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Universitas
collana diretta da Piero Coda
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Piero Coda
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Prefazione
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cizio plausibile e persino necessario. Plausibile, perch ritrova il suo referente oggettivo in quanto personalmente esperito. Essenziale, perch simpegna a
far venire alla parola la verit di questesperienza:
come orizzonte in cui sono chiamati a esprimere e
articolare il loro senso, per la loro parte e nella loro
autonomia, anche gli altri saperi.
Il riferimento a questo contesto spiega del resto
anche il ricorso allesperienza di Chiara Lubich e allo stile di esistenza cristiana ispirato al carisma dellunit, come illustrazione e verifica di quanto via via
si viene affermando nellapprofondimento della verit cristiana a partire dalla Sacra Scrittura e dalla
tradizione ecclesiale. Lesercizio teo-logico, infatti,
per s espressione responsabile di quel circolo virtuoso per cui lesperienza odierna della fede presuppone e rinvia alla sua origine fondante e alla sua autorevole trasmissione.
Importa infine precisare che il genere letterario
della lectio e dello snodarsi dei suoi contenuti di anno in anno (quattro quelli previsti dalla Summer
School) giustificano qualche ripetizione e sovrapposizione: che volutamente ci si risolti a lasciare tal
quale, a testimonianza del carattere tentativo e provvisorio dellimpresa.
P. C.
I.
PREMESSA
In queste due prime lezioni intendiamo approfondire alcune nozioni fondamentali riguardo alla
conoscenza di Dio, alla rivelazione chEgli fa di s, a
quella verit che per la fede cristiana Ges stesso e che come tale viene trasmessa dalla Chiesa. Si
tratta di nozioni che vengono approfondite nella disciplina teologica che, proprio per il suo oggetto, si
suole chiamare teologia fondamentale. Cominciamo, in questa prima lezione, dal tema della conoscenza di Dio.
1. LE VIE DELLA CONOSCENZA DI DIO
Com che possiamo conoscere Dio? e per quali vie?
Per incamminarci in un sentiero di risposta, il
nostro sguardo si deve far semplice. Nella nostra
cultura, infatti, sono depositate tante nozioni e si affacciano tanti problemi che vanno riportati alla loro
radice e immersi nella luce del rapporto che in prima persona gi viviamo con Dio in Ges.
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3. LA FEDE DISRAELE,
RISPOSTA A DIO CHE SI RIVELA
Con Israele, avviene un fatto nuovo. Il Divino,
in un atto libero e gratuito, entra in rapporto personale con la creatura.
un rapporto di amicizia, di elezione, di alleanza che coinvolge liberamente alcune persone: Abramo, Mos, Elia, Isaia e, attraverso di loro, il popolo dIsraele. Inizia un capitolo nuovo della storia di
Dio con gli uomini: una storia fatta di nomi, di persone, di incontri, di avvenimenti.
Prende cos figura la fede dIsraele.
Essa, certo, assume la grammatica espressiva
delloriginaria esperienza religiosa, ma insieme la
trascende, la purifica, la illumina, la proietta in avanti. Si tratta, ora, di credere e cio affidarsi a quel
Dio (JHWH, il Signore) che si d a conoscere nella
storia attraverso la sua parola e il suo operare.
Ecco: la fede si configura come la risposta delluomo, nella sua intelligenza e libert, a Dio che si
rivela, che entra cio in gratuito rapporto dalleanza
con il suo popolo, per aprire una via nuova allumanit verso di s.
La fede non dunque fiducia cieca, ma affidarsi fondato, perch Dio si mostra degno di credibilit e fedele nel suo rivelarsi e nel suo agire a favore
del suo popolo. Israele impara perci progressivamente e non senza vistose tensioni a riporre la sua
fiducia non in s, o in alcunch dumano e mondano, ma nel Signore soltanto.
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Dio, rispetto alla precedente esperienza religiosa, non semplicemente il principio e il garante dellordine cosmico e umano, ma rivelandosi trascendente (Santo) rispetto ad esso, vinterviene in dialogo con luomo. Egli si mostra con ci un Dio di uomini.
Il che non significa che lintelligenza e la libert
siano sminuite: esse anzi sono esaltate, perch si trovano ad aver a che fare si direbbe corpo a corpo
con quel mistero da cui, e da sempre, sono interpellate e verso cui, per sempre, sono indirizzate.
La relazione con JHWH, il Signore, e la presenza attiva di Lui che entra a discriminare e guidare la
storia, indirizzano verso una promessa, e cio un
compimento del senso che abita lesperienza umana:
nella storia e al di l di essa.
La Parola di Dio e il suo Spirito attraverso cui
Egli si fa presente alluomo , aprono orizzonti ulteriori e impensati allintelligenza e alla libert, acutizzano lo sguardo e irrobustiscono la decisone. Accolti nel cuore e nella mente delluomo, interiormente
li trasformano: vi dar un cuore nuovo, metter
dentro di voi uno spirito nuovo, toglier da voi il
cuore di pietra e vi dar un cuore di carne (Ez 36,
26).
La fede nel Signore, in una parola, via alla conoscenza come comunione con Lui: Io ti sposer a
me nella fede e tu conoscerai il Signore (cos il profeta Osea, 2, 22). Anche se Dio resta misterioso e al
di l dogni possibile presa e previsione umana.
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Conoscenza del Padre e affidamento a Lui nellamore: ecco la relazione singolare che Ges vive
con Dio e vuol comunicare agli uomini.
Per questo, Ges descritto nella lettera agli
Ebrei come guida che apre la strada (archegs) e perfezionatore (teleiots) della fede (12, 2), e collocato
al culmine dun pellegrinaggio ideale (descritto al
cap. 11) che, iniziato con Abele, annovera i principali testimoni della fede nel Primo Testamento: Abramo, Sara, Isacco, Giacobbe, Giuseppe, Mos
Fede, ancora una volta, non dice alternativa al
conoscere in cui sesprime, per luomo, la nostalgia
dellincontro con Dio. Ma dice piuttosto la sua attuazione gratuita in risposta a Dio che si rivela pienamente in Ges.
6. GES ABBANDONATO,
VERTICE DELLA CONOSCENZA DI
DIO
rappresenta. Ges si affida e si conforma alla volont del Padre, pur nella difficolt umanissima di adeguarvisi. Con straordinaria affermazione, la lettera
agli Ebrei esprime in tutta la sua forza il paradosso:
pur essendo Figlio, impar tuttavia lobbedienza
(uJpakohv = ascolto dal di sotto) dalle cose che pat e,
reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono (5, 8-9).
Ges impara lobbedienza: non nel senso che
passi da un meno a un pi, ma nel senso che la sua
libert umana matura nello scavo di ci che significa e comporta obbedire al Padre.
Di pi. Le narrazioni evangeliche ci fanno rivivere lesperienza che Ges patisce sulla croce. Il
Vangelo di Marco e quello di Matteo riportano il
suo grido: Dio mio, Dio mio perch mi hai abbandonato? (Mc 15, 34; Mt 27, 46). E sottolineano cos labisso della prova vissuta da Ges, che investe la
sua stessa relazione di conoscenza e di fede in Colui
che, appena poco prima, aveva pregato come Abb, Padre (cf. Mc 14, 36).
Il contesto entro cui si colloca in Marco il grido
di Ges spiega Grard Ross dice che esso non
va inteso come unattestazione di disperazione, bens come il rivolgersi e laffidarsi a Dio nella prova
estrema che egli sta sperimentando 1.
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3 Dal discorso tenuto in occasione del conferimento del dottorato honoris causa in Filosofia allUniversit Jean-Baptiste de La
Salle, il 6 giugno 1997, a Citt del Messico: C. Lubich, Per una filosofia che scaturisca dal Cristo, in Nuova Umanit, XIX
(1997/3-4), n. 111-112, pp. 363-375.
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Ges che perde la vita, per adempiere il disegno del Padre come amore per gli uomini, la ritrova
nuova, piena, moltiplicata come il chicco di frumento
caduto in terra (cf. Mc 8, 35; Gv 10, 17-18; Gv 12, 24).
La fede con cui i discepoli hanno accolto e aderito allannuncio di Ges trova cos in Lui crocifisso
e risorto il suo oggetto adeguato e il suo compimento. Essa diventa ora, in pienezza, riconoscere e credere allamore, e cio a Dio/Abb che ha risuscitato
Ges: Noi abbiamo riconosciuto e creduto allamore che Dio ha per noi (1 Gv 4, 16).
Grazie a Ges, anche nel cuore dei discepoli lo
Spirito del Figlio pu ora gridare con fiducia e verit: Abb, Padre! (cf. Rm 8, 15; Gal 4, 6).
8. GES IN NOI, NOI IN GES
Non si tratta di semplice imitazione. diventare uno con Ges risorto che ci raggiunge nello
Spirito e, quando lo accogliamo, ci configura a s
per condurci al Padre.
Ges risorto ci comunica, nella fede, il dono di
rivestirci di Lui, come scrive Paolo (cf. Rm 13,
14). Ges, infatti, la vite in cui siamo innestati anche noi, suoi tralci, secondo limmagine del quarto
Vangelo (cf. Gv 15, 5).
Cristo in noi, noi in Cristo. Questa reciproca
immanenza, questo scambio damore: ecco, in definitiva, che cos la fede. Per essa e in essa anche lintelligenza vive di vita nuova: come crocifissa e ri18
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II.
La verit cristiana
e la sua trasmissione
PREMESSA
In questa seconda lezione cerchiamo di rispondere alle seguenti domande:
- che cosa intendiamo per verit nella prospettiva della fede?
- e poi, come la verit cristiana viene trasmessa
lungo i secoli, in fedelt alla sua origine e al suo autentico significato, dalla Chiesa?
- e infine, come e in quale senso, essendo sempre la stessa e perci inalterabile, la verit cristiana
pu e anzi devessere approfondita e resa attuale di
tempo in tempo?
1. LEVENTO DI GES, RIVELAZIONE PIENA
E DEFINITIVA DI DIO NELLA STORIA
Innanzi tutto, che cosa intendiamo quando parliamo di verit cristiana?
La verit cristiana la rivelazione che Dio ha fatto di s in modo pieno e definitivo (= escatologico)
nella storia per mezzo di Ges. E quando dico Ges dico tutto Ges, tutto il suo evento: dal concepi20
mento nel grembo di Maria, passando per il suo ministero pubblico che inizia col battesimo al fiume
Giordano e giunge alla morte di croce, sino alla risurrezione, alleffusione dello Spirito Santo, allascensione al cielo, alla promessa del suo ritorno
glorioso alla fine dei tempi (= parusia).
Grazie allispirazione dello Spirito Santo, gli apostoli e la prima generazione cristiana sperimentano e
comprendono che il Vangelo e cio la rivelazione
del disegno damore di Dio non consiste solo nel
messaggio e nelle opere di Ges sino alla croce, ma
anche nella sua risurrezione, nelle sue apparizioni,
nel dono dello Spirito Santo da parte del Risorto, nella sua presenza in mezzo ai suoi.
Essi, anzi, sperimentano e comprendono che la
Pasqua di Ges (morte e risurrezione) la chiave
che illumina il significato del suo ministero e di tutta la sua vita. Basti pensare allepisodio dei discepoli di Emmaus: dove Ges risorto spiega in tutte le
Scritture ci che lo riguarda (cf. Lc 24, 14-35).
Tutto questo Vangelo: come testimoniano, appunto, i quattro Vangeli.
Tutto questo Parola di Dio in senso forte:
Dio che comunica se stesso.
Tutto questo viene a costituire il Nuovo Testamento: in cui raccolta per iscritto la rivelazione di
Dio in Ges, e che presuppone il Primo Testamento in cui sinnesta e che porta a compimento.
Per mezzo dellesegesi (= analisi dei testi biblici,
grazie agli strumenti scientifici del metodo storico e
della critica testuale) e dellermeneutica (= interpre21
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tazione del loro significato teologico) si possono distinguere i vari momenti e i vari strati della rivelazione che si sono cristallizzati nel Nuovo Testamento.
Essi sono almeno tre:
a) lo strato pre-pasquale o gesuano, risalente al
Ges storico (lannuncio del Regno, la preghiera rivolto allAbb, la sua autocoscienza, le parabole, i
miracoli, gli avvenimenti principali del ministero
pubblico: battesimo, trasfigurazione, ultima cena,
processo, morte di croce, ecc.);
b) lo strato post-pasquale, che testimonia di
Ges risorto (non solo le apparizioni, la pentecoste,
ma la sua presenza viva, la sua azione mediante lo
Spirito Santo, la chiamata di Paolo, ecc.), nella cui
luce si rileggono la sua vita precedente e il suo messaggio;
c) la penetrazione nello Spirito Santo del mistero di Ges come Figlio Unigenito del Padre, del disegno di Dio sulla storia, dellevento dellincarnazione (si pensi alla comprensione che Paolo ha del piano universale di Dio in Ges che coinvolge anche i
gentili, o alla pre-esistenza del Lgos contemplata
nel prologo del quarto Vangelo).
Tutto questo Parola di Dio, cio verit cristiana.
E tutto scaturisce da Ges e indirizza verso Ges.
2. IO SONO LA VIA, LA VERIT E LA VITA
In questorizzonte si pu comprendere il significato
di quellaffermazione icastica che troviamo nel Van22
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3. LA VERIT CRISTIANA
CRISTOLOGICA E TRINITARIA
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per grazia figlio nel Figlio, il nostro destino la risurrezione della carne, ecc. Anche in questo senso la verit cristiana trinitaria una insieme e molteplice.
