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Epigramma longum

Da Marziale alla tarda antichit


From Martial to Late Antiquity
Atti del Convegno internazionale
Cassino, 29-31 maggio 2006
A CURA DI

ALFREDO MARIO MORELLI

TOMO II

EDIZIONI DELLUNIVERSIT DEGLI STUDI DI CASSINO


2008

Copyright 2008 Universit degli Studi di Cassino


Via G. Marconi 10 Cassino
ISBN 978-88-8317-045-4
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LUCA MONDIN

La misura epigrammatica nella tarda latinit

1. ENTRO I CONFINI
Anche dopo lesperienza di Marziale, e nonostante la sua esemplare
fortuna, lepigramma rimaneva una forma poetica poco canonizzata: come Quintiliano non ne faceva parola nella sua rassegna dei
generi del decimo libro dellInstitutio oratoria, cos le epoche successive ce ne offrono qualche avara e occasionale definizione, ma
nessun accenno di teorizzazione1. Il poco che si raccoglie inseguendo la parola epigramma nella letteratura latina dallet adrianea in
poi riguarda la sua cifra comica e giocosa (Fulg. myth. 1, p. 3 ludicro Talia ventilans epigrammate comedica solita est vernulitate mulceRingrazio Stefania De Vido, Claudio Marangoni e Paolo Mastandrea per aver letto e
discusso con me queste pagine, che non poco devono ai loro suggerimenti; ad Alfredo
Morelli si aggiunge la gratitudine per avermi invitato alla bella esperienza intellettuale di
questo convegno.
1
Sulla canonizzazione del genere epigrammatico latino e sui limiti della sua portata cfr.
M. PUELMA, Epigramma: osservazioni sulla storia di un termine greco-latino, Maia, n.s.,
49 (1997), 189-213; M. CITRONI, Marziale, Plinio il Giovane, e il problema dellidentit
di genere dellepigramma latino, in F. BERTINI [cur.], Giornate filologiche Francesco Della
Corte, III, Genova 2003, 7-29. In attesa di una sintesi aggiornata, per lepigramma latino
degli ultimi secoli dipendiamo ancora da G. BERNT, Das lateinische Epigramm im bergang von der Sptantike zum frhen Mittelalter, Mnchen 1968, integrato da W. MAAZ,
Lateinische Epigrammatik im hohen Mittelalter. Literarhistorische Untersuchungen zur
Martial-Rezeption, Mnchen-Zrich 1992; per una buona informazione generale R.
KEYDELL, Epigramm, RAC, 5 (1962), 539-577: 562-576; i dati essenziali in J.-L.
CHARLET, Die Poesie. Eine Dichtung im stetischen und gesellschaftlichen Spannungsfeld, in
L.J. ENGELS H. HOFMANN [hrsg. von], Sptantike. Mit einem Panorama der
Byzantinischen Literatur, Wiesbaden 1997, 495-564: 539-543; un rapido tratteggio in F.
MUNARI, Die sptlateinische Epigrammatik, Philologus, 102 (1958), 127-139.

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LUCA MONDIN

re), la sua proverbiale lascivia, da intendersi sia come licenza linguistica che come licenziosit di contenuto (Sidon. epist. 4,1,2):
et si quid heroicus arduum comicus lepidum, lyricus cantilenosum orator declamatorium, historicus verum satiricus figuratum, grammaticus regulare panegyrista plausibile, sophista
serium epigramm<at>ista lascivum, commentator lucidum
iurisconsultus obscurum multifariam condiderunt,

e, sul piano della forma espressiva, la necessit di una clausola efficace (Fronto p. 215,18 sgg. Van den Hout):
postremo, ut novissimos in epigrammatis versus habere
oportet aliquid luminis, sententia clavi aliqua vel fibula terminanda est.

Quanto al tratto pi scontato tra quelli che caratterizzano la


scrittura epigrammatica, cio il principio della brevit, esso non
sembra trovare significative enunciazioni a parte quelle dei glossari2, un accenno in Fulgenzio mitografo (myth. 1 p. 9 aut satyra luseram aut comedico fasmate delectabam aut tragica pietate mulcebam
aut epigrammatum brevitate condibam) e qualche indicazione un po
pi circostanziata in Sidonio Apollinare. La forma perfetta, per non
dire canonica, del genere, quella che egli attribuisce al compianto
amico Lampridio3, il quale, tra i molti ambiti letterari in cui aveva
toccato leccellenza, scriveva epigrammi fondati pi sullacutezza
concettuale che sulla copia verborum, mai pi lunghi di uno o due
distici, senza per scadere nel tour de force del monostico (epist.
8,11,7 quod ad epigrammata spectat, non copia sed acumine placens,
quae nec brevius disticho neque longius tetrasticho finiebantur). Lo
stesso concetto si ricava indirettamente dalla postfazione al carme
22 (Burgus Pontii Leontii), in cui Sidonio storna la possibile accusa

2
Ad es. Gloss.L I Ansil. EP 44 paucis verbis abta oratio super sepulcrum; V Aa E 445
abbreviata scriptura, seu adbreviata titulatio.
3
Su di esso cfr. A. LA PENNA, Il poeta e retore Lampridio. Un ritratto di Sidonio
Apollinare, Maia, n.s., 47 (1995), 211-224.

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LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

di non essersi attenuto alla epigrammatis paucitas nel celebrare le


bellezze della villa dellamico invocando il modello di Stazio, le cui
Silvae mostrano autorevolmente come analoghi soggetti possano
non essere costretti nella gabbia di una o due coppie di versi
(quas descriptiones vir ille praeiudicatissimus non distichorum aut
tetrastichorum stringit angustiis). Due distici elegiaci adornavano
una parete del frigidarium della sua villa Avitacus per invitare gli
ospiti a immergersi nella piscina (carm. 19):
Intrate algentes post balnea torrida fluctus
ut solidet calidam frigore lympha cutem;
et licet hoc solo mergatis membra liquore,
per stagnum nostrum lumina vestra natant.

Sidonio ne talmente soddisfatto che, oltre ad inserirli nel libro


delle nugae (corrispondente alla serie dei carmina 9-24 delle
moderne edizioni), vi accenna in epist. 2,2,7 descrivendo le bellezze della sua signorile residenza: pauci versiculi lectorem adventicium remorabuntur minime improbo temperamento, quia eos nec relegisse desiderio est nec perlegisse fastidio; questo discretissimo equilibrio della poesia di pochi versi, che non tedia il lettore e non esige
una seconda scorsa, racchiude in s lintero ideale della brevitas epigrammatica. Si tratta per di una visione alquanto astratta e convenzionale, che ripete un canone di ojligosticiva risalente allepigramma greco di et altoimperiale4, e che lo stesso Sidonio non
manca di disattendere in questo medesimo libellus, dove i tetrastica come li intitolano i manoscritti sono soltanto tre: oltre al
citato De piscina sua, un biglietto di invito alla propria festa di
compleanno per il cognato Ecdicio (carm. 20) e uno per accompagnare un dono di pesci (carm. 21). Gli altri componimenti che
recano la dicitura di epigramma, a parte carm. 18 De balneis villae
suae (5 distici elegiaci), mostrano una sistematica preferenza per la
misura di venti versi: uno di dieci distici per invitare il vir clarissi-

4
Cfr. M. LAUSBERG, Das Einzeldistichon. Studien zum antiken Epigramm, Mnchen
1982, 37-44; sulle testimonianze di Sidonio, 56-60.

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LUCA MONDIN

mus Ommatio al compleanno dei propri figli (carm. 17)5, uno


doppio dieci distici seguiti da 20 faleci con una preghiera di
esenzione fiscale allimperatore Maggioriano (carm. 13), e lagrodolce carme 12 Ad v. c. Catullinum, per scusarsi che lavvilimento
per loccupazione burgunda non gli consenta la serenit necessaria
a comporre il richiesto epitalamio. Questultimo esempio sembra
particolarmente rilevante perch, dopo diciannove faleci dedicati
alla caricatura dei giganteschi e famelici foederati, Sidonio taglia
corto con le parole (vv. 20-22):
Sed iam Musa tacet tenetque habenas
paucis hendecasyllabis iocata,
ne quisquam satiram vel hos vocaret,

quasi che i venti versi costituissero, pena lo sconfinamento in un


diverso genere letterario (nel caso di un epigramma scoptico, la satira per lappunto), il limite invalicabile della misura epigrammatica;
ma, se fosse cos, si tratterebbe anche in questo caso di un principio
del tutto teorico, perch in realt il concetto sidoniano di epigramma ammette, come vedremo, ben altre lunghezze.
Nulla di specifico si pu ricavare, anche per via della caduta del
primo verso, nemmeno dal quarto componimento proemiale del
Liber epigrammaton di Lussorio lunico di tutta la tarda antichit
dedicato al tema della brevitas epigrammatica. A dispetto del titolo
(che potrebbe non essere autentico), esso suona non tanto come
unapologia dellepigramma breve quanto dellepigramma come
Kleinform, capace di coniugare utilitas e gratia, in opposizione a
generi di poesia dallampia dimensione e virtualmente destinati a
occupare molti libri (AL 290 R.2 = 285 Sh.B.)6:
5
Una breve ma fine lettura di questo carme in I. GUALANDRI, Elegi acuti: il distico elegiaco in Sidonio Apollinare, in G. CATANZARO F. SANTUCCI [curr.], La poesia cristiana
latina in distici elegiaci. Atti del convegno internazionale (Assisi, 20-22 marzo 1992), Assisi
1993, 191-216: 204-206, che vi rileva nella fattura e nellethos limpronta modellizzante
di uninvitatio di Marziale, 10,48 (non a caso un epigramma longum di 12 distici), su cui
vd. il contributo di Elena MERLI, Cenabis belle. Rappresentazione e struttura negli epigrammi di invito a cena di Marziale, in questo stesso volume, 303-304 e passim.
6
Cos intende giustamente LAUSBERG, Das Einzeldistichon (cit. n. 4) 60-61, cui si
deve la migliore interpretazione; per unesegesi puntuale cfr. M. ROSENBLUM (ed.),

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LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

Epigrammata parva quod in hoc libro scripserit


.................................
si quis hoc nostro detrahit ingenio,
attendat modicis con<clu>di7 mensibus annum,
et graciles hiemis, veris et esse dies;
noverit <in> brevibus magnum deprendier usum:
ultra mensuram gratia nulla datur.
Sic mea concinno si pagina displicet actu,
finito citius carmine clausa silet.
Nam si constaret libris longissima multis,
fastidita forent plurima vel vitia.

10

Del resto, il concetto stesso di brevitas appare quanto mai


relativo nel giudizio delle fonti, cosicch nella notizia di Gennad.
vir. ill. 49 Paulinus Nolae Campaniae episcopus composuit versu brevia sed multa stentiamo a riconoscere lautore di poemetti cristiani che giungono spesso a svariate centinaia di versi, al punto che
saremmo tentati di credere a una mera imitazione della formula
usata da Hier. vir. ill. 103 Damasus, Romanae urbis episcopus, elegans in versibus conponendis ingenium habuit multaque et brevia
opuscula heroico metro edidit. Cos, in assenza di formulazioni non
equivoche o di dichiarazioni programmatiche paragonabili alle
molte di Marziale, la scala di misura dellepigramma tardolatino,
e al suo interno leventuale soglia di partenza dellepigramma longum, vanno desunte dalla prassi stessa degli epigrammisti, l dove
le condizioni dei testi consentano di approdare a risultati relativamente sicuri.
Luxorius. A Latin Poet among the Vandals, New York 1961, 180-181 e soprattutto H.
HAPP (ed.), Luxurius, II, Kommentar, Stuttgart 1986, 56-64, ai quali si aggiunto M.
GIOVINI, Studi su Lussorio, Genova 2004, 47-58. Ben segnalato da tutti i commentatori lintreccio delle allusioni a epigrammi programmatici di Marziale (in particolare 9,50
e 10,1), ma non il richiamo di v. 5 a Phaedr. 4,2,1-4 Ioculare tibi videmur: et sane levi,
/ dum nihil habemus maius, calamo ludimus. / Sed diligenter intuere has nenias: / quantam in pusillis utilitatem reperies!, n a v. 6 lautorevole precedente di Quint. inst.
11,1,91 Indecorum est omne nimium, ideoque etiam quod natura rei satis aptum est,
nisi modo quoque temperatur, gratiam perdit.
7
Rispetto al testo di Riese, a v. 3 accolgo con Shackleton Bailey lemendazione
con<clu>di di Meyer al trdito condi, raccomandata dalla coincidenza metrico-verbale con

401

LUCA MONDIN

In linea di principio, anche in assenza di specifiche indicazioni


metatestuali (ad es. la dicitura epigramma o altre titolazioni riconducibili al genere), la facies epigrammatica riconoscibile come tale
se, insieme a determinati tratti di tipo formale e contenutistico, presenta quello pi tipicamente distintivo della brevit; per contro, un
epigramma lungo trdito isolatamente o in un macro-testo non
interamente epigrammatico pu comportare insolubili difficolt di
classificazione, non essendo sempre discernibile da altre forme di
poesia breve, a meno di essere accompagnato da qualche esplicita
annotazione. Questo il caso dellEpicedion in patrem di Ausonio
(op. V Green), che ci perviene in duplice forma: pi breve (22 distici elegiaci) quella tramandata dalla famiglia dei manoscritti Z, assai
pi estesa (31 distici) e con cospicue varianti testuali quella inclusa
nel corpus conservato dal Leid. Voss. Lat. F 111 (V), dove il carme
altres corredato da una praefatio in prosa che ne spiega il tenore e
la genesi8. Nel titolo il componimento riceve letichetta generica di
epicedion che, per quanto pertiene alla tradizione latina, lo riallaccia
idealmente agli omonimi pezzi del quinto libro delle Silvae di Stazio
(silv. 5,1 Epicedion in Priscillam, 5,3 Epicedion in patrem suum, 5,5
Epicedion in puerum suum): si tratta per di un collegamento soltanto apparente, non solo per il fatto che quelli staziani sono poemetti
esametrici e non elegiaci, ma soprattutto perch, a differenza di essi
e dellintera tradizione del planctus poetico per un defunto, qui lo

Orient. comm. 1,287 ipse etiam variis conclusus mensibus annus e perci superiore sia a
condi <de> di Saumaise (preferita dagli altri edd. moderni) che a con<pren>di di Burman;
a v. 10 vitia di Rosenblum la correzione pi economica al trdito vitio, che costringe
Riese e Happ alla crux desperationis.
8
Salvo diversa indicazione, per i testi di Ausonio si far riferimento alledizione di
R.P.H. GREEN (ed.), Decimi Magni Ausonii Opera, Oxonii 1999. Su questo carme cfr.
dello stesso, The Works of Ausonius. Edited with Introduction and Commentary, Oxford
1991, 273-281 e E. DI LORENZO, Elementi di poetica ausoniana nellEpicedion in patrem,
in CATANZARO SANTUCCI [curr.], La poesia (cit. n. 5), 269-283 = ID., Tra lingua e stile,
Napoli 1994, 121-133. Per le generalit della tradizione manoscritta di Ausonio vd. infra
410-416; sulla duplice paradosi di questo testo e sul relativo dibattito critico cfr. D.
NARDO, Varianti e tradizione manoscritta in Ausonio, AIV, 125 (1966-1967), 321-82:
367-381, a favore della doppia redazione dautore.

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LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

stesso Ausonio senior che parla di s, rivolgendosi al lettore secondo


i modi tipici dellepitaffio metrico espresso in prima persona:
Nomen ego Ausonius; non ultimus arte medendi,
et, mea si nosses tempora, primus eram.
Vicinas urbes colui patriaque domoque:
Vasates patria, sed lare Burdigalam.

Nonaginta annos baculo sine, corpore toto


exegi, cunctis integer officiis.
Haec quicumque leges, non aspernabere fari:
talis vita tibi, qualia vota mihi.

1
4
59 (41 Z)
62 (44 Z)

Lincongruenza parzialmente risolta dalla praefatio che accompagna il testo nella redazione V:
Post deum semper patrem colui secundamque reverentiam
genitori meo debui. Sequitur ergo hanc summi dei venerationem9 epicedion patris mei. Titulus a Graecis auctoribus
defunctorum honori dicatus, non ambitiosus sed religiosus.
Quem commendo lectori meo, sive is filius est seu pater sive
utrumque. Neque ut laudet exigo, set ut amet postulo;
neque vero nunc patrem meum laudo, quod ille non eget et
ego functum oblectatione viventium onerare non debeo.
Neque dico nisi quod agnoscunt qui parti aetatis eius interfuerunt. Falsum me autem morte eius obita dicere et verum
tacere eiusdem piaculi existimo. Imagini ipsius hi versus subscripti sunt neque minus in opusculorum meorum seriem
relati. Alia omnia mea displicent mihi, hoc relegisse amo.

Cos da un lato Ausonio forza con una certa disinvoltura la definizione di epicedion facendone senzaltro un tipo di iscrizione funeraria (titulus a Graecis auctoribus defunctorum honori dicatus10), dal-

9
Si riferisce alla precedente Precatio consulis Ausonii versibus rhopalicis (App. II Green)
o, se essa spuria, ai Versus Paschales (op. IV Green), che nel corpus di V sono collocati
prima di essa; cfr. GREEN, The Works (cit. n. 8), 274.
10
Indubbiamente autorizzata dal fatto che spesso i tituli funerari reali o fittizi assumono la forma dellepicedio, ma contraria alla definizione etimologica che di questulti-

403

LUCA MONDIN

laltro dichiara espressamente di aver concepito la poesia come scrittura esposta (presumibilmente nello spazio domestico: imagini
ipsius hi versus subscripti sunt), pur ritenendola degna di essere inserita tra i propri testi letterari (neque minus in opusculorum meorum
seriem relati), secondo la stessa procedura seguita da Girolamo per
gli elogia metrici fatti incidere sulla tomba di Paola a Betlemme e
poi inseriti a suggello del suo Epitaphium Sanctae Paulae, o quella
ventilata da Sidonio Apollinare per lepitaffio in versi di Filimatia11.
Che sia la verit o una mera simulazione letteraria, lEpicedion ausoniano si presenta cos come un vero e proprio carme iscrizionale12,
cio come un testo di natura epigrammatica nel senso pi genuino

mo d tutta la lessicografia greca (ejpikhvdeion to; ejpi; to; kh'do"), sovente proprio in contrapposizione ai generi affini del threnos e dellepitaffio: una distinzione certo ben nota
anche alla cultura scolastica tardolatina, come mostra la nota di Serv. buc. 5,14 epicedion
est, quod dicitur cadavere nondum sepulto, epitaphion autem post completam sepulturam
dicitur; cfr. O. CRUSIUS, Epikedeion, RE VI.1 (1907) 112-113.
11
Hier. epist. 108,33,1 Incidi elogium sepulchro tuo, quod huic volumini subdidi, ut, quocumque noster sermo pervenerit, te laudatam, te in Bethlem conditam lector agnoscat; per
Sidon. epist. 2,8,2, vd. infra 472. Se si accetta la tesi della doppia redazione originale
(NARDO, Varianti [cit. n. 8], 367 sgg.; contra, da ultimi, GREEN, The Works [cit. n. 8], 274
e Ausonii Opera [cit. n. 8], XVII sgg., P. LANGLOIS, Le texte dAusone en face de la thorie des
variantes dauteur, Latomus, 56 [1997], 142-153: 144-146) si pu pensare che le due
forme con cui lEpicedion ausoniano figura nelle differenti paradosi riflettano appunto lesito di questa trafila, e che la tradizione Z conservi il testo composto per ornare il ritratto
paterno e fatto circolare informalmente entro la cerchia del poeta, il codice V la versione
riveduta, ampliata e dotata di prefazione in vista dellinserimento in opusculorum seriem e
della diffusione formale.
12
La sua estensione, indubbiamente inconsueta, non sarebbe tuttavia cos abnorme
soprattutto nella redazione brevior, e comunque trattandosi di un testo pensato per uno
spazio privato rispetto a certe forme di ostentazione rilevabili nella coeva prassi epigrafica della nobilitas occidentale, di cui gli Ausonii sono entrati a far parte grazie alla strepitosa carriera del poeta. Il maestoso sepolcro di Sesto Petronio Probo ( 390 ca.) recava un
duplice epitaffio, uno laico di 9 distici elegiaci e uno cristiano di 15 (che potrebbe essere
stato composto da Ambrogio: M.G. SCHMIDT, Ambrosii carmen de obitu Probi. Ein
Gedicht des Mailnder Bischofs in epigraphischer berlieferung, Hermes, 127 [1999], 99116), per un totale di 48 versi: CLE 1347 = CIL VI 1756, 31922 = ICUR n.s. II 4129 =
ILCV 63. Non meno di 65 trimetri giambici di buona fattura decoravano il cippo funerario del leader pagano Vettio Agorio Pretestato ( 384), anche qui divisi in due elogia: 41
versi quello dedicato a Pretestato dalla moglie Paolina, 24 versi (12 + 12, ma della seconda parte ne restano soltanto 5) quello fittizio di lui alla moglie: CLE 111 = CIL VI 1779,
su cui cfr. E. COURTNEY, Musa Lapidaria. A Selection of Latin Verse Inscriptions, Atlanta
1995, nr. 32, 56-61 (testo) e 252-255 (comm.); G. POLARA, Le iscrizioni sul cippo tom-

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LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

della parola, che per solo la praefatio della redazione V consente di


classificare come tale e non, ad esempio, come unelegia funeraria in
forma di autoepitaffio (il che sarebbe inevitabile se possedessimo
soltanto la redazione Z): la sua eventuale inclusione in un regesto di
epigrammata longa tardoantichi dipende dunque dalloccasionale
presenza di un peri-testo prosastico e dalla decisione, di per s non
scontata, di valorizzarla in sede critica.
Particolarmente problematica lindividuazione di eventuali
epigrammi lunghi allinterno di sillogi eterogenee siano esse libelli dautore o raccolte postume in cui poesie di immediata evidenza epigrammatica si trovino frammiste a carmina di altro tipo e a
componimenti di pi incerto o ambiguo statuto. Tale il caso dei
Carmina minora di Claudiano, verosimilmente assemblati dopo la
morte del poeta per raccogliere in appendice al corpus dei poemi
politici e celebrativi le sue poesie brevi o di natura privata o semplicemente inedite13. Qui troviamo, gli uni accanto agli altri, in
numero e ordine assai variabili a seconda dei manoscritti, importanti pezzi doccasione come lepitalamio per Palladio e Celerina
(carm. min. 25), la Laus Serenae (carm. min. 30) e lEpistula ad
Serenam (carm. min. 31), poesie e poemetti di argomento didascalico-scientifico (carm. min. 9 De histrice; 26 Aponus; 27 Phoenix; 28
Nilus; 29 Magnes; 49 De torpedine), lincompiuta Gigantomachia
(carm. min. 43) e buon numero di brevi componimenti in distici
elegiaci o in esametri, molti dei quali facilmente classificabili come
epigrammi, altri di meno agile definizione. Ad esempio, lEpistula
ad Gennadium exproconsule (carm. min. 19), con i suoi quattro
distici elegiaci, pu legittimamente apparire un epigramma, ma

bale di Vezzio Agorio Pretestato (1967) e Iscrizioni e propaganda: il cippo tombale di


Pretestato (2000), in Ricerche sulla tarda antichit, Napoli 2001, 37-55 e 57-71, nonch il
contributo di Christer HENRIKSN, Dignus maioris quem coleret titulo. Epigrammata longa
in the Carmina Latina epigraphica, in questo stesso volume, 710-715.
13
Cfr. TH. BIRT, Claudii Claudiani Carmina, Berolini 1892, LVI-LVII e CXXXIV-CXXXVI;
A. CAMERON, Claudian. Poetry and Propaganda at the Court of Honorius, Oxford 1970,
416-18; G. LUCK, Disiecta Membra: On the Arrangement of Claudians Carmina minora,
ICS, 4 (1979), 200-213; M.L. RICCI, Claudii Claudiani Carmina Minora. Introduzione,
traduzione e commento, Bari 2001, 9-11.

405

LUCA MONDIN

non forse lEpistula ad Olybrium (carm. min. 40: 12 distici) e quella Ad Probinum (carm. min. 41: 9 distici). Tale dov sembrare in
qualche epoca la poesia De sene Veronensi qui suburbium numquam
egressus est (carm. min. 20: 11 distici), poich un paio di manoscritti la intestano appunto Epigramma de sene etc., e tuttavia nessun
codice intitola cos n un carme pi breve come il De mulabus
Gallicis (carm. min. 18: 10 distici) n alcuno dei numerosi componimenti evidentemente epigrammatici. Di fatto, il corpus della poesia minore di Claudiano mostra un continuum tipologico che va dal
monodistico elegiaco al poemetto di parecchie decine di distici elegiaci o di esametri (le misure pi lunghe sono raggiunte rispettivamente dallAponus con 50 distici e dalla Laus Serenae con 235 esametri) attraverso una gamma di forme testuali non sempre ben classificabili, dove, a seconda dellidea soggettiva pi o meno flessibile che si ha di epigramma, potranno o meno considerarsi tali la
citata Epistula ad Olybrium o la Deprecatio in Alethium quaestorem
(carm. min. 23: 10 distici).
La stessa difficolt si ha peraltro anche quando la tradizione
manoscritta reca etichette di genere che paiono contraddette dalla
natura intrinseca dei testi. Cos, probabilmente, nessuno classificherebbe come epigramma i trentanove esametri In laudem regis di
Fiorentino contenuti alle pp. 185-186 del Codex Salmasianus (AL
376 R.2 = 371 Sh.B.), anche se la sezione che comprende questo
carme si chiude a p. 188 con la dicitura epigrmaton explici. feliciter. Anzi, a giudicare dalle frammentarie titolature presenti nella
prima parte del Salmasianus, possibile che lintera antologia poetica di et romano-vandalica cui essa risale si intitolasse
Epigrammatum o Epigrammaton libri14; ma il corpus superstite

14

Sul manoscritto e sulla formazione dellantologia poetica ivi contenuta rimane fondamentale la Praefatio del Riese in Anthologia Latina sive Poesis Latinae supplementum, edd.
F. BUECHELER et A. RIESE, I, Carmina in codicibus scripta rec. A. RIESE, fasc. I, Libri
Salmasiani aliorumque carmina, Lipsiae 18942, XII-XXXIII; cfr. inoltre R.J. TARRANT,
Anthologia Latina, in L.D. REYNOLDS [ed. by], Texts and Transmission. A Survey of the Latin
Classics, Oxford 1983, 9-13: 9-10, e limportante studio codicologico di M. SPALLONE, Il
Par. Lat. 10318 (Salmasiano): dal manoscritto alto-medievale ad una raccolta enciclopedica
tardo-antica, IMU, 25 (1982), 1-71.

