono u
n feroce desiderio di mantenere ci che hanno.
per questo che spesso danno il loro supporto e il razzismo e il nazionalismo han
no un ruolo anche qui- le innumerevoli dighe repressive per costruire un muro di
fensivo contro la terribile minaccia che vedono dal 50% che non ha niente.
Tutto questo ci dice che lo slogan del movimento Occupy Wall Street Noi siamo il
99%, con la sua presunta capacit di unire le persone, completamente vuoto. La veri
t che ci che chiamiamo lOccidente pieno di persone che pur non costituendo parte de
l 10% che costituisce laristocrazia dominante, tuttavia fornisce al capitalismo g
lobalizzato una truppa di supporto piccolo-borghese, la famosa classe media, sen
za la quale l oasi democratica non avrebbe alcuna possibilit di sopravvivenza.
Perci, lungi dallessere il 99% anche simbolicamente i coraggiosi giovani di Wall S
treet non rappresentavano, anche nel loro gruppo originario, che un piccolo grup
petto, il cui destino era quello di scomparire non appena la festa del movimento f
osse finita.
A meno che, naturalmente, riescano a legarsi in un senso duraturo alla massa rea
le di chi non ha nulla o davvero molto poco; se essi disegnano un diagonale poli
tica tra questi del 14%, in particolare gli intellettuali, e quelli del 50 %, in

particolare, da un lato, gli operai e i contadini, quindi la parte inferiore de


lla classe media, la sua parte mal pagata e precaria.
Questo percorso politico praticabile stato provato negli anni 60 e 70, sotto la ba
ndiera del maoismo. Ed stato provato pi di recente nei movimenti di occupazione d
i Tunisi e del Cairo, e anche a Oakland, dove cera almeno il contorno di una conn
essione attiva con gli scaricatori del porto. Tutto, assolutamente tutto, dipend
e dalla rinascita definitiva di questa alleanza, e della sua organizzazione poli
tica a livello internazionale.
Ma nel presente stato di estrema debolezza di un tale movimento, il risultato og
gettivo, misurabile, della uscita dalla tradizione se avviene nel formalismo mon
dializzato del capitalismo non pu essere che quello di cui abbiamo parlato, vale
a dire una minuscola oligarchia detta la sua legge non solo alla stragrande magg
ioranza delle persone ai margini della mera sopravvivenza, ma anche alle classi
medie occidentalizzate, cio vassallizzate e sterilizzate.
Ma cosa succede poi a livello sociale e soggettivo? Marx ne diede nel 1848 una d
escrizione fulminante che infinitamente pi vera oggi che al suo tempo. Citiamo al
cune righe di questo vecchio testo che rimasto incredibilmente giovane:
Dovunque ha conquistato il potere[la borghesia]ha distrutto i rapporti feudali,
patriarcali, idillici (..) Essa ha affogato nelle gelide acque del calcolo egois
tico i sacri fremiti dellestasi religiosa, dellentusiasmo cavalleresco, del sentim
entalismo piccolo-borghese. Essa ha fatto della dignit personale un semplice valo
re di scambio. () La borghesia ha spogliato delle loro aureole tutte le attivit fi
no ad allora venerabili e considerate sacre. Essa ha trasformato il medico, il g
iurista, il prete, il poeta, luomo di scienza in suoi salariati.
Ci che Marx ha descritto qui che luscita dalla tradizione nella sua versione borgh
ese e capitalista apre in realt una gigantesca crisi dellorganizzazione simbolica
dellumanit. Per millenni, infatti, le differenze interne alla vita umana sono stat
e codificate, simbolizzate, sotto una forma gerarchica.
Le dualit pi importanti, come giovani e vecchi, uomini e donne, chi della mia fami
glia e chi non lo , miserabile e potente, il mio gruppo professionale e gli altri
gruppi, stranieri e nazionali, gli eretici e i fedeli, gente comune e nobili, c
itt e campagna, intellettuali e manuali, sono stati trattati, nel linguaggio, nel
le mitologie, nelle ideologie, nelle religiosi morali stabilite, con il ricorso
a strutture di ordine, che codificavano il posto degli uni e degli altri dentro
dei sistemi gerarchici sovrapposti.
Cos, una donna nobile era inferiore al marito, ma superiore a un uomo del popolo;
un ricco borghese, doveva inchinarsi davanti a un duca, ma i suoi servi dovevan
o inchinarsi davanti a lui; come pure, una squaw di una certa trib indiana era qu
asi nulla rispetto a un guerriero della sua trib, ma quasi tutto rispetto al prig
ioniero di unaltra trib, di cui a volte lei fissava le modalit di tortura. O ancora
un misero fedele della Chiesa cattolica era trascurabile rispetto al suo vescov
o, ma poteva considerarsi come un eletto rispetto a un eretico Protestante, come
il figlio di un uomo libero dipendeva assolutamente da suo padre, ma avrebbe po
tuto avere personalmente come schiavo il padre nero di una famiglia numerosa.
Tutta la simbolizzazione tradizionale si basa sulla struttura di ordinamento che
distribuisce i posti e quindi la relazione tra questi posti. Luscita dalla tradi
zione, incarnata dal capitalismo come sistema di produzione generale, in realt no
n offre alcuna nuova simbolizzazione attiva, ma solo il gioco brutale e indipend
ente delleconomia, il regno neutro, a-simbolico di quello che Marx chiama lacqua ge
lida del calcolo egoistico. Il risultato una crisi storica della simbolizzazione,
nella quale i giovani contemporanei sopportano il suo disorientamento.

