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FRANCO VOLPI

Mainlnder una filosofia da suicidio


Un pensatore ottocentesco da poco riscoperto
Il 31 marzo del 1876 Philipp Batz ebbe finalmente in mano la prima copia fresca
di stampa della sua vasta Filosofia della redenzione a cui aveva lavorato con fe
bbrile dedizione. Il trentaquattrenne filosofo vi presentava, con lo pseudonimo
di Philipp Mainlnder, la summa del proprio pessimismo e suggeriva quale soluzione
di tutti i problemi dell'universo il suicidio. La pubblicazione dell'opera era
l'ultimo atto che il giovane filosofo attendeva per congiungere in modo definiti
vo la sua vita al suo pensiero, mostrando con l'esempio che delle cose davvero i
mportanti tale era per lui la dottrina del pessimismo non si deve dare solo dimo
strazione ma anche testimonianza. Con teutonica coerenza, nella notte fra il 31
marzo e il 1 aprile si strinse un cappio al collo e si impicc.
L'opera suscit nell'immediato l'interesse del pubblico, ma poi fu rapidamente dim
enticata. La possiamo ora rileggere nell'edizione degli scritti di Mainlnder cura
ta da Winfried Mller-Seyfarth (Schriften, Olms, 4 volumi, pagg. 2150), autore anc
he di una presentazione d'insieme del nostro (Metaphysik der Entropie, VanBremen
, pagg. 210) e di una storia della sua fortuna (Die modernen Pessimisten als dcad
ents, Knigshausen & Neumann, pagg.182). Un accattivante invito alla lettura di Ma
inlnder viene anche dalla brillante, quasi romanzata storia del Nulla di Ludger Lt
kehaus (Nichts, Haffmans, pagg. 776). E soprattutto da Offenbach, citt natale del
filosofo, che gli dedica il 7 aprile una giornata di studi.
Mainlnder, ultimo dei cinque figli di un imprenditore, aveva frequentato le scuol
e commerciali ed era stato mandato a Napoli per un tirocinio. Vi rimase quasi se
i anni, dal 1858 al 1863, facendo le due esperienze decisive che lo spinsero all
a filosofia e alla poesia. Nel 1860 scopr in una libreria il Mondo come volont e r
appresentazione, se ne entusiasm e divent schopenhaueriano. Analogamente nel fratt
empo aveva imparato l'italiano alla perfezione si innamor di Leopardi e, imitando
ne i versi, port alla luce la vena poetica che nascondeva in s.
Architett un sistema filosofico in cui concentr il pessimismo dei suoi due maestri
: una ontologia negativa, una metafisica nera, basata sul principio secondo cui
"il non essere preferibile all'essere". Come Schopenhauer, Mainlnder pensa che no
i non conosciamo la cosa in s ma solo apparenze, e che perci il mondo non che una
mia rappresentazione. Tuttavia, mentre per Schopenhauer la cosa in s "Volont di vi
ta", concepita come forza cieca, universale, superindividuale, Mainlnder sostiene
invece che essa "volont di morte" individuale, presente in tutti gli esseri. In
un certo senso anticipa l'impulso di morte freudiano.
Ma da dove scaturisce tale spinta disgregatrice? Mainlnder propone un'ardita cong
ettura teologico-metafisica: essa nasce dal processo attraverso il quale la sost
anza divina originaria termine che egli riprende da Spinoza, altra scoperta fatt
a a Napoli trapassa dalla sua unit trascendente alla pluralit immanente del mondo.
E afferma: "Dio morto e la sua morte fu la vita del mondo", coniando per primo
un'espressione che sar resa famosa da Nietzsche. A uccidere Dio non fu per l'uomo,
come affermer Nietzsche, ma Dio stesso che si d la morte seguendo l'impulso in lu
i connaturato a passare dall'essere al nulla. In verit, Mainlnder intende essere f
edele all'immanenza, e nega con Kant che si possa conoscere la natura del princi
pio divino trascendente. Professa anzi un "ateismo scientifico" per il quale l'e
ssenza di Dio inconoscibile.
Nondimeno ritiene che noi possiamo pensare l'origine del mondo "come se essa fos
se il risultato di un atto di volont motivato", per cos dire l'effetto di un'azion
e della trascendenza, altrimenti per noi inconoscibile, e precisamente come l'at
to mediante il quale la trascendenza, ossia il "superessere" che sta oltre l'ess
ere e precede il mondo, si dissolve nell'immanenza del mondo, quindi nel non ess
ere. La genesi del mondo ha origine dalla volont divina di passare dal superesser
e, attraverso l'essere del mondo, fino al nulla. il suicidio, l'"autocadaverizza
zione" di Dio.
Ci che noi vediamo nel mondo la manifestazione di tale volont di autoannullamento
di Dio. Mainlnder trasforma e radicalizza il pessimismo schopenhaueriano in una "
metafisica dell'entropia", da cui ricava con coerenza tutto il suo pensiero: la

