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DALLA RAGIONE ALLIMMAGINAZIONE DEMONICA: PLOTINO

E MARSILIO FICINO SULLO SPIRITO TUTELARE DELLANIMA


Anna Corrias

ENNEADI III.4.3: SUL DEMONE GUARDIANO CHE CI E DATO IN


SORTE
Nel vasto numero di trattati che compongono le Enneadi, alcuni di essi, grazie al loro contenuto
filosofico, hanno incontrato subito il favore degli studiosi, diventando oggetto di analisi
approfondite e di commenti minuziosi, mentre altri sono rimasti quasi del tutto inosservati.
A questultima categoria appartiene il Trattato 15 (Enneadi III.4.3) che Porfirio, incaricato di
pubblicare gli scritti del maestro, intitol: Sul demone guardiano che ci dato in sorte. In esso,
largomento principale il demone che ogni anima riceve come guida della sua incarnazione
terrestre. Tuttavia il Trattato 15 si presenta pi come unindagine sullanima che sulla natura dei
demoni. Daltra parte, il testo rappresenta la prosecuzione del Trattato 11 (Enneadi V.2), dove
Plotino indaga il processo di generazione di tutti gli esseri che procedono dallUno. Come ha
sottolineato Matthieu Guyot, la risposta alla domanda con cui termina il Trattato 11 cos
generato dalla facolt vegetativa dellanima? deve essere cercata nel primo paragrafo del Trattato
15. Qui Plotino spiega che il potere di crescita genera una cosa del tutto diversa da essa; poich
dopo di essa non c pi vita, ma ci che genera senza vita (Enneadi III.4.3 143). Inoltre, pur
essendo principalmente lanima vegetativa a prendersi cura di ci che inanimato (la materia),
anche le altre funzioni psichiche vi concorrono. Infatti, egli dice, iniziando con una citazione di
Platone [lanima] gira per tutto luniverso in diverse forme e in diversi tempi, cio come anima
sensitiva, anima razionale ed anima vegetativa. Dunque, se trascorriamo la vita guidati dalla
ragione, o dalla percezione oppure dai sensi, questo accadr in misura ancora maggiore dopo la
morte. A questo punto Plotino si domanda in quale tipo di essere andr ad abitare lanima dopo la
separazione dal corpo, ovvero in seguito alla metempsicosi. Dal momento che negli scritti di
Platone la metempsicosi era strettamente associata al tema dei demoni personali, Plotino, che si
riteneva interprete del grande filosofo, introduce questa idea proprio discutendo il destino
dellanima oltre la morte. Coloro che coltivano al massimo grado la natura umana, egli sostiene,
ridiventano uomini, mentre quelli che vivono sotto il mero controllo dei sensi si trasformano in
animali, seguendo questa ripartizione: Coloro che hanno amato la musica ma per tutto il resto
erano rimasti puri si tramutano in uccelli canterini; i re che hanno governato stoltamente in aquile,
se non hanno avuto altri vizi; gli astronomi che senza intelligenza hanno sempre alzato lo sguardo
al cielo si trasformano in uccelli che volano in luoghi elevati. Ma nessuno diventa un demone?
Plotino risponde: Colui che era tale anche quaggi. E chi, dunque, diventa un dio? Certamente
chi lo era quaggi. In questo passaggio alquanto oscuro, che inizia al terzo paragrafo del Tratato
15, Plotino introduce la sua idea di fondo, che fa del demone personale una delle facolt dellanima.
Si tratta della facolt immediatamente sovraordinata a quella che di solito agisce in noi, e che
presiede alla nostra vita interiore senza giocare alcun ruolo attivo.
Infatti ciascuno diretto [dopo la morte] dal principio attivo ( ) che fu
la sua guida e il suo comando anche qui. questo, dunque, il demone che gli tocc
in sorte quando egli visse? No, ma quello che sta prima del principio attivo; poich
esso domina senza agire sulluomo, mentre il principio inferiore agisce.

