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GES CRISTO
LaAnlpsis, "Assunzione" al cielo, ha la sua radice festiva a Gerusalemme, nel sec. 4. Ivi sul luogo stesso dell'evento se ne celebrava la
memoria con grande festosit e concorso di fedeli. L'uso primitivo tuttavia era di celebrarlo il giorno della divina Pentecoste. Pi tardi la festa fu anticipata al 40 giorno a partire dalla Resurrezione, e cos il
mercoled precedente ha anche la funzione di Apdosis, congedo e
chiusura della festivit pasquale.
L'Ascensione una tipica "selezione per accentuazione". Il Mistero unico e indivisibile del Figlio di Dio incarnato morto risorto assunto alla gloria e sempre presente alla sua Chiesa, che si celebra per intero in ogni momento ed aspetto della Liturgia che sono i divini
Misteri, i Misteri sacramentali, le Ore sante, l'Anno liturgico ,
stato esplorato ed in un certo senso parcellizzato per farne risaltare
ogni splendore. ovvio, l'Anamnesi dell'Anafora lo riassume con instancabile regolarit, mostrando che "la Festa" la Resurrezione domenicale, "le Feste" ulteriori sono "le Parti" che si richiamano e vogliono esprimere sempre "il Tutto".
Per s va segnalato che il N.T. non separa mai nelle visuali, e dunque
tanto meno nei testi, gli aspetti dell'Evento centrale: Resurrezione,
Ascensione, intronizzazione alla Destra, glorificazione del Signore avvengono all'istante della Resurrezione, che il passaggio dell'Umanit
del Crocifisso all'eone eterno, alla sfera divina, alla Gloria dello Spirito
Santo. Che in diretta conseguenza sar donato agli uomini.
Aspetto fondamentale dell'Ascensione la Regalit del Risorto, e
l'inizio dell'esercizio del suo Sacerdozio eterno presso il Padre.
La Chiesa apostolica aveva la forte coscienza che l'Ascensione era
un evento necessario, indispensabile, condizionante ogni altra forma di
vita della Comunit. Pietro lo afferma fortemente davanti al popolo nel
tempio, che aveva assistito al miracolo dello storpio alla Porta bella,
operato dall'Apostolo "nel Nome di Ges Cristo il Nazareno" (At 3,19), affermando con un discorso kerygmatico che il Cielo doveva accogliere Ges, Crocifisso ma risorto, affinch potessero venire "i tempi
del refrigerio", della dispensazione della Redenzione (At 3,21). Non era
altro, questo, che prendere coscienza di quanto aveva promesso il Signore stesso, con insistenza. La sua glorificazione era la condizione necessaria per ricevere i Fiumi dell'Acqua della Vita (Gv 7,37-38, specialmente v. 39).
In specie nella Cena l'annuncio dell'"andata al Padre" si fa insistente. Anzitutto Ges annuncia la glorificazione sua e del Padre (Gv
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COMMENTO - IL PENTKOSTR1ON
ASCENSIONE
COMMENTO - IL PENTKOSTR1ON
apparizioni del Risorto "il primo Giorno della settimana": alla Maddalena, "dalla quale aveva espulso sette diavoli" (v. 9), resa evangelizzatrice dei discepoli in lutto (v. 10), che non le credono (v. 11); poi "sotto
altra forma", ossia non riconoscibile, a due discepoli in fuga (v. 12;
l'episodio di Emmaus, Le 24,13-32), che tornano dagli altri discepoli
per darne l'annuncio, senza essere creduti neppure essi (v. 13); infine,
agli Undici nel cenacolo, duramente rimproverati per l'ostinata incredulit (v. 14). Per, tale incredulit iniziale segno di non faciloneria,
dunque garanzia per la realt degli eventi.
Il secondo pannello il congedo del Signore Risorto dai discepoli:
con il mandato dell'Evangelo da predicare "all'intera creazione" (v.
15), e la sanzione: la salvezza sar la fede e il battesimo, altrimenti vi
sar la condanna (v. 16). La missione dovr essere confermata da "segni" potenti: espulsione dei demoni, parlare lingue nuove senza averle
studiate (v. 17), essere immuni da pericoli (i serpenti, cf. Sai 90,13; Le
10,19, e At 28,3-6, per Paolo a Malta) e dai veleni (v. 18a); soprattutto
per la guarigione dei malati (v. 18b, gi operate nella prima missione,
6,13).
La conclusione la visione grandiosa dell'Ascensione e dell'Intronizzazione alla destra di Dio, secondo la profezia del Sai 109,1 (v. 19).
Insieme, la Presenza del Signore "collabora con essi", i discepoli, e la
loro Parola annunciata era "confermata" da segni miracolosi (v. 20).
C) Le Lodi
Con il Doxastikn finale, le Lodi ripropongono lo Stichrn idimelon 1 del Tono 2 visto sopra, una sintesi grandiosa dell'ufficiatura della
Festa.
Alcuni dei temi principali della Festa possono essere ordinati come segue. Occorre anche tenere presente la "Nota alla Resurrezione",
sopra.
a) Si contempla l'avvenuta Discesa del Figlio di Dio senza mutazione,
che resta senza separazione nel Seno del Padre;
b) per eccessiva Condiscendenza, Egli assume la sua carne senza alcun
mutamento nella sua divina Ousia, e dunque neppure nella sua umana
ousia;
e) con la Croce e la Resurrezione ha adempiuto perfettamente "il Mistero dell' Oikonomia" del Padre;
d) infatti, distrusse la morte e la sua terribile potenza;
e)in se stesso anzitutto ha divinizzato la sua natura umana, con la quale
ormai sono riempiti di Gloria i cieli (cf. Efes 1,15-23);
f) per gli uomini peccatori e senza alcun merito, visti in Adamo e nella
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ASCENSIONE
sua icona deturpata, Egli rialza la loro natura dalla rovinosa caduta, e li
associa alla sua divinizzazione;
g) come epilogo glorioso, ritorna nel mai abbandonato Seno del Padre,
per occupare con Lui l'unico Trono della Gloria; h) con ci stesso per
invia secondo la Promessa lo Spirito Santo agli uomini, ossia la pace al
mondo;
i) la Teofania trinitaria nei cieli, che l'Ascensione, trova l'accoglienza
anche degli Angeli, che portano il Risorto adesso assunto al cielo, e gli
preparano degnamente il luogo della gloria, mentre gli Apostoli Lo accolgono nella glorificazione e nel tripudio;
1) e infine, sulla terra, la Chiesa oggi esulta di gioia e celebra laudante il
suo Signore Asceso.
II. - LA DIVINA LITURGIA 1.
Antifone
1 ) Si intercala ad ogni Stichos: Tdis presbiais ts Theotkou.
- Sai 46,2, "Salmo della Regalit divina": l'Orante rivolge gli "impe
rativi innici" a tutti i popoli, affinch oggi applaudano ed acclamino
Dio con accenti di intensa gioia;
- Sai 46,3: viene la "motivazione innica": poich il Signore l'Altissimo, il Terribile, il Re Grande dell'universo, si deve a Lui la celebrazione;
- Sai 46,4: Egli sottopone nazioni e popoli pagani alla guida del suo
popolo santo, che ha l'incarico di riportarli al Signore.
2) Si intercala ad ogni Stichos: "Sson hmds... Tu che nella Gloria fo
sti rapito via da noi nei cieli..."
- Sai 47,,2, "Cantico di Sion": il Signore Grande ed eternamente lau
dabile nella sua Citt, sul Monte santo della sua Presenza, oggi in
nalzato al di l dei cieli;
- Sai 47,,3: perci la sua Citt, il Monte Sion, si erge in alto quale degna sede del Grande Re;
- Sai 47, 4: ivi inabita il Signore come Sovrano e Custode della sua
Citt, che protegge per sempre.
3) Si intervalla ad ogni Stichos YApolytikion della Festa.
- Sai 48,2, "Salmo didattico sapienzale": l'Orante anche sapiente in
Israele, e perci chiama a raccolta tutti gli uomini della terra per
ascoltare la Parola divina; -Sai48,3: egli per il suo Signore raduna
un'assemblea celebrante
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COMMENTO - IL PENTKOSTR1ON
ASCENSIONE
Spirito Santo assume a s l'Umanit del Figlio suo, che allora passa
nella sfera divina per l'eternit. Luca si esprime qui con la teologia
simbolica, descrivendo questa "sottrazione" tramite la "Nube" che
come il veicolo sul quale il Risorto assunto al cielo. Ora, gi
neirA.T., la Nube indica il segno sensibile e visibile della Gloria divina
che assiste il popolo giorno e notte durante l'esodo (cf. Es 13,21-22),
proteggendolo dagli ardori del sole e mostrandosi come Fuoco di notte
contro i rigori del gelo. Questa Nube riempie anche il santuario nel deserto (Es 40,34-38; Num 9,15-23), come il tempio a Gerusalemme (3
Re (= 1 Re) 8,10-11). Vedi l'Evangelo del 25 Marzo.
Per la Nube della Gloria, simbolo dello Spirito di Dio, si ritrova
anche in Dan 7,13-14. Essa porta all'Antico di giorni, ossia all'Eterno,
la figura misteriosa, divina ed umana, del Figlio dell'uomo, al fine che
dall'Antico di giorni riceva ogni potere e gloria e regno su tutti i popoli
della terra, per la loro salvezza. Ora, precisamente la condanna a morte
di Ges da parte del sinedrio fu causata dalla sua affermazione in risposta alla domanda: "Tu, sei il Cristo, il Figlio del Benedetto?" posta
dal sommo sacerdote (Me 14,61) , insieme netta e definitiva: "Io sono. E voi vedrete 'il Figlio dell'uomo intronizzato alla Destra della Potenza (= Dio) e veniente con le nubi del cielo'" (Me 14,62), che una
lunga citazione di Dan 7,13. Cos la Nube rivela che il Figlio dell'uomo riassume in s anche la figura del Christs, il Re Messia, a cui il Signore aveva concesso la filiazione divina con solenne promessa (2 Re
(= 2 Sam) 7,13-16, cantata dal Salmista: Sai 88,27-30). Mentre il sommo sacerdote ritiene che tale filiazione divina sia metaforica, concessa
dal Signore al Re messianico che un semplice uomo, Ges afferma la
sua filiazione divina eterna, come ben comprende lo stesso sommo sacerdote, che si strappa le vesti e grida la sua condanna a morte (Me
14,63-64).
Ed ecco finalmente la Nube in azione. Si tratta per ora di innalzare alla
Gloria divina l'Umanit del Risorto (At 1,9). Ma la medesima Nube Lo
riporter all'ultimo dei giorni, per il Giudizio (cf. Me 13,26, e par.).
