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La comunicazione una parola che entrata nelle nostre vite quotidiane,

al punto che societ della comunicazione diventato il modo, talvolta


sbrigativo, per definire tout court lintera societ. Giornali, radio, tv, web e
social network, ovvero old e new media, cio mezzi di comunicazione
tradizionali e nuovi strumenti e servizi che scaturiscono dalla rete, da
internet, sono oggi il tessuto connettivo, ma anche il sistema nervoso su
cui basata la quasi totalit delle nostre azioni e attivit quotidiane. Sia
lavorative, sia di tempo libero.
La societ della comunicazione che anche una societ
dellinformazione, da quando computer e reti di (tele)comunicazione
avvolgono il mondo in una rete (il www.) sempre pi estesa, ramificata e
pervasiva, dunque il nostro ambiente. Il luogo materiale e immateriale in
cui si giocano rapporti e relazioni, si mettono in campo valori e identit
(personali e collettive) e si giocano partite economiche rilevantissime, nelle
quali uno degli attori principali la pubblicit. Ovvero lanima del
commercio, meglio dei commerci, nonch materia prima fondamentale per
il funzionamento del sistema dei media. Per arrivare rapidamente ai temi e
argomenti, nonch allo stile e al taglio narrativi dellinsegnamento di
Comunicazione giornalistica e pubblicitaria.
Sono 4 le parti su cui si articola un discorso che parte dalle questioni
preliminari ed essenziali della comunicazione:
- A partire dalla sua definizione (1 ud), si sviluppa considerando, nella
prospettiva storico-sociale, i principali contributi teorici (ud 2 e 3), anche in
forma di antologia essenziale o citazionario (ud 4) e si chiude affrontando
le Questioni mediali e socio-culturali emergenti (ud 5 e 6).
- La seconda parte racconta e analizza la trasformazione epocale e
attualmente in corso del sistema mediale per effetto dellinnovazione
tecnologica e del rapidissimo sviluppo di new media e social media (ud 7 e
8).
- La terza parte prende in considerazione cause ed effetti dellingorgo
mediatico che scaturisce dalla proliferazione dei soggetti attivi sul mercato
dellinformazione, esasperata dalla straordinaria diffusione dei media
web&social (ud 9 e 10).
- Lultima parte si concentra sullavvento della societ mobile o mobile
society, segnata dalla comunicazione istantanea, dalla connessione

continua, dal movimento incessante (ud 11, 12 e 13), e si conclude


proiettandosi sui possibili sviluppi futuri, in una prospettiva di scenario (ud
14 e 15).
Va infine premesso che questo corso nella versione blended - pu
risultare un po diverso dagli altri, nella struttura come nel tipo di
narrazione, nel senso che spesso assume modi e ritmi del linguaggio
pubblicitario e dei social media.
Cos la comunicazione
Il termine comunicare deriva dal latino: communicare, derivato
di communis, che significa comune, cio appartenente a pi persone. Nella
radice latina implicita lidea di condivisione e di comunit di individui,
singolarmente bisognosi di rapportarsi ad altri: in tal senso, comunicare
diviene collegare, trasmettere, diffondere attraverso la parola, il suono, i
segnali, i gesti, i simboli. Inoltre, il termine composto
da cum, con, munus (da moenus), incarico, dono, obbligo, che assume
diversi e molteplici significati; nonch quello di mura, in quanto derivato
da munio-moenio, che vuol dire munire, costruire opere di difesa, fondare,
proteggere, difendere da, aprire un varco.[1]
Anche per gli antichi Greci, i verbi koino, rendo comune, unisco,
notifico, addirittura mi rapporto e koino, partecipo, sono implicato, sono
daccordo, afferivano al termine koin, comunit.
Dunque, risalendo alletimologia della parola, comunicare vuol dire mettere
in comune, condividere, far partecipe di, essere in rapporto con, discutere
insieme: presupposto ricorrente sempre la relazione con laltro e la
condivisione di esperienze di vita, oggetti materiali o culturali. Latto del
comunicare caratterizza da sempre lagire umano e indica sempre un
passaggio, una trasmissione, un portare un messaggio, un dono, ma anche
un rapporto, un mettersi in relazione, una costruzione e, al contempo,
una de-costruzione.
Dalla ricerca etimologico-lessicale emerge anche come il concetto di
comunicazione sia strettamente interrelato con la componente umana e il

bisogno di logos e di sapere, di ricerca della vera essenza delluomo. La


persona, nella sua dimensione sostanziale, tende a stare in s, presso di s,
mentre nella sua dimensione relazionale, si pone in relazione con laltro.
Nella comunicazione e attraverso essa la persona si afferma come essere in
s e, al contempo, emerge, esce fuori per poi ritornare a s attraverso
lincontro e il riconoscimento dellaltro: si costruisce la casa dellio/tu
dove luomo entra in s uscendo da s. Comunicazione, dunque, atto
riflessivo di chiusura in s e, contemporaneamente, apertura intenzionale
allaltro essere.
Studiare la comunicazione permette cos di recuperare il significato
autentico della persona, nel suo essere e nella sua esistenza e di cogliere
tale rapporto come trascendimento, trascendenza del proprio s qui e ora
verso il con-essere.
Sono le teorie della comunicazione a occuparsi dellassunto comunicare
essere, mentre lontologia, e quindi le scienze umane e sociali, si
interessano dellassunto essere comunicare. Si potrebbe affermare in
modo quasi cartesiano: communico, ergo sum. Luomo, in quanto
comunicante, produce segni ed capace di meta-semiotica, vale a dire di
riflessione e di coscienza sui significati che veicola.
Pertanto comunicando, mette in comune oggetti e partecipa alla
costruzione di strutture sociali comunitarie, communitas, connotate di
socievolezza e affabilit. Inoltre, rende comuni idee e pensieri,
eventi comunicando non solo in quanto partecipante alla comunit hic et
nunc, ma anche come interlocutore unico, singolo, originale nella
trasmissione e condivisione di informazioni e significati.
Infatti, durante lepoca moderna, lo sviluppo dapprima dei mezzi di
trasporto di persone e cose, e poi di mezzi di trasmissione delle
informazioni, apre nuove possibilit per la comunanza tra persone: si parla
cos di mezzi e vie di comunicazione. Il linguaggio umano, ha reso possibile
levoluzione fino ad oggi, non solo biologica, ma anche storico-socialeculturale di animale semiotico. Nellattuale fase tardo-capitalistica e nello
sviluppo della societ dellinformazione, nasce il concetto di esserecomunicazione. Si concretizza una vera e propria apologia della
comunicazione, visti i processi di internazionalizzazione, mondializzazione,

globalizzazione, virtualizzazione non solo dei mercati, ma anche dei


processi comunicativi e culturali. Ne deriva che la comunicazione da fatto
intermedio nel ciclo produttivo, in termini di produzione, scambio e
consumo, diventata modalit costitutiva della produzione e del consumo.
Da cui, appunto, la definizione onnicomprensiva di societ della
comunicazione.
APPROFONDIMENTO
Dalla difficolt di definire la comunicazione allindividuazione di modelli
comunicativi
Nel flusso della vita quotidiana relazionale e sociale, in tutti i suoi contesti,
la comunicazione si presenta come un fenomeno complesso, in continuo
movimento e mutamento che ci coinvolge in modo consapevole e
inconsapevole. Questo concetto poliedrico, mai univoco, richiede landare
oltre una definizione di senso comune, lineare-enciclopedistica.
Per far ci occorre partire da alcune premesse: anzitutto la comunicazione
condivisa da tutti gli esseri umani e comune a tutti gli esseri viventi.
Sulla Terra tutti gli animali comunicano reciprocamente in modo diretto e/o
mediato; funzionale in base alla dimensione, alla complessit delle parti
coinvolte e alla distanza spazio-temporale che le separa.
Ne deriva che la comunicazione :
animale: la forma pi elementare e anche la pi universale. La psicologia
animale definisce la comunicazione come la trasmissione di informazioni da
un animale allaltro tramite segnali che sono il prodotto di una specifica
selezione naturale;
unattivit sociale, in quanto tutta la fenomenologia della vita relazionale e
sociale potrebbe essere vista da uno spaccato prettamente comunicativo,
dalla primigenia diade madre-figlio (non solo nel mondo umano) alla
vastissima gamma dei fenomeni internazionali tra le persone, i gruppi, le
istituzioni, le organizzazioni;
unattivit cognitiva e strettamente connessa con lazione,
implicitamente utilizzata nellambito delle relazioni umane e, pi in
generale, nel contesto del sistema sociale. Ogni atto comunicativo ha di per

s degli effetti sulla sequenza degli scambi fra i partecipanti, allinterno di


un processo di influenza reciproca;
unattivit universale e globale, in quanto tocca tutti gli aspetti della
esperienza umana.
E per questo che stata studiata da vari approcci di studio: matematico,
psicologico, linguistico-semiotico, pragmatico, pedagogico, sociologico. Essi
rimandano a modelli formali, di tipo interdisciplinare, di ambiti scientifici
diversi che vanno dalle discipline umane, sociali, linguistiche a quelle fisicochimiche-matematiche; da definizioni e/o concettualizzazioni generali
cos possibile operare alcuni zoom necessari per delimitare, di volta in
volta, ambiti di competenza disciplinare.
Nonostante questo concetto abbia ricevuto, soprattutto dalla seconda
met del Novecento, notevole interesse e attenzione da parte di numerosi
e diversi ricercatori, la sua comprensione scientifica solo agli inizi e non
esiste ancora una teoria scientifica soddisfacente sotto il profilo
epistemologico in grado di illustrare e di capire che cosa sia la
comunicazione.
Lespansione di tale interesse deriva dalla rivoluzione del paradigma
scientifico verificatosi nel Novecento, in cui si assistito al passaggio dal
macroconcetto di energia a quello di informazione:
il primo, che ha consentito la rivoluzione industriale dellOttocento grazie al
motore a scoppio (dal battello a vapore al treno, allautomobile), ha dato
forma allorizzonte scientifico di quellepoca, dalla termodinamica alla
chimica, alla psicoanalisi;
il secondo macroconcetto, nel Novecento, rivoluziona lorizzonte scientifico
e introduce una prospettiva dindagine radicalmente differente che, a
livello tecnologico, conduce al computer e ai new media, e che, a livello
scientifico, consente la comparsa di nuove discipline come la cibernetica,
linformatica e le varie scienze della comunicazione, come la psicologia e la
sociologia della comunicazione, la massmediologia.
Emerge, dunque, la necessit di operare opportune distinzioni al fine di
evitare pericolose confusioni e/o sovrapposizioni concettuali:

- Informazione vs comunicazione: la prima acquisizione di conoscenze


inferite in modo autonomo da parte di un ricevente (B) nei confronti di un
emittente (A), anche se questultimo ne inconsapevole; la comunicazione,
invece, esige la presenza di unintenzione reciproca, simultanea e il
riconoscimento reciproco come interlocutori;
- Interazione vs comunicazione: la prima qualsiasi contatto sia fisico che
virtuale, anche involontario (quindi, non necessariamente intenzionale, non
implica necessariamente una comunicazione), fra due individui che va a
modificare la situazione preesistente tra loro. La seconda richiede uno
scambio consapevole e riconosciuto come tale dai partecipanti; implica
sempre uninterazione (ma non viceversa). Linterazione si trova in
posizione intermedia tra la comunicazione e il comportamento.
- Comunicazione vs comportamento: ogni comunicazione un
comportamento, in quanto espressa mediante azioni manifeste e
percepibili da un altro soggetto, ma non ogni comportamento
comunicazione, in quanto esistono numerose forme di comportamento che
possono mandare informazioni, ma non rappresentare comunicazione.
Infatti, il comportamento corrisponde a una qualsiasi azione motoria messa
in atto da un individuo, per ragioni sia coscienti e volontarie, sia
automatiche e riflesse. Dal punto di vista psicologico si sottolinea, come
Watzlawick, Beavin e Jackson, sovrapponendo i concetti di comunicazione e
comportamento, abbiano inficiato la possibilit di comprensione della
specificit della comunicazione (si rischia di
considerare comunicazione anche un tic).
Questi tre concetti-chiave oppositivi hanno attraversato tutti gli studi sulla
comunicazione nei vari ambiti disciplinari, dalla linguistica e filologia alle
scienze antropo-socio-psico-pedagogiche.
Ne derivano modelli comunicativi, sottostanti a tipologie che hanno lo
scopo di facilitare lo studio e lanalisi, offrendo uno strumento
classificatorio-tassonomico:
a) Modello tradizionale trasmissivo o veicolare: la comunicazione consiste
in un passaggio delle informazioni da un emittente a un ricevente
attraverso vari mezzi.

b) Modello interattivo: la comunicazione consiste in una interazione


sociale nel corso della quale due o pi soggetti arrivano a condividere
determinati significati.
c) Modello dialogico: la comunicazione intesa come trasferimento
dinformazioni codificate fra due soggetti e come relazione sociale tra due
o pi soggetti che condividono gli stessi significati. attraverso il concetto
di relazione che si pu operare il salto nella riflessione dal modello
tradizionale a quello dialogico, secondo cui ogni scambio comunicativo
implica e coinvolge la personalit individuale o collettiva degli interlocutori,
li mette in gioco.
E possibile, dunque, approdare alla seguente definizione:
la comunicazione umana uninterazione (reciproca influenza)
intersoggettiva, dotata di intenzionalit reciproca e di un certo grado di
consapevolezza in grado di far condividere un determinato significato,
mediante un sistema di segni, basato prevalentemente su sistemi
simbolici e convenzionali di significazione e di segnalazione secondo la
cultura di riferimento; in particolare, il sistema di simboli verbali, il
linguaggio umano, caratterizzato da una doppia articolazione
(fonemi/morfemi), che a sua volta si basa su un sistema completo di
fonetica, sintassi, semantica, pragmatica.
Ricorderemo infine che:
1) Una persona da sola non comunica. Per comunicare si deve essere
almeno un due.
2) La comunicazione si struttura fondamentalmente in comunicazione
verbale e non verbale.
3) La comunicazione verbale incide sul processo comunicativo per il 20/30%
( ma spesso anche meno), quella non verbale per il 70/80%
4) Nella comunicazione la forma altrettanto (se non di pi) importante del
contenuto.
5) Una rete di comunicazione costituita da almeno tre
punti/nodi/soggetti.
6) Le prime reti mediali sono state le connessioni via cavo del telegrafo.

Dalla nascita del linguaggio ai mass media


LUomo animale comunicativo e la conquista del linguaggio
La comunicazione non costituisce unattivit specie-specifica, esclusiva della
specie umana, ma affonda le sue radici nellevoluzione delle specie animali.
Luomo un animale comunicativo e la sua evoluzione genetica
strettamente connessa con lo sviluppo del linguaggio.
Ma quali basi hanno permesso la nascita e levoluzione del linguaggio?
Possiamo identificarne 3:
una biologica: a livello anatomo-fisiologico che ha permesso la
predisposizione;
una intellettiva: che porta alla conoscenza;
una ambientale: che offre un mondo linguistico gi compiuto, tanto che, in
questo senso, non siamo noi a parlare ma il linguaggio che ci fa parlare
secondo norme sue proprie.
E, come sono nate le lingue moderne?
Vi sono due ipotesi:
una monogenetica, secondo cui derivano da una comune lingua originaria;
laltra poligenetica, ne afferma la derivazione da diversi ceppi primordiali.
Non c dubbio, comunque, che le lingue esistenti sono il risultato di un
processo di differenziazione avvenuto nel corso dei millenni. I linguisti
dell800 attraverso il metodo comparativo, scoprirono che la maggior parte
delle lingue europee formano una famiglia linguistica: lindoeuropeo da cui
derivano almeno sette ceppi linguistici.
Linguaggio e comunicazione si sono concretizzati nelle primitive forme
darte pittografica fino allinvenzione della scrittura e alla comparsa degli
alfabeti (circa 5000 anni fa). Le numerosissime lingue primitive subirono poi
gli sconvolgimenti di ripetute migrazioni. In epoca storica, la civilizzazione e
la formazione di grandi unit nazionali ha favorito la standardizzazione delle
lingue, come avvenuto in Europa, dove lunit della lingua stata la
premessa dellidentit e dellunit nazionale in molti Paesi.
Le lingue sono in continua evoluzione come organismi viventi, per cui una
caratteristica prevalente in una lingua in un determinato periodo pu a
poco a poco ridursi e lasciare il posto allemergere di altre. Inoltre, a fronte

del fatto che la popolazione mondiale si sia moltiplicata pi di mille volte,


c stata una notevole riduzione del numero dei linguaggi: si stima che
siano sopravvissuti solo circa 5000 idiomi, la met dei quali pare destinata a
scomparire in meno di un secolo, e solo circa 70 diverse lingue sono
attualmente riconosciute come lingue nazionali.
Dal medium ai media
Sin da quando luomo ha cominciato a vivere con i suoi simili ha cercato
tanti modi e mezzi per comunicare.
Dallepoca delloralit del villaggio ristretto, a quella della scrittura-stampa
della citt, a quella dei media elettronici del villaggio globale,
la comunicazione mediata scaturisce dalla comunicazione diretta, creando
gradualmente allumanit una memoria esterna articolata. Partendo dalla
considerazione che i media sono per luomo una specie di protesi fisiche e
psichiche, unestensione delle sue facolt, McLuhan afferma che il modo di
trasmettere cultura influisce cos profondamente su di essa da determinare
levoluzione e la storia di tutti i processi socio-culturali. Questi afferiscono
alle cinque grandi rivoluzioni nella storia delle tecnologie della
comunicazione: lalfabeto, la carta, la stampa, lapplicazione dellelettricit
alla comunicazione, le nuove tecnologie della comunicazione. McLuhan con
lo slogan il medium il messaggio sottolinea anche come i mezzi incidono
fortemente sulla realt circostante, modificando le strutture cognitive e
culturali e producendone di nuove.
Il medium uninterfaccia particolare orientata alla costruzione,
negoziazione e condivisione di significati, sostenuta da un supporto
tecnologico. Nellambito degli studi sulla comunicazione, il medium
inquadrato secondo due prospettive:
- quella culturale: come artefatto, dispositivo di mediazione tra uomo e
ambiente. Come prodotto culturale, pu essere modificato e integrato, in
modo da potenziare e perfezionare le opportunit di azione e di
comunicazione degli attori sociali. Esso svolge una funzione cognitiva,
poich uno strumento per partecipare e distribuire socialmente i
significati e la conoscenza;
- quella tecnologica: il medium come strumento tecnologico in grado di
immagazzinare e trasferire informazione. In questa ottica, lattenzione

focalizzata sullincremento del grado di efficienza nei processi comunicativi,


eludendo i limiti posti dalla comunicazione faccia a faccia. Da ci la
centralit e limportanza assunta dalle acquisizioni tecnologiche e il loro
costante perfezionamento nella storia.
Da questottica, levoluzione della comunicazione umana va letta alla luce
di una teoria delle transizioni, secondo cui essa contraddistinta dal
succedersi di periodi caratterizzati dalla centralit e dalla dominanza di una
determinata tecnologia di comunicazione. Cos Debray (filosofo e scrittore
francese,1994) parla di sfere:
- la logosfera (lo scritto si diffonde in base alle regole e ai canali di oralit);
- la grafosfera (lo stampato impone la propria razionalit);
- la videosfera (depotenziamento del libro a opera dei supporti audiovisivi);
- oggi, la cibersfera (diffusione dei mezzi informatici e dei new media).
La nascita e la diffusione dei media sono la risultante dellinterazione tra
variabili sociali, tecnologiche e culturali: causano lincremento dellattivit
comunicativa e lestensione dei livelli di comunicazione in gioco in funzione
della crescente complessit sociale e culturale e, di conseguenza, della
disponibilit di risorse per gestirla in modo adeguato.
Si assiste:
al passaggio dalla comunit tradizionale, cementata dai rapporti
interpersonali, dalle tradizioni, dai valori di solidariet e di partecipazione
alla societ di massa, nuova societ urbana, pi vasta, in cui le relazioni
sono anonime e impersonali. Nel 1933, Blumer (1900-1987, sociologo e
principale teorico dellinterazionismo simbolico) opera una netta
distinzione tra massa, gruppo e folla.
- Nel gruppo tutti i membri si conoscono, vi un alto grado di coesione e di
condivisione dei valori e delle pratiche culturali;
- la folla un aggregato di individui che si costituisce spesso in modo
contingente in funzione specifica della condivisione di determinate
esperienze, non possiede un background comune di valori e di principi
valutativi, sostanzialmente instabile perch priva di storia;

- la massa, a sua volta, costituisce una vasta aggregazione di individui,


isolati, anonimi e, tuttavia, accomunati nel tempo da medesimi oggetti di
interesse, al di fuori del loro ambiente personale o del loro controllo. Come
la folla, la massa non ha unidentit definita, ma a differenza di essa, non
in grado di agire autonomamente. La massa dunque permeabile allazione
dei media nel tempo, in relazione comunicativa asimmetrica,
unidirezionale prima, interattiva e bidirezionale, dopo.
al costituirsi delle comunicazioni di massa come vera e propria agenzia di
cultura e di socializzazione (secondaria), una realt operativa impegnata
non solo nella produzione, riproduzione e diffusione di conoscenze, ma
anche di trasferimento della cultura dal livello della societ a quella
dellindividuo;
al cambiamento dellessenza della comunicazione: dopo qualsiasi scambio
comunicativo la situazione tra i partecipanti (e tra essi e lambiente) non
pi uguale a prima. In tale processo non si possono escludere una certa
intenzionalit e razionalit dellatto comunicativo, che porta a un tipo di
influenza sia nelle relazioni interpersonali, sia nel rapporto con i
massmedia.
Le caratteristiche uniche e salienti dellagenzia culturale delle
comunicazioni di massa sono:
- istituzionalizzata: lazione culturale dei media non improvvisata, ma
risponde a un complesso organico di norme formali e informali, giuridiche,
etiche e convenzionali, che riguardano lintera catena, dai produttori ai
distributori, ai fruitori. Le vengono riconosciute finalit sociali, che la
legittimano come istituzione accanto alle altre istituzioni in societ.
- Fornisce una socializzazione formale ed orientata alleducazione.
- organizzata, in quanto si avvale di apparati di supporto imponenti, sia
sul piano materiale delle risorse, sia mentale dellorganizzazione formale.
- inserita nel tessuto sociale, intrattenendo rapporti sia in alto con i centri
di potere della societ, sia in basso con il pubblico.

- generalista: si rivolge a un vasto pubblico, eterogeneo e anonimo,


agendo per diverse ore al giorno e raggiungendo potenzialmente tutti i
componenti della societ.
- Offre un flusso potenzialmente infinito di intrattenimento e di
informazione; trattando conoscenze generiche e a tutto campo, in quanto
spazia dallinformazione di attualit, ai saperi specialistici dei vari settori,
allarte, alla religione, allo sport.
- Media tra realt ed esperienza diretta, aprono una finestra sul mondo e
allargano lorizzonte delle nostre conoscenze.
- di dominio pubblico, in quanto laccesso ai contenuti diffusi libero e
ci implica che la comunicazione massmediale sia sottoposta a controlli
della collettivit, formali attraverso apposite legislazioni, e informali con
censure, pressioni, apprezzamenti, giudizi sfavorevoli.
- Stabilisce lagenda del dibattito politico, economico, culturale.
- pervasiva, per la presenza costante e la grande capacit di penetrazione
e diffusione, per cui le persone sono esposte alla sua influenza.
- Contribuisce a conservare le strutture esistenti del potere e,
contemporaneamente prepara il terreno ai processi di mutamento vitali
per ogni societ moderna, industriale e post-industriale.
Dal medium, dunque, artefatto e strumento privilegiato di accesso alla
conoscenza, ai media, quarto potere nelle societ contemporanee per la
loro capacit di conservare, riutilizzare la mole di informazioni e di
orientare e influenzare in modo rilevante il sistema delle credenze, degli
atteggiamenti e delle norme delle persone, di opinioni, percezioni,
cognizioni.
ATTIVITA'
Riconsidera gli elementi fondamentali della comunicazione (dalletimo al
costituirsi del sistema delle comunicazioni di massa) e rifletti su:
a) evoluzione della comunicazione e dei modelli comunicativi,
b) differenza fra comunicazione diretta, mediata e di massa,
c) affinit/diversit del binomio informazione/comunicazione,
d) la societ della comunicazione

2. COMUNICATION STUDIES E MASS COMUNICATION RESEARCH. SCUOLE,


TEORIE, STUDI: I PRINCIPALI INTERPRETI E CONTENUTI NELLA PROSPETTVA
STORICO-SOCIALE (PARTE PRIMA)

con lo sviluppo dei medium di massa lespressione della libert di stampa,


dopinione e di riunione diventa una rivendicazione democratica che
inquieta le classi dirigenti.

SPIEGAZIONE

Sono i temi del controllo e della propaganda ad alimentare il dibattito e la


ricerca teorica, ma ancor le politiche pubbliche, che negli anni 20 e 30 si
identificano perlopi con i sistemi autoritari. Ma in ogni caso e aldil e
aldiqua dellAtlantico ci che comincia a essere chiaro a tutti, anche
alluomo della strada, la potenza influenzatrice e manipolatrice dei mezzi
di comunicazione di massa. Esemplificata al massimo dalla celebre beffa
radiofonica del regista Orson Wells, che mandando in onda un
radiodramma, La guerra dei mondi, in cui si diceva di uno sbarco in corso
dei marziani sulla terra, produsse unonda di panico tale che un gran
numero di americani fugg dalle case riversandosi in strada.

Numerosi pensatori e scuole si sono interessate di comunicazione, ma le


prime riflessioni sistematiche, cio riferite a questioni specifiche, sono
situabili agli inizi del secolo scorso, quando gli effetti della comunicazione,
soprattutto con lavvento dei primi mezzi di comunicazione di massa
(cinema e radio), diventano socialmente importanti.
La rivoluzione tecnologica che ne alla base e che vede anche
lintroduzione di macchine e tecniche di stampa che consentono
lammodernamento delle aziende editoriali, oltre a rendere possibili le
grandi tirature dei giornali (quotidiani e periodici), gioca una parte
fondamentale nella costruzione delle moderne imprese editoriali. Il
mercato da un lato e dallaltro il costituirsi di unopinione pubblica
informata, grazie appunto ai nuovi medium di comunicazione di massa,
oppure manipolata o strettamente controllata, sono i campi su cui si
concentrano le attenzioni degli studiosi.
E negli Stati Uniti che fin dal primo decennio del 900 la comunicazione
parte integrante di un progetto teso a fondare una scienza sociale su basi
empiriche. La Scuola di Chicago il fulcro di tale progetto, la cui egemonia
durer sino alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale. Ma qui dobbligo
ricordare la provenienza dei suoi esponenti pi importanti: quasi tutti
provenienti dallambiente giornalistico e dunque portati a concepire le
inchieste sociologiche come una forma superiore di reportage.
In Europa invece linteresse molto meno empirico e micro-sociologico e
viceversa interessato ai grandi temi (come quello delle montanti masse
lavoratrici), dunque del controllo dellopinione pubblica nel momento in cui

Ma se la propaganda, alla fine e in estrema sintesi, la protagonista degli


studi come delle pratiche di comunicazione per la prima parte del xx secolo,
la vera e grande novit la comparsa della televisione, che con la
pubblicit, rappresentano lanima della nascente societ dei consumi.
Quella che prende forma negli anni Cinquanta e si realizza pienamente nel
decennio successivo, diventando soggetto e oggetto di studi e ricerche
ormai numerosissimi, come la variet di fenomeni socioculturali e
comunicativi che scaturiscono da una societ nella quale i mezzi di
comunicazione di massa sono diventati padroni.
Il primo autore di comunicazione: Walter Lippmann.
L'Opinione Pubblica di Walter Lippmann pubblicato nel 1922 a New York il
primo testo ad affrontare il problema del crescente peso che, nelle societ
occidentali, stavano assumendo i mezzi di comunicazione nei confronti
della vita politica.

LOpinione Pubblica con le iniziali maiuscole era il tema fondamentale di


una narrazione intesa a dimostrare quanto fosse cruciale per il sistema
orientare/modificare le immagini che i cittadini avevano della realt del
mondo esterno. Spesso distorte e poco informate, anche per effetto
dellesistenza di numerose barriere all'acquisizione di una corretta
informazione da parte dei cittadini

Scuola di Chicago, filosofia del pragmatismo.


Scuola di Chicago
Negli Stati Uniti nel 1900 la comunicazione costituisce un grande progetto
che vuole essere applicato alla soluzione degli squilibri della societ. Un
indirizzo sociologico che raggiunge il suo massimo splendore negli anni
Venti la Scuola di Chicago, la quale eserciter la sua egemonia fino alla
vigilia della Seconda Guerra Mondiale. Prima scuola di sociologia urbana
negli Stati Uniti ad affrontare uno studio sistematico della citt attraverso
un approccio empirico, esamina la diversa incidenza dei fenomeni come la
criminalit, il divorzio, il suicidio nelle aree urbane e in quelle rurali. Emerge
con forza che i rapporti sociali e culturali sono strettamente condizionati
dallambiente di appartenenza. Lelemento di novit lapproccio ecologico
alla societ, dunque la relazione tra ambiente, territorio e abitanti. Parte
integrante della sua problematica la nozione di gruppo primario che sar
importante per lanalisi funzionale dei media. Elemento caratterizzante
invece la provenienza giornalistica dei suoi diversi esponenti.

Filosofia del pragmatismo


Notevole linflusso allinterno della Scuola stessa della cosiddetta filosofia
del pragmatismo. A questa fanno riferimento il filosofo e pedagogista Jhon

Dewey (1859-1952) e lo psicosociologo Herbert Mead (1863-1931),


influenzando anche Charles Horton Cooley (1864-1929). Essa utilizza
lespressione gruppo primario per caratterizzare la cooperazione faccia a
faccia e rappresentare la base della formazione della natura sociale
dellindividuo.
Cooley critica le visioni unilaterali. Secondo lui c interazione fra le
tendenze omologatrici delle strutture metropolitane e vissuto dei suoi
abitanti. Lindividuo capace dellesperienza singola e al tempo stesso
soggetto alle forze che lo spingono al livellamento dei comportamenti, di
conseguenza pu essere succube dellomologazione ma possiede la forza
per sottrarvicisi.
Ma il fondatore del pragmatismo Charles S. Pierce (1839-1914) diffidente
verso le verit definite universali. Secondo Charles S. Pierce (fondatore
anche della semiotica) tutto segno. Pensare vuol dire manipolare segni. Il
pragmatismo non altro che una regola per stabilire il senso delle parole.
Parallelamente, la logica definita come semiotica.

Parson, Merton e Lazarsfeld


Dal 1935 si contesta la supremazia della Scuola di Chicago. Sorgono altri
poli universitari, due in particolare: quello di Merton e Lazarsfeld e quello di
Parson. Talcott Parson (1902-1979) condivide con laltro polo lidea di
scienza sociale neutra, non partigiana n schierata. Ma egli (allinterno del
progetto funzionalista che vedremo in seguito) si tiene lontano dagli
interessi economici, mentre Paul F. Lazarsfeld (1901-1976) e Robert K.
Merton (1910-2003) vivono di committenze. La differenza incide sul modo
di intendere la teoria. Parson vuole cogliere laspetto dei fenomeni nella
loro totalit, vedendo ricchezza in un apporto interdisciplinare. I secondi

invece sono interessati agli aspetti pratici, anche economici della


comunicazione e soprattutto dellindustria massmediale.

La Mass Comunication Research


La Mass Comunication Research si sostituisce alla visione dellecologia
umana nel corso degli anni Quaranta, anche se la sua data di nascita il
1927. Questa prevede la misurazione quantitativa di uno o pi determinati
dati in questione, per rispondere alla domanda di coloro che gestiscono i
mezzi di comunicazione.
Harold Lasswell (1902-1978) sostiene che la propaganda il solo mezzo per
avere il consenso delle masse ed la forma pi economica rispetto ad altre,
come ad esempio violenza e corruzione. Per lui la propaganda non la si pu
considerare morale o immorale, piuttosto la si pu utilizzare per fini buoni
o malvagi, paragonando il medium allago ipodermico (bullet theory). Nel
1935, propone luso sistematico del contenuto dei media per cogliere le
tendenze dellattenzione pubblica e approntare di conseguenza le linee
politiche adeguate agli interessi dellemittente, con realizzazione parziale
del progetto tra il 1940 e il 1941. Questo prevede lanalisi del contenuto,
dellaudience e degli effetti per orientare lapproccio con lutenza. Lasswell
si impegna in compiti riguardanti propaganda, opinione pubblica, elezioni.
Diventa famoso per la frase: chi dice che cosa, con che canale, a chi, con
quale effetto, propria della sociologia funzionalista nel 1948. Vi nella
visione di Lasswell e della Mass Comunication Research lesigenza del
risultato, del controllo dellefficacia (sia per iniziativa pubblicitaria o per
propaganda bellica).
La preoccupazione del risultato inerente il messaggio inviato (nata negli
anni precedenti la Prima Guerra Mondiale), studia nel periodo delle riforme
sociali linfluenza dei media sui bambini e giovani, con analisi del rapporto

tra i primi e la violenza. Ma si studiano anche gli effetti del cinema. La


comunicazione viene intesa da Lasswell come vigilanza sullambiente,
potenzialmente rivelatrice di tutto ci che potrebbe minacciare il sistema
vigente, e come incontro tra componenti della societ con trasmissione
delleredit sociale.

La sociologia funzionalista
La sociologia funzionalista considera Robert K. Merton (1910) uno dei
quattro padri fondatori della Mass Comunication Research. Direttore di
ricerca per una rete radiofonica, Merton inaugura gli studi quantitativi
sullaudience. Collabora con Paul F. Lazarsfeld realizzando un analizzatore
di programmi chiamato macchina dei profili (machine profiler). Con
questo sorta di antenato dei sistemi auditel - vengono registrate
preferenze e avversioni dei riceventi (pubblico di riferimento) con la
volont di formalizzare matematicamente i fatti sociali. Questo metodo
viene creato prima per il pubblico radiofonico e utilizzato immediatamente
dopo per il pubblico cinematografico. Lazarsfeld prende le distanze
dallimpegno sociale assunto negli anni Trenta dalla Scuola di Chicago,
preoccupandosi solo di approntare strumenti di valutazione utili per coloro
che gestiscono i media, da lui considerati neutrali.
La sociologia funzionalista negli anni Quaranta e Cinquanta vede un
elemento intermedio tra il punto iniziale e finale della comunicazione,
costituito da chi non a contatto diretto con i media e dipende da altri per
ottenere informazioni. Il ruolo dei leader di opinione intermediari - si
rivela decisivo, rivalutando di conseguenza le dinamiche del gruppo
primario. Two step flow o doppio flusso di comunicazione la teoria
caratterizzante la sociologia funzionalista, mentre AIDA (catturare
Attenzione, suscitare Interesse, stimolare Desiderio, passare allAzione o

Acquisto) il modello di riferimento teorico e soprattutto pratico dei


funzionalisti. Che si sostanzia anche nelluso e utilizzo della ricerca
motivazionale sul consumatore.

Mills e Lefebvre
Negli anni Cinquanta Wright Mills (1916-1962) critica la Mass Comunication
Research. Egli sostiene che dalla fine degli anni Trenta la sociologia ha perso
la sua velleit riformatrice e si ridotta a ingegneria sociale per rispondere
agli ordini del triangolo del potere (monopolio, forze armate, Stato). Mills
collega la problematica della cultura a quella del potere, della subalternit,
dellideologia. Rifiuta di scindere il tempo libero da quello del lavoro. Un
tempo libero autentico dovrebbe prendere le distanze rispetto alle varie
forme di cultura commerciale e non far parte di un apparato culturale
sempre pi centralizzato. Di Wright Mills, sociologo motociclista per la
sua passione per le moto e per unesuberanza fisica che lo portava a
scrivere in piedi, sono note due opere che hanno alimentato un dibattito
ampio e ben oltre i confini della sociologia: Limmaginazione sociologica e
Colletti bianchi.
Henry Lefebvre (1901-1991) vede invece la modernit mercantile ed
edonista come orizzonte della felicit umana. Mills e Lefebvre sono
concordi nel denunciare lalienazione operata dalle due superpotenze di
allora (americana e sovietica).

Shannon (1916-2001). Secondo questa linformazione acquisisce lo statuto


di simbolo calcolabile.
Coordinatore durante la Seconda Guerra Mondiale della ricerca sui grandi
calcolatori, Shannon si occupava in precedenza di crittografia (lavoro sui
codici segreti). Di passaggio si osserver come Shannon fosse un ingegnere
e lavorasse alle dipendenze di una grande societ di telecomunicazioni
(AT&T). Egli formula le ipotesi che si ritrovano nella teoria matematica
dellinformazione Di Wright secondo cui il messaggio va da un punto
allaltro mediante un processo di codifica, decodifica, ricodifica. Lencoder
(emittente) trasforma il messaggio in segnale (parola). Il canal il mezzo
usato (telefono, cavo ecc.) con cui il messaggio arriva al decoder
(ricevitore). Shannon vuole calcolare il costo del messaggio in presenza di
turbolenze aleatorie (rumori) per ridurre al minimo la spesa.
Sia con le macchine che con gli esseri viventi il processo di comunicazione
risponde a uno schema lineare, soggetto per a fenomeni aleatori.
Lemittente libero di scegliere il messaggio che invia e il destinatario
riceve linformazione gravata dai suoi vincoli nella trasmissione
dellinformazione. Il processo di comunicazione come linea retta
interesser diverse scuole e indirizzi e influenzer la linguistica strutturale,
cos come le sociologie dei media rispetteranno lo schema origine-fine,
considerando la comunicazione un dato grezzo.

Lecologia della comunicazione


La teoria dellinformazione di Shannon
Un grande ruolo allinterno degli studi sulla comunicazione, alla fine degli
anni Quaranta, ha la teoria dellinformazione formulata da Claude Elwood

Lecologia della comunicazione pu essere definita come scienza


dellinterazione fra specie differenti allinterno di un determinato campo.
Lentropia, cio la tendenza che la natura ha di distruggere ci che
ordinato, affrettando i processi di degrado biologico e disordine sociale,
proporzionale allarretramento del progresso. I sistemi che elaborano

linformazione e i canali che la diffondono sono gli unici in grado di lottare


contro questa minaccia. Linformazione deve perci poter circolare senza
ostacoli. A differenza di Shannon, Norbert Weiner, sotto shock per le
barbarie della Seconda Guerra Mondiale, denuncia i rischi dellentropia,
dati dal rafforzamento del controllo dei mezzi di comunicazione da parte di
coloro che si preoccupano solo del potere e del denaro. Fondamentalmente
le grandi corporations. Weiner al modello lineare della comunicazione
(Shannon) contrappone il modello circolare retroattivo.

La Scuola di Palo Alto


Sempre negli anni Quaranta alcuni ricercatori criticano la teoria di Shannon,
che in quel tempo si sta imponendo, dicendo che la comunicazione deve
essere studiata dalle scienze umane. Questi studiosi fanno parte di una
corrente che prende il nome di Scuola di Palo Alto. Secondo questa
allinterno della comunicazione il destinatario ha un ruolo importante
quanto lemittente. Notevole limpulso di Bateson, Goffman, Hall,
Watzlawick, ovvero dei suoi principali esponenti.