Come risulta dal brano, per Plotino esistono due facolt principali nella nostra anima: una quella
agente, chiamata il principio attivo ( ), mentre laltra domina il principio attivo senza
intervenire. Questultima secondo Plotino il nostro demone personale. Perci, se viviamo sotto il
controllo dei sensi il demone il principio razionale; ma se viviamo secondo il principio razionale
il demone un principio superiore, che governa senza agire e permette al principio agente di
operare (Plotino, Enneadi, 149). Lidea del demone come pars animae derivava principalmente da
tre passaggi di Platone: Timeo 90 A C, dove si dichiara che lanima ci stata data da Dio in
qualit di demone; Fedro 107D 6-9, dove il demone assegnato ad ogni uomo mentre era in vita si
dice che lo porti al luogo del giudizio, e Repubblica X.617E, dove Platone afferma che noi dovremo
scegliere il nostro demone. E necessario osservare che tutte le citazioni di Platone del Trattato 15
provengono da questi tre dialoghi, il che conferma come la teoria plotiniana del demone tutelare
dipenda dalla riflessione platonica e ne costituisca un commento.
Secondo Plotino, la vera natura del nostro s ci che siamo e il modo in cui viviamo il risultato
dellinfluenza reciproca fra il principio agente, , e la facolt dominante
immediatamente superiore, che egli vede come il nostro demone personale. sempre ,
il principio attivo, tuttavia, a stabilire quale demone guider la nostra esistenza, e non il contrario.
Questo ovviamente non significa che possa scacciare il proprio demone e decidere
liberamente di muoversi su piani di realt molto distanti, o affatto opposti, alla natura del suo
dispositore. Il principio che presiede, o demone, aiuta infatti lanima a preservare la sua natura di
fondo, che scelse consapevolmente prima di scendere nel mondo della generazione. Tuttavia, questo
accade senza che esso venga coinvolto nella vita dellanima: [un uomo nobile] colui che agisce
ispirato dalla sua parte migliore. Egli non sarebbe saggio se il suo demone guardiano non fosse al
suo fianco (Plotino Enneadi III.4.6 155). Pertanto solo lanima che agisce, mentre il demone
guarda immobile. Cos, possiamo dire che il nostro demone personale non lautore delle nostre
azioni, ma piuttosto il loro guardiano. In qualit di guardiano o spirito tutelare, egli non vive la
nostra vita ma la sorveglia. Allo stesso modo, egli non sceglie il nostro destino ma ci aiuta nella sua
realizzazione.
Come Platone prima di lui, Plotino lega strettamente il demone personale al potere pi alto
dellanima cos strettamente, che nel Trattato 15 il demone che ci toccato in sorte
corrisponde in realt alla voce demonica che parla a Socrate nei vari dialoghi platonici. Il fatto che,
per Plotino, il nostro demone personale sorvegli la nostra anima senza prendere parte alle sue azioni
suggerisce che si identifichi con quella sorta di voce dellApologia, la quale impediva a Socrate
di compiere certe cose, senza indurlo allazione (31d3-6). Come mi propongo di dimostrare pi
avanti, il demone tutelare di Plotino il principio intellettuale dellanima, la scintilla divina dentro
di noi che mantiene la nostra vita connessa con il regno del Nous o Intelletto, la seconda Ipostasi in
ordine di importanza nella gerarchia neoplatonica dellessere.
Una simile concezione differisce da quella del pi importante interprete rinascimentale di Plotino,
ossia Marsilio Ficino (1433-1499), platonico di fede cristiana, che tra il 1484 ed il 1490 tradusse e
comment le Enneadi. In Ficino lenfasi sulla natura demonica della parte pi elevata dellanima
resta largamente in secondo piano, niente pi che unallusione allidea tradizionale del
come quintessenza radicale dellindividuo. Infatti, invece di identificare la natura demonica
dellanima con il suo s pi alto, Ficino la colloca di solito nella parte mediana, fra lintelletto e i
sensi. Si tratta del livello nel quale sia le rappresentazioni dei corpi esteriori che dei moti interni
dellanima vengono tradotte in immagini pi o meno distinte. Sulla scorta di queste premesse,
prover a dimostrare la differenza tra il concetto di demonico in Ficino e la concezione plotiniana,
che arriva spesso a indicare lopposto. Ficino applicava per lo pi il termine demonico allattivit
dellimmaginazione, spesso responsabile del confine incerto fra realt e irrealt; in Plotino, invece,
lo stesso lemma si riferiva alla capacit dellanima di emanciparsi dalla subdola influenza delle
immagini. In altre parole, secondo Ficino il demonico era un attributo dellimmaginazione, mentre
per Plotino apparteneva allintelletto.

I DEMONI DI MARSILIO FICINO