Di fronte a cos grande ed incomprensibile avvenimento, ovvio
che gli attoniti discepoli "restano fissi al cielo" mentre il Signore sale
(At 1,1 Oa). Si presentano ad essi due Giovani, i medesimi che al sepolcro si erano manifestati alle Donne fedeli, come resoconta Luca (Le
24,5), mentre quelle per lo stupore del sepolcro vuoto guardavano a terra. I due Giovani portano vesti bianche, come alla Resurrezione, in segno di vittoria; si anche detto che era ferma fede della Chiesa Madre
di lingua aramaica, che i due fossero Cristo e lo Spirito Santo. La veste
bianca si ritrover come la divisa liturgica nella Liturgia eterna cosmica
celeste (cf. Ap 4-5). Essa indica allora anche il trapasso alla sfera eterna, che adesso si vuole manifestare (v. 10).
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COMMENTO - IL PENTEKOSTARION
ASCENSIONE
cuore del Fuoco dello Spirito lungo la via, quando spiegava ad essi le
Scritture che Lo riguardavano, ed aprendo i loro occhi quando spezzava ad essi il Pane della benedizione (cf. 24,13-32). Allora essi erano
tornati a Gerusalemme dagli Undici che stavano con gli altri discepoli.
Questi ai due annunciavano: "Realmente fu risvegliato (egir) Cristo,
e si mostr a Simone" (vv. 33-34), mentre i primi davano resoconto di
quanto era a loro avvenuto, e come "Egli si fece conoscere nello spezzare il Pane" (v. 35). Quest'ultima espressione rester tradizionalmente
nella Chiesa primitiva per indicare la celebrazione dei Divini Misteri.
Adesso interviene di nuovo il Risorto, che appare come Ges, l'Uomo concreto. Come in Gv 20,19-23 (cf. sopra), Egli anzitutto augura e
dona la sua Pace. Poi li assicura di essere Lui, e, come nelle teofanie,
li esorta a non avere timore (v. 36). Al contrario, essi sono stravolti e
terrorizzati, credendo di vedere "uno spirito", un fantasma. Ancora
una volta i discepoli dimostrano la loro lentezza nel l'afferrare la situazione; essi non sono creduloni. Cos per da una parte dimostrano di
non avere compreso le Scritture, come i due di Emmaus, come i discepoli al sepolcro vuoto secondo Giovanni (Gv 20,9). Ma dall'altra, sono per noi la garanzia suprema: essi non credettero facilmente, bens
solo dopo che razionalizzarono la visione del Risorto, e furono convinti delle Scritture.
Realizzazione e convinzione che sono opera esclusiva del Risorto. Il
quale anzitutto contesta severamente il loro sconvolgimento davanti alla
Persona che pure amavano, e i pensieri strani che tumultuano nel loro
cuore-intelletto (v. 38). Poi invita alla ricognizione della realt della sua
Umanit risorta: "Guardate le mani mie e i piedi miei", che portano indelebilmente i "segni" della Passione, qui i chiodi. Questo avviene, con
leggere modifiche, anche nel resoconto di Gv 20,27 relativo a Tommaso
l'incredulo (cf. la Domenica di S. Tommaso). Ora, quei "segni" sono l'anamnesi permanente della Passione redentrice, e sono intercessione al
Padre, e memoria adorante per i fedeli. Ges prosegue: "Uno spirito non
ha carne e ossa". Quindi il Risorto sussiste nella "sua" carne e nelle
"sue" ossa, perci nel realismo dell'Umanit, che n la Morte divoratrice, e tanto meno la Resurrezione hanno come "inghiottito". Tale purtroppo fu la credenza errata di gruppi pii di cristiani, i docetisti, i quali ritenevano cos di onorare la sola divinit del Signore, orribilmente annullando la realt dell'Incarnazione e eW Oikonomia del Padre con lo Spirito Santo. Le correnti monofsite, ancora striscianti tra i cristiani, giungevano cos a negare o l'Incarnazione, o la Resurrezione, che avrebbe
annullato "l'Uomo" in favore del divino, ma cos "relativizzando" e diminuendo la Divinit, che si sarebbe posta in concorrenza con l'umanit.
"Voi vedete che io ho" carne ed ossa, prosegue il Signore (v. 39). Il quale
procede a mostrare alla luce le mani ed i piedi stigmatizzati (v. 40).
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COMMENTO - IL PENTKOSTRION
ASCENSIONE
Gi ad Emmaus aveva "aperto (dianig) le Scritture" (v. 32). Seguiter a farlo sempre. Giovanni da parte sua annota alle sue Comunit lo
stesso tratto, quando nella chiusura della sua prima epistola dice:
Noi sappiamo che il Figlio di Dio venne,
e don a noi la riflessione (dianoia),
affinch conosciamo (ginsk) il Veridico,
e noi stiamo nel Veridico,
nel Figlio di Lui Ges Cristo:
Egli il Vero Dio e la Vita eterna (1 Gv 5,20).
Cos si trova la Chiesa quando nella fedelt allo Sposo interpreta autenticamente le Scritture. Vedi la Nota apposita, Parte I, Cap. 3.
Ges aggiunge ancora la spiegazione che verte su Lui stesso e sul
futuro dei discepoli e dell'umanit (v. 46). " stato scritto", ossia "Dio
ha fatto scrivere" un compendio, che riassume le Scritture per intero:
"avrebbe sofferto il Cristo-Messia". Qui per la prima volta nel N.T. in
modo esplicito il Servo sofferente di Is 52,13 - 53,12, e il Messia glorioso e vittorioso sono fatti coincidere in un'unica figura, fatto che invece leggendo le Scritture non si poteva comprendere. La motivazione
infatti viene solo con la Resurrezione: "e sarebbe risorto dai morti al
terzo giorno". Il Servo infatti doveva porre, offrire la sua esistenza, per
poter redimere i peccatori, e impadronirsi della preda del Potente, il demonio. Doveva dunque vincere morendo, cos che con la sua Morte
dissipasse il potere della Morte, e risorgendo restaurasse con la Grande
Misericordia il genere umano.
La conseguenza per gli uomini comincia dalla predicazione dopo la
Resurrezione; qui il verbo classico: kryss, l'annunzio primitivo gi
di Cristo (cf. Me 1,14), quindi degli Apostoli (cf. At 10,42). La predicazione "nel Nome" del Risorto ha come scopo anzitutto la conversione
del cuore, la metnoia, per ottenere il Giubileo generale dello Spirito
Santo, la phesis dei peccati (cf. At 2,38); i destinatali sono tutte le nazioni della terra (v. 47), ma a cominciare da Gerusalemme. Infatti i primi destinatali della divina Misericordia sono gli Ebrei, per il diritto antico dell'alleanza divina fedele.
L'ultima esortazione del Signore complessa. I discepoli sono costituiti testimoni, mrtyres, di questa Realt nuova e mirabile, e tali restano nella Chiesa per sempre (v. 48). Testimoni autentici, autorizzati, resi
idonei dallo Spirito Santo a Pentecoste, e testimoni veridici, intrepidi
davanti ad ogni nemico ed avversit.
L'ultima parola la Promessa grande: l'invio dello Spirito Santo.
"la Promessa del Padre" di Ges, Y Epaggelia antica, in cui si fondono
diverse realt. la Promessa e Benedizione consegnate ad Abramo,
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COMMENTO - ILPENTKOSTR1ON
che sono lo Spirito Santo (cf. Gai 3,13-14), ottenuto dalla Croce. Ma
la Persona divina stessa dello Spirito, che cos connotato come il Dono ultimo, supremo, inconsumabile. I discepoli per debbono restare
uniti, nella Citt del Re grande, finch siano "rivestiti (endyomai) dall'Alto della Potenza" divina. Lo Spirito Santo, come gi si disse, dunque la divina Veste che non si smette pi. Gli Apostoli ne sono rivestiti
a Pentecoste, dopo di essi tutti i fedeli nel santo battesimo. Essa diventa
una parte di loro stessi, anzi, il modo di esistere davanti al Padre e agli
uomini (v. 49): rivestiti anche di Cristo: Gai 3,27.
La scena nel cenacolo terminata. L'epilogo glorioso avviene "vicino a Betania", che si trova nella china meridionale del Monte degli Olivi, e cos ancora una volta richiamata "la Galilea", come sopra stato
presentato, dunque ancora in Gerusalemme. Il Signore li raduna l. Poi
alzate le sue mani sante li benedice (v. 50).
Epilogo grandioso, che richiama il denso inizio. Luca infatti comincia il suo Evangelo con una liturgia, quella di Zaccaria nel tempio. Qui
2 volte al giorno si procedeva al culto tmia1, perenne. Alle * M m^ no e
alle 15 del pomeriggio si usava celebrare il fastoso rito sacrificale. Il
sacerdote procedeva all'olocausto quotidiano; eventualmente poi faceva immolare la vittima dall'offerente, versava il sangue intorno all'altare, bruciava alcune parti della vittima riservate come olocausto al Signore, mentre pregava per se stesso, per i confratelli, per il capo del popolo, per l'offerente, e sotto l'occupazione romana anche per le fortune
dell'imperatore. Poi la vittima del sacrificio pacifico, di comunione,
nelle parti ammesse era squartata e cotta, e si mangiava con il pane e il
vino della libazione, in convito fraterno. Durante il sacrificio il popolo
presente insieme con i leviti che lo dirigevano, pregava i Salmi. Il sacerdote doveva offrire anche l'incenso, al Signore, "aroma soave" (cf.
Sai 140,2, uno dei Salmi lucernali del Vespro). Alla fine del rito cos
complesso, il sacerdote doveva benedire il popolo, con la "benedizione
sacerdotale" di Num 6,24-26.
Ora, Zaccaria funge nel suo "turno", secondo la "famiglia" sacerdotale a cui apparteneva, quella di Abia. Finita la liturgia quotidiana
deve procedere a benedire il popolo quale atto conclusivo del culto
(cf. Le 1,5-9). L'apparizione e le parole dell'Angelo che gli annunciano la fausta nascita di un figlio, che sar Giovanni, lo lasciano incredulo (vv. 10-18). L'Angelo come momentanea ammonizione per lo
rende muto (vv. 19-22). Zaccaria non pu terminare la liturgia (vedi il
23 Settembre).
E per anche annunciato il Figlio di Dio a Maria Vergine, con titoli
sacerdotali: "mgas, Grande (1,32), il Somme Sacerdote; "hgios,
Santo" (1,35), il sacerdote per eccellenza nell'A.T. (cf. Es 29,6;
39,30; Lev 8,9; Sai 105,16). Egli compir la Liturgia dell'intera sua Vi418
ASCENSIONE
ta tra gli uomini, che culminer sulla Croce, offerta di "aroma soave"
(cf. Efes 5,2). Adesso pu "benedire" il popolo messianico, i suoi discepoli. Ma insieme pu procedere alla loro cheirotonia, la loro ordinazione sacerdotale, a cui manca solo la Veste divina, lo Spirito Santo,
che riceveranno a Pentecoste.
E adesso pu "essere portato in alto verso il cielo" (v. 51). La sua
Liturgia sar proseguita da Lui in eterno nei cieli, sulla terra dagli Apostoli nella Chiesa.