Elenchiamo qui di seguito i famosi cinque assiomi che lhanno


caratterizzata:
1) non si pu non comunicare
2) ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno di relazione con il
secondo che classifica il
primo dando origine a meta comunicazione
3) il flusso comunicativo viene interpretato secondo una punteggiatura degli
eventi
4) esistono linguaggi numerici e analogici (es. parole e simboli)
5) la comunicazione pu svilupparsi secondo modelli di tipo simmetrico o
complementare.

La Scuola di Francoforte
La Scuola di Palo Alto avanza tre ipotesi: lessenza della comunicazione
risiede in processi di relazione, tutto il comportamento umano possiede un
valore comunicativo, i disturbi psichici rimandano delle perturbazioni della
comunicazione fra lindividuo interessato dal sintomo e coloro che gli
stanno intorno (al contrario della sociologia funzionalista che considera la
comunicazione come realt/ fenomeno isolata). La Scuola di Palo Alto vede
la comunicazione come processo sociale con molteplici modalit di
comportamento (parole, gesto, sguardo, spazio tra individui). I problemi del
comportamento umano sono rivelatori dellambiente sociale, dove il
contesto prende il sopravvento sul contenuto.

Unaltra Scuola non si accorda con la sociologia funzionalista sorgendo in


contrasto a questa e facendo diventare i mezzi di comunicazione sospetti di
violenza simbolica, concepiti come fonti di potere di dominio: la Scuola di
Francoforte.
Theodore Adorno (1903-1969) e Max Horkheimer (1895-1973) condividono
lidea che la ricerca (sociale come sui media) debba essere libera da ogni
condizionamento. Essi si rifiutano di accettare le domande poste dal
committente, le quali sono spesso entro i limiti del sistema della radio
commerciale vigente negli Stati Uniti, lasciando in ombra il chi, il come, il
perch. A met degli anni Quaranta Horkheimer e Adorno elaborano

insieme il concetto di industria culturale secondo il quale i prodotti


culturali, i film, i prodotti radiofonici, le riviste testimoniano la stessa
razionalit tecnica e la stessa organizzazione del management. Con il
sistema industriale di produzione si ottiene la cultura di massa che
assomiglia ai beni standardizzati, senza che nulla possa sfuggire al controllo.
Il terreno sul quale la tecnica acquisisce potere sulla societ quello di
coloro che la dominano economicamente. La razionalit tecnica
rappresenta il potere coercitivo della societ alienata con fallimento della
cultura trasformata in merce e annullamento della sua potenza critica.
Altro personaggio di spicco della Scuola di Francoforte Walter Benjamin
(1892-1940). Egli vede nellarte cinematografica lo stesso principio della
riproduzione tecnica e seriale. Nella ripetizione continua vede la fine ultima
di ogni forma di arte o espressione culturale.
La Scuola di Francoforte annovera tra le sue fila anche Leo Lowenthal
(1900-1993) e Herbert Marcuse (1898-1979). Lowenthal fra il 1949 e il 1954
responsabile della valutazione dei programmi radiofonici negli Stati Uniti
e poi, durante il periodo della guerra fredda, viene coinvolto dal
dipartimento di Stato negli studi sul programma Voice in America.
Marcuse, invece, influente nella Scuola di Francoforte durante gli anni
Sessanta, vuole smascherare le nuove forme di potere politico e lillusione
di un mondo plasmato dalla tecnologia e dalla scienza. Secondo lui, la
tecnologia sottomette il mondo annullando lo spazio del pensiero critico
per mezzo del linguaggio unidimesionale del discorso mediatico.
Jurgen Habermas (1929), di fatto lultimo francofortese, vede lo spazio
pubblico, sviluppatosi in Inghilterra con laffermarsi dellopinione pubblica
alla fine del diciassettesimo secolo, declinare. A suo avviso lo spazio
pubblico lo spazio di mediazione fra Stato e societ, con ricchezza
derivante dallo scambio di argomentazioni fra individui, dal confronto di
idee e opinioni illuminate. Ma le leggi di mercato si sostituiscono ora al

ragionamento con forme di comunicazione sempre pi soggette al modello


commerciale e di manipolazione dellopinione pubblica.
Strutturalismo e semiologia
Secondo lo strutturalismo, di cui Ferdinade De Saussure (1857-1913)
considerato liniziatore, la lingua un sistema organizzato di segni che
esprime idee. La linguistica studia le regole di questo sistema organizzato
che produce senso. La semiologia, dal canto suo, ci informa sulla
costituzione dei segni e delle logiche che li regolano (immagini, oggetti,
suoni). Per Roland Barthes (1915-1980) c un doppio aspetto del segno:
uno udibile, percepibile ed il significante, laltro veicolato ed
il significato. Barthes rende evidente il sistema sottostante alle apparenze
sottolineando limportanza dello sviluppo della pubblicit, della stampa,
della radio, delle immagini illustrate che rende urgente la costituzione di
una scienza semiologica. Barthes parla del mito e di come questo si appoggi
sul linguaggio comune in modo da far apparire naturali ed ovvi altri valori
parassitari.
Secondo Lois Althusser (1918-1990) lindividuo non pi un soggetto della
storia ma solo un punto di passaggio. Il suo comportamento ed i suoi
atteggiamenti lo fanno partecipe ai processi di produzione dei rapporti
sociali. Egli paragona gli strumenti repressivi dello Stato (esercito, polizia)
ad altri apparati significanti (scuola, chiesa, media, famiglia) che hanno lo
scopo di assicurare, garantire, perpetuare il monopolio di una violenza
simbolica, dissimulando questo sotto il velo di una legittimit pretesa
naturale. Una classe esercita cos il potere su altre classi. Un sistema stabile
di predisposizioni a percepire e ad agire contribuisce a riprodurre un ordine
sociale prestabilito sulle diseguaglianze. Apparati ideologici di Stato:
questa la sintesi di una teoria che ha avuto una forte ripercussione sulla
teoria critica della comunicazione.

Ma strutturalismo e Althusser sono criticati per la visione di un teatro che


appare senza soggetti. Per Henri Lefebvre in particolare lo strutturalismo
elimina vissuto e decodificazione del quotidiano. La struttura appare fuori
dal tempo e dallo spazio e forse anche per questo la teoria viene investita
dalla crisi alla fine degli anni Settanta.
Il primo linguista a usare il termine struttura Roman Jakobson (18961982) con la sua teoria della comunicazione verbale, basata su 6 elementi
costitutivi (di ogni comunicazione) a cui corrispondono altrettante funzioni:
1)
2)
3)
4)
5)
6)

emittente e funzione espressiva


destinatario e funzione conativa
messaggio e funzione poetica
contesto e funzione referenziale
contatto e funzione ftica
codice e funzione metalinguistica

BIBLIOGRAFIA
J.Van Dick, Sociologia dei nuovi media, il Mulino, Bologna, 2003
A. e M. Mattelart, Storia delle teorie di comunicazione, Lupetti, Milano,
2007

3. COMUNICATION STUDIES E MASS COMUNICATION RESEARCH. SCUOLE,


TEORIE, STUDI: I PRINCIPALI INTERPRETI E CONTENUTI NELLA PROSPETTIVA
STORICO-SOCIALE (PARTE SECONDA)

SPIEGAZIONE
Altri contributi del 20 secolo
Ci sono alcuni autori che pur non avendo fondato una corrente di pensiero,
hanno dato un decisivo contributo alle teorie della comunicazione di cui
opportuno riportarne sinteticamente il contenuto.
Per Guy Debord (1931-1994), autore di un testo diventato famosissimo, La
societ dello spettacolo la definizione di unintera epoca, la nostra, in cui
lazione banalizzante e accattivante dello spettacolo moltiplica in apparenza
gli oggetti da scegliere. Labbondanza economica si trovata nella
possibilit di estendere continuamente la sua produzione e
linsoddisfazione stessa diventata merce. La societ dello spettacolo lo
spettacolo delle merci, per riassumere il pensiero del filosofo
situazionista francese.

Michel Focault (1926-1984) ha sottolineato il carattere autoritario e


coercitivo del sistema, esercitato attraverso una disciplina che proibisce,
fatta di divieti, interdizioni, chiusure, gerarchie, incomunicabilit,
interruzioni. E un meccanismo fatto di tecniche di sorveglianza multiple e
incrociate, dellesposizione costante dellindividuo al controllo che porta
allinteriorizzazione di tutto ci. Le tesi di Focault permettono di identificare
le modalit di controllo adottate dalla televisione per organizzare lo spazio,
controllare i tempi e assicurare la positiva realizzazione dei comportamenti
dellindividuo. La panottica il dispositivo di sorveglianza per mezzo del

quale da unipotetica torre centrale si possono controllare tutte le celle


separate. La televisione secondo lui una panottica invertita.
Ma negli Stati Uniti che a cavallo fra gli anni Cinquanta e Sessanta, si
registrano parecchi e importanti contributi teorici, i cui autori si dividono in
apocalittici e integrati, per usare la fortunata definizione che anche
titolo dellomonimo saggio - del semiologo Umberto Eco. Per i primi le
novit mediali sono una minaccia per la cultura e la democrazia. I secondi
invece si rallegrano per laccesso democratico di milioni di persone a questa
nuova cultura.
Per Edward Shils (1911-1995) la cultura superiore caratterizzata dalla
seriet dei temi, dallimportanza dei problemi, dalla ricchezza dei
sentimenti, a differenza della cultura bassa o mediocre che imitativa. Ma
mentre Shils vede una commistione tra questi due livelli, Dwight Mac
Donald (1906-1982) in Masscult e Midcult sostiene che lalta cultura
stata sommersa dalla seconda. Ovvero da una cultura di mezzo che non
alta e nemmeno popolare. Ma anche Shils negli anni Settanta si indirizza
verso la problematica della fine delle ideologie e del crepuscolo degli
intellettuali impegnati.
Daniel Bell (1919) scorge invece linevitabile contraddizione derivante dal
fatto che mentre si criticano le manifestazioni della cultura di massa, si
costretti a lavorare per lindustria culturale e per lindustria
dellinformazione, materia prima del futuro. La societ post-industriale la
sua pi celebre definizione, oltre che il titolo di una fortunatissima opera.
Lo scrittore e filosofo tedesco Hans Magnus Enzensberg negli anni Settanta
critica lincapacit della sinistra, dunque dei partiti, dei sindacati e degli
intellettuali progressisti, di comprendere la sfida lanciata alle forme
tradizionali di organizzazione politica dai media elettronici. Il capitalismo
cos come il revisionismo sovietico devono sabotare il potenziale
emancipatore dei nuovi media perch minacciano la stabilit dei due
sistemi. Oppone allutilizzazione repressiva dei media quella di
emancipazione.

Il filosofo francese Jean Baudillard (1929), per concludere questa veloce


disamina del pensiero critico anticonsumista, sviluppatosi con lascesa del
mezzo televisivo, sostiene che non il contenuto ma la forma dei media a
costituire un rapporto sociale che non di sfruttamento ma di astrazione
e abolizione dello scambio. I mezzi di comunicazione di massa
impediscono ogni mediazione facendo scaturire, ironia della sorte, la non
comunicazione. E su questa unilateralit che i mass media basano il loro
sistema di controllo sociale e di potere.

APPROFONDIMENTO
I Cultural Studies
Negli anni 60 e 70 in Gran Bretagna si sviluppa un movimento chiamato
dei Cultural Studies, le cui origini risalgono agli anni Trenta per effetto della
fuga dei giovani dalla cultura commerciale.
Frank Raymond Leavis (1895-1978) vede nello sviluppo del capitalismo
industriale e nelle sue espressioni culturali (in quellepoca soprattutto il
cinema) un effetto dannoso per le forme della cultura tradizionale e
intende utilizzare la scuola per diffondere la conoscenza dei valori letterari.
Si oppone al capitalismo industriale e ai metodi della scuola funzionalista
attraverso lo studio della letteratura che dovrebbe permettere agli individui

di sopravvivere nella societ meccanizzata dei romanzi di appendice, del


lavoro alienante, della pubblicit stupida e dei media di massa che
abbruttiscono.
Raymond Williams (1921-1988) critica la separazione troppo spesso
praticata fra cultura e societ, mentre Richard Hoggart inneggia alle forme
di vita e cultura tradizionali. I due sono accomunati dallincontro con una
domanda di resistenza culturale e educativa proveniente dalla scuola.
Williams critica il determinismo tecnologico e studia le forme storiche
assunte nelle singole realt dalle istituzione mediatiche (televisione,
stampa, pubblicit).
Sturt Hall, altro autorevole rappresentante dei cultural studies analizza la
comunicazione televisiva rifiutando i postulati dellanalisi funzionalista
americana. Vede gli schemi di produzione rispondere alle immagini che
listituzione televisiva si fatta del pubblico. Hall definisce i tre modi con cui
il pubblico pu a sua volta decodificare il messaggio. In base a questa
definizione la decodifica pu essere dominante (pubblico che accoglie il
punto di vista egemone come inevitabile, naturale,
legittimo), oppositivo (visione del mondo contraria), negoziale (logiche
contraddittorie che attingono a situazioni vissute e confutano spiegazioni
generalmente condivise).
Ma dopo lanalisi dei programmi di informazione generale, le attenzioni si
spostano sui programmi di comunicazione politica destinati a un pubblico
eterogeneo. E il punto di partenza per una serie di approfondimenti sui
generi popolari (sport, variet, soap opera, commedie, serie poliziesche),
con i quali si vuole esplorare il modo con cui questi programmi partecipano
alla costruzione del senso comune popolare. Si passa cos dallo studio dei
testi a quello del pubblico.
Herbert Schiller (1919-2000) studia da vicino le strategie di penetrazione
delle grandi case cinematografiche americane nei mercati europei dal 1945,
definendo il concetto di imperialismo culturale.

Breve panoramica, seconda met del 20 secolo


Gli stati non sono pi gli unici attori su uno scenario transazionale. Le grandi
reti di informazione formano territori astratti. La globalizzazione viene a
coincidere con un processo di deregolamentazione e privatizzazione dei
canali di comunicazione, che ha inizio negli Stati Uniti nel corso degli anni
Settanta nel settore delle attivit bancarie.
Il termine globalizzazione si diffonde come informazione in tempo reale. I
sistemi produttivi nazionali vengono a dipendere dal mercato mondiale con
intensificazione dei movimenti speculativi e accrescimento dei rischi per le
variazioni delle quotazioni e crolli della Borsa, le quali sono destinate a
ripercuotersi in tutto il mondo connesso elettronicamente. La
globalizzazione si estende poi dai flussi finanziari a quelli economici e
culturali.
Mentre lomogeneizzazione dei bisogni porta allomogeneizzazione dei
mercati, la crescita della concorrenza su scala mondiale spinge il pianeta
verso la tecnologia. La costituzione di grandi gruppi di aziende crea la
standardizzazione universale con cui una sola forma di organizzazione
decima i concorrenti. Lazienda (multinazionale) comincia a pensare in
modo globale o solistico mettendo fine alle forme di gerarchia piramidale
ereditate dai modelli fordiani e tayloristi e adottando un modello di
comunicazione in rete.
Si registra un deciso spostamento della societ nel suo complesso verso il
mercato e un contestuale arretramento di forze sociali, servizio pubblico e
Stato assistenziale. La comunicazione cambia natura e statuto,
moltiplicando i suoi mestieri e specializzazioni.
Sempre negli anni Ottanta emergono nuove ricerche e nuovi concetti,
anche riguardanti lindustria audio-visiva. Le autorit statali che negli anni
Settanta reclamavano un nuovo ordine mondiale dellinformazione si sono
eclissate. I paesi pi favoriti del terzo mondo hanno come obiettivo quello
di sistemarsi nel mondo industrializzato. Le societ entrano in unera
postindustriale e la cultura in una postmoderna. La lotta delle classi si
attenua e Stati-nazione, partiti e professioni, istituzioni e tradizioni perdono
la loro attrattiva.

Nel 1977 viene creata una Commissione Internazionale per lo studio dei
problemi sulla comunicazione per mezzo dellUNESCO che riconosce lo
squilibrio dei flussi, interrogandosi sulle strategie da adottare per
rimediare.
Nel 1978 si registra un mutamento delle politiche governative europee tale
che la nozione di industria culturale viene inserita fra gli enunciati
amministrativi del Consiglio dEuropa. Il canadese Dallas Smithe nel 1977 si
scaglia contro i danni provocati dalle teorie che vedono la televisione
unicamente come luogo di produzione di ideologia.
Altri studiosi invece osservano come in tempo di pace il media elettronico
sia un levatore di progresso anche in tutte le regioni non industrializzate.
Nel mondo della comunicazione elettronica il termine globale fa la sua
apparizione alla fine degli anni Sessanta con le opere di McLuhan e
Zbigniew Brezinsky. Il primo descrive leffetto della prima guerra televisiva
(guerra del Vietnam) con la famiglia che assiste seduta in sala da pranzo
della propria casa al conflitto. E la war living room, che secondo lopinione
quasi unanime dei massmediologi e politologi, fu uno dei principali fattori
della sconfitta militare americana nel sud est asiatico. Nel senso che le
famiglie americane vedendo giorno dopo giorno la guerra entrare nelle
proprie case e morire i propri giovani lontanissimi da casa per una causa
che sembrava altrettanto remota, maturarono una cos forte avversione
per quel conflitto bellico da volerne e ottenerne la fine.
Il politologo Zbignew. Brezinnski della Columbia University battezza come
societ tecnotronica quella che vede lincontro fra computer, televisione,
telecomunicazione. Questo incontro per accresce il rischio di isolamento
dellindividuo. A suo avviso la societ americana comunica pi delle altre e
in un mondo in cui lavvenire sar rappresentato dai canali di
comunicazione questa costituisce la prima societ globale.
Negli anni Settanta si inaugura il termine telematico, per indicare
linterconnessione fra computer e telecomunicazioni.
Tuttavia non si pu non concludere questo paragrafo ritornando, sia pure
brevemente, sulla figura di Marshall McLuhan, alla quale si gi accennato
e ancora si accenner. Fondamentali sono infatti le sue letture e

interpretazioni mediali, spesso anticipatorie di fenomeni che si


realizzeranno pienamente parecchi decenni dopo, ma quasi sempre capaci
di fissare concetti e processi comunicativi destinati a entrare stabilmente
nel linguaggio e vocabolario dei mass media. Il suo Gli strumenti del
comunicare (1964) un saggio di straordinario interesse e acume
previsionale, caratterizzato anche da uno stile di scrittura tanto
immaginifico e suggestivo quanto ricco di invenzioni linguistiche. Si pensi ad
esempio a definizioni quali media caldi e freddi, villaggio elettronico,
il medium il messaggio.

dellinformatica, contestualmente alla crisi della metafisica e dei discorsi di


verit, crescita dei criteri tecnologici che non permettono di giudicare il
vero e il giusto; e infine la crisi dei grandi sistemi teorici.

Anni 80. Nuove teorizzazioni e riscoperte

Lo psicanalista Felix Guttari pensa invece che le macchine tecnologiche di


informazione e comunicazione operino nel seno delle memorie,
dellintelligenza, della sensibilit, dellemozione, dellinconscio della
soggettivit umana. Queste idee vengono contestate da pensatori come
Paul Virilio, Gianni Vattimo, Jean Baudillard. Il primo nega la possibilit di
una teoria della tecnologia, segnalando tra laltro linerzia domiciliare e la
segregazione domestica che scaturiscono grazie a schermi che permettono
di fare tutto stando da soli in casa propria. Con ubiquit, istantaneit e
iperpercezione si perde il senso del movimento del corpo e della vita
sociale, e viene a mancare il tempo da condividere e la possibile
democrazia.

Seguendo lesempio di Daniel Bell alcuni scienziati sociali datano let


postmoderna dallo sviluppo degli strumenti di comunicazione e
informazione. Altri sono pi circospetti. Ad esempio Umberto Eco dice che
il postmoderno una corrente difficile da circoscrivere cronologicamente.
A suo avviso ciascun periodo ha il proprio postmoderno. Diversamente da
Umberto Eco, Frederic Jameson individua il postmodernismo come tappa
ben determinata storicamente dallevoluzione dei sistemi di pensiero e
rottura con il pensiero modernista. Il postmodernismo critica i modelli di
pensiero profondo caratterizzandosi essi stesso come un modello di
superficie.
Una sociologia dellagire comunicativo viene concepita nel 1981 da Jurgen
Habermas. In una societ fatta di relazioni comunicative, alla visione di un
agire strategico dove ragione e azione mirano a uno scopo strettamente
utilitario con i mezzi di comunicazione di massa, Habermas contrappone
lazione sociale obiettiva, cognitiva, che impone di dire il vero. La precisione
morale dellazione presuppone la sincerit. Egli identifica la crisi della
democrazia con il fatto che i dispositivi sociali che dovrebbero facilitare gli
scambi si sono autonomizzati intralciando le relazioni comunicative.
Un testo di J.F. Loytard - commissionato dall Unesco e uscito nel 1980: La
societ post-moderna - contribuisce a una discussione che si diffonde in
quel decennio. Il filosofo canadese vede come tratto caratterizzante la
moltiplicazione degli strumenti di comunicazione con egemonia

Alla fine degli anni Ottanta il filosofo Pierre Levy auspica lavvento di
unintelligenza collettiva grazie alle nuove strade informatiche. Ma quella
della democrazia in tempo reale destinata a diventare unutopia della
comunicazione. Altri hanno senso pi critico, come Regis Debray che
riprende le intuizioni di Marshall Mc Luhan secondo le quali il medium
determina il carattere di ci che comunicato e porta a un nuovo tipo di
civilizzazione.

Per il filosofo Gianni Vattimo retaggio del passato la fede dei lumi nel
progresso sociale. Questidea per lui diventata sospetta. La
comunicazione vittima di un eccesso di comunicazione, con implosione di
senso e perdita della realt. La societ lontana dallessere trasparente,
educata, cosciente di s. Al contrario, essa pi complessa, pi caotica, con
erosione del principio di realt.
Secondo Jean Baudillard la scalata tecnologica ha esaltato limmaginario
comunicativo creando compulsione a essere presenti in tutti gli schermi e al
centro di tutti i programmi. Non si distingue pi luomo dalla macchina.
Ma oramai i contributi sui temi della tecnologia, della comunicazione e del
ruolo crescente delle telecomunicazioni, anche sul processo di
globalizzazione si sprecano sotto ogni latitudine e con apporti teorico-critici

che si sviluppano allinterno di numerose discipline. Qui ci limiteremo ad


alcuni brevi accenni. Ad esempio a due autori storici le cui teorie vengono
in un caso riscoperte e nellaltro impongono un punto di vista e analisi sui
media che vuole seriamente fare i conti con la realt. Il primo riferimento
al geografo ed economista Harold Adamis Innis (1891-1952), che,
occupandosi di tecnologia e comunicazione, come base dei processi politici
ed economici, vede i monopoli del sapere creati da queste comandare la
distribuzione del potere politico fra i gruppi sociali. Secondo Innis ci
determina la forma dellorganizzazione sociale. Egli sostiene che i sistemi di
comunicazione strutturano i rapporti temporali e spaziali. MacLuhan non ha
mai nascosto il suo debito nei confronti di Innis, il primo ad affrontare il
processo di cambiamento implicito nelle forme della tecnologia.
Il secondo pensatore Ellihu Katz (1926) che sostiene che i media non ci
dicono ci che bisogna pensare ma a quali argomenti prestare attenzione,
destinati quindi a formare oggetto di dibattito in una determinata societ.
Queste teoria, che ha goduto e ancora gode di un certo credito, si chiama
degli effetti limitati in quanto linfluenza dei media non pu essere n
diretta n immediata visto che la prescrizione di un ordine del giorno non
impedisce alle relazioni interpersonali di giocare un ruolo di mediazione.
Tutto dipende dal modo con cui le culture costruiscono il pubblico e la
decodifica dei messaggi legata a questo. Daltra parte proprio nel
decennio Ottanta che il consumatore diventa oggetto e soggetto delle
ricerche con forte crescita delle misurazioni degli stili di vita, affinate
grazie alle tecnologie informatiche. Prova che sempre in questo
decennio che si generalizzano gli strumenti di rilevazione delle audience (in
Italia lAuditel debutta nel 1984).

Allalba del 21 secolo


Secondo Derrick De Kerckhove, allievo di Marshall McLuhan e continuatore
della Scuola di Toronto lo spazio pu essere identificato attraverso tre
diverse forme: fisico, mentale e cyberspazio. Il primo materiale,
molecolare, caratterizzato dalla prospettiva, con separazione tra tempo e

spazio stesso. Quello mentale invece psicologico e organico. Il cyberspazio


infine lo spazio in cui agisce la realt virtuale.
Linterfaccia tra la mente e il cyberspazio lo schermo, luogo dove si
ritrovano i tre spazi. Parte integrante di questa interfaccia sono anche il
mouse e il cursore, che entrano nel luogo stesso dello schermo. La mente
dellindividuo nello schermo e con questo abbiamo lesteriorizzazione
della mente, la quale si estende in forma privata nel caso del computer,
pubblica nel caso della televisione, connettiva nel caso del web. Il passaggio
dal testo allipertesto passaggio dalla prospettiva alla tridimensionalit,
da immagini statiche a icone che coinvolgono il fruitore come attore
efficiente. Dalla fusione delle diverse spazialit e temporalit consegue la
fine della teoria della separazione. La mente dellindividuo si trova avvolta a
360 dalla realt, virtuale e non.
Anthony Giddens, sociologo e politologo inglese, rifiuta lidentificazione
delle scienze sociali con quelle naturali, critica le correnti strutturaliste e
funzionaliste. D dello sviluppo sociale moderno uninterpretazione di
discontinuit attraverso tre elementi chiave: il ritmo del cambiamento
(estremamente rapido), la portata del cambiamento (planetaria), la natura
delle istituzioni moderne.
Secondo Giddens il dinamismo estremo e la natura globalizzante della
modernit derivano da tre fattori: la separazione del tempo e dello spazio,
la disaggregazione dei sistemi sociali, lappropriazione riflessiva del sapere.
Per Nicholas Negroponte, ingegnere del MIT e cantore dellessere
digitale, il vero e nuovo discrimine del nostro tempo invece tra chi
digitale e chi non lo . Tra chi pensa in termini di bit o di atomi. Negroponte
considera il 1995 lanno pi interessante nella storia delle
telecomunicazioni. Questo per lo strepitoso incremento del numero di
Personal Computer (e in seguito di modem) finiti nelle case private,
soprattutto per richiesta dei teenager, anche se levento che ha cambiato
ogni cosa per il docente del Mit Internet e pi precisamente
linarrestabilit del processo comunicativo che da esso scaturito.
Secondo il sociologo Zygmunt Bauman altro personaggio di spicco
dellultimo ventennio: sua la nota definizione di societ liquida- un

tratto caratterizzante la nostra contemporaneit il venire meno di


categorie come la durata, che sempre stata un valore, mentre oggi per la
prima volta sono diventati valori la transitoriet, lo scarto veloce, il non
conservare perch quel che si conserva pu rubare posto a cose sempre
nuove e migliori. Bauman non sa dove andremo a finire, ma definisce il
tempo attuale come modernit liquida, appunto, dove tutto mutevole,
nulla fisso e niente garantito; e dove le biografie sono prive di progetti e
sempre pi crescono e si accumulano rifiuti, sopratutto umani.
La mutevolezza che caratterizza la societ liquida dovuta alla difficolt per
chiunque di costruire qualcosa collettivamente. Ognuno compie i propri
errori individualmente e tenta di porvi rimedio sempre individualmente. E
anche da queste assenze, da questo vuoto di progettualit, ma anche di
analisi critica e interazione con gli altri individui, che scaturisce quella
societ del rischio descritta da Ulrich Beck. Una societ in cui il rischio (di
catastrofi) non pi unipotesi remota, estrema, ma invece qualcosa di
concretamente e in ogni momento incombente.
C ancora spazio per un veloce riferimento a due autori italiani che hanno
in anni recenti alimentato un forte dibattito sulla prevalenza della
comunicazione sullinformazione e in ambito massmediatico della tv sugli
altri media. Per il filosofo Mario Perniola la comunicazione lopposto della
conoscenza in quanto dissolve tutti i contenuti. Secondo Giovanni Sartori
invece nella nostra societ, regna sovrano il primato dellimmagine con il
visibile che prevale sullintelleggibile. LHomo videns la sua
personificazione, ovvero un individuo la cui capacit di astrarre, capire,
distinguere tra il vero e il falso atrofizzata.
La televisione informa ma linformazione non conoscenza, anzi lestrema
sintesi che essa fornisce provoca distorsione dellinformazione. Eppure la
televisione la prima scuola dei nostri figli che saranno sempre pi
predisposti al gioco con un IO disintegrato, disfatto in personalit multiple e
quindi nevrotico. I genitori che dovrebbero correre ai ripari non
costituiscono pi una struttura di autorit, sono anchessi ex video-bambini.
Il problema per, per concludere, che la televisione ormai obsoleta, il
new media per eccellenza ora Internet, protagonista assoluto e sempre

pi innervato non solo ai media tradizionali, ma anche alle esistenze


quotidiane, lavorative e non, di tutti. E la rete, il web ovvero la societ del
2.0 che ridisegna lintero sistema dellinformazione e della comunicazione.
Ridefinendo le gerarchie mediali, ma anche inventando letteralmente nuovi
media e nuovi mercati. Sono infatti i social network, rapidamente
convertitisi in social media, la grande novit, gli attori di una trasformazione
epocale che in pieno corso e che dunque anche sotto laspetto teorico
non pu avere acquisizioni definitive o punti fermi, ma unicamente
riflessioni in progress, ipotesi di ricerca, previsioni di futuri possibili. Alcuni
titoli, di autori che hanno in questi anni alimentato il dibattito, danno
puntualmente conto di questo incerto, mutevole quadro teorico. Alcuni
riferimenti li troverete nei capitoli 7 e 8.
ATTIVITA'
Riassumi in 10/15 righe scritte le caratteristiche salienti del pensiero/teorie
dei seguenti tre autori:
- M. McLuhan,
- G. Debord,
- Z. Bauman.
BIBLIOGRAFIA
J.Van Dick, Sociologia dei nuovi media, il Mulino, Bologna, 2003
A. e M. Mattelart, Storia delle teorie di comunicazione, Lupetti, Milano, 2007

5. QUESTIONI MEDIALI E SOCIO-CULTURALI EMERGENTI (PARTE PRIMA).


USI E ABUSI COMUNICATIVI

SPIEGAZIONE
La ricerca sociologica oggi appare sempre pi attenta alle molteplici
problematiche che emergono soprattutto dal sistema dei media e delle loro
logiche intrinseche. Usi e abusi comunicativi in una societ dove spesso il
destino degli uomini determinato e incrociato con quello
delle macchine uno dei problemi pi ardui quello di fondare quale sia il
ruolo della tecnologia nelle modalit interazionali e quanto le
caratteristiche logiche e organizzative degli strumenti e meccanismi
utilizzati condizionino i linguaggi che si usano, i messaggi che circolano, le
relazioni sociali che si costruiscono attorno ai vari media e, quanto,
viceversa, ne siano condizionati. Quanto, dunque, linnovazione tecnologica
in questo settore risponda a una dinamica sua propria e quanto sia
condizionata e determinata dai processi sociali, economici e culturali.
Il nucleo familiare ristretto e decentralizzato dal focolare domestico, in
quanto sempre pi impegnato fuori di casa per molte ore al giorno, la
mobilit del lavoro che porta i componenti stessi a vivere a distanza, le
esigenze di svago e di impiego del tempo libero personali e di gruppo, la
struttura economico-politica sociale, impongono alle persone di
comunicare in modo alternativo a quello del faccia a faccia: luso di mail,
sms, mms, video-chiamate, chat, blog, e cos via.
La comunicazione mass-mediale un universo parallelo alla comunicazione
interpersonale faccia a faccia.
Il complesso delle comun]icazioni di massa si configura come una vera e
propria agenzia culturale in grado di formare atteggiamenti e
comportamenti, nonch modelli educativi attraverso cui le nuove
generazioni acquisiscono capacit e competenze sociali di convivenza
comune e di partecipazione alla vita culturale e politica.

Luomo non vive in un mondo di pensiero, ma di comunicazione. La sua


natura comunicativa.
Tutti siamo immersi nel mare magnum della comunicazione, fatta di segni e
di fiumi di parole scritte, parlate, urlate, strappate, disegnate, tatuate e
abbozzate. E ancora di immagini, di colori, di musiche. Ma in questa
immersione chi non riesce a navigare e/o a dirigere le vele ne viene
sommerso. Qual lncora di salvezza? Attraverso questa argomentazione
non si vogliono fornire n risposte, n soluzioni preconfezionate, scontate,
gi orecchiate qua e l. Si prova semplicemente a fornire degli spunti su cui
riflettere e ragionare. Si cerca di mettere in evidenza quali sono le questioni
problematiche emergenti relative alla comunicazione, consapevoli che oggi
non importante cosa fanno i media alle persone, ma cosa fanno le
persone con i media. Si assumer una prospettiva critica dei rischi
conseguenti ai modelli comunicativi emergenti al fine di valutare
linevitabile alienazione cui luomo si esporrebbe se dovesse cadere vittima
di un grande fratello, caratterizzato da meccanismi totalitari di controllo del
pensiero, di cui le comunicazioni di massa sarebbero strumento e veicolo.
APPROFONDIMENTO
I flussi comunicativi hanno subto nel tempo, grazie alle innovazioni
avanzate in campo tecnologico, delle modifiche strutturali, quali:
1. lincremento straordinario della facilit di accesso allazione
comunicativa
2. lampiezza inusitata del raggio di azione comunicativa
3. la moltiplicazione dei canali comunicativi e la semplificazioneautomazione del loro funzionamento
4. la contaminazione continua della lingua italiana dovuta ai prestiti
linguistici inglesi e ibridazione di idiomi.
Ma nel considerare il ruolo che i media hanno nella socializzazione delle
nuove generazioni importante anche focalizzare lattenzione sul rapporto
esistente tra lazione socializzante dei mass media e quella delle

altre agenzie di socializzazione. Si profilano due posizioni differenti e


contrastanti:
- Una che privilegia lidea che ogni agenzia produca forme di socializzazione
settoriali, che semmai trovano una riunificazionenel soggetto singolo, nel
processo di continua rielaborazione delle proprie esperienze. Si parla infatti
di multimedialit frammentata.
- Laltra posizione considera, invece, il rapporto tra le diverse agenzie come
reciproca integrazione e rinforzo in una visione di multimedialit sistemica,
per cui i modelli culturali proposti attraverso i mass media sarebbero solo
una riproposizione di ci che viene elaborato in altri ambiti; in questo caso,
essi farebbero da cassa di risonanza delle mode e dei fermenti culturali;
costituirebbero un sistema di interscambi e di influenze reciproche fra
linguaggi, processi di pensiero e mappe cognitive.
Vere e proprie forme culturali, i media, vanno a costituire la sfera mediale
che si sovrappone, si interseca, si confronta con la sfera sociale in
generale. Da questa prospettiva i media non sono tramiti neutri,
ma filtrano e anzi con-formano la nostra conoscenza del mondo e degli altri
e si pu dunque ben parlare di media non come semplici strumenti, ma
come forme di una cultura mediale specifica, che tende a diffondersi e a
diventare dominante. Tre i tratti che la caratterizzano in modo cruciale:
- Sul piano delle rappresentazioni, i media operano soprattutto sul senso
della prossimit. Grazie alla televisione, al telefonino, a internet ecc., il
mondo appare a portata di mano, in quanto abbatte ogni frontiera di
spazio e di tempo.
- Sul piano dellIo soggettivo operano sulla costruzione dellidentit e la
formazione della personalit: dallomologazione sociale alle nuove trib,
lIo ha perso la sua solidit ed diventato fluido, dipendente, estroflesso.
- Sul piano della relazione, i media operano soprattutto attraverso
la finzione degli interlocutori, alterando il rapporto finzione/realt. Anche
quando la realt va in scena divenendo reality show. Infatti gli individui
impegnati in una comunicazione mediale si rendono reciprocamente
accessibili solo attraverso il messaggio e le modalit con cui se lo scambiano

La cultura mediale attua un gioco incrociato di avvicinamenti e di


allontanamenti che sta peraltro alla base del suo esito estremo: il dominio
della virtualit. Esseri digitali in una realt virtuale,
uninterfaccia esperenziale, in cui la componente percettiva e cognitiva si
fonde con la connettivit, linterattivit, lipertestualit generando quello
che viene definito senso di presenza e di onnipotenza dentro ambienti
potenziali e artificiali. Ma accennato ai rischi che scaturiscono dallessere
attori in carne e ossa in set virtuali, dunque alle problematiche
della virtualizzazione del sociale, che implicano, tra le altre trasformazioni,
una metamorfosi dellimpianto cognitivo e delle mappe concettuali con le
quali orientiamo la costruzione della realt e dei saperi, ci soffermeremo sui
rischi ben pi reali insiti nella cultura veicolata dai media.
Il primo coglie la superficialit dei rapporti: non perch lesistenza di un
tramite tecnologico impedisca quanto pu avvenire nel faccia a faccia, ma
perch lillusione della prossimit e la spinta a costruire dei simulacri di s
sfalsano il gioco su cui il vero incontro si regge. Ne deriva che nella cultura
mediale il convenire diventa collegarsi, connettersi. I media fanno trionfare
lidea di essere connessi, pi che lidea di misurarsi reciprocamente.
Il secondo nodo coglie quei tratti peculiari della cultura mediale che
sembrano favorire una conoscenza del mondo e degli altri in qualche
modo deresponsabilizzata. Lapparente prossimit delle cose e la
superficialit del contatto reciproco alleggeriscono la specifica collocazione
nel campo di azione individuale e sociale e azzerano ogni sforzo e
implicazione valoriale.
Il terzo nodo fa emergere la progressiva perdita del senso di intimit, in
quanto i media, soprattutto elettronici, fruganonelle vite delle persone,
rompendo le barriere tra scena e retroscena, tra spazio pubblico e spazio
privato (spettacolarizzazione della vita reale). Ne scaturisce, da una parte,
una forma di esibizionismo disinibito che porta a mostrare ogni angolo
remoto del proprio io e, dallaltra, una sorta di voyeurismo di massa, per
cui spiare nelle vite altrui lecito e divertente quanto pi una storia cruda
e ricca di pathos.

pi celebre quello con lo spagnolo: freni in spagnolo si dice los frenos, in


inglese brakes; ne deriva las brekas. Linglese diventato ormai lingua
franca come il latino lo era oltre sei secoli fa.
Nel mondo globalizzato parlato da un quarto della popolazione mondiale
almeno a livello elementare, usato per l80% delle informazioni
elettroniche, studiato da circa un terzo della popolazione mondiale per
giocare da protagonisti la partita della globalizzazione.
A queste problematiche si aggiungono altri importanti campanelli
dallarme, come:
- Il fenomeno inversamente proporzionale della crescita della produzione
editoriale di libri (della quale si danno i dati in altro capitolo) e della
diminuzione del numero di lettori soprattutto in et evolutiva; scarsa
inclinazione alla lettura e insufficienti competenze alfabetiche funzionali.
Da anni le indagini dellOcse indicano che gli italiani hanno competenze
alfabetiche molto modeste o al limite dellanalfabetismo.
- Inoltre, lItalia il Paese pi corrotto dellEuropa occidentale e quello con
la crescita pi lenta. Uno studio ONU collega i due fenomeni chiamando in
causa lanalfabetismo funzionale. Da anni infatti i rapporti di Trasparency
International classificano lItalia come il Paese pi corrotto dellEuropa
occidentale. Secondo Daniel Haile (2005) dellUNU-WIDER, possibile
spiegare con un modello matematico come lalto tasso di corruzione
contribuisca a rallentare la crescita economica, spingendo lo Stato a ridurre
la redistribuzione delle ricchezze mediante le tasse, dunque anche le risorse
da investire nellistruzione pubblica, abbassando il livello di alfabetizzazione
della popolazione. In breve, il 65% della popolazione italiana non possiede
le competenze alfabetiche minime, secondo lOCSE, per orientarsi nella
societ dellinformazione ( cio funzionalmente analfabeta o
semianalfabeta). Mentre meno del 10%
possiede le competenze necessarie per orientarvisi in modo critico e
creativo.
- La scarsa propensione alla lettura dei giornali quotidiani e periodici,
strettamente collegata allanalfabetismo di ritorno, attesta il calo del

numero dei lettori a fronte della moltiplicazione delle testate, dei continui
tentativi di nuove proposte e ricorsi ai restyling grafici da parte delle singole
testate, delle attivit promozionali che attraverso allegati e gadget vari
cercano di incentivare lacquisto e la conseguente fruizione. Ma anche su
questi punti specifici rimandiamo ai dati del terzo capitolo. Qui ci
limiteremo a osservare come la crescente integrazione/affiancamento della
lettura on line abbia se non peggiorato non migliorata questa situazione.
Perch si pu inferire che una caratteristica saliente di questo tipo di
lettura sia quella della velocit, della frammentariet e dello scarso impiego
di tempo dedicato allelaborazione significativa delle informazioni e alla
costruzione di una opinione personale fondata.
Dal punto di vista strettamente sociologico, gli indicatori di livello di cultura
di una popolazione sono correlati positivamente a quelli relativi al suo
benessere materiale. Anche se tale correlazione non automatica, questi
rappresentano un elemento insostituibile per lo sviluppo di una comunit
socialmente il meno squilibrata possibile e capace di offrire a tutti
opportunit ed equit.
ATTIVITA'
Rifletti sul peso che linglese ha assunto nella nostra societ, come lingua
franca. Impoverendo le singole lingue, ma anche la stessa lingua inglese.
Considerato che oggi imperante un inglese globale, il globish. Evidenzia ed
enumera poi le cause della pi generale standardizzazione delle
lingue/linguaggi che comportano anche, soprattutto in Italia, un diffuso
fenomeno di analfabetismo di ritorno
BIBLIOGRAFIA
Dati ISTAT su Cittadini e nuove tecnologie (2009) e su Competenze
alfabetiche (2015). Rapporti annuali di Trasparency International.
G. Bechelloni, Svolta comunicativa. Sette lezioni, Ipermedia libri, collana
serie fiorentina, 2007. E. Boncinelli, Lanima della tecnica, Rizzoli, Milano,
2006.

