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LINEE GUIDA DI EPISTEMOLOGIA OMEOPATICA

(A. Micozzi)
Dogma e realt. Etica ed epistemologia. Umoralismo, razionalismo ed empirismo. Criticismo kantiano
e medicina. Nascita della farmacologia sperimentale. Ragione pura e farmacologia. Analogie e
differenze tra agenti infettivi e farmaci. Applicazione del modello farmacologico alla patologia.
Premessa kantiana al modello di malattia. Giudizio teleologico e malattia. Modello di malattia cronica.
Struttura del modello. Studio storico-etimologico dei termini omeopatici.
NOZIONI DI BASE
Lessere oggettivo del malato rappresentato nella soggettivit del medico. Lumoralismo linterpretazione
dogmatica dellessere malato. Il sapere aude dellilluminismo kantiano permette ad Hahnemann di rifiutare il
dogma umoralista. Si supera una teoria inciampando in un problema. La sintesi a priori della ragione pura lo
strumento metodologico della sperimentazione di Hahnemann. Lestetica kantiana si applica allo studio dei sintomi
sperimentali. Allopatia, enantiopatia e omeopatia utilizzano i farmaci con modalit distinte. Il criterio di similitudine
la base di efficacia del vaccino anti-vaioloso. La forza vitale concepita da Kant come un sistema di equilibrio
(salute) o squilibrio (malattia). Lestetica kantiana si applica anche allo studio dei sintomi naturali di un malato. La
critica della facolt teleologica di giudizio lo strumento che Hahnemann utilizza nello studio delle malattie
croniche. Lanalogia della forza vitale con alcune funzioni immunitarie offre lo spunto per la comprensione della
malattia. Lo studio storico-etimologico dei termini omeopatici offre il vantaggio di comprendere il modello di
malattia cronica.

Dogma e realt
Compito della filosofia, secondo Fichte1, quello di ravvisare le modalit con le quali un fenomeno
oggettivo possa diventare soggettivo, o anche come un essere possa diventare un essere rappresentato.
Questa strana metamorfosi, da ci che a ci che si vede, pu essere spiegata solo trovando il punto di
unione tra le due cose, il che si identifica con la ragione. La rappresentazione dellessere malato, ad esempio,
colta dalla soggettivit del medico nei confronti della oggettivit del paziente, con la premessa che i sistemi
utilizzati dalla ragione umana, per raggiungere questo obiettivo, cambiano con il variare dei paradigmi di
indagine. Sotto questo aspetto la medicina si distinta per molti secoli, fra tutte le branche della conoscenza,
nel far derivare la rappresentazione dellessere dalla interpretazione dogmatica dei fenomeni oggettivi,
cimentandosi in una serie di argomentazioni arbitrarie, che poco hanno aiutato levoluzione del pensiero
scientifico. Tali argomentazioni poggiano sul dogma centrale dellumoralismo, il quale ha dominato il sapere
del medico fino alla fine del XIX secolo e, conseguentemente, condizionato il suo agire nei confronti del
malato. Lazione, e quanto di essa viene valutato e giustificato, non tanto lemanazione di una saggezza
neutrale, tantomeno di una conoscenza delimitata, bens deve essere lespressione di una coscienza interiore
che ha bisogno di libert per comprendere la sua natura morale2. Sapere aude: abbi il coraggio di servirti del
tuo intelletto! ammonisce Kant, il cui motto si ritrova a capo dellopera maggiore di Samuel Hahnemann,
lOrganon dellArte del Guarire. Osare la conoscenza, onde verificare la possibilit di una morale
preesistente allindagine scientifica, significa affermare il primato della ragione nella sua autonomia, il che
non pu essere subordinato a ideologie astratte e dogmatiche3. Da qui la motivazione forte dellomeopatia,
che nasce in un contesto illuminista, di cui Kant il portavoce pi autorevole. Solo un pensiero libero,
pertanto, in grado di cogliere le ragioni profonde di una medicina a misura del malato, tale da non essere
subordinata alle dotte speculazioni ideologiche e tale da proscrivere qualsiasi intervento che non sia
giustificato dalla conoscenza. Intraprendere un cammino del genere implica uno sforzo enorme, sia culturale,
sia morale. Si potrebbe argomentare che la giustificazione morale di un atto medico sia il prodotto
dellinsieme di conoscenze scientifiche che, in determinato contesto storico, sono collettivamente
riconosciute e accreditate. Una delle conseguenze di tale assunto il relativismo con il quale si scelgono
determinate procedure diagnostiche e terapeutiche, anzich altre. Facciamo lesempio delle gastriti croniche
attive. In piena epopea umoralista, la ricorrenza dei disturbi interpretata come una materia peccans da
evacuare attraverso sostanze emetiche (il sale tartrato di antimonio, con varie miscellanee, adatto allo
scopo), il che non impedisce alla patologia di mantenersi in uno stato di cronicit, la cui evoluzione conduce
ad accidenti acuti (perforazione da ulcera) o a degenerazioni neoplastiche. Allo stato dellArte lideologia
prevale sulla evidenza dei fenomeni, imponendo scelte tanto obbligate sul piano terapeutico, quanto
scellerate sul principio di beneficialit (primum non nocere) del paziente. Successivamente, con la nascita

della microbiologia, lattenzione del medico si sposta verso lorigine acquisita delle malattie, ma occorrono
decine di anni, prima di arrivare a una etiologia infettiva delle gastriti. Nel frattempo, si trovano soluzioni
intermedie con gli anti-acidi e gli H-2 antagonisti. A questo punto, un fenomeno apparentemente ineluttabile,
quale linsorgenza di un carcinoma dello stomaco, messo in relazione a una causa specifica, ossia
lhelicobacter pylori. Con tutta evidenza, il progresso tecnologico ha sostenuto il raggiungimento di un
obiettivo diagnostico e terapeutico altrimenti impensabili. Ma come si possono raggiungere obiettivi
analoghi? e come luso della conoscenza incide sulla individuazione degli obiettivi? Facendo riferimento
allesempio precedente, sembra chiara lapplicazione di un modello (modus) valido di studio, ove il rapporto
causa efficiente/nexus effectivus molto spesso mediato da un fattore temporale. La sintomatologia
effettuale della gastrite, in questo caso, legata a un fenomeno specifico lontano e persistente nel tempo.
Ora, lindividuazione e luso di un modello diagnostico comportano, in generale, una libert di pensiero che
non pu essere subordinata alla ideologia, e neanche al fenomeno empirico in quanto tale. Lanalisi del
processo costruttivo di una diagnosi, in ogni campo della conoscenza, quindi non solo nella medicina, si basa
ormai sulla funzione cognitiva degli schemi analogie/metafore, e quindi su modelli produttivi, nei quali il
soggetto non si limita allosservazione in quanto tale, ma accede a un livello superiore sul come osservare un
fenomeno4. Qualunque indagine conoscitiva implica, prima o poi, un richiamo al comportamento razionale,
ossia alla valutazione morale di come usare la ragione.
Etica ed epistemologia
La moralit, secondo Kant, si percepisce solo in quelle azioni che sono in rapporto con lautonomia della
volont5, e quindi con una legge universale che non legata al mondo empirico, bens lo precede. Le ragioni
delletica, pertanto, risiedono nel modo con cui lintelletto indirizza la sua speculazione, per rendere
accessibile il concreto, ossia il dato empirico sensoriale. In termini pratici, ci significa che la medicina non
pu sottostare a dogmi inamovibili, che per essere tali obbligano il medico a soffocare la propria coscienza.
Etica e dogma sono inconciliabili: la prima vuole prescrivere leggi universali, mentre il secondo impone
regole che dipendono solo dalla necessit di non contraddirlo. Sotto questo aspetto dobbiamo ammettere che
il giudizio morale, ossia la giustificazione razionale di un atto, sia strettamente legata alla libert intellettuale
dellindividuo, il quale deve affrancarsi dal luogo comune, se vuole accedere a uno stato di consapevolezza e
conoscenza adeguati agli scopi che si prefigge. Lilluminismo, per Kant, consente alluomo di uscire dallo
stato di minorit di cui egli stesso si rende responsabile, ove per minorit si intende lincapacit di usare il
proprio intelletto senza la guida di un altro (naturaliter maiorennes). Regole e formule sono il cattivo uso
razionale delle doti naturali che ogni uomo porta con s dalla nascita, i ceppi di una persistente minorit, che
fanno del pregiudizio la ragion dessere di un determinato comportamento sociale e intellettuale. Per uscire
dalla oppressione, dice Kant, non richiesto altro che la libert6 di fare pubblico uso della ragione in tutti i
campi. Di questo si occupa la tradizione critica del pensiero occidentale, ossia lepistemologia, dalla sua
genesi, presso la scuola milesia di Talete, fino ai giorni nostri. La costruzione dellepisthme (conoscenza)
dipende, come si visto, dalluso di un modello produttivo, nel quale il metodo delle analogie permette lo
studio di fenomeni anche molto diversi tra loro. Un aspetto del genere molto comune nella pratica medica.
Basti pensare al ragionamento diagnostico applicato allo studio dei sintomi, i quali devono essere riferiti a un
insieme di conoscenze di varia natura (chimica, fisica, biologica, fisiopatologica), per poter essere
interpretati correttamente. Con levoluzione della microbiologia, lo studio delle malattie infettive ha
comportato un progressivo allontanamento dai sintomi del paziente, a favore di indagini di laboratorio, per lo
pi indirizzate verso la ricerca dellagente patogeno. Il nesso causale tra questultimo e il malato offre il
vantaggio di una terapia antibiotica mirata e, spesso, risolutrice, ma fa perdere di vista la possibilit che la
memoria immunologica dellinfezione possa incidere, nel tempo, sulla intera economia dellorganismo.
Lesempio pi probante di questa eventualit rappresentato dalla spondilite anchilosante, nella quale un
innesco infettivo specifico (salmonella, klebsiella, shigella, etc.) provoca una risposta autoimmune verso
lindividuo geneticamente predisposto (HLA-B27). Considerazioni del genere obbligano a riflettere su
alcune questioni di natura etica. Una terapia antibiotica in corso di infezione batterica, infatti, non pu essere
messa in discussione, in quanto stabilisce un principio di beneficienza e guarigione sulla malattia attuale. Pi
discutibile appare, invece, latteggiamento successivo, per il quale il medico, ritenuto ormai guarito il
paziente, non si sofferma sulle conseguenze che la risposta immunitaria allinfezione potrebbe comportare
nel lungo periodo. Tali conseguenze potrebbero essere reperibili attraverso il ragionamento diagnostico sui
sintomi funzionali del paziente, soprattutto quando questi mantiene la memoria immunologica della malattia
infettiva. Due elementi sembrano condizionare la rinuncia a un comportamento del genere:

a fronte di una notevole mole di lavori scientifici sulla relazione tra evento infettivo e malattie
autoimmuni, queste ultime continuano a essere considerate come fenomeni ineluttabili nella storia
clinica di un soggetto;
pur cos rilevante, il contributo che la ricerca di base offre alla conoscenza scientifica non ancora
sufficiente ad accreditare un modello clinico di studio delle malattie croniche.

