Sie sind auf Seite 1von 54

1.

Definizione di Criminologia

Scienza multidisciplinare che, in una prospettiva sintetica, si occupa dei fenomeni

criminosi secondo plurime prospettive, e nella quale vengono a confluire e a integrarsi le


conoscenze esistenti sul fenomeno delittuoso . La disciplina criminologica offre in una
prospettiva umonistica molteplici spunti per ampliare le conoscenze e favorire la
riflessione sui fatti sociali, sulle caratteristiche psicologiche e razionali dei singoli e dei
gruppi, sui disturbi mentali; e ancora sulla responsabilit morale e sulla libert dell'agire,
sui tanti fattori che si correlano con le scelte di condotta nella vita sociale: in definitiva
fornire una molteplicit di spunti che mirano a favorire una migliore conoscenza della
persona umana.

2. LE SCIENZE CRIMINALI
Le scienze criminali sono discipline che studiano, da diverse angolazioni, il problema della
criminalit e quindi dei fenomeni delittuosi; fra queste rientra anche la criminologia. Le
scienze criminali sono:
1. Diritto penale: (sia sostanziale che processuale): scienza che studia, analizza ed
approfondisce il complesso delle norme giuridiche rivolte ai cittadini, le quali
divengono, in forza di legge, regole di condotta. Pertanto il delitto che il
campo degli interessi e delle indagini scientifiche della criminologia, viene ad
essere definito dal diritto penale: poich la criminologia si occupa di studiare i
fatti delittuosi, gli autori dei delitti e le differenti reazioni che la societ
mette in atto per combetterli e prevenirli, ne consegue che la criminologia sar
debitrice al diritto penale della definizione dell'oggetto su cui deve indirizzare
la sua ricerca e il suo sapere: senza per altro divenirne vassalla.

2. Diritto penitenziario: che ha per oggetto l' insieme delle disposizioni legislative
e regolamentari che disciplinano la fase esecutiva del procedimento giudiziario
penale. Il diritto penitenziari,o rispetto al passato in cui si esauriva nella pena
della reclusione e nelle misure di sicurezza detentive, si notevolmente
ampliato perch sempre maggiore l'attenzione alla funzione risocializzante

della pena e alle misure penali in libert alternative o semi-alternative al


carcere.
3. Psicologia giudiziaria: studia la persona umana non in quanto reo ( ambito della
criminologia e della psicologia criminale) ma quale attore nel procedimento
giudiziario: sono pertanto oggetto delle indagini di questa disciplina le
peculiarit e le interrelazioni psicologiche fra le persone che partecipano alle
indagini ed del processo, cio l'imputato, la parte offesa, i periti, gli avvocati, i
magistrati e i giudici.
4. Politica criminale ( o politica penale): non si configura tanto come una disciplina
autonoma quanto come un insieme degli orientamenti e filoni di pensiero,
coltivati dalle diverse scienze criminali, in materia di lotta alla criminalit. Il
contributo congiunto di molte discipline e saperi ( dal diritto e procedure penali,
alla filosofia del diritto, alla sociologia, ivi compreso il diritto penale) mira a
identificare le scelte fondamentali nelle strategie anti-criminose. In definitiva
la politica criminale costituisce l'insieme dei contributi che molteplici discipline
forniscono al legislatore per la formulazione delle leggi penali affinch operi non
solo sotto la spinta delle sollecitazioni dell'opinione pubblica e dei valori della
cultura di quel momento, ma anche alla luce delle ricerche, degli studi e degli
apporti dottrinali.
Altre discipline che in parte si occupano dei fenomeni delittuosi sono evidentemente la storia,
la filosofia e la sociologia del diritto. Non invece una scienza criminale la:
Criminalistica:l'insieme delle molteplici tecnologie che vengono utilizzate per l'investigazione
criminale: vi confluiscono la medicina legale, la dattiloscopia, la balistica giudiziaria,
l'identificazione delle voci registrate... etc. si tratta di tecniche di polizia scientifica che
hanno come obbiettivo la risoluzione di svariati problemi di ordine investigativo, utili per la
qualificazione del reato, per l'identificazione del reo o della vittima, per la caratterizzazione
delle circostanze.
Rientrano invece nelle competenze della criminologia gli studi e le applicazioni pratiche aventi
per oggetto l'identificazione del reo utilizzando le caratteristiche psicologiche e
comportamentali degli autori di taluni tipi di reato.

1. OGGETTO E SPECIFICITA' DELLA CRIMINOLOGIA


La criminologia si colloca fra le discipline che hanno come loro oggetto di studio la criminalit.
Le caratteristiche sono:
-

Campo d'indagine: considera i fatti criminosi e i loro aspetti fenomenologici, le


variazioni nel tempo e nei luoghi, le condizioni sociali ed economiche che ne
favoriscono la diffusione e le modificazioni; lo studio degli autori del delitto,
con le loro caratteristiche psicologiche o psicopatologiche, e con i fattori
ambientali e situazionali che entrano in gioco nell'agire delittuoso dei singoli; i
diversi tipi di reazione sociale che il delitto suscita, l'analisi delle conseguenze
esercitate dal crimine sulle vittime, i ruoli da loro giocati nella genesi del
delitto; infine, pi estensivamente, la criminologia si occupa del fenomeno della
devianza, anche nelle sue manifestazioni non delittuose.

Il solo parametro per delimitare i confini del campo dindagine della criminologia
quello della legge, che definisce i fatti costituenti reato.Il reato un fatto
sociale, identificato da una definizione convenzionale, mutevole con il mutare
della societ (relativit storica). Non vi subordinazione della criminologia
rispetto al diritto poich esamina e analizza criticamente e in modo
indipendente la legge stessa.

Scienza multidisciplinare: scienza che per il suo autonomo sviluppo richiede


competenze molteplici. Il criminologo ha come preciso compito di scienziato
quello di saper integrare in una visione sintetica dati, conoscenze, approcci e
metodi diversi provenienti da campi del sapere.

Scienza interdisciplinare: ha necessit di dialogo con altre scienze per poter


congiuntamente a queste, affrontare questioni alla cui risoluzione necessitano
competenze molteplici.

Scienza dell'uomo: tali si definiscono quelle scienze che studiano quella realt
complessa, articolata, multiforme che il comportamento umano in seno alla
societ nei suoi infiniti aspetti: comportamento che non pu essere racchiuso
nei ristretti limiti di una sola disciplina. La criminologia, a differenza delle altre
scienze dell'uomo, ha come suo specifico oggetto lo studio dell'uomo allorquando
viola la legge penale.

Integrazione: di metodi, conoscenze, approcci, tecniche provenienti da campi


diversi del sapere.

Autonomia: in essa si coagula un diverso sapere sui fenomeni delittuosi.

2. LA CRIMINOLOGIA COME SCIENZA


Per potersi parlare di scienza necessario che un certo tipo di sapere abbia alcune
caratteristiche. Irrinunciabili requisiti che delle scienze possono ritenersi i seguenti:
~

Sistematicit: nel senso che una scienza l'insieme delle conoscenze acquisite
in determinati ambiti del sapere, integrati in un complesso strutturato ed
armonico.

Controllabilit: posto che le enunciazioni devono poter essere sottoposte al


vaglio delle critiche logiche e al confronto con i dati della realt

Capacit teoretica: per la quale una scienza deve riassumere e riunire


molteplici osservazioni e dati dei fenomeni di cui si occupa in proposizioni
astratte unite da nesso logiche proposizioni costituenti appunto la teoria- e
intese a spiegare, in una costruzione semplice e comprensibile, i rapporti casuali,
le correlazioni e le variabili dei fatti oggetto della sua analisi

Capacit cumulativa: consiste nella caratteristica delle scienze di costruire


teorie in derivazione l'una dall'altra, di modo che le pi recenti correggono,
modificano, amplificano o perfezionano le teorie prima formulate

Capacit predittiva: precisando che le scienze dell'uomo presentano grandi


limiti nella possibilit di prevedere quali saranno i comportamenti sia collettivi
che dei singoli individui.

Precisate queste caratteristiche, ne consegue

immediatamente l'appartenenza della

criminologia al novero delle scienze, posto che le conoscenze che essa acquisisce abbiano i
requisiti di sistematicit e controllabilit. Del pari sua anche la capacit di riunire le
osservazioni in molteplici teorie. La criminologia pure dotata della capacit cumulativa ed
anche di quella predittiva, sia pure con i limiti, le contingenze e le incertezze che sono, come
si detto, proprie di tutte le scienze non esatte, quali appunto le scienze umane. Accertata
l'appartenenza della criminologia al novero delle scienze, resta da stabilire quali siano le sue
particolari prerogative di dottrina scientifica poich le varie scienze hanno aspetti e qualit

diversi. Talune scienze che utilizzano il metodo induttivo e che traggono le loro conoscenze
esclusivamente dall'osservazione della realt oggettiva,si denominano scienze empiriche
( talune di queste scienze hanno anche la qualificazione di scienze sperimentali quando i
fenomeni osservati in condizioni naturali possono essere riprodotti in laboratorio). Le scienze
empiriche negano l'esistenza di assiomi come principi di conoscenza logicamente distinti
dall'esame del reale. La criminologia stata da molti ricompensa tra le scienze empiriche, nel
senso che sarebbe fondata solo sull'osservazione della realt criminosa e non sulla
speculazione astratta o su presupposti teorici o su giudizi di valore, e nel senso che i suoi dati
dovrebbero avere carattere oggettivo. Pertanto le valutazioni cui perviene e gli sviluppi
teorici che propone dovrebbero essere frutto dell'osservazione della realt: lo studio dei
fenomeni criminosi dovrebbe pertanto essere condotto con metodologie simili a quelle delle
scienze esatte e tali da consentire valutazioni oggettive e neutrali; ci accade solo per
determinate

teorie

criminologiche,

poich

altre

sono,

fortemente

influenzate

dall'atteggiamento soggettivo dello studioso. Il carattere avalutativo e neutrale della


criminologia intesa sempre e solo come scienza empirica stato a lungo sostenuto nel passato,
anche se oggi, tale caratteristica si assai ridimensionata facendo della criminologia una
scienza anche empirica, ma solo relativamente a talune delle sue acquisizioni.Un altro aspetto
del suo essere scienza empirica si manifesta con la qualificazione di scienza descrittiva dei
fenomeni criminosi: per questo aspetto ad essa compete la descrizione fattuale, la
classificazione e la differenziazione tassonomica dei delitti e dei loro autori. Nel momento in
cui alla descrizione si aggiunge per anche la ricerca e la identificazione dei fattori
responsabili di tali eventi, la criminologia viene ad assumere il carattere di scienza eziologica,
cio di scienza che ricerca le cause dei fenomeni da lei osservati. In tal senso la criminologia
si differenzia da altre scienze criminali che, come il diritto, hanno invece il carattere di
scienze normative, che studiano cio le leggi, le quali sono ovviamente ispirate a scelte di
valori ed a principi etici. Deve per ultimo segnalarsi che la criminologia ha un'altra sua
caratteristica: quella di essere una scienza applicativa. Agisce sui fenomeni con l'attuare
interventi di prevenzione generale o speciale, o con l'attivarsi nei programmi di mediazione
fra reo e vittima; interviene sugli individui per favorire, con le tecniche proprie delle scienze
dell'uomo, l'educazione dei rei minorenni e la risocializzazione dei condannati adulti, per

effettuare valutazioni criminologiche ai fini dell'adozione di misure alternative alle pene, con
l'operare all'interno delle istituzioni penitenziarie onde modificarne l'ambiente criminogeno.

IL DELITTO COME CONVENZIONE SOCIALE: SUA RELATIVITA'


STORICA

i delitti non sono qualificabili come tali secondo valori eterni e trascendenti: la loro
identificazione da intendersi come una convenzione sociale, come tale mutevole col
succedersi delle culture. La relativit del concetto di delitto, secondo una prospettiva
criminologica, deriva innanzi tutto dal fatto che la norma penale espressione dei valori
prevalenti e degli interessi particolarmente tutelati in una determinata societ. In larghi
archi di tempo, si pu osservare che la societ distingue per convenzione ci che lecito e ci
che non lo . Basti pensare al diritto di disporre della vita dei figli, della moglie e degli schiavi
che rientrava nelle facolt del pater familias fino ad arrivare ad oggi con la depenalizzazione
di reati quali l'adulterio e l'aborto. La relativit del concetto di delitto si nota anche per il
fatto che nella stessa epoca, concezioni assolutamente differenti sono presenti in diversi
paesi, pur appartenenti ad analoghe aree culturali. I comportamenti puniti come reati mutano
nel corso del tempo, cos come mutano da paese a paese. Le norme non sono immutabili: la loro
dinamica tipica dellevolversi delle varie culture, in un divenire continuo.Per comprendere il
carattere relativistico del delitto, occorre ricordare che tutta la vita umana ordinata da
norme, legali o di costume, che vengono apprese e che definiscono, con limitato spazio di
discrezionalit individuale, come ci si debba comportare e viceversa come non sia lecito agire
nelle varie circostanze. L'apprendimento di tali norme fatto squisitamente culturale ed
favorito da un insieme di strumenti di controllo sociale che agiscono su ogni attore sociale
perch si conformi ai precetti del suo gruppo.

STRUMENTI DI CONTROLLO SOCIALE

Strumenti idonei ad evitare le tendenze devianti dai valori sociali fondamentali. Ne esistono
due tipologie:

-Sistemi di controllo formale esercitato dagli organi pubblici, in base a norme


giuridiche che ne prevedono esplicitamente le competenze e le procedure, su tutti
gli attori sociali, ma limitatamente alle condotte criminose; Es: le leggi, i codici,
lapparato giudiziario, le forze di polizia, le sanzioni detentive, le misure di

sicurezza ecc. mediante l'intimidazione, con l'effetto deterrente della minaccia


della sanzione penale.

-Sistemi di controllo informale esercitato da altri organismi che, pur con funzioni
istituzionali diverse, rappresentano importanti fonti di informazione normativa e di
comunicazione di valori, fungendo anche da agenzie di controllo del comportamento.
( Es: la famiglia, la scuola, le associazioni, i servizi sociali ecc. i loro esponenti pi
eminenti funzionano come importatnti diffusori di opinioni che influenzano in modo
significativo le scelte fondamentali e quindi la condotta degli associati).

-Sistemi di controllo di gruppo , un altro strumento di controllo informale,


esercitato da persona a persona nel contesto dei vari gruppi sociali, non attraverso
le istituzioni; attraverso il fitto reticolato sociale nel quale ciascuno inserito e
attraverso i molteplici scambi interrazionali che la vita sociale comporta, ciascun
individuo edotto dal giudizio degli altri del valore positivo o negativo della sua
condotta. Es: la famiglia, gli amici e i colleghi, i vari gruppi spontanei, ecc. In una
societ vi tanta maggior criminalit e devianza quanto maggiore il vuoto di
valori, o prevalgono nei gruppi sociali valori negativi, talch viene meno la loro
funzione di controllo sociale.
La loro efficienza dipende dalla continuit e stabilit sociale e dalla completa accettazione e
condivisione del sistema culturale.

