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JOURNAL or MONOGRAPH TITLE: Saggi e ricerche di letteratura francese.

VOL/ISSUE/DATE/PGS: v . l l
ARTICLE:

XI

1971 9-28

Pizzorusso, Arnaldo; Sul 'metodo' di Montaigne

SUL METODO DI MONTAIGNE:


LE OCCASIONI DEL GIUDIZIO

Nel Rpertoire des ides de Montaigne1 il termine mthode


non figura. Critici e lettori hanno spesso dubitato che sia lecito
parlare di un metodo di Montaigne . Scrive ad esempio Philip P. Hallie:
Montaigne's Essays present us (by way of their written
style, by way of their descriptions of the man's mental
and bodily characteristics, by way of the man's arguments
or rationalizations of these characteristics) with a totality
not so readily detachable from their author as a method
or a recipe is 2 .
Ma come si elabora questa complessa unit totalit ? Secondo Albert Thibaudet, essa il risultato di un metodo, e quindi
un tipo di conoscenza: Montaigne a une mthode positive
philosophique qui nous permet d'apercevoir toute sa philosophie sous un aspect d'unit, une forme du ou plutt
du Cogito en tant qu'il fournit un type de connaissance transportable tout 3 . L'aspetto unitario sarebbe rappresentato dalla
maniera del conoscersi, che implica un continuo sperimentare dall'interno la realt e la vita. Certo questa indicazione non fa tacere
ogni riserva: nel passo del Thibaudet la parola metodo riE . MARCU, Rpertoire..., Genve, 1965.
Hb. P . HALLIE, The Scar of Montaigne: An Essay in Personal Philosophy, Middletown, 1966, p. 150.
3 A. THIBAUDET, Montaigne, ediz. FL. Gray, Paris, 1963, p. 465.
1

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SAGGI E RICERCHE DI LETTERATURA FRANCESE - VOL. XI

schia di divenire un equivalente di maniera di pensare , di


definire una ricerca che ha luogo in funzione di colui che la
compie.
Come procede, di fatto, Montaigne? Concepisce e distingue
modi di valutazione e di apprendimento pi meno costanti?
Anche escludendo i significati pi tecnici e sistematici, il lettore
pensa probabilmente al legame, tanto fermamente acquisito da
sembrare naturale, che esiste fra metodo e ordine, disposizione
ordinata degli argomenti, disposizione conforme alle regole della
logica. Cos secondo la Logique de Port-Royal:
On appelle icy ordonner l'action de l'esprit, par laquelle ayant sur un mme sujet, comme sur le corps humain diverses ides, divers jugemens, et divers raisonnemens, il les dispose en la manire la plus propre pour
faire connotre ce sujet. C'est qu'on appelle encore mthode.
Tout cela se fait naturellement, et quelquefois mieux
par ceux qui n'ont appris aucune rgle de Logique, que
par ceux qui les ont apprises4.
Questo passo riconosce ed afferma che il possesso del metodo
(di un metodo) non condizionato dalla conoscenza e dall'applicazione delle regole . Ma vorrei ricordare anche le considerazioni di Henri Gouhier sulla prima pagina del Discours de In
mthode, dopo aver indicato in che senso debba essere intesa,
in un contesto cartesiano, la famosa frase: Le bon sens est la
chose du monde la mieux partage (non formula cartesiana, ma
semplice luogo comune), fa notare che la vera formula cartesiana
l'altra, che si incontra un po' pi avanti: ce n'est pas assez
d'avoir l'esprit bon, mais le principal est de l'appliquer bien 5 .
Descartes spiega infatti che la diversit delle opinioni non deriva
dalla loro maggiore minore ragionevolezza, ma piuttosto dal diLa Logique ou l'Art de penser [...], 5 ediz., Paris, 1683, p. 34.
H. GOUHIER, La Pense mtaphysique de Descartes, Paris, 1962,
pp. 15-16.
4
5

SUL

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verso orientamento del pensiero, dalla diversit dei suoi oggetti