Plotino, come abbiamo detto, considerava il demone personale una facolt dellanima. Ficino, al
contrario, inseriva lo spirito tutelare in una gerarchia di esseri soprannaturali, che partendo dai
demoni contigui alla terra, giungeva fino a quelli che abitano i cieli. Sebbene Plotino ammettesse
lesistenza di demoni esterni composti daria, che popolerebbero le regioni vicine alla terra e
sarebbero influenzati dalle preghiere degli uomini, li considerava filosoficamente insignificanti o
per lo meno irrilevanti ai fini della sua indagine sullanima umana. Per Plotino lanima non aveva
bisogno di alcuna natura intermedia fra essa ed il Nous, al quale rimane sempre congiunta, anche
quando la sua parte inferiore e irrazionale si incarna. Per questa ragione Proclo nel suo commento
allAlcibiade platonico critica aspramente Plotino, responsabile a suo giudizio di aver degradato i
demoni fino al livello di meri esseri umani, considerandoli nientaltro che parti della nostra anima.
Ficino, diversamente da Plotino ma in accordo con Proclo, si riferisce sempre, invece, ad una
complessa demonologia, composta da numerosi gradi di esseri demonici. In effetti, nella prospettiva
cosmologica del neoplatonismo rinascimentale, i demoni rappresentavano una necessaria
componente dellidea di plenitudine e di continuit dellessere. La visione del quindicesimo secolo
del mondo naturale si basava ancora sulla credenza in unintrinseca propensione della natura a
colmare gli spazi vuoti, in modo che luniverso fosse occupato da ogni forma di vita possibile.
Questa concezione, ampiamente discussa da A.O.Lovejoy, che la chiamava il principio di
plenitudine, deriva probabilmente da un passaggio platonico del Timeo dove il mondo definito un
intero che contiene ogni essere intellegibile, sia in atto che in potenza. (Platone, Timeo, 30D-31A).
Pi tardi, si fuse con uno dei principi cardine della filosofia neoplatonica, il principio della
continuit dellessere. Secondo il neoplatonismo infatti, la processione dai regni ontologici pi alti
fino ai pi bassi avveniva senza interruzione: una natura intermedia, mediando fra il regno
dellessere e quello della generazione, impediva la presenza di unimprovvisa rottura nella
continuit del cosmo. In questa cornice metafisica, lassunto che i demoni occupino una porzione
delluniverso sembra derivare logicamente dallesistenza degli dei e degli esseri umani. I demoni
sono cos il tertium quid richiesto dal principio di plenitudine e dalla continuit: da un lato, essi
rappresentano lattualizzazione della natura intermedia che intercorre fra il divino e lumano;
dallaltro essi occupano fisicamente lo spazio fra le due opposte nature e rendono possibile
lincontro indiretto tra le dimensioni superiori e quelle inferiori. Perci, secondo uno dei lavori che
furono pi influenti sulla demonologia rinascimentale, il De deo Socratis di Apuleio, lesistenza dei
demoni era la conseguenza razionale della suddivisione del cosmo in diverse regioni dellessere.
Apuleio, che scriveva nel secondo secolo, sosteneva che se ci fosse stata una regione dellaria fra
letere e la terra, ognuno dei quali aveva i propri abitanti, sarebbe stato poco plausibile ritenerla
disabitata. Per questo motivo, una categoria di entit intermedie doveva necessariamente esistere fra
la Luna e la Terra. Queste entit erano considerate a met strada tra gli uomini e gli dei e si pensava
partecipassero sia della natura umana che di quella divina: immortali alla stregua degli dei, tali
creature erano anche capaci di provare emozioni e di soffrire, come gli esseri umani. Questo il
motivo per cui Ficino e molti suoi contemporanei credevano nella loro esistenza. Inoltre levidenza
di una continua interrelazione fra i demoni e lumanit era per loro incontrovertibile. Infatti,
sebbene Ficino si mostri spesso ansioso di respingere la magia demonica, i demoni rivestono un
ruolo di grande importanza nel suo pensiero.
Tornando alle rispettive visioni di Plotino e Ficino sui demoni personali, mentre Plotino vedeva il
demone come un elemento attinente allanima, che avrebbe perso il suo significato fuori dai confini
della nostra vita mentale, Ficino stabil una stretta connessione fra gli aspetti demonici della nostra
anima e le forze esterne dotate di una dimensione cosmologica, descrivendo linternalizzazione di
queste forze come demonica. Di conseguenza era limmaginazione, che Ficino considerava il
canale per gli interventi degli esseri superiori, ad essere considerata la facolt demonica par
excellence. Inoltre il filosofo di Careggi tendeva generalmente a definire i demoni come riflessi di
forze che influenzano lanima dallesterno.