IL CONCETTO DI CAUSA IN CRIMINOLOGIA

La criminologia anche, sia pur non esclusivamente, una scienza eziologica, che come tale si
propone di ricercare le cause dei comportamenti criminali. Abitualmente si designa come causa
di un fatto l' antecedente necessario e sufficiente al verificarsi del suo accadimento ( in altri
termini consideriamo quell'antecedente come la causa efficiente). Qualsiasi fenomeno che si
verifica nella realt richiede la presenza di moltissimi fattori il cui ricorso necessario per la
realizzazione di quel fenomeno. In questambito si pu parlare di:

a.Causalit pragmatica: indagare, comprendere e contrastare il comportamento


criminoso.

b.Causalit lineare: tipica del positivismo,dalla causa A deriva l'effetto B, secondo


la quale i fenomeni naturali derivavano da fattori noti che producevano

necessariamente certi effetti, in armonia con leggi di natura che erano ritenute
certezze non discutibili.

c.Causalit circolare: valutazione delle reciproche influenze tra i fenomeni, del


reticolo dei fattori che hanno avuto un ruolo nella condotta criminosa ( Teoria dei
sistemi)
Non compete certo alla criminologia di giudicare, ma occorre in ogni modo saper contemperare
la pi ampia comprensione della concatenazione dei fattori che intervengono nel
comportamento umano, quale fornisce il principio di causalit circolare, con le esigenze del
sistema della giustizia: ben sapendo che ivi le attribuzioni di responsabilit debbono avvenire
secondo un modello differente di causalit, la causalit giuridica o materiale, che procede
secondo la logica della causalit lineare. Se il criminologo con le sue conoscenze in grado di
favorire, proprio grazie alla logica della causalit circolare, la comprensione pi approfondita
di un comportamento delittuoso identificando il reticolo dei fattori remoti e prossimi,
psicologici, relazionali e ambientali, che hanno avuto un ruolo pi o meno rilevante nella
condotta incriminata, deve per astenersi dal formulare giudizi: non solo perch quanto
maggiore la comprensione tanto maggiore sar la tendenza a giustificare, ma perch giudizi
e giustificazioni spettano necessariamente solo al giudice.

Criminologia una

Metodi e fonti della ricerca criminologica

scienza empirica, basata sullosservazione della realt, per questo non

esiste ununica fonte di conoscenza e ununica metodologia di ricerca, esse si integrano a


vicenda, a seconda degli scopi che la ricerca si prefigge: non vi un esclusivo strumento per
studiare gli individui che delinquono e i fenomeni delittuosi, ma dalla pluralit deriva la miglior
conoscenza. Abbiamo quindi:
a) Statistiche di massa: per esaminare lestensione dei fenomeni e per lindagine delle
caratteristiche pi generali della criminalit (frequenza,diffusione,distribuzione,fluttuazioni
nel tempo e nei luoghi);
b) Inchieste su gruppi-campione: per approfondire la conoscenza dei fenomeni, indagine
incentrata su di un gruppo ristretto di persone, da cui si possono trarre conclusioni di
carattere generale.

c) Osservazioni individuali: valutazione di circostanze particolari che la statistica non pu


considerare.(caratteristiche

psicologiche

psicopatologiche

del

reo,relazioni

interpersonali,...)
d) Questionari e interviste: per conoscere atteggiamenti, reazioni e comportamenti
(analogamente ai gruppi-campione).
Altri strumenti per condurre una ricerca sono:
e) Indagini sul campo: per studiare le caratteristiche di certi ambienti o gruppi (inserimento
materiale).Illuminano compiutamente sulla realt sociale di quei particolari ambienti, anche se
le conclusioni non sempre possono essere estese ad altre situazioni. Questi tipi di indagine
sono eseguite con la tecnica delle interviste dirette o con i questionari, per valutare
percezioni ed opinioni nei confronti della criminalit.
f) Ricerche settoriali: per studiare un ambiente particolarmente significativo (senza
inserimento).Sono condotte anche su persone che per la loro veste professionale (assist.
sociali, psichiatri, psicologi, ecc.) sono testimoni privilegiati, con conoscenze vissute ed
esperienze professionali preziose. Anche questi tipi di indagine sono eseguite con la tecnica
delle interviste dirette o con i questionari
g) Ricerche operative: per studiare gli effetti di determinati trattamenti, le conseguenze di
certi interventi. Si svolgono comparando un campione di soggetti che ne hanno beneficiato con
altri che non ne hanno fruito. In questo senso si tratta di ricerche sperimentali, di indagini
catamnestiche che esaminano i risultati a distanza di tempo di taluni interventi per valutarne
lefficacia.
h) Studi predittivi: per trovare indicatori che consentano di prevedere il comportamento
futuro di determinati individui.
i) Ricerche storiche: studio nel tempo di fenomeni criminosi,
I diversi metodi visti hanno particolari vantaggi o prerogative che, a seconda dei fini
dellindagine, ne possono raccomandare la scelta.

Il numero oscuro

Prima di analizzare pi dettagliatamente le diverse metodologie di indagine empirica, occorre


accennare al problema del numero oscuro.

Unimportante limitazione di ogni indagine effettuata in ambito criminologico legata al fatto


che i dati utilizzati sono solitamente relativi ai reati denunciati dalla polizia o dai privati alla
magistratura, ai procedimenti penali in corso, alle sentenze di condanna, alle popolazioni delle
carceri, e comunque ai dati relativi ai criminali o ai crimini identificati.
In realt, il numero dei delitti che vengono quotidianamente commessi superiore al numero
di quelli che emergono in superficie, che vengono scoperti, per cui la realt criminosa risulta
sempre in qualche modo deformata, ossia oltre ai dati ufficiali si deve tener conto anche di
quella parte dei fenomeni criminosi che rimane sconosciuta.
Certo individuare tutti i delitti e i loro autori, vista la loro enorme rilevanza economica,
sarebbe impossibile, per cui lindice di occultamento sempre necessariamente negativo.
Indice di occultamento: rapporto tra il numero dei delitti commessi e il numero dei delitti
conosciuti (varia al variare delle specie di delitti).
Correlazione inversa tra la gravit del reato e il numero oscuro: tanto pi elevato quanto
minore la gravit del reato e viceversa (per i reati pi gravi, come lomicidio, il numero reale
vicino a quello noto; per i reati meno gravi, come furti di lieve entit, il divario diviene invece
pi ampio). Ragioni:
a)Una delle fonti della conoscenza dei delitti proprio la denuncia della parte offesa, per cui
anche latteggiamento della vittima gioca quindi un ruolo sul numero oscuro. La vittima spesso,
per, decide tacere, per molteplici motivi: per sfiducia (in caso di solito di reati di poco
conto); per non rendere noto il fatto ed evitare di essere screditata(come accade per i reati
sessuali); per evitare gli effetti negativi e i disagi della denuncia; per coinvolgimento con il
reo; per omert (anche per timore di ritorsioni).
b)Lopera di prevenzione e ricerca di polizia e magistratura si indirizza in modo selettivo verso
certi settori di delittuosit piuttosto che verso altri, a seconda di ci che, in un dato
momento, per esigenze o per allarme sociali, ritenuto pi utile, opportuno e importante da
reprimere, trascurando quindi altre condotte.
c)Tendenza a lasciar correre e minor numero di denunce se lautore un pensionato o un
malato di mente, una donna, un minore oppure se ritratta di soggetti che godono di prestigio
sociale, economico e politico 8anche per forme di pressione).

Statistiche di massa

Statistiche di massa : Raccolta, analisi matematica, interpretazione e correlazione di dati


quantitativi (grandi numeri)
Caratteristiche:
1. Consentono solo una descrizione dei fenomeni.
2. Possono essere trasversali (analisi caratteristiche in un dato momento storico) o
longitudinali (modificazioni da un momento allaltro).
3. Fonti: statistiche ufficiali, dati emersi da ricerche.
4. Elaborazione dei dati in funzione di diverse variabili (et, sesso, razza, reato, sanzione
ecc.).
La veridicit dei dati di statistiche di questo tipo molto elevata, anche se non forniscono
interpretazioni raffinate dei fenomeni, ma ne consentono in genere solo una comprensione
superficiale. Possono fornire indicazioni ad esempio sullo stato della criminalit, sulla sua
diffusione,

sulle

variazioni

quantitative

qualitative

nel

tempo

nello

spazio,

sullamministrazione della giustizia. Correlazioni statistiche fra diverse serie di dati e talune
variabili (caratteri): si possono avere variazioni indipendenti nelle serie (no correlazioni); le
variazioni di un carattere possono corrispondere a variazioni nellaltra serie nello stesso senso
(correlazione positiva) o nel senso opposto (correlazione negativa). Le correlazioni possono
variare in relazione ad uno stesso fenomeno, nei tempi e nei luoghi. Si possono includere anche
pi variabili in funzione di un singolo carattere comune. Dalle correlazioni statistiche in
genere arbitrario trarre illazioni di ordine causale: il fatto che due fenomeni si modifichino
con andamento parallelo non sempre indica che luno sia causato dallaltro.
La statistica criminale soggetta ad errori relativi allinterpretazione dei dati e alla loro
validit. Molti errori possono, infatti, derivare da imprecisioni delle fonti o dalla loro
inattendibilit. Altri limiti derivano dalle statistiche internazionali, o da variabili sconosciute,
nascoste o non considerate.

Inchieste su gruppi campione

E' un'indagine estesa su di un numero ristretto di persone, scelte in modo tale da


rappresentare la totalit di una popolazione (campione rappresentativo).

Consentono di ottenere, pur limitandosi ad un numero limitato di soggetti, una validit simile a
quella che si sarebbe convenuta ove fossero stati sottoposti allinchiesta tutti i soggetti della
popolazione generale. Prevede un' analisi pi approfondita a livello di contenuto e meno per
linquadramento del fenomeno. Il limite di ottenere un campione effettivamente
rappresentativo, vista la molteplicit delle variabili che incidono sulle condotte criminose.
Occorre,quindi, una corretta metodologia e specifiche competenze. Perch il campione sia
rappresentativo, necessario che a seconda del tipo di indagine, il campione contenga, in
misura proporzionale a quella esistente nella realt, certe percentuali dei differenti tipi di
soggetti che esistono nella popolazione. Questo metodo alla base dei sondaggi di opinione o
delle inchieste di mercato.

Le osservazioni individuali

Osservazioni individuali : Studio di singoli criminali o di piccoli gruppi: studio della


personalit,intesa come unit psico-organica, e dei fattori micro-sociali agenti sul singolo
E' lo studio del caso minuzioso e approfondito, spaccato del singolo fenomeno ; prevede, per,
limiti dal punto di vista quantitativo.
Lindagine pu essere rivolta ai fattori ereditari, costituzionali, psichiatrici, psicologici e
psicosociali presenti nei singoli autori dei crimini.
Studio del caso secondo una metodologia comune: indagine familiare; studio medico,
anamnestico e clinico-criminologico; indagine biografica; previsione dei comportamenti futuri,
indagando anche nel passato; studio psicologico; indagine psicopatologica; studio testistico;
inchiesta sociale sulle caratteristiche ambientali e familiari; osservazione comportamentale.
Queste indagini hanno consentito di individuare fattori significativi della condotta deviante e
criminale: la frequenza delle anomalie della personalit; i fattori familiari; i processi di
criminalizzazione; il ruolo dellalcolismo e della tossicodipendenza, del disturbo mentale.
Sono state individuate correlazioni fra questi fattori e la gravit, la carriera criminale o il
recidivismo. Talune indagini individuali ,infatti, particolarmente dettagliate e approfondite
possono assumere il carattere di storia di vita, descrivendo tipi particolari ed emblematici di
carriere criminali.
Questionari e interviste
Fra i metodi di indagine utilizzati in criminologia si debbono citare anche i questionari e le
interviste che, come si sa, vengono ampiamente utilizzati negli ambiti pi diversi per

effettuare sondaggi di opinione, conoscere preferenze, scelte, gusti e abitudini, per finalit
di indagini di mercato, per lanci pubblicitari, per indirizzare le strategie di produzione, per
fini di produzione, per fini elettorali e politici, e per molti altri scopi.
Le finalit di questi strumenti sono essenzialmente due :
1. -ricerca su campioni di popolazione comune per conoscere atteggiamenti e reazioni nei
confronti dei fenomeni criminali;
2.

-conoscenza pi approfondita dellidentit e della qualit dei delitti (accesso alla

criminalit nascosta).
Le interviste possono essere classificate:
1.Interviste strutturate o questionari (insieme di domande

uniformi e rigidamente

predefinite, per indagare temi precisi e circoscritti, rivolte a gruppi campione molto estesi);
2. Interviste semistrutturate (maggior libert di interloquire con il soggetto);
3. Interviste libere (un esempio il colloquio, utilizzato a scopi clinici e di ricerca, che
consente un contatto diretto con il soggetto)
In particolare tra questi, rivestono particolare importanza: le inchieste confidenziali.

Le inchieste confidenziali

Realizzate attraverso lo strumento del questionario. Sono basate su confidenzialit e


anonimato (riservatezza e segretezza): obbligo deontologico per il ricercatore.
Avvengono attraverso questionari somministrati direttamente, via telefono oppure a mezzo
posta, anche elettronica. Consentono di restringere, almeno in parte, il numero oscuro.
Tipologie di inchiesta confidenziale:
1. -inchieste di autodenuncia (si richiede direttamente ai soggetti se hanno commesso reati,
quanti e quali);
2.-inchieste vittimologiche (per individuare le vittime che non avevano denunciato, e quindi il
sommerso);
3.-inchieste tra testimoni privilegiati (soggetti che per la loro attivit o il loro ruolo hanno
pi possibilit di venire a conosacenza di fatti delittuosi).

Limiti: le informazioni raccolte possono essere distorte o incomplete a causa del cattivo
ricordo, della reticenza o della mendacit. A volte rischio di una visione stereotipata della
criminalit.

3. APPROCCIO SOCIOLOGICO E ANTROPOLOGICO


Fino dalle sue origini, la criminologia si andata sviluppando secondo due filoni: quello
sociologico e quello incentrato sullindividuo, o antropologico. Questi due indirizzi si sono
affiancati a lungo, spesso proponendosi in una visione contrapposta nellinterpretazione dei
fatti criminosi, come due paradigmi del tutto antagonisti.
Tale antagonismo oggi stato, tuttavia, superato, in quanto la miglior comprensione del
crimine non pu essere n esclusivamente sociologica, n esclusivamente antropologica: da un
lato occorre lindagine dei fenomeni e delle caratterisatiche legate alla societ e ai gruppi
(che evidenziano fattori di influenzamento generale); dallaltro necessario anche un
approccio individuale per accertare come le influenze ambientali si riflettono sul singolo
individuo (come vengono recepite, interiorizzate, sublimate o rifiutate, la diversa soglia di
vulnerabilit individuale ai fattori criminogenetici).
Il reciproco collegamento e lintegrazione delle conoscenze sociologiche e antropologiche
consentono invece una visione di pi ampio respiro e lapprofondimento critico dei problemi
generali e individuali della criminalit, in una pi proficua prospettiva sintetica.
Le radicalizzazioni comportano il pericolo di una visione distorta, settoriale e ingannevole del
fenomeno criminale, con un ulteriore rischio deresponsabilizzazione sia del reo che della
societ.