sua fisica, la sua filosofia della storia soggetta alla legge universale del dol
ore, la sua politica, la sua etica, la sua difesa della verginit e del suicidio q
uali negazione della volont. In questa scelta radicale egli vede la possibilit di
una "redenzione dall'esistenza", la disingannata speranza di potere alla fine "g
uardare negli occhi il Nulla assoluto". Speranza che egli si affrett a esaudire d
a s, senza aspettare il capriccio di Madre Natura.
Ci fu un epilogo alla sua storia, che la rese ancora pi triste.
La sorella Minna, che lo aveva seguito nei suoi studi filosofici, e che con lui
aveva composto il dramma Gli ultimi Hohenstaufen, raccolse i saggi lasciati dal
fratello tra cui uno sul buddhismo e uno che sviluppa l'etica schopenhaueriana d
ella tolleranza e della solidariet in un socialismo filantropico e nel 1886 li pu
bblic come secondo volume della Filosofia della redenzione. Quindi si suicid anche
lei.
A fine Ottocento Mainlnder era considerato, assieme a Eduard von Hartmann e Juliu
s Bahnsen, uno dei grandi esponenti della "Scuola del pessimismo" nata dalla fil
osofia di Schopenhauer e allora molto seguita. Ma nel giro di pochi anni fin per
essere dimenticato. La sua opera stata nondimeno oggetto di solitarie ma signifi
cative rivisitazioni.
Non solo Nietzsche, che, impressionato dalla Filosofia della Redenzione, scrivev
a: "Abbiamo letto molto Voltaire, ora tocca a Mainlnder". Anche Alfred Kubin, Bor
ges e Cioran si sono interessati dell'opera di questo moderno Egesia, teutonico
"persuaditor di morte".
Oggi il maggior promotore del suo culto il menzionato MllerSeyfarth, che scrive s
ul proprio biglietto da visita: "dottore in filosofia, tanatologo". Dirige in ef
fetti a Berlino la principale impresa funebre della capitale, con una quarantina
di collaboratori, interpretando la sua professione con devozione quasi religios
a secondo la filosofia di Mainlnder, ossia aiutando i propri clienti e i loro con
giunti, con le tecniche della consolazione e l'arte del ben morire, a gestire ne
l migliore dei modi il doloroso trapasso dall'essere al non essere.

TRATTO DA IL NICHILISMO DI VOLPI


Per l influenza che ebbe su Nietzsche, merita di essere presentato
soprattutto Mainlnder, il cui vero nome era Philipp Batz. Incline alla
speculazione e alla poesia, fu appassionato lettore di Schopenhauer e poi di
Leopardi, entrambi scoperti durante i quasi sei anni passati a Napoli tra il
1858 e il 1863. La sua opera capitale, La filosofia della redenzione (Die
Philosophie der Erlsung, 1876), dopo una risonanza iniziale, fu presto
dimenticata ed stata riscoperta solo di recente (cfr. Mller-Seyfarth, 1993,
2000). Prendendo a modello Il mondo come volont e rappresentazione essa
sviluppa un sistema del pessimismo in sei parti: Analitica della facolt
conoscitiva, Fisica, Estetica, Etica, Politica, Metafisica, cui si
aggiunge un appendice sulla Critica delle dottrine di Kant e Schopenhauer.
Il tutto fondato su un ontologia negativa che muove dal principio secondo
cui il non essere preferibile all essere. Nella spiegazione della facolt del
conoscere Mainlnder si attiene alla gnoseologia postkantiana di Schopenhauer, ed
anch egli convinto che noi non conosciamo la cosa in s
ma soltanto le apparenze. Tuttavia, egli giunge a una conclusione opposta a
quella di Schopenhauer: la cosa in s non identificata con la
schopenhaueriana Volont di vita (Wille zum Leben), che universale,
superindividuale, oltre il tempo e lo spazio, bens con la volont di morte
(Wille zum Tode). Quest ultima per Mainlnder individuale e sta alla base