406

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

include, tra una maggioranza di epigrammi veri e propri, non


pochi componimenti o gruppi di componimenti di diversa tipologia. Anche a prescindere dai 12 centoni che aprono la parte conservata del manoscritto, vi troviamo infatti declamazioni versificate come AL 21 R.2 = 8 Sh.B. sul tema Sacrilegus capite puniatur
(285 esametri), lEpistula Didonis Aeneae (AL 83 R.2 = 71 Sh.B.:
150 esametri) e i Verba Achillis in parthenone (AL 198 R.2 = 189
Sh.B.: 89 esametri); e ancora il Iudicium coci et pistoris di Vespa
(AL 199 R.2 = 190 Sh.B.: 99 esametri, cui segue la dicitura liber
grmaton explicit XVI), il Pervigilium Veneris (AL 200 R.2 = 191
Sh.B.: 93 settenari trocaici) e lepillio De concubitu Martis et
Veneris di Reposiano (AL 253 R.2 = 247 Sh.B.: 182 esametri).
possibile che i curatori dellantologia originaria, di cui il codice
pare conservare con buona fedelt limpostazione, volessero scongiurare la monotonia di un repertorio puramente epigrammatico
intervallando le varie sezioni con esempi di altri tipi di poesia
breve, tra cui gli eventuali epigrammi lunghi non sono oggi facilmente distinguibili. Il vir clarissimus Flavio Felice firma cinque
epigrammi per le thermae Alianae costruite da re Trasamundo (AL
210-214 R.2 = 201-205 Sh.B.): un epigramma anche la
Postulatio honoris con cui chiede al primiscriniarius Vittoriniano la
raccomandazione per una carica ecclesiastica (AL 254 R.2 = 248
Sh.B.: 20 distici elegiaci), o il carme stato inserito nellantologia
come esempio di epistola poetica? chiaro dunque che le indicazioni di genere eventualmente desumibili dalla tradizione manoscritta hanno un valore relativo e vanno rapportate alla natura e
allorigine del vettore, nonch pi in generale alle concezioni letterarie e perfino allusus linguistico vigenti allepoca in cui il singolo testo stato inserito nel corpus o nellantologia che lo contiene, o semplicemente dotato di uninscriptio. Il caso estremo
costituito dal cosiddetto Epigramma Paulini, un poemetto cristiano di ignoto autore gallico dei primi del V sec., tramandato con
questo titolo (per la precisione sci paulini epigrmi) dal codice Par.
lat. 7558, IX sec., tra altri testi di Paolino di Nola, ma che certo
non appartiene al Nolano n al peraltro sconosciuto Paolino di
Bziers, cui Michael Petschenig propose di ascriverlo in base a un

407

LUCA MONDIN

passo del Chronicon di Idazio15: i suoi 110 esametri escludono si


tratti di un epigramma, ma allepoca in cui fu presumibilmente vergato il titolo la parola era ormai passata a indicare un componimento in versi di contenuta estensione caratterizzato da unit tematica.
Per le suddette ragioni, in questa sede converr rinunciare a
inseguire la fenomenologia dellepigramma lungo tardolatino in
tutta lampiezza di una documentazione il cui vaglio risulterebbe
complesso e in alcuni casi assai difficoltoso. Ci limiteremo pertanto a individuare leventuale soglia di grandezza, lincidenza e, per
quanto possibile, la tipologia degli epigrammata longa entro un
repertorio limitato ma sufficientemente rappresentativo di testi letterari (cio non epigrafici, per i quali si rinvia al contributo di
Christer Henriksn) distribuiti nellarco di circa centocinquantanni tra la met del IV e i primi decenni del VI secolo. A tal fine sar
opportuno selezionare, nella grande massa del materiale pervenuto,
corpora adeguatamente ampi e di sufficiente omogeneit quanto a
genere, cronologia e formazione, e dunque libelli o sillogi epigrammatiche di accertabile paternit o datazione, e di cui la tradizione
manoscritta sembri aver conservato in qualche misura il presumibile assetto originario16.
In via preliminare, un documento di particolare interesse per il suo
implicito valore normativo costituito dal libellus dei Carmina XII
sapientum (AL 495-638 R.2), che, data la sua concezione, fornisce
uno specimen delle forme di epigramma contemplate da un autore
tardo di pretta formazione scolastica: una testimonianza tanto pi

15

Il testo, a cura di K. SCHENKL, in Poetae Christiani minores, I, Vindobonae-PragaeLipsiae 1888, 499-510, e poi nellampio lavoro di A. FO, Il cosiddetto Epigramma Paulini
attribito a Paolino di Bziers: testo criticamente riveduto, traduzione e studio introduttivo,
RomBarb, 16 (1999), 97-167.
16
Si dovranno invece accantonare sillogi troppo ristrette per un approccio di tipo statistico (ad es. gli Epitaphia heroum di Ausonio o i Versus di Isidoro di Siviglia, che contano
rispettivamente soltanto 26 e 27 epigrammi), o formalmente eterogenee (i Carmina minora di Claudiano, appunto, o il libro di poesie di Eugenio di Toledo), nonch inutile dirlo
i pur numerosi libelli di epigrammi seriali a misura fissa (i Caesares di Ausonio, il
Dittocheon di Prudenzio, gli Aenigmata Symposii ecc.).

408

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

autorevole se, come credibilmente argomentato da Anne Friedrich, si


tratta dellopera giovanile di Lattanzio menzionata da Gerolamo (vir.
ill. 80) con il titolo di Symposium17. Il poemetto simula una tenzone
o un gioco simposiale tra dodici poeti che trattano successivamente
undici temi, ciascuno secondo una determinata chiave formale,
dando luogo a undici cicli epigrammatici di lunghezza crescente, dal
monostico allesastico, che alternano lesametro al distico elegiaco18.
Segue, pi rilevante per i nostri fini, un dodicesimo ciclo a tema e
schema liberi, dove lunico vincolo appare essere (a parte il carme di
chiusura) un numero di versi superiore a quello dei cicli precedenti:
AL R.2
627
628
629
630
631
632
633
634
635
636
637
638

Sap. Fr.
133
134
135
136
138
139
140
141
142
143
144
145

De Hercule
De Orpheo
De Fortuna
De Achille
De Hectore
De Y littera
De libidine et vino
De XII libris Aeneidos
De laude horti
De interno livore
De Sirenis
De die natali

esametri monostici
distici elegiaci
asclepiadei maggiori
distici elegiaci
distici elegiaci
esametri
distici elegiaci
esametri monostici
trimetri giambici
endecasillabi faleci
distici elegiaci
esametri

12 vv.
12 vv.
15 vv.
10 vv.
10 vv.
12 vv.
16 vv.
12 vv.
25 vv.
25 vv.
18 vv.
6 vv.

17
A. FRIEDRICH, Das Symposium der XII Sapientes. Kommentar und Verfasserfrage,
Berlin-New York 2002, in part. 449-461 (schulisches Milieu dellopera) e 481-508
(paternit di Lattanzio; la data di composizione cadrebbe tra la fine degli anni 70 e gli anni
80 del III sec. d.C.). A Lattanzio erano stati attribuiti per un certo periodo gli Enigmi di
Sinfosio: cfr. M. BERGAMIN, Aenigmata Symposii. La fondazione dellenigmistica come genere poetico, Firenze 2005, XI-XII e LXIII-LXIV.
18
Un ciclo di monosticha: I. De ratione tabulae senis verbis et litteris (esametri di sei parole, ciascuna formata da sei lettere); tre cicli di disticha: II. Epitaphia P. Vergilii Maronis (el),
III. De unda et speculo (hex), IV. De glaciali aqua (el); un ciclo di tristicha: V. De arcu caeli
(hex); tre cicli di tetrasticha: VI. De Vergilio (el), VII. De quattuor temporibus anni (hex),
VIII. De aurora et sole (el); un ciclo di pentasticha: IX: De duodecim libris Aeneidos (hex);
due cicli di hexasticha: X. De titulo Ciceronis (el), XI. De duodecim signis (hex).

409

LUCA MONDIN

Oltre al repertorio metrico ammesso, appare significativo il


fatto che gli epigrammi in esametri non superino i 12 versi (anche
in assenza di vincolo tematico: De Y littera), quelli in distici
rimangano compresi entro i 18 versi, mentre quelli in metro non
dattilico si spingono fino a 25. Nel complesso si ha limpressione
che, dopo undici cicli mantenuti nei limiti di una rigorosa brevitas, questo dodicesimo voglia esemplare soluzioni epigrammatiche
di consistente dimensione, nel qual caso andr rilevata la mancanza di formati intermedi tra i 12 e i 15 versi e in particolare
di quello di sette distici elegiaci , che pare intesa a enfatizzare il
divario tra i sei epigrammi di moderata lunghezza (10-12 vv.) e i
quattro decisamente lunghi (15, 16, 18, 25 vv.). Se ci vero, si
pu supporre che per lautore dei XII Sapientes la misura assente
di 13/14 versi costituisca il discrimine tra i due ordini di grandezza, e che egli labbia volutamente evitata per rendere pi netto,
a beneficio della varietas, il loro scarto formale. Se e quanto questa testimonianza sia rappresentativa di una diffusa concezione
dellepigramma nella tarda latinit, potr essere chiarito dalla rassegna dei seguenti repertori19.
Ausonio. La completa fenomenologia testuale dellepigramma tardolatino gi quasi tutta contenuta nella produzione di questo
poliedrico ed elegante verseggiatore del IV secolo20. La stessa

19

Utili ma non direttamente utilizzabili ai nostri fini, date le specifiche finalit della sua
ricerca, le tabelle e le analisi prodotte pur con molta precisione da LAUSBERG, Das
Einzeldistichon (cit. n. 4), 468-478 nel capitolo Das griechische und lateinische Epigramm der
Sptantike von der Mitte des 4. Jh. bis zur Mitte des 6. Jh. n. Chr., che concentra lattenzione sui soli epigrammi in distici elegiaci e sullincidenza percentuale delle misure brevi, e
tratta perci in modo sommario i dati per noi pi rilevanti relativi ai formati lunghi.
20
Su Ausonio e la sua opera letteraria si vedano almeno A. PASTORINO, Opere di Decimo
Magno Ausonio, Torino 19782, 11-121; W.-L. LIEBERMANN P.L. SCHMIDT, D. Magnus
Ausonius, in R. HERZOG [hrsg. von], Handbuch der lateinischen Literatur der Antike, V.
Restauration und Erneuerung. Die lateinische Literatur von 284 bis 374 n.Chr., Mnchen
1989, 268-308 = Turnhout 1993, 306-352 (ed. francese a cura di G. NAUROY); GREEN,
The Works (cit. n. 8), XV-XL; unutile raccolta di saggi critici in M.J. LOSSAU [hrsg. von],
Ausonius, Darmstadt 1991.

410

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

nomenclatura con cui egli denota di preferenza i propri scritti


(nugae, lusus, versiculi) iscrive la maggior parte della sua opera nellorizzonte della poesia breve e di tenue profilo, ed effettivamente,
pur nella grande variet delle tematiche e delle soluzioni formali, il
pi delle volte la sua scrittura assume o approssima la forma epigrammatica. A parte il gruppo di componimenti che la tradizione
manoscritta intesta esplicitamente come epigrammata, rientrano a
pieno titolo nel genere i tre libelli monotematici degli Epitaphia
heroum qui bello Troico interfuerunt (op. XII Green: 26 epitimbi di
personaggi della saga iliadica), della Bissula (XVII: ciclo mutilo in
elogio di una giovane schiava sveva) e dei Caesares (XXIII: 3 pezzi
esametrici di 12 monosticha ciascuno sui Cesari svetoniani e una
lunga galleria di tetrasticha elegiaci da Giulio Cesare a Eliogabalo,
dove il testo si interrompe per un guasto della tradizione), le
Praefationes poetiche (I), le postfazioni metriche al perduto libro De
fastis (XII) e forse alcune delle Epistulae in versi (XXVII); hanno
inoltre carattere para-epigrammatico i due cicli funerari dei
Parentalia (X) e della Commemoratio professorum Burdigalensium
(XI), nonch il gruppo 1-18 delle Eclogae (XIV).
Per quanto concerne gli Epigrammata propriamente detti
(XIII)21, i circa 120 componimenti che gli editori moderni, sia
pur con qualche difformit, raccolgono sotto questo titolo sono
tramandati per la maggior parte dalla famiglia di manoscritti abitualmente siglata Z, mentre una scelta pi ristretta figura nel corpus ausoniano conservato dal prezioso Leid. Voss. Lat. F 111, del
IX sec. (V)22:

21

Su di essi cfr. BERNT, Das lateinische Epigramm (cit. n. 1), 44-49, il commento di
GREEN, The Works (cit. n. 8), 375-420 e il volume di N.M. KAY (ed.), Ausonius, Epigrams.
Text with introduction and commentary, London 2001; ai componimenti tradotti dal greco
dedicato lo studio specifico di F. BENEDETTI, La tecnica del vertere negli epigrammi di
Ausonio, Firenze 1980.
22
Sulla tradizione manoscritta di Ausonio cfr. M.D. REEVE, Ausonius, in REYNOLDS [ed.
by], Texts and Trasmission (cit. n. 14), 26-28; P.L. SCHMIDT, Text- und berlieferungsgeschichte in LIEBERMANN SCHMIDT, D. Magnus Ausonius (cit. n. 20), 270-277 = ed. fr.
308-316; GREEN (ed.), The Works (cit. n. 8), XLI-XLIX e Ausonii Opera (cit. n. 8), VII-XXIV.

411

LUCA MONDIN

Z (M)23
prec. 1, epigr. 1-3, 5-6, 8-9, 45, fast. 1, 3-4, epigr. 4, 10-27, 30-31,
33-36, praef. 5, epigr. 37, 28-29, 39-44, 46-48, 50-54, 56-57, 5979, 82-87, 49, 88-103, 42, 104-105, 32, 106-114
finiunt versus epigramaton
[.....]
epigr. 115, ecl. 11, epigr. 116-122, eph. 7
[.....]
V
[.....]
epit. 1-26, epigr. 58*, 54, 55*, 56, 8, 37, 7*, 38*, 13
finiut epitabia (u et e. add. m.2)
[.....]
item epigrammata Ausonii de diversis rebus
praef. 5, epigr. 9-10, 79, 80*-81*, 44, 48, 45, 51-52, 46-47, 9297, 103, 76
[.....]

Per la sua organicit, la serie di epigrammi dei codici Z rappresenta un vero e proprio libellus nel senso ormai invalso del termine,
in cui, nonostante un certo disordine dovuto agli accidenti della
tradizione manoscritta, sono chiaramente ravvisabili le linee di un
disegno autoriale, ivi compresa la presenza di un componimento
prefatorio (epigr. 1 Green) e forse di una conclusione (epigr. 116Per la duplice tradizione degli Epigrammata ripropongo qui in sintesi quanto argomentato pi estesamente in L. MONDIN, Storia e critica del testo di Ausonio. A proposito di una
recente edizione, BStudLat, 23 (1993), 59-96: 87-94; per lesistenza di varianti dautore
negli epigrammi comuni ai due rami cfr. anche Qualche novit sul Technopaegnion di
Ausonio. Con un saggio inedito di Dante Nardo, Lexis, 17 (1999), 319-342: 327-332, e
Memoria dei poeti e critica delle varianti: tre casi ausoniani, in L. CRISTANTE [cur.], Incontri
triestini di filologia classica V (2005-2006), Trieste 2006, 295-313.
23
Su questa famiglia di manoscritti, qui esemplata sullottimo Magl. Conv. Soppr.
J.6.29 (M) del XIV sec., oltre a quanto citato alla n. prec. cfr. M.D. REEVE, The Tilianus
of Ausonius, RhM, 121 (1978), 350-366. La serie degli epigrammata sprovvista di incipit, verosimilmente scomparso insieme ai primi cinque versi di epigr. 1 (il cui testo completo ci noto soltanto da un florilegio di altra tradizione), mentre lexplicit non sembra
originario, ma inserito dopo il distacco degli ultimi componimenti, che fu probabilmente causato da un movimento di fogli nellarchetipo.

412

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

122 contro un tale Silvio Bono che critica i versi del poeta, o eventualmente eph. 7 dedicato alla figura del tachigrafo). I pochi testi
databili rivelano peraltro che il libro raccoglie materiali anche molto
distanti nel tempo: le cinque poesie dedicate alla moglie Sabina
(epigr. 19-20, 27-29) hanno come ovvio terminus ante quem la
scomparsa di lei (354 ca d.C.)24, gli epigr. 3 e 4 Ad fontem Danuvii
iussu Valentiniani Augusti celebrano la conclusione della campagna
alamannica del 367-69, i versi che dedicano il libro dei Fasti allamico Gregorio Proculo recano la data del 382, e di questo stesso
anno o di poco posteriore il loro inserimento tra gli altri epigrammi con la didascalia: consulari libro subiciendi, quem ego ex
cunctis consulibus unum coegi Gregorio ex praef.25. Per quanto riguarda gli epigrammi contenuti in V, lesiguit della raccolta e lassenza
tanto di carmi osceni che di versi greci rivelano lintervento di un
antologizzatore, il quale ha selezionato i ventisei componimenti da
un repertorio presumibilmente assai pi ampio, e ha separato gli
epigrammi sepolcrali da quelli de diversis rebus aggregandoli indebitamente agli Epitaphia degli eroi della guerra di Troia. Bench il
materiale sia per quattro quinti lo stesso dellaltra tradizione, il corpus originario non era una silloge identica a quella dei codici Z: vi
compaiono infatti sei componimenti non presenti in quella famiglia (da noi contrassegnati con lasterisco) e, soprattutto, alcuni
degli epigrammi comuni presentano varianti testuali di tale natura
da costituire con buona verosimiglianza vere e proprie riscritture
dautore. Limpressione che se ne ricava che Ausonio tenesse nel
proprio archivio poetico una collezione epigrammatica di base, soggetta a progressive integrazioni e a occasionali ritocchi redazionali, cui
di volta in volta attingeva, scegliendo e disponendo il materiale a
seconda dei casi e delle finalit, per comporre singoli libelli destinati
ad essere pi o meno ampiamente divulgati oppure dedicati in forma

24

A. COS KUN, Die gens Ausoniana an der Macht. Untersuchungen zu Decimius Magnus
Ausonius und seiner Familie, Oxford 2002, 132.
25
MONDIN, Storia (cit. n. 22), 71-74 e COS KUN, Die gens Ausoniana (cit. n. 24), 208 e
n. 72.

413

LUCA MONDIN

personalizzata a specifici destinatari. Uno dei testi pi lunghi presenti in entrambe le tradizioni un componimento dedicatorio che lultimo editore di Ausonio ha non troppo felicemente estrapolato dagli
epigrammi per inserirlo tra le Praefationes (praef. 5 Green) , in V
apre cos la serie degli epigrammata de diversis rebus:
Si tineas cariemque pati te, charta, necesse est,
incipe versiculis ante perire meis.
Malo, inquis, tineis. Sapis, aerumnose libelle,
perfungi mavis qui leviore malo.
Ast ego damnosae nolo otia perdere Musae,
iacturam somni quae parit atque olei.
Utilius dormire fuit quam perdere somnum
atque oleum. Bene ais, causa sed ista mihi est:
irascor Proculo, cuius facundia tanta est
quantus honos. Scripsit plurima quae cohibet.
Hunc studeo ulcisci, et prompta est ultio vati:
qui sua non edit carmina, nostra legat.
Huius in arbitrio est, seu te iuvenescere cedro
seu iubeat duris vermibus esse cibum.
Huic ego quod nobis superest ignobilis oti
deputo, sive legat quae dabo sive tegat.

10

15

Questo epigramma, la cui posizione iniziale (se non dovuta al


capriccio dellexcerptor) potrebbe indicare che la silloge di V risale a
un libellus dedicato a Gregorio Proculo, compare anche allinterno
della serie di Z, identico salvo la variante verum invece di bene ais a
v. 8 e il nome del destinatario; esso purtroppo vi appare obliterato
da una corruttela allinizio del v. 9: agat irascor, cuius facundia
tanta est, ma se cogliesse nel segno la congettura Pacato irascor proposta dal Tollius nella sua edizione ausoniana del 1671, si tratterebbe di Latinio Drepanio Pacato, al quale sono dedicati anche il
Technopaegnion, il Ludus septem sapientum e il gruppo delle Eclogae
1-10, 12-18.
In definitiva, gli Epigrammata di Ausonio a noi pervenuti, che
una plurisecolare tradizione ecdotica riunisce in ununica serie,
hanno qualche probabilit di appartenere a due libelli diversi,
ancorch coincidenti in buona parte del contenuto, di cui uno ci
414

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

conservato abbastanza fedelmente allinterno del corpus di Z.


Fondiamo su questultimo, adeguatamente ampio e organico, lanalisi dellusus ausoniano per quanto pertiene allestensione dei
componimenti26, aggiungendo tra parentesi, per la completezza del
quadro, i dati relativi ai sei tramandati soltanto da V (vd. Tavola I a
p. 427). Vale la pena di ricordare che, unico in tutta la produzione
latina in nostro possesso, il libellus ausoniano include tre epigrammi in greco (epigr. 33, 34 e 98) e due in versi latini e greci alternati (epigr. 31, 35, e 41); altra peculiarit, condivisa soltanto dagli
Epigrammata Bobiensia, il gran numero di componimenti che rielaborano con maggior o minor libert modelli epigrammatici greci
(almeno trentuno, parecchi dei quali recano nel titolo lesplicita
indicazione ex graeco).
Se sommiamo progressivamente le percentuali relative alle singole misure, constatiamo che il 62,2% dei 119 epigrammi di Z
compreso entro i 4 versi, il 75,6% entro i 6 versi, l86,5% entro gli
8 versi, il 91,6% entro i 10 e il 95% entro i 12, che sullesempio
fornito dai Carmina XII sapientum assumiamo come la pi alta
delle lunghezze normali. Partendo da questa ipotesi di lavoro,
identifichiamo nella rimanente percentuale del 5% la porzione di
epigrammi lunghi contenuta nel libellus: si tratta dei sei carmi
superiori a 12 versi, tra cui esigono particolare attenzione, trattandosi dei metri prevalenti, i cinque epigrammi dattilici dai 14 vv. in
su. Merita osservare che otto distici uno in meno rispetto al limite suggerito dai XII sapientes sono la massima estensione degli epigrammi elegiaci. A parte leccezionale epigr. 115, che tocca i 20

26
Includiamo nel calcolo il citato epigramma edito da Green come Praefatio 5, il gruppo fast. 1, 3-4 e lesastico in esametri De temporibus (ecl. 11), che tutti gli editori inseriscono per ragioni tematiche fra le Eclogae di argomento calendariale, ma che Z tramanda
insieme agli epigrammi. Non consideriamo invece, sia pur con qualche incertezza, i 36
dimetri giambici del carme In notarium, la cui appartenenza agli epigrammi quanto mai
dubbia, il carme di 17 esametri dedicato allimperatore Graziano che precede epigr. 1, e
pertanto pu essere esterno alla raccolta (Green lo annovera tra le Precationes come prec.
1), e il lacunoso epigr. 2, i cui 10 versi superstiti potrebbero in realt appartenere a due
distinti componimenti di estensione imprecisabile.

415

LUCA MONDIN

versi, ed epigr. 75 (8 vv.), tutti gli epigrammi in esametri restano


compresi tra i 2 e i 6 versi.
Epigrammata Bobiensia. Il corpus epigrammatico immediatamente
successivo nel tempo quello conservato ai foll. 268r-278v del
Vat. lat. 2836, sec. XVex-XVIin, scoperto da Augusto Campana
nel 1950, forse apografo diretto di un manoscritto di Bobbio noto
agli editori tardo-quattrocenteschi di Ausonio, che ne trassero un
totale di ventisei componimenti, e poi andato perduto27. Questi
71 (o 72) Epigrammata Bobiensia non costituiscono un libellus ma
una silloge di testi poetici di varia paternit, prevalentemente
composti tra la fine del IV e il primo ventennio del V sec. d.C.,
ma con lintrusione di due epigrammi o due frammenti di
Domizio Marso (Epigr. Bob. 39-40 = carm. frgg. 8-9 Blnsdorf ),
di un carme epigrafico che si dice copiato ex sepulchro Latinae Viae
(Epigr. Bob. 43) e di un testo decisamente non epigrammatico
qual la satira di 70 esametri intitolata Sulpiciae conquestio de
statu rei publicae et temporibus Domitiani (Epigr. Bob. 37). Gli
autori identificabili grazie ai titoli o ai contenuti sono solo due, il
pi cospicuo dei quali per numero e qualit dei versi Naucellio
( 310-400 d.C.), un senatore italico coetaneo di Ausonio e a noi
noto anche dalla corrispondenza di Simmaco, al cui otium senile
dobbiamo Epigr. Bob. 1-9 e probabilmente anche 48, e 57-59; laltro, rivelato dallinscriptio di Epigr. Bob. 65, Anicio Probino, che
fu console in giovanissima et con il fratello Olibrio nel 395 (ad
essi dedicato il panegirico di Claudiano carm. 1); di un terzo
poeta presente nella silloge lidentit doveva sfuggire allo stesso
raccoglitore, se attendibile il lemma di Epigr. Bob. 38 cuiusdam

27
Ledizione di riferimento la teubneriana di W. SPEYER, Epigrammata Bobiensia,
Lipsiae 1963; lo studio fondamentale rimane quello premesso a Epigrammata Bobiensia
detexit A. CAMPANA, edidit F. MUNARI, II, Introduzione ed edizione critica a cura di F.
MUNARI, Roma 1955, 17-46, cui va aggiunto S. MARIOTTI, Epigrammata Bobiensia,
RE Suppl. IX (1962), 37-64 = Scritti di filologia classica, Roma 2000, 216-245 (trad. di
M. ROSELLINI).

416

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

in Aquas Maternas 28. Nonostante la pluralit delle mani, si tratta di


un corpus piuttosto omogeneo per cronologia e matrice culturale del
contenuto, ampiamente soggetto allinfluenza letteraria di Ausonio
(oltre alle reminiscenze verbali, vi abbondano le traduzioni di
modelli greci, spesso in diretta competizione con il poeta di
Bordeaux), da ascriversi allopera di un redattore (senza dubbio
unico), che presumibilmente appartenne allepoca e alla cerchia di
Simmaco o in qualche maniera fu in rapporto con lui. Questo redattore appront verso linizio del V secolo una raccolta di poesie brevi
(quasi tutti epigrammi), che avevano suscitato il suo interesse e che
per gran parte erano state composte nello stesso ambiente a cui lui
stesso presumibilmente apparteneva Naturalmente nulla si oppone allipotesi che il redattore sia stato anche lautore di una parte dei
componimenti29. Questa organicit di fondo rende la silloge utilizzabile ai nostri fini in quanto attendibile documento, se non di una
prassi poetica unitaria, certo di un unico criterio selettivo, e dunque
di una precisa concezione del genere epigrammatico, quale si poteva
avere negli ambienti colti del clarissimato italico a una data collocabile con buona verosimiglianza sotto il regno di Onorio.
Si veda dunque nella Tavola II a p. 427 la ripartizione per metri
e numero di versi degli Epigrammata Bobiensia secondo ledizione
di Speyer, con la sola, ovvia esclusione della Sulpiciae conquestio.
Come si pu constatare, malgrado lentit assai inferiore del materiale e la pi ridotta variet metrica, le proporzioni numeriche sono
abbastanza vicine a quelle riscontrate in Ausonio: il 66,2% degli
epigrammi considerati rimane compreso entro la misura brevissi-

28
Imprescindibile W. SPEYER, Naucellius und sein Kreis. Studien zu den Epigrammata
Bobiensia, Mnchen 1959; su Anicio Probino, al quale Speyer attribuisce anche Epigr.
Bob. 70, 55 e 56, ibid. 113-120; su Epigr. Bob. 38, ibid. 18-21; vd inoltre S. MARIOTTI,
Naucellio (versione italiana della voce in RE, Suppl. IX [1962], 411-415), in Scritti (cit. n.
27), 246-249. Per le lettere di Simmaco a Naucellio (epist. 3,10-16) cfr. A. PELLIZZARI,
Commento storico al libro III dellepistolario di Q. Aurelio Simmaco. Introduzione, commento storico, testo, traduzione, indici, Pisa-Roma 1998, 83-102.
29
MARIOTTI, Epigrammata Bobiensia (cit. n. 27), 228 sg.; sullinfluenza di Ausonio ibid.
226 e 240 sgg., MUNARI, Introduzione (cit. n. 27), 36 sgg. e BENEDETTI, La tecnica (cit. n.
21), 79 sgg., e vd. infra, 435.

417

LUCA MONDIN

ma di 2-4 versi, l80,3% entro quella dei 6 vv., l87,3% entro il


limite degli 8 vv. e il 93% entro quello dei 10. Il restante 7% costituito da epigrammi alquanto pi estesi, superiori a 14-15 vv., con
un vuoto di formati intermedi che marca vistosamente il divario tra
le misure normali e quelle lunghe. In questo caso andr notato
che gli epigrammi di soli esametri non si spingono oltre lestensione di 6 versi.
Prospero dAquitania. Composti attorno al 450 d.C., gli Epigrammata
ex sententiis Sancti Augustini di Prospero dAquitania30 costituiscono la pi cospicua raccolta di epigrammi cristiani letterari (cio
non epigrafici) giuntaci dalla tarda latinit. A differenza degli altri
repertori inclusi in questa rassegna, caratterizzati da una grande
variet tematica e da una pi o meno ricca polimetria, si tratta di
un liber monotematico, costruito su un florilegio di sententiae di
argomento teologico, etico o dottrinale estrapolate dalle opere di
Agostino o dello stesso Prospero, ciascuna delle quali sviluppata
in un epigramma in distici elegiaci; ne risultano 106 sezioni articolate secondo la struttura titulus (tema) sententia in prosa
epigramma espressamente preannunciata nella praefatio:
Dum sacris mentem placet exercere loquelis
caelestique animum pascere pane iuvat,
quosdam, ceu prato, libuit decerpere flores
distinctisque ipsos texere versiculis,
ut proprias canerent epigrammata singula causas
et pars quaeque suo congrueret titulo.
Nec nostrae hoc opis est, sed ab illo sumitur hic ros,
qui siccam rupem fundere iussit aquas,
ut, quod in affectum cordis pietate magistra
venerit, huc promat carmine laeta fides.