Lapproccio antropologico rivolto alluomo in quanto autore del reato per ricercare i
fattori organici, psicologici e motivazionali

che possono averne determinato la

condotta, anche in relazione ai fattori microsociali nei quali la personalit si formata.


Rischi:principi

generali

teorici

deresponsabilizzazione dellindividuo.

ed

astratti,solo

fattori

macrosociali,

Lapproccio sociologico rivolge il suo interesse ai fattori macrosociali che influenzano


notevolmente il sorgere del crimine, indipendentemente da come questi hanno
interferito nel caso singolo.
Rischi:

frammentazione,

no

teoria

generale,

solo

fattori

microsociali,

deresponsabilizzazione della societ.

EVOLUZIONE STORICA DEL CONCETTO DI CRIMINOLOGIA

La Criminologia nasce come scienza solamente nel XIX secolo, quando per la prima volta viene
affrontato in modo empirico e sistematico lo studio dei fenomeni delittuosi, che in precedenza
venivano considerati secondo una prospettiva essenzialmente morale e solo secondariamente
giuridica.
La netta differenziazione fra illecito morale e illecito giuridico avverr, infatti, solo in tempi
recenti, frutto del pensiero illuministico. In precedenza in ogni delitto era implicito anche un
contenuto di infrazione morale, poich la norma etica era quella dettata dalle religioni, il
delitto finiva per identificarsi con il peccato. Solo nel XVIII secolo alla morale religiosa viene
ad affiancarsi anche una morale laica, svincolata da valori immanenti e assoluti, spesso in
conflitto con la prima: nascita del pensiero penale moderno.

Pensiero pre illuminista

In questo periodo la Struttura sociale era fondata sullautorit dispotica della monarchia e
sulla detenzione dei beni da parte dellaristocrazia e della chiesa; il Diritto si basava sui
principi dellintimidazione e della vendetta. Cera un esercizio rigido e arbitrario
dellautorit penale: si fondava sulla mancanza della certezza del diritto, lassenza diritti
di difesa, crudelt e inappellabilit delle pene (supplizio pubblico; pene corporali); i giudici
avevano una grandissima discrezione che sfociava nellarbitrio (rientrava nella loro
competenza qualificare un fatto come delitto, stabilire quantit ed entit della pena) Il
Delinquente non era altro che un attentatore malvagio dellautorit del sovrano (potere

divino); era sottoposto ad un giudizio di colpa dal significato anche religioso perch il
potere sovrano era inteso come profanazione della divinit.

Lilluminismo

Questo stato di cose dur fino a quando il potere fu saldamente nelle mani
dellaristocrazia e del clero cio fino a quando, nel XVIII secolo non sorse la corrente
ideologica dellilluminismo che, dalla Francia, si diffuse in tutta Europa. Contesto storico:
prima industrializzazione ed affermazione economica della borghesia (700). Lilluminismo
si proponeva di riportare alla luce lo spirito dalle tenebre delloscuramento medievale;
contro larbitrio, la corruzione, la superstizione, contro il potere assoluto delle classi fino
ad allora dominanti proponeva la forza della ragione umana, la sua universalit e la sua
eternit. Affermava il principio della libert e delluguaglianza di tutti gli uomini, quale
espressione di un diritto naturale primordiale che era andato perduto per effetto di
disfunzioni delle strutture sociali. Occorreva poter ristabilire questo diritto primitivo ed,
a Voltaire e a Montesquieu parve che lo strumento idoneo fosse la parit di tutti i cittadini
di fronte alla legge; non pi privilegi di nascita o di classe -> la legge doveva sostituirsi
allautorit del sovrano e delle classi pi potenti. Nasce il pensiero penalistico moderno.

Giustizia come simbolo dello Stato: mezzo per ristabilire la primitiva uguaglianza (formale
e non sostanziale: parit di tutti i cittadini di fronte allo Stato) tra gli uomini e la libert
dello stato di natura.

Concezione liberale del diritto penale: Cesare Beccaria

Questa concezione era espressione dei principi illuministici. Cesare Beccaria, promulgatore di
questa concezione, nel 1794 pubblic il libro dei delitti e delle pene. Il movimento
riformatore di Beccaria si fondava su alcuni punti essenziali: dignit umana (la pena doveva
essere ragionevolmente mite, non si doveva far ricorso alla tortura ed era necessario abolire
la pena di morte o, almeno, limitarla ai casi eccezionali), certezza del diritto (a tutti doveva
essere assicurata parit di trattamento penale; il diritto doveva risultare scritto nei codici,
non doveva essere lasciato libero arbitrio ai giudici -> non doveva esistere reato se non
espressamente previsto dal codice. La pena doveva avere carattere retributivo ed essere
proporzionata alla gravit del delitto commesso. La sua fuzione deve essere quella di
rispondere alle esigenze della societ in cui si vive; deve essere espressione del diritto di
autodifesa della societ stessa e non rapportata a violazione di principi morali che possono

variare nel tempo), diritto di difesa e presunzione di innocenza. La pena deve colpire il
delinquente esclusivamente per quanto di illecito ha commesso, senza nessuna valutazione di
ci che egli o pu diventare. La figura del criminale quella di un individuo dotato di assoluto
libero arbitrio, capace di autodeterminarsi, non condizionato da influenze socio-ambientali, n
da proprie motivazioni psicologiche.

La scola Classica

Summa dottrinale, i cui pi noti esponenti sono Carmignani, Rossi e Carrara. Essi
contribuirono a dar corpo ad una dottrina, che si riconduceva ai principi liberali, i cui cardini
erano la minuziosa previsione nei codici di ogni fattispecie delittuosa, la calibrata
commisurazione della pena alla loro diversa gravit e il garantire parit di trattamento per
tutti. Questa dottrina pone a fondamento del diritto penale la concezione etico-retributiva
della pena. Il reato consiste in una violazione cosciente e volontaria della norma penale da
parte di un soggetto dotato di libera volont. Per essere imputabile basta che lautore del
reato abbia la capacit di intendere il vaore etico-sociale delle proprie azioni antigiuridiche e
che, liberamente determinato, ha voluto.

La pena deve essere intesa dal reo come il

corrispettivo necessario per il male compiuto. Essa deve essere affittiva, commisurata alla
variabilit della gravit del reato, determinata ed inderogabile (teoria della retribuzione).
Questo quello che viene definito sistema tariffario che considera il reato come entit
giuridica, non di fatto ed il suo autore moralmente ed assolutamente responsabile dei suoi
atti, senza tener conto delle condizioni sociali ed individuali che hanno interferito sul suo
volere. Il merito della scuola classica consiste nellaver delineato alcuni principi guida di un
sistema fondato sulle garanzie delle libert personali:
-

principio di legalit: pu essere punita soltanto la condotta prevista dalla legge come
reato;

principio di certezza del diritto: per il quale la sanzione per la condotta della legge
definita illegale deve essere esattamente determinata;

principio garantistico: contenete norme a tutela del diritto di difesa e della


presunzione di innocenza;

divieto di analogia: in mancanza di unespressa disposizione legislativa, non possibile


ricavare la regolamentazione di un caso non regolato da quella prevista per un caso
simile.

LE CLASSI PERICOLOSE
Nel XIX sec. prevaleva la convinzione che la criminalit fosse una prerogativa delle classi pi
povere. A fronte dellimponente immigrazione di masse di proletari dalla campagna alla citt,
costrette a vivere al limite della sopravvivenza, prende piede uninterpretazione dei fenomeni
criminosi come causati direttamente dalla povert.
In effetti, le statistiche indicavano che la maggior parte dei criminali proveniva proprio dalle
fasce di popolazione pi misera (sorta di umanit degradata, incline ai comportamenti pi
riprovevoli). Questa posizione si ricollegava allideologia borghese dellattivismo e della volont
di successo dei singoli, strettamente connessa ad una economia liberista sfrenata. Secondo
questa ideologia, a chiunque fosse dotato di ambizione e volont di fare erano aperte le
strade del successo, mentre restare poveri risultava eticamente e socialmente squalificante.
Tale concezione, raggiunger il suo apice negli Usa degli anni ruggenti, con il concetto di self
made man.
In questa direzione si muovono anche le idee del darwinismo sociale, secondo cui le teorie
evolutive di Darwin sarebbero applicabili anche al contesto sociale (selezione naturale: le
classi pi deboli soccombono nella lotta per la vita).
Soltanto un secolo dopo si preso coscienza di come questa situazione fosse dovuta, oltre alle
misere condizioni, anche ad un altro fattore, ossia la quasi totale immunit dei reati commessi

dalle classi abbienti (numero oscuro). Meriti: diffusione di nuove metodologie di ricerca, con
le indagini sul campo condotte nei quartieri urbani pi miseri; individuazione, per la prima
volta, delle correlazioni tra depressioni socio-ambientali e criminalit (anche se si trattava di
una valutazione unicausale).
A fianco di questa visione colpevolizzante del povero, contestualmente si sviluppa un filone
cristiano filantropico. Nascono le prime istituzioni di soccorso per i carcerati, per i dimessi e
per le loro famiglie (prime associazioni, primi laboratori primi trattamenti differenziati ed
esperienze di probation).
Filantropismo -> filone ideologico cristiano e filantropico sorto nel XIX secolo improntato a
principi di umana carit e di aiuto nei confronti dei bisognosi e dei traviata che segn una
nuova modalit di intervento nei confronti dei delinquenti. Era pur sempre una concezione
moralisticacome quella che informava il principio dellemenda della scuola Classica: soltanto
che mentre per questultima la redazione doveva essere il frutto della pena severa e affittiva,

questi diritti alternativi miravano ad ottenere il medesimo risultato con lassistenzialismo


umanitario. Nacquero in quellepoca le prime istituzioni di soccorso per i carcerati, per i
dimessi dal carcere e per le loro famiglie; nuovo concetto di delinquente: persona bisognosa
di aiuto per riuscire a reinserirsi nella societ.
Allindirizzo incentrato sul concetto di classi pericolose, sono da riconoscere due aspetti
positivi: da un lato ha dato avvio a nuove metodologie di ricerca con indagini sul campo
condotte nei quartieri pi miseri dei centri urbani, osservando e descrivendo quelle peculiari
sottoculture; dallaltro di aver per la prima volta messo in tutta evidenza le correlazioni tra
depressione socio-ambientale e condotta criminale.
Primi studi sociologici sul crimine

Il reato viene ad assumere anche un significato correlato alla societ e non pi solamente
quello di espressione della colpevole volont del singolo individuo.
Con Durkheim, anche il delitto costituisce un fenomeno generale di ogni societ, una sua parte
integrante e non pi un occasionale aberrazione di certi individui; pertanto, pur modificabile al
mutare del contesto sociale, il delitto non poteva essere eliminato.
Tarde, con i suoi studi di archeologia criminale, rileva l aumento della criminalit quale prezzo
da pagare al maggior benessere: la rivoluzione industriale ha, infatti, portato con s instabilit
sociale e frustrazione (squilibrio tra mete e aspirazioni). Secondo altri sociologi dell
epoca,landamento delle attivit criminose sarebbe stato direttamente proporzionale alle
attivit sociali legittime e produttive.
Tutto ci metteva in crisi le teorie della scuola classica che considerava il reato come
unastratta entit di diritto. Il reato non veniva pi visto come fatto isolato, come
espressione di una condizione individuale, ma come comportamento inserito in un contesto
sociale e, da questo, in qualche modo condizionato. Lo studio delle costanti e delle
regolarit statistiche del reato comportava anche la possibilit di prevederli, almeno a livello
di grandi numeri. Potr prevedersi quanti saranno i soggetti che commetteranno un reato, le
loro caratteristiche sociali, le influenze che lambiente e la societ avr sul crimine. Tutto ci
porta ad una visione deterministica del reato.
Determinismo biologico -> Molte delle teorie di Lombroso, fondatore dellAntropologia
criminale, sono state fortemente contestate ed oggi appaiono scientificamente prive di valore.

Ci nonostante, egli ha avuto il merito: di aver per primo utilizzato i metodi della ricerca
biologica per lo studio del singolo criminale; di aver fatto convergere linteresse delle scienze
penalistiche sulla personalit del delinquente; di aver stimolato la diffusione degli studi sui
problemi della criminalit.
Il delitto rappresentava un evento legato a qualcosa di patologico o di ancestrale che alcuni
uomini presentavano quale loro specifica caratteristica. Quindi, i criminali erano predestinati
al delitto. Da questa concezioni nascono due teorie fondamentali:
1) Teoria del DELINQUENTE NATO: il criminale possiede innate disposizioni che,
indipendentemente dalle condizioni ambientali, lo rendono inevitabilmente antisociale.

2) Teoria del DELINQUENTE ATAVICO: criminale quale anello dellevoluzione


antecedente al livello normale della popolazione, regressione o fissazione ad un livello
primordiale di sviluppo.
Si sviluppa un approccio medico terapeutic ->: reato come malattia da combattere,
deresponsabilizzazione del reo (non imputabile per le sue anomalie biologiche) e della societ.

La scuola positiva

Massimi esponenti: Ferri e Garofano. Prende spunto dalle teorie lombrosiane, fedele al
metodo empirico e induttivo caratteristico delle scienze naturali e sociali, avanzando riserve
sul principio del libero arbitrio e della responsabilit.
Fondamentali influenze sulla criminologia e sullevoluzione del diritto penale, anche in altri
paesi europei: ha polarizzato linteresse sulla personalit del criminale, piuttosto che
sullevento (ricerca cause individuali); prime scuole criminologiche attraverso lapproccio
scientifico. Linfluenza del pensiero positivistico ha portato allintroduzione, in molti sistemi
giuridici, del pensiero secondo il quale, nellirrogare le sanzioni penali, occorreva tener conto
oltre che della gravit del fatto anche della potenzialit criminale del reo. Questo ha dato
luogo alla prevenzione speciale, che viene attuata attraverso due metodi:
-

sistema del doppio binario (presente nel codice penale italiano risalente al 1930)
dispone, al fianco delle pene tradizionali fissate in relazione allentit del reato, le
misure di sicurezza indeterminate nel tempo per i delinquenti ritenuti socialmente
pericolosi;

la pena indeterminata applicata fino a quando il delinquente non sia ritenuto


socialmente reinserito.

Le critiche mossa a questa scuola furono la cieca fiducia nelle scienze delluomo, la fallacia
delle previsioni della condotta futura.
Tale Scuola ha, quindi, avuto il merito di spingere il pensiero penale moderno verso
lindividualizzazione della sanzione e del trattamento.
Si forma un vero e proprio programma di politica penale:
-finalit sanzione penale: neutralizzazione e rieducazione del criminale;
-pericolosit sociale (attuale/potenziale) del criminale quale fondamento della sanzione;
-pene prefissate per gravit e durata/misure di difesa sociale indeterminate.
Individualizzazione della sanzione e trattamento individualizzato del delinquente.

