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LINTERVISTA
Dopo pochi minuti, il foglio con le domande finisce virtualmente accartocciato. Non serve.
Accarezzata dagli stimoli di Pastorale americana di Philip Roth, la conversazione con
Nicolas Burdisso non ha bisogno di argini. Nessuna sorpresa: largentino uomo vero.
Daltronde, uno che ha indossato la fascia da capitano nel Boca, Inter, Roma e ora nel Genoa,
sa guidare i propri pensieri anche in acque profonde.
Perch ha scelto questo capolavoro straziante?
Per tanti motivi diversi, ma principalmente per il rapporto che c tra il protagonista, lo
Svedese, e sua figlia, ed io, da padre, mi ci sono immedesimato non senza dolore. E poi per
una frase che non mi tolgo dalla testa: Non c niente di peggio di farsi delle domande troppo
presto che farsele troppo tardi. Ecco, io mi sono fatto sempre tante domande, e non ho
ancora finito.
Lo Svedese stato lidolo a portata di mano del Narratore: qual stato invece il
suo?
Mio padre Enio. Abitavamo ad Altos de Chipion, un paese di 1500 abitanti nella campagna
argentina, e lui sapeva fare tutto. stato anche calciatore in Prima Serie nellInstituto de
Cordoba, poi diventato professore di educazione fisica ma tutti andavano da lui per qualsiasi
cosa, organizzava persino il carnevale.
anche un libro sullinesorabilit del destino: ci crede?
No, per me solo una possibilit. Lho preso sempre come una sfida. Lo sa, dieci anni fa a
mia figlia Angela fu diagnosticata una leucemia e io ho avuto le possibilit economiche di
lasciare tutto, smettere col calcio per sei mesi e curarla. Non sono stato un eroe: leroina
stata lei, che ha sopportato cure terribili. In quel periodo, poi, ho scoperto che scrivere mi
aiutava. C una frase di Murakami che dice: Per capire le cose che mi succedono devo
scriverle. E cos ho buttato gi la storia della mia vita. Ho fatto leggere qualcosa solo a mia
moglie, Maria Belen. Scrivere mi ha aiutato a riflettere. A volte non mi sono sempre fermato a
farlo. Se fosse successo, avrei potuto fare di pi. Ho vinto tanto ma sarei potuto essere un top,
sarei potuto restare allInter da protagonista o vincere lo scudetto con la Roma o andare al
Mondiale in Brasile. stata la delusione pi grande della carriera. Avevo avuto un terribile
incidente al ginocchio nel 2011 proprio in nazionale, mi ero ripreso, il c.t. (Sabella, ndr) mi era
anche venuto a trovare, poi negli ultimi sei mesi sparito e io non sono il tipo che chiede.
supporto".
Anche lei un rivoluzionario?
"Guardi, vero che posso avere anche idee di sinistra ma, come dice una canzone, facile
quando ho una Mercedes in strada. Ma ricordi che in ogni storia di calciatore c' della
sofferenza, piccola o grande che sia".
Se lo Svedese era essenzialmente un puro, il calcio ha a che fare con presidenti
addirittura con la fedina non immacolata, come Ferrero o il suo Preziosi:
perch?
"Perch ognuno pensa ai propri interessi. Pensi alla politica. C' commistione tra politici e
ultr. A Roma l'ho trovato pi che altrove, ma in Argentina peggio. Addirittura durante le
partite fanno propaganda all'altoparlante durante l'intervallo: 'Abbiamo fatto scuole,
ospedali...'. Trasmettono gratis tutte le partite del campionato e la gente contenta, ma io ai
miei amici dico tutte le volte: 'Non capite che stanno togliendo soldi per altre spese?' ".
Come nel libro, la politica pu contaminare un figlio? Pensi a quanto sta
succedendo in questo periodo.
"Sono preoccupato del terrorismo, ma il mondo musulmano non c'entra. E' come se i cristiani
fossero giudicati per le Crociate o la Chiesa per ci che combinano certi cardinali che si
arricchiscono. Per fortuna che c' Papa Francesco. A Roma, l'ho conosciuto andando alla 7 di
mattina a Santa Marta ad una messa dove c'erano 15 persone Quando mi ha visto ha detto:
'Hai portato il pallone?'. fantastico. Sta facendo la rivoluzione".
Lei invece cosa far da grande?
"Approfitto del tanto tempo che si in ritiro per crescere. Ho fatto anche il corso allenatori. Se
non sai fare niente, finisce che pensi solo al calcio. Io sono stato fortunato, ho imparato tante
cose. Ricordo ad esempio quando Stankovic mi parlava della guerra nei Balcani e pensavo
invece che da piccolo io avevo al massimo da preoccuparmi della pioggia per andare a scuola.
Per questo ricordo sempre un'intervista di Facchetti che, a chi gli chiedeva del suo futuro
dopo il calcio, rispondeva: 'Vorrei fare l'uomo'. Ecco, mi basterebbe questo".
dal nostro inviato Massimo Cecchini
RIPRODUZIONE RISERVATA
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