Essi infatti adorano il loro Signore assunto al cielo, e con gioia grande tornano a Gerusalemme (v. 52), dove formano la prima Comunit:
sempre insieme "nel tempio", e come tempio, lodando e benedicendo
Dio (v. 53). Le Chiese che da essi nasceranno saranno questo tempio di
lode e di benedizione a Dio, benedizione per tutti gli uomini.
7. Megalinario
T . , ,.
il Heirms dell'Ode 9a deWrthros. I fedeli con unica mente de-vota
magnificano la Madre di Dio, la quale al di l di ogni intendimento e
di ogni espressione partor indicibilmente nel tempo l'Intem-porale
Figlio.
8. Koinnikn
il Sai 46,6, "Salmo della Regalit divina". anche VEisodikn.
Durante la comunione, questi Misteri fanno partecipare all'evento
della glorificazione del Signore nel cielo, accolto dalle acclamazioni
della corte celeste e dei fedeli sulla terra, con squilli di strumenti
gioiosi e festivi.
9. Dopo il Sson, ho Thes
Si canta di nuovo YApolytikion della Festa.
10.Aplysis
Si inizia con: "Egli che nella gloria fu assunto via da noi nei cieli, e
si intronizz alla destra di Dio e Padre...".
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sbiteri di Efeso convocati a Mileto (vv. 18b-35), oggi in gran parte non
oggetto della lettura liturgica. Conviene comunque riassumerlo.
Dopo la predicazione e la fondazione della prima comunit di fedeli
ad Efeso (At 19), Paolo decide di recarsi in Macedonia e Grecia, dove
trascorre alcuni mesi (20,1-5), poi da Filippi si imbarca per Troade
(20,6-12, con la celebrazione domenicale, v. 7, e la resurrezione del
giovane Eutico, vv. 8-10). Per il progetto di recarsi a Gerusalemme
per la Pentecoste (v. 16), quindi viaggia fino a Mileto per nave (vv. 1316). Qui convoca i presbyteroi, gli "anziani" (non di et, bens di incarico; cf. l'ebraico zkenim, "anziano", e il latino senator, da senes, anziano, ma non necessariamente "vecchio"), per accomiatarsi (vv. 1718a), e rivolge loro un articolato discorso (vv. 18b-35).
All'inizio, Paolo fa l'apologi del suo comportamento apostolico tra
quelli, della sua cura per essi, delle sofferenze e tribolazioni sostenute,
dello zelo per la predicazione di Ges Signore ad Ebrei e a Greci (vv.
18-21). Adesso lo Spirito lo spinge a Gerusalemme, e Paolo non sa che
cosa lo attende, lo Spirito gli attesta solo tribolazioni (vv. 22-23). Non
che l'Apostolo prezzi troppo la sua vita, avendo a cuore solo l'Evangelo della grazia (v. 24). Anche questi Efesini ai quali ha predicato il Regno di Dio, non lo vedranno pi (v. 25). Cos l'Apostolo si dichiara tra
loro del tutto innocente di ogni colpa che essi potrebbero avere, avendo
ricevuto in completezza il Disegno divino a cui ottemperare secondo la
propria responsabilit (vv. 26-27).
Adesso vengono le esortazioni apostoliche da Paolo ai responsabili
della Chiesa di Efeso. Anzitutto vegliare su se stessi e sul gregge intero,
poich su questo essi furono "posti" come Vescovi (episkopoi) dallo
Spirito Santo stesso. questo un punto su cui la critica non pu esercitare l'arte della negazione. La costituzione dei "Vescovi" nella Chiesa
di origine apostolica. ovvio che la terminologia oscilli tra presbyteroi
(e questo per alcuni secoli), episkopoi e altri termini; vero anche che
in origine un collegio dipresbyteroi-episkopoi reggeva la Chiesa locale,
e questo nella stessa Roma (cos le lapidi dei Vescovi di Roma nelle catacombe); anche vero che in Siria all'inizio del sec. 2 si ha gi il Vescovo "monarchico", come S. Ignazio d'Antiochia, e tale istituto si affermer rapidamente. Ma su tutto questo sta la realt maggiore: l'Apostolo pone nella sua Successione alla Chiesa di Efeso che ha fondato e
diretto, i Presbyteroi-episkopoi. Da questi egli forma la catena ininterrotta della diadoch, la Successione apostolica di diritto divino.
La responsabilit di questi episkopoi che stanno sotto il potere divino dello Spirito Santo, immane. Paolo infatti la descrive cos: lo Spirito ha posto episkopoi sull'intero gregge (poimnion), al fine di pascere
(poimdin) YEkklsia to Theo, la Chiesa di Dio. notevole qui per
noi che "Chiesa di Dio" indica l'intera Chiesa, eppure detto della sola
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COMMENTO - IL PENTKOSTRION
Chiesa di Efeso. Infatti la buona teologia ci insegna che solo nella visibilit e concretezza della Comunit di fede che sta in un determinato
luogo, si rende visibile e concreta, si attua e cresce l l'intera Chiesa
Unica Santa Cattolica Apostolica, in comunione con tutte le altre Chiese
sorelle.
La responsabilit dei capi del gregge riposa su quanto Paolo afferma
adesso: questa Chiesa di Dio, Dio l'acquis (peripoi; cf. Es 19,3-6; 1
Pt 2,1-10), per se stesso "mediante il sangue proprio, dia to himatos
to idiou", si pu tradurre in prima lettura; oppure: "mediante, in forza
del sangue del Proprio", il Figlio. Il testo non facile, ma il senso ovvio: il Padre rivendica come "sua" in esclusiva la Chiesa, perch ha
speso come "prezzo" il sangue "proprio", essendo il Figlio, che lo vers, "il Figlio proprio", come lo dice Paolo stesso in Rom 8,32. La Chiesa dunque la Comunit dei peccatori "riscattati" al "prezzo" terrificante del Sangue divino. Gi in antico stato rilevato che qui si ha un
imponente testo trinitario, che mostra in azione l'intera divina Oikonomia: il Padre all'origine, con il suo Disegno e la Volont di acquisirsi
la "sua" Chiesa, con la sua decisione sul Sangue del Figlio proprio; il
Figlio che versa questo suo Sangue; lo Spirito che attua la redenzione
nella costituzione della Chiesa di Dio strutturata, gerarchica, bene pascolata da Pastori autorizzati e santificati. Il v. 28 dunque una delle
principali chiavi di lettura dell'ecclesiologia.
Ai vv. 29-31 vengono le raccomandazioni pastorali. Anzitutto di tipo dottrinale. Nella nostra et ha preso il sopravvento un certo relativismo del tutto "moderno", frutto della cultura generale che insieme
nominalista e razionalista. Si sente ragionare da troppi cristiani, in genere delle classi medio-alte, che una religione vale l'altra, che un punto
della fede se tralasciato in fondo non produce danno, e cos anche se un
punto o l'altro della disciplina ecclesiale o della morale si "aggiornano", va tutto bene. La preoccupazione dell'A.T., di Cristo Signore, degli
Apostoli al contrario per la Dottrina immacolata, per la disciplina
intatta, per la morale irreprensibile. Paolo perci avverte (v. 29) che dopo
la sua partenza inevitabilmente verranno "lupi gravanti", alla lettera,
ossia violenti, rapaci, che non risparmieranno "il gregge" (v. 30), anzi,
dal seno stesso della Comunit sorgeranno uomini con parola di perversione per farsi i loro discepoli. anche l'ammonimento dell'Apostolo Giovanni (1 Gv 2,19), e poi di Paolo nelle sue Epistole "pastorali". Insomma, da fuori, ma soprattutto da dentro, vengono pericoli mortali per la fede e per la carit. Ossia pericoli di eresie e di scismi, l'eterna
minaccia sulla Chiesa, che ha prodotto finora frutti di male e di morte.
Paolo riprende l'esortazione del Signore: "Vigilate perci!" (cf. Me
13,37, ultima parola del "discorso escatologico").
L'applicazione alla Sinodo di Nicea I evidente. Quei Pastori delle
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COMMENTO - IL PENTKOSTARION
5. EVANGELO
a) Alleluia: Sai 49,1.5, "Esortazione profetica"
L'Orante introduce il Signore stesso nel momento pi solenne della
sua teofania: mentre parla, e chiama a testimoniare la terra da oriente a
ponente, poich (Stichos, v. 5) convoca l'assemblea dei suoi fedeli,
quelli che accettarono l'alleanza divina con il sigillo del sacrificio.
L'applicazione alla Sinodo nicena, dove il Signore stesso parl le
parole dell'ortodossia ponendole sulla bocca dell'assemblea dei Padri, i
quali rinnovarono cos l'alleanza fedele.
b) Gv 17,1-13
II testo del tutto singolare di Gv 17,1-26 gi dai Padri, che lo compresero cos bene, fu definito "Preghiera sacerdotale" del Signore, poich qui si mostra l'intercessione potente del Sommo Sacerdote al Padre
(S. Cirillo Alessandrino; e altri).
La struttura letteraria del testo discussa dagli specialisti. Sembra
per che una sia la pi chiara ed esplicativa, in triplice articolazione:
a) vv. 1-8: il Sommo Sacerdote intercede per se stesso;
b) vv. 9-19: intercede per i suoi confratelli nel sacerdozio;
e) vv. 20-26: intercede per tutti quelli che mediante questi suoi confratelli saranno portati alla fede con la Parola, e all'unit della carit.
Insieme, le parole del Signore rivolte al Padre sono anche annuncio,
testimonianza e profezia, nella potenza della preghiera irresistibile che
filialmente il Sommo Sacerdote sa far salire alla Bontpaterna.
Ed anzitutto, come la critica moderna migliore ha saputo comprendere, la "Preghiera sacerdotale" del Signore ha strette analogie con la
grande liturgia ebraica del Kippr, il Giorno grande dell'"Espiazione",
descritta in Lev 16. Qui si osserva a colpo d'occhio che una volta l'anno, al 10 del mese di Tisrt (dopo la met di settembre), il sommo sacerdote poteva entrare nel "santo dei santi" per la grande intercessione redentrice, con il sangue della vittima e con l'incenso di odore soave.
Egli ufficiava prima per s e per i suoi confratelli (Lev 16,11), poi per
tutto il popolo (v. 15). Il sangue aveva valore simbolico, essendo "la vita" donata dal Signore ad Israele, ma che doveva essergli riofferta sacrificalmente (cf. Lev 17,11). Ora, la massima impurit, estremo diaframma che separa dal Signore, la morte, e la massima purezza che
unisce al Signore la vita. L'alleanza sacrificale del Sinai (Es 24) consisteva nel rito supremo della lettura delle Parole del Signore accettate
e ratificate dal popolo, e nel versamento del sangue sacrificale, il simbolo della vita donata, per met sull'altare, luogo della divina imperscrutabile Presenza, e per met sul popolo. A questo sangue-vita era infatti riconosciuto una serie di effetti decisivi: a) purifica dai peccati, li
424
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
za creata, donatogli dal Padre al fine che il Figlio possa donare agli uomini la "Vita eterna" (v. 2), lo scopo ultimo della missione filiale. Al v.
