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L’IMMAGINE DELL’ITALIA SULLA STAMPA ESTERA

Osservazioni preliminari

Dall’autunno del 2007, il deterioramento dell’immagine esterna dell’Italia è diventato


fonte di crescenti preoccupazioni tanto per l’opinione pubblica nazionale quanto per il sistema
politico italiano. Più volte, in passato, il nostro Paese è finito nel mirino della stampa estera,
suscitando apprezzabili reazioni sul versante interno. Ma negli ultimi mesi, sono subentrati
alcuni elementi di novità che meritano un approfondimento.
I rilievi mossi da alcune fra le maggiori testate giornalistiche e televisive del mondo non
si sono scontrati questa volta con la tradizionale ossessione italiana per la cosiddetta “bella
figura”, ma hanno invece avuto una straordinaria risonanza perché l’opinione pubblica nazionale
ha giudicato i contenuti di molti dei reportage realizzati dai media stranieri coerenti con il clima
negativo diffusosi nel Paese.
In una qualche misura, in effetti, i giudizi spesso severi espressi a proposito dell’Italia si
sono trovati in sintonia con i sentimenti provati dal pubblico italiano, che da tempo s’interroga
sulle cause dell’impasse nazionale e sul modo per uscirne. Ciò spiega perché questa volta non si
sia registrata una vera irritazione, a differenza di quanto capitò ad esempio due decenni or sono
quando l’Economist dedicò un inserto speciale al “Rinascimento screpolato”, neanche in
presenza dei commenti meno sereni ed obiettivi.
A facilitare ulteriormente le cose è intervenuto anche il nuovo atteggiamento dei partiti
politici rispetto alle prese di posizione della stampa internazionale. Di fronte al persistente
rallentamento dell’economia ed alla stagnazione dei redditi, infatti, l’opposizione pro tempore ha
rinunciato ad utilizzare la questione del presunto declino nazionale come strumento di lotta
politica, contribuendo a porla al centro di un più vasto dibattito che avrebbe interessato ampi
settori della società italiana e della sua classe dirigente.
La comunità dei corrispondenti esteri accreditati a Roma o Milano non ha fatto altro che
cogliere questo stato d’animo emergente all’interno del nostro Paese, trasmettendolo ad una più
vasta platea di lettori e fruitori1. Ciò non vuol dire, peraltro, che l’impatto sul nostro Sistema-
Paese sia stato irrilevante o neutrale. Al contrario: la stampa e le televisioni estere hanno
amplificato ed internazionalizzato il dibattito sul presunto declino economico e politico
dell’Italia, ed ovviamente sulle sue cause, che era in precedenza rimasto prevalentemente
interno. Ma nel farlo, le corrispondenze dedicate al nostro Paese hanno contribuito ad
evidenziare ed aggravare le conseguenze esterne di alcune fra le crisi più serie che abbiano
colpito l’Italia tra il 2007 ed il 2008, danneggiando ad esempio la posizione competitiva di alcuni
tra i comparti del sistema produttivo italiano che maggiormente dipendono dagli umori dei
mercati esteri.
E’ stata altresì posta in dubbio la credibilità a lungo termine degli impegni militari
contratti dall’Italia sui maggiori teatri di crisi. Infine, specialmente in alcuni Paesi, la stampa
straniera ha dato un significativo contributo a rinnovare antichi pregiudizi contro alcune delle
maggiori comunità di emigrati che costituiscono la diaspora italiana nel mondo.

Il dibattito sul presunto declino italiano assume dimensioni internazionali

E’ stata senza dubbio la stampa anglosassone ad innescare il processo che ha


internazionalizzato il dibattito sul presunto declino nazionale del nostro Paese, dedicando
approfondite analisi non soltanto al rallentamento dell’economia dell’Italia, ma denunciando
altresì la crisi del suo stesso stile di vita.
Un primo contributo fondamentale è venuto da Ian Fisher, che il 13 dicembre scorso ha
pubblicato sul New York Times un lungo reportage, successivamente riprodotto anche
dall’International Herald Tribune, in cui per la prima volta gli italiani venivano descritti al
pubblico americano come il popolo meno felice d’Europa e si evidenziava l’esistenza di un nesso
“tra l’erratico sistema politico della Nazione ed il suo umore in peggioramento2”.
L’eco interna ed internazionale dell’articolo è stata rilevantissima, come prova la
circostanza che le inchieste sulla situazione del nostro Paese si siano rapidamente moltiplicate.
Risale al 22 dicembre, ad esempio, la pubblicazione da parte del corrispondente del Times di
Londra, Richard Owen, di un pezzo assai simile a quello di Fisher, corredato anche da un breve
1
Sensazione che è stata trasmessa agli estensori del presente Rapporto dal corrispondente del New York Times a
Roma, Ian Fisher, nel corso di una tavola rotonda svoltasi il 7 marzo 2008 presso la sede della Fondazione Fare
Futuro.
2
Ian Fisher, “In a Funk, Italy Sings an Aria of Disappointment”, The New York Times, December 13th, 2007,
ripubblicato successivamente dall’ International Herald Tribune sotto il titolo: “The Winter of Discontent in Italy.
Age-old Politics in Internet World”

2
compendio statistico: La dolce vita si fa amara come l’Italia si accorge di essere vecchia e
povera. Ed al 24 il commento della Frankfurter Allgemeine Zeitung intitolato: Schiva alle
riforme e a rischio di declassamento3.
L’importanza dell’articolo di Ian Fisher risiede soprattutto nell’aver determinato il tono
delle analisi apparse successivamente sui maggiori giornali del mondo, ponendo al centro del
confronto sul presunto declino dell’Italia la questione della sua crisi politica e, soprattutto,
dell’inadeguatezza, della frammentazione e dell’incapacità delle sue istituzioni di assumere le
drastiche decisioni che la situazione imporrebbe.
In questo quadro, non è un caso che sia stata pubblicata a cavallo tra il 2007 ed il 2008
tutta una serie di articoli incentrati sul processo di invecchiamento della classe politica del nostro
Paese, che peraltro riflette quello del corpo elettorale che la esprime e viene identificato come
una fra le maggiori cause della stagnazione italiana. Il primo rilevante commento in questa
direzione è dell’autunno scorso, si deve al settimanale americano Newsweek e reca la firma di
William Underhill: Same Old, Same Old. Italy’s political leaders are older than most, which
helps explain the slow, shuffling pace of change4.
Si tratta di un filone che fa presa e si arricchisce di nuovi contributi anche in primavera,
con l’approssimarsi delle elezioni del 13-14 aprile 2008. Si consideri, ad esempio, il commento
scritto da Richard Heuze per l’edizione del francese Le Figaro pubblicata proprio in
concomitanza con l’apertura delle urne, significativamente intitolato “I geronti italiani si
attaccano al potere” e corredato da una foto di Ciriaco De Mita, poi peraltro escluso dal
Parlamento5. Oppure, il pezzo di Miguel Mora, apparso su El Paìs il 3 aprile scorso, “L’Italia non
è un Paese per i giovani”, sulle prime righe del quale si poteva leggere: “le loro storie si
somigliano: hanno tra i 22 ed i 36 anni, guadagnano tra i 500 ed i 1.200 euro, non hanno diritti né
vacanze, non vanno all’estero, raramente comprano libri o vanno a teatro, molti si sono preparati
per una carriera, ma lavorano dove capita […]. La vecchia e bella Italia non è decisamente un
Paese per giovani”6.
E’ interessante notare come persino le procedure costituzionali che disciplinano lo
scioglimento delle Camere e l’indizione delle elezioni abbiano attirato le critiche di qualche
autorevole testata, prima fra tutte l’Economist, che nel suo numero del 9 febbraio avrebbe