Il dramma della medicina si consuma proprio su questi punti: il dovere morale di mantenere o ripristinare
uno stato di salute stabile influenzato dalluso incompleto dellepisthme, ossia da quel tipo di conoscenza
non produttiva, che si realizza solo in senso statico o empirico. A questo livello, infatti, le informazioni
permettono, certamente, di formare la competenza specifica di base, e anche di uniformare il linguaggio
scientifico, ma in definitiva lasciano impreparato il medico a operare il salto di qualit che gli garantirebbe
lapproccio al malato in senso globale. Tale limitazione sembra derivare dalla mancanza di un modello
clinico adeguato, con il quale il sistema delle conoscenze, sempre parziali nella evoluzione del pensiero e del
progresso tecnologico, esalterebbe le possibilit diagnostiche, non solo nel breve periodo (malattia acuta),
ma soprattutto a lungo termine (malattia cronica).
Umoralismo, razionalismo ed empirismo
Seguendo il pensiero illuminista, Samuel Hahnemann si interroga sui presupposti dogmatici che hanno reso
stagnante la medicina nel corso dei secoli, con lintento di verificare le possibilit di una metodologia clinica
basata su un elemento fondamentale: la necessit etica di proteggere losservazione dei fenomeni dai
pregiudizi dottrinari. In questo periodo la medicina arroccata sulle posizioni intransigenti della evacuazione
di umori, presupponendo che le malattie derivino dalla prevalenza di uno di questi sugli altri, o dalla loro
alterazione7. Tale impostazione procede dalla millenaria pratica ippocratica, ma ne travalica il significato
originario, di stampo naturalista, e degenera in una confusione farmacologica che fa invocare a Linneo,
allinizio del 700, una censura simplicium, ossia una verifica dei singoli farmaci, alla luce della loro
presunta azione evacuativa. Il modello patologico dellumoralismo prevede, infatti, una discrasia dei liquidi
circolanti (sangue, flegma, bile nera e bile gialla), il cui corrispettivo terapeutico deve essere diretto alla
sottrazione (evacuazione) di ci che risulta in eccesso, sia mediante farmaci, sia mediante metodiche violente
e dai risultati improbabili (salassi e sanguisughe soprattutto, ma anche fontanelle, setoni e ferite aperte). La
conoscenza dellazione di questi farmaci molto sommaria, in quanto non poggia su dati sperimentali, ma
solo sulla inaffidabile comparsa degli effetti pi marcati8, che in genere sono quelli collaterali (gli effetti
indesiderati hanno la caratteristica di indurre fenomeni di violenta eliminazione, attraverso gli emuntori del
vomito, sudorazione, diarrea e diuresi). Lutilizzazione di questi effetti, molto simili tra loro, a dispetto della
eterogeneit delle sostanze, fa perdere la nozione di farmaco specifico in uso nella scuola di Ippocrate, e
appesantisce la farmacopea di formulari sempre pi complessi. La concezione dogmatica dellumoralismo, in
un irrefrenabile impulso razionalista, muove dalla impropria applicazione della speculazione metafisica alla
medicina. Il compendio di questo atteggiamento riassunto nella formulazione cartesiana delle idee chiare e
distinte, le quali, raggiunte dalla ragione, senza alcuna mediazione dellesperienza, presumono di descrivere
esattamente la realt cos com9. Secondo questo modello interpretativo i sintomi di un paziente devono
essere riferiti a qualcosa di materiale, denominato non a caso materia peccans, la cui presenza deve essere
espulsa a tutti i costi, come una sorta di esorcismo del dmone penetrato nel malato10. Dalletimo stesso della
parola, questultimo si identifica con il malum, mentre il medico, di conseguenza, amministra il bonum,
evacuando la materia demonica. Il concetto della possessione, nella sua rudimentale e primitiva spiegazione
della malattia, ha preso corpo, nel corso dei secoli, con la elaborazione sempre pi farraginosa di argomenti
razionalistici, che tanto hanno contribuito al sostegno del dogma umoralista. La scuola ippocratica, ben
legata al naturalismo dei presocratici nella ricerca dellark, ossia delle origini, ha di certo una impostazione
razionale, ma non arriva alla accettazione apodittica del ragionamento, tipica del pensiero aritotelico. Il logos
ha costruito, in medicina, le verit indimostrabili del sillogismo e ha elaborato limpianto di tutto il dogma
degli umori circolanti, impantanandosi nella materia della malattia da espellere11. In questo modo anche
rifiutata la necessit dellesperimento, ingiustamente seguendo il primo aforisma di Ippocrate che recita: ars
longa, vita brevis, occasio praeceps, experientia fallax, iudicium difficile, nel quale experientia non significa
esperimento come noi lo intendiamo, ma la traduzione del greco empeiria, che assume un significato
completamente diverso. Questultimo riconducibile al nostro empirismo, per il quale la conoscenza dei fatti
pu derivare solo dai dati sperimentali. A una posizione del genere si legata la medicina per diversi secoli,
affermandosi definitivamente nel medioevo, quando i testi degli autori classici, Aristotele e Galeno,
diventano il perno di una verit assoluta e indiscutibile. Da questo momento sono la retorica e la dialettica,

insieme al sillogismo arido, a monopolizzare il dibattito sulla conoscenza medica, caratterizzata solo da
commenti e glossari, a margine della dottrina umoralista. Linfallibilit della teoria, sulla base di ergo e item
aggiunti alle dissertazioni dei testi classici, si presta molto al metodo disputatorio dei giuristi, i quali tengono
campo indiscusso nellambito delle nascenti universitas. La medicina, denominata sprezzantemente arte da
costoro, quindi ammessa allinsegnamento universitario12. I virtuosismi dei cattedratici acquistano sempre
maggiore importanza con il retaggio di un logos deformato e incomprensibile, contribuendo a mantenere il
potere del razionalismo sulle coscienze, fino al XIX secolo. A tutto ci, nel campo della scienza in generale,
si oppone lempirismo, la cui dottrina impone lesperienza alla base di ogni asserzione. Limportanza del
dato sensoriale, ossia della percezione dei fenomeni attraverso gli organi di senso, d comunque un nuovo
impulso alla conoscenza, fin dai primi del seicento. Con lempirismo la ragione tende a formulare leggi
universali, partendo da un procedimento induttivo, concepito da Bacone e sistemato da Stuart Mill, che
cerchi di riprodurre il fenomeno naturale. Il passaggio dallesperimento alla legge comunemente
denominato riduzione. Latteggiamento empirico degli ultimi tre secoli (esaltato dal radicalismo di Hume13),
offre alluomo la possibilit di raggiungere traguardi insperati, soprattutto nel campo delle scienze naturali,
lasciando indietro la medicina nella sua impostazione razionalistica e conservatrice. Il riduzionismo, daltra
parte, comporta il rischio di perdere di vista il fenomeno nel suo insieme, il che risulta dirompente nel caso in
cui si consideri il malato e, soprattutto, levoluzione della sua malattia.
Criticismo kantiano e medicina
Kant, fondendo e superando gli orientamenti del razionalismo e dellempirismo, circoscrive il campo della
conoscenza alla intuizione sensibile, ossia a quella forma di idea innata che ha bisogno di legarsi al dato
sensoriale per potersi esprimere. Abbandonare questo terreno conoscitivo significa addentrarsi in una sfera
incontrollata, ove qualsiasi tesi possibile. La costruzione di un sistema teorico basato solo sulla ragione in
quanto tale un limite contraddittorio, poich il principio metafisico della razionalit e dellautoevidenza
non conduce inequivocabilmente a soluzioni o teorie univoche. Se non si trae aiuto dallesperienza e dalla
osservazione non potremmo neanche eliminare certe teorie o addirittura valutare le pretese delle teorie
concorrenti14. dunque possibile la metafisica come scienza? si chiede Kant. Le proposizioni certe e
incontestabili sullargomento sono tutte analitiche e riflettono semmai sugli strumenti che la metafisica usa,
ma non costituiscono una vera estensione della conoscenza (non ci dicono cosa esattamente la metafisica
sia). Da qui lorigine antica dello scetticismo nei confronti del pensiero filosofico, che mostra come la
ragione sia crudele verso se stessa, quando anela disperatamente al compimento delle sue aspirazioni pi
essenziali15. Nella prefazione ai Prolegomeni Kant nega alla metafisica il carattere di scienza, ma riconosce
che essa vivr sempre nellanimo umano, anche se ciascuno, in mancanza di un criterio comune, se ne
costruir una alla sua maniera. La dottrina umoralista, con la sua concezione della materia peccans, implicita
negli umori corrotti, si sofferma sul ruolo del peccato nella genesi delle malattie, e pertanto accede a una
proposizione metafisica della scienza, il cui limite stato individuato per primo da Hahnemann e il cui
tramonto si realizzato definitivamente con lavvento della microbiologia. Il dramma intellettuale
dellumoralismo si consuma tra laspirazione alla risposta ultima delle cose e la parzialit dei pochi dati
empirici a disposizione. Latto conoscitivo, infatti, stimolato dalle dimensioni di ulteriorit e trascendenza
implicite nelluomo, ma se a queste si ferma, a dispetto delle conoscenze reali, che aumentano con il
progresso e con le osservazioni, allora assume il carattere del dogma. In medicina un atteggiamento del
genere inibisce le possibilit di ampliare le indagini, condizionando fortemente il comportamento e lagire, a
discapito delle sofferenze umane. Gli esempi concreti sono numerosi. Basti pensare a cosa ha potuto
significare lintroduzione della corteccia di china nella farmacopea. Osteggiata dagli accademici, che vedono
nellazione tonica, astringente e decisamente anti-piretica del farmaco un evidente pericolo per la dottrina
umoralista (la china non ha alcun potere evacuativo!), si rende necessaria una bolla papale, al fine di
renderne possibile la somministrazione caritatevole (da Roma il rimedio si diffonde a tutta l'Italia, soprattutto
attraverso lopera dei Gesuiti, nella seconda met del XVII secolo)16. Lo stesso dicasi per la scoperta
dellacaro della scabbia, che viene descritto con tanto di figure da Giacinto Cestoni e Cosimo Bonomo in una
lettera a Francesco Redi. Con tale descrizione si dimostra la contagiosit microscopica della malattia
cutanea, a dispetto della corruzione di umori. Inquietante la risposta di questultimo, costellata di se e di ma,
e preoccupata soprattutto di non irretire ulteriormente lopinione medica corrente. Non dimentichiamo che
Francesco Redi ha contribuito a demolire in maniera definitiva, insieme a Lazzaro Spallanzani, la teoria
aristotelica (altrettanto dogmatica, quanto quella umoralista) della generazione spontanea, la quale ha
rappresentato per secoli un improbabile sostegno scientifico alla dottrina ippocratica degli umori discrasici.
Lideologia, dunque, condiziona la dottrina morale con il dogma, manipolando le stesse giustificazioni

razionali che dovrebbero essere alla base di ogni etica. Altrettanto grave pu essere la manipolazione
ideologica della medicina, al punto da incidere in maniera significativa sulla comprensione delle malattie e
sulle conseguenti scelte terapeutiche. Il contributo dato da Kant al superamento delle speculazioni
razionaliste (che conducono al dogma), cos come dellempirismo radicale (che conduce a una forma di
scetticismo circa la comprensione delle leggi universali), permette al pensiero scientifico occidentale di
uscire dal labirinto delle contraddizioni, ma soprattutto offre lo spunto per capire le ragioni dellomeopatia. Il
criticismo, infatti, rappresenta il punto di unione tra la necessit di un rinnovamento farmacologico (alquanto
sentito nel XVIII secolo) e le istanze di cambiamento rispetto al modello patologico, ormai vetusto,
dellumoralismo. Lomeopatia, infatti, poggia saldamente su due elementi fondamentali:

la conoscenza delle azioni farmacologiche delle singole sostanze;


lapplicazione di questa conoscenza a un paradigma valido e condivisibile di malattia.