Alla luce di questa crisi, che, sotto lapparenza di una libert neutrale, non propo
ne come referente universale che il denaro, ci vogliono far credere che ci sono
solo due vie: o laffermazione che non esiste, n pu esistere, niente di meglio di qu
esto modello liberale e democratico, delle libert sigillate mediante la neutralit de
l calcolo mercantile; o il desiderio reattivo di un ritorno alla simbolizzazione
tradizionale, cio gerarchica.
Queste due vie sono, a mio parere, delle situazioni di stallo estremamente peric
olose, e la contraddizione, sempre pi sanguinosa, coinvolge lumanit in un ciclo di
guerre senza fine. Questo il problema di false contraddizioni che interdicono il
gioco della vera contraddizione. Questa contraddizione reale, che dovrebbe serv
irci come riferimento per il pensiero come per lazione, quella che si oppone alle
due visioni del l inevitabile uscita dalla tradizione simbolica gerarchizzante:
la visione a-simbolica del capitalismo occidentale, che crea disuguaglianze most
ruose e patogene peregrinazioni, e la visione generalmente chiamata comunismo, che
dopo Marx e i suoi contemporanei, propone di inventare una simbolizzazione egua
litaria. Questa contraddizione fondamentale del mondo moderno nascosta, dopo pro
vvisorio fallimento storico del socialismo di stato in URSS e in Cina, dalla fal
sa contraddizione in relazione alluscita dalla tradizione che oppone la pura nega
tivit neutra e sterile dellOccidente dominatore alla reazione fascista, che spesso
travestitain narrazioni religiose degenerate, che offre un ritorno alle vecchie
gerarchie, e a tal fine dispiega una violenza spettacolare progettata per masch
erare la sua reale debolezza.
Questa presunta contrapposizione serve gli interessi di entrambe le parti, per q
uanto violento il loro conflitto possa apparire.
Aiutata dal loro controllo dei mezzi di comunicazione, essa cattura linteresse ge
nerale, costringe ogni persona a una falsa scelta tra lOccidente o barbarie. Cos fac
endo, bloccano lavvento del solo convincimento globale che potrebbe salvare lumani
t dal disastro.
Questa convinzione- che a volte ho definito lidea comunista afferma che, anche ne
l movimento di rottura con la tradizione, dobbiamo lavorare per creare una simbo
lizzazione egualitaria in grado di guidare, regolare, e formare il fondamento so
ggettivo stabile della collettivizzazione delle risorse, leffettiva scomparsa del
le disuguaglianze, il riconoscimento delle differenze-di uguale diritto soggetti
vo e, in definitiva, il deperimento delle forme separate di autorit di tipo stata
le.
Cos noi dobbiamo dedicare la nostra soggettivit a un compito del tutto nuovo: Per
questo dobbiamo dare la nostra soggettivit ad un compito del tutto nuovo: linvenzi
one, in una lotta su due fronti contro la distruzione del simbolico nelle acque
ghiacciate del calcolo capitalista e contro il fascismo reattivo che immagina la
restaurazione del vecchio ordine di una simbolizzazione egualitaria, che reinst
alla le differenze facendo prevalere delle regole comuni, sulla base di una cond
ivisione totale delle risorse.
Quanto a noi, gente dell Occidente, dobbiamo prima fare una rivoluzione culturale
, che consiste nello sbarazzarsi di convinzione assolutamente arcaica secondo la
quale la nostra visione delle cose superiore a qualunque altra. , invece, gi molt
o indietro rispetto a quello che volevano e prevedevano i primi grandi critici,
nel secolo XIX, sulla brutalit non egualitaria e la perdita di senso del capitali
smo. Questi grandi antenati avevano parimenti ben visto che lorganizzazione polit
ica presunta democratica, con i suoi ridicoli riti elettorali, era soltanto il p
aravento di una vassallizzazione totale della politica da parte degli interessi
superiori della concorrenza e dellavidit. Oggi pi che mai, abbiamo sotto gli occhi
il triste spettacolo di quello che hanno definito con la loro lucidit spietata, i
l cretinismo parlamentare.

Labbandono massiccio di questa identit occidentale allo stesso tempo combinato al ri


fiuto assoluto dei fascismi reattivi, costituisce il tempo negativo necessario e
ntro il quale possiamo affermare il potere dei nostri nuovi valori egualitari.
Non essere pi il giocattolo della falsa contraddizione, situarsi nella contraddiz
ione reale, cambier le soggettivit e le render finalmente capaci di inventare la fo
rza politica che rimpiazzer la propriet privata e la concorrenza attraverso quello
che Marx chiamava lassociazione libera.
Trad. it. Maurizio Acerbo.
Nota alla traduzione italiana:
Ho tradotto questo articolo di Badiou perch mi sembra che fotografi molto bene le
conseguenze della quasi sparizione nel presente di unantitesi, di unalternativa s
istemica come quella che stata rappresentata lungo due secoli dai movimenti soci
alisti e comunisti. Nutro pi di una riserva sulla concezione del comunismo di Bad
iou e non mi riferisco soltanto alle critiche che gli ha riservato Toni Negri ma
anche alla sua svalutazione delle concrete esperienze storiche europee. Riassum
erei: se Negri sostiene che Badiou un comunista senza Marx, io aggiungerei che s
i sente anche la mancanza di Gramsci e un giudizio liquidatorio tipico della sua
tradizione di riferimento verso le conquiste democratiche del movimento operaio
. Va a suo merito aver riaperto sul piano del dibattito intellettuale internazio
nale la discussione sul comunismo e non certo questo il luogo per discutere e ap
profondire il suo maoismo. Ma quando invita a rifiutare limperativo mediatico Occi
dente o barbarie e rilancia il ruolo storico del progetto comunista non si pu che
essere daccordo.

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