3
Frankfurter Allgemeine Zeitung, Reformscheu und abstiegsgefärdet, 24.12.2007, ripreso dall’Agi come il terzo
commento dedicato al declino italiano dopo quelli pubblicati dal New York Times e dal Times di Londra, il cui
contenuto, peraltro, non appare del tutto condivisibile, specialmente laddove accusa gli italiani di reagire risentiti
quando sentono parlare della crisi del loro Paese, relativizzando le critiche e concludendo che le cose non vadano
poi così male.
4
Lo stesso vecchio, lo stesso vecchio. I leaders politici italiani sono descritti come più vecchi di quelli della maggior
parte dei Paesi occidentali, cosa che spiegherebbe la lentezza del cambiamento.
5
Richard Heuze, Les gérontes italiens s’accrochent au pouvoir , Le Figaro, 14 Avril 2008.
6
Miguel Mora, Italia no es paìs para jòvenes, El Paìs, 3.4. 2008.

3
sottolineato come la straordinaria lunghezza della pausa imposta all’attività amministrativa e
legislativa in questi casi dalla nostra Legge fondamentale rappresentasse una anacronistica
vulnerabilità dell’Italia7.
Il ruolo negativo svolto dalla politica interna italiana sulla performance del sistema-paese
è stato enfatizzato anche da alcune analisi più tecniche e specifiche, come quelle dedicate ad
esempio alla bassa redditività degli investimenti diretti esteri in Italia. Un esempio interessante di
questo ricco filone è il reportage di Adrian Michaels pubblicato il 22 gennaio scorso dal
Financial Times, significativamente intitolato Non abbastanza veloce: perché investire in Italia è
come guidare con il freno tirato8.
Naturalmente, le modalità della crisi politica che ha provocato la caduta del Governo
Prodi e la decisione del Presidente Giorgio Napolitano di sciogliere le Camere ed indire nuove
elezioni politiche a meno di due anni da quelle celebratesi nel 2006 hanno alimentato
un’ulteriore ondata di articoli e reportage, spesso alquanto ingenerosi nei confronti del nostro
Paese e delle sue possibilità di ripresa futura.
Il 25 gennaio, il quotidiano spagnolo El Pais avrebbe ospitato una dettagliata descrizione
della tormentata seduta del Senato conclusasi con il voto di sfiducia all’esecutivo il giorno
precedente, senza risparmiare la riproduzione degli insulti e delle offese pronunciate nell’Aula di
Palazzo Madama nelle fasi più drammatiche del confronto9. Un articolo simile sarebbe apparso
lo stesso giorno anche sulla Süddeutsche Zeitung10. Il 6 febbraio successivo sarebbe stata la volta
della Cnn, che avrebbe dedicato un più ampio reportage alla politica interna italiana
significativamente intitolato l’Opera buffa.
Considerato l’interesse suscitato dalla crisi italiana ed attribuite al sistema politico
nazionale le maggiori responsabilità per questo stato di cose, non sorprende il rilievo dato dalla
stampa internazionale alla campagna elettorale ed ai risultati delle recenti consultazioni politiche
ed amministrative.

La campagna elettorale ed i risultati del voto sulla stampa estera

7
The Economist, They’re off, again, February 9th, 2008, articolo che inizia con queste parole: “Nella politica
italiana le cose avvengono con una rapidità stupefacente o con un’insopportabile lentezza. Il 6 febbraio scorso,
tredici giorni dopo la caduta del Governo Prodi, il Presidente Napolitano ha sciolto il Parlamento. Ma le elezioni non
si terranno prima della metà di aprile”.
8
Adrian Michaels, Not fast enough: Why investing in Italy is like driving with the brake on, Financial Times,
January 22nd, 2208.
9
Laura Lucchini, El Ejecutivo de Prodi solo resiste 20 meses, El Pais, 25.01.2008.
10
Süddeutsche Zeitung, Tumulte im Italianischen Senat. Unterirdisches im Oberhaus, 25. 01.2008, che si apre con la
citazione del rimprovero mosso dal Presidente Franco Marini ai senatori del centro-destra che festeggiavano la
caduta del Governo Prodi: „Colleghi, non siamo in una trattoria“.

4
Com’era già accaduto nel 2006, infatti, anche nel 2008 la stampa estera ha assicurato una
copertura straordinaria sia alla campagna elettorale che ai risultati del voto politico ed
amministrativo. Tutti i maggiori network televisivi internazionali hanno inviato proprie troupes a
seguire lo spoglio delle schede, inclusa Al Jazeera, il cui interesse per l’Italia è in crescita
parallelamente all’aumento degli impegni militari italiani in terra islamica e del numero dei
musulmani residenti nel nostro Paese 11.
Persino più sorprendente è stata l’attenzione riservata all’esito del duello ingaggiato da
Gianni Alemanno e Francesco Rutelli per la carica di Sindaco di Roma, paragonabile per
copertura alla scelta di Londra tra Ken Livingstone ed il suo sfidante conservatore Boris
Johnson12: due campagne amministrative che non a caso il settimanale Newsweek ha accumunato
in un suo commento dedicato all’ondata di successi riportati in Europa dalle forze politiche di
centro-destra13.
Non vi è dubbio che in relazione alle elezioni politiche del 13-14 aprile 2008, una
funzione catalizzatrice sia stata esercitata dalla presenza di Silvio Berlusconi nella competizione
e dall’elevata probabilità di un suo ritorno al potere. E’ anzi possibile affermare che la figura del
leader del centro-destra, bollato ancora una volta al principio della campagna elettorale come
still unfit, cioè ancora inadatto a guidare l’Italia, dall’Economist, è stata polarizzante all’estero
non meno che nel nostro Paese14.
In generale, la stampa internazionale ha colto invece con un certo ritardo gli elementi di
novità della recente tornata elettorale, pubblicando incisive e convincenti analisi soltanto dopo il
terremoto che avrebbe drasticamente sfoltito il sistema politico italiano, in massima parte
dominate dallo stesso stupore presente sui commenti dei maggiori giornali nazionali. Ha fatto
eccezione per la sua originalità forse il solo Le Monde, dedicando il 20 marzo un
approfondimento alle idee veicolate da Giulio Tremonti nel suo volume “La paura e la speranza”,