( de ce que nous conduisons nos penses par diverses voies, et
ne considrons pas les mmes choses ).
Dimentichiamo per un momento la funzione che queste proposizioni hanno nel pensiero cartesiano. Riferiamole invece a
Montaigne. I rapporti che si impongono all'attenzione non sono
limitati all'idea di bon sens. L'opera di Montaigne ci mostra infatti diverse vie attraverso le quali il pensiero effettivamente
si dirige. Tale diversit esclude ogni regolarit di procedimenti:
se di metodo si potr parlare, il termine dovr essere inteso nella
sua accezione pi duttile e in apparenza meno rigorosa. Montaigne non cerca di scoprire quei certains chemins di cui parla Descartes in un passo famoso del suo Discours, n la baconiana
via invenienii scientias6. Rifiuta invece la certezza: si osservi
ad esempio che mentre Descartes sembra accettare il luogo comune di cui sopra (tutti gli uomini sono egualmente dotati di
bon sens e di ragione), Montaigne si limita a riferirvisi su di
un tono di dubbiosa ironia: qui a jamais cuid avoir faute de
sens7 ? f...] c'est une maladie qui n'est jamais o elle se voit
Riconosce certo l'eguaglianza degli uomini in quanto tali: Les
hommes sont tous d'une espece, et sauf le plus et le moins, se
trouvent garnis de pareils outils et instrumens pour concevoir et
C F R . il commento di E . GIX-SON al Discours de la mthode, Paris,
1930, p. 84. E anche C. B . BRUSH, Montaigne and Bayle. Variations on
the Theme } Skepticism, The Hague, 1966, p. 147 e nota 2.
7 II testo di e di [per queste sigle vedi la nota seguente] recava
qui: jugement, corretto poi in: sens (cfr. Essais, ediz. A. Annaingaud,
Paris, t. IV, 1926, p. 246). L'idea di sens sembra implicare, almeno nel
presente contesto, una capacit potenziale e generale, anche anteriore ad
ogni applicazione effettiva. Sulle nozioni di jugement e di sens in Montaigne, con particolare riferimento al passo citato qui, si vedano le considerazioni di R . C . LA CHARIT, The Concept of Judgement in Montaigne, The Hague, 1968, pp. 123 ss.
8 Gli Essais sono citati, salvo indicazione contraria, dalle Oeuvres
compltes, ediz. A. Thibaudet & M. Rat, Paris, 1967, con l'indicazione del
libro, del capitolo, della pagina e infine della lettera che designa i tre
principali strati del testo la - 1580, b = 1588, c = aggiunte in
margine all'esemplare di Bordeaux]. Qui ad es.: II, 17, 640 <.
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juger (I, 14, 50 a). Ma l'uso di questi strumenti non conferma


la loro astratta equivalenza, giacch conduce a risultati dissimili
addirittura contrastanti. Di qui l'incertezza di ogni giudizio:
la fiducia che ognuno ha nel proprio un'illusione (e un'illusione quanto mai difficile da dissiparsi):
On dit communment que le plus juste partage que nature nous aye fait de ses graces, c'est celuy du sens9: car
il n'est aucun qui ne se contente de ce qu'elle luy en a
distribu, (c) N'est-ce pas raison? Qui verroit au del, il
verrait au del de sa veu (II, 17, 641 a).
Il che nessuno in realt pu fare. Gin l'ironia Montaigne investe
in primo luogo se stesso, poich non d altra prova della bont
delle proprie opinioni se non la poca stima ch'egli fa di s (e di
quelle opinioni medesime). Dunque non partecipa affatto dell'illusione di cui sopra, ma registra infinite esitazioni e difficolt. Il
suo giudizio constata la propria insufficienza: Mes conceptions
et mon jugement ne marche qu' tastons, chancelant, bronchant
et chopant [...] . Tuttavia tale perplessit, che pu divenire
coscienza dell'errore, gli permette di intravedere, sia pure confusamente, altre verit: je voy encore du pas au del, mais d'une
veu trouble et en nuage, que je ne puis desmeler (I, 26, 145 a).
Come se le prove, i dubbi, le incertezze, avessero per effetto di
rendere pi estesi, sebbene indeterminati, prospettive e confini
dell'intelletto.
D'altra parte ogni lettore degli Essais ha presenti numerosi
passi che non manifestano nessuna indulgenza per gli errori e le
opinioni popolari. Ci che Montaigne chiama il vulgaire (come
si legge verso 1' inizio dell'^4pologie9 dove le edizioni anteriori
a c recavano: le vulgaire et tout le monde quasi, de ce genre) non
possiede la facolt di giudicare delle cose in se stesse: il suo
consenso determinato dalla fortuna e dalle apparenze (II, 12,
9 Anche qui si leggeva in a e in b: jugement (cfr. ediz. A. Annaingaud, t. IV, p. 249).

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416 a). Protesta altrove contro l'uso di affidare il giudizio delle