Tale processo, che ha subito una forte accelerazione con lavvento dei
social network e delle app di messaggistica coniugati alla diffusione e
democratizzazione dei device mobili e multimediali, agisce sinergicamente
con il generale indebolimento dello spessore ideale della sfera politica e
giuridica (il dover essere) e con il generale incremento del dominio
esercitato dalla sfera economica e tecnica (il poter fare), provocando
tensioni sociali e inquietudini assai sintomatiche di bisogni esistenziali
urgenti.

Dallinvenzione della scrittura ad oggi molto cambiato nel confuso


sovrapporsi e intrecciarsi di modalit, strategie e variet comunicative che
attraversa e forma le comunit umane.

Ma anche vero che i media incrociano nelle loro direttive, zone di cultura
e di socializzazione altra (la famiglia, la scuola, il gruppo dei pari) che
possono e, giocoforza, devono offrire alternative alla fruizione dei media.
Non si tratta di limitare, ostacolare, eliminare i processi di socializzazione
complessivi indotti dai media, ma di porsi (nelluso/fruizione dei media) con
strumenti emotivi, cognitivi adeguati ad affrontarli, in modo da ampliare il
raggio di formativit di ogni essere umano.

Le concause sono diverse e molteplici:

In particolare, il linguaggio sta subendo delle trasformazioni:


- sul piano strutturale e formale della lingua parlata e scritta
- sul piano dei contenuti

I soggetti sociali, infatti, negoziano costantemente contenuti e modi dei


media a cui si espongono; in particolare, essi debbono appropriarsi dei
media, prima di incorporarli nel proprio mondo di vita.

I media costituiscono ormai una vera e propria koin, che funziona da


lingua franca a cui tutti possono far riferimento. Tuttavia sotto lapparente
uniformit di questa lingua, si aprono continuamente processi di
ritrascrizione dei messaggi e degli usi mediali, in rapporto ai singoli ambiti
in cui questi operano.

E da qui o meglio in tale contesto che scaturisce una serie di problemi di


linguistica, fondamentalmente riconducibili alla contrazione e
impoverimento del linguaggio, sui quali si soffermeremo.

luso smodato di mezzi tecnologici, come il cellulare, internet ecc. che


porta alla standardizzazione del linguaggio;
la velocit duso della lingua con cui si comunica sia a livello diretto
verbale, interpersonale, sia a livello mediato tecnologico che porta alla
contrazione/siglatura di parole e frasi e a un bombardamento di stimoli
uditivi che la memoria non riesce a trattenere;
luso diffuso di inglesismi (anche di slang, una sorta di dialetto
statunitense) spesso contraddittorio e discriminatorio (sorta di
tribalismo di ritorno che conduce alla disgregazione del linguaggio
sociale comune);
produzione crescente e uso di neologismi che spesso porta allo
svuotamento semantico dei linguaggi specifici, alla perdita di
corrispondenza tra significante e significato, tra parola e pensiero, tra
espressione personale e comunicazione interpersonale.

In Italia, le percentuali delle persone che parlano prevalentemente italiano


in famiglia nel 2015 non sono sostanzialmente mutate rispetto al 2006, con
il 45,5% della popolazione di sei anni e pi (25 milioni 51mila), che sale
nelle relazioni con gli amici al 48,9% e in maniera pi consistente nei
rapporti con gli estranei (72,8%). Negli ultimi ventanni, sia sul piano del
parlato che dello scritto, si registrato sia in produzione che in
comprensione un indifferentismo linguistico e un marcato
slittamento comunicativo, sintattico e testuale, da una strutturazione del

periodo prevalentemente ipotattica (cio costruito usando lo schema


reggente/subordinata) a una prevalentemente paratattica (cio costruendo
il periodo accostando proposizioni indipendenti coordinate), talvolta in
forme pi iconiche che propriamente verbali. Si verifica cos luso di una
modalit di produzione-fruizione connotate, con il decrescere dellet, da
una scarsa capacit metafonologica e morfosintattica e da una sempre
pi marcata discontinuit rispetto alle fasce pi adulte che si riflette sul
piano cognitivo e su quello relazionale. La lingua certamente un
organismo in continua evoluzione, che cambia le strutture, le forme, le
modalit di espressione, ma la preoccupazione fondata di molti studiosi si
basa sulla possibilit che oggi la lingua italiana subisca dei cambiamenti cos
profondi e repentini da logoramento linguistico attraverso un lento e
graduale processo di interferenza e/o convergenza con vari idiomi veicolati
dai moderni media, tale da provocare perdita morfologica-sintattica,
stilistica, di produttivit nella formazione delle parole, di rilessificazione.
Sullasse generazionale-educazionale si assiste a unesposizione a nuove
forme di espressione linguistica, soprattutto mediata. La variazione delle
competenze comunicative si manifesta pi fortemente nelle giovani
generazioni, sia nelle prime fasi dellacquisizione del linguaggio sia nelle
successive fasi di consolidamento delle competenze linguistiche in nuove
forme di comunicazione preferite e assunte come modello. La
comunicazione via sms, via chat, email che ormai fornisce un vero e proprio
modello linguistico anche nelle interazioni faccia a faccia: risposte
immediate e ansiose, visive e materializzabili, frasi e pensieri fast
food ed emoticon o emoji esplicativi dellaffettivit e dellumoralit
momentanee.
Diverse ricerche dimostrano come i casi di bambini in et scolare con
problemi di linguaggio e attenzione siano aumentati in modo esponenziale
negli ultimi 10 anni (difficolt nella produzione del discorso per bambini in
et prescolare; i disturbi del linguaggio sono evidenti in bambini in et
scolare).

Nelle conversazioni giovanili, invece, le espressioni linguistiche si


materializzano attraverso un processo di semplificazione sintattica:
- minore numero di proposizioni per periodo
- maggiore frequenza delle frasi principali rispetto alle subordinate
- maggiore frequenza degli indicativi rispetto ai congiuntivi
- indebolimento di certe strutture come participio e gerundio
- indebolimento del repertorio lessicale, morfologico, semantico, sintattico
del nucleo antico delle congiunzioni
- tendenza a contrarre le parole per abbreviazioni e velocit duso della
lingua orale (si va verso una riconfigurazione del rapporto oralit/scrittura).
Litaliano rischia di diventare una lingua scarna e veloce, un balbetto invaso
dai linguaggi mediatici che non esprimono altro che merce e consumo.
Inoltre, al centro di un dibattito tra storici e linguisti sulluso della lingua
inglese, la cui diffusione nel mondo appare oggi senza ostacoli, vi la
preoccupazione che linglese globale, il globish, possa diventare lidioma
mondiale, una sorta di esperanto che provoca impoverimento su due piani:
- della lingua locale, in questo caso litaliano, che subendo la
fusione/contaminazione e la contrazione scaturite dalluso dei media,
rischia di diventare pi povera e semplificata da comunicare poco e in
modo univoco;
- della lingua internazionale inglese, mezzo di comunicazione globale
esposta a rischi maggiori: tanto pi una lingua parlata dai non nativi tanto
pi si contamina, si impoverisce. Questo ha segnato la fine del latino
dellet imperiale e la nascita delle lingue romanze. Potrebbe succedere
anche con linglese che in quanto lingua semplificata pi a rischio di
scomparsa di altre pi complesse.
Tale neologismo che deriva dallunione di global + english; indica una
versione semplificata dellinglese nellincrocio con le diverse lingue: circa
1500 parole contro le 615mila dellinglese standard. Ad esempio, lincrocio

periodo prevalentemente ipotattica (cio costruito usando lo schema


reggente/subordinata) a una prevalentemente paratattica (cio costruendo
il periodo accostando proposizioni indipendenti coordinate), talvolta in
forme pi iconiche che propriamente verbali. Si verifica cos luso di una
modalit di produzione-fruizione connotate, con il decrescere dellet, da
una scarsa capacit metafonologica e morfosintattica e da una sempre
pi marcata discontinuit rispetto alle fasce pi adulte che si riflette sul
piano cognitivo e su quello relazionale. La lingua certamente un
organismo in continua evoluzione, che cambia le strutture, le forme, le
modalit di espressione, ma la preoccupazione fondata di molti studiosi si
basa sulla possibilit che oggi la lingua italiana subisca dei cambiamenti cos
profondi e repentini da logoramento linguistico attraverso un lento e
graduale processo di interferenza e/o convergenza con vari idiomi veicolati
dai moderni media, tale da provocare perdita morfologica-sintattica,
stilistica, di produttivit nella formazione delle parole, di rilessificazione.
Sullasse generazionale-educazionale si assiste a unesposizione a nuove
forme di espressione linguistica, soprattutto mediata. La variazione delle
competenze comunicative si manifesta pi fortemente nelle giovani
generazioni, sia nelle prime fasi dellacquisizione del linguaggio sia nelle
successive fasi di consolidamento delle competenze linguistiche in nuove
forme di comunicazione preferite e assunte come modello. La
comunicazione via sms, via chat, email che ormai fornisce un vero e proprio
modello linguistico anche nelle interazioni faccia a faccia: risposte
immediate e ansiose, visive e materializzabili, frasi e pensieri fast
food ed emoticon o emoji esplicativi dellaffettivit e dellumoralit
momentanee.
Diverse ricerche dimostrano come i casi di bambini in et scolare con
problemi di linguaggio e attenzione siano aumentati in modo esponenziale
negli ultimi 10 anni (difficolt nella produzione del discorso per bambini in
et prescolare; i disturbi del linguaggio sono evidenti in bambini in et
scolare).

Nelle conversazioni giovanili, invece, le espressioni linguistiche si


materializzano attraverso un processo di semplificazione sintattica:
- minore numero di proposizioni per periodo
- maggiore frequenza delle frasi principali rispetto alle subordinate
- maggiore frequenza degli indicativi rispetto ai congiuntivi
- indebolimento di certe strutture come participio e gerundio
- indebolimento del repertorio lessicale, morfologico, semantico, sintattico
del nucleo antico delle congiunzioni
- tendenza a contrarre le parole per abbreviazioni e velocit duso della
lingua orale (si va verso una riconfigurazione del rapporto oralit/scrittura).
Litaliano rischia di diventare una lingua scarna e veloce, un balbetto invaso
dai linguaggi mediatici che non esprimono altro che merce e consumo.
Inoltre, al centro di un dibattito tra storici e linguisti sulluso della lingua
inglese, la cui diffusione nel mondo appare oggi senza ostacoli, vi la
preoccupazione che linglese globale, il globish, possa diventare lidioma
mondiale, una sorta di esperanto che provoca impoverimento su due piani:
- della lingua locale, in questo caso litaliano, che subendo la
fusione/contaminazione e la contrazione scaturite dalluso dei media,
rischia di diventare pi povera e semplificata da comunicare poco e in
modo univoco;
- della lingua internazionale inglese, mezzo di comunicazione globale
esposta a rischi maggiori: tanto pi una lingua parlata dai non nativi tanto
pi si contamina, si impoverisce. Questo ha segnato la fine del latino
dellet imperiale e la nascita delle lingue romanze. Potrebbe succedere
anche con linglese che in quanto lingua semplificata pi a rischio di
scomparsa di altre pi complesse.
Tale neologismo che deriva dallunione di global + english; indica una
versione semplificata dellinglese nellincrocio con le diverse lingue: circa
1500 parole contro le 615mila dellinglese standard. Ad esempio, lincrocio

pi celebre quello con lo spagnolo: freni in spagnolo si dice los frenos, in


inglese brakes; ne deriva las brekas. Linglese diventato ormai lingua
franca come il latino lo era oltre sei secoli fa.
Nel mondo globalizzato parlato da un quarto della popolazione mondiale
almeno a livello elementare, usato per l80% delle informazioni
elettroniche, studiato da circa un terzo della popolazione mondiale per
giocare da protagonisti la partita della globalizzazione.
A queste problematiche si aggiungono altri importanti campanelli
dallarme, come:
- Il fenomeno inversamente proporzionale della crescita della produzione
editoriale di libri (della quale si danno i dati in altro capitolo) e della
diminuzione del numero di lettori soprattutto in et evolutiva; scarsa
inclinazione alla lettura e insufficienti competenze alfabetiche funzionali.
Da anni le indagini dellOcse indicano che gli italiani hanno competenze
alfabetiche molto modeste o al limite dellanalfabetismo.
- Inoltre, lItalia il Paese pi corrotto dellEuropa occidentale e quello con
la crescita pi lenta. Uno studio ONU collega i due fenomeni chiamando in
causa lanalfabetismo funzionale. Da anni infatti i rapporti di Trasparency
International classificano lItalia come il Paese pi corrotto dellEuropa
occidentale. Secondo Daniel Haile (2005) dellUNU-WIDER, possibile
spiegare con un modello matematico come lalto tasso di corruzione
contribuisca a rallentare la crescita economica, spingendo lo Stato a ridurre
la redistribuzione delle ricchezze mediante le tasse, dunque anche le risorse
da investire nellistruzione pubblica, abbassando il livello di alfabetizzazione
della popolazione. In breve, il 65% della popolazione italiana non possiede
le competenze alfabetiche minime, secondo lOCSE, per orientarsi nella
societ dellinformazione ( cio funzionalmente analfabeta o
semianalfabeta). Mentre meno del 10%
possiede le competenze necessarie per orientarvisi in modo critico e
creativo.
- La scarsa propensione alla lettura dei giornali quotidiani e periodici,
strettamente collegata allanalfabetismo di ritorno, attesta il calo del

numero dei lettori a fronte della moltiplicazione delle testate, dei continui
tentativi di nuove proposte e ricorsi ai restyling grafici da parte delle singole
testate, delle attivit promozionali che attraverso allegati e gadget vari
cercano di incentivare lacquisto e la conseguente fruizione. Ma anche su
questi punti specifici rimandiamo ai dati del terzo capitolo. Qui ci
limiteremo a osservare come la crescente integrazione/affiancamento della
lettura on line abbia se non peggiorato non migliorata questa situazione.
Perch si pu inferire che una caratteristica saliente di questo tipo di
lettura sia quella della velocit, della frammentariet e dello scarso impiego
di tempo dedicato allelaborazione significativa delle informazioni e alla
costruzione di una opinione personale fondata.
Dal punto di vista strettamente sociologico, gli indicatori di livello di cultura
di una popolazione sono correlati positivamente a quelli relativi al suo
benessere materiale. Anche se tale correlazione non automatica, questi
rappresentano un elemento insostituibile per lo sviluppo di una comunit
socialmente il meno squilibrata possibile e capace di offrire a tutti
opportunit ed equit.
ATTIVITA'
Rifletti sul peso che linglese ha assunto nella nostra societ, come lingua
franca. Impoverendo le singole lingue, ma anche la stessa lingua inglese.
Considerato che oggi imperante un inglese globale, il globish. Evidenzia ed
enumera poi le cause della pi generale standardizzazione delle
lingue/linguaggi che comportano anche, soprattutto in Italia, un diffuso
fenomeno di analfabetismo di ritorno
BIBLIOGRAFIA
Dati ISTAT su Cittadini e nuove tecnologie (2009) e su Competenze
alfabetiche (2015). Rapporti annuali di Trasparency International.
G. Bechelloni, Svolta comunicativa. Sette lezioni, Ipermedia libri, collana
serie fiorentina, 2007. E. Boncinelli, Lanima della tecnica, Rizzoli, Milano,
2006.

6. QUESTIONI MEDIALI E SOCIO-CULTURALI EMERGENTI (PARTE SECONDA).


IL FLUSSO INFORMAZIONALE GIORNALIERO. I NATIVI DIGITALI E LA
GENERAZIONE MULTITASKING

SPIEGAZIONE
Tradizionalmente linformazione viene collocata tra i beni pubblici, ma
secondo analisi economiche pu essere considerata un bene opzionale, in
quanto possibile utilizzarlo in quantit desiderate pagando in base alla
propria convenienza. Levoluzione della tecnologia, ha portato verso
unofferta pi ricca di informazioni personalizzate con lesclusione di coloro
che non sono disposti a pagare.
Il passaggio alla societ della conoscenza segnata, in modo concomitante
e causale, da due processi:
-

Linnovazione tecnologica

La crescita esponenziale dei bisogni

In particolare il fiume di informazione, che negli ultimi trentanni ha


raggiunto la mole di informazioni prodotte nei precedenti 5 millenni, ha
una forte carica etica in quanto offre ai riceventi gli strumenti di
interpretazione della realt, soprattutto quando si presenta
sistematicamente come infotainment, miscuglio di informazione e
spettacolo, che rende sempre pi sfuocati i confini tra intrattenimento e
politica, giustizia e opinione pubblica, serio giornalismo e informazione
satirica.
Inoltre, le informazioni pi si moltiplicano e meno si differenziano.
Linformazione viene cos meno al suo dovere primario, quello di informare, di orientare, di aggiornare: le notizie stordiscono invece di
svegliare le coscienze. Creano falsa coscienza. E mentre in-formarsi diventa
sempre pi indispensabile, e apparentemente pi facile, il grande

affollamento di informazione finisce per rendere il compito sempre pi


complicato. Ci impedisce o rende difficoltoso il riconoscimento
dellobiettivit dellinformazione che riguarda il problema dellimparzialit
e della-valutativit del sapere veicolato. Il tema caldo della credibilit dei
mezzi che veicolano informazioni strettamente connesso a quello del
diritto allinformazione e della libert di stampa per le quali, nellarea dei 30
Paesi OCSE, riveste un ruolo importante la concentrazione delle imprese
editoriali e la pressione pubblicitaria. Invece nel terzo e quarto mondo non
sono riconosciuti nemmeno i diritti minimi allinformazione, e in modo
particolare in grandi paesi come la Cina, dove addirittura si pratica la
censura preventiva, e in Russia dove i giornalisti scomodi per il potere
politico e le oligarchie economiche rischiano la vita. A partire dagli USA, e
senza differenze tra Italia, Francia e Germania, non vi sono pi editori
puri che curano solo il business informativo, ma multinazionali che
possiedono giornali a grande tiratura, network, case cinematografiche e
imprese di entertainment.
A partire dalla seconda met degli anni Novanta, infatti, dai processi di
ristrutturazione, fusione e accorpamento di grandi imprese editoriali, sono
emersi gruppi industriali di tipo nuovo e figure proprietarie con missioni
aziendali non sempre afferenti al mercato dellinformazione. Ci si spiega
con la finanziarizzazione del settore editoriale che ha decretato la fine
definitiva delle peculiarit socio-culturali dellinformazione
e lomologazione di giornali, libri e tv a prodotti commercializzabili
(merendine e detersivi).
Lenorme dilatazione del campo informazionale ormai caratterizzato sia
da unestensione mondiale, attraverso la rete delle grandi agenzie
dinformazione, dei canali televisivi satellitari e di Internet, sia da
unarticolata declinazione locale. Linformazione diventata per un numero
sempre maggiore di soggetti sociali, soprattutto nei Paesi in cui le istituzioni
della democrazia e del mercato regolato sono pi radicate, la fonte
principale della conoscenza del mondo sociale. Nellagor multimediale non
si pu sfuggire al rischio non solo della parzialit delle fonti, ma anche a
quello del loro inquinamento, della spettacolarizzazione delle notizie, al
valore documentario delle immagini, delle sovrapposizioni sottili tra

resoconto di cronaca e racconto di una storia, delluso strumentalizzato dei


dati statistici e dei sondaggi.

- luogo di costruzione/manifestazione di immagini della realt sociale e dei


suoi cambiamenti,

Due le conseguenze: da un lato sempre pi difficile distinguere la linea di


demarcazione tra la realt che esiste indipendentemente dallinformazione
ricevuta dai media da quella rappresentata e raccontata dai media.
Dallaltro lato sempre pi difficile collegare lattualit agli ambienti e alle
situazioni, alle tradizioni e ai conflitti che la generano; individuare cio i
nessi causali, i processi di lunga durata, le relazioni tra la forza del caso e la
volont della storia.

- chiave di visibilit politica.

Se negli anni 40 del Novecento, lattenzione era centrata


sul gatekeeper per spiegare come il processo di raccolta, elaborazione e
diffusione delle notizie sia condizionato dal ruolo di coloro che hanno il
potere di intervento sulla selezione delle notizie e sul loro trattamento, oggi
lattenzione puntata sullopinione pubblica, costituita esclusivamente dai
mezzi e dalle forme comunicative che la rappresentano, e non pi dalle
ideologie. Lopinione pubblica il perno delle societ democratiche, bench
sia anche la forma assunta dalle voci dei gruppi e dei media che esprimono
interessi di parte. Essa scaturisce sottoforma di tendenza predominante a
cui tutti fanno riferimento, sebbene sia determinata dal contrasto fra
opinioni separate. Chi vuol essere protagonista non pu fare a meno di
scendere in campo, tramite un gruppo o un medium, utilizzando quindi un
dispositivo o una tecnologia di comunicazione. Ci che conta lopinione
mobilitata che orienta laltrui mobilitazione.
Ecco allora come i media servono a creare consenso sociale circa lazione
umana nella realt, ma anche a scoprire le prove oggettive della verit
associata a uninterpretazione del mondo o per celarne qualche segreto. Il
consenso tradizionale, come ladesione ai valori, alle credenze, ai
fondamenti dellassetto politico, alle norme che regolano il suo
funzionamento per assicurare lordine nelle interrelazioni di ruoli, diritti e
doveri, scambi di beni e servizi, messo a dura prova dal potere dei media,
quale:
- strumento di controllo, innovazione, informazione istituzionale,
- sede di confronto democratico,

In questa prospettiva siamo tutti divisi tra colpevolisti e innocentisti, tra


moralisti e trasgressori, tra conservatori e innovatori-rivoluzionari.
I media, se da un lato hanno promosso la democratizzazione
dellinformazione, almeno nei Paesi occidentali, dallaltro hanno generato
disorientamento, diffidenza, pregiudizi, confusioni ideologiche mescolando
fatti e opinioni. Nel loro infaticabile processo di informazione essi non
mettono in crisi il welfare state o la struttura socio-economica del
capitalismo post-industriale. Piuttosto mettono in evidenza
le contraddizioni culturali emergenti dalla transizione da una societ
nazionale basata sulla produzione industrial-materiale alla societ
mondializzata o multilocale basata sugli standard di consumo
dellimmateriale

APPROFONDIMENTO
Nella progressiva de-materializzazione dei beni e dei valori sociali e la
crescente invisibilizzazione dei processi culturali che portano a fare societ,
i soggetti sociali, investiti dal fiume in piena, fanno molta fatica a cogliere il
senso e la portata di questo overflow comunicazionale. Sostanzialmente a
fare fronte a due ordini di problemi. Quello della distinzione, della ricerca
della differenza che diviene cos il modo centrale con cui la nostra cultura
coltiva il senso dellidentificazione, delle funzioni e del ruolo; e quello
della riflessione ponderata che viene a mancare nel momento in cui non si
ha il tempo di metabolizzare, assimilare le informazioni nelle proprie
mappe concettuali commisurandole ai nostri tempi interiori. Ne scaturisce
un sapere superficiale, tuttologo che pretende di filtrare una realt
magmatica e densa come quella sociale.

Un fenomeno emergente di pari passo con lavvento e la massiccia


diffusione di Internet, di telefonini multimediali e di fotocamere, di device e
social network nonch della convergenza tecnologica dei new media e della
conseguente natura interattiva, quella del citizen
journalism o giornalismo collaborativo. Ovvero di una nuova forma di
giornalismo derivante dalle notizie raccolte dagli stessi utenti, che
attivamente diventano i nuovi giornalisti del processo informativo.Lorigine
di tale fenomeno pu essere ricondotta ai numerosi avvenimenti sociali e/o
catastrofi naturali (alcuni esempi sono l11 settembre 2001, attentato alle
Torri gemelle del World Trade Center e il maremoto dellOceano Indiano
del 26 dicembre 2004, lo tsunami) per i quali molte persone, con cellulari e
fotocamere, sono diventati sul campo giornalisti, testimoni e narratori in
diretta e prima ancora dellarrivo degli inviati speciali. UGC (User Generated
Content) lacronimo che definisce un fenomeno che ha sconvolto e
sconvolge il sistema editoriale e le professioni nel momento in cui ha preso
piede diffondendosi molto velocemente e distruttivamente questa forma di
giornalismo partecipativo. I social network rapidamente trasformatisi in
social media hanno fatto e fanno il resto determinando un vero e proprio
cambio epocale di eco-sistema dellinformazione.

In diversi studi e ricerche in voga lespressione nativi digitali, ovvero i figli


degli anni 90, ma soprattutto e pi propriamente quelli nati nel terzo
millennio (da cui lespressione millenials), cresciuti con le sofisticate
tecnologie digitali ormai bene ordinario, e non pi di lusso, di ogni famiglia.
A tale espressione si oppone quella di immigrato digitale, che rappresenta
le precedenti generazioni nate e cresciute in un mondo meno artificiale e
tecnologico e per le quali la lingua digitale una sorta di seconda lingua. I
ragazzini nati con Internet? Una generazione si pu frenare o aiutare, ma la
prosperit di un paese dipende da loro. Cos afferma il prof. Michael
Wesh, docente della Kansas University.
Negli ultimi tre mesi su YouTube stato caricato pi materiale video di
quanto sia stato mai diffuso via etere da tutti i maggiori network televisivi
insieme in trentanni e pi.

Sono contenuti nuovi e originali (l88% di questo materiale) per la maggior


parte creati da gente che solo fino a ieri era considerata laudience dei
programmi televisivi. una generazione in via di pieno sviluppo quella
dei Digital Natives, portatori di nuove problematiche e rischi, ma anche di
straordinarie potenzialit. Questa ad esempio la posizione di Derrick de
Kerckhove, massmediologo ed erede del pensiero di Marshall McLuhan.
I Nativi Digitali sono sempre connessi a Internet, con il PC o il telefonino. In
Corea il 51% dei bambini tra due e cinque anni usa Internet. una
generazione che si confronta con quella degli immigrati digitali, che nati
prima di Internet, faticano a comprendere una realt che per giovanissimi e
adolescenti invece naturale, scontata. Secondo lo studioso, stiamo
arrivando a un immaginario oggettivo: lo schermo diventato il punto
privilegiato dingresso per la mente dei Nati Digitali (gli screenagers) che si
spostano letteralmente in rete, e c unevidenza neurologica di differenze
tra chi usa Internet e chi no. Hanno anche future maggiori potenzialit sul
lavoro. Egli afferma che nativi digitali sono multitasking, possono svolgere
pi azioni contemporaneamente. Sono transculturali, globali e aggreganti
virtualmente, appartengono allintelligenza collettiva. Gestiscono
attivamente il proprio rapporto con il sistema mediatico via via sempre pi
invadente, costruendosi una identit mobile, flessibile in uno spazio
pubblico senza confini caratterizzato da un alto livello di velocit,
interattivit, produttivit.
Siamo dunque in un momento di passaggio radicale, una sorta di
postumanesimo, in cui si verificano, soprattutto nelle nuove generazioni,
veri e propri cambiamenti biologici e culturali (in ci consiste la nostra
doppia nascita). I cambiamenti riguardano soprattutto il rapporto tra
coscienza e attivit nervosa cerebrale, in quanto tutto il nostro sistema
nervoso, la percezione e la cognizione, non funzionano in maniera digitale,
ma in parallelo. Vale a dire che il cervello non paragonabile al computer,
perch il suo funzionamento seriale. Operando un paragone si pu dire
che la mente funziona come un insieme di computer in parallelo e la
coscienza come un imbuto che coglie molti sistemi paralleli e li costringe a
diventare seriali. E una strozzatura coatta di processi. Anzi pi che un
imbuto una clessidra perch dopo aver costretto qualcosa che funziona in

parallelo a diventare seriale, ritrasforma il seriale in parallelo. Lattivit


di essere coscienza intimamente connessa con la memoria. Ma la nostra
percezione del mondo e la nostra memoria funzionano in modo continuo e
coerente. Con larrivo dei computer si verificata una dilatazione della
coscienza che il fine ultimo dellevoluzione culturale oltre a quello di
saper fronteggiare limprevedibile. Il nostro menoma non cambier, ma
cambier il nostro corredo culturale e le strutture mentali con cui
possediamo la realt.
Ci che occorre in un momento di grande mutazione non certo un
atteggiamento tecnofobo, ma una capacit di riflessione profonda sulle
implicazioni positive e rischiose del complicato rapporto uomo-macchina.

Generazione Multitasking

Non raro sentir parlare in special modo negli ambienti scolastici o


specialistici (relativamente a neurofisiologia individuale, psicopedagogia,
interventi tempestivi per il recupero scolastico), di atrofia del cerebrosinistro e di ristrutturazione dei processi mentali. La teoria della
comunicazione recente, sui diversi versanti della psicologia, della sociologia,
dellantropologia culturale, ha riscoperto le tesi pionieristiche di chi, come
Innis e Mumford, sottolineava gi agli inizi del secolo gli stretti rapporti
intercorrenti tra lo sviluppo delle tecnologie comunicative e il
riorientamento psico-cognitivo dei soggetti.
La rivoluzione digitale (anche e soprattutto attraverso la convergenza)
cambia infatti, come stiamo verificando tutti di persona, il modo di vivere,
di pensare, di agire. I neurofisiologi affermano che esiste una area, nella
nostra corteccia cerebrale, deputata a funzioni molto particolari. E la
cosiddetta area prefrontale di Brodmann, una zona del cervello che forse
fino a un decennio fa utilizzavamo poco e che, oggi invece, specie nei pi
giovani, sembra essere travolta da un inatteso superlavoro, quello
del multitasking, ovvero lattenzione divisa su pi stimoli o attivit in
contemporanea. Il termine arriva dallinformatica ed ormai entrato nel

linguaggio comune. Rispondere al cellulare e ascoltare la radio mentre si


guida lauto; dare unocchiata alla chat, leggere un documento e intanto
consultare anche la posta elettronica sono esempi di multitasking.
Oggi con lavanzare della societ elettronica digitale, il cervello si abitua
a svolgere pi compiti simultaneamente apparentemente senza provocare
interferenze nelle attivit.
Come il computer ha la possibilit di aprire varie finestre ed elaborare in
parallelo le informazioni. La formazione cerebrale diviene in tal modo pi
flessibile e capace di suddividere lattenzione in molteplici attivit di
elaborazione della memoria a breve termine. Lutilizzare le molteplici
capacit di integrazione cerebrale dellinformazione va per a discapito
della capacit di selezione percettiva, di attenzione e di concentrazione.
Diverse ricerche sul cervello indicano con evidenza i limiti del multitasking,
a cui spesso non si sceglie di aderire. Dimostrano che la frenesia e il
multitasking, che caratterizzano la societ contemporanea, sono spesso alla
radice della sindrome del deficit dattenzione e di altri malesseri, come la
depressione, la stanchezza cronica, lansia.
Si pensi al rumore di sottofondo imposto dai diversi aggeggi elettronici nei
vari contesti di vita quotidiana.
Recenti studi hanno calcolato come, per circa sei ore ogni giorno, i
teenagers siano immersi allinterno di una nuvola informativa
rappresentata da posta elettronica, sistemi di messaggeria istantanea, SMS,
Web, DVD, TV, lettori mp3 e mp4, telefonini, smartphone e tablet, social
network e WhatsApp, Snapchat e app.
I sociologi si interrogano sulle conseguenze dei cambiamenti indotti da
questa immersione mediatica, i neurofisiologi tentano di spiegarne i
meccanismi intrinseci psicologici, i genitori si preoccupano della verticale
caduta del dialogo, gli insegnanti segnalano evidenti variazioni nelle
predisposizioni allapprendimento che la generazione multitasking mostra
ogni giorno di pi.

7. NEW MEDIA E SOCIAL MEDIA. TRAVOLTI DALLE TELECOMUNICAZIONI.


TECNO-RETORICA E TRIONFO DI SIGLE E ACRONIMI. TECNOLOGICAMENTE
CONNESSI, SOCIALMENTE SCONNESSI

SPIEGAZIONE
E infatti in questo contesto che si collocano tutte le vite e imprese illustri
della dot-com. A partire dai due fondatori di questa genia, Steve Jobs e Bill
Gates, e includendo i numerosi e geniali ventenni diventati miliardari a
trenta sfruttando talentuosamente le fantastiche possibilit di business
della rete: da Jeff Cons inventore di Amazon a Larry Page e Sergei Brin
fondatori di Google, da Jerry Jang di Yahoo a Mark Zuckerberg di Facebook
per ricordarne alcuni. Ma senza dimenticare gli omologhi della Vecchia
Europa con in testa Janus Friis ideatore di Skype e Joost
Ma le imprese di questi nuovi re Mida della rete, che muovono ingenti
quantit di denaro (dallOpa da 44 miliardi di dollari lanciata nel 2008 da
Microsoft per acquisire il controllo di Yahoo ai 17 miliardi pagati da
Facebook nel 2015 per acquistare Wathsapp) non suscitano solo
ammirazione planetaria. Generano anche un misto di invidia e irritazione. A
differenza delle medievali vite dei santi la devozione ha ceduto infatti il
passo a una smania imitativa molto prosaica se non puramente monetaria,
che si nutre dellesibizionismo e delledonismo dei giovani miliardari della
e-economy. Fare come loro per ha il sapore del miraggio. Come vincere la
lotteria. Per questo lammirazione sempre a un passo dal fastidio, quando
il loro stile da pop star, le cui eclatanti manifestazioni si hanno in occasione
delle pi importanti fiere e convention tecnologiche, si converte a un
filantropismo terzomondista altrettanto grandioso e spettacolare. Che
come ogni eccesso di zelo, gravato pure dal sospetto che dopo avere messo
assieme fortune colossali i vari Bill Gates & Co. vogliano fare anche la
morale ai consumatori, non pu non risultare alla lunga e ai pi
insopportabile. Cos come su un altro piano leccesso di retorica che

avvolge e permea qualsiasi discorso avente come oggetto la societ


digitale. E che poggia sulla formidabile progressione del rapporto velocitpotenza, che dai computer, programmi e sistemi operativi si esteso in
ogni ambito sociale, alimentando la visione di un futuro che avanza con gli
stivali delle sette leghe. Nel 1965 il fondatore di Intel Gordon Moore
elabor il principio oggi noto come legge di Moore , secondo il quale la
potenza dei microprocessori raddoppia ogni diciotto mesi. Quasi trentanni
dopo questa legge stata integrata dalla legge di Gilder secondo la quale
la velocit di trasmissione (larghezza di banda) sulla rete raddoppia ogni
dodici mesi. Pi recentemente il futurologo ed esperto di intelligenza
artificiale Raymond Kurzweil ha teorizzato la legge dei ritorni accelerati,
secondo la quale nel ventunesimo secolo non godremo di soli 100 anni di
progresso, ma dellequivalente di 20 mila anni.
Naturalmente vi sono pochi dubbi sulla consistenza e rapidit degli effetti,
anche sulla vita quotidiana, che scaturiranno dalle innovazioni nel campo
delle biotecnologie, nanotecnologie e intelligenza artificiale. Non sfugge
per leccesso di retorica esponenziale che puntualmente ha
accompagnato e accompagna lannuncio di una nuova scoperta o la
comparsa sul mercato di un nuovo software, prodotto o gadget elettronico.
E che di norma si segnala anche per lindulgere in un linguaggio zeppo di
tecnicismi, per il quale continuano a fare testo le osservazioni del vice
direttore del Washington Post, Chris Schroeder, riferite al saggio di Dan
Gillmor We the Media: Ora facciamo una piccola pausa per un breve quiz.
Quanti di voi possono dare con precisione un significato ai seguenti
termini? Blog, Wiki, InstaPundit.com, Creative Commons Copyright,
Feedster, RSS, Legge di Reed, Slashdot, Ohmy-news. Scommetto che non ve
la cavate tanto bene.[1] Tuttavia si deve ribadire che questa tendenza
costitutiva, cio insita nel dna della societ industriale, dunque del
progresso tecnico e scientifico, che prese avvio nell800 spinta dalla forza
del vapore. Ma che cominci a correre quando la forza delle macchine si
impose a quella umana e naturale. Gli HP (horse power) che ancor oggi
designano la potenza di auto e motori, sono stati gli antesignani di
unattitudine a siglare oggetti, invenzioni, brevetti e standard tecnici e
scientifici, che ha accompagnato la nostra storia recente e continua a
contrassegnare la nostra quotidianit. Dai raggi X al DNA, dallMP1 (prima

Sembra che larea cerebrale di Brodmann, fra le ultime a svilupparsi e fra le


prime ad andare verso linvoluzione senile, sia una sorta di simulatore
multitasking. Perch, indipendentemente da quanto si possa essere
daccordo o meno, il nostro cervello, a qualsiasi et, in grado di fare una
sola cosa complicata alla volta, a meno che non si tratti di azioni con un alto
grado di ripetitivit (per es., possiamo mangiare e ascoltare, oppure guidare
lauto e ascoltare musica). Nei lobi frontali, vengono
momentaneamente stazionate le informazioni che il nostro cervello mette
in una sorta di rapidissimo stand-by mentre impegnato a fare
qualcosaltro. La velocit di ripescaggio dei nostri pacchetti cognitivi da
quelle zone dellencefalo rende possibile per ciascuno di noi lillusione della
contemporaneit: leggere una mail mentre si ascolta un disco, navigare sul
web mentre si segue un programma in TV, postare su Facebook guardando
un video di YouTube ecc. Siamo insomma sempre pi dei multitasker.
E anche possibile che, semplicemente, il nostro cervello stia subendo una
virata evolutiva, affinando le sue funzioni, adattandosi a situazioni fino a
ieri sconosciute. Ma pu anche essere che il nostro cervello non sia
adeguato a sostenere liperattivit indotta dal progresso tecnologico e
soffra della disconnessione tra mente razionale e mente ancestrale.
La parte della nostra mente razionale continuamente bombardata e ci le
impedisce di connettersi allaltra parte, quella ancestrale, che racchiude la
nostra memoria genetica e la saggezza acquisita in milioni di anni. Senza la
connessione a questa parte profonda della mente, non sempre siamo in
grado di rispondere in modo consono agli stimoli esterni. La civilt
contemporanea sta inducendo profonde modifiche nella struttura stessa
del nostro cervello, costretto a sviluppare enormemente la parte razionale,
basata sul linguaggio, a discapito di quella pi vecchia e profonda, sede
delle nostre emozioni di base.
La moderna tecnologia ci sovraccarica di stimoli e ci rende estremamente
iperattivi, impazienti, abili zapper o surfer,intermittenti ma senza mai
smettere saltare da una cosa allaltra, con grande dispendio di tempo e di
energia. Tocca e fuggi: questo lo slogan che sembrerebbe accompagnarci in
una dinamicit esistenziale a volte insostenibile.