TEORIE DELLE AREE CRIMINALI

Scuola di Chicago
Nella prima met del XX sec. negli USA si sviluppa la sociologia criminale. La Scuola di
Chicago inizialmente rivolta allo studio della criminalit urbana, si indirizza poi anche verso la
delinquenza giovanile. I primi studi, partiti appunto da Chicago, furono poi confermati da
analoghi riscontri in quasi tutte le grandi citt. Secondo questa teoria, pertanto, l ambiente di

vita il fattore pi importante nella genesi della criminalit, almeno nelle modalit pi
squalificate e povere di delinquenza comune, anche se ovvia limportanza di altri fattori,
posto che non tutti coloro che vi risiedono commettono reati e che molti delinquenti di buon
livello economico risiedono anche in quartieri urbani normali. Le aree criminali sono zone delle
citt dalle quali proviene e nelle quali risiede la maggior parte della criminalit comune
(presenti in qualsiasi grande agglomerato urbano). Le caratteristiche di queste aree sono delle
condizioni socio-economiche particolarmente disagiate (sottoproletariato pi depresso).
Tali aree continuano, comunque, ad esistere anche oggi.
Tale teoria, tuttavia, non consente di spiegare fenomeni generali, quale il dilagare della
criminalit in ogni ambiente, analizzando efficacemente soltanto la criminalit povera, da
strada -> lambiente di vita il fattore pi importante nella genesi della criminalit.

Teoria della disorganizzazione sociale

Si tratta di molteplici studi sociologici che hanno posto laccento sulle dinamiche
profondamente trasformative prodotte dalla rivoluzione industriale nella struttura sociale.
Tale orientamento, iniziato in Europa, si poi largamente sviluppato negli Stati Uniti.
Secondo queste teorie, il singolo individuo, vivendo in una struttura sociale instabile, tende a
disorganizzare anche la propria condotta. Sono pi esposti al rischio di criminalizzazione quei
gruppi che hanno subito in modo pi acuto e violento il mutamento delle condizioni sociali, e
quindi sono pi disorganizzate le aree urbane in cui questi soggetti vivono e dove quindi i tassi
di criminalit saranno pi alti.
Secondo alcuni autori, come Sutherland (1940 - disorganizzazione sociale quale conseguenza
di contraddizioni normative. Il conflitto di norme riduce lefficacia del controllo sulla
condotta dei singoli) e Johnson (1960 - individua particolari circostanze che possono produrre
un conflitto di norme: socializzazione difettosa o mancante; sanzioni deboli e insufficiente

intimidazione punitiva per determinati reati; inefficienza o corruzione dellapparato


giudiziario), la presenza di norme contrastanti e contraddittorie indebolirebbe lefficacia
stessa delle leggi, rendendo pi probabile la loro violazione e quindi la disorganizzazione
sociale. Il nucleo originario di questa teoria il mutamento ed linstabilit provocati dalla
industrializzazione e da tutti i fenomeni ad essa collegati (urbanizzazione, emigrazione, crisi
della famiglia, ecc.).

Disorganizzazione: questa produce la perdita di efficacia da parte degli abituali


strumenti di controllo sociale (inidoneit della societ a fornire valori stabili, punti di
certezza).

Vi una relazione tra disorganizzazione sociale e irregolare condotta dei suoi membri.

Teoria dei conflitti culturali Stellin

una teoria che nasce dallosservazione dei processi migratori dallEuropa verso USA (193040). C un contrasto tra i valori normativi dellimmigrante e quelli della societ ospitante
(partecipazione a due sistemi culturali differenti) -> questa la fondamentale

causa di

disadattamento (malattia mentale, criminalit). Perdono di efficacia gli abituali sistemi di

controllo sociale.
Questa teoria, al di l delle situazioni connesse allimmigrazione da cui prende spunto, pu
essere per estensione utilizzata per mettere in luce il fatto che i fattori culturali

intervengono, generando conflitto, non solo quando sono in gioco diversi sistemi culturali
globali, ma anche quando si tratta di meccanismi di conflitto secondario che possono sorgere
anche indipendentemente dallimmigrazione (emarginazione, derisione ecc.). Tali conflitti si
traducono ugualmente in fattori di insicurezza ed ansiet. Teoria valida soprattutto per la
seconda generazione: per i figli degli immigrati (perdita cultura originaria e mancata
assimilazione della nuova cultura del paese ospitante). Si vengono a creare due tipi di conflitti:
primari (risultanti dal disagio e dalle incertezze che il singolo vive dentro di s per lattrito
diretto tra i diversi sistemi culturali) e secondari (dovuti alla discriminazione e al rigetto da
parte della societ ospitante). La condotta integrata il risultato della sintonia fra i valori
del gruppo di appartenenza e quelli di cui la legge espressione. Questi conflitti si verificano
anche quando i valori generali e tradizionali perdono significato o non sono pi di comune
accettazione.
Anche i periodi di rinnovamento culturale possono essere di per s causa di devianza e
criminalit.

Struttural-funzionlismo e teoria della devianza


Il concetto di devianza (mancata osservanza delle regole normative e sociali affermate del
sistema vigente) ha visto linizio della sua fortuna nellambito di una scuola sorta negli USA
negli anni 30: lo struttural-funzionalismo. Premesso che per struttura si intendono tutti i
rapporti esistenti fra le persone allinterno di una data societ, laspetto funzionale
rappresentato dalla necessit per la sopravvivenza di ogni sistema sociale che la struttura
consenta di prseguire lo scopo fondamentale che il sistema si propone , e che costituito dalla

integrazione dei singoli attori sociali, cos da assicurare il mantenimento, la stabilit e la


coerenza del sistema stesso. Secondo questa teoria i soggetti che agiscono nella societ
(attori sociali) regolano il comportamento fra le persone e i gruppi in funzione di un complesso
sistema di norme che vengono fatte proprie da ciascuno: il comportamento sociale, in funzione
della osservanza o della non osservanza delle norme, si viene a collocare fra le due opposte
alternative della conformit o della devianza.
-> CONFORMITA lo stile di vita che orientato e coerente con linsieme delle norme:
conforme una condotta che rientra nella gamma dei comportamenti permessi e generalmente
accettati. Non un modo di comportarsi casuale nella sfera delle azioni permesse, ma una
scelta psicologizzata che entra a far parte della personalit del singolo; esiste una precisa

consapevolezza che rende ciascuno costantemente informato della conformit o non


conformit della sua condotta (questa coscienza frutto dei processi di socializzazione e,
lessere conformi il risultato di una socializzazione ben riuscita). Il rafforzamento e il
mantenimento della conformit poi favorito dai sistemi di controllo sociale; quindi, nella
genesi del comportamento conforme, si possono distinguere: il momento dellapprendimento

delle norme (si realizza tramite i processi di socializzazione) e la fase del mantenimento e del
rinforzo dellapprendimento normativo (ottenuta tramite gli strumenti del controllo sociale).
-> DEVIANZA concetto pi ampio di delinquenza perch ricomprende sia le condotte che
violano le norme penali, cio i delitti, sia quelle contrarie alle semplici regole sociali
generalmente accettate. Vi devianza quando la violazione frutto di una precisa scelta e non
accidentale e solo quando la violazione riguarda una norma verso la quale lattore orientato:
cio quando la norma non abbia perduto di significativit -> vi devianza quando esiste un
atteggiamento oppositivo nei confronti di una norma che mantiene la sua pregnanza.
LANOMIA -> intesa da Merton, come sproporzione tra mete culturali e mezzi legittimi per

il conseguimento di queste ultime. Le societ moderne pongono mete alla portata


esclusivamente di minoranza economicamente e socialmente privilegiate, le uniche in grado di
assumere latteggiamento di conformit. Lanomia intesa come conseguenza di unincongruit
fra le mete proposte dalla societ e la reale possibilit di conseguirle. Le mete sociali possono
intendersi come le prospettive e gli obiettivi primari posti dalla societ verso cui devono
tendere le aspirazione e gli sforzi di tutti. In alcune organizzazioni sociali non esiste un
equilibrio fra le mete proposte e i mezzi legittimi per conseguirle, in questo modo a
determinati strati della popolazione assolutamente privati dei mezzi necessari impedito il
raggiungimento degli obiettivi sociali. Questo mancato soddisfacimento provoca un alto tasso
di frustrazione che la prima spinta al comportamento aggressivo antisociale, cossich buona
parte degli individui sfavoriti non avr remore ad utilizzare mezzi legali per raggiungere le
mete che la societ stessa gli ha proposto. In questo caso le regole che sanciscono qali mezzi
legittimo e socialmente approvato raggiungere le mete perdono di credibilit poich con quei
mezzi non possibile a tutti perseguire quelle mete -> trasgressione delle norme che provoca
un alto tasso di devianza. Per gli altri ladattamento potr assumere forme alternative,
sintetizzabili in quattro tipi di devianza:

innovazione -> quando si perseguono mete culturali anche a discapito di mezzi legittimi
(es. delitti dei colletti bianchi);

ritualismo -> abbandono delle mete del successo conseguente allaccetazione dei soli
mezzi legittimi;

rinunzia -> rifiuto sia dei mezzi che delle mete;

ribellione-> sostituzione delle mete poste dalla cultura dominante e dei relativi mezzi
di conseguimento con valori nuovi.

Teoria delle associazioni differenziali

Elaborata da Sutherland; il suo carattere distintivo fu il principio che il comportamento

delinquenziale appreso: poco conterebbe pertanto nel divenire delinquenti la psicologia dei
singoli individui. La delinquenza non viene appresa per semplice imitazione, bens mediante
lassociazione interpersonale con altri individui che gi si comportano da delinquenti.
Lapprendimento della condotta criminosa in relazione con i tipi di persone con le quali si
viene a contatto con il tipo dei loro valori, mediante un processo di comunicazione analogo a
quello tramite il quale si apprendono il rispetto delle regole legali. Il termine associazioni non
deve essere inteso nel senso giuridico, ma come semplice partecipazione a certi gruppi sociali
differenti dagli altri per la loro abituale indifferenza nei confronti della legge. Questa
teoria stata proposta come capace di spiegare tutti i tipi di condotta criminosa e del
perch, a parit di condizioni economiche, certi soggetti si volgono al delitto e altre no. Ci
dipenderebbe da fattori di priorit, di frequenza, di durata e di intensit dei contatti
interpersonali con associazioni in cui si valuta positivamente o negativamente la violazione
della legge. lincasualit

di questa teoria fu ritenuta inizialmente un pregio, ma

successivamente criticata perch incapace di spiegare le origini della criminalit che deve
esistere prima di essere appresa dagli altri.
Sutherland, inoltre, ha indirizzato i suoi studi verso un settore che, fino ad allora, era statao
trascurato:la criminalit dei colletti bianchi -> reati che vengono compiuti dai dirigenti delle
imprese industriali, finanziarie, commerciali e di professionisti, settore di delinquenza che
era stato fino ad allora ignorato. I criminologi si erano prima di allora occupati di reati che
venivano commessi dagli appartenenti alle classi pi povere avallando una generale convinzione
di una esclusiva e diretta relazione fra delinquenza e pauperismo. Sutherland inquadr i

risultati dei suoi studi nella sua teoria delle associazioni differenziali, includendo fra queste
ultime non solo quelle della delinquenza comune, ma anche certi ambienti professionistici e
imprenditoriali, nei quali prevalevano le definizioni favorevoli alla violazione della legge. Da qui
la facilitazione allapprendimento dei loro particolari reati e a compierli senza grandi
resistenze, essendo in quegli ambienti divenuta prassi frequente. Essi comprendono evasioni
fiscali, frodi nei bilanci, illeciti nei commerci, pubblicit fraudolentaecc. Limportanza storica
degli studi compiuti da Shuterland insita nel fatto che questi studi aprirono la strada alla
questione del numero oscuro. Le cara
tteristiche di questa delinquenza sono:

Si realizza negli stessi ambienti ove si producono beni e servizi ed strettamente


connessa ai processi stessi di produzione;

Non parassitaria come quella della delinquenza comune o di quella organizzata, che si
procurano ricchezze con i reati ma senza produrre alcun legittimo beneficio;

Il loro indice di occultamento molto elevato essendo facilmente mascherabili per la


loro natura di difficile e indaginosa identificazione;

Gli autori di questi delitti godono di un elevato tasso di impunit, perch coprono
posizioni influenti e godono di connivenze con aree del potere politico e talora di quello
giudiziario;

Minore la reazione sociale di censura nei loro confronti come traspare dalluso
dellaggettivo disonesto anzich criminale;

Per chi compie questi delitti perdono di significato tutti quei fattori di anomalia della
personalit e di sfavore sociale;

Infine per configurare questa delinquenza fondamentale la tipologia dei reati


connessi, alle attivit di produzione di beni o servizi: non vi rientra il professionista o il
venditore che uccide lamante.
Teorie della sottocultura giovanile

La cultura consiste in modelli astratti di valori morali e di norme riguardanti il


comportamento, che vengono appresi direttamente o indirettamente nellinterazione sociale,
in quanto sono parte dellorientamento comune della maggior parte delle persone. Al concetto
di cultura si associa strettamente quello di gruppo, nella societ esistono tante culture quanti

sono i gruppi che in essa agiscono, intendendosi per gruppi le associazioni di individui
caratterizzati da una comune cooperazione e dal senso di appartenenza al gruppo. Si parla di
sottogruppo e conseguentemente di sottocultura in riferimento a certi gruppi etnici che
hanno valori e norme loro propri diversi da quelli della cultura comune: cos si parler di
sottocultura degli zingari, degli alcolisti, dei drogatiecc. per sottocultura delinquenziale si
intende quella di un sottogruppo che ha una sua particolare visione normativa in contrasto con
ci che la cultura generale considera come illegale. pertanto quella di un sottogruppo che,
pur avendo molti valori normativi comuni con gli altri gruppi, se ne diversifica per quanto
attiene a certi comportamenti inibiti dalla legge: concetto che si ricollega a quello di
associazione differenziale coniato da Shuterland. Si collocano in questa prospettiva
sottoculturale le due teorie sociologiche che hanno mirato a illuminare le ragioni che
favoriscono la confluenza verso le sottoculture criminose dei giovani delle classi pi disagiate.
La teoria della cultura delle bande criminali di A. K. Cohen del 1955, e fornisce una chiave
esplicativa indirizzata ad identificare le dinamiche che portano alla delinquenza nelle grandi
citt i giovani delle classi pi sfavorite. Questa sottocultura delinquenziale dei giovani di
bassa estrazione sociale nasce dal conflitto con la cultura della classe media, che rappresenta
i valori pi diffusi, ma dalla quale essi si sentono estranei ed estraniati. Per superare il
conflitto interiore derivante da uno stile di vita contrario al comune sistema normativo, i
giovani che si sono andati inserendo nella sottocultura criminale metterebbero
collettivamente in atto il meccanismo della formazione reattiva: ci implica la sostituzione
nella coscienza di un sentimento che provoca angoscia con il suo contrario. Le azioni di questi
ragazzi appaiono infatti spesso del tutto gratuite, vandaliche, crudeli ed esclusivamente
motivate dal desiderio di provocazione e di arrecare offesa e ingiuria al prossimo. la condotta
delinquenziale in grado di offrire a questi ragazzi una soluzione alternativa, anche se
legittima, per il conseguimento del successo , dei beni materiali, del prestigio e dei vari status
symbol. La teoria di Cohen rende conto di come la maggior parte dei delinquenti abituali
provenga prevalentemente da strati sociali sfavoriti e di come buona parte di essi sia
insediata in certi quartieri delle grandi citt.
La teoria delle bande giovanili di R. A. Clowarde e L. E. Ohlin (1960) ha ulteriormente
approfondito lanalisi e le dinamiche della delinquenza urbana dei pi giovani e le sue
caratteristiche sottoculturali: i giovani finiscono per gravitare nella sottocultura dei

delinquenti abituali nel momento in cui scoprono di non poter raggiungere il successo sociale
mantenendosi conformi alle norme legali; in pi questi autori mettono in luce altre
caratteristiche delle gangs dei giovani nelle grandi citt. Ceto, razza, classe sociale, nazione
di provenienza e via dicendo, limitano in concreto le opportunit daccesso alle mete pi
prestigiose di affermazione economica e di status, e favoriscono la confluenza verso le
sottoculture di banda. Le bande giovanili si originano dal bisogno di aggregazione tra soggetti
socialmente sfavoriti con analoghi problemi di adattamento, e possono assumere tre
differenti forme, in ragione di differenti circostanze e occasioni, che favoriscono
rispettivamente lo sbocco nella delinquenza comune, o nelluso della violenza, overonel consumo
di stupefacenti:
-

le bande criminali in senso stretto sono formate da giovani dediti inizialmente alle pi
comuni attivit appropriative illeciti quale furto, borseggio, rapina, e che poi, con
linserimento nella sottocultura della delinquenza abituale, amplificano e perfezionano
la loro attivit criminosa con lestorsione, racket ecc.