nostre inclinazioni e delle nostre azioni alla voce dei pi, la
voix de la commune et de la tourbe, mre d'ignorance, d'injustice
et d'inconstance (II, 16, 607 b). Quale che sia il credito che
Montaigne attribuisce alla ragione (e alla propria ragione), rimane
il fatto che la via della ragione costantemente distinta e
anzi contrapposta alla voce comune , nei campi pi diversi
dell'esperienza10. Anche i sondaggi ch'egli compie (o auspica
che altri compia) jusqu'au dedans, sono impresa riservata a pochi: je voudrois que moins de gens s'en meslassent (II,
1, 321 a).
Per Montaigne il problema del metodo il problema del
giudizio, e precisamente delle condizioni in cui il giudizio pu
esercitarsi con minore rischio di errore. Tuttavia, quando parla
dell 'instrument judicatoire, pone in evidenza difficolt che sfiorano l'impossibilit. Per valutare le apparenze occorre un tale
strumento : ma, per verificare lo strumento, occorre una dimostrazione: per verificare la dimostrazione occorre un nuovo
strumento, ecc. D'altra parte, come identificare le apparenze di
cui si deve giudicare? Montaigne giunge a constatare l'incessante
fluidit dei due termini di ogni giudizio, il soggetto e l'oggetto:
E t nous, et notte jugement, et toutes choses mortelles, vont
coulant et roulant sans cesse. Ainsi il ne se peut establir rien de
certain de l'un l'autre, et le jugeant et le jug estans en continuelle mutation et branle (II, 12, 586 a). Non pretende di
sormontare queste difficolt, che non sono difficolt particolari,
ma appartengono ad ogni giudizio possibile. Non cerca di evitare
i dilemmi pi radicali. Come giudicare del verosimile, se non conosciamo il vero? Come riconoscere la somiglianza di qualche
cosa di cui ignoriamo l'essenza?
Ou nous pouvons juger tout faict, ou tout faict nous
ne le pouvons pas. Si nos facultez intellectuelles et sensibles
10 Cfr. ad es. I, 31, 200 a: Voyl comment il se faut garder de s'atacher aux opinions vulgaires, etc..

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SAGGI E RICERCHE DI LETTERATURA FRANCESE - VOL. XI

sont sans fondement et sans pied, si elles ne font que


floter et vanter, pour nant laissons nous emporter nostre
jugement aucune partie de leur operation, quelque apparence qu'elle semble nous presenter; et la plus seure assiete
de nostre entendement, et la plus heureuse, ce seroit celle
l o il se maintiendroit rassis, droit, inflexible, sans bransle
et sans agitation, (c) Inter visa vera aut falsa ad animi
assensum nihil interest 11.
Secondo logica, la ragione non potrebbe sfuggire n sopravvivere
a questa alternativa: la certezza risiederebbe nella posizione immobile e negativa di chi rifiuta l'uso di quello strumento, di
quell'arma, che l'intelletto umano. L'uso dell'intelletto non
schiude le vie della verit e del consenso: il giudizio naturale
non riesce ad imporsi alla generalit dei giudicanti, non diviene
in nessun caso giudizio universale. Eppure Montaigne non si fissa
in quel rigore silenzioso, ma accede al mondo dell'opinione e
della verit, della curiosit e della contraddizione. Scrive Maurice Merleau-Ponty: Montaigne commence par enseigner que
toute vrit se contredit, peut-tre finit-il par reconnatre que la
contradiction est vrit n. Per chi rinunzi all'idea di un sapere intero e assoluto , la critica del sapere umano diviene la
misura di tutte le cose e l'equivalente di un assoluto u. Pi
semplicemente, Montaigne osserva che l'opinione non pu pene11 II, 12, 544-545, a-c. Qui Montaigne parafrasa liberamente, piuttosto trae le spunto da un passo degli Academica (II, 27), che appartiene all'esposizione critica della dottrina della Nuova Accademia. Cfr.
ediz. J.S. Reid, London, 1885, pp. 207-208: Sapientiae vero quid futurum est? Quae neque de se ipsa dubitare debet neque de suis decretis,
quae philosophi vocant , quorum nullum sine scelere prodi potent. Cum enim decretum prodi tur, lex veri rectique prodi tur, quo e vitio
et amici tiarum proditiones et rerum publicarum nasci soient. Non potest
igitur dubitari quin decretum nullum falsum possit esse sapientis neque
satis sit non esse falsum, sed edam stabile fixum ratum esse debeat,
quod movere nulla ratio queat. Talia avitem neque esse neque videri
possunt eorum ratione, qui ilia visa, e quibus omnia decreta sunt nata,
negant quicquam a falsis interesse. Etc..
12 M. MEXEAU-PONT, Signes, Paris, i960, p. 250.
Ibid., p. 261.

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trare e radicarsi profondamente nel suo spirito. Non si riconosce


