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precisamente nella nostra vita e nel bene che ci d. Trovarlo dentro la nostra felicit
terrena. (Bonhoeffer).
Letture: (Isaia 62, 1-5; Salmo 95; 1 Corinzi 12, 4-11; Gv 2,1-11)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
24/01/2013
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La buona notizia che Dio mette l'uomo al centro, e dimentica se stesso per lui, e schiera
la sua potenza di liberazione contro tutte le oppressioni esterne, contro tutte le chiusure
interne, perch la storia diventi "altra" da quello che . Un Dio sempre in favore dell'uomo
e mai contro l'uomo.
Infatti la parola chiave "liberazione". E senti dentro l'esplosione di potenzialit prima
negate, energia che spinge in avanti, che sa di vento, di futuro e di spazi aperti. Nella
sinagoga di Nazaret allora l'umanit che si rialza e riprende il suo cammino verso il cuore
della vita, il cui nome gioia, libert e pienezza. Nomi di Dio.
(Letture: Neema 8, 2-4.5-6.8-10; Salmo 18; 1 Corinzi 12,12-30; Luca 1,1-4;4,14-21).
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l Vangelo A cura di Ermes Ronchi
31/01/2013
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Adorano un Dio sbagliato e la loro fede sbagliata genera il pi sbagliato degli istinti: un
istinto di morte. Vogliono uccidere Ges, ma lui passa in mezzo a loro si mette in
cammino. Un finale a sorpresa. Anche nelle situazioni senza uscita, sul ciglio del monte
con una folla che urla, accade qualcosa di incongruo, come sempre negli interventi di Dio,
un punto bianco, un improvviso vuoto, un "ma": ma egli passando in mezzo a loro si mise
in cammino. Non fugge, non si nasconde, non si arrende, ma passa in mezzo a loro, a
portata di quella furia, attraversa la violenza e si rimette in cammino dietro al suo ideale.
Per una Nazaret che si chiude cento altri villaggi gli apriranno le porte.
Perch si pu ostacolare la profezia, ma non ucciderla. La sua vitalit
incontenibile perch viene da Dio.
Anche la nostra Chiesa e il nostro Paese oggi traboccano di mistici, profeti, sognatori,
coraggiosi. Quello che manca sono
gli ascoltatori. Manchiamo noi che non sappiamo vedere l'infinito all'angolo della strada, il
mistero rannicchiato sulla soglia della nostra casa.
(Letture: Geremia 1,4-5.17-19; Salmo 70; 1 Corinzi 12,31-13,13; Luca 4,21-30).
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l Vangelo A cura di Ermes Ronchi
07/02/2013
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Sulla tua parola getter le reti. Che cosa spinge Pietro a fidarsi? Non ci sono discorsi sulla
barca, ma sguardi: per Ges guardare una persona e amarla era la stessa cosa. Pietro in
quegli occhi ha visto l'amore per lui. Si sentito amato, sente che la sua vita al sicuro
accanto a Ges, crede nella forza dell'amore che ha visto, e si fida.
E le reti si riempiono. Simone, davanti a questa potenza e mistero, ha paura: allontanati da
me, perch sono un peccatore. E Ges ha una reazione bellissima: trasporta Simone su di
un piano totalmente diverso. Non si interessa dei suoi peccati; ha una sovrana indifferenza
per il passato di Simone, pronuncia parole che creano futuro: Non temere. Tu sarai
pescatore, donerai vita.
Mi incantano la delicatezza e la sapienza con le quali il Signore Ges si rivolge a Simone,
e in lui a tutti:
- lo preg di scostarsi da riva: Ges prega Simone, non si impone mai;
- non temere: Dio viene come coraggio di vita; libera dalla paura, paralisi del cuore;
- tu sarai: Tu donerai vita. Ges intuisce in me fioriture di domani; per lui nessun uomo
coincide con i suoi fallimenti, bens con le sue potenzialit.
Tre parole con cui Ges, maestro di umanit, rilancia la vita: delicatezza, coraggio, futuro.
Lasciarono tutto e lo seguirono. Senza neppure chiedersi dove li condurr. Sono i futuri di
cuore. Vanno dietro a lui e vanno verso l'uomo, quella doppia direzione che sola conduce
al cuore della vita.
