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Rita Gianfelice

LA COENA CYPRIANI DA FALSO BIBLICO


A DRAMMA ONIRICO POSTMODERNO DI ECO
Paolo Giovanni Tarigo

n occasione della recente scomparsa di Umberto Eco, molta risonanza stata doverosamente ma anche mi si permetta in virt di unepoca non sempre sensibile al
mondo letterario sorprendentemente tributata alla memoria delle centinaia di scritti
da lui prodotti nella lunga carriera, dai saggi di semiotica ai romanzi, dagli scritti di filosofia ed estetica medievale ai libelli di critica darte e di letteratura. Orbene, pensando
a un Eco medievista, di cui anche quella recente Storia della filosofia specchio significativo (per usare un termine caro al maestro), risulta curioso ricordare, fra le pieghe di
un romanzo che fece epoca, qual Il nome della rosa del 1980, alcuni exempla eruditi che
mirabilmente si intrecciano alla narrazione dei fatti dellabbazia e che non costituiscono affatto excursus decorativi o pleonastici, ma che al contrario creano mimeticamente
un quadro vivo e verisimile della societ monastica medievale, fra lotte di potere, eresie, dispute teologiche, superstizioni e tradizioni popolaresche. Uno spaccato che fa del
romanzo un modello del cosiddetto postmoderno e gli conferisce lo statuto di opera
polisemica leggibile a pi livelli. Ma su questo torneremo a breve. Poco spazio critico
mi pare, tuttavia, abbia goduto un capitolo della sezione finale del romanzo, relativo a
un sogno di Adso da Melk, occorsogli durante lascolto del canto Dies irae che, evidentemente nella pi normale circostanza di giovane novizio, concilia il sopraggiungere
del sonno ; laddensarsi di immagini, di personaggi biblici e contemporanei, di scene
comiche e apocalittiche destinate a turbare il ragazzo, altro non sono, nella successiva
interpretazione di Guglielmo da Baskerville, che leco di una lettura del passato, riaffiorata alla memoria per fondersi in modo bizzarro con i fatti terribili del presente.
Quellopera la Coena Cypriani, misteriosa e misconosciuta, religiosa e dissacratoria
nel contempo, di cui Eco il caso di dirlo realizza lultima redazione, inserendola
con la citata strategia onirica, nelleconomia del romanzo. Vale la pena addentrarsi un
poco in essa, cercando di coglierne il valore e il significato, oltre che le ragioni, non
certo peregrine, della sua inserzione ne Il nome della rosa, destinata a conferirle nuova
vita e soprattutto nuova veste.
In tempi non molto remoti, Elio Rosati 1 pubblic unedizione piuttosto dettagliata
della Coena Cypriani, breve operetta latina serio comica, che conobbe almeno sei redazioni da un originale ascrivibile al iii-v sec. d.C. ma attribuito dalla lunga tradizione
medievale a San Cipriano, fino alla citata ultima revisione in italiano per mano di Eco
e passando attraverso i due maggiori rifacimenti di essa in et carolingia : alludo cio
alla cosiddetta Cena nuptialis approntata nell855 da Rabano Mauro, Arcivescovo di Magonza nonch fine teologo, chiamato a rivestire ruolo di scrittore di corte da Ludovico
il Germanico ; versione questa che precede di ventuno anni quella metrica e ritmica ad
opera di tal Giovanni Immonide o Diacono che nel 876 dedic lo scritto al pontefice

arigo.paologio@tiscali.it
1
Rabano Mauro, Giovanni Immonide, La cena di Cipriano, Alessandria, 2002.