11
Secondo Yasser Abulnasr, inviato speciale del network qatariota, il ruolo che l’Italia può esercitare come ponte tra
l’Europa ed il Medio Oriente in modo particolare starebbe accrescendo la rilevanza del nostro Paese nella
percezione della redazione centrale di Al Jazeera, anche se il peso specifico di Roma permane naturalmente
inferiore a quello della Francia, della Gran Bretagna e della Germania. Tale valutazioni sono state raccolte nel corso
di una conversazione privata intrattenuta da Germano Dottori con Abulnasr in occasione della registrazione di
un’intervista poi trasmessa tra l’11 ed il 12 aprile 2008.
12
Cfr., ad esempio, Guy Dinmore, Rome right seeks boost from anger at migrants, Financial Times, April 28th,
2008; J.B., Rome passe à droite, Le Figaro, 28 avril 2008; Le Monde, La gauche italienne perd la mairie de Rome,
28 avril 2008; ancora Guy Dinmore, Rome elects rightwing mayor, Financial Times, April 29th, 2008; Miguel
Mora, La derecha postfascista gana la alcaldìa de Roma, El Paìs, 29.4.2008.
13
Cfr. Denis MacShane, The Right-Wing Resurrection, Newsweek, May 12th, 2008, pp. 38-39
14
The Economist, A Leopard, spots unchanged, April, 3rd, 2008, nel quale il felino al quale ci si riferisce è il
gattopardo, con un evidente richiamo al romanzo di Giuseppe Tommasi di Lampedusa. L’editoriale si concludeva
con queste parole: “La televisione privata è ancora dominata da Silvio Berlusconi. E’ ancora l’uomo più ricco
d’Italia, ancora condizionato da conflitti d’interesse, ancora una volta inadatto a governare l’Italia persino se fosse
un grande riformatore. Gli italiani dovrebbero invece votare per Walter Veltroni”.

5
definite come un attacco della squadra di Berlusconi alla “dittatura del mercato
omnicomprensivo”15.
Alcune testate avrebbero focalizzato la loro attenzione sul dilagante fenomeno
dell’antipolitica, da El Paìs alla stessa Al Jazeera, che avrebbe trasmesso proprio alla vigilia
delle elezioni un’intervista a Beppe Grillo. Interesse sarebbe stato inoltre manifestato dal
Financial Times, almeno nello scorcio iniziale della campagna elettorale, per l’impegno
manifestato dalle maggiori forze politiche ad abbattere la cultura dei no alla modernizzazione16.
Ma nel complesso hanno dominato gli articoli di descrizione e critica dei programmi
presentati dalle due maggiori coalizioni in lotta, per lo più centrati sulla somiglianza, la
sostanziale debolezza e la presunta inadeguatezza delle ricette offerte agli elettori a fronteggiare i
problemi strutturali del Paese. Su questa linea si sono collocati, ad esempio, El Paìs, con un
editoriale apparso il 9 aprile 200817 e, soprattutto, il corrispondente del Financial Times, Guy
Dinmore, con un commento pubblicato il 10 seguente, intitolato “Avanti con il vecchio? Nuovi
nomi di partito offrono poche scelte fresche all’Italia”18.
Pur ammettendo fino agli ultimi giorni il sostanziale vantaggio del centro-destra nei
sondaggi, il grosso dei media esteri ha fatto propria la previsione, peraltro prevalente anche
all’interno della stampa italiana, di un probabile esito incerto della consultazione, con particolare
riferimento al Senato19.
Più interessanti, di certo, e di gran lunga meno scontate, le riflessioni affiorate dopo lo
spoglio delle schede sui risultati del voto, le loro cause, le probabili implicazioni e le prospettive
che potrebbero o meno dischiudere all’Italia, anche perché le analisi più originali e di maggiore
spessore hanno individuato tanto le specificità della vicenda consumatasi nel nostro Paese,
quanto i segni di più generali tendenze europee. Si segnala, tra gli altri, a questo proposito,
l’editoriale scritto da Pierre de Gasquet per il quotidiano francese Les Echos il 16 aprile scorso –
Il ritorno di Berlusconi ed il neoliberalismo latino – nel quale la vittoria del centro-destra
italiano è stata accostata al fenomeno del “sarkozysmo” in Francia e ricondotta ad un fenomeno
di rivalutazione dei valori legati al merito ed al lavoro rispetto a quelli egualitari fondati sulla
cittadinanza20.

15
Jean-Jacques Bozonnet, En Italie, l’équipe de Silvio Berlusconi attaque “la dictature du tout-marché”, Le Monde,
20 mars 2008.
16
Guy Dinmore, Parties blame ‘Nimbyism’for Italy’s woes, February 28th, 2008.
17
Miguel Mora, Una crisis que nadie se atreve a encarar, El Paìs, 09.04.2008, il cui sottotitolo affermava che “i
candidati eludono l’assunzione di compromessi forti per rilanciare l’economia”, forse sperando in un miracolo o
rispettando un tacito impegno al silenzio.
18
Cfr. il solito Guy Dinmore, In with the old? New party names offer few fresch choices for Italy, Financial Times,
April 10th, 2008, dove peraltro si dà conto anche della voglia di riscatto dell’impresa italiana e di alcune importanti
storie di successo.
19
Ad esempio, Miguel Mora e Laura Lucchini, El futuro de Italia se juega en el Senato, El Paìs, 10.04.2008.
20
Pierre de Gasquet, Le retour de Berlusconi et le néolibéralism latin, Les Echos, 16.04.2008.