(Letture: Isaia 6, 1-2.3-8; Salmo 137; 1 Corinzi 15, 1-11; Luca 5, 1-11)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
14/02/2013
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vita viene dalla bocca di Dio. Il pane indispensabile, eppure contano di pi altre cose: le
creature, gli affetti, le relazioni, l'eterno in noi. Ci che ci fa vivere la nostra fame di
cielo: L'uomo vive di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Vive di Vangelo e di
creature: dalla sua parola sono venuti la luce, il cosmo e la sua bellezza, il respiro che ci fa
vivere. Sei venuto tu, fratello mio, mio amico, amore mio: parola pronunciata da Dio per
me.
La seconda tentazione una sfida aperta a Dio. Buttati gi, chiedi a Dio un miracolo ci
che sembrerebbe il pi alto atto di fede - a occhi chiusi, con fiducia!- ne , invece, la
caricatura, pura ricerca del proprio vantaggio. come se Ges dicesse: tu non cerchi Dio
ma i suoi benefici. Non cerchi il Donatore, ma solo i suoi doni. Un Dio a tuo servizio.
Eppure quando invece di angeli vengono la malattia, un fallimento, la morte, tutti ci
domandiamo: Perch Dio non interviene? Dove sono gli angeli che ha promesso? Dio invia
angeli, persone buone come angeli, che portano non ci che io desidero, bens ci di cui,
forse a mia insaputa, ho davvero bisogno.
Nella terza tentazione il diavolo rilancia: prostrati davanti a me, segui le mie strade, venditi
alla mia logica, e avrai tutto. Il diavolo fa un mercato con l'uomo, un mercimonio.
Esattamente il contrario di Dio, che non fa mai mercato dei suoi doni. E quanti hanno
seguito le strade del Nemico dell'umanit, facendo mercato di se stessi, vendendo la loro
dignit in cambio di carriera, poltrone o denaro facile, ci fanno riflettere: a che serve
gonfiarsi di soldi e di poteri, se poi perdi vita, se ci rimetti in umanit, se vendi l'anima?
Vuoi possedere le persone? Assicuragli pane e potere, dice, e ti seguiranno. Ma Ges
non vuole possedere nessuno. Dio non cerca schiavi ossequienti, ma figli che siano
liberi, generosi e amanti.
(Letture: Deuteronomio 26, 4-10; Salmo 90; Romani 10, 8-13; Luca 4, 1-13)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
21/02/2013
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anche lui si ferma, vuole vederci chiaro, ed davanti al Padre che va per cogliere il senso
profondo di ci che sta per accadere.
Nel contatto con il Padre anche la nostra realt si illumina, ci che nascosto appare in
tutta la sua chiarezza ed evidenza, come il volto di Ges: Mentre pregava il suo volto
cambi di aspetto, si trasform.
Pregare trasforma. Pregare ti cambia dentro, tu diventi ci che contempli, ci che ascolti,
ci che ami... Preghi e ti trasformi in Colui che preghi; entri in intimit con Dio, che ha un
cuore di luce, e ne sei illuminato a tua volta. La preghiera mettersi in viaggio:
destinazione Tabor, un battesimo di luce e di silenzio; destinazione futuro, lampada ai tuoi
passi la Parola e il cuore di Dio.
Ges sale su di un monte. I monti sono come indici puntati verso il cielo, verso il mistero
di Dio, raccontano la vita come una ascensione verso pi luce e pi cielo. Scriveva il
filosofo latino Seneca: fino a che sei all'osteria, puoi negare Dio. Ma non facile negarlo
quando sei nel silenzio della tua camera o della natura.
Siamo mai saliti sul Tabor, toccati dalla gioia, dalla dolcezza di Dio? Vi mai successo di
dire come Pietro: Signore, che bello! Vorrei che questo momento durasse per sempre.
Facciamo qui tre tende...?
Si trattava di una luce, una bellezza, un amore che cantavano dentro. E una voce diceva:
bello stare su questa terra, che gravida di luce. bello essere uomini, dentro una umanit
che pian piano si libera, cresce, ascende. bello vivere. Perch tutto ha senso, un senso
positivo, senso per sempre.