3 viene l'unica definizione biblica della "Vita eterna" (ma cf. Gv
12,50): "conoscere", avere esperienza totale, d'amore unitivo, del Padre e del suo Apostolo (verbo apostll) Ges Cristo, l'unico Inviato.
Ma il Padre va conosciuto come Unico Vero Dio, con richiamo a Gv
14,6 (e cf. Ger 10,10 per l'A.T.), nell'esclusivit del monoteismo dell'antica alleanza (cf. Dt 6,4-6), che Cristo riafferma nettamente (cf. Mt
22,37-38, e par.).
Ges adesso fa anamnesi della sua opera sulla terra. Anzitutto ha glorificato il Padre, ed ha "adempiuto l'opera" assegnatagli da eseguire (v.
4), e questa, in altro contesto, "cibo suo", unica sua sussistenza sulla
terra (Gv 4,34). Perci ripete l'epiclesi per la glorificazione, rivelando
qualche cosa del totale Mistero divino: Ges desidera la Gloria che possedeva prima della creazione del mondo, quando viveva eternamente con
il Padre (v. 5). H Prologo aveva gi affermato che il Verbo stava eternamente presso il Padre (Gv 1,1), nel Seno del Padre (1,18). Anche Paolo
nel celebre "inno dei Filippesi" proclama che Cristo Ges sussisteva dall'eternit "nella forma" ossia nella sostanza divina (FU 2,6). La Gloria
dunque l'elemento-dono che unisce in eterno il Padre con il Figlio.
La Preghiera prosegue (v. 6) con un'altra amnesi: il Figlio manifest
teofanicamente (phaner) il Nome di Padre, la sua essenza ultima di
Bont e Misericordia. Non solo, ma insegn anche ai discepoli a pregare affinch questo Nome, unico adorabile, "sia santificato", ossia sia
annunciato e fatto glorificare dagli uomini (Mt 6,9). Ges si limitato a
dare questa manifestazione ai discepoli, perch questi e solo questi per
ora il Padre gli ha donato; ma essi poi porteranno il Nome del Padre e
del Figlio nel mondo, e battezzeranno in questo Nome, a cui prende
parte piena anche lo Spirito Santo (Mt 28,19). Gli Atti saranno la storia
della primitiva ondata missionaria che svolge questo compito fondamentale. Ora, i discepoli sono definiti cos: erano solo del Padre, al
quale risale il Disegno iniziale, e con ci la vocazione che ne consegue.
Il Figlio ai discepoli ha donato la Parola del Padre. Tutto l'Evangelo di
Giovanni narra che quanto il Figlio vide e ascolt dal Padre, questo e
solo questo porta ai discepoli; cos opera anche lo Spirito Santo. I discepoli essendo affidati a Lui, fedelmente "custodirono la Parola" del
Padre. Certo, essi al Getsemani, tra poco, abbandoneranno il loro Maestro e Signore, e cos Lo lasceranno solo sulla Croce. Ma Ges vede
tutto in proiezione lontana, nella missione apostolica che seguir.
Essi infatti gi adesso "conobbero" che le Realt che ebbero dal Figlio, stanno presso il Padre; lo affermarono poco prima (16,30) in modo esplicito. E tali realt consistono essenzialmente nelle Parole (rhmata) donate dal Padre al Figlio e da questi ad essi. Ne fecero la rece426
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
da i discepoli "unica realt". Tale realt unica poi deve confluire a formare un'altra unica realt con le Ipostasi divine, che sussistono in eterno come "Realt Unica" di sostanza (greco hn): tra i discepoli e l'unit sostanziale formata dal Padre e dal Figlio, deve esistere finalmente
quella relazione per cui Padre e Figlio uniti permeino perfettamente e
totalmente essi, ed essi permeino perfettamente e totalmente il Padre ed
il Figlio -pardoxon thuma Phobern, ossia meraviglia paradossale,
e terribile divino! la vetta dell'intera Rivelazione, della teologia, della
vita cristiana, della mistica. la cima vertiginosa, la profondit abissale
a cui ogni fedele battezzato "nel Nome Unico" chiamato a salire o a
sprofondare, ricevendo per tutta la Grazia divina per farlo.
Il v. 12 un'altra anamnesi al Padre. H Figlio "nel Nome" del Padre
ha custodito i discepoli (escluso Giuda). Questo era gi detto dalla
Scrittura. Ma dove? In Gv 6,39 si dice lo stesso, e il fine che Cristo
possa resuscitarli all'ultimo giorno. "La Scrittura" qui l'intero A.T.,
ma confermato dalla Parola del Signore in 6,39. La quale poi constatata nel suo adempimento al Getsemani, quando il Signore ottiene che i
discepoli vadano liberi (18,9).
La pericope termina con la nota della gioia. La venuta del Figlio al
Padre, a cui corrispondono queste parole, ha come fine la gioia stessa
di Cristo che adesso " stata adempiuta" nei discepoli. Tale gioia stata
promessa in 15,11; 16,22; Giovanni vi insiste ancora nella sua prima
Epistola (1 Gv 1,1-4). la gioia cristiana, che i fedeli riceveranno dalla
comunione apostolica, e che si chiama "comunione con il Padre e
con il Figlio".
Ma qui si deve porre l'interrogazione preoccupata: come mai nella
sua "Preghiera sacerdotale" il Figlio, pieno di Spirito Santo, non parla
mai dello Spirito Santo stesso, la cui opera determinante tra i discepoli, come il Signore aveva affermato almeno per 5 volte durante la Cena
(cf. Gv 14-16)?
La risposta netta. L'intera "Preghiera sacerdotale" risuona da un
capo all'altro della presenza dello Spirito Santo, della sua partecipazione
singolare, della sua opera che adempie tutto in esclusiva. Infatti, le
realt portate dal grande testo sono:
-
- la santificazione dei discepoli da parte del Padre (v. 17): opera del
lo Spirito Santo;
- l'unit dei discepoli tra essi: opera dello Spirito Santo;
- la Parola della Verit che essi debbono portare al mondo: efficace
solo nello Spirito Santo;
- l'unit divina che deve regnare tra gli uomini, e degli uomini con il
Padre e con il Figlio: lo Spirito Santo;
- la perfezione dei discepoli nell'unit (v. 23): opera dello Spirito
Santo;
- la fede dei discepoli, che essi debbono portare al mondo (v. 20):
operata dallo Spirito Santo;
- l'Amore infinito che passa dal Padre al Figlio, e da essi ai discepoli
(vv. 23.26): lo Spirito Santo.
Cos concludendo si pu affermare:
a) le realt che il Padre mediante il Figlio opera in favore dei discepoli
e dei futuri fedeli, sono causate dallo Spirito Santo;
b) il "Dono" complessivo che dal Padre e dal Figlio proviene ai disce
poli, lo Spirito Santo;
e) tale Dono infinito ed inconsumabile, con le conseguenze enumerate
poco sopra, proviene agli uomini dalla celebrazione dei divini trasformanti Misteri, luogo di arrivo, e fonte inesauribile. La spiegazione sotto i segni simbolici data dal Signore stesso, in Gv 6,22-63, nel cosiddetto "discorso eucaristico", che a ben guardare ha il suo posto autentico durante la Cena (lo spostamento forse solo redazionale).
6. Megalinario
quello ordinario della Domenica, xin estin. Il testo un Heirms
dell'Ufficio, che alle Feste del Signore e della Madre di Dio, e alla loro
Apdosis o conclusione, sostituito da Heirmi appositi o "propri". Il
coro all'inizio dell'Intercessione anaforica canta: "E degno come veridicit, beatificare Te, la Theotkos, la Semprebeata e Tuttaimmacolata, e
Madre del Dio nostro. Come la pi onorata che i Cherubini, ed incomparabilmente pi gloriosa dei Serafini, la Partoriente in modo incorrotto
il Dio Verbo, la realmente Theotkos, noi magnifichiamo te!".
7. Koinnikn
Della Domenica, ossia Sai 148,1.
8.Apolytikion
Dell'Ascensione. Si canta dopo il Sson ho Thes.
429
SABATO P R I M A DI PENTECOSTE
PSYCHOSBBATON
Madre d'amore e di misericordia, la Chiesa santa senza interruzione,
giorno dopo giorno e si pu dire ora dopo ora, al Signore Dio dei Padri, il
Mirabile tra i suoi Santi, innalza l'intercessione per tutti gli uomini, vivi e
passati al secolo eterno. Questo si rileva in specie nel cuore pulsante della
preghiera della Chiesa, che la santa Anafora, dove la grande Intercessione, attraverso gironi sempre pi comprensivi, raggiunge via via tutti i
viventi e tutti i defunti. La Divina Liturgia pu essere anche accompagnata da altre forme di piet, come YAkolouthia piena di devozione che
il Trisgion per i defunti, dove essi sono anche chiamati per nome.
Con particolare raccoglimento la memoria dei fedeli trapassati
prescritta poi due volte l'anno, il Sabato prima di Pentecoste, ed
il Sabato prima della Domenica deYApkreos,o di Carnevale,
ambedue ricorrenze poste sotto il titolo di Psychosbbaton, "Sabato delle anime", e sotto la rubrica comune: "Compiamo la memo ria
di tutti i cristiani ortodossi, padri e fratelli nostri, addormentatisi da
questo secolo". Il tratto proviene dalla fede nostra nella
"resurrezione comune", la koin andstasis, esplicitamente promessa
dal Signore, "la Resurrezione e la Vita" ipostatiche (cf. Gv
11,25) di fronte alla terrificante amarezza della morte (Gv 11,2138). La Morte l'"ultima Nemica" (1 Cor 15, 26; Ap 20,14; 21,4),
che con la Morte il Signore rese morta, privandola della preda
eterna (1 Cor 15,54-56). E di questo dobbiamo rendere grazie al
Padre mediante il Figlio Risorto nello Spirito Santo (1 Cor 15,57).
Questo va avanti ogni altra considerazione, e porta a contemplare
l'opera onnipotente del Padre nello Spirito Santo. Non per caso affatto
questo Psychosbbaton posto per cos dire come preparazione alla
Pentecoste, tanto pi che il Venerd precedente si celebrata YApdosis
della divina Ascensione. Cos vanno tenuti presenti i grandi testi della
Rivelazione sulla Resurrezione del Signore, e su quella che ne consegue, la "nostra". Paolo su questa insiste molto, fin dall'inizio dei suoi
scritti, come quando ai Tessalonicesi fa risuonare il grido di allerta di
fronte alla tragedia dei fedeli morti: "Non come quelli che non hanno
speranza!" (1 Tess 4,13, vedi i vv. 13-17), e l'esortazione finale: "Consolatevi dunque a vicenda con queste parole!" (v. 18). La riaffermazione
della fede nella resurrezione il nesso inscindibile con la Resurrezione
del Signore. Paolo vi torna sopra insistentemente: 1 Cor 6,14; 2 Cor
4,14; Rom 6,5.8, fino al testo esemplare, enorme, di Rom 8,11:
Che se lo Spirito del Risvegliante Ges dai morti abita
in voi,
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PSYCHOSABBATON
COMMENTO - ILPENTKOSTR1ON
PSYCHOSABBATON
COMMENTO - IL PENTKOSTR1ON
Mnmsynon dei defunti, dopo i Tropari, con l'invito a "pregare ancora" per la beata memoria e per il riposo eterno dei servi del Signore: re,
Patriarchi, Vescovi, sacerdoti, ieromonaci, ierodiaconi, monaci, e i fedeli che da tutti i confini della terra si addormentarono come cristiani
ortodossi e devoti, padri, antenati, genitori, fratelli e parenti nostri, propiziando il largo loro perdono da ogni colpa.