10

30
Su questopera quanto mai negletta dalla filologia di et scientifica cfr. BERNT, Das
lateinische Epigramm (cit. n. 1), 84-88; in attesa della necessaria edizione critica, per il
testo dipendiamo ancora da PL 51,497-532.

418

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

Dato lo spessore concettuale degli argomenti, nel libro di


Prospero la brevitas epigrammatica sacrificata a favore delle misure pi generose31, cosicch l80,4% dei componimenti si concentra
tra i 6 e i 12 versi di lunghezza, con una forte limitazione nelluso
di monodistici e tetrastici (appena il 10,3% del totale) e una proporzionale abbondanza di longa (9,3% tra i 14 e i 24 versi): vd.
Tavola III a p. 428.
Merita segnalare che la massima lunghezza praticata dal poeta
nel suo liber osservata anche nellepigramma extravagante
Epitaphium haereseon, un sarcastico necrologio delle eresie pelagiana e nestoriana di 12 distici elegiaci.
Ennodio. Di circa mezzo secolo posteriore la produzione letteraria
di Magno Felice Ennodio (474-521 d.C.), che rimane compresa nel
ventennio che va dalla sua ordinazione sacerdotale (494) alla nomina a vescovo di Pavia (513-14). A parte qualche componimento pi
ambizioso (il pi esteso la dictio di 170 esametri recitata per il tredicesimo anniversario dellordinazione di Epifanio, vescovo di
Pavia, carm. 1,9 = op. 43 Vogel) e i dodici Inni di stampo ambrosiano (carm. 10-21 = op. 341-352 Vogel), la lambiccata musa ennodiana appare tutta dedita alla scrittura epigrammatica, facendone
perfino ornamento di epistole e dictiones in prosa. Nel complesso,
se mai Ennodio avesse avuto lintenzione o il tempo di ordinare in
raccolta gli epigrammi presenti nel corpus dei suoi scritti (ben pi
numerosi di quelli che nei codici sono cos esplicitamente intitolati), ne sarebbe uscito un libro de variis rebus paragonabile a quelli di
Ausonio e di Lussorio32; ma il coacervo di epistole, discorsi e altre

31

Cfr. LAUSBERG, Das Einzeldistichon (cit. n. 4), 473, le cui cifre si riferiscono ai 106
epigrammi senza tenere conto della praefatio.
32
In assenza di un commento scientifico, lunica trattazione organica la monografia
di D. DI RIENZO, Gli epigrammi di Magno Felice Ennodio, Napoli 2005, cui rinvio anche
per la bibliografia; cfr. inoltre BERNT, Das lateinische Epigramm (cit. n. 1) 97-106 e G.
POLARA I distici di Ennodio, in CATANZARO SANTUCCI La poesia (cit. n. 5), 217-239 =
POLARA, Ricerche (cit. n. 12), 193-209.

419

LUCA MONDIN

opere in prosa, inni sacri e carmi di diversa estensione consegnatici


dalla tradizione manoscritta sembra riflettere lopera frettolosa di
un editore postumo che trascrisse i documenti letterari del vescovo di Pavia cos come li trov fra le sue carte, dove forse, in origine,
erano archiviati in sequenza cronologica33. Al di l del fatto che nellinsieme delle poesie brevi si distingue con chiarezza, anche grazie
alle titolature, un certo numero di serie tematiche pi meno estese,
e che alcuni gruppi o cicli epigrammatici possono riflettere la mano
ordinatrice dellautore, si tratta nel complesso di un materiale eterogeneo e non riconducibile a una sia pur ideale unit. Del resto,
lunico segnale che rinvii a una raccolta organica approntata o almeno programmata da Ennodio lepigramma intitolato Praefatio
totius operis poetici quod fecit (carm. 2,66 = op. 187 Vogel):
Dum mea multiplices mens anxia sustinet aestus
et reddor vitrei mancipium pelagi,
cumque procellosus refluentis portitor undae
Africus ut captas me rotat exuvias,
Pierius menti calor incidit, indiga serti
tempora mox cinxit laurus Apollinea.
Tunc hederae viridis rubuerunt fronte corymbi,
Castalii mellis murmura blanda bibi.
Continuo ponens marcentes pectore curas
complector laudem carmina laetitiam.

10

Ammesso che sia veritiera, linscriptio si riferisce a un progetto la cui


natura ed entit ci sono del tutto ignote, ma che certo non poteva

33
Sui caratteri e la genesi del corpus cfr. Magni Felicis Ennodi Opera, rec. F. VOGEL,
Berolini 1885, XXIX-XXXI; la questione delleventuale ordinamento cronologico della silloge riesaminata, con conclusioni sostanzialmente negative, da R. BARTLETT, The Dating
of Ennodius Writings, in E. DANGELO [cur.], Atti della seconda giornata ennodiana, Napoli
2003, 53-74. Innovativa, ma fondata su argomenti non sempre probanti, la tesi dellultimo editore, che fa risalire la raccolta a una collezione altomedievale, arrangiata forse da
Paolo Diacono: cfr. lIntroduction a Ennode de Pavie, Lettres, Tome I, Livres I et II, texte
tabli, traduit et comment par S. GIOANNI, Paris 2006, CXXXII-CLIV, e Nouvelles hypothses
sur la collection des uvres dEnnode, in F. GASTI [cur.], Atti della terza giornata ennodiana
(Pavia, 10-11 novembre 2004), Pisa 2006, 59-76.

420

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

includere lintera produzione in versi a noi pervenuta: se infatti il tenore di questo carme assai suggestivo, incentrato sullidea del potere salvifico della poesia, appare compatibile con lindicata funzione prefatoria, per improbabile che la sua simbologia tutta paganeggiante dellispirazione poetica, per quanto convenzionale e dunque ideologicamente non impegnativa, fosse posta in testa a una raccolta comprendente anche carmi cristiani come gli Inni o il ciclo di epigrammi dedicati ai vescovi milanesi (carm. 2,77-89 = op. 195-207 Vogel).
Sottoponiamo dunque a disamina i testi epigrammatici che
compongono il secondo libro dei Carmina secondo lordinamento
di Jacques Sirmond, nella consapevolezza che si tratta di un corpus
unitario per paternit e usus scribendi, ma non quanto a carattere e
finalit letteraria dei materiali, e dunque di natura non omogenea a
quella delle altre sillogi qui analizzate34 (vd. Tavola IV a p. 428).
Ennodio si distingue per una notevole quantit di epigrammi esametrici (25,7% del totale) e una spiccata predilezione per quelli di
cinque distici elegiaci; il limite da lui adottato per la misura normale di 12 versi, esteso a 13 per i componimenti in esametri
(dove rappresenta la massima lunghezza praticata, in una gamma che
copre praticamente tutte le possibilit a partire dal monostico), e
allinterno di questi valori rimane compreso il 96,6% del repertorio.
La modesta quota di longa (5 = 3,4%) parte dalla soglia dei 14 versi35.
Di poco posteriore la costituzione del corpus contenuto nella
prima parte del Codex Salmasianus, il quale, come si detto, con-

34

Sui criteri delledizione sirmondiana del 1611, seguiti da W. VON HARTEL nelledizione di Ennodio nel Corpus Vindobonense, Wien 1882, cfr. DI RIENZO, Gli epigrammi
(cit. n. 32), 9 sgg. e dello stesso, Epigramma longum tra tardoantico e altomedioevo: il caso
di Ennodio di Pavia, in questo volume, 539-545. Dai 152 testi escludiamo carm. 2,90, che
funge da conclusione alla dictio 24 = op. 208 Vogel, carm. 2,150, che la prefazione alla
dictio 13 = op. 451 Vogel, nonch i due epigrammi che le titolature dei manoscritti assegnano rispettivamente a Fausto e a Messalla (carm. 2,143-144 = opp. 367 e 371 Vogel).
35
Questa misura contraddistingue il ritratto di Ambrogio in testa alla serie dei vescovi
di Milano (carm. 2,77 = op. 195 Vogel: il successore Simpliciano riceve sei distici, tutti i
successivi cinque); per gli altri epigrammi lunghi del corpus vd. infra 545-555.

421

LUCA MONDIN

serva ampia porzione di una grande antologia di poesia breve composta negli ambienti delllite romana dellAfrica vandalica attorno
agli anni Trenta del VI secolo, certo non molto oltre la reconquista
bizantina a opera di Belisario nel 53436. Allinterno di questa raccolta alquanto eterogenea, che appare incentrata sulla produzione africana recente o contemporanea, si conservano pi o meno intatti
almeno quattro libelli epigrammatici. Due devono essere tralasciati in
questa sede, perch fondati su una chiave formale che imprime ai
componimenti un numero fisso di versi (si tratta del ciclo dei distici
epanalettici AL 38-80 R.2 = 25-68 Sh.B. e dei cento Aenigmata
Symposii 37, interamente costituiti, a parte la praefatio, da tristici di
esametri); gli altri due, tra loro coevi, sono il Liber epigrammaton di
Lussorio, che indubbiamente la pi importante personalit poetica
presente nellantologia salmasiana, e lanonimo libellus di un autore a
lui vicino costituito da AL 90-197 R.2 (78-188 Sh.B.).
Unius poetae sylloge38. Iniziamo da questultima, di cui si conservano 107 epigrammi (accogliendo la divisione in due componimenti di 176 R.2 = 165-166 Sh.B. = 87-88 Zurli e di 193 R.2 = 183184 Sh.B. = 105-106 Z.), artisticamente ordinati e introdotti da
una breve praefatio, il cui tenore appare un po meno fittizio dopo
quanto osservato circa la stratificazione cronologica del libellus Z di
Ausonio (AL 90 R.2 = 78 Sh.B. = 1 Z.):
Parvula quod lusit, sensit quod iunior aetas,
quod sale Pierio garrula lingua sonat,
hoc opus inclusit. Tu, lector, corde perito
omnia perpendens delige quod placeat.
36

Bibliografia essenziale supra, 406 n. 14.


Sulla poziorit della forma Symposius rispetto al vulgato Symphosius cfr. BERGAMIN,
Aenigmata (cit. n. 17), XI-XIV.
38
Cos intitolato il libellus nella recentissima edizione Unius poetae sylloge (Anthologia
Latina cc. 90-197 Riese = 70-188 Shackleton Bailey), recognovit L. ZURLI, traduzione di
N. SCIVOLETTO, Hildesheim-Zrich-New York 2007 (una prima versione del lungo saggio introduttivo era uscita separatamente in volume nel 2005 per gli stessi tipi di Georg
Olms Verlag); di poco precedente N.M. KAY (ed.), Epigrams from the Anthologia Latina.
Text, translation and commentary, London 2006.
37

422

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

Considerata la distribuzione dei carmi secondo le diverse lunghezze (vd. Tavola V a p. 428), a parte una certa avversione per il
monodistico, lusus dellAnonimo appare quello consueto, con la
quasi totalit del libellus mantenuta entro il limite dei 12 versi
(97,2%). Un ampio divario marca ancora pi nettamente che nei
Bobiensia lo spicco dei due longa in metro elegiaco, peraltro messi
in bella evidenza anche dalla loro collocazione: AL 117 R.2 (106
Sh.B., 28 Z.), intitolato Laus omnium mensium, di 12 distici,
incorniciato da due epigrammi di soli 4 versi; AL 197 R.2 (188
Sh.B., 110 Z.) De circensibus, di 10 distici, lultimo componimento del libellus, preceduto da due poesie di 8 e 10 versi. I componimenti di soli esametri si limitano alle misure pi brevi.
Lussorio. Tra le raccolte dautore della tarda latinit, il Liber epigrammaton del vir clarissimus et spectabilis Lussorio (AL 287-375
R.2 = 282-370 Sh.B.)39, cos esplicitamente intitolato nel Codex
Salmasianus, quello che presenta il pi alto grado di formalizzazione, dotato com di un robusto dispositivo prefatorio di ben
quattro carmi che, sullevidente falsariga degli epigrammi proemiali di Marziale, intessono un articolato discorso programmatico, e
nel contempo offrono uno specimen della ricchezza formale del
libro: 287 R.2 (282 Sh.B.) Metro phalaecio ad Faustum (25 vv.); 288
R.2 (283 Sh.B.) Iambici ad lectorem operis sui (10, 3ia); 289 R.2 (284
Sh.B.) Asclepiadei ad librum suum (11, ascl min); 290 R.2 (285
Sh.B.) Epigrammata parva quod in hoc libro scripserit (10 vv., el).
Lussorio ci parla della genesi dellopera, composta in larga parte di
versi giovanili, risalenti allepoca dei suoi studi e poi rimasti a
lungo chiusi nel cassetto, e adesso ripresi in mano per farne un parvus libellus su istanza del loro dedicatario ed editore, il grammaticus Fausto40; definisce con topico understatement le coordinate let-

39

Per la bibliografia vd. supra, n. 6.


AL 287 R.2 (282 Sh.B.) 1 sgg. Ausus post veteres tuis, amice, / etsi iam temere est, placere iussis, / nostro Fauste animo probate compar, / tantus grammaticae magister artis, / quos
40

423

LUCA MONDIN

terarie del libro, che iscrive nellumile orizzonte della poesia ludicra
e nugatoria, stilisticamente e concettualmente disimpegnata41;
accenna alla sua veste formale, sia quella della mise en page interna,
con il sistema di titolature che garantisce attraverso il risalto grafico
lo stacco dei singoli componimenti42, sia quella del contenitore
esterno, il codex miscellaneo entro il quale il parvus liber finir tra le
mani del pubblico cartaginese, raggiungendo dimore nobiliari e
scrinia publica 43; immagina questo stesso pubblico, di cui pure per
modestia paventa il biasimo, preferire il suo libellus di nugae a tante

olim puer in foro paravi / versus ex variis locis deductos / / in parvum tibi conditos libellum / transmisi; 288 R.2 (283 Sh.B.) 4 sgg. paginam / / quam tenello tiro lusi viscere; 289 R.2 (284 Sh.B.) 4-6 nostri defugiens [scil. liber] pauperiem laris, / quo dudum modico sordidus angulo / squalebas, tineis iam prope deditus.
41
AL 287 R.2 (282 Sh.B.) 21-24 Nec me paeniteat iocos secutum, / quos verbis epigrammaton facetis / diversos facili pudore lusit / frigens ingenium, laboris expers; 288 R.2 (283
Sh.B.) 3 sgg. paginam / nugis refertam frivolisque sensibus, / / sonat pusillo quae laboris
schemate, / nullo decoris, ambitus, sententiae.
42
AL 287 R.2 (282 Sh.B.) 10-14 versus in parvum tibi conditos libellum / transmisi,
memori tuo probandos / primum pectore; deinde, si libebit, / discretos titulis, quibus tenentur
/ per nostri similes dato sodales: sul significato del passo e sullautenticit e la funzione dei
titoli in Lussorio cfr. B.-J. SCHRDER, Titel und Text. Zur Entwicklung lateinischer
Gedichtberschriften. Mit Untersuchungen zu lateinischen Buchtiteln, Inhaltsverzeichnissen
und anderen Gliederungsmitteln, Berlin-New York 1999, 212-219.
43
Cos credo vada inteso il v. 3 del terzo epigramma prefatorio (AL 289 R.2 = 284
Sh.B.): Parvus nobilium cum liber ad domos / pomposique fori scrinia publica / cinctus multifido veneris agmine, dove la iunctura ricorda il lessico relativo al codex di pergamena che
troviamo in Mart. 14,184 (Homerus in pugillaribus membraneis) Ilias et Priami regnis inimicus Ulixes / multiplici pariter condita pelle latent e 14,192 (Ovidi Metamorphosis in membranis) Haec tibi multiplici quae structa est massa tabella / carmina Nasonis quinque decemque gerit, o nella lettera prefatoria al De medicamentis di Marcello Empirico, CML V2,I p.
4,19 sgg.: Quod opusculum (si tratta del carme AL 719e R.2) in infima parte huius codicis
conlocavi, ut et sermone nostro opera haec sollertia nostra conposita claudantur et nugas nostras
multiplex foliorum celet obiectus. Intesa alla luce di questi esempi, la molteplice schiera
destinata a far da scorta o da corteggio al libellus sarebbe quella delle pagine contenenti
altri testi nellambito di un corpus e dunque, concretamente, di un codice miscellaneo. Il
breve accenno di E. BAEHRENS (ed.), Poetae Latini Minores, IV, Lipsiae 1882, 51 cinctus
multifido agmine (scil. ceterorum huius collectionis poetarum), non stato valorizzato da
HAPP (ed.), Luxurius (cit. n. 6), II, 46: Gedacht ist an die vielen anderen Buchrollen, die
mit ihm in die scrinia publica wandern. Diese knnen libri sein, die gleichzeitig mit dem
des L. ediert werden, oder (wahrscheinlicher) die, welche im Buchhandel sowieso schon
im Umlauf waren; improbabile linterpretazione di GIOVINI, Studi (cit. n. 6), 41, secondo cui Lussorio porrebbe laccento sul carattere multifidus molteplice, e quindi multiforme e capriccioso, dellagmen dei lettori dal quale il libretto si trover circondato,

424

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

opere pi pregevoli del passato, e tornare spesso a rileggerlo con


lentusiasmo con cui vola a teatro se vi si d uno spettacolo spassoso44. La serie delle prefazioni si chiude con unapologia della brevitas epigrammatica e dei vantaggi di una pagina che il lettore pu far
finire quando vuole, rispetto al mevga kakovn di unopera in molti
libri45. Alle ambizioni letterarie che sottintende questa sontuosa
architettura introduttiva fa riscontro lostentata variet metrica,
superiore a quella di Marziale come anche di qualsiasi epigrammista tardoantico, ivi compreso il pur numerosus Ausonio. Per quanto
riguarda lestensione dei componimenti, la polimetria consente al
poeta di cimentarsi in una pi ampia gamma di misure epigrammatiche, con un conseguente incremento della variegatura formale
del liber (vd. Tavola VI a p. 429).
In generale Lussorio mostra una vistosa preferenza per la misura di 8 versi, esemplata in quasi tutti i metri utilizzati, e una lunghezza media nettamente superiore a quella riscontrata negli altri
epigrammisti (a parte Prospero dAquitania), dovuta principalmente al fatto che, ancor pi dellAnonimo suo conterraneo, egli rifugge dalla brevitas del monodistico e del tetrastico incrementando i
formati successivi. Nel complesso, le cifre parrebbero suggerire uno
spostamento della misura normale fino a 14 versi, in cui compreso il 94,4% degli epigrammi, ma andr notato che 45 dei 48
testi elegiaci rimangono entro il limite dei cinque distici, mentre gli
altri partono dai sette distici: questultima sembra dunque essere
anche per Lussorio la soglia della misura lunga, enfatizzata dallas-

quasi ostilmente cinto dassedio. Se la lettura da noi proposta cogliesse nel segno, avremmo sia unindicazione della tipologia libraria prevista dal poeta africano per il proprio liber
epigrammaton, sia il suo implicito atto di adesione a una pi vasta impresa editoriale, forse
condotta dal Fausto grammaticae magister artis evocato nellepigramma di apertura (AL
287 R.2 = 284 Sh.B.) in altre parole, una sorta di certificato di nascita della raccolta
poetica di cui il Codex Salmasianus serba le vestigia.
44
AL 289 R.2 (284 Sh.B.) 7-8 si te despiciet turba legentium / inter Romulidas et Tyrias
manus; 288 R.2 (283 Sh.B.) Priscos cum haberes, quos probares, indices, / lector, placere qui
bonis possent modis, / nostri libelli cur retexis paginam? Hanc tu requiris et libenter
inchoas, / velut iocosa si theatra pervoles?
45
AL 290 R.2 (285 Sh.B.): vd. supra, 400-401.

425

LUCA MONDIN

senza di epigrammi di sei distici anzi, di 12 versi tout court , e dal


numero insolitamente alto di componimenti di 14 versi negli altri
due metri principali (3 in esametri e 3 in faleci). Il poeta cartaginese dunque non opera secondo una scala di grandezza diversa da quella osservata nei casi precedenti, ma si concede un numero maggiore
di epigrammi lunghi (14,6% del totale), compresi alcuni pezzi esametrici di estensione eccezionale rispetto allusus finora osservato. A
parte il longissimum carme ad Faustum (287 R.2 = 282 Sh.B.: 26
phal), che inaugura il liber come prima delle quattro prefazioni, i
testi pi cospicui sono valorizzati dallaccorto inserimento, da soli o
a piccoli gruppi, tra componimenti alquanto pi brevi46.
Combinando insieme tutti i dati fin qui raccolti (vd. Tavola VII alle
pp. 430-431), il quadro complessivo risulta articolato come segue:
1) Il limite che Marziale si era imposto per gli epigrammi elegiaci,
mai superiori ai tredici distici (forse perch questa era la massima
lunghezza autorizzata da Catullo con il carme 76), nel repertorio
da noi considerato risulta essere stato esteso a qualsiasi tipo di
metro: nessun epigramma longum vi supera infatti la misura di 26
versi, raggiunta soltanto da Epigr. Bob. 26 per quanto concerne i
distici elegiaci e da Lussorio con i faleci della prefazione a Fausto
(AL 287 R.2 = 282 Sh.B.), nonch lo ricordiamo sfiorata nei
Carmina XII sapientum dai due componimenti maggiori (AL 635636 R.2), rispettivamente di 25 trimetri giambici e 25 faleci. Per il
resto, gli epigrammi in distici giungono a 18 versi nei XII Sapientes,
a 16 in Ausonio, a 22 in Lussorio ed Ennodio, a 24 in Prospero e
nellAnonimo del Salmasianus; gli esametri arrivano a 18 con
Lussorio e a 20 con Ausonio. In una parola, la libert che Marziale
si era concesso, spingendo gli esametri a 32 versi (epigr. 6,64), i faleci a 36 (4,64), i distici giambici a 42 versi (1,49) e i coliambi a 51
(3,58), qui appare soggetta ad assai pi severe restrizioni.

46

426

Su ci vd. infra, 435-436.

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

427

LUCA MONDIN

428

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

429

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430

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

431

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2) Quanto al limite inferiore dellepigramma lungo tardoantico, lipotesi iniziale, suggerita dallo specimen dei Carmina XII sapientum,
che la soglia potesse situarsi a livello dei 13/14 versi, ci ha condotti
a individuare nei sei corpora analizzati una porzione di epigrammi
lunghi che varia dal 5% di Ausonio al 7% degli Epigrammata
Bobiensia, dal 9,3% di Prospero dAquitania al 3,4% di Ennodio,
dal 2,8% dellAnonimo del Salmasianus al 14,6% di Lussorio;
applicando il medesimo criterio alla totalit dei componimenti,
risulterebbero lunghi tutti gli epigrammi di estensione superiore a
12 versi e dunque tutti gli epigrammi elegiaci di almeno sette
distici per una quota pari al 7% del numero complessivo (45 epigrammi su 642), che scende al 5,5% nel caso degli epigrammi elegiaci (28 su 512). Ora, la plausibilit dellassunto di partenza
dimostrata dal fatto che, per quanto concerne i distici elegiaci
(metro di base del genere epigrammatico, che copre da solo il
79,7% del corpus complessivo), tra la misura di 12 versi (21 occorrenze) e quella di 14 (8 occorrenze) si rileva un considerevole salto
quantitativo (21 > 8: -61,9%), che invece non si ha tra la misura
di 14 e quella di 16 versi (8 > 9); ci suggerisce che il divario rilevante sia tra sei e sette distici e non, ad esempio, tra sette e otto, e
cos senzaltro per Ausonio e per lAnonimo del Salmasianus.
Daltra parte, se si osservano gli altri indici di decremento, quello
da 10 a 12 versi (64 > 21: -67,2%) assai pi vicino a quello da 12
a 14 versi (21 > 8: -61,9%) rispetto a quello da 8 a 10 versi (80 >
64: -20%) o da 6 a 8 versi (101 > 80: -20,8%), quasi che tra lestensione di cinque e quella di sei distici cadesse unaltra soglia
significativa: sia negli Epigrammata Bobiensia che in Lussorio questo infatti il limite degli epigrammi elegiaci prima della serie ben
distanziata dei longa, e ad esso si atterr anche Isidoro nel comporre i ventisette tituli metrici per gli scaffali della biblioteca, della farmacia e dello scriptorium del vescovado di Siviglia47. Esiste insom-

47
Su di essi cfr. ora Isidori Hispalensis Versus cura et studio J.M. SNCHEZ MARTN,
Turnhout 2000 con ampia introduzione e commento. Raggiungono la misura massima

432

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

ma un margine di discrezionalit entro il quale, a seconda dellusus


scribendi e dei dosaggi formali, differenti da libro a libro, pu oscillare il discrimine tra le misure normali e le misure lunghe: alcuni
poeti lo collocano oltre i 12 versi, altri preferiscono contenere la
quasi totalit degli epigrammi di distici elegiaci entro il limite di 10.
Nel complesso possiamo ritenere che un epigramma elegiaco di 14
versi fosse concordemente giudicato di tipo lungo, e non certo
una novit: cos doveva gi essere, se non per Marziale, almeno per
la maggior parte del suo pubblico, giacch non sar una mera coincidenza se lepigr. 10,59, con la critica del lettore viziato che legge
solo i pezzi pi brevi (1-2 Consumpta est uno si lemmate pagina,
transis, / et breviora tibi, non meliora placent), cade dopo un epigramma di sette distici (10,58), evidentemente ritenuto abbastanza
ampio perch la successiva tirata non suonasse troppo casuale o
astratta; dal canto suo il greco Filippo, che in et giulio-claudia
compone la sua celebre Corona allinsegna dellojligosticiva, non vi
accoglie alcun epigramma superiore ai quattro distici tranne AP
9,26 = Antip. Thess. XIX G.-P. (5 distici), ma al componimento
introduttivo (AP 4,2 = Philipp. I G.-P.) destina in via eccezionale la
misura lunga di 14 versi, sufficiente per fare da pendant al lunghissimo proemio di Meleagro.
3) Un ultimo sguardo alle cifre rivela infine un altro sensibile dislivello tra la misura di otto e quella di nove distici elegiaci (9 > 2:
-77,7%), il che lascia supporre che oltre i 16 versi si entrasse nellambito delle massime lunghezze: non per caso, nel libellus di
Ausonio gli epigrammi elegiaci si mantengono entro tale limite.
Sulle tacche di questo regolo impostato sul tipo metrico principale si sar calibrata lestensione delle poesie in metro differente,
con una gamma di soluzioni assai diversificata a seconda della maggior o minor variet ammessa dal singolo autore, della misura dei
versi impiegati, della loro tradizione formale e dellinflusso di para-

di 10 vv. i carmi 4 (Origenes), 11 (Prudentius Avitus Iuvencus Sedulius) e 19 (Titulus pigmentarii).

433

LUCA MONDIN

digmi illustri: ad esempio, la lunghezza di AL 287 R.2 = 282 Sh.B.


ad Faustum, che apre con i suoi 26 faleci il Liber epigrammaton di
Lussorio, si spiega sia con limportanza della collocazione liminare,
sia come programmatico raccordo al modello di Marziale, i cui epigrammi lunghi in endecasillabi si attestano spesso intorno a queste
dimensioni48.
Pi difficile individuare la ratio che orienta di volta in volta le scelte dei singoli autori. Ausonio, ad esempio, sembra affidare alla
misura lunga temi curiosi o stravaganti: lepigr. 103 (7 distici elegiaci) lassurdo dialogo tra Venere e il personaggio che lha consultata per sottoporle un dilemma di natura amorosa, e per rifiuta
un consiglio dopo laltro finch la dea spazientita lo liquida dicendogli di suicidarsi; lepigr. 72 (8 distici) un pezzo paradossografico su un caso di mutamento di sesso di un pavone avvenuto nella
localit, per noi non identificabile, di Vallebana; lepigr. 115 (20
esametri: il pi lungo scritto dal poeta) un inusitato pezzo satirico che descrive, con compiaciuta minuzia di dettagli, le oscene operazioni di igiene personale cui un personaggio affetto da scabbia si
dedica in un bagno pubblico. Nel caso dellAnonimo del Codex
Salmasianus, un sottile legame tematico unisce lepigramma Laus
omnium mensium (AL 117 R.2 = 106 Sh.B.: 12 distici elegiaci)
allultimo del libellus, De circensibus (AL 197 R.2 = 188 Sh.B.: 10
distici), che descrive la struttura del circo e delle gare equestri come
allegoria del cosmo e della temporalit celeste (vv. 1 sgg.):
Circus imago poli, formam cui docta vetustas
condidit et numeros limitis aetherei.
Nam duodenigenas ostendunt ostia menses
quaeque ineat cursim aureus astra iubar.
Tempora cornipedes referunt, elementa colores;
auriga, ut Phoebus, quattuor aptat equos.