il diritto di decidere, ma rimane aperto alla diversit delle opinioni e delle fantasie, per quanto frivole e stravaganti (III, 8,
901 b).
L'equilibrio del giudizio tanto fragile e precario da risultare
pressoch irraggiungibile: peine se peut il rencontrer une seule heure en la vie o nostre jugement se trouve en sa deu assiete (II, 12, 548 a). Mutamenti, alterazioni del corpo incidono
sulla ragione e sulle sue funzioni: di qui la mutevolezza, molteplicit e frammentariet di quei giudizi umani che si riflettono
sui costumi. Descartes conceder: Il est vrai que, pendant que
je ne faisois que considrer les moeurs des autres hommes, je
n'y trouvois gure de quoi m'assurer [...] . Ne deriver la critica della tradizione e del costume, la critica degli errori che offuscano il lume naturale . Montaigne procede in tutt'altra direzione: ogni particella dell'uomo, ogni episodio, ogni pensiero,
ogni esempio, attraggono la curiosit ed esigono l'attenzione. Ma
ci non implica fede rispetto per la condizione umana in
quanto tale. Cos il celebre apologo di Democrito ed Eraclito
gli fornisce il titolo di un capitolo (I, 50) e gli ispira una pagina
sprezzante e beffarda (291-292 a-b). Ma evidentemente l'atteggiamento dei due filosofi determinato da un'idea dell'umanit,
da un giudizio sull'uomo, il che istituisce un legame, peraltro
assai vago 14 , fra il titolo del capitolo e l'importante passo con
cui esso si apre (e sul quale vorrei ora richiamare l'attenzione del
lettore). Pi che una definizione del giudizio in se stesso, il
passo contiene una descrizione del modo in cui Montaigne esercita il suo proprio giudizio e quindi, in sostanza, una descrizione
del suo metodo:
(a) Le jugement est un util tous subjects, etsernesle
par tout. A cette cause, aux essais que j'en fay ici, j'y employe toute sorte d'occasion. Si c'est un subject que je n'en14 Ch. R. SAYCE, Montagne et la peinture du passage, Saggi c Ri r a * di Letteratura Francese, vol. IV, 1963, p. 46.

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tende point, cela mesme je l'essaye, sondant le gu de bien


loing; et puis, le trouvant trop profond pour ma taille, je
me tiens la rive; et cette reconnoissance de ne pouvoir
passer outre, c'est un traict de son effect, voire de ceux
dequoy il se vante le plus. Tantost, un subject vain et
de nant, j'essaye voir s'il trouvera dequoy lui donner corps
et dequoy l'appuyer et estanonner. Tantost je le promene
un subject noble et tracass, auquel il n'a rien trouver
de soy, le chemin en estant si fray qu'il ne peut marcher
que sur la piste d'autruy. L il fait son jeu eslire la route
qui luy semble la meilleure, et, de mille sentiers, il diet que
cettuy-cy, ou celuy l, a est le mieux choisi. Je prends de
la fortune la premier argument. Ils me sont galement bons.
Et ne desseigne jamais de les produire entiers, (c) Car je
ne voy le tout de rien. Ne font pas, ceux qui promettent
de nous le faire veoir. De cent membres et visages qu'a chaque chose, j'en prends un tantost lecher seulement, tantost effleurer, et par fois pincer jusqu' l'os. J'y donne
une poincte, non pas le plus largement, mais le plus profondement que je say. Et aime plus souvent les saisir par
quelque lustre inusit. Je me hazarderoy de traitter fons
quelque matire, si je me connoissoy moins. Semant icy
un mot, icy un autre, chantillons despris de leur piece,
escartez, sans dessein et sans promesse, je ne suis pas tenu
d'en faire bon, ny de m'y tenir moy mesme, sans varier
quand il me plaist; et me rendre au doubte et incertitude,
et ma maistresse forme, qui est l'ignorance (I, 50, 289290 a-c).
*

L'autore spiega anzitutto perch il suo giudizio se mesle


par tout . Non si tratta tanto di una curiosit universale, volta
alla totalit delle materie possibili, quanto di un'esigenza inerente
alla natura del giudizio e alle sue forme. Il giudizio la ragione
applicata e, come osserva Donald M. Frame, una ragione giusta , cauta, aderente ai fatti 15 ; non una ragione pronta a fuorviarsi e ad errare. Eppure lo strumento di cui si parla multi15 D .
M . FKAME, Montaigne's Discovery of Man, the Humanizatio1
of a Humanist, New York, 1955, p. 80.

S U L METODO DI MONTAIGNE

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forme e, almeno in apparenza, indefinibile. La ragione stessa


un organo malleabile e passivo, un util soupple, contournable
et accommodable toute figure (II, 12, 520-521 a). Di qui
l'iniziale apertura del nostro passo: nessun soggetto rifiutato e sembra quasi, prima che l'autore proponga le necessarie
distinzioni, che la scelta dei soggetti sia indifferente16. E' una
apertura che appartiene al procedimento dell'essai quale fu definito, in pagine acutissime, da Hugo Friedrich. Il Friedrich fa
notare fra l'altro che questo passo di I, 50, il pi importante per il senso metodico della parola . Intorno alle parole
essai / essayer, vi vede riunito tutto ci che caratterizza il
pensiero di Montaigne n.
Montaigne considera diversi casi possibili, che distingue fra
loro. Questa distinzione non una classificazione dei soggetti in
quanto tali, ma piuttosto una distinzione di prospettive, che
riguarda essenzialmente la mente dell'autore, nel suo rapporto
con le idee e con le cose:
(z) Prima ipotesi: un subject que je n'entende point .
Un argomento che, come dice altrove, superi la sua suffisance:
anche di un simile argomento dir liberamente la sua opinione
(, 10, 389 a). Ad esempio confessa di non conoscere n intendere la teologia; e tuttavia scriver l'Apologie de Raimond Second. Proprio perch insufficiente in se stesso, lo strumento
del giudizio pu essere usato al di l di ogni confine fra sapere
e non sapere18. Chi lo usa pu sperare nel favore divino (II,
12, 417 a), ma in ogni caso Montaigne propone soltanto un primo,
un breve tentativo (je l'essaye, sondant le gu de bien loing).
L'espressione, forse letteralmente impropria (come sondare un
16 Cfr. I, 10, 41 a: elle [se. l'ame] veut estre eschaufe et reveille
par les occasions estrangeres, prsentes et fortuites. Etc. .
17 H . FRIEDRICH, Montaigne, traduz. R. Rovini, Paris, 1968, p. 3 5 5 e
passim. Cfr. anche E . V. TELLE, A propos du mot essai chez Montaigne, Bibliothque d'Humanisme et Renaissance, vol. XXX, 1968,
PP 225 ss.
18 Cfr. II, 10, 388 a: La science et la vrit peuvent loger chez
nous sans jugement, et le jugement y peut aussi estre sans elles; etc..

