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ISBN HH-HH764-28-3
www.hcvvinoe-diton:.it
info@bcvivinoeditorc.it

Copyright 2004
Francesco Bevvino Editore

GOD

srl-

Milano

Grandi opere e Dizionari

Copenina e impagin:J.Zione di _1\lessio Scordamaglia

www

piekwick. i L

mag;l7.ne dettroniLU JeJicaro al mondo del libro

Nessuna opera pu sorgere senza l'1terlocutore e senza l'Altro.


Ringrazio mia moglie Gabriella Landini,
indi>pensabile copartecipe nella costruzione di Dominio.

TEATRI NO

All'alzarsi del sipario, si vedr una collina sulla quale


intento ad arare un grassone in abito da dirigente di varie
epoche, e dunque con giacca grigio scuro a doppio petto
dalla quale spunta l'orlo di un colorato peplo ricamato. In
testa, una bombetta ornata da una lunga piuma cangian
te. Antico e moderno insieme, calza agili scarpe da ginna
stica. A seguirlo solco per solco, i suoi caudatari, anch'essi
pasciuti, vuoi coperti di corazza, vuoi in giacca e cravatta.
Ai piedi del colle, transita, solo e magro, un itinerante con
un perizoma di pelle. Impugna arco e frecce e si guarda
attorno come in cerca di animali da cacciare.

ARATORE

(all'itinerante, gridando) 6dimi, straccione. Io qui sono

il signore supremo. Tutto il resto non che un mio riflesso e un


mio strumento. Il tuo scopo obbedirmi agendo secondo luci
dit, sempre e ovunque. Non ti concessa l'ebbrezza n la con
templazione di sogni segreti e indecifrabili, perch sarai cittadi
no della citt di cui traccio con l'aratro la pianta quadrata.
Eriger un agglomerato di cause concomitanti, nelle quali sarai
al sicuro come in fondo a un labirinto. Il filo che unisce i
moventi alle conseguenze inestricabile. Tu, uomo selvatico,

DOMINIO

rassegnati alla mia citt. una calamit che passa di nazione in


nazione. Crescer su se stessa, nessuna forza, n tempesta n
nemici potr mai pi cancellarla dalla faccia della terra.
Obbedir alla legge dei numeri, avr archi di pietra candida e
cieli azzurri, scalinate di marmo e finestre di cristallo. Non vi si
avr mai n troppo caldo n troppo freddo. In essa saranno abo
lite le stagioni. In essa tutto sar artificiale. Sar macchina in
perenne funzionamento.
CAUDATARI Avaro, arruffone, sfruttatore! Te beato! Fortissimo!
Bellissimo! Potentissimo! Carogna! Amato! (Si inchinano dej
renti. Chiedono) Andiamo a prenderlo per chiuderlo in un
museo? In uno zoo? (Impugnano, frugando nel mucchio ai limiti

del campo, lance, scudi, jcili, mitragliatori, pistole) .


ARATORE Dico a te, straccione! Sto costruendo una macchina che,

copulando con se stessa, si generi continuamente dalle proprie


macerie. Ors, da bravo, vieni a rendermi omaggio.
ITINERANTE

(in pronta foga, blatera quelli che possono interpretarsi


soltanto quali insulti e cachinni) .
ARATORE (ai caudatarz) Se l' voluta! Andate, sterminatelo! Trionfi
la civilt e la stanzialit! Occorre s un sacrificio umano, sia pure
di un inferiore, condannato dalla storia, per edificare la citt!

CAUDATARI

(scendono urlando dal colle, sparando, avventando !ance


e giavellotti).
ITINERANTE (trafitto, esegue un poco decoroso decesso) .
ARATORE Tornate pure, miei prodi. Guardate! ( Traccia, con straor
dinaria perizia, un elegante spigolo) .

CAUDATARI M a com' bravo! Ma che bel rettangolo, quadrato, ret

tilineo, angolo diedro! Da strangolarlo! Evviva, evviva il capo! In


attesa che uno lo sopprima, quel porco, e si impossessi dell'ara
tro! Mai non sia! Tu, eterno capo! Sarai sempre nei nostri cuori,
maledetto, fetente, sublime!

INTRODUZIONE

La tripartizione qui proposta non vuole sottolineare una diversit.

Potere, religione e guerra sono infatti riconducibili a un nucleo


unitario, a una fase del divenire umano nella quale non erano anco
ra diversificati n diversificabili agli occhi dei loro stessi inventori.
Poich di invenzione si tratt, e fu un processo di lunga durata:
parecchi millenni, quanti ne occorsero perch si verificasse quello
che a suo tempo l'antropologo e preistoriologo Gordon Childe
( 1 892- 1 957) ha voluto denominare rivoluzione neolitica. Un
periodo nel corso del quale entro il nucleo unitario di cui si test
detto (ed evito di definirlo originario per le ragioni che andr espo
nendo pi avanti) si deline una diramazione, una ancora impreci
sa distinzione fra le tre componenti, potere, religione e guerra, che
andarono via via specializzandosi, a volte convergendo, altre diver
gendo e anzi entrando in aperto conflitto tra loro.
Contemporaneamente andava prendendo forma quella che oggi
usiamo chiamare societ, nome collettivo con cui designiamo for
mazioni di vario tipo e diverso genere, ma aventi tutte in comune
la struttura gerarchica, vale a dire la subordinazione dei pi ad auto
rit superiori e a ordinamenti piramidali. La proposta che qui
espongo di distinguerle dai gruppi itineranti preneolitici (ne igno
riamo l'entit, possiamo solo ipotizzarne la distribuzione, gli spo
stamenti, le fusioni e le scissioni, e le zone in cui per lo pi preferi9

DOMINIO

vano muoversi) , privi comunque di strutture gerarchiche, cio di


poteri nell'accezione attuale del termine (pi avanti distinguer tra
forme di repressione e instrumenta regni) . Ancora oggi gruppi del
genere, seppure ridotti a sparuti rappresentanti della tipologia, sono
dediti alla caccia e alla raccolta, in quanto esperti nella ricerca, sco
perta e utilizzazione di ci che l'ambiente circostante offriva e offre
spontaneamente. Le loro tecniche si riducevano e si riducono all'or
ganizzazione di cacce collettive, alla preparazione dei relativi stru
mentari, comprese le armi da caccia, alla fabbricazione di oggetti
d'uso d'altro genere, in pietra, in legno, in osso oppure derivanti da
scheletri di pesci, e alla preparazione del cibo.
Tutto lascia supporre che la specializzazione, differenziazione e
autonomizzazione dei tre rami del tronco iniziale, potere, religione e
guerra, abbia comportato una definizione di ambiti e funzioni sem
pre pi precisi e rigidi, corrispondenti al tracciamento, inizialmente
simbolico ma un po' alla volta tradotto in rappresentazione, nel
"come se", cio in concretezza gelosamente affermata, di limiti e
confini. da supporre anche che gli agenti, a questo punto ormai
societari, che hanno costituito le categorie - caste, classi, affiliazioni
- portatrici del potere nell'accezione attuale siano stati, all'inizio, gli
elementi pi validi, pi robusti, pi abili o pi autorevoli (distingue
remo pi avanti tra autorevolezza e autorit sia di uomini che di
donne) e che siano stati loro assegnati o si siano attribuiti compiti di
difesa, di distribuzione pi o meno coattiva delle mansioni, determi
nazione e sistematizzazione delle attivit produttive, principalmente
agricole, e di fabbricazione di arnesi, strumenti, armi ...
A un altro insieme d i componenti d i quella che a questo punto
pu senz'altro definirsi societ, ipotizzabile sia stato assegnato o,
ancora una volta, sia stato autoattribuito, il compito di interpreta
re i segni del cielo, della terra, delle acque, della vegetazione, della
fauna.
A un altro insieme ancora sarebbe stato riservato il compito di
dilatare l'ambito dell'intorno, considerato propriet esclusiva di
lO

INTRODUZIONE

quella particolare versione di societ, vale a dire l'attivit bellica


consistente nella conquista di nuovi territori da sottoporre a sfrut
tamento e nella sottomissione di altri esseri umani e animali gi
addomesticati, oppure delle zone di pascolo o predazione di anima
li ancora selvatici.
Questa breve premessa ne comporta, e anzi ne presuppone,
un'altra: l'affermazione iniziale e coeva di stanziamento, agricoltura,
invenzione delle divinit, alle quali va senz'altro aggiunta brama di
potere e accettazione del potere stesso da parte dei sudditi.
Contemporaneamente all'affermazione del potere inteso come
struttura gerarchica di sopraffazione - a proposito della quale pi
avanti sar necessario soffermarsi sul significato di sadismo e maso
chismo intesi in un'accezione sociologica, non gi strettamente ses
suale - andata affermandosi l'economia, cio la produttivit agri
cola e tecnica che esigeva, come ancora oggi, divisione del lavoro,
assegnazione prescrittiva delle mansioni, distribuzione programma
tica di risorse e strumenti.
Allo stesso modo, i presunti rapporti con le divinit, una volta
affermata la loro "reale" presenza (non dunque una presenza soltan
to supposta, bens proclamata, imposta, dogmaticamente prescritti
va), in altri termini una volta operata la scissione tra aldiqua e aldi
l, tra mondo delle concretezze terrene e sfera metafisica trascenden
te, vale a dire zona del sacrum, la scissione in questione non poteva
non trasformarsi in religione vera e propria, darsi insomma una
struttura, una gerarchia, obbligatorie credenze, un sacerdozio, rego
le cultuali da seguire con rigida esattezza, un pantheon.
A conferma della contemporaneit dell'affermarsi di potere
come gerarchia, di religione come strutturazione del sacrum e di
guerra, facile notare che quest'ultima non poteva venire in essere
senza il duplice strumentario del potere e della religione. Il primo,
perch assegnava ai guerrieri, che in tal modo diventavano soldati
obbedienti a comandanti, i mezzi e gli uomini (a volte anche le
donne) con cui trasformare la violenza, sempre esistita e inelimina-

11

DOMINIO

bile in ogni collettivit umana, ma non ancora diventata strumen


to consapevole - cio grammatica e sintassi della violenza -, in
sistematica organizzazione e finalizzazione della violenza stessa; la
seconda, la religione, era altrettanto indispensabile in quanto giu
stificava e legittimava, come del resto accade ancora oggi, l'azione
bellica.
D'altra parte, il potere non avrebbe avuto stabilit, durata e tra
smissibilit senza l'opportunit e necessit della guerra e senza la
supposta approvazione e autorizzazione della divinit. In altre paro
le, una volta diramatesi le tre componenti iniziali del dominio,
potere, religione e guerra, esse si sono condizionate, rafforzate, con
validate a vicenda.
Questo libro non aspira alla sistematicit. Il lettore pu anzi sal
tare a piacimento da un paragrafo all'altro, l'autore confidando di
aver messo in opera, pi che un testo, una sorta di montaggio (in
senso cinematografico) in cui tout se tient. Rifuggo dai modi dell'ac
cademia, e ho cercato di evitare designazioni troppo rigorose, atte
nendomi, nei l imiti del possibile, al presupposto che tutto simbo
lico ma, dal momento che un saggio (per restare alla ben nota, tanto
deplorevole quanto difficilmente evitabile, classificazione degli
scritti in generi) pertiene alla logico-discorsivit, mi stato gioco
forza servirmi di rappresentazioni. Con il rischio del letteralismo ma
con la cognizione che la Parola, come il simbolismo, punta al silen
zio, al linguaggio nascosto nel linguaggio. La conseguenza una
frammentazione in paragrafi di varia lunghezza, obbedienti a un
ordine fluttuante.
Grosso modo, l'esposizione si articola in un Prologo e tre
Capitoli, quegli stessi del sottotitolo: potere, religione, guerra, con
continui rimandi, e sovrapposizioni, dall'uno all'altro. Vasta parte
riservata, nella struttura generale, al p assaggio dal Paleolitico al
Neolitico inteso quale universo della legge, della produttivit, della
tecnologia, della storia: il mondo in cui prevalso il Discorso con
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INTRODUZIONE

l'inerente tentativo di relegare mito e tab nel ctonico. Il trionfo


celebrato di continuo dal Discorso - senza che esso possa togliere
di mezzo quello che chiamo residuo indecomponibile, ed l'ombra
del mito - consistito nello stravolgimento della Parola, ci che ha
fatto dell'uomo d'oggi un parlante che rilutta a essere mitico, e tut
t'al pi ammette che lo siano gli aspiranti alla traduzione dal silen
zio in parole. Chiamiamoli artisti - per quanto io ignori che cosa si
designi con il termine arte.
In questo libro si descrive dunque ci contro cui il dominio -

potere, religione, guerra - si accanisce nel tentativo di nasconderlo,


esorcizzarlo, reprimerlo, sopprimerlo. Ma l'uomo non potrebbe vive
re neppure un giorno senza mito, senza follia, senza abbandono e senza
sogno. Un paragrafo conclusivo di questa breve, nient'affatto siste
matica esposizione, contrappone l'azione del dominio - cultura
della morte - all'altra dimensione che la possibilit, solo accenna
ta, solo intravista della gioia (escludendo di poterla tradurre nei
tetri ritmi militareschi della marciante Gioia dell'inno conclusivo
della Nona di Beethoven) .
Parola senza origine, originaria. senza rimando a una real
t extralinguistica. Non inscrivibile nel sistema del signifcabile e
nel principio di padronanza.
Non c' padronanza della parola esercitata attraverso il linguaggio.
Non valgono le categorie della logica classica (tempo, spazio,
luogo, non-contraddizione) .
Discorso Il Discorso ci che inscrive la parola all'interno di un
sistema che presume l'esistenza di una causa prima. Si ha cos
Discorso archeologico, speleologico, sintattico-grammaticale, lette
rario, editoriale, eccetera.
Il Discorso si fonda su alcuni cardini che riguardano il terzo
escluso, il principio di non-contraddizione.

13

DOMINIO

Parola La Parola mistero, sfugge alla presa, soprattutto a quel


la, continuamente, testardamente tentata, della linguistica. Poich
non possibile una padronanza del linguaggio, non abbiamo facol
t, capacit, competenza che ci faciliti il percorso, restiamo conse
gnati al viaggio, impervio, di esistere in combutta con il mito. Che
il Discorso si sforza di mettere al bando. E anche per questo il
Discorso una costrizione, una catena di cause ed effetti che pre
tende di imporre l'adesione a una coerenza precostituita, ricondu
cibile a un sapere dato in partenza. Il Discorso presuppone un'ori
gine al di fuori della Parola, nutre la speranza di trovare in un'inva
riabilit pre-Babele la conferma di una lingua adamitica, il germe
iniziale e la scaturigine dell'origine dell'universo dalla quale far
dipendere la genealogia del bene e del male, dell'aldiqua e dell' aldi
l, del mondano e del divino. Il Discorso gnosi, episteme, funera
ria riduzione all'uno.

Mi rendo tuttavia conto che difficile intendere che ciascun


atto di parola in quanto tale a essere originario e che il nostro esi
stere in esso si situa.
Essendo impossibile dare in poche righe di aggiunta a un testo
(comunque inconduso e inconcludente) una definizione esaustiva
del termine Discorso perch riguarda quanto gi stato elaborato
in filosofia e nella logica classica, mi limito a pochi accenni, alter
nando e contrapponendo Parola e Discorso.
Parola Il termine deriva dal greco

parabllo, io lancio; donde

parabola, discorso per similitudine: "lancio" parole usate come


discorso per avvicinarmi come un bersaglio alla Parola che mi flui
sce dentro.
Discorso Il trasporto di un oggetto, la parola da un ambito lin
guistico a un altro, da una cultura a un'altra, possibile. Si chiama
traduzione. Permette di fornire oggetti, cio testi, approvati dal-

14

INTRODUZIONE

l'editoria e dall'accademia. Il traduttore lavora per la traduzione, in


una di quelle attivit senza le quali morirebbe di fame.
Parola Persino il bambino traduce. La traduzione universale e
perenne. Il bambino balbetta, e l'informe balbettio dev'essere trasla
to in termini indicali per rendere possibile la comunicazione in
questo o quell'ambito di parlanti. come se tutti quanti fossimo
sulle rive di un fiume nel quale fluiscono le parole; immaginiamo
ci di essere pescatori sulla sua riva, intenti a trarre le parole, che
sono quelle non volute, non programmate, le stesse Parole del
sogno (il fiume a livello inconscio, per usare un termine della psi
coanalisi), a ripulire le parole e a metterle in circolazione. questo
il principio dello scambio anche economico.
Discorso Ma nel bambino c' una lingua pi profonda, un lin

guaggio prenatale, tale che i dispersi sulla faccia della terra, costret
ti dai diversi contesti in cui sono alle prese - baobab anzich quer
ce, tigri anzich elefanti, mari anzich fiumi - gli esseri umani si
sono dati designazioni diverse. Tuttavia, essi tendono a tornare
all'origine, cio a ricuperare una lingua universale con cui comuni
care a tutti i livelli e ovunque.
Parola Questo significa l'uniformit, l'omologazione, l'identifi
cazione. Un nome, un codice di riconoscimento per tutti, e depo
siti di conoscenze accessibili a tutti.
Discorso Ma dicendo "io", io sono in quanto io. A furia di ana
lizzare si scopriranno le strutture complesse, e in realt semplicissi
me, che stanno alla base del linguaggio naturale. Babele, insomma,
prima della discesa del dio geloso dell'umana unit, e che ha
distrutto uniformit e identit.
Il pensiero infatti ha un'esistenza reale anteriore o esteriore alle
parole.

15

DOMINIO

Parola Non ci sono oggetti che non siano stati prima denomi

nati, inventati verbalmente o figurativamente o musicalmente per


ch esistano. Noi-Parola muoviamo e trasformiamo il mondo
Parola dopo averlo istituito. Parliamo perch non parliamo della
Parola. La parola-tempo per noi-Parola abitanti della parola-scritt
(essendo impossibile separare la citt dalla scrittura e la scrittura
dalla citt) si svolge linearmente perch la scritt si svolge linear
mente. Tempo sintattico, in successione orizzontale o verticale, non
paratattico come le figure - in disordine, per noi - spesso sovrap
poste l'una all'altra, delle grotte e dei ripari sotto roccia, prima della
parola-rivoluzione neolitica, della parola-agricoltura, della paro1a
apotr6paion contro l'abisso, la sylva, la selvaggeria ciclica o addirit
tura senza topoi, la parola-uomo casualmente itinerante.
Discorso Anche i selvaggi usano i tempi verbali, danno ordine

al discorso, distinguono passato, presente e futuro.


Parola La memoria si plasma sull'esempio del passato del verbo
parola. il quando questo-questa ha creato il mondo. Non dal nulla,
che parola, ma appunto dalla Parola che si staglia nel tutto-nulla.
Discorso Ma la psicotecnica (psicoanalisi e psichiatria) che fa

risorgere il ricordo.
Parola La psicoanalisi classica (ormai superata) parte dal presup
posto che il tempo sia una realt concreta. Lo psicoanalista e pi
ancora lo psichiatra "classico" uno storico, cio un traduttore (per
lo pi pessimo, dal momento che pretende che il "matto" si espri
ma secondo i suoi clich psicotecnici) che aspira al letteralismo.
Discorso La storia serve a orizzontarci nel mondo, e lo storico
ricerca attendibili documenti, verbali o d'altro genere, e li presenta
parafrasandoli.

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INTRODUZIONE

Parola La sua attivit quella stessa dell'interprete di sogni. Al

quale il sognatore riferisce ci che ha udito, visto, toccato, gustato,


annusato, ma limitandosi - altro non pu fare - ai fatti, alla crona
ca. Manca, in quel suo riferire, la forma, che irriferibile.
Discorso La funzione del linguaggio fu e sar sempre la stessa.
Parola Nessuna parola resta inalterata nei tempi da essa stessa

istituiti. Nessuna parola, nessuna lettura, nessuna traduzione po


tranno prescindere da questi presupposti. I sinonimi, intesi come
perfetti equivalenti, non esistono.
Discorso Luomo continuamente alla ricerca del senso, ed
questa la premessa e lo stimolo per una possibile salvezza.
Parola La salvezza, se mai esistesse, sarebbe una rappresentazio
ne della disperazione. comprensibile l'esigenza intima di ritrova
re il nucleo del mondo, ma la condizione in cui viviamo ci rivela
che la questione del senso del mondo negata persino a livello
scientifico.

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PROLOGO
Il mitico e il parlante

Noi siamo Parola. Siamo nella Parola. Parola sono i nostri pen

sieri, che sono dialoghi con noi stessi; Parola i nostri gesti; Parola
tutte le nostre forme di comunicazione interiore (con le varie "per
sonalit" che ci compongono o scompongono) o esteriore; Parola le
figurazioni, i canti, le danze; Parola la scrittura: Parola verbale,
dipinta, recitata, eseguita, trasferita, cio tradotta, dal dialogo inter
no alla sua ripulitura, correzione, revisione, per essere messa in
commercio come rappresentazione figurata o gestuale oppure paro
la verbale, insomma presentata in maniera accettabile agli altri, a
loro volta maschere dell'Alterit.
Scongiuro. A giudizio dei semantologi la parola sempre usata.
Lantisemantologo si avvede di primo acchito (non per niente fabu
la, scrive, danza, dipinge, compone musica, trova fruttuoso quel
l'ininterrotto racconto che il sogno) che la parola a usare e che
sostenere il contrario attiene alla metafisica.

Con la metafisica ha attinenza l'invenzione della citt che , pro


priamente e innanzitutto, apotropaion, scongiuro contro i metafisici
terrori della sylva, il non edificato, il non programmato (e program
mabile solo in prospettiva), il selvatico, il disordine, il caotico. Che
, dichiaratamente, luogo della sicurezza, ed il luogo della scrittu19

DOMINIO

ra, il l uogo del testo. Scrittura, cio jster Schrift, testo ovvero testi
mone saldo, incontrovertibile della verit, al quale non si sfugge,
diventato com' pietra, fatto oggetto. Citt, sede del letteralismo.
Citt che subito si sdoppia: una forma simbolica ma anche un
insieme di norme e regole, e si avvia subito a diventare organismo,
riferibile al biologico, e manufatto. da questa crisi originaria che
deriva l'occultamento e l'eclisse della citt come reticolo di desideri
mentre sul proscenio si fa, occupandolo in apparenza senza residui,
la citt macchina; ma solo un'illusione ottica. La citt non cessa
mai di essere un non-io che parla e decreta la crescita, che impone le
vicende storiche e l'estinzione di questa e altre citt.
Il potere ha un volto non poi tanto enigmatico. Ha tanti volti
quanti ne ha la citt. Ma nella sua molteplicit, la citt contiene in
s le ragioni dell'oblio. Al pari della moneta, dello scambio con un
mezzo calcolabile che posto in essere dalla citt, in origine forma
simbolica; al pari dell'oro, metafora della regalit, diventato metro
della ricchezza che tutto acquista, tutto pu far suo, tutto ridurre;
al pari della parola usata per comunicare, che si identifica allora col
mezzo di scambio, e poi col denaro, la citt dimentica le proprie
origini, che sono non solo quelle di luogo di raduno e facilitazione
degli scambi, ma anche e soprattutto di fungere da esorcismo con
tro la colpa commessa, colpa originaria e inevitabile, l'abbandono
della Madre o Antenata (Ituri, antenato/a, detta dai pigmei la
foresta) : esorcismo contro la selva, il luogo non soggiogabile, l'in
calcolabile che sfugge alla previsione. Per questo la citt si d mura,
non solo contro i nemici, venuti da altre citt, abituati anch'essi al
saccheggio del suolo - e perch non anche dei centri abitati? - ma
anzitutto per affermarsi quale luogo della salvezza dai terrori del
non cartografabile, mappa dei tentativi di non perdersi nel mondo.
Ma ecco che ci si perde nella citt. Vicoli, cunicoli, viali stermi
nati, luoghi malfamati e pericolosi, sentine del vizio, spazi deliran-

20

PROLOGO - IL MITICO E IL PARLANTE

ti, stratificazioni, crescita in senso verticale e dunque verttgme,


alloggi da capogiro e luoghi panoramici dai quali si tenta di rico
struire la topografia urbana: la citt una moltiplicazione dei peri
coli che vorrebbe escludere. La citt che si suppone esorcismo con
tro l'informe, l'insensato, il proliferante che sgorga improvviso, che
fruscia subdolo, che non ha confini; la citt chiusa da mura o
descritta e iscritta in un pian de ville che un plan de vie; la citt che
pretende di rifare il cosmo all'interno di limiti scelti, che si propo
ne quale riassunto del cosmo, specchio rassicurante del cosmo, in
effetti uno specchio frantumato: mille specchietti, mille cosmi rove
sciati. Il labirinto con il filo d'Arianna, tale vuole essere la citt. Ma
essa non sfugge alla labirinticit; anzi, la moltiplica e la esaspera.

Da Leon Battista Al berti in poi, l'architetto un programmato


re, evoca a s tutto lo spazio dell'immaginario, assurge a demiurgo
della propositivit e positivit, della preveggenza, veggenza e reg
genza, il portatore dell'utopia e del riformismo, ignora ormai il
pericolo insito nella creazione parallela a quella originaria. I.:archi
tetto, una delle ipostasi del codificatore, si immagina titanico, e
titanica vuol essere l'opera che edifica. I.: architetto-codificatore
continua l'orgoglio del fondatore e del sovrano. La citt, luogo della
sicurezza, luogo della scrittura, luogo del testo. Scritt, dunque.
Nulla deve sfuggire alla programmazione, e quanto non program
mabile viene relegato fuori dalle mura. Il delirio della Sibilla non ha
pi posto nella citt. La forma urbana medievale caratterizzata
dalla cinta di mura: non solo e non tanto per motivi di difesa, quan
to per bandire da s, metaforicamente, l'informe.
Per inciso, agricoltura e industria (fatte nascere o sviluppate, e
comunque monopolizzate dal potere, impossibili senza il potere,
senza la divisione del lavoro) hanno per effetto di far crescere la
complicazione in basso, pianura nella quale si alle prese con innu
merevoli problemi d'ordine pratico (aratri, fienagione, semine,

DOMINIO

parassiti, canali di irrigazione; manutenzione, fresatura, guida, con


trollo, bullonatura, conti da pagare . . . ), rafforzando la stabilit delle
vette del potere (non di un potere: del potere) ; agricoltura e indu
stria sono di per s l'alienazione (tale non la fatalit di nascere,
vivere, perire, avvertirsi sessuati con la "mancanza d'essere" che ne
deriva e l'aspirazione all'ermafroditismo come negazione dell'Altro
- il desiderio di avere una fica se si maschi, un cazzo se si fem
mine, desiderio che nulla ha a che fare con l' <<invidia>> di cui fabula
Freud): intendiamo infatti riferirei all'alienazione indotta, intesa
come espropriazione. Ed certo maggiore l'alienazione dell'indu
stria rispetto a quella dell'agricoltura: il potere ne reso infatti
ancora pi saldo, inamovibile, ineliminabile, dalla stessa complica
zione dei processi produttivi.
Il mito si d cos vesti "naturali"; si identifica con il sole, con la
luna, con il mare e le loro vicende, ma non affatto il ricalco di
questi grandi fenomeni celesti o terreni. Il mito-tab il sorgere
dentro di noi. Cultura sinonimo pertanto di mito-tab. Ogni atto
umano esprime il sorgere e ogni atto umano lo blocca e cancella,
come ogni parola blocca e cancella, cristallizza e uccide, il pensiero
parola preverbale. Ma, come non si pu non parlare, cos non si
pu non dire mito e tab (o recitarli, o viverli) . Il mito-tab fissa
to, congelato, espresso, il germe del potere; la parola la poten
zialit del potere. Dove accada che lo sciamano possa ridarle fluidi
t, ricondurre il senso al nonsenso, la potenzialit non si realizza;
ma per questo occorre un gruppo "minimo", in cui lo sciamano
memento, lo sciamano che vive il mito-tab per "incarico" della
comunit, sia sempre visibile. Appena lo si nasconde - appena la
societ supera una certa soglia quantitativa, numerica, quella per
cui lo sciamano si eclissa - il potere "esplode". Cos accade che, in
certe fasi protostoriche, si formino e si disfino societ gerarchiche,
come ad esempio quelle mesoamericane almeno fino a epoca tolte
ca e olmeca. Laggregazione numerica ancora insufficiente a pro-

22

PROLOGO

IL MITI CO E JL PARLANTE

vocare !'"esplosione" del potere seguita da un'inarrestabile espansio


ne. (Si noti che questa ha la tendenza a diffondersi, a "infettare" gli
ambiti circostanti. Il potere diffusionistico, tale per imitazione o
imposizione.)

vano il tentativo di pensare a un al

di l della Parola. Ci si

imbatte sempre e comunque nella Parola, nostra felicit, nostra


libert, nostra schiavit, nostro approdo. Il religioso monoteista che
cerchi dio si arener sulla parola-dio; il buddista che cerca di son
dare il mistero del samsara, la reincarnazione, la ruota degli esseri, e
di superarla attingendo al nirvana, si imbatter nella parola "essere"
con l'aggiunta di sostantivizzazioni, come karma, Grandi Esseri,
eccetera, e finir per trovarsi di fronte a nomi oltre ai quali potr
magari illudersi di andare, ma solo servendosi di una successione di
altre parole per giungere all'apparente conclusione della serie anche se in realt le parole non hanno numero - cio alla parola
"fine"; e il politeista non potr andare oltre la sfilata di di, semi dei,
spiriti che compongono il suo pantheon o il suo Olimpo e che sono
nomina insuperabili.

Lo ripeto: la Parola a istituire gli oggetti fisici (albero, pietra,


nuvola, strumento.. .), non gli oggetti fisici a replicarsi nella Parola ver
bale, dipinta, danzata, cantata, mimata. . un concetto sul quale
opportuno insistere di continuo perch centrale nello svolgimento del
mio discorso. Il capovolgimento della Parola signific che l'oggetto fisi
co fu interpretato quale conforma della Parola-usata.
.

per innegabile che ben pochi accettano l'inesorabile impos


aibilit di scoprire quale sia la fonte di luce che, nella caverna della
favola platonica, proietta ombre sul fondo. Le religioni, al pari della
. acienza, vogliono infatti andare al di l: le religioni, descrivendo
divinit e spiriti e imponendone il culto; la scienza, in primo luogo
cosmologia e la cosmografia, pretendono per via unicamente
23

DOMINIO

razionale - e senza dunque paterne fornire una validazione - di per


venire al punto zero, il momento del Big Bang che avrebbe dato ori
gine all'universo. Le religioni non meno della scienza (in fin dei
conti loro legittima rampolla) mirano a definire la creazione, cio
l'edificazione dell'universo a partire dal nulla, per opera di un'enti
t estranea - un dio o un gruppo di di - o implicita, nel senso che
"la creazione la creazione". Al pari della storia - che pi avanti
defniremo - la scienza genealogica.
lo Credo in Dio padre onnipotente>>, recita il Credo cristiano.

Impossibile, per i postneolitici, concepire una divinit suprema che non


sia follocrate.
La speranza che esista una certezza ultima, e che la traduzione
sia giustificata e valutata col metro di misura della favolistica inva
riabilit pre-Babele, solo paura del labirinto senza via d'uscita che
la Parola. La morte non che lo spegnersi della parola, e dunque
della speranza di accedere all'Alterit che simboleggiata dall'altro,
oggetto animato o inanimato.
Al pari degli antichi stoici, l'odierno semantologo ritiene che
tutto l'accadere sia preordinato da una provvidenza o da un destino
o da una norma, comunque la si voglia definire, e quindi che le soli
te, magnifiche sorti marcino progressivamente verso lo svelamento
definitivo. Il semantologo non si arrende a nessun racconto mitico,
lo considera un indovinello, tutt'al pi uno strumento, non gi una
parola che parla e non certo nella forma della logico-discorsivit, id
est della enunciazione esplicativa; pensa che la Parola (parlata, can
tata, dipinta . . . ) , che il mito, la si possa spiccare dal ramo, che essa
sia ci che si pensa prima della parola stessa, e dunque che la si
possa rigirare tra le mani, farla a fettine, e le fettine metterle sotto
la lente del microscopio. Insomma, non sa distaccarsi dal metodo
dell'Occidente, della Scuola, del Sapere. E non si accorge che la
parola discorsiva la salma, la spoglia, lo scheletro della Parola che

24

PROLOGO

IL MITICO

IL PARLANTE

scorre, irrefrenabile, in tutti, in me e in te, la parola che te pensa,


che me parla.
Anche Benedetto Croce ha anteposto pensiero a parola. Ma la
parola increata. Non ha origine. essa a creare. Non c' un al di
l della parola: l'al di l avviene in quanto parola. Aggiungo che la
Parola nelle sue metamorfosi inventa le proprie trappole e scissioni.
Veste i panni della follia, si improvvisa perversione, si atteggia a filo
sofia, ben sapendo - e lamentando la propria incapacit di uscirne
- che sono altrettanti frammenti di essa stessa, della Parola. Ci che
. l'auspicata completezza della parola - quella che un frammento
della parola, il frammento etnografico che descrive e cataloga chiama "parola poetica delle origini" , non sfugge a codeste prevari
cazioni operate su se stessa dalla Parola impaurita di fronte all'idea
del suo stesso spegnersi, cio della morte, dell'incapacit di desi
gnarsi, di oggettuarsi. Ed essa si fatta agricoltura, industria, com mercio, produzione: per possedere designazioni, per ancorarsi a
parole-oggetti. La Parola pertanto autoinganno, menzogna, sra
gione, illusione e delusione, perenne fluidit e sfuggevolezza, conti
nua metamorfosi, ed per questo che si traduce ben sapendo che
nulla traducibile, che si scrive ben sapendo che nulla scrivibile.
mito. Tutto per si traduce, cio si fa parola che trasferisce se stes
sa, restando fluidit e sfumatezza, oppure trasformandosi, masche
randosi da oggetto: per scoprire, subito dopo o a distanza di anni,
che la sfumatezza di allora non abbastanza duttile adesso o che
quell'oggetto ormai inservibile. E tutto, per questo, inesorabil
mente racconto: avventura della Parola nel suo farsi oggetto o rifiu
tarsi all' oggettificazione; e la Parola dunque presenza o assenza,
autoaccettazione o autorifiuto. E ciascun oggetto racconto, trac
ciato di un nostos, di una fuga della Parola dalla Sirte sciagurata, da
Scilla e Cariddi, da isole abitate da imprigionanti dee e ninfe, per
alla sicurezza banale di ltaca, e poi riprendere al pi
il mare onde non restare arenata, confitta nella reificazione.
c' un residuo indecomponibile, che nessun tentativo di cri.

25

DOMINIO

potr mai risolvere: nessuna legge, e dunque nessuna


religione, potr mai cristianizzarlo o comunque convertirlo.
Nessuna legislazione riuscir mai a chi udere in una definizione
la traduzione, che perennemente all'opera: ininterrottamente tra
sferiamo parole, gesti, forme, dal flusso che ci percorre senza soste
alla comunicabilit che comporta la riduzione del flusso a poche
istanze, ben inferiore al profluvio del dialogo con no i stessi . Va per
detto, a questo proposito, che l'Essere si rivela nascondendosi, e pi
avanti dovremo tornare sul concetto.
La Parola, inevitabilmente sospesa nel vuoto in quanto fne a se
stessa, in quanto nulla designante ma istitutrice di rappresentazio
ni, di se stessa prigioniera, ha partorito l'anti-Parola.
stallizzazione

Dio disse: "Sia la luce!" (Genesi, 1,3).


Incapaci di non attribuire un'origine alla Parola, le religioni (la cri
stiana pars pro toto) inventano comunque un'o rigine e la collocano in
una dimensione per principio incontestabile.
Bisogna anche supporre che la Parola si sia, in un certo senso,
i mpaurita di se stessa, che si sia sentita appunto sospesa nel vuoto,
non bastandole avere inventato i mammut dipinti sulla parete della
grotta di Rouffignac, gli orsi, i tchurunga australiani, gli struzzi afri
cani, i "pitoti" della Valcamonica, gli stambecchi che il paleolitico
itinerante, dedito alla venagione, lasciava a memoria del suo passag
gio o temporanea dimora, essendo egli insieme homo fober, homo
ludens, homo my thologicus, costruttore di utensili, dedito alla pit
tura, alla danza, all'affabulazione, inventore di mitemi e proiezioni
della propria presenza nel mondo.

stato pi volte ripetuto che le ideologie e le credenze non sono


suscettibili di fossilizzazione, e ne conseguirebbe l'impossibilit di pro
varne l'esistenza presso i Paleantropi, gli "uomini antichi': i nostri pro
genitori preistorici. Parecchi studiosi prefriscono pertanto non dire
nulla sull'argomento, limitandosi a ricostruire la vita materiale degli

26

PROLOGO - IL MITI CO E IL PARLANTE

uomini del Paleolitico sulla scorta dei reperti. Ma un atteggiamento


che rischia di incoraggiare l'opinione che all'epoca l'attivit spirituale si
limitasse alla conservazione e alla trasmissione della tecnologia. Non
comunque ammissibile che l'uomo di allora fosse soltanto homo fober,
cio costruttore di oggetti: doveva, non poteva non essere anche homo
ludens, cio dedito anche ad attivit non esclusivamente pratiche, al
divertimento di vario genere e ad attivit "artistiche': e non poteva non
essere anche homo mythologicus, cio "creatore"- in quanto Parola- del
mondo. Stanno a dimostrarlo, se non altro, lefigurazioni di vario gene
re che ha lasciato sulle pareti delle grotte e dei ripari sotto roccia, oltre ai
prodotti dell'arte mobiliare. E ci inducono a pensar/o tale le analogie
con le culture dei residui popoli cacciatori, che in comune con i nostri
antenati hanno per lo meno la tendenza alla rappresentazione pittorica
rupestre, molte pratiche fonerarie e il manifsto uso di strumenti non
dissimili da quelli usati migliaia di anni fo dai nostri progenitori.
Gli sparuti popoli cacciatori e raccoglitori odierni possono essere
definiti come popoli preistorici o preneolitici, sopravvissuti fino a oggi
senza agricoltura e senza animali domestici foorch cani, anche se esi
stono casi che sono quasi sempre eccezioni. Cos per esempio gli india
ni Tiglit (costa nordoccidentale dell'America Settentrionale) coltivano
o almeno coltivavano fino a tempi recenti il tabacco, considerandolo
per non gi un alimento o un prodotto commerciale, bens una droga;
e alcuni gruppi di Ainu (isola di Hokkaido nell'arcipelago giapponese)
da qualche decennio coltivano il miglio che serve a preparare la birra,
anch'essa come tutte le bevande inebrianti da considerare pi droga che
alimento. Per lo meno questa assenza di agricoltura accomuna i caccia
tori odierni ai Paleantropi. dunque lecito, ripetiamo, proporre ana
logie, pur con il dubbio che si possa riuscire a ricostruire oltre limiti
ristretti il modo di vivere (e dunque di pensare) dei nostri antenati.

La Parola paleolitica stata stravolta, suppostamente spiccata


dal ramo, affermata ci che si presunse esistere prima della Parola,
e pertanto oggetto da rigirare tra le mani, da fare a pezzi, da reifca27

DOMINIO

re;

e la Parola sarebbe cos stata ridotta esclusivamente a verbo, non


pi i nvenzione ma creazione in senso teologico - cio supposta
mente apparsa dal nulla per intervento esterno dell'ormai concepi
ta divinit - Cosa con la quale si potesse descrivere e riprodurre
l'esistente. La Parola avrebbe cos cessato di essere l'istituzione del
L' albero, del fiume, del giorno e della notte, per diventare supposto
specchio, eco, ricalco della realt.
Perch gli uomini si sono stanziati? Sull'evento consistito nel
L'assunzione da parte degli uomini del controllo dell'ambiente natu
rale, atteggiamento che ha cambiato radicalmente La Loro e la nostra
posizione nel mondo, sono state avanzate molte ipotesi. Si tratta
to di un processo recentissimo se commisurato sulla scala della pre
senza antropica sulla terra: ha avuto luogo infatti non pi di 1 5 .000
anni fa, nella cosiddetta Mezzaluna Fertile, la regione del Vicino
Oriente che comprende Egitto, Anatolia Meridionale, Palestina,
Siria e una parte della zona compresa fra il Tigri e l'Eufrate.

Il Signore grad Abele e la sua ojfrta, ma non grad Caino e la sua


ojfrta (Genesi, 4,4-5).
Il dio, che ilpotere neolitico, apprezza il nomadismo e condanna
la stanzialit agricola: Caino ara, stupra la terra (che si vendica dan
dogli scarsi, foticatifrutti), ma non pu non assolverlo perch lui stes
so frutto della stanzialit che ha inventato la divinit (Il Signore
impose a Caino un segno perch non lo colpisse chiunque l'avesse incon
trato Genesi, 4, 15). E Caino difotto prospera e diviene costruttore di
citt (Genesi, 4, 17).
Gli aspetti positivi della rivoluzione neolitica. Le risorse diven

nero regolarmente prodotte anzich restare legate all'aleatoriet


della loro spontanea presenza nell'ambiente, e fu dunque possibile
accumulare scorte in vista di periodi di scarsa produttivit vegetale
e animale. Si ebbe pertanto, rispetto al Paleolitico, una disponibili
t di quantitativi maggiori di prodotti alimentari.

28

PROLOGO

IL MITICO E IL PARLANTE

I..:allevamento sistematico degli animali, prescelti inizialmente

specie gregarie e itineranti, assicur fin dagli esordi del Neolitico


certa padronanza dello spazio, ripresa, sviluppata e moltiplicadalla pastorizia, sinonimo di nomadismo. Alla sylva, come fu poi
dai romani la natura selvaggia, si sostitu la crescente
v"""'v"'" dei suoli. Ebbe inizio il processo di conquista e coloniz
R!i!iir.cu.-vJc degli spazi, dapprima i viciniori, successivamente quelli pi
e, in tempi a noi prossimi, persino oltre mari e oceani.
Il graduale passaggio dai piccoli villaggi del Neolitico iniziale ad
altri di ben maggiore estensione, alle citt e alle conurbazioni, si
accompagn alla sostituzione del mito-tab con la metafisica (si
veda il Glossario) . La metafisica consistette essenzialmente, lo ripe
tiamo, nella convinzione che la Parola potesse diventare sempre
usata, anzich essere Parola-in-cui-siamo. La metafisica vuole per
principio ignorare che noi siamo mitici e solo secondariamente par
lanti, come a dire che il perenne scambio che abbiamo con noi stes
si cio con l'Alterit - e che precede la comunicazione plurivocale
- non una scelta ma parte integrante e anzi condizione del
nostro esser-ci inteso come parte, frazione, ombra dell'Essere.
La metafisica comport l'invenzione della scrittura. La Parola
usata venne intesa quale cosa, oggetto di scambio e anzi quale esor
dio e modello iniziale dell'attivit economica, dapprima nella forma
di scambio, di baratto via via accompagnato da lucro in sostituzio
ne delle non-regole precedenti, del periodo cio in cui la comuni
cazione materiale prendeva la forma di dono senza l'obbligo della
reciprocit, anche se questa era ovviamente bene accetta.
Tab. Il noto antropologo francese Lvi-Strauss vorrebbe ricon
durre il tab a un primum, e sarebbe la proibizione dell'incesto a
sua volta riconducibile alla necessit dello scambio delle donne. La
proibizione dell'incesto sarebbe una regola di reciprocit, destina-

29

DOMINIO

ta

a escludere l'endogamia e a garantire l'esogamia. In ultima anali

si, lvi-Strauss riduce il tab al proposito di evitare che ci si unisca


tra congiunti. Il tab viene dunque da lui riferito a una regola, che
pertanto preesisterebbe al divieto. Ma l'antropologo dimentica che

i faraoni egizi sposavano la sorella, o addirittura la madre o la figlia,


che lo stesso facevano i sovrani incaici, e che l'incesto largamente
praticato in molte vallate alpine che, d'inverno, restano bloccate,
isolate dalla neve. Dimentica anche che le madri degli aborigeni
centroaustraliani, in particolare i Pitjentara, iniziavano i figli
maschi alla sessualit, ponendosi su di essi a cavalcioni nella posi
zione detta alknarintja, e che tra i Kaingang dell'Altipiano brasilia
no la prassi era, e forse ancora, missionari permettendo, altrettan
to diffusa che tra gli sparuti gruppi abitanti le zone interne della
foresta amazzonica. Il tab dell'incesto "funziona" insomma per
conto proprio: il tab copre tutto ci che allude alla simbologia del
I' origine.
Il tab, al pari del mito, non presuppone affatto un'origine. N
l'uno n l'altro fanno di un'assenza una presenza. Non pongono
domande, non forniscono risposte. Si rivelano, ecco tutto. Si pon
gono quali riti di passaggio, insituabili cippi confinari attraverso i
quali tuttavia si transita per ritrovarsi nell'aldil e rientrare nell'al
diqua. Sono, appunto, Parola: Parola che ci ritroviamo in bocca, in
mano, nei piedi, nel pennello. Appena sbocciati, mito e tab si
affermano come perenne ripetizione, onda che viene a frangersi
sulla spiaggia, non latrice di un senso definito e definitivo, ma sem
pre sfuggente e tuttavia avvertito - come un sentimento, se si vuole
- e allora il mito-tab, verso e recto della medaglia, ci appare come
un as if, un "come se", non tangibile ma avvertito e ineludibile.
Come nostra origine, non di esso, il mito-tab che origine non ha,
che non corso d'acqua da risalire alla sorgente, ma corso d'acqua
che, appunto, scorre, quel fiume sommerso di cui ho parlato sopra.

30

P ROLOGO - IL MITICO E IL PARLANTE

L'incesto uno dei luoghi deputati del tab. E tale diventa a


posteriori, quando non ci si accontenti di indicarne la presenza, ma
1i voglia sottoporlo a biopsia. Molti sono i luoghi deputati in cui il
tab, il senza tempo, il senza spazio, si manifesta, si evidenzia, mul
tiforme Proteo senza un'unica faccia. Sono, per esempio, la morte,
l'agonia, lo spargimento di sangue, la guerra, il sacrificio, l'erotismo
perch in esso, con esso, ci si "perde", si smarrisce la propria presun
ta individualit, e senza un nome ci si abbandona alla parola dei
c:orpi, non meno molteplice di quella verbale, assai pi eloquente di
quella di scambio. Tab dunque la violenza in ogni sua manifesta
zione, tab il grembo materno, visto come luogo del cruento e
lacrimante prorompere, la breccia nel muro dentro la quale forse
si celano le penne da restituire alla Fenice: luogo del manifestarsi
iniziale della Parola-esserci. E che, in quanto tale, egregiamente
simboleggia il nascere e il perire, l'apparire e lo scomparire.