48
Vd. il contributo di Alberto CANOBBIO in questo stesso volume, Epigrammata longa
e breves libelli. Dinamiche formali dellepigramma marzialiano, 169-193: 192-193.

434

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

Cardinibus propriis includunt septa quadrigas,


Ianus vexillum quas iubet ire levans

Tre degli epigrammi pi lunghi della silloge bobbiese sembrano dovuti a un intento emulativo nei confronti di Ausonio. Lautore
di Epigr. Bob. 45 In Didonis imaginem ex graeco imita la tecnica
ausoniana della traduzione ampliata, trasformando il suo modello
(APl 151) in un componimento alquanto pi esteso, che porta a
nove i cinque distici elegiaci delloriginale. Tra gli epigrammi epidittici dellAntologia Palatina si ha una coppia a contrasto formata
dal pessimistico AP 9,359 = Posidipp. XXII G.-P. Poivhn ti" biovtoio tavmh/ trivbon; e dalla sua ejpanovrqwsi" AP 9,360 = Metrod.
I Page, luno e laltra di cinque distici elegiaci. Ausonio ha liberamente rielaborato lepigramma di Posidippo traendone lecloga 19
De ambiguitate eligendae vitae (50 esametri), andata poi a finire
anche nellAppendix Vergiliana; lepigramma Epigr. Bob. 25 Nihil in
vita expedire traduce Posidippo in gara con Ausonio, di cui riecheggia lincipit, ma mantenendosi nei limiti della forma epigrammatica, e il risultato di nove distici. Il successivo Epigr. Bob. 26
Item contra hoc applica lo stesso procedimento alla replica ottimistica di Metrodoro, ma invece di confutare Epigr. Bob. 25 con un
uguale numero di versi, come fa il suo modello nei confronti di
Posidippo, espande ulteriormente lo sviluppo del testo e si spinge
fino alla ragguardevole lunghezza di tredici distici.
In Ennodio la scelta della misura lunga per lo pi legata
allintento laudativo, in Lussorio anche alla tematica scoptica, la
quale per circoscritta ai formati pi contenuti, con prevalenza di
metri non dattilici che limitano ulteriormente lestensione dei testi,
mentre le ampiezze maggiori sono riservate ai pezzi di intonazione
eulogistica: lunico Spottepigramm lungo in distici elegiaci infatti AL 333 R.2 (328 Sh.B.) De tablista furioso quasi tesseris imperante
(14 vv.), mentre gli altri sono in faleci (AL 301 R.2 = 296 Sh.B. In
vetulam virginem nubentem e 302 R.2 = 297 Sh.B. In medicum lenonem, entrambi di 14 vv.) o in esigui versi anacreontici (AL 309 R.2
= 304 Sh.B. In medicum impotentem, qui ter viduam duxit uxorem:
435

LUCA MONDIN

18 vv.). Nel caso di AL 351 R.2 (346 Sh.B.) De sententiis septem philosophorum distichi la lunghezza di 14 versi determinata dalla scelta prettamente tecnica di destinare a ciascuno dei sette saggi due
esametri anzich uno solo, come invece doveva essere duso per questo specifico tema (cfr. AP 9,366, AL 882 R.2, Sidon. carm. 15,4450). Al di l dei criteri con cui le varie grandezze sono ripartite tra
i tipi tematici, emerge la particolare cura con cui Lussorio pone in
risalto il formato dei componimenti. La coppia AL 301-302 R.2
(296-297 Sh.B.), due skoptika di 14 faleci, preceduta da una poesia di 5 esametri e da una di due distici elegiaci di uguale intonazione; segue, con forte stacco formale e tematico, il lungo pezzo
celebrativo 304 R.2 (299 Sh.B.) De turre in viridario posita, ubi se
Fridamal aprum pinxit occidere, di ben 11 distici, cui succede un
altro epigramma per il medesimo destinatario, ma assai pi corto
(305 R.2 = 300 Sh.B., 8 giambelegi)49. Due testi brevi, di 2 e 3 distici rispettivamente, incorniciano gli 8 distici di 320 R.2 (315 Sh.B.)
su un imponente sarcofago reimpiegato come abbeveratoio a ornamento del circo; il contrasto tra 332 R.2 (327 Sh.B.) De laude horti
Eugeti, di 14 faleci, e lo scoptico 333 R.2 (328 Sh.B.) su Vatanas
tablista furiosus, di 14 esametri, accentuato dallessere essi preceduti da un epigramma di 4 e seguiti da uno di 2 distici; i 18 esametri dellepitaffio per la figlioletta di Oageis (345 R.2 = 340 Sh.B.)
campeggiano tra un epigramma scoptico di 5 distici su di un vecchio che si crede immortale (344 R.2 = 339 Sh.B.), e uno di 3 distici su un anfiteatro che domina la campagna in prossimit del mare
(346 R.2 = 341 Sh.B.). Di 14 esametri sono sia lelogio di Olimpio,
erculeo campione delle cacce circensi nellanfiteatro di Cartagine,
sia il suo vibrante epitaffio che viene subito dopo (353-354 R.2 =
348-349 Sh.B.), e il tutto reso pi monumentale dal contrasto
con la successiva poesiola di tre soli faleci.

49

Sul tenore dellelogio, e sulla possibile identificazione del dedicatario con un figlio del
re vandalo Trasamundo e dellostrogota Amalafrida, cfr. ora A. FASSINA, Un mecenate alla
corte vandalica: gli epigrammi lussoriani per Fridamal (AL 304-305 R.2), GIF, 58 (2006),
137-145.

436

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

In generale, salvo poche costanti ravvisabili in alcune evidenti


funzioni strutturali o comunicative (prefatoria, dedicatoria, encomiastica), le scelte cui legata una cospicua estensione appaiono di
volta in volta assai diverse e difficilmente riconducibili a criteri unitari. In ogni caso, ci che pi importa aver individuato in un campione relativamente omogeneo di epigrammi letterari della tarda
latinit lesistenza, se non proprio di una norma, di una scala quantitativa comunemente adottata, e certo gi tradizionale prima del
IV secolo: ad essa andr di volta in volta rapportata la lunghezza dei
singoli testi (anche di quelli conservati al di fuori di una silloge), s
da poterla valutare in termini di minore o maggiore scarto o eccezionalit rispetto agli standard del genere, e attribuirle alloccorrenza una finalit o un significato.
Prima di sondare le applicazioni dellepigramma longum tardoantico in uno specifico ambito funzionale, vale la pena di osservare che
linversione del rapporto quantitativo tra componimenti brevi e
lunghi e la violazione dei vigenti limiti di lunghezza possono essere
sfruttate per trasformare un genere di poesia tipicamente epigrammatico in un prodotto letterario di statuto pi originale. Tale il
caso dei due congiunti cicli funerari dedicati da Ausonio al ricordo
dei membri scomparsi della sua famiglia (Parentalia: op. X Green) e
dei docenti di grammatica e di retorica della scuola di Bordeaux
(Commemoratio professorum Burdigalensium: XI Green)50.
Il libellus dei Parentalia non epitaffi per la sede funeraria ma
rievocazioni dei singoli defunti nel giorno deputato alla loro memoria si preannuncia come una serie di brevi elegie (praef. B 15-16
At tu, quicumque es, lector, qui fata meorum / dignaris maestis commemorare elegis), e tutti elegiaci sono infatti i primi dodici ritratti,

50
Sulloriginalit anche formale di questi due cicli rispetto alla tradizione della poesia
funeraria latina cfr. D. M. Ausonius, Parentalia, introduzione, testo, traduzione e commento a cura di M. LOLLI, Bruxelles 1997, 25-40 e F.E. CONSOLINO, Metri, temi e forme
letterarie in Ausonio, in EAD. [cur.], Forme letterarie nella produzione latina di IV-V secolo,
Roma 2003, 147-194: 172-175.

437

LUCA MONDIN

dove la varietas assicurata solo dalla differente lunghezza dei componimenti. Nel primo carme in metro diverso, in distici giambici,
la scelta condizionata dal nome del celebrato, il fratello A+vt+anus,
esibito proprio in incipit quasi a giustificare il ripiego formale (Par.
13,1-2 Avitianum, Musa, germanum meum / dona querella funebri),
e con un trimetro giambico attacca anche la poesia per il nipote
Hercu+lanus (Par. 17), che per prosegue per altri diciotto versi sul
ritmo inatteso del dimetro anapestico catalettico o paremiaco, un
metro novello51 utilizzato per un carme funerario in CLE 1523.
Anche il nome della zia paterna Giulia Ve+ne+r+a (Par. 27) riceve un
verso raro, il tetrametro proceleusmatico usato da Settimio Sereno
carm. frgg. 16-17 Blnsdorf 52; ma la zia materna Emilia Drya+d+a53,
la zia paterna Giulia Ca+taphro+n+a (con seconda sillaba lunga per
scioglimento della muta cum liquida54) e la cugina Giulia Ida+l+a
potrebbero entrare comodamente nel distico elegiaco, ed per pura
ricercatezza se Ausonio le commemora in metri rari, che paiono scelti
apposta per mostrare lassenza di moventi prosodici: tetrametro dattilico (alcmanio) + hemiepes (Par. 25), esametro dattilico + hemiepes (Par.
26), tetrametro dattilico ipercatalettico (Par. 28). Nel complesso, data
la netta preponderanza del metro elegiaco, potremmo essere ancora in
presenza di un libellus epigrammatico, se la brevitas non vi avesse uno
spazio cos ridotto, con soli otto carmi di misura compresa tra i 4 e gli
8 versi, otto di 12 versi e non meno di quindici quasi la met del totale che vanno dai 14 ai 32 versi, anche se solo due oltre il limite dei
dodici distici (Par. 4 per lo zio Arborio e Par. 30 per la moglie Sabina,
rispettivamente di 32 e 30 vv.: vd. Tavola VIII a p. 440).

51

Cfr. E. CASTORINA, Questioni neoteriche, Firenze 1968, 198-99.


CASTORINA, Questioni (cit. n. 51), 202 : forse il pi tipico dei metra novella; sui due
versi di Sereno cfr. S. MATTIACCI, I frammenti dei poetae novelli. Introduzione, testo critico e commento, Roma 1982, 168-175, sul loro uso in Ausonio: CONSOLINO, Metri (cit. n.
50), 172 sg.
53
Cos, nonostante la quantit etimologica di y, Ausonio scandisce sempre questo nome
(Par. 12,2; 23,10; 25,1).
54
Normale anche nelleventualit di ph = /f /: cfr. H.M. HOENIGSWALD, f and liquid,
CQ, n.s., 40 (1990), 272-274.
52

438

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

Nel successivo libellus dei Professores il grande spazio concesso


alla polimetria (su ventisei componimenti, solo quattordici sono in
distici elegiaci) e la preponderanza delle misure lunghe e anche lunghissime (solamente sette carmi, pari al 30% del totale, rimangono
compresi tra i 6 e i 12 vv.) mostrano in Ausonio il chiaro intento di
abbandonare la consueta formula dellepigramma funerario per
inaugurare una pi originale raccolta di tipo lirico-elegiaco (vd.
Tavola IX a p. 440).
Perch al lettore non sfuggano la portata innovativa e le modalit delloperazione, a questi due libri di epicedi per persone reali
segue, con un contrasto davvero stridente, un ciclo di epitimbi fittizi dedicati ai personaggi della saga iliadica (Epitaphia heorum qui
bello Troico interfuerunt), dove tutto rientra nella pi palese convenzione epigrammatica, dalla dichiarata dipendenza da un modello
greco alla monometria alla stessa, rigorosa brevit anchessa di gusto
grecanico dei ventisei componimenti (vd. Tavola X a p. 440).
Il motivo dellomogeneit tematica, con cui il poeta giustifica
nella prefazione in prosa laggiunta di questo vanum opusculum55,
appare cos tenue e pretestuoso che non v dubbio che il vero
intento sia quello di proporre con un terzo libellus di marca quanto mai scontata e libresca un termine di paragone su cui misurare il
progressivo scarto compiuto nei Parentalia e nei Professores rispetto
allo stereotipo dellepigramma funerario. Insieme alla ricercata polimetria, leliminazione delle misure pi brevi e un incremento dei
componimenti lunghi e fuori scala sono dunque i procedimenti
con cui Ausonio riforma il tradizionale libellus epigrammatico
traendone un derivato letterario di natura diversa e veramente sui
generis: il che possibile appunto grazie allesistenza di condivisi
parametri che concernono le lunghezze epigrammatiche e i loro

55

Epit. praef. p. 67 Green: Ad rem pertinere existimavi ut vel vanum opusculum materiae
congruentis absolverem et libello, qui commemorationem habet eorum qui vel peregrini
<Burdigalensensve Burdigalae vel> Burdigalenses peregre docuerunt, epitaphia subnecterem
(scil. titulos sepulcrales) heroum, qui bello Troico interfuerunt. Quae antiqua cum apud philologum quendam repperissem Latino sermone converti, non ut inservirem ordinis persequendi <necessitati>, sed ut cohaererent libere nec aberrarent.

439

LUCA MONDIN

440

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

dosaggi, e di cui proprio loperazione ausoniana conferma implicitamente la validit e la tenuta.


2. INTERLUDIO: PREFAZIONI E SOSCRIZIONI
Lesistenza di questa scala di misura, i cui valori abbiamo potuto desumere dallevidenza dei pi importanti corpora epigrammatici, faceva s
che un epigramma lungo fosse apprezzabile come tale anche quando
compariva isolato o comunque al di fuori di un contesto seriale, e soltanto i caratteri intrinseci (cio tematici e formali) o la sua funzione
estrinseca valevano a qualificarlo come testo epigrammatico. Poich
nellorizzonte dattesa del lettore la natura epigrammatica si esplicava
per statuto nella misura breve per lepoca di cui ci occupiamo, non
superiore ai 10/12 versi , la scelta opposta di una sia pur relativa
estensione esprimeva perci stesso la volont di conferire al testo un
particolare rilievo o grado di dignit, e ci in determinati ambiti dimpiego poteva tradursi in uso costante e divenire prassi abituale, attribuendo stabilmente a una specifica tipologia o funzione epigrammatica il marchio formale della misura lunga. Il che, in epoca tardoantica, ci che accade ad esempio al sotto-genere dellepigramma prefatorio e a quello ad esso strettamente affine del Buchepigramm.
Che lepigramma avesse uninnata vocazione prefatoria e
metapoetica era ben chiaro a Marziale (2 epist.: epigrammata curione non egent et contenta sunt sua, id est mala, lingua: in quacumque
pagina visum est, epistulam faciunt), e rispondeva alluso inaugurato
in et ellenistica di corredare opere letterarie proprie o altrui con un
epigramma di presentazione una sorta di sofisticazione, o di
estensione allambito librario, delliscrizione poetica apposta su un
oggetto o un monumento per informare il lettore sulla sua funzione e sullidentit del suo autore o dedicatore. Nella letteratura classica e imperiale a noi pervenuta56 lunico epigramma prefatorio per

56
Per una breve storia della prefazione nella letteratura greca e latina fino al IV sec. d.C.
cfr. F. FELGENTREU, Claudians praefationes. Bedingungen, Beschreibungen und Wirkungen
einer poetischen Kleinform, Stuttgart-Leipzig 1999, 39-57.

441

LUCA MONDIN

unopera non epigrammatica quello di due distici preposto da


Ovidio ai tre libri degli Amores per spiegare che si tratta della seconda edizione dellopera57, cui va aggiunto quello di tre distici immaginato dal poeta in esilio come epigrafe da apporre in limine alle sue
incompiute Metamorfosi 58 (vi sarebbe tuttal pi da discutere sulleventuale natura epigrammatica del carme 65 di Catullo, che funge
da epistola accompagnatoria della Chioma di Berenice, o dei
Choliambi di Persio), ma non c dubbio che, per imitazione del
Buchepigramm alessandrino, questo tipo di poesia fosse entrato per
tempo nella prassi letteraria e libraria di Roma, fissando la sua sede
a inizio di volumen (Ov. trist. 1,7,33 in prima fronte libelli), magari
con lopportuno stacco grafico ottenuto dalla collocazione fuoritesto (Mart. 9 epist.: extra ordinem paginarum). Nel complesso,
come mostrano i pochi esempi conservati e i pi numerosi epigrammi ellenistici di analogo tenore (dove il proemio meleagreo
costituisce una motivata eccezione), doveva trattarsi per la maggior
parte di tituli metrici piuttosto brevi59.
Nella tarda latinit la pratica, o quanto meno la documentazione, registra un netto incremento, estendendo la moda del carme
pre- e postfatorio anche ad opere in prosa. Talora si tratta di testi di
ampiezza considerevole, come lappendice poetica di 78 esametri

57

Qui modo Nasonis fueramus quinque libelli, / tres sumus; hoc illi praetulit auctor opus; /
ut iam nulla tibi nos sit legisse voluptas, / at levior demptis poena duobus erit: cfr. J.C.
MCKEOWN, Ovid: Amores. Text, Prolegomena and Commentary, II, A Commentary on Book
One, Leeds 1989, 1-6.
58
Trist. 1,7,29-40 Ablatum mediis opus est incudibus illud, / defuit et scriptis ultima lima
meis. / Et veniam pro laude peto, laudatus abunde, / non fastiditus si tibi, lector, ero. / Hos
quoque sex versus, in prima fronte libelli / si praeponendos esse putabis, habe: / Orba parente
suo quicumque volumina tangis, / his saltem vestra detur in urbe locus. / Quoque magis faveas,
haec non sunt edita ab ipso, / sed quasi de domini funere rapta sui. / Quicquid in his igitur
vitii rude carmen habebit, / emendaturus, si licuisset, eram.
59
Ad es. Asclep. AP 7,11 = XXVIII G.-P. (Buchepigramm per Erinna: 4 vv.) e 9,63 = XXXII
G.-P. (la Lide di Antimaco: 4 vv.); Callim. epigr. 6 Pf. = LV G.-P. (La presa di Ecalia: 4 vv.);
Leon. Tar. AP 9,25 = CI G.-P. (Arato: 6 vv.); AP 9,190 = Anon. XXXVIII Page (Erinna: 8
vv.); Crinagora: AP 9,239 = VII G.-P. (Anacreonte: 6 vv.) e 9,545 = XI G.-P. (Ecale di
Callimaco: 6 vv.); Antipatro di Tessalonica: AP 9,186 = CIII G.-P. (Aristofane: 6 vv.); cfr. M.
GABATHULER, Hellenistische Epigramme auf Dichter, St. Gallen 1937, e S. BARBANTANI, I poeti
lirici del canone alessandrino nellepigrammatica greca, AevAnt, 6 (1993), 5-97, passim.

442

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

(AL 719e R.2) che chiude il trattato De medicamentis di Marcello


Empirico, ma per lo pi la funzione peri-testuale affidata a componimenti di tipo epigrammatico: Ausonio suggella con due epigrammi il libro De fastis dedicato al figlio Esperio (fast. 1-2) e con
tre, confluiti poi nel libellus di Z, la successiva redazione dedicata a
Gregorio Proculo (fast. 1, 3-4); Ennodio ha il vezzo di decorare cos
alcune delle sue dictiones. In questi casi abbiamo a che fare con poesiole piuttosto brevi, mai superiori ai 10 versi, ma la prassi pi diffusa riguarda le opere poetiche, per le quali si tende a prediligere
epigrammi prefatori/dedicatori di misura abbastanza considerevole.
Il primo esempio fornito in et costantiniana da Optaziano
Porfirio, i cui Carmina si aprono coi nove distici elegiaci di una
Anrede a Talia che riecheggia la prima elegia dei Tristia di Ovidio
(carm. 1; un secondo proemio di cinque distici elegiaci poi premesso al carme 5, dedicato ai vicennalia dellimperatore).
Successivo in ordine di tempo, luso prefatorio di Ausonio conosce
unarticolata gamma di soluzioni, adottando di volta in volta per i
suoi scritti la formula dellepistola in prosa, della praefatio/dedica in
versi o la combinazione dei due tipi60. Nel caso di prefazioni poetiche inserite entro il contesto degli opuscula egli si attiene di regola a
una certa brevit61, ma per i carmi accompagnatori collocati prima
e perci allesterno di singoli libelli egli predilige unampiezza pi
ossequiosa: lepistola proemiale del Ludus septem sapientum (op.
XXVI Green) a Drepanio Pacato di nove distici elegiaci; la dedica
allo stesso Pacato del ciclo delle Eclogae 19-25 nel Leid. Voss. Lat.
F 111 (praef. 4 Green) inizia citando quella di Catullo a Cornelio
Nepote (10 faleci) e finisce con un ricordo di quella di Marziale a
60
Cfr. H. SIVAN, The Dedicatory Presentation in Late Antiquity: The Example of Ausonius,
ICS, 17 (1992), 83-101.
61
Con la sola eccezione della Praefatio versibus adnotata (9 distici elegiaci) che apre,
dopo la premessa in prosa, il libellus dei Parentalia (op. X Green); per il resto, la Praefatio
che introduce la Commemoratio professorum Budigalensium (XI) di 3 distici; la Bissula
(XVIII) riserva 6 ottonari trocaici alla dedica poetica ad Assio Paolo (Biss. 1), peraltro preceduta da unepistola in prosa; di 11 esametri la Praefatio del Cento nuptialis (XVIII); nei
Caesares (XXIII) 5 esametri introducono la parte dei monosticha e 2 distici elegiaci quella
dei tetrasticha.

443

LUCA MONDIN

Faustino (epigr. 3,2: 12 faleci), ma assai pi lunga di entrambe (18


faleci); il pezzo che il poeta usava forse riciclare per i diversi destinatari dei suoi libelli di epigrammi (praef. 5: vd. supra 414-415)
di 8 distici elegiaci. In prosieguo di tempo, incontriamo gli epigrammi prefatori di Naucellio (Epigr. Bob. 57 Sp.: 15 trimetri giambici), di Prospero dAquitania (praefatio al poemetto De ingratis, 5
distici elegiaci, accompagnata da un argumentum di 11 esametri), di
Sedulio (praefatio al Carmen paschale: 8 distici elegiaci), degli
Aenigmata Symposii (17 esametri), di Eugenio di Toledo (praefatio
al libro dei carmina: 9 distici elegiaci). Questa casistica mostra che,
quando gli autori tardoantichi optano per una prefazione di tipo
epigrammatico, la sua estensione si attesta preferibilmente attorno
ai 16/18 versi una misura evidentemente ritenuta appropriata per
una poesia che doveva equilibrare lo statuto di testo accessorio con
il rilievo della sede esposta. A orientare verso la formula dellepigramma lungo, ancorch non del massimo formato, avr contribuito la natura stessa del supporto, ormai fissato nel tipo del codex
membranaceo, che portava a commisurare la lunghezza di un avantesto poetico allimportanza della sua collocazione nel foglio liminare (quello che Marziale chiamava ancora prima tabella), dove
figurava come una vera e propria inscriptio in versi apposta sulloggetto librario, e alle esigenze di una armoniosa mise en page.
Ausonio, versatile sperimentatore di soluzioni formali, forse il
primo a sfruttare lunghezze superiori al suddetto standard per le sue
uscite editoriali pi ambiziose. La Praefatio 1 Green, venti distici
elegiaci preceduti dallintestazione Ausonius lectori sal., era destinata a figurare in limine a una raccolta di carmina pubblicata nei primi
anni Ottanta, a una data compresa tra il consolato dello stesso
Ausonio (379 d.C.) e la morte dellimperatore Graziano (383 d.C.).
Il poeta si presenta ai lettori raccontando delle proprie origini (vv.
5-14) e dei propri studi (15-16), dellonorata carriera di grammaticus nella nata Bordeaux (17-24) e del successivo approdo alla corte
imperiale di Treviri, prima come maestro del giovanissimo Graziano
Augusto (25-34), poi come suo funzionario, dalla quaestura sacri
444

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

palatii alla prefettura del pretorio alla vetta suprema del consolato
(35-38). Modello di questo curriculum vitae versificato appare la
sphragis di Ovidio al quarto libro dei Tristia (4,10), ma lo sviluppo, assai pi contenuto (l si tratta di una lunga elegia di 132
versi), ricorda piuttosto quello dellEpicedion in patrem, e anche le
formule dattacco e di congedo che incorniciano la poesia, con
lappello al lettore generico, alla sua benevolenza e allomaggio di
un ricordo, riecheggiano i moduli espressivi della poesia tombale,
cos come prettamente iscrizionale la valenza del verbo ascripsi
di v. 3, che equipara il testo a un titulus apposto al libro finito (vv.
1-4 e 39-40):
Ausonius genitor nobis, ego nomine eodem:
qui sim, qua secta, stirpe, lare et patria,
ascripsi, ut nosses, bone vir, quicumque fuisses,
et notum memori me coleres animo.
...
Hic e<r>go Ausonius: sed tu ne temne, quod ultro
patronum nostris te paro carminibus.

A sancire la natura epigrammatica di questa praefatio, per quanto eccezionalmente lunga, e insieme a renderne per contrasto
ancora pi monumentale la campitura, provvedeva la lapidaria
brevit della dedica allamico Siagrio, che seguiva subito dopo
(praef. 2):
Ausonius Syagrio
Pectoris ut nostri sedem colis, alme Syagri,
communemque habitas alter ego Ausonium,
sic etiam nostro praefatus habebere libro,
differat ut nihilo, sit tuus anne meus.

Di qualche anno posteriori sono gli undici distici elegiaci della


Praefatio 3, che nei manoscritti reca linscriptio di tipo epistolare
Domino meo et omnium Theodosio Augusto Ausonius tuus, e che
appare composta per una raccolta di carmina sollecitata dallo stesso
imperatore:
445

LUCA MONDIN

Agricolam si flava Ceres dare semina terrae,


Gradivus iubeat si capere arma ducem,
solvere de portu classem Neptunus inermem,
fidere tam fas est quam dubitare nefas,
insanum quamvis hiemet mare crudaque tellus
seminibus, bello nec satis apta manus.
Nil dubites auctore bono. Mortalia quaerunt
consilium, certus iussa capesse dei.
Scribere me Augustus iubet et mea carmina poscit
paene rogans; blando vis latet imperio.
Non habeo ingenium, Caesar sed iussit habebo.
Cur me posse negem, posse quod ille putat?
Invalidas vires ipse excitat et iuvat idem,
qui iubet: obsequium sufficit esse meum.
Non tutum renuisse deo; laudata pudoris
saepe mora est, quotiens contra parem dubites.
Quin etiam non iussa parant erumpere dudum
carmina: quis nolit Caesaris esse liber,
ne ferat indignum vatem centumque lituras,
mutandas semper deteriore nota?
Tu modo te iussisse, pater Romane, memento
inque meis culpis da tibi tu veniam.

10

15

20

Qui, se lomaggio cortigiano, imperniato sul motivo del carisma


divino dellAugusto e sullinevitabilit dei suoi iussa, comporta un
adeguato innalzamento del tono e un elaborato armamentario retorico (si noti laccurato dispositivo incipitario in forma di
Gleichnisstruktur, con gli exempla mitologici che anticipano su un
piano simbolico la situazione del poeta dinanzi al volere dellimperatore), non minore poi la cura posta da Ausonio nel marcare la
cifra epigrammatica della dedica: ai vv. 19-20 la personificazione
del liber insofferente dei continui ripensamenti del suo autore
palese riecheggiamento di una pagina proemiale di Marziale (1,3,911 Sed tu [scil. parve liber] ne totiens domini patiare lituras / neve
notet lusus tristis harundo tuos, / aetherias, lascive, cupis volitare per
auras) e funge perci stesso da segnale generico; limprovviso passaggio al Du-Stil negli ultimi due versi, rivolti direttamente a
Teodosio, realizza un vero e proprio ajprosdovkhton, e larguzia

446

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

mutuata dallepistola dedicatoria di Plinio il Vecchio a Tito (nat.


praef. 4 itaque cum ceteris in veneratione tui pateant omnia alia, nobis
ad colendum te familiarius audacia sola superest: hanc igitur tibi
imputabis et in nostra culpa tibi ignosces) vi aggiunge il sorriso della
pointe, tanto pi efficace dopo quel solenne pater Romane, memento di nobilissima ascendenza virgiliana (cfr. Aen. 9,449 pater
Romanus e 6,851 tu Romane, memento).
In questi due esempi la formula dellepigramma lungo con
funzione prefatoria tocca estensioni inconsuete, che preconizzano
quel tipo di praefatio per lo pi elegiaca che da Claudiano in poi
accompagner stabilmente i testi della produzione epico-panegiristica. vero che in quel caso non si tratter in genere di prefazioni
editoriali, cio concepite per introdurre lopera nella sua veste
libraria, ma di prologhi composti per la performance recitativa, con
funzione analoga a quella dei proemi giambici che si usano anteporre ai carmi esametrici nella poesia encomiastica bizantina62, o a
quella delle prolusioni al pubblico (prolaliaiv) nella retorica epidittica, e non mancato chi ha voluto ridurre linvenzione claudianea appunto ad un adattamento latino di forme proemiali in
voga nella poesia e nelloratoria dapparato dellaltro versante linguistico63. E tuttavia, senza voler negare loro una possibile pluralit
di influssi e di modelli, le prefazioni elegiache con cui Claudiano
correda buona parte dei suoi poemetti politici e celebrativi appaiono cos simili, quanto a misura e talora ad impianto retorico, alla
dedica di Ausonio a Teodosio, che difficile credere non ne siano
state ispirate, eleggendo a uso sistematico la formula occasionalmente esperita dal poeta di Bordeaux per ornare il frontespizio di
una raccolta di scritti destinata allAugusto e al pubblico della sua
corte. In ogni caso, la netta maggioranza delle praefationes claudia-

62
Su di essi T. VILJAMAA, Studies in Greek Encomiastic Poetry of the Early Byzantine
Period, Helsinki 1968, 68-97 e AL. CAMERON, Pap. Ant. III. 115 and the Iambic Prologue
in Late Greek Poetry, CQ, n.s., 20 (1970), 119-129.
63
Per il dibattito sulla genesi della praefatio claudianea, una rassegna delle varie tesi e
relativa bibliografia in FELGENTREU, Claudians (cit. n. 56), 5-12.