Ambedue gli elementi derivano dalla capacit di ogni individuo di manifestare le modificazioni del suo
equilibrio (interno ed esterno) attraverso sintomi, ossia attraverso ci che percepito dagli organi di senso.
La sintomatologia, sia farmacologica, sia patologica, si manifesta pertanto con le sensazioni, le quali
compongono un quadro globale e inedito (specifico di un farmaco, o specifico di un malato), che non pu
essere interpretato da una dottrina o da un sistema di pensiero, ma solo verificato con procedure
riproducibili.
Nascita della farmacologia sperimentale
Il drammatico e comprensibile rifiuto, da parte di Hahnemann17, del dottrinario umoralista si basa sulla
assoluta necessit di concepire una linearit di interventi mirati alla comprensione delle malattie (patologia) e
alla conoscenza dei dati farmacologici (farmacologia), in modo da legare direttamente laspetto terapeutico
alle necessarie valutazioni cliniche. Da questo importante presupposto origina lacquisizione dei dati
empirici (i sintomi indotti dai farmaci, o quelli spontanei del malato), come unico parametro di valutazione
oggettiva, libero dalle ingombranti argomentazioni speculative del razionalismo accademico, e improntato
alla riproducibilit dei fenomeni. Sotto questo aspetto Hahnemann figlio di un illuminismo produttivo, che
cerca nelle maglie della sperimentazione la ragione pura della stessa medicina. Seguendo Popper18, il motore
della conoscenza umana non alimentato dalle osservazioni, bens dai problemi che nascono per una
evidenza pratica o per una teoria che si imbattuta nelle difficolt, ci che ha fatto nascere le aspettative e
poi le ha disilluse19. Il problema definito, da questo punto di vista, come unaspettativa delusa tra ci che si
pensa come teoria (o dottrina) e la realt che lo smentisce. La prospettiva infranta , dunque, una teoria
contraddetta, che prima si intravista come lunica possibile (dogma) e poi si costretti ad aggredire con
nuove ipotesi esplicative20. Rispetto allumoralismo, la delusione di Hahnemann profonda e nasce dal senso
di impotenza che la medicina ha imposto al medico nei confronti della umanit sofferente21. Egli inciampa
per primo nel problema del dogma millenario, emblema del razionalismo che ha condizionato la medicina
nel corso dei secoli, almeno fino alla nascita della microbiologia. La conoscenza, infatti, non pu limitarsi
alle congetture non verificate (o confutate come si direbbe oggi), ma deve procedere dallesperienza sensibile
attraverso la ragione pura. Solo questultima, infatti, riesce a muovere lintenzionalit della verifica empirica.
Nasce cos la farmacologia sperimentale, con la quale le sostanze sono studiate non in base alle
caratteristiche fisiche descrittive (colore, forma, sapore, odore), bens per il potenziale patogenetico, espresso
dalla loro somministrazione intenzionale sul volontario sano. Il punto di partenza della metodologia
omeopatica non casuale, ma rappresentato dalla osservazione di una sostanza semplice, il mercurio,
molto in uso nella terapia della sifilide. In base alla impostazione umoralista questo farmaco utilizzato ad
alte dosi nei malati, ove induce un effetto evacuante diretto (attraverso la sudorazione, la salivazione e la
diarrea), con ci partendo dal presupposto che la malattia venerea sia una materia peccans, da eliminare con
gli umori22. Riprendendo la imponente letteratura, che nel corso dei secoli ha accompagnato la terapia
mercuriale, Hahnemann si sofferma sulla evidenza che il farmaco agisce in maniera specifica sullagente
patogeno, inducendo nel malato sintomi simili a quelli della sifilide. La cosiddetta legge di Hunter (un
chirurgo inglese molto celebrato nel XVIII secolo) serve a spiegare il fenomeno: due forme febbrili simili
non possono coesistere nello stesso individuo. In tal modo il metallo ha unazione anti-infettiva specifica non
certo per la sua attitudine a stimolare gli emuntori ad alto dosaggio, bens per la sua peculiare azione
nellintera economia dellorganismo23. Il passo successivo quello di verificare linconsistenza del dogma
umoralista con la sperimentazione di altre sostanze, prima fra tutte la corteccia di china. La scelta di questo
farmaco dovuta al suo effetto decisamente contrastante con la dottrina vigente, in quanto non determina

alcuna evacuazione di umori (anzi lazione , semmai, tonica e astringente sullo stomaco e sullintestino)24.
La somministrazione della china su un gruppo di volontari sani mette in evidenza la capacit di questa
sostanza di provocare alterazioni artificiali febbrili molto simili a quelli della malaria (brividi, febbre,
sudorazione profusa), il che viene annotato da Hahnemann durante la traduzione della materia medica del
Cullen. Siamo nel 1790: da qui parte lavventura sperimentale, basata sul principio farmacologico,
condivisibile dalla moderna medicina, per il quale ogni sostanza introdotta in un organismo vivente
determina una alterazione specifica e peculiare. Tale sostanza, in grado di modificare un equilibrio
preesistente, assume la denominazione di farmaco, il cui etimo greco significa veleno, ossia una forza
morbigena estranea allorganismo nel quale viene introdotta. Le propriet intrinseche dei farmaci, infatti,
possono essere conosciute solo attraverso la loro capacit di indurre effetti riproducibili, il che si evidenzia
con lesperienza sensibile25, ossia quella forma di esperienza espressa attraverso gli organi di senso. In
Hahnemann troviamo ben delineato il rapporto tra gli effetti del farmaco e la possibilit di osservarne le
caratteristiche, Tale osservazione deriva dalla natura stessa delleffetto, la quale riconducibile a una
alterazione di sensi e attivit, che non possono essere compresi attraverso il solo sforzo del ragionamento,
bens possono essere ricavati solo dalla esperienza26. Questi effetti compongono, nel loro insieme, uno stato
artificiale di malattia, che si pu dedurre dalla somministrazione sui volontari sani, ossia dalla
sperimentazione pura. Il contenuto epistemologico di questo fecondo punto di partenza origina dal criticismo
kantiano27.
Ragione pura e farmacologia
La ragione pura ha, per definizione, la facolt di conoscere a priori le cose, ossia capace di produrre
concetti (categorie) e di farne un uso teoretico. Di per s, comunque, il concetto un ente astratto (pu
essere definito intuizione), e ha bisogno di legarsi a una forma oggettiva per diventare concreto, ossia deve
realizzarsi con lesperienza sensoriale (lintuizione diventa, in questo modo, sensibile)28. Fino a che un
farmaco rimane sconosciuto nella sua azione, il potenziale patogenetico di cui dispone solo presunto (come
avviene nella speculazione umoralista), ma se applicato allesperienza sensoriale, allora si ottiene una
rappresentazione oggettiva delle sue propriet intrinseche. La procedura dellintelletto di conoscere le cose
attraverso la rappresentazione delle categorie pure, nelle esperienze sensibili, chiamata sintesi a priori, ed
il supporto metodologico che Hahnemann utilizza per lo studio della farmacologia. Tale supporto muove
dalle considerazioni della Critica della Ragione Pura, ove Kant prospetta un modello efficace di studio delle
idee pure. Queste, ossia le categorie, sono i principi con i quali la ragione conosce le cose a priori, prima
ancora di essere verificate nella realt (in pratica sono assimilabili alle intuizioni). Un passaggio di questo
genere fondamentale per comprendere le motivazioni con le quali Hahnemann, in piena epoca oscurantista
della conoscenza medica, perviene alla necessit di offrire una base farmacologica compiuta. Un organon
della ragione pura sarebbe la totalit razionale di tutti quei principi, secondo cui poter acquisire ed
effettivamente attuare tutte le conoscenze a priori29. Kant definisce trascendentale ogni conoscenza che si
occupi non gi degli oggetti in quanto tali, ma del modo con cui si arriva a conoscere gli oggetti. Nella
trasposizione alla farmacologia di Hahnemann ci significa che prima di conoscere gli effetti di un farmaco
(loggetto) occorre comprendere il modo per arrivare a tale comprensione. La categoria dunque lidea pura
della sperimentazione sul volontario sano, ossia su un organismo privo di sintomi preesistenti, in modo che
la somministrazione del farmaco manifesti i suoi effetti come il disegno su una lavagna pulita. Lintuizione,
quindi, diventa sensibile nel momento in cui si avvale della esperienza30. Allo stesso modo un farmaco
(categoria pura, intesa come potenziale farmacologico ancora non conosciuto) manifesta i suoi effetti
attraverso le modificazioni indotte sulla sensibilit. Dice Hahnemann: Per arrivare a percepire con esattezza
quanto deve essere osservato nei pazienti, dobbiamo dirigere ogni nostro pensiero sullargomento in
questione, uscire da noi stessi e, per cos dire, aderire con tutto il nostro potere di concentrazione ad esso,
cosicch niente di quanto si verifica, che abbia a che fare con il soggetto e che sia rilevabile dai sensi, possa
sfuggirci31. Secondo Kant la sensibilit la capacit di ricevere le impressioni (rappresentazioni) dagli
oggetti, mentre la sensazione lagire di un oggetto su tale facolt32. Un farmaco, pertanto, agisce sulla
sensibilit, inducendo alterazioni tali da essere avvertite (dallo sperimentatore) come sensazioni. Ogni
farmaco induce sensazioni ad esso specifiche, in base a una forza spirituale insita nellintima essenza dei
medicamenti (intesa come idea pura), la quale non per se stessa riconoscibile con il solo sforzo del
ragionamento; si lascia chiaramente mettere in evidenza, nelle sue manifestazioni, durante lazione
sulluomo, nelle esperienze33. Hahnemann attribuisce a tale forza spirituale lazione pura dei farmaci, che nel
suo insieme delinea il quadro degli effetti primari. Questi ultimi si esprimono attraverso i sintomi, ossia le
sensazioni percepite per mezzo degli organi sensoriali, il cui oggetto di studio lestetica trascendentale