Al Mattutino funzione rilevante hanno gli Eulogtra nekrsima,
come risposta antifonica all'invocazione epicletica del Sai 118,12: "Benedetto Tu, Signore, insegna a me le tue giustificazioni".
La preghiera universale. Il Sigillo la Divina Liturgia.
1. Antifone
Typikd e Makarismi.
2. Eisokidn
Ordinario, con Ho Anastds eknekrn, "II Risorto dai morti".
3. Tropari
1) Apolytikion dei defunti: un'epliclesi per il riposo alle anime dei
servi del Signore, invocato come Creatore unico, Plasmatore e Dio no
stro, Colui che come Amante degli uomini tutto dispone (oikonom)
con profondit di sapienza, ed assegna a tutti quello che a ciascuno
utile, e perci la speranza riposa solo in Lui.
2) Kontkion dei defunti. un'altra epiclesi: al Salvatore Immortale si
chiede che dia dimora nelle tende eterne degli eletti a quanti passarono
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PSYCHOSABBATON
COMMENTO - ILPENTKOSTRON
PSYCHOSBBATON
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
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COMMENTO -ILPENTKOSTR1ON
PENTECOSTE
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
PENTECOSTE
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
PENTECOSTE
Liturgia. Purtroppo, questa coniugazione in certa teologia moderna, cos "specializzata" e dunque settoriale e spesso asfittica, pressoch assente, anche se velleitariamente invocata.
Altres dai Padri del sec. 4, e per l'influsso enorme che qui ebbe S.
Efrem il Siro, bench non da solo, proviene alla santa Liturgia dell'Oriente quella nota cos caratteristica del Mystrion phobern, phriktn,
il Mistero da temere perch incute salutare terrore per la sua immanit
indicibile. Non si pu veramente celebrare il Signore senza accostarsi
alla sua Presenza tremenda nella conversione del cuore sincera. La
metnoia e deve essere insieme katnyxis, compunzione del cuore,
una condizione dell'esistenza redenta che non proviene dalla natura
dell'uomo: "anche questa katnyxis dono di Dio" (S. BASILIO, Reg.
brev. 16, in PG 31,1092 C). Come la ebbero in dono gli Ebrei la mattina della Pentecoste davanti a Pietro ed agli Apostoli che annunciavano
Cristo Risorto con lo Spirito Santo (At 2,37).
Ora, la Liturgia di Pentecoste avviene in una tipica atmosfera di penitenza, la cui espressione estesa e profonda sono le Preghiere della
Gonyklisia recitate in ginocchio dal celebrante davanti all'assemblea a
sua volta prostrata (cf. il Vespro della sera della Pentecoste). un atteggiamento molto antico dell'Oriente cristiano, quello di accogliere il
dono dello Spirito Santo in ginocchio; e al momento dell'epiclesi della
Divina Liturgia, per s i Riti orientali prescrivono che i celebranti stiano all'altare in ginocchio, poich il momento tremendo.
I. - LE ORE SANTE E impossibile qui
dare pi che qualche schematico contenuto.
A) II Vespro
Si potrebbe considerare come indicazione della celebrazione il contenuto dello Stichrn idimelon 1 del Tono 1: Festa di Pentecoste,
visita dello Spirito, privilegio della Promessa, adempimento della speranza: "che ingente Mistero, grande e venerato!"; e 5 del Tono 2:
l'acclamazione innica si dirige alla Triade consustanziale, il Padre ed il
Figlio e lo Spirito Santo "poich cos predicarono (kryss) tutti i
Profeti e Apostoli insieme ai Martiri". Ossia: la Pentecoste Teofania
triadica, e qui la Triade divina riceve la dossologia, segnando il punto
di convergenza del preannuncio profetico con la predicazione apostolica
e la testimonianza che ne diedero i Martiri; insieme, la Pentecoste
segna la pienezza del Mistero dlY Oikonomia triadica: la Promessa antica, che aveva generato la grande speranza, ormai esaudita con la perenne Presenza dello Spirito Santo.
445
COMMENTO - IL PENTKOSTARION
PENTECOSTE
3) Ez 36,24-28
Nel contesto della restaurazione dopo l'esilio babilonese, il Signore
preannuncia la rigenerazione del popolo. Anzitutto sar ricostituita la
comunit prima dispersa (v. 24), e nella patria rinnovata essa ricever
l'Acqua della divina purificazione da ogni contaminazione idololatrica
(v. 25); per questo dovr avvenire con il "cuore nuovo", non pi indurito nel peccato, bens reso tenero per farne la dimora dello Spirito
di Dio (v. 26). Il Signore stesso porr lo Spirito suo "dentro" il suo popolo, il che significa sia dentro il cuore di ciascuno, sia dimorante nel
popolo come sua abitazione definitiva; cos il popolo seguir le vie
della santit divina (v. 27). Nella patria nuova sar sancita l'alleanza
rinnovata, la cui formula "popolo mio Dio vostro" (v. 28). Il testo
rilegge l'annuncio dell'"alleanza nuova" del maestro di Ezechiele, che
era Geremia: Ger 31,31-34, che forma la Lettura 14a del Sabato santo e
grande.
B) II Mattutino
Del Mattutino si tratter anche dopo. Qui va segnalato l'Evangelo
hethinn 9, ossia Gv 20,19-23, il dono dello Spirito la sera stessa della
Resurrezione. Ancora una volta il nesso Resurrezione-Pentecoste
additato come fondante. Vedi la Domenica di S. Tommaso.
C) Le Lodi
Si annota solo che gli Stichrd idimela formano un tessuto teologico serrato, il cui oggetto lo Spirito Santo oggi donato. In specie il 3
di essi un piccolo trattato: Lo Spirito Santo Luce e Vita (come il
Verbo: cf. Gv 1,1-3). Fonte Vivente soprannaturale (noers, spirituale,
intellettuale, divina). Spirito di Sapienza, Spirito di conoscenza (cf. Is
11,1-2). Buono, Retto, Soprannaturale (noern). Condottiero (aggettivi per cui cf. Sap 7,26; Sal 50,12-14). Che purifica le colpe. Dio
e divinizzatore. "Fuoco procedente da Fuoco". il Parlante. L'Operante. Il Dividente i doni. Da Lui furono coronati tutti i Profeti e gli
Apostoli di Dio con i Martiri. l'insolito Suono da ascoltare, l'insolita
Visione, Fuoco diviso in distribuzioni di carismi.
Si sente qui l'influsso dei testi di S. Gregorio il Teologo, come quelli citati sopra.
II. - LA DIVINA LITURGIA
1. Antifone
1) Si intercala ad ogni Stichos: Tispresbiais ts Theotkou.
-Sai18,2, "Inno di lode": il Salmista contempla lo spettacolo immane
447
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
PENTECOSTE
COMMENTO - IL PENTKOSTR1ON
due serie di fattori, prima sulla Resurrezione quale Dono dello Spirito
Santo, poi sulla Pentecoste quale Dono resurrezionale.
I) Se Pentecoste "Dono dello Spirito Santo" sugli uomini, riversato
dal Padre a partire dall'Umanit gloriosa del Figlio (At 2,32-33), allora
Giovanni avverte che esiste una triplice Pentecoste secondo la sua narrazione degli eventi del Signore, e in un ordine coerente e rigoroso:
- la Croce santa e vivificante gi la glorificazione di Cristo. Egli
stesso lo anticipa pi volte, parlando dell'"esaltazione (hyps) del
Figlio dell'uomo" (cf. Gv 3,14; 8,28; 12,32.34). Infatti l'infamia de
gli uomini, il supplizio terrificante, deterrente dei malfattori, la cro
ce, diventa la gloria per Dio. Poich la sua debolezza e stoltezza da
vanti agli uomini la sua infinita Potenza e Sapienza (1 Cor 1,17 2,16, il "discorso della Croce" di Paolo). Ora, in questa glorificazio
ne, come gi si disse, Cristo sulla Croce si addormenta nel sonno
della morte, ma prima, chinato il capo in segno del suo "s" fedele al
Padre, gli riconsegna lo Spirito, affinch il Padre possa donarlo final
mente (Gv 19,30). Non solo, ma da questo stesso Uomo, l'Adamo
Ultimo dormiente, dal suo costato squarciato, come ai primordi av
venne per Eva (Gen 2,18-21), il Signore fa scaturire l'va ultima, la
Madre dei viventi, "lo stupefacente mistero dell'intera Chiesa" (i Pa
dri), sotto la forma dell' Oikonomia ultima, quella dello Spirito San
to, che si riceve "subito" dal Sangue del Signore e dall'Acqua della
Vita (Gv 19,34). la prima Pentecoste, che si pu chiamare "Pente
coste staurotica", dalla Croce;
- e per il Disegno divino insaziabile nell'intervenire. Cos la sera
stessa della Resurrezione Ges visita i suoi, e su essi, ai quali ha gi
donato la Pace sua, "soffia" lo Spirito Santo, nell'imperativo
"Lbete, accettate!" (Gv 20,19-22). Per questo, vedi la Domenica di
S. Tommaso. la Pentecoste Domenicale;
- ma il Disegno divino si fa sempre pi incontentabile. Perci il Risor
to teofanicamente si fa presente a 7 discepoli sul Mare di Tiberiade,
di notte, provoca per essi la pesca prodigiosa di 153
"grandi pesci", ma poi offre ad essi il Pesce arrostito e il Pane (Gv
21,1-14), per il Cibo da prendere insieme. Perci, il "pesce" un vi
vente nella sua sfera, deve abbandonarla ed entrare nella sfera degli
uomini, dove inevitabilmente muore, per diventare cibo buono. Ma
deve anche essere cotto con il fuoco. Ora il Verbo abbandona la sfera
divina dove vive eternamente, entra nella sfera del mondo umano del
peccato, dove muore, ma per diventare Cibo di Vita eterna deve es
sere bruciato dal Fuoco sacrificale;
- ossia dal Fuoco dell' accettazione sacrificale vedi sopra,Antifona
9a , che e lo Spinto Santo. Csi ali unanimit Padri d Oriente e
450
PENTECOSTE
COMMENTO - IL PENTKOSTR1ON
PENTECOSTE
Non questo un caso isolato. Lo stesso Paolo appena battezzato dalla mano di Anania e riempito di Spirito Santo, "subito si mise a predicare Ges: che Egli il Figlio di Dio" (At 9,20, cf. vv. 17-19).