Tab. Un sistema di proibizioni religiose e sociali, le pi famose e


fondamentali delle istituzioni sociali della Polinesia.
M. Leach, J. Fried et alii, a cura di, Standard Dictionary of
Folk/ore, New York, 1 949.
Impossibile, per gli antropologi, non concepire il tab come
divieto religioso e sociale.
Se il sovrano arcaico, e come lui il "selvaggio" , il "primitivo" - e
anche il cosiddetto "pervertito" - praticano e recitano l'incesto, ,
nel caso del primo, perch immune dalle punizioni che il "sacro",
il sito dell'introvabile origine, comporta per chi ne sfiora i confini,
per chi lo aujhebt, per dirla con Hegel. Nel secondo caso, perch
comunque il tab per essere superato, sbarra di confine che torna
ad abbattersi appena si sia compiuto il rite de passage. Il tab, il sen
timento del nascere-perire, cio dell'indescrivibile sgorgare e spro
fondare della parola - quello che dai greci era denominato il Phanes,
l'Apparso - viene facilmente tramutato, da assenza, in presenza, gli
si fa assumere forma di legge, lo si esprime come proibizione o

31

DOMINIO

divieto. Va detto ancora che il tab ha ovunque un interprete, ed


il mito, e sono la Sibilla e il suo portavoce.
Il mito l'altra faccia di un'unica medaglia. Dal punto di vista
etimologico, il mito , s, racconto, mythos greco, ma il termine
deriva, a quanto pare, da una radice indoeuropea, mn, donde
memoria, mnemonico, mind inglese, e via dicendo. Il mito-raccon
to commenta di continuo la continua aurora del tab, ne decreta il
tramonto e ne preannuncia il risorgere. E descrive o rievoca di pre
ferenza le conseguenze dell'incesto, della guerra, la nascita (l' appa
rizione, l'Epifan ia) , le avventure del pene e della vulva, il viaggio, il
repentaglio. per questo che tanto spesso assume la forma del mito
solare - ma perch tenta di dar voce all'inesprimibile, all'indecidi
bile, e predilige pertanto quei simboli esteriori che pi immediata
mente corrispondono alla ruota degl i esseri-parole vorticante den
tro di noi.
Al posto del mito-tab con il Neolitico intervenuta la prescri
zione, il divieto, in altre parole la legge. Ogni legge si scriveva e si
scrive, dapprima nella specie di semplici simboli, su lastre di pietra,
su papiri, su tavolette di legno, cera, argilla, in libri, su fogli e scher
mi, allo scopo sempre di farne un oggetto fisico.

Lo stanziale del Neolitico si suppose parlante e releg in una


duplice dimensione la Parola-parlato: un mondo estraneo, paradi
siaco o ctonico, di di e demoni dotati di volont propria e identi
ficabili appunto con la Parola; e un mondo terreno ma non urilita
ristico, quello in cui in processo di tempo i posrneolitici avrebbero
confinato i cosiddetti artisti.
Il processo di stanziarnento comport l'invenzione del villaggio
e della citt, e soprattutto il passaggio dal modulo circolare (ciclici
t dei ritm i naturali, forma delle capanne, visione complessiva del

32

PROLOGO

IL MITICO E IL PARLANTE

mondo e dei suoi fenomeni) al modulo, oggi onnidominante, della


"quadratit" che, va detto subito, non fu dettato da ragioni di pra
ticit e comodit, ma fu inevitabile frutto di una diversa visione
del reale.

Gli svantaggi, a breve, a medio e a lungo termine, del passaggio


dal Paleolitico alla rivoluzione neolitica. In primo luogo, l'istituzio
.. ne della sfera della ratio, ritenuta lo strumento principe dell' affer
mazione nel mondo, e della sfera ben delimitata - cittadella mura
ta - del rimosso, dell'inconscio, dell'Es o come si voglia chiamarlo.
Il mondo fu "civilizzato" e rimodellato dall'attivit e dallo sfrut
. tamento umani, al punto che oggi nulla pi somiglia a ci che
'd
ovette essere un tempo la natura extraumana. Cosa questa che
comport la distruzione sempre pi rapida delle foreste, delle sava
. ne, delle praterie, persino dei deserti e dei mari, per permettere l'in
. 1taurazione di campi, vie, fabbriche, centri abitati, apertura delle
risorse idriche al sistematico sfruttamento ittico, eccetera.
Stanziamento, agricoltura, allevamento, industria e produzione
sistematica, vale a dire frammentazione del reale in un'infinit di
! oggetti utilizzabili e contemporanea urbanizzazione, hanno pro
mosso la moltiplicazione degli esseri umani. Se alla fine del
Paleolitico su tutta la terra si contavano forse 200.000 esseri umani,
oggi sono pi di sei miliardi in rapido avvicinamento ai dieci e forse
'
pi, a quello che generalmente considerato l'estremo limite sopportabile dalle risorse terrestri.
:Lagricoltore e l'allevatore hanno dovuto conquistare il mondo
anzich accontentarsi di ci che veniva loro dato, e praticarono non

aoltanto la domesticazione, e dunque sottomissione degli animali,


ma anche la schiavit. Avevano e hanno necessariamente una visio
ne gerarchica non solo della societ, ma anche degli di e degli spi-

33

DOMINIO

riti. Erano e sono dediti a sacrifici, sia cruenti, sia simbolici (messa
della religione cristiana) , non di rado umani , anche se per lo pi
animali (ancora oggi, nei templi della dea Kal in India). Agricoltori
e allevatori devono infatti "pagare" il loro stesso esistere agli di ai
quali si co nsiderano sottomessi, partendo dal p resupposto che dal
l'aldil vengono vita e morte, buoni raccolti o carestie, pioggia
abbondante o siccit... Anzi, si presume che nell'aldil si nasca, nel
l' aldiqua si viva e nell'aldil si muoia.
All'inizio, l'agricoltore ha concepito ancora il tempo come cicli
(eterno ritorno delle stagioni: non aveva una precisa visione "sto
rica", di destinazione e di causalit) , organizzando comunque le sue
attivit in base a un rigoroso calendario. La fertilit della terra gli
appariva simbolicamente solidale con quella della donna; la donna
fu considerata responsabile dell'abbondanza dei raccolti, poich
"conosceva" il "mistero" della creazione in quanto capace di parto
rire, e dunque di dare insieme vita e morte (il nuovo nato desti
nato comunque al decesso) e il nutrimento (latte, attivit domesti
che: la donna prepara da mangiare, custodisce la dispensa). Se in un
primo momento si credette che la terra si ingravidasse da sola, per
partenogenesi, con l'invenzione dell'aratro il lavoro agricolo venne
assimilato all'atto sessuale, e dunque alla fecondazione della terra a
opera di agenti esterni.

co

Il mistero della terra partenogenetica per restato a lungo,


come residuo, nelle societ agricole: si conoscono, in tutte le reli
gioni, decine, centinaia di madri vergini che vengono ingravidate
da spiriti, angeli, dei, senza intervento umano (in Grecia, Era con
cepisce da sola e d alla luce Efesto e Ares) . Suppostamente nato
dalla terra, l'uomo morendo tornava alla madre. Sul ritmo delle sta
gioni, si costru poi il ritmo dell'eterno ritorno, della continua rige
nerazione del mondo dopo una catastrofe (morte sotto forma di
diluvio, di apocalisse eccetera); il mondo rinascente era considerato

34

PROLOGO - IL MITlCO

E IL PARLANTE

migliore del precedente, la cui rovina era stata generalmente causa


ta da errori o peccati, commessi dagli uomini o dalle loro proiezio
ni celesti o sotterranee, di superni o inferi.
Nel Neolitico, trionf il diritto del pi forte. Cess l'uguaglian
delle societ "selvagge" , in cui uomini e donne avevano e hanno
uguali diritti; la societ divenne maschilista, fallocratica. Ancora,
mentre tra i cacciatori le ossa erano considerate il ricettacolo della
vita, da quando, nel Neolitico, per gli agricoltori la terra assunse
importanza fondamentale (da essa dipendeva la vita della societ),
furono le "ossa della terra" a essere considerate l'elemento stabile,
eterno, indistruttibile. Le ossa della terra erano le rocce, i massi, e
soprattutto le loro repliche erette dall'uomo: i dolmen, i menhir, i
1, betili, i cromlech e, a mano a mano che l'organizzazione sociale
diveniva pi complessa e che le tecniche si perfezionavano, le cosid1 dette costruzioni megalitiche.
za

'
!:'!

diffusa la convinzione che il passaggio dalla vita itinerante


(caccia e raccolta) allo stanziamento abbia comportato un progres10. Rifugiati in vari angoli del globo, ancora oggi sussistono gruppi
isolati e minacciati che vivono secondo il ritmo delle stagioni, in
una condizione atemporale rispetto alla cronologia misurata dagli
orologi. Vivevano e vivono meglio o peggio degli stanziali? I caccia
tori hanno opposto ferma resistenza ai tentativi, ripetuti costante"'"'nr.. nei millenni dagli agricoltori, di "civilizzarli" o di sopprimer
fisicamente o almeno cancellare la loro cultura. Questi gruppi si
unud.va.uu e si rifiutano di cambiare il proprio sistema di vita, e le
*RIOill ne sono evidenti: l'attivit venatoria e la raccolta assicurava
loro tutto il cibo (animali terrestri e marini, frutti e radici) di cui
tvl'v< n o bisogno, consentendo loro di vivere in modo ideale in pie
gruppi uniti da intimi rapporti. Il cacciatore era ed libero dal
della routine, e le sue attivit quotidiane sono eccitanti. Va a
solo quando ha bisogno di cibo: e perch sgobbare nei campi
35

DOMINIO

per ricavarne messi, quando le donne possono estrarre dal terreno


ignami e altri rizomi?
L'agricoltura h a comportato nuovi rapporti umani che hanno
alterato l'an tich issimo equilibrio tra uomo e natura e tra i membri
dei gruppi. Non si pu certo parlare di un'insufftcicnza di capacit
intellettuali che avrebbe impedito ai cacciatori di far proprio quel
lo che ben merita il nome di " nuovo mito". N si pu proporre
l'immagine del buon selvaggio, puro e innocente. Anche tra i cac
ciatori avevano e hanno corso la violenza e la crudelt, anche la loro
esistenza lungi dall'essere paradisiaca. D'altra parte, com' com
provato dalle testimonianze pittoriche e plastiche che hanno lascia
to, i paleolitici, itineranti, non-agricoltori, avevano e hanno capaci
t espressive e, pi genericamente i ntellettuali, non inferiori alle
nostre. Conclusioni? Difficile trame. A mio giudizio, tuttavia, il
Neolitico di cui siamo gli eredi ha comportato un'enorme, irrime
diabile perdita del bene pi prezioso per l'essere umano: la piena
disponibilit delle proprie capacit, insomma una cospicua diminu
zione della libert. Lumanit postneolitica ha costruito opere
immani, ma ha migliorato davvero la propria condizione esistenzia
le? Ha acquisito dimensioni morali, creative, espressive, che giusti
fichino la terribile dipendenza dalla tecnologia che devasta il
mondo e minaccia la sua stessa sopravvivenza?

inutile chiedersi se, dal punto di vista materiale, fosse meglio


la vita dei cacciatori paleolitici rispetto all'odierna esistenza urba
nizzata. Importa piuttosto dire che la mutazione verificatasi nel
Neolitico non riguard soltanto la produzione di sussistenza e le
conseguenti trasformazioni e antropizzazioni dell'ambiente, ma
coinvolse tutte le manifestazioni della vita umana, dalle materiali
alle simboliche.
molto difficile ""bili in quale "quen" ,i ,;lano vaificate le
36

l:

PROLOGO

IL MITICO E I L PARLANTE

relative manifestazioni: difficolt resa maggiore, e forse insuperabi


le, dal fatto che la neolitizzazione delle varie regioni del mondo ha
avuto luogo in maniera assai complessa e discontinua. Se infatti si
ebbero dapp rima cambiamenti decisivi localizzati in alcuni, limita
ti centri di irradiazione, in seguito si verificarono acquisizioni simi
li in zone anche molto lontane dai focolai promotori.
Il Neolitico fu, in sintesi, l'introduzione, in parte spontanea
mente accettata, in parte imposta, di una nuova dimensione miti
ca, e poi la negazione-superamento di ogni visione mitica in nome
della ratio e del cogito. Tutti gli elementi e i principi provenienti da
luoghi spesso remoti, agricoltura, allevamento, nuovi procedimenti
{levigazione della pietra, ceramica, invenzione della possibilit di
servirsi dei metalli, organizzazione sistematica della produzione
eccetera) sono apparsi ovunque in rispondenza al trionfo di una
nuova Weftanschauung. E ovunque si verific - si ripet, modifican
dosi in combinazioni con preesistenze culturali e locali e stilemi
autonomi - la rivoluzione simbolica, la transazione dalla Parola
mito alla Parola-parlante.
Se possibile seguire il decorso della neolitizzazione secondaria
(cio dei meccanismi di diffusione delle idee del Neolitico iniziale)
almeno in Europa, non altrettanto si pu dire dell'origine della
rivoluzione neolitica. Converr dunque soffermarsi sulle ipotesi
avanzate in merito.
Mentre il cacciatore si sente parte integrante dell'intorno, e non
cOpera una netta distinzione tra s e la natura, il postneolitico tende
\l farsi rigidamente pratico, a rinunciare ai rituali con cui il caccia
tore chiede scusa all'ambiente di cui parte integrante per averne
ucciso un componente (cos, per esempio, i pigmei depongono
foglie e fronde sugli animali uccisi) : non si considera pi partecipe
el mondo ma suo legittimo proprietario e sfruttatore; ha impara

37

DOMINIO

to a misurare

m eticolosame nte il tempo, lo spazio e le cose, a


costruire macchine e ordigni di distruzione di massa ; mira alla con
quista degli astri e a bruciare pi ossigeno di quanto possa essere
sostituito dalla vita vegetale; e soprattutto, lavora, produce, ac cu
mula, prol ifica, desertifica, inquina.

Tra i modelli

proposti per spiegare il sorgere del Neol itico, a pre


dominare in larga misura quello materialista, la cui forza legata
alla possibilit che esso offre di form ulare domande senza per lo piLl
fornire risposte. un modello che pu sintetizzarsi nella domanda:
che cosa ha spinto l'uomo a cessare di dipendere dalle aleatoriet

della caccia e della raccolta per affidarsi, ai fini della sopravvivenza,


all'agri col tura, ali ' allevamento, alla produzione tecnologica?

implicita, nella domanda precedente, una concezione del la


cultura come insieme di mezzi materiali usati per adattarsi all'am

biente. In altre parole, le mutazioni culturali in generale, e pi


strettamente sociali, sarebbero immediatamente connesse alle tra
sformazioni che hanno luogo nella natura oltre che, beninteso, ai
cambiamenti che si verificano al livello della nostra biologia e dun
que dei nostri bisogni alimentari. Com' ovvio, questa spiegazione
sottovaluta l'apporto della cultura umana non materiale (quella
non pertinente agli oggetti d'uso, secondo la definizione dell'an
tropologia) e in particolare la capacit inventiva; e fa dell'essere
umano e delle sue esplicazioni un mero effetto di realt che subi
sce, sia pure adattandovisi e in parte plasmandole, attenuandole,
deviandole. Lipotesi pu sembrare giustificata dalla constatazione
che circa 20.000 anni fa si verific un m iglioramento delle condi
zioni climatiche in tutta l'Europa: a causa del crescente riscalda
mento generale, si verificarono migrazioni di varie specie di anima
li verso zone pi fredde, con conseguente spostamento dei caccia
tori che inseguivano gli armenti.

38

PROLOGO - IL MITICO E IL PARLANTE

L'ipotesi per non risponde a due domande: perch la trasfor


mazione ebbe luogo solo in una zona limitatissima del nuovo con
testo climatico, precisamente la Mezzaluna Fertile gi designata in
precedenza? E ancora: come si spiega che il passaggio da cereali sel
vatici a cereali coltivati nella Mezzaluna Fertile, dal Mar Morto
all Altipiano iranico, abbia avuto luogo successivamente agli stanzia
menti e persino alla fondazione di villaggi, come Gerico e altri? Gli
stanziamenti precedettero infatti le invenzioni delle fonti alimen
tari, vegetali e animali, destinate ad assicurare la sopravvivenza.
'

Villaggi di cacciatori-raccoglitori sono comprovatamente sorti


nella valle del Giordano almeno 2000 anni prima di ogni forma di
agricoltura e di allevamento. Un villaggio di cacciatori-raccoglitori
stato individuato nel 1 95 5 a Mahalla appunto nella valle del
Giordano; i suoi abitanti non erano dediti all'agricoltura e non pra
ticavano nessuna forma di allevamento. D'altra parte, assai proba
bile che gruppi di itineranti si stanziassero, almeno provvisoria
mente, all'imboccatura di grotte e in ripari sottoroccia, e sono stati
infatti rinvenute tracce di opere di sistemazione di questi ricoveri,
come muretti di protezione all'ingresso delle grotte oppure rozze
forme di lastricatura o l'apertura di sentieri che conducevano alle
dimore provvisorie.
La scoperta si deve a Bar Yosef, O. e Valla, F.R. , a cura di, The
Natufan Culture in the Levant, lnternational Monographs. . ,
Archaeological Seri es, l , An n Arbor 1 99 1 .
.

La conclusione inevitabile che quella che stata giustamente


definita rivoluzione dei simboli ha preceduto l'inizio dell'economia
agricola, e ancora che le trasformazioni culturali non rientrano nelle
cosiddette sovrastrutture derivanti dai mutamenti economici, come
vorrebbe invece la ben nota vulgata marxista. L'idea dello stanzia
mento insomma sorta e si imposta prima che lo stanziamento si
accompagnasse alle altre manifestazioni dianzi indicate, le quali

39

DOMINIO

inscriverebbero in un rapporto di causa-effetto. Se


ne deve in ge nerale concludere che i raggruppamenti in questione
non furono conseg uenza dell'economia di produzione, ma precedet
tero considerazioni di ordine razionaLe. La produzione agricola e l'al
levamento furono in altri termini l'esito di una rivol uzione dei s i m
boli, di u n'invenzione delle nuove modalit di produzione e soprav
vivenza. La Parola dunque disse il mondo, gli uomini furono parLa
ti, e solo una volta compiuta la nuova scelta, ratificata la loro stessa
i nvenzione, cambiarono se stessi, divennero cio p arl anti e iniziaro
no la trasformazione del mondo in term ini neolitizzanti.
pertanto non si

Invenzione del quadrato. Una delle manifestazioni di maggio


re evidenza del Neolitico l'imporsi di forme geometriche applica
te all'abitazione che non avevano precedenti , e quindi sono da rite
nere invenzioni vere e proprie. L abitazione venne considerata
imago mundi: del neomondo, il mondo concepito dal Neolitico. Le
forme geometriche sono ordine, sono sintassi, sono grammatica, e
rispondono all'ordine cosmologico, quello attribuito ai fenomeni
celesti e atmosferici, ai quali con ogni probabilit i paleolitici dove
vano essere piuttosto indifferenti; le forme geometriche prevalsero
nelle tecniche dell'agricoltura come nelle disposizioni dei coltivi e
nelle recinzioni destinate a tenere gli animali domesticati nei pres
si della dimora.

Quanto all'abitazione e alla sua moltiplicazione, villaggio e citt,


i costruttori obbedirono, e tuttora obbediscono, a un preciso voca
bolario simbolico, quello della "quadratit", cio spigoli, strutture
rettangolari, forme che comunque si sottraggono al predominio della
sfericit e del cerchio, le forme che si i mpongono spontaneamente
nella tana, nella cavit naturale, grotta o capanna che sia. La "cerchia
lit" designa infatti ci che trascende l'uomo e resta al di l della sua
portata (sole, luna, totalit cosmica, divinit, sacrum) . Nel Neolitico
prevalse, come si dir pi avanti, una sorta di rifiuto della sottomis-

40

PROLOGO - IL MITICO E IL PARLANTE

sione al destino, una

hybris che si tradusse in nuove concezwm


cosmologiche e nell'affermazione del dominio dell'uomo sul mondo.
La curvilinearit ha correlazione immediata con la proliferazione,
con la maternit, con la placenta, con le cavit del corpo della donna.
La rettilinearit, ha correlazione con la virilit, con il phallus.
Parlando specificamente di religioni, vedremo come la donna
sia stata correlata direttamente alla morte; se i paleolitici a volte
davano sepoltura ai cadaveri, non di rado accompagnandoli con
conchiglie e altri ornamenti e coprendoli a volte con cumuli di pie
tre, a contrassegnare il sito dell'inumazione, ci non significa per
che immaginassero una vita dell'aldil, e ancora oggi non mancano
popolazioni "primitive", come i nomadi Masai viventi tra Kenya e
Tanzania, che riservano la copertura di cumuli di pietra a salme di
uomini particolarmente degni di nota e dunque di essere designati
con memoriali, mentre gli altri defunti vengono gettati nella savana
a nutrire gli animali saprofaghi. I neolitici invece istituirono regola
ri culti della morte; sono note cos le tombe in foggia di vulve: serie
di pietre che convergono, in guisa di simboliche gambe, verso
un'apertura, scavata per esempio sul declivio di una collina e che ha
palesemente la forma di un'apertura vaginale. Un'altra invenzione
neolitica il dolmen, sepolcreto consistente di cavit fatte di lastre
di pietra verticali sovrastate da una o pi lastre orizzontali; sulla
superficie delle pareti interne compaiono assai spesso incisioni che
sono simboli femminili (seni, vulve schematiche, gli occhi della "dea
degli occhi" di cui parleremo a proposito di religione) .

Tombe 'a cortile" (Neolitico irlandese: Ballyglass, Contea di Mayo;


Creevykell, Sligo, tra V e VI millennio a. C.), 'a corpo di madre"
(Sardegna, San Andrea Priu, Bonova, 4000 a. C.), 'a lungo tumulo"
(Lepenski Vir, nei pressi di Belgrado, 6000 a. C. circa), eccetera.
Mentre le forme irregolari e quelle sferiche sono frequentissime
in natura, la pietra cubica o rettangolare tale soltanto se la si lavo-

41

DOMIN[Q

ra. Quadrato, rettangolo, forme cuspidali, blocchi squadrati sono


frutto di imposizione della ragione umana alla natura informe. Il
q uadrato , il rettangolo, lo spigolo designano pertanto il frutto del
lavoro, la real izzazione, l'opus. Come si gi detto, la curva fem
minile, il diri tto e l'angoloso sono maschili, evidente riflesso della
virilizzazione del mondo. Ne consegue che la tana o la capanna con
sistente in uno scavo nel terreno coperto da ramaglie o pelli, oppu
re semplicemente frutto di un accumulo di vegetal i, agli occhi dei
neolitici dovevano apparire atteggiamenti primitivi, espressione di
un legame immediato, ormai ritenuto sorpassato, con la natura.
La forma circolare cess di rispondere alla funzione simbolica
dell'abitare ormai divenuta tutt'uno con il dominio del mondo. Al
bisogno basilare, quello di avere un riparo, quello che abbiamo defi
nito nuovo mito neolitico rispose imponendo una forma nuova,
artificiale, frutto di concettualizzazione. E se in un primo momen
to gli stanziati si accontentarono di addossare una struttura di pie
tre o legno alle pareti preesistenti del ricovero scavato nella terra,
successivamente la copertura venne estesa a rivestire e celare l'inte
ra cavit.
Per la prima volta al mondo, l'architettura delle forme rettango
lari comparve nel periodo detto Mureybetiano del "nucleo levanti
no", cio la zona dell'Eufrate, verso il 9000 a.C. Luomo ormai
sedentario aveva abbandonato la cavit dei primordi e la rotondit
materna dei suoi antichi ricoveri, affermando al loro posto la
coscienza della propria capacit di dominio del mondo, in rispon
denza a una simbologia decisamente virilizzante.
Durante il Neolitico, a partire da circa 5000 anni fa per l'Europa
e in altre regioni del mondo tra loro coerenti e comunicanti, emer
sero edifici di tipo megalitico (Spagna, Bretagna, Gran Bretagna,
Irlanda, S ardegna, Corsica, Portogallo, Italia peninsulare, Nord-

42

PROLOGO - IL MITICO E IL PARLANTE

africa, Caucaso, India) quali i dolmen, i menhir, i cromlech, gli alli

neamenti (tipici quelli di Carnac in Bretagna) e altre costruzioni


litiche elementari che non esauriscono, riducendolo alla sola
dimensione architettonica o plastica, il significato del fenomeno.
giocoforza porsi in una prospettiva pi radicale dell'analisi storico
descrittiva, facendo ricorso ai parametri essenziali ed esistenziali del
pens iero arcaico. Termine che va inteso nell'accezione di arch,
form a primigenia, quello che costituisce l'ambito neomitico, cio
neo li ti co, dell'eterno ritorno.
Per i gruppi di cacciatori, l'osso simboleggiava e tuttora simbo
leggia l'essenza della vita e insieme il legame pi evidente con l'ani
malit, unico tangibile elemento, provvisoriamente stabile, che
riveli la Carne. Lani male in un certo senso oggetto di invidia in
quanto la "verit", cio non muore perch non ha coscienza della
morte e, in epoca postpaleolitica, nel Neolitico, l'iniziale veicolo
verso la sacralit, intermediario con l'informe.
L immediatezza del rapporto privilegiato che il cacciatore istitui
sce con la bestia, si traduce, nelle societ stanziali del Neolitico, nel
l'immediatezza della pietra. La cratofania litica, la manifestazione
di forza del masso con la sua durezza, permanenza, scabrosit, sosti
tuisce la partecipazione all'essere tramite gli ossami. Non che si
cessi di onorare lo scheletro (anzi, le pratiche funerarie diventano
sempre pi numerose ed estensive), ma con la terra, sorgente di
vita (agricoltura, pastorizia, cicli stagionali), che si istituisce il rap
porto privilegiato, tuttavia dominandola e pagandole il prezzo, per
l'abuso che se ne fa, con sacrifici di animali per lo pi domesticati
(gi domati), e non di rado di esseri umani.
La pietra si impone con la sua inerzia, le sue proporzioni, la sua
estraneit all'umano. Ma le si impone il dominio umano: la si svel
le, cio la si toglie all'informe; la si drizza, cio si partecipa dell'in-

43

DOMIN[O

forme e insieme lo si domina; la si contempla e adora, cio si scopre


la ma qualit di appartenenza all'alterit; la si lavora, cio se ne rico

nosce il si gn ifcato di s i mbolo del divenire terrestre e umano; la si


i ntegra in complessi, cio si scopre quel qualcos'altro che la p ietra
inco rpora ed esprime come elemento, come fon te della forma, come
s truttura elemen tare, come luogo dell'architettura, esempio del l 'edi
ficio cosmi co

somigliama del quale si membra il villaggio e cresce

l'edificio terreno. In questa prospettiva, la pietra appare organica


non meno dell'ossame; il villaggio si stru ttura come corpo, o meglio
come scheletro, e i suoi l i m iti e i suoi centri sono stab i l i ti da luoghi
di pietra (mura, nuraghe, poi fortezza, pai ano . . . ) , oggetti sacri che
incorporano

rivelano l'aldil con la fimna, con la fo rza, con l'im

ponenza, con la duttil i t e con la d u rezza: un aldil dal quale si ottie


ne il "permesso" di imporre alla pietra l ' u mana superiorit.
La pietra protegge contro il mondo esterno, predoni e animali ,
ma soprattutto contro l a morte, in pari tempo richiamando all'ine
vitabile caduta nell'indifferenziato; simbolo di incorruttibilit, e
dunque anche scongiuro. Le pietre funerarie divengono case della
morte, ospitano gli spiriti degli antenati in esse "pietrificati", tengo
no lontani gli spiriti estranei, esercitano influssi benefici o malefici
sui campi e i pascoli, sulla fertilit animale e umana (pietre fertiliz
zanti dell'Armenia; cippi di guardi a ai campi: Giano era all'origine
un cippo, un betilo, un menhir, informe e insieme itifallico, espres
sione di dominio virile) .
La pietra, la roccia, il dolmen , la stele-divin it e ogni altra
espressione lirica si affermano dunque come ierofanie, rivelatrici di
un'empatia con l'irraggiungibile Essere. Si noti che la pietra sem
pre reimpiegata dal Neolitico, realt appartenente alla montagna
e p ertanto sempre elemento della struttura del cosmo. Pietre sacre
sono per il Neolitico gi quelle conformazioni naturali che rivelano
assetti spaziali di eccezione, in quanto trasfigurano, esprimono,

44

PROLOGO - IL MITICO E IL PARLANTE

significano con straordinaria pregnanza. Rifare la dimensione tellu


rica la norma dei costruttori megalitici: i templi-montagna
(Messico, Pen1, Egitto, eccetera), la fortezza-collina (la Saxahuaman
di Cuzco), la roccia intera inserita, previo sbozzamento, nel colosso
architettonico (tempio della valle della piramide di Cheops in
Egitto), le imponenti terrazze agricole incaiche, insieme luogo di
difesa e monumento.
Di grande momento la differenza delle strutture artificiali neo
litiche con la non-architettura dei gruppi venatori, con le grotte del
Paleolitico e i loro spettacolosi affresch i. Mentre queste rispondono
a un principio paratattico, l'edificio neolitico, pur rispondendo tut
tora alla tendenza a cogliere la spontaneit e immediatezza del
materiale lapideo, tende per a inserirlo in una razionalit geome
trica, quella della vittoria sull'informe.
Per quanto la terra sia pur sempre equiparata a un ventre mater
no da cui nascono gli uomini, il ricorso alla pietra contiene un ele
mento di artificialit: la montagna riprodotta, la grotta rifatta
(dolmen, alle couverte eccetera) . La pietra sempre lavorata, sfi
dta, e in pari tempo onorata e ornata, a sottolinearne, s, la digni
t e la forza, ma tanto pi la vittoria riportata dall'uomo sulla sua
possanza. La pietra del Neolitico domata, l'equivalente liteo del
l' agricoltura e dell'allevamento degli animali.
Un progresso. Vero o presunto? Il criterio determinante della
neolitizzazione sarebbe, secondo Gordon Childe, la produzione di
sussistenza che, continuando ad aumentare e a sostituirsi alla non
produzione, avrebbe enormemente accresciuto la potenza dell'uma
nit, culminante nei risultati della nostra modernit.
Si sarebbe cio verificato un continuo progresso, dovuto essen
zialmente alla convinzione che l'aumento della produttivit fosse e
sia tuttora destinato a migliorare le condizioni di vita, aprendo la

45

DOMINIO

ulte ri ori avanzamenti. Si tratterebbe dunque di un processo


un idirezonale, una freccia t em porale rettilinea.
1 p reisto riologi sono in larga m isura por ta ti a ricondurre l e
ragioni del p ro gre s s o" (cio, ripetiam o , la concezione della tem

porta a

"

poralit rettilinea, preceduta dall'i nvenzione di tempo e spazio) a


interpretazio ni biologistiche. Non potendo d'altra parte negare
l' incidenza di c a m biame n ti d'ordine s i mbolico, molti autori,
soprattutto di scuola inglese e am eri cana, h anno tentato di attri
b uire lo stanziam ento a una tendenza insita nell'uomo, l'innato
rifi uto del "selvatico" e dell'i mprevedibilit a tlVore a p p u n to della
domesti cit: il desiderio di inti mit, di home, di focolare domesti
co . Il controllo della A o ra c della fauna sarebbe da interpretare, in
questa luce, come un ampliamento della casa, una sua proiezione
all'esterno.
Hodder, 1 . , The Domestication in frope, Londra, 1 990;
Watkins, T, The origins of House and Home, in World
Archaeology, n. 2 I /3.
Laspirazione all'intimit della home andrebbe vista quale un
movimento di ritiro, una seclusione dal la quale si uscirebbe soltan
to perch costretti da eventi esterni, catastrofi naturali, alterazioni
climatiche, epidemie, guerre, invasioni. .. Soprattutto queste due
ultime rispondono per a istanze espansionistiche, a manifestazio
ni di estroversione, non certo di riduzione spazio-temporale.
Bisogna dunque supporre l'intervento di atteggiamenti nuovi e
diversi, gli unici capaci di spiegare la dilatazione, non di rado violen
ta, degli stanziamenti locali e di loro aggregati. Non sono infatti rile
vabili tracce documentarie di aumenti delle tensioni sociali all'inter
no degli stanziamenti iniziali, tali da avere indotto una parte delle
societ (ripetiamo: non pi gruppi) a cercare fortuna altrove. N d'al
tra parte nel Neolitico sembra si siano verificate penurie o carestie tali
d a causare scissioni di vasto momento delle popolazioni locali.

46

PROLOGO

IL MITlCO E [L PARLANTE

Le riprove ne sono fornite dai cosiddetti kiokkenmoddigen, ter


mine di origine olandese con cui vengono designati gli accumuli, le
di5cariche soprattutto di avanzi alimentari, reperibili presso molti se
non tutti gli stanziamenti neolitici. La diffusione di piante alimen
tari domesticate continuata in mi5ura via via crescente per miglia
ia d an n i ; un po' alla vo l ta le colture si sono estese e moltiplicate
coprendo, ben al di l delle zone di origine dell'agricoltura, cio la
Mezzaluna Fertile, altre zone vicine e via via sempre pi lontane,
prima nel Vicino Oriente, poi nel Sinai, nel Sahara settentrionale,
in tutta la Mesopotamia, quindi in zone dell'Europa a partire dal
sud per risali re fno agli estremi limiti del continente, e ancora in
Asia e nel le Americhe (trasmissione per "racconti", per "sentito
dire" , o trasmigrazion i per lo Stretto di Bering, un tempo coperto
da terre?) .
'

La trasformazione avviata dal Neolitico fu di enorme entit.


Non si tratt solo di aggiungere nuovi elementi a quelli preesisten
ti: l'invenzione dell'agricoltura si accompagn, con ogni evidenza,
non solo alla costruzione di villaggi, ma anche e soprattutto all' as
segnazione di coltivi, all'introduzione di nuovi strumentari e nuove
tecnologie; vennero costituiti depositi e ricoveri - granai, fienili,
stalle - prima inesistenti.
Soprattutto si verific, non gi una mutazione religiosa, cosa che
presupporrebbe la preesistenza di manifestazioni di culto del
sacrum gi in epoca paleolitica, bensl l'invenzione della divinit.
Lipotesi di una presunta religiosit del Paleolitico appare assai
poco convincente - non sono immaginabili culti che non risponda
no a ordini e a strutture sintattiche, in pieno contrasto dunque con
le figurazioni parietali, che come si detto sono sempre paratatti
che. tuttavia possibile proporre, per esse, una visione ispiratrice
mitica, di racconto per episodi svolgendosi lungo tutta la grotta,
suddivisi in zone come altrettanti capitoli: vicende di "personaggi"

47

DOMlNIO

che possono essere mammut, uro, cacciatori , q ue11i che poso no


ess ere in terpretati come sciamani , cio persone capaci di imm e desi
m arsi con gli ani mal i .

I l Neoli tico fu un n uovo m odo d i concepire il rapporto dell'uo

mo con

il mondo, con la vita e co n l a morte. Se, come si detto,

n el Paleolitico a volte particolari defu n ti erano cons iderati degni di


essere ricordati, per impossibile parlare di cul to dei morti, di
obbedienza a pratiche e costumanze rigorose e cogent i , queste s
l egate a una visione rel igiosa, all'i nvenzione d i una sfera superiore,
i nattingibile all'uomo o con cui si potessero stabil ire contatti di tipo
particolare, med iante particolari culti, con pregh iere

con l'istitu

zione d i intere categorie di persone incaricate di mettersi in contat


to con divinit e spiriti.
La diffusione neolitica non fu l'improvvisa risposta a n uove
necessit, a stati di crisi, a contingenze favorevoli, m a fu un feno
meno che si tradusse in un'inconciliabile contraddizione con i
modi di vivere del Paleolitico, anzi fatti oggetti di esclusione, perse
cuzione, aperta condanna, in primo luogo quella dell'itineranza con
tutto ci che essa comportava.

Neolitico: una dieta diversa. Mentre i paleolitici avevano a


disposizione enormi riserve di "carne itinerante" (le mandrie in
continuo spostamento) , di esemplari della fauna ittica (pesci, mam
miferi acquatici, molluschi . . . ) , di alghe e di piante selvatiche (frut
ti, ignami, rizomi d'ogni genere. . . ) i neolitici passarono a un'ali
mentazione in cui p revalevano i cereali e altre piante eduli, mentre

le riserve di carne e di prodotti ittici erano regolamentare dalle


norme di distribuzione e assegnazione locali. Sotto il profilo quan

titativo, l ' al i mentazione neolitica certamente non sub diminuzioni


rispetto alla paleolitica, ed anzi probabile che la disponibilit di
cibo i n generale sia aumentata, grazie anche e forse soprattutto

48

PROLOGO

IL

M!TrCO E !L PARLANTE

all' invenzione della ceramica, e quindi all'introduzione di recipien


ti per la conservazione delle cibarie.
Si ebbe per un cospicuo cambiamento qualitativo, e lo dimo
strano i resti ossei degli agricoltori, allevatori, pastori, edificatori,
guerrieri neolitici. Da un'alimentazione nel Paleolitico basata in
larga misura su fonti di proteine animali e vegetali, queste ricavate
da p ia n te e rizomi spontanei, si pass a un maggior consumo di
vegetali coltivati, certamente pi ricchi di proteine di quelli selvati
ci ma usati in larga misura anche, e soprattutto, a vicariare la minor
disponibilit di proteine an imali.

La suddivisione dei territori in spazi di propriet di singoli o di


comunit e la sempre pi frequente permanenza in centri abitativi
impedivano od ostacolavano in larga misura l'accesso ad altre fonti,
ed probabile che le percentuali di animali ancora oggetto di caccia
fossero controllate e sottoposte a regolamentazioni di accesso e usu
frutto. Lo stesso evidentemente valeva per fiumi, laghi, torrenti,
spiagge marine. La ricerca degli alimenti divenne pertanto un'indu
stria rispondente a precisi ordinamenti gerarchici. Basti pensare allo
sfruttamento degli animali domestici: la propriet di greggi e armen
ti anch'essi residenziali, cio tenuti allo stato brado o i n recinti, nei
pressi dei villaggi, limitava drasticamente il prelievo di capi e soprat
tutto impediva che venissero uccisi come bestie oggetto di caccia.
Facile supporre che si siano imposti nuovi atteggiamenti nei
confronti di oggetti, animali, dimore, campi, boschi, acque, e in
primo luogo una possessivit sempre pi esasperata, simultanea
mente alla divisione via via pi netta tra abbienti e non abbienti,
tra ricchi (possessori di mandrie, greggi, coltivi) e poveri: due cate
gorie che impossibile reperire ancora oggi tra i residui gruppi
primitivi Non esistono Pigmei ricchi e Pigmei poveri, dal
momento che non ci sono zone di foresta, corsi d'acqua, pascoli di
"

".

49

DOMINIO

animali selvatici, zone prevalentemente battute da predatori che


siano rivendicati da questo o quel gruppo, del resto poco pi che
singole famiglie .
Le conseguenze a livello somatico furono notevoli. Come risul
ta dalla documentazione ossea, per esempio dal confronto con i
resti paleolitici del sito di Logerie Basse in Dordogna, la struttura
scheletrica degli stanziali pi piccola, e sono frequenti le lesioni
ossee frutto di lavoro: l'agricoltore deve spesso mettersi in ginocchio
e deve frequentemente restare curvo per seminare o raccogliere,
donde lesioni articolari e deformazioni degl i arti e della sp ina dor
sale. Anche la muscolatura evidentemente si ridusse, tant' che le
inserzioni dei tendini alle ossa appaiono di dimensioni assai mino
ri. Si ricordi che il cacciatore era in continuo movimento, e ancora
oggi ben diversa la forza e la robustezza d i un pigmeo o di un inuit
rispetto ai suoi contemporanei stanziali, sebbene questi siano per lo
pi di statura maggiore.

Va sfatata la leggenda che i cacciatori-raccoglitori vivessero e


vivano meno a lungo dei loro contemporanei stanziali: gli scheletri

di paleolitici rinvenuti qua e l appartenevano molto spesso ad


adulti, non di rado ultraottantenni, e con minore frequenza a bam
bini o adolescenti .
Nel Neolitico si verific una trasformazione a livello psichico,
anche se pensabile che molte innovazioni del Neolitico siano state
frutto del caso anzich di volontaria programmazione. Per ripren
dere quanto si detto prima a proposito della Parola divenuta par
lata, no n da escludere che qualcuno ne abbia tentato un po' per
gioco un rovesciamento, quasi a scoprire cos'era che reggeva la
Parola stessa, i n rispondenza a una visione neolitica generale consi
stente nel tentativo di risalire alle origini. La Parola, che aveva
i nventato l'agricoltura, cio la sottrazione alla natura di una porzio-

50

PROLOGO

IL MITICO E IL PARLANTE

ne del suolo, minima all'inizio ma comunque inevitabilmente ordi


nata, strutturata, comportava una framm entazione, il che equivale
a dire : riduzione del pezzo di terra a un insieme di oggetti.
Sovvertire la Parola pu darsi che abbia significato, se si vuole
tentare una sorta di anamnesi della preistoria, la presunta rivelazio
ne a se stessa quale insieme di oggetti, di singoli suoni, come alcun
ch di composito, contenente un inizio, una parte mediana e una
conclusione. La Parola sarebbe stata dunque grammaticalizzata, e la
fine che conteneva in s pu darsi sia apparsa proveniente dall'ester
no della Parola stessa. (Ma una pura ipotesi, e gi formulandola
mi rendo conto della sua labilit.)

Sembrerebbe che la morte quale spegnersi della Parola nel Neo


litico sia stata comunque considerata di provenienza esterna, esatta
mente come l'attacco di animali selvatici alla parcella di suolo sot
tratta alla sylva, come l'invasione di cinghiali, di uccelli, di insetti. E
non pu darsi che la trasformazione della Parola in parlata sia consi
stita nella sua interpretazione come alcunch di composito? Non pi
considerata intatta, unitaria, insondabile, semplicemente presente,
comparsa, Phanes, tale per cui il suo spegnersi era implicito, endoge
no, fu forse immaginata soggetta all'azione disgregatrice di forze
esterne? E se cos si spiegasse per esempio la costruzione di mura di
difesa attorno a villaggi in zone in cui non esistevano altre societ
capaci di muovere guerra, come nel caso della cultura di Kirokitia a
Cipro? Parola-villaggio minacciata da parole fantasmatiche?

Non vi fate sedurre: l non esiste ritorno. l Il giorno sta alle


porte, l gi vento di notte. l Altro mattino non verr. l
Non vi lasciate illudere l che poco, la vita. l Bevetela a
gran sorsi, l non vi sar bastata l quando dovrete perder/a.
l Non vi date conforto: l vi resta poco tempo. l Chi disfat
to, marcisca. l La vita pi grande: l nulla sar pi vostro.
51

DOMINIO

) Non vi fote sedurre l da schiavit

e da piaghe: l che cosa


vi pu ancora spaventare? l Morite con tutte le bestie e non
c' niente, dopo
Bertolt Brechc Contro la seduzione,
i n Libro di devozioni domestiche ( 1 927) .
.

l: isola di Cipro dista dalla costa meridionale della Turchia ci rca


cento chilometri. l 0.000 o 1 2.000 anni fa un gruppo umano si
insedi in una terra in mezzo al mare che ospitava punti o pochi
altri esseri umani e in cui non si trovavano animali feroci. Pure, i
fondatori del sito di Kirokitia eressero capan ne a pianta circolare,
isolate dal mondo esterno da un robusto muro di difesa rettilineo.
M a difesa da che cosa? l kirokitiani avevano portato con s dalla ter
raferma asiatica di provenienza alcuni animali gi domesticati, ovini
e bovini, oltre a cani che, discendenti da lupi, avevano scelto di con
vivere gi con cacciatori paleolitici. Evidentemente i kirokitiani
immaginavano pericoli di carattere metafisica, provenienti da
quella che per i latini sarebbe divenuta, come si gi detto, la sylva,
il mondo extraumano. Labitato murato, dunque, come apotropa
ion, scongiuro contro l'ignoto. Un atteggiamento mentale che in
epoche successive, per esempio in Grecia, produsse mostri marini
(sirene, pistridi, orche) , mostri volanti (arpie), spiriti infernali. In
altre parole, i kirokitiani avevano compiuto quello che a mio pare
re il fondamento stesso del Neolitico e di tutta la societ moder
na: il tentativo, lo ripeto, di impossessarsi della Parola, e l'angoscia
derivante dall'impossibilit di compiere questo gesto, un po' alla
volta apparso blasfemo. La Parola dal Neolitico stata concepita
come avente un'origine, e quest'origine era il mondo del sacrum; e
trafficare con la Parola non poteva che essere considerato un atto di
ribellione al divino.

Le religioni permettono, anzi sollecitano, gli stati di abbandono


mistico, di presunta uscita-da-s (dell'anima). E l'abbandono nella spe52

PROLOGO

IL MITI CO E IL PARLANTE

cie di totale obbedienza (La Kadavergehorsamheit, L'ubbidienza del


cadavere, richiesta daLLa tradizione militare prussiana) una regola
fondamentale di ogni esercito.
In altri contesti, tuttavia, Lo stato di ek-stasis, di abbandono, di
ebbrezza, pu apparire riprovevole, e oggi viene injtti condannato
nella specie delL'uso di droghe, deLLa foLLia, deLLa "perversione'; di tutte
quelle "tecniche" che permettono il "contatto '; e le quali troppo spesso
sono scambiate per ci che conta davvero: cos, si discetta sul suicidio
(cause, statistiche, condizionamenti psicologici e ambientali, eccetera),
senza rendersi conto che l'atto violento un pretesto, un mezzo, una via
la quale conduce al Luogo senza rappresentazioni, senza sensazioni,
senza volont.
Linconscio non conosce il tempo e non conosce la morte .
Sigmund Freud
IL POTERE E IL SUO DESTINO

Il potere cresce sulla radice della violenza esattamente come


l'albero della religione sul rizoma del mito.
Per capire come possa essersi imposto il potere (non un gioco
di parole: sarebbe impossibile dirlo in altri termini) non resta che
ricorrere a ipotesi e probabilit. Se vero che la sostanza di quello
che vien detto progresso consistita nel rovesciamento e nella
scomposizione della Parola, resterebbe da stabilire perch il potere
si sia manifestato in certe forme anzich in altre. Parlando di inven
zione, non si vuole escludere la possibilit che gli inventori abbiano
tratto spunti da osservazioni del mondo circostante. Pu darsi per
esempio che la continua vicinanza e familiarit con animali dome
sticati sia stata fonte di continue scoperte e sorprese: i neolitici si
sarebbero per esempio avveduti che tra molti tipi di animali sussi
stevano precise strutture gerarchiche. Tra i volatil i , per esempio,

53

DOMINIO

non di rado vige il cosiddetto "ordine della beccat', e molti qua


drupedi oltre a formare comunit simili a organismi compatti, soli
dal i , seguono un capobranco, maschio o femmina che sia.
,

Com' ovvio, affrontando queste problematiche, non solo


necessario rifarsi a ipotesi spesso non documentabili, ma si deve
tener conto della necessit di servirsi di termini attinenti a realt
odierne, senza poter attingere a un bagaglio linguistico ormai scom
parso come sono scomparsi i nostri progenitori neolitici, e tanto
pi i paleolitici, spariti senza lasciare documenti, evidenze concrete
al di l di imma gini che comunque in parte almeno ci permettono
di risalire alla loro "mentalit".