Le esperienze non vengono vissute pi con la necessaria attenzione e la


quantit di cose da fare diventa pi importante della qualit delle stesse. Il
vecchio raffronto fra intelligenza artificiale ed elaborazione cerebrale,
sembrerebbe ora volgere a favore delle macchine che, nel loro piccolo,
sono ampiamente in grado di fare pi cose in una volta: linvasione dei
device elettronici nelle nostre vite questione destinata a ingigantirsi nei
prossimi anni. Appare sempre pi evidente che la strada per una nuova
ecologia dellinformazione e della comunicazione sar quella del
progettare un equilibrio fra stimoli e contesti differenti per non perdere il
patrimonio di prerogative esclusive del genere umano.

ATTIVITA'
Individua e approfondisci le cause che scaturiscono dallattuale overflow
informativo e comunicazionale. Ma considera anche il cambiamento di
sistema, di paradigma che investe lintero settore dei media, che ha fra le
altre conseguenze di creare nuove modalit di produzione
dellinformazione (UGC) e nuovi attori (citizen journalist). Ma anche nuove
forme di fruizione e consumo (multitasking) e nuove figure
sociodemografiche (i millenials).
BIBLIOGRAFIA
N. Negroponte, Essere digitali, Sperling & Kupfer, Milano, 1996.
G.Triani, Lingorgo, Eleutherta, Milano, 2010.

macchina da scrivere portatile) allMP3 (lettore musicale), dallFM


(modulazione di frequenza) allHiFi (alta fedelt), dal PAL (standard
televisivo) al MS/DOS(primo programma operativo di Microsoft) stato in
ogni campo un crescendo di abbreviazioni aventi anche la funzione di
plateale accredito scientifico. Nel contempo che cifre e formule, usate
largamente dal marketing anche a livello di prodotti mass market, sono
diventate il modo principale per imprimersi nellimmaginario collettivo,
evocando lesistenza di laboratori, centri di ricerca, tecnologie avanzate e
scienziati impegnati in uno strenuo e incessante sforzo per allungare e
migliorare la vita dellumanit.
Certo www., web, sms, email, blog, chat e adsl, per fare alcuni esempi, sono
sigle ormai familiari. Entrate nel lessico corrente. Il problema per che
ogni giorno spunta un termine nuovo, una formula inedita,
un'abbreviazione misteriosa. Nel contempo che spariscono letteralmente
prodotti (e sigle) che hanno segnato le nostre esistenze: le cassette (VHS), i
videoregistratori (VRC), i floppy disk o dischetti (HD). Nondimeno ormai
chiaro il significato di community. Ma per la stragrande maggioranza delle
persone restano remote le possibilit di utilizzare i servizi VOIP con Skype,
cio di telefonia attraverso internet. Perch le incompetenze tecniche e le
pigrizie personali, connesse all'utilizzo di modalit comunicative che
implicano il rivoluzionamento di abitudini consolidate, si saldano alle
lentezze e agli ostacoli che i gestori dei servizi telefonici tradizionali
frappongono all'accesso ai nuovi servizi o al cambio di compagnia. Ma per
fare altri esempi si pu convenire sulla grande, forse assoluta, notoriet che
hanno alcuni marchi o imprese legate alla fornitura di servizi sul web: da EBay a Google, da YouTube a My Space. Ed indubbio che pi o meno tutti,
sia pure con diversi livelli di sapere e competenza, sappiano cos' l'I-Pod,
avendo per problemi a fare podcasting, ma non abbiano idea, comunque
molto vaga, di quali pratiche e attivit di socializzazione si celino dietro
l'acronimo MoSoSo (mobile social software). Non ultimo perch nel
momento in cui il fenomeno del social network non pi esclusiva del
personal computer, ma pu contare su dispositivi mobili sempre pi
innovativi e potenti, che permettono connessioni 24 su 24 ore, lofferta di
nuovi servizi diventata inesauribile.

Ci che per si segnala ulteriormente che questa proliferazione di sigle e


acronimi tecnici si accompagna anche, essendo forse i due fenomeni
complementari, alla diffusione di un linguaggio e modi di scrivere, derivati
dall'uso di telefonini e notebook e dall'abitudine di massaggiarsi e mandarsi
e-mail in continuazione, nei quali trionfa l'abbreviazione. Ossia
un'espressivit sincopata, che d corpo a una neo-stenografia, piena di
parole ora trasformate in ideogrammi ed emoticons.
Tuttavia se la brevit che trionfa, in quest'ordine (d'idee) safferma
anche, con un uso maleducato dei nuovi mezzi di comunicazione
mobili,[2] la sostituzione delle persone e dei nomi con dei numeri. Numeri
che trasformano le identit in cifre e materializzano masse anonime di
consumatori, che non hanno pi un nome e un cognome, o se s
secondariamente, perch in prima istanza devono avere, per potere
accedere ai diversi servizi, un pos, un pin o digitare una password, che
secondo i manuali perfetta quando associa lettere e numeri, cio
alfanumerica. Per il server di posta elettronica universitario, ad esempio, io
sono Giorgio 440 T. Mentre per il mio servizio di bancomat sono 34424 e
per accedere alla banca telematica devo digitare 889932456.
Questo vorticoso precipitare di sigle e numeri sulle nostre vite tuttavia
scaturito, come s gi accennato, da un reale e ancor pi grandioso
sviluppo dell'information communication technology (ICT, per dirla con la
sua sigla). E' cio l'effetto di un fenomeno che a partire dalla seconda meta
del decennio trascorso cresciuto in modi e a ritmi forsennati, travolgendo
per un verso costumi e pratiche che avevano caratterizzato la socialit nei
due precedenti secoli e per l'altro istituendo un vero e proprio nuovo
ordine comunicativo, che risultato, e risulta, entusiasmante ma anche
disorientante e opprimente. In primo luogo perch leccesso di informazioni
diventato assoluto: cos esteso da risultare sempre pi inimmaginabile,
considerato anche che il trend non d segni di rallentamento. Nessuno
sforzo dellimmaginazione, per quanto grande, basterebbe a sfogliare
anche di sfuggita il volume delle informazioni disponibili e in offerta,
figuriamoci poi ad assorbirlo, digerirlo e trattenerlo.[3] Se vero ad
esempio che in quel villaggio totale della memoria che risponde al nome di
Google stato concepito, e annunciato nel 2007, il progetto di creare una

Torre di Babele dei libri, ovvero una biblioteca virtuale che raccolga tutti i
libri che sono stati stampati in ogni epoca sullintero pianeta.
Naturalmente molti, la maggior parte, di questi fantastici progetti nascono
e muoiono nel giro di brevissimo tempo. S gi accennato alleclisse nel
2008 di Second Life e si accenner al declino di Microsoft che agli inizi del
2000 deteneva il 90% del mercato e quindici anni dopo meno del 15%. Qui
per interessa sottolineare lo scarto fra realt effettiva e realt virtuale ed
evidenziare come negli ultimi 15/20 anni le nostre esistenze, pubbliche e
private, siano state letteralmente travolte, quasi sconvolte, dalle
telecomunicazioni e dai new media elettronici. Ci in forza di uno sviluppo,
che non ha riscontri con nessun altra rivoluzione tecnologica del recente
passato, e che si segnala per avere letteralmente inventato un'industria
mondiale e trasformato tanti oggetti elitari in altrettanti prodotti per il
consumo di massa.
Insomma in pochissimo tempo e dal niente si sono sviluppate nuove
modalit comunicative, i new media si sono venuti affiancando a quelli
tradizionali, in certi casi ibridandoli, in forza del processo pi generale di
convergenza, e le possibilit/occasioni di comunicare nei pi diversi modi si
sono moltiplicati, seguendo la stessa linea di tendenza registrata dalle fonti
e dai mezzi di informazione. Ossia a ritmi e con tassi di crescita cos rapidi,
sostanziosi e impetuosi da rendere molto problematico, se non impossibile,
un pronto e felice adattamento a un cambiamento siffatto. Anche per
effetto di una propensione da parte dei consumatori a farsi travolgere, o
comunque a non opporre ragionevoli dunque forti argini, a quel movimento
di innovazione continua delle tecnologie e degli standard portato avanti
sistematicamente dalle grandi imprese e dai maggiori fornitori di servizi.
Con propensione dichiaratamente commerciale, cio per accelerare,
dunque ridurre, il ciclo medio di vita dei prodotti; e con forza e impeto pari
alla velocit con cui sono aumentate, e aumentano, le prestazioni degli
apparecchi e degli strumenti. Un solo esempio ci d la misura di questa
fantastica accelerazione. La sim card di un comune cellulare, se non di
prima, di seconda generazione, aveva da cinque a dieci volte pi memoria
(64 o 128 K) di quella che aveva lHoneywell 516, cio lelaboratore che

allinizio del decennio Settanta costituiva la piattaforma di base di Arpanet,


il progenitore di Internet.
APPROFONDIMENTO
Di narcisismo tecnologico parl gi McLuhan, definendo "narcosi di
Narciso" l'ossessione feticista che prende gli utenti ogniqualvolta una
tecnologia di consumo entra a fare parte della nostra vita. Proprio come
Narciso, che si innamor di unesteriorizzazione (proiezione ne possiamo
fare. "Tutti desiderano che la loro Toyota sia in grado di raggiungere il
doppio della velocit consentita sulle autostrade Il fotografo dilettante si
caricher volentieri tutto l'equipaggiamento anche durante una scalata in
montagna, pur di non farsi, estensione) di se stesso, luomo sembra
innamorarsi invariabilmente dellultimo aggeggio o congegno, che in realt
non altro che unestensione del suo stesso corpo.[1] Il suo allievo Van de
Kerkhove ha poi ribadito il concetto, insistendo sulla volont che tutti
mostriamo di possedere utensili dotati di poteri molto superiori all'uso che
vedere senza l'ultimo articolo della Minolta o della Nikon i nostri figli
sviluppano una sorta di assuefazione alla velocit che li fa ululare e
smaniare se i loro programmi preferiti impiegano pi di un nanosecondo a
caricarsi".[2]Ovviamente, se consideriamo le tecnologie delle estensioni
delle nostre facolt e capacit fisiche, positiva questa ricerca di
implementare continuamente le nostre dotazioni tecnologiche e
multimediali. Tuttavia bisogna avere consapevolezza che la tecnologia,
come ideologia, una mitologia, che da due secoli suona come promessa di
risolvere felicemente ogni problema terreno e umano. E questa fede, ormai
quasi assoluta, nella tecn, che poggia anche sulla forza del tecnopolio
descritto da Neil Postman come il dominio di uninformazione totalmente
indiscriminata,[3] rende realistico il rischio di un drammatico
rovesciamento di ruoli e funzioni: che le macchine non siano pi protesi
umane, ma che gli umani diventino protesi delle macchine. Ossia che le
seconde possano avere il sopravvento sui primi, chiamati a intervenire solo
quando le macchine vanno in tilt, e che fragili ma potentissime memorie
digitali si sostituiscano allaccumulo lento ma persistente di esperienze
tramandate di generazione in generazione. Per la cronaca (fanta)scientifica,

che ha come protagonista Hans Moravec del Robotic Institute della


Carnegie University di Pittsburgh, lanno in cui i computer raggiungeranno
le capacit della mente umana, e a quel punto non avranno pi bisogno di
noi, il 2020.[4]
Intanto per si pu dare come completamente acquisito che, grazie ai
navigatori satellitari e alle carte di Google Earth, sia ormai quasi impossibile
perdersi fisicamente e geograficamente a ogni latitudine, ma viceversa
altamente probabile smarrirsi nella selva di prodotti e gadget tecnologici
che cresciuta attorno alle nostre esistenze. In ogni caso, pur riconoscendo
che possa essere in certi casi piacevole e gratificante perdersi nel mondo hitech, linterrogazione sui massimi sistemi lascia qui il passo allosservazione
quotidiana, alla presa datto che sul piano dei comportamenti e della
socialit sono numerosi i caratteri negativi e regressivi che possono
scaturire da questo feticismo tecnologico. Anzitutto i meccanismi
compulsivi e anche infantili, per irresistibili, che trasformano la passione
per la tecnologia in una mania. Continua a fare testo il termine patologico
di "micromania", coniato all'epoca in cominciava a manifestarsi in tutti i
suoi concreti effetti la rivoluzione elettronica, con la diffusione degli home
computer (Pc). E che individuava al fondo di una continua e incessante
ricerca di computer e gadget elettronici sempre pi potenti una brama che
non ha perso d'attualit, essendo anzi recrudescente. Cio che spesso
"poco importa che il computer riesca a fare qualcosa di utile perch ci che
pi conta trastullarsi con l'oggetto" e che "la memoria dei computer e i
genitali maschili hanno una cosa in comune: tutti dicono che le dimensioni
non sono necessariamente importanti ma nessuno ci crede".[5] E infatti
accade che la dimensione ludico-digitale si estenda, on line ma anche off
line, ben pi di quella lavorativa e con la stessa esponenzialit che
manifesta la crescita della potenza di macchine e programmi. Al punto che
un passatempo popolare e dopolavoristico come il karaoke nel momento in
cui si trasferisce sul web, al sito Midomi.com, diventa un catalogo musicale
sterminato, che ha in memoria pi di 2 milioni di canzoni e pu identificare
un brano in meno di dieci secondi.
Ma altrettanto fondati sono i rilievi di chi lamenta che le innovazioni di
prodotto sono spesso minime, o comunque non sostenute da reali vantaggi

funzionali, essendo viceversa indispensabili per soddisfare lesasperato e


quasi patologico bisogno di novit dei tecnofili. Insomma sempre pi
dubbio che questo processo di innovazione continua comporti automatici
vantaggi, essendo viceversa fondato e concreto il sospetto che anzich la
fluidificazione e facilitazione delle nostre esistenze, anche professionali,
esso finisca per opprimerle e ingorgarle sempre pi. In questo senso si pu
rilevare, anzitutto, la crescente superficialit che caratterizza i rapporti
interpersonali, nel momento in cui anche nella vita d'ogni giorno si fa surf
come sulla rete; si riducono le conversazioni dal vivo con la stessa
attitudine con cui ci messaggia col telefonino; si fanno pi cose assieme e
nello stesso tempo se ne pensano altrettante, con modalit simili allo
zapping televisivo, che la superficialit fatta visione. Visto che non si
guarda e ci si concentra pi su un programma o uno spettacolo, ma invece
si gira continuamente da un canale all'altro, volendo gettare un occhio a
tutto e finendo col vedere quasi niente. D'altronde si deve considerare che
se gli stimoli sonori e visivi, provenienti da numerose fonti
contemporaneamente, frastornano e stordiscono - e non potrebbe essere
diversamente! -, questa ottusit indotta da troppe sollecitazioni comporta
anche una crescente disattenzione alle vicende umane di chi ci sta intorno.
A indicare questa normale e diffusa condizione di estraneit alla vita che ci
fluisce intorno e magari ci viene addosso, anche se non ce ne accorgiamo, ci
stanno numerose tipologie di comportamento: chi cammina parlando e
gesticolando con un interlocutore remoto; chi corre o fa footing potendo
per crollargli il mondo in testa, e non se ne accorgerebbe, perch ha
all'orecchio l'auricolare di un telefonino o di un lettore musicale: chi si
ritirato nella stanza delle chat; chi ha occhi solo per vedere se il display del
videofonino o il video del computer ha segnalato o sta segnalando l'arrivo
di un mms o di una email; chi, appartenendo alla generazione Play Station,
al gioco dal vivo, fisico e vitale, ha sostituito una compulsiva e alla lunga
distruttiva attitudine ludica virtuale; chi, maniaco dei videogiochi, a forza di
digitare su tasti piccolissimi, sta inconsapevolmente anticipando la
modificazione della struttura fisiologia delle mani.
Naturalmente non mancano casi eclatanti, quasi mostruosi di tecnodipendenza. Come quello, citato nel saggio di Maggie Jackson Distracted,

della 24enne americana che in 5 anni ha avuto contatti con 11.7 milioni di
persone nel mondo, ma come un quarto degli americani non aveva uno
straccio di confidente dal vivo.[6] Tuttavia il dato che normalmente
simpone che la gran parte dei tic e manie, nevrosi e solipsismi ha che fare
con la connessione. Ossia con il riflesso condizionato che scaturisce
dall'idea che essendo connessi si debba ricevere continuamente dei
messaggi o essere cercati. Diversamente, dal momento che si
potenzialmente sempre disponibili e accessibili, si genera frustrazione e
depressione, ovvero una psicopatologia ormai certificata,[7] in nome del
principio, assoluto in una societ ossessionata dalla visibilit e dal
protagonismo, che il silenzio sia come l'assenza e la scomparsa. Cio
situazioni, e ancor pi stati d'animo, dolorosi, penosi. Insopportabili. Perch
se non mi chiama nessuno segno che nessuno mi ha in mente. Che sono
nessuno. Che non esisto. Naturalmente non mancano anche manifestazioni
pi divertenti dello stordimento ubiquitario, che rende difficile rispondere
con sicurezza e soddisfazione personale alle domande chi sono, dove sto
andando e cosa sto facendo. Soprattutto nel momento in cui si alle prese
con una lavatrice che pu mandare sms o con un frigorifero che ordina da
solo il prodotto mancante: perch nel primo caso non chiaro perch si
debba usare una lavatrice per comunicare a distanza e nel secondo caso
pu accadere di ricevere a domicilio non una cassa bens un camion di Coca
Cola. Ma pi pertinente chiedersi che senso abbia guardarsi una partita di
calcio o un film su uno smartphone. Essendo peraltro un'assoluta certezza
che potendo disporre di tutte, ma proprio tutte le mappe stradali del
mondo, grazie a Google Earth, della stragrande parte di esse in tutto il
tempo della nostra vita non sapremo che farcene. Perch quelle strade
resteranno pure e semplici immagini.

[1] M. McLuhan, Rimorso di incoscienza, larticolo del 1963 stata


riproposto da Lettera internazionale, n. gennaio 2009.

[2] D. de Kerkhove, La pelle della cultura, Genova, Costa & Nolan, 1995.
[3] N. Postman, Technopolis. La resa della cultura alla tecnologia, Torino,
Bollati Boringhieri, 2003 (prima ed. 1992), p. 68.
[4] Wired(ed. it.), gennaio 2009.
[5] Platt, Micromania, Milano, Feltrinelli, 1986.
[6] M. Jackson, Distracted.The Erosion of Attention and the Coming Dark
Age, Amherst,Prometheus Books, 2008.
[7] L. Di Gregorio, Psicopatologia del telefonino, Milano, Angeli, 2009.
ATTIVITA'
Approfondisci la relazione spazio-tempo e le sue implicazioni sulla nostra
vita quotidiana. E chiediti se hanno ancora senso, al tempo delle reti di
comunicazione iperveloci e dellistantaneit/ubiquita possibile grazie al
web, le tradizionali relazioni/opposizioni: lento/veloce, vicino/lontano,
piccolo-grande.

8. LA COMUNICAZIONE SOCIAL

SPIEGAZIONE
La velocit infatti, ha osservato il sociologo Thomas H. Eriksen, una droga:
d assuefazione. Si comincia lavorando sul notebook durante i trasferimenti
in bus e treno si finisce maledendo il tram che in ritardo di cinque minuti.
La velocit porta alla semplificazione: anche quando siamo al cinema o
leggiamo un libro abbiamo sempre acceso il tasto avanti veloce. La
velocit provoca effetti da catena di montaggio: i piatti pronti da gourmet,
come il caff e il cioccolato in tazza istantanei, sono la morte dei sapori e
delle fragranze. La velocit porta a sacrificare la precisione: errori e refusi
sono venuti costantemente aumentando, contestualmente alluso di
correttori automatici e alla scomparsa dei correttori di bozze (in carne e
ossa). La velocit rende superficiali: la possibilit di fare pi cose assieme e
di riuscirne a farne sempre di pi presuppone che non ci si fermi a
meditare, riflettere, ripensare, approfondire. La velocit chiede spazio,
sempre pi spazio: se tutti gli italiani si mettessero in moto nello stesso
momento, con le attuali strade, il blocco del traffico sarebbe totale. La
velocit contagiosa: abituati a connessioni internet che hanno quasi
annullato lattesa, il desiderio di accorciare i tempi si esteso a ogni
ambito. In unora sono pronti gli occhiali nuovi (Megavision Optic Store), in
dieci minuti uno sviluppo fotografico (Foto Record), in tre minuti cotto il
riso (Scotti), in due minuti vengono servite le notizie di un giorno (Corriere
della Sera) in un minuto le news dal mondo (Radio 101). Ovvio che, con
poche eccezioni e in ogni ambito, si assiste alla costante riduzione delle
attese e dei tempi morti; e al continuo abbassamento dei tempi di
consegna di un prodotto, di risposta a una richiesta, di soddisfacimento di
un servizio, di realizzazione di un intervento. Per pi dei fenomeni in s,
denotativi di una velocit degenerata, come la Cibalgina che diventata
Fast, perch un mal di testa non pu durare pi dun attimo, o della
promessa del colonnello dei Ris, Luciano Garofano, che presto sar
possibile rilevare il dna sulla scena del crimine, a cadavere ancor caldo,
colpisce la spensieratezza di questa frenesia.[1] Ossia che la velocit con cui

invenzioni e innovazioni irrompono nella nostra vita proceda e aumenti


incurante e talvolta perfino oscurando una puntuale analisi costi-benefici.
Che peraltro sarebbe lunico modo, intervenendo sui fattori critici, di
massimizzare i vantaggi , minimizzando rischi e danni. Che non sono pochi e
non poco impattanti sulla qualit della nostra vita, fisica, psichica, sociale e
relazionale. Considerato ad esempio che l85% delle persone, cio la
stragrande maggioranza dei consumatori, si dichiara inebetita[2] da un
processo di innovazione che talmente veloce e continuo da essere
percepito come la principale fonte di complicazione della vita quotidiana.
Ma i new media e pi in generale le tecnologie dellinformazione sono
anche molto intrusivi: attentati e invasioni alla privacy individuale sono
costantemente cresciuti al passo con lo sviluppo delle applicazioni e dei
congegni tecnologici. Con Google qualsiasi persona, celebre o comune,
essendo recensita, pu essere rintracciata. Ma lestrema diffusione
delluso del web, di telefonini e carte di credito, che ha reso i nostri
movimenti e comportamenti sempre pi controllabili. Al punto che gli
allarmi delle autorit di controllo ormai si sprecano in tutto il mondo la
paura di essere costantemente spiati cresce. Visto che accanto allocchiuto
Grande Fratello che sta prendendo forma sul web, con laffinarsi degli
strumenti di geolocalizzazione, ossia con lintegrazione delle informazioni di
YouTube con le mappe di Google,[3] si segnalano tante allegre Piccole
Sorelle (la scheda telefonica, il bancomat, la spesa al supermercato, il
telepass autostradale, il badge del parcheggio) che ci seguono e ci
segnalano in ogni momento del giorno e della notte. Ma cresce anche il
senso di smarrimento, e di impotenza, di fronte alle montagne di
spazzatura che si accumulano nelle nostre caselle di posta elettronica. In
primo luogo perch il world wide web strutturalmente un produttore di
informazioni-scoria. La dissipazione universale caratteristica di ogni
moderna produzione ha trovato la sua manifestazione pi spettacolare
nella sete insaziabile di informazioni balzata in primo piano grazie alla
tecnologia informatica scrive Zigmunt Bauman. In secondo luogo perch
qualsiasi assicurazione che tutto sotto controllo o comunque lo sar
presto produce solo linoppugnabile evidenza che la produzione di
informazioni-scoria si alimenta da s: ogni tentativo di smaltimento dei
rifiuti non fa che sfornare altri rifiuti.[4] Il processo sembra inesorabile.

Nel giro di due anni il fenomeno spam verr eliminato: cos parl Bill
Gates al Forum di Davos del 2005, ma mai promessa and cos
clamorosamente a vuoto. Nel 2001 lo spam nel mondo rappresentava il 5%
del traffico Internet, nel 2004 salito al 70%, nel 2006 in certe aree del
mondo salito al 90%. Nel 2013 le e-mail spam hanno raggiunto liperbolica
cifra mondiale di 84.000 miliardi al giorno.[5] Il dato pi preoccupante per
che una parte significativa di questa spazzatura, perlopi pubblicitaria,
costituita da mail di pishing, cio tentativi di procurarsi fraudolentemente
password e codici di accesso bancari.[6] Ma i dati della criminalit
informatica indicano anche che in Italia nel 2008 il 52% degli utenti online
ha subito almeno un tentativo di accesso non autorizzato alle proprie
informazioni personali.[7] Mentre si stima che un italiano su 4 abbia subito
un furto di identit.[8]
Ma lestrema velocit, facilit ed estensione dellaccesso, che nel 2009 ha
toccato il miliardo di persone che quotidianamente frequentano il web e i 2
miliardi di caselle di posta elettronica attive nel mondo,[9] ha altre
formidabili controindicazioni. Anzitutto, per stare ancora in tema di
fraudolenze conclamate, che, tanto pi si diffonde la banda larga e si
estendono le connessioni veloci, i personal computer diventano sempre pi
vulnerabili agli attacchi e infezioni virali. Il malware ha toccato punte di
diffusione planetaria nel 2015, inaugurando anche su larga scala la nuova
pratica fraudolenta del kryptolocker.
La seconda conseguenza non meno grave ma sicuramente pi paradossale
che la rete con la promessa di fluidificarci la vita in realt finisce per
sortire leffetto contrario. Le tecnologie dellinformazione eliminano infatti
le distanze, accorciano i tempi, rendono facile ogni cosa. Per,
concretamente, il movimento materiale delle persone, merci e autoveicoli,
che sempre pi insostenibile, cresciuto, e continua a crescere, tanto pi
il web suonato come promessa di assoluta liberazione ed estrema
facilitazione dogni nostro momento o occupazione di vita, lavoro, viaggio,
studio, divertimento. La terza controindicazione scaturisce dallerrata
convinzione che lestrema velocit e facilit di trovare sulla rete qualsiasi
dato, informazione, notizia renda superflui i contesti e le correlazioni.
Insomma che grazie a Google si possa sapere tutto e subito senza

conoscere niente. Allo stesso modo in cui a tutti concessa lillusione che
sia sufficiente aprire un blog per diventare qualcuno essendo nessuno.
Visto che a dispetto dei milioni di persone che consegnano alla rete i loro
pensieri e il loro diario giornaliero, tutti i blog pi visitati e letti sono tenuti
da professionisti (giornalisti, scrittori e personaggi del mondo dello
spettacolo).[10] In altre parole una frequentazione troppo intensa e una
confidenza eccessiva nellenciclopedismo di internet possono indurre a
dismettere la fatica critica del concetto e lesercizio della memoria, intesi
come consapevolezza che il sapere non mero accumulo, ma
stratificazione, mediazione informativa, selezione. Sarebbe opportuno ammonisce lesperto in biblioteconomia - tenere sempre presente che i
motori di ricerca sono essenzialmente dei database operanti in modo del
tutto meccanico e che lenorme quantit di dati presenti nel world wide
web non esprime nulla senza un sistema significativo di reciproca
interrelazione.[11] Una persona pu infatti cercare "qualsiasi cosa" in un
database, ma che tipo di cosa , se significativa o semplicemente un non
senso, sono questioni alle quali non pu dare risposta un database. In breve
i database non sono metodi di memoria ma (al contrario) consentono di
dimenticare. Il "qualsiasi cosa" tu puoi trovare l che tu puoi dimenticare
"qualsiasi cosa".[12]
[1] Lannuncio stato fatto nel convegno Crimine e ricerca scientifica che
si tenuto a Brescia il 18/3/2007. Cfr Gazzetta di Parma, 25/3/2007
[2] L. Petull e D. Monelli, Il videofonino, Roma, Meltemi, 2007,
p.23
[3] E. Assante, YouTube, la spia della porta accanto, la Repubblica,
16/11/2008
[4] Z. Bauman, Vite di scarto, cit. pp.33-34
[5] Www.anti-pishing.it/spamming/spamming.php (consult. del 3/5/2009)
[6] I dati sono tratti da unanalisi statistica dellIit-Cnr presentata nel
settembre 2007

[7] I dati 2007 e 2008 sono di fonte Polizia postale. Sui tentativi di pishing in
Italia ho consultato anche (30/1/2009) il sito
poliziadistato.it/pds/informatica/index.htm. Si veda anche Effetto serra
delle e-mail spazzatura, la Repubblica 20/4/2009

rete, possano essere derubricati e trasformati in eventi epocali. Come nei


casi del chewingum (masticato) della pop star Britney Spears e della
cassetta di legno con dentro lanima di Papa Wojtila messi allasta su EBay.[2]

[8] Fonte Adiconsum (consult.del sito il 22/4/2009)

Ma se non si sa come rubricare alcuni esperimenti che hanno spopolato su


YouTube, tipo le Mentos che esplodono nella Coca Cola o i pop-corn cotti
dalle onde incrociate di telefonini squillanti, risultano invece ben pi
preoccupanti e gravi le dipendenze correlate all'uso, meglio abuso, delle
moderne tecnologie. Si consideri infatti che i giovani americani fra i 13 e i
18 anni, nel 2006 ogni settimana passavano 72 ore, cio pi di 10 ore al
giorno, feriali e festivi allo stesso modo, usando internet, cellulari, tv, mp3,
videogames.[3] La qualcosa ha come prima conseguenza la sensibile
riduzione dei rapporti dal vivo con i propri simili. In Inghilterra ad esempio il
tempo speso nei rapporti interpersonali faccia a faccia sceso dalle 6 ore al
giorno del 1990 alle 2 del 2009.[4] Ma nel 2008 la forte caratterizzazione hitech un dato acquisito per gli adolescenti di tuttEuropa, Italia compresa,
dove il 94% ha un computer in casa che usa regolarmente per scaricare
musica e immagini, chattare e andare su YouTube.[5] Insomma in tutto il
mondo sviluppato ci si trova a fare i conti con l'inedita generazione dei
nativi digitali, che fisiologicamente "multitasking", ma proprio per
questo con crescenti problemi a comunicare con il mondo adulto e dei
genitori.[6] Perch investita, forse afflitta, da troppi stimoli, che accendono,
eccitano il cervello, senza per attivare quei processi di memorizzazione
che rendono durature esperienze e conoscenze.[7] E, ancor pi grave,
ossessionata dallurgenza di trasformare la propria vita in un palco sul quale
mettersi in scena registrando ogni attimo con tutti i tipi di media. Secondo
una ricerca sugli adolescenti italiani, condotta da Eurispes nel 2006, l82,6%
usava quotidianamente il cellulare per fare foto, inoltrare immagini e piccoli
video. E stato coniato il termine di generazione autoscatto, che con il
video-telefonino approdata al narcissimo fai-da-te e a un vano, perch
inconsistente, ma smodato protagonismo. Quella che scaturisce da un uso
di cellulare e pc, da parte delle giovani e giovanissime generazioni,
prossimo al 100%. Nel 2007 gi a dieci anni la percentuale dei bambini che
usavano i due strumenti era rispettivamente del 60% e del 90%. Nel 2008 la
percentuale dei 13-17enni frequentatori abituali della rete salita al

[9] Il dato della societ score.com ( consult. del 21/1/2009) si veda anche
il Messaggero, 25/1/2009
[10] Newsweek, 17/6/2007
[11] A. Saltarelli, The malling of memory": le risorse elettroniche e la perdita
del senso del tempo, 51 Congresso nazionale AIB, Intervento al seminario
Aib Web, 29/10/2004(consult. del 3/5/2008)
[12] U. Jochum, The gnosis of media, cit A. Saltarelli, op.cit

APPROFONDIMENTO
Ma se la dimenticanza e la dissolvenza, sempre incombenti, sono la pi
puntuale e feroce nemesi per un sistema che si legittima per la sua
sterminata capacit di memoria, un certo numero di comportamenti
stupidi deve essere forse considerato il sottoprodotto, quasi fisiologico e
perci inevitabile, dello sviluppo di tecnologie intelligenti. In questo senso
continuano a fare testo le brillanti riflessioni di uno dei padri della moderna
psicologia cognitivista, Donald A. Norman sulle frustrazioni che ci infliggono
molti oggetti e congegni duso quotidiano. Lavatrici e asciugabiancheria
che sono diventate troppo complicate stereo-Tv-audio-video-registratori
che nella pubblicit si vantano di fare qualunque cosa ma rendono quasi
impossibile in pratica fare alcunch perch bisognerebbe essere laureati
al MIT per farli funzionare.[1] Ma altrettanto straordinaria la
convinzione, sempre pi diffusa e interiorizzata, che qualsiasi idea, anche la
pi pazza e stravagante, ma in ogni caso legata alle tecnologie avanzate,
abbia diritto di cittadinanza. E che perfino i deliri, transitando attraverso la

95,5%.[8] Ma in rapida diffusione anche la sindrome da affaticamento per


eccesso di news (certificata come NFS) tra i giovani e la dipendenza da
comunicazione scritta che sta colpendo invece i manager. Fa ancora testo
una ricerca della Harvard Business School, condotta alla fine del 2006, che
individuava una generazione di sempre connessi, disponibile a lavorare
senza sosta fino a 130 ore alla settimana, mangiando magari davanti al pc o
spippolando in ogni momento con il proprio terminale mobile. Nel 2014
stata ufficialmente riconosciuta la sindrome da sconnessione, nellambito
del pi generale quadro patologico dellInterrnet Addiction Disorder (IAD).
Naturalmente non star a sottolineare, tanto noto, che la tecnologia in s
e per s non buona n cattiva, ma neppure neutra, come vuole la prima
legge di Kranzberg.[9] Mi limiter a ricordare che cellulari e web non hanno
servito solo cause nobili, ma sono stati anche i mezzi ottimali, perci
preferiti, per alimentare e dare fuoco a moti di piazza e ribellioni giovanili.
Gli smart mobs, infatti, non sono sempre i felici e festosi happenings
descritti dall'omonimo libro,[10] che hanno avuto come pesci-piloti i
giovani giapponesi che dialogano a distanza con i loro I-Mode, ma possono
anche essere gli incubatori di violente rivolte urbane, sociali e
generazionali, come quelle che hanno incendiato le banlieuses parigine nel
2006 e nel 2012. Ma la stessa ambivalenza osservabile anche nei
videofonini, che non sono solo lo straordinario mezzo di informazione
istantanea rivelatosi appieno in occasione dello tsunami che ha devastato
l'estremo oriente nel 2004 o dell'attentato terroristico nell'Underground
londinese nel 2005. Quando, appunto, le immagini dei disastri come nel
caso del terremoto in Abruzzo del 2009 - sono arrivate ai giornali e alle
televisioni prima che sul posto arrivassero i giornalisti. E per luser
generated content, cio la nuova tendenza del web a utilizzare contenuti
generati dagli utenti, stata la consacrazione ufficiale. Ma anche il mezzo
sciagurato che, intrecciando esibizionismo e voyeurismo, incoraggia,
attraverso la loro spettacolarizzazione, pulsioni pornografiche, bullismo
giovanile, violenze sessuali di gruppo, istinti omicidi. Le cronache di questi
anni sono piene ormai di episodi tragici, efferati, disperati, il cui dato nuovo
rappresentato dallabitudine di anticiparlo o postarlo poi sui social
network, massimamente Facebook.

Ma unaltra forte e grave accusa che si muove alle nuove tecnologie e


soprattutto a Internet di essere diventato il luogo dove agiscono di
preferenza i nuovi orchi: pedofili, adescatori e truffatori d'ogni risma,
travestiti da maghi, santoni e salvatori dellumanit. E dove, oltre al sesso
nelle sue manifestazioni pi degradate, trovano riparo anche
fondamentalisti e terroristi vecchi e nuovi: brigatisti rossi, jiahdisti, nazisti e
fascisti sanguinari, ultras irriducibili, che non si limitano a diffondere e
spargere odio in rete, ma che utilizzano il web per azioni di proselitismo.
Dimostrando, con grande abbondanza di siti deliranti e inneggianti alle
peggiori cause planetarie, quel che con raro acume aveva ipotizzato e
anticipato Antonio Roversi indagando il lato oscuro della Rete Sino a
qualche tempo fa c chi ha sostenuto che una tecnologia rivoluzionaria
come Internet sarebbe stata in grado di produrre consistenti innovazioni
sociali abbattere barriere e steccati, rinnovare le tradizioni locali Ma pu
anche accadere che Internet diventi il tramite attraverso cui riprendono
fiato vecchi rancori, il disprezzo dellaltro si manifesti in tutta la sua
virulenza, lodio per chi sta dallaltra parte venga gridato con parole che
grondano sangue e i desideri di rivincita siano esibiti sventolando i simboli
pi truculenti.[11]
Daltronde, come ammonisce il sociologo Valdis Krebs, denunciando
lideologizzazione del web, lintelligenza collettiva tende a renderci pi
collettivi e non pi intelligenti, dunque pi sensibili alle logiche di gruppo
che ai richiami della ragione critica e della responsabilit
individuale.[12] Con buona pace dellottimismo cooperativo espresso da
Pierre Levy: Se due persone distanti sanno due cose complementari, per il
tramite delle nuove tecnologie, possono davvero entrare in comunicazione
luna con laltra, scambiare il loro sapere, cooperare. Detto in modo assai
generale, per grandi linee, questo in fondo lintelligenza collettiva.[13] E
con una tendenza crescente allincrudelimento delle appartenenze di
gruppo che direttamente proporzionale al venire meno della fiducia e
della prosperit nel libero mercato globale. Visto che pi si manifestano gli
effetti materiali della nuova grande depressione, pi lintelligenza collettiva
si trasforma in mentalit da branco, da mandria in preda al panico. Dalla
Grande Depressione innescata negli Usa dalla bolla immobiliare e
finanziaria scoppiata nel 2007 alle farneticazioni sanguinarie dellIsis di

questi ultimi anni, il web venuto popolandosi di autentici mostri.