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paolo giovanni tarigo
Giovanni VIII. Riassumendo, sono quindi queste le redazioni della Coena di cui faremo
breve disamina, loriginale tardo antico, i rifacimenti carolingi e il dramma onirico
di Eco.
Scritta nei primi secoli dellera cristiana e attribuita falsamente a Cipriano, 1 vescovo e
martire di Cartagine cui la tradizione assegn centinaia di scritti, secondo una consuetudine consolidata nel mondo antico di conferire una paternit dotata di auctoritas alle
opere adespote e anonime (basti pensare alla cosiddetta Appendix Vergiliana), nellultimo secolo gli studi di Laptre 2e Strecker 3 dimostrarono tuttavia essere rispettivamente
o una realizzazione parodica di unomelia pasquale del vescovo Zeno Veronensis (300371 d.C.), di ambiente quindi italico settentrionale, o viceversa una canzonatura dei
tentativi proposti da Giuliano lApostata di reintrodurre culti pagani, quali per esempio
il simposio. Lopera, comunque siano le origini, un vero e proprio centone, ovvero
un libro costituito di frammenti provenienti da altri testi pagani e cristiani e tradisce,
almeno nella sua prima versione, un inequivocabile carattere erudito e dotto da parte
di un ignoto auctor capace di veicolare sapientemente la polisemia di un testo complesso e stratificato.
Loperetta narra di un re orientale di nome Gioele che, offrendo un ricco convivium
per le nozze a Cana di Galilea, ospita un gran numero di convitati che in realt altro
non sono che personaggi biblici vetero e neotestamentari, capitati poco verosimilmente tutti insieme a gustare la cena e recando ognuno un piatto o pi piatti di portata,
aventi parodisticamente una qualche attinenza con particolari tratti e situazioni delle
Scritture. Ecco, per esempio, che Aronne prende dallarrosto la lingua, poich nella
Bibbia detto lingua di Mos e abile parlatore, 4 Geremia porta un saxatilem, cio
un pesce scoglio, in relazione alla sua morte per lapidazione, 5 Giovanni Battista la
testa dellarrosto, in ricordo del suo martirio, Ges una salsa di aceto, secondo lepisodio evangelico della spugna imbevuta di acqua e aceto cui avrebbe attinto sulla croce.
Dopo il pasto i convitati indossano nuove vesti e si passa alla potatio, la libagione, in un
clima di ebbrezza e allegria che presto determina lubriacatura generale, la vinositas di
tutti, ma soprattutto un furto di oggetti preziosi che fa adirare il re Gioele e lo dispone
a cercare il colpevole : scopertolo nella persona di Achan, 6 si decide per il pubblico supplizio che riecheggia la fine di Cristo, al termine del quale e dopo opportuna sepoltura
i commensali fanno ritorno alle loro dimore.
Si detto che ci che maggiormente colpisce di questa prima versione tardo antica
della coena e che la distingue soprattutto dai due rifacimenti carolingi, proprio il carattere erudito, caratteristico di unepoca non ancora medievale e quindi saldamente
in possesso di parametri, canoni e cultura classica, quella cultura a cui si abbeverano e
di cui sono massimamente intrisi gli intellettuali cristiani del tempo (basti pensare a Gi

1
Per tutti i secoli del Medioevo non si dubitava affatto della sua paternit e concordo con Rosati (cfr. Rabano Mauro, Giovanni Immonide, La cena di Cipriano, cit., p. 47) quando parla di giudizio antistorico che
emerge dalla pagina di Eco che, tramite le parole di Guglielmo, fa trapelare il serio dubbio dellattribuzione
a San Cipriano : diceva [il maestro di Adso] che un uomo virtuoso come Cipriano non aveva potuto scrivere
una cosa cos indecente, una simile e sacrilega parodia delle scritture, pi degna di un infedele e di un buffone
che non di un santo martire (Umberto Eco, Il nome della rosa, Milano, 1980, p. 440).
2
A. Laptre, La Cena Cypriani et ses nigmes. Lettre M. le professeur Strecker de lUniversit de Berlin, Recherches de Science religieuse , 3 (1912), pp. 497-596.
3
K. Strecker, Iohannis Diaconi Versiculi de Cena Cypriani, rist. anast. Mnchen, Monumenta Germaniae
Historica, 1978, pp. 854-900.
4
5
Cfr. Ex 4 10-16.
Cfr. Hbr. 36-37.
6
Figlio di Cammi e ucciso, come si legge in Is. 7 24.