A parte ilfotto che il ricorso alparagone con i "primitivi "per esem


plificare la vita del Paleolitico sempre aleatorio, gi riforsi alle lingue
parlate dai "primitivi " odierni follace: quanto ne sappiamo, ci deri
va sempre e soltanto da registrazioni e interpretazioni di studiosi, inter
preti, esploratori occidentalizzanti, che le "leggono " nei termini delle
loro strutture sintattiche e grammaticali: traduzioni, dunque, sempre
incerte e contestabili.
Per l' uomo del Paleolitico, la natura era palesemente spettacolo,
e bisonti, stambecchi , orsi, leoni, mammut, l ungi dall'essere sem
plicemente prede, erano forme rilevabili, desumibili, distinguibili
dall'intorno, che il paleolitico riproduceva sulle pareti delle grotte e
che quindi gli "dicevano", avevano cio una significanza non mino
re di ogni altra esplicitazione della Parola: la parola, voglio dire, si
inscriveva immediatamente nel mito, concetto sul quale necessa
rio soffermarsi ancora, dicendo subito che il linguaggio del potere
il Discorso, presunto esautoratore del mito e negatore della
dimensione poietica, dell'invenzione fine a se stessa, sotto il profilo
utilitaristico inutile come sempre l'arte.
Nelle figurazioni paleolitiche, nelle grotte o nei ripari sottoroc-

54

PROLOGO - IL MITICO E IL PARLANTE

eia, non c' gerarchia. La cavalla gravida non sottomessa allo


stambecco o all'orso speleo. Il Neolitico, invece, ha messo in scena
fin dal VII millennio a.C. il toro enorme dell'affresco di atal
Hiiyiik in Turchia, circondato da uomini aranti e danzanti, e a
Kasar el Ahram, nel Sahara, ha rappresentato un uomo in posizio
ne di arante davanti a un poderoso bovide divinizzato.
Il tab si colloca alla presunta sorgente, tale perch invisibile,

'l

insituabile, del fiume di parole che ci sembra, e che anzi sentiamo


scorrere dentro di noi. Il divieto, la legge, interviene successivamen
te. Sostituisce il tab. Tutte le parole-culture, dalle pi antiche a noi
note alle odierne, hanno conosciuto l'orrore e il disgusto, e insieme
la meraviglia, per ci che o crediamo che sia (che parliamo sia) la
morte. Cinumazione, il bruciamento o l'esposizione o il divoramen
to dei cadaveri umani testimoniano di un atteggiamento "sacrale"
uso sempre questa parola per evitare gli equivoci insiti nel termine
"religioso" - rispetto ai resti inanimati dei propri simili.
La parola-esistenza oscilla cos di continuo tra sacro e profano,
fra l'attrazione per l'immondo, il nauseante, il terribile, il tremen
dum, e il mondo in cui si costruiscono-parlano oggetti che sono, in
primo luogo, scongiuri contro il soffio imprevedibile, ora gelido,
ora infuocato, che alita da mille spiracoli, da boschi, acque, pozzi,
citt, vicoli, angoli bui, stanze, camini, finestre, fogne, lavandini, da
noi stessi e dagli animali, dalle macchine e dal cielo stellato, dai fiori
e dalle tempeste, dalle rupi e dalle acque.

assurda la domanda che suona:

che cos' il tab? Ed mal

posta perch presuppone un oggetto della conoscenza, appunto il


tab, e un soggetto, segnatamente quello dell'uomo moderno, che
del tab si sarebbe sbarazzato o starebbe liberandosene o per lo
meno potrebbe contemplare il fenomeno dal di fuori, con scienti
fico distacco. N l'ostacolo viene superato con il tentativo, compiu-

55

DOM I N I O

to

ad esempio dalla psicoanalisi di rigida (e malintesa) osservanza


il soggetto della conoscenza.

freudiana, di (<p ensare

Non va d imenticato che il soggetto solo il termine comple

men

ta re

dell'oggetto , ed assolutamente inafferrabile, a meno di

non ridurlo al nome (che ci im posto) , al ruolo sociale (anch'esso

impostaci), laddove teorie come certe correnti psicoanalitiche pre


suppongono la sostanzialit del soggetto, una sua "realt" - che poi
si riduce, oggi , alla descrizione (oggettiva) di "strutture" psichiche,
termine che inevitabilmente rimanda a realt fisiologiche e comun
que oggettive (cervello, sistema nervoso, oppure residui filogenetici
di situazioni protoumane, di tappe dell'om inazione).
La discesa dello Spirito Santo, la Pentecoste, di cui si narra negli
Atti degli Apostoli 2, 1 - 1 3, una narrazione favolistica la quale in
realt nasconde alcunch di assai meno banale. Favola, intendo,
perch trasforma in evento concreto, letteralistico, episodizzato,
l'attesa dell'ispirazione. Chi scrive o dipinge ha il preciso sentimen
to che l'opera si faccia a sua insaputa, e costui esperisce l'essere par
lato. Il presunto fiume sommerso di parole che scorre in noi traboc
ca, e la comunicazione, l'enunciazione esplicativa, si sospende, lo
schema concettuale ne risulta travalicato: sempre che, beninteso,
l'autore o, se si vuole, il parlante in lui sia intento davvero all'ope
ra, ne sia posseduto interamente, sia dedito, senza sottintesi di nego
tia, all' otium che fecondo, e non abbia di mira successo o denaro.
Se si preferisce: che ignori il senso e lo scopo di quell'arrogante defi
nizione che "autore".
I discepoli sono riuniti e <<Venne all'improvviso un rombo, come di
vento che si abbatt gagliardo, e riemp tutta la casa dove si trovavano.
Apparvero loro lingue come difuoco che si dividevano e si posarono su
ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e comincia
rono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere di

56

PROLOGO - IL MITICO E IL PARLANTE

esp rimersi. La folla cosmopolita di Gerusalemme S radun e rima


se sbigottita perch ciascuno li sentiva parlare la sua propria lingua. . .
Tutti erano stupiti e perplessi, chiedendosi l'u n l'altro: "Che significa
questo ?': Altri invece li deridevano e dicevano: "Si sono ubriacati di
vin dolce ". Racconto travestito di religiosit, che l'opposto e la
negazione di

sacrum, della felicit di essere parlati. Ma la Sibilla,

notorio, era ormai relegata fuori dalle mura, ormai si cercavano

spiegazioni della sua "ebbrezza", si voleva dar ragione della sua "fol
li'. Ecco, la fatica dello scrittore in quest'attesa, come dello
scultore nero africano o del boscimano del Kalahari.
Ci sono lingue in cui la differenza tra io (Ich) ed Es, meno sen
tita che in quelle occidentali: tanto per darne un esempio, quelle del
gruppo africano kwa della sottofamiglia detta sudanese occidentale
della famiglia linguistica nigero-congolese. Per gli Ewe, il soggetto,
l'Ich che va ad attingere l'acqua, non immobile. Gli Ewe non
sanno, ma sanno, che il soggetto una degradazione dell'oggetto.

La Parola, in Occidente "timorosa" di non avere radici nella fat


tualit da essa stessa istituita pi di quanto avvenga in altri ambiti
e continenti, ha fatto del soggetto un'entit immutabile. E il sog
getto-verbo-oggetto la triade che domina la nostra concezione del
' mondo, la trinit religiosa e sociale. Il soggetto ci che nell'India
vedica sarebbe stato il brahmano, il verbo la seconda casta, l' ogget
to la casta inferiore, il lavoratore, i l sudra figlio dei piedi di Brahma,
il fango dell'inferiorit. Il soggetto muove e determina; , nel gioco
degli scacchi, lo shah, il re. La parola ewe, meno presuntuosa, non
gli concede questo privilegio. Laddove da noi il re resta sempre re,
tra gli Ewe se accende il fuoco diventa accendifuoco-regale: lo iato
tra soggetto e oggetto assai ridotto.

57

POTERE
RELIGIONE
GUERRA

Solo per comodit di esposizione, ho distinto i paragrafi dedicati


esplicitamente alpotere da quelli riservati alla guerra e alla religione.
Ma potere, guerra e religione sono accidenti della sinonimia: differen
ziazioni legalistiche, e infotti gli addetti all'u na e all'altra funzione
rivendicano - e difndono con ogni mezzo - un proprio monopolio.

un'illusione che la cultura abbia un senso. La cultura-mito


cresce su se stessa, coerente solo con se stessa, secondo la propria
interna necessit. Si riferisce unicamente a se stessa, all'iniziale
visione e rappresentazione del mondo. Non c' nessuna ragione
perch l'albero si chiami albero; ma i nomi istituiscono il mondo.
I.: illusione di credere che l'aldiqua abbia un senso, che i segni di
cui composto si riferiscano ad alcunch di concreto - non il gene
rico reale, bensl le "cose". Ci che vale anche per l'aldil, del pari
supposto. La cultura-mito si fonda sul nulla - o sul reale, che
effetto del linguaggio. per questo che la mathesis costituisce il
culmine dell'interpretazione del mondo fondata sul Sapere, cio
sull'attribuzione di un senso, cio sulla metafisica; ed per questo
che la cultura, coerente con se stessa, esclude e mette al bando tutto
ci che con essa non coerente.

59

DOMINIO

l n una cultura in cu1 l'accento cada sull' onirico anzich sulla

lucidit della veglia, la minaccia rappresentata da un eccesso di


ratio, laddove gli "spiriti" sono (anche) rassicuranti; nella cultura
postneolitica, che redime le tenebre, che s'aggrappa al giorno, la
sovranit spetta alla ratio. Ne consegue che il Testo pu rivelare la
propria inconsistenza, dimostrarsi prolegomeno "a ogni futura
metafisica che vorr porsi come scienz', col ricondursi, svelando
lo, al nulla sotteso alla cultura-mito; ma il Testo di per s cieco e
sordo. figlio della cultura che "rimanda a qualcosa", che rinvia il
Logos alla Veri t, chiuso in questo cerchio che si salda su se stes
so , serpe che si morde la coda. Deve cedere il passo alla follia e alla
poesia per infrangere la corazza che lo serra. Deve rassegnarsi ad
assistere da spettatore alla calata agli inferi: di per s, ne incapace.

Per i pigmei Bambuti del Congo la foresta non luogo di terrori.


l'antenato-antenata, !turi, di cui sono parte integrante, non gi tene
brosa sylva da cui scindersi timorosi e angosciati.
certo pi rassicurante ritenere che il senso abbia un' equivalen
za. E, fedele a questo scongiuro, lo psichiatra e lo psicoanalista rifiu
tano il nonsenso proposto loro dal matto e intravisto dal nevrotico,
che ne affascinato ma ne rilutta.
Uno degli equivoci in cui pi di frequente si incorre di mette
re sempre la violenza sotto segno negativo. In effetti, la si condanna
ma assai spesso la si subisce senza riconoscerla. Questo avviene per
ch l'Occidente soprattutto ma, anche se in misura minore, ogni
societ gerarchica, opera una distinzione tra Bene e Male, tra Giorno
e Notte, Luce e Tenebre. La desacralizzazione del mondo comporta
che, negato il carattere di consumazione, di pericolosit, del sacro, si
attribuisca in esclusiva la violenza al potere e al destino, a salvaguar
darsene delegando la propria difesa a sovrani, sacerdoti, governanti,
cio al potere stesso. Il suddito cos privato dell'accesso alla violen
za; ma alienazione significa appunto esclusione dall'universo che

60

POTERE H L LJ C ( l) '-..: f

indicato e descritto dal mito ridotto a racconto, l'universo dell'aldi


l, la sfera del sacro, della violenza, dell'ebbrezza, del presunto usci
re da s. Tutto simbolico, ma quasi tutto pu tradursi in rappre
sentazione, a volte rassicurante, altre fantasmatica e orripilante.
La differenza tra quanto qui si dice e le concezioni psicoanaliti
che e, in generale, biologistiche (antropologiche) , consiste in que
sto: di fronte alle stesse evidenze, agli stessi "fatti", io mi limito a
registrarli, a tentarne una descrizione diciamo fenomenologica, i l
pi possibile "neutrale", mentre le scienze umane ne danno subito
un'interpretazione, li collocano immediatamente, col semplice
prenderli in considerazione e catalogarli, nel contesto di una visio
ne metafisica, li riconducono cio a un primum, a un pregiudizio di
fondo, quello dell'uomo "naturale". Deriva da questo la confusio
ne, reperibile forse anche in Freud, tra violenza e odio.
Riappropriarsi della violenza un atto rivoluzionario - il pre
supposto stesso della rivoluzione. La coscienza orripilata dimentica
o ignora che il potere un "gioco" il cui rischio obbligatoriamen
te condiviso dai sudditi persuasi di fare, cos, il proprio tornaconto
e di servire il Bene, ma in effetti sedotti dalla sovranit, ipotesi e
adito della sacralit, e dalla prospettiva della violenza resa lecita,
giustificata dal "sollevamento", l'Aujhebung, del tab - battaglia,
massacro, atto di coraggio, audacia, avventura, cameratismo, uscita
dai limiti angusti del quotidiano . . . -, che il nucleo irradiante della
mobilitazione.
Il potere sussiste a patto che si riconosca il principio della sepa
razione e la possibilit dell'immedesimazione. Al sacro si applicano
cos le maschere degli di; proibito farsi tomba vivente: l'unico
sepolcro ammesso quello freddo e morto dell'inumazione alla
quale nulla sottratto; l a terra a consumare ogni resto, muscoli,
ossa, cervello, cuore, fegato; oppure la fiamma, purificatrice per

61

DOMINIO

eccellenza. Chi si identifica con la morte viene dichiarato necro


mante - e messo a morte. Eppure, il potere la morte. Il potere non
tollera la ch i a roveggenz a estatica od orgiastica. Ma, per ci stesso,
spalanca r abisso dell'alienazione: ogni atto che si discosti dalla
norma imposta dal potere ne diviene la negazione, e dunque se ne
porta dietro la scoria, La lebbra; ogni atto di devianza un atto non
permesso, una rottura di bando, e dunque limitato, specializzato,
soffocato: alienato.
Dalla parte del potente. Messo di fronte all'impossibilit di
impadron irmi" dell'altro per mezzo dell'amore, in altre parole di
assumere come mia la coscienza altrui una volta superata la soglia
del mio essere oggetto ai suoi occhi, sono prontamente indotto,
incappando in un interlocutore muto, al tentativo di trasformare
questi in oggetto. Presumo cio di mantenere intatta la mia singo
larit, apponendola alla sua e schiacciandola. Affermo cos la mia
libert a ogni costo. Non tento di far miei gli occhi altrui, di far
mia la libert dell'altro; non seguo la direzione indicatami dallo
sguardo altrui, e dalla quale potrei forse arguire come dovrei fare
per impossessarmi a mia volta del mio essere, manifestato all'altro
ma celato a me; erigo anzi, per cos dire, un blocco stradale, il "di
qui non si pass'. Mi chiudo in un guscio, mi isolo, rifiuto l'altrui
giudizio, non ammetto di adeguarmi a esso. Il mio programma
diviene insomma quello di possedere l'altro, di obbligarlo a rico
noscere la mia libert. Posso impormi all'altro con l'autorit o la
forza: posso indurlo a scorgere in me la condizione della sua (par
ziale) libert. Egli non mi rivela la sua libert pi di quanto non
faccia la pianta, il sasso. il simbolo, il prolungamento della mia
libert: ma il suo essere - la sua libert - m i sfuggono. Mi ritrovo
solo, ma un prezzo da nulla rispetto alla moltiplicazione di me
stesso che ricavo dal rispecchiarmi in molti altri, quelli che mi con
feriscono il mio esser-ci.
In molte leggende, il sovrano si annoia in fondo ai suoi palazzi,
"

62

POTERE

Hl' l iCIO>JL

e nessun buffone, saltimbanco, menestrello, in grado di farlo ride


re; a costoro, il sovrano fa tagliare la testa. Sono i suoi sudditi, i suoi
oggetti; egli esige da loro una certa libert, s, ma collaterale e corol
laria: siano liberi di scegliere il mezzo per farlo divertire, ma obbli
gati a operare la scelta. Di fronte al sovrano, sta cos il buffone, tre
mante all'idea di non riuscire nel suo obbligatorio intento. morta
la sua spontaneit; e il sovrano, semmai ride, lo fa per un caso stra
no e imprevedibile, non perch divertito da una costrizione. Il
sovrano, infatti, esige l'amore dei suoi sudditi, segno della sua tota
le vittoria; ma, si noti, i sudditi sono obbligati (persuasi, convinti,
resi consenzienti, impauriti, ricattati . . . ) ad amarlo. In caso contra
rio, il sovrano insister nel tentativo di affermare la propria condi
zione privilegiata, di trovare la libert altrui passando per la porta
dell'oggetto in cui l'altro si trasformato. Vuole anche la leggenda
che, se il sovrano incappasse nel caso che lo fa divertire, nella per
sona che non ha paura di lui e agisce in piena spontaneit, nella
situazione non voluta, non programmata, in qualcosa insomma che
finalmente equivalga alla rivelazione della libert, il regno diverreb
be un paradiso sul cui trono siede l'amore.

Un principe era pieno d'irritazione per non essersi mai adoperato


ad altro che alla perfezione di generosit volgari. Prevedeva stupefacenti rivoluzioni dell'amore e sospettava le sue donne di essere capaci di
meglio che di quella compiacenza abbellita di cielo e difasto. Egli vole
va vedere la verit, l'ora del desiderio e della soddisfozione essenziali.
Fosse o no aberrazione di piet, egli volle. Possedeva almeno un potere
assai vasto.
Tutte le donne che l'avevano conosciuto forano assassinate: che sac
cheggio, nel giardino della Bellezza!
Rimbaud
Lungo la strada che porta alla condizione del sovrano (e alla isti
tuzione del rapporto padrone-servo), si danno stadi intermedi, in

63

DOMINIO

primo l uogo l'indifferenza alla presenza altrui. lo ignoro gli altri,


non li vedo neppure, mi tengo alla loro scorza, non li ascolto, li
considero mere funzioni: sono strumenti anche se non ancora miei
oggetti strumento il soldato che conquista per me quella posizio
ne; strumento il domestico. Nei loro riguardi, uso espressioni tali
per cui essi si vedono presi in considerazione dal di fuori, come col
lettivo: "cos si deve trattare col personale di servizio", "con gli infe
riori", "con i subalterni" . Tuttavia, dell'altro mi accorgo mio mal
grado, sia pure come attraverso una lastra di vetro semiopaco: sono
imbarazzato dalla sua presenza - a meno che non abbia fatto, del
l'indifferenza, la mia norma esclusiva, che non abbia escogitato la
tecnica dell'isolamento che mi permette di non avvertire la presen
za altrui: un sistema rigoroso di autocontrolli, punizioni, barriere.
Altrimenti, la presenza dell'altro mi rende edotto della mia solitu
dine, del mio ineliminabile bisogno di comunicare; ma la solitudi
ne mi fornisce la chiave per altri piaceri; mi apre dinnanzi la landa
del silenzio. Intravedo, in fondo al deserto, una luce, una sorta di
luminosit uguale, senza traccia di colorazioni.
.

I..: indifferenza una condizione incerta e per lo pi provvisoria:


corro continuamente il rischio di vedere l'altro divenire tale, il
rischio di vedere il mendico, che ho sfiorato appena con lo sguar
do, scoprirsi le piaghe, agitare il moncherino, mettermelo sott'oc
chio. Ammetto questa possibilit - una sorta di sottofondo inquie
tante - e con ci riconosco la sostanziale libert dell'altro, che mi
guarda (e mi obbligo a non reagire) . Ma sono turbato: freddo e
distante, misurato e impenetrabile, e con questo atteggiamento
voglio invitare iconicamente l'altro a rinunciare al giudizio, allo
sguardo. Il servitore dovrebbe essere cieco; molto spesso era (ed
ancora) considerato eunuco.

Va fatta una distinzione tra l'altro e l'Alterit. I..: altro il sim


bolo dell'Alterit. La sua presenza significa che non sono solo, che

64

ho la possibilit di unirmi, di fondermi e con-fondermi. Vedo la


mia esistenza riflessa. Assieme all'altro, nell'amore, sfuggo alla
distruttivit - la quale tuttavia implicita nell'altro che mi svela
anche la mia finitezza in quanto riflette la mia esistenza. L: altro con
tiene l' immagine della mia morte. L: altro la mia (possibile) salvez
za ma anche la mia (ineluttabile) perdizione. Tuttavia, l'altro si col
loca nel tempo e nello spazio, un esser-ci (l'esser qui e ora) dietro
il quale si suppone che baleni l'Essere. L altro l'accenno al trapas
so del tempo nell'Atemporale; per usare i termini del pensiero bud
dista: dall'esistente nello spazio - tempo alla Buddit o Corpo di
potenzialit assoluta. Ai miei occhi, come se questo Corpo di
potenzialit assoluta non sapesse ritrovare se stesso se non attraver
so il farsi diverso da s, diventando spazio-tempo per poi annullare
tale dicotomia e risorgere uno e intatto nella sua immobile, inalte
rata e inalterabile luminosit. l:Alterit, cio, deve farsi altro per
riuscirmi percepibile. Sicch, nel momento stesso in cui io mi ripo
so nell'altro, ho la sensazione di una minaccia: la fusione precaria,
, la fine dell'amore e la morte stanno all'agguato. Lamore non mi
assicura il paradiso, non mi garantisce l'eternit. Il flusso indistinto
si impossessa, prima o poi, della creatura, anzi dentro di essa,
nascere cominciare a perire. Lamore moltiplicazione; dall'amo
re, nell'amore, si suppone che abbia origine la proliferazione
umana. Latto sessuale non che la condizione fisica - e spesso
riprovata e rinnegata - della proliferazione. Si concepisce "nell'amo
re". Ma la gara con la morte perduta in partenza.
Il cadavere un veicolo, non l'Alterit. Ad esempio, il Libro
tibetano dei morti prescrive che nello stato di bardo, cio di "esisten

za

intermedi', il lama, con le parole sussurrate all'orecchio del


moribondo o del gi morto, pu evocare nel suo principio coscien
te le istruzioni e le esperienze avute in vita, da mettere a profitto in
, quel momento di rischio enorme e decisivo. Il bardo, che secondo
, certe dottrine dura poche ore, per altri tre giorni e mezzo o addirit-

65

DOMINIO

tura quarantanove, un temporaneo sopravvivere alla morte: una


luce abbagliante splende, per brevi istanti, dinanzi al principio
cosciente, il quale o la riconosce per quella che , e il velo della
maya, il mondo con le sue varie apparenze, si dissipa di colpo, o
non la riconosce, e allora pu soccorrere la recitazione del trattato,
che aiuta la "trasferenza" del principio cosciente, cio il passaggio da
un piano di esistenza a un altro (bhavasankrati), e l'illusione dell'io
si dissolve nella luce incolore, impassibile, immobile, della coscien
za essenziale; oppure, il riconoscimento non avviene: la creatura
appartiene agli "infimi", destinati al processo samsarico a meno che
il divenire, grazie a una ulteriore manifestazione della luce (che
avviene quando il principio cosciente, pur restando in una lucidit
serena non turbata dai sensi in quel momento inoperosi, esce dal
corpo e lo guarda) non sia riassorbito dall'essere.
In Tibet, il cadavere veniva bruciato o abbandonato agli uccelli
da preda. Il decesso era inteso come l'inizio di una nuova vita o
come definitiva scomparsa dell'effimera personalit. A trasmigrare
dal corpo non era e non l'anima, che per i buddisti non esiste, ma
la coscienza, sintesi dell'essere psico-fisico, il centro morale della
persona, che ha come supporto il respiro: un'entit morale, una
sostanza rarefatta, capace di agire a distanza. Qualcosa di fisico,
dunque, che pu entrare, come un fluido, nel corpo altrui, sosti
tuendo una personalit con un'altra. nel cadavere, feretro di se
stesso, che si gioca la sorte finale: nirvana o samsara. Ma anche nel
l' antico Egitto la carne era un veicolo: essenziale al perdurare del
soffio vitale, il ka, la forza generatrice e conservatrice che, dopo il
decesso, riassorbiva la vita in se stessa, ed era dunque concepita
come l'energia costitutiva (con l'andar dei secoli sempre pi indivi
dualizzata e spiritualizzata) di una numinosit onnicomprensiva.
Il cadavere sempre un luogo deputato, mai un ammasso infor
me. Pu essere la soglia per la sopravvivenza individuale, vale a dire

66

POTERE

R FJ

della medesima creatura che continua a esistere nell'aldil con le


stesse parvenze e lo stesso nome. Era la concezione egizia, e ne con
seguiva la necessit di preservare il cadavere dalla corruzione: l'inte
grit del corpo era necessaria alla continuazione della vita nell'oltre
tomba. Essa implicava che l'accesso all'aldil fosse una chiave in
mano ai potenti; il cadavere veniva imbalsamato ad libitum, e qua
lora i sacerdoti o la corte rifiutassero l'autorizzazione, il defunto era
condannato alla vera e definitiva morte.

Anche i paleolitici seppellivano a volte i defonti. E il cannibale che


divora la salma ne riconosce, per ci stesso, la diversit dall'oggetto ina
nimato.
Nelle esperienze mistiche e vitali, come fa notare Volhard, le
ragioni vengono sempre dopo: prima parla quello che, con termi
ne ambiguo, si usa definire il subconscio. necessario insistere sul
rapporto con la morte, perch altrimenti sfuggirebbe il rapporto tra
erotismo e violenza, che finora abbiamo solo sfiorato, e la cosiddet
ta perversione apparirebbe in una prospettiva distorta, s da dar
ragione a coloro che ne affermano I' esistenza autonoma, come di
un'entit maligna, e a coloro che vi scorgono uno stato di incapaci
t e insufficienza (incapacit di amare secondo Ludwig Binswanger
e Medard Boss).
Volhard, Ewald, Kannibalismus, Stoccarda, 1 936 (trad. it. Il can
nibalismo, Torino, 1 949) .
Binswanger, Ludwig, Grundformen und Erkenntnis menschlichen
Daseins, Zurigo, 1 942.
Boss, Medard, Sinn und Gestalt der sexuellen Perversionen,
Zurigo, 1 9 5 1 .

indispensabile indicare, sia pure per approssimazione, il signi


ficato di "darsi in olocausto" ovvero di "darsi come cibo", dell'incor
porazione cruenta. Le "ragioni" (sacrificio come redenzione: colui
che si offre per salvare vite o anime altrui) vengono, ripetiamo,
67

DOMINIO

dopo. N basta l'osservazione che la civilt, sostituendosi alla cultu


ra, ha permesso di partecipare della carica emozionale connessa
all'immagine del darsi in pasto, con maggiore pacatezza e distacco,
attraverso l'immedesimazione con vivande (pane, carne dell'agnel
lo) e bevande (vino o altri liquidi inebrianti) ; non la stessa cosa: il
barbaro, si spiega, offre semplicemente in pasto quel poco che ha,
quel possibile cibo con cui gi siamo immediatamente immedesi
mati, e cio il proprio corpo.
Non basta, per la semplice ragione che citt e villaggi sono costel
lati di monumenti ai caduti in guerra. Il cannibalismo passato in
retaggio agli insaziabili poteri, e per essi alla Patria. Il potere si
impossessato dell'immedesimazione-cibo. Non dunque che presso
i "primitivi" le cose, non essendo filtrate da remare sociali, vadano
pi per le spicce. Il potere esige da noi, all'occorrenza (del potere
stesso), la consumazione totale; il "primitivo" la esige da se stesso.
avvenuto uno spostamento di sede: dall'interiorit alla delega.

Il sacerdote era coadiuvato, nel corso dei sacrifici umani, da quat


tro vecchi chiamati Chac in onore del Dio della Pioggia (a rievocazio
ne del ruolo sacrifica/e della divinit [del periodo Classico] della piog
gia, Xib Chac) i quali immobilizzavano le braccia e le gambe della vit
tima mentre il petto veniva aperto da un altro individuo che portava
il titolo di Nachom (quello stesso del capo in guerra).
Michael E. Coe, The Maya, Londra, 1 993 (trad. it., l Maya,
Roma, 1 998).
Che cosa significa dunque darsi come cibo? Che cosa significa
olocausto? E c' un rapporto tra questo e l'amore? Ci si d, insom
ma, ai corpi amati?
La risposta al quesito , ai fini dei nostri assunti, importantissi
ma. La cosiddetta perversione a nostro giudizio attiene alla sfera del
sacrificio, imposto o subito. Incomprensibile, pertanto, per la
coscienza accecata dai fantasmi egoici. Essere consumato significa
precipitarsi nell'oceano dell'esistere, nell'assoluto, per illusorio che

68

POTERE

Rl l

sia, nel comune denominatore della vita: la condizione dell'Alterit,


l'immersione nella volutt dello "stato secondo", nell'indifferenza al
singolo, al concreto, al divenire individuale; significa accedere
all'estasi definitiva, alla vertigine senza scampo, senza ritorni, cade
re vittima del fascino senza volto, dello sguardo vuoto di cui si tro
vano le immagini, ad esempio, nelle grotticelle funebri artificiali
sarde, le domus dejanas (case delle fate) risalenti alla prima et nea.

Sono consapevolezze che non sfoggono, anche se non le articola


esplicitamente, al mobilitatore, al produttore di soldati obbedienti.
il dovere di uccidere. . . risulta come importante elemento costituti
vo delle comunit virili cui spettava il diritto di partecipare al banchet
to di vittoria e di mangiare carne umana [Gli eserciti sono appun
to comunit virili che a volte accettano "personale" femminile a
patto, beninteso, che si comporti in maniera "virilmente" accettabi
le] . Ewald Volhard, Il cannibalismo, Torino, 1 949.
Essere divorati da un proprio simile, ed essere divoratori della
vittima, significa pertanto erompere, con un atto di violenza, dalla
corazza di angoscia che serra l'esistenza intellettiva del singolo, del
l'individuo limitato e finito. Significa affrontare l'illimitato.
Significa compiere, con un taglio netto del nodo gordiano, quell'at
to - il solo - che permette di varcare l'abisso che, nelle societ
gerarchiche, sembra separare vittima da carnefice, cristallizzandone
perennemente i ruoli e facendoli apparire inconciliabili. Si tratta di
optare per il rischio estremo o per l'accettazione della sorte impo
sta; le societ gerarchiche sono quelle in cui il rischio , in apparen
za, cancellato: per paterne raccogliere la sfida, in esse occorre il con
senso dei poteri.
E i poteri proteggono i sudditi, cos sostengono, dal rischio. I
compiti sono pertanto divisi: da un lato i poteri-carnefici in poten
za, dall'altro i sudditi-vittime in potenza. Per uscire dalla condizio
ne di vittima, non resta allora che correre incontro all'angoscia

69

DOMINIO

suprema, che scegliere la furia, che rompere i lacci dell'incantesimo


in cui il potere tiene prigionieri i sudditi. Questi possono farlo a
diversi l ivelli; con il suicidio, con la cosiddetta follia, riducendosi al
rango di "barboni" e rats, con il crimine, con il masochismo. . .
In q ues t'ultimo caso almeno, con quella che merita il nome di
"corsa in avanti". Non che il ribelle-masochista non tema la sof
ferenza o ne ricavi p iac ere: ma essa diventa, paradossalmente, il
mezzo della sua vittoria. Tuttavia, richiamando su di s l'ira dei car
nefci, il ribelle-masochista riconosce de foctu la separazione gerar
chica dei due ambiti: la sua una provocazione, non un atto egua
litario; e del resto, nella societ gerarchica parte non indifferente
della violenza consumata nello sforzo di opposizione al potere;
pertanto limitata (mentre illimitata quella cui fa ricorso il potere)
e vuole giustifcazioni: diventa gioco solo al di l dei pretesti che
offre a se stessa.

Il momento vicino in cui sar fotta la luce, ed io potr mostrar


le che io sono tra que' martiri che nelle grandi occasioni dei popoli sono
necessari. Tito Speri, uno dei martiri di Belfiore, in una lettera
all'amico Pilati, 1 8 53.
Atto egualitario quello per cui divoro il nemico o la vittima
consenziente, sapendo che a ogni istante posso divenire la vittima
consenziente, il nemico catturato e divorato. un rapporto di reci
procit che cessa nel momento in cui ammetto che qualcuno o
qualcosa mi rappresenti: nel momento in cui cesso dall'atteggia
mento mitico, cio dal riconoscimento dell'Alterit, che quanto
dire la sfera del sacro, e trasformo il numinoso in religioso: in cui
an tropomorfizzo credo insomma di poter cartografare e addirit
tura conquistare - l'indicibile, e poi lo storicizzo.
-

Avviene nel momento in cui la vittima si riduce a una sola,


esemplare di tutte le altre, in cui il regime rappresentativo si incar-

70

POTERE

RLLJ C I O ''..:! ( , !

na ad esempio nel Cristo, e questi immaginato come storico, come


uomo-evento che chiude definitivamente l'era dell'intercambiabili
t di vittima e carnefice, e in cui a sua volta il carnefice, lungi dal
l'essere anonimo e collettivo (l'intera trib), diviene un uomo
Giuda, un giudice, un soldato - sul quale sono lecite indagini "sto
riche". In quel momento accetto definitivamente la gerarchia.
O altri l'accettano per me, che io lo voglia (e li deleghi) o meno,
e mi obbligano a sottostare alla regola della scissione dei due ambi
ti. Mi costringono alla sfida ai poteri, qualora io non intenda rasse
gnarmi a questa limitazione. La cosiddetta perversione sessuale il
rifiuto, alienato, del mondo della limitazione alienante. Ma non
pu non essere alienato.

Conosciuti a Romafin dal !X secolo, gli agnus Dei (medagliette ovali


di cera, recanti sulla foccia l'impronta dell'agnello, simbolo del Cristo, e
sul rovescio un'effigie di santo) ebbero origine dall'uso di rompere in
pezzi, il sabato santo, il cero pasquale dell'anno precedente e di distri
buirli come oggetto di devozione sacramentale ai fedeli. Ecce agnus
Dei, ecce qui tollit peccatum mundi. (Vangelo di Giovanni 1 ,29).
Il potere come dolce carnefice. Nella sua doppia natura, il pote
re legittima, concede, tollera, proibisce, educa, nutre, legifera,
decreta, bandisce, accoglie, purifica, maledice, scomunica, santifica,
accende roghi, edifica carceri, inaugura campi di concentramento,
grazia, libera, assolve. Al suddito prescritto senza che glielo si dica
esplicitamente - fa presto a rendersene conto - il masochismo, d'al
tra parte deplorato dal potere che lo considera una perversione.
Come sono simili, nel mondo postneolitico, e soprattutto in
Occidente, l'amore e la guerra! Marte e Venere, e loro figlia
Armonia, il perno, la sintesi della triade hegeliana e marxista.

Un mondo razionale e pratico. . . in cui gli oggetti - materiali e


umani - che servono ai piaceri sono strumenti senza mistero.
Simone de Beauvoir, Faut-il bruler Sade?, Parigi 1 9 5 5 .
71

DOMINIO

(("Quel che Dio ha congiunto, l'uomo non separi' Io sono il mari


to, e tutta l'isola mia legittima moglie; io sono la testa ed essa il mio
corpo>> (G iacomo I re d'Inghilterra [ 1 566- 1 625]).

I l focus in cui l' indissol ubilit di potere e religione si manifesta


con La mass ima evidenza il sovrano - il capo in generale - come
im m agine della divinit, suo rappresentante in terra. Principio basi
lare della religione come del potere l'accesso al palcoscenico della
storia: i Loro rappresentanti si fon no sul proscenio. La rappresentanza
politica come la religiosa sono diramazioni del modello archetipo
che sottende entrambe, la sovranit divina. Il dominio, ogni domi
nio, regale, e la regalit sempre per grazia della divinit o del suo
equivalente nella presunta laicizzazione del potere: la natura che
apparentemente detta la supremazia del "meritevole" o del pi adat
to secondo le varie vulgate darwiniane e biologistiche. Il capo reci
ta la parte del dio.
Non pu esserci potere che non si incarni . Il corpo rappresenta
to nel Neolitico un corpo politico, risponde a un ordinamento,
quello che la psicoanalisi chiama "organizzazione genitale" o "geni
talit": ordinamento che si esplica nella concentrazione della sessua
lit in una sola parte del corpo, gli organi genitali. stato cos
anche nel Paleolitico? Pu darsi, ma impossibile provarlo. Va
comunque detto che presso i cosiddetti primitivi si compiono
rituali della separazione: il nesso tra l'adolescente e la madre viene
scisso, ed scissione dell'esserci dall'ambiente. (Forse questa l'esca
da cui derivata la concezione religiosa dell'esserci come anima
divisa dal corpo.) il trauma della nascita ripetuta simbolicamen
te. Liniziazione rinascita che annulla la nascita dalla madre "vera".

Il regno di Dio uno stato civile, in cui Dio stesso sovrano in


virt prima dell'antico e poi del nuovo patto, e nel quale egli regna tra
mite il suo vicario o luogotenente.
Thomas Hobbes, Il Leviatano, cap. XXXV.
72

POTERE

l C ; J ( l "-: l

Il capo-sovrano, sacerdote, presidente, tiranno, despota, mana


ger, comandante . . . - eretto. Rex erectus est. Il corpo politico, che
sessuale, si drizza in una sua parte, che ci avvenga "spontanea
mente" (scelta, elezione) o per via di "maneggi" (eccitazione indot
ta, corpo voyeuristico che contempla se stesso, con se stesso copu
la) . Il suddito voyeur ha piaceri orgasmici, pronto tuttavia a deca
pitare - a castrare - il suo sovrano, obbedendo a segni celesti indi
catigli-impostigli dalla stessa sovranit.

Il re viene consacrato con f'unzione rituale che ha probabilmente


preceduto le sue fonzioni pratiche nella vita profona. Significa, in tutte
le religioni, il passaggio del soggetto da una condizione a un'altra. E gli
di sono ovunque ghiotti di sostanze grasse, liquide o semisolide. (A loro
spettano le carni pi grasse, bruciate sugli altari sacrificali, il cui Jmo
ascende alle loro nari).
Il cronista gallois Giraldus Cambrensis fornisce interessanti indi
cazioni circa le modalit dell'elezione dei sovrani in ambito celtico:
Tutta la popolazione essendosi radunata nello stesso luogo, si con
duce nel centro dell'assemblea una giumenta bianca. Ed ecco che
colui [il sovrano da eleggere] , lungi dall'elevarsi alla dignit di prin
cipe, si abbassa all'obbrobrio della bestia: non quale un re, bens
quale un fuorilegge. Perch s'avanza al cospetto di tutti a guisa di
bestia e, con non minore sfacciataggine che ignoranza, si esibisce a
guida di animale in calore. [Dopo il congiungimento] , la giumenta
viene subito uccisa e cotta a pezzi nell'acqua, e al sovrano si prepa
ra in quest'acqua un bagno. Egli vi si immerge, mangia i pezzi di
carne che gli vengono offerti, circondato dal suo popolo che con lui
se ne ciba. Del brodo in cui si lava, non gi con un recipiente n
con la mano, ma direttamente con la bocca tutt'attorno a s sorbe
e trangugia. Secondo tale rito, non per secondo dignit, eccone
consacrate regalit e autorit>> .

Giraldo il Gallese (Cambria era detto il Galles), teologo e cronista


(l 147-1223), j vescovo di Menevia.
73

DOMINIO

Raymond Christinger, l'ipotesi che questo


testo inequivocabile getti luce su un'incisione (circa cm 28 x 1 8) della
Valcamonica, p recisamente di Coren del Valento, forse del terzo mil
lennio a. C. , che rappresenta l'unione di un uomo con una giumen
ta. Luomo avvicina il membro eretto al posteriore della bestia che
tocca con una mano, alzando l'altra al cielo con tre dita tese. Ora,
l'unione del re con una dea o con il rappresentante di un altro mondo
- spesso, appunto, una bestia -, lo ha per millenni collocato ipso
facto in una posizione chiave, intermedia tra il suo popolo e il mondo
invisibile: il congiungimento con un animale gli conferiva potenza,
legittimit, statuto di intermediario tra l'aldiqua e l'aldil.

stata avanzata, da

La piattaforma di sostegno del tempio di Matageshwara a


Khajuraho, nello stato indiano del Madhya Pradesh, ornata da una
serie di rajfgurazioni tra cui spicca l'immagine di un personaggio di
dimensioni maggiori degli altri, intento a congiungersi con un equide,
probabilmente una cavalla, anche in questo caso simbolo di regalit e
di dominio sulla natura. (Il complesso templare di Khajuraho, opera
della dinastia Chandella, j costruito nellXI secolo d. C.).
Mai si danno dominatori, sovrani, grandi capi, sommi sacerdo
ti che rinuncino al serraglio in cui sono rinchiuse belve, come le
zerib dei potentati orientali e africani, a sottolineare il loro domi
nio sulla natura bruta; e siccome nel processo di virilizzazione del
mondo (ne parleremo pi diffusamente nei paragrafi sulla religio
ne) gli uomini provvidero a domesticare, forse prima degli animali,
le donne, era coerente che i dominatori istituissero serragli anche
per le concubine, cio le donne con cui dedicarsi a piacimento e a
capriccio al concubito, l'unione carnale.
Il potere il sacrum. E il sacrum ha un duplice volto: terribili
t e dolcezza. Cos il potere si propone come redentore, bonario
padre, tenera madre fallica. La rappresentazione che offre di s ,

74

POTERE

l C J O ::-.: L CL'UHC\

non gi quella di una giustapposizione di cose separate, ma del


due-in-uno, l'oggetto combinato, la sconfitta del terzo escluso
ma anche l'unico caso in cui il terzo escluso accettato nell'univer
so della discorsivit, per il quale uno dei principi fondamentali
(stando a esso, un giudizio affermativo e uno negativo non posso
no essere contemporaneamente veri) . Il sacrum
e il potere fanno infatti eccezione. Dal sacrum provengono vita e morte, dal
l' albero dell'aldil ruscella il miei ma anche il ciclone e la pestilen
za, e le religioni insegnano che la madre partorisce il figlio a caval
lo di una tomba.
-

Il dio supremo o unico, che sempre fallocratico


menhir,
betilo, fllo di pietra, sintesi di ogni regalit - e che rappresenta
to da un finga in India, dal palo custode dei campi a Roma, dal cro
cifisso drizzato nel cristianesimo, per anche una vagina. E il cer
chio della tana, la casa di Adamo in paradiso, diventato il quadra
to della domus neolitica e della urbs che sempre quadratit mate
rializzata, letteralizzata (fra gli etruschi, il mondo dei defunti, il
cimitero, ideale continuazione del luogo dei viventi, sta ai piedi del
colle ed circolare: presunta sede della rinascita, luogo di supremo
valore, cronico residuo della femminilit non soggiogata dal fallo) .
Duplicit che sfugge - deve sfuggire - al suddito-credente. il
mistero, al quale gli lecito affacciarsi sbigottito: sfugge alla sua
ragione, deve meravigliarlo e sgomentarlo.
-

lxchel, dea della luna nella mitologia maya, era temuta, insieme
al serpente del cielo, come responsabile di disastrose inondazioni e delle
tempeste tropicali. Pure, era considerata la protettrice delle donne
durante il parto e delle tessitrici. Era assai vicina a Ixtah, la dea del
suicidio, che pendeva da un albero in stato di parziale decomposizione.
Il suicidio era considerato un modo dignitoso di accedere alparadiso, e
Ixtah accompagnava le anime di coloro che morivano impiccati verso
l'eterno riposo sotto l'albero del mondo Yaxche, dove radunava anche le
75

DOMINIO

anime dei guerrieri caduti,

delle donne morte di parto)).

delle vittime dei sacrificz dei sacerdoti e

Arth ur Cotterell, The Illustrated Encyclopaedia of Myths and


Legr:nds, Londra 1 989.
Al suddito s i chiede soprattutto di offrirsi all'obbedienza. Gli
si prescrive la passivit o per lo meno il disinteresse a ci che vien
fatto, spesso a sue spese, da i grandi; al mobilitato si prescrive in pi
l'attivismo. Il mobili tato, l'inquadrato, deve aver gi accettato la
sudditanza. Questa permette pur sempre qualche evasione: il sud
dito pu illudersi di esser stato lui a scegliere la propria condizione,
e insieme consolarsi con lo spettacolo offertogli dai sovrani; nella

libert del privilegio ad essi accordata, egli legge una concreta pos
sibilit umana di cui si sente partecipe per interposta persona, l'as
soluta libert, e l'imprevedibilit del sacro; il membro della societ
primitiva si ritiene anch'egli in grado di istituire, grazie a tali inter
mediari, il colloquio con la divinit.

Da tale isolamento derivano, tra i molti altri, tre principali van


taggi: ilprimo che, nell'isolarsi da molti amici e conoscenti, e cos pure
da molte non ben ordinate incombenze, si acquista non poco merito
agli occhi della divina maest. . . Quanto pi la nostra anima si trova
sola e isolata, tanto pi essa in grado di accostarsi e arrivare al suo
Creatore e Signore. . . .
Ignacio de Loyola, <<Note . . . , in Esercizi spirituali, Mondadori,
Milano, 1 984.
Coloro che erano e sono designati a incarnare la divinit, si
prendevano e prendono cura dei sudditi, proteggendoli, assolven
doli, consigliandoli e guidandoli: in quanto uomini avevano, e
hanno tuttora, funzione di padre, anche se, nel caso di etnie "pri
mitive", in quanto di com'erano per l'altra loro met, potevano
mostrarsi spietati, imprevedibili, intolleranti, sanguinari, implaca
bili, e sempre u na volta assolti gli obblighi cruenti connessi a que
sta loro negativit.