Lanima umana, secondo Ficino, il luogo dove le forze demoniche esteriori incontrano le facolt
della mente e si identificano con esse. I demoni di ogni grado, spiega Ficino, influenzano
continuamente una delle facolt della nostra anima. Questa influenza cos forte che rende
possibile un legame ininterrotto fra il nostro universo psicologico interiore e il mondo esterno. Nella
sua cosmologia, ognuna delle tre regioni dellaria composte rispettivamente da aria nebbiosa, pura
e infuocata popolata di esseri demonici e corrisponde ai diversi livelli psicologici della nostra
anima. La sfera pi bassa, nebbiosa e del tutto piena dacqua, corrisponde al potere immaginativo; il
livello mediano, fatto di aria pura, alla ragione discorsiva, mentre lo strato superiore, di aria
infuocata, alla comprensione intuitiva. I demoni rappresentano i canali di queste corrispondenze:
Se viviamo in accordo con limmaginazione, il nostro demone esteriore sar di
natura aerea: esso un demone che appartiene alle regioni pi basse dellaria e
che, agendo sulla nostra immaginazione, stimola notevolmente la nostra anima
per mezzo della sua stessa facolt. Se, invece, viviamo sotto il dominio della
ragione, il nostro demone, che appartiene alle regioni mediane, condurr la
ragione umana grazie alla sua attivit analoga. Infine, se la nostra vita retta
dallintelletto, un demone appartenente alla pi alta regione dellaria ci assiste
mediante la sua facolt conforme. I demoni agiscono non per libera scelta, ma
per natura. (Ficino, In Plotinum, 1708)
I demoni di ciascun grado agiscono sullanima umana in un modo particolare, che Ficino descrive
usando diversi verbi per distinguere le loro azioni tipiche: i demoni della sfera inferiore eccitano
(agitant) la nostra immaginazione, quelli di aria pura conducono (versant) la nostra ragione, mentre
gli abitanti della sfera superiore ispirano (aspirant) la nostra facolt intellettuale. Il lessico ficiniano
mostra chiaramente che i demoni esteriori hanno un impatto sui differenti livelli della coscienza.
Infatti incrementano lesercizio dellimmaginazione e della ragione discorsiva, mentre non possono
agire direttamente sulla comprensione intuitiva, a causa della sua autoevidenza, e riescono solo ad
influenzarla in maniera surrettizia: I demoni del grado pi alto, dice Ficino, agiscono pi
segretamente e pi silenziosamente, ravvivando in ogni momento lattivit dellintelletto (ibid.).
Lenfasi che pone sulla differenza fra le varie influenze demoniche suggerisce che Ficino fosse
preoccupato di tenere le facolt pi alte dellanima libere dal potere dei demoni, in modo da
preservare lautonomia dellattivit intellettuale. Questo comporta anche che, fra le facolt
dellanima, limmaginazione a risentire maggiormente dellinfluenza demonica. Malgrado ci, a
parte queste difformit, i demoni intervengono pressappoco nel modo in cui le facolt dellanima si
stimolano reciprocamente:
Nella nostra anima, il pensiero della luce intellettuale (intellectualis lucis
excogitatio), per sua stessa natura, muove limmaginazione a rappresentare la
luce materiale. Analogamente limmaginazione muove lattivit dei sensi quando
dormiamo, e spesso, mentre siamo svegli, eccita naturalmente le nostre passioni.
Al contrario, le passioni muovono i sensi, e i sensi limmaginazione che, per sua
natura, muove la ragione. In un modo simile, i demoni, per mezzo dei loro poteri,
imprimono costantemente il frutto dei loro interventi alle nostre facolt
(daemones viribus suis nostras assidue pulsant).
Ibid.
Lanalogia fra i moti interni dellanima e il potente impatto dellazione demonica sulle nostre
facolt dimostra che Ficino credeva in una stretta connessione fra i principi dellanima e le alte
intelligenze che abitano il mondo esterno. I demoni interiori, per lui, erano lanello finale nella
catena di influenze che dai corpi celesti discende fino alle regioni dellaria. In altre parole, essi