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rolamo, Agostino, lo stesso Cipriano, Lattanzio, ecc.), unepoca caratterizzata da una
produzione letteraria e religiosa ancora forgiata sugli auctores, che conosce rimandi e
strategie retoriche e tecniche del mondo classico, al pari della sapienza ed esperienza
scritturali. Significativo ed emblematico di ci proprio la valenza semantica di cena
che anfi bologicamente richiama tanto le cene cristiane per eccellenza, ovvero leucarestia e il banchetto di Cana, quanto il convivium pagano, perfettamente seguito nella successione delle portate, dalla gustatio (antipasto) alle secundae mensae, alla potatio finale
con scherzi e intrattenimenti, che riproducono il clima bacchico da Saturnali pagani,
per dirla con Rosati 1 e nel contempo favoriscono, nella mente del dotto lettore tardo
antico, immancabili riecheggiamenti delle pi note e briose cene classiche : alludo cio
alla oraziana coena Nasidieni e alla petroniana e ancor pi celebre coena Trimalchionis.
Senza contare che proprio per quanto concerne le pietanze, lignoto auctor dimostra
una tale confidenza con il repertorio classico da attingere, con grande maestria esegetica, a unenciclopedia quale la Naturalis historia di Plinio il Vecchio, fonte inequivocabile delle vivande ittiche del banchetto (libro xiv), associate per metaforizzazione ai
personaggi biblici che spesso in realt non hanno mai avuto relazione con esse. Ecco
il gioco erudito : come spiegare diversamente il citato saxatiles di Geremia o la lingua
di Aronne, lumbrina di Lazzaro (la morte aveva trasformato Lazzaro in unumbra e
per mera associazione lessicale ma anche cromatica viene legato al pesce umbrina, di
cui Plinio d conto in nat. hist. 32. 151 2), evidente gioco linguistico erudito, o ancora il
vinum campanum di Abele (aggettivo giustificabile solamente per lattivit campagnola
di agricoltore svolta da Abele) ?
Unanalogia costante con le successive redazioni, compresa quella in italiano di Eco,
costituita dal periodare ritmico e martellante con accumulazione parossistica di personaggi e relativi apparati. Ecco, per esempio, il momento in cui i convitati prendono
posto a sedere :

Eva super folia, Abel super aratrum, Noe super arcam, Abraham subter arborem [] Beniamin
super saccum, Moyses super montem, Pharao in arena [] Iesus super puteum, Lazarus in
tabula []. 3

Una volta compreso il meccanismo, facile quindi cogliere come questa originaria Coena Cypriani aspiri a costituire una sorta di falso biblico, cos che la Scrittura si trova a
essere inserita in un cortocircuito autoreferenziale ed etero contaminante, dove ci che
conta non la narratologia interna degli excerpta, ma il patchwork delle componenti,
ossia la somma e la riconoscibilit delle movenze contenutistico formali evocate e/o
trasgredite . 4 Chiara e inequivocabile, quindi, la destinazione per un pubblico erudito
che comprendesse la parodia che questo banchetto esprime nei riguardi della cena
eucaristica e soprattutto nuziale di Cana, esprimenti nella Scrittura allegoria nuziale di
Cristo Sposo e soprattutto metafora / allegoria del banchetto celeste escatologico, di
cui fra laltro i personaggi biblici presenti simultaneamente sono chiara allusione : in

Rabano Mauro, Giovanni Immonide, La cena di Cipriano, cit., p. 30.


Si tratta dellumbrina cyrrhosa il cui nome, secondo Isid. etym. 12 6,6, avrebbe relazione con il colore pallido
delle ombre vere e proprie : a colore, ut umbrae, quia colore umbrae sunt.
3
La foglia di Eva allude al fatto che, dopo il peccato originale, sorge nelluomo la vergogna della propria
natura e copre cos i pudenda ; la arena del Faraone allude invece alla spiaggia dopo la disfatta del mar Rosso ;
il puteus di Ges allusione dellincontro con la Samaritana presso il pozzo di Giacobbe, la tabula di Lazzaro
rappresenta il piano su cui posavano le reliquie ed quindi metafora della morte.
4
Rabano Mauro, Giovanni Immonide, La cena di Cipriano, cit., p. 49.
2