Lessenziale che le molte verit della rivelazione cristiana hanno sempre la loro radice in Ges e
sono sempre in Lui ricapitolate 4.
Questo fondamentale principio stato espresso
dal Concilio Vaticano II dicendo che esiste un ordine o gerarchia nelle verit della dottrina cattolica,
essendo diverso il nesso col fondamento della fede
cristiana (Unitatis redintegratio [= UR], 11).
Si precisa cos che c una pluralit di verit e
che esse, pur essendo tutte vere, non hanno la stessa importanza: alcune sono pi centrali, essendo
lorigine, la chiave e lorizzonte dinterpretazione
delle altre. Come si pu facilmente intuire, si tratta
di unaffermazione di grande peso teologico (oltrech esistenziale ed ecumenico).
5. LA TRADIZIONE
Ges disse: Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anchio mando voi. Dopo aver detto questo,
alit su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo; a chi
rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi (20, 21-23).
Veniamo cos alla seconda domanda che ci siamo posti allinizio: come viene trasmessa dalla Chiesa la verit rivelata in Ges?
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Alitando su di loro lo Spirito Santo, Ges trasmette agli apostoli la sua vita, la verit che ha rivelato, affinch essi con lassistenza dello Spirito a
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loro volta la trasmettano agli altri. E cos di generazione in generazione, lungo i secoli.
Questa la tradizione della Chiesa: che comprende, perci, innanzi tutto la Sacra Scrittura, in cui
testimoniata per iscritto la verit rivelata da Dio in
Ges; e insieme il battesimo e lEucaristia, attraverso
cui Ges continua a donarsi in modo sensibile ed efficace a noi; e poi il ministero di guida della comunit trasmesso dagli apostoli ai loro successori; e ancora i carismi dello Spirito Santo e lesperienza vissuta
della fede trasmessa da una comunit cristiana allaltra, da una generazione cristiana allaltra 6.
6. LO SPIRITO SANTO
E IL SENSO DELLA FEDE DEL POPOLO DI DIO
La tradizione della verit rivelata da parte della
Chiesa sostenuta e guidata abbiamo detto dallassistenza dello Spirito Santo. Ges, infatti, non ha
promesso solo la sua continua presenza in mezzo al
suo popolo (cf. Mt 28, 20), ma anche unininterrotta opera dilluminazione dello Spirito Santo (cf. Gv
14, 16; 16, 13).
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Come attesta il Nuovo Testamento, infatti, mentre tutto il popolo di Dio ha ricevuto il dono della
Parola di Dio, i successori degli apostoli nel ministero di guida della comunit uniti in comunione con
il successore di Pietro ereditano il mandato specifico dinsegnare nel nome di Ges con quellautorit in virt della quale chi ascolta loro ascolta Cristo,
e chi li rifiuta rifiuta Cristo e Colui che lo ha inviato
(cf. Lc 10, 16).
Essi, perci, ricevono e sono chiamati a esercitare fedelmente in comunione con la Chiesa apostolica delle origini e con tutte le Chiese che vivono
in un determinato momento storico nellunit cattolica con la Chiesa di Roma, sede del successore di
Pietro , quello che Ireneo di Lione definiva il charisma veritatis certum: il carisma certo della verit 8.
In questa prospettiva precisa ancora il Vaticano II il magistero non superiore alla Parola di
Dio, ma ad essa serve, insegnando soltanto ci che
stato trasmesso (DV 10). La funzione del magistero infatti linterpretazione fedele e autentica del
contenuto della rivelazione. Esso deve cio garantire che lespressione della Parola di Dio scritta e trasmessa in ogni epoca della storia dimori fedelmente
nella verit rivelata 9.
8
Scrive la Dei Verbum: lufficio dinterpretare autenticamente la Parola di Dio scritta o trasmessa affidato al magistero
vivo della Chiesa, la cui autorit esercitata nel nome di Ges Cristo (n. 10).
9 Nellesercizio della sua peculiare funzione il magistero secondo la dottrina della Chiesa cattolica sesprime con qualifiche
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mente interpretata, o comunque quando i cambiamenti sociali e culturali lo esigono, il magistero della
Chiesa chiamato a formulare in modo autorevole e
preciso la verit cristiana: pensiamo ai primi Concili
ecumenici su Ges e sulla Trinit. Questa formulazione frutto della presenza del Risorto nella comunione e di unassistenza speciale dello Spirito Santo. Sin
da quello che la tradizione chiama il Concilio di Gerusalemme, gli apostoli trasmettono le loro decisioni alla comunit con questa formula: Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi (At 15, 28).
Il dogma, in questo contesto, designa una verit
di fede vincolante in quanto scaturisce dalla rivelazione e come tale riconosciuta e proposta dal magistero. Esso perci immutabile nella sua sostanza.
Ma pu e anzi deve essere continuamente approfondito e sviscerato in quel processo che si definisce
sviluppo dogmatico, e cio la penetrazione e la nuova espressione del dogma in rapporto alle diverse
culture e ai diversi tempi.
Come concretamente avviene questo sviluppo?
Lo descrive in maniera precisa il Vaticano II:
Questa Tradizione di origine apostolica progredisce nella Chiesa con lassistenza dello Spirito Santo;
cresce infatti la comprensione, tanto delle realt quanto delle parole trasmesse, [1] sia con la riflessione e lo
studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro
(cf. Lc 2, 19.51 [meditazione della Parola di Dio e
teologia, con un importante riferimento al principio
mariano della Chiesa come accoglienza/penetrazio32
10 H.U. von Balthasar, Teologica, vol. III: Lo Spirito della verit, Jaca Book, Milano 1992, p. 22.
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novit, nella comprensione pi profonda del mistero di Ges, richiede infatti tempo e fatica per essere
formulata e recepita. Ma la Chiesa non cessa di sperimentare la presenza viva e sempre rinnovata dello
Spirito di verit:
Cos Dio, il quale, ha parlato in passato, non cessa di parlare con la Sposa del suo Figlio diletto, e lo
Spirito Santo, per mezzo del quale la viva voce del
Vangelo risuona nella Chiesa, e per mezzo di questa
nel mondo, introduce i credenti a tutta intera la verit e in essi per risiedere la Parola di Cristo in tutta la
sua ricchezza (cf. Col 3, 16) (DV 8c).
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III.
Ges di Nazareth,
il Messia crocifisso e risorto
PREMESSA
Unaffermazione di Chiara Lubich, che troviamo nei suoi scritti del 1949, colpisce per la sua forza e sinteticit: Ges Ges abbandonato. Ges
abbandonato Ges.
Che cosa significa?
Lo spiega lei stessa: Ges tutto manifesto nel
suo abbandono. Il vero Ges Ges abbandonato.
Dunque, per capire Ges bisogna guardare a Ges
abbandonato, e cio a Ges che consuma sulla croce, nellabisso del sentirsi senza appoggio alcuno da
parte del Padre, la sua esistenza e la sua missione.
Proprio cos accedendo alla vita nuova e piena della
risurrezione.
Ma prima dobbiamo sapere chi Ges. questa una premessa necessaria. C tutta una storia e
una vita che portano a Ges Abbandonato e sono
spiegate in Lui.
Il cristianesimo infatti gi lo abbiamo sottolineato non fondato su una teoria, ma su un evento storico preciso: e cio sulla persona di Ges di
Nazareth, vissuto in Palestina circa 2000 anni fa.
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La fede cristiana riconosce in Lui il Cristo lUnto, dal greco cristo;~, che traduce lebraico x;yviM (mashiah) , e cio il messia promesso da JHWH e atteso da Israele.
Partendo dagli scritti che autorevolmente ci offrono testimonianza di questevento, diciamo qualcosa: (1) sulla vicenda storica di Ges, (2) sulla sua
identit di Figlio di Dio, soprattutto alla luce della
sua pasqua di morte/risurrezione.
Fin dagli schemi della predicazione primitiva che
ci sono conservati negli Atti degli Apostoli (cf. ad es.
10, 37-39), la vicenda di Ges incorniciata da due
eventi: il battesimo al fiume Giordano e la passione e
morte di croce. Seguiamo dunque anche noi questo
percorso.
zione sensibile di Dio): i cieli aperti, Dio che si compiace di Ges, la consacrazione dello Spirito.
La narrazione delle tentazioni nel deserto (cf.
Mc 1, 12; Mt 4, 1-11; Lc 4, 1-13), che viene subito
dopo, concentra allinizio del ministero il leitmotiv
della sua esistenza: la coerenza con la scelta del Servo di JHWH, col rifiuto della ricorrente tentazione
(da parte del popolo, dei capi, degli apostoli stessi)
di dare una coloritura politica, teocratica, falsamente religiosa al suo messianismo.
Ges inizia la sua predicazione dalla Galilea per
spostarsi poi in Giudea e in particolare a Gerusalemme, dove avverr lo scontro con quelli che diventeranno, suo malgrado, i suoi implacabili avversari.
2. LAVVENTO DEL REGNO DI DIO
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te e operante (cf. Mt 16, 1-3; Mc 13, 28): in concreto, le parole di Ges e i suoi gesti di salvezza.
Lannuncio di Ges invita a convertirsi, ad aprirsi cio a un rapporto nuovo con Dio, e di conseguenza trasforma anche il rapporto tra le persone. Il krigma e la prassi di Ges mostrano che il contenuto
del regno innanzi tutto la rivelazione di un Dio che
Padre e che come tale perdona e libera. Ges vive
un rapporto dintimit profonda e singolare con Lui
(cf. Mt 11, 25-27), conosciuto e sperimentato come
lAbb (cf. Mc 14, 36), termine usato nel linguaggio
familiare e del tutto inusuale nel rivolgersi a Dio.
In definitiva, il regno di Dio fondato su due
cardini: lamore di Dio che raggiunge ogni uomo come figlio, e il riconoscimento del prossimo come fratello, perch figlio dellunico Padre.
3. LA SEQUELA DEI DISCEPOLI
E LA COMUNIT APOSTOLICA
Ges opera e cammina, lungo le strade della Palestina, con un gruppo di discepoli. A differenza della prassi vigente, in cui il discepolo sceglie il proprio
maestro, Ges stesso a chiamare autorevolmente i
suoi discepoli (cf. Gv 15, 16; e i racconti di vocazione in Mc 1, 16-20; 2, 13-14; Gv 1, 35-51), perch vivano con lui e condividano il ministero di annunciare il regno (cf. Mc 3, 13-15).
Egli si presenta come il pastore (cf. Mc 14, 27
par.; Gv 10, 1-29; Mt 10, 16 par.) venuto a radunare
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21): il che significa il superamento della sua economia di salvezza. Il luogo dellincontro con Dio, ormai, la persona stessa di Ges.
5. LIDENTIT DI GES E LA SUA AUTOCOSCIENZA
Lautorit (ejxousiva) che Ges mostra di avere
nel suo annuncio, nei gesti che compie, nel perdono
che concede, nella chiamata dei discepoli e nel conflitto con farisei e sadducei a proposito dellinterpretazione della Legge e del Tempio, suscitano
spontanea la domanda sulla sua identit (chi costui che?, cf. Mt 21, 10.23; Mc 11, 28; Lc 20, 2).
Diversi i titoli che gli vengono attribuiti: quello
di profeta, maestro o rabbi, messia Ma la sua figura tutti li trascende ed adombrata nel titolo che lui
stesso sceglie per s: figlio delluomo.
Risulta infatti decisivo, nellautocoscienza di
Ges, il suo atteggiamento filiale nei confronti di
Dio/Abb, espresso in forma particolarmente eloquente nella preghiera (cf., ad es., Mt 11, 25-27).
in forza della sua radicale relazione a Dio/Abb che
lio di Ges manifesta una singolare autorevolezza di parola e di azione (cf. Mc 2, 1-12; Mc 9, 1-8; Lc
5, 17-26).
Nella precedente esperienza dIsraele, solo
JHWH pu pronunciare una parola definitiva, pu
rimettere il peccato, pu assumere una posizione di
condanna o di salvezza rispetto alluomo, pu chiamare qualcuno a seguirlo irrevocabilmente.
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fica non gi lincombere dun impersonale fato, bens lattuarsi fedele, da parte di Dio, del disegno di
salvezza grazie alladesione libera del Figlio.
Landare liberamente verso la morte esprime
dunque fedelt al progetto del Padre e solidariet con
lumanit. Il rigetto di Ges appare come il segno e lo
strumento paradossale attraverso cui Dio attua il suo
disegno di salvezza: la pietra scartata dai costruttori
diventa cos testata dangolo (cf. Mt 21, 42). Proprio
dalla morte scaturir, frutto inaudito, la realizzazione
del progetto messianico annunciato da Ges.
ci chera adombrato nel segno di Giona:
Come Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre
del pesce, cos il figlio delluomo rester tre giorni e
tre notti nel cuore della terra (Mt 12, 38-40). Ed il
significato racchiuso nella parabola del seme: Se il
chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la
sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserver per la vita eterna (Gv 12, 24-25).
Nella cena pasquale Ges anticipa e illustra il
permanente valore salvifico della sua morte. Egli celebra la pasqua degli ebrei, ma fa esplicito riferimento alla nuova alleanza promessa attraverso i profeti.