447

LUCA MONDIN

nee si mantiene rigorosamente entro i limiti quantitativi che abbiamo potuto stabilire per lepigramma longum tardoantico (18-26
versi)64: e ci, unitamente alluso del distico elegiaco e alla stabile
presenza di una pointe finale, d ragione a chi le considera legate alla
tradizione formale dellepigramma latino contemporaneo65.
Solo con i panegirici di Sidonio Apollinare le praefationes elegiache, bench modellate su quelle di Claudiano, iniziano ad
eccedere le suddette misure66, realizzando il distacco di questo
tipo di Kleinform dalla matrice epigrammatica da cui era stato inizialmente ricavato. Va tuttavia osservato che Sidonio innova la
prassi claudianea anche mediante laggiunta, in due casi su tre, di
un vero e proprio epigramma accompagnatorio i manoscritti gli
danno il titolo di editio , con cui, tra molti complimenti, affida
il testo del panegirico a un eminente personaggio vicino
allAugusto celebrato, perch funga da patrono e da giudice dellopera67. Nel caso del panegirico di Avito questo epigramma,
indirizzato al vir praefectorius Prisco Valeriano (carm. 8), collo-

64
Di 18 e 20 versi sono i carmina 2 e 4, preposti rispettivamente al I e al II libro dellinvettiva In Rufinum; la stessa misura hanno le praefationes al Panegyricus de III consulatu Honorii Augusti (carm. 6: 18 versi), al Panegyricus dictus Manlio Theodoro cos. (carm. 16:
20 vv.) e al Bellum Pollentinum (carm. 25: 18 vv.), di poco superiori sono quelle
allEpithalamium de nuptiis Honorii Augusti (carm. 9: 22 vv.), al III libro De consulatu
Stilichonis (carm. 23: 24 vv.) e al Panegyricus de VI consulatu Honorii Augusti (carm. 27: 26
vv.). A questa prassi cos costante sfuggono solo due casi: lEpithalamium dictum Palladio
v.c. tribuno et notario et Celerinae (carm. min. 25) che, dato il carattere privato dellomaggio, riceve solo una breve praefatio di 4 distici, e il lungo componimento elegiaco (76 vv.)
anteposto a mo di prologo al II libro In Eutropium, che di fatto costituisce un terzo, autonomo libello dellinvettiva contro il personaggio. A unanalisi dettagliata dellintero repertorio dedicata la monografia di FELGENTREU, Claudians (cit. n. 56), cui rinviamo senzaltro anche per la bibliografia precedente.
65
R. PERRELLI, I proem claudianei tra epica ed epidittica, Catania 1992, 32 sg.;
FELGENTREU, Claudians (cit. n. 56), 211 sg.
66
La superano le prefazioni apposte rispettivamente al primo e allultimo dei tre panegirici scritti da Sidonio per un imperatore, cio la praefatio al poemetto dedicato nel 456
d.C. al suocero Avito (carm. 6: 36 vv.) e quella al panegirico di Antemio del 468 (carm. 1:
30 vv.); assai pi breve invece quella composta per il panegirico di Maggioriano del 458
(carm. 4: 18 vv.).
67
Su questi due epigrammi cfr. lo studio di S. SANTELIA, Quando il poeta parla ai suoi
versi: i carmi 8 e 3 di Sidonio Apollinare, InvLuc, 24 (2002), 245-260.

448

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

cato dopo il poemetto a mo di postfazione e si estende fino alla


misura lunga di 8 distici elegiaci:
carm. 6 Praefatio panegyrici dicti Avito Augusto
carm. 7 PANEGYRICUS
carm. 8 Ad Priscum Valerianum virum praefectorium

el: 36 vv.
hex: 602 vv.
el: 16 vv.

Lepigramma che accompagna il panegirico di Maggioriano (carm.


3), indirizzato al magister epistularum Pietro ma in forma di apostrofe al liber, collocato in posizione iniziale prima della praefatio,
e poich questultima di 9 distici, esso si mantiene entro la misura proporzionalmente breve di 5 distici:
carm. 3 Ad libellum
el: 10 vv.
carm. 4 Praefatio panegyrici dicti Maioriano Augusto el: 18 vv.
carm. 5 PANEGYRICUS
hex: 603 vv.

In questo secondo caso la successione dei due testi proemiali, ancorch verosimilmente composti in momenti differenti, intreccia un
discorso unitario: nella praefatio Sidonio, che genero ed ex collaboratore dellimperatore Avito sconfitto nel 456, ringrazia il nuovo
Augusto di averlo perdonato con la stessa clemenza usata da
Ottaviano nei confronti di Virgilio e di Orazio: anchegli, bench
tanto inferiore a quei due grandi, si sdebiter con lomaggio della
sua poesia; sulla stessa linea, nel precedente epigramma accompagnatorio, Sidonio paragona il patrocinio del magister epistularum
Pietro a quello esercitato da Mecenate a favore di Virgilio (carm.
3,5-6 At mihi Petrus erit Maecenas temporis huius; / nam famae pelagus sidere curro suo). Il terzo panegirico, composto in occasione del
secondo consolato dellimperatore Antemio (carm. 2), dotato
della sola praefatio (carm. 1), nella quale Sidonio assimila se stesso
al centauro Chirone, che per ultimo, finito il canto delle divinit
maggiori e minori, elev lofferta della sua rozza musica nella cerimonia di insediamento di Giove sul trono celeste; negli ultimi distici, un po inaspettatamente, lallocuzione allAugusto congloba lonorifica menzione del suo quaestor sacrii palatii, il dotto Vittore,
449

LUCA MONDIN

che il poeta elegge a proprio magister68. Cos ciascuna delle prime


due prefazioni associata a un epigramma di dedica a un alto personaggio di corte con il quale forma un unico, articolato peri-testo
elegiaco a corredo del relativo panegirico; la terza non si accompagna ad alcun epigramma, ma ne assorbe per cos dire la funzione,
unendo allomaggio per limperatore quello per il dignitario di
turno. Neppure con Sidonio, insomma, la praefatio dei poemi
epico-panegiristici appare ancora uscita del tutto dalla tradizione
dellepigramma prefatorio.
Tipologicamente (e spesso formalmente) affine alla praefatio dautore, ma accessibile anche a versificatori occasionali, lepigramma
composto per corredare di unacconcia guarnizione poetica un singolo oggetto librario e il testo che esso contiene. Come nel caso
delle soscrizioni, che ci pervengono per in assai pi alto numero,
la conservazione di Buchepigramme dipende per lo pi dalleventualit che gli esemplari che ne furono dotati abbiano dato luogo a filoni di tradizione manoscritta abbastanza vitali da giungere fino noi,
e abbastanza fedeli da non traslasciare nel corso del tempo questi
testi di natura accessoria. A fronte della inevitabile scarsezza di
documentazione, doveva trattarsi di una consuetudine relativamente diffusa, se si presta fede al noto carme dedicatorio che un Probo
(forse un membro della domus Anicia) inser nel suo codice di
Cornelio Nepote un vero cimelio di famiglia, vergato in casa a
cura di tre successive generazioni per farne omaggio a Teodosio II
(AL 783 R.2)69:

68
Carm. 1,23-30 Sic nos, o Caesar, nostri spes maxima saecli, / post magnos proceres parvula tura damus, / audacter docto coram Victore canentes, / aut Phoebi aut vestro qui solet ore
loqui; / qui licet aeterna sit vobis quaestor in aula, / aeternum nobis ille magister erit. / Ergo
colat variae te, princeps, hostia linguae; / nam nova templa tibi pectora nostra facis.
69
Lepigramma compare nei codici del De viris illustribus di Cornelio Nepote in coda
alla vita di Annibale, prima dellexplicit che chiude la sezione De excellentibus ducibus exterarum gentium e dellincipit della successiva De Latinis historicis (P.K. MARSHALL, The
Manuscript Tradition of Cornelius Nepos, London 1977, 1 sg.). La migliore trattazione
rimane L. TRAUBE, Zu Cornelius Nepos (1891), in Vorlesungen und Abhandlungen, III,

450

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

Vade, liber, nostri fato meliore memento;


cum leget haec dominus, te sciat esse meum.
Nec metuas fulvo strictos diademate crines,
ridentes blandum vel pietate oculos.
Communis cunctis, hominem se regna tenere
si meminit, vincit hinc magis ille homines.
Ornentur steriles fragili tectura libelli:
Theudosio et doctis carmina nuda placent.
Si rogat auctorem, paulatim detege nostrum
tunc domino nomen: me sciat esse Probum.
Corpore in hoc manus est genitoris avique meaque:
felices, dominum quae meruere, manus!

10

Particolarmente significativa, in questo testo della prima met del V


secolo, ai vv. 7-8 lantitesi tra una confezione libraria tutta esteriore, che nasconde lirrilevanza del contenuto sotto una legatura speciosa e deperibile (fragilis tectura), e la preferenza accordata dai docti,
e per primo dallo stesso imperatore, al tanto pi durevole ornamento di una semplice poesia (carmina nuda): esplicita testimonianza del
gusto, a quanto pare largamente condiviso, di impreziosire i codici
(soprattutto quelli domaggio) con il valore aggiunto di un fregio
poetico che aveva lo scopo di personalizzarli e di renderli unici.
Anche se Probo, che per lofferta del Cornelio Nepote si orienta verso una formula dedicatoria improntata ad understatement, colloca il suo epigramma non ad apertura di libro ma in un punto
interno del manoscritto, come colophon di una delle sezioni del corpus (verosimilmente quella da lui curata di propria mano)70, la posi-

Mnchen 1920, 20-30; cfr. L. CRACCO RUGGINI, Esibizione di cultura e successo politico
nel tardoantico, in F. BESSONE E. MALASPINA [curr.], Politica e cultura in Roma antica.
Atti dellincontro di studio in ricordo di Italo Lana (Torino, 16-17 ottobre 2003), Bologna
2005, 135-56: 145 sgg. Non convincente AL. CAMERON, Petronius Probus, Aemilius Probus
and the Transmission of Nepos: A Note on Late Roman Calligraphers, in J.-M. CARRI R.
LIZZI TESTA [curr.], Humana sapit. tudes dAntiquit tardive offertes Lellia Cracco
Ruggini, Brepols 2002, 121-130, che spende inchiostro e dottrina nel tentativo di dimostrare che Probo un calligrafo di professione al servizio di Teodosio II, ed anche lautore di AL 719 e 724 R.2.
70
Cos si spiega, a parer mio, anche lespressione di vv. 9-10 Si rogat auctorem, paulatim
detege nostrum / tunc domino nomen: me sciat esse Probum: essa prevede che solo sfoglian-

451

LUCA MONDIN

zione liminare avr costituito la regola, come pure leleganza dellesecuzione materiale. I pochissimi esemplari tardoantichi su cui sia
possibile verificare la mise en page di una prefazione metrica, ce
ne mostrano laccurato impianto grafico in una pagina appositamente destinata, come nel caso delle Periochae giambiche di
Sulpicio Apollinare nel Bembinus di Terenzio (Vat. Lat. 3226,
IV/V sec.) o, ancor meglio, degli Argumenta esametrici premessi
ai singoli libri dellEneide nel Virgilio Romano (Vat. Lat. 3867,
VI sec.), ciascuno inquadrato al centro dello specchio scrittorio
entro un doppio registro di linee ornamentali e con i versi alternativamente vergati in inchiostro nero e rosso71. Non c motivo
di dubitare che una presentazione altrettanto ricercata fosse prevista, ad esempio, per la dedica apposta dallanonimo donatore
su un esemplare del Centone di Proba da lui stesso trascritto negli
ultimi anni del IV secolo per farne dono allimperatore Arcadio
(AL 719d R.2):
Romulidum ductor, clari lux altera solis,
Eoa qui regna regis moderamine iusto,
spes orbis fratrisque decus: dignare Maronem
mutatum in melius divino agnoscere sensu,
scribendum famulo qui iusseras. Hic tibi mundi
principium formamque poli hominemque creatum
expediet limo, hic Christi proferet ortum,
insidias regis, magorum praemia, doctos
discipulos pelagique minas gressumque per aequor,
hic fractum famulare iugum vitamque reductam
unius crucis auxilio reditumque sepultae
mortis et ascensum pariter sua regna petentis.
Haec relegas servesque diu tradasque minori
Arcadio, haec ille suo generi, haec tua semper
accipiat doceatque suos augusta propago.

10

15

do progressivamente il codice il destinatario giunga al punto in cui inserito lepigramma


con il nome del dedicatore.
71
D.H. WRIGHT, Codicological Notes on the Vergilius Romanus (Vat. lat. 3867), Citt del
Vaticano 1992, 119-122; edizione in facsimile: Vergilius Romanus. Codice Vaticano Latino
3867. Riproduzione integrale ridotta dei 309 fogli superstiti, Milano 1985.

452

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

Bench lautore si definisca famulus dellAugusto, il tono di questa


praefatio che alterna lo stile aulico a quello didascalico non certo
di sudditanza, linvito a leggere lopera e a trasmetterla alle generazioni successive denota un rapporto di sostanzale parit tra lo scrivente e il destinatario, e lestensione di 15 esametri rappresenta una
misura cospicua ma non iattante per un testo che insieme un atto
di riguardo e unaffermazione di prestigio. Tutto depone per lidentificazione del dedicatore con un membro dellautorevolissima gens
degli Anicii-Probi72, per il quale il testo della poetessa costituiva un
patrimonio e un vanto di famiglia, donde la comprensibile sostenutezza dellomaggio proemiale. Qui pi che altrove la pratica del
Buchgedicht appare sintomatica di unevoluzione, di cui le lites
socio-culturali sono artefici consapevoli, che affranca lepigramma
dalla sua cifra pi dimessa e dal suo confinamento nellambito del
lusus e delle nugae, per attribuirgli una superiore patente di seriet
e di nobilt letteraria.
A rivelare per tempo questo mutamento di statuto del genere
epigrammatico , fin dalla met del IV secolo, la sua crescente adozione nellepigrafia funeraria da parte delle classi superiori, che per
secoli se ne erano astenute dopo il suo abbandono in et tardo-repubblicana, nonch, per impulso di queste stesse lites, il suo nuovo
impiego nellepigrafia onoraria e in quella monumentale anche di
carattere pubblico (basti qui citare i 24 pomposi esametri delliscrizione incisa sulla base dellobelisco laterano per celebrarne la solenne
collocazione nel Circo Massimo voluta da Costanzo II nel 35773);
ancora pi vistoso, e strettamente connesso con la progressiva cristia-

72
Il contesto storico, gli aspetti ideologici e la grana stilistica del carme sono esaurientemente indagati da P. MASTANDREA, Lepigramma dedicatorio del Cento Vergilianus di
Proba (AL 719d Riese). Analisi del testo, ipotesi di datazione e identificazione dellautore,
BStudLat, 31 (2001), 565-578, che propone una datazione tra il 395 e il 397 d.C. e lidentificazione dellautore con Fl. Anicio Petronio Probo, cos. 406 d.C., il quale si definir
famulus anche nelliscrizione del dittico consolare conservato nella cattedrale di Aosta (CIL
V 68386 = ILS 8991 = ILCV 1626): D(omino) N(ostro) Honorio semp(er) Aug(usto) Probus
famulus v(ir) c(larissimus) cons(ul) ord(inarius).
73
CLE 279 = CIL VI 1163 = X 1863 = ILS 736; cfr. COURTNEY, Musa Lapidaria (cit.
n. 12), nr. 31, 56-57 e 251-252.

453

LUCA MONDIN

nizzazione dei ceti dirigenti, il grande exploit dellepigrafia metrica


cristiana, di tipo sia funerario che monumentale e dedicatorio, la cui
espansione diviene addirittura pervasiva gi dagli ultimi decenni del
secolo, e il cui prestigio assicurato anche dal fatto che a questo tipo
di letteratura esposta, accanto ai soliti, anonimi versificatori di alterna qualit, pongono spesso la firma personalit di alto livello culturale o collocate ai vertici della gerarchia amministrativa ed ecclesiastica.
Non meno significativo linteresse per la scrittura epigrammatica come personale esercizio di intelletto, anche se magari ridotto a pochi saggi effimeri e velleitari, e come motivo di esibizione
culturale; anche se, perpetuando un modello di plurisecolare vitalit, laristocrazia di questi ultimi secoli della romanit continua a
presentarlo come un fatto di mero dilettantismo ammissibile soltanto nella cornice privata dellotium e preferibilmente sullo sfondo
del secessus in rus. Questa, culminante nella meditazione notturna di
brevi poesie, la giornata ideale del possidente terriero descritta
dallautore dellepigramma AL 26 R.2 (= 13 Sh.B.)74, e nel medesimo scenario si collocano gli epigrammi che ci provengono dalla
penna dei Simmachi75 e quelli di Bobbio attribuibili al senatore
Naucellio, il quale si compiace di descrivere gli angoli ameni della
propria villa spoletina (Epigr. Bob. 1-4) e i dotti piaceri che essa gli
offre (Epigr. Bob. 5), e da questa campagna invia in dono a Nonio
Attico una copia delle sue poesie (Epigr. Bob. 57)76:

74
Rure morans quid agam, respondeo pauca, rogatus. / Mane deos oro; famulos, post arva
reviso / partitusque meis iustos indico labores, / deinde lego Phoebumque cio Musamque lacesso. / Hinc oleo corpus fingo mollique palaestra / stringo libens. Animo gaudens et fenore liber
/ prandeo, poto, cano, ludo, lavo, ceno, quiesco. / Dum parvus lychnus modicum consumit
olivi, / haec dat nocturnis elucubrata Camenis: su di esso cfr. P. MASTANDREA, Per la storia
del testo di Marziale nel quarto secolo. Un prologo agli epigrammi attribuibile ad Avieno,
Maia, n.s., 49 (1997), 265-296.
75
FPL pp. 397-400 Blnsdorf ap. Symm. epist. 1,1-2; cfr. E. COURTNEY, The
Fragmentary Latin Poets. Edited with Commentary, Oxford 1993 (= 2003), 447-453.
76
Se, come indicano lo sfondo rurale e la complessiva pregevolezza del testo, Naucellio
lautore di questi trimetri giambici, essi potevano essere la prefazione al libro di epigrammi inviato in anteprima a Simmaco attorno al 400 (cfr. Symm. epist. 3,11,3-4) ed
eventuale fonte dei carmi del poeta presenti nella silloge bobbiese: cfr. SPEYER, Naucellius
(cit. n. 28), 74-83.

454

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

Si Pergamenis digna canimus paginis


teque approbante, columen Urbis, Attice,
nihil Latinos demoror librarios,
quin inter orsa vetera nostra sint quoque
victura in aevum et in nepotum posteros.
Sin spe minora longo et aevo pangimus,
turi atque myrrhae dedices et galbano
quibusque Vicus redolet Unguentarius,
nec tu laboris miserearis inriti
nec vatem (amicus est licet) recogites.
Nunc ut facultas ruris atque copia est,
munus receptes oro laetus interim
texto notatum scirpeo Niloticae
ripae papyri, quod premas vel exeras
doctorum in aures, mens ut arbitrabitur.

10

15

Tuttavia, per quanto ostentatamente relegati nello spazio dellotium, i saggi versificatori di Aurelio Simmaco e di suo padre
Avianio rifuggono da qualsiasi futilit per concentrarsi su temi
(soprattutto la memoria di grandi senatori scomparsi) strettamente
legati allideologia e allautocoscienza di classe, sicch anche loccasionale frequentazione della musa epigrammatica si fa spunto di
meditazione politica e momento qualificante del sentire aristocratico, s da essere esibita con orgoglio proprio allinizio dellepistolario
simmachiano77. Quanto a Naucellio, assai indicativo il fatto che
nella dedica a Nonio Attico, pur intessuta com di topica modestia,
egli non esiti a riferire ai propri epigrammi i verbi canimus e pangimus tradizionalmente riservati ai generi alti (Marziale, per fare un
esempio, non usa mai il primo e applica il secondo soltanto non
senza ironia a quella poesia epica per cui ha un totale rifiuto:
77
Cfr. L. CRACCO RUGGINI, Simmaco e la poesia, in La poesia tardoantica: tra retorica,
teologia e politica. Atti del V Corso della Scuola superiore di archeologia e civilt medievali
presso il Centro di cultura scientifica Ettore Maiorana Centro di studi umanistici di Erice,
Messina 1984, 477-521; PH. BRUGGISSER, Symmaque ou le rituel pistulaire de lamiti
littraire. Recherches sur le premier livre de la correspondance, Fribourg Suisse 1993, 51-130;
R. LIZZI TESTA, Policromia di cultura e raffinatezza editoriale. Gli esperimenti letterari dellaristocrazia romana nel tardo impero, in CARRI LIZZI TESTA, Humana sapit (cit. n.
69), 187-99.

455

LUCA MONDIN

3,38,7 e 11,3,7), e ancora pi rilevante litinerario che egli prospetta per il suo libro, confinato in un effimero brogliaccio di papiro finch perduri la sua condizione di testo privato, ma, una volta
promosso da un autorevole avallo, destinato a divenire di pubblico
dominio dei docti nel duraturo supporto delle Pergamenae paginae,
dove avr un rango letterario e una speranza di sopravvivenza pari a
quelli dei capolavori del passato78.
Altrettanto rivelatore, anche se inevitabilmente marginale sul
piano della ricaduta documentaria, il ruolo che laristocrazia burocratica e senatoria affida allagile musa epigrammatica, allorch se
ne serve per apporre un suggello raffinato sui manoscritti letterari
che da una generazione allaltra va ricopiando, emendando e costellando di subscriptiones79. Qui la tenue e talora claudicante Talia di
questi dilettanti altlocati esce dai limiti di un estemporaneo amateurisme e si fa autentico investimento nella perpetuit delle
Romanae litterae, ch il codice di pergamena su cui viene apposto
un epigramma di dedica o di possesso pensato per sfidare i secoli
insieme ai testi che contiene, e al segno che si lascia su di esso si
attribuisce la stessa durevolezza dunque la stessa capacit di
memoria di uniscrizione monumentale.
Si spiega cos come nel 494 d.C., lanno successivo la fondazione del regno di Teodorico in Italia, il console Turcio Rufio
Aproniano Asterio abbia scelto la data del Natale di Roma, in coincidenza con i ludi solenni che suggellavano la sua permanenza nella
suprema carica e dunque il suo definitivo ingresso nei fasti millena-

78

Unanaloga ambizione di eternit inter orsa vetera poteva avere anche il citato AL 26
R. (13 Sh.B.), se vero che, prima di finire nei meandri della tradizione antologica sotto
varie attribuzioni, il suo scopo originario era quello di fare da prefazione a un codice contenente i libri V-IX di una recensio di Marziale; donde la sua presenza nel ramo a della
tradizione manoscritta di questultimo, in testa agli excerpta del libro V, con il titolo Poeta
(de se) ad librum suum, e la titolatura Martialis de habitatione ruris con cui compare a p.
59 del Codex Salmasianus: su tutto ci cfr. MASTANDREA, Per la storia (cit. n. 74), 274 sgg.
79
Su questo importante fenomeno culturale basti il rinvio a O. PECERE, La tradizione
dei testi latini tra IV e V secolo attraverso i libri sottoscritti, in A. GIARDINA [cur.], Societ
romana e impero tardoantico, IV, Tradizione dei classici, trasformazioni della cultura, RomaBari 1986, 19-81, 210-246.
2

456

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

ri della res publica, per apporre, in parte di suo pugno, in parte affidandosi alla penna di un segretario, la duplice subscriptio che ancora oggi ammiriamo in calce alle Bucoliche al fol. 8r del Virgilio
Mediceo (Laur. Plut. 39.1, sec. Vex)80:
Turcius Rufius Apronianus Asterius, v(ir) c(larissimus) et
inl(ustris), ex comite domest(icorum) protect(orum), ex com(ite)
priv(atarum) largit(ionum), ex praefecto Urbi, patricius et consul
ordin(arius), legi et distincxi codicem fratris Macharii v(iri)
c(larissimi) non mei fiducia set eius, cui si et ad omnia sum devotus arbitrio. XI kal(endas) Mai(as) Romae.
Distincxi emendans: gratum mihi munus amici
suscipiens operi sedulus incubui,
tempore, quo penaces circo subiuncximus atque
(5 R.2)
scenam euripo extulimus subitam,
(6)
ut ludos currusque simul variumque ferarum
5
certamen iunctim Roma teneret ovans.
Ternum quippe sofos merui, terna agmina vulgi
per caveas plausus concinuere meos.
In quaestum (in marg. pretium) famae census iactura cucurrit,
nam laudis fructum talia damna serunt.
10
Sic tot consumptas servant spectacula gazas,
festorumque trium permanet una dies
Asteriumque suum vivax transmittit in aevum,
qui parcas trabeis tam bene donat opes.
Quisque legis, relegas felix parcasque benigne (s.l. -us), (3) 15
siqua minus vacuus praeteriit animus.
(4)
80

Su questo testo, edito dal Riese come AL 3, cfr. O. JAHN, ber die Subscriptionen in
den Handschriften rmischen Classiker, Berichte ber die Verhandlungen der knigl.
Schs. Gesellschaft der Wissenschaften zu Leipzig., philol.-hist. Cl., 3 (1851), 327-372:
348-351; O. RIBBECK, Prolegomena critica ad P. Vergili Maronis opera maiora, Lipsiae 1866
(= Hildesheim 1966), 222-24; O. PECERE, Esemplari con subscriptiones e tradizione dei testi
latini. LApuleio Laur. 68,2 (1984), in O. PECERE A. STRAMAGLIA, Studi apuleiani,
Cassino 2003, 5-35: 28-29 e 296, Tav. 11, e soprattutto A. PRATESI, Sulla datazione del
Virgilio Mediceo (1946), in ID., Frustula palaeographica, Firenze 1992, 153-164, che rimane a tuttoggi lo studio pi attendibile, e sul quale ci basiamo per la nostra lettura. Dopo
la sua dimostrazione, non paiono sufficientemente argomentati i dubbi sulla correttezza
testuale e sullautografia della subscriptio rinnovati da J.E.G. ZETZEL, Latin Textual
Criticism in Antiquity, New York 1981, 217-218 e da AL. CAMERON, Basilius, Mavortius,

457

LUCA MONDIN

Oltre alla cura di salvaguardare larmonia della pagina, mantenendo il testo entro la stessa area occupata dal titolo di explicit delle
Bucoliche e dal successivo incipit delle Georgiche, in modo da rispettare lo spazio riservato ai margini (il che costringe a sacrificare lautonomia grafica dei singoli versi e a scrivere ogni distico su di ununica linea), vale la pena di notare che lintegrazione della consueta
soscrizione in prosa, di carattere ufficiale e burocratico, con un pi
ampio e ornato complemento poetico contenente anche la formula
allocutiva al lettore riproduce certo non casualmente quella tipica struttura praescriptum + carmen che caratterizza un cos alto
numero di iscrizioni versificate. In tal modo questi due momenti
altamente simbolici della dimensione aristocratica di Asterio, il
rituale privato del vir litteratus che dedica le sue cure al testo del
sommo poeta della romanit e latto di evergetismo che solennizza
con lallestimento dei ludi delle Palilie lapice della carriera pubblica, si saldano nella comune celebrazione di una subscriptio che ha la
forma e il tenore di unepigrafe commemorativa. In un testo investito di tale carica ideologica, sicuramente assai meditato e vergato
con proporzionale attenzione per lassetto grafico, pu sembrare
unincongrua sciatteria la presenza di segni di ripensamento come la
variante marginale pretium intesa a sostituire quaestum di v. 9, la
correzione supra lineam che ritocca benigne in benignus, a v. 15, e la
duplice coppia di Q che contrassegna i due distici estremi, a indicare la sostituzione dei vv. 1-2 con i vv. 15-16, ovvero la ricollocazione di questi ultimi dopo i primi i due, secondo linterpretazione
seguita da Riese nella sua edizione81. In realt questi pentimenti,

Asterius, in I. SEVCENKO I. HUTTER [ed. by], AETOS. Studies in honour of C. Mango


presented to him on April 14, 1998, Stuttgart-Leipzig 1998, 28-39: 33-38.
81
Pi problematica (pace PRATESI, Sulla datazione [cit. n. 80], 155 n. 8) la loro collocazione in ipso epigrammatis principio, cio prima dei vv. 1-2, sostenuta da RIBBECK,
Prolegomena (cit. n. 80), 222. Sullunit dei vv. 1-2 e 15-16 cfr. O. PECERE, Antichit tarda
e trasmissione dei testi. Qualche riflessione, in ID. [cur.], Itinerari dei testi antichi, Roma
1991, 55-83: 65 (si tratta in sostanza di una ripetizione in versi del contenuto della subscriptio con un appello convenzionale alla benevolenza del lettore); non vi sono tuttavia
gli estremi per credere che i due distici costituissero un componimento autonomo rispetto ai vv. 3-14.