applicata alla farmacologia. La capacit di esprimere le sensazioni una prerogativa del genere umano. Di
conseguenza, la sperimentazione sullanimale non pu condurre a una comprensione globale del fenomeno
farmacologico, poich anche le minime variazioni percettive acquistano un significato rilevante. Gli effetti
primari, inoltre, devono essere distinti dalla reazione dellorganismo alla noxa patogena introdotta. Una
reazione del genere si manifesta con modalit non specifiche e non riproducibili, bens individuali, che non
possono essere utilizzate in una terapia razionale: per questo sono chiamate effetti secondari (assimilabili
agli effetti collaterali, o indesiderati, della moderna farmacologia). Tali fenomeni non appartengono
allintima essenza, ossia alla categoria pura del farmaco, bens alla maniera individuale con la quale un
organismo cerca di eliminarlo. Onde attenuare linsorgenza di questi ultimi, la farmacologia attuale impone
la diminuzione delle dosi, fino al mantenimento ancora ottimale degli effetti primari. Secondo Hahnemann,
invece, gli effetti secondari possono essere eliminati quasi completamente, diluendo il farmaco fino ai limiti
estremi (dosi infinitesimali) e mantenendo la sua efficacia con una opportuna manipolazione, denominata
dinamizzazione. Attraverso tale procedura, attuata con energia meccanica (si scuote la soluzione con forza),
gli effetti primari della sostanza sono mantenuti e anzi esaltati, a tal punto che il numero degli scuotimenti
(denominati succussioni) determina la forza (dinamis) con la quale il farmaco produce i suoi effetti, sia
nellindividuo sano, sia nellindividuo malato. Partendo da queste premesse risulta oltremodo
incomprensibile che le critiche mosse alla metodologia omeopatica si fermino solo allaspetto chimico della
questione, e non si rivolgono, invece, alla ragione pi importante per la quale lomeopatia ha un senso
clinico, ossia il criterio di similitudine. Non si deve dimenticare, infatti, che lunico flagello infettivo che
luomo sia riuscito a debellare completamente dalla sua storia il vaiolo. Ci stato reso possibile dal
principio omeopatico per il quale il vaccino (ossia il vaiolo di mucca) simile al virus umano (e non
identico). Da queste considerazioni emerge un dato: il presupposto epistemologico dellomeopatia
(induzione farmacologica di sintomi simili a quelli evidenziati sul malato) stato frainteso con la necessit di
utilizzare solo gli effetti primari delle sostanze, il che si ottiene con la dinamizzazione delle soluzioni
ultradiluite. Tale fraintendimento elimina lunico terreno sul quale il confronto con la medicina
convenzionale possibile, ossia il criterio di similitudine.
Analogie e differenze tra agenti infettivi e farmaci
Oltre alla conoscenza della sperimentazione farmacologica, che configura uno strumentario fondamentale
per molti interventi terapeutici, necessario formulare un modello di malattia valido, che permetta al medico
di raggiungere il vero scopo della medicina: la guarigione. Secondo Hahnemann34, le malattie sono di natura
acquisita, e la loro causa da ricercare nellazione di agenti patogeni esterni su un principio dinamico
interno, denominato forza vitale. Il mal-essere, pertanto, deriva dalla risposta dellorganismo ospite a tali
agenti, in modo tale che il malato esprime la sua sofferenza attraverso disturbi delle sensazioni e delle
funzioni35. Le risposte agli agenti patogeni sono considerate, dalla medicina moderna, come lespressione di
un complesso di funzioni riordinatrici, la cui matrice fondamentale il sistema immunitario. Il ruolo
dellimmunit, nella difesa agli agenti patogeni, speculare alla sua capacit di innescare processi
infiammatori acuti o cronici, attraverso risposte sempre pi specifiche e selettive. Tali risposte rappresentano
la modificazione di un equilibrio (quella che Hahnemann definisce perturbazione della forza vitale), mentre
il tentativo di tornare a una condizione preesistente consiste nella produzione di sintomi e sensazioni, che il
malato avverte in maniera evidente. Da qui le strette analogie tra forza vitale e sistema immunitario36, che
possono essere simulate da un esempio. Tra i sintomi di maggiore evidenza, durante una condizione
patologica acuta di natura infettiva, la febbre sembra impensierire maggiormente il malato. Il clinico
cercher di formulare una diagnosi, basata inizialmente su tutti i sintomi che compongono il quadro
morboso. A un antipiretico egli tender a preferire una terapia etiologica, mediante un antibiotico. Il risultato
pu essere la guarigione completa, ma a volte, soprattutto se il chemioterapico non adatto, lagente
patogeno persister, determinando una serie di disturbi cronici. Una diagnosi efficace dovr basarsi,
necessariamente, su dati microbiologici di laboratorio. Nel caso in cui la causa di malattia sia dovuta a un
mycoplasma, la diagnosi dovr essere effettuata con il dosaggio delle immunoglobuline IgG e IgM.
Lefficacia della terapia si quantificher, pertanto, nella scomparsa del titolo anticorpale, oltre che nella
eliminazione dei disturbi. In questo esempio, la guarigione non solo un rilievo soggettivo (ben-essere
ritrovato da parte del paziente), ma anche una verifica oggettiva, la quale testimonianza dellazione di un
farmaco sulla risposta immunitaria dellindividuo. Parafrasando Hahnemann si potrebbe dire che la forza
vitale ritornata alla condizione di equilibrio preesistente. In omeopatia questo fenomeno reso possibile
dalla somiglianza della malattia con le modificazioni indotte dal farmaco. Analogamente allagente patogeno
esterno, infatti, anche il farmaco una forza morbigena, che modifica lequilibrio di un organismo in un

tempo determinato (durata dazione) e induce sintomi peculiari e specifici (meccanismo dazione). Le
analogie tra agenti infettivi epidemici e farmaci, per questo motivo, sono molto forti. Anzitutto, ambedue
provocano una sintomatologia caratteristica, e in secondo luogo si risolvono in tempi brevi, per il loro
rapporto causa/effetto immediato nel tempo. La diversit consiste nel fatto che una malattia epidemica agisce
casualmente e solo in determinate circostanze (ambientali, individuali, temporali), mentre un farmaco pu
essere somministrato intenzionalmente e in tutte le circostanze, con la possibilit di variarne gli effetti
mediante il dosaggio e le modalit di somministrazione37. A differenza del farmaco, inoltre, lagente infettivo
induce una risposta specifica che, frequentemente, rimane nella memoria del soggetto. Tale memoria pu
essere assimilata alla alterazione cronica della forza vitale. Secondo Hahnemann, questi due motivi sono
sufficienti ad associare allo strumento farmacologico un valore fondamentale, superiore addirittura a quello
della natura (la cosiddetta vis medicatrix di Ippocrate), nel cercare di ripristinare lequilibrio perduto da un
organismo.
Applicazione del modello farmacologico alla patologia
La conoscenza della farmacologia un dovere prioritario del medico, senza il quale rimane solo
losservazione passiva e impotente delle innumerevoli malattie che affliggono lumanit. Luso che il medico
pu fare di questa conoscenza, secondo Hahnemann, di tre tipi:

le azioni del farmaco, indotte dalla sperimentazione, sono completamente diverse dai sintomi del malato.
In questo caso, tipico della terapia afferente alla dottrina umoralista, lutilizzazione sar di natura
allopatica;
le azioni del farmaco sono contrarie a quelle del malato (di solito solo per uno, o pochissimi sintomi), e
allora si avr una utilizzazione enantiopatica (come avviene per la massima parte della medicina
convenzionale moderna);
le azioni del farmaco sono simili allinsieme dei sintomi presentati dal paziente, ci che viene definita
utilizzazione omeopatica.

Il termine ambiguo allopatia per primo utilizzato da James Gregory, con la dichiarata intenzione di fornire
un supporto metodologico alle improbabili teorie umoraliste38. Secondo questa impostazione, i sintomi del
malato devono essere soppressi, in quanto non rappresenterebbero l'effetto della malattia, ma la causa di
essa. Un atteggiamento cos poco edificante pu essere, ovviamente, molto rischioso per il paziente. Si pensi,
ad esempio, a ci che potrebbe accadere nel caso in cui si eliminasse il dolore nel contesto di una appendicite
acuta. A latere di questo estremismo, comunque, rimane la possibilit di sopprimere i sintomi con la
semplice debilitazione del malato: una ferita aperta (setoni, fontanelle), associata a farmaci evacuanti, non fa
altro che privare l'organismo delle uniche espressioni di sofferenza, ossia i sintomi. Il paradosso di questo
improbabile modello consiste nel sostegno razionalista (l'umoralismo) a una pratica del tutto empirica, ove
quest'ultima non deriva dalla esperienza (sperimentazione), ma dalla interpretazione dogmatica degli
elementi pi grossolani che caratterizzano i farmaci (i drenaggi emuntoriali). Considerando la questione sotto
un altro aspetto, si pu notare come la pratica evacuativa mantiene il ruolo del medico in una posizione
intransigente, per la quale il dovere morale di amministrare il bene (la salute) sacrificato a favore del
mantenimento del male, ossia della malattia. Non solo, grazie all'impiego allopatico dei farmaci, quest'ultima
assume una connotazione diversa, ben pi grave della forma originaria, in quanto complicata da una
componente iatrogena. Su questo punto, la posizione di Hahnemann molto chiara. Egli non rifiuta la
medicina in quanto tale, bens il dogmatismo e l'arroganza con i quali i medici affrontano le sofferenze altrui,
impegnati soprattutto a mantenere uno statu quo del malato, ben pi redditizio della sua guarigione.
Trascurando le contorte motivazioni della terapia allopatica, implicita nellumoralismo evacuante, vale la
pena soffermarsi sullaspetto enantiopatico, ossia la cura attraverso linduzione dei sintomi contrari.
Hahnemann giustifica una condotta farmacologica di questo tipo almeno nelle emergenze mediche, quando
uno o pochi sintomi mettono in pericolo la vita stessa del paziente39. L'argomento non privo di interesse.
Seguendo un ordine metodologico condivisibile, Hahnemann considera tale possibilit sulla base della
conoscenza farmacologica. ancora la sperimentazione a dare precise indicazioni cliniche a una condotta
enantiopatica, poich solo conoscendo l'esatta azione delle sostanze possiamo legare un sintomo a un
farmaco. Per la natura stessa della malattia da affrontare, per lo pi conforme agli stati acuti, o molto acuti
(come nelle emergenze), un sintomo diventa prevalente su tanti altri, imponendo la priorit assoluta con la
quale si deve affrontare la malattia. Hahnemann propone un atteggiamento terapeutico di questo tipo molto
tempo prima del definitivo affrancamento della medicina dal dogma dell'umoralismo. Tale affrancamento, da

un punto di vista farmacologico, si compie man mano che il modello di malattia si sposta verso l'etiologia
microbica. Fino ad allora solo l'elemento empirico casuale a indirizzare la scelta di una terapia40. molto
interessante verificare che l'interesse della medicina verso una cura enantiopatica ha inizio solo nella seconda
decade del XX secolo, quando i principi attivi, sia come derivati delle piante, sia come molecole di sintesi,
permettono di agganciare la ricerca di base alla sperimentazione farmacologica. Solo in questo modo si
presuppone una condotta terapeutica intenzionale, per la quale il farmaco scelto sul sintomo. Ma ci non
sufficiente, secondo Hahnemann, ad affrontare la questione, ben pi spinosa, delle malattie croniche. In
questi casi, infatti, non possibile considerare un solo sintomo, tra i tanti che affliggono il paziente, sul quale
indirizzare la terapia. necessario considerare l'intera evoluzione della malattia, e quindi l'insieme dei
meccanismi etio-patogenetici da cui i sintomi stessi dipendono. Un esempio probante dato dall'artrite
reumatoide, per la quale il medico si impegna a indirizzare i suoi sforzi terapeutici non tanto verso il dolore
infiammatorio, ma essenzialmente verso una terapia efficace sullo stato di autoimmunit. L'antiinfiammatorio, pur necessario per la condizione attuale del dolore, risulta insufficiente (e anzi palliativo) per
la evoluzione della malattia, la quale destinata a progredire indefinitamente, a meno che non si
predispongano terapie di fondo (ad esempio con immunosoppressori). La delicata questione affrontata
intenzionalmente da Hahnemann sulla base dell'evidenza: occorre trovare un sistema di cura che consideri il
malato e la sua malattia in una dimensione temporale ben pi ampia della sintomatologia attuale. Per
raggiungere tale obiettivo, egli parte da un quesito fondamentale: possibile trovare un farmaco che, per la
sua azione specifica, si rivolga alla malattia cronica nella sua globalit? Uno spunto interessante fornito
dall'uso del mercurio nei confronti della sifilide. La sua azione anti-infettiva, in una condizione di cronicit,
che non si evidenzia pi con la manifestazione iniziale dell'ulcera venerea, lega il metallo alla intera
evoluzione del quadro patologico (lue). Un farmaco ben indirizzato al disturbo contrario, infatti,
assumerebbe un carattere palliativo e rischioso, ad esempio nel caso in cui si applicassero unguenti solforosi
sulle manifestazioni maculo-papulari della sifilide, poich priverebbe il paziente dell'unico sintomo in grado
di indirizzare la diagnosi. Solo la somministrazione di una sostanza che induca, tra i suoi effetti conosciuti
con la sperimentazione, un insieme di sintomi legati al quadro complessivo del paziente riesce, dunque, a
incidere profondamente sulla evoluzione di un malattia cronica. Ma come deve essere questo legame, visto
che l'approccio enantiopatico insufficiente? Il mercurio dimostra l'esistenza di un criterio di similitudine,
applicabile a una condizione specifica, e dunque propone un modello esportabile anche su altre patologie. Un
supporto notevole alla acquisizione di questo modello rappresentato, comunque, dall'opera di Jenner,
contemporaneo di Hahnemann. Il virus vaccinico (ossia l'agente patogeno del vaiolo bovino) induce, infatti,
una malattia molto simile a quella umana, qualora sia inoculato, a scopo di profilassi, sull'individuo sano.
L'evidente criterio di similitudine della vaccinazione pu essere utilizzato per dimostrare la validit del
modello omeopatico anche nell'ambito delle malattie croniche. I motivi essenziali possono essere cos
schematizzati:

il vaiolo una malattia acuta epidemica dal carattere specifico;


il vaccino induce una malattia simile, ossia una risposta specifica, che immunizza anche nei confronti
della malattia umana;
due malattie simili, ossia due risposte specifiche simili, non possono coesistere nello stesso organismo
(legge di Hunter);
la memoria specifica mantiene uno stato di immunit persistente, giustificata da un criterio di
similitudine molecolare (tra il virus bovino e quello umano);
l'induzione di tale memoria su generazioni successive permette, nel lungo periodo, di circoscrivere ed
eliminare il vaiolo dalla intera umanit, in analogia a quanto si verifica per una malattia cronica nel
singolo individuo.

Se il criterio di similitudine utilizzato con profitto nella terapia della sifilide (anche nella forma secondaria,
come dimostrato dalla imponente letteratura sul mercurio) e nella eradicazione di una malattia devastante,
quale il vaiolo, le possibilit di intervento sulle malattie croniche poggiano anch'esse sul principio di
somiglianza. Una chiara dimostrazione di questo assunto fornita da un'altra forma patologica infettiva,
denominata sicosi. Con questo termine Hahnemann definisce la presenza dei condilomi (peraltro
impropriamente, rispetto alla consuetudine medica, per la quale la sicosi sottintende la follicolite dei bulbi
piliferi). Lo stato di cronicit di tale condizione affrontato dalla pratica omeopatica con la utilizzazione di
un farmaco specifico, denominato thuja, il quale in grado di provocare, nella sperimentazione, escrescenze
molto simili a quelle dei condilomi. L'applicazione omeopatica del modello sperimentale farmacologico, che

considera l'insieme dei sintomi di un malato, soprattutto nella sua evoluzione temporale, offre al medico la
possibilit concreta di un intervento non certo palliativo, bens radicale e duraturo. Allo stato attuale, dunque,
e ancor pi che nel passato umoralista, le ragioni dell'omeopatia non devono essere fraintese in senso
ideologico (curare tutto e tutti, in una forma di integralismo, che non offre alcun vantaggio verso il paziente),
ma nella pi concreta prospettiva di offrire un modello di studio, valido e condivisibile, nei confronti delle
malattie croniche. In una crisi di asma ricorrente, ad esempio, il medico si impegna a fornire tutto il supporto
farmacologico necessario al superamento della fase acuta (broncodilatatori, cortisonici, etc.), ma deve poi
impostare una terapia razionale a lungo termine, tale da impedire che la crisi ricorra nuovamente.
L'omeopatia pu dare un contributo fondamentale all'approccio del malato cronico. Per raggiungere questo
risultato, non basta la conoscenza farmacologica: occorre che il medico ottemperi a un altro dovere, ossia la
conoscenza sulla natura delle malattie.
Premessa kantiana al modello di malattia
Analogamente a quanto visto per la sperimentazione farmacologica, le cui procedure seguono gli indirizzi
della Critica della ragione pura, anche il ragionamento diagnostico, usato da Hahnemann per lo studio delle
malattie croniche, la diretta derivazione kantiana della Critica della facolt di giudizio, per la quale occorre
fare alcune premesse fondamentali.
Kant assegna alla filosofia il valore di una conoscenza razionale, sia oggettiva (della natura), sia soggettiva
(della libert). La filosofia teoretica (critica della ragione pura) si occupa della esperienza sensoriale con
principi stabiliti a priori, secondo un procedimento lineare, per il quale a ogni principio consegue un effetto
sensibile, e quindi un concetto della natura. Nella trasposizione omeopatica, Hahnemann considera il
farmaco come un principio a priori, che viene rappresentato nel volontario sano, attraverso gli effetti
sperimentali, percepiti con le alterazioni sensoriali. Ogni farmaco, pertanto, un principio a priori (con il
quale l'effetto solo intuito, ma non ancora accertato), successivamente espresso da un concetto ad esso
specifico, ossia dall'insieme dei sintomi indotti con la sperimentazione. L'insieme dei concetti farmacologici
specifici compone l'intera materia medica. Tale conoscenza, dunque, poggia sul dominio dell'intelletto e si
applica alla natura sensibile (fisica), mediante l'esperienza. Per questo motivo, la filosofia teoretica utilizza
una facolt conoscitiva, in base alla quale i principi a priori sono definiti pratico-tecnici e compone una vera
dottrina della natura41. Di contro, e in maniera del tutto autonoma, la filosofia pratica (critica della ragione
pratica) si occupa di un solo concetto, definito soprasensibile (in quanto non ha bisogno di esperienze
sensoriali), che la facolt di desiderare. In questo caso il dominio non pi l'intelletto, bens la volont,
mentre l'unico principio a priori su cui si fonda la libert dell'individuo. Il principio di determinazione di un
atto, infatti, definito pratico per la caratteristica peculiare di produrre direttamente un effetto. Per fare un
esempio: la guarigione di una malattia infettiva il risultato di una prescrizione voluta dal medico nei
confronti del malessere del suo paziente. Il raggiungimento dell'obiettivo (desiderare la guarigione) la
conseguenza di un atto volontario, che dipende da una scelta etica. Il principio che sottintende l'atto del
medico definito pratico-morale (a differenza dei principi pratico-tecnici della ragione pura, da cui consegue
la terapia in quanto tale) e permette di spiegare la motivazione di fondo con la quale si compie una scelta
terapeutica. La dottrina dei costumi42, pertanto, non si occupa dell'effetto di un determinato comportamento
(del cui campo di indagine si occupa solo la dottrina della natura), bens della libert con la quale l'atto
volontario si compie. Da questa libert dipende lo scopo finale di ogni singolo individuo. Per comprendere
meglio questo passaggio necessario introdurre un elemento intermedio, che permetta il raccordo tra
l'intelletto (ragione pura) e la ragione (ragione pratica). Tale elemento la facolt di giudizio, il cui dominio
situato nel sentimento del piacere/dispiacere. Tornando all'esempio del medico, egli potrebbe avere piacere
(e con ci interesse) alla guarigione del paziente, prima ancora di compiere la scelta etica di curarlo,
utilizzando la volont per il conseguimento dei suoi scopi personali (che potrebbero essere economici).
Oppure, il piacere conseguente al proposito morale della guarigione, e allora il medico compie una scelta
etica indipendente dai suoi interessi personali. In ambedue i casi, comunque, si stabilisce una relazione tra:
sistema delle conoscenze del medico (facolt conoscitiva della ragione pura), compiacimento per la
possibilit di raggiungere un risultato terapeutico (facolt di giudizio) e scopo finale (facolt desiderante
della ragione pratica), quale risultato delle scelte operate. Proviamo ad approfondire la questione. Il sistema
delle conoscenze del medico deriva dai modelli teorici costruiti sulla base delle esperienze, rappresentando i
principi a priori sui quali rilevare segni e sintomi con l'esame obiettivo, e successivamente formulare la
diagnosi. Vista da Kant, la trasposizione del quesito la seguente: come possiamo aggregare la particolarit
dei fenomeni (sintomi) sui quali indaghiamo? Le risposte possono essere due: la scomposizione di questi, e
la successiva unificazione, oppure considerarli secondo un ordine della natura, che abbia un principio di

finalit, quasi fosse un progetto comune. Tale progetto definito conformit a scopi. Nel primo caso,
evidentemente, la scomposizione dei fenomeni che compongono la malattia non conduce alla esatta
comprensione del malato nella sua globalit spazio-temporale ( possibile formulare una diagnosi attuale,
secondo un rapporto immediato tra causa ed effetto, ma molto difficile inferire sulla sua evoluzione):
questo modello pu essere valido per le malattie acute. Nel secondo caso, invece, la sintomatologia
complessiva del malato ha una conformit a scopi, la quale permette di legare una causa a un insieme di
effetti anche lontani nel tempo: tale modello risulta valido per lo studio e la comprensione delle malattie
croniche. In ambedue le condizioni la facolt di giudizio ad assumere un ruolo fondamentale nella
elaborazione della diagnosi. Il medico parler, allora, di malattia acuta e di malattia cronica, rispettivamente.
Si pu ben vedere come la diagnosi proceda secondo una rappresentazione diversa, la quale viene stabilita da
un principio a priori della facolt di giudizio. Nell'esempio sopra riportato, il giudizio del medico mette in
relazione (a priori) la sua conoscenza della patologia, in generale, con i sintomi percepiti dal paziente. Ci
avviene, secondo lo schema di Kant, con una modalit duplice:

l'insieme delle informazioni indirizzato verso la percezione dei sintomi, secondo una direzione
universale-particolare, per la quale, a ogni patologia (principi a priori molteplici, quante sono le
patologie) deve corrispondere un quadro definito. In questo modo si utilizza una facolt di giudizio
determinante, che ha bisogno del dato sensoriale per formulare la diagnosi, ossia per tornare alla
conoscenza della patologia a priori e stabilire una etiologia. Secondo questo schema ogni mutamento ha
la sua causa43, e il medico lo rappresenta come malattia acuta;
i dati ricavati dalla osservazione dei sintomi procedono dal particolare all'universale, secondo un giudizio
di conformit a scopi, mediante il quale il paziente elabora, nel tempo, la sua patologia. L'insieme dei
sintomi, infatti, non indica solo il fenomeno patologico in quanto tale (che si ricava dall'esame obiettivo,
attraverso la percezione sensoriale), ma anche la sua successione temporale. Il giudizio, in questo caso,
sar riflettente, in quanto si occupa di come il mutamento risale alla sua causa, anche se questa lontana
nel tempo. Una condizione del genere si riscontra, costantemente, nello studio delle malattie croniche.