rappresentano le impronte lasciate sulla nostra anima dalle forze esterne che scorrono dalle regioni
superiori:
Tieni a mente che le catene [dellessere] esistono ovunque, dalle pi alte alle pi
basse regioni del cosmo. Di conseguenza, ogni stella influenza, in una certa
maniera, alcune classi di demoni, che sono i servitori delle stelle. Allo stesso
modo, le anime sono influenzate dai demoni, ognuna dai rispettivi. In ogni
regione, perci, dimorano molti demoni, sia nel mondo sublunare che oltre: i
demoni di Saturno sotto Saturno, i demoni di Giove sotto Giove e cos via. Alcuni
demoni di Saturno sono poi superiori ad altri demoni dello stesso cielo; e lo
stesso accade per i demoni di Giove, proprio come succede fra gli uomini.
Pertanto era il pi eccellente fra i demoni dellaria quello che diresse Plotino e
Socrate un demone che godeva della guida di uno tra i pi eccellenti demoni
eterei, condotto, a sua volta, da un demone celeste tra i pi elevati.
Il brano dimostra che secondo Ficino i demoni personali, i quali presiedono alla vita degli uomini,
non sono mai da identificare esclusivamente con le pi alte facolt dellanima. Essi possono essere
visti come forze psichiche che influenzano notevolmente e le scelte e la condotta di vita dellanima.
Nondimeno, il fatto che essi siano a loro volta condizionati dalle alte intelligenze prova che la loro
tutela non dipende esclusivamente dalla natura essenziale dellanima, ma che si vincola ad una
dimensione cosmologica. Questa visione della doppia natura esterna ed interna del demone
personale di ognuno di noi emerge chiaramente in un passaggio del suo Argomentum in Apologiam.
Mentre discute della natura dello spirito tutelare di Socrate, Ficino infatti chiede: Possiamo
chiamare lintelletto di Socrate demone?; domanda alla quale risponde: Certamente s: Timeo
sostiene che Dio ci assegna la parte pi alta della nostra anima sotto forma di demone (Ficino,
Argumentum in Apologiam, 1387; Vedi Platone, Timeo, 90A-B). Il periodo sembra suggerire che
il demone personale sia una presenza interiore assimilabile allintelletto. Alcune righe dopo,
tuttavia, quando Ficino afferma che il demone di Socrate non dovrebbe essere visto come una
facolt della sua anima, questa posizione viene respinta. Al contrario, prosegue Ficino, il demone
del filosofo appartiene alla categoria dei demoni esterni, i quali fanno da intermediari fra gli esseri
umani e gli dei:
Dal momento che luomo vive nelle tenebre dellignoranza ed travagliato dalle
numerose avversit della fortuna o distratto dalle sue lusinghe, non capace di
raggiungere il fine che Dio gli ha assegnato, senza il Suo continuo aiuto.
Pertanto, [Platone] accetta lidea che Dio ci abbia affidato i demoni pi puri in
qualit di guide per le nostre vite cos che essi possano aiutarci in virt di segni
profetici, auspici, sogni, oracoli, voci, sacrifici ed ispirazioni di origine divina.
Egli voleva che il demone familiare di Socrate fosse annoverato fra questi e che
fosse ben distinto dalla mente di Socrate stesso (vult Socratis daemonem a mente
socratica differentem).
(Ficino, Argumentum in Apologiam, 1388)
Cos, dove Plotino tende ad identificare il demone dellanima con la platonica voce della
coscienza, Ficino si mostra maggiormente incline a mantenere i due termini separati. E possibile
del resto provare che il demone di Socrate non fosse identico al pi alto principio della sua anima.
Infatti, mentre il demone stimolava Socrate allagire e gli insegnava molte cose, il suo pi alto
principio spirituale non si rivolgeva mai a lui, n gli impartiva alcun tipo di insegnamento. Per tali
ragioni, conclude Ficino, il demone deve essere qualcosa di esterno alla mente di Socrate
(daemonem hunc aliquid esse praeter mentem) (ibid.). Nel suo Commento a Plotino, linfluenza

esterna del demone personale, che sollecita lanima pur rimanendo al di fuori di essa, affermata in
rapporto allo spirito tutelare di Plotino:
Ma se il demone di Plotino del pi alto grado, com possibile che lo guidi in
una maniera a lui familiare? E come pu il grande maestro avere accesso ai suoi
raggi? Sebbene risieda a distanza, il demone pu sempre imprimere un qualche
significato sotto forma di parole, emettendo raggi percepibili (sensuales radii).
Per mezzo di tali impressioni, il demone in grado di vedere lo spirito delluomo
e, osservandolo, di comunicare e produrre significati come se stesse parlando.
(Ficino, In Plotinum, 1708)
Il demone personale, per Ficino, esiste fuori dallanima e, al fine di esercitare la sua azione sugli
esseri umani, ha bisogno di mezzi esterni come i raggi di luce che possono trasmettere la loro
influenza a grande distanza. In questo passo emerge chiaramente la differenza fra la concezione del
demone tutelare, per cos dire, cosmologica di Ficino e quella pi spirituale di Plotino. Tuttavia
questa difformit non risulta sempre cos ben marcata, poich il demone secondo Plotino non
interamente allesterno, ma solo nel senso che non legato a noi e non attivo in noi ma in ci che
nostro. (Enneadi III.4.5, 155). Ficino, daltra parte, considera il demone di Enneadi III 4.3 come
linteriorizzazione del demone esteriore, che agisce sulla nostra anima dallalto e trasmette ad essa
linfluenza dei corpi celesti. Da ci deriva che la facolt demonica par excellence non sia la ragione
o lintelletto, come per Plotino, ma piuttosto la nostra immaginazione, la quale trasforma i corpi
esterni in rappresentazioni interne e che, posta sulla linea di confine fra diversi livelli di realt, serve
come porta dingresso agli interventi delle intelligenze superiori.