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altre parole la Coena Cypriani vuole leggere la Bibbia come se non esistesse allegoria,
bens letteralmente.
Diversi gli intenti e i caratteri dei due rifacimenti carolingi di Rabano Mauro e Giovanni Immonide, il primo dei quali in ordine temporale pare perseguire un duplice
fine : da un lato depurare il testo dalle influenze e relazioni classiche, che peraltro
il pur fine teologo di Magonza non comprende pi alla stregua di tutti i suoi contemporanei, dallaltro eliminare quella cos ormai inaccettabile parodia e irriverenza
nei riguardi del banchetto escatologico e dellallegoria scritturale ; pur conservando
una certa comicit, lopera dellArcivescovo diviene un testo meramente didattico e
mnemotecnico ad usum monachorum. Le svariate associazioni di piatti, bevande e vesti
cenatorie con i relativi personaggi assumono, quindi, nella Cena nuptialis una finalit
didascalica volta a facilitare nei novizi la memorizzazione dei particolari biblici e nel
contempo a favorire lallegorizzazione di momenti teologicamente centrali, ovvero
quelli dellIncarnazione e della successiva Redenzione tramite la morte di croce, rappresentati appunto dalla cena come abbondanza di beni eterni metaforizzati dalle portate e dagli apparati. Il titolo stesso di Cena nuptialis rimarca volutamente le vere nozze
della storia e del mondo con Cristo, come notava fra gli altri anche il finissimo Giovanni Orlandi. 1 Cos, per giustificare compiutamente il tutto, i cambiamenti maggiori
della Cena dellArcivescovo rispetto alla versione tardo antica si hanno nella cornice,
allorch il re banditore del banchetto diviene Abbateo (sincretismo greco giudaico
enunciante Dio padre) e il sacrificato finale Barteo (letteralmente il Figlio) che fra
laltro, non a caso, muore crocifisso : come annotava Gustavo Vinay, il finale con tutti
gli invitati coinvolti in un furto, compreso Ges, senza peraltro capirne la ragione, non
era liturgicamente accettabile, mentre la morte del Figlio diviene simbolo catechistico
dell incolpevole che prende su di s le colpe degli altri . 2
Ancora ulteriori e differenti finalit si riscontrano poi nella seconda redazione carolingia per mano di Giovanni Immonide, 3 che presenta, come caso unico, prologo,
epilogo e suppositio, nonch una forma metrica di 324 versi settenari trocaici ritmici.
Significativa la precisazione del prologo, per evidenziare la natura meramente satirica
e scherzosa dellopera :

Quique cupitis saltantem me Iohannem cernere,


Nunc cantantem auditote, iocantem attendite :
Satiram ludam percurrens divino sub plasmate,
Quo Codri findatur venter. Vos, amici, plaudite.
Riserat qua Cyprianus post Felicem Mineum,
Talamum Longiae septem qui dotavit artibus,
Sub pampineis vinetis, sub racemis mollibus,
Vetera novis commiscens scriba prudentissimus.
Hac ludat papa Romanus in albis pascalibus,
Quando venit coronatus scolae prior cornibus,
Ut Silenus cum asello derisus cantantibus,
Quo sacerdotalis lusus designet misterium.

1
Cfr. G. Orlandi, Rielaborazioni medievali della Coena Cypriani, in Leredit classica nel Medioevo : il linguaggio
comico, Atti del iii Convegno di Studi sul Teatro Medievale e Rinascimentale, Viterbo 26-28 maggio 1978,
Viterbo 1979, pp. 19-42.
2
Cfr. G. Vinay, Alto Medioevo latino. Conversazioni e no, Napoli, 1978, p. 349.
3
Per un esauriente tratteggio della figura rimando al commento di E. Rosati in Rabano Mauro, Giovanni
Immonide, La cena di Cipriano, cit., pp. 170-171.

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Hanc exhibeat convivis imperator Karolus,


In miraculis gavisus, prodigus in vestibus,
Quando victor coronatur triumphatis gentibus,
Ut imperialis iocus instruat exercitum.
Video ridere, certet quam scurra Crescentius,
Ut cachinnis dissolvatur, torqueatur rictibus ;
Sed prius pedens crepabit tussiendo vetulus,
Quam regat linguam condensis balbus in nominibus.
Ad cenam venite cuncti Cypriani martiris,
Rhetoris et papae clari Libicae Cartaginis,
Quam sophista verax lusit divinis miraculis,
non satiricis commentis, non comoedi fabulis.