76

POTERE

J I ; J ( J "-. L

Lo scrittore Cipani... lo trov insieme a due moretti che aveva por


tato con s in Italia e ci rifrisce questa scena commovente.
- Vedete l - disse Monsignor Comboni additando i due moretti
allorch li ho raccolti, sapete, erano selvaggi.
Bice Foresi, Missionari in Africa, La Scuola, Brescia, s.d.
Con l'osservanza delle norme (lavoro e obbedienza) , i l suddito
oppone una barriera al sacro, alla rovina. Questa gli piomba addos
so ogni qualvolta egli si ribelli alla regola; la sua porzione di diritti
proporzionale alla sua libert, cio alla capacit - acquisita a prio
ri, conferita o conquistata per mezzo di particolari imprese, che
sono di per s altrettanti riti d'iniziazione - di trattare col sacro. Il
mondo insomma immaginato come un edificio costruito obbe
dendo a precise regole d'ordine razionale, in cui esista per - come
si favoleggia in tutto il mondo un locale segreto, nel quale sia
contenuto l'innominabile. Chi sa come ci si deve comportare col
divino, sapr usare coi dovuti criteri la chiave che d accesso alla
stanza; chi ignori quest'arte, pu provocare con la sua curiosit la
fuoriuscita dell'innominabile, ci che pu significare la distruzione
sua e di molti altri.
-

Lo schiavo, fatto pngwniero in guerra, ha dimostrato di non


saper maneggiare la violenza: gli di non sono dalla sua, ed egli pu
essere quindi privato dei diritti; accanto alla sua utilit, ci spiega
perch lo schiavo, dono degli di, possa essere trattato come un
oggetto: l'uomo vale in quanto abbia la capacit di imporsi al
sacro, di dettar regole al sacro; vero, lo schiavo l avora: ma egli non
crea, cio non si impone al sacro, non si sostituisce alla Creazione;
lo schiavo esegue, non comanda, non organizza, non programma il
lavoro. Il suo valore quindi puramente fisico, egli vale n pi n
meno del manzo, del bufalo, dell'asino. La donna, che assicura la
sopravvivenza della trib; che partorendo crea; che getta, con il pro
rompere del figlio dal suo utero, il ponte tra il non essere e l'essere,
vale sempre pi dello schiavo, e anche nelle societ in cui la supre-

77

DOMINIO

mazia maschile p i accentuata, gode pur sempre di un certo


rispetto e di determinati privilegi; schiava o libera, nel momento
delle do gli e tab.

condanna non sembra severa. Al condannato viene scrit


che ha infranto, mediante l'erpice. A questo condannato,
per esempio - l 'ufficiale indic l'uomo - sar scritto sul corpo: Onora
i tuoi superiori!))
Franz Ka fka Nella colonia penale ( 1 9 1 5).
La nostra

ta la

norma

Quanto al guerriero, chiaro che il suo valore non lo si giudica


solo sulla scorta dei benefici apportati alla trib dal suo braccio c
dalla sua lancia, ma anche in rapporto alla sua audacia, alla sua
forza, al numero di teste di nemici uccisi che ne decorano la capan
na, cio in base agl i in-s che lo caratterizzano, per le qualifiche del
suo essere guerriero al di fuori e al di sopra del risultato degli atti
impliciti in tale condizione. A patto di assolvere ai doveri nei con
fronti del mondo profano (utilitaristico) e di quello sacro, il suddi
to era cos relativamente al sicuro. Al di l della zona dei suoi dove
ri, egli poteva dedicarsi ai suoi piaceri, riposi e fantasticherie.

La condizione del mobilitato, dell'inquadrato, invece sostanzial


mente diversa.
In primo luogo, al mobilitato si nega quasi completamente una
zona personale, di rifgio. Trasponiamo quanto si detto a proposito
del suddito in termini moderni: la classe dominante nelle antiche socie
t era immediatamente il sacro; non lo pi ai giorni nostri, ha cessa
to definitivamente dall'esserlo con il 1789. Essa tuttavia per sostenersi
deve ammantarsi di sacralit o per lo meno degli attributi della sacra
lit, soprattutto !'intoccabilit. Il principio autoritario si fonda su
questo: per il suddito, in un certo senso lo stesso se la punizione per
chi osi levar la mano contro i grandi piomba dal cielo o viene inflitta
dal braccio secolare senza accompagnamento di scomuniche o esorcismi.
Il risultato finale identico: l'audace distrutto o incarcerato o messo
al bando. La differenza consiste semmai in ci, che nel primo caso il
78

POTERE U F U (; H } '.: !

suddito aveva a chefore con un assoluto, che nulla lo giustificava nella


sua ribellione; e, se questa riusciva ad abbattere il tiranno, il rivo/toso
doveva affiettarsi a cercare i crismi del sacerdozio che lo santificassero,
cio lo ponessero, a posteriori, sullo stesso piano del sovrano abbattuto.
Il rivoluzionario d'oggi ha coscienza della relativit delle posi
zioni: la giustificazione del suo operato verr dalla riuscita della sua

impresa. La progressiva profanizzazione della societ rende cos


sempre pi difficile il compito delle classi dominanti: esse devono
provare la propria utilit, pi non basta che dichiarino la propria
volont sovrana; anzi, lo spettacolo dei grandi, lungi dal soddisfare
le folle, non fa che ampl ificarne i ruggiti di collera. Quanto pi
ampia quindi la porzione di privilegio, quanto maggiore la percen
tuale di beni che la classe dirigente pretende di riserbare a se stessa
senza dover provare il proprio diritto al beneficio, senza cio accet
tare di vederselo messo in discussione, tanto maggiore sar il suo
ricorso alle istanze dell'irrazionale.

Vij uno dei precipitati [dallefinestre del castello] che. . . si aggrap


p a un ramo e non voleva pi abbandonarlo, il che vedendo gli foro
no tirati infiniti colpi di archibugio e di pietre sulla testa senza che si
riuscisse a colpirlo. Del che il Barone si meravigli e gli salv la vita, e
ne usc come per miracolo. . . .
Richard Verstegan, Thatre des cruauts des hrtiques de nostre
temps, Anversa, 1 588.
Lo sperimentiamo ogni giorno: quanto pi la classe dirigente
casta dominante, quanto pi predatrice essa , tanto pi ricercher
benedizioni, assoluzioni, conforti e giustificazioni per bocca del
clero locale. Ma essa, cos facendo, continua a proporsi ai sudditi;
questi sono chiamati a fare una scelta, si fa leva sulla loro imprepa
razione o disorganizzazione, per esercitare a loro spese un inganno.
Tra la casta e i sudditi si interpone un sottile velario di pregiudizi,
antiche paure, ancestrali terrori. Altrimenti, la casta si fa classe ragio
nante: al posto del balenio degli stendardi processionali, della solen-

79

DOMIN I O

n i t dei cantici, accetter co m e p rop ria corazza la convinzione; il suo


scudo non sar pi la croce, bens la stampa e gli altri media.

Ma la discussio n e implica l'ammissione della fondamentale


uguagl ianza dell'interlocutore: ed ecco il suddito farsi sindacalista,
progettare la rivoluzione, minare l'autorit della classe al potere.

Questa,

ve o

r , pu ricorrere alla repressione, la quale per un


e le barricate - lo provano. Oppure pu ricorrere
alla mobili tazione, all'inquadramento, e cio rivolgere l'energia che
m i nacc iava di rivolgerlesi contro da un momento all'altro, di scate
narsi e travolgerla, in un'altra direzione, contro un nemico interno
o esterno; la classe dominante esegue uno scarto di fianco, e il sud
dito-toro vede apparire un nuovo obiettivo, che gli si configura
quale di maggior momento del primo.
rischio: i fatti -

<<E chi mai ti credi di essere tu, merda che non saresti neppure capa
ce di schiacciare, sedendotici sopra, un riccio?. I cosacchi zaparozhi al
sultano che pretendeva la loro sudditanza.
Il mobilitato, l'inquadrato, si lascia cos togliere di mano le sue
prerogative di suddito, in vista della lotta contro questo nemico: alla
discussione sostituisce l'obbedienza, all'autonomia la dipendenza,
alla protesta lo schiamazzo delle folle deliranti, allo scetticismo l' en
tusiasmo, all'opinione personale la fede, alla convinzione il fanati
smo, al dubbio l'incrollabile certezza, al rispetto per l'autorit la
conversione; egli indossa un'uniforme, e non accade pi che sia trop
po stretto lo stivale rifilatogli dal furiere: il suo piede che diven
tato troppo grande; l'appello alla ragione, fulcro della pedagogia
liberai-democratica, cede il posto a istanze assai pi primitive e
immediate: il cuore, che conta; la fede, ad avere il sopravvento.
I l mob ilitato l'uomo pronto a gettarsi nel fuoco per il suo
capo. Laddove il suddito si riserbava un'ultima istanza, all'inqua
drato rip ugna la semplice idea di fare di testa sua; per il suddito

80

POTERE

l'opinione pubblica: in essa il suddito immerso; l'opinione pub


blica un mare le cui ondate si scontrano tuonando, e sono gli
appelli delle diverse ideologie. Per l'inquadrato, la problematica ha
infinitamente meno valore della marcia forzata, dell'adunata, degli
squilli di tromba e del rullare dei tamburi: l'istanza d'ordine spiri
tuale ai suoi occhi diviene un terreno viscido, un trabocchetto che
porta direttamente nelle regioni della infamia sociale e politica.

Ci che vale per il soldato, vale, in termini assai meno espliciti (e


anzi ammantati di "diritti umani': ma sostanzialmente non diversi),
per il miles della produzione industriale, operaio, impiegato, quadro,
inserito nelle jle dell'azienda. Anche questa commina infomia sociale
sotto forma di espulsione dal mondo del lavoro e di disoccupazione.
Al suddito democraticamente lecito conservare per se stesso
una frazione pi o meno cospicua del proprio essere. Nel corso di
un lungo processo storico, il suddito stato in grado di porre pre
cisi limiti all'entit della punizione: almeno dopo la caduta dei regi
mi assolutistici, la sua eventuale rivolta all'ordine costituito, per
quanto considerata illegittima, non comporta per misure punitive
tali da togliergli una volta per tutte la voglia di riprovarcisi. Il sud
dito "umanizza"
o ci si prova - la pena, vuole renderla ragione
vole, aspira a una proporzione tra atto criminale e punizione.
-

I..:antico sovrano non glielo avrebbe permesso, tutto teso com'era


- una sua fondamentale prerogativa - a esercitare la giustizia come
arbitrio, senza proporzione tra delitto e pena, unica intervenendo,
a mitigarla, la clemenza dettata da simpatia, capriccio, ragioni di
stato, estranee alla validit universale della legge. Il mobilitato mili
tare, anche nelle odierne societ, torna ad accettare questa condizio
ne, alla quale il suddito moderno ormai si rassegna solo in casi ecce
zionali, indottovi soprattutto da istanze populistiche. Il soldato non
oppone invece resistenza; se lo fa, un "lavativo" o, peggio, un
disertore, un traditore. Non discute la punizione: il tribunale mili-

81

DOM[N[O

t are no n fa processi, ma prende decisioni. Non ha pi nulla di suo:


le idee, i po chi effetti personali, i panni che ha indosso, gli sono
conferiti dall'altoparlante e dalla fureria. l:inquadrato militare non
discute: la discussione viola il regolamento; non ha iniziative: ne
andrebbe della disciplina. Linquadrato non conserva pi, per s,
alcuna frazione del suo essere: o meglio, fa di tutto per sbarazzarse
ne, si obbliga a mettere il bavaglio al proprio io. Il suo , nel senso
di Heidegger (pure da questi rifiutato) , essere-per-la-morte>> (Sein

zum Tode).
BUCH ENWALD, UN M O DELLO

Vi era un'incredibile, illogica, assurda civetteria della sofferenza.


I segni d'ignominia erano trasformati in una sorta di lurido trion
fo. Era con orgoglio che colui il quale aveva subito la punizione ti
mostrava sui glutei le orme azzurrastre del nerbo di bue, non diver
samente dal mendico mutilato che ti agita sott'occhio il suo mon
cherino: era la rappresentazione della propria miseria, la lode e la
proclamazione della propria sofferenza. Era un dire ai carnefici:
"ecco, vedete come mi avete ridotto!". Il rischio cui era sottoposto
chi si desse a questa pantomima, conferiva d'altra parte alla soffe
renza colore di volontariet: il tormento veniva aumentato, portato
perfino oltre i limiti previsti dai regolamenti; e il guardiano non
riusciva a impedire questo spostamento in una zona per cos dire
negativa rispetto all'equilibrio ideale, all'assoluta obbedienza delle
disposizioni disciplinari.

Non penso che i "carnefici"fossero agenti di un metafisico "Male".


Erano dei mobilitati, militari ai quali era ovviamente fatto obbligo
della ferocia e dell'implacabilit. E il mobilitato potrebbe sottrarvisi?
Non che il detenuto di Buchenwald
continuiamo con
l'esempio - non tema la punizione; non che ricavi piacere dalla
-

82

POTERE R!.L! C ! O l'.: 1,

H IU\

sofferenza: che questa divenuta, paradossalmente, il mezzo della


sua vittoria. Lo spettatore, presente o lontano, reale o fantasticato,
di questo mondo o dell'altro, invitato a toccare con mano il falli
mento, la miseria, la debolezza, l'inferiorit della vittima. Questa
un tremulo essere che a stento si regge in piedi, priva di coraggio,
esangue, inetta al lavoro, stupefatta, preda al panico: un nulla. Il
suo atteggiamento paradossale: se evitasse di aggrapparsi piangen
do ai piedi dell'SS, non appena questi le si avvicina, l'SS forse non
si accanirebbe su di essa, ci sarebbe una probabilit di cavarsela; ma
si direbbe che proprio a questo la vittima intenda rinunciare, che il
suo intento sia di bruciarsi i ponti alle spalle, di penetrare definiti
vamente nel regno dell'assoluta sofferenza. Egli una sorta di
Tersite che, anzich col lazzo e la derisione, provoca l'ira degli eroi
in divisa nera col masochistico sfoggio della sua negativit.
Quando l'SS penetrava in un ghetto o metteva piede nella baracca
di un campo di concentramento, sapeva che poteva essere accolto al
suo solo apparire da lugubri grida, da un coro di ululati, da bocche
belanti e occhi sbarrati in un terrore che in parte era cos evidentemen
te recitato, da costituire una provocazione. Accadeva allora che fosse
l'SS a sentirsi insultato e mortificato, e che egli si affannasse a picchia
re le sue vittime, strillando, quasi singhiozzando: Per causa vostra,
ebrei maledetti e impestati, per causa vostra ho perduto tre anni della
mia vita, gi da tre anni noi soffriamo qui, cani che non siete altro!
(Diario di Abramo Lewin, compilato a Varsavia, 1 943).
Il meccanismo del sadismo che era stato messo in moto era -

ed tuttora - tale, per cui le vittime forzano i carnefici a tormen


tarle. Da un lato sta l'impossibilit, per la vittima, di comportarsi
altrimenti; dall'altro, l'impossibilit del carnefice di resistere alla
provocazione. Chiamiamo questo rapporto col suo nome: il rap
porto tra sadismo e masochismo nelle loro forme sociali, l'uno indi
spensabile alla manifestazione dell'altro. Il masochismo non pu

83

DOMINIO

r[nunciare alla platealit: ha bisogno, per attuarsi, della presenza


altru[, che pu essere il suo vicino, il foro interiore, Dio. Come il
masochista sessuale espone il proprio deretano alla agognata puni
zione inflittagli da una prostituta, cos il masochista sociale sfoggia
la propria nudit psichica.
Ancora Buchenwald (ma vale per ogni campo di concentramen

to, per ogni gulag, per ogni Guantanamo) .


Anzich lasciare la scelta al carnefice, la vittima gli si offre; ci
che essa teme provocato intenzionalmente; pi che l'atto di vio
lenza, l'ansia e l'attesa che lo precede ad essere oggetto di paura.
In tal modo, la passivit viene trasformata in una paradossale atti
vit, la m inaccia futura diviene alcunch di presente: cos l'atto
fatto mio, sono io a comandare i gesti del carnefice, io sono la sua
mano, io i suoi occhi, io i suoi muscoli. Cos facendo, ancora, io
domino l' ignoto, cesso di essere alla merc di avvenimenti, di forze
pi possenti di me. Sono io a stabilire i l ritmo con cui gli avveni
menti si susseguiranno, anzich essere abbandonato a un ritmo
estraneo e sconosciuto. cos che io trionfo: non cerco, io ebreo, io
prigioniero, io sospetto talebano, la sofferenza - tento anzi di dimi
nuire la sofferenza, di dominarla e imbrigliarla facendola scoccare al
mio comando. Allo stesso modo, il masochista sessuale si libera
dalle inibizioni, dal senso di colpa che gli viene dalla trasgressione
che ogni atto sessuale in quanto tentativo di uscire dai limiti indi
viduali, di confondersi e degradarsi - o sublimarsi -, facendosi
infliggere in partenza la punizione, l'umiliazione: la prostituta lo
colpir sulle natiche ed egli pertanto avr, simbolicamente e concre
tamente, la punizione "alle spalle", e si vedr spalancato davanti, di
diritto e di fatto, il mondo del godimento.
Il movimento del potere sempre lo stesso: un contesto che compor
ta casi limite, come questi or ora citati, ma la cui struttura di fondo
resta pur sempre la stessa. Con la massima facilit - e lo si detto pi
volte il timido impiegato si trasforma in obbediente carnefice.
-

84

Nel Neolitico, inteso come visione unitaria (invenzione dello


stanziamento, dell'agricoltura, del potere, della religione) al di l
delle variazioni temporali e spaziali sul tema, le singole manifesta
zioni rispondono sempre a un comune denominatore. Al tempo
concepito come rettilineo, quale successione di momenti verso una
finalit inizialmente non espressa, corrisponde quella che in un altro
paragrafo ho chiamato "quadratit", cio una spazialit definita da
pareti uniformi, in fuga dalla circolarit e dalla paratassi. Litinerante
non aveva bisogno di specifiche designazioni orientative, non dove
va definire specificamente luoghi e momenti (Stonehenge e i cerchi
di pietre fitte di Carnac compaiono migliaia di anni dopo l'esordio
del Neolitico), indispensabili invece allo stanziale per il quale nume
ro e geometria sono i presupposti per la comprensione del reale e
l'orientamento nel mondo.
La nuova mentalit del Neolitico comporta, tra l'altro, un atteg
giamento inedito verso l'uccisione degli animali. Nasce la caccia
come esercizio fine a se stesso, atteggiamento che ha tuttora corso
(caccia alla volpe, istituzione di riserve come propriet ed esclusione,
' cattura di animali usati come ornamento e conferma del potere).

E Dio disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglian


za, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, su tutte le bestie sel
vatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra (Genesi, 1 ,26).
Il suddito cieco. Si pu negare l' a-logicit della parola; si pu

affermare che il mito l'espressione (ingenua) di concretezze. In tal


modo, si fa nascere la parola dal bisogno, mentre il bisogno che
nasce dalla parola: impossibile individuare nell'uomo istinti, cio
modalit di soddisfazione di bisogni, che non siano rivestiti, repli
cati, interpretati, dalla cultura. La parola dice i nostri bisogni, e solo
allora li fa esistere. Ma si pu tentare il rovesciamento. Proclamare,
ad esempio, che il re o il sacerdote a fare sbocciare le parole, a isti
tuire il mondo. In tal modo, si privano i sudditi della loro sapien
za: questa diviene retaggio esclusivo della classe egemone. I sudditi

85

DOM[N[O

dim en ti care ci che in loro "appare" : divengono cie


chi , insensibili ai so gn i sordi e muti. Soltanto il re o il sacerdote
hanno diritto di sognare: soltanto il loro sogno rivela e signifca.
So ltanto essi hanno un'anima; soltanto chi sta dalla loro parte ne
acquista una; sol tanto i loro fedeli possono aspirare alla salvezza
eterna. Agli al tri toccher in sorte un mondo incolore, senza imma
gini , senza visioni beati f canti: il nero, il buio, lo Sheol.
A tale scopo, biso gna che i mille miti, i mille sogni di ognuno,
siano convogliati in un mito solo, e che questo sia accuratamente
codificato. I ndagare sulla "struttura" dei miti altrettanto vano che
indagare sul le strutture profonde della lingua: si pu per indivi
duarne grammatica e sintassi, le quali non sono la fonte della lin
gua. Al pa ri della cultura tutta quanta, sono l' incanalamento della
lingua, la traduzione degli "eterni" del sogno, un'interpretazione
alla quale tende a sottrarsi il nonsenso. Il potere si impone a livel
lo sintattico-grammaticale: re e sacerdoti proclamano di possedere
le "chiavi" . Devono, ovviamente, comprovarlo (ma gi quest'affer
mazione, apodittica, sconvolgente, stupefacente: basterebbe di per
s, almeno in un primo momento, a raccogliere attorno a loro le
"turbe" ) . Diverse sono le modalit, dagli atti magici alla forza. Una
prima persuasione si trasforma cos in esercito. Chi possiede le
"chiavi", possiede il mondo: lo dice a suo piacimento, il signore
della parola, l'incarnazione del verbo. Possesso, tuttavia, insicuro: di
continuo bisogna riproclamarlo, riaffermarlo. La conquista non si
ferma mai: la sottomissione costituisce la riprova che il mondo
quale stato detto dal sovrano. per questo che regni e imperi sono
obbligati ad aggredire e assoggettare territori altrui, per comprova
re che il mondo davvero quale essi dicono.
sono

i n dotti

Il mito organizzato, la sintassi e la grammatica del mito, ha


nome religione che sinonimo di potere. Nella fase dell'organizza
zione del m ito, se ne staccano sottoprodotti, leggende, saghe, fabe,
che conservano la tendenza all'infinita proliferazione degli "eterni"
,

86

POTERE

del sogno: la loro raccolta e sistematizzazione, la civilizzazione di

queste espressioni, di queste sacche "dialettali", un lungo, fatico


so processo. Occorre che favole e saghe divengano vere, cio che
trovino l'equivalente nei gesta regum. Occorre che gli eterni del
sogno divengano personaggi in carne e ossa, di esattamente con
notati e connotabili, e anzi che, come il complesso delle "invenzio
ni fantastiche" si inserisce nel solco dell'unico mito, cos gli di si
sottomettano a una gerarchia: un dio supremo, spesso unico,
comanda i suoi di-sudditi. Sovente l'unico dio trans-divino: il
Fato dei Greci, per esempio.
Chiamo questo processo millenarizzazione: gli eterni del sogno
si calano nel millennio, nel secolo. Inaugurano (i sovrani inaugura
no) , sortendo dalle regioni in cui vagavano - e cio fondando la
citt -, un nuovo eone, aprono l'epoca, istituiscono il tempo misu
rato, cronologico, la cui esattezza comprovata mediante gli even
ti naturali.
Gli di rivendicano il trono. Il dio della tradizione cristiana
nasce in una grotta o mangiatoia o stalla, secondo le versioni: parti
colare che di per s ne rivela il carattere di eroe mitico, di "apparso".
La grotta uno dei luoghi deputati delle fanie, di quegli eventi, cio,
che ripetono il presunto processo cosmogonico. N diverso il caso
della mangiatoia o della stalla, luoghi "alimentari", grembi nutrizi.
Nato nella mangiatoia, tra il fieno, il Phanes-Cristo terraefilius, e in
Romania ancora oggi il bastardo - il "figlio di nessuno", e dunque
di una "madre immediat' (quella che vede vicino a s) ma anche di
un "ignoto", di un lontano - detto "figlio di fiori".
I l potere sazia l e turbe. Non appena !'"esplosione" avvenga, il

processo di cristallizzazione del mito-tab subisce una rapidissima


accelerazione. Il mito-tab si "incarn' nella societ. Il mito-tab
del resto sempre carne, ultima istanza alla quale possiamo ridurci,

87

DOMINIO

ultimo veicolo, estrema soglia. La carne l'equivalente della parola;


la carne "incarna" (non un gioco di parole) il mito-tab. Lani
male, fonte alimentare del cacciatore, appunto carne; ne consegue
che i mitemi preistorici si articolano attorno al perno costituito dal
l'animale, porta ospitata in immagine dentro quella porta, quell'ac
cesso, che la grotta. La contemplazione dell'animale contempla
zione del possibile; uccidere l'animale significa chiudere l'accesso,
sbarrare la porta. Per riaprirla, occorre ottenere il "perdono", non
gi dell'animale, ma della carne; occorre pagare un "tributo"
all'Alterit, imporsi una perdita, gettare al di l (sprecare) qualcosa
di utile, negarne il carattere appunto utilitaristico. Bisogna, come i
Sioux, andare a caccia muniti di statuine o altre immagini che veni
vano deposte sul corpo dell'animale ucciso, che in tal modo diven
tava "altare": un po' di "erba buona" (tabacco, un vegetale allucino
geno) era sparsa al vento o bruciata. L:"anim' dell'animale, cio la
carne, veniva cos placata, l'accesso, il poros, tornava pervio.

Il potere moderno si fonda sull'affermata negazione del mito


tab, sulla sua sostituzione - che si fa credere totale e definitiva con la norma-proibizione. Per i regimi moderni indispensabile
che il mito non esista. Al suo posto, trionfano la Scienza, il Sapere
- gli strumenti di dominio dello spirito occidentale.
Il modo di essere meccanico il pi imbecille e crudele finora
proposto ai (e accettato dai) sudditi: e per modo d'essere meccanico
intendo non solo il produrre tecnologico, ma anche il guardare (tele
visione), il percepire il mondo tramite intermediari (Baedeker, atlan
ti, scritture... ), il congiungersi carnalmente (in nome della produtti
vit ancora in un passato recentissimo, e oggi della riduzione del
l'erotismo a "funzione"), il delegare ogni nostra scelta a specialisti, a
"meccanici" (medici, psichiatri, professionisti dell'angoscia, ecc) . Gli
schiavi del mondo meccanico (quasi tutti, eccezion fatta forse per i
potenti e, in misura pi o meno velleitaria e anch'essa alienata, per

88

POTERE

I C I O .' d .

emarginati, ribelli, fteaks, folli, artisti, drogati, rats e simile "genia''),


tali sono non perch calpestati dal capitalismo o dallo pseudosocia
: lismo o da residui feudali, ma perch vivono, lavorano, si divertono,
producono, mangiano, defecano, guerreggiano, ammazzano e si
ammazzano, copulano, in maniera meccanica.
l: estrema astuzia del potere consiste nell'introiettarsi: e gli schia
vi meccanici si suppongono liberi, difesi, sicuri, indipendenti - sin
dacalizzati, in grado di decidere del proprio destino, cio di aumen
tare e organizzare meglio la produttivit. E, quanto pi ci si invi
schia nelle reti del potere, quanto pi cio ci si "libera" (dalla fati
ca, con l'idiota moltiplicazione delle macchine idiote) , e meno libe
ri si . Pi si ha, meno si : nozione, come facile constatare, nota
al mistico medievale (a un Maestro Eckhart) , assai pi confusamen
te allo psicoanalista in semirottura di bando (Fromm) ma, prima
ancora, ai filosofi antichi che voltavano le spalle alla filosofia come
gnoseologia (gli Stoici); probabilmente, nota dacch esiste il pote
re. Riteniamo, d'altronde, che tutti lo "sappiano". Ma ammetterlo,
in primo luogo con se stessi, significherebbe mollare la zattera del
potere. E chi sa pi nuotare? Chi disposto a riconoscere che qual
siasi "selvaggio" infinitamente pi libero di ciascuno di noi? Chi
disposto ad abbandonare il "mondo", a rinunciare alla Meccanica,
a tornare alla caverna? Al deserto? Alla steppa? Alla canoa? Alla cac
cia al bisonte?
Erich Fromm, Il mondo di Sigmund Freud, Milano, 1 962.
La conquista non si limita allo spazio, ma investe anche il
tempo. In un primo momento, nell'ambito della citt stessa resta
traccia di questa "storia". Cos a Uargla, in Mesopotamia, i quartie
ri corrispondono ai diversi, successivi sviluppi della cosmogonia,
dall'Idea alla Creazione, dallo Scambio al Verbo. Le mura chiudo
no la citt-rappresentazione del (nuovo) mondo in un cerchio di
' sacrifici e riti, tracciati sul suolo come un'invocazione ai celesti. Le
porte, spalancate sull'ignoto esterno, hanno nomi simbolici protet-

89

DOMINIO

to ri; gli uomini che Le custodiscono sanno che La Loro vigilanza


sarebbe vana, non fosse per la presenza di portinai invisibili, coloro
i cui giovani corpi sacrificati sono stati mischiati con l'argilla fresca
dei mattoni, sepolti sotto le pietre di fondazione. Tutte le citt sono
state costruite, a partire almeno dal terzo millennio a.C. , con l'in
tento esp licito dichiarato nelle iscrizioni, di fissare il tempo nello
spazio, strutturando le mura e persino la pianta degli edifici in
modo da radicarli nell'eternit.
,

Oggetto della conquista allora non pi il mondo barbarico,


ormai domato, ma lo sono quasi esclusivamente le altre citt, gli altri
imperi. Il tempo non pi uno stagno immobile; i sovrani non
ripetono pi, tradotti nei riti urbani, gli arcani dei cicli eterni, fata
li. La citt non pi soltanto l'espressione topografica della cosmo
gonia, ma risponde a una rigida gerarchia: ogni citt ha ora un
ruolo preciso nella cosmogonia, non ne pi il riflesso passivo, ma
un membro attivo, partecipe: la cosmogonia si realizza attraverso la
citt, gli di hanno bisogno degli uomini. Il tempo si snoda, si scio
glie dai lacci del labirinto che lo costringono a girare su se stesso: si
proietta in avanti, verso un fine di cui la citt il veicolo. La reli
gione cittadina cessa di essere la replica di quella agricola arcaica o,
pi in l, della preistorica (neolitica) . Gli di si urbanizzano; i
Grandi Ritorni, se avvengono, hanno come perno le Gerusalemme
terrene; i profeti, trombe annunciatrici della Rinascita, si trasferi
scono in citt e si scagliano contro Ninive e Babilonia. Il sovrano
non pi signore unico: ha attorno a s, non solo una corte, una
costellazione, ma classi capaci di contestarlo, sulle quali non eserci
ta pi un potere dispotico, ma che lo condizionano. Il potere cre
sce su se stesso e si diffonde come i cerchi nell'acqua di uno stagno,
sempre pi remoti dal centro.
Il potere (e iL sacro) vanno in citt. A partire dal 2500 a.C. circa,
quando ormai, almeno in ambito mediterraneo, esiste un diffuso

90

POTERE H L L J C ! t! N l

tessuto urbano (non pi assediato dai "selvaggi", minacciato dai


nomadi, ma che anzi li assedia, li richiama con i traffici, li stanzia a
viva forza) , compaiono citt di tipo nuovo. Il loro esordio corrispon
de a una riforma del pantheon primitivo. Cos Marduk, protettore
di Babilonia, la nuova capitale, diviene signore degli di e demiurgo,
successore dei re mitici, erede dei cicli passati; Marduk impone il
proprio nome, cancellando il loro, ai protettori invisibili delle citt
sottomesse. I molti di tendono a confederarsi, a eleggere un signo
re degli di, e poi a confluire in un dio unico, pi "razionale" e com
patibile, in quanto astratto, con la meditazione filosofica.
La prima citt mesopotamica, nel disegno della cosmogonia
un disegno che adesso teleologico, che obbedisce a un'inarrestabi
le progressio ad - era stata Eridu, residenza del dio-pesce Ea, il mae
stro delle scienze e delle tecniche di lavorazione dei materiali, da lui
rivelate all'uomo. Era un'epoca in cui la regalit "passava" ancora,
fatalmente, da una citt all'altra, le dinastie si riconoscevano prov
visorie, le capitali si sostituivano l'una all'altra, secondo il decreto
imperscrutabile dei cicli cosmici, dei Grandi Anni, intervallati da
catastrofi come il Diluvio; e ogni volta la regalit ridiscendeva dal
cielo, si posava in un nuovo luogo eletto: Kish, Erech, Nippur, Ur.
La durata del regno dei sovrani divenuta via via minore: se
' Ubardudu re di Shuruppak aveva regnato ottomilaseicento anni,
Mesannepada re di Ur occupa il trono solo per ottant'anni, ed
seguito da quattro sovrani che in totale regnano per soli centoset
tantasette anni: il racconto mitologico, come si vede, cede via via il
passo alla storia, la durata delle dominazioni confluisce con la dura
ta "reale". Da Ur la sovranit passa ad Awan, poi la volta di Erech
con il regno di Gilgamesh nella cui saga mito e storia si confondo
no ormai indissolubilmente. Il periodo "arcaico", protostorico,
inteso, dai cronisti coevi, dagli autori di "storie" regali o sacre, come
un grande e definitivo rito di passaggio, una porta varcata per scm') l

DOMlNIO

pre: al di l si pu ancora tornare, certo, ma il richiamo di Itaca


ormai imperioso. Il concetto di "patri' si capovolto: se quella vera
era collocata, prima, nel Grande Tempo, fuori dello spazio, ora si
colloca nel te mpo e nello spazio, e sempre pi a fatica i sacerdoti
richiamano l'attenzione sulla patria celeste.
Ormai pronto lo scenario per la nuova rivelazione, quella del
dio unico e astratto, il dio-concetto (del Bene). significativo che
l'idea dell'Eterno, il dio di Abramo al quale si inchiner Hiram, re
di Tiro, il Dio Unico con cui l'uomo quasi da pari a pari pattuisce
l'Alleanza, sia stata diffusa, in ambito occidentale (e non solo occi
dentale) principalmente dai mercanti . Da Ezion a Mileto, da
Clazomene a Efeso, da Cartagine alla penisola arabica, all'Africa
(Etiopia) , venuta lentamente prendendo forma una nuova conce
zione, "modern', del divino, e insieme una nuova visione del posto
dell'uomo nel mondo e del lavoro produttivo nella sorte umana.
Sono occorsi ovviamente secoli perch questa concezione nuova
si sostituisse ai Baal, agli di-bestie di Ninive, al pantheon dei farao
ni, ai trentamila di del Basso Impero, ma oggi abbiamo sott' occhio
gli effetti della "vittori' del Dio Unico e del suo retaggio, il Sapere
occidentale.
Il Dio Unico cancella definitivamente il passato, n viene in
terra per essere a sua volta sostituito da altre divinit. La sua
Rivelazione definitiva. Egli cancella la divinazione: i magi gli si
inchinano, lo adorano, lo riconoscono, tramite i doni - le offerte -,
re, dio, immortale, insostituibile. La divinazione nella fase prato
storica ha una funzione di primissimo piano. Il tempo mitico
stato dunque una prefigurazione del tempo degli uomini; e questi
adesso procedono verso un loro destino, l'attuazione del quale esige
la razionalizzazione del mondo. Si inaugura cos l'et della ragione,
dei matematici, degli astronomi, dapprima intenti a calcolare il
ritorno dei Grandi Cicli, nell'epoca in cui il sovrano ancora rasse
gnato, in cui sa che il suo regno sar travolto da un nuovo Ritorno.

92

POTERE

Poi, per, la sua angoscia personale acquista il sopravvento: per


ch mai devono, egli o i suoi successori, cedere il trono? No: la
razionalizzazione del tempo, preparata dalla quantificazione, dalla
volont di misurare e pesare il cosmo, di valutare l'infinito con la
scala dei sensi umani e la loro durata, sembra promettere la possi
bilit di influire sui cicli, di regolamentarne il ritorno. Non si sfug
ge forse, con la previdenza, alle carestie? La programmazione (cana
li, granai, allevamento del bestiame, sfruttamento delle miniere)
esclude in parte almeno l'aspetto distruttivo implicito nel ciclo, lo
esorcizza. Misurare il cosmo significa prevedere inondazioni o sic
cit, tant' che lo si misura con i metri utilizzati per depositi e gra
nai. La base della numerazione va senza dubbio ricercata nel mito
pi che nell'ambito di ipotetiche concretezze, ma ben presto si veri
fica la rottura con il mito: l'apparato matematico diviene strumen
to, e come tale via via perfezionato. L:astronomia cessa di essere la
conferma della fatalit: diviene previsione positiva; si possono "sal
vare" i regni, la terra tutta. La matematica non pi immagine del
cosmo: serve alla conquista e definizione del cosmo.
Il mondo urbano non pi una "caduta"; certo, l'Et dell'oro, il
paradiso da cui l'uomo stato cacciato era perfetto, vi regnavano la
pace e l'immortalit. Ancora nel Genesi (4, 1 6- 1 8) Caino, cio il
"cattivo", a fondare una citt, Enoc; se la divinit "ver' ha dunque
ancora sede nei boschi, nei mari, tra i monti, in fondo ai deserti,
ben presto sar la citt a rivendicare la sacralit, anzi la santit. La
citt sar il luogo dove si giocano le sorti del Bene e del Male: basta,
perch trionfi il primo, che il dio celeste scacci dal trono il dio abu
sivo, il sovrano servo di Satana. Le dinastie non intendono pi
scomparire, travolte dall'ineluttabilit dei cicli. Anzi, si nega o rele
ga nei santuari la ciclicit. Il potere abolisce la fatalit: promette,
persino, la vittoria sulla morte.

Pi di ogni altra religione anticoclassica il cristianesimo stato, fin

DOMrNIO

d11lle origini,

und religione urbana solo secondariamente, e successiva


mente, difjsasi-impostasi nelle campagne.

Il cittadino ormai animato dalla certezza che il meglio "ha da


venire"; il futuro ha preso il posto del passato. Si tratta, ecco tutto,
di prevedere esattamente, e pertanto di dirigere e condizionare il
futuro: prevedere ci che la fatalit avrebbe in serbo; dirigere e con
dizionare il destino per gabbarlo. La sorte dell'uomo nelle mani
dell'uomo o per lo meno dei suoi rappresentanti, di "coloro che
sanno": ancora sacerdoti e sovrani, ma ben presto soprattutto astro
logi, astronomi, agronom i , architetti, scienziati, medici , filosofi, e
poi anonime biblioteche, impersonali depositi di conoscenze. Se la
divinit vuole sopravvivere, dovr adeguarsi a questa visione profa
na, semplificarsi, unificarsi, astrattizzarsi, rendersi remota, concede
re il libero arbitrio all'uomo, starsene alla larga dal mondo, accon
tentarsi di averlo creato.
I.: esclusione del diverso. Il potere non sfugge, come nulla di ci
che umano, alla contaminazione del mitico. Recita la sua favola,
che esteriormente consiste nel rivendicare la propria legittimit:
ogni potere che voglia sostituirsi a un altro, ne contesta la legittimi
t. Ma che cosa significa legittimit? Significa che il potere conte
stato ha perduto la capacit di migliorare le sorti umane, che lo
scopo che esso, dichiaratamente, sempre si prefigge; che, in altre
parole, quel potere non ha pi dalla sua il futuro. Ma questo vuoi
dire che esso non possiede pi le chiavi dell'inesistente (il futuro
non c' ancora, si crea a ogni istante) ; e, come si visto, nell'ottica
del potere il futuro ha preso il posto dell'Et dell'oro. Insomma, il
potere non ha pi dalla sua le valenze mitiche che continuano a
essere fondative, ancorch stravolte e negate. Il nuovo potere la
Promessa, il Grande Ritorno (agli Ideali) . Chiunque intenda sosti
tuire un potere con un altro potere, contesta la legittimit del
primo, ma la contestazione della legittimit in quanto tale, come
concetto, esclude il rifiuto del potere.

94

POTERE

l l l O '-:l'

Perch questo sia possibile (perch, voglio dire, in noi sorga e


metta radici la negazione del potere), necessario seguire una sorta
di via iniziatica: procedere, razionalmente, al controllo delle carte
del potere, leggerle criticamente. Lideologia costruita a tavolino:
una fredda razionalizzazione, un abile artificio. E la ragione, l'in
telligenza, hanno il compito di smontare tale castello di carte. La
critica - la teoria critica>> - pu servire esclusivamente a questo; e
pu servire, a patto di farsi ancella dell'aldil cui pretende invece di
sovrapporsi e imporsi. Nella lotta contro il potere non soccorre
l'ebbrezza n la follia; non la festa, la nemica del potere. Bisogna
sapere che cos' il potere. Il potere un gioco, ma per smascherare
il baro occorre un altro gioco condotto con non minore perfidia e
con lo stesso autocontrollo. Lantipotere deve essere altrettanto spie
tato e lucido del potere. Ma non deve semplicemente contestarne la
legittimit. Deve dichiarare inaccettabile il potere.
Bisogna, a tale scopo, operare con maniacale minuzia da topo
grafi; trasformarsi in esploratori che raccolgono indizi con chiarez
za e ordine; togliere, con indefessa pazienza, le bende che coprono
e mascherano la veneranda mummia; soffiar via la polvere, la cipria
onde si imbellettata per nascondere la propria sostanza mitica.
Ch negare il potere significa riaffermare il mito, o meglio la sua
assenza. Significa richiamarsi a quell'Altrove la cui impossibilit ,
a parole oltre che con l'accumulo di oggetti e la nuda forza, negata
dal potere. Il quale afferma invece di averlo attuato, qui, ora. La
macchinazione contro il potere richiede la sua approfondita cono
scenza. Il potere una fabbrica da smontare, un complesso sipario
al di l del quale sta un fantasma. Pazienza da meccanici, dunque,
che bisogna imparare, infliggersi, senza mai perdere di vista che si
tratta solo di un espediente, poich la verit (intesa come opposto
della realt) sta, appunto, altrove - cio in nessun luogo.
Dagli anni Sessanta del secolo scorso, si sentito pii1 vol tl' ripr

DOMINIO

tere che la follia sarebbe, di per s, l'avversaria del potere. Purtrop


po, non cos. La follia appartiene a quegli ambiti di diversit che
il potere stesso ha istituito, e in cui ha confinato, oltre alla follia, la
prostituzione e l 'osceno, la perversione e le esperienze "marginali"
(droga, delirio, rifiuto puro e semplice del mondo consociato), e
quanti semplicemente riluttano all'integrazione.
Lo stesso accade con la follia, aspirazione all'estasi bloccata,
indirizzata, alienata dalla societ mediante i suoi istituti; manicomi,
intesi come "asili" singoli o estesi a interi territori oggi, ieri - in
epoca preilluministica - chiese, frati , repressori di vario genere,
esorcismi. Il folle che, al pari dell'ebbro, vuole recuperare il presen
te, uscire dal tempo, da Kronos che si precipita davanti a se stesso,
cos inserito in canali prescrittivi: la follia, o "malattia", e come
tale viene "curata'', o un'" inferiorit" frutto di scarso interesse per
la razionalit oppure di incapacit ad accedervi.
I mezzi per accedere all'immaginario hanno subito la stessa
sorte. La festa divenuta monopolio del potere, che ne ha escluso i
sudditi, ammettendoli a suo beneplacito, di tanto in tanto, alla festa
organizzata e controllata, celebrazione, sempre, del potere (festa del
sole, genetliaco di Sua Maest, carnevale seguito da quaresima
memento . . . ) . Ma, in tal modo, ha chiuso anche se stesso alla parte
cipazione, alla con-fusione. Festa alienata per tutti, insomma. Cos
come alienato , in partenza, il mezzo per procurarsi l'ebbrezza: la
droga, l'alcol, si comprano, hanno un prezzo, sono controllati da
organizzazioni economiche, condizionati dal potere e dalla sua
alleata, la pubblica opinione (ammessi ma deprecati, proibiti ma
concessi, tollerati ma oggetto di indignazione, pubblicizzati ma
indicati come fonte di guai - riducono, per lo meno, l'uomo "in
cenere") ; le sensazioni che procurano sono prescritte dalla letteratu
ra scientifica e d'intrattenimento, e insieme ostacolate, limitate,
incanalate negli ambiti ristretti, circondati dall'occhiuta vigilanza

96

fatta di riprovazione e punlZlone, in cui possono aver luogo.


[ebbrezza cos condannata al sospetto, alla solitudine; ha caratte
re catacombale, mutilo, negativo.
Il potere ha istituito il porneion, l'ambito della prostituta/o e della
loro letteratura, della loro subcultura oscena. [erotismo rivelazio
ne; e il potere non poteva non soffocarla. A tale scopo, ha specializ
zato l'ambito, istituendo dapprima la prostituzione sacra (sacerdo
tesse di Ishtar, eccetera), poi desacralizzando il ghetto cos posto in
essere. Se la prostituta sacra vendeva non se stessa, ma la sacralit che
impersonava (gi tuttavia divenuta anch'essa un bene, una merce) , la
prostituta profana vende se stessa come mera funzione erotica. Si
inserisce nella sfera della mercificazione - ma pu farlo perch la
sfera esiste, ed esiste dacch ha luogo il commercio (non il baratto).
: La societ borghese moderna non ha fatto che realizzare un'antica
aspirazione della borghesia, comunque la "classe medi' di ogni
tempo e luogo: fare di tutto il mondo un unico mercato.
I poteri sciamanici sono latenti in tutti: vengono a galla nei
momenti di crisi o tensione (cos ad esempio, il cacciatore tunguro
che entra nell'areale della tigre siberiana le "parl' , le espone le sue
pacifiche intenzioni, e la tigre "capisce": il linguaggio degli anima, li, accessibile allo sciamano, lo diviene anche, nel momento del
,
pericolo, al partecipe della cultura sciamanica) ; ma il potere fa
oggetto di disprezzo gli "estatici", nei confronti dei quali pure, per
[ secoli, ha continuato a provare timore reverenziale - finch, con il
suo trionfo all'epoca dell'illuminismo, si sentito in grado di non
, prenderli pi sul serio, di decretarli malati da isolare. Lo stesso
'
j accaduto con l'ambito delle perversioni. Il quale stato prima isti1 tuito, e poi deprecato. Il "pervertito" costretto alla sua perversio
' ne, come il matto alla sua follia.