A differenza del giudizio determinante, che stabilisce un principio a priori per ogni fenomeno che considera
(secondo un rapporto causa/effetto diretto), il giudizio riflettente un principio a priori unico, il quale
applica un modello di studio uniforme, valido per circostanze anche diverse. Una valido esempio di giudizio
determinante quello che si usa nella diagnosi delle malattie infettive acute, per le quali i principi a priori
sono molteplici, quanti sono gli agenti patogeni conosciuti. Ogni agente patogeno, per essere tale, deve
indurre un insieme di segni e sintomi specifici (compresi gli esami di laboratorio), che definiscono l'esatta
natura del mutamento, in modo da risalire alla causa determinante, ossia l'agente patogeno. Un esempio
probante di giudizio riflettente, invece, lo possiamo ricavare dallo studio delle malattie autoimmuni. In questi
casi il ragionamento diagnostico si applica sulla base di un principio a priori unico, che pu essere
identificato con la successione dei mutamenti immunitari. Ci reso possibile dalla specifica funzione di
memoria del sistema immunitario, la quale conserva i dati che derivano dalla risposta agli stimoli. Nell'artrite
reumatoide il giudizio riflettente che si utilizza molto lineare. Vediamo quali sono i tratti essenziali:

esiste una predisposizione genetica (o costituzione), denominata HLA-DR4, la quale deve essere
considerata necessaria, ma non sufficiente al determinismo della malattia (altrimenti sarebbe una
malattia genetica);
il processo patologico riconosce una causa lontana nel tempo, di natura infettiva, che pu essere la
mononucleosi infettiva;
il quadro sintomatologico caratteristico (dolori articolari, rigidit e infiammazioni), e dipende dai primi
due elementi;
tramite il giudizio riflettente, si stabilisce la successione degli eventi che hanno condotto una banale
mononucleosi alla formazione di un'artrite;
tale successione caratterizzata da un insieme di sintomi funzionali (ingrossamenti linfoghiandolari,
suscettibilit al raffreddamento, presenza di anticorpi anti-EBV);
in questo modo si stabilisce una relazione tra l'innesco infettivo (EBV) e il fattore predisponente,
sostenuta da una risposta immunitaria, diretta sia contro il DR4, sia contro il virus;
ci dipende dalla analogia strutturale (in immunologia definita come mimetismo molecolare) tra EBV e
DR4.

Un modello simile pu essere applicato ad altre malattie autoimmuni, quali la pelvi-spondilite, il diabete
insulino-dipendente, il lupus, etc. In ogni caso il principio a priori dato dallo studio delle somiglianze
strutturali tra individuo (inteso come HLA) e agenti patogeni. Il giudizio riflettente non altro che lo studio
della memoria immunologica, la quale diventa lo strumento per identificare la successione degli eventi che
hanno condotto alla malattia autoimmune. Come vedremo, questo elegante modello assume un significato
fondamentale nella impostazione originaria delle malattie croniche, quale ci stata insegnata da Hahnemann.
L'inferenza del ragionamento diagnostico si basa sulla nozione della conformit a scopi, secondo la critica
del giudizio di Kant, in quanto il giudizio riflettente permette di elaborare il progetto con il quale l'individuo
elabora la sua malattia. Tale progetto condivisibile per molte malattie.
Giudizio teleologico e malattia
Si detto che la facolt del piacere/dispiacere ha un dominio diverso da quelli dellintelletto (ragione pura) e
della volont (ragione pratica), ossia riconosce la sua sede autonoma nelle attivit spirituali delluomo,
espresse con il sentimento. Lindividuo sente il dolore e la gioia, ben sapendo che ambedue non possono
essere riferite alla mente (intelletto e ragione). Di questo problema si sono occupati molti filosofi, a partire
dal XVII secolo, fino a Hume e Rousseau44, ma solo con Kant che si arriva a formulare adeguatamente la
necessit di comprendere il fine ultimo delle cose. Luomo vive in un ambiente, la natura, che ha le sue leggi
e i suoi meccanismi. Come abbiamo visto, queste leggi possono essere conosciute mediante i principi a priori
dellintelletto, per poi essere applicati allesperienza sensibile (possono essere conosciute, pertanto, con il
giudizio intellettuale della ragione pura)45. Luomo ha anche bisogno di realizzare la sua libert morale
(ragione pratica), il cui dominio non pu essere espresso dalla sfera sensibile, ma dalla volont. Lautonomia
della volont, rispetto allintelletto, il vero fulcro delletica, da cui dipendono tutte le azioni degli enti
razionali46. Il cosiddetto giudizio riflettente, invece, fa percepire allindividuo laccordo tra le esperienze
sensibili e le esigenze morali47, ad esempio quando avverte la forma della bellezza. In questo caso il piacere
del bello libero e disinteressato, perch non dipende dalla realt delloggetto (non dipende cio dalla sua
struttura), ma solo dalla esigenza (e quindi dalla libert) soggettiva di percepirlo. Il giudizio riflettente
estetico appreso (sentito) immediatamente, senza che ci sia un concetto intermedio. La qualit estetica,
infatti, una rappresentazione soggettiva, che non ha bisogno di alcuna conoscenza oggettiva (anzi: la
precede). Esiste per unaltra forma di giudizio riflettente, nella quale si presuppone il concetto di finalismo:
il giudizio teleologico, con il quale entriamo nel vivo della questione epistemologica sul modello di malattia.
Tutte le cose naturali hanno un fine da realizzare, il che non esclude e non limita la spiegazione meccanica
dei fenomeni, bens comincia dove tale spiegazione termina48. Lapplicazione pi importante del giudizio
teleologico si riscontra nella natura degli esseri viventi e anche nel modo con cui la vita si mantiene (salute e
malattia). Facciamo un ragionamento inverso. Secondo Hahnemann la malattia si esprime con un insieme di
sintomi, i quali non possono essere considerati singolarmente, bens come parti di un tutto, il che presuppone
un nesso con un evento causale49. Kant afferma che il legame causale (causa efficiente) una connessione
discendente, attraverso il tempo, verso leffetto (nexus effectivus), concetto riferito ad esempio al rapporto
tra un agente patogeno e la malattia infettiva che esso produce. In questo caso leffetto si esaurisce una volta
esaurita la causa. In altri casi, tuttavia, il legame causale si mantiene e anzi si autorganizza in maniera che
leffetto risale alla sua causa. Lesempio di Kant sulla questione probante: la casa s la causa dei soldi
che vengono incassati come pigione, ma la rappresentazione di questo possibile reddito stata anche, in
senso inverso, la causa della costruzione della casa50. Lattributo di tale connessione chiamato delle cause
finali (nexus finalis). Seguendo il pensiero kantiano, Hahnemann stabilisce che il nesso finalistico delle
malattie croniche risiede nella forma di autorganizzazione di un processo, nel quale il fattore causale di tipo
infettivo e ha prodotto effetti (sintomi) che si sono manifestati in vario modo e in vari momenti nello stesso
paziente51. Questo insieme di effetti , a sua volta, la causa implicita del fenomeno evolutivo nel processo
patologico, poich la forza vitale si mantiene perturbata e non in grado di tornare a una condizione di
equilibrio. Anzi, lasciata a se stessa la malattia cronica causa di morte, in un nexus finalis da ricondurre alla
infezione primitiva. Anche Kant affronta il tema: la forza vitale un termine appropriato, in quanto la vita
consiste nellazione di una forza (stimolo vitale), che mantiene uno stato di salute, quando risponde in modo
appropriato (ossia n eccessivo, n troppo scarso) agli stimoli esterni52. Una risposta persistente a uno
stimolo impone una perturbazione a lungo termine, che procede in maniera indefinita nel tempo, ove il
fattore perturbante iniziale non pi necessario, anche se ne rimane una traccia nel processo evolutivo. Le
attuali conoscenze del sistema immunitario, del quale abbiamo ricordato le analogie con la forza vitale,
contribuiscono a chiarire questo passaggio: la risposta specifica a un agente infettivo rimane nella memoria

biologica dellindividuo, che per se stessa pu essere patogena53. Un esempio pratico serve a chiarire il
fenomeno. Una infezione cronica da helicobacter pylori responsabile (causa efficiente) di gastriti croniche
attive. Una delle metodiche di indagine utilizzate per evidenziare il batterio, anche se indirettamente,
rappresentata dalla titolazione degli anticorpi IgG e IgA. Molto spesso succede che lassunzione di un
antibiotico efficace riesce a eliminare il batterio (il che si pu dimostrare con una biopsia per via
endoscopica) e anche la specifica risposta anticorpale di tipo IgA. Le IgG, non di rado, rimangono ancora
presenti e ci determina una serie di conseguenze, che derivano dalle analogie strutturali (somiglianze di
piccole catene di aminoacidi, il cui oggetto di studio il mimetismo molecolare54) tra il batterio e alcuni
costituenti dellorganismo. Tali somiglianze riguardano la mucosa dello stomaco55 e la tireoperossidasi56 (un
enzima della tiroide), per cui la persistenza di anticorpi di memoria IgG, anche in mancanza del batterio,
provocher un risposta autoimmune verso queste strutture dellospite. Il risultato il mantenimento della
gastrite cronica e/o linsorgenza di una tiroidite autoimmune. Se lhelicobacter dunque la causa efficiente
di un disturbo cronico dello stomaco, ossia di un effetto patologico, anche vero che una tiroidite
autoimmune associata va considerata come il nexus finalis (causa finale) rivolto di nuovo verso la causa
efficiente (il batterio). In altre parole: le IgG anti-helicobacter pylori sono indotte dallo stimolo batterico, ma
persistono anche quando lo stimolo scomparso, innescando un meccanismo evolutivo che coinvolge
strutture diverse, pur essendo indirizzato alla causa iniziale. Un modello del genere applicabile a numerose
circostanze patologiche, soprattutto di tipo autoimmune, e costituisce la struttura razionale con la quale
Hahnemann definisce la vera natura delle malattie croniche57. La causa finale pu essere considerata anche in
un altro modo. Kant cita lesempio del verme solitario, che alberga nelluomo e nellanimale ospite, come
una forma di compensazione di organi vitali carenti (ossia il parassita infesta per una causa gi presente, che
linsufficienza dorgano)58. E ancora: una malattia esantematica quale il morbillo induce una risposta
specifica, che abbiamo definito perturbazione della forza vitale, con la quale l'ospite assume la capacit di
non riammalarsi. In questo caso la causa finale limmunizzazione, che nellambito di una collettivit tende
a impedire la diffusione del contagio. Tutto da ricondurre, pertanto, allorganizzazione degli esseri viventi,
la quale , per dirla con Kant, conforme a scopi. Un essere organizzato non solo una macchina motrice, ma
possiede in s anche una forza formatrice in grado di comunicare con la materia (organizzandola), il che non
si pu spiegare con il semplice movimento della parti (il meccanismo)59. Ebbene, la forza formatrice di cui
parla Kant non altro che la forza vitale descritta da Hahnemann, la quale compresa dal principio della
conformit interna a scopi: un prodotto organizzato della natura quello in cui tutto scopo e
vicendevolmente anche mezzo. Niente in esso gratuito, senza scopo o da ascrivere a un cieco meccanismo
della naturaniente accade per caso60.
Modello di malattia cronica
Lo stato di salute e di malattia sono garantiti e promossi, rispettivamente, dalla reciproca interazione
dellindividuo con lambiente che lo circonda, con il tramite della forza vitale formatrice. La perturbazione di
questultima provoca, dunque, la malattia, le cui manifestazioni sono percepibili dai sensi, e cos anche le
alterazioni interne dalle disfunzioni, in un tutto dinamico, che rappresenta la totalit della malattia stessa61. Il
punto di partenza il riconoscimento che le malattie croniche siano acquisite, e abbiano una origine infettiva.
L'ipotesi cronico/infettiva nasce dalla dottrina kantiana del significato teleologico dei fenomeni, ove il
legame causale con un evento anche lo strumento per la realizzazione di un fine62. Una impostazione
esclusivamente meccanicistica, infatti, pu essere valida solo per una malattia infettiva acuta, poich la causa
contagiosa direttamente legata alleffetto sintomatologico, mentre in una forma cronica dobbiamo
distinguere:

un momento iniziale scatenante, spesso non riconoscibile a una diagnosi, in cui lambiente biologico,
inteso in senso infettivo, assume un ruolo necessario ma non sufficiente;
una suscettibilit costituzionale, definita come la predisposizione dell'individuo a indirizzare la risposta
allo stimolo infettivo verso una patologia o l'altra;
un andamento cronico-evolutivo non eclatante, espresso da una sintomatologia di tipo funzionale, che
testimonia della persistente perturbazione della forza vitale o, per dirla in termini attuali, della persistente
risposta immunitaria allo stimolo;
una manifestazione conclamata di tipo lesionale, che rappresenta un punto di non ritorno dellintero
processo patologico cronico.