ATTIVITA'
[1] D. A. Norman, La caffettiera del masochista, Firenze, Giunti, 1997, p. 9.
[2] Italia Oggi, 15/6/2005.

Fai una veloce ricerca e aggiorna i dati sul malware digitale, dal pishing allo
stalking e al bullismo che hanno assunto dimensioni notevoli e perci
preoccupanti, da quando si sono diffusi massicciamente i social network.

[3] Teen Trends, ricerca dell' Harrison Group ,


2006 www.harrisongroupinc.com, consultazione di 3/3/2007.
[4] Solitudine un lusso antico abolito dallhi-tech, la Repubblica,
23/2/2009.

BIBLIOGRAFIA

[5] Rapporto adolescenti 2008 della Societ italiana di pediatria (SIP).

Sui temi di questa unit didattica rimando ai miei due testi:

[6] Internet, sms e troppa tv un muro del silenzio divide i padri dai figli, la
Repubblica 21/1/2009; Chat,sms e social network: le relazioni leggere
dei giovani ipertecnologici, la Stampa, 19/3/2009.

Lingorgo. Sopravvivere al troppo, Eleuthera, Milano, 2010.

[7] I nostro cervello per andare pi veloce ha bisogno di rallentare. Secondo


il neuroscienziato svedese Torkel Klingberg (The overflowing brain, 2009 )
accendere troppe luci assieme, ovvero affrontare molti compiti
contemporaneamente, fa addirittura diminuire la luminosit complessiva
del cervello.
[8] La fonte del dato 2007 lUniversit di Udine, ricerca su 1.212 scolari di
11 anni; quella del 2008 Doxa-Save the
Children, www.savethechildren.it(consult. del 6/5/2008).
[9] M. Kranzberg, The Information Age: Evolution or Revolution ? in
B.R.Guile (a cura di) Information, Technology and Social Transformation,
National Academy of Engineering, Washington D.C., 1985, p. 50.
[10] Smart mobs, Milano, Cortina, 2003.[11] A. Roversi, Lodio in rete,
Bologna, il Mulino, 2006, p. 195.
[12] V. Krebs, fondatore di orgnet.com, autore del rapporto Social
network analysis 1987- 2007. Informazioni sulla sua attivit di analista del
web stanno sul sito current.com (consult. del 8/3/2009).
[13] P.Levy, Lintelligenza collettiva, Milano, Feltrinelli, 1996, p. 56.

Il Futuro adesso. Societ mobile e istantocrazia, San


Paolo, Milano, 2013.

9. OVERFLOW INFORMATIVO E IPERCOMUNICAZIONE (1) LINGORGO

MEDIATICO.

SPIEGAZIONE

dal 44,5% del 2000 al 50,9% del 2006.[6] Con un ulteriore aggravamento del
dato nel 2012 che ha visto lItalia detenere il fanalino di coda dei paesi
dellarea OCSE, sia per le competenze alfabetiche che per quelle numeriche
(cfr la seguente tabella).[7]

Cominciamo dai libri, che sono gli antenati della societ della
comunicazione nella quale viviamo. Nel 1970 il numero di nuovi titoli
pubblicati nel mondo era di poco superiore ai 500 mila. Venti anni dopo era
salito a 842 mila. Nel 2000 ha superato il milione. Nel 2008 ha superato i tre
milioni[1] e nel 2015 i 4 milioni.[2] E qui la prima osservazione da fare che
essendo la stragrande maggioranza di questi libri prodotta nelle aree pi
ricche, dunque pi alfabetizzate e con numero di lettori stabile, se ne
deduce che non necessariamente i libri vengono pubblicati per essere letti.
A riprova che le ragioni di mercato se ci sono, e con esse lincremento dei
titoli, sono pi patologiche che fisiologiche. Considerato che soprattutto in
Italia il cimitero dei libri evocato nel best seller dello spagnolo Carlos Ruiz
Zafon, Lombra del vento, una realt e ancor pi una tragedia, non solo di
mercato, difficilmente smentibili. Se vero che nel 2015 come nel 2008
sono 40.000 i titoli che finiscono fuori catalogo, dopo che l84% dei volumi
pubblicati ha venduto meno di 500 copie e pi del 30% non ha venduto una
copia e avrebbe potuto, pi convenientemente, passare direttamente dalla
tipografia al macero.[3] Per dirla con la battuta di un libraio: a volte gli
unici a fare un po di soldi in questa invasione di libri sono soltanto gli
autotrasportatori che guadagnano consegnando i libri e guadagnano di
nuovo portando indietro quei titoli come resa.[4] E in questo contesto di
crescente e frenetico turn over librario che la sopravvivenza di un testo
sugli scaffali, che era di 90 giorni nel 2000, quindici anni dopo sceso sotto
i 40 giorni. Troppe novit infatti inondano un mercato che fatica molto a
fare crescere il numero degli acquirenti e dei lettori. Nel 2014 rispetto
allanno predente, la quota di lettori di libri scesa dal 43% al
41,4%.[5] Per il dato veramente drammatico che diminuiscono le
competenze di lettura. Ossia che aumentano le persone che non capiscono
quel che leggono. Secondo il Rapporto Pisa (Programme for International
Student Assessment) curato dalOCSE la percentuale dei ragazzi italiani che
non in grado di capire nemmeno un minimo di quel che ha letto passato

La bassa propensione alla lettura degli italiani, che ha cause strutturali e


viene alimentata da un forte analfabetismo di ritorno, si manifesta anche
nellinvarianza, quando non addirittura nel calo, che caratterizza il numero
di lettori vantato dalla stampa e che vale sia per i quotidiani sia per i
periodici. In entrambi i settori infatti la moltiplicazione delle testate e i
continui tentativi di nuove proposte, nonch un accelerato ricorso
ai restyling grafici da parte delle singole testate, non sono riusciti, e non
riescono, a fare aumentare gli acquirenti cos come i lettori di giornali. Anzi
la tendenza a un assestamento costante verso il basso, ad eccezione della
Germania che vanta l 81,8% di lettori di quotidiani, comune a tutti i paesi
sviluppati, a partire dagli Usa che hanno visto le copie giornaliere vendute
(paid circulation) di quotidiani scendere dal record storico di 63,3 milioni
nel 1984 a 52,3 milioni nel 2006.[8] Con una tendenza che nel 2008 anno
della Grande Depressione e del crollo della pubblicit - stata rovinosa. Ma
addirittura catastrofica nel 2014, quando la paid circulation dei quotidiani
statunitensi scesa a poco pi di 40 milioni di copie.[9] Il seguente grafico
esenta da ulteriori commenti.

10% allanno. Praticamente un crollo non compensato peraltro dal notevole


incremento delle edizioni on-line di tutti quotidiani cartacei (il 20/22% degli
abbonamenti) e che fissa nel 2015 il punto di equilibrio del sistema attorno
ai 3 milioni di copie vendute nel giorno medio.[11]
Un calo costante (dalle 103 copie ogni mille abitanti del 1999 alle 91 del
2008[12] e alle 60 del 2015)[13] a cui corrisposto per lincremento delle
testate e soprattutto delle foliazioni. Nel 1982 il numero medio di pagine
giornaliere era 20, nel 2005 pi che raddoppiato passando a 47.[14] Ma
ancor pi eclatanti sono i casi specifici: la Repubblica, che dalle 24 pagine
giornaliere dellanno di fondazione passata alle 68 del 2008;
linformazione finanziaria del Sole 24Ore cresciuta dalle 30 pagine a
settimana dei primi anni Ottanta alle 130 del 2003 . Due per sono i dati
che si impongono: nel 2005 su 80 quotidiani solo quattro producevano utili;
il tempo medio di lettura passato dai 40/50 minuti della seconda met del
decennio Novanta ai 25 del 2005. Nel 2008 la stima scesa a 15 minuti. Nel
2014 a meno di 9 minuti. In un ventennio si dunque ridotto da 4 a 5 volte,
anche se fondato sostenere che la lettura materiale del quotidiano sia
stata integrata/affiancata da quella on line. Per in forme e con effetti cos
dirompenti, che, complici il crollo delle vendite e della pubblicit registrato
in tutto il periodo 2008- 2015, identificano proprio in Internet il principale
fattore killer della carta stampata.[15] E qui, se non sfugge il significato
esorcistico, colpisce il largo anticipo con cui stata annunciata la fine della
carta. 1764-2009 infatti la data posta nel necrologio apparso il 18 marzo
2009 sul Financial Times: Dopo una lunga battaglia con pubblicit in
declino, et dei lettori troppo avanzata, concorrenza di Internet,
sconsiderati livelli di indebitamento, costi inflessibili, ambizioni e esagerate
e crisi di nervi, lindustria dei giornali passata a miglior vita.
Quanto ai periodici (settimanali e mensili) la tendenza degli ultimi anni e
quella prevedibile dei prossimi si riassume in una formula circolare che
esprime bene le logiche e le dinamiche dellingorgo: aumentano le tirature,
ma non i lettori, per aumentano le rese. I dati del 2015 esprimono bene
questo trend, che arriva in certi casi a superare il 70% di copie rese.[16]

In Italia invece si vendevano 9.763.197 copie nel 1980, 8.593.000 nel 1997,
7.578.967 nel 2006[10]. Ma da quellanno il calo stato costante dal 7 al

Nel settore radiofonico, invece, le 3.000 emittenti degli anni Ottanta,


decennio ruggente della radiofonia, sono scese a poco pi di 1.100 nel

2006.[17] Comunque un numero di assoluto rispetto e decisivo per


produrre fondamentali e pi complessive modificazioni dei modelli di
fruizione mediale. Anzitutto perch sono proliferate le web radio (tante che
perfino impossibile contarle)[18] e perch la riduzione del numero di
radio, gran parte delle quali assorbite ed entrate a fare parte di network
commerciali, si tradotta in una maggiore copertura e penetrazione
mediale, nonch in una forte concentrazione delle audience nelle principali
emittenti nazionali. In secondo luogo perch leasy listening, il facile ascolto
indotto da un uso veloce, perlopi automobilistico, del mezzo stato infatti
propedeutico nella formazione di un ascoltatore volatile, incontinente,
leggero. Incline al divertimento e al mordi e fuggi, cio a modalit
contagiose, soprattutto sotto laspetto commerciale, per gli altri media.
Non un caso infatti che le notizie singolari, stravaganti, esotiche,
fantastiche abbiano nella radio un luogo eletto. Non tanto per la sua
capacit di evocare echi tribali, come ha scritto Marshall McLuhan, o di
stare a un pelo dallascoltatore come ha lamentato
TheodorW.Adorno,[19] dunque di sollecitare lemozionalit anzich la
razionalit. Ma soprattutto perch la struttura dei palinsesti, che privilegia il
flusso di musica e chiacchiere e linformazione di servizio, quasi esclude
inchieste e approfondimenti giornalistici. Con ci rafforzando il sospetto
che lassoluto prevalere dei testi (le notizie) sui contesti (il quadro generale
e le cause), ossia quella decontestualizzazione che rende impossibile la
comprensione di qualsiasi fatto o problema, sia una caratteristica
fortemente praticata dalla radio, ma ormai comune a tutti gli altri media. A
partire dalla Tv, che il mezzo che manifesta e riassume tutti i fattori
negativi che maggiormente concorrono a determinare quellingorgo
mediatico che il tema di questo capitolo.
La Tv, bench ormai al tramonto, negli ultimi ventanni ha dominato la
scena massmediale imponendosi in Europa e soprattutto in Italia come il
mezzo pi posseduto e diffuso. "Per tutto ormai ci si rivolge alla Tv; ecco
perch ha una risonanza cos forte. Nella nostra cultura la televisione il
modo pi comune per sapere le cose. Perci - e questo il punto cruciale- il
modo in cui la televisione rappresenta il mondo diventa il modello di come
il mondo deve presentarsi".[20] La Tv infatti non solo impone i suoi modelli
alla vita quotidiana, ma anche la sua agenda e la sua stessa presenza agli

altri media. In un gioco di rimandi, svelamenti, retroscena, pettegolezzi e


gossip che, mentre contribuisce al generale abbassamento del pubblico
decoro, materializza anche una televisione di carta, cio un ibrido che
finisce con il condizionare pesantemente i contenuti e lo stile
dellinformazione e del giornalismo seri. Ma anche con il modificare
sensibilmente la struttura e limpianto grafico dei giornali da un lato e
dallaltro le modalit di fruizione e lettura. Se infatti linfografica, oggi
ampiamente praticata da tutti i quotidiani, s sviluppata per competere in
velocit ed essenzialit con la televisione, la drastica riduzione della
lunghezza degli articoli, contestuale alla moltiplicazione di foto, fotine, box,
boxini, didascalie e medaglioni, stata, ed , funzionale a un tipo di lettura
ricalcato sullo zapping.[21]
Nei cinque pi importanti paesi europei, secondo una ricerca comparata, la
televisione tradizionale resta il mezzo pi seguito con punte del 94,9% in
Gran Bretagna, del 94,5% in Spagna e del 93,9% in Italia. Scendono sotto il
90% Francia e Germania, rispettivamente all82,7% e 64,9%.[22] Ma questa
supremazia soprattutto strutturale. Il 98,3% degli italiani, ad esempio,
possedeva nel 2013 un Tv color. Ma a fare della popolazione italiana la pi
teledipendente dEuropa (tre ore giornaliere in media, con punte crescenti
ai due estremi anagrafici, cio per anziani e bambini) contribuisce il numero
di emittenti: 406 nel 2015.[23] Tante, tantissime, da costituire unanomalia
piuttosto che un primato, come si scrisse nel 2001 quando i 640 canali
censiti erano tanti quanti quelli esistenti negli Usa e rappresentavano un
quinto delle televisioni mondiali, assommanti a 2.500.[24] Naturalmente
molte di queste Tv trasmettono su bacini ristretti e hanno dimensioni poco
pi che artigianali, tuttavia hanno contribuito e contribuiscono ad
alimentare unofferta abbondante e articolata come poche. Soprattutto da
quando alla Tv generalista e analogica sono venuti affiancandosi e
moltiplicandosi i canali satellitari, free e pay, e quelli del digitale terrestre e
ultime nate le web tv. Il ricordo delle tre reti nazionali e pubbliche esistenti
negli anni Settanta, o delle 6.367 ore di programmazione Rai del 1983,
impallidiscono di fronte alla sola proposta di Sky, che nel 2015 con il
bouquet Mondo offriva pi di 100 canali, e alle quasi 60 mila ore di
programmazione che dal 2005 offrono insieme Rai e Mediaset.[25] Ma a
materializzare un futuro che gi oggi, e che si presenta abbastanza

terrificante, soprattutto per limprevedibilit degli esiti e la molteplicit


degli utilizzi, provvedono linternet Tv e la mobile Tv, che alla fine del 2015
potevano contare su 2,7 miliardi di telefonini e pi di 3 miliardi di utenti
internet.[26] E pi in generale i nuovi servizi che scaturiranno dalla Tv
digitale abbinata a Internet e al telefono.
[1] Fonte Unesco
[2] Ormai i dati sono diventati big data nel contempo che il loro
aggiornamento diventato praticamente quotidiano. Si veda al proposito il
sito www.infometers.info, che pu essere considerato la summa numerica
del web.
[3] Questi dati e quelli seguenti riferiti al mercato italiano ed europeo sono
tratti da fonti varie come i rapporti curati dallAie ( Associazione editori
italiani ) e lAnnuario bibliografico dellEditrice Bibliografica, Milano.
[4] M.N.De Luca, Alla ricerca dei libri perduti, in la Repubblica, 15/3/07.
[5] http://www.istat.it/it/archivio/145294 ( consult. del 23/6/2016).
[6] Bolletta e Pozio, Le valutazioni internazionali e la scuola italiana,
Bologna, Zanichelli, 2007.
[7] http://www.istat.it/it/files/2014/06/02_Istruzione-formazione-Bes20142.pdf ( consult. del 28/6/2016).
[8] Fonte NPD.
[9] http://www.statista.com/statistics/183422/paid-circulation-of-us-dailynewspapers-since-1975/ ( consult del 21/6/2016).
[10] Fieg, La stampa italiana dal 2004 al 2006. La sintesi sta al sito della
Federazione italiana editori
http://www.statista.com/statistics/183422/paid-circulation-of-us-dailynewspapers-since-1975/giornali.
[11] http://www.humanhighway.it/page/diffusionequotidiani.html (
consult. del 29/6/2016).

[12] Si veda rispettivamente E.Argante, G.Padovani,G.Triani (a cura


di), Buona Tv, Milano, lupetti, 1999 (in particolare il cap. In fuga dai libri e
dai giornali) e la Relazione 2008 della Fieg presentata il 16/4/2009.
[13] www.fieg.it/upload/studi_allegati/SINTESI.doc ( consult. del
23/6/2016).
[14] Fonte Annuari Istat e Asig (Associazione italiana stampatori giornali).
[15] Giornali,raddoppiano le perdite, cala la pubblicit, utili gi del 30%, la
Repubblica, 17/4/2009.
[16] http://www.datamediahub.it/2016/02/25/chartamente20/#axzz4COhBT48o ( consult del 23/6/2016).
[17] Audiradio 2007.
[18] http://www.repubblica.it/next/2014/06/17/news/fare_radio_un_gioc
o_da_ragazzi
[19] M.McLuhan, Gli strumenti del comunicare, Il Saggiatore, Milano, 1986
e Th.W.Adorno, Il fido maestro sostituto. Studi sulla comunicazione della
musica, Einaudi, Torino, p. 275.
[20] N. Postman, Divertirsi da morire, Marsilio, Venezia, 2003, p. 56.
[21] Si veda rispettivamente Costruire i giornali, in Problemi
dellinformazione, n.3 2007 e P.Barbella, Tempo zapping: la sindrome della
velocit, in G.Padovani e G.Triani (a cura di), La societ dello zapping, Mup,
Parma, 2003, pp. 91-94.
[22] Ucsi-Censis, Le diete mediatiche, 2007.
[23] http://www.millecanali.it/le-emittenti-televisive-in-italia-nel-2015/
(consult. del 27/6/2016).
[24] Diario, 6/3/2001.
[25] Fonte: Annuari Istat.
[26] http://wearesocial.com/it/report-ricerche/digital-social-mobile-2015tutti-numeri-globali-italiani

APPROFONDIMENTO
E sulla tripletta, ossia laccesso a tutti e tre i servizi da ununica fonte, a
condizioni e termini di favore, che si gioca infatti il futuro del mercato della
comunicazione e delle telecomunicazioni. Al momento per la rete che
sta letteralmente rivoluzionando pratiche, comportamenti, modalit di
accesso e fruizione mediali. Caratterizzandosi come una specie di hubper il
consumo dei media pi tradizionali, dai giornali ai magazine, dalla radio alla
stessa Tv, che per ne modifica sostanzialmente le modalit. Nel 2006 in
Inghilterra il web per la prima volta ha superato la Tv: i cittadini del Regno
Unito hanno passato mediamente 164 minuti al computer e 148 davanti
allo schermo televisivo.[1] Anticipando un fenomeno che ormai diventato
comune a tutti i paesi europei, compreso il nostro, e che ha interessato
soprattutto i giovani ma anche i target pi maturi Oggi come oggi i
consumatori/utenti non smanettano pi con il telecomando, ma con il
loro cosiddetto second screen, ossia smartphone (e tablet) ha osservato
un blogger, commentando le previsioni 2015 dellOsservatorio della Mobile
Economy del Politecnico di Milano secondo cui approssimativamente
saranno 50 milioni il numero di dispositivi italiani che si connetteranno
da mobile entro la fine dellanno.[2]
Con ci trovano puntuale conferma le previsioni condivise da tutti i pi
importanti analisti sui cambiamenti immediati e irreversibili in segmenti
chiave dellindustria televisiva e pi in generale editoriale, alla stregua di
quelli sperimentati dallindustria musicale. Daltronde se anche la telefonia
mobile lanciatissima nello sviluppo di contenuti multimediali e
dellinfotainment, sono da mettere sicuramente in conto un ulteriore
incremento e velocizzazione dei servizi e una maggiore competizione fra
operatori provenienti dai settori convergenti delle telecomunicazioni, degli
Internet provider e dei produttori di contenuti informativi. Ci con effetti,
ovviamente, dirompenti sui comportamenti di consumo e in archi di tempo
sempre pi veloci, accelerati. Come ha mostrato, ad esempio, la storia di
Napster che con i 57 milioni di persone che lo utilizzavano al momento della
sua chiusura ha determinato in pochi anni prima il crollo dei fatturati
dellindustria musicale e poi la sua profonda ristrutturazione. Se vero che
attualmente il 95% della musica viene scaricata da siti illegali, ma che ci

nonostante il business della musica digitale cresciuto da 0,4 miliardi di


dollari nel 2004 a 3,7 nel 2008.[3] Mentre nel 2014 il fatturato della musica
digitale, grazie allo streaming e a siti come Spotify, ha superato quello per
la vendita di cd musicali.[4]
"Questo il pi grande cambiamento nel business... dalla Rivoluzione
Industriale" aveva profeticamente scritto Business Week nel giugno
2006[5] trattando il tema del Social networking, la cui ascesa, economica
ma anche socioculturale, si riassume in numeri che sono cresciuti e
crescono vertiginosamente non solo da un anno allaltro, ma addirittura di
giorno in giorno se non di ora in ora. Ma il senso di una mutazione
profondissima e velocissima lo offre il confronto fra il blocco di dati riferiti
al biennio 2007/2009 e quello che considera il biennio ultimo o a noi pi
vicino. Scrivevo infatti nel 2010: Ogni secondo, precisamente 1,4 secondi,
infatti nasce un nuovo blog: in dieci anni, dal primo scripting news lanciato
dal tecno-pioniere Dave Winer, sono diventati 100 milioni nellestate del
2007, aumentando al ritmo di 120 mila al giorno.[6] Wikipedia invece alla
fine del 2008 contabilizzava 275 milioni di visitatori al mese,[7] facendo a
gara con Facebook, che ha solo 5 anni e gi 175 milioni di utenti,[8] e con
YouTube, i cui 20 milioni di utenti unici che nel 2007 vedevano sul pc 100
milioni di video giornalieri, aggiungendone a loro volta 60 mila nuovi al
giorno,[9] nel 2009 risultavano quasi raddoppiati.[10]
Bene ora considerate invece questi dati: Facebook lanno scorso
diventato il paese del mondo pi popolato con 1 miliardo e 500 mila iscritti;
nel 2015 gli italiani connessi con smartphone o dispositivi mobili alla rete
sono stati 22 milioni, contro il poco pi di un milione nel 2011; nel 2015
YouTube ha registrato 1 miliardo di visitatori unici al mese.[11]
Insomma quasi certa la previsione che la sfida del futuro non sar
laccesso alla rete, alle informazioni e ai servizi multimediali, ma sottrarsi
alleccesso di offerta. Essere capaci, come ha scritto Thomas H. Eriksen di
difendersi dal 99,99% delle informazioni che ci vengono offerte e di cui non
abbiamo bisogno (riuscendo) a sfruttare al massimo il restante
0,001%.[12] In ci fermamente convinti, come ha ribadito la giornalista
del Boston Globe Maggie Jackson nel suo saggio sui crescenti danni psicoesistenziali prodotti dalle tecnologie dellinformazione, che: E il momento

di cominciare a scegliere, non tanto quel che vogliamo includere nella


nostra vita. Ma quel che vogliamo escludere.[13] Guidati da un sentimento
molto concreto e per nulla pregiudiziale e ideologico, qual quello
suggerito dalleconomista Tyler Cowen, che invita a non sprecare tempo e
attenzione. A non disperdersi in tante attivit e interessi, ma invece a
concentrarsi su poche cose: quelle che si pensa valgano davvero la fatica e
limpegno. Ad applicare la strategia del ladro, che trovandosi in un grande
museo non pu rubare tutti i quadri, ma solo alcuni. Magari uno solo:
quello che vale di pi.[14]

[5] Traggo questa informazione, come la precedente, dal white paper di


A. Moore, Mobile as the 7th Mass Media: An Evolving Story, trad.it. di
C.Policaro al sito www.masternewmedia.org (consult del 27/5/08).
[6] A. Totaro, Personal vs social. Unanalisi del blog tra individualismo e
relazioni sociali, in Quaderni di sociologia, n. 44, 2007, pp. 36-37.
.[7] J. DAlessandro, Wikipedia: salvate il sapere libero, la Repubblica,
30/12/2008.
[8] Facebook il sesto paese del mondo, Corriere della Sera, 16/2/2009.
[9] A. Secchi, Tutti davanti alla Tv. Si guarda You Tube, in Italia Oggi
13/1/2007.
[10] Il Messaggero, 23/1/2009.

[1] Ricerca sugli usi di internet condotta da Google nel marzo 2006.

[11] http://www.adnkronos.com/magazine/cybernews/2015/05/18/youtub
e-compie-anni-batte-record-miliardo-utenti-unici-mese.

[2] http://blog.adkaora.com/tv-smartphone-e-social/ (consult. del


27/6/2016).

[12] Op. cit., p.

[3] Fonte: Federazione Internazionale Industria Discografica, Digital Music


Report 2009. Sulle ragioni del crollo dellindustria discografica si veda
S.Knopper, Appetite for Self Destruction:The Spectacular Crash of the
Record Industry in the Digital Age, Free press, New York, 2009.
[4] http://mobile.hdblog.it/2015/04/16/musica-digitale-supera-vendite-diCD/

[13] La citazione tratta da unintervista con lautrice di Distracted di


L.Piccinini, State attenti, se potete, D la Repubblica delle donne, n.606,
12/7/08.
[14] T. Cowen, No crac. Scopri leconomista che in te, Milano, Cooper,
2008.

SPIEGAZIONE
La Tv, nonostante limpetuoso sviluppo del web e dei social media, continua
a essere la regina della pubblicit. Tuttavia anche gli altri media (stampa
quotidiana e periodica, radio, cinema e internet) hanno dato e danno un
rilevante contributo alla fabbrica dellimbonizione: il numero degli
inserzionisti passato dalle 15.511 del 2003 e 16.583 del 2005 ai 18.044 del
2007.[1] Ma il web, grazie alla democratizzazione dellannuncio innescato
da Google e poi dai social network, ha fatto impennare il dato al punto da
non riuscire a quantificarlo precisamente. Ma al di l e ancor pi dei
numeri, straordinaria stata, ed , la capacit della pubblicit di infilarsi e
infiltrarsi nei luoghi pi impensabili o strani, e di diventare una presenza
pressoch costante e immancabile in ogni momento della nostra vita. Ma in
modi che sempre pi assomigliano a una persecuzione piuttosto che a un
inseguimento, visto che praticamente non c pi posto, ad eccezione dei
nostri sogni, che sia rimasto pubblicitariamente inaccessibile e
indisponibile.
I media, classici e nuovi, sono, come noto, i canali principali di diffusione
pubblicitaria: attraverso di essi passa infatti pi del 90% dellintera spesa.
Ed per loro tramite che la pubblicit venuta accreditandosi come una
parte della nostra vita quotidiana. Elaborazioni su dati Auditel mostrano
infatti come nellarco di una settimana la pubblicit nel suo complesso e
come somma di campagne colpisca pi del 90% dei principali segmenti di
popolazione. Il numero medio di spot visti varia dai 400 per i Responsabili
Acquisti, uno dei bersagli pi ambiti dai pubblicitari, a 270 dei giovani 1534enni.[2] Tuttavia la novit, la cui evidenza situabile nel decennio
Novanta, contestualmente alla raggiunta maturit dei mercati
(mass)mediali e al pieno dispiegarsi del post-consumismo, che la
pubblicit si messa letteralmente a caccia dei consumatori. Ma non cos
per dire o in senso figurato, perch la Grande Sorella gi da tempo fra di
noi, pienamente dispiegata, pronta a coglierci e sorprenderci nei modi e
luoghi pi imprevedibili, senza preclusioni e tab, remore morali o
educative. Se vero che sono i bambini italiani i destinatari di un
martellamento di consigli per gli acquisti, che non ha pari in Europa; che la

pubblicit entrata anche negli ospedali, come il San Raffaele di Milano,


sotto forma di consigli per la salute dispensati da aziende farmaceutiche
(Astra Zenea e Nicorette); che i loghi di grandi marche dello sportwear,
come Puma e Nike, sono apparsi sui bicipiti e le spalle degli atleti, stampati
sui loro corpi nudi; che messaggi e jingles, di marche di birra e serial Tv,
sono risuonati dalle buche dei campi da golf e dai water delle toilette
maschili di New York e Los Angeles; che non c oggetto e prodotto
(colonnina di parchimetro, biglietto o frutto) che non possa trasformarsi in
supporto o contenitore di informazioni, ticket e sticker pubblicitari
Ma il mobile marketing, spinto dalle tante possibili applicazioni offerte
dalla multimedialit, che esalta il dinamismo pubblicitario, con conseguente
occupazione di spazi e moltiplicazione delle modalit di comunicazione. Se
infatti la pubblicit indoor, in modo particolare dentro ipermercati e centri
commerciali, utilizza, con decalcomanie e sagome sospese, anche i
pavimenti e i soffitti, dopo avere messo schermi e video dappertutto, quella
outdoor sta ultimando loccupazione di stazioni, aeroporti, autostrade e
metr. E cos che, se si considerano anche le affissioni tradizionali, che nei
vari format tappezzano strade e piazze, e i nuovi utilizzi pubblicitari del
decoro urbano (bus e tram, pensiline e cestini brandizzati) ed extraurbano
(grandi parcheggi, aree di servizio e di sosta), si deve convenire che non c
momento fuori dai luoghi domestici, cos come persona che sia in
movimento, su un mezzo di trasporto, o in attesa di salirvi, che non sia
coperto e potenzialmente esposto allazione e ai messaggi commerciali. E
stato fatto il conto che negli anni Settanta una passeggiata in citt ci
esponeva in media dai 500 ai 2.000 messaggi pubblicitari al giorno. Oggi
nella giungla urbana delle promozioni gli appetiti pubblicitari sono cresciuti
al punto di portare la soglia massima a 5000 annunci. Ma con una media di
3.000, secondo la stima 2009 del presidente di Procter & Gamble, Sami
Kahale.[3]
Ormai, dopo la pubblicit spaziale di Pizza Hut, che ha affisso il proprio logo
sulla stazione orbitante russa Mir, e quella terra-aria di Otis, una delle
maggiori aziende mondiali produttrici di ascensori, che ha installato video
nelle cabine, la sorpresa lascia il posto alla presa datto che la creativit
inclina alla perversione, se non al delirio pubblicitario. Talvolta divertente,

come nel caso del giovane Andrew Fisher che ha messo allasta su E-Bay la
sua fronte come spazio pubblicitario per un anno, o della moda del movie
advertiser, cio dei privati che affittano cofani e portiere per ricoprirli di
loghi e marchi dogni tipo, celebrata dal New York Times nellagosto del
2007. Il problema per che in questa lieta follia c del metodo e del
pensiero applicati a strategie di comunicazione e di marketing dassalto.
Ovvero spregiudicate e guidate dallesigenza pressante di individuare forme
di promozione nuove ed efficaci. E tali perch in grado di colpire e
coinvolgere un pubblico che sempre pi distratto e incline a sottrarsi
allazione dei messaggi pubblicitari.
E in tale contesto, segnato da quello che in gergo viene chiamato effetto
marmellata, che si assiste alla riscoperta della vecchia e classica pubblicit
occulta, per legalizzata e adattata ai tempi mediali nuovi. Marketing virale,
neuromarketing, guerrillia marketing, stealth advertising (letteralmente
pubblicit invisibile), promozioni one to one che sfruttano call center,
telefoni, videofonini e cartelloni intelligenti, che cambiano a seconda del
teorico tipo di consumatore che sta passando davanti a una vetrina o
percorrendo una determinata strada, rappresentano la nuova frontiera
della comunicazione commerciale. Ma sugli schermi cinematografici e
televisivi che si sviluppa la grande offensiva delle marche e dei brand pi
noti, principalmente attraverso unazione tesa a rendere i consigli per gli
acquisti sempre pi organici alla programmazione. Ad aprire la strada in
modo esplicito stato il film con Mel Gibson Waht women want, con la
trama costruita attorno a uno spot di Nike, per nel giro di pochi anni
il product placement, legalizzato, diventato lanima di tanti film di
successo, ma anche il principale fattore di degenerazione artistica. I film di
cassetta, gi di loro gravati da un eccesso di effetti facili, cominciano ad
assomigliare ai cataloghi di vendita. Fare il pieno di marchi, come titol
un quotidiano economico alluscita del sequel di Notte prima degli esami,
ormai la norma piuttosto che leccezione.[4] Anche se non pare esserci
sufficiente consapevolezza che, di fronte a 40 scene su 107 che interessano
il product placement, siamo realmente approdati alla situazione descritta
nel film Truman show.

