La paura mostrata da Dante alla fine del Canto precedente induce Virgilio a nascondere la sua preoccupazione, mentre egli tende l'orecchio in attesa dell'arrivo del messo celeste. Il poeta latino pronuncia alcune parole di dubbio, che subito dopo corregge per non accrescere il timore del discepolo. A questo punto Dante chiede al maestro se mai un'anima del Limbo sia discesa fino al basso Inferno e Virgilio risponde che, bench ci accada raramente, gi successo a lui poco dopo la sua morte quando la maga Eritone lo aveva evocato per trarre fuori dalla Giudecca l'anima di un traditore. Virgilio rassicura quindi Dante del fatto che conosce bene il cammino, spiegandogli che la palude Stigia circonda completamente la citt di Dite e li costringe perci ad entrare nelle sue mura per superarla. Apparizione delle tre Furie (34-66) Virgilio aggiunge altre parole che per Dante non ascolta, poich il suo sguardo attirato sulla cima delle mura dall'apparizione delle tre Furie infernali, sporche di sangue e coi capelli serpentini. Virgilio le riconosce subito e spiega a Dante che quella a sinistra Megera, quella a destra Aletto e Tesifone al centro. Esse si squarciano il petto con le unghie, si percuotono a palme aperte e gridano cos forte da indurre Dante a stringersi a Virgilio. Tutte invocano l'arrivo di Medusa per pietrificare Dante, quindi Virgilio lo esorta a voltarsi e a chiudersi gli occhi con le mani per non vedere la Gorgone. Dante obbedisce e Virgilio, non contento di ci, mette le sue mani su quelle di Dante per non impedirgli di guardare. Arrivo del messo celeste (67-105) Dante a questo punto ammonisce i lettori con l'intelletto sano che dovranno ben interpretare l'allegoria che si cela sotto i suoi versi strani. Infatti si sente un gran frastuono proveniente dalla palude, che fa tremare entrambe le sponde ed simile a un vento impetuoso che abbatte le foreste. Virgilio consente a Dante di aprire gli occhi e gli dice di guardare verso il fumo della palude, dove si vede il messo celeste avanzare senza toccare l'acqua. La creatura celeste avanza scacciando con la mano dal viso il vapore del pantano, mentre al suo cospetto le anime degli iracondi si dileguano. Virgilio fa cenno a Dante di inchinarsi di fronte a lui, che sembra pieno di disdegno verso quel luogo. Il messo giunge alla porta della citt di Dite e, dopo averla aperta con un bastoncino, inizia a rimproverare aspramente i diavoli. Biasima la loro tracotanza, il fatto che si oppongono vanamente al passaggio dei due poeti e ricorda che gi Cerbero si era rifiutato di far entrare all'Inferno Ercole, fatto per cui ha ancora il mento e il gozzo spellati. A questo punto il messo torna da dove venuto, senza rivolgere parola ai due poeti i quali si avvicinano senza ostacoli alle mura di Dite. Ingresso nella citt di Dite (106-133) Dante e Virgilio entrano nella citt senza alcuna opposizione e a questo punto Dante, desideroso di vedere la condizione dei dannati, volge intorno lo sguardo scorgendo ovunque delle tombe simili a quelle dei cimiteri di Arles e di Pola. Le tombe sono infuocate e hanno i coperchi sollevati, mentre dai sepolcri escono lamenti miserevoli. Dante chiede spiegazioni a Virgilio e il maestro spiega che dentro ci sono le anime degli eresiarchi e dei loro seguaci di ogni setta, condannati a bruciare in misura maggiore o minore a seconda della gravit dell'eresia che hanno seguito in vita. Virgilio si dirige a destra e Dante lo segue tra le tombe e gli spalti della citt.