le bande conflittuali

sono invece dedite alla violenza ed al vandalismo sistematico

(tipico il danneggiamento delle auto e dei negozi di lusso), senza finalit


primariamente appropriative o lucrative, manifestando unaggressione violenta nei
confronti del

sistema:

con

lassociazione

in

queste bande infatti

giovani

esprimerebbero una ribellione nei confronti degli emblemi e delle mete che la societ
borghese propone.
-

Le bande astensionistiche , infine, sono composte da quei giovani nei quali la


frustrazione ha provocato una fuga che esprime il rifiuto globale della cultura stessa,
dalla quale cercano di evadere mediante labuso di droghe e di alcol.

La teoria di Cohen e quella di Cloward e Ohlin cadono facilmente in un approccio che risulta
rigidamente deterministico; finiscono con il lasciare limpressione che i giovani provenienti
da certi gruppi siano quasi fatalmente destinati alla delinquenza: il che pu essere in parte
vero, ma non certo in modo cos generalizzato e meccanicistico, come quesi autori lasciano
intendere.

TEORIA DELL' ETICHETTAMENTO

Secondo questa teoria vi una visione della societ le cui norme non sono in realt condivise
dalla maggioranza dei consociati, con la conseguente conflittualit tra le classi detentrici del
potere.
Aspetti caratterizzanti di questo indirizzo:

Visione rigida e dicotomica delle classi sociali

non univoca accettazione delle norme da parte dei consociati

valorizzazione del concetto di REAZIONE SOCIALE (risposta della cultura dominante


ai comportamenti devianti)

recupero dell' INTERAZIONISMO SIMBOLICO: riconoscimento dell'importanza nei


rapporti sociali delle interrelazioni fra i vari attori sociali

devianza e criminalit vengono viste come operazioni fatte a livello sociale, quale mero
frutto di un etichettamento negativo della societ (operazioni di etichettamento
compiuto dalle societ) la societ qualifica e crea la devianza

DEVIANTE: tale non perch commette certe azioni, ma perch la societ qualifica deviante
chi le compie. la societ stessa che crea la devianza: utile e necessaria per definire il
confine della conformit, modello negativo da cui differenziarsi.
Il deviante viene visto come CAPRO ESPIATORIO, contro cui polarizzare l'emotivit e lo
sdegno verso il crimine.
STEREOTIPO DEL CRIMINALE (STIGMA) criminali sono coloro che commettono certi reati
(criminalit abituale e convenzionale...) discriminazione a vari livelli.
CONSOLIDAMENTO DELLA DEVIANZA attraverso una serie di fattori; una condotta
suscita una reazione che diviene pi intesa e stigmatizzata al suo ripetersi; il deviante tende a
stabilizzare la sua condotta in una carriera deviante assumendo un ruolo deviante (io deviante)
e riconoscendosi in esso. Deviante un soggetto a cui l'etichetta stata applicata con
successo.
DUE TIPOLOGIE DI DEVIANZA
~

Primaria: condotta deviante iniziale, possibilit nella conformit (no ruolo


deviante);

Secondaria: effetto della reazione sociale, il soggetto si percepisce come


deviante (fissazione in tale ruolo, difficile recupero della conformit, il

soggetto si adegua a quelle cui sono le aspettative della societ nei suoi
confronti)
E' per fondamentale non confondere la criminalit ( condotte che sono infrazioni di precise
norme codificate) con la devianza (inosservanza di norme del costume, che sono solo
eticamente censurabili).
Inoltre la teoria dell'etichettamento applicabile solo in relazione alla devianza non
criminosa, ovvero per la delinquenza di poco conto.
Infine questa teoria risulta DETERMINISTICA (la persona che ha subito lo stigma
sembrerebbe

non

potersi

sottrarre

ad

un

destino

delinquenziale)

DERESPONSABILIZZANTE (equiparando delinquenti e devianti si finisce per attenuare la


colpevolezza dei primi).

LA DEVIANZA SECONDO MATZA

Non esiste una netta scissione tra i valori accettati e quelli di coloro che delinquono. Il mondo
dei poveri non completamente avulso dalle richieste di conformit espresse dall'ordine
sociale dominante.
DELINQUENZA: non deriva dall'apprendimento di imperativi o di valori devianti, ma il
risultato dell'acquisizione di tecniche psicologiche di razionalizzazione di auto-giustificazioni
cosiddette di neutralizzazione( dal conflitto con la morale sociale).

LE 5 TECNICHE DI NEUTRALIZZAZIONE ( tramite un processo di razionalizzazione il


soggetto si esprime in senso deviante giungendo all'infrazione normativa neutralizzando il
conflitto con la morale sciale)
-

la negazione della propria responsabilit: il soggetto si percepisce come agito,


trascinato nelle situazioni;

la minimizzazione del danno: il soggetto considera il suo comportamento come vietato


ma non immorale, valuta la gravit in base al danno subito dalla vittima (ridefinizione
della condotta);

la negazione della vittima: il soggetto, pur ammettendo la sua colpa, ritiene che non si
tratti di un'ingiustizia perch la vittima meritava il trattamento subito (si ritiene un
giustiziere);

la condanna di coloro che condannano: il soggetto condanna chi disapprova la sua


condotta (la polizia corrotta, i giudici sono parziali..);

il richiamo ad ideali pi alti: sacrifica le istanze generali della societ a vantaggio di


ideali eticamente superiori (quelli degli amici, del gruppo di appartenenza...).

DETERMINISMO DEBOLE: il soggetto in una situazione di limbo tra conformit e devianza


e reagisce, di volta in volta, alle richieste dell'una o dell'altra senza mai scegliere
definitivamente. una critica al forte determinismo precedente da parte di Matza.

PSICOLOGIA E CRIMINALITA'
Approccio individualistico: studio dei fattori individuali che rendono diversa la risposta
comportamentale dei singoli agli stimoli della societ.

Componenti di vulnerabilit individuale: tutti quei fattori, diversi da persona a persona,


che spiegano la maggior fragilit o l'elettiva propensione a comportarsi, a parit di
condizioni micro e macro sociali, in modo diverso (deviante o non deviante) dinnanzi alle
sollecitazioni della societ.

Correlazione tra individuo e ambiente: rapporto inversamente proporzionali fra le


componenti di vulnerabilit individuale e i fattori ambientali.

Comportamento o condotta: complesso coerente di atteggiamenti che il singolo


soggetto assume in funzione delle modificazioni, ma anche in relazione a determinate
sollecitazioni o condizioni provenienti dall'ambiente sociale.

ATTIVITA' PSICHICA, 3 ASPETTI


3. sfera cognitiva ( conoscenza, intelligenza e pensiero). La conoscenza l'insieme
delle funzioni che consentono all'individuo di essere informato sulla realt;
pensiero l'organizzazione di processi mentali di carattere simbolico che si
concretizza nelle idee; intelligenza l'insieme delle conoscenze acquisite che
vengono utilizzate, oltre che
relazionale.

a livello logico-razionale, per agire nella vita

4. sfera affettiva (umore, sentimenti). L'umore inteso come il variare


dell'emotivit nelle varie sfumature che vanno dalla tristezza alla gioia; i
sentimenti sono invece espressioni pi elaborate della vita affettiva. Le
emozioni sono sentimenti che si manifestano con un'intensit particolarmente
rilevante.
5. sfera volitiva (azione compiuta per determinati fini). Alla base del volere
esistono sia motivi consapevoli sia motivazioni profonde e inconscie.

altri aspetti che influenzano l'attivit psichica sono:

PERSONALITA': complesso delle caratteristiche di ciascun individuo che si


manifestano nel suo vivere sociale, risultante delle interrelazioni del soggetto con i
gruppi e con l'ambiente

TEMPERAMENTO: disposizioni e tendenze peculiari di ogni individuo ad agire nel


mondo , a reagire all'ambiente e ad atteggiarsi nei ruoli ( POTENZIALITA')

CARATTERE: risultato dell'interazione tra temperamento e ambiente (componente


dinamica che si modifica con il tempo).

LE TEORIE DELLA PSICANALISI


La psicanalisi (Freud)
Si fonda sull'osservazione clinica dell'individuo.
Obiettivo: fornire un paradigma interpretativo della struttura psicologica e dei meccanismi
dinamici agenti nell'uomo. Abbiamo due concetti fondamentali:

CONCETTO DI INCONSCIO (per la prima volta);

VISIONE DINAMICA DELLA PSICHE.

Inconscio: forze psichiche profonde, prima riconosciute, adeguate collegate ai pensieri, alle
scelte ed ai bisogni coscienti dell'uomo.
IL PENSIERO PSICANALITICO DI FREUD
Freud individua tre istanze fondamentali nella personalit (3 momenti dell'attivit psichica,
interazione dinamica tra ES, IO e SUPER-IO).
-ES (componente biologica): livellooriginario, nucleo primitivo composto da tutti ifattori
psicologici ereditari presenti nella societ (istinti, impulsi, passioni, idee e sentimenti rimossi).

il serbatoio dell'energia psichica, tutto ci che vi contenuto inconscio. Al suo


internoesistono due istinti contrapposti:
- istinto di vita
- istinto di morte (Tanatos).
Essi producono uno stato di tensione superabile attraverso il principio del piacere
(soddisfacimento delle passioni). Tendenza all'immediato soddisfacimento.
-IO (componente psicologica della personalit): parte conscia della personalit che si sviluppa
in conseguenza dei bisogni dell'individuo che richiedono rapporti adeguati con il mondo
oggettivo della realt; distingue i contenuti mentali dalla realt del mondo esterno. Opera in
funzione del PRINCIPIO DI REALTA' attraverso l'esame della realt: valuta le possibilit
offerte dal mondo esterno e programma il sodddisfacimento dilazionato delle pulsioni fino a
quando non sia a disposizione l'oggetto richiesto o le opportunit per ridurre la tensione.
Agisce nel reale, la componente esecutiva della personalit.
-SUPER-IO (componente sociale e morale): rappresentante interiore dei valori etici e delle
norme sociali (appresi durante l'infanzia). Ha la funzione di ARBITRO morale interno della
condotta ( approva\disapprova il comportamento dell'uomo facendole sentire orgoglioso di se
e in colpa), il "dover essere". Controlla che la condotta sia conforme alle regole,

eper

ottenere ci deve inibire gli impulsi dell' ES (di norma apprensiva e sensuale).
CONCEZIONE DINAMICA DELLA PERSONALITA'
continuit di meccanismi interiori; reciproca azione di forza impulsiva (cariche) e di forze
costrittive (controcariche) al cui reciproco confronto compensazione e armonia deriva
l'equilibrio dell'individuo.
ANGOSCIA
Esiste quando non c' l'equilibrio. l'espressione di una non realizzata soluzione del conflitto
fra le istanze interiori e fra l'individuo e la'ambiente. Freud ne distingue tre tipi:
4. ansia reale (timore di un pericolo reale)
5. ansia sociale (timore della riprovazione degli altri)
6. ansia nevrotica (timore del super-io, mancata armonizzazione fra cosienza e
pulsioni). la pi percolosa.
I meccanismi che consentono all'io di ristabilire l'equilibrio venuto a mancare (evitando il
pericolo di nevrosi e psicosi) sono i meccanismi di difesa dell'io:

rimozione

dislocazione

sublimazione

prevenzione

formazione reattiva ( quando si carica nei confronti esterni il proprio stato


d'animo)

repressione (i bambini che durante lo sviluppo regrediscono ad uno stato


inferiore di sviluppo)

identificazione.

Freud, Alexander, Straub ci danno un'idea dell'approccio individualistico.


PSICANALISI E CRIMINALITA'
Utilizzo della chiave di lettura della psicanalisi anche per alcuni aspetti della criminogenesi
(pluralit si prospettive)
VISIONE DETERMINISTICA: uomo antisociale per natura (socializzazione quale processo
secondario solo per paura al fine di evitare l'angoscia indotta dalla riprovazione del super-io).
Assenza di libet dell'uomo di fronte alle pulsioni e alla severit del super-io.
VISIONE MENO RIGIDA: maggiore autonomia dell'io. Possibilit di scelta perch provvisto
di energia, motivi e obiettivi (no meccanicismo).
Alexander e Straub (1929) definiscono la condotta criminosa come effetto di divisione di
diverse modalit di svincolo dal controllo del super-io (controllo ridotto, fino ad abolirsi). Si
possono avere differenti situazioni:

la normalit (pieno controllo del super-io sull'es)

la delinquenza fantasma (ancora pieno controllo, antisocialit solo sul piano della
fantasia)

la delinquenza colposa ( per negligenza, imprudenza e imperizia, il super-io impedisce


l'intenzionalit)

la delinquenza nevrotica ( la condotta criminale sintomo di un profondo conflitto


psichico, strumento per eliminare questa situazione)

la delinquenza occasionale e affettiva (momentaneo slivellamento del controllo del


super-io dovuto a circostanze occasionali)

la dlinquenza normale (ultimo stadio ove il controllo del super-io cessa completamente e
sia l'io che l'es possono realizzare senza ostacoli le pulsioni antisociali)

L'adeguamento alla vita sociale quindi connesso all'efficienza del super-io, che pu essere:
-

anomalo (struttura superequivoca antisociale)

debole ( non in grado di guidare la condotta)

assente (inadempimento globale alla vita sociale)

Altri contributi alla psicanalisi all'analisi di criminogenesi e criminodinamica:

famiglia e super-io: la struttura del super-io pu essere compromesssa dai disturbi nel
rapporto con le figure parentali, primo nucleo attorno a cui si forma (genitori assenti,
deboli, iperprotettivi, indifferenti...)