I neoagricoltori, gli stanziali del Neolitico, tracciarono

co n c rl'-

97

DOMINIO

tezze, solchi, confini, limiti dei campi; eressero dimore stabili;


imposero alla terra di fornire cibo e metalli. ben nota la favola
raccontata nel Genesi, primo e fondativo libro della Bibbia, della
faida fra Caino, agricoltore e dunque stanziale, e Abele, pastore e
quindi nomade. Caino, racconta la Bibbia, uccise il fratello Abele.
Il leggendario riflette la lotta, che ancora oggi perdura, tra stanzia
lit, trionfatrice ma in qualche modo considerata pur sempre pec
caminosa - l'aratro squarcia il ventre della Madre -, e itineranza o
nomadismo. una lotta che continua tutt'oggi: la societ organiz
zata non ammette che i Pigmei vivano tranquillamente nella fore
sta dell'lturi, che i Koisan (boscimani) continuino a cacciare nel
deserto del Kalahari e si abbeverino ai punti d'acqua: la stanzialit
non tollera l'idea stessa dell'itineranza e mal sopporta il nomadi
smo. Nelle nostre citt, assai difficilmente sono tollerati gli zingari
che possono essere considerati in un certo senso itineranti.
I.:oralit cedette il posto alla scrittura. La legge, che si sostitu al
mito-tab, doveva avere la stessa concretezza dei solchi in cui si get
tava il seme. La legge fu scritta, divenne fester Schrift, con l'andar del
tempo si tradusse nei codici di Hamurabi, nelle sequenze di gerogli
fici tracciati ovunque in Egitto, soprattutto nelle tombe in modo da
collegare immediatamente sopravvivenza dell'anima e legalit;
divenne, col tempo, le leggi iscritte dall'imperatore indiano Ashoka
- vissuto nel I secolo a.C. - sulle colonne drizzate in tutto l'impero.
La scrittura tutt'uno con il potere. Ma il potere stesso non

sfugge all'impalpabilit della Parola, al suo non avere un'origine


acchiappabile, imprigionabile. Il potere oscilla esso stesso nel vuoto.
E il potere, che di natura mitologica, si regge sull'escamotage, sul
tentativo di nascondere il fatto di contenere un nucleo di residuo
indecomponibile, non sintattizzabile, non giustificabile, non razio
nalizzabile; il potere vuole negare di essere monopolizzazione del
mito-tab, due facce di una stessa medaglia; e per rendere invisibi
98

POTERE H !' l

le questo nucleo, inventa gli strumenti della convinzione e del casti


go per i curiosi che vogliono cacciare il naso nel suo segreto.
La scrittura in altre parole indispensabile al potere. Parlo anzi
di Scritt, di citt e scrittura come un tutt'uno, rispettivamente
sede ed espressione del potere. La citt non potrebbe esistere senza
la scrittura; n la scrittura potrebbe aver luogo se non dove sussista
la stanzialit, dove sussista l'ordinamento dello spazio e del tempo,
dove anzi spazio e tempo siano stati inventati. Basta, per convincer
sene, un'occhiata alle figurazioni paleolitiche e un confronto con le
figurazioni neolitiche.
La scrittura avvolge ormai il mondo. La scrittura una sequenza ordinata, sistematica di segni. Ma segni sono anche i meridiani e
1 i paralleli che percorrono i globi terracquei e li chiudono in una
. rete. La scrittura codici, strutture scolastiche, istituzioni scientifi
\ che, chiese, libri sacri, condanne e redenzioni; ma nessuna delle
i mille e mille scritture esistenti riesce a chiudere il mondo in una
1 definizione. La scrittura si rivela cos una delle tante versioni della
Parola, e di questa segue la sorte, quella di non potersi riflettere in
se stessa, di non potere essere Parola che si impossessa della Parola:
l'incapacit di essere definitiva, di rivelarsi estrema, insuperabile
limite, confine, verit incontrovertibile. La stessa matematica, che
fatta di segni, muove da principi indiscutibili solo perch indiscus
si. Il numero, arithmos in greco, non corrisponde a concretezze,
non designazione, ma la determinazione delle concretezze assio
matiche. Il numero corrisponde alle sequenze temporali e spaziali,
segna, determina e istituisce. tempo e spazio, ma non n pu
ssere un'entit preesistente a tempo e spazio. Il tentativo compiu
'
to dai pensatori tardodassici come Plotino, di far derivare tutto
all'Uno, corrisponde esattamente al progetto di pervenire a un'ori
ine fissa, incontrovertibile, all'assoluto.

99

DOMINIO

Giorno per giorno l'uomo, abbandonato al caso e al rischio, pre


cariamente vivo in quanto s'afferma di continuo di contro al
mondo del non-essere, alla natura, alla morte, ossessionato da
un'originaria continuit (presunta, s, presunta) , da un'identit col
tutto o per lo meno con un ermafroditismo che valga ad ancorarlo
al mondo dell'essere, cui l'uomo spera di addivenire definitivamen
te o per brevi istanti di ebbrezza, assoluta indifferenza, assenza di
desideri e di respiro, estasi, abbandono alle maree. In quest'aspira
zione risiede il segreto dell'erotismo, immenso regno da sempre
avvolto nell'oscurit e per questo vigilato da occhiuti divieti. Ma
nemmeno allora sfuggiamo alla Parola. Il vuoto mentale? La cessa
zione del pensiero? Ma sotto l'albero pipa! anche il Buddha dorme
e sogna, e il suo sogno popolato di parole-dette, di parole-colori,
di parole-suoni, di parole-odori. Il suicida? Fino all'ultimo parla
con la corda che lo strangoler, col veleno che lo fulminer, con la
pallottola che lo spegner. Parla con la Carne che racchiusa nella
sua carne, inattingibile, e come il samurai che compie il seppuku
aspira per un istante a vederla, a toccarla tramite spada affilata,
finalmente, definitivamente trascendendosi, proiettandosi al di l
della Parola: n mai ci riuscir. Sottrarsi al tempo: "sottrarsi" , "al",
"tempo", sono parole.

100

RELIGIONE
POTERE
GUERRA

Impossibile distinguere il momento religioso da quello del pote


re, ed entrambi dalla sessualit (ma, come si dice altrove, lo stesso
accade con la guerra) . Ogni Nuovo Dio, ogni Natale, dovr dun
que apparire in carne e ossa: sar il Phanes, l'Apparso. E il potere si
affermer, sul proscenio della storia - inaugurata dal potere stesso,
a sua volta ipostasi del Neolitico - quale concentrazione della poli. tica-sessualit in una parte sola del corpo: il capo, che nel simbolo
semplificato (menhir, betilo) il pene, sta a rappresentare il tutto.
Le apocalissi svelano il potere del dio e del sovrano: li mostrano
nudi, liberi dai veli che li celano abitualmente (le cose sacre vanno
ammantate, e la copertura ci che di esse - che sono il Nulla l
' appare al fedele-suddito). Ma lo svelamento rivela la terribilit del
:
re immagine del dio (o del dio immagine del re) , e comporta dun
que distruzione e morte. Il Cristo muore sulla croce (svela cio la
propria carnalit) e il velo del tempio si squarcia: il sole si ecliss e

si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio ( Vangelo di
Luca 23,44) .
D'altronde, il bambino viene sempre da luoghi sconosciuti,
caverne, zone sotterranee, sorgenti, foreste . . . La madre si limita a
. riceverlo e portarlo, ma il figlio reca in s il segreto cosmo-biologi
, co inattingibile alla conoscenza: "carne" ed "cordone" (e quello

101

DOMINIO

ombelicale ha dunque enorme importanza nelle produzioni simbo


Liche). Il grembo materno porta, transito; La nascita intesa come
rito di passaggio non meno Liminare della morte. La madre - L'ute
ro - quindi non fa che completare o reiterare L'opera della Madre
Terra, Utero e Tomba (alla quale la tomba sta come L'altro
all'Alterit). La greppia , per cos dire, la terra appena sollevata dal
suolo: ne contiene L'immediato prodotto, il figlio (paglia, fieno,
erba) , e nascere dalla mangiatoia equivale al parto per terra (humi
positio) , rituale reperibile in vastissimi ambiti d'ogni continente.
Lepifania ha luogo soltanto se si accetta di porsi di fronte al
mondo in modo dolce e violento, se si accetta di poter cessare,
immergendosi in una parte del mondo, e attraverso di essa - il fra
tello che mi divora - nell'anima di tutto il mondo: il risveglio del
Buddha, lo sguardo che si spinge al di l del velo illusorio e ango
scioso dell'esistenza apparente, possibile a patto che si cessi dalla
posizione "dirimpetto", per trapassare alla posizione "interiore"
(non alla conoscenza o all'approfondimento - puramente conosci
tivo - del soggetto, inteso in senso moderno come sostanza o anche
soltanto quale specchio) . I.:immersione di cui parlo (e mi servo di
mere indicazioni, di semplici accenni, mancando di un linguaggio
che non sia, esso stesso, il frutto dell'arbitraria scissione di res exten
sa e res cogitans), equivale a quella tentata dal mistico e attuata da
parte del poeta che abbia raggiunto !'"abbandono" e cali fino alle
soglie: consiste nel farsi l'interno dell'oggetto contemplato.
vano lo sforzo di appropriarsi dell'abbandono [Gelassenheit],

dal momento che non in nostro potere risvegliare in noi stessi l'abban
dono. Non lo si produce: lo si lascia essere.
Martin Heidegger, Gelassenheit, Monaco, 1 937.
Il carattere di luogo di transito dell'utero rivelato dalla nascita
verginale. La divinit ha deposto il proprio seme in una matrice; e,
poich la terra assimilata alla madre, ecco che la matrice inesau-

102

ribile, e dunque sempre vergine, incorruttibile, eterna. Si potrebbe


continuare nell'elenco dei caratteri miti ci dell'Apparso-Cristo.
Notare, ad esempio, che la sua "sorte" puntualmente ricalca quella
di innumerevoli rampolli di di (di innumerevoli uomini nati, vis
suti e morti: i rampolli degli di ne sono la sintesi e la proiezione).
Il Phanes-Cristo rivela la morfologia dell'elezione: illuminazio
ne e visione interiore, mutamento dello stato sensoriale, poteri
extramentali, capacit di estasi, potenza miracolosa, e soprattutto il
carattere di termine: gli di del Grande Tempo, dell'Et anteceden
te la morte (antecedente la coscienza della morte: il tempo del
l'estasi perenne, paradiso passato o a venire), hanno abbandonato
la terra. Essi, che in ilio tempore vivevano assieme agli uomini,
quando sogno e veglia, vita e morte non si distinguevano, sono
ormai saliti in alto (o discesi in basso) : ormai gli di sono gli di,
l'uomo l'uomo, come dicono i Fant dell'Africa equatoriale: il
tempo cronologico, in cui la festa solo un'immagine dell'eterno e
il lavoro scandisce la sofferenza, l'allontana e ne un'immagine - il
tempo che la coscienza della nascita e della morte, ha avuto il
sopravvento.
Nulla pu salvarcene: solo, di tanto in tanto, la catastrofe ce ne
redime (ci ricorda l'Altro Tempo, illud tempus; ci distoglie dalle
concretezze, dall'immediato) . Le due forme trascendentali di Kant,
spazio e tempo, non sono universali, bens storiche, culturali. Kant
ha gi commesso l'errore di Freud: ha dilatato al mondo intero la
, storia dell'Occidente, dimenticando l'antistoria che anche
1 nell'Occidente nascosta nelle viscere della terra, che emerge nella
cosiddetta follia, nell'inaccettabile abnorme. Tentare di capire
(descrivere, controllare) nascita e morte, vuoi dire inventare passa
to, presente, futuro: sforzarsi di comprenderle per Einsicht, per
improvvisa rivelazione, significa abbandonarsi al perenne presente.
Non si pu non tentare anche di capirle; non si pu non tentare di

1 03

DOMINIO

spiegarsi il mondo. Ne consegue la necessit perenne di ripetere rivivere - la cosmogonia: di rinascere.


Ilpotente, monarca, presidente o sommo sacerdote che sia, imperso
na l'eccesso, lo spreco e il godimento della comunit. Ma in potenza
il capro espiatorio, redentore di tutti i mali ma colpevole di tutte le
calamit. Sar dunque esaltato sul patibolo.

Il dio sintesi e proiezione, a intervalli (corrispondenti alle gran


di catastrofi, alle grandi perdite di senso, ai grandi tramonti dei
valori, ai crolli dei regni, alle trasformazioni sociali . . . ) appare,
muore, rinasce. A perseguitarlo e ucciderlo sono le "forze del male",
quelle cio che, nei periodi di oblio, si impossessano del cielo, della
terra e del sottosuolo. Potenze o di "inferiori", che gli uomini fre
quentano quando solo la routine, il rituale, ricorda loro il sacro, ma
nulla di specifico accade, nessun prodigio li richiama alla profondi
t. Sono periodi di stasi: gli stati sono immobili, i sovrani quotidia
namente benevoli o crudeli, la caccia abbondante o scarsa, la terra
ferace o povera, ma tutto "dura"; le "forze del male" sono quelle del
l' abitudine.

L'antichit aveva fotto di Priapo un dio. Il Medioevo, non potendo


ancora cancellarlo relegando/o nel mondo ctonico, cominci a farne un
santo che, in Provenza, si adorava sotto il nome di Saint-Foutin. A
Varailles, le immagini di cera degli organi dei due sessi, dedicate al
santo, erano appese al soffitto della cappella e si muovevano scontran
dosi a ogni alito di vento.
Richiamare a un senso diverso, alla "vera'' Alterit, - nelle
societ, le comunit gerarchizzate - il compito dei profeti. Le
potenze che davvero la costituiscono, e che come se avessero dele
gato il dominio a rappresentanti, a governatori i quali se ne sono
approfittati, d'un tratto lo reclamano. D'un tratto si verifica
un'Epifania. Ritorna, dove si sia formata una "religione", l'Essere
Supremo, il Padre Universale, lo Dzingbe degli Ewe, il Ndyambi

104

RELIGIONE POTUU

THH./\

degli Erero, lo Jahv degli Ebrei. La siccit, la pestilenza, la carestia,


le situazioni limite, insomma, inducono a invocarlo. Ci si ricorda di
lui. E pu darsi che l'Essere Supremo realizzi il prodigio, che si
incarni e ristabilisca il proprio dominio. (Nelle societ non comple
tamente gerarchizzate, lo sciamano che, nei momenti di crisi,
interpreta i bisogni collettivi e cade in estasi, ha una visione clamo
rosa, particolarmente rivelatrice.)
Alla base del rapporto tra il cristiano e il Cristo sta la Comu
nione dell'Ultima Cena: nei Vangeli, il Cristo pronuncia frasi ine
quivocabili: Avendo preso del pane, rese grazie e lo ruppe e lo
diede loro dicendo: "Questo il mio corpo, il quale dato per
voi . . . " (Luca 22, 1 9) ; Prendete, mangiate, questo il mio corpo .. .
Bevetene tutti, perch questo i l mio sangue . . . (Matteo 26,2628) . Cinvito rivela una volont di olocausto che trova precisi paral
leli nello stato di estasi, immerse nel quale le vittime di molti riti
cannibalici andavano incontro alla morte. Il cannibalismo ha
avuto, e in certe circostanze (ad esempio, come segno di estremo
odio o amore) ha tuttora diffusione praticamente universale. Del
pari universali erano altre pratiche che alla nostra coscienza odier
na possono apparire orripilanti: il sacrificio umano, la tortura dei
prigionieri, la caccia alle teste, la guerra praticata come "gioco"
oppure al solo scopo di procurarsi uomini, donne o bambini da
sacrificare, come erano soliti fare i Maya del "periodo classico" . La
coscienza orripilata dimentica tuttavia che l'orrore, nella nostra
, cultura, monopolio del potere, il quale ne preserva i sudditi in
' pari tempo tuttavia privandoli delle sue delizie, alienandoli alla
violenza. Il potere si appropriato della violenza, che scatena a suo
piacimento e godimento.
Lensarcosi, l'avvento del Cristo in carne umana, non poteva
' non venire accolta alla lettera dai pittori del Rinascimento, periodo
di riaffermazione della carnalit dopo la lunga parentesi medievale.

1 05

DOMINIO

Il Cristo venne rappresentato come dotato di attributi virili, per

esempio in croce ma in stato di erezione (simbolo di rinascita)


anche se a volte celata da un panneggio sventolante; o, ancora
infante, "stuzzicato" da Maria, Giuseppe e una o pi sante, appun
to allo scopo di provocare l'erezione, evento notoriamente presente
nei bambini, e constatare cos la totale umanazione.
Nessuno pu vedere il regno di Dio se non nasce di nuovo
(Giovanni 2,3-4 e 3,3) .
E siccome dio il sovrano, e il sovrano dio, deve rinascere da
se stesso, figlio di madre che figlia di lui stesso che Dio (Vergine
Madre, figlia di tuo figlio, Paradiso, XXXI II, 1), e l'erede al trono
sar legittimo figlio del sovrano, non di rado (Egitto faraonico e
moltissime societ tribali) frutto del suo congiungimento con la pro
pria madre o sorella, il sovrano essendo "immune" dal tab.
Se il dio-potere carne, il sanctum sanctorum in cui si compie il
connubio tra il sovrano terreno e il sovrano celeste non pu che
essere una camera nuziale. Il faraone Amenofis IV, marito di
Nefertiti, il quale assunse il nome di Ekhnaton e tent di introdur
re in Egitto il culto di un unico dio, Aton, il Sole occidentale
(Amon, padre degli uomini, era il Sole orientale) , venne raffigura
to gravido, quale maschio femminilizzato la cui luce era "per tutte
le etnie": gravidanza frutto del suo congiungimento con il dio
monocrate nella cella sacramentale e segretissima (che nulla contie
ne di concreto: l'unione col dio mistica, simbolica) .
{;esperienza cannibalica ha un valore immedesimante: attraver
so l'olocausto della mia vita alla vita altrui, nella consapevolezza che
la vita altrui pu esser data in olocausto alla mia, mi con-fondo con
la vita totale che tutti fa essere. Di pi: ascendo o discendo al di l
della vita, mi tuffo nell'oceano della proliferazione incontrollata, da
cui gli artifici della coscienza illusoriamente e provvisoriamente mi
isolano.

1 06

RELIGIONE

LRL L Cl RJC\

per questo che il cannibalismo ammesso, dalla coscienza


antropologica, solo nelle societ "primitive" e che uno dei primi
decreti dei poteri costituiti nell'ambito delle societ gerarchiche
consiste nell'abolizione del cannibalismo: cessa cos la reciprocit
assoluta, totale, incondizionata, ha fine la vicendevole disponibilit
del proprio corpo, del proprio essere-cibo, e interviene la dicotomia
del divoratore che non divorato e del divorato che non autoriz
zato a farsi divoratore. Aggiungiamo un'altra considerazione: coe
rente con quella tra reciprocit e gerarchia, la differenza tra guer
riero e soldato. Il soldato un "autorizzato". La chiave di volta della
mobilitazione militare il gioco, tessuto per millenni da regola
menti militari, del rapporto tra masochista e sadico. La Patria, cio
i tanti Io che la compongono o si illudono di comporla, minac
ciata. Sono stato aggredito: posso farmi aggressore; sono stato vitti.
ma: posso iscrivermi (marginalmente, nei confronti del nemico
esterno, e a patto di dimenticare che il nemico pi implacabile
quello interno, il potere che mi sovrasta) al rango dei carnefici.

! Lacandon (Lacandones e Chol Cholos), da che gli Spagnoli


hanno impedito loro di divorare uomini, mangiano grandi scimmie cui
hanno dato il nome di "piccoli uomini del bosco ".
Richard Andre, Die Anthropophagie, Lipsia, 1 887.

Compiere l'atto del cannibale e del guerriero significa dunque


abolire lo spazio che separa me, divorato, ucciso, dall'altro vivente,
il divoratore, l'uccisore, che mi sta davanti come negazione del mio
io, rifiuto dei miei limiti, e quindi accettare di farmi quell'altro esse
re e tutti gli esseri, non pi immagine esteriore e corpo delimitato,
muscoli, ossa, nervi, sangue, quale io lo vedo con i sensi individua
'
li destinati a spegnersi e sparire, ma nell'intimo della sua stessa ten
sione vitale, del brulichio che lo possiede, dell'esuberanza che ne
trascende la persona, vale a dire come "anim'. per questo che, io
guerriero, non odio n amo il mio avversario: il duello, lo scontro

1 07

DOMINIO

dei guerrieri, una danza seria, cupa, controllata e frenetica, e chi


affonda l'arma nella carne altrui, con l'arma entra in lui, si trasfor
ma in lui , e ha pertanto diritto alle sue spoglie, legittimato a divo
rarne i resti: non come atto d'odio ma di impossessamento. Lodio
semmai a monte dello scontro fisico, nel corso del quale l'altro,
individuo, si annulla, e anch'io, individuo, mi annullo. Lo scontro
la dedizione alla violenza.
lprincipi mongoli avevano chiesto che il nominato Fuchu Li, col
pevole di assassinio nella persona delprincipe Ashan \Vttn, fosse brucia
to vivo, ma l'imperatore trov questo supplizio troppo crudele e condan
n Fuchu Li aLla morte lenta mediante il lengch, cio il taglio in cento
pezzi, in segno di rispetto. Dal giornale Cheng-Pao, 25 marzo 1 905.

Il condannato aveva ricevuto un'abbondante dose d'oppio che lo


rendeva estatico e largamente insensibile.
Il cannibalismo si configura - al pari del duello o del lutto, della
caccia o del sacrificio - quale sacra rappresentazione: il sacrificante
vive il dramma della vittima nel momento in cui le toglie l'alterit e
la consegna all'Alterit. Cade cos l'illusione del singolo di essere sol
tanto quel corpo isolato, escluso dall'incommensurabilit, dal <<que
sto quello-questo nient'altro che quello)) (Brhad-Aranyaka

Upanishad).
Il sacrificato si fa schiavo, cosa in balia della sterminata vita del
mondo. La Volutt va cercata in questa possibilit: e la volutt ero
tica ne solo una rappresentazione. Lumiliazione dell'essere, stra
ziato in cibo, lo universalizza. La negazione violenta, attraverso la
morte, del singolo come il mortale e il finito delle apparenze feno
meniche e frammentarie, la comunione. L atto cannibalico dun
que efferato. Visto dal di fuori, offende: giustifica l'intervento di
repressori, sovrani, funzionari coloniali, preti, conquistadores, legife
ratori. I quali sono costretti anche a reprimere l'altro aspetto sem
pre concomitante il rito cannibalico: l'orgia erotica.
1 08

RELIGIONE PO'l LRL C t LRRi\

Sotto il nome di "divino", di "sacro" (in chiave postneolitica) ,


l'uomo intravede una sorta di animazione interna e segreta, un bru
lichio, una frenesia, negatrici del mondo costituito da oggetti ben
delimitati. Quel che gli appare alcunch di contagioso, capace di
trasmettersi come un miasma letale; attingere a questa zona peri
colosissimo: ci che fermenta nell'aldil assume l'aspetto del favo
loso drago pronto a trascinare l'imprudente, per sbranarvelo, nella
sua caverna. La religione si sforza di glorificare l'oggetto sacro, di
fare del principio della rovina l'essenza del potere, la base di tutti i
valori, ma il risultato che cos si ottiene principalmente quello di
ridurre il sacro e i suoi effetti a una zona ben definita - quella fau
sta - e di instaurare un limite invalicabile tra il sacro e il mondo
organizzato dal lavoro, il mondo profano. Laspetto violento e dele
terio del divino manifestato dal rito del sacrificio, che spesso
crudelissimo, appunto per marcare con totale evidenza il senso della
cerimonia, la rivelazione dell'aldil.
Quando il calore ebbe largamente
Bruciato e arrostito un lato
Interpellando un giudice dal patibolo
Il martire disse con voce tranquilla e concisa:
Volta adesso il mio corpo sull'altro lato;
Questo gi abbastanza bruciato
E dev'essere risparmiato.
Clemente Aurelio Prudenzio, Cathemerinon,
<nno in onore di San Lorenzo, 1 400 circa.
Il divino tutelare solo una volta soddisfatta la sua fame di con
sunzione e rovina; il sacro ha una duplice polarit, di cui tuttavia
quella negativa rappresenta il principio primo. Il sacro il mondo
della morte, del disordine; ad esso ci si accosta nell'orgia, nella p le
tora sessuale che fusione con l'altro-da-s, momentanea rinuncia
all'individualit; ad esso si attinge nell'ebbrezza e nell'estasi, ad esso

1 09

DOMINIO

ci si consegna nel corso del combattimento, che svela nell' aldiqua


La violazione costitutiva dell'aldil. Al suddito, per, l'azione della
polarit negativa, infausta, del sacro veniva, e viene tuttora, in gran
parte risparmiata: ad assorbirla, erano e sono sovrani e sacerdoti,
rispettivamente lo spettacolo, la neghittosit, la possibilit di astrar
si dalla fatica, l'estraniazione al mondo del lavoro; e il compito di
assumersi il carico, e le conseguenze nei riguardi degli altri raggrup
pamenti umani, di istituire il colloquio con gli di, di riservarsi la
visione dei terrificanti misteri dell'aldil. Di questi al suddito-fede
le si annuncia la presenza invitandolo a "star contento al quia", e a
farlo erano i sacerdoti, i sovrani, i guerrieri della trib, e tuttora
sono grandi personaggi, illustri prelati, filosofi accreditati.
Attraverso la sua obbedienza a sovrani e sacerdoti, mediante la par
tecipazione a scorrerie, massacri e simili rituali cruenti (caccia alle
teste, atti di cannibalismo, ecc) , placando gli di col sacrificio, il
suddito pagava, e metaforicamente ancora paga, il suo scotto alla
divinit. Per tutto il resto, questa - egli sperava e spera - l'avrebbe
risparmiato, non avrebbe avanzato altre pretese nei suoi confronti.

In verit, ce un regno nel quale non esiste n solido n fluido, n


calore n moto, n questo n alcun altro mondo, n sole n luna.. . Se
non ci fosse questo Non-nato, Nonoriginato, Noncreato, Nonformato,
sarebbe impossibile evadere dal mondo del nato, dell'originato, del
creato, del formato. Detto attribuito al Buddha, secondo il
Divyadavana tibetano.
n cadavere il simbolo della morte, dalla quale siamo costretti

a trovare scampo: almeno il nostro corpo, indefinibile ma presente


e greve, vuole a ogni costo vivere. La morte spesso intesa come un
contagio che parta dal cadavere in decomposizione; o, per lo meno,
la decomposizione sembra racchiudere il segreto della morte, i suoi
liquami paiono promettere che forse, ad affrontare in qualche
modo il disgusto, qualcosa possa rivelarsi. probabile che a questa
1 10

RELIGIONE PO'i l lU. Cl iFH JU\

prospettiva o speranza vada ricollegato, pi che a ogni altra ipotesi,


una delle ragioni del cannibalismo (endocannibalismo, cio divora
mento del proprio defunto, ed esocannibalismo, divoramento del
nemico) e di pratiche come quella dei Waramunga, consistente nel
precipitarsi sul morente e mutilarlo in maniera atroce: le pompe
della morte, secondo il celebre aforisma di Francis Bacon, travalica
no il fenomeno della morte; in effetti, si tratta di una "recit' o
impersonazione delle emozioni scatenate dalla morte, e insieme di
un atto di ripudio della stessa, di uno "sfregio" alla morte, di una
sorta di vendetta e rappresaglia per il processo di distruzione della
vita, che si impadronito del morente invadendolo e diventando
, tutt'uno con lui. La morte insomma concepita come un principio
: attivo, una sorta di entit feroce, implacabile, all'agguato nel vivo o
fuori di lui.

Ci spiega sia idee come quelle del vampirismo (il morto-morte che
si nutre del vivo), sia la figurazione della morte reperibile in molte cul
ture (in Occidente di solito, da qualche secolo in qua, con attributi
, come la falce).
Oltre che "aggredire" il disgusto, cio l'alone, l'atmosfera, lo
stato d'animo che nel cadavere sottolinea la morte, si pu costrin
gersi ad affrontarlo impavidamente, con pratiche volte a familiariz
zarsi con esso e quindi, si suppone, con la morte, con l"'anch'io mi
ridurr dunque cos". I Kwakiutl dell'America nordoccidentale usa
vano deporre le salme su una piattaforma elevata e si esponevano al
colare dei liquami. Ma gli atteggiamenti verso la morte, pur rispon
dendo a un comune denominatore, sono variabilissimi.
Lassociazione degli Hamatsa, diffusa un tempo nelle stesse
regioni americane nordoccidentali, imponeva al novizio di mangia
re carne umana; dopo essere stato afferrato e trascinato dallo spiri
: to di Alla-Kotla in aria o sottoterra, il novizio si sentiva ordinare da
lui di mordere i presenti nella casa delle danze, pena altrimenti di
essere divorato egli stesso. Sempre presso i Kwakiutl, lo hamatsa

111

DOMINIO

veniva rapito dallo spmto e restava per tre o quattro mesi nei
boschi. Al suo ritorno nel villaggio, assaliva quanti incontrava,
strappando loro a morsi brani di carne dalle braccia e dal petto; a
volte portava con s dalla foresta la salma di un parente defunto,
che proclamava essere il cibo ricevuto da Baxbakulana Xiwae,
modello e paradigma del cannibale. Un tempo gli si sacrificavano
schiavi, che il posseduto divorava: sulla roccia, nel luogo dove que
sto avveniva, si scolpiva il volto di Baxbakulana. Il posseduto era
reduce dal regno dei morti, tant' che si eccitava e cadeva in esta
si sentendo nominare o vedendo cose inerenti alla morte. Per pro
vocare lo stato di possessione, bastava spesso che lo hamatsa pensas
se concetti come "spirito", "salma", "cranio", "testa tagliat', "ver
me", "porta aperta" e simili.

Il cannibalismo non stato monopolio della preistoria: ha conti


nuato - e continua - a essere praticato da popolazioni stanziati, alme
no di grossi villaggi. Sull'isola di Fiji, in Me/anesia, racconta il navi
gatore William Mariner (1805-1870), si mangiavano i nemici vinti,
lasciando in vita quelli che si fossero comportati da vigliacchi, in segno
di disprezzo. Ewald Volhard, Il cannibalismo, Torino, 1 949.
diversa la considerazione di cui sono fatti oggetto la parola
salma e le parole-cose inanimate: ci che noi chiamiamo "morte"
la consapevolezza che ne abbiamo, la cessazione, nel defunto, della
parola-fiume e della parola-comunicazione: il prorompere, dentro
di noi, attorno a noi, d'una violenza destinata ad annichilirle.
Assistiamo angosciati, affascinati, a un proliferare insensato e a un
insensato perire di parole-forme vitali, a una successione illimitata
di procreazioni singole, inutilmente spente da una degradazione
uniforme, una dissipazione dalla quale si generano nuove forme in
un pullulare incontenibile, sontuoso e spaventoso. Ci separiamo da
quest'eccesso di violenza, da quest'Alterit rispetto alla quale la vio
lenza umana una metafora, sofferenza imposta alla carne, senza
che coinvolga la Carne: ci iscriviamo al mondo profano in antitesi

1 12

RELIGIONE

C L L R IU\

al mondo sacro, ma pretendiamo, speriamo, ci illudiamo che un


barlume della violenza, del sacro, ci segua a mo' di bagaglio; irresi
stibilmente attratti dalla sua fosforescenza maligna, ci buttiamo cie
camente nel gorgo della violenza o elaboriamo vie sistematiche,
rotte in apparenza sicure.

La nostra esistenza oscilla cos di continuo tra sacro e profano,


fra l'attrazione per l'immondo, l'indicibile, il nauseante, il terribile,
il tremendum, e il mondo in cui si costruiscono oggetti che sono, in
primo luogo, scongiuri contro il soffio imprevedibile, ora gelido ora
infuocato, che alita da mille spiracoli, da boschi, acque, pozzi, citt,
vicoli, angoli bui, stanze, camini, finestre, fogne, lavandini, da noi
stessi e dagli animali, dalle macchine e dal cielo stellato, dai fiori e
dalle tempeste, dalle rupi e dalle acque.

impossibile, lo si detto e ripetuto, scindere religione da pote


re (oltre che, beninteso, da guerra) . Il che significa che impossibi
le astrarre la religione dal discorso, che nel caso specifico si articola
in racconto, cio cronaca e storia della nascita delle religioni (leg
genda del Buddha come iniziatore del buddismo, di Maometto
come artefice dell'islam, del Cristo incarnato come capostipite della
chiesa) e delle loro successive affermazioni.
Storia, dunque, e quindi letteralismo che nell'accezione religio
sa si configura quale complesso di dogmi.
Storia. Nei testi, viene per lo pi concepita come concreta suc
cessione temporale e irreversibile. All'invenzione di questo concet
to hanno largamente contribuito i profeti biblici, secondo i quali
l'irreversione era fermo principio dal momento che il dio unico e
onnipotente aveva messo in moto una volta per tutte la grande
macchina dell'universo-orologio (o clessidra) , obbligato a procede
re fino al giorno supremo in cui il Signore fondit secul in favilla, e
chi s' visto s' visto, e pagamento col contante dell'anima salvata o

1 13

DOMINIO

dannata. Anche il passato, non solo il futuro, da allora ci propo


sto come prospettico: macchine via via pi piccole e inefficienti a
mano a mano che ci si riaccosta, a ritroso, al punto che, contraddi
cendo la geometria euclidea, "c' stato", ha avuto una "dimensio
ne", una concreta consistenza in quanto si trattato di un momen
to preciso, inconfondibile, dell'evoluzione (un salto gi dall'albero
del frugivoro, la crescita dei canini del carnivoro bipede), e dunque
concretamente spazio-temporale, ancorch non ancora individua
to (storicizzato) : un punto fermo, non relativizzabile n relativizza
to, pena la perdita dell'essenziale promessa. E macchine fin quasi a
ridursi a non-macchine, germi e parvenze di macchine, ma pur
sempre macchine. Macchina persino il propulsore, persino l' amig
dala; e macchine per trasportare i menhir di Carnac e i massi della
Sacsahuaman, gli obelischi di Luxor e le statue dell'isola di Pasqua.
Macchine mobili e macchine statiche: carri, dunque, e montagne
minuziosamente intagliate per coltivarvi uno scarso mais, uno sten
to miglio, un riso precariamente irrigato. Macchine magiche e mac
chine templi, sontuose e avare, a vapore e a combustione interna,
volanti, mandrini e presse, computers, secondo una visione in que
sto caso antientropica, di eccezione (grazie all'organo macchina che
ci siede nel cranio e che ci porter al linguaggio universale) rispetto
all'entropia. Una visione rinascimentale, pertanto, tale per cui pi
la macchina vicina, nei primi piani, e pi grande dev'essere; pi
coeva, e pi utile risulta. una visione sorretta dallo scherno per le
imprecisioni degli arretrati, dei ritardatari, dei selvaggi, per le assur
dit degli antichi aggeggiatori ancora all'oscuro del calcolo differen
ziale e della teoria dei sistemi. La macchina dunque sarebbe sempre
esistita, se non altro come sogno, aspirazione, tesoro da conquista
re, Graal al quale attingere.
La comparsa del figlio del Cielo equivale alla restaurazione di un
dominio. Questo, lo ripetiamo, dove si abbia una religione rivelata,
cio con divinit "spiegate", definite, razionalizzate, dotate di speci-

1 14

RELIGIONE l'OThHf' C!Jl< !U-n

fiche qualit: "ritratti" del sacro, insomma. E dove, soprattutto, sia


avvenuta o sia in atto la divisione tra Bene e Male, la costituzione
di due schieramenti della sacralit, avversari tra loro. Di norma, gli
di "inferiori", gli usurpatori, appartengono alla schiera del Male,
ma il sovrano-sacerdote, finch saldo in sella, li proclama il Bene.
( per questo che i profeti a volte denunciano il potere come dia
bolico, e sovente i mistici il mondo - cio il quaggi, contrapposto
al lass - come opera diabolica che l'Avvento distrugger.)
Nelle fasi intermedie tra i Grandi Eventi, tra i ritorni del
Grande Tempo, il mito-tab tende a cristallizzarsi, a diventare ripe
titivo. in questi periodi che il potere ha modo di instaurarsi e raf
forzarsi, a patto, beninteso, che il gruppo sia abbastanza vasto da
giustificare ed esigere la specializzazione produttiva, cio la direzio
ne e programmazione del lavoro. Ma appunto per questo condi
zione del potere che il gruppo si dilati o che occupi altri spazi anco
ra, a giustificazione della sua esistenza, donde alcuni imperativi
come la conquista - la sottomissione dei "barbari" -, l'impulso
dato allo sviluppo demografico e la conseguente persecuzione delle
pratiche omoerotiche, come nel caso degli lncas, e sempre l' obbli
go della stanzialit; ne conseguono quindi l'introduzione del com
puto o del censimento per assicurarsi che il numero dei sudditi sia
costante e anzi cresca, l'istituzione di caste, categorie, classi dai con
fini invalicabili (caste indiane o stratificazioni occidentali per
censo), compartimenti stagni in ognuno dei quali deve verificarsi la
moltiplicazione.
lnvincibilit dell'apparso. Accade cos che il Grande Evento,

ogni qualvolta si verifica, metta in forse il potere costituito, ne rive


li il carattere di alleato delle "forze del Male", ragion per cui il pote
re costituito, per esempio Erode o la casta sacerdotale, potr accu
sare l'Apparso di volergli togliere il trono, di volersi fare "re dei giu
dei". Ne consegue dunque, per il potere costituito, la necessit di

1 15

DOMINIO

soffocare il Grande Evento, perseguitando l'Apparso. La vicenda, la

fabula che il potere incarna, esige perentoriamente la persecuzione,


equivalente gerarchico delle difficolt e necessit del gruppo fattosi
societ di tornare alle fonti, di "risorgere", espressa nei riti di pas
saggio e nelle prove dell'iniziazione.
La favola (non il mito! ) dunque prescnttlva al riguardo: il
figlio del Cielo subir persecuzioni, sar ricercato dai carnefici o
dalle guardie, verr tradito, catturato, messo a morte, ma risorger.
Ora, la "risurrezione" gi implicita nel suo essere perseguitato e
messo a morte: il fatto stesso che il potere costituito lo teme, ne
rivela e comprova, al di l di ogni dubbio, il carattere epifanico. La
favola ricalca puntualmente il mito, con una differenza sostanziale:
il mito sempre astante, sempre possibile, il mito si svolge in un
assoluto presente, un Grande Tempo che ha molta maggiore
importanza del tempo cronologico, minore. Nelle societ arcaiche,
la festa e l'iniziazione sono i culmini della vita consociata.

La religione una pianta sorta dalla radice del mito, per superan
dolo e negando/o, spesso condannandolo a ridursi a una dimensione
ctonica, esecranda.
per lo meno assai difficile stabilire un'attendibile correlazione tra
l'immaginata presenza di spiriti e divinit e le complessit di famiglie,
genealogie, attribuzione di jnzioni a divinit via via antropomorfiz
zate, raggruppate in siti specifici (olimpi, strutture templari), fatte
oggetto di rituali e, soprattutto, di sacrifici. Va comunque dato atto ai
teologi che sono dotati di notevole fantasia fiabesca.
Nelle societ, che sono gerarchiche, a contare il tempo crono
logico; il Grande Tempo si verifica, s, ma malgrado il potere costi
tuito che lo tiene prigioniero nei templi (i sancta sanctorum sono i
luoghi - la stanza segreta di Barbabl - da cui pu erompere o
infettare o glorificare chi vi mette piede. E chi lo fa, dev'essere ucci-

1 16

RELIGIONE PO'i

so; un pericolo per il potere: ha "visto", ha "toccato con mano" la


violenza - i cadaveri delle altre mogli di Barbabl) . Il Grande Tem
po sperato, minacciato, agognato, rimpianto dai sudditi, e il pote
re costituito fa di tutto per impedirne l'esplosivo avvento. Cerca, in
primo luogo, di avere dalla sua i profeti (la Chiesa ha fatto di tutto,
durante il Medioevo, per inserire e chiudere i mistici profetizzanti,
i proclamatori dell'umilt, gli annunciatori di nuove Paruse, i fusti
gatori delle "pompe del mondo", cio del potere, dentro i confini
degli "ordini", istituzionalizzandoli e ammutolendoli) .
Cos si spiega, a mio giudizio, la forza prorompente che ha
avuto, e ha tuttora in varie forme, l'idea-speranza rivoluzionaria
moderna. Qui non ci interessano n la validit scientifica del mar
xismo n il suo divenire storico; considero la prima affatto seconda
ria, e il tentativo di fondarla una razionalizzazione inevitabile: i l
marxismo, grazie a essa, reso plausibile i n un universo in cui appa
iono accettabili, in seguito ai secolari sforzi del potere costituito,
soltanto spiegazioni fondate sul trinomio formulazione dell'ipotesi
convalida-applicazione. Che nel caso del marxismo il risvolto scien
tifico sia secondario, e anzi inaccettabile, comprovato dal fatto che
l'idea-speranza marxista non certo scalzata dai fallimenti pratici
cui va inevitabilmente incontro a livello di applicazione.
Quanto fin qui detto, per far toccare con mano:
a) che non c' idea "razionale" la quale non sorga da una matri
ce "oscur', e cio mitica (o, se si preferisce, il mondo non pu esse
re percepito che sotto specie simbolica e transeunte, dunque ango
'
sciosa e trionfale insieme) .
b) che il mito-tab non pu essere in nessun caso tolto di
mezzo. Esso la condizione stessa del nostro esser-ci.
c) che le sue versioni variano con il variare degli ambiti cultura
li, ma sono essenzialmente due: il mito-tab dell'accettazione e il
mito-tab del progresso. Questo secondo descrive (e coincide con)

1 17

DOMINIO

le societ gerarchiche, e si presenta nella veste di favola, leggenda e


razionalizzazione-spiegazione.
Torno ora al figlio del Cielo, per far notare come in tutte le reli
gioni rivelate del mondo si assista alla nascita (rinascita) di di o
rampolli di di, alla loro persecuzione seguita sovente da morte e
smembramento (Osiride, Dioniso Zagreo), e al trionfo e alla resur
rezione (ma, come abbiamo visto, la sua epifania contiene l'uno e
l'altra: essa infatti la Rivoluzione che tutto trasforma). Lo schema
nascita-peripezia-trionfo-sparizione (morte, assunzione ad altro
stato) ha carattere ciclico (il Grande Tempo "torner" , basta atten
derlo, saperne cogliere i segni), centinaia sono i Saosyant profetiz
zati dal mazdeismo. N potrebbe essere altrimenti, l'evento non
verificandosi nel tempo seriale, numerato e lineare, il tempo della
successione storica, bens in un Altro Tempo, concepito secondo
un'affatto diversa interpretazione della temporalit.
Le vicende degli di si collocano, anzich nel concetto volgare
del tempo (Heidegger), nella nozione sacrale del tempo, di cui
resta traccia nei calendari, cio nell'idea di un tempo, non pura
mente quantitativo, bens qualitativo, composto di parti disconti
nue, eterogenee, incessantemente volgentesi su se stesso. La cicli
cit, del resto, si impone a ogni nostra attuale concezione del
mondo; sembra confermata dagli eventi naturali (che ovviamente
non esisterebbero senza la nostra constatazione e descrizione): ritor
no delle stagioni, volvere delle stelle, costanza delle correnti, delle
migrazioni animali, eccetera.
Marcel Mauss, Alcune forme primitive di classificazione, 1 90 3.

Si impone cos l'idea del ciclo cosmico, che si presta a varie elabora
zioni. Per esempio, nell1ndia postvedica vennero formulate due dottri
ne, quella dei cicli (yuga) e quella della trasmigrazione delle anime
(samsara).
118

RELIGIONE

Il tempo mitico l'intelligenza della transitoriet, del "passare",


il mito la metaforica aspirazione alla continuit che si "ricono

sce" impossibile, ma si "comprende" possibile. A questa "fuggitivi


t" del Grande Tempo, le religioni rivelate, e soprattutto il loro cul
mine e riassunto mediterraneo, il cristianesimo, contrappongono
l'evento storico della nascita dei redentori: il punto fermo, la certez
za, la concretezza istituzionale. Tutto si pu mettere in discussione
dell'edificio cristiano, ogni elemento, ogni rito, ogni dogma: non
per questo fondamento, toccando il quale si minaccia l'intera
struttura onto-teo-logica. (Allo stesso modo, a lungo stato fatto
obbligo di proclamare il carattere scientifico del marxismo: per chi
era armato di questo strumento, il futuro si spalancava prevedibile.)
Il Cristo "storico": le incongruenze dei Vangeli vanno attribuite a
imprecisione storiografica (assenza o scarsit di documenti, incapa
cit dei cronisti) ; il Cristo ha una sua carta d'identit: nato il gior
no tale dell'anno tal' altro, da genitori con nome, cognome e pedi
gree, in un luogo ben definito.
Non si creda per che sia un'eccezione. Qualsiasi societ gerar
chica "storicizz' l'Evento par excellence, quello che l'ha "fondat'.
Cosl, gli Incas spacciavano la favola che il loro padre, il Sole, un bel
giorno aveva posto in terra due suoi figli, fratello e sorella - marito
e moglie - perch redimessero il mondo dalla barbarie fondando un
regno. Mancando di un computo esatto degli anni, gli Incas erano
meno precisi dei giudeo-cristiani circa la data, ma la sequenza dei
loro re, a cominciare dal primo, il Figlio del Sole Manco Capac, era
inderogabile, rigida, indiscutibile; e per definizione, ogni Inca aveva
regnato "fino a tarda et" per circa trenta-quarant'anni.
Il Cristo topico e i suoi rappresentanti fanno giustizia delle favo
le e dei miti ( O tu che ammutolisci i poeti dei miti", si canta nel
bizantino Inno actisto alla Depara di Romano il Melode, 525
d.C.). La religione diviene storica, quindi non c' pi bisogno di
''

1 19

DOMINIO

"superstizioni" : tali vengono dichiarate tutte le manifestazioni della


"paganit primitiva, a cominciare dalle "religioni preistoriche":
"presenze", idoli, sacrifici, atti cannibalici, poroi. La si sostituisce,
nella fase intermedia (protostorica-megalitica), con la divinazione,
cio con l'organizzazione, l'istituzionalizzazione dello sciamanismo
(e la sua scomparsa). Ma la "superstizione" (l'avvertita presenza del
sacro - ancorch deformata e alienata) insopprimibile, ed essa
viene assunta in proprio dal potere, accogliendo nel culto (essoteri
co ed esoterico) quegli elementi che non sono contraddittori con la
teologia ufficiale, e mettendo decisamente al bando gli altri. Cos,
la Chiesa ha accolto nel proprio Olimpo santi che erano divinit
pagane, ha assimilato culti pagani, ma ha decisamente respinto,
non appena ne ha avuto la forza, i culti sabbatici, cio la "supersti
zione" dei culti della fecondit (del fallo e della vulva, residuo paga
no, cio del pagus, del mondo agricolo arcaico) .
"

Di che cosa portatore il dio ipostatizzatosi una tantum (esclu


sa ormai la ciclicit, e dunque la ripetitivit, dei Grandi Ritorni) nel
figlio del falegname e della Vergine, il rampollo del cielo? Egli il
veicolo del Verbo, imposizione di un ordine razionale (Salvezza) al
caos (male, peccato: paganesimo) ; e insieme, ambasciatore di vio
lenza (definitiva condanna del reprobo, cio del miscredente, del
criminale nemico dello stato - del potere - ovvero della comunit
identificatasi con lo stato terreno o con la sua immagine, lo stato
celeste) . un persecutore. Abitato dalla divinit, sacrifica se stesso,
o meglio il corpo umano, presunto suddito dell'anima; del resto,
antica norma (gerarchica) che il padre possa sacrificare il figlio
(Abramo e !sacco) , il superiore l'inferiore, il re mandare a morte i
sudditi. Il potere monopolio della violenza; il potere armato; il
potere ha ai suoi ordini carnefici ed eserciti. Ora, carnefice, carni
fex, colui che "fa carne", che riduce a cibo per il potere (canniba
le in esclusiva) la vittima, e tutti i sudditi sono vittime pi o meno
amanti del carnefice in potenza.