Cos come nella Suppositio di dedica a Giovanni VIII, oltre al valore di funzione giocosa, si colgono, per stessa ammissione autorale, caratteri comuni ad altre produzioni
ludiche coeve, tipiche dei famosi ioca monachorum o ludi paschales che, come in un temporaneo carnevale, consentono senza censura un sovvertimento dellordine cosmico
e scritturale :

Ludere me libuit ; ludentem papa Iohannes


Accipe ; ridere, si placet, ipse potes.
Tristia lassatis dum currunt saecula tegnis,
Suscipe de rithmis dogmata grata tibi,
Quis laetus poteris spectacula cernere festis,
Iam variis monstris dissimulata nimis.
Aspice depictam multo variamine mensam,
Dum nova cum veteri dogmata iure legis.

Inutile dire che il ritmo di questa Cena Iohannis consenta assonanze e allitterazioni pi
sensibili rispetto alla prosa delle altre versioni, basti osservare il v. 42 (Cain cardum lapsus
captat, Eva ficus involat) o il v. 76 (Cristus nitet columbina, Iohannes in lactina), ma altres
giochi verbali come nel v. 215 : in pastore currit Abel, in cursore fit Iacob.
E arriviamo cos a Umberto Eco. Se da un lato la sua redazione della Coena riecheggia scopi e funzioni dei due precedenti carolingi, indirettamente ma inequivocabilmente richiamate dalle parole di Guglielmo da Baskerville nella spiegazione del sogno al
giovane novizio, 1 altres vero tuttavia che limpianto scenico mosso da altre contingenti ragioni.
Innanzitutto la risposta chiarificatrice di Guglielmo ad Adso costituisce una indiretta
ma inequivocabile allusione alle dinamiche e alla Weltanshauung delle due citate cene
carolinge, le cui rispettive finalit di mnemotecnica e ludus sottintendono un probabile

1
Restai perplesso per un istante. Poi ricordai. Era vero ! Forse mi ero scordato il titolo, ma quale monaco
adulto o monacello irrequieto non ha sorriso o riso sulle varie visioni, in prosa o in rima, di questa storia che
appartiene alla tradizione del rito pasquale e dei ioca monachorum ? Proibita o vituperata dai pi austeri dei
maestri dei novizi, non c tuttavia convento in cui i monaci non se la siano sussurrata a voce, variamente
riassunta e riaggiustata, mentre taluni piamente la trascrivevano, asserendo che sotto il velo della giocondit
essa nascondeva insegnamenti morali ; e altri ne incoraggiavano la diffusione perch, dicevano, attraverso il
gioco i giovani potevano pi facilmente ritenere a memoria gli episodi della storia sacra. Ne era stata scritta
una versione in versi per il pontefice Giovanni VIII, con la dedica : Ludere me libuit, ludentem, papa Johannes, accipe. Ridere, si placet, ipse potes. E si diceva che lo stesso Carlo il Calvo ne avesse messo in scena, a
modo di giocosissimo mistero sacro, una versione rimata per divertire a cena i suoi dignitari (U. Eco, Il nome
della rosa, cit., p. 440).

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carattere culturale della vita monastica del Medioevo che il romanzo si prefigge di riecheggiare storicamente ; ma leziologia nonch la struttura di questa, che potremmo
definire una coena di Adso, vanno ascritte in primis a una natura onirica. Questa nuova
redazione pertanto indissolubilmente legata a un sogno, di per se stessa un sogno,
nel quale il dramma letterario di Cipriano trasfigurato e alterato dalla consueta bizzarria onirica che associa e stravolge ricordi remoti e prossimi e che, nel nostro caso,
mescola le reminiscenze culturali e ludiche del passato di Adso (la recitazione della Coena) con i terribili fatti del presente, vissuti in quei giorni di permanenza nellabbazia.
Ecco cos che alle accumulazioni e ai tradizionali elenchi dei commensali biblici con
le relative azioni e portate cenatorie si affiancano interventi, parole e azioni dei protagonisti delle vicende contemporanee che permeano il romanzo : labate presiede alla
cena come un nuovo Gioele o Abbateo, il cieco Jorge beve da un grosso calice e successivamente sta presso un roveto ardente come un nuovo Mos : ma potremmo dire in
veste di falso profeta che nel fuoco non vede il segno della sofferenza di Israele, bens il
mezzo con cui esprimere il fanatismo religioso di annientamento delle realt secolari :