Freud ha elaborato 1 solo tipo di delinquenza, quello per senso di colpa: cio chi commette
reati per essere punito e soddisfare un bisogno di inconscio di espiazione ( il senso di colpa
precede l'azione delittuosa anzich seguirla).
Limputabilit.
Una classificazione fondamentale per il diritto penale, di particolare rilevanza anche
filosofica, criminologica e psichiatrico-forense, costituita dalla distinzione codicistica tra
soggetti imputabili e non imputabili: solo per i primi prevista una pena, mentre chi
riconosciuto non imputabile non pu esservi sottoposto.
La questione, come si diceva, trae origine da una questione filosofica fondamentale, che ha a
che fare con la libert di scelta e, conseguentemente, con la responsabilit.
Lipotesi della libert di scelta costituisce il presupposto logico dello stesso diritto penale:
ammettere la pena significa riconoscere una responsabilit, che a sua volta postula la libert
di scelta del soggetto.
Questo, in sostanza, il pensiero espresso dallart. 85 c.p. (Capacit di intendere e di volere).

Nessuno pu essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in
cui lo ha commesso, non era imputabile.
E imputabile chi ha la capacit di intendere e di volere.
Limputabilit costituisce dunque il presupposto della responsabilit per la pena.
Limputabilit, o capacit di diritto penale, una condizione psichica, nella quale si deve
trovare alcuno per poter essere sottoposto alla sanzione penale.

E un requisito individuale legato al possesso della capacit di intendere e di volere, che per
convenzione, come vedremo, si presume acquisito con il compimento del quattordicesimo anno
di et, a meno che non ricorrano delle specifiche cause di esclusione dellimputabilit stessa.
Limputabilit,

dunque, considerata normalmente esistente per convenzione, poich il

sistema penale stesso ha quale postulato logico la libert del volere delluomo.
Pertanto, il giudice non deve accertare in positivo lesistenza della capacit di intendere e di
volere, ma accertarne in negativo lassenza, totale o parziale, quale conseguenza di
determinate cause previste espressamente dal codice.
2. La capacit di intendere e di volere.
In base allart. 85 c.p. un soggetto, perch sia imputabile, deve possedere, al momento della
commissione del fatto (criterio cronologico), entrambe le capacit previste.
Limputabilit viene meno se manca anche una sola di esse:
Intendere vuol dire discernere rettamente il significato, il valore, le conseguenze fattuali,
morali e giuridiche delle proprie azioni od omissioni.
Si tratta, in sostanza, del possesso delle facolt cognitive, di comprensione ed anche di
previsione.
Da notare, a questo proposito, che lignorare il significato antigiuridico di unazione non
equiparato al difetto della capacit di intendere, per espressa previsione codicistica (art. 5
c.p.) Nessuno pu invocare a propria scusa lignoranza della legge penale (anche se la Corte
Costituzionale, con una sentenza del 1988, ha introdotto delle limitazioni al principio in
questione).
Il volere invece definito come la capacit di autodeterminarsi in vista di uno scopo, cio
come la possibilit di optare per una condotta e di resistere agli stimoli.
Le cause di esclusione o diminuzione dellimputabilit sono previste dal codice negli artt. 8896 c.p. ed appartengono sostanzialmente a due specie:
-

le alterazioni patologiche, dovute ad infermit di mente o allazione dellalcool o di


sostanze stupefacenti;

limmaturit fisiologica o parafisiologica, dipendente, rispettivamente dalla minore et


e dal sordomutismo.

3. Il vizio di mente.

La capacit di intendere e di volere pu essere messa a repentaglio innanzitutto da una


condizione di infermit.
Il principio, contenuto negli artt 88 e 89 c.p., in tal senso inequivocabile:
Art. 88 c.p. - Vizio totale di mente Non imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il

fatto, era per infermit, in tale stato di mente da escludere la capacit di intendere o di
volere;
Art. 89 c.p. Vizio parziale di mente Chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per

infermit, in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacit di


intendere e di volere, risponde del reato commesso; ma la pena diminuita.
Come vedremo, per, non altrettanto inequivocabile il concetto stesso di infermit.
Si richiede, dunque, labolizione o la riduzione anche di una sola delle capacit citate: se
infatti lart. 85, in positivo, dichiara imputabile chi ha la capacit di intendere e di volere, gli
artt. 88 e 89 usano una locuzione disgiuntiva: capacit di intendere o di volere.
E comunque chiaro che lunica condizione idonea a interferire sulla capacit di intendere e di
volere linfermit: solo le cause patologiche giustificano la non imputabilit del reo e solo
qualora possa provarsi che esse abbiano compromesso la capacit di intendere e di volere nel
momento stesso in cui stato commesso il reato.
I codici moderni, fermo il principio generale della non imputabilit per infermit mentale,
hanno affrontato la questione secondo tre indirizzi sostanziali, che vale qui la pena di
approfondire, anche per una miglior comprensione del concetto stesso di infermit.

Metodo psicopatologico puro: non sono imputabili i soggetti che abbiano commesso un
reato sol che siano affetti da determinate malattie mentali, indicate dai codici. Si
tratta di un criterio esclusivamente nosografico, in base al quale esser portatore di
una delle infermit che la legge precisa (ad esempio psicosi, ritardo mentale,
demenza) conduce per ci stesso allirresponsabilit del reo e allesclusione di sanzioni
penali. In base a questa criteriologia sufficiente una certa diagnosi psichiatrica per
escludere la responsabilit penale, senza che occorra valutare se e quanto linfermit
abbia inciso sulla capacit di volere e di intendere. Tale metodo stato criticato per
lautomatica assimilazione tra malattia mentale e incapacit di intendere e di volere.

Metodo normativo puro: allopposto, per non aversi responsabilit sufficiente che, al
momento del fatto, il soggetto fosse incapace di intendere e di volere, prescindendo

dalla diagnosi di una precisa infermit. Ci che rileva solo leventuale incapacit di
intendere e di volere, indipendentemente dallaccertamento di una malattia di mente.

Metodo psicopatologico-normativo o metodo misto: il metodo adottato dal nostro


codice e dalla maggior parte dei Paesi Europei (Francia, Germania, Inghilterra, Austria,
Svizzera, Grecia, Spagna, Portogallo, Ungheria). Consiste nel diagnosticare lesistenza
di un disturbo mentale e nel valutare quindi lincidenza di questo sulla capacit di
intendere e di volere.

Per il nostro codice, dunque, limputabilit configurata come una costruzione a due piani, il
cui primo livello relativo al substrato patologico (infermit), mentre il secondo livello
relativo alla eventuale conseguente incapacit di intendere e di volere.
E dunque fondamentale accertare linfermit, che resta per il presupposto, non la condizione
di per se sufficiente per pronunciarsi sullimputabilit, in quanto occorre poi verificare se e
quanto la malattia abbia inciso sulla genesi del delitto.
Il requisito patologico indicato genericamente come infermit, termine che include tutte
le malattie nosograficamente indicate dalla psichiatria, ma anche, pi estensivamente,
qualsiasi condizione psichica che sia stata in grado di interferire sulla capacit di intendere o
di volere, con meccanismo morboso, anche transitorio (con valore di malattia).
Ci comporta, evidentemente, unelevata discrezionalit nellapprezzamento del disturbo
mentale.
Nel nostro Paese hanno talora prevalso principi di pi rigida osservanza delle categorie
diagnostiche della psichiatria, con prassi che pi si avvicinavano al criterio psicopatologico
puro, talaltra, invece, interpretazioni pi duttili ed estensive del concetto di infermit, pi
vicine al criterio normativo.
Si sono cos avuti, di frequente, difformi giudizi degli psichiatri forensi circa limputabilit di
un reo, con conseguenti polemiche.
Bisogna poi considerare, al di l della criteriologia adottata, che giudicare i fenomeni psichici
e psicopatologici materia di per s incerta, poich spesso difficile, e talora impossibile
stabilire se una persona ha commesso un fatto perch lo ha voluto, o perch la malattia lo ha

costretto a compierlo.
Bisogna poi considerare che il giudizio sullimputabilit deve necessariamente far ricorso a tre
criteri fondamentali.

Criterio cronologico. Come gi abbiamo visto, e per espressa disposizione codicistica,


il fattore patologico e la conseguente incapacit di intendere o di volere

deve

sussistere nel momento stesso in cui stato commesso il reato;

Criterio eziologico o di causalit. Anche se il codice non lo richiede espressamente, la


prassi e la dottrina psichiatrico-forense sono univoche nel rapportare lesistenza
dellincapacit di intendere e di volere anche a un criterio eziologico e di relazione con
il reato specifico, di criminogenesi e di criminodinamica. Non basta, cio, la presenza di
una infermit, anche grave, ma linfermit deve presentare caratteristiche tali da aver
partecipato alla genesi e alla dinamica di quel particolare reato. E possibile che la
malattia venga a colpire solo un settore della personalit psichica dellindividuo,
lasciando gli altri inalterati. A titolo esemplificativo, limputabilit sarebbe esclusa
quando latto criminoso sia conseguenza dellanomalia stessa (si pensi allipotesi di un
soggetto affetto da delirio di persecuzione che uccide il suo presunto persecutore),
mentre non sarebbe esclusa quando il delitto venisse compiuto in un campo del tutto
diverso da quello investito dalla patologia (come quando un soggetto affetto da delirio
di persecuzione commette un furto o una violenza sessuale: un delitto cio senza alcun
rapporto con lidea delirante). Si ritiene, inoltre, che laver riguardo anche al rapporto
tra le caratteristiche dellinfermit e quelle del reato commesso costituisca una
conseguenza logica del sistema psicopatologico-normativo (c.d. sistema misto): se
infatti richiesto un duplice accertamento, dellinfermit e della sua incidenza sulla
capacit di intendere e di volere, proprio perch occorre unindagine criminogenetica
e criminodinamica che correli la patologia alla capacit di intendere e di volere,
relativamente ad uno specifico comportamento.

Criterio quantitativo. Il codice richiede, inoltre, unespressa valutazione di carattere


quantitativo:
1. se linfermit tale da comportare labolizione della capacit di intendere o di
volere, si realizza il vizio totale di mente, e il reo non imputabile (art. 88 c.p.);
2. se linfermit di grado minore e la capacit di intendere o di volere
grandemente scemata, ma non abolita, si realizza il vizio parziale di mente (art. 89
c.p.); il reo imputabile ma la pena ridotta;

3. se il grado di interferenza dellinfermit ancor pi trascurabile, limputabilit


rimane piena.
4. La nozione di infermit.
Bisogna a questo punto precisare che cosa si intende per infermit.
Parte della dottrina ritiene che legislatore ha di fatto delegato alla scienza psichiatrica la
definizione del concetto di infermit mentale penalmente rilevante, nella consapevolezza
che tale concetto avrebbe potuto, in futuro, essere ridefinito.
In tal modo il legislatore si sarebbe cautelato dal recepire un concetto che negli anni
avrebbe finito con il modificarsi, garantendosi cos un immediato adeguamento delle norme
alle nuove acquisizioni della scienza.
La nozione di infermit mentale ancor oggi estremamente controversa e la causa di
questa incertezza da ricercare nella frattura che si venuta a creare nel corso degli
anni tra impianto codicistico della materia e scienza psichiatrica.
In linea di massima si pu dire che il concetto di infermit utilizzato dal codice pi ampio
di quello di malattia, nel senso che non si limita esclusivamente alle vere e proprie malattie
psichiche, esattamente inquadrabili nella nosografia psichiatrica, ma ricomprende anche le
generiche situazioni patologiche o disturbi che agiscono con valore di malattia.
Linfermit, dunque, viene a ricomprendere le vere e proprie malattie mentali,
nosograficamente definite (psicosi, ritardo mentale, gravi difetti intellettivi, i disturbi a
eziologia organica), ma anche le anomalie psichiche (nevrosi, psicopatie), cos pure
qualsiasi altra condizione, pur transitoria, sempre che produca effetti psichici paragonabili
a quelli conseguenti a un vero stato morboso, mostrandosi idonea a interferire
sullintendere o sul volere.
Da ultimo c da precisare che per infermit pu intendersi anche lINFERMITA
FISICA, ovviamente con riverberi sulle funzioni psichiche dellintendere e del volere
(disturbi mentali organici dovuti a fattori tossicoinfettivi, squilibri metabolici, ipoglicemie
epatopatie, tossicosi, vasculopatie).
Ci si ricava dallampia formula del codice, che parla di stato di mente prodotto da
infermit e non di stato di infermit di mente.
La nozione di infermit mentale, punto cardine della ricostruzione del vizio di mente,
estremamente controversa e la causa di questa incertezza da ricercarsi nella frattura

venutasi a creare nel corso degli anni tra impianto codicistico della materia e scienza
psichiatrica.
Il legislatore ha delegato alla scienza psichiatrica la definizione del concetto di infermit
mentale penalmente rilevante, ma noto che le scienze psicopatologiche sono caratterizzate
dalla presenza di differenti paradigmi psicopatologici, ciascuno dei quali definisce in maniera
diversa il concetto di malattia mentale.
Anche per tale motivo possibile rinvenire orientamenti giurisprudenziali contrastanti, a
seconda del paradigma psicopatologico assunto quale parametro.
I paradigmi fondamentali di definizione della malattia mentale sono tre: il paradigma
MEDICO, quello PSICOLOGICO

e quello SOCIOLOGICO, ma soprattutto i primi due

continuano anche nella giurisprudenza pi recente ad essere utilizzati quali criteri valutativi.

IL PARADIGMA MEDICO non risulta monolitico, ma presenta al suo interno una


variet di posizioni stratificatesi nel tempo di pari passo con levoluzione delle
conoscenze psicopatologiche: possiamo infatti individuare una prospettiva organicista,
una prospettiva nosografica e una pi propriamente psicopatologica.

1.

orientamento organicista. Fanno capo a tale orientamento quelle sentenze che


seguono uninterpretazione particolarmente restrittiva del concetto di infermit,
delimitando i casi di vizio di mente alle sole ipotesi nelle quali il disturbo psichico
trovi fondamento in una deficienza organica. Tale orientamento, anche se ormai
minoritario, comunque rinvenibile anche in tempi a noi recenti (Cass. 27.1.1998)

2.

Orientamento nosografico o clinico descrittivo. Sono ascrivibili quelle sentenze


che, pur non facendo esplicito riferimento alla causa organica della malattia
mentale, affermano come necessario che lalterazione sia quanto meno riconducibile
alle classificazioni nosografiche elaborate dalla psichiatria.

3.