In sostanza, la prima "urgenza" dello Spirito Santo di spingere alla
predicazione della Parola divina. Tale urgenza resta prima nella Chiesa
di tutti i tempi, oggi come non mai. la prima urgenza "pastorale", spirituale, teologica. Poich laprima carit
I vv. 5-11 narrano delle conseguenze immediate della Pentecoste sugli estranei presenti. Allora erano "saliti" a Gerusalemme, secondo la
Legge delle "tre volte" o tre feste (cf. ancora Es 23,14.17), "uomini
pii", osservanti, da ogni nazione "sotto il cielo", ossia della terra (v. 5).
Essi avvertono il tumulto avvenuto tra il gruppo che stava con Pietro, e
si radunano curiosi, ma restano confusi, poich sentono una meraviglia
inaudita: ciascun discepolo toccato dallo Spirito Santo parlava "nel
proprio linguaggio" (v. 6). Da sempre ci si chiede se ogni discepolo
parlava la sua lingua, l'aramaico, e si faceva perfettamente capire dall'ascoltatore di altri parlari, e questo gi un grande prodigio; oppure,
se ciascun discepolo ormai sapesse parlare ciascuna lingua di ciascun
ascoltatore. Pi tardi nelle comunit primitive operava il "carisma
(charisma = gratificazione, dono) delle lingue"; chi lo possedeva sapeva
parlare lingue misteriose (cf. 1 Cor 12,10, ma cf. vv. 4-11). Il problema
resta, e forse va visto come la somma delle due soluzioni: comunque i
discepoli si facevano intendere anche dagli stranieri. I quali si chiedono
attoniti se quelli non siano dei volgari Galilei, che per s parlavano un
dialetto ebraico o aramaico di bassa estrazione (v. 7), e dunque tanto pi
strano che ciascuno ascolti parole nella propria lingua nativa (v. 8).
Sono qui enumerate almeno 17 nazioni di quel tempo (vv. 9-Il a), da
un'estremit all'altra dell'impero, e anche fuori di esso: tutte queste
genti sentono adesso i megalia to Theo, i mirabili fatti operati da
Dio. evidente che i discepoli visitati dallo Spirito Santo, che anzitutto
Spirito divino della preghiera, adesso rendono grazie al Signore per le
sue meraviglie operate, e Lo lodano per la sua Maest e Potenza e Bont
(v. lib).
Ma perch tante lingue, e perch tante nazioni? Dall'et dei Padri
l'interpretazione ha centrato bene il tema. Nell'A.T. si narrava della superbia umana, che costruisce a Babele una torre per "toccare il cielo",
un "segno di unione" per restare uniti ed opporsi a Dio (cf. Gen 11,19). Il Salmista riporta un'eco di questo, quando prega cos:
Salvami, Signore, poich venne meno la santit,
poich sparirono le fedelt dai figli degli uomini,
fatti vani parlarono ciascuno al prossimo suo,
labbra dolose, nel cuore e dal cuore parlarono.
453
COMMENTO - IL PENTEKOSTARION
PENTECOSTE
tempo di Ges, il 7 giorno nel tempio si faceva una grandiosa luminaria con enormi candelabri, che bruciavano nell'olio come stoppini le
vesti sacerdotali dismesse; le fonti dicono che il fulgore si vedeva dal
mare. Per la gioia e la solennit, le Capanne dal 15 al 22 di Tisr (verso
la fine di settembre e l'inizio di ottobre di ogni anno) era considerata,
sempre dopo il sabato, la principale dell'anno liturgico. Tanto pi che si
era caricata di altri significati.
La Trh di Mos gi prescriveva che in occasione delle Capanne si
leggesse al popolo con tutta solennit la Legge santa (Dt 31,9-13), il
che significava l'inizio del ciclo di lettura liturgica della Parola divina.
Era come il "rinnovamento dell'alleanza", poich questa era stata sancita precisamente dalla lettura della Parola del Signore con l'assenso
del popolo ed il sacrificio (Es 24,1-11 cf. sopra).
Inoltre, alle Capanne, festa del tempio e dell'altare, dell'azione di
grazie per il raccolto, dell'acqua di propiziazione, della luce e della
gioia, della Trh, del sacrificio che terminava l'anno e dava inizio al
nuovo anno, si era aggiunto un forte senso di attesa che si realizzasse
l'alleanza con tutte le sue promesse, e questo sotto forma della visita
dello Spirito di Dio desiderato ed epicleticamente implorato. In tale atmosfera carica di autentica tensione spirituale, Ges partecipa nel tempio alla festa del suo popolo amato. venuto per manifestare ed enunciare che l'attesa sta per realizzarsi.
Il giorno ultimo delle Capanne, quando si libava l'acqua sull'altare,
Ges "si pose in piedi". Si pu anche supporre quando e dove. Durante
il sacrificio, rito complesso che si svolgeva intorno all'altare davanti al
santuario, spazio riservato ai soli sacerdoti, i leviti si ponevano su un
alto gradino fuori della porta deh" "atrio dei sacerdoti", e dirigevano la
preghiera del popolo presente, il canto dei Salmi, quello che giustamente si deve definire fin dall'A.T. il "culto spirituale" di tutto Israele.
Ges in occasione del rito dell'acqua si pone dunque su quel gradino,
davanti al popolo, e "grida" la sua Parola. Qui il verbo krzo, per s
"urlare" anche senza articolare parole comprensibili, non significa un
vociare scomposto, bens significa nel linguaggio biblico una parola di
grande importanza annunciata in modo solenne, molto sentito. In specie, il verbo sta in rapporto con lo Spirito Santo, che induce a "gridare,
krz", come in specie l'acclamazione pi solenne che esista sulla bocca dei fedeli: 'Abb'l (Rom 8,15), anzi "grida" questa parola lo stesso
Spirito Santo (Gai 4,6), intervenendo anche in aiuto della nostra insipienza quasi irrimediabile nel pregare (Rom 8,26-27). E questo grido
risuona per la prima volta nel battesimo, ed insistentemente ripetuto
nella celebrazione dei divini Misteri, quando "osiamo senza condanna
invocare e parlare: Padre nostro...".
Ges adesso grida in relazione ad una parola sullo Spirito Santo, e si
455
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
PENTECOSTE
Va richiamato qui anche il testo molto denso della promessa alla Samaritana (Gv 4,10, "se tu conoscessi il Dono!"), poich l'Acqua vivente donata dal Signore non solo toglie la sete, ma dal Signore al fedele
sar derivata come dalla Fonte che zampilla alla Vita eterna (Gv 4,1314; vedi Domenica della Samaritana).
Ges non lascia senza spiegazione le sue parole, difficili al primo
ascolto. Il v. 39 infatti conferma che Egli "parlava dello Spirito", che
avrebbero ricevuto (lambn; cf. ancora il Lbete rivolto ai discepoli
nella Cena) quanti avrebbero creduto, ossia avrebbero aderito a Lui con
amore (significati del verbo pistu, avere fede).
E tuttavia, tale adesione non richiesta sul momento. Essa proiettata a "dopo a causa a partire dalla Resurrezione" conseguenza
della Croce, dell'apertura del Costato santo ed immacolato. La parola
che segue gravida di significato: "Infatti, ancora non esisteva (n) lo
Spirito, poich Ges ancora non fu glorificato" (v. 39).
Come si detto, in Giovanni la "glorificazione-esaltazione di Ges"
avviene sulla Croce e nella Resurrezione. Il Padre allora lo glorifica davanti agli uomini, con il Dono dello Spirito Santo. E dunque fino a quel
momento lo Spirito Santo non pu essere effuso sugli uomini. Occorre
prima che sia distrutta dalla morte la vecchia "umanit" di Adamo portata come "somiglianz di carne di peccato", e perci soggetta alla
morte, dall'Adamo ultimo (cf. Rom 8,3): affinch dalla nuova ed ultima
ed eterna Umanit del Figlio di Dio, in cui abita corporalmente il
Plrma della Divinit che lo Spirito Santo (cf. ancora Col 1,19; 2,9),
Fonte infinita ed inesauribile, finalmente lo Spirito Santo possa essere
donato agli uomini peccatori, ma redenti e santificati: nella loro "andata" a Cristo Risorto, nel loro "bere" da Lui da assetati e credenti.
Appena il caso di memorare che questo Evento terribile avviene
nei Divini Misteri per quanti vi sono stati abilitati dal battesimo della
filiazione divina, e dalla confermazione che consacra al sacerdozio tutti
i fedeli, sacerdozio regale e profetico e nuziale, sacerdozio comune, posto sempre in azione dal sacerdozio ministeriale.
la Pentecoste permanente del Fuoco dello Spirito Santo. Allora
annunciata e promessa divinamente, adesso realizzata ed efficace divinamente.
All'annuncio, la folla nel tempio ha reazioni diverse. Alcuni comprendono che qui Ges si pone come autentico Profeta del divino (v.
40). Altri invece comprendono che "il Messia" {ho Christs qui traduce l'ebraico masih, aramaico Msih ') d'Israele, che avrebbe riconquistato la santa Sion come centro del regno nuovo, e da questa Citt
sarebbero scaturite le acque del Fiume di Dio (cf. Sai 45,5; e 64,10).
Per altri ancora negano questa identificazione, poich il Messia atteso
457
COMMENTO - IL PENTEKOSTARION
doveva venire dalla trib di Giuda, da Betlemme (cf. la profezia di Mich 5,1, e l'episodio dei Magi che interrogano gli scribi sulla provenienza
del Re nato, Mt 2,1-6). Non dalla Galilea, terra imbastardita da sopravvenienti popolazioni pagane, e dalla quale i buoni Ebrei nulla si attendono "di buono" (cf. Gv 1,46, dove si nomina Nazaret, tipica irrisoria citt galilea senza storia in Israele) (v. 41). La Scrittura qui sul Re
venturo formale (v. 42).
Tra la folla nel tempio avviene "lo scisma", il dissenso. E alcuni perfino vogliono catturare Ges per sottoporlo al giudizio delle autorit
per quanto diceva e operava, per nessuno riesce a gettare le mani su
Lui (vv. 43-44). Ma qualcuno ha riferito alle autorit, le quali interrogano sulla mancata cattura (v. 45); gli incaricati per si giustificano: troppo grandi e consolanti sono le parole di quell' "Uomo" (v. 47). La reazione delle autorit dura e irridente: le guardie forse si sono fatte "ingannare"? Nessuno dei capi gerarchici n di quelli spirituali "credette"
in quello (v. 48); possono fare questo solo la folla anonima, "maledetta" e disprezzata religiosamente, che non conosce "la Legge" (v. 49).
Eppure proprio su quella Legge che parla di Lui, si era appellato alle
autorit Ges, poich tutte le Scritture testimoniano di Lui (Gv 5,3940); ma invano.