Ma non meno disgraziate risultano le telepromozioni che vanno in onda


poco prima delle soap di successo, avendo come protagonisti gli stessi
attori che muovendosi dentro un vero supermarket indicano
materialmente ai telespettatori cosa mettere dentro i loro carrelli e borse
della spesa. Ed proprio questo (iper)realismo pubblicitario, astuto e non
censurabile perch dichiarato e bene evidenziato, a dirci che la pubblicit
deve guardarsi solo da se stessa. Dalla propria invadenza. Dalla propria
onnipresenza. Dalla propria lievitazione. In estrema sintesi da tutti quegli
eccessi che producono effetti collaterali (imprevisti) e conseguenze
negative (indesiderate), ma che scaturiscono inevitabilmente da
quellingorgo di annunci, spot e messaggi promozionali che sta in rapporto
di causa/effetto con lingorgo di prodotti, merci e marche
precedentemente descritto.
La materialit delle merci , infatti, strettamente intrecciata con il racconto
pubblicitario. Realt e narrativit si sostengono reciprocamente. Nel senso
di unidentica lievitazione, di un costante incremento quantitativo e
qualitativo, che interessa il numero dei prodotti, le loro caratteristiche e
attributi merceologici, ma parimenti il modo e il tono con cui vengono
comunicati. Con una tendenza a esagerare e a enfatizzare, che da quando
siamo entrati in una fase di piena maturit dei consumi, dunque di
ipercompetizione fra prodotti e produttori, sembra non avere pi freni.
Mossa da un identico sprezzo del pericolo e del ridicolo nei confronti della
realt, e della sua fisiologica dote quotidiana di fatiche e seccature, e da
una stessa propensione, tragica e comica nello stesso tempo, a
rappresentare il mondo come uno sterminato luogo di consumo facile e
divertimento garantito. Dove si pu avere tutto e anche di pi, talvolta
perfino limpossibile, e nel quale ogni desiderio, e beninteso il suo
soddisfacimento, sono ormai garantiti ben oltre il 100%. Addirittura del
140% , in quello di Cult, canale tv di Sky.
Ovviamente si deve ribadire, a scanso di facili moralismi o di tardive
scoperte dellovvio, che da sempre i prodotti, nel racconto merceologico,
hanno qualit straordinarie ed effetti miracolosi. Tuttavia sino agli anni
Ottanta leccezionalit, di un prodotto e di una promessa pubblicitaria, si
praticava per alcune e circoscritte categorie di prodotti ( per massima

approssimazione quelli rientranti nella sfera del superfluo, soprattutto i


cosmetici), mentre le parole e le immagini per dirlo e significarlo erano
decorose. Insomma si poteva esagerare, ma con parsimonia. Anche per
effetto di convenzioni e convinzioni sociali stringenti. Esattamente ci che
non stato pi possibile nel momento in cui il continuo e costante
aumento dei prodotti e delle marche, dunque, lintensificarsi della
competizione commerciale, hanno determinato una speculare
esasperazione degli attributi merceologici e delle promesse pubblicitarie. Al
punto che lenfatizzazione della dimensione ludico-onirica, peraltro
coerente con le pi generali dinamiche sociali, lascia intravedere fantastici
sviluppi. Come ha scritto Naomi Klein: Mentre gli industriali e i personaggi
dello spettacolo si scambiano i ruoli e si avvicinano sempre pi al lancio sul
mercato di bolle di sapone firmate, i dirigenti della Nike prevedono che per
loro la concorrenza nel futuro verr dalla Disney, non dalla Reebok.[5]
E in tale contesto, sistematicamente e strutturalmente esagerato, che il
superlativo raddoppiato e perfino triplicato (Levissima, purisssima,
freschissima), nello stesso tempo in cui da aggettivo s fatto marchio
(Danissimo, Insalatissime, Cubissimi, Intimissimi). Ma emblematico stato,
ed , anche laumento delle funzioni merceologiche dei prodotti, al pari
delle loro identit. Cos come un prodotto pu essere pi duno
contemporaneamente, e quindi funzionare in pi modi (come Aladino di
Telecom il telefono che si crede un telefonino), esso pu anche
trasformarsi in un multiprodotto e funzionare come se fosse pi prodotti
insieme. Al momento, soprattutto nellambito dei prodotti per ligiene della
casa, il classico 3 in 1 gi evoluto nel 6 in 1 (Persil). Mentre con
identica progressione tutti i prodotti fatti o impanati con i cereali (dal pane
ai biscotti, dai corn flakes ai bastoncini di pesce) sono passati da 3 tipi a 5.
Qui per ci limiteremo a sottolineare come questa tendenza a spostare
sempre in avanti lesagerazione (10 sono i miliardi di fermenti lattici attivi
di Pro Life), che si manifesta anche per difetto (ad esempio scatenando la
guerra dello 0,01 in meno di sodio, grassi, zuccheri), vanifichi in concreto
qualsiasi vera idea di eccezionalit. Perch quando tutto diventa
straordinario nulla lo pi. Soprattutto quando, oltre a sprecarsi, le
promesse mirabolanti risultano ripetitive: pi o meno sempre le stesse e

riferite a qualsiasi marca e tipo di prodotto.[6] Da cui una diffusa


assuefazione non alla straordinariet vera, ma alla sua enunciazione
pubblicitaria. Anche in forza delleffetto eco generato dalla reiterazione di
messaggi fantastici e superlativi, ma soprattutto dal crescente affollamento
pubblicitario. Che generano e non potrebbe essere diversamente,
confusione nei consumatori, sempre pi in difficolt a distinguere e situare i
diversi testi negli specifici contesti. Ossia a riconoscere e ricordare messaggi
di prodotti diversi che si assomigliano, ad associare le immagini e le parole
pubblicitarie a quel prodotto e a quella marca. In altre parole quanto pi la
comunicazione, cio la funzione di marketing che dovrebbe fare la
differenza, diventa uniformata e replicante, tanto pi cresce il rischio che a
molti consumatori vedendo la pubblicit di un automobile o di una banca
venga voglia di comperare un telefonino o di iscriversi alluniversit.
Oppure di andare in crociera dopo avere mangiato uno yogurt, ma in ogni
caso alla fine di piangere, come, appunto, accade ai protagonisti delle
campagne di Costa Crociere e di Yomo. Tuttavia la visione, in sequenza e
nello stesso break, dei similspot di due prodotti diversissimi, come la
mozzarella alle olive Galbani e il latte detergente alle olive Palmolive,
entrambi raccontati da cascate lattee su cui piovono olive, che segnala che
siamo ormai molto vicini al punto di implosione pubblicitaria ipotizzato da
Jean Baudrillard, quando tutti i segni si scambiano fra di loro senza
scambiarsi pi con qualcosa di reale.[7]
Ma se lesagerazione spinta e incorporata stabilmente alla comunicazione
commerciale scaturisce anche da prodotti esagerati, la realt che alimenta
luna e gli altri una iperrealt. Surreale nellumanizzare i prodotti,
disumanizzando le persone e il loro universo relazionale. Naturalmente si
pu ribadire che da tempo la nostra vita sociale ha assunto una forte
caratterizzazione commerciale. Come ha ricordato Bauman: Non c da
stupirsi se luso/consumo di rapporti si adegua, e rapidamente, al modello
delluso/consumo di automobili, ripetendo il ciclo che comincia con
lacquisto e termina con lo smaltimento dei rifiuti. In Gran Bretagna, vivere
insieme dura in media fino a due anni. Il 40% dei matrimoni si conclude
con un divorzio. Negli Stati Uniti siamo al 50% e il rapporto sta
aumentando.[8] Tuttavia grottesca la comparsa di scarpe e giacche che
respirano (Geox), di patate che parlano (McCain), di contro a persone che

hanno la marca marchiata sulla pelle (Lacoste) o che conversano con lo


straccio per la polvere (Swiffer). Allo stesso modo del materializzarsi di
prodotti che sono diventati talmente grandi, cos cresciuti nelle dimensioni
fisiche, da sovrastare letteralmente gli umani. Perch i ravioli che calano dal
cielo portati a terra da una gru (Quattro salti in padella), i flaconcini di
yogurt (Actimel) alti e grandi come le persone, le confezioni di latte (Milla)
che hanno le stesse dimensioni delle mucche diventano altrettanti modi per
dire, in modo imperativo, che le merci e le marche dominano ormai
incontrastate il mondo. Sorta di giganteschi extra-corpi. Il vecchio
feticismo delle merci descritto da Marx come una passione insana si
trasformato in un abituale, generale e valorizzato modo di vivere, oltre che
di rappresentare il mondo, nel quale le merci stanno trionfalmente al
centro. Assolute protagoniste della nostra quotidianit, attorno a esse
che viene strutturandosi la nostra intera socialit. Visto che senza Martini
non pu esserci la festa, senza Barilla non c casa, senza Viennetta gli amici
non arrivano e se finisce la Fanta i giochi sulla spiaggia si interrompono
istantaneamente
[1] I dati di provenienza Nielsen mi sono stati gentilmente forniti da
Mediaitalia.
[2] R. Roseano, Zapping questo conosciuto, in G. Padovani e G. Triani (a
cura di), La societ dello zapping, cit., pp. 65-89.
[3] Italia Oggi, 12/3/2009.
[4] Italia Oggi 10/2/2007.
[5] N. Klein, No logo, Baldini & Castaldi, Milano, 2000, p.
[6] Su questo tema mi permetto di rimandare al mio Album della pubblicit,
Mup , Parma, 2006, in particolare il saggio Nulla si crea tutto si ricicla.
[7] J. Baudrillard, Lo scambio simbolico e la morte, Feltrinelli, Milano, 1979,
18.
[8] Z. Bauman, Vite di scarto, Laterza, Bari-Roma, 2005, p. 153

APPROFONDIMENTO
Ora si potr nuovamente e ragionevolmente obiettare che da sempre la
pubblicit scherza ed esagera con la realt, offrendosi come parodia, per
credibile, di un mondo nel quale in ogni casa e in ogni giardino cresce lerba
voglio. Tuttavia non sfuggono alcune rilevanti novit. Anzitutto che la
pubblicit, come s gi detto, ovunque. Onnipresente. In secondo luogo
che questa occupazione totale dello spazio, non solo commerciale, genera
assuefazione ma anche resistenza, accettazione ma anche rifiuto. Lo
zapping come pratica sistematica soprattutto in funzione anti-pubblicitaria,
la messa punto di dispositivi tecnologici in grado di cancellare
automaticamente i consigli per gli acquisti, il diffondersi anche fra i ceti
sociali affluenti di una propensione no logo sono alcuni segnali che
evidenziano il crescere di un sentimento di avversione alla colonizzazione
commerciale di tutto il nostro immaginario. Ma in prospettiva la minaccia
pi seria viene dal pieno materializzarsi e moltiplicarsi di un consumatore
che, talmente sollecitato nel desiderio, far sempre pi fatica a trovare
soddisfacimento. Al culmine di una scelta diventata sovrabbondante, e che
ha scatenato la killer competition, sapre infatti repentinamente il baratro di
una paralizzante incapacit di scegliere. Liperscelta a disposizione degli
individui contemporanei, anzich suggerire gratitudine ed euforia, sembra
talvolta disorientare e confondere.[1]
Qui gioca sicuramente un pi generale, inevitabile e fisiologico effetto di
saturazione, scaturente dalla maturit dei mercati e dei consumatori.
Tuttavia sono assolutamente patologici gli inviti a desiderare il desiderio,
ovvero a stimolare bisogni merceologici insaziabili, esasperando
lemozionalit dei messaggi e la bulimia del possesso. Cos come la
generazione continua di nuovi prodotti non sostenuta da vera innovazione.
Ossia di prodotti che non offrono reali vantaggi e non producono una
convinta percezione di maggiore valore. Essendo spesso il frutto di
furba brand extension di marchi di successo o di astuta variazione di nome
e di packaging. In altre parole la novit solo apparente: nominale, di
confezione o di colore. Ma perfettamente in linea con quel pi generale
processo socio-economico e culturale felicemente sintetizzato

nellespressione: C sempre di pi, ma dello stesso tipo. Colpisce per,


pi del fenomeno in s, che ci sia consapevolezza, anche fra i produttori e
gli addetti ai lavori, che un eccessivo affollamento di prodotti e troppa
libert di scelta, siano non solo inutili, se vero ad esempio che nel 2008 il
90% delle canzoni messe in vendita sul web (13 milioni di brani disponibili)
non hanno avuto nemmeno un acquirente.[2] Ma che addirittura causino
molti pi danni che benefici. Considerato che pi del 60% dei nuovi prodotti
sono statisticamente destinati allinsuccesso. Evidentemente la societ
dellabbondanza ha logiche proprie e di trascinamento pi forti, perch
diventate inerziali, automatiche, di qualsiasi evidenza o avvertenza di
controindicazioni e conseguenze, in numerosi casi, molto negative. Esiste
infatti ormai unampia letteratura (saggi, studi, ricerche) sul Paradosso della
scelta, per dirla col titolo del saggio pioniere dello psicologo sociale Barry
Schwarz in cui si dimostra perch meno meglio, in nome anche dei
rischi di gravi depressioni che possono scaturire da uneccessiva possibilit
di scelte.[3] Ed stato altres ampiamente testato e sperimentato sul
campo che scelgono e acquistano di pi i consumatori che di fronte a uno
stesso prodotto possono scegliere fra 6 marche anzich 24. Se le opzioni
sono troppe, cresce infatti lindecisione, e con essa la frustrazione e lo
stress per non essere riusciti a risolversi o per il dubbio di non avere fatto la
scelta giusta. La nevrosi da shopping scaturisce non pi solo dalla voglia
compulsiva di comperare, ma anche dalla costrizione di dovere decidere
continuamente fra un ventaglio sempre pi ampio di proposte. Troppe
possibilit rischiano di avere lo stesso esito che ha lassenza di vie duscita:
inibire lazione. E perfino riuscire a deprimere ulteriormente chi gi
depresso. Con totale disprezzo del classico e ottimistico: a purchase a day
pressure away (un acquisto al giorno abbassa la pressione e alza lumore).
Visto che, al colmo della disperazione pure la depressione e ancor pi i suoi
rimedi sono diventati vittime di unofferta sovrabbondante.
Ma aggiunto che liperscelta enfatizza la componente di rinuncia che ogni
scelta contiene fisiologicamente in s, si deve considerare che leccesso di
offerta e scelta non genera solo frustrazione, insoddisfazione e stress.
Produce anche dispiacere per la quantit crescente di merci e prodotti,
soprattutto alimentari, che vengono acquistati, ma non usati. Dunque
gettati via senza essere stati consumati, E ci, oltre a problemi di

smaltimento, comincia a gridare vendetta. A essere intollerabile, in un


mondo in cui miliardi di persone non hanno il minimo indispensabile per
vivere. In ultima analisi a generare un senso di colpa nei consumatori, che
ancora sottotraccia, ma potenzialmente in grado di deprimere
ulteriormente i comportamenti di consumo. Ma allora perch, se comincia
a essere diffusa la consapevolezza che si compera troppo e male, i venditori
continuano a insistere su confezioni spettacolari, offerte speciali e prezzi
incredibili, cio a solleticare oltremodo il desiderio e gli acquisti dimpulso,
che per definizione sono irrazionali? E perch le referenze merceologiche
continuano ad aumentare allo stesso modo dei nuovi prodotti, nonostante
sia noto che nella maggioranza dei casi si riveleranno, poco dopo il lancio,
degli insuccessi clamorosi (come ad esempio la prima Mercedes Classe A
che si ribalt nel test di affidabilit o di Newton lantesignano dei palmari di
Apple che aveva problemi a riconoscere la scrittura a mano ma che
soprattutto usc troppo presto, troppo in anticipo sui bisogni dei potenziali
utenti)? Le ragioni tutte patologiche per sistemiche - sono molteplici. In
primo luogo si deve considerare che la spesa, come abbiamo gi detto, si
concentra nei luoghi della grande distribuzione, dove le seduzioni sono
infinite, non si compera secondo le esigenze del giorno per giorno, ma si
pratica lo shopping settimanale, e le induzioni allacquisto compulsivo non
si contano. I moderni supermarket sono cattedrali dello spreco ha
dichiarato Tim Lang, docente alla City University di Londra.[4] Ma il 2% di
Pil che finisce nella pattumiera sotto forma di prodotti alimentari che
vengono comprati e non consumati che diventato una sorta di mantra
anti-spreco in questi ultimi anni.
La seconda rimanda a uninterpretazione troppo letterale e spinta del
differenziare o morire che i guru del marketing hanno imposto alle
imprese produttrici come imperativo assoluto a partire dalla fine degli anni
Novanta.[5] La terza ragione situabile nella fortissima concorrenza fra le
marche, sempre pi numerose e agguerrite per la conquista di spazi e di
maggiore visibilit su lineari, scaffali e vetrine. In quarto luogo vi da
considerare la crescente ed esasperata segmentazione dei consumatori,
ridotti in tanti frammenti, ognuno dessi caratterizzato da differenze di
valori e gusti la cui molteplicit di combinazioni per pi immaginaria che
reale. Un ruolo rilevante lo gioca infine laccelerato turn over negli

organigrammi aziendali dei brand manager, combinato al loro impellente


desiderio di introdurre novit e miglioramenti, per lasciare comunque un
segno del loro passaggio e fare carriera. Ma forse il fattore che pesa di pi,
anche tendenzialmente, nellalimentare lingorgo merceologico una verit
conclamata, anche se da tutti minimizzata o esorcizzata. Ossia che un
consumatore inappetente per saziet, e ormai nelle societ sviluppate lo
siamo pi o meno tutti, ha una clamorosa, continua, insaziabile voglia di
novit. Di sensazioni eccitanti, emozioni inebrianti, esperienze sensoriali
mai provate. Che esattamente ci su cui venuta costruendosi una vera e
propria (pseudo)scienza dello shopping. La buy-ology, che coniuga
neuroscienze e affari, neuroni e scelte dacquisto, e il cui assunto
fondamentale che l85% dei nostri comportamenti regolato dalla parte
non cosciente del nostro cervello.[6]

[1] L. Minestroni, Lalchimia della marca, Angeli, Milano, 2002 p. 212.


[2] Fonte: Mcps- Prs Alliance (nb. equivalente inglese della Siae italiana).
[3] B. Schwarz, The Paradoxe of choice, New York, 2004.

[4] Il rapporto curato dalla Wrap ( Waste & Resources Action programme)
stato ripreso da The Independent, 8/5/2008.
[5] Un testo di riferimento sul tema stato J.Trout e S.Rivkin, Differentiate
or die : survival in our era of killer competition, John Wiley & Sons, New
York, 2000.
[6] M. Lindstrom, Buy-ology. Truth and lies about why we buy, Oxford
University, London, 2009.
ATTIVITA'
Prova a compilare la tua personale playlist dei 10 spot pubblicitari pi belli
(belli inteso in senso ampio e non solo formale-estetico) che hai mai visto.

BIBLIOGRAFIA
G. Triani, Sedotti e comprati. La pubblicit nella societ della
comunicazione, Eleuthera, Milano, 2004.
G. Triani, Monte Universit Parma, 2009.

SPIEGAZIONE
In un secolo, dal 1900 al 2000, infatti, i consumi energetici mondiali sono
cresciuti del 1480%, e se per incrementare il mercato dei falsi del 1000%
sono occorsi dieci anni (dal 1993 al 2003), ai video caricati su YouTube o agli
utenti di Facebook sono bastati due o tre anni per crescere,
rispettivamente, di duemila e tremila volte. In tale contesto da incredibile
ma vero (o forse solo verosimile) crescono le stelle degli hotel (passate da
5 a 7) al pari degli attributi dei detersivi da lavastoviglie (dai tre di Finish ai
dieci di Pril), ma addirittura raddoppiano i sensi, che non sono pi cinque
ma dieci,[1] forse in linea con la realt aumentata di cui ormai si parla
come di una tecnologia prossima a tradursi in gadget indossabili. Certo
che la proliferazione dei prodotti e la velocizzazione degli atti di consumo
fanno s che una cosa alla volta non sia pi data, anzi sia impossibile, cos
come una cosa dopo laltra. Perch le cose sono diventate troppe e per
poterne fare il pi possibile bisogna che non si smetta mai di fare: pi cose
assieme e anche quando si in giro e ci si sta spostando da un luogo
allaltro, a partire dallattivit che da sempre uno dei massimi simboli di
ci che si deve fare da fermi e da seduti, cio scrivere. Messaggiarsi e
spedirsi email, postare e taggare ovunque e in continuazione, praticamente
senza mai smettere di camminare o spostarsi, nella pausa di un rosso al
semaforo, mentre si salgono le scale del metr, si percorre un marciapiede,
si pedala al parco e si sale con lascensore, un comportamento prossimo a
diventare organico alla quotidianit di (quasi) tutti.[2] Daltronde lestrema
abbondanza di cose da fare, vedere, sentire, prendere un oggettivo
incentivo allattivismo frenetico, una condizione che viene fronteggiata con
una strategia che si articola su piani e in modi molteplici, ma
fondamentalmente non stando mai con le mani in mano e decidendo, di
volta in volta, se prendere il pi possibile oppure limitarsi allessenziale, se
arraffare o iperselezionare, se concentrare oppure ridurre in frazioni. in
tale contesto che gli oggetti moltiplicano gli attributi, in ossequio ai dettami
di flessibilit e modularit della societ liquida. Un oggetto non
abbastanza generoso se ha una sola funzione, sentenzia la designer Matali
Crasset.[3] Ma da segnalare che questa moltiplicazione di funzioni

procede di pari passo alla miniaturizzazione degli oggetti. Attenendosi per


alla regola che piccolo, sempre pi piccolo, deve essere sempre pi potente
oltre che pi efficiente e funzionale del formato/oggetto precedente: Pi
leggero, pi sottile, pi potente (iPad); Easier, faster, smarter (Samsung
Galaxy II); Bello, sottile, veloce (Vaio Duo). Il micro, infatti, non un
ripiegamento, ma una strategia di difesa (attiva), perch la riduzione dei
formati e delle dimensioni, soprattutto degli oggetti duso quotidiano (dal
lettore mp3 alle borsette, dai microcellulari agli snack) permette,
riducendo, comprimendo e condensando, di fare stare tante pi cose nello
stesso spazio; di portarsi appresso, negli spostamenti di lavoro o piacere,
pi cose possibili; di assaggiare molti/tanti pi prodotti di quanti non si
riuscirebbe a provare se, appunto, le porzioni, non fossero ultra-minime.
Come nel caso dei profumi di marca trasferiti in spray da uno a cinque ml:
Cos possiamo prenderci il lusso di cambiare profumo senza aspettare che
la bottiglia finisca, affermano le fondatrici del sito specializzato in
swapping profumiero The Perfumed Court. Daltronde, se una borsa da
viaggio oggi assimilabile a un monolocale o a un ufficio porter, un
fazzoletto di casa pu, nel corso della giornata, trasformarsi in un ufficio, in
un mini loft che ha rotto le barriere fra cucina e soggiorno, che si prolunga
nel giardino o nel balcone, perch ormai gli arredi sono in & out. Ma
linedita mobilit degli oggetti sale anche a bordo delle automobili, che alla
bisogna sono uffici/case viaggianti: Lascia a casa solo la casa (Fiat 500
Lounge). In forza dello stesso processo e con la stessa logica che vede
laumento progressivo di cose che possono essere portate in tasca
accompagnarsi alla trasformazione degli abiti in cassettiere, con la
moltiplicazione di tasche, taschini e tasconi, sia interni sia esterni. La
vecchia espressione portarsi appresso la casa ha perso ogni connotazione
sarcastica nel momento in cui gli strumenti e apparecchi che trentanni fa
stavano in una stanza ora stanno in un telefono tascabile, che anche la
misura delle short stories (la letteratura in tasca) e di Frull (la frutta in
tasca). Daltronde, se gi realt la famiglia tascabile,[4] presto, con il
cloud computing, non ci sar pi cosa che non si potr tenere in mano
(Con Nuvola It hai il tuo ufficio sempre a portata di mano, garantisce il
servizio mobile di Telecom) o fare in movimento, visto che non c quasi pi
oggetto che non sia portabile (il tablet allo stesso modo della bottiglietta

dacqua minerale). Nel contempo, gi oggi, ci che non pu essere fatto in


mobilit ma solo da fermo entra immediatamente in crisi, anche se ha a che
fare con il web. Come nel caso e fa esemplarmente testo di Wikipedia,
che dellinternet society ha interpretato e ancora interpreta il sentimento
pi autentico e profondo (condivisione e forza dellazione collettiva). Il
primo social network si trova, infatti, a fare oggi i conti con una forte crisi di
vocazioni, perch certo cresciuto talmente tanto in questi anni che risulta
oggettivamente arduo crescere ancora, ma soprattutto perch la pi
famosa enciclopedia online pu essere consultata in mobilit, ma per
scrivere gli aggiornamenti ci si deve obbligatoriamente sedere davanti a un
pc. Insomma, vivere, lavorare, consumare, divertirsi, socializzare in mobilit
continua sar presto una condizione normale per la maggioranza delle
persone. Non una fantasticheria futuribile, bens una possibilit gi inscritta
nel presente, visibile e consultabile in quello sterminato store che il web e
sperimentabile accedendo al catalogo delle application.
[1] Cfr. J.M. henshaw, A Tour of the senses. How your brain interprets the
world, John Hopkins University Press, Baltimore 2012.
[2] Un repertorio fantastico di urgenze scrittorie quotidiane e di massa
sta nellarticolo di M. Neri, Ma coshai di cos urgente da scrivere, in D de
La Repubblica, n. 791 del 12 maggio 2012.
[3] Mostra Flexibility. Design in a fast changing society, nellambito di
Torino Design Capital, 2008. 10 <http://www.cosmit.it> (consultato il 5
maggio 2012).
[4] In Europa nel 2012 cerano 277 milioni di famiglie di single. Erano 153
milioni 15 anni prima. Cfr. e. klinenBerG, Going solo, Penguin Press, New
York 2012. In Italia dal 1991 al 2011 le famiglie sono passate da 20 milioni a
24 con notevole aumento di quelle unipersonali. Fonti: Istat e Censis.
APPROFONDIMENTO
Esagerate, esagerate: qualcosa rester. Esagerare sistematicamente,
programmaticamente, diventata normale condizione desistenza,

anzi, conditio sine qua non in un mondo nel quale lo spettacolo diventato
una categoria totale, lintima natura, lessenza pi profonda e autentica di
un sistema di vita anticipato e riassunto profeticamente da Guy Debord pi
di quarantanni fa nellespressione societ dello spettacolo. Una societ
in cui lo spettacolo non pi solo una modalit espressiva e
rappresentativa del mondo delle arti e della cultura, bens una modalit
istitutiva della societ stessa, cio onnicomprensiva. In tutte le sue forme
particolari, informazione o propaganda, pubblicit o consumo diretto di
distrazioni, lo spettacolo costituisce il modello presente della vita
socialmente dominante.[1] Eccedere, in ogni modo e in qualsiasi luogo, ma
soprattutto dare spettacolarmente espressione agli eccessi, fenomeno di
evidenza conclamata da quasi trentanni. Da quando dacci oggi il nostro
Guinness quotidiano assurto a inconsapevole claim di una stagione
sociale segnata da unirresistibile propensione a imporsi alla pubblica
attenzione in ogni modo e spesso a qualsiasi costo, pure a scapito dei
sentimenti pi intimi. infatti negli anni Ottanta che emersa la cultura
del narcisismo su scala di massa e che la fenomenologia dellio
minimo,[2] espressione anche di paura e ripiegamento individuali, ha fatto
esplodere pratiche e comportamenti esibizionistici: narcisismo
esibizionistico, secondo la definizione di Cristopher Lasch. Naturalmente i
pesci pilota, gli ambasciatori presso il grande pubblico delleccesso elevato
a regola di vita, sono stati, e sono ancora, i membri dello star system, i
personaggi pi in vista delle cronache mondane, i grandi protagonisti
delleconomia e della finanza. Tuttavia il dato nuovo, comunque pi
recente, la dimensione di massa che hanno rapidamente assunto i
comportamenti spettacolari. Ma ancor pi il fatto che la
spettacolarizzazione delleccesso si dispiegata anche in negativo,
subordinando la povert, i fenomeni devianti e gli episodi di violenza al
dovere di manifestarsi con terrificante evidenza. Ci in forza della sinistra
dialettica, caratterizzante la societ dei media, che pu indifferentemente
trasformare lo spettacolo in tragedia (massimamente quella dello stadio
Heysel di Bruxelles) e la tragedia in spettacolo (dal crollo delle Twin Towers
a New York allo tsunami del 2004 nel SudEst Asiatico). Vite esagerate
unetichetta, una classificazione che ormai si applica a un gran numero di
fenomeni, pratiche, comportamenti. E che, forse, nella sua sostanza,

scaturisce, pi che da scelte consapevoli, da un riflesso condizionato e


subto, da una realt che non consente vere alternative, deroghe, al
principio delleccesso istituzionalizzato, della coazione a ripetere, a
uniformarsi a condotte e azioni comunque, anche quando opposte,
estreme. A scoppiare dal cibo per fare un esempio che unifica affamati e
obesi e inscrive nella stessa patologia bulimici e anoressici. A esasperare le
differenze, sino a scavare un abisso tra ricchezza e povert. Daltronde,
se extreme diventata una formula merceologica che si applica a uninfinit
di prodotti, variamente definiti super, extra, mega, maxi, il consumo
eccessivo e compulsivo comincia ad essere un problema sociale molto
serio. Soprattutto quando gli abusi di massa riguardano il consumo di
farmaci, alcol e droghe, ossia prodotti e sostanze che, al di l delle gravi
patologie che producono, testimoniano un disagio che non interessa solo la
sfera materiale, ma si manifesta anche nella ricerca continua di ci che non
si trova, ossia di un corretto, armonico, equilibrato rapporto con la propria
mente, la propria interiorit, il proprio stato pulsionale. Perch, si tratti di
generi voluttuari o vitamine, di alcol o droghe, di antidepressivi o di
anoressizzanti, le cronache mostrano che tanta la gente, di ogni classe e
appartenenza sociale, che non sta bene con se stessa, non si piace ed
profondamente insoddisfatta, perci pronta a tutto per tirarsi su, per
placare, anche solo per brevi attimi, la terribile paura di non essere
allaltezza.
Ma soprattutto di non essere notati, di passare sotto silenzio, la principale
molla che spinge a esagerare e che pretende che il successo come
linsuccesso (economico, sociale, professionale) siano sensazionali.
Comunque fuori dallordinario. Ricchezze fantastiche e miserie terrificanti
rappresentano i due estremi (spettacolari) di una rappresentazione sociale
che non pi circoscritta a pochi eletti (gli happy few) e a parti minoritarie
e nascoste di popolazione. Ora, infatti, le celebrities non sono pi
pseudo-eventi umani vuote facciate illuminate dalla pubblicit, come le
defin lo storico dellarte Daniel Boorstin in The Image (1961) , sono
diventate una numerosissima schiera e un vero genere narrativo, un
racconto autonomo, come ha scritto il critico della cultura Neal
Gabler.[3] Persone elevate dai media al rango di personaggi, ma in realt
senza arte n parte, bravissimi solo a esporre pubblicamente le loro vite,

dei media life. Nel contempo, per, anche i pi miserabili e derelitti, che
una volta tendevano umilmente la mano, sono diventati protagonisti di una
rappresentazione che vede storpi e mendicanti chiedere aggressivamente
la carit, facendo spettacolo sulla pubblica via della loro indigenza e
menomazione fisica. In breve: leccesso spettacolare diventato una nuova
forma darte il cui carattere inedito rispetto al pi o meno recente passato
duplice ancorch intimamente correlato, cio segnato dallistantaneit e
dalla mobilit con cui le cose si fanno, prendono forma e si manifestano,
ossia dalla velocit con cui un pensiero, anche stravagante se non
dissennato, si trasforma in azione e, grazie ai dispositivi mobili di
comunicazione, pu istantaneamente propagarsi e mobilitare, in men che
non si dica, masse enormi di persone. Allepoca di Facebook, Twitter e
YouTube non abbiamo protesta o happening festoso, tentativo di
sommovimento o scherzo collettivo, convocazione per futili o serissimi
motivi che non possano essere montati e lanciati in un momento. Giusto il
tempo di lanciare un tweet, di essere raggiunti da un sms o geolocalizzati,
ed ecco che tanta gente che nemmeno si conosce si ritrova in una piazza a
manifestare contro un pubblico potere, in una discoteca a salutare la
nascita di un nuovo prodotto, in un bar sulla strada per un after hour.
Movimenti di folla tanto spettacolari e repentini nel loro costituirsi quanto
nel loro disfarsi e sciogliersi.
Preoccupante, tragico, ma logico. Lavere o fare sempre pi cose ha come
presupposto fondamentale che si prenda e faccia sempre pi velocemente.
La contrazione degli atti e tempi di consumo andata costantemente
riducendosi, via via che aumentata lofferta di beni, merci e servizi, cos
come la loro circolazione. Cio si pienamente imposta la velocrazia o
dromocrazia: unidea di velocit, secondo il filosofo e urbanista Paul
Virilio,[4] che dallambito dei trasporti e delle comunicazioni si estesa a
tutti i settori della vita economica e sociale, diventando poi un sentimento,
molto pi che un modo di muoversi. Cos interiorizzato da apparire oggi
come uno stato naturale, come una condizione abituale dellesistenza.
Con Repubblica Sera in versione iPad ricevi le notizie quando accadono,
mentre con American Express si possono avere i biglietti prima ancora che
siano nei botteghini: Possiamo aiutarti ad avere i biglietti per un grande

evento prima che siano in vendita, ancora freschi di stampa. Una


tendenza, questa, che confermata dal diffondersi delle anteprime, che
ormai, si tratti di libri, spettacoli o presentazione di prodotti, fanno
invariabilmente da viatico alle prime. Per la cronaca, nellestate del 2012
si tenuto il primo festival delle anteprime (nella localit balneare di
Marina di Pietrasanta) nel corso del quale scrittori abbastanza famosi
raccontavano ci che avevano o avrebbero voluto scrivere. Ma detto che
anticipare diventato un imperativo, soprattutto merceologico, che
ovviamente non ha requie visto, ad esempio, che Jingle bells, nel 2008,
era risuonato nei magazzini Harrods di Londra a ottobre e che negli Usa la
catena Costco ha lanciato la campagna di Natale 2011 il 1 settembre , va
ribadito che esso si inscrive nel presentismo, secondo la definizione del
filosofo Mario Perniola, ossia un qui e ora prossimo per ad essere
istantaneizzato. Cio ulteriormente accelerato, in nome del principio
velocistico che reclama continuamente il superamento di ogni precedente
limite, senza mai possibilit o volont di soddisfacimento, visto che (anche
a livello di vita quotidiana) la voglia di maggiore velocit (cos come di
potenza delle prestazioni) non si placa mai, ma anzi si autoalimenta e si
autoriproduce, perch pi si va veloci (anche con laspirapolvere e non solo
con ladsl) pi si vuole andare veloci (nel fare il caff espresso o il bucato).
Anche se la novit che non c campo o settore che non sia (stato)
contagiato da questurgenza. Negli ultimi trentanni sono, ad esempio,
aumentati la velocit della pallina nel tennis, soprattutto in battuta (dai 90
chilometri orari del 1978 si passati ai 170 del 2005 ai 202 del 2012),[5] il
numero di fotogrammi al minuto, oltre che i pixel di macchine fotografiche
e videocamere, la durata media del ciclo di vita dei prodotti e degli spot
pubblicitari. Ma il tratto caratterizzante, e unificante fenomeni ed
esperienze anche molto difformi, che quel che si fa, si vede o si utilizza
invariabilmente percepito come lento. Lento come un Tg degli anni
Cinquanta, dove gli speaker parlavano con un eloquio che risultava tre volte
meno veloce di quello usato da un anchorman di oggi; lento come un film di
Ingmar Bergman o di Jean-Luc Godard, che rispetto a una clip musicale o a
un video di Mtv addirittura lentissimo. Lento come Carosello, che con i
suoi due minuti di durata figura come un fossile di fronte a spot che
possono durare cinque secondi. Lento come qualsiasi persona o situazione

che non senta lurgenza di vivere nei modi generalmente esasperati che
ormai quasi prescindono le utilit e i vantaggi funzionali.
Batte infatti il tempo del tutto e subito, senza pi alcuna dilazione o
distinzione: Lo pensi. Lo vedi (Sky on demand). Daltronde se con Twitter
Vine (che ha debuttato il 31 gennaio 2013) siamo approdati al videotweet
di 6 secondi, bastano 30 secondi dattesa perch un sito di e-commerce
venga ritenuto troppo lento dal potenziale acquirente e perci
abbandonato a vantaggio dei negozi online concorrenti.[6] Ovviamente si
pu, anzi si deve, ironizzare. Come fa lo scrittore satirico Stefano Benni nel
suo spettacolo teatrale Bea-trici: Una volta gli innamorati attendevano
anche tre mesi una lettera. Ora se non ci si trova al terzo squillo lamore
salta. Resta per il fatto che una richiesta daiuto deve essere quasi
istantanea (il 118, numero unico delle emergenze, dal 2008, deve essere
attivato in quattro secondi); ma allo stesso modo in cui la Cibalgina
diventata fast, perch anche un mal di testa non pu durare pi di tre
minuti; le macchine per espresso stanno soppiantando le caffettiere moka;
il riso carnaroli in sofferenza perch ha tempi di cottura troppo lunghi; la
catena Uniqlo ha sperimentato a Londra la Vending Machine Happy, che
offre prodotti a prezzi scontatissimi messi in vendita a rotazione ogni ora; il
last minute turistico-vacanziero gi precipitato nel last
second.[7] Santo subito, daltronde, stata una richiesta che, a dispetto
dei tradizionali e lunghissimi tempi canonici, partita il giorno dopo la
morte di Giovanni Paolo II, in sintonia con quella generale frenesia a far
presto che pervade ogni atto di consumo, anche quelli che per loro natura
e struttura escluderebbero di essere velocizzati e frazionati in porzioni
sempre pi ridotte. Prenditi una vacanza di cinque minuti (Gran Crema
Gelateria del Corso). di nuovo la pubblicit, nella sua ricchezza di esempi e
variet di situazioni, a esprimere bene la generale propensione a cercare
immediata risposta a qualsiasi domanda. Dovete aprire un conto corrente
bancario? Fatelo subito! (Ing Direct Bank); Volete duemila euro in
unora con Carta Revolving; Contanti? Subito(www.rataonline.it); siete
in cerca di un principe azzurro o di una cosmesi miracolosa? Nel primo caso
c Eliana Monti, Un compagno per sempre. Subito, nel secondo Veet,
Pelle morbida subito. Ma in rete che diventato possibile aggregare

tutte le urgenze possibili e immaginabili, ossia organizzare la summa dei


subito, con www.subito.it, che fa ovviamente il paio con www.facile.it.
[1] G. Debord, La societ dello spettacolo, Baldini & Castoldi, Milano 2001,
70. 13 32.
[2] Cfr. Ch. Lasch, Lio minimo, Feltrinelli, Milano 1984.
[3] N. Gabler, The Greatest Show on Earth, in Newsweek, 11 dicembre
2009.
[4] Cfr. P. Virilio, La bomba informatica, Cortina, Milano 2000.
[5] stato Djokovic, contro Nadal, nella finale degli Open australiani, a
battere a 202 km allora, La Repubblica, 2 febbraio 2012.
[6] Indagine condotta da Monitis, azienda specializzata nel monitoraggio di
internet, su un campione di mille persone che fanno abitualmente acquisti
online. Cfr. Ansa del 7 febbraio 2013.
[7] Last second!, in Repubblica Viaggi, 25 luglio 2012.
ATTIVITA'
Le celebrities affollano oggi il nostro immaginario (tv, cine, web, pubblicit):
da pseudo eventi umani sono diventate dei media life. Cosa significa?
Prova a ricapitolare le fasi di questa trasformazione, cercando nomi/volti
esemplari e individuando le cause/fattori principali.
BIBLIOGRAFIA
Sulle urgenze del web, sulla filosofia (e pratica) del tutto e subito un ampio
campionario di fatti, situazioni, esperienze, e nuove domande sta in F.
Capeci, #Generazione 2.0. Chi sono, cosa vogliono, come dialogare con loro,
Franco Angeli, Milano, 2014.

SPIEGAZIONE
Selezione del Readers Digest, lanciato trionfalmente nel 1922, stato il
primo tentativo di successo (anzi di grandissimo successo, ancorch ormai
esaurito) di sintetizzare, sino a dieci/quindici volte, racconti lunghissimi e
romanzi interminabili. Anche Guerra e Pace. Ma pi recentemente
lesempio pi riuscito e divertente di questa riduzione allessenziale, anche
dellopera pi complicata e impervia, lha offerto il film Monthy Python,
laddove il protagonista partecipa a un concorso in cui si deve riassumere
la Recherche di Proust in un minuto. Un tempo, questo, per, che
nellepoca della snack culture, secondo la definizione di Wired del 2007,
appare gi obsoleto, preistorico, se vero che oggi in rete va di moda
riassumere un capolavoro in sei parole, secondo unidea lanciata da Smith
magazine e poi applicata da tutti.[1] Nel contempo i ted, cio i talk diffusi
su YouTube che hanno come protagonisti i massimi specialisti di una
materia e durano 18 minuti, sono prossimi a inaugurare le pillole da tre
minuti, mentre la collana Pop Science, dopo Einstein in tre minuti,
approdata a LEconomia La Religione La Matematica in 30
secondi.[2] Daltronde, che si debba procedere di taglia e cuci selvaggio,
senza troppo sottilizzare se si tratta dellopera di James Joyce o di Rino
Gaetano, unesigenza costretta dallenorme accumulo di prodotti
intellettuali, dalla moltiplicazione di giacimenti culturali, archivi e raccolte di
ogni tipo e genere, deflagrata nel momento in cui musicisti, scrittori e
artisti, al pari di cantanti e attori, designer e architetti, sono diventati un
esercito e la produzione culturale e artistica un flusso inesausto e
uniformato alla generale e gi segnalata tendenza al di tutto e di pi, che
si esprime anche attraverso una competizione fra autori diventata senza
tempo, visto che alle classifiche delle hit musicali, del box office e dei best
seller partecipano anche scrittori, registi, cantanti e attori morti da tempo,
ma resuscitati dalle nuove tecnologie, restaurati in 3D, remastered,
comunque in qualsiasi momento ripescabili su YouTube. cos che,
mentre i Beatles tornano in testa nelle hit parade, il CD del redivivo Rod
Stewart per il Natale 2012 ha offerto un fantastico duetto virtuale con Ella
Fitzgerald, mentre Andrea Bocelli nellultimo disco duetta con Edith Piaf.