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guado da lontano?), sottolinea la disposizione dell'autore alla


ritirata, al distacco. Ma l'immagine del guado, del corso d'acqua
di incerta profondit, rappresenta il correlativo fisico di una condizione essenziale del conoscere. Il saggio come imposto
a Montaigne dall'insufficienza di ogni altro strumento: Si mon
ame pouvoit prendre pied, je ne m'essaierois pas, je me rsoudrais [...] (III, 2, 782 b). In realt tali sondaggi, che lo si
voglia no, conducono a certi risultati, spesso imprevisti addirittura scandalosi. Cos per quanto riguarda la vita religiosa,
piuttosto il modo in cui gli uomini vivono e combattono, in apparenza, per l'affermazione della loro religione: Nostre religion
est faicte pour extirper les vices; elle les couvre, les nourrit, les
incite (II, 12, 421 c). Montaigne sembra considerare questi
risultati come episodici: la riva rappresenta per lui l'umilt
dell' 'uomo in quanto tale, la negazione delle facolt umane.
(it) Seconda ipotesi (che costituisce nello stesso tempo il
primo termine di una simmetria incompleta): Tantost, un
subject vain et de nant, j'essaye voir [ . . . ] . La lettura degli
Essais tende di fatto a persuadere il lettore che nessun argomento
(o quasi) vain et de neant. da ogni argomento pu essere ricavato dedotto un significato. Nel definire questo tipo di soggetti, Montaigne ricorre a una denominazione fondata sull'opinione dei pi, sul senso comune. Ma il lettore moderno non pu
trascurare il fatto che una tale denominazione (e classificazione)
implica un ordine di nozioni e di valori che non sempre necessariamente il suo. Quali sono i soggetti vani e da nulla
a cui gli Essais hanno dato corpo? Possiamo darne degli esempi: si ricordi ci che Montaigne dice dei bambini, delle loro
prime impressioni, delle loro prime abitudini. Cose che un lettore dell'epoca poteva considerare pressoch insignificanti, mentre Montaigne scrive: J e trouve que nos plus grands vices
prennent leur ply de nostre plus tendre enfance, et que notre
principal gouvernement est entre les mains des nourrices (I.
23, 107 c). I casi menzionati (come il ragazzo die tira il collo a
un pollo, che picchia il contadino, il servitore che non si di-

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fende) meritano attenzione in se stessi, almeno a giudizio di un


lettore del nostro tempo: ma l'autore sostiene e puntella
questi argomenti in apparenza inconsistenti considerando i comportamenti infantili come semi e radici delle abitudini e del
carattere ( les jeux des enfants ne sont pas jeux, et les faut
juger en eux comme leurs plus serieuses actions ).
(iii) Terza ipotesi: Tantost je le promene un subiect
noble et tracass... . Un soggetto nobile definito come tale
in rapporto a una tradizione morale e letteraria, allo stile, ai
generi nobili . Pertanto non un soggetto da scoprire: molti
ne scrivono ne hanno scritto (Montaigne pensa anche qui soprattutto agli Antichi). Ma nemmeno in questo caso il giudizio
deve rinunziare alla libert della scelta: di fatto, gli Essais contengono pagine e pagine dedicate a grandi personaggi dell'Antichit, come Alessandro Cesare Catone Uticense, soggetti nobili per eccellenza. Se per esempio Montaigne medita sulla
morte di Catone Uticense, dovr porsi le stesse domande che
tanti altri si sono posti prima di lui: Catone morto senza turbamento e senza paura, secondo i princip stoici? Oppure prov
piacere e anzi volutt in ima cos nobile azione ? Montaigne propende per questa seconda supposizione; ma legge nelle
Tusculanae Oisputationes, e trascrive in margine all'esemplare
di Bordeaux, la frase di Cicerone: Sic abiit e vita ut causam
moriendi nactum se esse gauderet 1 9 . Sembra dunque procedere in modo del tutto conforme al metodo definito nel nostro
passo. E tuttavia ci che in Cicerone era un esempio, indicato
insieme a quello di Socrate e di molti altri, diventa per Montaigne un caso preciso, presente alla coscienza. Egli vede morire Catone, immagina i suoi sentimenti, l'orgogliosa affermazione di s consentita dalla fortuna. Mentre Cicerone proponeva
l'astratta figura del saggio (vir sapiens laetus ex his tenebrie
in lucem illam excesserit ), Montaigne concepisce la violenza
19 II, 11, 403 a-c. Cfr. Tusculanae, I, 30, ediz. G. Fohlen, Paris, t. I,
31. - 46.