6
Il ritorno di Berlusconi secondo il Financial Times

Financial Times, 2008

L’ampiezza del successo di Berlusconi è stata generalmente riconosciuta, mentre


apprezzamenti ha suscitato un po’ ovunque la semplificazione del quadro politico e la tendenza
emersa a fondare un sistema autenticamente bipartitico. Non sono peraltro ovviamente mancati
gli attacchi alla figura del Presidente del Consiglio, specialmente da parte delle testate più
liberal, nonché i dubbi manifestati relativamente alle capacità di tenuta ed all’effettiva
omogeneità della nuova maggioranza, al peso detenuto al suo interno dalla Lega Nord ed al ruolo
che Giulio Tremonti potrà svolgere nel rilanciare le spinte protezionistiche su scala europea21.
Grande attenzione è stata infine riservata agli obiettivi di lotta all’immigrazione
clandestina annunciati dal nuovo Governo di centro-destra, prima manifestazione di quel
maggior rigore promesso nella campagna elettorale al quale non pochi osservatori interni ed
esterni al nostro Paese hanno attribuito la causa prima del successo riportato dalla coalizione
guidata da Silvio Berlusconi22. Di qui, anche l’impressione, affiorata su alcune testate
progressiste, di un Paese in procinto di divenire il più spostato a destra fra quelli appartenenti
all’Unione Europea23.

21
Così, ad esempio, il Financial Times, Italians bring back Berlusconi, April 15th, 2008 ed il commento di Guy
Dinmore, apparso lo stesso giorno, Berlusconi pledges speedy economic reform, nonché il pezzo di Miguel Mora e
Laura Lucchini, La derecha barre en el Norte. La Liga duplica sus resultados y apuntala la victoria de Il Cavaliere,
El Paìs, 15.04.2008.
22
Cfr. Stephen Brown er Deepa Babington, A peine élu, Silvio Berlusconi vise l’immigration clandestine, Reuters,
15.04.2008; Lluis Bassets, Berlusconia, El Paìs, 15.04. 2008; John Hooper, Berlusconi seek to woo anti-immigrant
party, The Guardian, April 16th, 2008; Miguel Mora, Bajo la psicosis de la seguridad, El Paìs, 29.04.2008.
23
Cfr. ancora John Hooper, Is Silvio’s Italy turning into the most rightwing country in Europe?, The Guardian, April
28th, 2008.

7
Le cause probabili del nuovo interesse per l’Italia

In effetti, la crescente attenzione riservata dai media mondiali all’Italia, confermata anche
nei commenti dedicati ai risultati elettorali ed all’insediamento del nuovo Governo, non pare del
tutto compatibile con le percezioni che gli italiani, e talvolta anche chi li descrive all’estero, si
sono fatti del nostro Paese. Ci si potrebbe chiedere a questo punto - considerando anche la
tempestività con la quale l’allora Presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, ha deciso
di modificare la propria agenda per recarsi in Sardegna il 17 aprile ad incontrare il Presidente del
Consiglio in pectore, Silvio Berlusconi - per quali ragioni l’Italia stia esercitando un così forte
interesse politico ed appeal mediatico.
La risposta potrebbe risiedere proprio nel peso geopolitico effettivo acquisito dall’Italia in
alcuni delicati scacchieri a dispetto delle difficoltà economiche in cui si dibatte: un dato di cui
l’opinione pubblica italiana non è del tutto consapevole. Se il ruolo internazionale dell’Italia
fosse infatti effettivamente trascurabile, o fosse sul punto di diventarlo per effetto
dell’approfondirsi della crisi politica ed economica nazionale, non si spiegherebbe infatti in
alcun modo lo spazio occupato dalle vicende italiane sulla stampa e le televisioni straniere.
Questa constatazione induce ad ipotizzare che l’Italia abbia ripreso ad interessare
l’opinione pubblica internazionale non tanto perché quanto vi accade ecciti la fantasia o evochi
pregiudizi più o meno folkloristici, quanto perché il nostro Paese è collocato in una posizione di
particolare rilevanza strategica, al centro del Mediterraneo. Perché si trova in prima linea in
Afghanistan24, in Libano e nei Balcani. Perché è diventato un partner-chiave per diverse potenze
emergenti, come l’India e la Cina, o di ritorno sulla scena internazionale, come la Russia 25.
Perché si è confermato prezioso anche per i vecchi alleati d’Oltreoceano26. Perché è una delle
porte di accesso alla Santa Sede, che si trova sul suo territorio nazionale. E perché la sua
economia, quantunque si trovi in difficoltà, è rimasta competitiva sui mercati mondiali, come
prova la ripresa dell’export nel corso del 2007.
24
Al riguardo, è particolarmente significativo l’interesse dimostrato dai media esteri per la politica afgana dell’Italia,
comprovato ad esempio dalla copertura internazionale assicurata alla visita a Kabul del Presidente del Consiglio
pro-tempore, Romano Prodi. Cfr. ad esempio Rahim Faiez, Italian Prime Minister in Kabul, Associated Press-
Washington Post, December 24th, 2007, e Jon Boone, Prodi sidesteps troops plea, Financial Times, December, 24th,
2007. Importante anche la copertura assicurata dalla stampa tedesca, attenta anche alle vicende del nostro
contingente. Cfr. Süddeutsche Zeitung, Folgenreiche Militäraktion, 24.09.2007.
25
Piuttosto rivelatore il primo commento dell’agenzia RIA Novosti dedicato ai risultati elettorali italiani, firmato da
Andrei Fedyashin il 16 aprile scorso: Silvio Berlusconi woos Italy again. Vi si legge, tra l’altro: “Berlusconi è
sempre stato e continuerà ad essere un politico pragmatico sulla scena mondiale. La Russia ha piani con l’Italia di
grande portata. Nel 2008 o nel 2009, Gazprom ed il gigante energetico italiano ENI intendono varare il progetto
South Stream, che continuerà il Blue Stream e connetterà il grande gasdotto con il Sud Italia, e potrebbe raggiungere
Israele ed il Nord Africa da lì”.
26
Al punto che persino la stampa tedesca ha dato spazio al primo incontro ufficiale tra il Presidente americano
George Walker Bush ed il Presidente del Consiglio italiano pro-tempore Romano Prodi. Cfr. Stefan Ulrich,
Flitterwochen auf italienisch, Süddeutsche Zeitung, 11.06.2007.