Uno solo dissente da questo giudizio squalificante, Nicodemo, che
di notte, nella paura, era andato da Ges per un colloquio drammatico
sulla verit (cf. Gv 3,1-17); egli faceva parte del sinedrio, ma dissentiva
dai suoi metodi indagatori (v. 50). Infatti egli contesta che la Legge
giudica solo in presenza dell'accusato e solo dopo averlo debitamente
interrogato (cf. Dt 1,16-17; 19,15) (v. 51). Le autorit per lo irridono:
anche tu provieni dalla Galilea come quello? E lo rinviano al dros, all'indagine (greco erauno) sulle Scritture, che unanimemente negano
che un vero profeta possa venire dalla Galilea (v. 52). chiaro, se secondo la Legge santa avessero interrogato Ges, avebbero saputo della
sua provenienza da Betlemme in Giudea, e della sua discendenza autentica da David, la figura e capostipite del Re messianico.
Si intervalla dopo questo episodio il fatto della giovane donna adultera, che Ges rimanda libera (Gv 8,1-11). Poi Ges si rivolge ancora
alle folle. probabile che ci avvenga di notte, durante la luminaria solenne dell'ultimo giorno della festa principale, le Capanne.
La parola di Ges una dichiarazione folgorante, seguita dalle conseguenze per gli uomini: "Io sono la Luce del mondo" (v. 12a).
Ora, questa formula va divisa in due elementi: "Io sono", e "la Luce
del mondo". Eg eimi rimanda decisamente a Es 3,14: "Io sono Colui
che sono", ossia il Signore Unico. Gli studiosi hanno individuato in
Giovanni i diversi passi dove ricorre la "formula eg eimi", che una
458
PENTECOSTE
COMMENTO - IL PENTKOSTAR1ON
b) rthros:
Tropario 1, Tono 8, dopo la Stichologia la;
Tropario 2, Tono 8, dopo la Stichologia 2a;
Tropario idimelon, Tono 7, Basilu ournie;
Troprio 1 dopo l'Ode l a;
Tropario 1 dopo l'Ode 2a;
Heirms 1 del Kthisma;
Heirms 2 id.;
Tropario del Kthisma, Tono 8;
i 3 Tropari dopo il Heirms "altro";
Heirms dopo l'Ode 5a;
Heirms "altro" id.;
2 Tropari dopo l'Ode 6a;
461
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
Kontkion, Tono 8;
Stichoi dopo il Synaxrion;
Heirms dc\YOd& T;
Heirms dell'Ode 8a;
Tropario 1 seguente;
Tropario 2 seguente;
Heirms "altro";
Tropario 1 seguente;
Tropario 1 dopo l'Ode 9a;
Tropario 2 dopo il Heirms "altro";
Exaposteilrion 2, Tono 3.
e)inoi:
- Stichrn idimelon 1, Tono 4;
- Stichrn idimelon 3, Tono 4;
- Aplysis della Festa.
La semplice enumerazione ovvio che non rende conto dell'immensit del materiale, e della squisitezza articolata e poeticamente elaborata
del tema. H quale permea letteralmente l'ufficiatura.
2. Il Fuoco nella Divina Liturgia
una costante orientale, del resto non sconosciuta dalla Liturgia romana, che i Divini Misteri siano avvolti tra gli altri simbolismi da quello del "fuoco". una lucida rilettura della Santa Scrittura, come sar
mostrato sotto in modo sommario, schematico, da dove si assume con
singolare acutezza il centro del sacrificio, che "accettato" come gradito unicamente dal Fuoco divino.
Si deve qui richiamare anzitutto l'epiclesi consacratoria, che sfocia
nel gesto simbolico dello zon, che deriva in linea diretta da Rom
12,11: "brucianti (zontes) di Spirito", citato pi volte. Lo Spirito Santo
invocato, desiderato, inviato dal Padre mediante il Figlio, si manifesta
simbolicamente come Presenza di Fuoco nel Sacrificio offerto "in aroma soave spirituale" (Anafora di S. Giovanni Crisostomo), ossia ripieno di Spirito Santo.
Il celebrante dopo comunicato alla "santa Coppa", fa il gesto simbolico di "salutarla (aspzomai)", con la formula: "Questo tocc le
mie labbra, e port via le mie iniquit, e i peccati miei purific", te sto che viene in linea retta da Is 6,7, quando il giovane Isaia dice circa
lo stesso della brace sacra che il Serafino prende con le molle dall'altare del sacrificio e purifica la bocca di lui, consacrato cos come
Profeta di Dio.
462
COMMENTO - IL PENTKOSTARION
COMMENTO - IL PENTEKOSTARION
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
dove nel Padre si ama con amore indiviso e si da glorificazione unica alla
Triade santa consustanziale indivisibile vivificante infiammante.
Il Fuoco cos vivifica quanto era morto, e lo innalza alla Vita divina,
a partire dall' "invasione" che opera nei fedeli dal momento della loro
iniziazione santa ai Misteri.
Fuoco divorante di Amore geloso, Potenza irresistibile, Distribuzione (chorgia) infinita e mai divisa, lo Spirito Santo illumina di divina
Luce increata i fedeli icone di Dio, e concentra questa Luce sul Figlio
di Dio, lo Sposo con la sua Sposa, e dal Figlio al Padre. Lo Spirito Santo il divino accecante Cono di Fuoco Luce, che dunque resta fuori
della contemplazione di quanto illumina. Discreto, silenzioso del Silenzio eterno di Dio, perfino umile, accetta di essere senza "nome" personale ("spirito" un semplice sostantivo).
Egli e resta in Dio "il Mistero dei Misteri", che nessun occhio indiscreto potr mai scrutare e i Padri erano molto risentiti contro "gli
scrutatori", i razionalisti di ogni tempo, che credevano di poter fare una
conoscenza matematica e geometrica dell'Inconoscibile Incircoscrivibile Incomprensibile Indicibile . E se uno lo fa, inganna se stesso.
E tuttavia, dello Spirito Santo si deve ancora e sempre parlare. Come del resto stato fatto, ed in modo stupendo:
Ma chi, dice lui (un interlocutore), ador (proskyn) lo Spirito?
Chi, o degli antichi, o dei recenti? Chi lo preg (prosuchomai)! Dove stato scritto (nelle Sante Scritture) che (lo Spirito) si deve adorare e pregare? E da dove tu ricevesti questo, e lo custodisci? Noi poi
renderemo in modo pi perfetto la causa, poich dissertiamo qui sulla dottrina non scritta (la Tradizione, che esplicita le Sante Scritture).
Per adesso baster affermare questo: lo Spirito Colui in cui noi
adoriamo, e mediante il Quale noi preghiamo. "Lo Spirito parla
(la Santa Scrittura) Dio, e quanti Lo adorano, debbono adorarlo
nello Spirito e nella Verit" (cf. Gv 4,23-24). E di nuovo: "Quanto e
come noi preghiamo, come si deve (ossia: secondo quanto Dio desidera da noi), noi lo ignoriamo. Ma lo stesso Spirito sopravviene
spontaneamente ad intercedere per noi con gemiti indicibili" (cf.
Rom 8,26-27); e: "Io pregher nello Spirito, e pregher anche con la
mente" (cf. 1 Cor 14,15), ossia con la mente e con lo Spirito. Allora,
adorare lo Spirito o pregarlo, appare a me che nulla d'altro sia, se
non che Egli presenta (prosg) a se stesso la preghiera e l'adorazione (S. GREGORIO IL TEOLOGO, Oratio 21, Theologica 5, De
Spiritu Sancto 12, in PG 36,145 B-C).
Parousia del Risorto (cf. Gv 14-16) alla Chiesa ed a ciascun fedele,
lo Spirito Santo opera la Pentecoste permanente a partire dall'iniziazio468
469
COMMENTO - IL PENTEKOSTAR1ON
nel suo Disegno aveva previsto la sorte migliore per noi, i fedeli del Figlio suo. E cos i Padri dell'A.T. dovevano essere "resi perfetti" insieme a noi, non senza noi (v. 40), per formare l'innumerevole moltitudine
dei Santi.
E proprio noi dobbiamo considerare per tutta questa storia passata
ma ancora efficace, che perennemente siamo come circondati da "cos
grande nube di Martiri-Testimoni di Dio". Siamo perci esortati a liberarci di ogni peso che ci impedisce la via (cf. Ger 4,1 : "togli via tutti gli
ostacoli davanti a Me", quanto fa inciampare rovinosamente), e da ogni
peccato che ci opprime da tutti i lati. E siamo spinti a correre lungo la
via a noi tracciata vivendo nella hypomon, la sopportazione, il subire
sempre, la perseveranza, la pazienza, l'accettazione delle avversit umane e naturali. Per Paolo, che segue fedelmente qui come sempre la dottrina di Cristo, la hypomon la vera virt cristiana, esemplata da Cristo
stesso, e fonte di ogni altra santit. Solo cos possiamo "correre la gara
(agon) che ci fu assegnata" divinamente (v. 12,1). La metafora sportiva
cara anche a Paolo (cf. ad esempio 1 Cor 9,24-27; FU 3,12-14). Il correre, trch, indica il limitato spazio dell'esistenza, dalla base di partenza certa, la nascita e il battesimo, alla mta incerta per il momento in cui
si raggiunge, ma certissima per il contenuto "vinto", la Vita eterna.
Ma nel "correre la gara" occorre avere lo sguardo fisso alla Mta finale vivente. L'agone si partecipa "per la forza della fede", come magnificamente celebrava il cap. 11. E per non si tratta di fede umana,
bens di fede divina, quella unica che proviene da Ges, il suo Condottiero (archegn), il Capo dell'agone nella fede, che anche l'unico che
poi rende questa fede "perfetta", del tutto adempiuta secondo il Disegno divino (12,2a).
UApstolos di oggi cos ci offre una "teologia della storia" vissuta
nella fede che porta alla santit, gi nei tempi lontani dei Padri
dell'A.T., poi nei tempi privilegiati degli Apostoli del Signore, infine
nei tempi nostri. Che derivano da quelli, e non sono meno privilegiati e
pieni di frutti dello Spirito Santo, solo che lo vogliamo anche noi.
5. EVANGELO
a) Alleluia: Sai 33,18.20, "Azione di grazie individuale"
L'Orante rende grazie, perci celebra il Signore, perch tra le sue
opere sempre sante, fedeli, mirabili, Egli ascolta perennemente ed
esaudisce "i giusti", quelli che si sono lasciati rendere "giusti della divina Giustizia" che Misericordia soccorritrice, ed interviene sempre a
liberarli dalle loro angosce e tribolazioni, nel materiale qualche volta,
nello spirituale sempre.
In realt, proprio sui giusti del Signore (Stichos, v. 20), come si con472
stata nella storia e quotidianamente, le tribolazioni d'ogni genere si accumulano insopportabilmente, mentre sembra che gli iniqui siano trionfatori e beati. Per il Signore interviene sempre in favore dei suoi giusti, per vie misteriose sempre, ed efficaci sempre.
b) Ut 10,32-38; 19,27-30.
La pericope evangelica composta oggi di due contenuti, la dottrina del Signore ai discepoli, e la reazione di questi di fronte alla condanna dei ricchi.