Al centro della tavola stava lAbate, vestito a festa, con una gran veste di porpora ricamata,
impugnando la sua forchetta come uno scettro. Accanto a lui, Jorge beveva da un gran boccale
di vino, e il cellario, vestito come Bernardo Gui, leggeva virtuosamente da un libro in forma
di scorpione le vite dei santi e i brani del vangelo, ma erano racconti che dicevano di Ges che
celiava con lapostolo ricordandogli che era una pietra e su quella pietra svergognata che rotolava per la pianura avrebbe fondato la sua chiesa, o il racconto di Gerolamo che commentava la
bibbia dicendo che Dio voleva denudare le terga a Gerusalemme. E a ogni frase del cellario Jorge rideva picchiando il pugno sul tavolo e gridava : Tu sarai il prossimo Abate, ventre di Dio !,
proprio cos diceva, Dio mi perdoni [].
E a questo punto Jorge, toltosi i vitra ad legendum, accese un roveto ardente per cui Sara aveva
portato la legna, Jefte laveva raccolta, Isacco laveva scaricata, Giuseppe laveva intagliata, e
mentre Giacobbe apriva il pozzo e Daniele si sedeva presso il lago, i servi portavano dellacqua,
No del vino, Agar un otre, Abramo un vitello che Raab leg a un palo mentre Ges porgeva
la fune ed Elia gli legava i piedi : poi Assalonne lo appese per i capelli, Pietro porse la spada,
Caino lo uccise, Erode ne vers il sangue, Sem ne gett via le interiora e lo sterco, Giacobbe
mise lolio, Molessadon il sale, Antioco lo mise sul fuoco, Rebecca lo fece cuocere ed Eva ne
gust per prima e male gliene incolse, ma Adamo diceva di non pensarci e batteva sulle spalle a
Severino che consigliava di aggiungerci erbe aromatiche. Quindi Ges spezz il pane, distribu
dei pesci, Giacobbe gridava perch Esa gli aveva mangiato tutte le lenticchie, Isacco si stava
divorando un capretto al forno e Giona una balena lessa, e Ges rimase digiuno per quaranta
giorni e quaranta notti. 1

E poi compare la fanciulla amata da Adso, nuovo capro espiatorio, il neo Achan o Barteo, destinata in questo caso al rogo e alla cui esecuzione collaborano rigorosamente
tutte le figure bibliche nel pieno rispetto della Coena letteraria :

Poi tutti si lanciarono su quel corpo buttandole addosso escrementi, petandole sul viso, orinandole sulla testa, vomitandole sul seno, strappandole i capelli, colpendole le terga con fiaccole
ardenti. Il corpo della fanciulla, cos bello e cos dolce un tempo, ora stava scarnificandosi, suddividendosi in frammenti che si disperdevano per le teche e per i reliquiari di cristallo e doro della
cripta. Ovvero, non era il corpo della fanciulla che andava a popolar la cripta, erano i frammenti
della cripta che vorticando via via si componevano a formare il corpo della fanciulla, ormai cosa
minerale, e poi di nuovo si decomponevano disperdendosi, pulviscolo sacro di segmenti accumulati da una forsennata empiet. Era ora come se un solo corpo immenso si fosse nel corso
1

Ivi, p. 432.

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dei millenni dissolto nelle sue parti e queste parti si fossero disposte a occupare tutta la cripta,
pi rifulgente ma non dissimile dallossario dei monaci defunti, e come se la forma sostanziale
del corpo stesso delluomo, capolavoro della creazione, si fosse frammentata in forme accidentali plurime e separate, diventando cos immagine del proprio contrario, forma non pi ideale
ma terrena, di polvere e schegge puteolenti, capaci solo di significare morte e distruzione []. 1