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delle emozioni ( une motion de plaisir extraordinaire ) e una


azione decisa di per se stessa, per la sua bellezza e non per la
speranza di una luce futura, in lucerti illam, secondo l'espressione di Cicerone. Dunque la pista altrui si trasforma spesso in
una nuova via: la scelta di Montaigne , pu divenire, una scoperta. Si aggiunga che per lui i soggetti nobili , nella sostanza
delle cose, non sono diversi dagli altri. Ci che conta non la materia dell'esperienza, ma l'esperienza stessa: La vie de Caesar a
poinct plus d'exemple que la nostre pour nous; et emperire et
populaire, c'est tousjours une vie que tous accidents humains
regardent (III, 13, 1051 b). In altri termini: la sua curiosit
non si rivolge sempre a ci che vi di nobile nei soggetti nobili.
Si rivolge anche a particolari minimi, spesso niente affatto onorevoli. Ad esempio Alessandro e Alcibiade erano consapevoli
della loro bellezza fisica e lo mostravano con gesti accenti
affettati; Cesare si grattava la testa con un dito quando rifletteva; e via di seguito. E nel contesto del passo che stiamo esaminando: Cette mesme ame de Caesar, qui se faict voir ordonner et dresser la bataille de Pharsale, elle se faict aussi voir
dresser des parties oysives et amoureuses (I, 50, 290 a).
La frase che segue:
Je prends de la fortune le premier argument. Ils me sont
galement bons. Et ne desseigne jamais de les produire
entiers.
dev'essere anzitutto considerata nell'ambito di quello che era il
suo contesto originario (a):
[...] entiers et fons de cuve. De mille visages qu'ils ont
chacun, j'en prans celuy qu'il me plaist. Je les saisis volontiers par quelque lustre extraordinaire et fantasque20. J'en
trieroy bien de plus riches et pleins, si j'avoy quelque autre
fin propose que celle que j'ay. Toute action est propre
nous faire connoistre21.
20
21

L'epiteto fantasque gi soppresso in b.


Le* Essais, ediz. A. Annaingaud, Paris, t. II, 1924, p. 451.

S U L METODO DI MONTAIGNE

23

Questo passo fu modificato e sviluppato da Montaigne. La sola


frase che non trova preciso riscontro nella versione definitiva
quella che inizia: j'en trieroy... E' una giustificazione che riguarda la natura degli argomenti prescelti, mentre l'autore insister poi sulla possibilit (o piuttosto impossibilit) di un loro
approfondimento. Ma la formula da sottolineare certamente la
prima (Je prends de la fortune le premier argument). Se tutti i
soggetti possono divenire materia di quell'esercizio intellettuale che il saggio, ora l'autore precisa che la loro scelta fortuita. Tuttavia la fortune di cui parla Montaigne un concetto
ambiguo. Non si tratta di una forza meccanica ed esterna: secondo il Butor, la fortune n'est pas autre chose que ce qui est
le plus lui-mme en lui n. Si identifica con l'ispirazione poetica.
Pu essere casuale il luogo in cui Montaigne tratta di questo
quell'argomento: ma sono recepiti soltanto i motivi e le occasioni che trovano in lui una particolare risonanza.
L'autore precisa: Et ne desseigne jamais de les [JC. ces arguments] produire entiers . Questa frase costituisce la saldatura
fra la versione originaria del passo e quella definitiva. Certo, un
argomento intero un argomento completo, trattato in
modo completo: ogni lettore degli Essais si rende conto che in
questo libro nessun argomento esaminato secondo un piano
che miri a considerarne successivamente tutti gli aspetti. Occorre
chiedersi: perch Montaigne produce cos i suoi argomenti?
La risposta, con cui inizia l'innesto della versione c, netta e
brutale: Car je ne voy le tout de rien (mentre gli altri, coloro
che credono di vedere il tutto di qualche cosa, si ingannano
almeno non riescono a mostrare ci che credono di vedere).
Ne consegue che il metodo di Montaigne dev'essere posto in rapporto con un'opzione pi generale, con un'idea dell'uomo e delle
possibilit di conoscenza che gli sono concesse. Si pensi al passo
di Pascal:
Le seul qui connat la nature ne la connatra-t-il que
22

M.