Al modello di malattia cronica Hahnemann arriva molto tempo dopo lindividuazione della farmacologia
sperimentale, precisamente negli anni 1816-1817, a seguito di una faticosa ed estenuante riesamina del
criterio di similitudine63. I risultati di questa ricerca saranno comunicati solo 10 anni dopo agli allievi pi
fidati, e solo nel 1828 pubblicati con la prima edizione del Trattato delle Malattie Croniche. L'arte della
guarigione omeopatica, dice Hahnemann, come insegnata nei miei scritti e in quelli dei miei allievi, qualora
sia fedelmente seguita, ha finora mostrato la sua naturale superiorit su qualsiasi trattamento allopatico, in
una maniera molto evidente; e ci non solo in quelle malattie che colpiscono le persone improvvisamente (le
malattie acute), ma anche nelle forme epidemiche e nelle febbri sporadiche64. Nonostante queste
affermazioni, valide anche per le malattie veneree (sifilide e condilomatosi), molti pazienti rimangono
esposti alla ricorrenza di molti disturbi, che nel loro insieme fanno intuire uno stato di cronicit, del quale il
disturbo contingente solo una manifestazione attuale. Un classico esempio di tali affermazioni lo possiamo
trovare nelle allergie, ove un farmaco ben prescritto, sulla base della similitudine complessiva dei sintomi,
pu non essere in grado di guarire il disturbo in maniera definitiva. Le crisi allergiche tenderanno a essere
ricorrenti e lo stesso farmaco omeopatico mostrer la sua inefficacia e inadeguatezza con il passare del
tempo65. In una lettera indirizzata al Console Generale prussiano, tal Friederich Gotthelf Baumgrtner, nel
1823, Hahnemann scrive66: Rimarranno sempre alcuni disturbi non curati dall'omeopatia, i resti di
qualche profonda malattia cronica. Tutto quello che stato da me pubblicato, sull'arte omeopatica della
guarigione non sufficiente per una cura completa di un gran numero di malattie croniche. Incredibilmente
di pi si realizzato con essa, in queste vecchie malattie, che con le medicine prescritte dagli allopati. Negli
scritti omeopatici c' ancora la mancanza di quella grande chiave di volta che, legando insieme tutto ci che
stato fin qui pubblicato, ci permetterebbe, non soltanto di perfezionare il trattamento delle malattie
croniche, ma anche di arrivare a una guarigione completa. Mi sono impegnato notte e giorno, negli ultimi 4
anni, per scoprire la perduta chiave e, quindi, di trovare i mezzi per schiacciare le vecchie malattie
croniche. Attraverso migliaia di esperimenti ed esperienze, come anche attraverso ininterrotte meditazioni,
ho, alla fine, raggiunto il mio obiettivo. Nessuno dei miei allievi , finora, a conoscenza di questa
inestimabile scoperta, il valore della quale, verso il genere umano, eccede ogni altra cosa io abbia gi
scoperto, e senza la quale tutta l'omeopatia esistente rimane difettosa o imperfetta. Essa ancora
completamente in mio possesso, e mi rende capace di curare le peggiori malattie croniche, che non solo i
medici della vecchia scuola, il che sarebbe naturale, ma anche i migliori, tra i miei allievi omeopatici,
lasciano senza cura (dal momento che, come ho detto prima, nonostante l'arte omeopatica, quale stata da
me pubblicata finora, possa realizzare moltissimo, tuttavia non sufficientemente perfetta per curare le
malattie croniche). Questo diventato possibile attraverso la mia scoperta, ed il risultato di inspiegabili
sforzi Hahnemann trova, dunque, una chiave di volta, ossia uno strumento metodologico che permetta di
legare la conoscenza farmacologica a un modello di malattia valido. Seguendo il criticismo kantiano, infatti,
non tanto l'acquisizione meccanicistica di ogni singolo fenomeno patologico a produrre le informazioni,
cosa che non pu essere esclusa di per s, ma il modo con il quale il medico indirizza la rappresentazione del
malato. Se, da una parte, la ragione pura in grado di produrre conoscenza empirica, attraverso la percezione
sensoriale di principi a priori (ad esempio i sintomi di un paziente), questa non pu essere confusa con un
principio autonomo, basato sulla conformit a scopi della natura. Tale principio si fonda, come si visto,
sulla facolt di giudizio teleologico, mediante la quale il medico costruisce un modello di studio applicabile a
tutte le patologie croniche evolutive. Proviamo a delineare alcune tracce di questo modello:

la sintomatologia del paziente esprime uno stato di sofferenza che il medico deve, in un primo momento
percepire, e in un secondo momento rappresentare dentro di s;
la percezione un fenomeno empirico, mediante la quale il medico confronta i dati sensoriali (esame
obiettivo) con le forme a priori della sua cultura medica (ci si realizza con la ragione pura);
tale conoscenza solo attuale, nel senso che i sintomi percepiti sul paziente devono poi essere elaborati
con una procedura, diversa dalla ragione pura, che leghi il quadro complessivo del malato a un fine;
la procedura suddetta richiede un giudizio teleologico, ossia un modo (modello) con il quale la natura d
una conformit ai fenomeni patologici;
la conformit presuppone un principio a priori autonomo, che si identifica con un aspetto temporale
evolutivo (definito da Kant in base alle finalit);
l'evoluzione patologica, in qualsiasi forma la malattia si manifesti, procede con modalit definite e
univoche;

tali modalit comprendono un momento iniziale infettivo (nozione di malattia acquisita), una
sintomatologia ricorrente (nozione di malattia funzionale) e un epifenomeno terminale (nozione di
malattia lesionale).

Queste linee guida ci permettono di comprendere come la malattia cronica assuma, per Hahnemann, il
significato di un processo lineare, sempre valido, ossia conforme agli scopi della natura, per i quali
l'individuo stesso diventa parte integrante di un progetto complessivo, cui Kant d il nome di scopo finale.
Struttura del modello
Il supporto dato dal criticismo kantiano al modello di malattia cronica cambia radicalmente l'atteggiamento
terapeutico di Hahnemann. La prescrizione di un farmaco, infatti, non pu essere il risultato di un principio
di somiglianza diretto tra i dati sperimentali della materia medica e la sintomatologia immediata del paziente:
occorre che quest'ultima sia vista come un continuum storico-clinico, in un arco evolutivo temporale, ove
l'anamnesi e i sintomi pregressi siano messi in relazione al quadro attuale. Un farmaco omeopatico, che non
incida profondamente su questa relazione contribuisce, certamente, a dare qualche miglioramento, ma non
impedisce alla malattia di ripresentarsi nella stessa forma (come la rinite allergica stagionale) o in forme
diverse (come il passaggio, ormai riconosciuto, da una dermatite atopica a una condizione asmatica). E, in
ogni caso, non arresta l'evoluzione progressiva della malattia. Ancora Hahnemann confida67: Quindi che,
fin dagli anni 1816-1817 mi sono per lungo tempo occupato, giorno e notte, di sciogliere questo
importantissimo problema, di trovare cio il motivo per cui tutti i rimedi conosciuti dall'Omeopatia non
operano un'assoluta guarigione nella indicate malattie cronicheA poco a poco, dopo continue meditazioni,
instancabili ricerche, fedeli osservazioni, e tentativi i pi scrupolosamente eseguiti, il Datore di ogni bene mi
concesse di poter sciogliere questo importantissimo enigma. Il medico non deve considerare solo quello che
si presenta immediatamente ai suoi occhi, e quindi trattarlo come se fosse una malattia a s stante, bens
vederlo solo come un qualche frammento separato di una malattia pi profondamente radicata. La grande
estensione di questa malattia dimostrata dai nuovi sintomi che appaiono di tanto in tanto; cosicch il
medico omeopatico deve sperare non solo di curare permanentemente questo tipo di manifestazioni
separateegli deve dapprima scoprire quanto possibile sulla estensione globale di tutti gli accidenti e
sintomi conseguenti alla malattia primitiva sconosciuta, prima di sperare di individuare una o pi medicine
che possano, omeopaticamente, coprire tutta la malattia originale, attraverso i sintomi peculiari68. Per
comprendere tale malattia originale, dunque, necessario ripercorrere, a ritroso, gli stadi evolutivi con il
quale ogni individuo forma la sua malattia, fino ad arrivare a un momento iniziale, nel quale sia possibile
localizzare l'origine dei disturbi. Secondo Hahnemann, tale origine di natura infettiva (o miasmatica, in
base alla terminologia del suo tempo), ed dovuta al contagio di un agente patogeno (o miasmatico), che si
manifesta con una sintomatologia di tipo prevalentemente cutaneo. Come vedremo in seguito, la medicina ha
compreso determinate malattie cutanee, almeno fino a tutto il XIX secolo, nell'ambito di una entit clinica
unica, denominata psora. Schematizzando, tali lesioni possono essere cos sintetizzate:

eczema (o dermatite atopica);


dermatite seborroica (o crusta lactea);
tinea (o micosi);
rogna (o scabbia in senso stretto);
herpes (simplex e zoster).

Hahnemann utilizza, ovviamente, la stessa terminologia, e afferma che tutte le malattie croniche non veneree
originano da una eruzione pruriginosa (spesso non ricordata dallo stesso paziente), alla quale attribuisce il
significato di psora primaria. Questa prevede un contagio (da persona infetta), un periodo di incubazione (di
6-14 giorni), sintomi prodromici (febbricola serotina, freddo, seguito da calore e sudore, soprattutto la notte),
una manifestazione cutanea nel punto di inoculazione (vescicole e, subito dopo, pustole piccole e miliari,
molto pruriginose), che tende a scomparire spontaneamente, o a seguito di applicazioni locali69. Molto spesso
la sintomatologia confusa con banali forme da raffreddamento o influenzali70. Dopo la scomparsa della
eruzione primaria, il miasma psorico entra in uno stato di latenza, denominato, per questo motivo, psora
latente. Questo punto risulta determinante per la costruzione dell'intero modello di malattia cronica.
L'infezione psorica, infatti, rimane persistente nell'organismo, e provoca una perturbazione altrettanto
persistente della forza vitale, in modo da indurre una sintomatologia funzionale che, se non legata all'evento
iniziale primario, rischia di essere intesa e affrontata come una malattia a s stante. La diversit con la quale i