1 20

RELIGIONE

PU ITRL ( ; { ' L H I<.;\

Il Cristo moltiplica i pani e i pesci, ed un'altra caratteristica del


potere: l'agricoltura e l'industria sono fatti della stessa sostanza,
entrambe fondate sulla produzione (piante o macchinari), sulla pre
visione (depositi, granai, scorte), sulla programmazione, sulla molti
plicazione (alimenti, beni; pani e forni da pane, pesci e peschiere . . . ) .
I l potere sazia i sudditi; i l sovrano-dio o i l dio-sovrano (tornato a
reclamare il dominio) la chiave della fertilit. Egli il Creatore, il
dio dai mille testicoli, il <<signore dei campi, il <<toro della terra.
Ha cento, mille concubine (sovrano) o spose celesti o <<vergini pre
scelte a lui riservate. il <<fecondatore: il sovrano ha schiere di figli
(bastardi, quindi disuguali) , il Padre di tutti (quindi uguali fatta
salva la "schiatta celeste", angeli, santi, eccetera) .
Il Cristo-potere non regna subito: inizialmente "complotta" al
rovesciamento del potere-Male costituito. ancora disarmato, ma i
suoi fedeli saranno armati e convertiranno con la forza, realizzando
la missione delegata loro dal Cristo. Del resto, il potere-sacralit
sempre guerriero. Solo se forte credibile (nei momenti di crisi,
come in quest'inizio del XXI secolo, si sentono di continuo levarsi
voci che proclamano la necessit che si "governi davvero"; il paese,
si lamenta, "ingovernabile" o "ingovernato") . Il gioco della guer
ra stato monopolizzato; il mito-tab sostituito con la norma-proi
bizione. Il sovrano, e il potere in generale, essenzialmente vieta, il
proibitore per antonomasia. Proibisce ci che gli serve a dimostrare
la sua forza, previa negoziazione con i sudditi per attenerne il con
senso, sempre strappato dal potere (non da un potere) . Conditio sine
qua non per la sussistenza del potere, che esso perseguiti, metta al
bando, escluda. Il potere propone i possibili ambiti da proibire bisogna assolutamente che ce ne siano - e sono quelli coperti da
tab "spontanei" o "dichiarati" (imposti) su imitazione dei primi (il
tab-dialetto diviene proibizione-lingua); il gioco esige che i suddi
ti mugugnino e protestino, che persino si ribellino, che magan
abbattano quel potere per sostituirlo subito con un altro.

DOMINIO

Il potere un idolo Il sovrano-dio un idolo. L idolatria un'in


.

venzione del potere, anche se questo l'attribuisce, come "stupid', ai


"selvaggi" . Si deve adorare qualcosa di concreto, qualcosa che il
sovrano-dio estrae dall'aldil e traspone nell'aldiqua, sia pure nul1'altro che se stesso, idolo vivente. Se l'asceta erede dello sciamano
continua a sapere che la persona non ha una realt oggettiva, che essa
e il mondo sono soltanto immagini, costruzioni soggettive di un
falso immaginare che si ordina, si complica, si svolge come la trama
del karma, e avvolge e trascina l'uomo al punto che questi continua
a credere nella sua esistenza individua mentre gi ombra; se l'asce
ta sa che tutto sogno ed errore, dalle cose che si vedono a quelle
che si immaginano, dalla variet screziata della natura alla visione
angelicante dei paradisi o alle torture dell'inferno; se non ignora che
gli "di", le "potenze", le "presenze", sono soltanto promemoria,
appunti, punti di riferimento nel "viaggio dell'anim' (e per esem
pio nel gi citato Libro dei morti tibetano lo si dice a chiare lettere),
il potere pretende invece che si tratti di concretezze.
Gli idoli devono quindi essere realt: non simboli come la cadu
ca carne, come gli ossami, ma una capitale che sia l'asse dell'univer
so, idolo per eccellenza, riassunto di tutti i santuari; una corte,
magnifica, sontuosa, splendida come il cielo, il cui modello sia
l'universo intero con la sua bellezza e grandiosit; e la corte sar in
effetti l'impero tutto quanto, perch nell'impero essa si diramer
con strade a raggiera, case reali, ville di delizia, castelli, fortezze. Il
sovrano-dio una concretezza: lo si adora.

Ma concreto anche il dio-sovrano, con una fisionomia sulla


quale si accaniranno gli esegeti e gli illustratori (la Sacra Sindone) .
Anche il dio-sovrano conquista e perseguita. Nel caso del Cristo,
il suo nemico Satana, con la corte dei governatori, sacerdoti, finti
interpreti della divinit; gli usurpatori, il dio falso, il Male. Il Cristo
inaugura il nuovo regno della discriminazione, della lotta per il
potere. Ma Satana il residuo implacabile, irriducibile; e in fin dei

1 22

RELIGIONE

!'O l

conti, il sacrificio supremo e conclusivo un'eco di altri tempi, anzi


del Tempo, l'ombra degli di ctonii eredi della scissione operatasi
nella figura del dio del giudaismo, che comandava ai figli di No di
mettere timore sacro e spavento . . . su tutto quel che si muove e
vive, che puniva Saul perch non tutto era stato distrutto nella
terra degli Amalechiti: che pi tardi (post-esilio) aveva tenuto paca
ti conversaci con Satana e se ne era lasciato persuadere a tentare
(atto diabolico!) lui stesso Giobbe. Il dio del Genesi ancora un
impasto di bene e male, un ermafrodito capace di ogni nefandezza
e di ogni atto di pace. Ma un dio scissiparo: ed eccone la met
lucente comparire, l'anno 27 del regno di Augusto, sul suolo di
Galilea, e poco tempo dopo affermare che la fede nel Padre il
Grande Tempo. Il mito stato cos negato e stravolto: il potere, il
desacralizzatore, si afferma investito di sacralit. Il potere si afferma
figlio del Cielo; il potere si identifica con il Bene e dichiara guerra
al Male, al Residuo.
Il Cristo il sigillo religioso che convalida l'ordine ormai istitui
to nel mondo anticoclassico, la garanzia dell'ordine cosmico di cui
quello terreno non pi, ma ridiventer, il riflesso. La Citt di Dio
la meta: identificazione dell'ordine gerarchico cesareo e dell' ordi
ne celeste.
Del resto, da qualche millennio la citt, l'urbe, si proclama fatta
a immagine e somiglianza dell'ordine "razionale" di tutto l'univer
so: il centro motore della conquista, sia quella estensiva (l' espan
sione territoriale), sia l'intensiva (il "progresso", lo sfruttamento
sempre pi sistematico dell'ambiente). La citt ha sempre e ovun
que la stessa struttura: un mondo dei vivi e del potere, la citt qua
drata, e un mondo dei morti, la necropoli, attorno o accanto alla
prima, inizialmente di solito circolare, residuo dell'abitato arcaico,
in cui la distinzione tra vivente e defunto non esisteva o non era cos
rigida. Ma la struttura reticolare, quadrangolare, si impone un po'

1 23

DOMINIO

alla volta all' intera conurbazione: la citt-lingua impone bisogni che


l'abitato-dialetto ignorava, li dice e li istituisce. La citt quadrata
ospita per lo pi i templi degli di ufficiali, gli di "maggiori" crea
ti dal potere; i santuari delle divinit minori possono essere sparsi
per la citt, e tra essi quelli di di "maligni" (Kal si drizza, nera e
con la collana di teschi, in mille vicoli indiani) , ma si tratta pur
sempre di "di", quindi di potenze ormai esorcizzate, istituzionaliz
zate. La sacralit, ridotta a negativit, resta confinata nella zona dei
morti: si rifugia sottoterra, diviene esclusivamente cronica. In un
secondo tempo, anche su questa sfera si avventa l'urbanit: la zona
circolare, la necropoli, viene ridotta a cimitero, dal quale tuttavia
impossibile eliminare completamente un estremo residuo. Il cada
vere continua a essere tab. Dal cimitero emana pur sempre un
metafisica lezzo.
Ma perch, dunque, non appena sacerdoti, profeti, sovrani, giu
dici, guardiani, si distraggono, i sudditi si sbandano, si danno al
l"'abominazione", all'ebbrezza, all'orgia? Perch infrangono la santi
t della Famiglia, della Legge, della Chiesa? Perch tornano selvaggi?
Si deve supporre che l"' abominazione" attragga. Solo feroci per
secuzioni e minacce valgono a distogliercene. Il potere, mito incar
nato che rinnega le proprie origini, suppone di poter governare
senza il mito. La sua vicenda sempre uguale: cos facendo, per il
fatto stesso di esistere, il potere inaugura la propria crisi, sempre
sospeso sull'orlo dell'incredibilit. E se il re non fosse dio o unto dal
Signore? Se la nuova divinit, la divinit definitiva, la razionalit
scientifica, non fosse il toccasana? Se una sempre pi alta razionali
t non ci avvicinasse (o riavvicinasse) affatto al "regno dell'uomo" ?
Se l'unica libert consistesse nel conservare, cercando di allargarle,
proprio le zone oscure, il Residuo negato, disprezzato, perseguita
to, ghettizzato? Nella ripugnanza per il "mondo e le sue pompe"?

124

RELIGIONE P O J F R !' C l : UZ R \

Definisco millenarismo il processo, fin qui esposto, che ha desa


cralizzato il mondo occidentale e, come programma, il mondo inte
ro; e che ha aggiunto, all'angoscia in apparenza costitutiva dell'uo
mo, una sovra-angoscia, un'incertezza che nessuna "razionalizzazio
ne", nessuna aggiunta di poteri al potere, nessuna conquista, nessun
accumulo di beni, basta a togliere di mezzo . .Luomo sprofondato
nel millennio se la porta sulla spalla, come Odino il suo corvo. la
sua scimmia e la sua "scimmi'.
Ho cercato, nei testi precedenti, di sottolineare l'impossibilit di
scindere la religione dal potere; qui mi prover a indicare l'impos
sibilit di separarla dalla guerra.
Tre momenti: .Linvenzione della stregoneria. Ogni guerra di
religione. Religioni: uguali e diverse .
.Linvenzione della stregoneria. Il termine stregoneria designa
possesso di poteri soprannaturali nell'ambito naturale ai fini di
esercitare il male e di solito in associazione con spiriti maligni o con
il diavolo in persona o per lo meno un demone. La credenza in por
tatori di poteri straordinari, per la quale magia e stregoneria sono
spesso confuse, esiste tuttora in moltissimi ambiti. E tuttora
oggetto di condanna soprattutto da parte delle religioni monotei
stiche.

La donna sapiente, esperta di erbe e pozioni, l'uomo di medici


na delle cosiddette societ primitive, il dotto sacerdote pagano,
sono cos divenuti i perfidi, maledetti stregoni e streghe che il
Medioevo europeo riteneva fossero legione, e di cui si ritrovano gli
eredi quali personaggi di fiabe e leggende.

Dal canto loro, le divinit delle religioni non monoteistiche sono


state degradate a demoni condannati agli inframondi, veri e propri
inftrni organizzati e strutturati come luoghi di pena, oppure a spiriti
maligni pronti a pervertire gli esseri umani.
125

DOMINIO

I poteri dei portatori di stregoneria sarebbero: divinazione,


invulnerabilit, forza straordinaria e spesso irresistibile, capacit di
trasformare se stessi e altri (nel leggendario, i personaggi di Circe,
quelli che compaiono nella favola della Bella e della Bestia, i Sei
Cigni di Grimm, eccetera) , capacit di volare, di rendersi invisibili
a volont, di impartire animazione a oggetti inanimati, di conferire
potenzialit e poteri ai loro seguaci, e ancora conoscenza di droghe
atte a generare amore e fertilit e a causare morte.

Gi nel libro dell Esodo 22, 1 7 della Bibbia si trova una esplicita
prescrizione: "Non lascerai vivere colei che pratica la magi' . Si noti
il colei. Per chiarire la centralit della strega nella concezione occi
dentale della stregoneria, va tenuto presente che alla donna si sono
attribuite ampie valenze simboliche da epoche assai precedenti alla
visione ebraica della divinit, lo Jahv che vietava la magia e con
dannava senz'altro a morte la strega. Bisogna risalire al Neolitico, ad
almeno 1 2.000 anni fa, per individuare il punto di svolta della tra
duzione delle valenze simboliche attribuite alla donna in cose.
'

Al Paleolitico risalgono raffigurazioni femminili nelle quali seni,


natiche e grembo hanno una presenza predominante a scapito degli
arti e della testa, ridotti a semplici abbozzi. Sono le celebri veneri
steatopigiche reperite in molti siti paleolitici europei, asiatici e afri
cani, e che nel XIX e XX secolo sono state erroneamente interpre
tate come promotrici della fertilit. Ma i cacciatori-raccoglitori del
Paleolitico ignoravano l'agricoltura, e quindi non avevano bisogno
di favorire simbolicamente la fertilit campestre, e le mandrie selva
tiche dalle quali ricavavano la carne che, insieme ai pesci, costitui
vano la fonte principale della loro alimentazione, erano di tale enti
t da non richiedere, ancora una volta, particolari accorgimenti di
carattere "magico".

LefigurineJmminili del Paleolitico e del Neolitico iniziale posso


no forse considerarsi una prova a favore del presunto matriarcato delle
126

RELIGIONE

P{) f

( ;C l,RRA

comunit non ancora storiche, pi di quanto lo siano le statue di Venere


e della Vergine Maria in culture innegabilmente patriarcali?
Gordon Childe, Social Evolution.
Persino tra gli odierni <<selvaggi, non si ha traccia di matriarca
ti, anche se sussistono ben noti casi di matrilinearit. Nel Paleolitico
manca un'associazione, ed l'associazione donna-morte, che invece
frequentissima nel Neolitico. Se ne hanno esempi gi nel VII mil
lennio a.C. in Turchia a atal Hiiyiik, sito dove sono sorti alcuni
tra i primissimi santuari. In certuni compare la figura della Dea
Madre o Signora Bianca o Signora degli Animali in duplice forma,
quella di avvoltoio (noto simbolo di morte nelle credenze popolari
insieme con la civetta, il cuculo, la colomba, il cinghiale e l'osso
secco) e quella di simbolo della rigenerazione. In uno stesso santua
rio di atal Hiiyiik, mentre su una parete appaiono vari avvoltoi,
cio Dee Madri, intenti a cibarsi di cadaveri umani decapitati, su
un'altra parete presente, a rilievo, una grande testa di toro che
sovrasta un teschio. E nelle raffigurazioni neolitiche il toro un
esplicito simbolo di rinascita e rigenerazione. I.: associazione
donna-morte comporta infatti sempre l'altra faccia della medaglia,
e cio l'associazione donna-generazione. Il duplice simbolo facil
mente reperibile in molti ambiti extraoccidentali, ed facilmente
riconoscibile nelle concezioni dell'intero ambito indoeuropeo.
Nell'India invasa dagli Ari verso il 2000 a.C., si diffuse l'imma
gine-simbolo della dea Kal. raffigurata con una collana di teschi,
munita di zanne, ed venerata come datrice di morte ma anche di
vita. In Occidente, dalla dea-avvoltoio raffigurata pi volte in
Anatolia e nel Levante, sono derivate altre concezioni di donna
uccello rapace, come le Sirene e le Arpie dell'antica Grecia dette
anche Keres (Parche) della Morte. Del Neolitico noi siamo gli eredi.
I.: invenzione dell'agricoltura oggi si continua nell'industria. Ma

1 27

DOMINIO

il Neolitico ha i nventato oltretutto la divinit, il potere come orga


n izzazione gerarchica e la guerra come razionalizzazione organizza
riva della violenza. Le prime raffigurazioni divine furono animali di
enormi proporzioni, per lo pi tori, presenti gi nel IX millennio
a.C. Ma assai spesso i tori sono accompagnati da figure di Dee
Madri, molto spesso intente a partorire i tori stessi. Nel corso dei
secoli, la figura femminile, Dea Madre, Signora Bianca o Signora
degli Animali, secondo le varie denominazioni che sono state attri
buite alle sue rappresentazioni, cedette il posto alla figura maschile.
Il processo di fallocratizzazione reso evidente, a partire almeno
dal 5000 a.C., dalla comparsa di simboli chiaramente fallici, come
i menhir, accompagnati per da altre strutture litee, come i dolmen,
che avevano funzioni sepolcrali e sulle pareti interne dei quali quasi
sempre compaiono simboli femminili come occhi - residuo della
dea-avvoltoio o dea-civetta - spirali, vulve schematiche, seni, ecce
tera. In questa fase del divenire umano si ha perci l'affermato pre
dominio del maschio portatore di fertilit, con la femmina gi ten
denzialmente relegata alla funzione di custode e vestale dell'ambito
della morte.
Il potere che, come si detto pi volte, invenzione neolitica,
promosse o impose un processo di detronizzazione delle antiche
dee europee, le cui tradizioni rimasero tuttavia largamente conser
vate nelle isole egee, a Creta, nelle regioni del Mediterraneo centra
le e occidentale. Una delle figure femminili che ebbe parte impor
tantissima nello sviluppo della religiosit di queste zone, fu la dea
egizia Iside, da cui i cristiani hanno dedotto, con pochissimi cam
biamenti, la figura della Madonna.
Al di fuori degli ambiti in questione, l'immagine religiosa fem
minile si ecliss in ampia misura per lasciare il posto all'immagine
maschile, inizialmente in figura di un dio antropomorfo in piedi su
un toro che evidentemente dominava e soggiogava. Ripeto: il toro

1 28

era in origine collegato direttamente alla Dea Madre, non di rado


raffigurata intenta a partorirlo. Il processo di fallocratizzazione o
virilizzazione che ebbe luogo durante il Neolitico, comport la
scomparsa delle dee partenogenetiche fin dalla prima fase del
Neolitico, la relegazione, nella nebulosit di ricordi ancestrali, di
figure che s i autogeneravano senza ricorso all'inseminazione
maschile, simboleggiate elettivamente dalla Madre Terra, cio dalla
terra che risorge continuamente da se stessa, in primavera, dopo
ogni aratura e taglio delle messi, eccetera.

Attorno al 1100 a. C. il culto di Zeus a Olimpia sostitu quello


della dea della jrtilit Demetra Chamine. I primi Giochi si tennero a
Olimpia nel 776, anno al quale i greci focevano risalire l'inizio della
storia.
Le dee partenogenetiche si trasformarono gradualmente in
spose e figlie; e il potere generativo fu attribuito al maschio, al
punto che pi tardi in Grecia Atena fu fatta nascere dal cervello di
Zeus. E in ogni regione d'Europa, e in larga parte dell'Asia, la
Madre Terra perdette la capacit di generare la vita delle piante
senza rapporto sessuale con il Dio del Tuono o il Dio del Cielo. Le
dee tuttavia continuarono a contare, a un livello sotterraneo, ma
pur sempre abbastanza esplicito, almeno quanto gli di fino ai
primi secoli della nostra era.
A partire almeno dal IV secolo d.C. la Chiesa, struttura portante
'! del cristianesimo, si rese per conto di essere minoranza: il cristianesi
i mo stato fin dall'origine una religione cittadina e rigidamente fallo
l cratica, che restava in larga misura estranea alle campagne. Persino nei
centri medievali di dominio dell'economia agricola, castelli, conventi
e latifondi, e pi in generale nelle campagne, a predominare era rutto
ra il paganesimo, soprattutto nella forma di culti della fertilit masch i
li e femminili, con frequentissimi luoghi di culto - spesso sem pl ici
boschetti o radure - nei molti pagus, i villaggi altomedievali.
.

1 2')

DOMINIO

Tale situazione indusse la Chiesa a mlZlare, con l'ausilio dei


poteri laici, la definitiva conquista delle campagne mediante prose
litismo e costrizione. Al centro dei culti della fertilit erano molto
spesso donne, lontane eredi delle sacerdotesse di Iside, di Cerere, di
Atena e della dea Bubastis, la dea-gatta dei culti egizi. Per procede
re alla conquista delle campagne (si noti che per esempio la Prussia
Orientale fu cristianizzata soltanto nel X secolo d.C., e che ancora
pi tardi nelle valli prealpine continuarono a sussistere concezioni
pagane - e il loro pi feroce persecutore fu san Carlo Borromeo), la
Chiesa si alle, nell'VIII secolo, con la monarchia carolingia che
aveva assunto una posizione di predominio nel contesto dei poten
tati europei. Carlomagno fu incoronato imperatore a Roma dal
papa nel Natale del 799, e restitul il favore facendo annegare, nelle
onde battesimali di un torrente nei pressi di Attigny, sede delle
assemblee generali merovingie, Witkingo, Albione e i loro Sassoni
rimasti testardamente pagani.
La guerra della Chiesa contro gli ebrei: sempre colpevoli, dei
cidi, perfidi, bevitori del sangue di bimbi cristiani.

Dov' Ugo, dov' il mio Ughetto, l Con cui giocavo a rimpiattino? l


La nera ebrea, la figlia del ghetto, l L'ha attratto oltre il muro del suo
giardino. Il Con una nenia lo ha addormentato, l Sul capo d'oro lo ha
poi colpito, l La gola e il collo gli ha tutto squarciato, l E ha riso quan
do lo ha visto stecchito! Il Lui non ha fotto n gesto n motto, l Non lo
si udito neppur rantolare: l Solo il rumor di qualcosa di rotto, l
L'arma che insiste sull'osso a grattare. Il L'ebrea il rosso sangue di Ugo
ha colato, l E l'unica lacrima, in coppa d'argento. l Suo padre ha detto:
'1o son fortunato, l perch ho una figlia che proprio un portento: Il
Il corpo di Ugo nel pozzo han buttato, l Con pietre e sassi poi l'hanno
impedito. l Verde ora cresce il muschio bagnato l Sopra le ossa di Ugo
sparito. Il E quando torna il bel tempo d'estate, l La nera figlia delper
fido ebreo l Sul muro sta a pettinarsi, guardate, l Per allettare un altro
babbeo.
130

RELIGIONE

Leslie Fiedler, La danza di Rabbi Hershl dalla mano secca, uno


dei racconti de La macchia, Rizzoli, Milano, 1 972 (mia traduzione) .
La Chiesa doveva imporre nelle campagne la religione del dio
fallocrate, e la Dea Madre, la Dea Bianca o Madre dei Morti, per
sonificazione dell' inverno e della rinascita, venne trasformata in
malefica strega della notte e della magia.
In altre parole: la Chiesa si impadronl dei terrificanti poteri sim
bolici della dea della vita e della morte e li trasform in realt con
creta. Fu fedele, in questo, alla sua tendenza a trasformare tutti i
propri simboli in tangibili verit e concretezze. Il cristianesimo ha
infatti a fondamento l'idea dell'effettiva, tangibile, comprovata (dal
'
dogma e dal potere dell'Impero Romano con il quale si alle fin
dall'inizio e che ne garantl il trionfo) incarnazione del Figlio del
Cielo, Ges Cristo. Lantichit conosceva una sterminata serie di
figli del cielo, molto spesso risorti da morte, come l'egizio O siri de,
e partoriti per lo pi da madri vergini, cio dalla Madre Terra. Ma
soltanto i fondatori del cristianesimo ebbero la grande trovata con
sistente nel dichiarare realt palpabile, indiscutibile, l'incarnazione,
verificatasi in un preciso tempo e luogo, del Figlio del Cielo nato da
madre vergine, Maria, ucciso sulla croce e risorto dai morti. E chi
si fosse opposto a tale credenza doveva venire persuaso o costretto
ad accettarla. Il dio fallocrate doveva a ogni costo imporre il proprio
,
dominio, e chi lo contestasse sarebbe stato dichiarato adoratore di
. divinit trasformate, per decreto, per dogma, per bolla papale, in
demoni e "servi di Satana'' .
Lidea della stregoneria qual concepita dal cristianesimo, non
risale dunque al Medioevo, ma il Medioevo fu un momento parti
colarmente favorevole, anzi elettivo, al suo dispiegarsi. La distruzio
ne dei templi e simboli pagani era cominciata in maniera sistema
tica gi nel IV secolo, non appena il cristianesimo era divenuto reli
gione ufficiale dell'Impero sotto Teodosio il Grande: opera resa pre-

131

DOMINIO

scrittiva dalle autorit civili e compiuta molto spesso dai sempre pi


numerosi monaci, vere truppe d'assalto della nuova religione.
Lopera di evangelizzazione dell'intera Europa ebbe un primo
colpo d'arresto nel VII secolo in seguito alle invasioni islamiche in
Spagna e alle incursioni in Gallia, senza contare quelle, numerosis
sime, lungo le coste mediterranee. Lavanzata islamica fu notoria
mente bloccata dalla monarchia carolingia e dai suoi eredi, e con la
protezione del ricostituito Impero, la Chiesa intraprese la conver
sione forzosa dei popoli dell'Europa settentrionale e della penisola
balcanica, combattendo insieme i residui culti pagani e le eresie che
via via risorgevano o si manifestavano ex novo. In questo processo,
a venire presi elettivamente di mira furono come si detto i culti
della fertilit, cio quelli della Dea Terra partenogenetica e delle
altre figure sacre della maternit e della resurrezione.
Le dee collegate alla religione isiaca e le equivalenti greco-roma
ne, come Cerere, Diana e Artemide, nutrici di tutte le creature,
erano assai vicine, se non tutt'uno, con la dea-gatta egizia Bubastis,
e in Egitto il gatto era notoriamente coperto di sacralit, tant' che
da morto veniva imbalsamato. Le immagini di queste divinit appa
iono infatti molto spesso accompagnate da gatti. Inutile dire che i
cristiani lanciati alla conquista delle campagne per "salvarle" dalla
maledizione del paganesimo coinvolsero, nella demonizzazione
delle dee, anche i loro felini, e soprattutto le gatte nere, particolar
mente abili come cacciatrici di topi e ratti, che vennero molto spes
so bruciate insieme con le streghe.

IL Martello delle streghe uno dei tanti testi di condanna e meto


dologia persecutoria delle streghe prodotti dalla cultura
dell'Inquisizione. Ripercorriamo brevemente le fasi della sistemati
ca repressione e distruzione dei suoi avversari organizzata dalla
Chiesa. Tocc per primi agli ebrei, definiti deicidi, poi fu la volta

1 32

RELIGIONE POTLHE

degli eretici, vale a dire i cristiani che non fossero cattolici ortodos
si, e infine, e pi largamente, dei residui pagani. Le sacerdotesse dei
culti della fertilit, essendo per definizione pagane e, in quanto
eredi dei culti delle divinit della morte e della rinascita, oggetto di
timore reverenziale e santimonioso orrore, e oltretutto dispensatri
ci di rimedi in margine alla medicina ufficiale il cui patrono era il
Cristo medico, furono le donne alle quali tocc il peso maggiore
delle persecuzioni organizzate dall'Inquisizione. Ne furono travolte
levatrici, profetesse e guaritrici, cosa che comport disgregazione e
crisi di molte comunit agricole. Dal XIII al XVII secolo, le donne
mandate a morte con l'accusa di stregoneria furono circa otto
milioni. Inutile dire che l'Inquisizione impervers anche in tutte le
. regioni del mondo che vennero a mano a mano conquistate e colo
nizzate dagli europei.
In Mrica, in Asia, in America, come in Italia, in Francia, in
, Germania, in Polonia, in Russia, due furono i simboli contro i quali
si appunt la persecuzione cristiana: il demonio e il corpo della
donna. La fisionomia del primo fu definita gi nel 1 233 da papa
Gregorio IX con la bolla Vox in Rama, titolo desunto da Matteo,
2 , 1 8 . Nella bolla si legge: "Un grido stato udito in Rama...
Rachele, che l a Santa Madre Chiesa, l a Sposa del Cristo, piange i
suoi figli che il diavolo colpisce e distrugge". Il diavolo nella bolla
di Gregorio IX compare ai suoi adepti in figura di grosso gatto
nero, hispidus, ovvero coperto di pelo. Nella bolla il pontefice esor
tava i vescovi a tentativi di proselitismo come premessa alla conver
sione forzosa. Dalla Vox in Rama risulta evidente il nesso istituito
dalla
Chiesa tra i gatti e la stregoneria. Sono concezioni che hanno
,
tuttora larga parte in molte tradizioni popolari. Il gatto nero che
attraversa la strada porta sfortuna. Il culto di Bubastis, la dea-gatta
egizia, sopravvissuto a Yeper, l'attuale Ypres, in Belgio, fino al
1 000 d.C., e fino a tempi recentissimi, e forse ancora oggi, vi si
celebrava una "festa dei gatti" che venivano gettati dall'alto di cam-

1 33

DOMINIO

panili dai buoni cristiani (l'usanza aveva festoso corso in pieno XX


secolo) .
Nel XV secolo, quando fu dato alle stampe Il martello delle stre
ghe, la situazione in tutta Europa era ancora una volta mutata a sfa

vore della Chiesa. I tentativi di conversione delle campagne si erano


infatti scontrati con le sempre pi numerose rivolte contadine, coi
legate in varia misura ai tentativi compiuti dalle grandi propriet
agricole di imporre una maggiore redditivit delle campagne. In
Germania in particolare stavano prendendo forma i movimenti di
rifiuto delle concezioni genericamente "gotiche", estremamente rigi
de, e nel paese, che si apriva in ritardo ali'Umanesimo, si delineava
no quei movimenti che nel 1 5 1 7 avrebbero avuto l'avallo delle 95
Tesi affisse d a Martin Lutero alla porta della chiesa di Wittenberg.
Fu in tale contesto che la Chiesa romana autorizz l'Inquisizione a
diventare operante nei territori tedeschi, dove in precedenza non era
stata tollerata perch i principi ecclesiastici locali ne avevano gi una
propria; e se in un primo tempo essi non cedettero alle istanze di
Roma, nel 1 484 Innocenza VIII con bolla papale provvide convin
centemente a denunciare la stregoneria come congiura organizzata
dall'esercito del diavolo contro il Sacro Romano Impero. La pubbli
cazione del Malleus Maleficarum, la cui prima edizione del 1 486,
rientra nel quadro di una problematica, appunto quella della strego
neria, che aveva dato vita a una scienza che teneva occupate schiere
di eruditi, spesso il fior fiore dell'intellighenzia di allora.
Gli orrori della caccia alle streghe si spiegano anche con la crea
zione di una vera e propria industria del massacro, fiorita sul tron
co delle ideologie ufficiali. Vi erano giudici, esorcisti, boia, fabbri
canti di pire e forche, fornitori di legnami, scrivani ed esperti che
campavano sulla pelle dei sabbatici. Tuttavia gi all'inizio del XVI I
secolo, va detto, non manc chi contest queste barbariche prassi ,
come il gesuita Friedrich von Spee, il quale scrisse: Mi accaduto
134

RELIGIONE

sovente di pensare che l'unica ragione per la quale noi tutti non
siamo stregoni che non siamo stati sottoposti a tortura.
Come si notato, l'altro simbolo-bersaglio della persecuzione
della stregoneria fu il corpo della donna. Bisognava sottomettere la
sua implicita, aprioristica incontrollabilit (corpo che non risponde
ai ritmi della temporalit razionale, il tempo degli orologi, dei ritmi
maschili produttivi), la sua malvagia impudicizia, la sua perniciosa
procacit, il suo erotismo presuntamente incontenibile. Il corpo
della donna, come s' detto, fin dal Neolitico era oggetto di timore
, reverenziale come simbolo della morte, ed probabile che gi al
Neolitico risalgano i pregiudizi sulla donna mestruata (ancora oggi
non deve fare la maionese: la farebbe "impazzire") e il suo frequen
te isolamento (ancora oggi, tra gli agricoltori Dogon del Mali, le
mestruanti sono relegate in apposite capanne ai margini del villag,
gio). Del resto il corpo della donna tuttora ritenuto peccaminoso
per definizione, e infatti l'oggetto elettivo della pornografia. Si
pensi poi allo sprezzante e umiliante trattamento troppo spesso
1 riservato dalla medicina ufficiale alle donne nella fase terapeutica e
soprattutto in quella diagnostica.

evidente che l'inquisitore era semplicemente inserito in un


contesto che ha tuttora largo corso. Il corpo della donna contiene

"cavit" che in epoca medievale sono state identificate, in ambito


germanico, con Hohle, grotta, termine assai vicino a Holle, inferno,
equivalente dell'inglese hell, ancora inferno. Quanto alla domanda
, avanzata da Freud sul perch dello sperma freddo del diavolo che
compare nei Sabba, Freud non seppe dare una spiegazione, che per
. mi sembra a portata di mano se si considera che il diavolo per
, definizione il contrario, il rovesciamento di Dio, la faccia del Male
nella medaglia la cui altra faccia il Bene. Le streghe, le donne che
lo seguivano ma che - secondo gli inquisitori - dovevano per forza
di cose sentirsi peccatrici, non potevano non considerare il diavolo

135

DOMINIO

nemico in quanto divinit del Male, ritenuta l'altra faccia del


monodo, cio del Bene. Pertanto il diavolo, che con le streghe si
congiunge nel corso del Sabba, non d loro il calore dello sperma
normale, ma il ripugnante gelo dello sperma diabolico. Lo afferma
no, tra gli altri, gli autori del Martello delle streghe e lo afferma il
curioso inquisitore Pierre de Lancre, autore de L'inconstance des
mauvais anges et dmons. Impossibile, insomma, che le streghe al
Sabba se la spassino. Potevano forse affermarlo, le povere donne sot
toposte a orribili, sconcissimi tormenti?

Pierre de Lancre, dotto abate consigliere del re di Francia, mor nel


1 630. Nel 1603 al parlamento di Bordeaux fo presentata denuncia
contro L'inquietante aumento del numero di streghe e stregoni nella
regione di Bayonne, il Labourd, e il consigliere, incaricato dell'inchie
sta, svolse il suo compito con zelo esemplare: tra il 1 609 e il 1 61 O le
carceri rigurgitarono di donne efonciulle arrestate su suo ordine. Pierre
de Lancre compil in merito un rapporto in un .francese di straordina
ria eleganza, e jean d'Espagnet, suo amico e collaboratore, compose un
poemetto in latino a mo' di introduzione.
Ogni guerra di religione. Rifacendomi al discorso di

Clausewitz (ne parleremo nel capitolo dedicato espressamente alla


guerra) sui limiti inevitabili della guerra, nel senso che quella "asso
lut' significherebbe, oggi, la distruzione del mondo, va per rile
vato che l'idea di guerra in teoria senza limiti, quale aspirazione non
realizzata - e, ripeto, oggi irrealizzabile - sussiste, e come! La sfera
dell'economia - della concorrenza globale - tenderebbe a non
ammettere limiti: ricorre a mezzi in apparenza "pacifici", al sotter
fugio, alla "scalata" delle posizioni avversarie, e se rifugge dall' aper
ta violenza (ma non sempre: le guerre di mafia insegnano; e il neo
colonialismo comporta pi morti - per sfruttamento, fame, stermi
nio o espulsione delle masse o loro esclusione dai mercati - di moltl'
guerre combattute), lo fa per il timore di andare incontro a perditl'
eccessive e di attirarsi la collera del proprio o di altri popoli.

1 36

RELIGIONE P{ ) l' f - U f-

Sono le stesse remore alle quali hanno dovuto e devono sotto


stare oggi le religioni, a esclusione dei momenti in cui hanno potu
to e possono agire senza maschere. Il cristianesimo lo ha fatto nel
corso della guerra senza limiti che ha condotto apertamente contro
i paganesimi, in maniera meno esplicita (una guerriglia secolare)
.
contro i giudei e, con la massima durezza e senza scrupoli di sorta,
contro le stregonerie, come si dice in altri paragrafi. E lo ha fatto
soprattutto rendendo possibili, e anzi benedicendole, quelle che
chiamo neoconquiste.
In quello che oggi il Terzo Mondo gli europei tutti quanti, per
primi gli spagnoli - seguiti o concomitati da inglesi, francesi, olan
desi, eccetera -, furono portatori di una cultura inesorabilmente
nemica, contrapposta, inconciliabile, rispetto alle culture locali .
. l:esempio pi eloquente ne fornito dal Sudamerica. Ma ovunque,
nell'America Settentrionale, Centrale e Meridionale, la sorte degli
indiani fu la stessa. In pochi anni, nel Nuovo Mondo ebbe luogo
una rivoluzione paragonabile, per entit, a quella neolitica, ed essa
cost la vita, nel giro di meno di due secoli, a oltre cento milioni di
indigeni, pari ad almeno il 25% dell'intera popolazione mondiale
all'epoca.
I conquistadores erano transfughi che trovarono una terra di
comodo esilio a spese di quanti gi vi abitavano. Ebbe cos inizio il
grande esodo dall'Europa, destinato a continuare per quattro seco
li. Europei emigrarono alla volta delle Americhe, dell'Africa, poi dei
Mari del Sud, e ancora dell'Australia e di ogni isola scoperta e
; annessa a questo o quel regno.
Questa fuga dal vecchio mondo, se mut la faccia di interi con
tinenti, diede a milioni di bianchi la speranza o l'illusione di una
vita nuova, diversa, pi libera e pi comoda, senza guerre - o, al
pi, massacri di deboli selvaggi, e dunque il gusto di menar le mani
&enza troppi rischi. Nei mondi nuovi, non ci sarebbero state perse-

1 37

DOMINIO

cuzioni, gli stati sarebbero rimasti lontani, le fatiche non pi disu


mane (e in ogni caso delegate agli indigeni). sotto i nostri occhi
l'evidenza: il "sogno dell'uomo bianco" non si realizzato affatto:
nei luoghi "liberi" subentrato lo stato, si sono perpetuati guerre,
massacri, i ntolleranze; e l'uomo bianco si attirato l'odio delle
popolazione locali che ha obbligato con la forza alla "civilt".
Vero che anche le societ antiche avevano praticato l'invasione
di territori alieni, obbedendo a moventi di vario genere: affermazio
ne e glorificazione del potere dei gruppi sociali dominanti, deside
rio di impossessarsi di ricchezze e fonti di materie prime, in parti
colare quella rappresentata dalla principale forza lavoro dell'epoca,
gli schiavi. Ma appare subito evidente una differenza essenziale tra
la conquista antica e quella post-medievale, segnatamente rinasci
mentale, che vorrei appunto indicare come neoconquista: intesa,
questa, alla sottomissione del mondo intero e all'imposizione della
propria cultura ( Weltanschauung, concezione religiosa, costumanze,
ecc.) a gruppi, trib, nazioni, regni . . .
L a neoconquista fu infatti caratterizzata d a totalitariet e d esclu
sivit, in pieno contrasto con la tolleranza, sia pure parziale, della
paleoconquista. La neoconquista stata il germe del colonialismo
moderno e ha avuto come legittimazione, come ideologia portante,
l'affermazione della superiorit razziale, culturale, morale, religiosa,
cio la rinuncia all'universalismo che caratterizzava la paleoconqui
sta. Roma non aveva calpestato l'Egitto tanto da ridurlo in polvere,
pur facendone una provincia dell'impero; non ne aveva sterminato
gli abitanti; ne aveva accolto gli dei, scoprendo l'affinit, se non
l'identit, tra le divinit capitoline e quelle dell'altra sponda del
Mediterraneo, e lo stesso aveva fatto in precedenza con le divinit
celtiche prontamente identificate con le latine. Roma aveva ricono
sciuto l'alta valenza della cultura egizia, dotata di un'originalit
indiscutibile e fascinosa. E Roma, ferus victor, si era lasciata sedur
re e "captare" dalla cultura greca.

1 38

RELIGIONE

Perch questa enorme trasformazione avesse luogo, perch la


nuova visione del mondo trionfasse, perch la sottomissione di
interi continenti fosse possibile, bisognava conoscerne le terre, gli
abitanti, il clima, la flora, la fauna, la geografia, le risorse, le poten
zialit, le debolezze e le forze. E lo strumento di conoscenza che rese
pi rapido, e forse anzi rese possibile e autorizz il diluvio destina
to a distruggere i mondi antichi e la loro variet, fu la cronaca.
La cronaca medievale e post-medievale era pur sempre una espo
sizione di paradigmi, di nobili archetipi, la messa in scena di "uomi
ni illustri". Ed erano questi, nella visione degli autori, a generare gli
, eventi, avvalendosi di altri uomini concepiti quali meri strumenti
[ variamente e agevolmente "spendibili".
La cronaca, in altre parole, considerava e, dove sussista, conside
ra secondario il fatto storico (con la premessa che il "fatto" esiste
solo in quanto sia detto, narrato, cantato, come ben sa qualunque
giornalista moderno). Un esempio possono fornirlo i due libri vete
rotestamentari l Maccabei e 2 Maccabei che illustrano la lotta del
l'ortodossia ebraica contro l'ellenismo ormai imperante. In effetti, i
loro autori intendevano raccontare una storia religiosa, ricalcando
antiche cronache di Israele.
I barbari che premevano ai confini di un impero, quello roma
no, niente affatto unitario, niente affatto monolitico sotto il profi
' lo linguistico (il latino si era, vero, universalizzato, ma aveva prin
. cipalmente la funzione di lingua franca e a conferirgli valenze
cogenti, quelle dell'indispensabilit e obbligatoriet ufficiosa oltre
che ufficiale, fu l'alleanza della burocrazia dell'impero in decadenza
con la Chiesa) , figurativo, legislativo, religioso, culturale, generica
mente culturale: quei "barbari" erano integrabili nel suo contesto
con relativa facilit.
Dai paleoconquistatori, le culture locali non venivano cancella-

139

DOMINIO

te, bens modificate, riadattare, integrate. E del resto la loro cancel


lazione, che avrebbe richiesto lo sterminio sistematico o la riduzio
ne in schiavit di tutti gli indigeni, sarebbe stata impossibile con i
mezzi dell'epoca. Roma deportava schiavi, ma schiavistici erano
anche i regni e gli aggregati tribali, le nazioni alle quali imponeva la
propria supremazia. Il mondo restava nuclearmente immutato:
cambiavano soltanto i suoi connotati superficiali.
Situazione che mut radicalmente e improvvisamente quando
sulla scena mondiale comparvero nuovi strumenti di sottomissione
e dominio: inedite strutture sociali, imprecedute concezioni del
potere e dei rapporti tra i singoli, eserciti creati ex novo, armi inven
tate proprio ai fini di ben diverse conquiste. Componenti che tut
tavia non sarebbero bastate, da sole, a conferire carattere totalitario
alle neoconquiste. Cos per esempio i nomadi cavalcatori asiatici
poterono, certo, invadere Russia, Cina, parte dell'Europa occiden
tale, ma la loro spinta fu di breve durata: i capi mongoli divennero
sovrani cinesi, la Russia risorse.
Ma appunto le invasioni mongole costituiscono, in un certo
senso, l'anello di congiunzione tra paleo e neoconquiste. I mango
li si urtarono contro una visione del mondo per loro di difficile
accesso, incentrata sulla fede in un unico dio, che d'altra parte cor
rispondeva all'impreceduta solidit di mura erette a difesa di strut
ture urbane inedite, le "citt da guerra"; si trovarono di fronte a una
visione stanziale e produttiva che si era definitivamente imposta
sulle campagne, sul feudalesimo, sull'economia rurale. I mongoli si
trovarono, in altre parole, alla sopraffacente presa con regioni
ampiamente urbanizzate e pertanto in larga misura non assuddita
bili, e nelle quali vigeva, sia pure non ancora esplicitamente formu
lato, il principio del cuius regio, eius religio.
Il punto di svolta definitivo, la componente decisiva, la premes
sa sine qua non delle neoconquiste fu l'affermazione dei monotei-

140

RELIGIONE

t'O l LH.L l , U L R R\

smi nel mondo tardoantico e medievale. Alle spalle delle invasioni

e colonizzazioni medievali e ancora pi post-medievali furono,


accanto a mezzi pi efficaci, inedite spinte ideologiche, cio appun
to i monoteismi cristiano e islamico con i corollari che ne derivaro
no. Vero che l'affermazione definitiva del monoteismo fu prece
duta, in ordine di tempo, dalla scissione della sacralit in Bene e
Male, cosa che avvenne per esempio nel mondo iranico, nella cui
mitologia zoroastriana perenne era la lotta tra Angra Mainyu
(Ahriman), lo spirito maligno e distruttore, e Mazda (pi tardi
Ahura Mazdah, Ormazd), la divinit suprema, onniveggente e crea
trice. assai probabile che anche altrove siano stati compiuti tenta
tivi di concentrare le forze metafisiche in un "divino", in un uni
cum, e del resto era inevitabile che sovrani miranti a un dominio
assoluto cercassero di imporre un loro monoteismo. Lo fece, a
quanto sembrerebbe accertato, in Egitto Amenofi IV ( 1 372- 1 354
a.C.) che assunse il nome di Ekhnaton e tent di fare prevalere,
sulle molte divinit del clero, dei nomoi, delle citt e dei villaggi,
Aton equivalente, sulla riva occidentale del Nilo, di Amon-Ra, tra
dizionale signore degli dei, padre della dinastia; il programma fu
per respinto e invalidato dal potentissimo clero. Lo stesso tentati
vo di erigere un dio locale a dio unico fu compiuto, stando almeno
alle varie redazioni bibliche, dal Libro di j alle versioni neotesta
mentarie, in ambito inizialmente egizio, da Mos forse rifacendosi
a una divinit adorata dai nomadi ebrei, cio Geova, prima del loro
insediamento nella terra dei faraoni. Lo stesso tentativo fu ripetuto,
con assai maggior successo, dagli arabi che avevano accolto la pre
dicazione di Maometto.
Il monoteismo, cio l'attribuzione di tutti i poteri a un dio che
era un'invenzione sostanzialmente letteraria, orale o scritta che
fosse, con la sottomissione e la messa al bando di altre figure meta
fisiche, se fall in Egitto, in Palestina rest confinato a un esiguo
gruppo nel cuore di un mondo gi largamente ellenizzato; e se la
141

DOMINIO

divinit originariamente geovita riusc, nella sua versione neotesta


mentaria, a i mporsi nel mondo antico-classico mediante un'opera
di indefesso apostolato, fu, ripeto, grazie all'alleanza tra impero e
cristianesimo. Ma il monoteismo dovette lottare a lungo per impor
si definitivamente sia nel mondo romano che in quello musulma
no. E riusc a spuntarla solo a patto di assumere i panni del cesaro
papismo o di trasformarsi in legislazione e costumanze coraniche,
in altre parole a patto di assurgere, in ambedue i casi, a centro dot
trinario, cultuale, legale, culturale, tale esplicitamente imposto e
propagandato con mezzi quasi sempre violenti. E fn dall'inizio,
nella sua fase di concorrenza con altre fedi, il monoteismo, romano
o musulmano che fosse, si rivel intollerante e spietato.
Se insisto su questo concetto, perch solo cos si spiega, a mio
parere, l'affermazione delle neoconquiste. Le quali, a differenza
delle paleoconquiste che si svolgevano in lunghi archi di tempo,
ebbero sempre carattere di subitaneit e distruttivit. Inutile sog
giungere che anche il confronto tra monoteismi stato sempre par
ticolarmente cruento, fanaticamente accanito (cristianesimo e isla
mismo). La scissione tra Bene e Male, l'affermato trionfo del Bene,
il relegamento del Male in una dimensione di inferiorit ctonica
(nonostante sopravvivesse come Satana o Shaitan) in attesa della
sua conclusiva cancellazione dall'universo (Giudizio finale) , ha
comportato l'instaurazione di uno stato di guerra perenne, in tutti
i territori che ne sono stati toccati: tale per cui i momenti di pace
sono diventati brevi interludi, m ere eccezioni. Per restare all'ambi
to cristiano, evidente essere fondatissima l'affermazione di
Benedetto Croce che "non possiamo non dirci cristiani". Noi oggi,
e prima di noi i conquistadores, abbiamo una visione omologatrice,
unidimensionale, inquadratrice, in cui continuo e interminabile
lo scontro tra il Superiore e l'Inferiore, dove il secondo cerca con
ogni mezzo di sostituirsi al primo. Superfluo anche sottolineare che
si tratta dell'esasperazione di una concezione rigidamente gerar-

1 42

RELIGIONE

POI'LUI- ( ;t i EHHA

chica del mondo, che ha trovato la sua giustificazione, la sua ideo


logia portante, appunto nella lotta tra il Superiore, inteso come
buono per definizione, e l'Inferiore, per definizione concepito co
me cattivo.
Per l'universo cristiano, imbevuto di una fede monoteistica trion
fante, prescrittivamente integralista, intollerante, dedita all'apostola
to pi o meno forzoso, corrispondente a una Weltanschauung basata
sull'affermazione dell'Uno, dell'universale ritenuto senz'altro equiva
lente al Bene, era indispensabile abbattere con la forza e con la per
suasione il paganesimo, l'idolatria e i suoi simboli (templi, culti,
superstizioni sostituite da altre, pi efficaci, come il culto dei santi) ,
, e imporre un innovativo racconto che aveva radici nel mito ma in
pari tempo ne era la negazione e la riduzione a favola.
Ma si trattava anche, in statu nascenti, di una demitizzazione del
mondo, della sua desacralizzazione: gli dei vennero assorbiti nella
figura dell'unico dio, cosa che comport l'esordio di una ancora
inesplicita, ma non per questo meno concreta, laicizzazione. Da
parte musulmana, lo sforzo fu del pari volto alla riduzione del mol, teplice all'Uno, alla creazione di un dominio universale, alla sop
pressione dell'altro ipostatizzata dall'infedele; il corollario fu il pre
dominio di quello che era ed tuttora il pi efficace dei cinque pila
stri dell'Islam, quello che maggiormente incide nei rapporti di esso
con il mondo esterno: la jihad, che , s, alla lettera, sforzo di affer
mazione della fede, ma pu trasformarsi in guerra aperta, e giustificatamente senza limitazione di mezzi, se a prodamarla un'auto
'
rit religiosa-politica.
In entrambi i casi, venne in essere un accorpamento della sacra
lit diffusa, di numi, dei, spiriti, geni, credenze locali, in un'unica
santit con la quale coincideva senza residui la struttura sociale. Fu
"sacrale" l'invasione cristiana della Palestina, la riconquista dei

1 43

DOMINIO

Luoghi Santi. E "sacrale" fu la furia con cui l'Islam si avvent sui


paesi vicini prima e sull'Europa e sull'Asia poi. Le guerre di conqui
sta divennero guerre di religione, e religiose erano, e restarono, le
ideologie. Le teologie sono infatti le madri delle moderne logie, tali
una volta decapitato l'ormai ingombrante thos.
Per questo la penetrazione degli europei nel mondo degli
Aztechi, degli Incas, dei pellerossa delle Grandi Pianure, e ancora
degli africani, degli australiani, degli eschimesi, dei fueghini, degli
araucani, dei siberiani a opera dei russi, assunse fin dall'esordio pro
porzioni apocalittiche, sempre e comunque integralistiche, totalita
rie, cruente e intolleranti. N diversamente si comportarono gli
islamici che, messo piede in Africa, diedero avvio a forme di ridu
zione in schiavit senza precedenti, in pari tempo obbligando alla
conversione e all'obbedienza al loro unico dio non concomitato, in
teoria almeno, da co-divinit. Gli islamici imposero sempre model
li sociali ignoti alle popolazioni vittime, come l'inferiorit costuma
eia e legale della donna. Per le popolazioni assoggettate, che a com
piere l'opera di conquista fossero europei o arabi, fu comunque
l'inizio di quella tragica avventura che segn irreversibilmente
un'epoca destinata a mutare faccia al mondo intero: e con conse
guenze catastrofiche, oggi sotto gli occhi di tutti.