8
Paradossalmente, forse è proprio perché l’importanza dell’Italia è aumentata negli ultimi
quindici anni, a dispetto di tutte le difficoltà incontrate, che gli organi d’informazione esteri se ne
stanno occupando sempre più intensamente.
Tutto ciò premesso, occorre sottolineare come non tutte le testate straniere abbiano dato
prova della medesima serenità ed equanimità nell’analizzare in questi mesi l’Italia. Talvolta, i
giudizi hanno risentito dei preconcetti ideologici gravanti sui principali protagonisti della scena
politica italiana, specialmente nei riguardi del leader del centro-destra Silvio Berlusconi e della
Lega Nord, ma non di rado l’Italia ha scontato anche alcuni stereotipi negativi fortemente
radicati nella cultura di alcuni Paesi.
Sotto questo profilo, purtroppo, si sono distinti soprattutto i giornalisti britannici e
tedeschi, che non hanno sempre saputo mostrare lo stesso equilibrio nei confronti del nostro
Paese di quelli statunitensi o francesi.
Quando si è trattato di commentare il cosiddetto Sobrepaso compiuto dalla Spagna
sull’Italia in termini di reddito reale pro-capite, esprimendo lo scorso 4 gennaio il proprio
compiacimento per il successo riportato da Madrid e schierandosi quindi con il Primo Ministro
Luis Zapatero contro il Presidente del Consiglio Romano Prodi nella disputa sorta tra i due
Governi sulle dimensioni relative delle rispettive economie, persino il sobrio Financial Times
non ha potuto fare a meno di sottolineare come la pretesa avanzata dall’Italia nel 1987 di
possedere un Prodotto interno del 15% più largo di quello britannico dovesse ormai considerarsi
ex post poco più di un fuoco di paglia27. Un rilievo velenoso e tutto sommato inutile. Fatto
significativo, tre mesi più tardi, l’8 aprile, la stessa testata avrebbe pubblicato, a firma di Ralph
Atkins, un’analisi sulle prospettive dell’economia europea nell’anno in corso, in cui l’Italia
sarebbe stata esplicitamente definita una volta di più come “il malato d’Europa”28.
Quanto alla stampa tedesca, sia sufficiente menzionare il già richiamato articolo
pubblicato il 24 dicembre scorso dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung sull’avversione italiana
nei confronti delle riforme e sulla minaccia di “retrocessione” incombente sul nostro Paese,
nonché il più recente pezzo apparso sulla pagina culturale della Süddeutsche Zeitung il 13
maggio 2008, significativamente intitolato Rozzi nell’animo, nel quale l’Italia viene descritta con
una nazione priva di stimoli e ben lontana dall’esercitare il ruolo trainante svolto in Europa negli
anni novanta, ormai incapace di generare vero interesse nel pubblico tedesco29.
27
Financial Times, El sobrepaso, January,4th, 2008. L’articolo descriveva un’Italia indignata per il sorpasso subito
ad opera della Spagna.
28
Ralph Atkins, Europe growth rates diverge, Financial Times, April, 8th, 2008.
29
Cfr. Frankfurter Allgemeine Zeitung, Reformscheu und abstiegsgefärdet, 24.12.2007; Gustav Seibt, Grob von
Seele, Süddeutsche Zeitung, 13.05.2008. A quest’ultimo avrebbe replicato a stretto giro di posta un insolito
editoriale del quotidiano progressista Il Riformista pubblicato il 14 maggio, dal suggestivo titolo Sueddeutsche, ma
vaffa, scrivendo testualmente: “Francamente, i giornali stranieri che pensano di salire in cattedra e dare lezioni ci
hanno rotto le scatole”. Va comunque sottolineato come questi articoli rientrino in un filone storicamente piuttosto

9
Anche in rapporto alle maggiori crisi ed agli scandali che si sono verificati negli ultimi
mesi si sono constatati accenti differenti.

La mediatizzazione dello scandalo della spazzatura campana

I primi problemi significativi ad aver catturato l’attenzione dei media esteri sono stati
quelli creati dal blocco dei Tir sulle autostrade e da quello promosso dai tassisti a Roma. Le
fotografie dei grandi camion fermi sulle carreggiate delle maggiori arterie viarie nazionali e delle
macchine gialle parcheggiate nelle piazze della capitale hanno conquistato in più di un caso la
prima pagina, inclusa quella dell’autorevole International Herald Tribune.
Il fatto, in sé, non è sorprendente, specialmente se si considerano la reputazione di cui
gode Roma come destinazione turistica ed il gran numero di persone che l’hanno visitata almeno
una volta nella vita. Tuttavia, anche in questo caso, occorre chiedersi perché la Francia abbia
beneficiato di un trattamento complessivamente migliore quando il nuovo Governo conservatore
nominato dal Presidente Nicolas Sarkozy è stato costretto a scendere a patti con la potente lobby
dei tassisti parigini che aveva bloccato la capitale. E’ sintomatico di un rispetto prossimo alla
sudditanza psicologica il fatto che persino la stampa italiana abbia mancato la ghiotta occasione
di prendersi una rivincita nei confronti di quella transalpina, a differenza di quanto capitò negli
“anni di piombo”, quando all’offensiva copertina “spaghetti e pistole” pubblicata l’8 agosto 1977
dallo Spiegel tedesco rispose prontamente quella di Epoca, un prestigioso settimanale da tempo
scomparso, che raffigurava un piatto di wurstel e crauti sormontato da una bomba a mano.
Il fatto è che ogni singola crisi o difficoltà che si è abbattuta sull’Italia negli ultimi mesi è
stata invariabilmente interpretata come una manifestazione ulteriore del presunto declino
nazionale italiano. La resa del Presidente Nicolas Sarkozy ai tassisti di Parigi ha pesato meno
perché nessuno l’ha considerata come il sintomo di un più generale problema francese. Al
contrario, il grande attivismo comunque dimostrato dal nuovo inquilino dell’Eliseo tanto sul
piano interno quanto su quello internazionale sembra aver permesso alla Francia di lucrare un
sensibile beneficio in termini di ritorni di immagine.
E’ la sensazione di una possibile, drammatica, svolta incombente sull’Italia l’elemento
chiave che ha fatto di ogni crisi locale o settoriale la possibile avvisaglia dell’imminente collasso
dei poteri dello Stato italiano.
Accantonando i Tir, i taxi di Roma e, più in generale, l’insieme delle proteste contro le
pur deboli liberalizzazioni e misure deregolatorie varate dal Governo Prodi nella sua tormentata

florido di commenti antitaliani, recentemente ravvivato dalla strage di Duisburg.

