Beruflich Dokumente
Kultur Dokumente
vivaci vengono sempre dopo alle pi vivaci (il libro che era qui lo
percepivo in modo vivace, poi non pi qui, me lo ricordo, lo
percepisco cio in modo meno vivace) : se del libro non avessi avuto
l'impressione, non poteri averne l'idea. Allora abbiamo percezioni, non
tutte sono uguali e sappiamo che le idee stanno dopo le impressioni;
ecco allora che l'esistenza la convinzione psicologica connessa alla
vivacit di una cosa: se ho percezione vivace del libro sono convinto
che esista qualcosa fuori di me . L'esistenza consiste proprio nella
vivacit di percezione. E in effetti gi Locke aveva notato che se ho
solo l'idea del libro senza avercelo in carne ed ossa davanti, posso
supporre che esso esista ancora (anche se non lo vedo pi), pur non
avendone la certezza (potrebbe essere stato distrutto). E d'altronde
questo particolarmente evidente nei bambini: in presenza di un
oggetto a loro gradito, essi sono felici, ma se l'oggetto viene nascosto
essi piangono temendo che l'oggetto non ci sia pi: e in fondo che
cosa mi garantisce che il libro di cui ho impressione, che vedo cio coi
miei occhi, una volta che non lo vedo pi e di lui ho solo l'idea,
continui ad esistere? Ecco che Hume dovr affrontare proprio questo
problema: perch noi abbiamo un atteggiamento diverso rispetto al
bambino? Perch di una cosa di cui abbiamo avuto impressione,
quando ne abbiamo solo l'idea continuiamo ad essere convinti che
esista? Perch vedo il libro e quando mi giro dall'altra parte e non lo
vedo pi, continuo ad essere convinto che esso ci sia?
L'atteggiamento di Hume sembra scivolare nello scetticismo pi
radicale: definire l'esistenza come convinzione psicologica irrazionale,
infatti, sembra tipico dello scetticismo pi rigoroso. Ed proprio quel
che fa Hume: vedo il libro e deduco che esista, mi volto e, non
vedendolo pi, continuo a credere che esista: irrazionale, la nostra
mente stessa che fatta cos, in modo tale da credere che esista ci
di cui ho impressione. L'esistenza dell'intera realt in fondo
indimostrabile per Hume: vediamo ci che ci circonda e intuiamo
immediatamente che esista: ma una deduzione che esula dalla
ragione. Ma con questo Hume non intende scivolare nello scetticismo
e ci tiene a ribattere a quelli che glielo rinfacciano: convinto che
l'esistenza della realt sia indimostrabile, ma non per questo non
crede che la realt che ci circonda non esista. Anzi, dice Hume,
l'indimostrabilit e l'irrazionalit dell'esistenza della realt non fa altro
che sortire l'effetto opposto, ossia ci porta ancora di pi a credere che
la realt esista proprio perch lo si coglie con l'intuizione immediata,
senza bisogno di ragionamenti razionali. E d'altronde tutti i filosofi
medioevali che avevano provato a dimostrare l'esistenza di Dio in
termini razionali avevano fatto fiasco: non per via di un
ragionamento, anche se ben condotto, che si arriva a credere in Dio:
una cosa che si sente dalla nascita, che va accettata con un atto di
fede; e lo stesso per la realt che ci circonda, la cui esistenza va
soggetto Cesare: lo so perch l'han detto gli storici). Ecco allora che
Hume si pone il quesito: la causalit una relazione tra idee o una
materia di fatto? Se fosse una semplice relazione tra idee, ossia se nel
soggetto (triangolo) fosse gi implicito il predicato (l'avere la somma
degli angoli interni uguale a 180 gradi), allora il primo uomo venuto al
mondo dall'essenza stessa del fuoco avrebbe dovuto capire che
bruciava: ma evidentemente non andata cos, al contrario, l'uomo
non ha capito che il fuoco bruciava finch non ha messo la mano sul
fuoco e non se ne accorto. Pare quindi che si tratti di una materia di
fatto, non deducibile dall'essenza stessa del soggetto: finch non lo
provo empiricamente o non me lo dicono, non potr mai sapere se il
fuoco brucia. Ma in realt non cos: il fuoco brucia perch una o pi
volte mi sono scottato, l'ho cio provato sulla mia pelle. Ma non per
questo posso dedurre che il fuoco causa il bruciore: le esperienze (per
definizioni) sono sempre testimoni di ci che accaduto, mai di quel
che accadr: mettere una o due volte la mano sul fuoco, non mi dice,
a rigore, che cosa mi capiter quando metter la mano sul fuoco: mi
dice solo quel che successo quando l'ho messa. Per fare un esempio
che rende meglio l'idea: constato che i cigni sono bianchi perch tutti
quelli presi in considerazione lo sono, ma nulla mi dice che siano solo