Qual il senso di questo dramma onirico ? Prima si accennava a pi ragioni e, con tutta
probabilit, la prima di esse che potremmo definire narrativa e altres mistica, permette di interpretare la circostanza come una sorta di anticipazione / prefigurazione e
premonizione delle vicende finali della storia rappresentata nel romanzo : laspetto e la
dinamica comico parodica della cena tradizionale si confondono e sfumano cos in
una sinistra e direi apocalittica realt conclusiva, di cui il rogo della fanciulla nonch il
roveto ardente di Jorge possono rappresentare significative allusioni, nella fattispecie
lincendio dellabbazia e il processo intentato da Bernardo Gui. In altre parole, la confusione e il carattere bizzarro del banchetto sognato da Adso tra carnevalesco e apocalittico, in cui si assiste al rovesciamento di talune situazioni (non ultima il citato simposio di Jorge cui si accompagna il suo riso sguaiato e parole ingiuriose paiono essere
dimensioni antifrastiche alla mentalit del personaggio del romanzo, che bandisce con
severit ogni forma di riso umano come emblema dellAnticristo, particolare gi rilevato da Forchetti 2), danno quindi la misura della vicenda principale, la cui conclusione
appare ad Adso quasi nebulosa nella sua tragicit e imponderabile, caotica e labirintica
come peraltro rilevato anche da Lattarulo ; 3 basti leggere il dialogo con Guglielmo
nelle pagine finali di fronte allecpirosi delledificio :

difficile accettare lidea che non vi pu essere un ordine nelluniverso, perch offenderebbe la
libera volont di Dio e la sua onnipotenza. Cos la libert di Dio la nostra condanna, o almeno
la condanna della nostra superbia. Ardii, per la prima e lultima volta in vita mia, una conclusione teologica : Ma come pu esistere un essere necessario totalmente intessuto di possibile ?
Che differenza c allora fra Dio e il caos primigenio ? Affermare lassoluta onnipotenza di Dio
e la sua assoluta disponibilit rispetto alle sue stesse scelte, non equivale a dimostrare che Dio
non esiste ?. 4

E ancora nelle ultimissime battute di Adso ormai anziano, ricompare questo smarrimento, nellatto di raccogliere le memorie di quei fatti remoti dellabbazia :

Ma queste pagine incomplete mi hanno accompagnato per tutta la vita che da allora mi restata da vivere, le ho spesso consultate come un oracolo, e ho quasi limpressione che quanto ho
scritto su questi fogli, che tu ora leggerai, ignoto lettore, altro non siano che un centone [come
la Coena !], un carme a figura, un immenso acrostico che non dice e non ripete altro che ci che
quei frammenti hanno suggerito, n so pi se io abbia sinora parlato di essi o essi abbiano parlato per bocca mia. Ma quale delle due venture si sia data, pi recito a me stesso la storia che ne
sortita, meno riesco a capire se in essa vi sia una trama che vada al di l della sequenza naturale
degli eventi e dei tempi che li connettono. Ed cosa dura per questo vecchio monaco, alle soglie
della morte, non sapere se la lettera che ha scritto contenga un qualche senso nascosto, e se pi
duno, e molti, o nessuno. 5

Ivi, p. 435.
F. Forchetti, Il segno e la rosa : i segreti della narrativa di Umberto Eco, Roma, 2005, p. 177, n. 13 : una descrizione, quella di Jorge, dalle venature carnevalesche, dalle suggestioni linguistiche vagamente rabeleisiane che
richiama un altro luogo del romanzo, il sogno di Adso, calco della Coena Cypriani [] .
3
M. Lattarulo, Tra misticismo e logica, in Saggi su Il nome della rosa, a cura di R. Giovannoli, Milano, 1985,
4
pp. 89-106.
U. Eco, Il nome della rosa, cit., pp. 495-496.
5
Ivi, p. 503.
2

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paolo giovanni tarigo
Ma vi anche unaltra natura rappresentata da questa cena onirica, prettamente letteraria e direi postmoderna, per usare unespressione cara a Eco : se loperetta di Cipriano
un dramma e in quanto tale fittizio e perfettamente ascrivibile al gioco di finzione cui
non sfugge nessuna realizzazione letteraria, il sogno di Adso altrettale copia distorta
e fittizia della realt, come daltronde tutti i sogni. Ma quando a essere sognato un
dramma e in generale la letteratura stessa, ecco che allora il gioco illusionistico si raddoppia e traspare linconsistenza o il rovesciamento di entrambe le suddette situazioni
fittizie : anche perch frutto di artificio e opera artistica per eccellenza il romanzo
stesso che contiene, come scatole cinesi, il sogno e la cena letteraria sognata.
Quasi con strategia metaletteraria, quindi, a questi due ultimi elementi narrativi
affidata lenunciazione nascosta della natura del romanzo come genere deccellenza
e, nella fattispecie, del nuovo romanzo storico, in cui la finzione, il rovesciamento, la
continua manipolazione da parte dellautore sono i tratti distintivi presenti, sebbene
non dichiarati, di tale opera darte, cos come del divertimento di chi la realizza. A tal
proposito scriveva lo stesso Eco :