10
esistenza, non c’è dubbio che lo scandalo della raccolta dei rifiuti in Campania sia stato l’evento
maggiormente coperto dai media esteri.
Di per sé, quanto è accaduto a Napoli e nella sua Regione tra la fine del 2007 e l’estate
del 2008 ha rappresentato senza dubbio la sorgente di un danno di proporzioni globali, di cui si
stanno appena iniziando ad apprezzare nella loro corretta dimensione le ripercussioni, a partire
dal blocco temporaneo delle importazioni di mozzarella di bufala decretato dalla Repubblica
Popolare Cinese, che ha gettato un’ombra sinistra sulle prospettive commerciali della futura
vendemmia e di alcuni delicati comparti dell’agroalimentare. Si è trattato di nulla di meno di un
gigantesco spot negativo per l’intero Sistema-Paese.
Può essere interessante richiamare alcuni dei titoli che la stampa estera ha dedicato al
caso nei mesi di gennaio-febbraio. Il 6 gennaio, Le Monde ha aperto il fuoco, pubblicando il
reportage Les authorités italiennes dénoncent “la tragédie des déchets” à Naples. L’indomani, il
7 gennaio, sarebbe stata la volta del Financial Times, per il quale Guy Dinmore avrebbe scritto
una corrispondenza in cui si enfatizzava l’impotenza delle autorità italiane a mantenere l’ordine
pubblico in alcune zone di Napoli30.
L’8 sarebbe toccato al Paìs, che avrebbe rivelato ai propri lettori il fatto che il Governo
italiano si fosse deciso ad inviare addirittura l’Esercito a raccogliere la spazzatura31.
Nella sua edizione del 12 gennaio, il prestigioso settimanale The Economist avrebbe a sua
volta rincarato la dose con un commento significativamente intitolato “Vedila e poi muori”, che
avrebbe tuttavia avuto il merito di segnalare ai propri lettori il cuore del problema reale con un
secco inciso: “la crisi riguarda la capacità di governo almeno quanto la spazzatura vera e
propria”32. E quello di istituire un paragone che oggi sembra profetico tra il problema della
raccolta dei rifiuti a Napoli e lo sciopero dei netturbini britannici durante l’inverno dello
scontento del 1978-79, che minò la popolarità del Governo laburista di James Callaghan,
spianando la strada alla vittoria di Margaret Thatcher.
Il 16 gennaio, El Paìs sarebbe tornato sulla vicenda dedicandole addirittura un editoriale,
dal suggestivo titolo Metafore de Nàpoles in cui il tema della debolezza delle istituzioni sarebbe
stato nuovamente evocato. Il 25 gennaio, la Frankfurter Allgemeine Zeitung avrebbe identificato
nella crisi della spazzatura il simbolo di un’”Italietta” politica condizionata dalla criminalità
organizzata, sostanzialmente indegna della sua arte, del suo passato e delle ambizioni europeiste
della propria élite33. Il 25 febbraio, i rifiuti campani sarebbero sbarcati anche nelle edicole
30
Guy Dinmore, Rubbish protest seals off Naples suburb, Financial Times, January 7th, 2008, dove ai lettori inglesi è
spiegato che il giorno precedente la polizia ha perso il controllo di un’intera periferia del capoluogo campano.
31
El Pais, El Gobierno italiano envìa al Ejército para recoger la basura en Nàpoles, 8 janero 2008.
32
The Economist, Rubbish in Naples. See it and die. The real crisis is about governance as much as rubbish, January,
12th, 2008.
33
Heinz-Joachim Fischer, Römischer Trauerspiel, Frankfurter Allgemeine Zeitung, 25 Januar 2008.

11
statunitensi, diventando la cover story del popolare settimanale Newsweek, sulla cui copertina si
leggeva: “Il caos d’Italia. Come un Paese adorabile è divenuto la zona di disastro economico e
politico d’Europa”.
All’interno, tuttavia, il brillante reportage curato da Jacopo Barigazzi, Barbie Nadeau e
Christopher Dickey, successivamente tradotto e pubblicato in Italia dal quotidiano La
Repubblica, appariva notevolmente più indulgente di quanto le immagini della copertina
lasciassero intuire34. Barigazzi, Nadeau e Dickey avrebbero, infatti, respinto la visione di un
popolo infelice diffusa da Ian Fisher, rilevando che “L’Italia funziona a malapena, eppure la sua
gente è felice”.
I severi giudizi riservati alla gestione del problema dei rifiuti campani ed alle difficoltà in
cui si dibattono i giovani del nostro Paese sarebbero stati inoltre mitigati dall’apprezzamento per
la vivacità culturale di cui l’Italia, nonostante tutto, starebbe dando prova. Un dato, questo, su cui
sarebbe tornato a soffermarsi il 18 marzo l’International Herald Tribune.
Peraltro, un commento di Holger Schmieding nella stessa edizione di Newsweek,
intitolato significativamente Addio Dolce Vita?, evidenziava come “la spazzatura in putrefazione
nelle strade di Napoli abbia mostrato al mondo intero come il settore pubblico d’Italia tradisca i
suoi cittadini”. Un rilievo aspro, ma purtroppo condivisibile sotto molti aspetti35.
Va sottolineato, infine, come la crisi dei rifiuti abbia continuato a far parlare di sé anche
in seguito, specialmente in occasione di tumulti e disordini verificatisi in Campania e degli
interventi promossi delle autorità comunitarie per costringere l’Italia a porvi fine36.

Le critiche al ruolo italiano sui teatri di crisi

La percezione di un declino nazionale dell’Italia e del suo sistema politico non ha


ovviamente contribuito a migliorare lo status internazionale del Paese e delle ripercussioni si
sono registrate anche sotto il profilo della considerazione riservata dall’opinione pubblica estera
agli impegni militari contratti dal nostro Paese.

34
Cfr. Jacopo Barigazzi, Barbie Nadeau, Christopher Dickey, Spazzatura e dolce vita. L’Italia vista dall’America, La
Repubblica, 18 febbraio 2008, pp. 31-32.
35
Holger Schmieding, Farewell, Dolce Vita?, Newsweek, February 25th, 2008.
36
Cfr. ad esempio Ian Fisher, European Commission Sues to Force Italy to Take Out the Garbage, The New York
Times, May 7th, 2008 e The Wall Street Journal, Thousands Take To Streets In Naples To Protest Garbage Row, May
12th, 2008.