458

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

annotati dalla mano di Asterio, potrebbero avere lo scopo di adornare con un segno di autografia anche la parte del testo affidata allo
scrivano (sul pregio di questo tipo di autenticazione cfr. Mart. 7,11
e 7,17,7-8), o andranno addirittura interpretati come un estremo
tocco di vanit, perch estendere alla subscriptio la stessa emendatio
tributata al testo di Virgilio significa imprimerle un sicuro crisma di
letterariet, giusta il concetto acutamente espresso da Ausonio allorch prega Drepanio Pacato di correggergli il Ludus septem sapientum
(lud., praef. 11-14):
Maeonio qualem cultum quaesivit Homero
censor Aristarchus normaque Zenodoti!
Pone obelos igitur, primorum stigmata vatum:
palmas non culpas esse putabo meas.

Non stupisce pertanto che per questa sua elaboratissima soscrizione


il console del 494 si esibisca in un colophon poetico la cui lunghezza, secondo i parametri di un epigramma, risulta adeguatamente
ambiziosa. Essa appare tanto pi significativa se posta a confronto
con quella della prefazione che lo stesso Asterio ha successivamente
scritto, nella sua solita formula composita di prosa e di versi, per il
Carmen Paschale di Sedulio da lui rinvenuto tra le carte postume del
poeta, accuratamente ricomposto e pubblicato con dedica a un
membro della gerarchia ecclesiastica (AL 491 R.2):
Incipet ratrum [i.e. alterum] opus, id est ex vester [i.e. vetere] testamenti liber primus et ex novo quattuor, qu<os> Sedulius inter cartolas suas sparsas reliquid et recolliti adunatique sunt a Tuscio
Ruf<i>o Asterio v(iro) c(larissimo) et ex console ord(inario), patricio, suprascriptorum editore librorum82.
Sume, sacer meritis, veracis dicta poetae,
quae sine figmenti condita sunt vitio,

82
Riportiamo il testo come compare al fol. 28 del codex antiquissimus, Taurin. E.IV.44,
VII sec.; altri testimoni di Sedulio tramandano il praescriptum nella forma alquanto differente: Hoc opus Sedulius inter cartulas dispersum reliquit, quod recollectum, adunatum atque
ad omnem elegantiam divulgatum est a Turcio Rufio Asterio v(iro) c(larissimo), ex consule

459

LUCA MONDIN

quo caret alma fides, quo sancti gratia Christi,


per quam iustus ait talia Sedulius,
Asteriique tui semper meminisse iubeto,
cuius ope et cura edita sunt populis,
quem quamvis summi celebrent per saecula fastus,
plus tamen ad meritum est, si viget ore tuo.

Qui lestensione dellepigramma, dimezzata rispetto a quella della


subscriptio virgiliana, pi conforme al tono di cristiana humilitas
con cui il prestigioso senatore si inchina allautorit religiosa del
destinatario, ma si deve principalmente allesigenza di non soverchiare la praefatio di 8 distici elegiaci anteposta da Sedulio al primo
libro del poema.
Dopo questultimo carme di Aproniano Asterio dobbiamo
attendere quasi centocinquantanni per trovare un altro esempio di
praefatio in versi a corredo di unoperazione di filologia ecdotica.
Attorno alla met del VII secolo Eugenio di Toledo ( 657) si accinse, su incarico del re visigoto Chindasuinto, a restaurare il testo dei
poemi cristiani di Draconzio De laudibus dei e Satisfactio la cui
tradizione iberica derivava da un capostipite mutilo o drasticamente abbreviato e deturpato da molte corruttele83. Alla propria recensio, che consta di due libri (il primo corrispondente a Drac. laud.
dei 1,118-754, il secondo al 70% circa della Satisfactio), Eugenio
premette unepistola dedicatoria indirizzata al regale committente,
in cui illustra la tecnica della sua emendatio con parole che la ricollegano apertamente a quella condotta sul testo dellEneide da Vario

ordinario atque patricio; cfr. JAHN, ber die Subscriptionen (cit. n. 80), 350-351, e IOH.
HUEMER (ed.), Praefatio a Sedulii Opera omnia, Vindobonae 1885, VII.
83
Su questo poeta della Spagna visigotica, che fu vescovo di Toledo dal 646 allanno
della morte e autore di un libellus di Carmina di argomento e metro vario (ivi compresi
un certo numero di epigrammi), cfr. la recente edizione di P.F. ALBERTO (ed.), Eugenii
Toletani Opera omnia, Turnhout 2005, con ampia introduzione e bibliografia aggiornata;
sulla recensio di Draconzio cfr. ibid. 17-20, nonch F. VOLLMER (ed.), Praefatio a Fl.
Merobaudis Reliquiae, Blossii Aemilii Dracontii Carmina, Eugenii Toletani episcopi Carmina
et Epistulae cum appendicula carminum spuriorum, Berolini 1905, XVII-XXII, XXIX, e le pagine introduttive di C. MOUSSY a Dracontius, uvres, I, Paris 1985, 106-110, II, Paris
1988, 159-160.

460

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

e Tucca secondo la vita serviana di Virgilio; rispetto a quegli autorevoli predecessori, Eugenio ha per inteso il restauro di Draconzio
in senso meno filologico che migliorativo, spingendosi fino alla
riscrittura e perfino allaggiunta di una breve sezione interamente
composta di suo pugno:
Inclito glorioso rerum domino Chindasuinto, principi
summo et maximo regum, Eugenius vestrorum fidelium
servulus.
Clementiae vestrae iussis, serenissime princeps, plus
volendo quam valendo deserviens, Dracontii cuiusdam
libellos multis hactenus erroribus involutos Christo domino
tribuente valorem pro tenuitate mei sensuli subcorrexi, hoc
videlicet moderamine custodito, quo superflua demerem,
semiplena supplerem, fracta constabilirem et crebrius repetita mutarem. Versiculos sane quos huic operi detrahendos
esse putavi, et sensu tepidi et verbis illepidi et nulla probantur ratione subnixi; nec in eis aliquod reperitur quo lectoris
animus aut mulceatur doctus aut doceatur indoctus. Et quoniam de die septimo praefatus auctor omnino reticuit,
semum mihi opusculum videbatur, si non inde aliquid in
hoc codiculo haberetur. Idcirco in fine libelli, quamvis pedestri
sermone, sex dierum recapitulationem singulis versiculis, quos
olim condidi, renotavi; de die vero septimo quae visa sunt
dicenda subnexui decretumque divale ac si non ut volui, vel
ut valui consummavi

Lappendice con cui Eugenio afferma di aver integrato il testo


di Draconzio collocata dopo il frammento restaurato della
Satisfactio con il titolo di Monosticha recapitulationis septem dierum.
Linizio costituito da un componimento gi scritto in precedenza, e incluso anche nel libellus dei Carmina (carm. 37), che elenca
in sette esametri i giorni della Creazione; Eugenio lo ripropone in
questa sede, aggiungendovi ventisei esametri dedicati al significato
allegorico del settimo giorno, e altri due con funzione di sphragis
allintera opera (mon. 34-35 Haec tibi, rex summe, iussu conpulsus
herili, / servulus Eugenius devota mente dicavi), sicch alla fine questa coda risulta composta di 35 versi. Tra lepistola prefatoria a

461

LUCA MONDIN

Chindasuinto e il testo draconziano Eugenio inserisce anche una


Praefatio di 25 esametri, nettamente articolata in due parti. Nella
prima (vv. 1-12), con la topica formula dellapostrofe al libellus il
testo di Draconzio viene incaricato di presentarsi nella nuova veste
al sovrano che ha promosso il suo restauro, e di impetrare indulgenza per il suo curatore se la lima emendatoria, nel rimuovere i
difetti, ne ha intaccato la forma originaria; la seconda parte, di pi
sostenuto tono apologetico (vv. 13-25), previene gli eventuali
detrattori ponendo limpresa di Eugenio sotto la duplice cauzione
dellincarico ricevuto dal sovrano e dei pi nobili precedenti della
grande tradizione filologica del passato, lemendatio omerica di
Aristarco e quella compiuta da Tucca, Vario e Probo di Berito sul
testo di Virgilio:
Principis insignem faciem visure libelle,
cuius ad imperium meruisti sorde carere
et capere nitidam longo post tempore pallam,
coeperis ut limen aulae regalis adire
atque auro rutilo radiantem cernere sedem,
incipe quamprimum largas persolvere grates,
errorum quod nube carens correctus haberis.
Dein prostratus veniam deposce precatu
lautorisque tui sollers patronus adesto:
ignoscat placidus, ignoscat mente benignus,
quod te sordidolum dum conor rite lavare
asperius impressa manus tenuando polivit.
At si de plebe quisquam livore perustus
dixerit: Iste quis est veterum qui carmina mutat
inscribitque levis epigrammata vana libellis?,
noverit hoc ipse, quod nusquam culpa putatur,
cum non velle valet, sed maior iussio cogit.
Denique iussa bona dum promulgantur, agenda
qui complet, sapiens, qui vult contemnere, demens.
Quod si Vergilius et vatum summus Homerus
censuram meruere novam post fata subire,
quam dat Aristarchus Tucca Variusque Probusque,
cur dedignetur, quod iussus principe magno
parvula praeparvi Draconti carmina libri
parvulus Eugenius nugarum mole piavi?
462

10

15

20

25

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

Le critiche che Eugenio attribuisce al livor dei lettori non


riguardano soltanto i mutamenti operati sul testo originario, ma la
presunzione stessa di apporvi dei vuoti epigrammi. Difficile dire
se con essi siano da intendere sia la Praefatio che i Monosticha recapitulationis septem dierum, o se si tratti di un plurale generalizzante
riferito soltanto ai versi liminari; in ogni caso, pi ancora che la
misura di questo epigramma prefatorio, importa qui notare la
distinzione terminologica tra il testo principale e il suo peri-testo
poetico, cio tra i libelli di Draconzio e gli epigrammata aggiunti ad
essi a mo di epigrafi (inscribit) dalla mano del revisore. In questo
estremo scampolo di antichit, spentosi gi da una ventina danni
lastro tardivo di Isidoro di Siviglia, il tipo del Buchgedicht rimane
ancora legato almeno di nome al genere squisitamente iscrizionale
dellepigramma, anche se con forme ed estensioni ormai lontane da
quelle praticate nelle epoche precedenti. Ma va detto che nel frattempo, pur persistendo fin negli stessi Carmina di Eugenio di
Toledo un filone di poesia epigrammatica di stampo classico, legato alla misura breve e alluso del distico elegiaco84, il concetto medesimo di epigramma ha subito unevoluzione che lha condotto a
comprendere una fenomenologia testuale assai pi eclettica che in
passato e ben al di fuori dei pur fluttuanti confini che la tradizione
ellenistica e poi quella latina avevano progressivamente assegnato a
questo genere.
3. OLTRE I CONFINI
Nella sezione De metris del I libro delle Origines, dopo aver elencato i vari tipi di metro e le notizie circa la loro invenzione, Isidoro di
Siviglia passa ai principali generi poetici, al significato dei rispettivi
nomi e alla loro storia: heroicum carmen, elegia, bucolica, inno, epitalamio, threnos, e quindi due generi brevi e chiaramente contigui,
epitaphium ed epigramma (Isid. orig. 1,39,20-22):

84

Su Eugenio epigrammista cfr. BERNT, Das lateinische Epigramm (cit. n. 1), 137-146.

463

LUCA MONDIN

Epitaphium Graece, Latine supra tumulum. Est enim


titulus mortuorum, qui in dormitione eorum fit, qui iam
defuncti sunt. Scribitur enim ibi vita, mores et aetas
eorum.
Poesis dicitur Graeco nomine opus multorum librorum,
poema unius, idyllion paucorum versuum, distichon duorum, monostichon unius.
Epigramma est titulus, quod in Latinum superscriptio
interpretatur; ejpi; enim super, gravmma littera vel scriptio dicitur.

Epitaffio liscrizione mortuaria, che si fa sulla sepoltura di coloro che sono deceduti. Vi si indicano la loro vita, il carattere e let;
epigramma semplicemente liscrizione, che in latino si traduce
superscriptio, perch ejpi; significa super, e gravmma si chiama la littera o la scriptio. Ridotta per via etimologica alla sola, originaria
natura epigrafica, questa definizione ristretta di epigramma, che
oblitera secoli di poesia epigrammatica letteraria, stata cos motivata da Jacques Fontaine:
Isidore parat stre souci d(e) mettre en valeur les formes
rcentes, non liturgiques, de posie chrtienne. Lpitaphe
en vers est un genre ancien, en honneur ds les inscriptions
funraires latines de la Rpublique, mais la dfinition quen
donne Isidore montre quil songe surtout aux pitaphes
mtriques chrtiennes. Il emploie en effet, pour dsigner le
dcs du dfunt, le terme de dormitio, qui appartient au
vocabulaire chrtien ... La trs brve prsentation de lpigramme se rduit une glose du mot grec. Aucune donne
historique ou heurmatique, aucun dtail sur le contenu de
la posie pigrammatique, aucun nom dauteur. Est-ce seulement le souci de ltymologie qui ramne Isidore au sens
de pome pigraphique? Pourquoi avoir tenu prsenter ce
genre trs mineur, quand de grandes genres sont oublis? La
traduction dpigramme par titulus oriente vers le sense de:
pome destin une inscription; la prsence de cette courte
rubrique parat ainsi lie ce que nous avons de lutilisation
des tituli en vers dans la bibliothque de Seville ... La dfinition strictement tymologique du genre convient ... lu-

464

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

sage quIsidore avait fait de ce genre potique dans la dcoration de son vch85.

In questa pagina di penetrante chiarezza, Fontaine tralascia soltanto di spiegare perch Isidoro abbia separato la definizione dei
due generi, di cui di fatto il primo una specializzazione del secondo, per intercalarvi una nomenclatura del testo poetico che comprende innanzitutto la tradizionale distinzione tra poesis e poema86:
poesis si dice con parola greca unopera in molti libri, poema di uno
solo, idyllion di pochi versi, distichon di due, monostichon di uno.
Linserto, che a prima vista potrebbe far pensare a una scheda finita fuori posto, pare invece studiatamente collocato prima della definizione di epigramma, per liberare questultimo termine dalle
imprecisioni semantiche che Isidoro poteva rilevare nei suoi vasti
impieghi, e che certo dovevano disturbare la sua mentalit lessicografica. Che la parola epigramma fosse cos generica da risultare
facilmente intercambiabile con altri nomi indicanti una poesia
breve, dimostrato dalla famosa pagina in cui Plinio il Giovane,
cercando un titolo adatto al proprio libellus di carmi faleci, accanto
a quello da lui prescelto di hendecasyllabi elenca come possibili
alternative idyllia, eclogae, poematia e primo di tutti, per lappunto,
epigrammata87. Questa oscillazione sinonimica appariva del tutto
accettabile, nella seconda met del IV secolo, anche alla coscienza
sia linguistica che letteraria del grammaticus Ausonio, il quale, nella
postfazione al Cento nuptialis, chiama via via poematia, epigrammata ed epyllia lo stesso tipo di oggetto poetico, cio gli epigrammi

85
J. FONTAINE, Isidore de Seville et la culture classique dans lEspagne wisigothique, I, Paris
1959, 172-173.
86
Sulla storia e le testimonianze della questione terminologica nellantichit cfr. G.
SENIS, Inter poesis et poema, Studi Noniani, 11 (1986), 191-204.
87
Plin. epist. 4,14,8-9 Unum illud praedicendum videtur, cogitare me has meas nugas ita
inscribere hendecasyllabi, qui titulus sola metri lege constringitur. Proinde, sive epigrammata sive idyllia sive eclogas sive, ut multi, poematia seu quod aliud vocare malueris, licebit
voces, ego tantum hendecasyllabos praesto, su cui cfr. PUELMA, Epigramma (cit. n. 1), 206 e
CITRONI, Marziale (cit. n. 1), 16 sgg.

465

LUCA MONDIN

erotici rispettivamente di Plinio il Giovane, di Apuleio e di


Platone88 (p. 153,4 sgg. Green):
meminerint autem, quippe eruditi, probissimo viro Plinio
in poematiis lasciviam, in moribus constitisse censuram, prurire opusculum Sulpiciae, frontem caperrare, esse Apuleium
in vita philosophum, in epigrammatis amatorem, ... Platonis
Symposion composita in ephebos epyllia continere.

Insomma, facile capire come Isidoro, inteso a circoscrivere il genere epigrammatico alla sola forma dellinscriptio metrica quella da
lui stesso esemplata nei suoi versi per la biblioteca di Siviglia badasse preliminarmente ad affrancare il termine epigramma dalluso
estensivo che lo applicava senza distinzione a svariati tipi di poesia
breve, inquadrando questultima entro la griglia terminologica che
va dallentit massima della poesis a quella minima del monostichon.
A fronte di questo estremo tentativo di razionalizzare e delimitare con precisione la categoria insieme lessicale e formale dellepigramma, alcuni impieghi che il termine conosce nella tarda latinit,
e la natura dei testi cui talora esso si riferisce, mostrano come la
categoria tendesse invece a estendersi e a sfrangiarsi, includendo,
insieme a poesie dalla canonica forma epigrammatica, anche prodotti testuali ad essa eccentrici se non addirittura estranei. Certo,
nel suo insieme lepigramma rimaneva un genere letterario individuato dalla costanza di determinati parametri formali (la brevit e
luso predominante del distico elegiaco) e da una peraltro ampia
gamma tematica o di scopi funzionali (ad es. epigrafico), dalla prevalente collocazione a un determinato livello stilistico (di regola
medio-basso) nonch dalla presenza di una solida tradizione modellizzante (lepigramma greco ellenistico e tardo-ellenistico, quello di
Marziale, la prassi dellepigrafia metrica, e via dicendo); ma daltra
parte innegabile che, l dove se ne enfatizzavano specifiche fina-

88
Per questultimo si tratta di AP 7,670, 100 e 99 = Plato II, VI e X Page, che Ausonio
trovava citati in Apul. apol. 10,8-10; a fraintendimento del contesto apuleiano dovuto
anche labbaglio relativo al Simposio.

466

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

lit (ad es. di ordine pragmatico o anche ideologico), alcuni dei


consueti requisiti venivano disattesi, ivi compreso quello tra tutti
peculiare della brevitas, fino a far corrispondere al nome di epigramma, o alla funzione generalmente assolta dallepigramma, testi
dallimpianto formale assai poco epigrammatico.
La testimonianza nel contempo pi precoce e pi organica di questa evoluzione del concetto di epigramma quella che fornisce
Sidonio Apollinare parlando dei propri prodotti letterari, e in particolare dei componimenti poetici inseriti nel corpo di numerose
epistole, di cui si d una sinossi nella tavola seguente:

Innanzitutto, com ovvio, Sidonio chiama epigrammi i tituli


metrici destinati ad essere incisi o dipinti su supporti materiali,
467

LUCA MONDIN

siano essi monumenti o instrumenta. In realt per i carmi funerari


egli preferisce termini come epitaphium, nenia, nenia funebris, nenia
sepulchralis, ma in epist. 2,8 [Tav. XI, nr. 2] chiama implicitamente
epigramma quello da lui composto in faleci per la tomba della giovane nobildonna Filimatia, immaginando di poterlo inserire tra gli
altri [suoi] volumi di epigrammi (ceteris epigrammatum meorum
voluminibus). In epist. 2,10 [nr. 3] epigrammata sono i carmi esametrici scritti da Costanzo e Secondino per le pareti della cattedrale di Lione, e dunque, implicitamente, anche il tumultuarium carmen di trenta faleci composto da Sidonio per la stessa destinazione;
epigramma senzaltro, in epist. 4,18 [nr. 7], la poesia in dieci distici commissionatagli da Perpetuo, vescovo di Tours, per la nuova
basilica di San Martino, come pure liscrizione dedicatoria di dodici versi richiesta da Evodio per ornare un bacile dargento da offrire alla regina visigota Ragnahilda (epist. 4,8 [nr. 5]). Epigrammata
sono poi alcuni saggi di extemporalis facilitas: non solo pezzi brevi o
brevissimi, come il carme tetrastico, avente per oggetto lasciugamano del vir illustris Filimatio, richiesto e ipso facto dettato allo scrivano durante una scampagnata (epist. 5,17 [nr. 8]), o il distico che
Sidonio afferma di aver improvvisato durante un viaggio dinanzi a
un torrente in piena, citato in epist. 9,14 ([nr. 14]) per spiegare lartificio dei versus recurrentes, ma anche il tour de force di 120 versi
anacreontei composto in una gara poetica durante loccasione simposiale narrata a Tonanzio Ferreolo in epist. 9,13,4-5 [nr. 13].
Indipendentemente dallestensione e dal metro utilizzato, letichetta di epigrammata applicata inoltre ai divertissements poetici
che Sidonio compone ed invia a singoli amici in seguito a unesplicita richiesta. La lettera poetica di 59 faleci che Sidonio include in
epist. 8,9 [nr. 10] per accontentare Lampridio preannunciata dalle
parole: tu intanto vedi se il tema dellepigramma che mi hai richiesto sia di tuo gradimento (interim tu videris, quam tibi sit epigrammatis flagitati lemma placiturum). In epist. 9,12 Sidonio, con unaffettazione peraltro smentita dai fatti, nega allo spagnolo Oresio di
potergli mandare carmina nova: da quando stato elevato al soglio
vescovile, egli spiega, ha dovuto rinunciare alla levitas versuum, sic-

468

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

ch, oltre agli scrupoli morali, proverebbe vergogna a tentare un


novum poema dopo una stasi che dura ormai da dodici anni; tuttavia, non volendo dispiacere allamico con un rifiuto completo, pur
restando fermo nel proposito di non comporre nuovi epigrammi
(epigrammata recentia), provveder a inviargli qualche vecchia epistola prosimetrica rimasta nel cassetto89. In realt, sconfessando platealmente se stesso, in epist. 9,13 Sidonio invia a Ferreolo Tonanzio
non solo il testo di un suo impromptu simposiale in versi anacreontei che risale a venti anni prima [nr. 13], ma anche il nuovo componimento in asclepiadei minori richiestogli dallamico [nr. 12]. In
questultimo carme egli si dilunga a descrivere la difficolt di ritornare, dopo tanta prosa, a maneggiare i metri lirici di Orazio, di
quellOrazio che, nei brani della sua varia poesia, lussureggiava di
multicolori viole di parole (vv. 12-13 vernans per varii carminis
eclogas / verborum violis multicoloribus). Se gi era difficile per i
poeti antichi dice Sidonio , tanto pi difficile per la sua voce
non vacillare tentando il suono di composizioni differenti, e ci per
lormai lunga abitudine al virile dettato delle epistole, che non pu
abbandonarsi a melodie e a esuberanze ritmiche (vv. 14-19):
Istud, da veniam, fingere vatibus
priscis difficile est, difficile et mihi,
ut diversa sonans os epigrammata
nil crebras titubet propter epistulas,
quas cantu ac modulis luxuriantibus
lascivire vetat mascula dictio.

15

Non c dubbio che qui Sidonio assuma epigrammata come etichetta peculiare della propria poesia, cos come eclogae, secondo una
terminologia corrente, lo per quella oraziana, tanto che la prima
Vita premessa agli scolii del cosiddetto pseudo-Acrone termina

89
Epist. 9,12,3 Hoc item nefas etiam difficilia factu tibi negari, cuius affectum tanto minus
decipi decet, quanto constantius nil repulsam veretur. Tenebimus igitur quippiam medium et
sicut epigrammata recentia modo nulla dictabo, ita litteras, si quae iacebunt versu refertae, scilicet ante praesentis officii necessitatem, mittam tibi ...

469

LUCA MONDIN

pedantemente con la precisazione: In Horatio autem sciendum oden,


non eglogam dici, quia egloga Vergilii Bucolicorum est; e poich diversa ... epigrammata fa chiaramente da pendant alle varii carminis eclogae di Orazio, egli sta preannunciando la polimetria che contraddistingue i versus inserti nelle ultime epistole di questo libro. In versi
anacreontei, infatti, il vecchio carme (esplicitamente chiamato
epigramma) improvvisato in un agone conviviale che segue in questa stessa lettera a Ferreolo [nr. 13], e un saggio di perizia metrica ,
a suo modo, il distico retrogrado (anchesso un epigramma) che
Sidonio riporta nella successiva epist. 9,14 a Burgundione [nr. 14],
cos come un pezzo di bravura vuol essere il componimento inserito, su richiesta del corrispondente, nellepist. 9,15 a Gelasio [nr.
15]. Gelasio, avendo saputo che Tonanzio ha beneficiato di un doppio omaggio poetico, ne ha preteso uno per s, e non scritto nei
soliti faleci, bens in senari giambici. Lincertezza terminologica
con cui Sidonio presenta il nuovo carme, sive oden hanc ipsam
mavis vocare sive eglogam, che ricorda la distinzione scolastica
dello pseudo-Acrone, sembra assumere una duplice finalit: da un
lato, lidea che anche questa (hanc ipsam) poesia possa cadere
sotto letichetta oraziana di ode o di egloga suggerisce che il dono
per Gelasio non sia da meno di quello elargito a Tonanzio; dallaltro, la frase ammicca al passo in cui Plinio il Giovane discuteva del titolo da dare alla propria raccolta epigrammatica (Plin.
epist. 4,14,9 sive epigrammata sive idyllia sive eclogas sive, ut
multi, poematia seu quod aliud vocare malueris), e per questa via
Sidonio collega allusivamente il proprio componimento al genere
poetico praticato dallautorevole predecessore, che anche suo
precipuo e dichiarato modello epistolografico90.
Lepist. 9,16, che chiude circolarmente il IX libro nel nome del
suo dedicatario Firmino, contiene lultimo carme dellepistolario e

90
Epist. 1,1,1 Diu praecipis, domine maior, ut, si quae litterae paulo politiores varia
occasione fluxerunt, prout eas causa persona tempus elicuit, omnes retractatis exemplaribus
enucleatisque uno volumine includam, Quinti Symmachi rotunditatem, Gai Plinii disciplinam maturitatemque vestigiis praesumptiosis insecuturus; 4,22,2 ego Plinio ut discipulus

470

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

lultimo dei programmati saggi in metri lirici. A Firmino, il quale ha


molto apprezzato i senari dellepistola precedente, Sidonio dedica
una poesia in strofe saffiche che un vibrante testamento della sua
intera carriera poetica [nr. 16]. Egli vi rammenta dapprima i panegirici di Avito e Maggioriano, che gli valsero il plauso di tutta Roma
e lonore di una statua nel foro di Traiano, e quello per Antemio, che
gli dischiuse le porte della praefectura Urbis; dopo i poemetti esametrici (praeter heroes), rievoca le nugae della giovinezza, quei suoi ioca
che ora, ormai prossimo allet senile, si vergogna a ricordare e vorrebbe che anche gli altri dimenticassero, ch non basta aver trasferito ogni cura alla prosa fiorita dellepistolario, perch la sua fama poetica non rechi pi alcuna macchia allausterit dellabito sacerdotale.
Per questo, dora in avanti, non si prester pi ad alcun tipo di epigramma, n scriver altri carmi in metro molle o grave, se non,
forse, degli inni per i santi martiri di Cristo (vv. 57-64):
Denique ad quodvis epigramma posthac
non ferar pronus, teneroque metro
vel gravi nullum cito cogar exhinc
promere carmen:
persecutorum nisi quaestiones
forsitan dicam meritosque caelum
martyras mortis pretio parasse
praemia vitae.