La Chiesa ha predicato amore e seminato l'odio pi mortifero, ha


annunciato la vita e diffuso la morte pi sanguinosa.
Hans Kiing, teologo cattolico, Riformare la Chiesa oggi, 1 990.
Parlo, ripeto, dell' epoca coloniale e post-coloniale, degli impe
rialismi moderni, pre-condizione della rivoluzione industriale e,
ancora, del sempre pi rapido declino e scomparsa dei "primitivi",
dei "selvaggi": di quello insomma che il definitivo trionfo della
"civilt", della storia, del "progresso".
Le religioni mirano a sopprimere il mito, a sostituirlo con forme
1 44

RELIGIONE

PO f

discorsive, teologiche. Il tramonto del mito non si verifica mai. Ha


luogo semplicemente l'esorcismo del mitico. Avviene, in altre paro
le, che il mito venga requisito, monopolizzato, relegato. Avviene
che il mitico sia vissuto, come momento ludico, dal potere; che sia
presuntamente vissuto come distruzione, viaggio nell'oltretomba,
dissoluzione, dalla follia e dalla perversione, entrambe decretate
realt; che sia invece contemplato come speranza, nostalgia, possi
bile redenzione, negazione, fuga, dalla dimensione della p6iesis. E
avviene che, accanto e attorno a questi nuclei ormai "specialistici",
ciascuno a suo modo diverso, ciascuno per motivi differenti scisso
dal resto del corpo sociale, ci sia - e si dilati senza posa - l'univer
so delle interpretazioni, vale a dire l'impositiva, rassicurante
Cultura che sostiene la prevalenza della ratio, del furor logicus, su
tutte le altre esplicazioni dell'uomo, la Cultura che scaccia notte e
tenebre per far trionfare il giorno e la lucidit; la Cultura che tutto
spiega, tutto riduce a oggetto, a caterva di oggetti ugualmente frui
bili (consumabili), nella speranza, continuamente vanifcata, di
drizzare un muro definitivo, di sigillare per sempre l'abisso, di con
quistare l'oscurit, l'abnorme, l'impenetrabile, in una parola di
colonizzare il Residuo.

Il dittatore che vuole essere incoronato non si presenta pi alpopo


lo con alfianco un vescovo: prefrisce un premio Nobel. Il grande ricco
che ha bisogno di farsi perdonare i suoi peccati non fonda pi una
abbazia, ma un museo. .. Oggi la cultura che ha assunto il ruolo di
"oppio dei popoli".
Jean Dubuffet, Asfissiante cultura, Parigi, 1 968.

Religioni: uguali e diverse. Norma di ogni religione il prose


litismo.

Il giudaismo l'unica religione monoteista che almeno oggi (ma


non sempre stato cos) non si dedichi programmaticamente al pro
.
selitismo, la tendenza cio alla diffusione reclutando sempre nuovi
adepti con la persuasione, la concessione di vantaggi o prerogative,

145

DOMINIO

o con la forza. In generale, le religioni tribali e nazionali mostrano


punte o poche tendenze a estendersi al di l della comunit sociale
che le pratica, mentre invece ogni religione sovranazionale esercita il
proselitismo, muovendo dalla convinzione di essere l'unica vera reli
gione, valida per ogni essere umano, e di norma si dedica al proseli
tismo in forma organizzata (missionarismo) , addirittura (gesuiti)
ricalcando quella degli eserciti. Le religioni pagane esercitavano
forme di propaganda, senza per pretendere di essere l'unica via alla
salvezza, al contrario delle religioni sovranazionali che, una volta
adottate dallo stato, si dedicano spesso alle conversioni obbligatorie
(cristianesimo e islam) in regioni sottomesse o colonizzate.
Il giudaismo, al pari dei politeismi, si sempre limitato a pro
porre la conversione, e a chi accettava l'offerta, diventando gr (pro
selito), si richiedeva la circoncisione, un bagno rituale e un'offerta
al tempio. Jahv, forma iniziale della divinit ebraica, non impone
va conversioni: dio tribale, guerriero, comandava la messa a morte
dei nemici di Israele in quanto nazione, restando indifferente alle
loro pratiche cultuali. I giudei hanno quasi sempre accettato e rara
mente imposto conversioni. Principio che pu sembrare smentito
dalla conversione al Giudaismo del regno dei Khazary (Cazari)
popolazione che nel VI secolo d.C. fond un grande stato nelle
steppe dell'odierna Russia tra il Volga e il Dniepr. Inizialmente
pagani, i Cazari, sottoposti alle minacce dei Peceneghi e dei Russi,
assimilarono elementi di cultura giudaica, bizantina e musulmana.
La leggenda vuole che il loro khagan (sovrano) abbia optato a favo
re del Giudaismo, quale religione "prediletta", in seguito a un con
fronto, da lui organizzato, tra sapienti ebrei, sacerdoti cristiani e
mullah islamici. I primi si dichiararono contrari al proselitismo, cri
stiani e musulmani volevano invece la conversione forzosa del
regno. Il khagan decise che il culto migliore era il giudaico. All'atto
dell' iniziazione, al gr viene ricordato che gli israeliti sono un popo
lo perseguitato; il sottinteso che non gli lecito perseguitare altri
gruppi, ma solo difendersi da aggressioni.

146

RELIGIONE

opportuno precisare che il termine proselitismo ha precise conno


tazioni militanti: dal greco proselytos, nuovo venuto, straniero stanzia
' tosi a viva forza su un territorio alieno.
Ogni religione sostiene che il suo insegnamento per figure e
giunge anzi a respingere, fingendo addirittura orrore, l'interpretazio
ne letterale. Il dio sempre nascosto sotto il suo contrario (come
l'Essere sotto l'esser-ci di Heidegger): deus absconditus sub contrario. E
il dio c': "realt" che trascende ogni negazione, beffa, rifiuto. Realt
che impone la credenza che si sottrae a ogni razionalizzazione.
Prima facie, ogni religione va oltre il principio di realt, fino alla

"verit assurd'. Propone cio una reductio ad absurdum. E uno dei


pilastri della fede, almeno cristiana, il credo quia absurdum: il
paradosso, dunque. In effetti, avviene esattamente il contrario. La
religione - nessuna esclusa - non esce dalla logico-discorsivit,
attinge tutt'al pi al surrealismo senza sapere n potere addivenire
alla dimensione poetica, all'uscita dal Discorso. Nella sua reductio
ad absurdum c', s, reductio, ma ad unicum, la dimensione del
credo: della metafisica.
In molti ambiti linguistici non esiste l'idea della credenza che per
tiene al discorso occidentale. Per esempio, tra i gi citati parlanti ewe
dell'Mrica occidentale. E sono patetici gli sforzi dei missionari cristia
ni impegnati nel tentativo di insegnare il "credo" ai soliti, poveri
: negretti. Il credo, dimenticano i buoni padri, non pu essere scisso
dall'io (io credo... ). Ma per gli ewefoni, l'io non immutabile, non
il motore immobile di una trinit, soggetto, verbo, oggetto.
I.:equivalente ewe dell'io che va ad attingere l'acqua al pozzo, non
' un io vado a. . . >>, ma una delle persone (o maschere) che partecipano
dell'azione e di chi la compie. I.: io ewe variabile - come , in effet
ti, ovunque e per tutti. Ma l'Occidente si fonda sull'identit, cio sul
Discorso, sulla sintassi, sulla logica del terzo escluso.

1 47

DOMINIO

Gli Ewe del cosiddetto Eweland dell'Africa occidentale tra la foce


del fiume Volta e quella del Mono (zona oggi divisa tra il Togo e il
Dahomey) parlano una lingua appartenente alla fomiglia Kwa delle
lingue sudanesi.
Inutile dire che la loro ricca cultura (ceramica, metallurgia, orefi
ceria, e soprattutto una complessa letteratura orale) stata in larga
misura travolta dalla colonizzazione e dalla neocolonizzazione.
Notizie in parte ricavate dal Dizionario Enciclopedico Italiano,
Enciclopedia Italiana Treccani, Roma, 1 970.
Credere l . Il mito non credibile, per la semplice ragione che

si presenta, phanes, rivelazione immediata che si traduce, vero, in


mythos, in racconto (mitico). Ma neppure questo pu essere consi
derato "verit" intesa secondo l'antichissima ma sempre impositiva
adaequatio intellectus et rei, la puntuale corrispondenza cio della
mappa al territorio. Il credere, l'accettazione dell'equivalenza, sussi
ste a patto che la parola sia presuntamente sempre detta, sempre par
lata, anzich essere parlante. A patto, dunque, che si supponga la
parola derivata dagli oggetti, e non gi quale denominatrice e isti
tutrice degli oggetti. La parola non delucida se stessa: la parola .
Ma nessuna parola resta istituita nei tempi da essa stessa istituiti.
Nessuna parola, nessuna traduzione pu prescindere da tali presup
posti.

Verit: divinit allegorica, figliuola di Saturno, o del Tempo, o di


Giove, e Madre della Virt. Secondo Filostrato, rappresentavasi sotto la
figura di una donna dall'aria maestosa ma nuda perch imponevasi
senza necessit di addobbi.
A.L. Millin, Dizionario delle fovole, tradotto in italiano da
Celestino Massucco, Piacenza 1 807.
Credere 2. Vuoi dire far credito, prestar fede, affidarsi alla

norma, al decalogo.
Non "crede" chi si rifiuti di essere suddito.

1 48

RELIGIONE

J>OThHL

Tutto realmente possibile quaggi, dove gli antichi iddii dei pasto
ri, il caprone e l'agnello rituale, ripercorrono ogni giorno le note strade,
e non vi alcun limite sicuro a quello che umano verso il mondo
misterioso degli dei e dei mostri.
Carlo Levi, Cristo si formato a Eboli, 1 945
La chiesa perdona Galilei. Galileo ha dovuto subire varie riabi
litazioni. Monsignor Bernard Jacqueline ci dice che <<la memoria di
Galileo fu riabilitata nel 1 734. Le opere che patrocinavano le teo
ria copernicana, come il Dialogo, dovettero per aspettare un altro
poco, fino al 1 757, e l'autorizzazione ad accettare tale teoria fino al
1 822. Per limitarci solo al secolo XX, gi durante il Concilio
Vaticano I si lev qualche voce che proponeva un omaggio ripara
torio alla memoria di Galileo. Nel 1 968, il cardinale Konig parla
va esplicitamente di una riabilitazione di Galileo, ma l'atto di ria
bilitazione di Galileo, che in questi ultimi anni ha fatto periodica
mente la propria comparsa sui mezzi di comunicazione, si deve sol
tanto a Giovanni Paolo II. Nel 1 979, all'Accademia Pontificia delle
Scienze, Giovanni Paolo II diede inizio a una cinica manovra con la
quale invitava teologi, scienziati e storiografi a studiare a fondo il
caso Galileo. E in un riconoscimento leale degli errori, da qualsiasi
parte vengano, facciano scomparire le differenze derivanti da que
sto caso che ostacola ancora, in molti spiriti, una concordia frutti
fera tra scienza e fede . Si trattava, per Woityla, di giungere a una
soluzione onorevole, uno stato d'animo propizio alla soluzione
onesta e leale di vecchie contrapposizioni. Un punto di partenza
dal quale risultava con chiarezza che non si trattava semplicemente
di giudicare e valutare i propri errori. Dopo aver accennato all'ini
ziale amicizia di Galileo con i gesuiti, verso i quali sarebbe stato
tanto in debito, per esempio padre Wallace conclude: Anche qui,
come avrebbe messo in rilievo padre Grassi, inquisitore, dopo il
processo, la personalit di Galileo, per tacere del suo orgoglio e
della sua arroganza, contribu alla sua perdita.

149

(William A. Wallace, teologo americano, professore emerito di


Filosofia e Storia della scienza, Catholic University of America,
Washington D.C.) .
Neolitico: invenzione della genesi. Laratore stupra la madre, la
terra. Il suo sempre incesto. Ed conoscenza. La conoscenza una
conoscenza carnale, copula di soggetto e oggetto, che simbolica
mente fa dei due una cosa sola. Cognitio nihil aliud est quam coitio

quaedam cum suo cognobili.


Sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che
andassero a vivere insieme si trov incinta per opera dello Spirito
Santo (Matteo 1 , 1 8) .
Ed essendo la fovorita a tavola con Sua Maest, essa parl e disse
a Sua Maest: "Giurami per il nome del dio che forai ci che io ti dir.
[Il Faraone assent e la fovorita gli disse:} "Fa' abbattere i due cedri e se
nefobbrichino dei bei cafoni': E qualche giorno dopo, il Faraone invi
abili legnaioli ad abbattere i cedri. Ed era presente a veder/o fore la
sposa reale, la fovorita. Una scheggia ne vol, penetr nella bocca della
fovorita, la quale subito si accorse di essere rimasta incinta. . . Ed essa
partor un bambino di sesso maschile, e andarono da Sua Maest a dir
gli: "Ti nato un maschio!".
Favola dei due fratelli, racconto egizio della XIX Dinastia, 1 300
a.C. circa.

Mentre un aratore solcava la terra nei pressi della citt di


Tarquinia, da sotto il vomere sorse un bambino con i capelli grigi del
saggio e fo ricevuto dai dodici re della Decapoli etrusca, ai quali inse
gn l'arte di indovinare.
A. L. Millin, Dizionario dellefovole, trad. di Celestino Massucco,
Piacenza 1 807.

Ma se Cristo non risuscitato, allora vana la nostra predicazio


ne ed vana anche la nostra fide (Giovanni, Prima Lettera ai
Corinzi 1 5 , 1 2).
150

GUERRA
RELIGIONE
POTERE

La guerra non spiegabile con il ricorso a presunti istinti belli


cosi: un'attivit troppo complessa, multiforme, negatrice della
coerenza interna dell'istinto. La guerra non riducibile alla violen
za: la conclusione di un movimento che, a partire dal Neolitico,
attraversa, condiziona, in larga misura definisce, la "civilt del
discorso". La civilt industriale del carbone e dell'acciaio si ali
mentata con la produzione di cannoni, carri armati, incrociatori,
velivoli. Per fabbricarli, accorrevano gli eserciti dei lavoratori, e
oggi occorrono i loro equivalenti, gli automi.
Per avere gli uni e gli altri, i presupposti erano: l'accettazione l'introiezione - del principio della produttivit, cio la finalizzazio
ne totale dei mezzi delle societ precedenti. La strumentazione tec
nica andata prendendo il posto di altri scenari, in parte ancora
simbolici (anche se assediati dal pensiero discorsivo, dalla ratio
ormai intronizzata) . Ha prevalso il pensiero unico i cui criteri di
valutazione sono produttivit, efficienza, rispetto della gerarchia.
Le religioni tendono via via a ridursi all' unicum, il potere al dio
unico del potere stesso: una costellazione di monopoli, province al
cui centro si imposto il mercato con i suoi automatismi. Non
accettarne le regole significa relegarsi nella marginalit. E alle rego
le sottesa la prescrizione dell'esecuzione, l'obbedienza ai manuali,

151

DOMINIO

leggi, istruzioni per l'uso, sistemi didattici, medicalizzazione: impo


sizioni dettate dalle mille istanze di distribuzione della normalina,
le istanze dell'inquadramento e della mobilitazione perenne, stabi
limento, azienda, scuola, caserma, struttura sanitaria, struttura car.
cerana, mamcomw, ncovero . . .
..

I l buon cittadino obbedisce a u n fitto tessuto d i imposizioni e


insinuazioni: il consumatore-mobilitando, il compratore-soldato,
che accetta, per condizionamento ormai plurisecolare (ma sempre
pi intenso con l'avanzare della "modernit") le prassi giustificato
rie intese a sbarazzarlo dai sensi di colpa (assoluzione per acquisti
voluttuari come pure per l'uccisione del nemico a comando) .
La guerra non consiste soltanto di battaglie, secondo l'interpre
tazione che molto spesso ne danno gli storici che non possono, con
dizionati come sono dal loro ruolo, quello della fattualit, non
focalizzarsi sull'evento suppostamente culminare. Non sanno cio
uscire dal letteralismo. Ma il letteralismo la negazione di quello
che vien detto inconscio e dunque dell'asse sul quale si incentra la
vicenda umana: il simbolismo. La storiografia ha elevato a proprio
modello la scienza esatta, la mathesis. Va alla ricerca della Verit - il
fotto senza sfumature. Laddove il simbolico oscilla tra vedere e non
vedere, la scienza esatta, e la storia con essa, prende la rappresenta
zione per realt, vuole dare concretezza ai sogni, descrive un mondo
di materialismo astratto.

L'inconscio la vera realt psichica.


Sigmund Freud, L'interpretazione dei sogni.
La guerra non mai in effetti alcunch di assoluto: la sconfitta
non mai totale (implicherebbe, in tal caso, la sparizione fisica del
nemico, distrutto fin l'ultimo uomo, fin l'ultimo oggetto) . Ne con
segue che <<le probabilit della vita reale prendono il posto dell' estre
mo e dell'assoluto del concetto. Si afferma qui l'obiettivo politico
della guerra: se lo scopo dell'atto di guerra un equivalente del-

1 52

l'obiettivo politico, quest'atto si far meno imponente col diminui


re dell'obiettivo politico. Questo spiega perch, senza che vi sia con
traddizione, si possono dare guerre di tutti i gradi e di tutte le esten
sioni, dalla guerra di sterminio alla semplice ricognizione armata.
Karl von Clausewitz ( 1 780- 1 83 1 ) , Della guerra, Libro I, 1 832
(postumo) .

Alla domanda: bisogna dire arte o scienza militare? Clausewitz


risponde che la guerra somiglia assai da vicino al commercio.
Friedrich Engels, Der Ursprung der Familie, des Privateigentums
und der Staates ( 1 884) .
Ogni "arte della guerra" propone una ricetta unica e indiscutibi
le: una eziologia, una diagnosi e una terapia, ciecamente fedele alla
componente immaginifica, da magicien con tanto di cilindro e
coniglio, dell'interpretazione storica. Ma inevitabilmente, nella cro
naca presuntamente imparziale, oggettiva, si inserisce l'invenzione.
E la scienza moderna, letteralistica - prende per "reali" le cosmogo
nie confezionate dagli astrofisici - discende direttamente dal lette
ralismo della Riforma e della Controriforma, entrambe estreme
decapitatrici del simbolico, gi del resto ucciso dal cristianesimo
senza aggettivi: la ricerca del Ges storico, al quale attribuito un
luogo, un mese, un giorno, un'ora della nascita.
La differenza tra il guerriero tribale e il militare va ricercata nel
fatto che, ferocissimo, il primo non si cura sostanzialmente di ster
minare senza residui i nemici; anzi, che questi in parte o completa
mente sopravvivano la condizione della sua ferocia. noto che,
tra i cheyenne, non contava tanto l'uccisione del nemico, quanto il
"segnare punti", cio penetrare tra gli avversari e toccarli con un
bastone. Crudelissimo, il vendicatore non eliminer l'intero clan
avversario, ma eserciter la vendetta su questa o quella generazione,
su questo o quel rampollo, secondo un complicato cerimoniale di
regole varianti da ambito ad ambito. Valorosissimo, il cavaliere

1 53

DOMINIO

rischiava la vita per un nonnulla: abbatteva l'avversario, ma non di


rado lo risparmiava.
Nel frammento di poema epico in Old English noto col titolo di
La battaglia di Maldon si narra come, nel 99 1 , regnante Aethelred
II, a Malden, nell'Essex, si combatt una battaglia tra i difensori
dell'Essex e un esercito vichingo. Alla testa degli inglesi era
Beorhtnoth figlio di Beorhthelm, duca di Essex. I normanni erano
sbarcati all'estuario della Pante (l'attuale Blackwater) , accampando
si sull'isola di Northey, per cui erano separati dagli avversari da un
braccio del fiume. Esisteva un unico guado, e i vichinghi chiesero
che fosse loro concesso di superarlo perch si potesse combattere
alla pari. Beorhtnoth accett la sfida con un gesto di cavalleria del
tutto coerente con l'epoca e dunque con il significato della guerra
intesa ancora come ludus, nella quale il carattere ritualistico aveva,
se non la prevalenza, per lo meno l'equivalenza con l'aspetto utili
taristico. La conseguenza fu la sconfitta e il massacro degli inglesi;
e ne La battaglia di Maldon, infatti, l'autore esprime caute critiche
all'operato del comandante inglese, che definisce lofieornost, "desi
derosissimo (o troppo desideroso) di gloria" : caute, perch egli stes
so condivide in sostanza l'atteggiamento del duca sconfitto.
Finch si continui a considerare dall'esterno il processo sia di
incorporazione del proprio simile a opera del cannibale, sia l' atteg
giamento del guerriero e i molti altri comportamenti che hanno il
proprio movente nella rivelazione, non se ne viene a capo: esso
appare, secondo la classica separazione di soggetto e oggetto, quale
una mera trasformazione della materia d'un corpo in un altro: di
polvere in polvere. Nulla, secondo questo approccio, "appare";
nulla si rivela. necessario, per esso, il ricorso alle spiegazioni
antropologiche; e a chi vi si adegua, sfugge che il "senso" del canni
balismo, della violenza in generale, della contemplazione della
morte, un atto di rievocazione, di ri-scoperta di quel qualcosa clll'

1 54

GUERRA

sta nascosto nel profondo: il Phanes arcaico, l'epifania. Ma anche


la sua (inutile) negazione, il suo (presunto) superamento.
Ancora all'epoca sua Clausewitz, teorico della guerra moderna,
per cos dire razionale, doveva polemizzare con i militari di tradi
zione cavalleresca, ponendo l'accento sulla necessit di travolgere
senza piet le forze dell'avversario. Nel 1 9 14, e fino ad almeno il
1 9 1 6, gli eserciti contrapposti sui fronti della Prima guerra mondia
le esitavano a tirare, con le artiglierie, sui rispettivi Stati Maggiori.
D'altra parte, il militarismo, cio l'uso a fini politici delle tendenze
ritualistiche o, se si vuole, del fascino esercitato dall'aldil sull'indi
viduo, presuppone il persistere di atteggiamenti del genere: il mili
tarismo l'azione militare propria di un'epoca storica in cui il fine
della guerra gi trascende le manifestazioni della guerra, in cui il
combattente esiste ancora, in cui tuttora necessaria la mobilitazio
ne degli individui, che quanto dire la messa in opera di comples
si meccanismi intesi a persuaderli della necessit del sacrificio, cio
della rinuncia al "s" in nome di ideali superiori che equivalgono a
sospensioni del tab che copre la violenza. La competitivit econo
mica, intesa come "duello", favorisce indubbiamente il processo
perch fornisce un accenno di "ebbrezz', il senso del gioco e del
rischio.

La guerra un atto di violenza, e non si danno limiti alla mani


festazione di tale violenza. Karl von Clausewitz.
Clausewitz si abbever a Kant e a Fichte, ma influenza decisiva
sul suo pensiero esercit, oltre a Montesquieu, Niccol Machiavelli.
Anzi, si pu dire che Clausewitz abbia ripreso l'opera del fiorenti
no, proseguendola in un campo inusitato e pi che altro, fino a lui,
. sottinteso. Se, prima, di guerra si parlava, era infatti per accettarla
come la successione dei giorni e delle notti; si tentava, al pi, una
meteorologia, una climatologia della guerra, ignorando per la fisi
ca, la costituzione reale di nubi e acque. L esposizione della teoria di

1 55

DOMINIO

Clau5ewitz no n quindi l' enunciazione di un metodo o di un insie

me di ricette per condurre guerre di tipo diverso, o per agire nelle


differenti situazioni del conflitto e forme del combattimento;
Clausewitz pone l'accento sulla diversit che corre tra essenza e
teoria della guerra vera e propria.

Lessenza ci rimanda alla guerra assoluta o all'assoluto della guer


ra (che non va confusa con l'odierna guerra totale) . In altre parole,
allo svilupp o all'estremo" di tutte le potenzialit della guerra: alla
violenza pura. Svilup p ata la violenza porta all'annientamento del
l'oggetto preso di mira (l'avversario); ma ovviamente ci non pu
non generare una reazione: il movimento bipolare, non meramen
te negatorio; e ne deriva il conflitto.
La storia della guerra non pu essere disgiunta da quella degli
avvenimenti politici, ma soprattutto non pu essere compresa se non
nel contesto della cultura tutta quanta. Se, quanto agli obiettivi
politici della guerra, il governo il solo a decidere ... le passioni
chiamate a infiammarsi nella guerra devono preesistere nel popolo
impegnato; l'estensione che il gioco del coraggio e del talento assu
mer nel dominio del caso e delle sue vicissitudini, dipender dal
carattere del comandante e dell'esercito. quindi inevitabile il mili
tarismo, la preparazione delle principali potenze morali fin dal
tempo di pace. Anzi, per la definizione stessa di guerra, non esiste
"

per il militare la pace: esiste solo la non-guerra, la tregua armata.

Ancora Clausewitz, Della guerra.


Noi diciamo, suona la definizione di Clausewitz che aveva
entusiasmato Engels, che la guerra non appartiene al dominio
delle arti e delle scienze, bens a quello dell'esistenza sociale. Essa
uno scontro di grandi interessi, regolato mediante il sangue, ed
per questo solo che si differenzia dagli altri conflitti. Meglio sareb
be paragonarlo, anzich a un'arte . . . , al commercio ed essa ancor
di pi somiglia alla politica, che a sua voi ta pu essere considerata,
in p arte almeno, una sorta di commercio su larga scala. Di pi, la
...

l 56

GUERRA HEf

, politica la matrice dalla quale si origina la guerra. Momento deci


sivo della totalit dei conflitti umani, questa ha un contenuto
"commerciale" e "interessato" (oggi diremmo economico e sociale),
che d il senso alla vita e alla morte della societ e della sua coscien
za politica; ma essa non affatto un primum, un a priori, bens un
. "accanto", un mezzo tra altri mezzi, distinto da essi solo in quanto
.
culminante, mortifero, distruttivo. In questo suo essere mortifero,
il suo fascino: ma anche la sua possibile condanna.
Il concetto di guerra pura, assoluta - la distruzione illimitata -,
; si degrada cos nella guerra reale, in una problematica umana, e chi
vince colui che ha messo in campo pi volont, pi forze, pi

chances.
Se tra essenza e teoria (tra guerra assoluta e guerra reale) vi
dunque una distinzione, ne deriva che anche il rapporto tra politi
ca e guerra pu essere considerato alla stregua di un rapporto tra
concetti e tra manifestazioni reali. La guerra reale non uno sfor
zo del tutto conseguente, tendente ai suoi estremi, come dovrebbe
essere secondo il proprio concetto, ma alcunch di mitigato, una
' contraddizione in s>>. In altre parole: non esiste guerra senza rego
le. Come tale, la guerra dev'essere considerata parte di un tutto, che
, non solo la politica, ma l'intera struttura culturale; e della politi
ca, e di questa o quella particolare cultura, la guerra avr il caratte
re; se la politica politica di un grande stato, grande potr essere la
guerra, <<prossima ad assumere la propria forma assoluta. Anche la
politica, <<il cui concetto supremo domina quello di guerra>>, ha una
i sua ratio interna, la ratio dei conflitti nei rapporti umani; e anche la
politica ha una forma assoluta e una <<tendenza agli estremi>> : per cui
Napoleone poteva dire che le destin, c'est la politique.

Perch la guerra ci sia, occorre dunque che esista la fonte delle rego
le, cio la legge. Non si d guerra senza legge, senza ordinamenti mili
tari, senza divisione del territorio in distretti, senza designazioni di
gradi, fonzioni, scopi. . .
1 57

DOMINIO

vi olenza assoluta un ideale inattingibile; il mondo del


sacro. Cos, la po li t i c a assoluta il mondo delle decisioni non
i mpastoi ate da nu ll a di concreto, non limitate n condizionate. La
guerra assol uta e la politica assoluta appartengono agli di ; vellei
tariamente, ai sovrani. La guerra reale e la politica reale sono due
relativi .

La

Se, per appropriarsi dei beni o della posizione dell'avversario,


d'uopo batterlo, volgerlo in fuga, ovvio che prima debba essere
stata posta la nozione di propriet, e questa non pu che essere frut
to di un processo economico e sociale, certo intessuto di spinte e
resistenze, di pressioni e reazioni, ma non esclusivamente ed essen
zialmente di scontri sanguinosi; l'apocalittica concezione di
un'umanit originariamente in guerra, di una societ biologicamen
te spinta al funebre rito del massacro e che miracolosamente trova
di tanto in tanto la via di parziali, fortunosi, precari accordi: di
un'umanit in cui tutto derivi - cultura, civilt, progresso, struttu
ra sociale e politica -, tutto dallo spargimento di sangue, sangue
come suolo e come concime, come matrice e come fecondante,
sostanzialmente errata e fonte di gravissime conseguenze. stata la
concezione del nazionalsocialismo hitleriano, e pu riproporsi in
qualsiasi momento (a patto, beninteso, che la mobilitazione sia
totale, da parte dei mobilitatori come dei mobilitati, metodi dei
primi, accettazione entusiastica dei secondi) .
La teoria della guerra deve pertanto culminare in una teoria,
non solo della politica e dell'economia, ma - lo ripeto - del dive
nire della cultura. La guerra reale si fonda necessariamente sulla

vita sociale reale. Tattica e strategia hanno regole che dipendono


dalla struttura della societ, dalle sue risorse, dalla sua capacit di
produzione, dal suo livello tecnico. Una guerra che non tenga conto
di qu esti fattori , evidentemente scatenata dall'incoscienza. (Lo
stata quella voluta dal fascismo negli anni Quaranta del XX secolo.)

1 58

Ci spiega il carattere della guerra di oggi, la sua lenta e meticolosa


preparazione, logistica e di materiali, il suo procedere a scatti rapi
di e deleteri, la tensione permanente - legata alla lunghezza del pro
cesso produttivo - che essa origina.
Ci che Clausewitz affermava, era che necessariamente la guer
ra strumento della politica; che il signore della guerra, se con

quista il potere, lo fa appunto per assudditare la guerra a una poli


tica di eu si crede capace. La guerra che non sia strumento, con
cepibile?
Ma l'assioma "occorre l'esercito della propria politica" compor
ta un potenziale errore, che consiste nel ritenere che l'esercito sia
un'entit a s stante; che senza un potente esercito, lo stato debba
limitarsi a una politica modesta; e che solo con gli arsenali pieni e
gli otto milioni di baionette di mussoliniana memoria, o con gli
enormi investimenti statunitensi in strumenti della <<guerra chirur
gica all'inizio del XXI secolo, ci si possa permettere una politica di
vasti orizzonti.
Inutile dire che proprio quanto Clausewitz negava, ma l'impe
rialismo, quello del passato e quello attuale, sostiene esattamente il
contrario e fa sua espressamente la politica della minaccia, quella che
il defunto Dulles definiva la politica della brinkmanship, sospesa cio
sull'orlo della guerra: la quale ha fatto perdere di vista agli Stati
Uniti, nel secondo dopoguerra, altre fondamentali realt, squisita
mente politiche, come avvenuto negli USA sotto la presidenza di
George W Bush coadiuvato dai suoi consiglieri neoconservatori.
L esercito - la preparazione alla guerra: il militarismo - non pos
sono esaurire la sfera dell'azione politica. Hitler nel 1 939 aveva
l'esercito della sua politica: ha portato alla rovina quello e questa.
La rivoluzione sovietica del 1 9 1 7 non aveva certo un esercito da
opporre a quello zarista n, pi tardi, a quelli degli interventisti; e

1 59

DOMINIO

nel 1 947 non l'aveva certo Mao Zedong, eppure ha saputo condur
re ugualmente una guerra che ha visto il trionfo della sua concezio
ne politica. Un esercito poderoso, la Grande Armata napoleonica,
non ha avuto ragione della rivolta spagnola. I.:errore sta nel conce
pire un parallelismo tra guerra e politica, laddove Clausewitz pro
poneva un' integrazione, una mobile compenetrazione. A sua volta
tuttavia operando un riduzionismo, un assudditamento della guer
ra alla politica; dimenticando, dunque, che la politica una faccia
della cultura.

La guerra, in realt, non propriamente subordinata alla politi


ca: ne , al pi (e non sempre) , la forma suprema, il culmine della
politica, ne parte integrante, ne la sempre possibile metamorfo
si, la sua forma allotropica; ma non detto che il ricorso alla guer
ra sia assolutamente indispensabile e inevitabile, cosl come l'insurre
zione armata il momento decisivo della rivoluzione senza esaurire
la rivoluzione, senza essere tutta la rivoluzione.
E, dichiarando superata la guerra per la coscienza attuale, non si
vuoi certo dire che quest'opinione, anche se dovesse divenire gene
rale, pu bastare a farla decadere; il processo al quale mi riferisco
quello della possibile sostituzione della guerra nell'armamentario
politico: la proposta di ricercare un'altra forma allotropica della
politica, un'altra metamorfosi. Ci che esigerebbe una metamorfo
si culturale di vastissimo respiro.

Soltanto una politica stupida - anzi una non-politica, la sua nega


zione - come stata quella degli USA nei confronti dell'Iraq e
dell'Afihanistan in questo secolo si trasmuta senz'altro in guerra, al di
l di ogni considerazione di carattere razionale e utilitaristico.
Il militarismo l'impresa della morte individuale. Una guerra

completamente meccanizzata, una push-bottom war, toglierebbe di


mezzo il militarismo? Certo, nei limiti in cui si eliminerebbero gli
eserciti, per sostituirli con le macchine. La guerra diverrebbe, allo-

1 60

GUERRA

1C101'<L

ra, mera politica, e il monopolio della violenza sarebbe pi che mai


assicurato ai poteri, che potrebbero privarne in ancor maggiore
misura i sudditi, perch non avrebbero bisogno di soldati.
(Riteniamo che sia questa la ragione principale per cui gli stati,
USA in testa, dedicano tanti sforzi alla creazione di armamenti sofi
sticatissimi, completamente automatizzati.) D'altro canto, facile
constatare come ci implicherebbe un aumento di tal fatta delle
componenti in apparenza razionali alle quali dovrebbero sottomet
tersi, nei rapporti con altri stati con poteri equivalenti, da rendere
assai improbabile lo scoppio di un conflitto, com' (in parte) com
provato dall'"equilibrio del terrore" atomico, che infatti sembrato
e tuttora sembra rendere impossibile lo scontro diretto tra superpo
tenze nucleari.

[Gli uomini d'arme, cio i nobili cavalieri} che erano finiti a terra
[venivano storditi a colpi di mazza dagli arcieri usciti dallo schieramen
to inglese}. . . L'uomo d'arme era impotente: un colpo al viso, se portava
un bacinetto, o ancora attraverso il giaco di maglia all'ascella o all'in
guine, era sufficiente per spacciar/o o per fasciarlo morire dissanguato.
John Keegan, Azincourt, 25 ottobre 1 4 1 5, in Il volto della bat
taglia, Milano, 200 l .
Poich lo Storico sempre, e comunque, un religioso. Pratica, infot
ti, una scienza.
Beato lo Storico che sa quello che fa. Che sa quello che dice.
Beato lo Storico al quale sono stati svelati gli arcani; che anzi li
ha agguantati, sbattuti a terra, infranti e calpestati, ridotti in polve
re. Che tutto ha problematizzato.
Beato lo Storico perch non solo conosce il passato, ma il futu
ro gli si apre intatto davanti. Egli sa che passato e futuro esistono,

e infatti li definisce, sia pure servendosi di una definizione che pre


suppone se stessa: dice che il passato un non-pi, il futuro un

161

DOMINIO

non-ancora, il presente l'adesso, tre momenti che contengono una


negativit, il passato perch non pi, il futuro perch non anco
ra, il presente perch nell'istante in cui lo si coglie, gi trapassato
nel non-pi. Sicch, i momenti del tempo appaiono come non esi
stenze, e tuttavia il tempo per lo storico innegabile realt.
,

la celebre aporia descritta dallo Storico Sesto Empirico, al quale


replica, mettendo una volta per tutte le cose a posto, lo Storico
sant'Agostino, secondo cui il passato una traccia, un' ajjctio animi;
, per l'animo, un essere interessato da un essere passato, mentre
il futuro un segno di ci che attendiamo; ragion per cui, ci sono
tre tempi: il presente delle cose passate, il presente delle presenti, il
presente delle future. Tre presenze che si notano solo, distinguibili,
nell'animo, e altrove non le vedo (Conjssioni, XI, 20).
Beato dunque lo Storico teologizzante il quale sa che il tempo
sta nel nostro animo, al di fuori del quale si stende l'infinita presen
za del divino, di cui l'animo fa e non fa parte; e, se distinguiamo ci
che ancora non o non pi, perch tendiamo a qualcosa, alcun
ch ci sospinge, ci mette in tensione (il presente un'attenzione
per tramite ci che era futuro viene trasposto in modo da essere pas
sato) . Il motore della tensione l'aspirazione al divino.
Ci che sta fuori dal tempo, i greci lo chiamavano a-dion: non
un'entit, una realt astratta, scissa da noi, bens quella forza di ten
sione che fa sorgere la realt. Insomma, era il tempo mitico. Per lo
Storico, invece, tutto questo diviene realt: realt dell'anima che
tende al suo (reale) Fattore, lui s padrone del sacro, ma depurato,
sacro senza gli aspetti orribili e impuri. Un Dio buono, insomma,
nel quale ci si riposer in un eterno (e reale) presente, che per un
dovere: contemplazione, vero, ma a lode e gloria del Fattore.
Nulla senza scopo, tutto tende a un fne, sostiene il teologo.

1 62

GUERRA HhlJ{,I\ ) N I ' l 'I l i l H l

Beato l o Storico, perch ignora che l a confusione d i sacro impu


ro e di profano, imposta dal cristianesimo, sembrata per secol i
contraria al sentimento, alle memorie, alla natura stessa dell'uomo;
per il cristianesimo, la profanazione finiva per identifcarsi con la
trasgressione la quale, anzich essere accolta ed esaltata in quanto
accesso alla sacralit, era respinta e denunciata come appartenente
al mondo diabolico e profano, antisacro. Beato lo Storico, perch
non ha avuto modo di accorgersi che, cos facendo, il cristianesimo
si condannava - al pari di ogni religione rivelata - al vuoto forma
lismo; la sacralit essendo ridotta alla parte in luce, dio, mentre ne
era esclusa quella in ombra, Satana, esso doveva di necessit ricor
rere a un enorme apparato logico per sostenere la credenza in que
sta mutilata sacralit; e, dove finiva l'apparato logico, finiva anche
il cristianesimo.
Beato lo Storico, il quale non ha occhi per vedere che proprio
l'ambito cristiano costituiva la culla ideale della scienza moderna,
poich la chiesa aveva gi provveduto a togliere di mezzo la contem
plazione del sacro. Perseguendo i culti satanici, la chiesa non ha
fatto che eliminare l'aura di intoccabilit che gravava sulle cose
sacre, ha permesso l'indagine spassionata e senza pregiudiziali su un
mondo altrimenti ritenuto inavvicinabile. E beato lo Storico il
quale non si avvede che non gi il logos si spinto, conquistador, nel
l' aldil, ma che il logos, girando su se stesso, ha riempito, ragno
indefesso, di una tela sempre pi fitta l'ambito dell' aldiqua. I con
fini, sono sempre quelli: nelle fauci spalancate del cadavere, il logos
rilutta a precipitarsi.
Beato lo Storico che, non contento di elaborare una cosmogo
nia non pi mitica ma razionale, ha elaborato addirittura una logo
gonia; che ha dilatato il modello logico all'universo intero; che l'ha
dichiarato figlio dell'universo (Figlio del Padre) ; che, umiliandolo
(tra gli abominevoli odori dei composti organici delle purine e

1 63

DOMINIO

delle pirimidine che si agganciano in lunghe sequenze per formare


geni e cromosomi), l'ha elevato in realt alla gloria degli altari. Che
ha rinnovato l'antropocentrismo dopo aver denunciato e rovesciato
l'Antropocentrismo, e che ne comprova la fondatezza, tant' che, in
candido camice da biologo, lo Storico si dedica a giochi di prestigio
con le catene di geni e, in tuta spaziale, calca le polveri della Luna.
Beato lo Storico che deve rifarsi di continuo alle presunte ori
gini, al Residuo indecomponibile, ma non lo sa, lo nega, e non sol
tanto sostiene che non gli sembra affatto, ma che anzi senz'altro
non cos, che sono tutte calunnie, e ride dell'inconsistenza di
quest'insinuazione. No, no, la Scienza non il mito, che diavolo!
La Storia non ha nulla a che fare con il mito. Semmai, che ci si
debba rifare alle origini, egli proclama, norma iscritta nel nostro
codice genetico, nella nostra logica che poi la Logica: ulteriore
riprova dell'unitariet e uniformit del mondo, supposta con atto
un tantino metafisico, ma senza il quale nessun discorso sarebbe
possibile, e lo Storico perderebbe la sua funzione di labbro loqua
ce del potere. Anche lo Storico tiene famiglia, anche lo Storico
deve campare, no?

La storiografia pretende all'u nivocit, all'indiscutibilit del docu


mento.
Il Neolitico ha introdotto armi specializzate per l'omicidio.
Derivazione da strumenti per la caccia, o non piuttosto una conce
zione affatto nuova? Una mentalit senza precedenti? Starebbe a
provarlo l'esistenza, fin dal X millennio a.C., convalidata dai reper
ti, di armamenti evidentemente da parata, di pietra o di osso, trop
po voluminosi e pesanti per rispondere a fini meramente pratici.
Armi, cio, da esibizione, da parata, non tanto utilitaristici, quanto
rispondenti a un'ideologia, se per questa si intende l'interpretazio
ne della realt proposta-imposta dal potere.