SPECCHI DELLA REALTA: LA NATURA DEMONICA DELLA MATERIA


E DELLIMMAGINAZIONE
Nelle Enneadi, Plotino collega limmaginazione con quellentit che, da un punto di vista platonico,
rappresenta lassoluta negazione dellessere e la fonte di ogni illusione: la materia stessa. Secondo
Plotino, infatti, il processo di creazione delle apparenze, che chiama , avviene nella
materia. Come uno specchio, la materia riflette solo le immagini e non la vera natura delle cose. Da
un punto di vista metafisico, tuttavia, la materia ancor pi lontana dalla realt che uno specchio
giacch se le cose che appaiono in sogno, nellacqua o in uno specchio sono dello stesso genere di
quelle che rappresentano, quanto appare nella materia si rivela diverso da ci che produce la sua
immagine. (Plotino, Enneadi III 6.7). Le immagini nella materia non sono altro che fantasmi
dentro fantasmi, ombre che trapassano in ombre senza forma (ibid.). Per Plotino, quindi, la
materia unillimitata fonte di realt immaginarie e trova il suo completamento non nellessere
reale, ma nellabile processo di creazione delle immagini che egli definisce: la conoscenza di ci
che appare ( ) (ibid.).
La connessione fra materia e facolt immaginativaentrambi superfici che, al pari degli specchi,
riflettono gli esseri ma che non sono esserifu senzaltro apprezzata da Ficino. Il filosofo infatti,
nellintroduzione al suo Commento sul Sofista, ricorda al lettore che Platone ci ha insegnato che la
vera essenza si accorda con lincorporeo, ma lessenza immaginaria con il corporeo (Ficino, In
Platonis Sophistam, 218). Inoltre, nel suo Commento a Plotino, spiega: Certamente la materia,
dal momento che malvagia ed quindi la cosa pi distante dal Bene stesso, non desidera il Bene
come qualcosa che rivendica naturalmente per s, piuttosto al modo di una veste immaginaria,
indossata per errore. Dunque, se su un piano metafisico la materia che, come in uno specchio,
riflette lapparenza dellessere, nellanima umana limmaginazione che riflette la vera realt, ossia
le forme intellettuali. Limmaginazione, la facolt che trasforma i pensieri in immagini, rende
capace lanima di percepire le rappresentazioni visive delle cognizioni dellintelletto. In Enneadi
6

I.4.10 Plotino descrive limmaginazione, o , come una superficie che capace di


riprodurre le immagini del pensiero. E significativo che, commentando questo passaggio, Ficino
metta particolare enfasi sullidea dellimmaginazione simile ad uno specchio:
Di certo, come locchio contenuto nel viso, cos la ragione lo nellintelletto. E
cos come locchio non vede il viso e non percepisce il suo movimento eccetto
quando i raggi lineari emanati dal volto sono diretti verso uno specchio posto
davanti a noi e da l si riflettono, grazie ad un angolo simile, verso locchio, e lo
specchio riporta limmagine finch riesce a trattenerla allo stesso modo, la
ragione, come locchio, non vede lintelletto n percepisce il suo movimento,
sebbene sia sempre attivo, a meno che la sua influenza non agisca in qualche
misura sullimmaginazione, rivolgendosi altrove ma tornando per quella via.
Infatti, per mezzo di un tale procedimento, limmagine di una superiore attivit
ritorna dallimmaginazione alla ragione.
(Ficino, In Plotinum, 1569)
Sia la materia che limmaginazione, per Ficino, sono specchi deformanti che riflettono immagini
fantastiche. Esse possiedono la capacit di sfumare i limiti fra reale ed irreale e di ingannare lanima
usando quella conoscenza di ci che appare di cui Plotino parla in Enneadi III.4.6. Condividono
questa abilit con i demoni, i quali erano considerati i pi grandi produttori di immagini.
importante tuttavia tenere a mente che per entrambi i filosofi limmaginazione non rappresenta
soltanto uno specchio che distorce la realt e inganna le anime, ma anche un importante strumento
epistemico. Infatti, elaborando sensazioni e pensieri in immagini, essa diviene la facolt grazie alla
quale lanima prende consapevolezza sia della silenziosa vita del corpo che dellaltrimenti
inaccessibile dominio del Nous. Pi in generale, Ficino segue Plotino considerando la conversione
del corpo e della vita intellettuale in immagini come la conditio sine qua non dellapprendimento
(, tradotto da Ficino come animadversio). Riguardo gli aspetti positivi
dellimmaginazione demonica, il De vita coelitus comparanda certamente un testo molto
importante, che ci aiuta a comprendere il pensiero di Ficino riguardo alle relazioni fra le immagini e
gli esseri di natura pi elevata. In questo trattato, limmaginazione presentata come il potere
dellanima che permette agli astri di trasmettere la loro influenza celeste sugli esseri umani con
laiuto di demoni planetari benevoli; il loro benefico intervento si ottiene mediante pratiche
associate alla magia naturale. Come ha precisato Michael Allen, Ficino considerava
limmaginazione demonica in due sensi, in s stessa e come strumento per le operazioni con le
intelligenze superiori (Icastes, 175).
Nel primo senso, le immagini si rivelano demoniche per loro stessa natura e costituiscono una fonte
di inganno per lanima. Poich esse riflettono sia la realt (la realt interna dellanima e le sue
rappresentazioni) sia lirrealt (le apparenze e le illusioni irreali di cui il mondo esterno risulta
composto, secondo la prospettiva platonica), si credeva che potessero ingannare lanima facendogli
scambiare luna per laltra. Come Ficino scrive nella Teologia Platonica:
Per la maggior parte la fantasia, che determina il modo in cui viviamo le nostre
vite, cos intensa da contemplare con affilata attenzione le proprie immagini in
s stessa. Queste immagini cos intensamente figurate abbagliano il senso
comune, che secondo luso platonico chiamiamo immaginazione, e si propagano
ai sensi inferiori e in direzione dello spirito. E pertanto consueto credere che
limmagine che si riflette sui sensi e sullo spirito sia reale. Infatti gli uomini, da
svegli, dicono di vedere uno di loro quando si rivolgono allimmagine di un uomo
che si presenta ai loro sensi. Allo stesso modo, nel sonno, affermano di vedere un
uomo quando la sua figura si irradia dalla fantasia e passando attraverso
limmaginazione perviene ai sensi e allo spirito.
7