Il primo testo fa parte del grande "discorso di missione", che si
estende daMt 9,35 a 11,1. La sua struttura : il ministero messianico
del Signore battezzato dallo Spirito Santo (9,35-38), che deve poi essere proseguito ed attuato dai discepoli, e 1"'istituzione" spirituale di
essi, inviati cos nell'agone apostolico (10,1-42), con la chiusura redazionale (11,1).
I vv. 32-38 fanno parte della conclusione. Ges aveva chiamato a s
"i Dodici" (10,1-4), per formarli alla missione futura, assicurando ad
essi la costante presenza dello Spirito Santo (10,19-20), il vero Protagonista della missione divina. Per essere idoneo a questa, il vero discepolo deve manifestare la sua accettazione totale.
Ed anzitutto, occorre a lui uno degli atti pi difficili per i fedeli del
Signore, "confessarlo", professarlo, riconoscerlo, farlo conoscere (homolog) davanti agli uomini (10,32a). Ora, gli uomini sono anzitutto
le autorit, sempre ostili ai diritti di Dio e dei suoi fedeli; e come saranno ostacolo mortale per Cristo stesso, cos lo saranno per molti dei suoi
discepoli, allora e nei secoli fino ad oggi. La homologia davanti alle
autorit l'atto estremo del coraggio divinamente ispirato, come si vede nella Passione del Signore, come poi operarono i Dodici e Paolo.
Essa pu portare a dover accettare di morire per non rinnegare il Signore. Per esiste anche un pericolo insidioso, poich permanente. Infatti
"gli uomini" possono imporre il "rispetto umano", oppure i discepoli
del Signore si sentono frenati dal "rispetto umano" davanti agli uomini,
anche se questi non lo impongono. Si spiegano cos tante vilt di battezzati, tante apostasie dalla fede. Se solo si considera l'atteggiamento
dei cristiani di fronte alla barbarie musulmana che dilagava sterminando
e distruggendo, si vede come 1'"Africa romana", la terra di Tertul-liano
e S. Cipriano, di S. Agostino e di S. Optato, pass senza versare una
goccia di sangue alla religione di Maometto, dal Dio e Padre del
Signore nostro Ges Cristo a un Dio lontano e da non amare ipotizzato
da Maometto. Cos avvenne per molti nei tenitori dell'Oriente, nei Balcani. Eppure qui la "Nube dei Martiri" fu sterminata, se si pensa che i
turchi di Timor-leng (Tamerlano) stermin dalla Cina all'Iraq attuale
80 milioni di cristiani nestoriani, e numeri imprecisati di milioni da altre
cristianit orientali.
473
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
A questi "confessanti" il Signore promette la sua divina Confessione d'amore e di gloria davanti al Padre suo e nostro, per la Vita eterna
nel Regno dei cieli (v. 32b). In altro contesto, Matteo riporta la realizzazione di questa suprema promessa (cf. Mt 25,31-46). Tale Confessione
apre il triplice varco alla beatitudine della santit eterna: al Padre
come il Dio Eterno che attende dal Figlio tutti i figli suoi sui quali effuse il suo Spirito della filiazione divina (Gai 4,6; Rom 8,15); come il
Sovrano divino da adorare, e verso il quale il Figlio ci ottiene l'"ingresso liturgico" (la prosagg, cf. ad esempio Rom 5,2; Efes 2,18;
3,12; 1 Pt3,18; laprosleusis, cf. ad es. Ebr 4,16; 7,25; 10,22; 11,6;
12,22; 1 Pt 2,4), il culto eterno di lode e di azione di grazie, culto divinizzante; come il Giudice di grazia e di misericordia, dal quale ci attendiamo l'assoluzione plenaria ottenuta dal Figlio con lo Spirito Santo
(cf. qui ancora Mt 25,31-40). La Confessione del Signore cos atto di
amore divinizzante.
Il v. 33 pone in parallelismo negativo la promessa del v. 32: chi rinnega il Signore (verbo arnomai, sempre di significato sinistro), davanti
agli uomini, quindi per paura della morte e delle persecuzioni, per
vilt temendo di perdere prestigio o beni o privilegi, per disinteresse
della realt del Regno, ossia di Cristo e dell'Evangelo, il medesimo
sar "rinnegato" dal Signore, perci rifiutato, rigettato, condannato senza
appello davanti al Padre celeste. Quanto attende i "rinneganti" sar poi
narrato in Mt 25,41-46.
Con il v. 34 cominciano parole ancora pi dure, che dichiarano le intenzioni bellicose del Signore, e le condizioni di accettazione del suo
discepolato e della sequela di Lui (vv. 34-39).
Il v. 34 adesso la "dichiarazione di guerra" del Signore "contro la
terra" intera. In realt qui he g, "la terra" non intesa con ostilit, poich il Signore venne proprio per salvare il mondo degli uomini. intesa
come il campo della battaglia estrema, ultima che si deve adesso
combattere, e il cui esito gi scontato per i discepoli di Ges, la vittoria finale. Per la battaglia prosegue in una guerra estenuante, lungo i
secoli. Perci il Signore dichiara: "non venni a gettare pace sulla terra".
Orribile contrasto con la Liturgia angelica alla Nascita del "Bambino
novello, il Dio presecolare" (Kontkion del Natale), quando le schiere
celesti avevano inneggiato: "Gloria nei cieli altissimi a Dio pace
sulla terra tra gli uomini la divina EudokiaV (Le 2,14). Anzi, il nome di euagglion viene proprio dalla pace, essendo derivato da un testo
straordinario, profetico e sapienziale, Is 52,7:
Quale bellezza sui monti,
come passi dell'evangelizzatore (euaggelizmenos) dell'ascolto di
Pace (eirn),
474
COMMENTO - IL PENTKOSTRION
COMMENTO - IL PENTKOSTR1ON
Signore si trover, volente o nolente, del tutto separato dal padre che
non accetta quella Volont, cos come la figlia dalla madre, e la sposa
dalla suocera. Cos si trovarono le prime famiglie cristiane, e cos si
trova oggi nella societ il cristiano se fedele fino all'ultimo. Il v. 36
ne la dolorosa sanzione finale: i peggiori nemici del fedele saranno
proprio i suoi familiari che non hanno la fede.
La situazione dei "santi" dunque tragica, di lacerazione per la "divisione": rendersi degni del Signore amare il padre o la madre di sangue meno di Lui, e il figlio e la figlia meno di Lui (v. 37).
Questo configurabile nelle immagini della perfetta sequela del Signore, da discepoli fedeli: "accettare la propria croce e seguirlo", altrimenti chi non lo fa non degno di Lui (v. 38). Luca in un passo che
pu formare un utile completamento, dice: "accettare la croce ogni
giorno" (Le 9,23, solo lui). La conclusione ovvia: chi non accetta la
croce crede di avere "trovato", ossia salvato la sua "anima", che l'esistenza personale su questa terra. Ma proprio cos la perde in eterno,
poich non si trova "dietro il Signore", per la via che porta al Regno.
Al contrario e smentendo ogni attesa umana, chi seguendo il Signore
con la propria croce, lasciandosi santificare, sembra che "perda la sua
anima" a causa del Signore, invece la trova santa, libera, divinizzata in
eterno (v. 39).
Il testo di Mt 19,27-30 ambientato nel viaggio verso Gerusalemme, la "salita" alla Citt dopo l'ascesa al Monte alto per la Trasfigurazione, quando il Signore si avvia a consumare gli ultimi atti della Redenzione. Durante il viaggio Egli incontra il "giovane ricco", che rifiuta la rinuncia ai beni, principale ostacolo dell'esistenza umana di chi
voglia procedere verso la redenzione e la perfezione (19,16-23). Il Signore duramente ribatte che per i ricchi difficile, il che significa impossibile accedere al Regno; la metafora della cruna d'ago e del cammello ne il crudo simbolismo (v. 24). I discepoli ne sono spaventati,
che sar di essi che hanno rinunciato a tutto per seguire il loro Maestro? (vv. 25-27).
La risposta del Signore assicurazione certa, ribadita dall'"amen",
che significa: "Come Dio Amen, Dio di Verit" (cf. 2 Cor 1,20; Is 65,
16; Ger 4,2; Sai 71,17; Ap 3,14). Cos Egli parla ad essi. Lo seguirono
fedelmente? Allora, nel giorno del rinnovamento finale (paliggenesia)
si avr che il Figlio dell'uomo star intronizzato sul divino Trono della
sua gloria (cf. Mt 25,31), ed intronizzer su 12 troni i suoi discepoli,
per "giudicare", ossia per dirigere e condurre alla salvezza le dodici
trib d'Israele, l'intero popolo santo del Dio Vivente, popolo di popoli
(cf. Ap 7,1-17), i redenti, santificati, divinizzati (v. 28). Poich chiunque ha rinunciato a tutti i beni materiali e familiari della terra, ma solo
"a causa del Nome" del Signore, ossia a causa della sua Persona e per
478
quanto Egli : il Regno di Dio con lo Spirito Santo (cf. Mt 12,28), ricever dal Padre "cento volte di pi", dove "cento" il numero simbolico dell'infinito, e questo significa che con Cristo Signore, Egli stesso
l'Erede unico (cf. Ebr 1,1-4), "erediter" la Vita eterna, lo Spirito Santo (19,29).
"Molti saranno come primi, invece ultimi, e come ultimi, invece primi" (v. 30), la controspiegazione. Chi "ha", come si dice oggi, agli
occhi di Dio mentre sembra essere "primo sulla terra", all'ultimo si trover dopo tutti. Viceversa, chi "non ha", e dunque "" una realt vera
secondo Dio, bench nella stima umana sia considerato "ultimo" ad
esempio, ad uno simile non si affiderebbe il controllo di un consorzio
di banche, n un'industria multinazionale , da Dio sar elevato alla
dignit di "primo" nel Regno: sar chiamato a conregnare con il Figlio
Unico (2 Tim 2,12).
I Santi di Dio, "tutti i Santi" del Signore, si trovarono sulla terra nella sequela povera ed oscura del Signore, ma adesso nella Gloria dello
Spirito Santo, in attesa della "resurrezione comune". L sta la meta di
ogni battezzato, illuminato e santificato.
6. Megalinario
Della Domenica: 'xin estin".
7. Koinnikn
il Sai 32,1, "Inno di lode". Durante la comunione ai divini Misteri
la Chiesa canta la sua gioia, poich celebrando il suo Signore Risorto
nella memoria delle membra sante che vivono ormai la Gloria divina
dello Spirito Santo, consapevole che i suoi figli divinamente iniziati
ai Misteri Salvifici, sono resi "giusti", santi, hanno ricevuto il "cuore
retto", non diviso tra Dio e le preoccupazioni mondane, e ad essi
massimamente conveniente innalzare la lode divinizzante al Padre del
Monogenito Dio.
8. Dopo la comunione
Si ricomincia a cantare Yidomen t Phs t althnn, che lo Stichrn idimelon 1 del Tono 2, che si canta 2 volte nel Vespro della
Pentecoste.
Con questa Domenica si conclude il Pentkostrion.
479
TAVOLA
TAVOLA