BUTOR,

Essais sur les Essais, Paris, 1968, p. 22.

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SAGGI E RICERCHE DI LETTERATURA FRANCESE - VOL. XI

pour tre misrable? le seul qui la connat sera-t-il le seul


malheureux? Il ne faut pas qu'il ne voie rien du tout; il ne
faut pas aussi qu'il en voie assez pour croire qu'il le possde;
mais qu'il en voie assez pour connatre qu'il l'a perdu: car,
pour connatre qu'on a perdu, il faut voir et ne pas voir;
et c'est prcisment l'tat o est la nature23.
La conoscenza umana intermedia fra il nulla e il tutto: vedere e non vedere la condizione naturale, che per, secondo
Pascal, conduce alla coscienza di una perdita, di una caduta.
Montaigne invece accetta la condizione naturale e ne accetta le
implicazioni immediate. Quando parla di un argomento intero , non intende soltanto un argomento che che pu essere trattato come un tutto, ma anche un argomento che pu
essere messo in relazione con un tutto. Ha insistito pi volte,
come noto, sull'incertezza e sull'incostanza del pensiero speculativo: Il se void infinis pareils exemples, non d'argumens
faux seulement, mais ineptes, ne se tenans point, et accusans
leurs autheurs non tant d'ignorance que d'imprudence [...]
(II, 12, 527 a). Queste riserve, formulate contro i filosofi ,
valgono anche, naturalmente, nel campo della morale e della psicologia individuale (s pensi all'esempio gi ricordato di Giulio
Cesare).
Se il primo strato del testo si soffermava soprattutto sul
giudizio (non sul giudizio in generale ma sul giudizio di Montaigne e sulle condizioni in cui poteva esercitarsi), lo strato
del testo rappresentato dalla versione c offre una pi particolare
descrizione del metodo. Ci implica certi spostamenti di prospettiva (De cent membres et visages...). Si noti:
(i) La molteplicit degli oggetti, pi esattamente dei
membres et visages di ogni oggetto. Tutti gli argomenti sono
egualmente buoni , perch tutti offrono al pensiero la possibilit di istituire interpretazioni e relazioni. Le cose non sono
fR *

e U V r e s c o m P l t " . te- J. Chevalier, Paris, 1954, p. I 2

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mai interamente simili fra loro, n interamente dissimili: Toutes choses se tiennent par quelque similitude, tout exemple cloche, et la relation qui se tire de l'experience est tousjours dfaillante et imparfaicte; on joinct toutesfois les comparaisons par
quelque coin (III, 13, 1047 h).
(ii) La scelta. Nella prima redazione Montaigne aveva
scritto: de mille visages qu'ils ont chacun j'en prans celuy qu'il
me plat spiegazione che non una vera spiegazione, ma piuttosto una rivendicazione di libert totale. Nella versione c, i criteri della scelta rimangono impliciti: ma evidentemente gli aspetti
prescelti debbono prestarsi al tipo di trattazione che verr descritto.
(Hi) La trattazione (e quindi propriamente il metodo). Qui
il discorso diviene figurato e tende verso la personificazione. Ogni
cosa (argomento) ha cento membra e cento volti: scegliendo uno
di questi volti, si ottiene un individuo, un corpo. I verbi che usa
Montaigne (lecher, effleurer, pincer) non implicano soltanto la
concretizzazione dell'oggetto, ma anche un rapporto, una presa
di contatto che si richiama direttamente alla materialit delle
sensazioni. Un tale rapporto con l'essere/oggetto pone in evidenza le condizioni effettive del giudizio. Sebbene Montaigne
abbia insistito pi volte sull' incertezza (soggettivit) dei sensi
e della loro testimonianza, sta di fatto che qui si parla, sia pure
via di metafora, di sensazioni, di contatti, dell'aggressione di
un corpo esterno. Questi atti metaforici sembrano rimandare
a modalit diverse, a procedimenti discontinui; ma sono pur sempre anteriori a quell'accomodamento, adeguazione e trasformazione dell'oggetto di cui Montaigne parla altrove come di una
costante24. La stessa opposizione: non pas le plus largement,
mais le plus profondement..., nel precisare la natura dell'eseru Cfr. ad es. II, 12, 584 a: Or, nostre estt accommodant les choses soy et les transformant selon soy, nous ne savons plus quelles sont
les choses en vrit; etc. .