Ideologica in questo senso lafavola, riduzione e utilizzazione del


1 64

GUERRA Hl.l .J ( ; ! ! ) ;-.; I. P( )TFRE

racconto mitico, rispetto al quale vengono introdotti interpreti - ani


mali antropomorfici -, liberatori e scioglitori di enigmi, sovrani ed esse
ri ultraterreni in fonzione di giudici e psicopompi.

EMILIO M OBILITATO

Ecco di fronte a noi il moderno pronipote di quell'Emilio cui


Rousseau non raccomandava mai abbastanza di abbeverarsi alle
poppe generose di madre Natura.
Dobbiamo, al nostro tenero pupillo, impedire di farsi venire
troppi grilli per il capo, indurlo al rispetto dei poteri costituiti,
cavarne un soldatino sempre pronto a marciare qualora noi, la
Patria, lo si chiami: dobbiamo infondergli odio per i nemici e
amore per i nostri padri che, ineffabilmente incapaci di errare, sono
la fonte della nostra autorit. Dobbiamo produrre un suddito fede
le, non un rivoltoso n un rivoluzionario: un inquadrato, non uno
che pensi con la propria testa; ma dobbiamo convincerlo che,
appunto facendo come vogliamo noi, egli pensa con la sua testa. E
quando daremo mano a questa opera? Qual la stagione a essa pi
favorevole? Attenderemo che Emilio sia grandicello o imprendere
mo a plasmarlo appena uscito dall'alveo materno?
No: cominceremo - assai pi conveniente - dall'alveo che lo
genera. E il mezzo per farlo, eccolo: ecco il sicuro strumento che,
dando a coloro cui sia applicato, ai sudditi, la certezza di partecipa
re della bont, bellezza, pulizia, candore immacolato degli strati pi
alti della societ, li render paghi di questa coscienza, e null'altro
essi pi domanderanno; agiremo infrenandoli, reprimendone gli
impulsi, castigandone le voglie. Possiamo, a questo metodo, dare il
nome di censura? Essa, ovvio, sar la custode della famiglia, della
domestica fedelt, della castit cio e della modestia. Opponendo
alle espansioni erotiche il volto severo e impietrito della riprovazio
ne, la fronte aggrottata del disdegno, imprimer a tali pratiche quel

1 65

DOMINIO

marchio di colpevolezza, lavato solo dalla loro utilit ai fini della


conservazione del nome, delle memorie familiari, di quel dolce
calore da n ido in cui apriamo gli occhi al mondo e in cui viviamo
e tranquillamente ci spegniamo, dopo avere, a nostra volta, genera
to; guell' onta, si riverser e spander su ogni nostro atto, desiderio,
aspirazione: se colpevole quella molla fondamentale per cui abbia
mo vita, che cosa non sar colpevole? Colpevole il nostro nascere;
che altro? Chi ci salva? Ma ecco venirci in aiuto l'autorit, eccola
dettarci i limiti del nostro fare, pronta a sollevare il dito in gesto di
rimprovero ad ogni nostro tentativo di superare, sia pure di un'un
ghia, i limiti del convenevole. O non sono questi un tantino arbi
trari? Errare umano, ed sempre meglio abbondare in precauzio
ni che mancare. E poi, l'abbondanza di sanzioni, primo, fornisce un
falso scopo, e obbliga la critica e l'opposizione ad accanirvisi con
tro; secondo, confonde i limiti delle varie proibizioni, li mescola e
sfuma e nullifica: e chi distinguer pi i fulmini scagliati contro
l'impavidit morale, le manifestazioni del pensiero, gli scritti, le
opere, i quadri, le pellicole non ufficiali? I limiti della decenza seno e non pelo, coscia con calza e non natiche - servono ad abi
tuare al limite tout court, sono una prima disciplina. E alla porta
trice dell'alveo da cui dovr sbocciare il nostro Emilio, imporremo
cos limiti nuovi e pi severi, oltre a quelli affidati in retaggio, dalla
tradizione, a lei cui classicamente compete di far da freno, di
imporre redini sorridenti e teneri divieti, di ostacolare le nostre
defecazioni e i nostri eccessi digestivi, di far di noi dei disciplinan
di. Gi usciamo, dal suo caldo abbraccio, stanchi, spossati; gi i ten
tativi di evasione hanno esaurito gran parte delle nostre energie, si
son tradotti in lacrime e sofferenze, in capelli precocemente incanu
titi e in mani tremule. Ora, vorr Emilio far soffrire la Patria, que
sta madre di tutti noi, come ha fatto, ahim necessariamente, sof
frire la mamma? Emilio sorge dal grembo piumoso della famiglia
con poche pretese, e con la persuasione che nell'accettare la disci
plina, e nell'imporsene di ulteriori, spesso gratuite, egli riveli la sua

166

GUERRA

libert. Emilio si fustigher, ma non tanto da dimenticare - preso


dal problema della sua inimicizia con se stesso, attratto e affascina
to dalla guerra che muove alle proprie voglie - i suoi doveri: che
sono, la norma ideale, di diventar parco e laborioso e obbediente
al giro delle stagioni, a tutto ci che gli spacceremo per "natur',
come un contadino, epper con l'abilit tecnica del manager e quel
la manuale di un operaio. Dell'uno avr la ristrettezza di orizzonti
- il podere familiare -, dell'altro i limiti rigorosi dell'azienda, la soli
dariet, svuotata per di senso, limitata e degradata nel codice della
camerateria: colleghi e non amici, acquartierati assieme ma senza
particolari e vicendevoli simpatie; il modello di Emilio sar, non
ancora l'ufficiale, ma gi il distaccato e impenetrabile capitano d'in
dustria che non guarda mai in faccia nessuno; e chi aspira a diveni
re almeno sergente, non deve dare troppa confidenza.
Sul modello delle sofferenze di Emilio, del suo volontario e vir
tuoso castrarsi - o sconciarsi, o sanarsi - di questa segreta ma ormai
radicata aspirazione a farsi Flagellatore, Scopatore, Passionista,
costruiremo adesso il modello del Tutto di cui egli parte. Gli pro
porremo l'immagine del Dio sofferente, e sofferente sar anche l'en
tit che, partecipando del carattere sacro e intangibile della divini
t, pu a questa sostituirsi efficacemente, in quanto pi concreta e
quasi visibile: la Patria. La Patria che mostreremo a Emilio piaga
ta, offesa, ha un altare, su cui si celebra un perenne sacrificio; la
Patria circondata, come la cattedrale medioevale da storpi , lebbra
si e mendichi, da una folla di festosi monchi, di orgogliosi mutila
ti, di tuonanti ciechi, di storpi agitati come bandiere; la Patria can
nibale ne ha divorato le mani, i piedi, gli occhi; la Patria pietosa ha
offerto, in sostituzione di questi organi, altrettante protesi.
Non dimentichiamo infatti che il nostro Emilio ha una doppia
dimensione: v' l'Emilio incapace di ribellioni, l'Emilio pieno di
scrupoli, l'Emilio ridondante di divieti, l'Emilio l imitato e inibito,
l'Emilio conformista, l'Emilio obbediente, confezionato su misura,
l'Emilio persuaso di avere operato, in tutta libert, una scelta; s, gli

1 67

DOMINIO

si sono proposti dei modelli, ma egli poteva anche non accettarli,

non farli suoi. E c' l' Emilio esorbitante e assoluto; gi nel non
ribelle, nell'untuosa vittima, si nasconde l'assassino: Emilio il con
formista un possibile carnefice.
Se ora volessimo sviluppare appieno le potenzialit di Emilio, se
ci occorresse non solo adeguarlo e condizionarlo, tenerlo pronto
alla chiamata, ossequiente all'autorit, in modo da averlo sempre
sottomano, ma addirittura spedirlo al fronte, cangiarlo in carne da
cannone, come faremo? Ecco: insisteremo sul concetto che la guer
ra sublime, che essa costituisce la sommit dei servigi resi alla
Patria, dell'esser solidali con la comunit nazionale. Emilio abi
tuato a sentirselo dire; e noi sappiamo, col Capitano statunitense
John H. Burns, teorico della bella guerra, che uomini cresciuti
dall'infanzia con la convinzione che la guerra non possa mai giusti
ficarsi, non costituiranno mai un esercito; e perci abbiamo prov
veduto a convincere Emilio che la sua ultima istanza la Natura;
ora, evidente, e lo dicono perfino le favole dell'infanzia, che il
leone mangia la pecora, il gatto il sorcio, e i cani si mordono a
vicenda, e gli "uomini di natura", roteando gli occhi e le mazze, agi
tando scompostamente le !ance, si scagliano sulle carovane dei pio
nieri del West, bramosi di scalpi, animati dal desiderio di riempir di
frecce il giovane, tenero corpo della bionda e casta Jane O'Hara,
innocente vittima della barbarie. La guerra, dunque, la suprema,
estrema fase dell'evoluzione dell'umanit, come insegna la tedesca
Militarwissenschaftliche Revue del marzo del 1 936. E Mussolini
incalza: Noi suoniamo la lira su tutte le corde, da quella dell'arte a
quella della politica. Siamo politici e siamo guerrieri . Alle proprie
spalle, Emilio sentir fermentare la Nazione, avvertir la spinta irre
sistibile della solidariet nazionale: e gli diremo degli orrori che lo
attendono qualora fosse sconfitto, delle madri uccise coi teneri figli
al seno, degli ospedali devastati, delle citt in fiamme, e della salda
taglia nemica che, assaliti i conventi, stupra le monache, assetata di
sangue e di alcol, n manca di abbeverare i suoi cavalli nelle nostre
1 68

GUERRA

RF f.ft,lONL PO"l H<!

marmoree, perfette fontane. Non pi querele, dunque, non pi


discussioni e scioperi e proteste: uniti, si stia, e si proceda diritti alla
meta. E, per i generali della Reichswehr matrice, entre-deux-guerres,
della Wehrmacht nazista, scuola ed esercito sono interrelati, e la
gioia dell'obbedienza pu essere imposta ex cathedra. la stessa
convinzione dei neoconservatori degli Stati Uniti del XXI secolo.
Potremo, all'occasione, ridurre le ore di studio di Emilio (e infatti
le scuole USA - le pubbliche, ovviamente - sono espressamente
tenute in stato di degradazione), e sostituirle con qualche proficua
ora di esercizi militari, e magari di esercitazioni a fuoco; oh, l'odio
che Emilio ha raggomitolato in s contro i possibili nemici! Ha
seguito, lungo le pagine dei libri della sua infanzia, le peste di se
stesso, cacciatore di indiani, uccisore di bisonti che costituivano la
principale fonte alimentare di quelli delle Grandi Pianure; ed
stato dietro una finestra della fattoria, nel cuore buio e umido
dell'Africa, e con calma puntava il fucile, e dalla boscaglia saliva il
confuso urlio della banda nera e selvaggia, che tra poco si sarebbe
manifestata con una pioggia di zagaglie, subito persa nel fumo e nel
fragore degli spari. Pronto, Emilio? Non praevalebunt (Mussolini,
Messaggio per l'anno IX') . La scuola gli ha formato il carattere: <<anco
ra e sempre, lo spirito la leva delle grandi cose, e <<un popolo non
pu diventare grande e potente . . . se non si accosta alla religione e
non la considera come un elemento essenziale della sua vita privata
e pubblica.
In vista dei suoi compiti futuri, per necessario che Emilio,
ancorch zotico, non sia digiuno di certe conoscenze tecniche; e, se
vogliamo farne un ufficiale, che abbia un'istruzione ispirata alla
classicit, quella assicurata, negli USA, dai buoni colleges, dalle uni
versit di lite. Abbeverato alle ricche fonti dell'antichit, sia pure
ridotta in ben digeribili pillole, sapr cose che gli studenti delle
scuole di rango inferiore ignorano; grazie a una cultura, data a lui o
propostagli come modello, e riservata ai futuri dirigenti, si sar con
vinto che la verit va cercata alle proprie spalle, lontano, nelle

1 69

DOMINIO

ombre del passato da cui si levano, illuminati dai raggi di un sole


intramontabile, i frontoni dei templi greci, e le belle divinit impa
vide, i giovinetti eroi. La storia, eventualmente, sar accomodata,
ritoccata e insaporita; non ci ha forse detto il conte Keyserling, nel
primo dopoguerra ( 1 9 1 9) , che l'idealizzazione della guerra. . . non
un segno di decadenza morale, ma al contrario il segno di un
nuovo culto dell'eroe e di un nuovo spirito di sacrificio>>? E non
un'opinione saldamente radicata negli USA del XXI secolo, dove in
mano ai privati sono almeno duecento milioni di armi?
Ma Emilio potrebbe opporsi alla sorte che gli abbiamo riserba
to, pu chiederci: E la morte? lo parto soldato, combatto, e sta
bene. Ma se muoio?>>. Ecco, questa una seria diffic_olt; possiamo
per superarla. Possiamo, anzich tacere sulla morte, farne una
compagna d'ogni giorno, un sontuoso e indispensabile ornamento,
un vistoso orpello, un manto prezioso. Le citt in cui Emilio si
muove, sono costellate di templi-ossari, l'orizzonte occupato da
cimiteri, cippi e croci non si pu dire che manchino. Si pu mori
re: si deve morire; ma chi muore giustificato, non muore, sopravvi
ve anzi a se stesso, al sacco di ossa, alla fragile carcassa che ne impri
giona il soffio vitale. Emilio ha certo visto chiese le cui mura inter
ne sono pareti d'ossa impilate, di tibie ammucchiate come consun
te tessere di un vecchio mosaico ormai roso e grigiastro, di teschi
sovrapposti a formare enormi parati, vegliati alla base dal tremolio
delle candele, e che verso il soffitto svaniscono, assieme all'incenso
e alle preghiere, in un'ombra tenue, un'ascesa placata. La morte, per
Emilio, gialla e nera, color dei marmi barocchi che, al di qua delle
reticelle distese a trattenere quegli ingranaggi di scheletro, quei
cumuli di rottami ossei, quelle frazioni del passato, quelle memorie
e ammonizioni, si stendono in balaustre, balzano in riccioli, si pro
lungano entro grotte fatate sviluppantisi dietro gli altari, tra un pio
vere di ceree stalagmiti; una morte che Emilio teme e desidera
insieme. Si soli, dopo la morte? No, i poveri defunti sono veglia
ti, han fiori, lampade votive, vedove e orfane chiuse nei loro veli
170

GUERRA

PO I LH.L

come in un bozzolo di rimpianti. E coloro che sono morti bene, da


bravi soldati, nella cassa che ne ha raccolti i pietosi resti sobbalzano
al tuono delle salve che salutano l'ascesa al cielo degli eroi; si offre
un cibo di corone, a questi insaziabili morti ben nutriti di aulenti
coccole deposte sulle lunghe gradinate che portano ai fortilizi in cui
dormono, sotto il bel cielo di un deserto, o sulla cima d'un colle,
nei luoghi in cui rifulso il loro valore. E poi, chi teme la morte
un vigliacco. Viva la muerte, scrive il legionario franchista sui muri
del villaggio d'Andalusia test occupato; e la bandera va all'assalto
lanciando il grido: Viva la muerte!. Morte tua, Emilio, novio de la
muerte: e morte da te infetta al nemico; sul tuo berretto da SS,
Emilio, un teschio con tue tibie incrocicchiate ripete il simbolo
barocco della morte subita, e quello tecnico della cabina ad alta ten
sione che tu sei diventato per chi osi levare la mano su di te.
Emilio entrato nell' oppiaceo regno del nichilismo attivistico,
la sua ambrosia ha nome successo, vittoria. In verde et, Emilio
gi un vecchio combattente, egli combatte per combattere, pronto
a un addio pacato e fermo alle donne, agli affetti, all'amore, per
ritrovarsi, con un senso di sollievo, nell'unico ambito in cui si senta
veramente a suo agio, tra camerati, anziani dalla barba bianca che
han tirato fuori dai cassettoni la vecchia uniforme, nipoti imberbi
che, fanciulli ancora, burlandosi della loro stessa fanciullezza, si
uniscono ai padri e ai nonni nel coro delle vecchie canzoni, into
nando le quali si marcia senza avvertire la stanchezza, come su un
nastro mobile, fluente, eterno. Se Emilio torner a casa, sar per
rimpiangere quei momenti sereni, quell'incredibile felicit tra il
fumo e lo schianto delle esplosioni: era un uomo, Emilio, allora.
Assicureremo a Emilio la salute fisica: esci all'aria libera, Emilio;
pratica gli sport, Emilio, v al poligono di tiro; dedicati ai giochi di
ruolo; ti divertano le violenze buffonesche, ma istruttive, dei video
giochi; non consumarti sui libri, la vita una battaglia; devi esser
pronto e scattante allorch corri a vendere la tua merce o, in uffi
cio, per rispondere all'appello del superiore. Sentirai magari dire

171

DOMINIO

che ai ragazzi non si devono lasciare armi, che non dovrebbero gio
care con pistole e schioppetti di latta: ma nessuno ti parler di pace;
la vita un continuo duello, t'hanno detto, e tu ti sei agguerrito, il
tuo ideale l'uomo col pelo sullo stomaco; non si vuole la guerra
non ora, per lo meno -, ma la battaglia s: questa continua. Emilio
salvo solo se "arriva'', se conquista per lo meno i galloni di sergen
te. soldato nella vita civile: una vita militante, all'insegna del
lupo; soldato quanto avr la cartolina precetto. Emilio persuaso
che la concorrenza vitale scatenata, la lotta per l'esistenza, sia l'uni
ca regola delle societ. La guerra, se scoppia, il proseguimento di
un ordine originario, eterno. sempre andata cos, e sempre andr
cos, sostiene ormai Emilio: tutta una "naja'' , conclude rassegnato
e orgoglioso, con l'orgoglio del naufrago che tocca terra e ogni fine
del mese.
Se Emilio dunque si trasformer in guardiano di Buchenwald,
forse che noi ce ne meraviglieremo? Diremo che ha tralignato? Che
andato al di l del segno? In tutto quel che gli siamo andati inse
gnando, insita questa sua possibilit; Emilio carnefice, non un
mostro: il frutto dell'opera cui l'abbiamo sottoposto.

172

CONCLUSIONE

Homo ajfctus, homo patiens: dovrebbe essere la nostra condizio


ne. Ci prescritta. E ignoriamo la sintassi della gioia. Ci imposta
la valle di lacrime, la colpa, il pentimento, il perdono, e la gioia
riservata a questo o quello dei tanti nirvana o paradisi.
La porta della gioia pu socchiudersi gi quando ci si rifiuti di
prestar fede all'ineluttabilit del binomio Potere-tristezza. E quella
che ci appare allora pu essere la strada dell'erranza, che non
necessariamente l'inseguimento dell'uro o dell'orso speleo, ma il
richiamo al mitico che in ciascuno di noi.
Questo libro non , non ha voluto essere, un manuale di idee
per l'azione. I.:esperienza insegna che le formule, le ricette facilmen
te o arduamente applicabili attorno alle modalit di opposizione o
contestazione o negazione del Dominio nella sua tripartizione,
potere, religione, guerra, per secoli e secoli si sono rivelate incapaci
di minare effettivamente, concretamente, la fortezza del Potere.
Sono stati e sono atteggiamenti che sono valsi a rovesciare singoli
poteri, senza portare al permanente superamento del Dominio.
Anzi, di solito sono stati e sono tuttora i distruttori di quel potere,
di quel Dominio, che si sono affrettati a intronizzarne uno nuovo,
e poco importa, a una visione vastamente panoramica, globalizzata,
se migliore o peggiore del precedente.
Mi dunque parso di maggior momento tentare di mostrare la
1 73

DOMINIO

demolitrici e ricostruttive, e di richiamare,


e quanti mi leggeranno, a quel residuo indecomponibile
che me parla, che te parla che noi parla; e se fosse possibile (ma non
) abolirlo non ci resterebbe appunto che la tetraggine, con la ver
balizzazione del parlante convinto di essersi lasciato alle spalle l' om
bra, che pure non cessa mai di inseguirlo, del mitico.
fallacia di faci l i illmioni

me stesso

1 74

GLOSSARIO

Qui di seguito sono riportati alcuni termini ricorrenti nel testo


e che forse richiedono qualche spiegazione aggiuntiva, accanto ad
altri termini che, non sempre presenti nel testo, hanno per diretta
attinenza con le idee in esso esposte.

Androginia Dal greco anr andros, "uomo", e gyn, "donn'. Il


principio primo, l'aldil dal quale si proviene, generalmente con
cepito quale un tutto unico, indifferenziato (informe, caos, nulla),
da cui si distaccano, individualizzandosi, le specie e i singoli di sesso
diverso. A mano a mano che dalle concezioni mitiche si passa alle
religioni rivelate, l'aldil assume caratteristiche "umane", si crea un
pantheon (vedi) , le potenze, gli antenati, gli spiriti animali dei pri
mordi cedono il posto a divinit maschili e femminili. Nelle religio
ni monoteistiche, fortemente maschiliste, la divinit suprema
quasi sempre un "padre"; ma tipico di molte sette eretiche il ritor
no alla concezione antica dell' androginia (per certe sette gnostiche,
il Cristo era androgino, maschio e femmina assieme) . (Vedi

Ermafroditismo) .
Anima Nell'accezione comune odierna, il principio vitale del
l'uomo, localizzata nel corpo di cui costituisce la parte immateria-

1 75

DOMINIO

le; ne originano pensieri, sentimenti, coscienza morale, volont. Se


il concetto ha assunto connotazioni spiccatamente religiose, non fu
cos all'inizio, quando venne intesa quale elemento animatore, e
dunque "vita" . I termini con cui l'anima designata appaiono per
tanto connessi con l'idea della respirazione (greco psych, latino ani
mus ricollegabile al greco dnemos, "vento") . Lanima cos concepita
non appare staccata dal corpo, ed localizzata in ogni sua parte o
funzione; insomma parte essenziale del vivente, e in molte cultu
re tutt'uno con il riflesso in uno specchio d'acqua o l' immagine
che appare nella pupilla. (Molti "primitivi" non vogliono essere
fotografati perch l'obiettivo, in cui sono riflessi, pu rubare loro
l'anima cos intesa) . Agli esordi della concezione religiosa dell'ani
ma, questa molteplice (Cina, Egitto) : anima vitale, anima razio
nale, eccetera. In una fase pi avanzata, si ha l'anima "esterna'',
immersa nel vivente da poteri superni; si pu cos avere l'anima
sogno, indipendente dal corpo e capace di distaccarsene. Le anime
dei morti sono da allontanare con riti apotropaici, dotate come
sono di poteri che possono essere anche malefici. Altre volte ne
hanno di benefici, come i Mani e i Lari a Roma, o come gli "ante
nati" oggetti di culto in molte culture. Per le chiese cristiane, fin
dall'inizio l'anima ha avuto natura spirituale, immortale e indivi
duale; l'anima verrebbe creata insieme al feto, e la Chiesa romana
ha condannato fin dal 1 679 l'idea che il feto nel grembo non sia
dotato di anima razionale, donde il divieto canonico dell'aborto.
Autorevolezza Non l'autorit (vedi) , non un diritto ratifica
to, legittimato, ma semplicemente stima, fiducia acquisita da per
sone e attribuita loro per consenso diffuso, sia pure solo nell'ambi
to di un gruppo o trib.

Autorit Va distinta dall'autorevolezza in quanto espressione di


una volont esercitata da un individuo per sua imposizione o per
elezione pi o meno condizionata dall'individuo e dai suoi accoliti.
1 76

GLOSSARIO

In latino, auctoritas equivale a "legittimit", e il termine indica


comunque la condizione di chi investito di poteri e funzioni di
comando, e la cui forza si basa sulla sintesi del volere con la legge e
sul riconoscimento ufficiale della forza stessa. Se l'autorevolezza
spontaneit, l'autorit costrizione e prevaricazione.
Coincidentia oppositorum

un concetto diffuso in ogni cultu

ra; significa, in latino, "coincidenza degli opposti" e allude all'equi


librio fondamentale in cui i contrasti convivono. l'idea che sta alla
base del concetto cinese di yin e yang.
Ctonio Dal greco khtdnios, "sotterraneo". Laggettivo si applica
alle divinit in qualche modo collegate con l'oltretomba. Divinit
ctonia per eccellenza era Ade per i greci, equivalente al latino Dite.
Demiurgo Dal greco demiurgds, "artefice, ordinatore". Termine
che designava l'artefice dell'universo o il suo reggitore. In questo
secondo significato fu usato dagli gnostici, nel senso di divinit
intermedia, ordinatrice di una realt gi creata dalla divinit supre
ma, la quale non aveva dato leggi precise al mondo, ci che spiega
va la presenza in esso del male.
Eone Dal latino aeon, "periodo", ma a volte anche eternit, et
assoluta in cui cessa il tempo. In questo senso usato dal mitraismo
(l'Eone universale la divinit) , mentre nel Nuovo Testamento (let
tere di San Paolo) ha significato spaziale, di "mondo" o "parte del
mondo" (in quanto il mondo "nel secolo", nel tempo).
Ermafroditismo Fin dalla sua comparsa, il potere si posto e
imposto come reductio ad unum, non diversamente dalla religione
nelle sue mille ipostasi. Ne derivata la visione del reale come mol
tiplicazione dell'uno, e di una "ver' sessualit, la maschile, di cui la
femminile sarebbe derivazione. E infatti Eva, nel Genesi, ricavata

1 77

DOMINIO

da una costola di Adamo. Presunta originariet, dunque, del morro


sesso scissiparo : in Platone, Simposio, Zeus taglia la sogliola origi
naria, facendone maschio e femmina che, mossi da nostalgia iperu
ranica, aspirano a ricostituire l'ermafrodito. Nella sua impresa di
virilizzazione del mondo, il Neolitico ha drizzato ovunque menhir
falliformi, avendo cura di piantarne la base, ove possibile, in terre
ni umidi (falde acquifere, zone acquitrinose e simili) , onde riaffer
mare sia il predominio del fallo sull'acqua, simbolo femminile, sia
la letteralizzazione dell'ermafroditismo.
Escatologia Dal greco skhatos, "ultimo" , indica la dottrina degli
ultimi fini, cio quella parte delle concezioni religiose che riguarda
i destini ultimi dell'umanit.
Eucarestia Dal latino e dal greco, "riconoscenza, rendimento di
grazie". Sacramento centrale del cristianesimo, definito da Leone
XIII prolungamento dell'incarnazione del Verbo, in quanto rinno
va il sacrificio di Cristo e attua la comunione dei fedeli con il
Redentore che viene "incorporato" (mangiato: evidente il residuo
del concetto, sia pure simbolico, di cannibalismo) .
Gnosi Dal greco gnosia, conoscenza. Usato, di solito, per indi
care la speciale "conoscenza'' religiosa da cui fanno dipendere la
salvezza i diversi sistemi gnostici (complesso di dottrine e movi
menti spirituali sviluppatosi in et ellenistico-romana e fiorito
accanto al cristianesimo antico) . Suo concetto fondamentale, la
conoscenza i mmediata, al di l della razionalit, certificata dall'im
mediatezza intuitiva e dalla virt dell'iniziazione. Potrebbe sem
brare simile allo zen (vedi), ma se ne differenzia nel senso che la
gnosi conduce alla conoscenza del divino come sostanza. Scorge,
nel tessuto dell'universo, una lacerazione attraverso la quale vede
risplendere la scintilla dell'ipervita, del sovraterreno, della metafi
sica. Chi vi attinge, si libera dal peccato e dal male. Ogni tentati-

1 78

GLOSSARIO

vo di andare al di l della Parola, di individuarne la sorgente, pu


ben essere definito gnostico.
La gnosi il Discorso o viceversa: il Discorso gnostico, il
Discorso SA.
La gnosi l'episteme, cio conoscenza scientifica, incontroverti
bile. Ancora una volta il Discorso. Anche l'episteme SA.
La gnosi potrebbe piuttosto essere accostata al concetto di fede
del buddismo (vedi), quale esemplificato dall'Arahat, cio perso
na che ha raggiunto la fase della piena "guarigione spirituale" e
ignora che cosa voglia dire "io sono" ma non a tal punto illumi
nata da raggiungere la piena buddit.
lnnominabile Ci che il potere nasconde ma che per ci stesso
pretende di possedere, conoscere (in esclusiva) e opportunamente
utilizzare. il nome del nome, l'affermata capacit di attribuire un
nome alla Parola. Il nome per arbitrario: impadroneggiabile in
quanto si sottrae al parlante. Non si pu dare nomi alle cose, se non
inserendoli - vanamente - nell'atto di parola. Resta che il potere
chiude questo suo sospetto - lo spaccia per certezza - in un riposti
glio, lo stanzino proibito che, dilatato, si fa sala del trono, consiglio
segreto.
Letteratura Il cogito occidentale, che l'ipostasi del Discorso, fa
suo il principio del terzo escluso, della non contraddizione. In pari
tempo, predica, propone - ne assicura la concreta astanza - una sin
tesi tra le polarit. La quale per lo meno indecidibile, n pu esser
vi pace tra Discorso e poiesis. Codesta presunta sintesi, nella versione
pi recente di matrice hegeliana, ha tra gli altri nomi quello, promet
tente, conciliante, di letteratura. Sintesi: dogma imposto dalla ditta
tura del pensiero occidentale. Che la letteratura volentieri subisce, e
comunque le imposta - onde evitare che si faccia venire grilli per la
testa - da quegli sgherri del potere che sono accademie, editoria, pre
scrittiva "democrazi' dei testi che devono essere "accessibili a tutti".

1 79

DOMINIO

La letteratura non per la scrittura. O, per meglio dire, la let


teratura non ingabbia totalmente la scrittura: la letteratura un'in
venzione del potere che si esplica nel "cos si dice", "cos si parla'' e ovviamente "cos si pensa" , cio si parla interiormente, nel segre
to della propria intimit, da cento custodi perquisita e intimidita.
Norma, grammatica, sintassi: la letteratura ha in s il germe della
censura.
Non va tuttavia dimenticato che, se la scrittura si agita inquie
ta, evasa in potenza, dentro la gabbia materialmente composta da
righe, pagine, testi tipograficamente ordinati, in grado di sottrar
si infinitamente a imperativi a lei estranei, ai tentativi di mummifi
carla per ridurla a equivalenza di manuali, prospetti, codici, cifrari,
gazzette ufficiali, autentiche, interpretazioni, vidimazioni, surroga
zioni: insiemi di segni in cui ci si orizzonti di primo acchito, e non
pi, non dunque labirinti del malinteso.
Manicheismo Monoteismo imperniato, al pari del cristianesimo
e di altri monoteismi, sulla lotta tra Bene e Male; fu fondato in
Persia da Mani (III secolo d.C.) che diffuse la sua religione in India,
in Egitto e in Cina, dove si color di buddismo e dur fin oltre il
XII secolo, !asciandovi cospicue tracce letterarie e artistiche.
Materia la materializzazione della Parola. Dimensione impos
sibile della nominazione (denominazione del nome, vedi Inno
minabile) . Parola resa gestibile, oggettualizzata. Mille dibattiti sul
carattere ultimo della realt materiale, specializzazioni della fisica
relativistica e quantistica: in ultima analisi, forzatamente limitate ai
termini del linguaggio comune, ma con il soccorso delle religioni
(dei creatori, letteralizzatori del Verbo) . Secondo il buddismo,
vacuit. In un testo buddista, il Sutra del Cuore, si dice infatti che
ci che forma materiale vuoto, ci che vuoto forma materia
le. In altre parole, non c' sostanza esistente in s e tutto l'universo
un tessuto di fenomeni fluttuanti e interdipendenti. Comunque,

1 80

GLOSSARIO

secondo la fisica quantistica, tuttavia p i prossima al buddismo di


quanto essa stessa supponga - e pertanto meno ingenua della fisica
newtoniana o galileiana - la natura (e quella cosiddetta umana in
primo luogo) e insieme non : n oggi n mai potremo concepi
re la "realt" (che del resto sempre e comunque "virtuale"); n il
determinismo n l' oggettivismo o il buon senso ci servono a inten
dere i fenomeni dell'universo e della sua provincia umana. Il "non
dato da conoscere" lo traduciamo, fedeli al principium reificationis,
in rappresentazioni. Di cui questo libro si discetta.
Matrilineari Si definiscono cos le societ in cui la discendenza

viene computata in linea materna.


Mazdeismo Religione dell'antica Persia, nota anche come

Zoroastrismo; un monoteismo basat'o sulla lotta tra Bene e Male,


fondato da Zarathustra (Zoroastro) poco dopo il 1 000 a.C., e pro
pagatosi nell'Asia centrale, giungendo fino alla Cina.
Medicina Accanita ricerca delle cause. Causa di vita, causa di
morte.
La medicina il letteralismo applicato al corpo. E neppure:
quattro secoli fa, infatti, la scienza medica ha ridotto il corpo a una
sommatoria di organi, imponendo la mera funzionalit come
modalit del comprendere e intervenire. Ha tentato di definire il
corpo riducendolo a organismo separato da un'anima alla quale
andava affibbiando tutti i significati simbolici della carne: anima
vampiro che si alimentata e si alimenta dell'impoverimento della
Carne con la C maiuscola.
Perch la medicina partecipa attivamente, in veste di officiante
e testimone, dello sposalizio fra scienza e teologia.
un'ennesima manifestazione dello smembramento sistematico
del tutto-simbolo: i resti della demolizione sono i cosiddetti sinto
mi. A ciascuno dei quali imposto di esprimersi in un suo dialetto

181

DOMINIO

esclusivo, traduzione della corrispettiva, particolaristica struttura

fsio-anatomica. Non formano coro, i sintomi, non sono autorizza


ti a raccontare I'integralit del nostro esser-ci: hanno funzioni
deprecatorie, di profezie sempre potenzialmente mortali.
lmpellenze grammaticali, insomma.
La medicina mira a strutturare la societ, e non pu che farlo
secondo modalit gerarchiche, la norma cio dell'integrit fisica,
condizione della produttivit, e dunque la norma della medicaliz
zazione anche di quella che definisce, arbitrariamente, malattia
mentale.
La malattia diviene cos un'entit indipendente, e il paziente
l'oggetto sempre pi reificato della contesa tra sanitario e patia. Ne
consegue che la malattia assurge a obbligo sociale. Donde l'impor
si di due istituzioni: l'istituzione terapeutica e l'istituzione morbili
t. La prima governata in larghissima parte dall'industria farma
ceutica, cio dal vasto campo che va dai medicinali e strumenti dia
gnostici e terapeutici alla pubblicit medica e al pronto soccorso. La
seconda, l'istituzione della morbilit, costituita dal sempre mag
gior numero di pazienti effettivi o immaginari. Salus, terapia, rico
vero, riduzione della cura alla sola medicina, inseriti pertanto nel
grande contesto consumistico, obbligatoriamente tale.
Del resto, il principio della medicalizzazione universale il
gemello omozigotico del presunto carattere salvifico della tecnica,
chiamata a redimere il mondo da essa stessa aggredito e devastato.
Tutto il mondo stato colonizzato da soldati, prospettori, tecni
ci minerari, caritatevoli volontari, medici, paramedici . . . E missiona
ri. Ora, accade che questi ultimi siano dediti al proselitismo, e lo
praticano elettivamente istituendo ambulatori, distribuendo saggi
consigli e medicinali (per lo pi scaduti) . E che il loro "primario"
ideale sia il Cristo Medico.
Figura che in altri tempi aveva valenze simboliche: risanare le
anime infettate dal morbo diabolico; poi, per, questo Cristo ha
indossato il camice e i missionari, suoi interpreti ed esecutori,

1 82

GLOSSARIO

impongono la medicina che conoscono, deprecano le cure autocto


ne, li orripilano le pratiche degli aborigeni, vietano rimedi non
approvati dall'industria farmaceutica, partecipano insomma attiva
mente allo sterminio delle culture locali.
Nirvana (in sanscrito; pali, Nibbana) Vuoi dire "estinzione del
dolore", ed un'esperienza trascendente, senza tempo, definita il
"Senza Morte" e "incondizionat'. Comporta la cessazione di tutti
i fenomeni che producono Dukkha, cio sofferenza e insoddisfazio
ne. Il Nirvana anche il "vuoto", la profonda conoscenza intuitiva
dei fenomeni, tale da riconoscerli privi di individualit sostanziale.
Ontologia Il termine, introdotto nel XVII secolo, designa la
"scienza dell'essere" . La domanda che essa si pone suona: che cos'
l'essere? Che significato ha l'esistenza? La risposta delle religioni
rivelate al quesito , di norma, che il segreto dell'esistenza, il perch
della presenza umana sulla terra, appartiene esclusivamente a dio.
Ortodossia Dal greco orthodoxia: retta credenza, purezza di
fede, conformit ai principi di una determinata religione, di cui si
accetta la dottrina. dunque l'opposto di eterodossia.
Panteismo Dal greco pin, "tutto", e theos, "dio", la dottrina,
presente in molti ambiti culturali, che identifica in vario modo dio
e il mondo. Ci sono panteismi che considerano il mondo una mera
manifestazione di dio (religione vedica dell'India, neoplatonismo) ,
e altri che vedono nel divino un'energia che anima il mondo dal
l'interno. Quest'ultima interpretazione detta panteismo ateistico
perch perviene a conclusioni naturalistiche o materialistiche;
stata rappresentata, in epoca antico-classica, soprattutto dalla scuo
la stoica; in tempi pi vicini, da Giordano Bruno che anzi e soprat
tutto per questo fin sul rogo.

1 83

DOMINIO

Pantheon o panteon Dal greco pdntheon (che significa "tempio


di tutti gli di" ) , passato al latino. Si usa il termine per indicare la
totalit degli esseri divini; il pantheon di una religione cio il
complesso di tutte le figure divine di un sistema politeistico (per
esempio, Zeus la divinit sovrana del pantheon greco) .
Rinascite Il ciclo delle rinascite

(samsara) era gi implicito nella

filosofia indiana Shamkhya, dalla quale per era considerato


comunque ineluttabile. La grande innovazione del Buddha consi
stita nel proporne il superamento.
Sacer, sacrum, sacro In latino, sacer (da etimo che indica sepa
razione, scissione, isolamento) significa "consacrato a un dio", ma
anche "maledetto, esecrabile, detestabile". La prima accezione ha
carattere religioso; la seconda ha attinenza con la concezione miti
ca di un aldil inteso come "sentimento" o "intuizione", ma pur
sempre Parola oltre la quale ci impossibile andare, e dunque quale
limite. Il tentativo di superare il limite, oltre a essere vano, signifi
ca supporre che la Parola possa venire usata, e l'uomo essere parlan
te anzich parlato: per la visione mitica, uno sforzo risibile e depre
cabile in quanto negatore della pi elementare evidenza che l'uomo
Parola. Per la concezione protoreligiosa e religiosa, affermare che
l'uomo Parola appare quale un atto di hybris che si scontra con il
principio per cui dio il depositario del Verbo, colui che concede
agli uomini la parola. Ritenere che l'uomo sia Parola considerato
dunque un atto di orgoglio punibile come il tentativo dei costrut
tori della Torre di Babele di "raggiungere il cielo" e diventare sicut
dii, invadendo la sfera del sacro. In latino, infine, il sacrum designa
sia la reliquia sia la vittima da sacrificare.

Teismo Oggi si intende, con questo termine, l'idea di un dio


personale, creatore e provvidente, e in tal senso lo si distingue da
deismo, concezione che contrappone religione "naturale" (dio
1 84

GLOSSARIO

conoscibile con la semplice ragione) e religioni "positive" o "stori


che" le quali presuppongono un'autorit che fissi ci che si deve
credere. Il rappresentante pi noto di questa posizione stato il
filosofo Blaise Pascal, vissuto nel XVII secolo, sospettato di eresia da
certi rappresentanti del cattolicesimo.
Teogonia Termine che designa il processo di formazione del
mondo divino. Nelle religioni politeistiche si ha molto spesso una
fase originaria in cui un essere supremo crea il mondo, la vita e gli
uomini, per poi ritirarsi, scomparire o essere ucciso da altre divini
t che ne prendono il posto, e che a loro volta saranno sostituite da
altre. Storicamente, il passaggio dalla primitiva idea del dio o "ante
nato" celeste, il deus otiosus di certe concezioni tardoneolitiche, alle
nuove divinit dotate di forza e potenza corrisponde a una fase
postneolitica in cui dato assistere al sorgere di societ gerarchiche
di crescente complessit.
Teologia In origine, la conoscenza relativa agli di (il termine
esiste per esempio in Aristotele); successivamente, in ambito cristia
no, scienza di Dio e delle cose divine. Questa "scienza delle verit
rivelate" si trasmessa dal cristianesimo e dal giudaismo all'islam.
Totem Il termine deriva dalla lingua ojibwa degli indiani dei

Grandi Laghi, in cui il vocabolo ototeman significa "egli del mio


clan" (della mia parentela). Non in tutte le culture esiste il concet
to di un animale (pi di rado, pianta, pietra o altro) come rappre
sentante o antenato del gruppo, contrariamente a quanto l' antropo
logia ha a lungo sostenuto. Ma in tutte le culture il rapporto tra
uomo e animale continua a presentare aspetti misteriosi, e l'anima
le in qualche modo considerato un simbolo dell'aldil, dell'indif
ferenziato "che non sa di morire": il mondo "prima della coscienza'',
senza gli interrogativi angosciosi che l'uomo cogitante si pone.

185

DOMINIO

Weltanschauung Da Welt, mondo, e Anschauung, visione: modo


di conceptre il mondo e la vita proprio di un individuo o di un
gruppo.

Yang Secondo la concezione taoista cinese, accolta in parte dal


buddismo del Celeste Impero, uno degli elementi (l'altro lo yin,
vedi) del ciclo dei principi antagonistici ma complementari. Tutto
ci che yang ha natura maschile, suggerisce radiosit solare, calo
re, esteriorit ed estroversione.
Yin L'altro elemento della polarizzazione e convergenza dei due
elementi antitetici della concezione dell'universo secondo il taoi
smo; indica tutto ci che ha natura femminile. Lo Yin evoca l'idea
di corpi freddi e coperti, e si applica a ci che interno. La conce
zione si basa, in sostanza, sulla fondamentale dualit universale, ele
mento maschile ed elemento femminile, che compongono la "tota
lit di ordine ciclico".

Zen , a rigor di termini, l'equivalente, anzi all'origine la pedis


sequa imitazione giapponese, del Ch' en cinese. Questo stato
soprattutto una versione del buddismo che attribuiva importanza
preminente alla comprensione intuitiva e riteneva sostanzialmente
inutili i lunghi, prolissi insegnamenti dei maestri.
L'arte zen, l'aspetto pi noto in Occidente del movimento zen, si
attiene al principio di poteri non razionali, suscettibili di produrre
nel percettore un senso di identificazione totale con il supporto e
con lo strumento, la carta su cui il maestro di calligrafia "proiett' il
pennello nel momento in cui sente di aver raggiunto il distacco dalla
quotidianit. Non diverse sono l'intuizione con cui il ceramista crea
il vaso o l a semplicit con cui viene concepito il "giardino di pietr',
una breve distesa di ghiaia su cui si levano pochi "scogli" a raffigura
re l' universo nell'elementarit del non esistente. E l'arciere scocche
r la freccia nel momento in cui "sentir" di essere divenuto tutt'uno
1 86

GLOSSARIO

con il bersaglio. Un'arte che allo zen si ispiri, poesia, pittura o altro
che sia, a ben vedere non pu dirsi diversa da quell'attivit univer
salmente umana che ha luogo ovunque e che siamo soliti definire
"arte". Ciascun creatore, che la sua si chiami ispirazione o intuizio
ne dell'istante, deve "caricarsi", cio isolarsi dalle tentazioni del
discorso, per cedere alle esigenze paraoniriche, ludiche, dell'accosta
mento al "grado zero" del riconoscimento-invenzione dell'Alterit; e,
come il maestro zen, l'artista occidentale non potr che abbandonar
si all'immediatezza del ritmo. Lo zen, per concludere, una metafo
ra dell'universalit della Parola creatrice.
Una perfetta esemplificazione dello zen costituita dagli haiku,
sintetiche versificazioni di incredibile semplicit e potenza espressi
va, fatte di pure "cose", e che spalancano, per via intuitiva, un
mondo di sensazioni. Qui ci limitiamo a darne un esempio, alcuni
versi del poeta Basho ( 1 644- 1 694) : "Antico stagno/rana vi
salta/tonfo d' acqu'.
In Giappone, almeno fino a tempi recentissimi, la conoscenza
intuitiva, e le scelte che ne derivano, ha avuto largo corso anche in
campo economico. Il manager veniva accostato ai guerrieri della
tradizione, i samurai, e al loro modo di concepire lo scontro arma
to come atto appunto di "intuizione del momento" , quello in cui il
colpo di spada viene sferrato quando il guerriero si fa tutt'uno con
la lama che impugna.

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INDICE

Teatrino

Introduzione

Prologo Il mitico e il parlante

19

Potere religione guerra

59

Religione potere guerra

101

Guerra religione potere

151

Conclusione

1 73

Glossario

175

Bibliografia

1 89

Dominio un l i b ro agile, d utti le, mobi l e; da consul tare come un


i pertcsro.

articolaro in paragra f che compongo n o una sorta di

montaggio cinematografco>>, in c u i ogn i fase e si ngola parola ri n


via e rich iama concezion i c altri paragraf del saggio, in un susse
guirs i i ncessante d i provocaz i o n i e di sf:1cccrrate a n a l i s i .
I l Dom i n io nelle s u e mctastasi, Potere, Religione, C uerra, q u i
ricondorro a un nucleo un i tario c h e ne i nd i ca la sostanziale identit
fn dal momento della sua i n venzione. Perch appu n to, come sostie
ne Saba Sard i , si trattb di u n' i n venzione risalente al neol i t i co.

Dominio anal izza la struttura portante di quella che noi ddniamo


"ci v i l t", mostrandonc l 'aspetro d istruttivo e tJrtemen tc aggressivo.

un'opera che non ha equivalenti nella letteratura saggistica con

temporanea. Lo stile coi ncide con la pregnanza del con tenuto

rivo

l uziona tutte le concezio n i a cui s iamo formati da m i l le n n i di pen


siero flosofco e teologico, mutando rad i calmente la prospettiva
della vicenda e dell'esistenza umana. Il l i b ro un i nv ito, una straor
d inaria occasione per non sottostare ai credo di qualsiasi genere.
Questo l ib ro una rivo l uzione senza essere
un manuale d i i dee per l 'azione.

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