Sidentifica con lagnello pasquale che sacrificato
dona la vita agli uomini, nella prospettiva del servo
sofferente che prende su di s i peccati della moltitudine e innocente si offre in sacrificio (cf. Gv 1,
19.36). Con ci realizza il nuovo esodo dalla schiavit del peccato alla libert dei figli di Dio.
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IV.
PREMESSA
Del nucleo originario e incandescente della fede
cristiana in Ges, Figlio di Dio, entrano a far parte
tre dati:
a) levento storico di Ges di Nazareth,
b) levento pasquale della sua morte e risurrezione,
c) la penetrazione grazie al dono dello Spirito
Santo della profondit trinitaria della sua identit
filiale.
1. LA PRE-ESISTENZA DI GES,
FIGLIO UNIGENITO DEL PADRE
A partire dalla risurrezione, la comprensione
della figliolanza divina di Ges parte da questa domanda: com possibile che Egli sia giunto tanto in
alto, se gi prima non era al livello di Dio?
Parlando del Ges storico abbiamo visto che vi
sono molti e decisivi elementi nel suo messaggio,
nella sua prassi e nella sua autocoscienza che puntano nella direzione della sua identit di Figlio del48
lAbb. Levento della risurrezione porta a piena maturazione tale comprensione. Questa fede, gi allinterno del Nuovo Testamento, viene attestata attraverso luso di alcuni titoli cristologici:
- il primo quello di Cristo, lUnto, il Messia.
Alla luce della risurrezione questo titolo, gi ben conosciuto in Israele, acquista un significato pieno: perch nella risurrezione avviene leffusione escatologica
dello Spirito su Ges e, tramite Lui, sullumanit.
- Il secondo titolo Krios, Signore. Nella
Bibbia ebraica JHWH (il Nome impronunciabile di
Dio) era letto Adoni, Signore mio, che nella tradizione greca dei LXX diventa Krios. Nel Nuovo
Testamento, dopo la risurrezione, anche Ges definito Krios: per cui vengono riconosciute anche a
Lui le prerogative che nel Primo Testamento erano
riferite solo a JHWH.
- Il terzo titolo nasce da un ulteriore approfondimento. Ges si mostra Krios, Signore, nella risurrezione perch passa dalla condizione terrestre di
umiliazione alla condizione di gloria: ma Signore lo
era gi da sempre. Questa verit espressa attraverso il titolo di Figlio di Dio, che viene utilizzato soprattutto da Paolo e da Giovanni. La confessione di
fede: Ges il Figlio di Dio diventa cos il riassunto della fede cristologica della Chiesa.
- Infine, il Nuovo Testamento intuisce che Ges
quella Sapienza che, nel Primo Testamento, partecipa dallinizio alla creazione e conservazione del
mondo. Il prologo del Vangelo di Giovanni, ad
esempio, descrive Ges come la Parola eterna del
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questo confronto soprattutto col mondo ellenistico rappresentata dallo scontro con la posizione
sostenuta da Ario (a cavallo tra il III e il IV sec.).
Egli pensa il ruolo e la posizione di Ges allinterno
dello schema emanativo dei greci e dice: Dio, il Padre, lUno, Auttheos, Dio in S; mentre il Figlio
la prima e la pi eccellente delle creature, deteros
thes, dio secondo.
Nel Concilio di Nicea (325) viene affermata la
fede gi contenuta nel Nuovo Testamento, ma chiarita alla luce di questo confronto col mondo greco
ed espressa con categorie di pensiero proprie alla filosofia. Si afferma che Ges Cristo il Figlio unigenito di Dio, consostanziale al Padre (omoosios in
greco), generato non creato.
2. LINCARNAZIONE DEL FIGLIO DI DIO
E IL FIAT DI MARIA
Nel prologo di Giovanni abbiamo letto: E il
Verbo carne si fece (srx eghneto) e venne ad abitare in mezzo a noi (Gv 1, 14).
Abbiamo qui tre affermazioni:
- il Verbo eterno, Dio come il Padre;
- il Verbo identico con quel soggetto storico
che Ges di Nazareth;
- il Verbo viene realmente tra noi in Ges.
Questa verit anche presente nei Vangeli dellinfanzia di Matteo e di Luca, che, prima del ministero pubblico di Ges, presentano il racconto del52
la sua concezione e della sua nascita, dove i personaggi centrali sono Giuseppe nel Vangelo di Matteo
e Maria nel Vangelo di Luca (cf. Mt 1, 17-25; Lc 1,
26-38; 2, 1-20).
Che cosa distingue i Vangeli dellinfanzia dal
prologo di Giovanni? Nel prologo il mistero contemplato dallalto, da Dio: il Verbo che si fa carne;
nei Vangeli di Matteo e di Luca viene descritto lattuarsi di questevento nelle trame concrete e quotidiane della storia. Un dato sottolineato sia da Matteo sia da Luca che levento della nascita di Ges
vede lintervento del Padre e dello Spirito Santo. Da
parte umana, il personaggio fondamentale Maria,
che liberamente, col suo fiat, apre il grembo dellumanit al farsi carne del Figlio di Dio.
Levento dellincarnazione, dunque, non ha come protagonista solamente Dio, che dallalto decide dincarnarsi e viene nella storia; ma mette in rilievo anche la libera adesione della creatura umana.
Nel racconto di Matteo e di Luca, Maria viene presentata come la figlia di Sion, la sintesi della storia
dIsraele in attesa dellinviato di JHWH, che liberamente dischiude le porte dellumanit allavvento
di Ges.
Il mistero viene cos narrato sottolineando che
la nascita di Ges nel grembo di Maria una nascita verginale: espressione, da una parte, dellonnipotente intervento creatore di Dio e, dallaltra, dellapertura incondizionata della creatura.
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Cf. DH 301.
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V.
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guaggio dIsraele. Egli semplicemente : la pienezza, la verit, lorigine e la misura di tutto ci che
esiste, perch ogni altra cosa esiste solo perch Lui,
Dio, lha creata, e cio lha fatta essere e la conduce
per mano verso il suo compimento. Egli solo, dunque, conosce e custodisce in S il segreto del suo essere, che lorigine e la misura di ogni altro essere.
Come sottolinea il fatto che, nella rivelazione del
Nome consegnato a Mos, il predicato lo stesso
del soggetto: Io sono colui che Io sono.
Due i tratti principali del volto di Dio espressi
dal Nome. Dio non solo lEssere per eccellenza,
trascendente e onnipotente 1, ma anche Colui che
presente, che si fa vicino, che si pone in relazione
gratuita con Israele e chiede un rapporto esclusivo
di fedelt e damore in risposta. JHWH, come cantano i Salmi, Dio che siede nellalto ma piega i
cieli e scende per salvare gli uomini (cf. Sal 144,
3ss.).
Il verbo essere, in ebraico, esprime inoltre apertura al futuro, contiene una promessa: si dovrebbe
tradurre non solo Io sono con te, ma anche Io sar con te. Il Nome di Dio una promessa che si
realizza nella storia con gli uomini.
Nel Targum di Gerusalemme (versione aramaica
del Primo Testamento) il significato del Nome
scandito secondo un ritmo temporale ternario: Co-
lui che , che era e che sar designazione che viene ripresa, con una leggera modifica, dallApocalisse: Colui che era, che e che viene (1, 4; 4, 8).
Dio, dunque, promette guardando al futuro la
piena rivelazione del suo volto: allora riconoscerete
che Io sono JHWH (cf. Ez 20, 42.44). Israele con
ci posto da Dio in un processo di conoscenza,
che non uno stato di visione beata, ma vita, evento,
svolgimento verso una fine. La storia dIsraele costituisce il luogo in cui, per il suo compimento, diventa
conoscibile la verit della parola di rivelazione di
JHWH (W. Zimmerli).
3. IL RACCONTO PASQUALE: DIO AMORE
Ges il cui nome significa Dio salva si presenta come il volto di questo Dio: chi vede me vede il Padre (Gv 12, 45).
Egli, infatti, venuto a rivelare il Nome di Dio 2,
e cio il suo Essere (cf. Gv 12, 28; 17, 6.26): Dio
nessuno lha mai visto, lunigenito Figlio di Dio che
nel seno del Padre, egli lo ha rivelato (Gv 1, 18).
Colpisce, nel quarto Vangelo, come Ges leghi
la rivelazione del Nome di Dio alla sua morte di crocifisso. Introducendo il racconto dellultima cena,
Giovanni ne offre la chiave dinterpretazione con
una formula tanto semplice quanto abissale:
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2 Pi volte, nel quarto Vangelo, Ges dice desser stato inviato per far conoscere il Nome del Padre (cf. Gv 12, 28; 17, 6.26).
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3 Scrive
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4 Mentre lapostolo Paolo esprime cos lesperienza della partecipazione del cristiano alla figliolanza di Ges e alleredit che
essa comporta: quando venne la pienezza del tempo, Dio mand
il suo Figlio, nato da donna, perch ricevessimo ladozione a figli. E che voi siete figli ne prova il fatto che Dio ha mandato nei
nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abb, Padre!
Quindi non sei pi schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede
per volont di Dio (Gal 4, 1-7).
62
Dio, e in cui Lo conosciamo, infatti effuso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo (Rm 5, 5).
Esso giunge a perfezione (cf. 1 Gv 4, 12) quando si fa amore reciproco (cf. Gv 13, 34), che si consuma in unit grazie allEucaristia che ci fa un solo
corpo in Ges (cf. Rm 12, 5). Allora si realizza la
preghiera di Ges al Padre: Che tutti siano come
tu, Padre, sei in me e io sono in te, anchessi siano in
noi (cf. Gv 17, 21). Per mezzo dellEucaristia, infatti, come insegna il Concilio:
I fedeli hanno accesso a Dio Padre per mezzo del
Figlio, Verbo incarnato, morto e glorificato, nelleffusione dello Spirito Santo, ed entrano in comunione
con la Santissima Trinit, fatti partecipi della natura
divina (2 Pt 1, 4) (UR 15).
5. PERCH AMORE, DIO TRINIT
Dio dunque Amore. E perch Amore Trinit: Padre, Figlio e Spirito Santo. Come intuisce
santAgostino, lamore implica infatti colui che ama,
colui che amato e il legame damore tra i due 5.
Colui che ama, il principio, la fonte dellamore
il Padre. Ges, nella lingua aramaica parlata dal suo
popolo, lo chiama con affetto e gratitudine: Abb,
babbo, pap (cf. Mc 14, 36). Dio Abb perch
sconfinato, inesauribile, purissimo amore. E comu-
5 Cf.
De Trinitate, VIII.
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VI.
Il Padre Amore
PREMESSA
La professione di fede: Dio Amore sintetizza nel Nuovo Testamento la rivelazione piena e definitiva, nella storia, che Ges ha fatto ed di Dio.
Ges il rivelatore del Padre Amore. Lo dice
egli stesso: Chi vede me, vede colui che mi ha mandato (Gv 12, 48). E lo insegna con parole scultoree
il Vangelo di Giovanni: Dio nessuno lha mai visto:
proprio il Figlio unigenito, che proiettato verso il
seno del Padre, lui lo ha rivelato (Gv 1, 18).
Occorre dunque guardare a Ges, penetrare nel
suo mistero, per conoscere il Padre Amore. ci
che cercheremo di fare in questa lezione, dopo aver
dato uno sguardo alla storia della rivelazione che
conduce sino a Ges.
1. LA RIVELAZIONE DI DIO AMORE NEL PRIMO
TESTAMENTO
Come gi detto in una precedente lezione, riscontriamo in tutte le culture unesperienza religiosa originaria grazie alla quale il Divino percepito
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3 M.-J. Lagrange, vangile selon saint Matthieu, Gabalda, Paris 1923, p. 226.
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4 Leggiamo alcune espressioni, di rara bellezza, tratte dai capitoli 6 e 7 di Matteo, dove ci riportato il discorso della montagna di Ges: Perci vi dico: per la vostra vita non affannatevi
di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo,
di quello che indosserete; la vita forse non vale pi del cibo e il
corpo pi del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, n mietono, n ammassano nei granai; eppure il Padre vostro
celeste li nutre. Non contate voi forse pi di loro? E chi di voi, per
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Ges, in particolare, dichiara con le parole e mostra coi fatti che Dio ama con amore di predilezione i
poveri, gli ultimi, gli emarginati, gli scartati dalla societ civile e religiosa. Li proclama anzi beati!, perch di essi il Regno dei Cieli (cf. Lc 6, 20; Mt 5, 3).
Il suo stesso annuncio , appunto, vangelo:
buona notizia, proclamazione della vicinanza di
Dio che muove il primo passo verso i suoi figli, che
va in cerca di chi perduto, che salva gli uomini da
tutto ci che li tiene prigionieri e schiavi. Dio, infatti, proprio perch ama realmente e personalmente
ciascuno, non pu non privilegiare gli ultimi: per at-
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5 Solo cos si pu avere la vera universalit. ununiversalit illusoria quella che privilegia chi sta bene. Quando si sceglie tutti, in realt, vengono favoriti quelli che sono i primi della classe
Dio invece parte dagli ultimi, o, detto con il linguaggio di Ges,
parte dai poveri e dai piccoli per raggiungere tutti (R. Fabris, La
scelta dei poveri nella Bibbia, Borla, Roma 1989, pp. 38-39).
