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Marco Pacuvio:

Egli faceva parte del Circolo degli Scipioni. Di lui Plinio nella sua opera “Naturalis Historia”, ci
dice che Pacuvio era nipote di Ennio e che aveva molteplici interessi. Nacque a Brindisi nel 220
a.C., si trasferì in seguito a Roma dove entrò in contatto con il Circolo degli Scipioni. Di lui
conosciamo i titoli e qualche frammento di dodici tragedie e una sola praetexta (tragedia di
argomento romano) intitolata Paulus nella quale si rievoca una vittoria di Emilio Lucio Paulo sul
re Perseo di Macedonia, scrisse anche opere minori sature. Dai pochi frammenti che ci sono
pervenuti possiamo anche dire che Pacuvio fu un profondo conoscitore della tragedia greca e
soprattutto di Euripide, tuttavia nelle sue opere fuse elementi greci con lo spirito romano dei
suoi personaggi. Anche Pacuvio come Ennio vuole essere un “dictis studiosus” (filologo,
studioso della lingua) e vuole pervenire ad un impasto linguistico che rappresenti la pateticità
delle situazioni descritte nelle sue tragedie. Ricerca uno sperimentalismo espressivo e
linguistico; i suoi personaggi utilizzano un linguaggio formato da:
1. parole solenni
2. locuzioni di intonazione oratoria
3. parole nuove coniate dall’autore

Cecilio Stazio:

Apparteneva al Circolo degli Scipioni. Viene considerato un anello di congiunzione tra Plauto e
Terenzio. Nella sua commedia non vi è la rottura della finzione scenica ma bensì si utilizza la
verosimiglianza. Di lui abbiamo poche notizie. Assomiglia a Plauto per la comicità grossolana e a
Terenzio per il realismo garbato. Girolamo ci fornisce alcune notizie su di lui: ci dice che era
originario della Gallia Insubre (odierna Lombardia) e fu quasi coetaneo di Ennio; morì l’anno
successivo alla morte di Ennio (168 – 167 a.C.) e venne seppellito nel Gianicolo. Aulo Gellio ci
dice che Stazio fu uno schiavo affrancato. Ci restano solo 40 titoli di commedie e frammenti
per circa 290 versi. La maggior parte delle sue fabulae ha un titolo greco, altre hanno un
titolo latino, altre ancora hanno entrambi; tuttavia non si conoscono le motivazioni che lo
indussero a presentare due lavori con il doppio titolo.
Cecilio Stazio e la palliata (commedia romana di argomento greco): si rifà a Menandro,
commediografo greco. Egli fu un poeta mimicus poiché rappresentava sulla scena la realtà
della vita; egli era preoccupato della verosimiglianza. Questo fatto condizionò il suo rapporto
con i modelli greci, in quanto rinunciò alla contaminatio, procedimento già adoperato con
successo da Ennio, Plauto e Nevio. La contaminatio infatti produceva situazioni inverosimili. I
modelli di Cecilio sono quelli della Commedia Nuova Greca e il suo commediografo preferito fu
Menandro.
I temi: nella palliata di Cecilio è presente la riflessione moralistica con numerose battute che
hanno la funzione di massima. Inoltre Cecilio si fece portavoce dei valori del Circolo degli
Scipioni, come ad esempio l’humanitas (l’ideale filantropico). Tutti questi elementi verranno
ripresi da Terenzio.

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