bianchi (e infatti esistono anche cigni neri in Oriente). L'esperienza lo
solo del passato . Il concetto di causalit, come quello di esistenza,
non razionalmente fondato: non n relazione tra idee n materia di
fatto; ma questo non toglie nulla all'idea istintiva che ho, ossia che A
causi B. Ecco che ancora una volta la credenza istintiva in certe verit
innegabile, dettata dalla struttura stessa della mente umana: il
mondo per Hume esiste, cos come per lui A causa B. Ma se non
razionale, come nasce la convinzione? Per abitudine. Dunque la
causalit viene ricondotta da Hume a pura e semplice successione
regolare: diciamo che A causa B poich vediamo che dopo A viene B e
ci sentiamo dunque autorizzati, alla presenza di B, a dire che c' stato
A. Ma, evidente, si tratta solo di una successione regolare, ossia
dopo A viene regolarmente B. Il rapporto di causalit non n una
materia di fatto n di relazione: non si pu predire l'effetto della cosa
in questione dall'essenza della medesima (non so che il fuoco brucia
finch non lo tocco con mano) e se uno constata empiricamente
l'effetto, pu dire che andata cos, ma non del tutto lecito dire che
in futuro andr ancora cos (mi son bruciato mettendo la mano sul
fuoco, ma non c' nulla che mi garantisca che rimettendola mi bruci
nuovamente): Hume fa l'esempio del sole, facendo notare come non
ci sia nulla che ci garantisca ogni mattina il suo sorgere. Questo non
vuol dire che posso tranquillamente mettere la mano sul Fuoco, ossia
che posso dubitare che dal fuoco derivi il bruciare, tuttavia significa
che il rapporto di causalit non razionalmente dimostrabile. E allora
come nasce la convinzione del rapporto di causalit? Come posso
quel che pensa Hume, non vi cio una spiegazione razionale al fatto
di "voler far denaro" e la ragione ci pu solo dire come fare (lavorare
per fare denaro) ; tuttavia con gli imperativi categorici Kantprender le
distanze da Hume proprio in quanto in questi imperativi non c' il "se,
allora" , che presuppone la schiavit della ragione alle passioni: nei
categorici la ragione stessa a dirmi "fai questo", indicandomi che
cosa giusto.
LA CREDENZA
Nella terza parte del I libro del Trattato sulla natura umana, Hume
definisce la credenza come un'idea particolarmente vivace associata
ad un'impressione presente. Per comprendere il significato di tale
affermazione, occorre rilevare che l'idea d'un oggetto una parte
fondamentale della credenza in esso, ma non tutto, perch
sappiamo per esperienza di concepire molte idee o cose alle quali non
crediamo: ad esempio, possiamo pensare ad un cavallo alato anche se
non crediamo alla sua esistenza. Hume approfondisce il problema
della "credenza" ponendolo in relazione con quello della causalit.
Tutti i ragionamenti sulle cause e gli effetti riguardano materie di fatto,
ossia l'esistenza di oggetti o delle loro qualit. Ora, l'idea di un oggetto
e l'idea della sua esistenza non sono distinte: se prima concepisco un
oggetto e poi lo concepisco come esistente, non faccio alcuna
aggiunta o non produco alcuna alterazione alla prima idea. Hume
propone un esempio molto chiaro: "Quando penso Dio, quando lo
penso come esistente e quando credo alla sua esistenza, la mia idea
di lui non si accresce n diminuisce. Ma siccome v' certamente una
grande differenza fra il semplice concepire l'esistenza d'un oggetto e
la credenza in essa, e poich questa differenza non risiede nelle parti
o nel complesso dell'idea che concepiamo, ne segue ch'essa debba
risiedere nel modo con cui la concepiamo". Credere significa dunque
avere s un'idea, ma averla in un modo particolare. A questo punto,
occorre chiedersi cosa s'intende quando si parla di "modo particolare"
di concepire un'idea. Tutte le nostre percezioni si distinguono in
impressioni e idee: le prime sono passioni, sensazioni, sentimenti,
emozioni, che ci colpiscono immediatamente con un vigore ed una
forza particolari, mentre le seconde sono una copia sbiadita delle
impressioni nel pensare e nel ragionare. Ci significa che ogni
percezione pu presentarsi o come impressione o come idea, e che
un'idea, essendo una perfetta copia di un'impressione, la rappresenta
in tutte le sue parti. In altre parole, un'idea rappresenta
perfettamente, in ogni parte, un'impressione corrispondente. Se allora
vogliamo "variare" l'idea di un certo oggetto, non abbiamo altra
opportunit che quella di accrescerne o diminuirne la forza e la
assoluto.