6 Ecco come Ges descrive, con accenti intensi e vibranti,
latteggiamento del padre nei confronti del figlio perduto che ritorna da lui: Quandera ancora lontano, il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gett al collo e lo baci. Il figlio gli
disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono
pi degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi:
Presto, portate qui il vestito pi bello e rivestitelo, mettetegli
lanello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perch questo mio figlio era
morto ed tornato in vita, era perduto ed stato ritrovato. E cominciarono a far festa (Lc 15, 20-24).
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offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio (Gv 10, 17-18).
Queste parole di Ges, che si traducono in realt quandegli, sul legno della croce, offre la sua vita
per la salvezza degli uomini, aprono uno squarcio
sul mistero pi profondo dellessere di Dio.
Ges crocifisso/risorto dunque la rivelazione
di S promessa nellIo sono di JHWH: Dio, in Lui,
suo Logos/Verbo fatto carne, si dice e si dona allumanit in un infinito ed estremo atto di amore.
LIo sono crocifisso di Ges la rivelazione del
Padre Amore.
Lapostolo Giovanni, contemplando il mistero
di Ges alla luce del dono della sua vita, pu perci
riassumere in questa formula breve lessenza della
rivelazione di Dio: Noi abbiamo riconosciuto e
creduto allamore che Dio ha per noi. Dio amore;
chi sta nellamore dimora in Dio e Dio dimora in
lui (1 Gv 4, 16).
sare. Ecco come Chiara Lubich commenta lesperienza del Padre Amore da lei fatta nel 49 7, e la novit che
ne scaturita per la sua comprensione della fede 8:
E dalla bocca mi usc dallo Spirito espressa
ununica Parola: Padre!
E tutto fu compiuto. Pi nulla manca.
Ho ritrovato il mio primo Amore: Dio-Amore:
Padre.
Ed ho rivisto la vita di Ges tutta protesa verso
un unico dappi di me, il solo buono: Padre.
E risentii rispondere agli Apostoli che il pregare
dir poche parole, cos: Padre nostro.
Cos Ges Si perde nel Padre e se dice di pregar
Lui in nome suo perch disse: Chi vede me vede il
Padre (cf. Gv 14, 9).
Noi: figli nel Figlio nel Padre.
E Ges fianco a noi guarda e ci fa guardare Uno
Solo: il Padre.
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VII.
Il Verbo e la creazione
PREMESSA
Dopo aver contemplato il Padre Amore, ci rivolgiamo ora al Verbo la seconda persona della
Santissima Trinit e alla creazione in Lui. Sono le
prime due realt, tra loro distinte eppure strettamente unite in Ges, Verbo fatto carne, in cui
sesprime lamore del Padre.
Le nozioni del Verbo/Lgos e della creazione
hanno un significato originale nella rivelazione cristiana, anche se gi ne troviamo traccia, in modi diversi, nella rivelazione a Israele e, per ci che riguarda il lgos, nella filosofia greca.
Vediamo rapidamente il significato di queste
nozioni nella filosofia greca e nel Primo Testamento,
per poi soffermarci su come esse si staglino con originalit nel Nuovo Testamento.
Infine, cercando dessere fedeli alla prospettiva
tracciata dalla rivelazione del Padre-Amore, vedremo la realt del Verbo e della creazione rischiarata
dal fascio di Luce proiettato dallAmore di Dio.
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Nella filosofia greca, il lgos la legge e la verit di ci che : questo il significato che si trasmette
da Eraclito a Plotino, e cio dai primordi sino al
canto del cigno di questa grande tradizione di pensiero. Qualcosa danalogo si trova anche nel pensiero orientale: si pensi al tao, la via; o al sacrificio delluomo primordiale, Purusa, nellinduismo.
Il lgos, per i Greci, insieme immanente e in
qualche misura (indecisa e fluttuante) trascendente
rispetto al mondo dellesperienza sensibile: il riflesso molteplice, nelle realt sensibili, del lgos uno
e spirituale che d realt e coesione al ksmos. Nella filosofia greca non si d il concetto di creazione
(come fare dal nulla), ma quello di un ordine (lgos,
appunto) impresso nel ksmos dal demiurgo (di
cui, ad esempio, parla Platone) ed emanante dalla
sfera ineffabile dellUno (come insegna Plotino).
Aristotele, nel libro XII della Metafisica, intuisce che il Primo Principio, il Motore immobile, ci
che muove senza esser mosso, Pensiero del Pensiero, e cio che il Divino in s oggetto di se stesso, oggetto del proprio pensare:
La nozione di creazione originalmente biblica . Con la formula creazione dal nulla sintendono due cose:
1) che Dio solo ed da sempre, e che ogni altro essere ha origine da Lui, senza il concorso di
nientaltro;
2) che lorigine delle cose da Dio frutto di libert, una novit che ha la sua radice unicamente
in una decisione gratuita di Dio.
La realt della creazione, nel Primo Testamento,
inoltre strettamente collegata a quella della parola
di Dio (dabr in ebraico, tradotto in greco con lgos).
Dio crea dicendo la sua parola. Cos nel libro
della Genesi: Dio disse: Sia la luce! E la luce
fu. Ne consegue che tutto ci ch creato, in
quanto viene da Dio mediante la sua parola creatrice, buono, vero, bello: porta cio in s limpronta di Dio (Dio vide che era cosa buona). Da
qui la comprensione che la creazione avviene secondo un disegno di sapienza. Cos il Salmo 9:
Dio dei Padri e Signore di misericordia, tu hai
creato tutto con la tua parola e con la tua sapienza
hai formato luomo.
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Essa, la sapienza, abita nella creazione e al tempo stesso, in modo misterioso, pre-esiste ad essa, essendone il progetto, e coadiuva Dio nel creare. Tra i
tanti brani che ritroviamo nei libri sapienziali 2, basti
citare questo bel testo del libro dei Proverbi, in cui
vengono rappresentati in modo vivo e plastico la figura e lagire della Sapienza personificata ( essa che
prende la parola):
Il Signore mi ha creato allinizio della sua attivit, prima di ogni sua opera, fin dallora. Dalleternit
sono stata costituita, fin dal principio, dagli inizi della terra. Quando non esistevano gli abissi, io fui generata; quando ancora non vi erano le sorgenti cariche
dacqua; prima che fossero fissate le basi dei monti,
prima delle colline, io sono stata generata. Quando
ancora non aveva fatto la terra e i campi, n le prime
zolle del mondo; quando egli fissava i cieli, io ero l;
quando tracciava un cerchio sullabisso; quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dellabisso; quando stabiliva al mare i suoi limiti, sicch
le acque non ne oltrepassassero la spiaggia; quando disponeva le fondamenta della terra, allora io ero con
lui come architetto ed ero la sua delizia ogni giorno,
dilettandomi davanti a lui in ogni istante; dilettandomi sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli delluomo (Prv 8, 22-31).
3. IL VERBO E LA CREAZIONE
NEL NUOVO TESTAMENTO
Ges, nella pienezza dei tempi, si rivela come il
Figlio di Dio. Riprendendo la dottrina veterotestamentaria, il Nuovo Testamento lo presenta, in pi
luoghi, come la Sapienza di Dio 3. E in quanto la
Sapienza, Ges partecipa alla creazione e conservazione del mondo.
Il prologo del Vangelo di Giovanni, in particolare, congiunge la comprensione di Ges come il Figlio unigenito del Padre con quella di lui come il Lgos di Dio fatto carne: e cio la Parola eterna del Padre, Dio come il Padre, in cui rivelato il progetto
di Dio sulla creazione.
Rileggiamo alcuni versetti del prologo, seguendone il ritmo nei tre momenti che si snodano in libert luno dallaltro secondo la logica della rivelazione.
(1) (livello della Vita divina)
In principio era il Verbo
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio (v. 1).
(2) (livello della creazione)
Egli era in principio presso Dio:
tutto stato fatto per mezzo di lui,
2 Cf.
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Cf. Mt 11, 19; Lc 11, 49; Mt 23, 34-36; il testo pi importante forse 1 Cor 1, 24-30, dove Ges e Ges crocifisso definito sapienza e potenza di Dio.
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CHIESA
Grazie alla testimonianza del Nuovo Testamento, la fede della Chiesa ha compreso ed espresso
molto chiaramente la distinzione tra il livello della
vita di Dio in s Padre, Verbo, Spirito Santo e
quello della creazione.
Cos il Concilio di Nicea I (nel 325) definisce il
Verbo generato non creato, della stessa sostanza
del Padre (omoosios). Resta da precisare il rapporto che vi tra questi due livelli il Verbo in Dio
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s, Egli il prototipo della creazione e il ricapitolatore di essa. Infine, Ges contemplato come il
principio in cui tutte le cose attualmente hanno vita ed esistenza: senza di Lui cadrebbero nel nulla.
Con la sua incarnazione e morte/risurrezione
Ges si manifesta come il ricapitolatore di tutto il
mondo divino cui appartiene con il suo essere preesistente e glorificato e di tutto il mondo creato, da
lui assunto nellincarnazione e investito della sua gloria nella risurrezione (cf. Col 1, 19; Ef 1, 23): questo il significato dellespressione secondo cui Dio Padre ha voluto far abitare in lui ogni pienezza.
In questa prospettiva, la fede della Chiesa, nel
Concilio di Calcedonia del 451, afferma che Ges
vero Dio e vero uomo: in quanto vero Dio il Verbo del Padre; in quanto vero uomo il prototipo e
il destino della creazione, chiamata a essere ricapitolata in Lui, diventando cos suo Corpo, Cristo cosmico, Cristo totale.
Questa fondamentale verit ripresa e sviscerata dai Padri della Chiesa, dai Dottori medievali e, in
genere, dalla grande tradizione ecclesiale.
5. GES: LUNO DI INCREATO E DI CREATO
La luce del carisma dellunit illumina la distinzione e lunit del Verbo e della creazione in Ges a
partire dalla rivelazione del Padre Amore. Leggiamo
alcuni testi di Chiara, misticamente belli e teologicamente pregnanti, per poi cercare di commentarli.
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- Il Padre ha unespressione di S fuori di S, fatta come di raggi divergenti, ed una dentro di S, fatta
di raggi convergenti nel centro, in un punto che
lAmore: Dio nellinfinitamente piccolo: il Nulla-Tutto dellAmore! il Verbo.
I raggi divergenti sono Ges: per mezzo di Ges
il Padre arriva a tutti i figli fuori di S in qualsiasi
punto essi si trovino.
Questi mano mano savvicinano a Dio, camminando nella volont di Dio (essendo Ges), savvicinano tra di loro.
- Il Padre dice: Amore in infiniti toni e genera
la Parola, che amore, dentro di S, il Figlio, ed il Figlio quale , eco del Padre, dice Amore e torna al
Padre!
Ma tutte le anime che sono nel Seno del Padre
(arrivate camminando lungo il raggio esterno, essendo Ges) rispondono alleco del Padre [= rispondono al Padre], anzi sono anche esse Parola del Padre,
che risponde al Padre.
- Per Lui (Ges) furono fatte tutte le cose. Tutto
ci che creato non che Ges spiegato, come liride
il ventaglio dei colori che spiegano il bianco. Le stelle, le piante, il sole, la luna, il mare, i monti, gli uccelli, tutte le creature e luomo sono riassunti in Ges.
evidente nel primo testo grazie al duplice
simbolismo spaziale del dentro e del fuori e a
quello dei raggi convergenti e divergenti che
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Ges secondo la lapidaria espressione di Chiara lUno di Increato (il Verbo) e di creato (luomo
e luniverso), uniti e distinti in lui, come lo sono il Padre Amore e il Verbo nello Spirito Santo.
Per Ges, e Ges Abbandonato, la Vita trinitaria dellAmore pu cos diventare, in pienezza, la vita della creazione.
VIII.
Lo Spirito Santo
PREMESSA
Dopo il Padre Amore e il Figlio/Verbo, eccoci
allo Spirito Santo. Si sente spesso dire che Egli il
Dio sconosciuto. E indubbiamente c una parte di
verit in questaffermazione che costata la misteriosit dellagire e dellessere della terza divina Persona, e anche un certo oblio di essa nella cultura dellOccidente moderno.
In realt, se vero che Ges come dice la Scrittura lEmmanuele, il Dio con noi, il Dio vicino, lo
Spirito Santo addirittura per dirla con santAgostino il Dio intimior intimo meo: Dio che si fa intimo a me pi di quanto io lo sia a me stesso! Nellinno liturgico Veni, Sancte Spiritus lo Spirito Santo
perci invocato come dulcis hospes animae, dulce refrigerium (ospite dolce allanima, dolce refrigerio).
Il che si realizza grazie a Ges che con la sua
morte e risurrezione effonde nei nostri cuori il Dono dei doni, il Dono pi grande che Dio Padre pu
pensare per la sua creatura: il suo stesso Spirito, lo
Spirito Santo che ci divinizza, facendoci figli nel Figlio.
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Ma gi prima di Ges, e non solo presso il popolo dIsraele, bens in tutte le religioni e culture,
v il presentimento di questa misteriosa e trasfigurante inabitazione di Dio nel pi profondo delluomo. Insieme allattesa intensa e sofferta della sua
piena manifestazione.
Basta fare attenzione per un attimo al vocabolo
spirito (e ai vocaboli corrispondenti nelle lingue
antiche) e alla sua etimologia, per rendersi conto
dellesperienza umana e religiosa da cui fiorisce questo concetto cos centrale nella storia delle religioni
e del pensiero. Spirito, infatti, deriva dal verbo latino spirare che significa soffiare, alitare, e corrisponde al greco pnema, che significa anchesso soffio,
alito, respiro, cos come il sanscrito atman (forse da
ani-ti: egli soffia) e lebraico ruach.