(ibid. XIII.2, in Ficino, Teurgia platonica, 151)


Nella sua epitome del De mysteriis di Giamblico, Ficino descrive un fantasma come unimmagine
(simulachrum) che non contiene lessenza delloggetto dal quale emessa. Un phantasma, come
una forma che appare in uno specchio, attira verso il basso lanima con linganno e la illude,
pretendendo di essere qualcosa di cui ha solo lapparenza ma non lessenza. Questa la ragione per
cui i facitori di immagini sono spesso posseduti ed ingannati da demoni malvagi. Nella
tradizione platonica, lidea che le immagini siano i prodotti dellinflusso demonico sugli uomini
risale al Sofista. In questo dialogo, lo straniero di Elea a illustrare il punto. Dovremmo dire, in
accordo con la sentenza platonica del Sofista, che le immagini visibili consistono in certe sostanze
di alcuni simulachra e vengono create per mezzo di artifici demonici, come scrive Ficino nella sua
traduzione del dodicesimo libro del Commento sulla Repubblica di Proclo. Il sofista, definito da
Platone un creatore di immagini (eidolopoios), era ritenuto simile ad un impostore che fabbricava
simulacri mescolando insieme essere e non essere. La sua grande maestria nellinganno era il pi
alto esempio dellabilit di confondere lanima per mezzo di immagini false. Per questa ragione
proprio nel ficiniano Commento al Sofista, come mostra Allen nel suo Icastes, che il nesso fra
immaginazione e natura demonica si rende pi evidente. Qui Ficino spiega che, sul piano
metafisico, i demoni e le immagini sono complementari: Dal momento che i demoni seguono gli
dei, le imitazioni delle cose, copie delle prime opere divine, devono sembrare, per cos dire, dei
trucchi demonici (Ficino, Commento al Sofista, in Allen, Icastes, 270). Perci, il prodotto della
nostra immaginazione , in un certo senso, un demone (ibid.).
Tuttavia, come abbiamo precisato, cera un altro senso per cui limmaginazione era considerata
demonica: essa era lo strumento mediante il quale si riteneva che i demoni prendessero possesso
dellanima. In questo modo le intelligenze celesti erano in grado di usare le loro potenti immagini
per influenzare limmaginazione delluomo. Dato poi che questa facolt era ritenuta abbastanza
flessibile da potersi estendere dalle regioni pi basse della vita intellettiva fino al regno della
percezione sensoriale e, di conseguenza, capace di creare interazioni fra i diversi livelli dellessere,
era particolarmente esposta ad essere attirata dai demoni che si credeva abitassero nelle regioni
intermedie del cosmo. Fra i vari filosofi neoplatonici posteriori a Plotino, fu Porfirio a sottolineare
con un certo risalto il legame fra la natura demonica e il potere dellimmaginazione. In Astinenza
dagli animali, ad esempio, egli scrisse che i demoni erano abbondanti in ogni tipo di impressione
e in grado di ingannare compiendo prodigi (II,42, 72). Inoltre Psello, il quale, come dice Ficino,
proprio intorno alla natura dei demoni aveva riconciliato le posizioni dei platonici con quelle dei
cristiani, nel suo De operazione daemonum (tradotto da Ficino nel 1497) affermava che i demoni
fatti di fuoco ed aria hanno unimmaginazione portata a diversificarsi e sono in grado di infondersi
in qualsiasi specie immaginativa scelgano (537-9). Lidea che i demoni usassero sia la loro
immaginazione che quella degli esseri umani per influenzare le anime era accolta da Ficino, anche
se con estrema cautela. Egli parla di questo argomento nel suo Commento a Plotino:
A volte, la stessa potente facolt immaginativa, soltanto per mezzo della sua
azione, in grado di affliggere immediatamente il corpo nelle sue qualit e
movimenti. Addirittura, (come affermano i teologi), pu accadere che i demoni,
grazie alla loro mera immaginazione, senza alcun strumento o azione di sorta,
creino dappertutto oggetti meravigliosi con la velocit che desiderano, emettendo
potenti raggi. Spesso infatti, a causa del moto della loro immaginazione, rivelano
forme esteriormente meravigliose a coloro che sono in grado di percepirle.
(Ficino, In Plotinum, 1688)
A questo punto importante sottolineare che nella tradizione neoplatonica limmaginazione era
spesso identificata con il veicolo dellanima, chiamato in greco ochma. Si trattava di un corpo
astrale, non composto da materia ma nemmeno immateriale, che lanima acquisiva durante la sua
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discesa attraverso le sfere celesti. Porfirio, ad esempio, aveva affermato che come i demoni possono
cambiare la loro apparenza secondo le forme della loro immaginazione, cos lanima, per mezzo del
proprio immaginare, pu dare una forma differente al suo corpo spirituale (Ad Gaurum, VI, 6-11 e
XI.3; De Abstinentia, II.42). Sinesio descrisse il veicolo dellanima come il primo strumento
dellimmaginazione, ovvero la superficie pneumatica sulla quale le forme immaginative erano
impresse e trattenute (De somniis, VII). Psello, infine, aveva parlato di unanalogia presente in
natura fra i corpi spirituali dei demoni e i veicoli delle nostre anime (De operatione daemonum,
323-32). Ficino fu fortemente influenzato da questa tradizione, e certamente credette al legame tra i
demoni esterni, il veicolo dellanima e la facolt immaginativa.
Eppure, come abbiamo visto, anche la ragione e lintelletto, sebbene in minor grado, possono finire
sotto linfluenza dei demoni. Tuttavia, mentre queste alte facolt dellanima sono influenzate dai
demoni superiori che operano con discrezione senza esercitare nessun potere reale, limmaginazione
vulnerabile ai giochi di alcuni fra i demoni pi scaltri, quelli che abitano nelle regioni nebbiose
dellatmosfera e che, secondo Ficino, tengono prigionieri i loro adoratori attraverso la profezia e
linganno (In Plotinum, 1614). Un ulteriore aspetto della natura demonica dellimmaginazione,
pertanto, era la sua suscettibilit allintervento dei pi demonici fra i demoni, che distorcono la
nostra attitudine a riflettere la realt esterna invadendo la nostra anima con le forme del loro
perverso immaginare.
Nel suo Commento al Timeo, Ficino sostiene che i demoni che abitano la sfera dellaria umida,
secondo la teologia pagana e la scuola platonica, sono selvaggi (bruti) o semi-selvaggi e dotati di
immaginazioni molto potenti e acute (In Plotinum, 1469):
Forse, proprio come ci sono solo due specie di animali sulla terra la razionale e
lirrazionale cos accade nellelemento liquido, poich Orfeo e i poeti celebrano
le divinit acquatiche. Si pensa che probabilmente nella regione dellaria
mescolata, assieme ai demoni dotati di discernimento, ve ne sia anche un genere
semi-selvaggio, fornito di solito di una facolt immaginativa molto potente, che
scuote le menti alla stessa maniera dei corpi in contatto tra loro. Se tale ipotesi
in qualche modo verosimile, porremo questi demoni nella stessa categoria delle
persone che non interagiscono con noi in modo normale, alla stregua di coloro
che impressionano i bambini e i folli con giochi e trucchi, distraendoli con cose
puerili e spaventandoli con apparizioni terribili.
(ibid.)
I demoni che appartengono alla sfera dellaria nebbiosa sono dotati di una potente immaginazione
che, in questo caso, non indica labilit di produrre rappresentazioni di pensieri o di riflettere
lattivit intellettuale del Nous, ma piuttosto si riferisce al potere inconscio che governa i processi
corporei (come la crescita organica o lattivit motoria), ed anche le passioni e gli appetiti
irrazionali. Per comprendere ci, abbiamo bisogno di ricordare che, per Ficino, lattivit
dellimmaginazione demonica si manifesta non soltanto nellelaborazione di immagini ma anche
nellanima, nel languori appena percepibili, come il senso di vuoto allo stomaco o lo stimolo
sessuale che avvertiamo nel dormiveglia. Queste sensazioni operano a un livello che egli definisce
immaginazione vegetativa (vegetalis imaginatio), che rappresenta una sorta di ramificazione del
potere vitale attraverso cui lanima d vita al corpo e che coinvolge le sensazioni prima che siano
trasformate in rappresentazioni visive, ossia prima che diventino immagini. Ficino descrive questo
livello vegetativo come una percezione cieca che agisce senza immaginare (agens neququam
imaginando, In Plotinum, 1718), al pari di un sonno senza sogni. Spesso capita, egli spiega, che
durante una notte di sonno agitato, lanima faccia esperienza di certi desideri mangiare, ad
esempio, o bere senza tuttavia vedere nei sogni immagini di queste sensazioni poich esse non
hanno ancora raggiunto lo stadio nel quale possono essere rappresentate. Lattivit

