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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Avverso tale sentenza proponeva appello la P.C. lamentando che, erroneamente il giudice di primo grado aveva ritenuto:
a) che non fossero regolamentate le distanze dei camini dalle costruzioni; b) che le immissioni di fumo fossero tollerabili;
c) che, ove i camini fossero rimasti nella posizione originaria, avrebbero emesso fumi che avrebbero, comunque invaso
la propriet dell'appellante.
Si costituiva C. chiedendo il rigetto dell'appello.
La Corte di Appello di Trento con sentenza n. 201 del 2006 rigettava l'appello. Secondo la Corte trentina: a) posto che i
fondi di entrambi le parti non erano confinanti in quanto tra essi vi una strada pubblica, il C. non era tenuto al rispetto
delle norme sulle distanze di cui all'art. 873 c.c.; b) correttamente il giudice di primo grado aveva escluso che lo
spostamento del manufatto in altro punto del tetto potesse portare qualche vantaggio all'appellante, n andava
dimenticato che la stessa parte appellante aveva riconosciuto il diritto del C. al mantenimento dei camini nella posizione
preesistente.
La cassazione di questa sentenza stata chiesta da P.C. I. per due motivi, illustrati con memoria. C.L. ha resistito con
controricorso, illustrato con memoria.
Motivi della decisione
1.- Con il primo motivo P.C. lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 879 c.c., e del D.P.R. n. 1931 del 1970,
art. 6, comma 15, oggi sostituito dall'art. 2, comma 9, dell'Allegato IX a Parte V del D.Lgs. n. 152 del 2006 "Norme in
materia ambientale" che regola le distanze dei camini dalle costruzioni vicine (art. 360 c.p.c., n. 3). Avrebbe errato la
Corte di Trento,secondo la ricorrente, per aver applicato alla fattispecie in esame la norma di cui all'art. 879 c.c. laddove
prevede che le norme relative alle distanze non si applicano alle costruzioni che si fanno in confine con le piazze e le vie
pubbliche, anche alle distanze dettate dal D.P.R. n. 1391 del 1970, relative alle distanze a salvaguardia
dell'inquinamento atmosferico. Piuttosto, ritiene la ricorrente, sia il D.P.R. n. 1391 del 1979 che il D.Lgs. n. 152 del 2006,
dettano norme in materia ambientale che non subiscono il limite posto dall'art. 879 c.c., considerato che la normativa di
cui all'art. 879 c.c., riguarda esclusivamente le distanze previste dall'art. 873 c.c..
1.1.- Il motivo infondato.
Va qui evidenziato che il quesito proposto dal ricorrente presenta profili di genericit considerato che, secondo la
normativa di cui all'allora vigente (al tempo in cui stato proposto il ricorso) art. 366 bis c.p.c., il ricorrente, attraverso il
quesito, doveva domandare alla Corte se, in una fattispecie, come quella contestualmente e sommariamente descritta
nel fatto, si applichi la regola di diritto auspicata dal ricorrente in luogo di quella diversa adottata nella sentenza
impugnata. Epper, il quesito proposto dall'attuale ricorrente non contiene un richiamo alla disciplina dettata dall'art. 890
c.c., ed al richiamo della norma all'obbligo di osservare le distanze previste dal D.P.R. n. 1391 del 1970.
Tuttavia il motivo infondato, perch il D.P.R. n. 1391 del 1970, costituisce regolamento per l'esecuzione della L. 13
luglio 1966, n. 615, recante provvedimenti contro l'inquinamento atmosferico (e non un regolamento funzionale a
preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidit, salubrit e sicurezza) e le sue disposizioni si applicano, come
espressamente previsto dall'art. 1, della legge citata, agli impianti termici situati nei comuni con popolazione superiori a
settantamila abitanti e nei comuni che presentano caratteristiche industriali, urbanistiche, geografiche e meteorologiche
particolarmente sfavorevoli nei riguardi dell'inquinamento atmosferico. Pertanto, la normativa di cui si dice non andava
applicata a Castel Madruzzo, localit ove esiste la canna fumaria, oggetto della controversia, perch frazione del
Comune di Lasino e la popolazione di tale Comune di 1283 abitanti, notevolmente inferiore alla popolazione
(settantamila abitanti) considerato dalla normativa in esame, n nel corso del giudizio di merito le parti hanno
presupposto o evidenziato caratteristiche industriali, urbanistiche, geografiche e meteorologiche del Comune di Lasino,
particolarmente sfavorevoli nei riguardi dell'inquinamento atmosferico.
2. - Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione riguardo alla
tollerabilit dei fumi e delle immissioni provenienti dal camino di casa C. (art. 360 c.p.c., n. 5). Secondo la ricorrente, la
Corte di Appello di Trento non avrebbe risposto alla doglianza della signora P. circa la tollerabilit delle immissioni di
fumo.
Con l'atto di appello - chiarisce la ricorrente - essa stessa ricorrente aveva lamentato che l'accertamento sulla tollerabilit
dei fumi non fosse stato in realt compiuto dal CTU, il quale in sostanza si era limitato ad affermare che le immissioni
erano inevitabili, ma non aveva chiarito se fossero anche tollerabili, epper, la Corte trentina a tale lamentela non
avrebbe dato la bench minima risposta.
2.1 - Il motivo fondato.
La Corte di Trento, richiamandosi alla CTU, ha chiarito che i fumi emessi dal camino in oggetto, al servizio di una stufa,
che viene alimentata a legna non erano idonei per la parte in cui invadevano per la presenza di vento la propriet della
sig.ra P. ad arrecare danno alla salubrit e alla sicurezza. Tuttavia, la Corte trentina non ha tenuto conto che in primis
avrebbe dovuto accertare la denunciata intollerabilit delle immissioni rapportate al diritto alla salute nonch al diritto ad
un ambiente salubre della persona che subiva le immissione di cui si dice. Come insegna questa Suprema Corte cui fa
eco la dottrina pi avvertita, l'art. 844 c.c., comma 2, alla luce di un'interpretazione costituzionalmente orientata, ponendo
alle immissioni il limite della normale tollerabilit ha inteso tutelare il diritto alla salute ed il diritto ad un ambiente salubre.
La Corte di merito, avrebbe dovuto, pertanto, effettuare una valutazione concreta e media tra i contrastanti diritti dei
proprietari dei fondi oggetto di controversia, tenendo conto delle condizioni dei luoghi, della natura, dell'entit e della
causa delle immissioni, delle necessit generali ed assolute, quotidiane e civili, della umana coesistenza e,
sussidiariamente, anche della priorit dell'uso. N esaustive sono le affermazioni contenute nella sentenza impugnate
secondo cui il Tribunale aveva dichiarato che le immissioni di fumo di cui si dice erano inevitabili, ma anche tollerabili o
l'espressione secondo cui "orbene l'art. 844 c.c., prevede che nella valutazione della normale tollerabilit si tenga conto
delle condizioni dei luoghi e del c.d. preuso" perch sono (affermazioni) generiche non rapportate alla situazione
concreta posta all'attenzione del Giudice.
In definitiva, va rigettato il primo motivo del ricorso e accolto il secondo primo motivo, la sentenza impugnata va cassata
e la causa rinviata ad altra sezione della Corte di appello di Trento, anche per il regolamento delle spese relativo al
presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo del ricorso e accoglie il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la
causa ad altra sezione della Corte di Appello di Trento anche per il regolamento delle spese del presente
giudizio di cassazione.
Cos deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 8
novembre 2012.
Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2013.