60

Insomma, niente pi epistole metriche, niente pi poesie doccasione o per compiacere gli amici: con questultimo tocco di bravura, il vescovo di Clermond-Ferrand dichiara definitivamente concluso il suo passato epigrammatico, di cui i nove libri delle lettere
offrono, con questultima poesia, ben sedici saggi per un totale di
560 versi quasi un libellus destrutturato, i cui disiecta membra il
lettore, se vorr, potr ricomporre a suo piacimento.

assurgo; 9,1,1 addis et causas, quibus hic liber nonus octo superiorum voluminibus accrescat:
eo quod Gaius Secundus, cuius nos orbitas sequi hoc opere pronuntias, paribus titulis opus
epistulare determinet; per limitatio pliniana di Sidonio cfr. H. PETER, Der Brief in der
rmischen Litteratur, Leipzig 1901 (= Hildesheim 1965) 150 sgg.

471

LUCA MONDIN

Nellepistola 2,8 Sidonio, che scrive da Lione, informa lamico


Desiderato della morte della giovane nobildonna Filimatia, del suo
funerale e dellepitaffio da lui composto per la sua tomba [nr. 2]:
Dopo le esequie, ancora caldo di pianto, su preghiera del padre
della defunta ho dettato non in versi elegiaci ma in endecasillabi il
carme funerario da incidere sulla sua lapide. Se tu non lo disapproverai del tutto, lo affider allo scrivano cui pago lo stipendio perch
lo aggiunga ai volumi degli altri miei epigrammi; diversamente, mi
accontento che questa petrosa poesia rimanga contenuta nella sua
pietra. Ora, appare sicuro che la frase ceteris epigrammatum meorum voluminibus sia da intendere, sciolta lipallage, ceterorum epigrammatum meorum voluminibus 91, cos come non c alcun dubbio
che il mercennarius bibliopola sia il librarius, verosimilmente di condizione servile, retribuito da Sidonio per i suoi servizi di copistasegretario, e perci incaricato anche di mettere in bella gli scritti del
dominus destinati alla divulgazione92. Allepoca dellepistola, databile al 469, Sidonio sta dunque raccogliendo in pi volumina, con laiuto di uno scrivano professionista, gli epigrammata che intende pubblicare: la richiesta di approvazione a un lettore qualificato quasi
inutile ricordarlo uno dei modi pi convenzionali con cui gli scrittori latini annunciano leditio di unopera, e vista laccezione piuttosto ampia con cui il nostro autore impiega la parola epigramma in
tutto il corso dellepistolario, lecito pensare che qui alluda allordinamento e alla diffusione delle sue poesie leggere o doccasione.
Per quanto concerne lepitaffio di Filimatia, la sua stessa inclusione nellepist. 2,8 mostra che in realt nel 472 data indicata da
Mommsen per la pubblicazione del II libro delle Epistulae 93 esso
era rimasto inedito, e lo stesso vale per qualsiasi componimento poetico inserito nellepistolario. Di fatto, dopo lassunzione dellabito
91
Cfr. W.B. ANDERSON, Sidonius, Poems and Letters, I, London-Cambridge Mass.
1956, LXVI sg. n. 2.
92
Definitivo lo studio di S. SANTELIA, Sidonio Apollinare ed i bybliopolae, InvLuc, 22
(2000), 217-239.
93
TH. MOMMSEN in Gai Sollii Apollinaris Sidonii Epistulae et Carmina, rec. et emend.
Chr. LUETJOHANN, Berolini 1887, XLIV-LIII: LI.

472

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

ecclesiastico, tra il 469 e il 470, Sidonio (come egli stesso ripete pi


volte) si astiene per ragioni di opportunit dalla pubblicazione di scritti poetici, salvo quelli affidati alla posterit attraverso i nove libri delle
lettere in prosa. Cos a prescindere dai tre panegirici per gli imperatori Avito (456 d.C.), Maggioriano (458) e Antemio (468), lunica raccolta di poesie varie compresa nel corpus sidoniano rimane quel raffinato libellus di nugae, pubblicato nel corso degli anni Sessanta, che
nelle nostre edizioni corrisponde ai carmi numerati da 9 a 24 e cui
Andr Loyen premette il titolo di Carmina minora94. In questa collezione di componimenti lieti, giocosi o vagamente satirici compaiono,
oltre a veri e propri epigrammi in distici elegiaci o in faleci, che le stesse titolature dei manoscritti indicano come epigrammata o nel caso
tetrasticha, anche epistole poetiche e poemetti doccasione di ampio
respiro, alcuni corredati di prefazioni in metro o in prosa:

94
Sidoine Apollinaire, I, Pomes, texte tabli et traduit par A. LOYEN, Paris 1960. Non
discutiamo qui la sua tesi secondo cui (XXXI-XXXV), sulla base di argomenti interni e di oscil-

473

LUCA MONDIN

Possiamo includere questo libellus tra gli epigrammatum volumina cui Sidonio fa allusione in epist. 2,8,2? La critica sidoniana
tende ragionevolmente a crederlo, e lo stesso poeta fornisce qualche
indicazione in questo senso. In carm. 9, che funge da epistola dedicatoria a Magno Felice, la musa che presiede ai carmi della raccolta
la giocosa Thalia (v. 15); suo in carm. 12,10 lesametro (senipes
stilus) degli epitalami, ed ella presta la voce al poeta nel lunghissimo
carm. 23 a Consentio (v. 435). Il passo pi esplicito per la postfazione in prosa al carme descrittivo-celebrativo dedicato a Burgus,
la splendida villa fortificata dellamico Ponzio Leonzio alla confluenza della Dordogna e della Garonna (carm. 22). In coda ai 235
esametri, Sidonio riprende lepistola accompagnatoria con un
Nachwort apologetico in cui dapprima afferma, con modestia convenzionale, la tenuit del poemetto, per la cui lettura si raccomanda la rilassatezza di un convito innaffiato di abbondanti libagioni, e
poi ne giustifica la lunghezza, prevenendo le critiche degli eventuali sostenitori della paucitas epigrammatica95:
Ecce, quotiens tibi libuerit pateris capacioribus hilarare convivium, misi quod inter scyphos et amystidas tuas legas.
Subveneris verecundiae meae, si in sobrias aures ista non
venerint ... Si quis autem carmen prolixius eatenus duxerit
esse culpandum, quod epigrammatis excesserit paucitatem,

lazione dellordine dei carmi 9-24 nella tradizione manoscritta, egli individua nel libellus la
stratificazione di tre successive edizioni: una prima, del 461 ca, comprendente carm. 9-15
e 17-21; una seconda, del 464-465, in cui sarebbero stati aggiunti carm. 16 e 24, e una terza
e definitiva del 469, contestuale alla pubblicazione dellintera raccolta delle poesie (panegirici e nugae), in cui sarebbero stati aggiunti carm. 22 e 23. Essa stata validamente messa
in dubbio da W. SCHETTER, Zur Publication der Carmina minora des Apollinaris Sidonius
(1992), in Kaiserzeit und Sptantike. Kleine Schriften 1957-1992, Stuttgart 1994, 236-256,
il quale dal canto suo si pronuncia ma anchegli, a nostro avviso, con argomenti non stringenti per unemissione originaria comprendente carm. 9-21 e 24, cui Sidonio avrebbe
aggiunto come Annex carm. 22 e 23. Di fatto, non vi sono ragioni di natura interna (cio
cronologica o contenutistica), n ricavabili dalla paradosi, che si oppongano seriamente
alleventualit di ununica edizione complessiva dei sedici carmi del libellus, e si tratta in
ogni caso di questione non rilevante ai fini della nostra ricerca.
95
Accurata esegesi di questo passo in N. DELHEY (ed.), Apollinaris Sidonius, Carm. 22:
BVRGVS PONTII LEONTII. Einleitung, Text und Kommentar, Berlin-New York 1993,
207-211.

474

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

istum liquido patet neque balneas Etrusci [Stat. silv. 1,5]


neque Herculem Surrentinum [silv. 3,1] neque comas Flavii
Earini [silv. 3,4] neque Tibur Vopisci [silv. 1,3] neque omnino quicquam de Papinii nostri silvulis lectitasse; quas omnes
descriptiones vir ille praeiudicatissimus non distichorum aut
tetrastichorum stringit angustiis, sed potius, ut lyricus
Flaccus in artis poeticae volumine praecipit [Hor. ars 14
sgg.], multis isdemque purpureis locorum communium
pannis semel inchoatas materias decenter extendit.

Se Marziale, con la sua reiterata difesa degli epigrammata


longa, a fornire lidea per questa riflessione metaletteraria96, Sidonio
argomenta la propria scelta compositiva ponendola sotto la duplice
cauzione del modello formale di Stazio interpretato attraverso lauctoritas teorica di Orazio. Stazio stesso, in realt, fornisce la chiave
ermeneutica delle Silvae l dove, nella prefazione del II libro, spiega che i due leves libelli dedicati rispettivamente al platano (silv. 2,3
Arbor Atedii Melioris) e al pappagallo di Atedio Meliore (2,4
Psittacus eiusdem) sono stati scritti quasi a mo di epigrammi, e lo
stesso vale implicitamente per il carme Leo mansuetus (2,5), per il
quale lurgenza delloccasione ha richiesto una stesura ugualmente
disinvolta (p. 28,13 sgg. Mar.):
... Polli mei villa Surrentina quae sequitur debuit a me vel in
honorem eloquentiae eius diligentius dici, sed amicus ignovit.
In arborem certe tuam, Melior, et psittacum scis a me leves
libellos quasi epigrammatis loco scriptos. Eandem exigebat stili
facilitatem leo mansuetus, quem in amphitheatro prostratum
frigidum erat sacratissimo Imperatori ni statim traderem ...

96

Non da solo, naturalmente: un possibile modello per la cornice prosastica (prefazione + postfazione) a un opuscolo in versi fornito a Sidonio dal Cento nuptialis di Ausonio,
e in particolare dalla sua appendice apologetica incentrata sul tema della tradizionale
liceit della poesia erotica e della connessa lascivia verbale: cfr. DELHEY (ed.), Apollinaris
Sidonius (cit. n. 95), 204. La pagina deve poi qualcosa anche allepistola che Plinio il
Giovane dedica alla descrizione della sua villa di Tifernum (un testo che Sidonio imita
anche in epist. 2,2), la cui inusitata lunghezza viene alla fine giustificata in termini di teoria letteraria facendo appello al principio delladerenza al tema prescelto: Plin. epist.
5,6,42-44 In summa primum ego officium scriptoris existimo, titulum suum legat atque

475

LUCA MONDIN

Oltre alla levitas del contenuto e alla rapidit compositiva, ci che


avvicina questi tre carmi a degli epigrammi senza dubbio anche la
relativa brevit, perch si tratta dei componimenti di gran lunga
meno estesi del libro, anche se lo stile fastoso, la misura che si attesta
comunque su 77, 37 e 30 versi e luso dellesametro kata; stivcon
non consentono a Stazio di presentarli come degli epigrammi tout
court. Sidonio ribalta questa prospettiva e la applica a quattro esempi
staziani scelti per maggiore affinit con il suo poemetto, anche se il
discorso egli dice vale un po per tutte le Silvae: accostato un
tema, lillustre poeta non lo costringe al corto respiro di un distico o
di un tetrastico, come imporrebbe il principio della epigrammatis
paucitas se applicato con assoluto rigore, ma al contrario lo espande
adeguatamente (decenter) con labbondanza e lo splendore dellornato retorico, secondo il precetto dellArs poetica (vv. 14-23):
Inceptis gravibus plerumque et magna professis
purpureus, late qui splendeat, unus et alter
assuitur pannus, cum lucus et ara Dianae
et properantis aquae per amoenos ambitus agros
aut flumen Rhenum aut pluvius describitur arcus.
Sed nunc non erat his locus. Et fortasse cupressum
scis simulare: quid hoc, si fractis enatat exspes
navibus aere dato qui pingitur? Amphora coepit
institui: currente rota cur urceus exit?
Denique sit quodvis, simplex dumtaxat et unum.

15

20

In realt con la metafora dei purpurei panni Orazio ammoniva


a non disperdere un tema elevato con excursus descrittivi magari
pregevoli in s, ma usati non suo loco, mentre Sidonio rovescia il

identidem interroget se quid coeperit scribere, sciatque si materiae immoratur non esse longum,
longissimum si aliquid accersit atque attrahit. Vides quot versibus Homerus, quot Vergilius
arma hic Aeneae Achillis ille describat; brevis tamen uterque est quia facit quod instituit. Vides
ut Aratus minutissima etiam sidera consectetur et colligat; modum tamen servat. Non enim
excursus hic eius, sed opus ipsum est. Similiter nos ut parva magnis, cum totam villam oculis
tuis subicere conamur, si nihil inductum et quasi devium loquimur, non epistula quae describit sed villa quae describitur magna est. Verum illuc unde coepi, ne secundum legem meam iure
reprendar, si longior fuero in hoc in quod excessi.

476

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

concetto traducendolo in norma positiva; ma in ci egli non fa che


ripetere linterpretazione che d del passo la corrente esegesi scolastica, ben esemplata dallo scolio ad locum dello ps.-Acrone:
(Horatius) docet non inportune inducendum esse parabolam aut
descriptionem; sed aut parabola aut descriptio apte debent adiungi
incepto bene poemate. Lavallo fornito da Orazio alla formula poetica
di Stazio (e perci di Sidonio) va per oltre i confini di questa breve
citazione, anche se Sidonio lascia alla cultura e alla memoria del
destinatario il compito di integrare gli sviluppi omessi per brevit; e
il suo lettore, avendo debitamente compitato lArs poetica alla scuola del grammaticus, sa che il discorso di Orazio gravita tutto sulla cruciale sentenza che prescrive, secondo il dettame aristotelico, lorganica unit dellopera letteraria: denique sit quodvis, simplex dumtaxat
et unum. Cos, per via allusiva, senza indulgere alla pedanteria di una
completa dimostrazione, Sidonio oppone agli eventuali detrattori il
medesimo principio estetico invocato da Marziale nella sua pi acuta
apologia della lunghezza epigrammatica, l dove afferma (epigr.
2,77,7): non sunt longa quibus nihil est quod demere possis 97.

97
Non avrei dubbi circa la matrice peripatetica dellintera argomentazione di Mart.
2,77. Gi ai vv. 2-3 la scelta dei due opposti esempi tratti dallambito della scultura la
statua gigantesca del Colosso e quella miniaturistica del puer Bruti pare opporre al rozzo
metro di Cosconio il criterio aristotelico che valuta la grandezza dellopera darte (e di
qualsiasi oggetto esteticamente pregevole) non in assoluto, ma in termini di maggior o
minor adeguatezza alla necessaria percezione della sua unit: cfr. in particolare Poet. 7,3
(1450b,35-1451a,2) un essere vivente che sia bello, e ogni altra cosa composta di parti,
non solo deve avere queste parti bene ordinate, ma deve anche fornire una grandezza non
casuale, perch il bello sta nella grandezza e nellordine: un essere piccolissimo non pu
apparire bello, perch turbata la visione che dura un tempo quasi impercettibile; e neppure uno grandissimo, perch non si ha pi una visione dinsieme, e per chi guarda va perduta la percezione delluno e dellintero (trad. C. Gallavotti). Non a caso, il canone fondamentale dellunit artistica risuona subito dopo ai vv. 5-6 (Marsi doctique Pedonis / saepe
duplex unum pagina tractat opus), dove il sapiente accostamento con duplex pagina conferisce a unum opus una pregnanza semantica che, dietro il significato di superficie (un solo
componimento), fa tralucere lideale del testo simplex et unum, cio uno dal punto di
vista tematico e strutturale pur nel suo occasionale dispiegarsi sulla misura meramente grafica di una doppia colonna di scrittura. E appunto al principio dellunit strutturale, in cui
ogni elemento necessario al tutto, si appella largomento conclusivo di v. 7 non sunt longa
quibus nihil est quod demere possis, da confrontarsi con Arist. Poet. 8,3 (1451a,30 sgg.):
come avviene nelle altre arti mimetiche, che uno il soggetto dellunica mimesi, cos

477

LUCA MONDIN

Se Sidonio condivide con Marziale lavversione per la paucitas


come criterio assoluto del testo epigrammatico, lindiscussa autorit di Stazio gli suggerisce peraltro che determinati temi rifuggano dalle angustiae della ojligosticiva e richiedano unappropriata
amplificazione retorica. Egli sa bene che alcuni poemetti staziani,
fra cui proprio il Balneum Claudi Etrusci (silv. 1,5) e i Capilli Flavi
Earini (silv. 3,4) da lui citati, toccano i medesimi soggetti che
Marziale tratta nel pi breve giro di alcuni suoi epigrammi le
terme di Claudio Etrusco in 6,42 (24 faleci), la dedica ad Asclepio
dei capelli di Earino, il giovane favorito di Domiziano, in 9,16, 17
e 36 (3, 4 e 6 distici elegiaci)98 e non c dubbio a quali, tra le
rispettive soluzioni poetiche, vada la sua preferenza. In questo
senso egli stesso si pone in aemulatio con Marziale, di cui assume
come modello per la chiusa della propria raccolta di nugae lepigramma finale del X libro (Mart. 10,104, un congedo dal libellus
in 19 faleci):
I nostro comes, i, libelle, Flavo
longum per mare, sed faventis undae,
et cursu facili tuisque ventis
Hispanae pete Tarraconis arces:
illinc te rota tollet et citatus
altam Bilbilin et tuum Salonem
quinto forsitan essedo videbis.
Quid mandem tibi quaeris? ut sodales

bisogna che anche il racconto, poich mimesi dazione, lo sia di ununica azione e completa; e le successive parti della vicenda debbono tra loro collegarsi in modo che, togliendone una o cambiandola di posto, il tutto si sciupi e si sconnetta: perch, ci che nulla
significa quando c o non c, non neppure un elemento del tutto. Per altre considerazioni sullimportante pagina programmatica di Marziale vd. in questo volume i contributi di A. CANOBBIO Epigrammata longa e breves libelli. Dinamiche formali dellepigramma
marzialiano, 177-178, A.M. MORELLI, Epigramma longum: in cerca di una bsanos per il
genere epigrammatico, 40-43, C. WILLIAMS, Epigrammata longa e strategie metapoetiche in
Marziale, 218-223.
98
Per unanalisi delle coincidenze tematiche tra i due poeti cfr. Ch. HENRIKSN, Martial
und Statius, in F. GREWING [hrsg. von], Toto notus in orbe. Perspektiven der MartialInterpretation, Stuttgart 1998, 77-118: 89-111.

478

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

paucos, sed veteres et ante brumas


triginta mihi quattuorque visos
ipsa protinus a via salutes
et nostrum admoneas subinde Flavum
iucundos mihi nec laboriosos
secessus pretio paret salubri,
qui pigrum faciant tuum parentem.
Haec sunt. Iam tumidus vocat magister
castigatque moras, et aura portum
laxavit melior: vale, libelle:
navem, scis puto, non moratur unus.

10

15

I pochi versi in cui il pi antico poeta comprime il viaggio del suo


libro da Roma a Tarragona e da qui a Bilbilis, dove recher il suo
saluto agli amici della giovinezza lontana, nel Propempticon ad libellum di Sidonio si dilatano in un vero e proprio itinerarium di 101
faleci, nel quale la topica delle raccomandazioni al libro appare
profusa a piene mani in funzione della pluralit e della levatura
sociale e culturale dei destinatari cui il poeta vuole tributare lomaggio di una onorevole menzione (carm. 24)99:
Egressus foribus meis, libelle,
hanc servare viam, precor, memento,
quae nostros bene ducit ad sodales,
quorum nomina sedulus notavi;
antiquus tibi nec teratur agger,
cuius per spatium satis vetustis
nomen Caesareum viret columnis;
sed sensim gradere, ut moras habendo
affectum celerem moves amicis.

Sed iam sufficit: ecce linque portum;


ne te pondere plus premam saburrae,
his in versibus ancoram levato.

100

99

Su questo testo cfr. la monografia di S. SANTELIA, Sidonio Apollinare, Carme 24.


Propempticon ad libellum. Introduzione, traduzione e commento, Bari 2002.

479

LUCA MONDIN

Certo, lespansione di un modello epigrammatico in una


riscrittura di maggior estensione e anche di genere diverso di per
s un esercizio congeniale al gusto dei letterati dellultima antichit,
come nel caso dei cinque distici di Posidippo, che sotto la penna di
Ausonio divengono i 50 esametri dellecloga 19 De ambiguitate eligendae vitae, e che sullaltro versante linguistico Gregorio di
Nazianzo sviluppa in senso cristiano nei venti distici di carm. mor.
16 Peri; tw'n tou' bivou oJdw''n100; ma altrettanto vero che laemulatio procede anche pi spesso in direzione inversa, e cos Ennodio
si diverte a rifare in met versi il carme De mulabus Gallicis di
Claudiano (carm. min. 18: 10 distici) nel suo Epigramma adversus
Claudianum de mulabus (carm. 2,124 = op. 328 Vogel: 5 distici), e
Venanzio Fortunato si porr in competizione con il Sidonio del
Burgus Pontii Leontii per celebrare le ville di un discendente di quella stessa famiglia aquitanica (carm. 1,18-20), ma riportando il tema
entro i confini di quella paucitas epigrammatica che il suo predecessore aveva espressamente rifiutato.
Dunque loperazione sidoniana del Propempticon ad libellum
solo in parte riconducibile a una generale vocazione della poesia
tardolatina per lamplificatio, laccumulazione catalogica e la
Gattungsmischung, e richiede in ogni caso una spiegazione ad hoc,
per la quale giover rifarsi a uno dei testi che questo carme presuppone come modelli. Lepist. 9 Green di Ausonio accompagnava linvio di un volume di favole destinato al figlioletto di
Petronio Probo, il potentissimo prefetto del pretorio di Valentiano
I da poco insignito del consolato ordinario; in essa Ausonio
annuncia che il libro corredato da una dedica poetica di pochi
epodi, anche se chi li ricever potr giudicarli fin troppi. In realt
la poesia, riportata dopo la lettera in prosa, unapostrofe al libro
che si estende per 105 dimetri giambici pieni di adulazioni, e per100
Per una simile trafila, relativa al tema epigrammatico della primavera, che coinvolge lo stesso Gregorio di Nazianzo vd. in questo volume il contributo di Claudio DE
STEFANI, Lepigramma longum tardogreco e bizantino ed il topos dellarrivo della primavera, 571-600.

480

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

ch il destinatario possa apprezzarne tutta lelaborata lunghezza,


essa viene vantata cos nei primi versi (vv. 1-9):
Perge, o libelle, Sirmium
et dic ero meo ac tuo
ave atque salve plurimum.
Quis iste sit nobis erus,
nescis, libelle? an, cum scias,
libenter audis, quod iuvat?
Possem absolute dicere,
sed dulcius circumloquar
diuque fando perfruar.

Ernst Curtius cita giustamente questo passo come emblema


dellabuso manieristico della perifrasi101, ma, al di l delle innegabili propensioni estetiche della scrittura tardoantica, la forma di
questo carme doccasione riflette puntualmente la sua finalit pragmatica, che include il tipo di relazione personale e sociale tra
mittente e ricevente, e va da s che la stessa lunghezza costituisce da
sola un omaggio allaltissimo rango del beneficiario. Linserimento
tra le epistole poetiche non deve trarre in inganno circa loriginaria
natura della pagina ausoniana, che era quella di corredare materialmente il libro cui si riferiva, e le poesie di accompagnamento per
omaggi librari sono tradizionalmente di tipo epigrammatico102:
rispetto ad esso, linusitata ipertrofia del dettato e la scelta di un
metro non ovvio costituiscono uno scarto tanto vistoso quanto funzionale allistanza comunicativa del testo.
Le stesse considerazioni valgono per unaltra forma testuale di
pretta natura pragmatica, con cui lepigramma spesso si intreccia, si

101

E.R. CURTIUS, Letteratura europea e Medio Evo latino (19542), trad. it. Firenze 1995, 307.
Il primo esempio in lingua latina sono due distici di Cinna per una preziosa copia
dei Phaenomena di Arato: carm. frg. 11 Blnsdorf. Che il carme di Ausonio fosse collocato allinizio del libro e non semplicemente allegato ad esso dimostrato dai vv. 61-62,
dove si dice con sorridente modestia che il destinatario legger il libellus per intero tranne alcune pagine (quem mente et aure consciis, / quibusdam omissis, perleget), quelle contenenti per lappunto la poesia di dedica.
102

481

LUCA MONDIN

accoppia e talora come in questo caso si identifica, che lepistola. Per essa, forse pi ancora che per lepigramma, la precettistica di ogni epoca prescrive come qualit fondamentale la brevitas, la
suntomiva103, e tuttavia una rigorosa osservanza del modus epistularis diviene controproducente se entra in conflitto con le finalit
della lettera quando, come spesso avviene, la sua funzione non di
tipo informativo ma relazionale, quando insomma costituisce un
officium (a questo proposito basti notare, tra i molti esempi possibili, il tono piccato con cui Simmaco reagisce al lakwnismov" epistolare di Vettio Agorio Pretestato104). Queste, mutatis mutandis,
paiono essere anche le convinzioni di Sidonio per quanto concerne
lepigramma quando investito di unanaloga funzione relazionale:
mentre la canonica paucitas dobbligo per un carmen pictum a
scopo meramente decorativo, che il visitatore occasionale deve
poter gustare con una sola rapida lettura, per una poesia di omaggio personale varr la regola sottintesa da Stazio allorch si scusa di
non essersi adeguatamente diffuso nella celebrazione della villa di
Pollio Felice (silv. 2 praef. p. 28,13 sgg. Mar.): Polli mei villa
Surrentina debuit a me vel in honorem eloquentiae eius diligentius
dici, sed amicus ignovit.
Se, come pare, la raccolta dei carm. 9-24 corrisponde a uno
degli epigrammatum volumina di cui parla Sidonio, i brevi tetrasticha e i poemetti di maggior tenore stilistico, come i due epitalami o
lEuchariston ad Faustum episcopum, rappresentano dunque gli
103
Testimonianze raccolte da P. CUGUSI, Evoluzione e forme dellepistolografia latina nella
tarda repubblica e nei primi due secoli dellimpero, con cenni sullepistolografia preciceroniana, Roma 1983, 34-35 e 74-75; cfr. J. SYKUTRIS, s.v. Epistolographie, RE Suppl. V (1931),
185-220: 193; K. THRAEDE, Grundzge griechisch-rmischer Brieftopik, Mnchen 1970,
154-156.
104
Symm. epist. 1,45 Facito epistulae tuae multiiugis paginis augeantur. Odi parsimoniam
verborum bonorum. Scribendi quippe brevitas magis fastidio quam officio proxima est; 1,50
Queri me opinaris, quod nihil scribas, et refellere mendacium paras, quia te aliquid scripsisse
meministi. Ego vero minimum animi angerer, si taceres, prae ut hoc est, quod mihi et patri
unas atque eas oppido breves litteras detulisti. Ita tibi ambo digni singulis paginis non videmur? ... Abstine igitur epistulis, quae sunt instar edicti; facessat omne fastidium, ex quo nascitur cura conpendii. Sed longum de his loqui cautio est, ne tibi molestior sit prolixitas quaerellae nostrae, quam mihi brevitas epistulae tuae.