dellimmaginazione vegetativa simile a questo tipo di sonno senza sogni, perch essa percepisce
le sensazioni dietro una coltre oscura, senza trasformare le sensazioni in immagini.
Commentando Enneadi II.3.9, in cui Plotino fa riferimento al possente demone del Simposio
platonico, Ficino si domanda quale tipo di passioni sono tipiche dei demoni e d la seguente
risposta:
Si pensi ad un uomo saggio che sia costantemente assorbito dalla contemplazione
delle cose divine. Nondimeno, mentre contempla tali elevate realt, nella sua
anima vegetativa sorge il bisogno di trovare del nutrimento per il suo corpo; a
volte lo stimolo della fame striscia nel suo stomaco e il naturale desiderio di
alimentarsi lo istiga. Ma, nel frattempo, la facolt razionali della sua anima sono
dirette verso entit separate e non fanno caso a passioni di questo genere. Anche
limmaginazione avverte a stento i sensi, come se fosse offuscata. Questo
allincirca cosa avviene nellanima, allorch, durante un sonno privo di sogni,
queste stesse passioni vengono eccitate. E pertanto allo stesso modo che
agiscono le passioni demoniche durante la meditazione delle realt celesti.
(Ficino, In Plotinum, 1631)
Il vincolo fra le passioni demoniche ed il sonno senza sogni suggerisce che, per Ficino, la qualit
demonica non possedeva la chiarezza e lauto-evidenza che caratterizzava la nozione plotiniana
del . Anzi, Ficino considerava questo stato come pi opaco ed ambiguo delle stesse
immagini che incontriamo nei sogni. Non era quindi la capacit dellanima di applicare lintuizione
intellettuale ad essere demonica, come in Plotino, piuttosto il suo potere di cancellare i confini fra
il reale e lirreale.
Per una migliore comprensione della differenza fra le posizioni di Plotino e Ficino intorno alla
natura del demone interiore, sar utile prendere in esame un passaggio delle Enneadi dove
limmaginazione descritta come una forza che prova invano ad oscurare lanima:
Ora, nellanima limmaginazione un fantasma mentre la natura dellanima non
affatto fantasmatica; e sebbene limmaginazione in molti modi sembri condurre
lanima ovunque voglia, nondimeno lanima la usa come se fosse materia o
qualcosa di simile e certamente limmaginazione non lo nasconde dal momento
che spesso espulsa dalle attivit che sorgono dallanima e, anche se giunge a
sviluppare tutto il suo potere immaginativo, essa non riesce a nascondere
completamente lanima e fare in modo che appaia essere ella stessa un riflesso,
poich lanima ha in questo attivit e principi razionali che sono in opposizione e
con cui allontana le cose che la attaccano.
(Ficino, Enneadi, 273)
Per Plotino, la facolt demonica dellanima il principio razionale qui descritto, che si oppone
allinvasione delle immagini. Il s superiore, resistendo al fascino delle immagini visibili, realizza
una funzione che nel pensiero di Plotino direttamente connessa al ruolo tutelare del :
rendere capace lanima di trascendere il mondo esterno composto di apparenze.
Ficino, al contrario, identifica il potere demonico dellanima non con la sua abilit di controllare e
di resistere allinfluenza delle immagini, ma con la sua incapacit di respingerle. precisamente a
causa del fatto che limmaginazione permette alle immagini e alle ombre di prendere possesso
dellanima che essa viene riconosciuta come lunica facolt che agisce demonicamente. La
differenza fra il modo in cui Plotino e Ficino intendono la natura dei demoni pu essere in parte
spiegata dalla degradazione del concetto di demone nella storia del platonismo. Per Plotino, come
abbiamo visto, il termine denota un potere o unispirazione divini come il latino genius
interne allanima di una persona. Pi tardi, quando linteresse per la teurgia divenne prominente fra
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i filosofi platonici, il non fu pi visto come la parte pi elevata della nostra anima, ma
come unentit divina che poteva essere invocata attraverso specifici riti teurgici. Giamblico, ad
esempio, scriveva che quando il demone personale arriva ad affiancare una persona, gli rivela la
pratica di devozione che gli si conf, ed anche il suo nome, impartendo inoltre istruzioni sul modo
in cui deve essere evocato (Sui Misteri di Egizi, Caldei e Assiri, IX. 9,341). Autori pi tardi,
come Ermia e Proclo, che abbiamo gi citato, respinsero la concezione di Plotino del , che
ne fa un potere della nostra anima, e innalzarono il demone personale ad un pi elevato grado
ontologico, quello di un essere divino. Per di pi, oltre ad essere legato alla teurgia, il demone
personale venne associato alle pratica astrologica, dal momento che la natura del nostro spirito
guardiano era fatta dipendere dalla configurazione delle stelle al momento della nostra nascita.
Ficino sub senzaltro il fascino di teorie simili, poich credeva fermamente nellinfluenza
combinata di astri e demoni sulla nostra anima e mostrava un vivo interesse per la teurgia. Lidea,
posteriore a Plotino, che i demoni dimorassero fra le stelle e le anime razionali, operando sugli
esseri umani in qualit di mediatori dellinfluenza celeste, emerge chiaramente nel suo commento
ad Enneadi III.4.3. Il concetto teurgico dei demoni come strumenti di grande efficacia nella
trasmissione delle simpatie cosmiche ebbe un importante impatto sulla demonologia ficiniana,
assieme alla dottrina cristiana che faceva di questi esseri una categoria di entit separate. Nel suo
duplice ruolo di filosofo cristiano e sacerdote, Ficino credeva che i buoni demoni mediassero fra
Dio e gli esseri umani, e li riteneva di primaria importanza nel sistema di interazioni fra i cieli e la
terra. Come Michael Allen ha chiarito, Ficino associava i demoni buoni ai messaggeri angelici del
Cristianesimo anche se, secondo lui, essi non furono mai pienamente cristianizzati e il
platonismo cristiano del Rinascimento rimase convinto che i demoni e qualsiasi demonologia
fossero cose prettamente pagane (Socrates and the daemonic voice of conscience, 142-3). La
credenza cristiana che sia gli intermediari malvagi che i buoni esistessero fra Dio e gli uomini
ben riconoscibile nelle teorie di Ficino sul nostro demone guardiano. Come abbiamo avuto modo
di vedere, egli oscillava fra lidea di un essere soprannaturale appartenente ad una categoria
ontologica separata e la nozione di influenze celesti assimilate dalla nostra anima.
Nel sistema di Ficino, cos come per Plotino, il demone guardiano di Enneadi III.4.3 era
contemporaneamente sia interno che esteriore allanima. Entrambi i filosofi, infatti, interpretavano
il demone personale in linea con la visione neoplatonica dellunit della coscienza. Questa unit,
sia per Plotino che per Ficino, era garantita dallimmaginazione la quale, trasformando
costantemente le sensazioni in entit mentali e rendendo visibile il contenuto dei nostri pensieri,
fornisce allanima la consapevolezza del corpo e dellintelletto. Diversamente da Plotino, tuttavia,
Ficino riteneva che la capacit dellimmaginazione di controllare la metamorfosi interna delle
immagini a partire dal piano vegetativo, fino alle soglie dellintelletto, fosse la quintessenza della
facolt demonica. Per lui, in definitiva, il demone a cui lanima viene legata quando dal regno del
Nous scende nel mondo della generazione, non la ragione o lintelletto, come avviene per
Plotino, ma la facolt immaginativa.

Submitted 29 Feruary 2012, recise 20 May and 28 August, accepted 24 October


The Warburg Institute

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