Lambiente elettronico garantisce un accesso simultaneo a tutti i passati e


a tutti i futuri, aveva scritto profeticamente Marshall McLuhan.[3] Ma se
adesso pure i morti tornano sul mercato, alimentando una guerra
commerciale diventata intergenerazionale e intertemporale, il binario sul
quale si procede, ancorch coerente con il mood (bulimico) imperante,
notevole. Da una parte rafforzando la tendenza a ridurre unopera
completa in un assaggio che ne consenta la fruizione rapida a un
pubblico ampio; dallaltra moltiplicando lofferta, cio frammentando,
variando e ricombinando opera omnia o minima di autori classici o leggeri,
selezionate e assemblate nei pi diversi modi o pretesti. cos che Mozart,
Verdi e Beethoven, ma allo stesso modo Frank Sinatra, Louis Armstrong,
John Lennon oppure la canzone napoletana o le canzonette balneari,
sono stati asciugati in modo spettacolare e che il Natale o lestate, cos
come qualsiasi altra occasione particolare (un anniversario, una ricorrenza
speciale), sono diventati pretesto per un medley, un pot-pourri, una
raccolta di racconti o canzoni dautore o dannata, unantologia. La novit
di questi anni la deflagrazione del fenomeno per effetto dellaccelerato
processo di convergenza multimediale e la trasformazione del web in un
super/mega store in cui non c prodotto di ieri o di oggi, ma anche del
passato remoto (la prima incisione di Caruso e il film desordio di Mlis, i
telefilm del commissario Maigret della Rai anni Sessanta e il concerto dei
Pink Floyd a Venezia nel 1990) o del futuro imminente (il prossimo concerto
di Madonna o Lady Gaga), che non possa essere fruito o comprato, o
assaggiato in anticipo. Ci che per va sottolineato di questo processo di
facilitazione/velocizzazione delle fruizioni e dei consumi che non d segno
di rallentamenti. Con laggravante che, in nome di un commercio senza
freni, vengono accelerati i film per fare pi spazio alla pubblicit.[4] Resta
da ridire che questa abbondanza spaventosa non solo ha distrutto lunicit
dellopera, laura di cui ha parlato Walter Benjamin, ma sta rendendo
impossibile qualsiasi fruizione esclusiva. Perch, ammesso e non concesso
che ci sia la voglia, non ci sono pi la possibilit e il tempo, soprattutto
davanti alla televisione, che ormai anche lo schermo di un tablet, dove un
film o un concerto completo, dallinizio alla fine, non lo vede o sente quasi
pi nessuno. Al cinema ancora accade, ma solo perch non abbiamo il
telecomando in mano e perch lo schermo non switchabile. Anche se

stanno uscendo dalleccezionalit comportamenti resi possibili dai nuovi


device: vedere se c un post su Facebook o mandare un tweet o un sms,
nel momento in cui il film un po lento o noioso. Da tempo, infatti, anche
nelle situazioni quotidiane, ci comportiamo come se potessimo in ogni
momento attivare il tasto avanti o indietro veloce. Cio passare ad altro,
bypassare, saltare alla fine o saltarne una parte, un pezzo, magari una
situazione spiacevole, immagini gi viste, suoni gi sentiti. Senza pi
nemmeno la consapevolezza di perdersi qualcosa dimportante ogni
qualvolta, e ormai quasi sempre, si prende a morsi, a sorsi, a spicchi,
magari con fruizioni contemporanee, ma ancor pi in forza di un processo
ormai ampiamente interiorizzato e automatizzato, che ha reso normale lo
schermo multiplo e il multitasking, abituale leggere nel contempo che si
ascolta musica, cos come guardare la televisione avendo la radio accesa,
magari su internet. E cos non accorgersi, non rendersi conto, che con la
scusa di pulire suoni e immagini di fatto non c pi opera darte
(unesecuzione storica di Toscanini, la Nona di Beethoven al pari di un film
di Antonioni restaurato e digitalizzato) che non sia stata ridotta, accorciata,
anche solo eliminandone i tempi morti o velocizzandone i movimenti. Ci in
accordo con quella pi generale tendenza che cominci a manifestarsi
quando negli anni Ottanta la Sony e la Panasonic misero sul mercato i primi
registratori a nastro con controllo variabile delle parole e del suono che
consentivano di ascoltare una voce registrata in met del tempo normale,
ossia una cassetta di sessanta minuti in mezzora.[5] Per concludere si
pu osservare, di corsa ovviamente, come questa tendenza ad accorciare e
velocizzare film, libri, dischi sia contestuale alla riduzione dei percorsi
artistici necessari per essere riconosciuti come autori di talento e di
successo. Da qualche anno, infatti, accade sempre pi spesso che un
musicista, un cantante, uno scrittore raggiungano la notoriet non dopo

APPROFONDIMENTO
Anche un attimo o un momento, che di per s erano la brevit assoluta, si
sono contratti, accorciati. Attimino e momentino, ancorch espressioni

una lunga gavetta e una progressiva e autorevole serie di riconoscimenti (di


pubblico e di critica), bens con il primo botto: un singolo, un video al
debutto, il romanzo desordio. Un boom imprevisto ma clamoroso come
quello del gruppo musicale Il volo, oltre un milione di copie vendute con il
loro album desordio.[6] Anche qui, come nello sport, dove i campioni
sono sempre pi precoci e non c pi tempo per attendere che il talento
maturi, che i processi creativi arrivino a compimento. Le ascese come le
cadute ora sono repentine, improvvise, non di rado imprevedibili, folgoranti
o rovinose in men che non si dica. Vai a letto alla sera che sei famoso e ti
alzi il mattino dopo che sei nessuno, ha detto uno degli ammessi alla casa
del Grande Fratello.[7]
[1] Cfr. Ch. Johnson, Microstyle. The Art of writing little, Norton, New York
2011.
[2] La collana Pop Science pubblicata in Inghilterra da Ivy Press Limited.
[3] M. MCluhan, La lettura e il futuro dellidentit privata, in Lettera
internazionale, 28, 10 febbraio 2012.
[4] Premio Igor Man alla giornalista Fulvia Caprara, che ha svelato il
trucco, La Stampa, 14 gennaio 2012.
[5] J. Rifkin, Guerre del tempo, Bompiani, Milano 1989, 128.
[6] Pubblicit stampa (21 novembre 2012) del tour
americano.
[7] http://www.libero.it> (consultato il 10 giugno 2012).
bruttissime, sono il puntuale riscontro linguistico di una propensione
allaccelerazione spinta al punto che, anche da fermi, si pu e si deve essere
velocissimi. Web e adsl sono i driver, anche pulsionali, di un processo che
sta rendendo inattuale lo stop and go. Con la smobilitazione, certo, di
unidea sciagurata di consumismo, ma in nome di unurgenza che rischia di
fare non meno danni, visto che la priorit fare presto, qualsiasi cosa, e
non pensare prima come fare meglio. In ogni caso, oggi lo stop non quasi

pi contemplato, sopravvive come segnale stradale, sempre pi inattuale,


per, vista, ad esempio, la generale tendenza a eliminare i semafori,
sostituendoli con rotonde stradali, a riprova che il potere, anche
automobilistico, circolare. Ha scritto Michel Foucault: Il potere deve
essere analizzato come qualcosa che circola []. Non mai localizzato []
[e] si esercita attraverso unorganizzazione reticolare28. Diluire, fare
scorrere, tenere sempre fluido il traffico sono parole dordine che ovunque
sostanziano il sogno di una mobilit mai impedita, ormai per trasformato
in incubo, in unemergenza planetaria. In Europa il 72% degli spostamenti
fatto in auto, col risultato che a Colonia, Amsterdam e Bruxelles gli
automobilisti trascorrono oltre cinquanta ore ogni anno negli ingorghi
stradali, a Utrecht, Manchester e Parigi pi di settanta ore bloccati sulla
strada. A Londra, il 20% dei pendolari impiega oltre due ore al giorno per
spostarsi tra la propria abitazione e il luogo di lavoro. In Germania, il 37%
dei lavoratori impiega unora al giorno per spostarsi da e verso il luogo di
lavoro.[1] In Italia, che una repubblica fondata sullauto (sette cittadini
su dieci posseggono un mezzo a motore)30, la situazione non migliore,
mentre peggiore nelle principali aree urbane e metropolitane del mondo,
in parecchi casi addirittura pessima. SullInner Circular Route di Tokyo
linsegna rossa che indica traffico congestionato non smette mai di
lampeggiare; a Los Angeles, durante le rush hours, la paralisi del traffico
totale. Ma ci sono alcuni dati che si impongono, anche per gli aspetti
tragicamente parodistici che caratterizzano lelevata richiesta di
ipermobilit urbana. Anzitutto che ormai non ci sono quasi pi ore di punta,
cio di massimo addensamento e ingorgo, ma solo perch, perlomeno
potenzialmente, tutte le ore possono esserlo, diventare, per le pi svariate
ragioni, trafficatissime. Le citt, infatti, ormai sono aperte 24 ore su 24, e
dunque la principale necessit, auspicata anche dagli urbanisti e
pianificatori progressisti, e una volta ritenuti alternativi, di garantire la
circolazione e i transiti continui nelle diverse zone e fra zona e zona. Tenere
sempre in azione e fluida la citt, senza pi separatezze di funzioni e di
tempo, perch per unurbanistica che si occupa sempre pi di flussi (mobili
per definizione) e sempre meno di edifici e case (immobili) si devono
evitare i quartieri dormitori, i quartieri di uffici deserti alle cinque del
pomeriggio (come la Bicocca a Milano), i quartieri mangiatoia (che

concentrano da soli tutti i locali e ristoranti, come i Navigli di Milano o


Trastevere a Roma), o addirittura le citt parco a tema per turisti, che
destate scoppiano e dinverno sono un mortorio (Venezia). Si devono
distribuire i servizi, eliminare le barriere, pensare a usi alternativi delle
strutture, differenziare gli orari.[2] Insomma, moto perpetuo e cicli
intensivi nelle citt del giorno perenne, ovvero una realt che ha tutta laria
del delirio realizzato, ma che anche in grado di indicare percorsi virtuosi e
nuovi di immaginazione e creativit urbane. la citt post-it,[3] che vede
gruppi e comunit in movimento riappropriarsi di spazi residuali,
reinventandoli nelle funzioni e nelle relazioni pubbliche, nelle forme
abitative, nelle strutture di scambio e commercio. da questo modello di
citt, in mutazione continua, che emerge la dimensione
del temporary(negozi, arredi urbani, bar, installazioni artistiche), regolato
da usi intensivi, veloci e plurimi degli spazi e dove anche le persone sono in
continuo transito.[4] Per il centro, tra il centro e le periferie, tra citt e citt
satelliti, cio attraverso quel continuum urbanizzato, ormai estesissimo, che
di fatto costringe pi o meno tutti ad essere in transito permanente, con ci
modificando il nostro status di cittadini. Proprio nel senso etimologico che
non stiamo pi, che siamo sempre meno abitanti e sempre pi utenti che
usano la citt per il tempo che serve, allo stesso modo dei mezzi di
trasporto. City user, come si dice in gergo,pendolari a vita anche per
affari, divertimento, shopping. Popolazione che si allunga o ritrae, che
come le onde del mare avanza, si ritira, si abbatte, rifluisce. Ondivaga,
appunto, sempre in movimento. Intermodalit unaltra parola chiave che
d conto della preoccupazione di garantire passaggi veloci, utilizzando e
mettendo in rete mezzi di trasporto diversi, che caratterizza tutte le
politiche e le pianificazioni territoriali. Su grande o piccola scala la mobilit
da tempo la prima preoccupazione. E non potrebbe essere diversamente
in un mondo e in unepoca in cui fermo o fisso, cos come chiuso o
sospeso sono parole desuete, in procinto di essere quasi prive di senso,
perch impossibilitate in pratica, impedite di fatto. Con il geo social
networking, che sta moltiplicando i competitori degli storici Foursquare e
Places di Facebook, si pu essere raggiunti e localizzati durante ogni nostro
spostamento, essere informati, avvistati, allertati (che cosa c nei paraggi
in cui stiamo transitando in quel momento: un amico o un ristorante di

nostro gusto) in real time. cos che, potendo fare tutto anche in
movimento, il tempo e lo spazio diventano categorie mobili, cio
comprimibili e dilatabili a piacere. Aperto 24 ore su 24, no-stop e a
ciclo continuo non sono pi modi dire o caratteristiche eccezionali oppure
limitate a determinate categorie di servizi o lavoratori. Cesure, separazioni,
interruzioni rappresentano infatti altrettanti tempi morti che, in quanto
tali, vanno espunti, rimossi, per quanto pi possibile eliminati, senza pi
divisioni, nemmeno fra cose serie e cose banali o addirittura stupide. Il
lavoro notturno non pi prerogativa solo di medici, infermieri e pompieri;
e di notte ora sono aperti anche musei, pizzerie, librerie e porno shop. Notti
bianche, verdi, azzurre e rosa, cio divertimento insonne e per ogni
gusto, sono ormai un tempo di consumo istituzionalizzato, che non
distingue pi fra giorno e notte, vista la moda di lanciare nuovi prodotti
dopo la mezzanotte (Questa la notte che cambier i giorni: annuncio di
Tim per lavvio della vendita delliPhone 5). Ma nemmeno fra giorni di
lavoro e festivi, visto che i negozi praticamente non chiudono pi: il Natale
2012, complice la crisi, ha infranto un tab secolare consentendo alla
grande distribuzione di tenere aperto mezza giornata. Giusto per ricordare
che se lavoro e tempo libero risultano sempre pi intrecciati, non c pi
festa o perfino vacanza che concedano un momento dozio assoluto o di
potersi sentire vacanti e irraggiungibili, a meno di non andare in unisola
deserta, che per unespressione geografica quasi estinta. Insomma,
chiamarsi fuori, ossia fermarsi, figura come possibilit remota. Anche nel
senso che quel che sino alla fine del secolo scorso apparteneva al novero
delle attivit estreme (sport, avventure e viaggi) ormai normalizzato da
pratiche che, se non ancora di massa, sono gi prerogativa di unutenza
allargata che non ce la fa pi a stare ferma, perch andare, muoversi
comunque e ovunque non pi solo una forma di eretismo limitata a pochi
spiriti eretici o avventurosi, ora figura come un sentimento ampiamente
generalizzato, quasi automatizzato, sotto forma di avventure nel mondo
accessibile a un pubblico pagante e di dimensioni quasi mass market.
Andare di fretta, sempre pi in fretta, una realt confermata
dallesperienza empirica di ognuno di noi, ma ora anche certificata dagli
studiosi della fretta. Secondo Richard Wiseman, fondatore della quirkology,
in tutte le metropoli del mondo si cammina sempre meno, ma sempre pi

veloci: in dieci anni con il 10% di fretta in pi.[5] Certo si pu sorridere


dellesistenza di una (pseudo)scienza della fretta, dovendo per piangere,
non metaforicamente, il fatto che si vive sempre meno con le persone pi
care e vicine (dai 112 minuti trascorsi in famiglia negli anni Sessanta siamo
passati ai 45 minuti del 2009); che si ride sempre meno (cinquantanni fa si
rideva quindici minuti al giorno, nel 2010 sei minuti);[6] che i genitori
giocano sempre meno con i loro figli. Evidentemente andare di fretta
diventato un riflesso condizionato, e procedere senza soste, senza pause,
senza tregua la nostra condizione normale, letteralmente il modo di
trascinare le nostre esistenze: stanchi e sfiniti alla fine dogni giornata. Degli
autentici e perenni sopravvissuti.
[1] http://ec.europa.eu/transport/strategies/facts-and-figures/allthemes/index_it.htm, ultimo aggiornamento 13 aprile 2011 (consultato il 3
gennaio 2013). 30 Dati Aci e Legambiente; <http://www.constile.milano.it>
(consultato il 4 gennaio 2013).
[2] Cfr. l. Tozzi, Citt aperte 24 ore su 24, in Specchio, 1 gennaio 2009.
[3] Cfr. G. La varra, Post-it City. Lultimo spazio pubblico della citt
contemporanea, in Territorio, 56, 2011.
[4] Cfr Su questi temi si veda per lapproccio multidisciplinare P. BishoP - l.
williams, The temporary city, Routledge, New York 2012. Sul boom dei
negozi a tempo in Italia: Temporary shop: in Italia Milano la citt
preferita, <http://www.arredinegozi.it> (consultato il 19 settembre 2012).
[5] Cfr. R. Wiseman, Quirkology. La strana scienza della vita quotidiana,
Ponte alle Grazie, Milano 2009.
[6] Istat, Indagine sulluso del tempo degli italiani, 2009. 36 Ricerca Istat,
2011. ATTIVITA'
Ri-vedi e fissa i concetti relativi alle seguenti espressioni:
ipersegmentazione, geo social netwotking, snack culture.

SPIEGAZIONE
Di ciclo accelerato delle mode e dei prodotti si parla da tempo, ma in
questi anni che la guerra per la conquista di nuovi consumatori diventata
totale. Allultimo marketing e allultimo prezzo, con utilizzo estremo
della brand extension, ricorso sistematico al ribasso programmato,
allinvito permanente a correre, affrettarsi a comperare perch sono gli
ultimi giorni, gli ultimi pezzi disponibili, le ultime occasioni. cos che di last
minute in low cost, dalle promozioni di giornata ai saldi tutto lanno, primati
industriali, supremazie produttive e gerarchie commerciali che si erano
mantenute nel corso di decenni, addirittura per un secolo intero, hanno
cominciato a subire gli attacchi di competitori inediti e sempre pi
agguerriti. In modi e tempi che nellultimo decennio hanno veramente
cominciato a cambiare il volto del mondo della marca. Se vero, ad
esempio, che le nove marche che erano leader nei settori del largo
consumo in Usa nel 1923 lo erano ancora (con la sola eccezione di Colgate
scivolata al secondo posto) nel 2001,[1] mentre, invece, fra le prime dieci
aziende leader mondiali nel 2010, la met non lo era dieci anni prima. il
caso di Microsoft e Google che sono diventate aziende big one nel giro di
pochi anni, ma anche di Nokia e Samsung che, da aziende nazionali operanti
nei settori dellelettronica di consumo, sono diventate player globali. Nel
contempo, nel 2012, due business planetari ancora pochi anni prima come
Blockbuster e Blackberry sono finiti, rispettivamente, in stato fallimentare e
pre-fallimentare. Ma a dare il senso pieno della profondit, epocale, delle
trasformazioni economiche e finanziarie che hanno investito il mercato, e
che continuano ad essere agenti, sono le vicende di Kodak e Apple. La
prima, che ha fatto la storia della cultura di massa del secolo scorso, fallita
nel 2012 uccisa dal download, dal digitale, dagli smartphone. La seconda,
invece, balzata agli onori della cronaca mondiale prima nei giorni della
tempesta borsistica dellagosto 2011 quando furono bruciati 360
miliardi di euro nel tempo breve di una settimana e la capitalizzazione della
societ di Steve Jobs tocc un picco equivalente a quella delle cinque
maggiori banche europee messe assieme ,[2] poi quando, a conferma che
eravamo prossimi a un processo di pi ampia e strutturale portata, il 31

gennaio 2012 ha superato la Exxon, diventando la numero uno di Wall


Street e realizzando lo storico sorpasso delleconomia dellimmateriale su
quella manifatturiera.[3] Attualmente le posizioni si sono nuovamente
invertite, ma nel 2016 se si pensa alla crescita fantastica e quasi incredibile
delleconomia del web in occidente come in oriente - dalle-commerce di
Amazon e Alibaba ai servizi integrati di Google e alle nuove frontiere sociali
di Facebook e allesplodere della messaggistica istantanea (da Whatsapp a
Snapchat) - quellavvenimento, per le dimensioni, anche simboliche,
suonato come annuncio ufficiale di fine corsa. Come invito a prepararsi
sollecitamente alla nuova era che ormai sta montando. Alla grande. Con le
impazienze, le turbolenze, gli eccessi e i clamori che da sempre
accompagnano le grandi svolte e le transizioni epocali.
Curiosamente, anche se non c alcuna relazione di causa ed effetto, ma
unindubbia capacit di fascinazione, pure il clima e la meteorologia
sembrano ricalcare lo stesso rovinoso oscillare tra un estremo e laltro.
Eventi catastrofici e improvvisi, disastri ambientali e cataclismi ecologici, ma
dagli esiti nefasti come forse mai in passato e a tempi sempre pi
ravvicinati (dalluragano Katrina che ha sconvolto New Orleans nel 2005 allo
tsunami con catastrofe nucleare di Fukushima nel 2011; dalle bombe
dacqua sulla Liguria nello stesso anno, e ancora nel 2014 a Genova, al
tornado Sandy che ha devastato New York nel 2012), materializzano lidea
di un tempo che non concede pi tempo a niente e a nessuno. E che ha
definitivamente cancellato la generazione del poi, come lha chiamata
Friedmam.[4] Perch, sia che ci si riferisca allordine economico politico e
sociale oppure a quello naturale, sembrano non esserci pi percorsi,
dunque tappe e fasi intermedie, tragitti in qualche modo lineari,
sequenziali, perci, volendo, prevedibili e riducibili al minimo della loro
portata distruttiva, bens realt in rapidissima e imprevedibile
trasformazione, che si muovono su un terreno che non procede pi
mantenendo assetti costanti, ma a picchi, trovando davanti a s,
improvvisamente, una cascata oppure una montagna, ossia la possibilit di
una discesa vertiginosa oppure di una scalata ripidissima. la societ del
rischio teorizzata da Ulrich Beck diventata rischiosissima. Come ormai
di assoluta evidenza dopo il tragico e mortale riproporsi di attentati
terroristici che hanno insanguinato Parigi, Bruxelles, Nizza, Monaco. In una

spirale di follia in cui limprevisto rovinoso, o addirittura catastrofico, non


pi una remota possibilit, bens un accadimento probabile. Ma allo stesso
modo e con la stessa repentinit con cui pu precipitare un corso azionario
o uno sconosciuto pu diventare famosissimo con una sola performance. Le
azioni della Fiat nei cinque giorni dagosto 2011 (dall8 al 13) hanno perso
pi del 40% del valore; mentre Psy, sconosciuto rapper sudcoreano, in
pochi mesi, con il suo Gangnam style (peraltro ormai da tutti dimenticato)
diventato primatista assoluto di YouTube con oltre un miliardo di
visualizzazioni (dicembre 2012). Ascese e discese sono ormai un up & down
frenetico, un succedersi di comparse e scomparse che durano un attimo,
inscrivendosi nellordine di un qui e ora che ha un continuo, spasmodico
bisogno di novit. Ovviamente spettacolari, eclatanti, improvvise,
fulminanti, come, appunto, un video su YouTube o una foto su Instagram.
Ovvero modestissimi accadimenti che per generano talvolta (1 su un
milione ce la fa) delle fantastiche e subitanee ascese di (sino a ieri) perfetti
sconosciuti. Storie di youtubers o intagramers che diventano, in pochissimo
tempo, star con milioni di followers, like o visualizazioni.

societ industriale e postindustriale che sta accomiatandosi. Talvolta


concedendo il tempo di una nostalgica commemorazione, di norma
lasciando nemmeno increduli ma ormai vaccinati a un processo di
innovazione continua che corre cos forte e veloce da lasciare senza fiato.
Forti solo della consapevolezza che sta arrivando a piena maturazione un
cambio di civilt simile a quello che il secolo scorso vide arrivare lauto al
posto del cavallo, e che ora pronto a traghettarci definitivamente dal
regno domestico dellautomobilit a quello mobile del trasporto ad alta
velocit.[7]

In un simile contesto non casuale, ma anzi coerente, lestrema


velocizzazione dei corsi borsistici, delle transazioni finanziarie, dei giochi
dazzardo. Nei modi eclatanti delle transazioni ultraveloci automatizzate, le
high speed trading (Hst),[5] che sono la principale causa delle tempeste
finanziarie di questi anni, scatenabili sul filo dei cinque milli-secondi con cui
i trader-robot riescono ad anticipare gli investitori istituzionali e
tradizionali, sulla direzione in cui si muoveranno domanda e offerta. Ma
unaltra puntuale manifestazione di istantocrazia riscontrabile nel
diffondersi di una passione di massa per le sfide alla fortuna, che stanno
sempre pi spostandosi dai luoghi reali (casin e sale scommesse) al web
(soprattutto poker online) e che premiano istantaneamente e in modo
esagerato il fortunato vincitore (con i vari Win for Life e grattoni come Il
miliardario). Lindustria della fortuna (giochi, scommesse e lotterie), con
89 miliardi di euro, risultata, per fatturato, la terza nel 2012.[6] cos che
tutta una serie di figure retoriche classiche, evocanti la pazienza, il
risparmio, la preparazione metodica, lapprendistato sapiente, la
coltivazione delle passioni personali, segue il destino delle immagini e dei
simboli, oltre che degli oggetti, che hanno interpretato e rappresentato la

[5] F. Rampini, Borsa: gli scambi superveloci fanno ricchi gli speculatori,
La Repubblica, 23 aprile 2012.

[1] Boston Consulting Group e convegno di Confimprese, Il valore della


marca nelle imprese di successo, Milano, Fiera del franchising, 2001.
[2] Milano Finanza, 9 agosto 2011.
[3] V. Zucconi, Il Pil della Apple, La Repubblica, 15 febbraio 2012.
[4] Cfr. Th.L. Friedman, Il mondo piatto, Mondadori, Milano 2007.

[6] F. Azzardopoli. Roma la Las Vegas dItalia, Il Sole 24 Ore, 9 gennaio


2012.
[7] Cfr. P. virilio, La deriva di un continente, Mimesis, Milano 2005.

APPROFONDIMENTO
In passato lideale era la permanenza. Fossero impegnate nel costruire un
paio di scarpe o nelledificare una cattedrale tutte le energie creative e
produttive delluomo miravano a estendere al massimo la durata del
prodotto. Luomo costruiva per la durata. Doveva farlo. Fino a quando la
societ intorno a lui restava relativamente immutabile, ogni oggetto aveva
funzioni definite, e la logica economica imponeva la politica della
permanenza. Man mano che il ritmo generale del mutamento diventa pi
celere, per, leconomia della permanenza viene e deve essere

sostituita dalleconomia della transitoriet.[1] Con straordinario acume


previsionale Alvin Toffler ha descritto in Lo choc del futuro lo sviluppo
tendenziale di una realt oggi pienamente dispiegata in cui risulta
sempre pi inattuale e desueto tutto ci che evoca solidit, durata,
permanenza. Per effetto dellimporsi di un movimento generalizzato di
mutazione continua di usi, costumi e consumi, che, attraverso la cultura
dellusa e getta, rende sempre pi fugace ed effimero il rapporto con le
cose, in un processo di continua innovazione che finisce anche, in forza
dellintima relazione cosa-persona, per modificare fondamentalmente i
rapporti umani e sociali, anchessi soggetti allo stesso frenetico turn over
che investe le mode e impone pratiche e immagini socialmente valorizzate,
che durano un attimo. E qui sta lassoluta novit rispetto a ogni altra
epoca. In questo nostro tempo osservava il sociologo abbiamo liberato
una forza sociale completamente nuova, un fiume di mutamenti accelerato
a tal punto da influenzare il nostro senso del tempo, da rivoluzionare il
ritmo della vita quotidiana e da intaccare il modo stesso con cui sentiamo
il mondo attorno a noi. Ma se della societ contemporanea
laccelerazione una nuova forza sociale e la transitoriet ne il
complemento psicologico, scriveva ancora Toffler, la tecnologia
lenorme rombante motore del mutamento per la ragione che essa non
solo espande i nostri limiti e consente fantastici balzi in avanti, ma anche
perch la tecnologia si nutre di se stessa. Cio rende possibile altra
tecnologia che contribuisce a generare nuove idee, dunque innovazione a
cicli abbreviati.[2] Qui, per, importante sottolineare come linnovazione
tecnologica produca non solo la continua comparsa di nuovi oggetti e
merci, con enorme moltiplicazione degli stessi e delle loro funzioni, oppure
lincessante combinazione e ricombinazione di macchine e tecniche, ma
qualcosa di pi che suggerire modifiche in altre macchine o costringere a
esse: suggeriscono soluzioni nuove di problemi sociali, filosofici e persino
personali. Modificano lambiente intellettuale delluomo nella sua totalit,
il modo con il quale luomo pensa e contempla il mondo.[3]
Questo infatti considerato nella sua totalit e complessit ha cessato di
essere infinito, diventando addirittura qualcosa di domestico e accessibile
a tutti, in qualsiasi modo e momento. E un pensiero mobile quello che si
imposto e si sta sempre pi imponendo: facile, accessibile, transitorio,

mutevole. Visto che non ci sono quasi pi verit o pensieri consolidati,


bens idee a termine, con codice a barre incorporato, che durano giusto il
tempo che un pezzo di vecchio mondo frani, crolli o collassi. E ci, come
abbiamo gi osservato, nelle grandi come nelle piccole cose da un po di
tempo accadimento quasi giornaliero.
Non pi tempo di maestri n di apprendistati faticosi, men che mai di
saperi rivelati e di attese. Daltronde, per proiettarci nella quotidianit, cos
come non c pi interrogazione (anche da sapere superspecialistico) che
non trovi pronta risposta su Google, non c pi desiderio stravagante o
indecente che non abbia le sue app, consultabili, agibili e funzionanti in
qualsiasi momento, con un touch, semplice, facile, divertente: Easy, fast,
fun (scambiarsi un video con Lumia Nokia), oppure veloce, meraviglioso,
divertente (condividere una foto con Instagram). Insomma, quel che era
una promessa e una possibilit in larga parte teorica, cio accedere a un
consumo affluente, in procinto di realizzarsi concretamente, grazie al
vorticoso sviluppo delle reti, delle tecnologie e dei mezzi di comunicazione
mobili, che hanno dato ali e normalizzato un sentimento ibrido che ora
viaggia in rete alla velocit delladsl, sicuro che si possa fare qualsiasi cosa e
andare in qualsiasi posto. Onnipotenti e ubiqui, perch pensare, sul web,
coincide con il fare, in forza dellinsostenibile leggerezza del pensiero
(digitale): Lo pensi, lo fai (Virgilio); Pensate leggero andate lontano
(Sony Vaio); Immagina, puoi (Fastweb).
cos che, oltre ad essere immersi in un continuo processo di
cambiamento e innovazione sovente subita , ci troviamo a sperimentare
la condizione, anchessa tipicamente contemporanea, di passeggeri
permanenti, per usare lespressione di un altro, ancorch diversissimo,
geniale scrutatore di futuro, Vladimir Illich. Ossia di individui che nella loro
totalit di abitanti il mondo occidentale, iper-industriale, quotidianamente
conducono una vita che in ogni momento del giorno li vede in movimento,
in transito continuo dentro un reticolo di pratiche, di comportamenti, di
relazioni, agenti sia sul piano materiale sia su quello immateriale, che,
ovviamente, man mano che viene dispiegandosi la societ mobile, ha
conseguenze spesso negative per la vita materiale, ma anche intellettuale,
sentimentale e relazionale della stragrande maggioranza delle persone. Si

diceva in precedenza, citando Toffler, che laccelerazione del mutamento


anche una forza psicologica: muta lambiente esterno, ma anche il nostro
paesaggio interiore; modifica le cose e i luoghi in cui esse avvengono, ma
parimenti il significato e il contenuto oltre che la durata delle diverse
situazioni che ci troviamo a vivere. Ossia ne altera, spesso in modo
notevole, il sapore, affrettandone anche il passaggio attraverso il canale
dellesperienza, che da sempre ci offre linsieme degli strumenti e delle
conoscenze necessari per far fronte alle novit. Il risultato che sempre pi
spesso ci troviamo a fare i conti con situazioni molteplici, cio diverse, ma
che si affacciano contemporaneamente. Con moltiplicazione dei ruoli che
dobbiamo assumere e variazione dei livelli di attenzione necessari alla
messa a fuoco dei problemi che si pongono e che cambiano
continuamente. Ci in un contesto dove la spinta acceleratrice tende a
crescere anzich a diminuire. Con la stessa logica con la quale non c mai
limite, in ogni campo, che non ponga continuamente pi avanti o pi in alto
lasticella. Ma a complicare ulteriormente il quadro, come se non bastasse
mai dover fronteggiare situazioni in movimento, succede anche che alle
accresciute difficolt a tenere testa a una realt cos cangiante si aggiunga
una fantastica intromissione di innovazioni e novit, che di norma si
accompagna anche a unelevata mortalit di abitudini e oggetti che
improvvisamente spariscono dagli usi e consumi. E si inabissano senza quasi
colpo ferire nei cimiteri della memoria. La transitoriet, cio
leffimerizzazione della realt, il carattere continuamente cangiante delle
diverse esperienze che ci si trova a vivere, talvolta contemporaneamente, la
variazione continua dei luoghi e tempi che identificano le diverse
esperienze possibili e che hanno effettivamente svolgimento non fanno che
accelerare la transizione verso un mondo e una societ nuovi, che per non
si riescono a vedere. Forse nemmeno a intravvedere. Certo a temere, vista
la rapidit con cui ci che stabile, durevole, solido, permanente abdica e si
accommiata dal presente. Di contro assistiamo allaccentuarsi del carattere
transitorio, mobile, accelerato mediaticamente riscontrato dai termini di
contatto e connessione che si appropria dellintera vita quotidiana e che
si manifesta nella ridotta capacit di prestare a lungo attenzione alle
persone che ci stanno intorno o alle cose che stiamo facendo in un
determinato momento; nellintermittenza con la quale facciamo o

passiamo da unattivit allaltra; nel carattere epidermico, momentaneo


che hanno sia le relazioni che stabiliamo online, sia quelle che
intratteniamo offline, sui luoghi di lavoro, al pari di quelli (e sono tanti) per i
quali durante il giorno ci troviamo a transitare. Passaggi e assaggi, o meglio
tentativi di socialit in movimento, che si realizzano fra persone che
scambiano due chiacchiere di corsa o giusto il tempo di un caff, magari
attendendo il passaggio del bus o che si sfili la coda alle casse. Contatti
fugaci, conoscenze ipotetiche, vicinanze teoriche, allineate a quelle che si
fanno su Facebook, dove diventare amici o dire mi piace questione di
un attimo. Un like e via. I network sono forme di comunit che offrono un
calore tiepido, senza vincoli. Si entra e si esce a piacere.[4] Si deve per
aggiungere ed importante sottolinearlo con Zygmunt Bauman che la
societ diventata liquida.[5] Cio sempre pi smaterializzata e
detemporalizzata, perch il tempo non ha pi una direzione, ma un
succedersi di attimi e qualsiasi posto del globo raggiungibile e
abbandonabile alla velocit della luce: La vita andrebbe misurata in
momenti non in minuti (MSC crociere). Certo si tratta di unillusione di
realt, ma molto concreta, perch i non-luoghi e i non-tempi, dei quali
abbiamo gi detto e che avvolgono e permeano le nostre esistenze,
rendono fisiologica la transitoriet, il nomadismo, limpermanenza. Ovvero
gli stati costitutivi dellessere e dello stare attuali che scaturiscono anche
dalla crescente difficolt, se non impossibilit, di fare diversamente,
massimamente di stare fermi, ad aspettare o a guardare, oppure di limitarsi
a interpretare una sola parte. Oggi la commedia della vita richiede
unaccentuata capacit di saper fare pi cose e interpretare pi ruoli.
Insomma di essere mobili, multitasking e multiruolo, capaci di transitare
continuamente fra identit, esperienze, situazioni e luoghi diversi, in nome
di un mimetismo e ibridismo individuale e collettivo che non contemplano
quasi pi azioni ma interazioni. Condivisioni. Daltra parte si esiste solo se e
quando connessi. Linterazione sociale diventata un obbligo. Essere
semplici spettatori non pi possibile. Tutto devono essere parte dello
spettacolo. Dopo il produttore-consumatore (prosumer) e lo spetta-attore
(attore e spettatore) arrivata lora dellutente che genera contenuti
(UGC). Lelevata interazione esclude la fissit, la sedentariet, la stanzialit.
Muoversi, cambiare, spostarsi, transitare sono le nuove parole dordine di

una societ che si scopre sempre pi eccitata e dinamica ma anche pi


stanca e depressa. la contraddittoriet fatta realt, come sostengono, con
singolare simultaneit, i sociologi Byung-Chul Han e Christoph
Turcke,[6] perch costretta allobbligo della prestazione, freneticamente
protesa a eliminare pause e intervalli, a correre senza posa e senza poter
tirare il fiato, per condannata a sentirsi mai arrivata e perennemente
affaticata. Insomma per sempre transitoria. Mobile forever.

[1] A. Toffler, Lo choc del futuro, Rizzoli, Milano 1972, p. 56.


[2] Ivi, 37.
[3] Ivi, 72.
[4] M. Franchi, Scegliere nel tempo di Facebook, Carrocci, Roma 2011, p.
174.
[5] Cfr. Z. Bauman, Modernit liquida, Laterza, Roma-Bari 2002.
[6] Cfr, B.-Ch. Han, La societ della stanchezza, Nottetempo, Roma-Bari,
2012; Ch. Turcke, La societ eccitata, Bollati-Boringhieri, Torino 2008.
ATTIVITA'
Trova ed elenca almeno 10 claims pubblicitari nei quali si esprimono
pienamente valori concetti quali: mobilit, ubiquit, velocit, facilit duso e
accesso, istantaneit.