la risposta postmoderna al moderno consiste nel riconoscere che il passato, visto che non pu
essere distrutto, perch la sua distruzione porta al silenzio, deve essere rivisitato : con ironia, in
modo non innocente. [] Ironia, gioco metalinguistico, enunciazione al quadrato. Per cui se,
col moderno, chi non capisce il gioco pu rifiutarlo, col post moderno anche possibile non
capire il gioco e prendere le cose sul serio. Che poi la qualit (il rischio) dellironia. 1

Cos il referente sublime della Coena non pi rappresentato dalla Bibbia e dalla Scrittura stricto sensu, ma anzi, i personaggi extra biblici che partecipano al banchetto onirico come lAbate, Jorge, la fanciulla ecc., divengono i principali referenti del romanzo
stesso : attraverso di essi, non solo si pu avere una chiave interpretativa del romanzo in
questione, ma altres comprendere il senso della letteratura come regno assoluto della
finzione e dellillusione.
Anche questo un carattere del postmoderno, ulteriore e conseguente principio secondo cui il nuovo romanzo storico favorisce molteplici livelli di lettura, cosicch la Coena onirica di Adso, pu essere letta come semplice sogno occasionale, come visione
apocalittica e nel contempo comico grottesca o, infine, quale dramma metaletterario,
possibile tuttavia solamente al lettore esperto e colto. Con interpretazione molto suggestiva e sempre in ottica metaletteraria, Michele Forchetti osserva anche come il caos della cena sognata e lincendio finale della biblioteca alludano ai cambiamenti epocali, come
per esempio la fine della koin linguistica latina e di un genere di cultura millenario :

sembra quasi che i due episodi, in forza della scrittura mirifica e corporale, siano, in qualche
modo, i sintomi di un mondo nuovo, o comunque i segnali della fine della koin linguistica latina
e dellavvento delle lingue nazionali. Ecpirosi della lingua latina, codice linguistico ormai reso
sterile dalla fine del regno del Codice, e irruzione sulla scena dei nuovi linguaggi, frammenti
impazziti ma vividi della lingua latina ormai agonizzante. 2

Comunque stiano le cose, mutatis mutandis la Coena pare quindi aprirsi a una vasta
gamma di fruitori, dal pi umile al pi colto e, nel segno di una postmoderna democrazia, consente unampia possibilit interpretativa su pi livelli, slegandosi definitivamente dai referenti classici e biblici, nonch dallunivocit ermeneutica e filologica imposta
dalla versione originale a un lettore necessariamente erudito.
1

U. Eco, Postille a Il nome della rosa, Milano, 1983, p. 529.


Forchetti, Il segno e la rosa : i segreti della narrativa di Umberto Eco, cit., p. 177, n. 13.

la coena cypriani dramma onirico postmoderno di eco

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Summary
Opera Latin mysterious and bizarre, between comedy and satirical, composed between late ancient and early medieval age, Cena Cypriani has spanned the centuries becoming the subject of
various readings and reinterpretations and adapting mutatis mutandis the horizon of expectation
of the public and of the culture of each age , from the original version falsely attributed to St.
Cyprian bishop of Carthage and consisting of a sort of false Bible, a parody of Scripture, the
next draft with mnemonic purposes of Rabanus Maurus, that playful as iocus monachorum of
Giovanni Immonide, finally with the dream of Adsos Dinner, dream postmodern posted
on Umberto Ecos The name of the rose. It will include the extraordinary communicative potential and hermeneutic of this poem that, like few others, has been able to meet the different functions attributed by various authors, often using only minor textual variations and onomastic.

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