12
Non sempre, tuttavia, in questi casi gli attacchi subiti dall’Italia ad opera della stampa
estera sono stati riconducibili al problema fondamentale della crisi di autorità che affliggerebbe
lo Stato italiano, pesando invece interessi politici contingenti, sia esteri che nazionali.
In questo contesto, gli episodi più significativi sono stati certamente due.
Il primo è l’editoriale pubblicato dal supplemento domenicale del quotidiano
conservatore britannico Daily Telegraph, che il 17 febbraio 2008 ha accusato l’Italia di
comportarsi da free rider in Afghanistan, peraltro insieme a Spagna e Germania. La polemica che
ne è seguita ha provocato significative reazioni politiche, al punto di determinare già il 18
seguente un intervento al Parlamento italiano del Sottosegretario pro-tempore alla Difesa,
Giovanni Lorenzo Forcieri, nel quale il pezzo del Sunday Telegraph sarebbe stato ricondotto ad
una polemica tutta interna alla politica britannica contro il Governo laburista, accusato di essere
incapace di ottenere solidarietà militare dagli alleati atlantici nella turbolenta Provincia afgana
dell’Helmand37.
E’ peraltro possibile che la replica di Forcieri abbia illuminato soltanto una parte della
verità. Accuse più o meno velate all’Italia, infatti, sono affiorate anche in altri Paesi, persino da
parte di funzionari di alcuni Stati membri dell’Alleanza Atlantica, senza che tuttavia queste
posizioni impedissero contestualmente all’ammiraglio Giampaolo Di Paola di ottenere alla prima
votazione la maggioranza richiesta per aggiudicarsi il prestigioso incarico di Chairman del
Comitato Militare della Nato.
Il fatto che l’ex Capo di Stato Maggiore della Difesa abbia sconfitto anche un autorevole
candidato polacco non è in effetti compatibile con uno stato di effettiva irritazione degli Alleati
nei confronti del nostro Paese ed appare difficilmente spiegabile se non si prende in
considerazione l’ipotesi di un cover up concordato internazionalmente sull’effettiva natura del
contributo italiano alla stabilizzazione dell’Afghanistan, magari chiesto dallo stesso Governo
italiano del tempo per mantenere compatta la propria debole maggioranza di centro-sinistra.
Esisterebbero al riguardo persino degli indizi, che sono affiorati sulla stampa nazionale nello
scorso autunno, in coincidenza con la visita ufficiale del Ministro della Difesa pro-tempore
Arturo Parisi a Washington, quando circolarono indiscrezioni circa un’offerta da parte italiana ad
aumentare qualitativamente e quantitativamente la presenza militare italiana nel tormentato
Paese centro-asiatico, in cambio dell’assoluto silenzio sull’attività operativa delle nostre unità ed
in particolare sulla loro partecipazione attiva ai combattimenti.

37
Sunday Telegraph, Nato should not offer a free ride to parasites, February, 17th, 2008, dove si legge: “Spagna,
Italia e Germania stanno profittando degli sforzi nostri e dell’America, sperando di godere i frutti della maggiore
sicurezza che tali sforzi creeranno senza contribuirvi in modo significativo ….. l’immoralità e scorrettezza
dell’atteggiamento di questi Paesi dovrebbe essere evidenziata in termini inequivoci. Il nostro Governo deve ancora
contestarli pubblicamente”.

13
Qualora tali circostanze corrispondessero al vero, saremmo certamente in presenza di un
danno d’immagine per il nostro Paese la cui origine non sarebbe in un atteggiamento più o meno
preconcetto dei media internazionali ma in un input politico proveniente dallo stesso Governo
italiano pro-tempore.
Il secondo episodio è più recente e si è materializzato il 28 aprile 2008, in coincidenza di
un attacco rivolto dal quotidiano israeliano Haaretz ai danni del Comando italiano della missione
Onu di stanza nel Libano meridionale, Unifil II, a proposito della tolleranza dimostrata dai
militari del nostro Paese in almeno una circostanza nella quale avrebbero potuto fermare un
convoglio sospetto di mezzi probabilmente carichi di armi diretti agli Hezbollah, rinunciandovi a
causa delle minacce fatte nei loro confronti da alcuni miliziani armati38.
Nella circostanza, il Governo italiano ha difeso l’operato del generale Claudio Graziano,
avallando la ricostruzione degli avvenimenti contestati fornita dalle autorità dei caschi blu e
comunque sottolineando l’aderenza del comportamento dei nostri militari al mandato ed alle
Rules of Engagement attribuiti all’Unifil II.
Anche in questo caso, però, non può essere esclusa una connessione con vicende politiche
contingenti, in particolare con il dibattito aperto in Italia dal Presidente del Consiglio in pectore,
Silvio Berlusconi, in merito all’opportunità di sottoporre a revisione mandato e regole d’ingaggio
della missione Onu in corso nel Libano meridionale.
Ma non vi è dubbio che il pregiudizio tuttora ingiustamente gravante sull’affidabilità
internazionale dell’Italia dal punto di vista politico-militare abbia favorito l’iniziativa assunta da
Haaretz.

La sospetta coincidenza degli attacchi mediatici contro gli italiani in Germania

Esiste fondato motivo di ritenere che l’internazionalizzazione del dibattito sul presunto
declino dell’Italia abbia avuto ricadute negative anche sulla posizione delle comunità dei nostri
connazionali emigrati all’estero. Forse si tratta soltanto di una coincidenza, magari determinata
da odiosi fatti di cronaca locale, ma è un fatto che i reportage della stampa estera sulla crisi

38
Barak Ravid, Israel: UNIFIL is concealing information about Hezbollah, Haaretz, April, 28th, 2008. Peraltro,
Ravid sostiene che nella circostanza i militari italiani siano venuti meno alle loro consegne: “Gli attivisti di
Hezbollah” si legge “conducendo un camion pieno di esplosivi, hanno minacciato il battaglione italiano
dell’UNIFIL con le armi. Invece di usare la forza come richiesto dal loro mandato, i soldati dell’Onu hanno
abbandonato il sito”. Durissimi alcuni commenti inseriti dai lettori sul sito web del quotidiano israeliano. In un post,
un tal Jason ha ad esempio accusato gli italiani di esser privi di forza morale, attribuendo altresì alla loro tendenza a
negare la verità anche le difficoltà in cui versa il sistema economico del nostro Paese. Un altro lettore, Alberto, ha
invece imputato la condotta dei soldati italiani alla linea sostenuta dal Ministro degli Esteri Massimo D’Alema,
auspicandone il cambiamento con l’avvento di Franco Frattini alla Farnesina.

14
sistemica che avrebbe colpito l’Italia almeno in Germania siano stati seguiti da inchieste molto
aggressive nei confronti degli emigrati italiani.
Sul finire del 2007, lo Spiegel ha pubblicato ad esempio una poco edificante inchiesta
sulle infiltrazioni mafiose nella comunità degli italiani residenti nella Repubblica Federale –
significativamente intitolata “Facciata irreprensibile per un mondo parallelo” - dipingendo i
nostri 700mila connazionali emigrati come la complice copertura delle cosche attive in
Germania, se non come un vero e proprio muro omertoso, che avrebbe tra l’altro impedito alla
polizia tedesca di far piena luce sui responsabili della strage di Duisburg. Il settimanale, di per sé
tradizionalmente poco incline a far sconti al nostro Paese, avrebbe inoltre descritto i nostri
emigrati come una comunità non effettivamente integrata, con un sistema di valori a sé stante e
separata rispetto al resto della società. Un’accusa pesante, alla quale lo stesso Ambasciatore
d’Italia in Germania, Antonio Puri Purini, avrebbe ritenuto di dover rispondere inviando una
lettera formale allo Spiegel39.
A dispetto di questo intervento, il 7 febbraio 2008 l’offensiva dei media tedeschi avrebbe
raggiunto un nuovo picco con la pubblicazione da parte del quotidiano Die Zeit, un autorevole
settimanale diretto da Giovanni Di Lorenzo, figlio di un italiano e di una tedesca, dei risultati di
una ricerca comprovante le scadenti performance scolastiche e professionali dei nostri giovani
connazionali residenti nella Repubblica Federale, emerse come le peggiori fra quelle realizzate
dalle varie minoranze etniche in Germania.
Un paragone esplicito, dal sapore vagamente razzista, tra gli immigrati del sud ed i
tedeschi, avrebbe inoltre evidenziato come in particolare gli allievi originari del nostro Paese
siano rimasti indietro anche rispetto a quelli provenienti da famiglie turche, greche e spagnole, a
dispetto dei cospicui sforzi fatti sia dalla Repubblica Federale che dallo Stato Italiano per
40
migliorare almeno la loro padronanza della lingua tedesca . Nello stesso numero del
settimanale, figuravano significativamente anche inchieste su Cosa Nostra e la criminalità
organizzata italiana.