Orientamento psicopatologico. Sono riconducibili quelle sentenze che ritengono


sufficiente lesistenza di uno stato o processo morboso o comunque di
unalterazione patologica, indipendentemente dallaccertamento di un suo substrato
organico o da una sua classificazione nella nosografia psichiatrica. Allinterno di
questo orientamento va poi inserito quellulteriore orientamento che vede nel
criterio del VALORE DI MALATTIA il parametro di riferimento per riconoscere

efficacia scusante ai disturbi psichici abnormi, non inquadrabili nelle psicosi e ai


limiti della salute mentale.

PARADIGMA PSICOLOGICO Lorientamento medico della giurisprudenza, anche se


tuttora attuale, non pu dirsi incontrastato. Ad esso infatti si contrappone quella
corrente giurisprudenziale che si richiama al paradigma psicologico, in cui si possono
far confluire quelle sentenze che affermano la necessit di una concreta valutazione
del disturbo psichico e che rifiutano riferimenti a classificazioni astratte,
indipendentemente dal fatto che si tratti di psicosi o psicopatie. Il concetto di
infermit diviene cos meno rigido e di contenuto pi ampio rispetto a quello di malattia
mentale, s da permettere di ricomprendervi anche i disturbi mentali transitori,
ancorch atipici.

PARADIGMA SOCIOLOGICO Laffermarsi nella psichiatria del paradigma sociologico


non trova alcun riscontro nella prassi penalistica in tema di imputabilit, evidentemente
per

il timore di un allargamento

incontrollato delle maglie

della disciplina

dellimputabilit, che deriverebbe dal riconoscimento della qualifica di infermit anche


a un generico disturbo psichico di origine sociale. Il solo disadattamento sociale e la
marginalit non costituiscono disturbo rilevante ai fini dellimputabilit.
In conclusione, si possono sostanzialmente individuare due indirizzi, uno pi restrittivo,
coincidente con il paradigma MEDICO/NOSOGRAFICO, e uno meno restrittivo, individuabile
nel paradigma PSICOLOGICO e in buona parte di quellorientamento medico che abbiamo
definito psicopatologico, laddove fa uso del c.d. criterio del valore di malattia.
Le sentenze appartenenti a questultimo indirizzo manifestano la tendenza ad AMPLIARE le
cause di esclusione o diminuzione dellimputabilit.
Tale apertura allindirizzo psicologico, sia pure non consolidata nella giurisprudenza della
Suprema Corte, si dimostra in linea non solo con la pi autorevole Dottrina, ma anche con le pi
recenti RIFORME CODICISTICHE EUROPEE: si pensi al codice penale TEDESCO del 1975 1,
al nuovo c.p. PORTOGHESE del 1982, a quello FRANCESE del 1994 e infine allo SPAGNOLO
del 1995.

Cod Tedesco : art. 20 (Non imputabilit causata da disturbi psichici) Agisce senza colpevolezza chi, nel
commettere il fatto, incapace di valutarne lilliceit o di comportarsi secondo tale valutazione, a causa di un
disturbo mentale patologico, di un profondo disturbo mentale della coscienza, o di deficienza mentale o per ogni
altra grave anomalia mentale.

Il medesimo indirizzo risulta poi recepito anche nei pi recenti PROGETTI DI RIFORMA DEL
CODICE PENALE ITALIANO.
In particolare si fa riferimento al
4. PROGETTO PAGLIARO del 1991;
5. al successivo Disegno di Legge n. 2038 del 1995, limitato alla riforma del Libro I
del c.p. (c.d. PROGETTO RIZ);
6. e, da ultimo,

al PROGETTO GROSSO del 1999, che affianca al tradizionale

concetto di infermit quello di grave anomalia psichica, mutuando esplicitamente


la relativa disciplina dal codice penale tedesco del 1975.
5. Gli stati emotivi e passionali.
Art. 90 c.p. Stati emotive e passionali Gli stati emotivi e passionali non escludono n

diminuiscono limputabilit.
E esperienza comune che laffettivit e lemotivit interferiscono sulle capacit di
comprensione e su quelle di scelta, cionondimeno il legislatore ha ritenuto che i semplici
fattori affettivi non siano idonei ad incidere sullimputabilit, stabilendo esplicitamente
allart. 90 c.p. Gli stati emotivi e passionali non escludono n diminuiscono limputabilit.
Sono qualificabili come emozioni quegli stati affettivi di breve durata ad insorgenza
improvvisa e legata ad avvenimenti precisi (paura, ira, gioia, sensazione di essere minacciati,
pulsione allaggressione o alla fuga).
Le passioni, invece, sono condizioni pi durature e che non si configurano come reazioni
subitanee nei confronti di un evento (gelosia, amore, odio, cupidigia, fanatismo ideologico).
In realt, in una prospettiva naturalistica (neurofisiologica e psicodinamica) emozioni e
passioni ben possono influenzare e non di rado travolgere sia le facolt di discernimento sia
quelle volitive.
Una persona sopraffatta dallira o da una qualsiasi passione violenta si trova ad avere
concretamente ridotta la capacit di intendere e di volere, ma la legge ha ritenuto che le
passioni e le emozioni facciano parte del patrimonio esperenziale di chiunque, che si tratti
cio di condizioni psicologiche e non psicopatologiche, e che chiunque possa e debba
controllarle.

In Dottrina si ritiene che lart. 90 c.p. sia stato introdotto nel codice del 1930 con una precisa
funzione pedagogica: stimolare il dominio della volont sulle proprie emozioni e passioni, per la
preoccupazione di non mandare impunito ogni delitto passionale.
I semplici stati emotivi e passionali possono al pi rilevare come CIRCOSTANZE
ATTENUANTI, purch non si tratti di emozioni o passioni moralmente e socialmente
spregevoli (ad es. la provocazione, o laver agito per suggestione di una folla in tumulto): in tali
casi limputabilit piena ma la pena attenuata.
Diversamente, nellipotesi in cui gli stati emotivi riconoscano la ragione della loro
incontrollabilit in concomitanti condizioni morbose, o ne siano essi stessi proprio il momento
sintomatologico fondamentale, solo allora potranno risultare idonei ad abolire o ridurre la
capacit di intendere e di volere, assumendo dignit di infermit.
Di particolare importanza la distinzione tra gli stati emotivi e passionali, che producono una
s una reazione psicogena ma normale, e le reazioni psicogene abnormi, patologiche, che
vengono a integrare un disturbo mentale transitorio (raptus, reazione a corto circuito,
discontrollo episodico) che ha carattere di infermit e come tale rilevante sullimputabilit.
Si parla di REAZIONE PSICOGENA ABNORME quando, tenute ferme le caratteristiche
generali cronologiche, di comprensibilit e di derivazione causale da un evento altamente
emotigeno o psicotraumatizzante, tale reazione appare qualitativamente e quantitativamente
diversa da quella normale, perch incongrua o sproporzionata o eccessiva.
La scriminante tra stato emotivo e passionale e una reazione che configuri un disturbo
mentale transitorio rappresentata dalla ricorrenza, al momento del fatto delittuoso, di
alcuni indici psicopatologici:
7. alterazione della coscienza;
8. frattura nei confronti della realt;

9.

modalit di reagire del tutto aliena dagli abituali standard comportamentali.

Indicative sono inoltre la non conservata memoria del fatto, le lacune nella rievocazione del
fatto stesso, lo stato confusionale del soggetto durante il fatto.
Queste reazioni morbose hanno anche la caratteristica di risultare incomprensibili per
lirrazionalit del comportamento, per lenorme sproporzione tra reazione aggressiva e
circostanze scatenanti, per incuria del soggetto nel garantirsi limmunit.
6. Imputabilit e abuso di alcool e stupefacenti.

Come per gli stati emotivi e passionali, anche nel caso di alterazioni psichiche derivanti
dalluso o dallabuso di alcool o sostanze stupefacenti, le considerazioni di politica criminale
hanno prevalso sulla realt naturalistica.
Constatata la frequenza con cui tali condizioni hanno parte rilevante nella criminogenesi e
nella criminodinamica, il legislatore ha predisposto un complesso sistema di norme atte a
scoraggiare luso di tali sostanze, con lespediente di non considerare incidenti sullimputabilit
i ben noti effetti di offuscamento del raziocinio, di compromissione della coscienza, di
alterazione del giudizio, di riduzione delle capacit critiche, di indebolimento dei freni
inibitori.
Il dato naturalistico, dunque, contrasta con il dato normativo.
La giustificazione giuridica di tali disposizioni generalmente ricondotta al concetto di actio
libera in causa: il soggetto, cio, se anche ha commesso il reato in stato di incapacit di
intendere e di volere perch ebbro, era per libero, nel momento antecedente allassunzione,
di scegliere se mettersi o meno in tali condizioni di incapacit, per cui

risponde delle

conseguenze dei suoi atti.


Il legislatore ha qui effettuato una voluta eccezione nei confronti della norma di carattere
generale, secondo la quale nessuno pu essere punito per un fatto preveduto dalla legge come
reato, se al momento in cui lo ha commesso non era capace di intendere e di volere (art. 85
c.p.), per una ben precisa scelta di politica criminale.
Come vedremo, la legge prevede diverse ipotesi circa limputabilit di chi commette reati
mentre si trova in uno stato di alterazione mentale dovuta a ingestione di alcool o
allassunzione di stupefacenti, ma preliminarmente bene soffermarci sulla distinzione
fondamentale tra effetti tossici immediati (intossicazione acuta) e conseguenze tossiche a
distanza di tempo (intossicazione cronica).
Lintossicazione acuta sia da alcool sia da stupefacenti, conseguenza delleffetto immediato
della singola sostanza, con sintomi variabili a seconda del tossico impiegato; gli effetti, siano
essi psichici od organici, si risolvono in un lasso di tempo relativamente breve e con piena

restitutio ad integrum , cio reintegrazione delle condizioni preesistenti, dopo che la sostanza
stata eliminata e metabolizzata.
Lintossicazione cronica invece espressione di unalterazione pi duratura, dovuta al
protrarsi nel tempo dellassunzione del tossico; in tale condizione si osservano manifestazioni

diverse da quelle dovute alleffetto immediato della sostanza e che permangono anche c.p.
quando venga sospesa lassunzione della sostanza stessa.
Il codice detta una disciplina unitaria per lintossicazione da alcool e da stupefacenti (art. 93
c.p.).2
E una disciplina concepita nel 1930 (codice Rocco), in unepoca in cui il problema delle sostanze
stupefacenti era ben diverso da quello odierno per fenomenologia, diffusione, rapporti con il
crimine e conseguenze di tipo sanitario.
E dunque una normativa modellata piuttosto sul problema dellassunzione di alcool, problema
allora quasi esclusivo.
Le due situazioni sono in realt ben diverse: in particolare, mentre negli alcolizzati lo stato
mentale spesso gravemente deteriorato, nei tossicomani non sempre e non necessariamente
si verificano alterazioni psichiche persistenti tali da configurare una cronica intossicazione.
6. Ubriachezza e intossicazione da stupefacenti accidentale (art. 91 c.p.) 3
E lubriachezza derivata da caso fortuito o forza maggiore, cio incolpevole.
Solo in queste ipotesi, se la capacit di intendere o di volere grandemente scemata o
esclusa, potranno ricorrere, rispettivamente, il vizio parziale o totale di mente.
Gli esempi riportati in dottrina sono quelli di chi si intossichi lavorando in una distilleria o
di chi ingerisca alcool credendolo bevanda non alcolica: ipotesi alquanto infrequenti,
dunque.
Ipotesi pi attuale quella di chi inconsapevolmente assuma un farmaco che potenzi gli
effetti dellalcool.
7. Ubriachezza e intossicazione da stupefacenti volontaria o colposa (art. 92
c.p.).4
Lubriachezza volontaria ricorre quando il soggetto si ubriacato intenzionalmente o ha
accettato il rischio di ubriacarsi.

Art. 93 c.p. Fatto commesso sotto lazione di sostanze stupefacenti Le disposizioni dei due articoli si applicano
anche quando il fatto stato commesso sotto lazione di sostanze stupefacenti.
Art. 91 c.p. Ubriachezza derivata da caso fortuito o da forza maggiore- Non imputabile chi, nel momento in cui
ha commesso il fatto, non aveva la capacit di intendere o di volere, a cagione di piena ubriachezza derivata da caso
fortuito o da forza maggiore.
Se lubriachezza non era piena, ma era tuttavia tale da scemare grandemente, senza escluderla, la capacit di
intendere o di volere, la pena diminuita.
Art. 92 c.p. Ubriachezza volontaria o colposa ovvero preordinata- Lubriachezza non derivata da caso fortuito o
da forza maggiore non esclude n diminuisce limputabilit.
Se lubriachezza era preordinata al fine di commettere il reato, o di prepararsi una scusa, la pena aumentata.

Lintossicazione colposa quando il soggetto si ubriacato per negligenza o imprudenza, cio


non voleva ubriacarsi ma poteva prevedere ed evitare tale eventualit (come nel caso del
commensale troppo sicuro della propria capacit di sopportare lalcool).
In entrambi i casi limputabilit non n esclusa n diminuita.
8. Ubriachezza e intossicazione da stupefacenti preordinata (art. 92 c.p.). 5
Qui lintossicazione conseguita appositamente al fine di facilitare la commissione del
reato o di preordinarsi una scusa: in tal caso non solo limputabilit piena, ma la pena
anche aumentata.
9. Ubriachezza e intossicazione da stupefacenti abituale (art. 94 c.p.). 6
La legge prevede inoltre una condizione di abuso abituale, differenziato dalla cronica
intossicazione.
La commissione di reati da parte di chi abusi frequentemente e in modo rilevante di alcool
o di stupefacenti, senza essere ancora cronicamente intossicato, comporta la piena
imputabilit e la maggiorazione della pena.
Il legislatore ha voluto colpire in modo pi severo coloro che abusano abitualmente di
alcool e droghe senza aver raggiunto ancora quel grado di deterioramento psichico che
configura la cronica intossicazione.
La maggior parte dei tossicomani che compiono reati dovrebbe ricadere, pertanto, in
questa ipotesi, anche se nella prassi giurisprudenziale laggravante non quasi mai
applicata in giudizio, perch, verosimilmente si tiene conto dei pesanti condizionamenti che
comunque gravano su questi soggetti.
10.

Cronica intossicazione da alcool e stupefacenti (art. 95 c.p.). 7

Lart. 95 c.p. considera lintossicazione cronica, sia da alcool che da stupefacenti, quale
condizione patologica capace di ridurre o abolire limputabilit: una condizione assimilata
allinfermit che pu quindi comportare il vizio parziale o totale di mente.
In questa ipotesi vi dunque coincidenza tra il dato naturalistico e il dato normativo.
5
6

Cfr. nota n.4, pag. 18.


Art. 94 c.p. Ubriachezza abituale- Quando il reato stato commesso in stato di ubriachezza, e questa abituale,
la pena aumentata.
Agli effetti della legge penale, considerato ubriaco abituale chi dedito alluso di bevande alcoliche e in stato
frequente di ubriachezza.
Laggravamento di pena stabilito nella prima parte di questo articolo si applica anche quando il reato commesso
sotto lazione di sostanze stupefacenti da chi dedito alluso di tali sostanze.
Art. 95 c.p. Cronica intossicazione da alcool o da stupefacenti Per I fatti commessi in stato di cronica
intossicazione prodotta da alcool ovvero da sostanze stupefacenti, si applicano le disposizioni contenute negli artt.
88 e 89 c.p..