In tutti questi vocaboli sintravede lesperienza
di quel fenomeno fisiologico che ha impressionato
gli uomini sin dalle origini, soprattutto al momento
della nascita e della morte: quando si vede il bimbo
uscito dal grembo materno aspirare il primo soffio
daria, e il morente invece esalare lultimo respiro. Di qui lintuizione religiosa che quellalito di
vita torna a Colui che un giorno lha donato: Dio,
che il principio della Vita, Egli che come progressivamente si giunge a pensare puro e sommo Spirito.
Nella storia dIsraele questesperienza antropologica e religiosa universale acquista progressivamente, e inaspettatamente, un timbro e un dinamismo singolari.
Come sappiamo, levento fondatore della vita
dIsraele come popolo di Dio lalleanza sancita sul
monte Sinai. Israele ormai sa, e sempre pi profondamente sperimenta lungo il corso dei secoli, che
proprio JHWH il principio della sua vita e insieme
il principio della vita dogni uomo e del mondo, nel
suo insieme e nelle sue innumerevoli espressioni.
Lo testimonia a chiare lettere il racconto simbolico della creazione delluomo e della donna, narrato dal libro della Genesi: Dio stesso, al culmine
dellopera creativa, che spira nelle narici delluomo,
da lui plasmato col fango della terra, un alito di vita
(cf. Gn 2, 7). E ci che vale, in modo singolare, per
luomo e la donna creati a immagine e somiglianza di Dio, vale a suo modo per tutto il mondo creato. Cos canta il salmista:
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al culmine nellevento pasquale. Il Padre dona il Figlio, il Figlio dona se stesso (al Padre e ai fratelli): tale reciproco donarsi del Padre e del Figlio, che coinvolge gli uomini, avviene nello Spirito Santo, anzi
possiamo ben dire la manifestazione sensibile
dello Spirito Santo. Infatti, proprio a partire dallevento pasquale che lo Spirito acquista in modo
definitivo il suo nome personale di Spirito Santo.
Egli, per il Nuovo Testamento, lo Spirito del Padre e del Figlio donato agli uomini.
Non si tratta di una conoscenza teorica, ma di
unesperienza tangibile fatta dai primi cristiani, i
quali, per la fede in Ges crocifisso e risorto e vivendo lamore reciproco tra loro, sperimentano desser
diventati realmente figli di Dio ricevendo nel loro
cuore lo Spirito di Ges che grida in loro come in
Ges Abb, Padre:
E che voi siete figli ne prova il fatto che Dio ha
mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che
grida: Abb, Padre! Quindi non sei pi schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per volont di Dio
(Gal 4, 6-7).
4. LIDENTIT PERSONALE DELLO SPIRITO SANTO
Soffermiamoci un istante su come il Nuovo Testamento esprime lidentit personale dello Spirito
Santo come unidentit distinta, nella pi piena comunione, da quella del Padre e del Figlio. La misteriosit e imprevedibilit dellazione dello Spirito
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per questo ho detto che prender del mio e ve lannunzier (Gv 16, 14-15).
Lo Spirito, dunque, laltro inviato, il Paraclito,
distinto dal Figlio e in indissolubile relazione con
Lui inviato dal Padre nel cuore dei credenti. E come
il Figlio uno con il Padre, cos lo Spirito Santo
uno con il Padre e il Figlio.
Lineffabile esser Uno dei Tre affermato attraverso la dinamica della missione: il Padre manda il
Figlio nel mondo e, dopo il Figlio e in relazione a
Lui, manda lo Spirito Santo. Si tratta di un concetto
centrale: la missione nel mondo, infatti, presuppone
la pre-esistenza, presso il Padre, del Figlio e dello
Spirito Santo. Non solo: ma presuppone anche la
presenza di colui che invia in colui ch inviato in
suo nome, e che perci lo rappresenta, rendendolo
appunto presente. Come viene evidenziato dallaffermazione secondo cui tutto ci che il Padre ha lo
dona al Figlio, e che lo Spirito lo riceve a sua volta
dal Figlio per donarlo ai credenti.
6. LO SPIRITO SANTO
NELLESPERIENZA DI CHIARA LUBICH
Questa la testimonianza, in poche parole, sullidentit dello Spirito Santo che troviamo nella Sacra Scrittura: Primo e Nuovo Testamento.
Nellultimo punto di questa lezione vogliamo
cercare di dire qualcosa di pi su ci che caratteriz98
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IX.
1. LO SPIRITO SANTO
E LINCARNAZIONE DEL VANGELO NELLA STORIA
Perch dedichiamo due lezioni al tema: lo Spirito Santo e la nuova creazione?
Gli argomenti di cui tratteremo in questo corso
sono, principalmente: la Chiesa vista nella sua unit e nella sua pluralit (con la questione dellecumenismo) , la sociologia e la dottrina sociale cristiana,
la politica e leconomia, la storia della filosofia moderna e il rapporto tra scienza e fede: tutte realt che,
in modi diversi, dicono lincarnazione della fede cristiana nella storia, in campo ecclesiale e civile, con le
sue conquiste e i suoi drammi, le sue luci e le sue ombre, le sue speranze e le sue promesse di novit.
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At 8, 20 e Gv
4, 10: lo Spirito Santo dono sia del Padre che del Figlio
dunque una sorta dineffabile comunione tra il Padre e il Figlio
il dono di entrambi (V, 11, 12).
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rola il Verbo mentre il suo Spirito aleggiava sulle acque (1, 2).
Come scrive Ireneo di Lione, la Parola e lo Spirito sono le due mani con le quali Dio crea il mondo 5. Lo Spirito di Dio, in particolare, e secondo
letimologia stessa della parola ruach in ebraico e
pnema in greco indica il soffio della vita che
Dio trasmette alla creazione.
Essendo opera della Trinit, la creazione reca
perci in s, nella profondit del suo essere e nel dinamismo del suo esplicarsi, limpronta trinitaria.
Chiara cos descrive questa verit:
Nella Creazione tutto Trinit: Trinit le cose in
s, perch lEssere loro Amore, Padre; la Legge in
loro Luce, Figlio, Verbo; la Vita in loro Amore,
Spirito Santo. Il Tutto partecipato al Nulla.
E sono Trinit fra loro, ch luna dellaltra Figlio e Padre, e tutte concorrono, amandosi, allUno,
donde sono uscite.
Il Salmo 104, trasformando in preghiera di lode
e di rendimento di grazie la percezione profonda
della presenza dello Spirito di Dio che permea e d
vita al mondo creato, cos si esprime con intenso accento poetico:
Se nascondi il tuo volto, vengono meno, / togli
loro il respiro, muoiono /e ritornano nella polvere. /
5 Lespressione ricorre pi volte nei libri IV e V dellAdversus
haereses.
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6 Giovanni
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Scriveva Giustino filosofo, convertitosi dal platonismo alla fede cristiana, nella prima met del II
secolo:
tutto ci che stato affermato sempre in modo
eccellente e ci che scoprirono coloro che fanno filosofia o che istituiscono leggi, stato compiuto da loro attraverso la ricerca o la contemplazione di una parte
del Verbo 9.
E nel Medioevo, san Tommaso dAquino, maestro universale di sapienza, richiama con forza che,
quali che siano le tenebre di questo mondo in cui il
Verbo di Dio con la sua incarnazione ha portato la
luce, si deve tuttavia ritenere che nessuno (spirito
umano) cos tenebroso da non partecipare in nulla alla luce divina. Infatti, ogni verit, chiunque sia
che la dica, viene dallo Spirito Santo 10.
4. LO SPIRITO SANTO, LA STORIA DISRAELE,
LATTESA DEL MESSIA
Certamente, quando veniamo a evidenziare
lazione dello Spirito di Dio che ci testimoniata dal
Primo Testamento, dobbiamo riconoscere una grande novit: vero come scrive il libro della Sapienza che lo Spirito di Dio riempie la faccia della ter-
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ra (cf. Sap 1, 7; Prv 8, 31), ma Israele ne sperimenta lirruzione, la novit e la potenza in modo del tutto speciale.
Intanto, esso non uno spirito qualunque n
una forza impersonale, ma lo Spirito di JHWH,
il Dio che si rivelato a Israele dicendogli il suo Nome e stringendo lalleanza al Sinai: lo Spirito il suo
personale soffio di vita che crea, agisce, illumina,
guida, fortifica.
JHWH, infatti, ha iniziato una storia nuova, si
creato un popolo, lo guida secondo un preciso progetto, noto a Lui solo. Per questo, lazione dello Spirito di JHWH sperimentata da Israele attraverso
una serie dinterventi puntuali e una presenza costante che indirizza il cammino verso una meta che
Dio, piano piano, fa intravedere disegnandone i
contorni sempre pi chiaramente. Questa meta, in
una parola, il prender dimora di Dio in mezzo al
suo popolo, instaurando il suo regno di giustizia e di
pace, grazie allinvio del Messia, che significa appunto lunto dallo Spirito.
Israele, dunque, testimone stupito e grato dellefficacia dellagire di Dio dentro gli avvenimenti
della sua vita, mediante la comunicazione di doni
carismatici a uomini come Mos (cf. Nm 16, 17), i
giudici, i re (cf. 1 Sam 8, 7; 9, 16, ecc.), e soprattutto i profeti (cf. Ez 3, 12.14.24; Is 59, 21 ecc.). Attraverso questi doni, mediante i quali lo Spirito stesso
agisce in loro, essi, resi in qualche modo partecipi
dei disegni di Dio (attraverso la sua Parola) e della
sua potenza nel realizzarli (lo Spirito, appunto), so112
no chiamati a guidare il popolo dellalleanza in mezzo alle traversie della storia, tenendo fisso lo sguardo sulla meta.
Ma sar soprattutto il Messia promesso a ricevere da Dio su di s uneccezionale effusione dello Spirito, il quale non lo abiliter soltanto a una funzione
particolare e temporanea, ma riposer in permanenza su di lui, arrecandogli la pienezza dei doni divini:
Un germoglio spunter dal tronco di Iesse,
un virgulto germoglier dalle sue radici.
Su di lui si poser lo Spirito del Signore,
Spirito di sapienza e dintelligenza,
Spirito di consiglio e di fortezza,
Spirito di conoscenza e di timore del Signore
(Is 11, 1-2).
Sul Messia vi sar dunque una concentrazione
unica dello Spirito di JHWH. Egli potr cos introdurre il popolo eletto nella comunione piena con
Dio, nella giustizia e nella pace. Non solo, ma, attraverso Israele, ne render partecipi tutti i popoli:
Ho posto il mio Spirito su di Lui dice JHWH del
suo Servo, il Messia venturo , egli porter il diritto alle nazioni (Is 42, 1).
Il Messia, inoltre, quella figura in cui riassunto il popolo dIsraele, destinato a diventare esso
stesso popolo messianico. Questo fatto esplicitato dalla promessa secondo cui, nella pienezza dei
tempi, lo Spirito di Dio sar effuso con abbondanza
non solo sul Messia ma, appunto, su tutto il popolo
di Dio, senza distinzione di classe: tutti saranno pro113
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Lo Spirito effuso negli ultimi tempi interiorizzer la parola e la legge di Dio nel cuore delluomo
rendendolo capace di vivere di essa in piena libert:
sar un trapianto creativo della volont di Dio nellintimo delluomo (G. von Rad). E proprio cos,
grazie a questo Spirito infuso dallalto e responsabilmente accolto dalluomo, il deserto diventer un
giardino (Is 32, 15): tutta la creazione sar rinnovata, preludio di cieli nuovi e terra nuova (Is 65, 17).
5. LO SPIRITO SANTO E MARIA
Non difficile vedere come questa promessa
sadempia in Ges e, tramite lui, abbia da realizzarsi nella storia universale. Ma prima dinoltrarci in
questa seconda tappa del nostro percorso, resta ancora da dire una parola importante: una parola su
Maria.
Se, infatti, Ges appare sulla scena della storia
dIsraele e del mondo come il Messia promesso, se
in virt della sua Pasqua di morte e risurrezione che
lo Spirito Santo effuso senza misura, egli come
abbiamo ricordato allinizio di questa lezione
concepito per opera dello Spirito Santo da Maria. E
Maria presente con gli apostoli nel cenacolo cuore vivo della prima comunit cristiana il giorno
della Pentecoste.
Questo fatto esprime una grande verit della fede cristiana. Lo Spirito Santo il Dono per eccellenza che Dio /Abb ci fa attraverso Ges, lunigenito
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6. LO SPIRITO SANTO
E IL MINISTERO MESSIANICO DI
GES
Ma eccoci alla seconda tappa del nostro cammino: lo Spirito Santo che, dopo la Pasqua, fa penetrare nella vita, nei cuori e nelle menti dei discepoli la
vita, il cuore e la mente di Ges, e comunica il dono
di Dio a tutte le genti orientando la storia umana alla realizzazione di quel disegno dunit che gi s
attuato in Ges.