14. A TUTTA VELOCIT VERSO IL FUTURO (1). MERCI E PERSONE: UN


MOVIMENTO PLANETARIO OLTRE OGNI PREVISIONE

SPIEGAZIONE
La gente in movimento per lavoro o per piacere, per necessit di
spostamento a breve raggio o per trasferimento da una nazione o da un
continente allaltro ha ormai assunto aspetti invariabilmente biblici. Da
esodi di massa. Che e citt e soprattutto allinterno delle metropoli, che
negli ultimi cinquantanni sono notevolmente aumentate di numero, per
estensione e consistenza di popolazione. Le citt con pi di un milione di
abitanti erano 83 nel 1951, sono diventate 411 nel 2000, nel caso di chi si
sposta quotidianamente ha visto aumentare enormemente il tradizionale
pendolarismo fra citt e campagna, fra citt quasi 500 dieci anni dopo, con
una progressione che vedr gi dal 2015 aumentare il numero di
megalopoli con oltre 20 milioni di abitanti (Tokio, Mumbai, Dhaka, Sao
Paulo, New Delhi, Citt del Messico).[1]
Urbanizzazione e periurbanizzazione - come chiamano gli urbanisti la
distesa informe di case, cemento, baracche, capannoni che alimenta gli
slums e allarga a dismisura le periferie[2] - sono fattori propulsivi
nellaumento delle percorrenze e dei transiti urbani per milioni, anzi
miliardi di persone. Ma a dare unenorme spinta alle masse che ogni giorno
si muovono per raggiungere i posti di lavoro stato il miliardo e mezzo di
nuovi lavoratori che si sono aggiunti sul mercato globale, dal 1995 al 2005
cio con un raddoppio secco dello stock di forza lavoro in un decennio- per
effetto del decollo industriale di Cina, India, Brasile, Indonesia e altri grandi
paesi emergenti.[3] E cos ora sono 2 miliardi e mezzo le persone che
quotidianamente sulla terra si muovono per guadagnarsi il pane:
inforcando una bici, salendo su una motoretta, guidando lauto, saltando su
un treno, prendendo il metr.
Avere casa e bottega espressione remota. Obsoleta. Lavorare oggi
significa infatti doversi spostare, muovere. Stare in giro dal mattino alla

sera. NellEuropa comunitaria (quasi 300 milioni di abitanti) i pendolari


sono circa 60 milioni (erano 35 nel 1990). In Italia erano invece 8.7 milioni
nel 1991, sono diventati 13 nel 2006, con unincidenza sulla popolazione
totale passata dal 15.4% al 22.6%.[4] Per la cronaca, la stima per il 2013
prossima ai 15 milioni. Ma per completare il quadro della mobilit
nazionale si devono anche considerare viaggiatori e turisti. Coloro che
viaggiano quotidianamente, pernottando fuori casa, erano 255 mila nel
1998, sono diventati pi di 400 mila nel 2008. Saliti, pur con la grande crisi,
a quasi 500 mila nel 2011. Ma come scriveva lesperto, e il rilievo pi che
mai attuale, se si aggiungono quelli che vengono fatti senza pernottamenti
e gli spostamenti che non sono considerati viaggi, si comprende come il
territorio italiano sia coperto ogni giorno da una mobilit straordinaria
costituita da una fittissima rete di traiettorie.[5]
Ma a questo movimento autoctono bisogna aggiungere quello
internazionale. I turisti che arrivano nel nostro paese sono stati 39 milioni
nel 2009 (erano 25 nel 1990). Ci in linea con un trend globale che ha visto
lievitare costantemente il numero di turisti: dai 112.8 milioni del 1965 agli
846 del 2006 al miliardo circa del 2010. Ma forse pi significativo il
confronto fra i 300 milioni di persone che erano quotidianamente in moto
nel mondo - per le pi disparate ragioni- nel 1991 e il quasi raddoppio (567
milioni) ventanni dopo.[6]
Ma, forse, molto pi del numero di persone che si spostano in occasione di
week-end, ponti, ferie invernali ed estive, sono gli incrementi, in numeri
assoluti e valori percentuali, che registrano questi eventi turistici.
Soprattutto perch di norma non c mai stata previsione capace di
anticipare verosimilmente quegli incrementi. In altre parole la realt
andata sempre oltre ogni possibile immaginazione. Anche se sembra
difficile immaginare che la crescita dei turisti viaggi di pari passo con quella
di chi si muove per il pianeta con motivazioni opposte: i migranti, cio chi si
sposta non per piacere ma per necessit, dai paesi poveri ai paesi ricchi. Il
numero di persone che vivono lontane dalla propria terra dorigine ha
raggiunto nel 2006 i 200 milioni, pari alla popolazione del Brasile, il quinto
paese pi popoloso del mondo (ndr erano 119 nel 1991). Ma guardando al
futuro, secondo lautorevole opinione del capo dellagenzia Onu per i

rifugiati Antonio Guterres, appare evidente che il mondo assister a nuove


e pi complesse modalit migratorie e di spostamento forzoso di
popolazione[7].
A favorire in via prioritaria lenorme incremento di movimenti e
spostamenti umani, che si realizzano quotidianamente, a ogni ora del
giorno e sotto ogni latitudine, stato il formidabile sviluppo dei mezzi e
delle reti di trasporto, segnatamente della motorizzazione di massa, Erano
46 milioni i veicoli circolanti per il pianeta nel 1950, sono diventati un
miliardo nel 2006. Ma decisivo stato, e ancor pi sar in prospettiva, il
trasporto aereo, che nel decennio Novanta cresciuto dal 5 al 7% allanno,
mentre il numero di passeggeri nel mondo dai 1,6 miliardi del 1999 salito
a 4,37 nel 2006: una crescita assolutamente strepitosa se si considera che a
met anni Novanta si stimavano 2,3 miliardi di passeggeri nel 2010. Un
movimento questo che sta creando ingorghi colossali in tutti gli aeroporti
del mondo e rendendo sempre pi simili i cieli alle strade. Al JFK di New
York mi capitato di stare in coda come al casello di unautostrada per
quasi due ore: uno dei primi avvisi agli utenti lanciato da un pilota
dellAlitalia.[8] Il rischio di una paralisi quasi totale, in assenza di interventi
sistemici, paventato tra il 2016 e il 2017: per questo la UE ha come
assoluta priorit lapprontamento di un Master Plan[9] che affronti i
problemi principali della congestione del trasporto aereo, che sono
aeroporti troppo piccoli e vecchi e mancanza di piste e di slot per decolli e
atterraggi. Naturalmente c chi rovescia completamente il problema cos
posto, dicendo che non ci saranno mai infrastrutture, per quanto si
potenzieranno le vecchie e se ne costruiranno di nuove, capaci di fare
fronte ad aumenti continui e costanti di traffico e passeggeri quali sono
quelli registrati negli ultimi ventanni.
Resta per il fatto che se le persone hanno viaggiato e viaggiano sempre
pi numerose e veloci per terra, mare e cielo, le merci non sono state da
meno. Di nuovo, alcune cifre possono dare unidea delle dimensioni
quantitative e delle dinamiche che hanno investito lintero mondo delle
merci e dei commerci, e dato un contributo decisivo alla profonda
trasformazione del nostro sistema di vita. Il prodotto interno lordo
dellintero pianeta in cinquantanni, dal 1950 al 2002, si settuplicato, ma il

commercio globale aumentato di 22 volte.[10] Di 180 volte invece


cresciuto il volume delle merci trasportate per via aerea dal 1953 al 1992
mentre quello per ferrovia e per mare ha avuto incrementi rispettivamente
del 300 e del 500%.[11] Ma contestuale al movimento e alla crescita
planetaria delle merci e delle persone stato quello delle informazioni e
delle (tele)comunicazioni.
Alla met degli anni Sessanta tra lEuropa e lAmerica esisteva un solo cavo
telefonico transatlantico attraverso il quale potevano transitare
simultaneamente non pi di 89 conversazioni. Nel 2000 grazie a satelliti e
reti cablate stato possibile gestire pi di un milione di telefonate in
simultanea. Nel 1986 lutenza complessiva delle telecomunicazioni
(telefonia, fax, trasmissione dati) ammontava a 15 miliardi di minuti, allo
scadere del secolo e del millennio ha raggiunto liperbolica cifra di 1.000
petabytes (1 petabyte equivale a 1 milione di miliardi).[12] Naturalmente
laumento del traffico stato enormemente incentivato dalla diminuzione
dei costi. Nel 1950 una telefonata dagli Stati Uniti allInghilterra costava
209,30 dollari, nel 1989 9,90 dollari, nel 2000 5 dollari.[13] Attualmente il
numero di telefonate fatto ogni giorno nel mondo praticamente
incalcolabile e stare al telefono, il tempo che si vuole, parlandosi da due
punti remoti del pianeta, con Skype, ha un costo molto pi basso rispetto a
quello di una chiamata urbana.[14] Le dimensioni del fenomeno - chi ha un
account Skype - pu rilevarle ogniqualvolta accede al servizio. Io ad
esempio in questo momento, che sto scrivendo (sono le 22.15 del
27/5/2016), faccio parte di una comunit telefonante di 41.325.429
utenti
E con Internet che le comunicazioni telefoniche e pi in generale personali
sono letteralmente esplose. Dal 2000 al 2007 gli utenti della rete sono
cresciuti del 265%, ma dal 2008 al 2012 lincremento stato quasi del
700%, per effetto soprattutto dellaumento sensazionale di telefonini nei
paesi del terzo e quarto mondo.[15] Un recente rapporto della Banca
Mondiale dice che nellagosto del 2012 si sono superati i 6 miliardi di
possessori di cellulari e la percentuale mondiale salita al 75%. Ora il
mondo in via di sviluppo pi mobile di quello sviluppato titola
linfografica del rapporto che segnala il rovesciamento dei trend di crescita

del mobile phone. Se nel 2000 il rapporto era di 29% contro 71% dieci anni
dopo la percentuale si capovolta: 77% contro 23%.[16]
Ovviamente se laumento di traffico procede a questi ritmi e con questa
intensit anche il collasso della Rete vicino. Tuttavia anche qui il dato che
simpone il puntuale materializzarsi di una realt invariabilmente pi
rilevante e sorprendente della pi ottimistica o pessimistica previsione. Con
lavvento di Internet e Tv fruibili in mobilit grazie a smartphone e tablet e
con la fantastica diffusione dei social network la quantit di informazioni,
messaggi, foto e video circolanti per il pianeta assumer dimensioni
stratosferiche. Impensabili negli esiti oltre che imprevedibili per percentuali
e tassi di incremento. Se vero per fare due esempi che i 100 milioni di
video giornalieri visti su YouTube nel 2007 sono saliti sino a toccare i mille
miliardi di visualizzazioni alla fine del 2011, e che nel 2016 il miliardo di
visualizzazioni venga raggiunto e superato in un giorno.[17] Come hanno
scritto i curatori del sito: il doppio delle stelle della via lattea. Giusto per
ribadire che il movimento e la grandezza del fenomeno sono ormai siderali.

[1] Statistiche Onu.

[10] Fonte WTO 2003.


[11] W.Sachs e T.Santarius (a cura di), Per un futuro equo. Un report del
Wuppertal Institut, Milano, Feltrinelli, 2007, cap. II.
[12] http://www.caffeeuropa.it/ (dossier sulle telecomunicazioni del
9/5/1999).
[13] I dati sono tratti da D.de Kerckhove, op.cit., p.145 e T.H.Eriksen, op.
cit., p. 121.- Ma sullo sviluppo dei vari mezzi tecnici dinformazione una
fonte fondamentale l Unesco Statistical Yearbook i cui aggiornamenti
stanno al sito www. unesco.org ( consult. del 8.6.2012.
[14] A. longo, Telefonate gratis con Internet, la Repubblica, 6/4/2009.
Levoluzione di Skype in uninfografica, Marketing Attitude, consult. del
27/9/2012
[15] Unesco news, twitter del 4.6.2012.
[16] Maximizing mobile, 2012 Information e communications for
development, Rapporto di The World Bank 5.10.2012.
[17] I dati sono al sito di YouTube, nella sezione Statistiche.

[2] M. Davis, Il pianeta degli slums, Feltrinelli, Milano, 2006, p. 180.


[3] World Economic Outlook del FM, 2007.
[4] Censis 2007 su dati Istat.
[5] A.Golini, I movimenti di popolazione nel
mondocontemporaneo, http://www.cestim.it (consult. il 8.8.2014).
[6] Dati dellOsservatoprio Nazionale Turismo e di UN TWO.
[7] Dati UNHCR.
[8] A.Livini, Aiuto non c pi spazio nei cieli, la Repubblica, 17/10 /2007 ;
Il governo ridisegna il trasporto aereo, Corriere della sera, 17/5/2012.
[9] News e documenti Eu.

APPROFONDIMENTO
Crisi sistemica e mutamenti epocali
Un fantasma minaccioso si aggira per lEuropa: la crescita. Capi di
governo, dirigenti di grandi imprese, finanzieri e vertici bancari, ma anche
sindacati operai e associazioni di consumatori, si ritrovano uniti come mai
nel chiedere, auspicare, implorare che si rilanci lo sviluppo. Che si mettano
al bando austerity, politiche di rientro dai deficit, sacrifici e si torni a
produrre, ma soprattutto a consumare di pi. Insomma che si inverta la
sciagurata tendenza messa in moto dalla grande crisi (finanziaria) del 2008
e si riprenda a crescere. Come prima, pi di prima, senza chiedersi che tipo
di crescita sia auspicabile perch lunica cosa che conta che torni il segno
pi, comunque, quale che sia, perch bastato, e basta, un
rallentamento, anche minimo, per fare precipitare le nostre societ nello

sconforto, a causa della disoccupazione, dellallargamento della forbice tra


ricchi e poveri, degli attacchi al potere dacquisto dei meno abbienti e
dellabbandono dei programmi sociali, sanitari, educativi, culturali e
ambientali che assicurano un minimo di qualit della vita.[1] Non sfugge il
dato paradossale, ma ancor pi tragico, di un processo da tutti ritenuto non
pi sostenibile, ma che in realt non concede concrete alternative. A
livello globale e locale, si parli di riduzione dellinquinamento o di necessit
di produrre energie pulite, di modelli di consumo pi equi e solidali o di
emancipazione del lavoro, ci che simpone la terrificante evidenza di un
sistema (capitalistico-consumista) che per non scomparire condannato a
crescere e poi a fare in modo di espandere ulteriormente questa
crescita.[2] lo sviluppismo, ideologia del progresso continuo, che non
contempla obiezioni o eccezioni e non tollera renitenti alla leva consumista,
alla corsa ad avere, a cercare sempre di pi. Perch il tanto che gi si ha
non basta mai, in un mondo in cui la disgrazia pi grande accontentarsi di
quel che si ha. Dichiararsi soddisfatto, a posto cos, senza bisogno di
nientaltro. Niente di troppo, era scritto sul tempio di Delfi, monito e
richiamo a una vita sobria, essenziale, che oggi per eresia, se non
eversione dellordine costituito. In ogni modo e in ogni luogo, infatti, si
tratti di cose importanti o da niente, la regola che simpone sovrana
esagerare, sempre e comunque, eccedere in tutti i casi, superare ogni
record precedente, spararla pi grossa possibile. Si tratti infatti della realt
effettiva o di quella raccontata dai media non c pi senso della misura o
dei limiti. Perch tutto e tutti, persone e comportamenti, oggetti e
situazioni sono ormai entrati stabilmente nellera delleccesso,
dellesagerazione conclamata, dellabbondanza irreparabile, di un troppo
diventato condizione permanente in ogni ambito della vita quotidiana, e
ancor pi spirito dei tempi che sembra avere bandito ogni idea, anche
minima, di normalit e di mediet. Ma il dato eclatante, anche qui
paradossale, che il troppo tale anche quando si manifesta al contrario
come estrema penuria o addirittura assenza. Essendo peraltro contestuale
questo doppio movimento, apparentemente inconciliabile, ossia che
crescano sia il troppo sia il poco e perfino il niente: i miliardari e gli
homeless; gli affamati e gli obesi; i formati maxi (dagli schermi video o del
computer alle confezioni famiglia) e quelli mini (dei lettori mp3, dei tablet,

dei sughi pronti). Ma notevole anche il fatto che non ci sia pi cosa
enorme (nave da crociera, jumbo, grattacielo, stadio) che non possa
diventare gigantesca; o cosa minima (telefonino, chiavetta, pillola) che
possa ridursi sin quasi a sparire, in forza di un processo di miniaturizzazione
che con le nanotecnologie creer presto mondi paralleli quasi invisibili. In
altre parole leccesso bidimensionale, cio agisce sia come segno pi sia
come segno meno. Tesi e antitesi non riescono pi ad arrivare a sintesi. Ma
detto che questa ambivalenza, che agisce simultaneamente, caratteristica
saliente della mobile society, pi preoccupante la sua irresistibile
progressione, spesso incurante delle effettive necessit e utilit, anzi, in
molti casi, con assoluto sprezzo della pi elementare opportunit
economica. Molti nuovi prodotti sono infatti degli insuccessi, per da
almeno ventanni continuano costantemente a crescere con una notevole
accelerazione, anche del ciclo di vita dei prodotti stessi. Se infatti
lautomobile ha impiegato pi di cinquantanni per diventare un prodotto
maturo, al telefonino ne sono bastati meno di dieci anche se ormai, con
larrivo degli smartphone, quasi scomparso dal mercato ; mentre nel
2000 chi voleva comprare unauto nuova poteva scegliere fra poco pi di
2000 proposte, nel 2012 un solo modello (la Citroen DS 3) offriva pi di
1000 caratterizzazioni. Questo processo di lievitazione, che riguarda anche i
luoghi e le superfici di vendita, fantastico e stravolgente. Considerato che
in un grande, ancorch medio, supermarket ci sono 20 mila referenze
merceologiche (nel primo supermarket aperto nel 1957 ce nerano 1600),
mentre i 12 ipermercati esistenti nel 1980 sono diventati 563 nel 2004 e
756 nel 2011. Mentre ovunque nel mondo, ma soprattutto nelle economie
emergenti, i grandi mall diventano supermall, anche per categorie o classi
deta specifiche (come ad esempio i bambini). Non pi store grandiosi ma
vere e proprie citt: il South China Mall di Dongguan conta 1500 negozi ed
talmente grande da essere attraversato da un canale percorribile in
gondola; il Dubai Shopping Mall ha circa 1200 negozi, 16 mila posti auto e
un cinema multisala con 22 schermi; in Brasile gli shopping center crescono
a livelli e ritmi velocissimi (il 15% di media nellultimo triennio).[3] Questi
luoghi sono altamente attrattivi, per il carattere ibrido delle strutture e
delle esperienze che consentono. Ora sospesa fra vecchie fiere e
Gardaland, ora caratterizzata come borgo medievale o avveniristico

manufatto vetro e acciaio, la shopping experience incassa numeri da


capogiro. Mega centri come i Gigli, tra Firenze e Prato, registrano pi di sei
milioni di visitatori allanno, mentre i principali outlet del Nord Italia
(Serravalle Scrivia e Fidenza) sono tutto lanno mete di turismo da week
end. Tuttavia questa corsa ad aumentare spettacolarmente opportunit,
occasioni e livelli di consumo sembra prossima al capolinea, non solo
perch, con lo sviluppo delle-commerce, le referenze merceologiche
acquistabili online sono diventate 11 milioni, ma soprattutto perch la
societ dellabbondanza si trova a fare i conti con una realt imprevista,
scaturente non solo dalla crisi finanziaria e dalla recessione economica, ma
anche dallesaurimento della pulsione onnivora al consumo. Liperscelta a
disposizione degli individui contemporanei anzich suggerire gratitudine e
euforia, sembra talvolta disorientare e confondere.[4] il paradosso della
scelta:[5] una tendenza gi evidente agli inizi del 2000, ma ora pienamente
dispiegata e destinata a estendersi e rafforzarsi, visto che la crescita di
nuovi prodotti, come si accennato, non d segni di rallentamento. Per
in aumento anche la percezione, nei consumatori, che ci sia sempre di pi
ma dello stesso tipo, cio che non ci siano vere differenze e vantaggi
percepibili, ma solo finte novit e plus puramente nominali. Insomma
furbizie, astuzie e anche inganni dei produttori, furti di benevolenza, con
destrezza (pubblicitaria), che puntano a tenere alti i livelli di attenzione e
aspettativa dei consumatori, che per sono sempre pi disorientati da un
livello di innovazione troppo intenso e celere e da possibilit di scelte
troppo ampie. Se le opzioni sono troppe, infatti, cresce lindecisione e con
essa un sentimento di frustrazione nei casi in cui non si sia proceduto
nellacquisto; o non si sia convinti di avere fatto le scelte giuste. Soprattutto
dopo essersi accorti di non aver consumato o addirittura gettato via parte
della spesa. Nel 2012 si stimato uno spreco (soprattutto di cibo)
sullordine del 2,3% sul PIL.[6] Cassonetti e pattumiere sono diventati lo
specchio sporco della nostra (cattiva) coscienza consumistica con la quale
sempre pi difficile e doloroso fare i conti. Perch se labbondanza
merceologica diventata il simbolo, ma anche la concreta misura, del
benessere di unintera societ e dei suoi membri, nel contempo pesa su di
essa la vergogna di essere prerogativa di una porzione minima di umanit,
la stragrande maggioranza della quale non dispone ancora

dellindispensabile per vivere. Ogni anno in Europa si sprecano 89 milioni


di tonnellate di cibo.[7] cos che, rovesciando una celebre affermazione
di H. Lefebvre sullalienazione consumista, siamo circondati dal vuoto ma
si tratta di un vuoto ricco di segni, possiamo affermare che siamo
immersi nel troppo, ma un troppo che rischia di farci desiderare il
nulla.[8]
[1] S. Latouche - D. Harpags, Il tempo della decrescita, Eleuthera, Milano,
2011, p. 36.
[2] Ivi
[3] Boston consulting group, I centri commerciali pi grandi del mondo,
http:// www.paginefamily.it (consultato il 17 gennaio 2013); C. Rossi,
Brasile exploit del settore shopping mall,
http://www.ilfattoquotidiano.it>, 27 ottobre 2012
, http://www.corriere.it/moda/news/16_maggio_16/very-importantchildren-dubai-mall-lusso-formato-baby (consult. del 23/6/2016).
[4] L. Minestroni, Lalchimia della marca, Angeli, Milano, 2002, p. 212.
[5] Continua a fare testo B. Schwartz, The Paradoxe of Choice, Harpers
Collins, New York 2004.
[6] Contro la crisi stop allo spreco, http://www.corriere.roma.it, 5
settembre 2012.
[7] Cfr. Last Minute Market e A. Segr, Libro Blu dello spreco in Italia,
Ambiente, Milano 2012.
[8] H. Lefebvre, La vita quotidiana nel mondo moderno, Il Saggiatore,
Milano 1978, p. 83.
ATTIVITA'
Fai una ricerca in rete a aggiorna i dati sullo sviluppo delle reti di
comunicazione, del traffico telefonico, della crescita di utenti che usano i
social network, del numero e percentuale di italiani che possiedono uno
smartphone e possono fare qualsiasi cosa in mobilit.

SPIEGAZIONE
Tutto o quasi al limite. E oltre. A rischio di scoppiare. Comunque
costretto a cambiare. Dalla politica e geopolitica alla finanza, che sono i
capisaldi dellordine planetario. Secondo lorologio digitale del debito
globale di The Economist lammontare complessivo in dollari dei debiti di
quasi tutti i Paesi al mondo, con 48 trilioni di dollari, arrivato al 98% del
PIL mondiale. Quello italiano, per la cronaca, con circa 2,5 trilioni di
dollari (2 trilioni di euro, superati alla fine di novembre 2012) detiene il 5%
del debito mondiale. Bene: sono sostenibili questi debiti?
Ragionevolmente no, visto che continuano a crescere. Ma il game over lo
si intravvede anche nel tramonto del potere imperiale degli Usa e nella
concomitante ascesa di Cina, Russia, India, Brasile e Sudafrica (i Brics) e
delle altre potenze industriali asiatiche emergenti. Nondimeno se internet
ha messo il turbo, sono i social network e i social media che stanno
plasmando le nuove sensibilit del mondo globale, oltrech delle
generazioni multitasking, ormai quasi adulte e pronte a entrare sul mercato
del lavoro. Generazioni che a ogni latitudine geografica e sociale sono
antropologicamente diverse, quasi inconciliabili, con il mondo degli adulti
che governa il sistema.
La previsione di scontri campali nei fatti. Anzi sta gi montando. Visibile
ovunque si confrontano un potere assoluto (come in Russia, Cina e Iran) e
masse giovanili e alfabetizzate che (come avvenuto nei paesi arabi)
chiedono lavoro e nuove opportunit. Insomma unaltra societ. Unaltra
politica. Un altro mondo. Che si tratti del popolo di Occupy Wall Street o di
quello che scende nelle piazze di Damasco, degli indignadosspagnoli, ma
anche cileni, israeliani oppure italiani o di chi occupa la Piazza Rossa per
contestare il regime di Putin, ovunque si esprime una fortissima, quasi
feroce, richiesta di cambiamento. La mia idea che qualcosa di serio
accadr in questi anni, ha dichiarato lex campione mondiale di scacchi
Gary Kasparov, nei giorni delle proteste di piazza per i brogli nelle elezioni
presidenziali russe. Un presentimento di terremoto. Di big bang politico
confermato dai successivi appuntamenti elettorali italiano, poi tedesco e
infine inglese. Il primo segnato da un atipico movimento politico (il

grillismo) che ha prima annunciato e poi sancito il passaggio dalla Seconda


alla Terza Repubblica; il secondo destinato fatalmente a essere una sorta
di referendum sulleuro, dunque sullEuropa. Cosa questa rivelatasi in
tutta la sua carica dirompente e distruttiva con il Brexit inglese nel giugno
2016.
Ma non meno dirompente e sconvolgente, sia dal punto vista sistemico
che di civilizzazione, stata ed la deriva sanguinaria del
fondamentalismo islamico incarnato dallIsis e manifestatosi nei recenti
attentati di Parigi, Bruxelles, Dacca, Nizza. Una lunga e planetaria traccia
di sangue che tocca anche gli Usa, facendo riaffiorare il sopito ma sempre
attivo conflitto razziale, e la Germania. In una veloce ma sempre pesante
transizione (si pensi alle ultime vicende del fallito golpe in Turchia) dagli
inevitabili contraccolpi economici e finanziari che minano banche e stati,
alimentando un crescente senso di instabilit e insicurezza.
Vero che il precipizio, schivato a fatica, del fiscal cliff negli Usa nel 2013,
aveva comunque annunciato, senza pi dubbi di sorta, come il rischio di
default non fosse pi remoto e periferico, ma invece incombente e al
centro del sistema. Per non c pi dubbio alcuno che il sommovimento in
corso sia epocale e globale nello stesso tempo, come segnalato da questi
due esempi estremi: nel 2012 in Africa i possessori di telefonino sono
diventati 750 milioni (Report mobile phone 2012 della Banca mondiale),
superando per la prima volta il numero degli abitanti. Chi ha ancora la
(vaga) idea di un continente di selvaggi, capanne ed elefanti, mediti su
cosa sono diventati i Brics nel giro degli ultimi dieci anni: gli invocati
salvatori dei debiti sovrani dei paesi occidentali. La previsione, invece,
che negli USA entro il 2016 un terzo degli abitanti avr un e-book o tablet,
indica che per gli editori tradizionali di giornali e libri il count-down (3/4
anni, appunto) partito. E che tutta leditoria si trover a breve a fare i
conti con lo tsunami che ha investito prima lindustria del disco e del
turismo e ora si sta abbattendo sullintero settore del commercio.
Ma download ed e-commerce, che devices e web mobile (pi di 3 miliardi
gli utenti previsti alla fine del 2016) intensificano lattacco al commercio
tradizionale, segnalano anche che non ci sono pi percorsi (lunghi) ma
tragitti (brevi). In ogni ambito e mercato gli up e down repentini sono

ormai allordine del giorno. Visto che non ci sono pi incubazioni lunghe e
progressioni lineari, ma salite o precipizi improvvisi. Lo spread borsistico
allo stesso modo degli eventi climatici con i loro picchi estremi sono l a
indicarlo. Ma ancor pi esemplificativo il carattere di massa assunto da
fenomeni (i social networks e luso delle app) che solo 3/4 anni fa
esistevano appena o erano prerogativa di comunit ristrette. Cos come
lutilizzo di Skype e Google plus per videochiamate di gruppo, che nel 2012
s diffuso estesamente anche per riunioni di amici e lezioni universitarie.
Cio fuori dagli ambiti professionali e aziendali dalto livello. Nel contempo
che anche Facebook ha inaugurato nel 2016 il proprio servizio di
videochiamate.
E interessante per sottolineare come questo processo di veloce e
permanente transizione si accompagni alla scomparsa della futurologia
come scienza del futuro remoto. Nel senso che da qualche anno ci che da
sempre veniva bollato come suggestioni futuribili o visioni fantascientifiche
ora promette o minaccia di realizzarsi in poco tempo. Di materializzarsi a
breve. Ovviamente come sempre, per anche qui pi di prima, non
mancano mirabolanti (pre)visioni del mondo che sar fra 5, 10, 50 anni.
Ovviamente da accogliere con beneficio dinventario e da annuncio
mediatico. Da quelle pi quotidiane e vicine (da 2 a 4 anni) come i denti
che pensano, una specie di tatuaggio che applicato al dente segnaler
(magari al proprio dentista) eventuali problemi di infezioni o carie; e il
packaging edibile ossia cartoni per il succo di frutta, confezioni per i
gelati, bottiglie di plastica trasformati in materiali che potranno essere
mangiati perch realizzati, attraverso tecniche di bio-ingengneria, con
bucce o pelle di frutta e verdure.[1] A quelle che ci consegnano per il 2062
novantenni che saltano come trentenni, chip sottocutanei che sostituiscono
il denaro, carne che viene prodotta in laboratorio.[2]
Resta per il fatto e non una fantasia ma gi realt, che pronta per i
circuiti del consumo di massa la stampante 3D, che stampa non pi fogli ma
oggetti (bicchieri, occhiali, scarpe ecc) e che stata dichiarata invenzione
dellanno (passato).[3] Una macchina, sino a qualche anno fa prerogativa
di grandi aziende e server industriali, ma che con la commercializzazione di
modelli a costi popolari (dai 900 euro della Sharebots ai 2000 dollari della

Formlabs 3D printer) si accinge a inaugurare la fase delle desktop factories,


le fabbriche da scrivania. Nel contempo che i Fab Lab, nellambito di quel
pi ampio processo che sta sotto il nome di IOT (internet of
things), diventano luoghi di sperimentazione e fabbricazione digitale che
rivoluzionano i canali di distribuzione e commercializzazione, cos come le
professioni. E proprio quelle pi antiche, tradizionalmente afferenti al
settore dellartigianato. Che nellepoca di internet e del web trovano negli
strumenti digitali unoccasione pi unica che rara, comunque sino a qualche
anno fa impensabile, di rilancio di abilit e competenze manuali. Ma anche
la realt aumentata (AR) prossima a entrare nelle vite quotidiane.
Perch se i Google Glass sono stati un fallimento, gli Oculus di Facebook e i
Gear di Samsung sono prossimi a offrire agli utenti una realt virtuale con
vista a 360 sulla realt,[4] e non solo a livello di videogiochi o di attivit
divertenti.
Il futuro comincia di nuovo ha detto Steve Jobs in una delle sue ultime
spettacolari apparizioni pubbliche. Come sempre, ma oggi con una rapidit
mai riscontrata, che ci costringe a prendere atto che siamo di fronte non a
un semplice passaggio depoca o di stagione sociale, ma a un cambio dera.
Di paradigma. Di modello di sviluppo economico e sociale che non sta pi
dentro, nemmeno volendo, ai tradizionali driver concettuali e organizzativi.
E un nuovo mondo che preme e che urge, ma che proprio per questo
chiede capacit di visione e di rinnovamento profondo. A partire proprio
dallatteggiamento che ognuno di noi ha rispetto al mutamento accelerato
che sta vivendo in prima persona. Prima entriamo in questo ordine di idee,
senza attardarci in paure, malinconie e rimpianti, tanto guadagneremo
come persone, gruppi, imprese, societ nazionale. Perch la prospettiva di
vivere doppie, triple realt contemporaneamente, nel contempo che le
nostre giornate potranno diventare di 48 o 72 ore, per effetto della
moltiplicazione di cose fattibili con il tempo digitale, effettivamente
fantastico e terrorizzante. Ma se questa la direzione e pare proprio che
la sia - il solo modo di venirne a capo, senza esserne travolti, non di
demonizzarla o esorcizzarla, bens di affrontarla e cercare, umanamente, di
padroneggiarla. Perch, come esorta autorevolmente Manuel Castells,
siamo nel mezzo di un grande processo di trasformazione che interessa
lintero sistema. Ma il finale aperto. I rischi sono tanti, ma riusciremo a

costruire nuove forme di rappresentanza.[5]


[1] 32 Innovations That Will change Your Tomorrow New York Times
Magazine, 1 giugno 2012.
[2] Traggo le previsioni da due fra i migliori libri usciti recentemente sul
futuro: G. Bignami, Cosa resta da scoprire, Mondadori e M. Kaku, Fisica del
futuro, Codice Edizioni.
[3] Huffington Post, 30/12/2012.
[4] http://www.wired.it/gadget/accessori/2016/01/06/oculus-rift-742euro/
[5] Cfr. M. Castells, Reti di indignazione e speranza , Egea, Milano 2012, p.
127.
APPROFONDIMENTO
Un auspicio come conclusione: festina lente, affrettati lentamente
Festina lente. La bellezza di unesortazione cos ambigua esprime
magnificamente la paradossale ambivalenza del nostro presente e ancor
pi del nostro futuro, straordinariamente ricco di opportunit e novit, ma
anche di incognite e rischi, che scaturiscono quasi tutti dalla velocit
estrema che ci spinge ad agire sempre sotto pressione, sotto dittatura di
una rapidit dellazione a cui deve sempre corrispondere listantaneit della
reazione. Un invito, una proposta, una sollecitazione, unesortazione
chiedono ormai risposte immediate. Allo stesso modo gli auspici, i desideri
e perfino le pulsioni confidano in una pronta, subitanea soddisfazione. Il
vecchio proverbio chi ha tempo non aspetti tempo nellepoca attuale
dellimpazienza stato fagocitato dalla certezza che non c pi tempo.
Perch tutto urge e tutto prioritario, senza pi attese, differimenti e
distinzioni tra un prima e un dopo. Viviamo in unepoca senza ritardi, ha
scritto il teorico della velocit Paul Virilio. Ma, 15 anni dopo,
quellaffermazione va corretta perch, con il pieno dispiegarsi della societ
mobile, siamo passati dalla velocrazia alla istantocrazia, cio

dallurgenza allincontinenza, dallimpossibilit dellattesa alla pretesa di


anticipare a quel che sta per accadere o potr accadere. Vite in anteprima
il titolo, provvisorio naturalmente, di un racconto che ci vede tutti vivere
di corsa, protesi non solo ad arrivare primi, ma soprattutto un po prima,
cio a cercare di precedere, anticipare, bruciare sul tempo i competitori e i
concorrenti, allo stesso modo delle mode e degli avvenimenti/eventi in
corso. A questa forsennata accelerazione del tempo, che ha nellistante,
nellattimo, la sua cifra, consigliabile resistere, rispettando tre avvertenze:
che ora e per il futuro non ci sono alternative; che qualsiasi processo di
trasformazione che ci riguardi personalmente bene accompagnarlo
anzich subirlo; che essendo evidenti gli svantaggi (superficialit, volubilit,
costante senso di inadeguatezza, ansia prestazionale, provvisoriet, per
dirne alcuni) sar bene ottimizzare i vantaggi (in primis rapidit e facilit
nella comunicazione e nellaccesso a beni e servizi fondamentali). Insomma,
piuttosto che demonizzare o allarmarsi, conviene guardare avanti,
assumere un nuovo abito mentale, affinare strumenti e mappe, sapendo
che sar un viaggio lungo. La societ mobile, che ha cominciato a
manifestarsi con la prima diffusione di notebook e videofonini (internet
mobile) a partire dal 2005, e poi, dal 2010, di netbook, smartphone, tablet,
una nuova formazione sociale. Una nuova visione del mondo, una
Weltanschauung, da cui consegue e discende un sistema valoriale e
relazionale. Insomma una riorganizzazione complessiva della vita
individuale e collettiva, della quale la comunicazione (intesa come processo
e come apparati) stata il motore e ragionevolmente continuer a esserlo
nei prossimi anni. In questa luce, il riconoscimento di pieni diritti di
cittadinanza passer sempre pi attraverso unadeguata comprensione e
capacit duso degli strumenti che ci connettono, mettendoci nella
condizione ottimale per sfruttare opportunit e vantaggi che ci offre la
societ mobile. Ad esempio di fare, stando comodamente a casa propria,
tante cose (dal certificato anagrafico al telelavoro e alla spesa) che sino a
pochi anni fa implicavano lunghi trasferimenti, code, spreco di tempo e
denaro. Internet non solo divertimento e giochi, ma anche informazione e
formazione (permanente). Ricordarlo serve per ribadire che la capacit di
usare (bene) i new media ha come precondizione la consapevolezza che,
come sempre, la misura (di tempo e di impegno personale), ossia le

modiche quantit e la dieta variata, lunico antidoto agli usi sregolati di


chi vive always on, sempre connesso. In altre parole, privo di difesa dai
rischi scaturenti da una troppo esuberante identit digitale e dalla
propensione a confondere la virtualit delle relazioni online con i rapporti
nella vita reale. Daltronde soprattutto in unepoca cos cangiante e in una
societ cos in movimento che si impongono, come assolutamente
necessari, comportamenti selettivi, prudenziali, meditati, ossia non
acritiche adesioni e condivisioni, ma nemmeno preconcette chiusure e
opposizioni. In un mondo che procede a tutta velocit, in modo cumulativo
e omologante, non possibile stare fermi. Anche perch alto il rischio di
restare schiacciati, stritolati da rappresentazioni della realt
irriducibilmente avverse, perch unidirezionali, one way, che alimentano i
tanti fondamentalismi con cui si aperto il terzo millennio. McMondo
contro no-global e no-logo, sviluppisti e fautori della crescita contro
sostenitori della decrescita (pi o meno felice), teorici del capitalismo
spietato teorici del capitalismo spietato e nello stesso
tempo compassionevole contro il frugalismo estremo e il pauperismo del
km zero, tecnofili e cantori del web come terra promessa contro
tecnofobi e profeti di sventure tecnologiche. Per citare solo i principali e al
centro di un dibattito e di uno scontro ancora attuali.[1] Tuttavia, se
indugiare e restare nellincertezza pericoloso, lo altrettanto mettersi a
correre come pazzi. Cio assecondare al grado massimo le tendenze in atto,
senza interrogarsi sul senso, appunto, di questa continua ed esasperata
corsa, che sfiancante, ma non sempre, anzi raramente, indispensabile.
Perlomeno nei termini in cui oggi sono posti i problemi, nelle grandi come
nelle piccole questioni. Di velocit, infatti, si muore (per incidenti
automobilistici), e pi il cibo o le relazioni fra persone diventano fast pi
aumentano i disturbi alimentari e della personalit. Ma in generale la fretta,
la fregola di fare presto, sovente non produce vantaggi (un risotto pi al
dente, un giornale privo di refusi, un grado di soddisfazione personale pi
elevato), ma addirittura svantaggi su tutta la linea. Visto, ad esempio, che
pi ladsl diventa veloce, istantaneizzando la comunicazione, pi diventa
intollerabile per le persone restare in attesa o in fila, anche solo per pochi
minuti, a un qualsiasi sportello che richieda ancora la presenza fisica. Ma
convincersi perch oggettivamente vero che un caff espresso non di

per s migliore di uno fatto con la moka, perch a fare sempre la differenza
non il tempo impiegato bens la qualit del caff usato o che gustare le
cose (una visita al museo, come un viaggio o una camminata) significa
prendersi tutto il tempo che serve contribuisce non solo alla rivalutazione
del tempo lento, ma sorprendentemente anche alla (giusta) rivalutazione
dellandare veloci. Ovviamente quando serve, nelle occasioni in cui
addirittura indispensabile correre, questione di vita o di morte arrivare
prima possibile, come nei casi di calamit naturali, incidenti stradali,
infortuni sul lavoro, disgrazie domestiche, per i quali lefficacia dei soccorsi
e aiuti direttamente proporzionale alla tempestivit con cui arrivano.
Insomma, cos come non va confusa la fretta con la rapidit, neppure la
lentezza un valore in s. Landar veloci o lenti deve essere considerata
unopzione, non un imperativo, un aut-aut, ma un e-e, una possibilit da
valutare di volta in volta, da esperire secondo le necessit, potendo e
sapendo essere capaci di muoversi sia (molto) velocemente sia (molto)
lentamente. Meglio avere due, ma anche tre o quattro marce, piuttosto che
una. Daltronde, essere in grado di modulare gli sforzi e valutare le
convenienze, in una parola scegliere, ma sapendo che ogni scelta anche
una rinuncia, il solo modo per opporsi al pensiero unico di un turboconsumismo che non ammette rallentamenti, renitenti, alternative. E
rispetto al quale lesortazione ad affrettarci lentamente suona come
monito e come invito ad accompagnare, senza essere travolti, cio
sollecitamente ma criticamente, la grande e veloce transizione in corso.
Insomma, per restare ancora nel paradosso, ad essere sollecitamente lenti
o fermamente dinamici, cio mobili, duttili, flessibili, come peraltro
richiesto da tempi liquidi. Svelti e pronti anche a cogliere lattimo (che
per definizione fuggente), secondo laltra antica e famosa
raccomandazione al carpe diem. Cio a vivere alla giornata, per a
condizione irrinunciabile di avere consapevolezza che la ricerca di
leggerezza rischia linconsistenza, la vacuit, la nullit, e che le nostre vite
non possono essere una successione infinita di istanti a cui concedersi o
abbandonarsi, da prendere al volo e subito dopo lasciare, di attimo in
attimo, da un istante allaltro. Alla ricerca veloce, continua, incessante, ma
inevitabilmente vana, di approdi, di ancoraggi, di terre ferme, di terre

promesse. Dellisola che non c.


[1] Una lista indicativa:
B. Barber, Guerra santa contro McMondo, Tropea, Milano 2002;
N. Klein, No Logo, Baldini & Castoldi, Milano 2001;
O. James, Il capitalismo egoista, Codice, Torino 2009;
S. Latouche, Manuale della decrescita felice, Bollati-Boringhieri, Torino
2008;
C. Anderson, Gratis, Rizzoli, Milano 2009; L. Sigel, Homo interneticus, Piano
B, Prato 2011.
ATTIVITA'
Prova a cercare e a mettere a confronto una giornata tipo quotidiana di una
persona (media) che viveva negli anni 80 ma anche 90 del secolo scorso e
la tua, oggi. Il confronto lo puoi anche fare con i tuoi genitori o zii/nonni.
BIBLIOGRAFIA
S. Latouche, Manuale della decrescita felice, Bollati-Boringhieri, Torino
2008;
e/o consulta i comandalenti ovvero i 14 principi per vivere
slow: http://vivereconlentezza.it/old/content/i-14-comandalenti

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