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SAGGI E RICERCHE DI LETTERATURA FRANCESE - VOL. XI

zio, implica la penetrazione di un qualche cosa che esiste in


verit , prima di ogni alterazione.
Ma quando scrive: Et aime plus souvent les saisir par quelque lustre inusit, Montaigne, che pure ha riconosciuto la necessit di seguire talvolta la pista altrui , confessa la sua preferenza per le prospettive nuove e singolari. L'uso del termine
lustre da ricordare: il lustre la qualit di ci che brilla e risplende; fa pensare quindi, ove si tratti di cose intese come
argomenti e perci di discorsi ad esse relativi, a nozioni come
intensit, rilievo, forse contrasto (nel senso in cui l'ombra d risalto a corpi ad immagini luminose). Il lustre inusit stimoler, certo, l'attenzione dei lettori; ma in primo luogo l'attenzione e le facolt dello stesso Montaigne. Qui come altrove, i
chiarimenti sul metodo sono in rapporto con l'io e con la coscienza dell'io. Tale rapporto era implicito nella parte del testo
esaminata finora (anche se l'autore aveva parlato in prima persona): ora viene affermato nettamente, e con esso il carattere originale, se non addirittura soggettivo, del metodo. Giacch appunto il sondaggio, l'esame parziale e frammentario ecc.,
non un metodo universale, ma il solo che si convenga all'io
di Montaigne (e alla sua coscienza dell'io). Dunque il solo possibile.
Come osserva Jean Starobinski, Montaigne ne conoit pas
l'instauration d'une science, il ne rve pas de remplacer les mots
ambigus par les chiffres et les propositions videntes 25 . In
apparenza, si limita a prendere atto della sua incapacit di trattare a fondo una qualsiasi materia. Se possedesse altre attitudini
facolt, potrebbe forse procedere diversamente. Ma qui traspare l'ironia indiretta: il lettore dovr infatti dedurre che chi
in realt procede diversamente non si conosce come si conosce
Montaigne. L'ironia legittima il distacco: un tale metodo dispensa l'autore dal rispondere punto per punto di quanto ha
2 5 J . STAROBINSKI, Montaigne et la dnonciation
du mensonge, Dialectics, vol. XXII, 1968, p. 123.

S U L METODO DI MONTAIGNE

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scritto; gli conferisce il diritto di variare idee ed opinioni, ecc.


Tutto ci conduce alla conclusione, che una solenne e sardonica
negazione (ma maistresse forme, qui est l'ignorance).
Montaigne sfugge cos, ancora una volta, a critiche effettive
eventuali? Penso che pi semplicemente dica intenda dire
la verit. Tutti gli Essais sono fondati sull'idea di variazione e
sul metodo ch'essa detta. Ne deriva la rinunzia al sapere, a un
sapere concepito come possesso di un corpo di principi, e quindi
di una totalit. Ma la negazione non si esaurisce in se stessa, perch l'ignoranza di Montaigne socratica. Egli parla altrove (II,
12, 478 c), con riferimento a Socrate, di una dottrina dell'ignoranza . E riporta il detto di S. Agostino: Melius scitur deus
nesciendo [detto che peraltro, nel testo originale, non implicava
affatto un rifiuto della scienza e delle discipline liberali, ch anzi
S. Agostino vi affermava l'utilit di tali discipline in ogni campo
che non fosse quello della conoscenza divina, e in particolare per
chi de anima ipsa sua quaerere ac disputare voluerit ] . Secondo Montaigne religione e filosofia, attraverso i secoli della
storia, portano a questa conclusione: L'ignorance qui estoit naturellement en nous, nous l'avons par longue estude, confirme
et avere (II, 12, 480 a). E altrove: L'admiration est le fondement de toute philosophie, l'inquisition le progrez, l'ignorance
le bout ( I I I , 11, 1008 b). Tale ignoranza stata giustamente
definita una permanente condizione del giudizio in cui le cose
non sono fisse n dogmatiche v. E' una regola, una disciplina
dell'uomo e delle sue facolt.
In questa conclusione, lungi dallo scoprire in Montaigne un
qualche lustre inusit, ritroviamo un'immagine familiare, ma non
26 Cfr. De ordine, II, 16, in S. A. AUGUSTINI Operum tomus primus
[ - ] , Antwerpiae, 1700, col. 258. Tuttavia la citazione probabilmente di
seconda mano, come suggeriscono i commentatori (cfr. ad es. ediz. at.,
1556) e come sembra confermare il taglio della frase, identico in una
stazione di Lipsio: vedi I. L I P S I Politicorum sive Civilis Doctrtnae Libri
S e x ..], Amsterdam, 1632, p. 29.

ia
2 7 R . C . LA CHAMT, The Concept of Judgement in Montaigne, P . 1 .

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per questo meno autentica, dell'autore degli Essais. Il suo paradosso, la sua dottrina dell'ignoranza, una delle pietre miliari
della strada che ha tracciato ai moderni, ma di cui non ha indicato il termine n la direzione definitiva. Il suo metodo (nel
senso che abbiamo tentato di determinare) non tende all'elaborazione di un modello, n alla sua diffusione. Rinunzia all'autorit e alla perfezione del vero: preferisce, e decide di percorrere,
le vie sinuose del possibile.
ARNALDO

PIZZORUSSO

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