Non occorre spendere molte parole (gi ne abbiamo detto trattando della Trinit) a proposito del
rapporto tra lo Spirito e Ges, durante la sua vita
terrena. Basti ricordare la scena inaugurale del suo
ministero messianico, che tutti ben conosciamo: il
battesimo al fiume Giordano. Essa cos descritta
dallevangelista Giovanni come realizzazione delle
promesse messianiche:
Ho visto lo Spirito scendere come una colomba
dal cielo e posarsi su di lui. Io non lo conoscevo, ma
chi mi ha inviato a battezzare con acqua, mi aveva detto: luomo sul quale vedrai scendere e riposare lo Spirito colui che battezza in Spirito Santo. Ed io ho visto e ho reso testimonianza che questi il Figlio di
Dio (Gv 1, 32-34).
Lopera di Ges un battesimo nello Spirito
Santo, e cio unimmersione e una rigenerazione nello Spirito Santo di tutta lumanit. Ges, infatti, dar lo Spirito senza misura (Gv 3, 34) e dal suo seno
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delle sue opere. Allinizio del suo ministero, egli legge nella sinagoga di Nazareth la profezia di Isaia:
11 Cf.
65.
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scepoli (cf. Gv 14, 18), ma dona loro lo Spirito Santo, il quale lo rende presente e vivo in mezzo ai suoi
in molteplici modi: illuminando la Parola, vivificando lEucaristia, assistendo il ministero apostolico,
elargendo i carismi, edificando la comunione nellamore reciproco sino allunit.
Abbeverandosi a queste fonti della sua presenza, i discepoli si conformano a Ges e, diventati un
sol Corpo in Lui, sono trasformati in altri Ges, capaci di continuare la sua opera nella potenza dello
Spirito Santo, dando compimento alla nuova creazione che Egli ha inaugurato.
7. LO SPIRITO SANTO, LA PENTECOSTE E LA COMUNIT MESSIANICA
Sappiamo che Ges dona lo Spirito Santo dallalto della croce. Egli, narra levangelista Giovanni
con linguaggio pregnante, dopo aver detto tutto
compiuto, chinato il capo, consegn lo Spirito
(parevdwken to; pneu`ma) (19, 30) 12. Ai piedi della
croce vi sono Giovanni, lapostolo prediletto, e Maria, icona e primizia della Chiesa che accoglie il dono dello Spirito.
12 Il verbo paradivdwmi = consegnare, lo stesso che il Nuovo Testamento usa per dire che il Padre ha consegnato il Figlio
agli uomini. Il dono dello Spirito Santo da parte di Ges che muore in croce , dunque, un evento trinitario come il dono del Figlio
da parte del Padre nellincarnazione e nella Pasqua.
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Negli Atti degli Apostoli, Luca narra lavvenimento in cui la comunit apostolica gi ricostituita dopo la dispersione del calvario grazie alle apparizioni del Risorto sperimenta leffusione sovrabbondante dello Spirito Santo (cf. At 2). Vorrei sottolineare tre elementi che aiutano a sviscerare il significato di questevento.
- Il primo: la folla, costituita di Giudei osservanti di ogni nazione che sotto il cielo (2, 5), resta sbigottita perch ciascuno li sentiva parlare la
propria lingua (2, 6). un segno profetico di ci
che chiamata a essere la Chiesa: la casa che accoglie nellunit dellunica famiglia dei figli di Dio tutti i popoli, rispettando e valorizzando la particolarit e la ricchezza di ognuno. La Pentecoste , in positivo, la risposta da Dio alla dispersione di Babele
causata dalla divisione tra gli uomini.
- Il secondo: gli apostoli, Pietro in testa, prima
impauriti e timorosi, escono ora impavidi allo scoperto, annunciano Ges crocifisso e risorto, e la loro predicazione e testimonianza ricca di copiosi frutti:
quel giorno sunirono a loro circa 3000 persone (2,
41). linizio della missione universale della Chiesa.
Prima dellascensione, gli apostoli avevano chiesto a
Ges: Signore, questo il tempo in cui ricostituirai
il regno dIsraele?, e Ges aveva risposto:
Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti
che il Padre ha riservato la sua scelta, ma avrete forza
dallo Spirito Santo che scender su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra (1, 6-8).
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(cf. At 4, 32), sesprime concretamente, a livello sociale, in uno stile nuovo di relazioni che rifondano
persino lagire economico. Si tratta duna socialit in
cui agiscono le radici trinitarie della nuova creazione (Giovanni Paolo II).
8. I CRISTIANI ANIMA DEL MONDO
La comunit cristiana delle origini viene proposta dagli Atti degli Apostoli come il bozzetto e il seme del Regno di Dio che, lungo la storia, simile al
lievito chiamato a fermentare tutta la pasta, simile
al sale a dare sapore a ogni realt, simile alla luce a
illuminare il cammino dellumanit (cf. Mt 5, 13-16;
Lc 13, 20-21).
bello vedere come, fin dai primi tempi, i cristiani siano consapevoli di ci. In uno scritto anonimo del
II secolo, la Lettera a Diogneto, si legge: com lanima nel corpo, cos nel mondo sono i cristiani (6, 1).
E poich, nella tradizione cristiana, si comprender progressivamente che lo Spirito Santo lanima del Corpo mistico di Cristo, bello pensare che
i cristiani ricevono da questo stesso Spirito la missione di realizzare nel mondo una presenza tanto vitale quanto quella che Egli stesso, lo Spirito Santo,
compie 13.
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La Chiesa, nel corso dei secoli, tende incessantemente alla pienezza della verit divina, finch
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[Il Vangelo trasmesso dalla Chiesa] per opera dello Spirito di Dio, come un deposito prezioso contenuto
in un vaso di valore, ringiovanisce sempre e fa ringiovanire anche il vaso che lo contiene. Alla Chiesa, infatti,
stato affidato il dono di Dio (cf. Gv 4, 10) come il soffio alla creatura plasmata (cf. Gn 2, 7), affinch tutte le
membra, partecipandone, siano vivificate; e in lei stata deposta la comunione con Cristo, cio lo Spirito Santo []. Infatti, Nella Chiesa detto Dio pose apostoli, profeti e dottori (cf. 1 Cor 12, 28) e tutta la restante operazione dello Spirito (cf. 1 Cor 12, 11). []
Perch dove la Chiesa, l anche lo Spirito di Dio; e
dove lo Spirito di Dio, l la Chiesa e ogni grazia 16.
9. I CARISMI NELLA STORIA DELLA CHIESA
Un ruolo speciale, nel cammino e nella missione
della Chiesa, quello dei carismi e cio dei doni
straordinari che lo Spirito Santo elargisce, di tempo in tempo, secondo le necessit della Chiesa e secondo il progetto damore di Dio sul mondo 17. Es-
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si, come spiega Chiara, altro non sono che una parola del Vangelo di Ges incarnata grazie a unispirazione particolare dello Spirito Santo:
Ges il Verbo di Dio incarnato.
La Chiesa il Vangelo incarnato. Cos Sposa di
Cristo.
Noi vediamo attraverso i secoli fiorire tanti Ordini
religiosi su tante ispirazioni quanti essi sono. Ogni Ordine o Famiglia religiosa lincarnazione dunespressione di Ges, duna sua Parola, dun suo atteggiamento, dun fatto della sua vita, dun suo dolore, duna
parte di Lui. ()
Insomma noi vediamo la Chiesa come un Cristo
spiegato attraverso i secoli. Non nacque un Ordine approvato dalla Chiesa che non sia stato dispirazione
divina.
Tutti questi carismi, e i movimenti spirituali cui
essi hanno dato origine, non hanno solo rinnovato la
Chiesa, facendo fiorire in essa quella particolare Pa-
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rola di Ges che trova espressione in loro, ma hanno influito anche sulla storia dellumanit.
Un grande carisma, infatti, genera un proprio
stile culturale e d unimpronta a quelle espressioni
della societ in cui chiamato a inserirsi e a operare. Si pensi a ci ch accaduto con lora et labora di
Benedetto da Norcia e la nascita dellEuropa, o con
lideale di madonna povert di Francesco dAssisi e la fioritura della cristianit medievale, o con lad
maiorem Dei gloriam di Ignazio di Loyola e il profilarsi dellepoca moderna: teologia, filosofia, prassi
sociale e amministrazione dei beni, arte e persino
approccio scientifico alla natura, sono stati influenzati e spesso vitalmente informati dallispirazione
mistica di questi grandi santi.
Si pu pensare che anche le diverse tradizioni
cristiane cattolica, ortodossa, evangelica, ecc.
che purtroppo, per la debolezza umana, si sono tra
loro contrapposte e suddivise in diverse Chiese, in
origine siano frutto di unazione dello Spirito Santo
e abbiano con ci contribuito a esplicitare, nonostante tutto, la ricchezza inesauribile della vita e della verit cristiana 18.
N lazione dello Spirito assente dal processo
anche travagliato e contraddittorio di maturazione
della coscienza umana e della vita sociale che ha su-
18 Cf., su questo tema, il documento conciliare sullecumenismo Unitatis redintegratio, 4; e il luminoso brano dellintervista di
Giovanni Paolo II in Varcare le soglie della Speranza, Mondadori,
Milano 1994, p. 167.
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20 Discorso di chiusura del primo periodo del Concilio Vaticano II (8 dic. 1962): EV/1, 124*.
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X.
PREMESSA
In questo rapido percorso attraverso la storia
dellesperienza e della comprensione cristiana della
Trinit, vorrei cercare di descrivere il filo doro
che individua alcune tappe e figure della penetrazione progressiva di Dio Trinit nella vita e nellintelligenza dellumanit: a partire dalla rivelazione in Ges crocifisso e risorto attestata dal Nuovo Testamento e dalla fede della Chiesa professata dai Concili di
Nicea I (325) e di Costantinopoli I (381).
Mi pare infatti che si possa intuire un cammino
in questo straordinario incontro tra Dio Amore che
si comunica e lumanit che, accogliendolo, viene
trasformata sempre pi a sua immagine e somiglianza, in tutti gli aspetti del suo esistere. Qui ne richiamo appunto, senza pretesa di completezza e guardando soprattutto allOccidente cristiano, alcune
tappe e figure soltanto tra le pi significative.
In effetti, il vero protagonista di questa storia
lo Spirito Santo che, in modo particolare attraverso
i suoi speciali carismi (cf. LG 12), introduce progressivamente la Chiesa ma anche, pi in generale, il
pensiero e la prassi che in qualche misura sono fe131
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Scrittura, e in particolare nella prima lettera di Giovanni: Dio amore, chi rimane nellamore rimane
in Dio e Dio rimane in lui (1 Gv 4, 16).
Lamore! unaltra scoperta. Profondamente
colpito, Agostino esclama:
Ecco: Dio amore. () Perch andare correndo
nel pi alto dei cieli e nel pi profondo della terra cercando colui che presso di noi, se noi vogliamo essere presso di lui? 2.
Nellamore Dio si fa presente. Amando conosciamo Dio, lo sentiamo. Agostino, ormai, vuole
incamminarsi lungo questa via (via caritatis, via dellamore, la chiama). E lo fa in due tappe. Innanzitutto, da fine conoscitore qual dellinteriorit dello
spirito umano visitato dalla grazia, illustra questo
dato elementare dellesperienza cristiana:
Nessuno dica: non so che cosa amore. Ami il
fratello, ed amer lamore stesso. Infatti, conosce meglio lamore con cui ama che il fratello che ama. Ecco
allora che Dio gli sar pi noto che il fratello; molto
meglio noto, perch pi presente; pi noto perch pi
interiore; pi noto perch pi certo. Abbraccia lamore che Dio, e con lamore abbraccia Dio 3.
2 Ibid.,
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VIII, 10, 14: Sed hic paululum requiescat intentio, non ut se iam existimet invenisse quod quaerit,
sed sicut solet inveniri locus, ubi quaerendum est aliquid. Nondum illud inventum est, sed iam inventum est ubi quaeratur. Ita
hoc dixisse suffecerit, ut tamquam ab articulo alicuius exordii cetera contexamus.
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Quando si giunse alla carit, che stata chiamata Dio nelle Sacre Scritture 10, sillumin un po la Trinit, e cio lamante, e chi amato e lamore. Ma, poich quella luce ineffabile abbagliava il nostro sguardo
e poich avvertivamo che la debolezza del nostro spirito non poteva ancora raggiungerla, inserendo una
digressione tra ci che avevamo iniziato a dire e ci
che avevamo deciso di dire, ci siamo rivolti al nostro
spirito, secondo il quale luomo stato fatto ad immagine di Dio 11, trovandovi un oggetto di studio pi a
noi familiare, per riposare la nostra intenzione affaticata e cos ci siamo soffermati dal libro IX al libro XII
sulla creatura che siamo noi per poter, attraverso le cose create, vedere con lintelligenza le perfezioni invisibili di Dio 12. Ed ecco che ora, dopo aver esercitato la
nostra intelligenza nelle cose inferiori, quanto era necessario o forse pi di quanto fosse necessario, vogliamo elevarci alla contemplazione di quella suprema
Trinit che Dio, ma non ne siamo capaci 13.