disturbi si evidenziano nei singoli individui dipende dalla suscettibilit, o predisposizione di questi. A tal
proposito, Hahnemann parla apertamente di costituzione, la quale assume il ruolo di indirizzo verso la
patologia71. Egli descrive una variegata sintomatologia della psora latente, che corrisponde ai molteplici
disturbi funzionali conosciuti dalla nosologia medica: dalle allergie, alle gastriti, al colon irritabile, alle
cefalee, etc72. Tali disturbi possono comparire in modo ricorrente, o cambiare da una forma all'altra,
soprattutto a seguito di terapie improprie o palliative. Grazie a questi segni sono in grado di estirpare, alla
radice, la psora interna, prima ancora che si sia sviluppata sotto forma di malattia cronica evidente e abbia
raggiunto un tale grado di sviluppo, da rendere molto difficile, se non impossibile, la guarigione73, afferma
Hahnemann. Ci esalta il valore terapeutico dell'omeopatia, in quanto la sua efficacia si esprime non certo
sulle malattie lesionali, bens sui disturbi funzionali che preludono queste ultime. Lo stile di vita non adatto, i
traumi fisici e psichici, nonch malattie acute intercorrenti, oltre a terapie incongrue, determinano il
passaggio verso una patologia terminale, di lesione, denominata psora secondaria, che rappresenta un punto
di non ritorno, nei confronti della quale qualsiasi terapia risulta oltremodo difficile. Il percorso seguito dal
modello della psora, infatti, prevede l'azione dell'agente patogeno sulla predisposizione individuale.
proprio la costituzione a segnare la strada verso cui il soggetto forma la sua patologia. Questo aspetto
condivisibile dalla moderna immunopatologia, almeno per quelle malattie associate a un impianto ben
determinato, quale l'HLA. Innesco infettivo, sintomatologia intermedia e lesione terminale, sono i tre
elementi sui quali il modello psorico di Hahnemann condivide le malattie autoimmuni. Tra gli esempi pi
probanti troviamo il diabete insulino-dipendente (virus coxsackie, rotavirus, in associazione al DR3-DR4
dell'HLA), la spondilite anchilosante (salmonella, klebsiella, yersinia, chlamydia, shigella, in associazione al
B27), l'artrite reumatoide (EBV, borrelia, proteus e coli patogeni, streptococchi e mycobatteri, in
associazione al DR4). In queste patologie, che la medicina osserva solo nella fase secondaria, ossia lesionale,
si mette in evidenza il legame stretto che si stabilisce tra l'innesco primario e la sintomatologia funzionale del
periodo di latenza. Una vera prevenzione si opera, da questo punto di vista, interpretando i sintomi della
cosiddetta psora latente in un continuum patologico, ove la conformit a scopi presuppone una evolutivit
patologica, che pu essere interrotta solo se correttamente interpretata. Un esempio evidente di tale assunto
lo troviamo nella terapia antibiotica dell'helicobacter pylori, il cui significato finalistico quello di impedire
l'evoluzione degenerativa neoplastica dello stomaco, partendo dalla ricorrenza funzionale dei disturbi
gastrici. In conclusione, il modello di malattia cronica strutturato sui seguenti elementi di base:

la psora primaria, identificabile con qualsiasi innesco di natura infettiva, il punto di partenza di molte
malattie (causa efficiente kantiana);
la psora latente, che si manifesta con disturbi funzionali intermedi (in un arco temporale variabile, a
seconda della costituzione), ne rappresenta il punto di passaggio (nexus effectivus kantiano);
la psora secondaria, assimilabile alle malattie conclamate lesionali, l'inesorabile punto di arrivo (nexus
finalis della facolt di giudizio di Kant, per il quale il compimento del fenomeno patologico ancora
legato alla causa innescante iniziale).

L'utilizzazione di questo principio a priori, stabilito dalla facolt di giudizio, rappresenta la conformit
attraverso cui la natura amministra la salute e la malattia, ossia il modello unico che permette di studiare le
pi diverse interazioni tra individuo e ambiente. Lo scopo finale di questa conformit un aspetto
metafisico, di cui l'uomo pu solo intuire il significato, ma difficilmente riuscir ad afferrarlo del tutto. La
conseguenza terapeutica di questo modello notevole. Hahnemann suddivide la materia medica in due
blocchi principali74:

il primo denominato materia medica pura e comprende farmaci ad azione acuta, oltre al mercurio e
thuja, che agiscono sulle malattie veneree;
il secondo compreso nel trattato delle malattie croniche, e comprende i farmaci antipsorici, i quali
hanno la capacit di indirizzare la loro similitudine, in maniera complessiva e profonda, sulla
componente miasmatica (infettiva) cronica della psora.

Studio storico-etimologico dei termini omeopatici


Secondo Hahnemann lorigine del miasma psorico risale a una fonte unica, denominata lepra. La
caratteristica fondamentale di questa malattia il prurito voluttuoso, che si accompagna a vistose eruzioni
della pelle. Essa descritta dallo stesso Mos con il termine garab, e tradotta dagli Alessandrini come psora
agria, che nel latino volgare assume laccezione di scabies jugis, o solo scabies, secondo Cicerone75. La

diffusione della psora nellantichit testimoniata dagli autori Greci e ripresa da quelli Arabi, fino ad
arrivare al Medio Evo, quando, sempre secondo Hahnemann, assume temporaneamente la forma della
erisipela maligna, o fuoco di S.Antonio. Dalle Crociate in poi, con le migliori abitudini igieniche importate
dallOriente, le manifestazioni cutanee assumono forme sempre meno rilevanti, a discapito di un
approfondimento della malattia allinterno dellorganismo76. Questa forma di derivazione, tipica della psora,
spiegherebbe anche il motivo, per il quale la facile soppressione cutanea (ad opera delle applicazioni locali
con zolfo, rame, zinco e mercurio, tra i pi importanti) comporti linsorgenza di disturbi interni ben peggiori,
la cui natura evolutiva testimoniata dalla infinita nosologia delle malattie conclamate. A tal proposito
Hahnemann cita la Dissertatio de damno ex scabia repulsa, scritta da L.C. Juncker nel 1750, nella quale si
evidenziano le sequele morbose della soppressione della psora, qui citata con il sinonimo di scabbia. Tra gli
altri autori sono citati personaggi del calibro di Hoffmann, Morgagni, Camerarius, Ramazzini, Bartolino.
I termini usati da Hahnemann, per descrivere le caratteristiche fondamentali della psora, sia sotto laspetto
epidemiologico, sia formale, fanno parte del bagaglio culturale medico del suo tempo. Nel bene e nel male,
la descrizione del modello patologico e la terminologia inserita nel contesto della psora risentono fortemente
delle impostazioni e delle conoscenze proprie alla medicina del XVIII e XIX secolo. Alcune accezioni, oggi
del tutto dimenticate, mettono in luce una confusione nosologica sulla dermatologia, il cui riflesso si
evidenzia soprattutto nellambito dellomeopatia, che pure alcuni di questi termini ha mantenuto. Anzitutto la
nozione di miasma. In un opuscolo comparso nel 1842, G.Nicolucci77 distingue questultimo dal contagio. I
contagi sono dovuti ad agenti morbosi che si trasmettono per contatto mediato o immediato da un individuo a
un altro, in qualunque stagione e in ogni luogo, mentre i miasmi altro non sarebbero, se non esalazioni da
sostanze organiche in putrefazione, le quali, miste allaria, trasmettono malattie specifiche (in particolari
luoghi e in particolari stagioni). Miasma sarebbe, dunque, un agente trasmissivo non contagioso, un esempio
del quale pu essere espresso dalla malaria. Tra i contagi, invece, troviamo la sifilide, le malattie
esantematiche e la psora78. Hahnemann non fa alcuna differenza tra miasma e contagio (anzi li considera
sinonimi), ma concorda in pieno con il Nicolucci sulla origine della psora: essa deriva da un comune
archetipo, di cui tutti gli altri non sono che altrettante modificazioni. A sostegno di questa ipotesi giungono
in soccorso il Puccinotti (Patologia induttiva, lib.II, cap.VIII, 1), Sprengel, Thiene, Swediaur e vari altri, per
i quali larchetipo fondamentale sarebbe proprio la lepra. Tutti i contagi pertanto, si riducono a uno solo,
ossia alla lepra modificata. Ma cosa intende, con questo termine, la dermatologia antica? Seguendo
Cazenave79, allievo del Biett, la prima menzione sulle malattie della pelle si trova nel Pentateuco di Mos,
libro del Levitico (come riferisce lo stesso Hahnemann), ove si ordina di separare dagli altri le persone
colpite dalla tsarath o garab. Mille anni dopo, Erodoto afferma che tale consuetudine stata tramandata agli
Ebrei dagli Egizi. I Settanta hanno tradotto la parola tsarath nel greco , che in latino diventa scaber,
ossia unaffezione squamosa e superficiale della pelle (passata alla storia come scabbia). Secondo Ippocrate,
le diverse eruzioni cutanee sono riconducibili a poche denominazioni: (lebbra), (psora),
(lichen), (esantema), (erisipela)80. La lepra sottintende tutte le lesioni
squamose, compresa la nostra psoriasi81 (o lepra graecorum secondo la classificazione del Willan). Il termine
psora, invece, traducibile in latino con asperitas, inteso da Ippocrate come linsieme delle eruzioni secche,
tra cui leczema, il prurigo (itch e kraetze nelle versioni inglese e tedesca del Trattato delle Malattie Croniche
di Hahnemann), la rogna (scabbia dei tempi attuali), lichen e impetigo82. Secondo una visione storiografica,
dunque, la lepra coincide con la scabbia (il cui termine non sta a significare il parassitismo degli acari, bens
linsieme delle superfici cutanee a carattere squamoso), mentre la psora corrisponde alle lesioni cutanee
secche (eczema, crosta lattea o dermatite seborroica, tigna, rogna e anche herpes). Solo in questo modo
riusciamo a comprendere il vero significato dellarchetipo citato da Hahnemann e Nicolucci, secondo i quali
il miasma psorico, evoluzione della lepra, sarebbe allorigine di numerose manifestazioni patologiche. N
deve trarre in inganno il termine, il quale non sottintende la lesione tubercolare da bacillo di Hansen (come
noi la conosciamo), in quanto questultima assume la denominazione di elefantiasi (dei Greci, degli Ebrei e
degli Arabi), fino a tutto il XIX secolo83. Lelefantiasi, infatti, in grado di alterare lintera economia
dellindividuo, come afferma Celso nel terzo libro della sua opera (capitolo XXV). Soffermiamoci
sulleczema. I sinonimi utilizzati dal Cazenave sono piuttosto esplicativi: herpes miliaris, scabies miliaris,
crusta lactea, lichen ferox. Letimo greco, , traducibile in latino con effervesco, utilizzato dal Willan
per descrivere tutte le affezioni cutanee che conseguono a una iniziale eruzione vescicolare, allo stesso modo
con il quale Hahnemann annuncia la sintomatologia della psora primaria. Il significato del termine
implicito nella dottrina umoralista84, ed ingegnosamente spiegato da Ezio, per il quale il calore interno
espelle gli umori attraverso la superficie del corpo, come lebollizione dei fluidi da un recipiente (effervesco
in latino). La conseguenza sintomatologica sarebbe espressa dalla minuta eruzione vescicolare sopra la cute

infiammata, dalla copiosa essudazione che talvolta laccompagna, e dal lamento continuo dei malcapitati
pazienti, per lintenso dolore bruciante. Gli antichi, rimanendo impressionati dal fuoco sacro del prurito,
hanno lasciato ai posteri il termine psora, che in questo caso sinonimo di eczema85. Si accennato
allherpes, considerato da Willan una eruzione vescicolare. Il termine deriva dal greco (in latino
serpere, serpiginare, onde serpigo)86, e anche a questo si riferisce Hahnemann quando parla del periodo di
incubazione della psora primaria (due settimane circa), con la remissione spontanea che lo caratterizza e la
fase di latenza che ne consegue. La sintomatologia della psora primaria, pertanto, ha un aspetto multiforme,
in quanto comprende lesioni anche molto diverse tra loro da un punto di vista etiologico, ma accomunate da
un aspetto cutaneo decisamente simile87.

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