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Canto IX

I dubbi di Dante (1-33)


La paura mostrata da Dante alla fine del Canto precedente induce Virgilio a nascondere la sua
preoccupazione, mentre egli tende l'orecchio in attesa dell'arrivo del messo celeste. Il poeta latino
pronuncia alcune parole di dubbio, che subito dopo corregge per non accrescere il timore del
discepolo. A questo punto Dante chiede al maestro se mai un'anima del Limbo sia discesa fino al
basso Inferno e Virgilio risponde che, bench ci accada raramente, gi successo a lui poco dopo
la sua morte quando la maga Eritone lo aveva evocato per trarre fuori dalla Giudecca l'anima di un
traditore. Virgilio rassicura quindi Dante del fatto che conosce bene il cammino, spiegandogli che
la palude Stigia circonda completamente la citt di Dite e li costringe perci ad entrare nelle sue
mura per superarla.
Apparizione delle tre Furie (34-66)
Virgilio aggiunge altre parole che per Dante non ascolta, poich il suo sguardo attirato sulla cima
delle mura dall'apparizione delle tre Furie infernali, sporche di sangue e coi capelli serpentini.
Virgilio le riconosce subito e spiega a Dante che quella a sinistra Megera, quella a destra Aletto
e Tesifone al centro. Esse si squarciano il petto con le unghie, si percuotono a palme aperte e
gridano cos forte da indurre Dante a stringersi a Virgilio. Tutte invocano l'arrivo di Medusa per
pietrificare Dante, quindi Virgilio lo esorta a voltarsi e a chiudersi gli occhi con le mani per non
vedere la Gorgone. Dante obbedisce e Virgilio, non contento di ci, mette le sue mani su quelle di
Dante per non impedirgli di guardare.
Arrivo del messo celeste (67-105)
Dante a questo punto ammonisce i lettori con l'intelletto sano che dovranno ben interpretare
l'allegoria che si cela sotto i suoi versi strani. Infatti si sente un gran frastuono proveniente dalla
palude, che fa tremare entrambe le sponde ed simile a un vento impetuoso che abbatte le foreste.
Virgilio consente a Dante di aprire gli occhi e gli dice di guardare verso il fumo della palude, dove
si vede il messo celeste avanzare senza toccare l'acqua. La creatura celeste avanza scacciando con la
mano dal viso il vapore del pantano, mentre al suo cospetto le anime degli iracondi si dileguano.
Virgilio fa cenno a Dante di inchinarsi di fronte a lui, che sembra pieno di disdegno verso quel
luogo.
Il messo giunge alla porta della citt di Dite e, dopo averla aperta con un bastoncino, inizia a
rimproverare aspramente i diavoli. Biasima la loro tracotanza, il fatto che si oppongono vanamente
al passaggio dei due poeti e ricorda che gi Cerbero si era rifiutato di far entrare all'Inferno Ercole,
fatto per cui ha ancora il mento e il gozzo spellati. A questo punto il messo torna da dove venuto,
senza rivolgere parola ai due poeti i quali si avvicinano senza ostacoli alle mura di Dite.
Ingresso nella citt di Dite (106-133)
Dante e Virgilio entrano nella citt senza alcuna opposizione e a questo punto Dante, desideroso di
vedere la condizione dei dannati, volge intorno lo sguardo scorgendo ovunque delle tombe simili a
quelle dei cimiteri di Arles e di Pola. Le tombe sono infuocate e hanno i coperchi sollevati, mentre
dai sepolcri escono lamenti miserevoli. Dante chiede spiegazioni a Virgilio e il maestro spiega che
dentro ci sono le anime degli eresiarchi e dei loro seguaci di ogni setta, condannati a bruciare in
misura maggiore o minore a seconda della gravit dell'eresia che hanno seguito in vita. Virgilio si
dirige a destra e Dante lo segue tra le tombe e gli spalti della citt.

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