482

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

opposti estremi della fenomenologia testuale da lui compresa sotto


la categoria di epigramma. Come essa si sia estesa ad abbracciare
prodotti tipologicamente estranei alle forme canoniche del genere,
autorizzando la composizione di una raccolta eterogenea come
questo libellus delle nugae, difficile dire. Certo, nel lungo carme
dedicatorio a Magno Felice il poeta afferma con decisione loriginalit della sua impresa poetica, che segue strade mai prima battute
dalla Talia latina (carm. 9,13-15):
Non nos currimus aggerem vetustum
nec quicquam invenies ubi priorum
antiquas terat orbitas Thalia,

ma la topica pretesa di primazia, come non pu smentire la fitta


modellizzazione dei singoli componimenti, cos non vale a dissimulare limmediato precedente dei Carmina minora di Claudiano,
la cui silloge, messa insieme poco dopo la morte del poeta, appare
ispirata a criteri formali e a concezioni letterarie non diverse da
quelli che sorreggono la novit del liber di Sidonio. In effetti, quella che, anche per la mutevole quantit e dislocazione dei carmi nei
vari testimoni, appare come una casuale farragine di epigrammi sia
doccasione che di fantasia, di epistole poetiche ora ossequiose, ora
scherzose, ora denigratorie, di poemetti celebrativi e cortigiani e di
semplici abbozzi o esercizi di versificazione, non doveva essere soltanto il frutto del casuale assemblaggio eseguito da editori postumi
preoccupati pi della salvaguardia dei prodotti minori editi o inediti di Claudiano, che di un loro arrangiamento rispettoso della
specificit dei relativi generi poetici: alla base delloperazione
ecdotica, o se vogliamo della sua disinvoltura, doveva agire una
visione che attribuiva a quei testi una comune natura latamente
epigrammatica, e che riposava su una secolare tradizione di raccolte eterogenee risalente quanto meno al liber di Catullo e al
Catalepton di Virgilio. In ogni caso, anche volendo minimizzare o
addirittura negare ai curatori dei Carmina minora di Claudiano
qualsivoglia istanza programmatica oltre alla mera finalit editoriale, comunque possibile che lesistenza stessa di tale raccolta

483

LUCA MONDIN

legata al nome del grande poeta della corte di Onorio abbia assicurato valore di modello a questa particolare formula mista. La
galassia tipologica della poesia breve e doccasione, con al centro
il genere sfumato e versatile ma ben riconosciuto dellepigramma
e ai margini la multiforme variet di nugae, epyllia e poematia di
indefinita etichetta generica (si pensi allescamotage del concetto
staziano di silvae), trovava in questa silloge una concreta ed autorevole formula unificante, e viceversa lesempio di un siffatto corpus poetico poteva favorire lestensione della categoria di epigramma lunica lessicalmente e letterariamente definita al pi
ampio assortimento testuale che vi era rappresentato.
Essa poteva essere forzata fino ad includere gli stessi panegirici? Sidonio non arriva ad affermarlo, e tuttavia pare significativo che la postfazione al panegirico per Avito (carm. 8), che affida
lopera al giudizio del vir praefectorius Prisco Valeriano, sia formulata sullevidente falsariga di certe accompagnatorie di
Marziale o di Ausonio:
Prisce, decus semper nostrum, cui principe Avito
cognatum sociat purpura celsa genus,
ad tua cum nostrae currant examina nugae,
dico: State, vagae; quo properatis? amat;
destrictus semper censor, qui diligit, exstat;
dura fronte legit mollis amicitia.
Nil totum prodest adiectum laudibus illud
Ulpia quod rutilat porticus aere meo
vel quod adhuc populo simul et plaudente senatu
ad nostrum reboat concava Roma sophos.
Respondent illae: Properabimus, ibimus, et nos
non retines; tanto iudice culpa placet.
Cognitor hoc nullus melior; bene carmina pensat
contemptu tardo, iudicio celeri.
Et quia non potui temeraria sistere verba,
hoc rogo, ne dubites lecta dicare rogo.

10

15

Che Sidonio chiami nostrae nugae il fastoso panegirico imperiale che gli ha guadagnato una statua bronzea nel Foro di Traiano
un tributo fin troppo scontato al locus modestiae, ma non affat484

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

to scontato che questo aulico genere di poesia celebrativa riceva un


tipo di presentazione tradizionalmente destinato a forme poetiche
di assai pi tenue profilo. Ancora meno ovvio quanto si legge nellepist. 1,9 ad Eronio, cui Sidonio invia una copia del suo recente
panegirico per il secondo consolato dellimperatore Antemio (carm.
2). Al destinatario, evidentemente dedito alla poesia epica, viene
rivolta prima la solita richiesta di correzione, e quindi la seguente
avvertenza ( 7): Sane moneo praeque denuntio quisquilias istas Clius
tuae hexametris minime exaeques. Merito enim conlata vestris mea
carmina non heroicorum phaleris sed epitaphistarum neniis comparabuntur. Le heroicorum phalerae, la nobile scrittura epica, e le epitaphistarum naeniae, cio lumile verseggiare dei facitori di epitaffi,
individuano rispettivamente il grado pi alto e quello pi dimesso
della poesia seria; al di l della forzatura della tapeivnwsi", ci che
implicitamente allontana il panegirico di Sidonio dal canto eroico
per avvicinarlo al livello di un epitaphium , oltre che lo stile, la sua
natura di carme occasionale e composto su commissione, nonch la
sua appartenenza al versante dei generi minori. Il concetto non
del tutto inusitato, e la novit semmai risale gi a Claudiano, il
quale pi volte chiama Thalia la musa pur cos solenne della sua
produzione epico-panegiristica105: Stazio, per fare un esempio, non
designa mai cos la poesia delle Silvae, Optaziano Porfirio solo una
volta nellepigramma prefatorio quella dei carmi figurati (carm.
1,1-2 Quae quondam sueras pulchro decorata libello / carmen in
Augusti ferre Thalia manus), ma per il resto la sua ispirazione, quando non genericamente alle Muse o alle Camene, sempre affidata a
Clio e a Calliope. Lassegnazione della poesia panegiristica allambito di Talia, che quello dei generi minori, tenui o giocosi epigramma, elegia, bucolica, epillio e i vari tipi di carme ludicro o
nugatorio , dipende dal fatto che questa produzione di tenore

105

Carm. 16,1-2 Audebisne, precor, tantae subiecta catervae, / inter tot proceres, nostra
Thalia, loqui?; 25,1-2 Post resides annos longo velut excita somno / Romanis fruitur nostra
Thalia choris; carm. min. 41,13-14 Romanos bibimus primum te consule fontes / et Latiae
accessit Graia Thalia togae.

485

LUCA MONDIN

epico, ma di carattere contingente e per lo pi confinata nella misura di un singolo libellus, rapportata alla dimensione sovrastorica e
allampia campitura del poema eroico non pu che ricevere uno statuto inferiore, che la fa ricadere per lappunto nel dominio della
poesia breve, anche se a un livello alto rispetto alle altre forme qui
tradizionalmente collocate, il cui rango di conseguenza devessere a
sua volta riveduto. Si conclude cos un processo iniziato secoli
prima con la riflessione poetica che accompagnava loperazione
delle Silvae di Stazio, allorch scomparsa ... qualunque traccia della
distinzione neoterica ... dellattivit poetica nelle due direzioni dei
poemata ed epigrammata da una parte e dei carmina docta dallaltra
il primato (torn) allepos, e la poesia leggera (torn) ad essere
poesia minore, con ruolo di praelusio; il carmen doctum epillio o
epitalamio che (fosse), o elegia (venne) riassorbito nella poesia
leggera106. Senonch allora Stazio, definendo occasionalmente, e
forse provocatoriamente, le sue Silvae pi brevi e improvvisate quasi
epigrammatis loco scriptae, aveva badato a sancire la distanza tra il
tenore comunque elevato, in termini di stile e di elaborazione formale, dei suoi carmina doccasione, e il genere pi dimesso della
poesia epigrammatica. Ora invece la comparsa nellorizzonte letterario del poemetto epico-celebrativo (e, in ambito cristiano, del
poemetto agiografico e commemorativo come i natalicia di Paolino
di Nola o di quello apologetico, didascalico o allegorico di
Prudenzio) comporta una ristrutturazione gerarchica dellintero
sistema dei generi minori: essa fa s che i tipi di versificazione pi
eclettica ed estemporanea, ancorch assai sofisticata epistole poetiche e carmina ecfrastici o laudativi, propemptici ed epitalami,
insomma tutta la molteplice gamma dei poemata doccasione non
sempre ancorati a precise etichette generiche , perdano il loro
rango e finiscano per rifluire e appiattirsi nella categoria letterariamente pi umile e storicamente flessibile dellepigramma. Di qui la
costituzione di una silloge mista come quella dei Carmina minora
106
G. ARIC, Sulle tracce di una poetica staziana (1971), in Ricerche staziane, Palermo
1972, 37-71: 50 sg.

486

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

di Claudiano, linclusione negli Epigrammata Bobiensia delleccentrica satira di Sulpicia e, in seguito, il variegato progetto compositivo dellantologia Salmasiana, giusta quella concezione estesa di
epigramma che troviamo esplicitata per la prima volta nelle pagine
di Sidonio e da lui praticata, forse sulla concreta falsariga del precedente claudianeo, nel libellus delle nugae.
Un secondo ordine di testimonianze proviene da un giovane parente di Sidonio Apollinare, Alcimo Ecdicio Avito ( 518), che fu
vescovo di Vienne dal 490 ca. fino alla morte, e nei primi anni del
VI secolo pubblic il vasto epos biblico-teologico De spiritalis historiae gestis, che descrive in cinque libri, per un totale di 2552 esametri, la creazione del mondo (I De mundi initio), il peccato originale (II De originali peccato) e la cacciata dallEden (III De sententia
Dei), il diluvio universale (IV De diluvio mundi) e il passaggio del
Mar Rosso (V De transitu Maris Rubri). Nel prologo in prosa, sotto
forma di epistola al fratello Apollinare, Avito narra innanzitutto la
storia editoriale del suo capolavoro. Apollinare ha espresso il desiderio di essere il dedicatario di un qualche suo scritto poetico, e
Avito ricorda di averne composto pi duno, al punto che, se messo
in ordine, quel gran numero di epigrammi (epigrammatum multitudo) avrebbe potuto costituire un volume tuttaltro che breve. Egli
si proponeva di realizzarlo, rispettando la sequenza tematica o cronologica dei testi, quando larchivio and quasi interamente disperso durante il sacco di Vienne, ad opera delle forze congiunte di
Godesigel e Clodoveo, nellanno 500107. Il dispiacere per il danno
subto, la difficolt o limpossibilit di recuperare quanto perduto,
linutilit di riordinare il poco rimasto hanno spinto Avito a pubblicare, invece di quella raccolta, i cinque libelli del poema, provvidenzialmente salvatisi in casa di un amico:
107

N. HECQUET-NOTI (ed.), Avit de Vienne, Histoire spirituelle. Introduction, texte critique, traduction et notes, I, Paris 1999, 30-33. Il testo delle due prefazioni quello di R.
PEIPER (ed.), Alcimi Ecdicii Aviti Viennensis episcopi Opera quae supersunt, Berolini 1883,
201 e 274-275; cfr. D. SHANZER I. WOOD, Avitus of Vienne, Letters and Selected Prose.
Translated with an introduction and notes, Liverpool 2002, 259-64.

487

LUCA MONDIN

Domino sancto in Christo piissimo et beatissimo Apollinari


episcopo Alcimus Ecdicius Avitus frater.
Nuper quidem paucis homiliarum mearum in unum corpus redactis hortatu amicorum discrimen editionis intravi. Sed
adhuc te maiora suadente in coturnum petulantioris audaciae
durata fronte procedo. Iniungis namque, ut si quid a me de
quibuscumque causis metri lege conscriptum est, sub professione opusculi vestro nomini dedicetur. Recolo equidem nonnulla me versu dixisse: adeo ut, si ordinarentur, non minimo
volumine stringi potuerit epigrammatum multitudo. Quod
dum facere servato causarum vel temporum ordine meditarer,
omnia paene in illa notissimae perturbationis necessitate
dispersa sunt. Quae quoniam singillatim aut requiri difficile,
aut inveniri inpossibile foret, abieci ea de animo meo, quorum
mihi vel ordinatio salvorum, ne dicam dispersorum reparatio,
dura videretur. Aliquos sane libellos apud quendam familiarem
meum postea repperi: qui licet nominibus propriis titulisque
respondeant, et alias tamen causas inventa materiae opportunitate perstringunt. Hi ergo, quia iubes, etsi obscuri sunt opere
meo, tuo saltem nomine inlustrabuntur ...

Ai quinque volumina della Spiritalis historia, come li designa lo


stesso poeta nella chiusa del poema (carm. 5,719), si poi aggregato, sempre su istanza di Apollinare, un sesto libro, che il De virginitate, scritto per la monacazione della sorella Fuscina, di 666 esametri108. Nuovo prologo, e nuova spiegazione:

108
Poich 666 notoriamente il numero della Bestia nellApocalisse di Giovanni
(13,18), una cifra cos ominosa pu apparire una scelta (o uninavvertenza) a dir poco
grottesca da parte del vescovo di Vienne. La stranezza si risolve riconoscendo lautonomia
dei 18 esametri introduttivi, che costituiscono, pi che un proemio, unepistola accompagnatoria (cfr. vv. 1-2 Suscipe complectens, Christo dignissima virgo, / Alcimus ista tibi quae
mittit munera frater): il poemetto vero e proprio comincia a v. 19 con il momento della
nascita di Fuscina (Edidit ut quartam genetrix Audentia prolem ) e conta perci 648
versi, che essa s una misura programmata. Questo numero, pari a 63 (= 216) 3,
corrisponde infatti alla massima lunghezza testuale raccomandata dal precetto pitagorico
in Vitr. 5 praef. 3 Etiamque Pythagorae quique eius haeresim fuerunt secuti placuit cybicis
rationibus praecepta in voluminibus scribere, constitueruntque cybum CCXVI (trad. CC et
L) versus eosque non plus tres in una conscriptione oportere esse putaverunt: su ci A.
KESSISOGLU, Die fnfte Vorrede in Vitruvs De architectura, Frankfurt am Main-Bern 1993,
100-105; per le possibili ragioni della cifra 250 erroneamente data dai manoscritti vitru-

488

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

Domino sancto beatissimo et piissimo germano Apollinari


episcopo Alcimus Avitus frater in Christo.
Post consummationem libellorum, quos non, sicut
voluerat, edidit dispositio mea, sed tua sodaliumque quorumpiam festinatio affectuosa quidem, sed inconsulta praeripuit, cogis insuper tibi specialius dari versus illos, quos ad
venerabilem Fuscinam sororem nostram de consolatoria
castitatis laude conscripsi. Quos tamen cum ego post
denuntiatum poematis finem epigramma rectius dicerem, tu
primum libri nomine vocitasti, hoc scilicet vocabulum prolixitati eius adserens convenire ... Meminerit autem pietas
tua hunc ipsum, quem sic vocas, libellum vel de religione
parentum communium vel de virginibus nostrae familiae
familiarius disputantem illis tantummodo legendum dare,
quos revera nobis aut vinculum propinquitatis aut propositum religionis adnectit

A questo carme, venuto ad aggiungersi quando i precedenti


libelli erano ormai stati pubblicati, poich esso si colloca dopo la
conclusione del poema Avito darebbe pi correttamente il nome di
epigramma, se non fosse che il fratello propende per quello di liber,
a suo avviso pi consono alla lunghezza del testo, o di libellus. In
ogni caso questo libretto, come lui preferisce chiamarlo, dato il
contenuto di carattere personale e familiare non dovr essere divulgato al di fuori della cerchia dei parenti o dellambiente religioso;
per il resto aggiunge Avito, che certo ha in mente lultima epistola di Sidonio Apollinare dora in avanti egli si asterr dal comporre
altri versi, a meno che, in considerazione di motivi manifesti, non
si imponga lobbligo di un qualche epigramma (alicuius epigrammatis), che per sar cos breve che neanche il fratello si arrischier
a chiamarlo in altro modo:
Sane a faciendis versibus pedibusque iungendis pedem de
cetero relaturus, nisi forte evidentis causae ratio extorserit
alicuius epigrammatis necessitatem: cuius tamen tantam

viani (o dallautore stesso?), cfr. Vitruvio, De Architectura, a cura di P. GROS, traduzione e


commento di A. CORSO e E. ROMANO, I, Torino 1997, 594 n. 10.

489

LUCA MONDIN

exiguitatem fore polliceor, ut ei aliud nomen adsumere nec


ipse praesumas. Decet enim dudum professionem, nunc
etiam aetatem nostram, si quid scriptitandum est, graviori
potius stilo operam ac tempus insumere nec in eo inmorari,
quod paucis intellegentibus mensuram syllabarum servando
canat, sed quod legentibus multis mensurata fidei adstructione deserviat.

La terminologia impiegata in questo secondo prologo rende


conto degli scrupoli didattici di Isidoro di Siviglia. Poema ha qui
soppiantato poesis per indicare lopera in pi libri, a loro volta designati come libelli o in versi volumina. Nel breve dibattito sulla
natura del De virginitate in rapporto al De spiritalis historiae gestis,
Avito valuta il testo in quanto entit (esso estraneo alla struttura
conchiusa del poema, e dunque un componimento a se stante, un
epigramma), il fratello Apollinare in termini di quantit, sotto il cui
aspetto esso un liber o un libellus come gli altri; il poeta si adegua,
e i manoscritti recano infatti il titolo Alcimi Aviti episcopi incipit
liber VI de virginitate, o simili. Naturalmente con la disquisizione
terminologica, e soprattutto con luso improprio e perci straniante del termine epigramma, Avito vuole sottolineare la specificit di
questo sesto libro, peraltro dotato di un suo prologo, rispetto al
poema che lo precede, e per via della natura personale del discorso
rivolto a uno specifico dedicatario, e per la sua destinazione a un
pubblico assai pi ristretto.
Ma qual il significato che egli attribuisce ad epigramma? In
rapporto al De virginitate, che egli vorrebbe chiamare cos in quanto si colloca al di fuori dello spazio testuale del poema, e perci si
situa nellarea di ci che noi definiremmo il peri-testo, epigramma
potrebbe avere la stessa valenza tecnica di poesia accessoria che
ricever nella praefatio di Eugenio di Toledo alledizione emendata
di Draconzio, ma negli altri casi in cui Avito usa il termine esso deve
avere un significato pi generico, ancorch proprio come in
Eugenio sempre contrapposto a quello di liber/libellus.
Certamente ha ragione Angelo Roncoroni nellaffermare che epigramma va inteso nel senso di componimento a s stante e libel-

490

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

lus in quello di componimento appartenente a una serie, cio libro


di unopera, mostrando come anche nella prima epistola prefatoria
sia insita la contrapposizione tra gli epigrammata, perduti perch
probabilmente si trovavano presso lautore che non li aveva dati in
lettura, e la serie ordinata dei libelli, che giaceva presso un
amico109. E tuttavia da un lato rimane pur sempre valida unopposizione di tipo quantitativo (il De virginitate, bench componimento autonomo, non pu realmente essere chiamato epigramma per
via della sua prolixitas), dallaltro appare sostanziale anche una differenza di tipo strutturale e contenutistico, giacch, come spiega
Avito nella prima prefazione, i libelli del poema rispondono s alla
materia espressa nei rispettivi titoli, ma toccano, a seconda dellopportunit, anche argomenti diversi (alias causas), mentre gli epigrammata appaiono sempre riferiti allesistenza di singole ancorch
imprecisate causae in una parola, sono improntati ad unit tematica110. In sostanza, il significato che il poeta attribuisce alla parola
chiaramente quello di poesia autonoma, non eccessivamente estesa,
composta su un tema specifico o dettata da una contingenza, da una
necessitas: di questo tipo sono gli unici versi che egli si riserva di scrivere, in via eccezionale, dopo aver licenziato il De virginitate, e di questo tipo erano evidentemente gli epigrammata perduti durante il sacco
di Vienne, se Avito meditava di disporli secondo criteri di coerenza
109

A. RONCORONI, Note al De virginitate di Avito di Vienne, Athenaeum, n.s., 51


(1973), 122-134: 123-124.
110
Lincertezza terminologica sul De virginitate formalmente un liber, ma per unit di
contenuto un epigramma cos riproposta e risolta da Isidoro nella scheda che dedica
ad Alcimo Avito in vir. ill. 23: Avitus episcopus edidit quinque libellos heroico metro compositos Scripsit et ad Fuscinam sororem de laude virginitatis librum unum pulcherrimo
compositum et eleganti epigrammate coaptatum (cito secondo la lezione di C. CODOER
MERINO, El De viris illustribus de Isidoro de Sevilla. Estudio y edicin crtica, Salamanca
1964, 146). Poich Isidoro usa il verbo coaptare per esprimere la coesione strutturale di un
testo (vir. ill. 18: Proba componens centonem de Christo Virgilianis coaptatum versiculis;
praef. test. 36 Salomon in Proverbiis doctrinae coelestis institutionem succinctis versibus
brevibusque sententiis coaptavit: cfr. ThlL III 1385,66 sgg.), qui vorr elogiare il poemetto
di Avito in quanto composto in bellissimo <stile> e con elegante compattezza epigrammatica. In ogni caso il testo della Codoer Merino non appare soddisfacente, e converr
accogliere la lezione pulcherrime di alcuni manoscritti, ovvero la vecchia integrazione pulcherrimo compositum <carmine> delle edizioni prescientifiche.

491

LUCA MONDIN

tematica (verosimilmente per gruppi di argomento affine) o cronologica, cio appunto servato causarum vel temporum ordine.
Questa accezione di epigramma appare essere la stessa che
riscontriamo nelle due uniche occorrenze del termine nelle poesie
di Venanzio Fortunato ( 601). In un primo caso (carm. 3,18 Ad
eundem de opusculis suis), si tratta di una gioviale epistola metrica in
risposta ad alcuni componimenti, probabilmente dello stesso tenore, speditigli dal vescovo Bertrando di Bordeaux fluviali, a quanto pare, e in stile oltremodo ampolloso, adorni del bottino rubato
alla grande poesia del passato, anche se guastati da qualche difetto
di metrica:
Ardua suscepi missis epigrammata chartis
atque cothurnato verba rotata sofo.
Percurrens tumido spumantia carmina versu
credidi in undoso me dare vela freto:
plana procellosos ructavit pagina fluctus
et velut Oceanas fonte refudit aquas.
Vix modo tam nitido pomposa poemata cultu
audit Traiano Roma verenda foro.
Quid si tale decus recitasses in aure senatus?
stravissent plantis aurea fila tuis;
per loca, per populos, per compita cuncta videres
currere versiculos plebe favente tuos.
Sed tamen in vestro quaedam sermone notavi
culmine de veteri furta novella loqui;
ex quibus in paucis superaddita syllaba fregit
et pede laesa suo musica cloda gemit.
Nunc, venerande pater, prece voto voce saluto,
commendans animum supplice corde meum.
Sit tua vita diu, cuius modulante Camena
cogimur optatis reddere verba iocis.

10

15

20

La parola ricompare in carm. 7,12 (una lunga epistola di 61


distici elegiaci a Giovino, inlustris et patricius et rector provinciae) per
lamentare le tante lettere in versi che Venanzio ha inviato allamico
senza ottenere in risposta, vv. 105-106: Misimus o quotiens timidis
epigrammata chartis! / et tua, ne recreer, pagina muta silet. Di uno di

492

LA MISURA EPIGRAMMATICA NELLA TARDA LATINIT

questi epigrammata abbiamo un esempio immediatamente prima,


in carm. 7,11, che effettivamente una breve missiva di 6 distici
come tante altre scritte dal poeta per salutare o rimproverare un corrispondente, ma non c ragione di credere che il termine non
potesse indicare anche epistole metriche di maggior lunghezza o,
pi in generale, buona parte della copiosa scrittura di questo prolifico poeta doccasione. E, come avrebbe fatto Avito con i suoi perduti epigrammata, non formale ma principalmente tematico (cio
relativo alla finalit, alle circostanze e ai destinatari dei componimenti) il criterio con cui Venanzio Fortunato ripartisce i Carmina
quasi tutti in metro elegiaco nei vari libri111, sicch accade che
poesie di pochi distici si trovino intercalate ad altre di parecchie
decine o anche centinaia di versi. In queste condizioni lalternanza
delle misure testuali pu prescindere da intenti artistici: il IV libro,
ad esempio, tutto formato da carmi funerari in distici elegiaci, va
dagli 8 versi dellepitaffio di Aracario (carm. 4,19) ai 160 dellepitaffio di Vilitute (carm. 4,26), ma i 28 componimenti si susseguono secondo un rigido parametro extratestuale dato dallordine di
precedenza gerarchica dei personaggi commemorati: prima i vescovi (carm. 4,1-10), poi gli abati (11), i sacerdoti (12-14), i diaconi
(15), e infine i laici, divisi tra uomini (16-14) e donne (25-28, dove
la precedenza spetta alla regina Teudechilde). In altri casi per la
monotonia derivante dalluniformit tipologica dei testi volutamente scongiurata da una loro distribuzione secondo un criterio di
lunghezza variabile inteso a realizzare un gradevole assortimento. Il
VII libro, incentrato sui dignitari della corte di Austrasia, conta una
serie di ventitr epistole metriche (carm. 7,1-23) e, a mo di suggello, un ciclo di sette tetrastici destinati a essere incisi su un servizio
di piatti (Versus in gavatis: carm. 24 a-g)112; poich lultimo compo111

Per lordinamento e la pubblicazione dei Carmina cfr. per tutti lIntroduction a


Venance Fortunat, Pomes, I, texte tabli et traduit par M. REYDELLET, Paris 1994,
XXVIII-XXXIII.
112
Carm. 7,1 Ad Gogonem (50 vv.); 2 Ad eundem cum me rogaret ad cenam (10); 3 Item
ad eundem (6); 4 Item ad eundem (34); 5 De Bodegisilo duce (42); 6 De Palatina filia Galli
Magni episcopi, uxore Bodegisili ducis (30); 7 De Lupo duce (82); 8 Ad eundem (72); 9 Item

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LUCA MONDIN

nimento, carm. 7,25 Ad Galactorium comitem, stato probabilmente aggiunto nel corso della tradizione manoscritta113, questo
libro inizia con unepistola di 50 versi (carm. 7,1 Ad Gogonem) e si
chiude su una serie di brevi epigrammi di due distici, e la poesia pi
lunga della sequenza epistolare (il citato carm. 7,12 a Giovino, 61
distici elegiaci), collocata al centro esatto di essa, vi appare immediatamente seguita dalla pi breve (carm. 7,13 a Felice, 2 distici).
Qui, per effetto del progressivo riavvicinamento dei generi, al termine di una parabola evolutiva di oltre sei secoli, la poesia latina
appare tornata in un certo qual modo alla prassi vigente prima della
loro divaricazione, riscoprendo un tipo di libro epigrammatico/elegiaco non tanto diverso da quello che era stato in voga in et neoterica, e di cui abbiamo un cospicuo vestigio nei carmi 65-116 di
Catullo e un fuggevole scorcio nel papiro di Cornelio Gallo114.
ADDENDUM. Nellanalisi della subscriptio di Aproniano Asterio alle pp. 456459 non si potuto tenere conto dellarticolo di G. AMMANNATI, Ancora sulla sottoscrizione del console Asterio e sulla datazione del Virgilio Mediceo, MD, 58
(2007), 227-239, comparso quando il presente contributo era ormai in bozze. Il
saggio della Ammannati, senzaltro il pi importante degli ultimi decenni, pur
lasciando spazio a qualche dubbio su una o due questioni di dettaglio, conferma
con argomenti a nostro avviso definitivi loriginalit della soscrizione, e ne risolve limpidamente gli ultimi nodi esegetici.

ad Lupum ducem (20); 10 Ad Magnulfum fratrem Lupi (22); 11 Ad Iovinum inlustrem ac


patricium et rectorem provinciae (12); 12 Item ad eundem (122); 13 Ad Felicem socium (4); 14
De Mummoleno (40); 15 De Berulfo comite (8); 16 De Condane domestico (58); 17 Ad
Gunduarium (18); 18 Ad Flavum (22); 19 Item ad Flavum et Evodium (12); 20 Ad
Sigimundum (12); 21 Ad Sigimundum et Alagisilum (14); 22 Ad Bosonem referendarium (16);
23 Ad Paternum (6); 24 a-g Versus in gavatis (4 7); [ 25 Ad Galactorium comitem (26)].
113
REYDELLET (ed.), Introduction (cit. n. 111), LXVI sg.
114
A.M. MORELLI, Rassegna sul nuovo Gallo, in V. TANDOI [cur.], Disiecti membra poetae. Studi di poesia latina in frammenti, II, Foggia 1985, 140-183: 173; M. CAPASSO, Il
ritorno di Cornelio Gallo. Il papiro di Qas.r Ibrm venticinque anni dopo. Con un contributo
di Paolo Radiciotti, Napoli 2003, 83-84; sulla sopravvivenza del liber elegiaco misto in et
altoimperiale (ad es. il III libro del corpus Tibullianum e in particolare la sezione di
Sulpicia) vd. le osservazioni di A.M. MORELLI nellIntroduzione a questo volume, 44-45.

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