10 Cf. 1 Gv 4, 8.16.
11 Cf. Gn 1, 27; 5, 1; 9, 6.
12 Cf. Sap 13, 5; Rm 1, 20.
13 Agostino, De Trinitate, XV,
6, 10: Ubi ventum est ad caritatem, quae in sancta Scriptura Deus dicta est, eluxit paululum
Trinitas, id est, amans, et quod amatur, et amor. Sed quia lux illa
ineffabilis nostrum reverberabat obtutum, et ei nondum posse obtemperari nostrae mentis quodam modo convincebatur infirmitas,
ad ipsius nostrae mentis, secundum quam factus est homo ad imaginem Dei, velut familiariorem considerationem, reficiendae laborantis intentionis causa, inter coeptum dispositumque refleximus;
et inde in creatura, quod nos sumus, ut invisibilia Dei, per ea quae
facta sunt, conspicere intellecta possemus, immorati sumus a no-
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AL
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no usque ad quartum decimum librum. Et ecce iam quantum necesse fuerat, aut forte plus quam necesse fuerat, exercitata in inferioribus intellegentia, ad summam Trinitatem quae Deus est, conspiciendam nos erigere volumus, nec valemus.
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qeovth~) perch
senza principio. Tale espressione tuttavia rara, mentre frequente la definizione del Padre come fonte (phghv) della Divinit.
18 unespressione originale di Dionigi; cf. S. Lilla, Terminologia trinitaria nello Pseudo-Dionigi lAreopagita. Suoi antecedenti
e sua influenza sugli autori successivi, in Augustinianum, 13
(1973), 609-623.
19 Dionigi lAreopagita, Nomi divini, II, 645C.
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nigi e sviluppa con profondit la dottrina di Agostino. Penso si possa dire che il grande Dottore riprende il tema dellintelligentia fidei l dove lha lasciato
Agostino, e penetra con essa nel mistero di Dio Trinit. Egli descrive infatti, con straordinaria maestria, la
vita di Dio mostrando come il Padre generi il Verbo
in cui conosce S e le cose create , e come il Padre
e il Figlio si amino reciprocamente e amino le creature spirando lo Spirito Santo 20. Non solo la vita
intima di Dio, ma anche il rapporto tra Dio e la creazione va dunque compreso trinitariamente.
Inoltre, riprendendo lintuizione agostiniana
della relazione, Tommaso giunge a dire che nelle
Persone divine lesser-in-s (la sussistenza) e la relazione coincidono. Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, dunque, esistono in quanto sono relazione luno
rispetto allaltro 21.
Una straordinaria contemplazione, dunque. Ma
pi come esercizio dintelligenza illuminata dalla fede e nutrita dallEucaristia (di cui Tommaso appassionato cantore), che come esperienza vitale e
condivisa della Trinit. Tommaso, certo, ha varcato
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la soglia cosa che n Agostino n tanto meno Dionigi avevano ritenuto di poter fare ma con uno
slancio dintelligenza. Lesistenza, si direbbe, pur redenta e trasfigurata dalla grazia, rimasta ancora
nellaldiqua.
Tommaso ne consapevole. Anche lui attende
qualcosa. Lo rivela limprovviso e definitivo silenzio
al termine della sua vita.
Secondo una notizia che risale a Reginaldo, suo
segretario e confessore, il 6 dicembre 1273, mentre
celebrava la Santa Messa nella Cappella di San Nicola in San Domenico Maggiore a Napoli, Tommaso vive un profondo mutamento (Fuit mira mutatione commotus): E dopo quella Messa non scrisse pi n pi dett alcunch, e appese gli strumenti
della scrittura nella terza parte della Summa 22.
Reginaldo non comprende, e insiste perch il
Magister riprenda a dettare:
Padre, perch hai cessato unopera tanto grande
che hai cominciato a lode di Dio e a illuminazione del
mondo? A lui rispose frate Tommaso: Reginaldo, non
posso non posso, perch tutto ci che ho scritto mi
sembra paglia, rispetto a ci che ho visto e che mi
stato rivelato 23.
22 Processus,
23 Ibid.
144
n. 79, 376s.
Una parola su san Francesco dAssisi (11821226) e sul significato del suo carisma in ordine alla
conoscenza della Trinit. La sua straordinaria espe145
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rienza, infatti, segna una tappa nuovissima nella storia damore tra Dio e lumanit, in Ges.
Si pu dire, penso, che lo Spirito Santo ha indicato a Francesco la via per giungere al seno del
Padre: il Crocifisso. Tutta la sua esistenza, a partire
dal momento della conversione, un voler seguire
Ges: anzi un volersi conformare il pi pienamente
possibile a lui in tutto, anima e corpo. Si pensi, ad
esempio, alla contemplazione intensissima che Francesco vive e ripropone, anche artisticamente, dellevento dellincarnazione e della passione e morte
di Ges. Tanto da essere definito, in senso forte, alter Christus.
Un evento decisivo, in questo cammino, quello delle stigmate che Francesco riceve a La Verna
(settembre 1224). San Bonaventura, nella Legenda
maior, racconta come avvenne. Francesco avverte
che Ges, se egli avesse aperto il Vangelo, gli avrebbe rivelato che cosa Dio maggiormente gradiva in
lui e da lui 24.
Aperto il libro per tre volte (nel nome della Santa Trinit), sempre simbatt nella Passione del Signore. Allora luomo pieno di Dio comprese che, come
aveva imitato Cristo nelle azioni della vita, cos doveva essere a lui conforme nelle sofferenze e nei dolori
della Passione, prima di passare da questo mondo 25.
24 Bonaventura da
25 Ibid., XIII, 2.
146
Scritti e biografie di san Francesco dAssisi. Cronache e altre testimonianze del primo secolo francescano.
Scritti e biografie di santa Chiara dAssisi, Edizioni Messaggero Padova, Padova 19904, n. 277.
28 Bonaventura da Bagnoregio, Legenda maior, XIII, 5.
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Nar-
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avesse conosciuto molto bene gli argomenti di ragione. Egli infatti indic cos ci che il suo corpo mistico
avrebbe fatto nella tribolazione prossima 32.
4. IL CROCIFISSO E LA TRINIT NELLA MODERNIT:
LA FILOSOFIA, LA TEOLOGIA E LA MISTICA
San Francesco il primo, a quanto sappiamo,
che abbia ricevuto le stigmate. E ci pu esser letto
come un punto fermo: il Crocifisso, di qui innanzi,
ormai inscritto nella storia dellesperienza e dellintelligenza cristiana di Dio Trinit. A lui si potrebbe
affiancare santa Caterina da Siena (1347-1380). Ma
andrebbe studiato.
Dopo Francesco, si pu seguire la presenza della realt del Crocifisso come via alla conoscenza di
Dio, pur in forme diverse e persino distanti, in tre
grandi filoni che attraversano la modernit giungendo sino a noi: quello filosofico (da Meister Eckhart
a Hegel e Schelling a Heidegger), quello teologico
(da Lutero ai grandi teologi del 900: K. Barth, S.
Bulgakov, H.U. von Balthasar) e quello mistico.
Dico soltanto una parola, in fedelt alleconomia del nostro percorso, sui primi due, per soffermarmi un po di pi sul terzo.
a) Per quanto riguarda il filone filosofico e, in
particolare, la concezione stessa del pensare, si pu
32
414b.
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19. Non ille digne theologus dicitur, qui invisibilia Dei per ea, quae facta sunt, intellecta conspicit
(non pu dirsi degnamente teologo colui che conosce come colte dallintelletto le perfezioni invisibili
di Dio attraverso le cose create),
20. Sed qui visibilia et posteriora Dei per passiones et crucem conspecta intelligit (ma colui che penetra con lintelletto, avendole conosciute attraverso le
prove della passione e la croce, le realt visibili che
[la rivelazione di Dio] mostra come di spalle) 33.
Questo filone, interagendo per vie diverse con il
primo, porter lentamente importanti frutti, che
emergeranno sicuri nella teologia del XX secolo
(penso, in particolare, come gi accennato, a K.
Barth, S. Bulgakov e H.U. von Balthasar). Tra questi frutti, due sono fondamentali 34:
la riscoperta che levento pasquale vissuto da
Ges (la morte di croce, la risurrezione, leffusione
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35 Si tratta dellinizio della settima mansione del Castello interiore, che costituisce lultima tappa nellitinerario verso la piena
comunione con Dio Trinit, culminante nella perfetta unione
sponsale con Cristo.
36 Teresa dAvila, Castello Interiore, VII, 1, 6; cf. Opere, Roma 19817, pp. 938-939.
37 Teresa dAvila, Favori celesti, 18; cf. Opere, Roma 19817, p.
492.
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ne dellaltra intuizione agostiniana: quella dellamore reciproco come luogo da cui spiccare il volo verso la contemplazione della Trinit?
Troviamo qui ripresa la grande lezione di Agostino, ma con qualcosa di pi: mentre per lui la Trinit vista nel suo specchiarsi nellanima, ora la
Trinit contemplata vivente nellanima, e cos
lanima partecipa della vita trinitaria.
C anche unesplicitazione in pi rispetto allesperienza vissuta da Francesco: la partecipazione,
appunto, dellanima alla vita trinitaria. Eppure, proprio pensando a Francesco, viene spontaneo ricordare che cera in lui la promessa di una trasfigurazione in Dio, per Ges Crocifisso, non solo dellanima, ma anche del corpo e della creazione intera
Del resto, se la dottrina dei Dottori del Carmelo
rappresenta in certo modo il compimento dellintuizione agostiniana dellinteriorit come dimora della
Trinit e anche la conferma esperienziale, in virt
della comunione con Ges Eucaristia, della regula fidei della Chiesa e dellintelligentia fidei nel suo sviluppo che va da Agostino a Tommaso dAquino, che
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5. CHIARA LUBICH
E LA PARTECIPAZIONE ALLA VITA DELLA
TRINIT
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Mi limito muovendo, in particolare, dallesperienza di luce vissuta da Chiara stessa, con Igino
Giordani, le prime focolarine e i primi focolarini,
nellestate del 1949 ad alcune brevi annotazioni
per sottolineare la peculiarit di questa esperienza
della Trinit, che porta con s unoriginale conoscenza di Dio e della creazione in Dio 39. Per cominciare, ecco in sintesi il racconto che Chiara stessa offre dellesordio di questa esperienza:
Foco 40, innamorato di santa Caterina, aveva cercato sempre nella sua vita una vergine da poter seguire.
Ed ora aveva limpressione daverla trovata fra noi. Per
cui un giorno mi fece una proposta: farmi il voto dobbedienza, pensando che cos facendo avrebbe obbedito
a Dio (). Io non capii in quel momento n il perch
dellobbedienza, n questa unit a due (). Nello stesso tempo per mi sembrava che Foco fosse sotto lazione duna grazia, che non doveva andar perduta.
Allora gli dissi pressappoco cos: Pu essere veramente che quanto tu senti sia da Dio (). E aggiunsi: Tu conosci la mia vita: io sono niente. Voglio vivere, infatti, come Ges Abbandonato che si com39 Per lillustrazione di questa realt si veda, in particolare,
G. Ross, Il carisma dellunit alla luce dellesperienza mistica di
Chiara Lubich, in Nuova Umanit, XXII (2000), n. 127, pp. 2134, oltre alle indicazioni che si possono trarre da C. Lubich, La
dottrina spirituale, a cura di M. Vandeleene, Citt Nuova, Roma
2006 (con ricche e puntuali indicazioni bibliografiche).
40 il nome nuovo con cui, allinterno del Movimento dei
Focolari, allora allinizio, si chiamava Igino Giordani (1894-1980),
che Chiara Lubich considera cofondatore del Movimento stesso.
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Giovanni della Croce, ma che si rivela nella sua piaga interiore, trinitaria, in cui si realizza la relazione damore col Padre e novit! coi fratelli:
San Giovanni della Croce non poteva andar pi in
l: arriv a disporre la sua anima nella migliore disposizione perch Dio la riempisse. Infatti egli con la sua notte oscura fu il polo negativo che unito a Dio polo positivo fa splendere o scaturire la Luce in s.
Noi invece siamo polo negativo e polo positivo tra
fratelli. () Il loro contatto d la Luce di Ges fra essi e quindi in ambedue. Noi portiamo davvero il Regno di Dio sulla terra. Infatti Dio fra noi e attraverso noi questa corrente damore (che la corrente dellAmore trinitario) passa per il mondo in tutte le
membra del Corpo Mistico, tutta illuminando 44.
c) Il terzo testo riguarda, infine, lintelligentia fidei: alla luce di Ges Abbandonato e in Lui si dischiude una comprensione profonda e originale di
ci che significa che Dio Amore e che le Persone
divine sono relazioni sussistenti (san Tommaso):
Il Padre genera il Figlio per amore: uscendo del
tutto, per cos dire, da s, si fa, in certo modo, non essere per amore; ma proprio cos che Padre. Il Figlio, a sua volta, quale eco del Padre, torna per amore
al Padre, si fa anchegli, in certo modo, non essere
per amore, e proprio cos , Figlio; lo Spirito Santo,
che il reciproco amore tra Padre e Figlio, il loro vin-
colo dunit, si fa, anchEgli, in certo modo, non essere per amore, quel non essere, quel vuoto damore, in cui Padre e Figlio si incontrano e sono uno: ma
proprio cos , Spirito Santo.
Se consideriamo il Figlio nel Padre, il Figlio lo
dobbiamo pensare dunque nulla (nulla dAmore) per
poter pensare Dio-Uno. E se consideriamo il Padre
nel Figlio, dobbiamo pensare il Padre nulla (nulla
dAmore) per poter pensare Dio-Uno.