Grafico 1. Le performance scolastiche degli studenti greci, italiani, spagnoli, turchi e tedeschi
nelle scuole federali secondo i vari ordini e gradi

39
Cfr. Enzo Piergianni, La diplomazia italiana ai ferri corti con la stampa tedesca, Il Velino, 3 gennaio 2008, ore
16.09.
40
Die Zeit, Italiener in Deutschland, 07.02.2008. Il grafico mostrava come la presenza degli italiani nelle scuole
cosiddette „particolari“, cioè differenziali o di recupero, destinate soprattutto agli allievi con difficoltà linguistiche,
pari all’8,6%, fosse maggiore in termini relativi di quella dei turchi (6,6%), dei greci (5,9%), degli spagnoli (5.1%)
e, naturalmente, dei tedeschi (4,4%).

15
Fonte: Zeit-Grafik 2008

Il cattivo gusto dell’attacco è stato alla base della decisione delle autorità diplomatiche
italiane in Germania di opporre una nuova replica alle conclusioni del reportage, chiedendo al
Governo tedesco di “assumere maggiori responsabilità” nei confronti degli studenti originari del
nostro Paese41.
Può darsi che questa volta gli italiani siano rimasti vittima di un pregiudizio etno-
nazionale che periodicamente riemerge nella Repubblica Federale, ma esistono pochi dubbi circa
il fatto che una debole immagine del nostro Paese all’estero non contribuisca a migliorare lo
status dei nostri connazionali che vivono all’estero.

Pochi vantaggi a fronte di danni evidenti per il nostro Paese

Dall’internazionalizzazione del dibattito sul suo presunto declino nazionale, l’Italia non
sta quindi traendo alcun particolare vantaggio. Malauguratamente, mentre dall’estero non sembra
arrivare alcun suggerimento utile per uscire dalla crisi, salvo quello generico a varare delle

41
Per la verità, pur esprimendo questa richiesta il Console generale italiano di Stoccarda, Faiti Salvadori, ammetteva
che la scadente performance scolastica degli studenti italiani potesse dipendere dalla natura selettiva del sistema di
istruzione tedesco e da un certo disinteresse delle famiglie per il rendimento dei loro figli. Agi, Germania: Die Zeit,
studenti italiani meno bravi tra immigrati, 6 febbraio 2008, ore 14.26.

16
riforme42, l’amplificazione degli aspetti più evidenti delle difficoltà italiane ha già provocato
ingenti danni all’intero Sistema-Paese. Sia sufficiente pensare alla già menzionata crisi delle
mozzarelle alla diossina, cui potranno seguirne altre a tempo debito, nel comparto vinicolo ed
altri delicati settori della filiera agro-alimentare, oltre che, naturalmente, nel turismo e nelle
eventuali trattative con partners stranieri per assicurare un futuro all’Alitalia.
Proprio per questo motivo, sembra auspicabile che il nuovo Governo si doti di una
strategia comunicativa in grado di contrastare il radicarsi all’estero di un’immagine negativa del
nostro Paese.
Sarebbe altresì opportuno che anche i media italiani contribuissero in qualche modo allo
sforzo, posto che alla fine gli inviati della stampa estera negli ultimi mesi non hanno fatto altro
che riportare ai rispettivi lettori sentimenti ai quali il sistema mediatico italiano ha per primo dato
spazio.
Ci sono al riguardo almeno due punti fermi dai quali si potrebbe ripartire.
Il primo è rappresentato dalla eccezionale performance fatta registrare lo scorso anno
dall’export italiano, cresciuto in valore di 27 miliardi di euro a dispetto del significativo
apprezzamento della divisa unica europea sui mercati mondiali. Un segno di indubbia vitalità e
competitività, il cui significato può essere compreso meglio se si osserva che nel 2007 le imprese
italiane hanno fatto meglio delle loro concorrenti francesi, spagnole e portoghesi messe insieme.
Un risultato decisamente non di poco conto, evidenziato recentemente da Marco Fortis sul
Messaggero, ma ignorato pressoché completamente dalla stampa internazionale, se si eccettuano
alcune testate economiche particolarmente attente alle prestazioni delle aziende italiane.
Il secondo è il successo riportato con l’assegnazione dell’Esposizione Universale alla
Città di Milano, dal momento che può costituire un’occasione per presentare ai partners esteri il
meglio di quanto il sistema produttivo italiano è capace di offrire. Si tratta di un’opportunità da
non sprecare. Stampa e politica italiana possono far molto al riguardo, contribuendo ad un
rilancio del nostro Paese che è nell’interesse economico di tutti.
L’Italia non necessita soltanto di riforme ed interventi strutturali, ma anche di
un’operazione di marketing che infonda fiducia.

42
Tra gli altri, cfr. The Financial Times, Italy needs reform, April 7, 2008, dove tra l’altro si legge: “L’Italia è in
declino relativo. Sta affondando sotto il peso di un settore pubblico gonfiato, dell’eccessiva regolamentazione e di
infrastrutture prossime al crollo. Il suo tradizionale vantaggio comparato nel settore manifatturiero è sottoposto ad
amari test. Ha bisogno di una riforma strutturale dell’economia e di un rinnovamento politico. Ma non sembra che li
avrà”. Da vedere anche El Paìs, Una crisis que nadie se atreve a encarar, 9/4/2008 e, a firma di Enric Gonzales, El
paìs màs cabreado de Europa, 11/4/2008, nel quale si evidenzia come nella situazione di stallo venutasi a creare,
“soltanto un governo molto forte, generoso e senza compromessi potrà iniziare a rompere i circoli viziosi”.

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