Dellintossicazione cronica deve per essere valutato anche il grado e pertanto essa pu
essere compatibile anche con limputabilit.
Qualora un soggetto cronicamente intossicato commetta un reato in stato di intossicazione
acuta, pu ugualmente ricorrere lipotesi del vizio totale o parziale di mente.
Non si applicano le disposizioni degli artt. 92 e 93 c.p. (intossicazione volontaria ) perch il
soggetto non era del tutto libero di porsi o meno in stato di acuta intossicazione: essendo un
intossicato cronico si era in lui realizzata una condizione di non libert nei confronti delluso
di droga o alcool.
La dottrina e la giurisprudenza prevalenti affermano la non coincidenza tra tossicodipendenza
e la cronica intossicazione: solo in presenza di disturbi mentali organici o segni di
destrutturazione psicotica della personalit, per di pi osservabili a distanza dalla fase di
intossicazione acuta e da quella di astinenza, pu farsi diagnosi di cronica intossicazione da
stupefacenti.
7. Limputabilit del minorenne.
La disciplina dellimputabilit del minorenne, cos come delineata dagli artt. 97 e 98 c.p., si
caratterizza per ladozione di un criterio cronologico che, sulla base dellesperienza acquisita
e per soddisfare esigenze di certezza, uguaglianza e praticit di accertamento, sia altamente
presuntivo della raggiunta maturit.
Il codice italiano pone una TRIPLICE DISTINZIONE, stabilendo:

10. per

il MINORE DEGLI ANNI 14 una presunzione assoluta di non imputabilit, che

non ammette prova contraria e che prescinde dalleffettivo riscontro delle capacit
di intendere e di volere in capo al minore (art. 97 c.p.); 8
11. per il MAGGIORE DI ANNI 18 invece posta una presunzione di capacit, salvo si
dimostri la sua esclusione o diminuzione per cause patologiche o parafisiologiche
(lipotesi del sordomutismo, che affronteremo pi avanti);

12.

mentre per il MINORE DI ETA COMPRESA TRA I 14 E I 18 ANNI nessuna


presunzione, n di capacit n di incapacit stabilita, dovendo il giudice, caso per
caso, accertarne limputabilit o meno (art. 98 c.p.). 9

Art. 97 c.p. Minore degli anni quattordici Non imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non
aveva compiuto I quattordici anni.
Art. 98 c.p. Minore degli anni diciotto E imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva
compiuto I quattordici anni, ma non ancora I diciotto, se aveva capacit di intendere e di volere; ma la pena
diminuita.

1. La nozione di maturit mentale.


La capacit di intendere e di volere del minore tra i 14 e i 18 anni abitualmente individuata
nel concetto di maturit mentale.
Il concetto di maturit mentale stato introdotto dalla giurisprudenza e dalla medicina
legale, elaborato mediante linterpretazione dellart. 98 c.p., che esclude la capacit di
intendere e di volere anche in assenza di una infermit.
Limmaturit un concetto diverso dal vizio di mente, infatti il minore pu essere immaturo (e
quindi non imputabile), anche se perfettamente sano di mente.
2. Il concetto di maturit come concetto globale.
Diverse sono poi le interpretazioni circa il livello di maturit ritenuto necessario perch il
minore venga considerato imputabile:
13. per alcuni la maturit deve essere identificata nella condizione psichica del ragazzo
normale che ha compiuto i 18 anni;
14. per altri limputabilit deve essere esclusa per quei minori che dimostrano un grado
di maturazione inferiore a quello proprio di un ragazzo considerato normale e
dellet di 14 anni;
15. unaltra tesi, che pare aderente alla Relazione del Guardasigilli Rocco, porta invece
a ritenere imputabile il minore quando ha raggiunto quel livello di capacit di
intendere e di volere che normale nel ragazzo medio della sua et.
Questultima interpretazione stata ampiamente criticata dalla Dottrina poich finisce per
ritenere immaturo un diciassettenne che ha raggiunto la capacit di un normale sedicenne e
maturo un quattordicenne con lo sviluppo adeguato alla sua et.
In buona sostanza, non pare vi siano parametri da assolutizzare.
Il concetto di maturit costituisce un CONCETTO GLOBALE poich, non trattandosi di vizio
di mente, comprensivo del carente sviluppo non soltanto delle facolt intellettive, volitive e
affettive, ma anche della capacit di intendere il significato etico-sociale degli atti propri e
altrui e delladeguato sviluppo della coscienza morale, anchessa momento fondamentale della
maturit psichica del soggetto.
Genericamente stato affermato che il minore, per essere imputabile, deve possedere, nel
momento in cui ha compiuto il reato, la capacit di comprendere il valore dei propri atti,
lattitudine a distinguere il bene dal male, il lecito dallillecito.

Queste generiche capacit, tuttavia, sono state interpretate in modo estremamente


differenziato e il contenuto del concetto di immaturit andato sempre pi dilatandosi:
16. inizialmente si attribuita maggiore importanza agli aspetti biologici ed organici
della personalit, collegando prevalentemente limmaturit ad un deficit intellettivo
o

maturativi

clinicamente

evidente

(immaturit

bioelettriche

cerebrali,

psicomotorie, ritardi nello sviluppo intellettivo);


17. successivamente, si fatta coincidere limmaturit con una condizione psicologica di
disagio e carenza, legata a turbe affettive e a problematiche familiari ( immaturit
emotiva, carattereopatie, pseudo-insufficienze mentali), condizione che pu
essere ben individuata con gli strumenti classici della psicologia clinica, quali il
colloquio, i test di livello e i test proiettivi;
18. pi di recente si andata affermando una concezione pi estensiva di maturit,
che stata fatta corrispondere ad una situazione di disagio e privazione sociale,
quale quella che si riscontra in famiglie disagiate, in precarie condizioni economiche
e di marginalit.
c) Il concetto di maturit come concetto relativo.
Dottrina e giurisprudenza sono concordi nellaffermare che il livello di discernimento richiesto
al fine di ritenere sussistente la maturit del minore varia a seconda del tipo di illecito
commesso: la maturit ha perci carattere relativo, dovendo essere accertata in concreto, in
relazione alle caratteristiche del reato.
La capacit di intendere e di volere del minore deve essere dunque valutata non soltanto in
riferimento al MOMENTO in cui stato compiuto il reato, ma anche in rapporto alla NATURA
DEL REATO stesso.
In questi termini si espressa pi volte la Cassazione:
La capacit intellettiva e di autodeterminazione, cio fissata in generale, tanto maggiore
deve considerarsi, con la connessa consapevolezza nel disvalore sociale dellatto delittuoso,
quanto questo si ponga come lesione di regole etiche minime, attinenti alla tutela di beni
primari (la vita, lintegrit personale, la libert) dellindividuo. Ne consegue che nello stesso

soggetto limputabilit pu sussistere o meno a seconda del tipo di reato commesso. (Cass.
9.11.1990, GP, 1991, II, 406)

La preoccupazione di evitare un facile clemenzialismo, contrastante con esigenze sia di


prevenzione generale sia di responsabilizzazione degli stessi minori, spiega cos un certo
rigorismo giurisprudenziale con riguardo ai reati dal disvalore facilmente percepibile.
Infatti, nel caso di delitti contro la persona, ai fini dellimputabilit del minore si ritiene
sufficiente un minimo sviluppo mentale ed etico o addirittura la semplice mancanza di tare
psichiche suscettive di influire negativamente sui processi intellettivi e volitivi.
La capacit di intendere e di volere pu, nei confronti dello stesso soggetto, essere esclusa
per un reato e affermata per un altro, introducendo, in sostanza, un ulteriore elemento di
soggettivit e discrezionalit di giudizio.
Come si pu ben comprendere, il condividere luna o laltra di queste impostazioni implica
notevoli conseguenze dal punto di vista della prassi giudiziaria, con decisioni che possono
essere diametralmente opposte a seconda di un giudice o di un Tribunale specifici.
C poi da osservare che limmaturit non corrisponde a parametri scientifici, ma utilizzabile
in modo differenziato a seconda del contesto giudiziario e a seconda dellevolversi delle
concezioni riguardanti la devianza minorile, la sua gestione e le conseguenti produzioni
normative.
Facciamo degli esempi.
Nel 1977 il D.P.R. 616 ha trasferito agli Enti Locali le competenze relative allapplicazione
delle misure amministrative e civili prima di competenza dei Tribunali per i minorenni: in quel
periodo i Magistrati hanno fatto ampio ricorso alla dichiarazione di non imputabilit, proprio
per trasferire un gran numero di casi dal sistema della giustizia a quello dei Servizi Sociali dei
Comuni, ritenuto pi efficace e meno stigmatizzante.
Un nuovo scenario si poi sviluppato a seguito dellintroduzione del nuovo codice di procedura
penale nel 1988 (DPR n.448) che ha connotato il processo minorile di nuove specifiche finalit,
quali il garantismo, la responsabilizzazione (mediante la punizione), leducazione e il recupero,
la depenalizzazione e la decarcerizzazione.
Per raggiungere questi obiettivi sono stati introdotti dei nuovi istituti, ad esempio la
SOSPENSIONE DEL PROCESSO E LA MESSA ALLA PROVA 10 che permette di attivare un
10

Secondo lart. 28 DPR.448/88 il giudice pu sospendere il processo e mettere il minore alla prova, affidandolo ai
servizi minorili dellamministrazione della giustizia per lo svolgimento, anche in collaborazione con i servizi locali,
di attivit di osservazione, trattamento e sostegno. Al termine del periodo di prova, il giudice dichiara estinto il reato
se, tenuto conto del comportamento del minorenne e della evoluzione della sua personalit, si ritiene che la prova
abbia dato esito positivo. In caso contrario il minorenne viene sottoposto a giudizio.

processo socio educativo e di responsabilizzazione del minore rimanendo allinterno del


contesto giudiziario, senza dover ricorrere allattribuzione di immaturit.
Le nuove e diverse possibilit operative offerte dal nuovo codice minorile hanno condotto ad
una sempre minor utilizzazione del proscioglimento per non imputabilit ex art. 98 c.p., per
una precisa scelta di responsabilizzazione del minore stesso.
f) Modalit dellaccertamento.
Le nuove norme processuali minorili si sono occupate anche delle modalit di accertamento
della PERSONALITA DEL MINORENNE: il P.M. e il giudice devono acquisire elementi circa le
condizioni e le risorse personali, familiari, sociali e ambientali del minorenne, al fine di
accertare limputabilit e il grado di responsabilit, valutare la rilevanza sociale del fatto e
disporre le adeguate misure penali.
Agli stessi fini il PM e il giudice possono sempre assumere informazioni da persone che
abbiano avuto rapporti con il minorenne, e sentire il parere di esperti, anche senza alcuna
formalit.
Al giudice di merito richiesta unadeguata motivazione sullaccertamento, in concreto, della
capacit di intendere e di volere del minore, tanto che, nel caso in cui tale accertamento
venga omesso, la relativa sentenza sar affetta da nullit.
Bisogna poi precisare che, per la giurisprudenza, laccertamento pu essere effettuato con
qualsiasi mezzo di prova, e non deve essere necessariamente condotto da tecnici, n
attraverso unindagine peritale, potendo essere compiuto dal giudice stesso sulla base delle
risultanze processuali.
Non in ogni caso richiesta una speciale indagine e particolarmente una perizia, potendo il
giudice desumere la capacit del minore anche dal suo comportamento, purch ne dia congrua
motivazione nella decisione.
(Cass. 26.6.1991, CP, 1993, 55)
8. Sordomutismo e imputabilit.
Lart. 96 c.p. stabilisce che Non imputabile il sordomuto che, nel momento in cui ha
commesso il fatto, non aveva, per causa della sua infermit, la capacit di intendere o di
volere.
Se la capacit di intendere o di volere era grandemente scemata, ma non esclusa, la pena
diminuita.

Il sordomutismo viene compreso tra le cause che escludono o diminuiscono limputabilit


(causa parafisiologica) in quanto ludito e il linguaggio sono fondamentali per lo sviluppo del
patrimonio psichico delluomo, influendo in modo talora determinante sulle capacit di
autodeterminazione responsabile.
La medicina legale moderna opera una distinzione tra sordomutismo congenito (presente fin
dalla nascita) o

precocemente acquisito (prima dellapprendimento del linguaggio); e

sordomutismo tardivamente acquisito (cio dopo la fase di apprendimento del linguaggio).


I cultori delle discipline criminologiche e psichiatriche ritengono, bench lart. 96 c.p. non
operi detta distinzione, che la disposizione sia applicabile soprattutto ai sordomuti dalla
nascita o dalla prima infanzia.
E poi operata unulteriore distinzione tra:

19. sordomuti non istruiti, che sono generalmente degli anormali, non solo sensoriali ma
anche psichici e con frequenti anomalie caratteriali e la cui immaturit ne fa degli
incapaci di intendere e di volere;

20. sordomuti istruiti,

i quali, attraverso unadeguata istruzione, possono raggiungere

un adeguato livello di maturazione.


Tenendo conto di queste acquisizioni, il vigente codice ha escluso ogni presunzione di in
imputabilit del sordomuto, optando invece per la necessit di accertare, caso per caso, in
concreto, se e in che misura il difetto in questione influenzi la capacit di intendere e di
volere.
Val la pena chiarire che il precedente codice (codice Zanardelli del 1889) attribuiva
automaticamente al sordomutismo lidoneit ad incidere sullimputabilit, mentre il codice
Rocco la subordina allaccertamento in concreto della capacit dintendere e di volere, con
disciplina analoga a quella prevista per il minore ultraquattordicenne.
Per quanto lart. 96 rappresent allepoca della sua entrata in vigore un netto progresso di
civilt, oggi la dottrina ne viene a contestare sia lutilit (ritenendosi sufficienti gli artt. 85,
88 e 89 c.p.), sia lopportunit (poich sottolinea la condizione di inferiorit di unintera
categoria di soggetti).
Effettivamente, la soluzione legislativa appare oggi inopportuna.

La norma finisce per segnalare una condizione di inferiorit di unintera categoria di soggetti,
con negative ripercussioni sul loro pieno inserimento sociale, soprattutto in considerazione dei
considerevoli progressi oggigiorno ottenuti dalla medicina nel loro recupero funzionale.
Inoltre, la norma stata ritenuta superflua rispetto alla gi ampia formulazione degli artt. 88
e 89 c.p. (vizio totale e parziale di mente), potendosi ben considerare il sordomutismo come
una malattia fisica, potenzialmente in grado di incidere sulle funzioni psichiche dellintendere
e del volere.
Alla luce di queste osservazioni autorevole Dottrina ha auspicato, in sede di riforma
dellattuale codice penale, labrogazione della norma, sottolineando, ancora una volta, la sua
radicale superfluit, tanto pi in un sistema come il nostro, incentrato sulla capacit di
intendere e di volere per tutti necessaria al momento della commissione del fatto-reato.

Das könnte Ihnen auch gefallen