di tutti gli esseri. Nel loro vivere insito, paradossalmente, un impulso di


morte. Ma da dove scaturisce tale spinta disgregatrice? Mainlnder prospetta
un ardita ipotesi teologico-metafisica: la volont di morte che inerisce a tutto
l essere dipende dal fatto che la sostanza divina
concetto che egli riprende
da Spinoza trapassa dalla sua originaria unit trascendente alla pluralit
immanente del mondo, il quale, in tale trapasso, ha la propria genesi. E
dichiara:
Dio morto e la sua morte fu la vita del mondo (Mainlnder, 1996-99:
I, 108).
Egli conia cos per primo un espressione che sar resa famosa da
Nietzsche. A uccidere Dio, secondo Mainlnder, non fu per l uomo, non
siamo stati noi, come affermer Nietzsche, bens Dio stesso che si d la
morte seguendo l impulso in lui connaturato a passare dall essere al nulla.
In verit, accettando l interdetto kantiano secondo cui la nostra
conoscenza non pu spingersi oltre i limiti dell esperienza, Mainlnder
intende essere fedele all immanenza, e nega quindi che si possa conoscere la
natura del principio divino trascendente. Professa, anzi, un ateismo
scientifico secondo il quale l essenza del principio divino costitutivamente
inconoscibile. Nondimeno egli ritiene che da un punto di vista regolativo
noi possiamo pensare l origine del mondo come se essa fosse il risultato di
un atto di volont motivato (Mainlnder, 1996-99: I, 322), ovvero il risultato
di un azione della trascendenza, altrimenti a noi sconosciuta e inconoscibile,
e precisamente come l atto mediante il quale la trascendenza, ossia il
super-essere che sta oltre l essere (ber-Sein) e precede il mondo, si
dissolve nell immanenza del mondo, quindi nel non essere (Nicht-Sein): la
genesi del mondo ha origine dalla volont di Dio di passare dal super-essere
al nulla, l autocadaverizzazione di Dio. Tutto ci che noi vediamo nel
mondo manifestazione di siffatta volont di autoannullamento
(Selbst-ver-nicht-ung).
Mainlnder trasforma e radicalizza dunque il pessimismo schopenhaueriano in una ve
ra e propria metafisica dell entropia, da cui
ricava con sistematicit tutto il suo pensiero: la sua filosofia della natura, la
sua filosofia della storia sottoposta alla legge universale del dolore, la sua
politica e la sua etica eudaimonistica, che sostiene la massima della verginit
e che raccomanda il suicidio come radicale negazione della volont. In questa
scelta radicale egli vede la possibilit di una redenzione dall esistenza, la
disingannata speranza di potere alla fine guardare negli occhi il Nulla
assoluto (Mainlnder, 1996-99: I, 358).
Con rigorosa coerenza, senza aspettare il capriccio di Madre Natura,
egli si affrett ad esaudire da s tale speranza. Ricevuta la prima copia fresca
di stampa della sua opera, nella notte tra il 31 marzo e il 1 aprile 1876 il
trentaquattrenne filosofo ritenne giunto il momento di far coincidere in modo
definitivo la sua vita con il suo pensiero, mostrando con l esempio che delle
cose importanti non si deve dare solo dimostrazione ma anche testimonianza:
strettosi un cappio al collo, si impicc.
La sorella Minna, che lo aveva seguito nei suoi studi filosofici, con lui
aveva composto il dramma Gli ultimi Hohenstaufen, e che pi tardi (1891) ne
imit il gesto disperato, pubblic nel 1886 alcuni saggi del fratello come
secondo volume dell opera maggiore, secondo il piano da lui stesso previsto.
Essi trattano vari argomenti, in particolare di filosofia della religione (uno
dedicato al buddhismo) e di filosofia politica (Il socialismo). Bench,
come si detto, l opera sollevasse nell immediato interesse e reazioni, fin
poi per essere dimenticata. Essa stata comunque meta di solitarie ma
importanti rivisitazioni. Non soltanto Nietzsche, che lesse subito con curiosa
attenzione la Filosofia della redenzione, ma anche Alfred Kubin, Borges e
Cioran si sono interessati dell opera di questo moderno Egesia, teutonico
persuaditor di morte. Specialmente l idea della morte di Dio conflu
nell articolata esperienza filosofica e intellettuale che spinse Nietzsche alla
propria concezione del nichilismo. Abbiamo letto molto Voltaire, scriveva
da Sorrento a Franz Overbeck il 6 dicembre 1876, ora la volta di

Mainlnder (Nietzsche, 1977: III, 184; 1986: V, 202).

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