Sono tre le Persone della Santissima Trinit, eppure sono Uno perch lAmore non ed nel medesimo
tempo. Il Padre distinto dal Figlio e dallo Spirito, pur
contenendo in S Figlio e Spirito. Uguale quindi allo
Spirito, che contiene in S e Padre e Figlio, e al Figlio
che contiene in S e Padre e Spirito Santo. Nella relazione delle Persone divine, cio, ciascuna, perch Amore, compiutamente non essendo: perch tutta pericoreticamente nelle altre, in un eterno donarsi.
Nella luce della Trinit, dispiegata da Ges abbandonato, Dio che lEssere, si rivela, se cos si pu
dire, custodiente nel suo intimo il non-essere come
dono di S: non certo il non-essere che nega lEssere,
ma il non-essere che rivela lEssere come Amore.
questo il dinamismo della vita intratrinitaria,
che si manifesta come incondizionato reciproco dono
di s, mutuo annullamento amoroso, totale ed eterna
comunione 45.
45
44 Testo
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inedito.
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XI.
La Chiesa e le religioni
PREMESSA
Lo scopo di questa lezione duplice:
1) delineare il significato teologico delle diverse
religioni nel disegno di Dio, e dunque in rapporto a
Ges e alla Chiesa;
2) dire qualcosa, in questa luce, circa limportanza e il metodo del dialogo tra la Chiesa e le religioni.
1. IL SIGNIFICATO DELLE RELIGIONI
NEL DISEGNO DI DIO
mento teologico della prospettiva trinitaria illustrata in questo testo, e in particolare, sul significato del riferimento al non essere
dellamore, cf. il nostro Alcune riflessioni sul conoscere teologico
nella prospettiva del carisma dellunit, in Nuova Umanit, XXI
(1999), n. 122, pp. 191-206, soprattutto pp. 200-205; e i contributi contenuti nel n. monografico di Nuova Umanit, XXII
(2000/6), n. 132, Teologia e carisma dellunit.
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to da Colui che illumina ogni uomo, affinch abbia finalmente la vita (LG 16).
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II, 10/09/91.
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3 Cf.
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Quelli che non hanno ancora ricevuto il Vangelo, in vari modi sono ordinati al Popolo di Dio. Per
primo quel popolo al quale furono dati i testamenti e
le promesse e dal quale Cristo nato secondo la carne
(cf. Rm 9, 4-5), popolo, in virt della elezione, carissimo per ragione dei suoi padri, perch i doni e la vocazione di Dio sono irrevocabili (cf. Rm 11, 28-29). Ma
il disegno di salvezza abbraccia anche coloro che riconoscono il Creatore, e tra questi in particolare i Musulmani, i quali professando di tenere la fede di Abramo, adorano con noi un Dio unico, misericordioso,
che giudicher gli uomini nel giorno finale. Dio non
neppure lontano dagli altri che cercano il Dio ignoto
nei fantasmi e negli idoli, poich Egli d a tutti la vita e il respiro e ogni cosa (cf. At 17, 25-28), e come
Salvatore vuole che tutti gli uomini si salvino (cf. 1
Tm 2, 4) (LG 16).
Dire che tutti gli uomini sono ordinati alla
Chiesa secondo il Concilio non significa semplicemente che dallesterno tendono verso il Popolo di
Dio. Essi, infatti, sono gi in potenza, e dunque oggettivamente, membra dellunico Corpo di Cristo.
Ma il Concilio dice di pi: e cio che essi, in qualche
modo, ne sono gi membra in atto, anche se difficile precisare come. Lindole comunitaria della grazia fa s che lordinatio al Popolo di Dio, in chi positivamente laccoglie, significhi anche un reale esser
membra in atto del Corpo di Cristo.
S.Th., III, 8, 3.
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Piacque a Dio nella sua bont e sapienza rivelare Se stesso e manifestare il mistero della sua volont
(cf. Ef 1, 9), mediante il quale gli uomini per mezzo
di Cristo, Verbo fatto carne, nello Spirito Santo hanno
accesso al Padre e sono resi partecipi della divina natura (cf. Ef 2, 18; 2 Pt 1, 4). Con questa rivelazione
infatti Dio invisibile (cf. Col 1, 15; 1 Tm 1, 17) nel
suo grande amore parla agli uomini come ad amici (cf.
Es 33, 11; Gv 15, 14-15) e si intrattiene con essi (cf.
Bar 3, 38), per invitarli e ammetterli alla comunione
con S (DV 2);
- perch il dialogo, che implica ascolto, rispetto e
accoglienza dellaltro, comunicazione della propria
vita, ecc., per s testimonianza di quellamore che
il cuore del vangelo di Ges, come ha scritto Paolo
VI nella sua grande enciclica sul dialogo, lEcclesiam
suam: Andate dunque e istruite tutte le genti,
lestremo mandato di Cristo ai suoi discepoli. ()
Noi daremo a questo interiore impulso di carit, il
nome, oggi diventato comune, di dialogo (n. 66);
- perch, infine, il dialogo esigito dal riconoscimento: (1) sia della libert religiosa (e cio di quel
rapporto libero di affidamento che lunico rapporto autentico con Dio) quale espressione essenziale
della dignit umana (cf. il decreto su questo tema,
Dignitiatis humane, del Vaticano II), (2) sia dellazione universale dello Spirito Santo ovunque lo
spirito umano aperto alla verit e al bene (cf. LG
16; GS 22).
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c) Da queste indicazioni sul concetto del dialogo interreligioso si profila anche, in concreto, il suo
metodo:
- farsi uno con laltro, seguendo la via di Ges
Abbandonato, come insegna laspostolo Paolo: mi
sono fatto giudeo con i giudei con coloro che sono sotto la legge sono diventato come uno che sotto la legge con coloro che non hanno legge sono
diventato come uno che senza legge Mi sono
fatto tutto a tutti, per salvare a ogni costo qualcuno
(1 Cor 9, 22);
- instaurare cos un rapporto che sia espressione
della regola doro presente in tutte le tradizioni
religiose: non fare agli altri ci che non vuoi sia fatto a te, fai agli altri ci vuoi sia fatto a te;
- per far emergere e sprigionare i semi del Verbo e i raggi dello Spirito che sono presenti e operanti in esse;
- creando in questo modo quellatmosfera (frutto dello Spirito Santo) di reciproca apertura e sincero scambio dei propri doni,
- che apre e prepara allaccoglienza del Dio
sempre pi grande: come ha detto Giovanni Paolo II in un discorso a Madras: Attraverso il dialogo
facciamo in modo che Dio sia presente in mezzo a
noi: poich, mentre ci apriamo lun laltro nel dialogo, ci apriamo anche a Dio 4.
4 Insegnamenti,
174
3. QUALI PROSPETTIVE?
Quali prospettive per il dialogo? sufficiente,
per un esempio, lesperienza vissuta da Chiara Lubich e dietro lei dal Movimento dei Focolari in questo ambito cos delicato e importante, e di cui siamo
stati e siamo stupiti testimoni, per intuirne qualcosa.
Mi limito a citare, in conclusione, una riflessione di Chiara, dopo il suo viaggio in Asia del 96-97:
Io non vedo tanto la nostra missione indirizzata
subito alla conversione. Certo, se Dio spinge qualcuno
a convertirsi, lo deve certamente fare, ma mi sembra
che lo Spirito Santo ci suggerisca anche unaltra strada.
Questi popoli hanno nella loro cultura degli elementi
che non si possono sopprimere, perch sono semi del
Verbo. Noi non sappiamo che cosa potr essere in un
domani la Chiesa con dentro di s unespressione buddhista diciamo cos del Vangelo. Marisa Cerini mi
ha passato un testo di monsignor Rossano, nel quale si
sottolinea: Leconomia cristiana non sar conosciuta e
sviluppata in tutte le sue virtualit fino a quando non
sar pensata, interpretata, vissuta nelle categorie religiose di tutti i popoli. Parallelamente si pu ritenere
che, a contatto di essa, le tradizioni religiose dei popoli
avranno la possibilit di sollevare ed esprimere il meglio di quello che portano in seno 5.
5 Il testo di P. Rossano qui riportato contenuto nel saggio,
Il problema teologico delle religioni, Ed. Paoline, Catania 1975.
Uneco e uno sviluppo di ci nella Novo millennio ineunte di Giovanni Paolo II: Il dovere missionario () non ci impedisce di an-
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Monsignor Rossano scriveva anche che possibile conciliare luniversalit e lunit della fede cristiana con il rispetto e la valorizzazione dellidentit religiosa dellaltro, puntando sul carattere di relazione
interpersonale proprio della fede cristiana, una relazione che chiama i soggetti ad un rapporto nuovo con
Dio e i fratelli (), ancorato sul mistero di Dio unitrino, partecipato agli uomini in Ges Cristo. Questo
rapporto nuovo, lungi dal distruggere il patrimonio
religioso preesistente, lo purifica e lo dilata verso orizzonti prima ignoti.
Non stiamo sperimentando un po proprio questo,
nel dialogo coi nostri amici buddhisti? Dopo questo
dare al dialogo intimamente disposti allascolto. Sappiamo infatti
che, di fronte al mistero di grazia infinitamente ricco di dimensioni e di implicazioni per la vita e la storia delluomo, la Chiesa stessa non finir mai di indagare, contando sullaiuto del Paraclito, lo
Spirito di verit (cf. Gv 14, 17), al quale appunto compete di portarla alla pienezza della verit (cf. Gv 16, 13). Questo principio
alla base non solo dellinesauribile approfondimento teologico
della verit cristiana, ma anche del dialogo cristiano con le filosofie, le culture, le religioni. Non raramente lo Spirito di Dio, che
soffia dove vuole (Gv 3, 8), suscita nellesperienza umana universale, nonostante le sue molteplici contraddizioni, segni della
sua presenza, che aiutano gli stessi discepoli di Cristo a comprendere pi profondamente il messaggio di cui sono portatori. Non
stato forse con questa umile e fiduciosa apertura che il Concilio
Vaticano II si impegnato a leggere i segni dei tempi?. Pur attuando un operoso e vigile discernimento, per cogliere i veri segni della presenza e del disegno di Dio, la Chiesa riconosce che
non ha solo dato, ma anche ricevuto dalla storia e dallo sviluppo
del genere umano. Questo atteggiamento di apertura e insieme
di attento discernimento il Concilio lo ha inaugurato anche nei
confronti delle altre religioni. Tocca a noi seguirne linsegnamento e la traccia con grande fedelt (n. 56).
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Guillet J.: 16
Hegel G.W.F.: 128, 150,
151
Heidegger M.: 150, 151
Ignatios di Latakia: 104
Ignazio di Loyola: 33,
127, 153
Ireneo di Lione: 30, 105,
106, 107, 124
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Zimmerli W.: 59
Zoroastro: 110
Indice generale
PREFAZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . pag.
Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . .
1. Le vie della conoscenza di Dio . . . .
2. Lesperienza originaria del Divino . .
3. La fede dIsraele, risposta a Dio che si
rivela . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4. Il lgos dei greci e la nascita della filosofia . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5. Ges e la conoscenza di Dio/Abb .
6. Ges Abbandonato, vertice della conoscenza di Dio . . . . . . . . . . . .
7. Ges Risorto e il credere allamore
8. Ges in noi, noi in Ges . . . . . . .
.
.
.
7
7
9
10
.
.
12
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.
.
.
14
17
18
20
20
20
22
Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1. Levento di Ges, rivelazione piena e
definitiva di Dio nella storia . . . . . .
2. Io sono la via, la verit e la vita . . .
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Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1. La pre-esistenza di Ges, Figlio Unigenito del Padre . . . . . . . . . . . . . .
48
48
Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . .
1. Il battesimo e il ministero messianico
2. Lavvento del regno di Dio . . . . . .
3. La sequela dei discepoli e la comunit
apostolica . . . . . . . . . . . . . . .
4. Ges e lestablishment religioso e sociale . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5. Lidentit di Ges e la sua autocoscienza. . . . . . . . . . . . . . . . .
6. Ges di fronte alla sua morte e la cena
pasquale . . . . . . . . . . . . . . . .
7. Il processo e la morte di croce . . . .
8. Le apparizioni di Ges risorto . . . .
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56
56
.
.
57
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.
.
.
62
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64
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Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1. La rivelazione di Dio Amore nel Primo
Testamento
2. La rivelazione del Padre Amore in
Ges. . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3. Ges Crocifisso e Abbandonato rivelazione del Padre Amore . . . . . . . .
4. Nella luce del carisma dellunit . . . .
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73
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Premessa . . . . . . . . . . . . . . . .
1. Lgos e ksmos nella filosofia greca
2. Parola e creazione nel Primo Testamento . . . . . . . . . . . . . . . .
3. Il Verbo e la creazione nel Nuovo
Testamento . . . . . . . . . . . . .
. .
. .
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Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1. Il presentimento dello Spirito . . . . .
2. Lesperienza dello Spirito in Israele . .
3. Lo Spirito del Padre e del Figlio . . . .
4. Lidentit personale dello Spirito Santo .
5. Il Paraclito. . . . . . . . . . . . . . . .
6. Lo Spirito Santo nellesperienza di
Chiara Lubich . . . . . . . . . . . . .
89
90
91
93
94
96
98
ZIONE
131
132
165
Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1. Il significato delle religioni nel disegno
di Dio . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2. Il significato e il metodo del dialogo . .
3. Quali prospettive? . . . . . . . . . . .
165
165
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UNIVERSITAS
nella stessa collana
NOTTE
INTERPRETAZIONE
DIO
CHE DICE
AMORE
lezioni di teologia
ISBN 978-88-311-0218-6, 2007, pp. 192
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