Il cristianesimo proprio la religione della penitenza e della mortificazione, come molti
pensano? Il Tabor dice no. E che fare con le croci? Fissare gli occhi solo su di esse o
all'opposto ignorarle? Dio fa di pi: ci regala quel volto che gronda luce, su cui tenere fissi
gli occhi per affrontare il momento in cui la vita gronda sangue, come Ges nell'orto degli
ulivi.
Pietro fa l'esperienza che Dio bello e lo annuncia. Noi invece abbiamo ridotto Dio in
miseria, l'abbiamo mostrato pedante, pignolo, a rovistare nel passato e nel peccato.
Restituiamogli il suo volto solare: un Dio bello, grembo di fioriture, un Dio da gustare e da
godere, come Francesco: tu sei bellezza, tu sei bellezza, come Agostino: tardi ti ho
amato. Bellezza tanto antica e tanto nuova. Allora credere sar come bere alle sorgenti
della luce.
(Letture: Gnesi 15, 5-12.17-18; Salmo 26; Filippesi 3, 17-4,1; Luca 9,28b-36)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
28/02/2013
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dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. Diceva anche questa
parabola: Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi
frutti, ma non ne trov. Allora disse al vignaiolo: Ecco, sono tre anni che vengo a cercare
frutti su quest'albero, ma non ne trovo. Tglialo dunque! Perch deve sfruttare il
terreno?. (...)
Che colpa avevano i diciotto uccisi dal crollo della torre di Siloe? E le vittime di terremoti,
incidenti, malattie, sono forse pi peccatori degli altri? La risposta di Ges netta: Non c'
rapporto alcuno tra colpa e disgrazia, tra peccato e sventura. Dice invece: Se non vi
convertirete, perirete tutti. Nessuno si salva da solo. tutta una societ che si deve salvare
insieme. Non serve fare la conta dei buoni e dei cattivi, bisogna riconoscere che tutto un
mondo che non va.
O ci salviamo tutti o periamo tutti: mai come oggi sentiamo attuale questo appello accorato
di Ges. Mai come oggi capiamo che tutto nell'universo in stretta connessione: se ci sono
milioni di poveri senza dignit n istruzione, sar tutto il mondo ad essere privato del loro
contributo; se la natura sofferente, soffre e muore anche l'uomo.
Dobbiamo fondare vita e societ su altre fondamenta che non siano la disonest e la
corruzione, la violenza del pi forte, la prepotenza del pi ricco. Convertirci al comando
nuovo e ultimo di Ges: amatevi! Amatevi, altrimenti vi distruggerete. Il vangelo tutto
qui. Senza, non ci sar futuro. Alla seriet di queste parole fa da contrappunto la fiducia
della piccola parabola del fico: il padrone pretende frutti, non li ha da 3 anni, far tagliare
l'albero. Invece il contadino sapiente, con il cuore nel futuro, dice: ancora un anno di cure
e gusteremo il frutto.
Dio della speranza: ancora un anno, ancora un giorno, ancora sole pioggia cure perch
quest'albero, che sono io, buono e dar frutto. Dio contadino, chino su di me, ortolano
fiducioso di questo piccolo orto in cui ha seminato cos tanto per tirar su cos poco. Eppure
continua a inviare germi vitali, sole, pioggia, fiducia. Per lui il frutto possibile domani
conta pi della mia sterilit di oggi. Lui crede in me prima ancora che io dica s. Ama per
primo, ama in perdita, ama senza contraccambio. Mi consegna un anticipo di fiducia, che
mi conforta e mi incalza a seriet e impegno. A conquistare lo sguardo fiducioso di Dio
verso gli altri, verso i figli ad esempio, che talvolta non capiamo, che finora non hanno
prodotto frutto. Sono come il fico della parabola: ancora un poco e metteranno le gemme!
Perch l'albero dei figli buono, il seme seminato buono, e allora germoglier, pur tra le
crisi. La fiducia dei genitori come una vela per i figli, li sospinge in avanti.
La fiducia profetica, realizza ci che spera. Anche Ges ha avuto la forza di non voler
vedere subito i risultati, li ha soltanto sperati. Si impegnato a essere credibile senza
pretendere di essere creduto. Cos faremo anche noi. E ci che tarda verr
(Letture: Esodo 3,1-8a. 13-15; Salmo 102; 1 Corinzi 10, 1-6.10-12; Luca 13, 1-9)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
07/03/2013
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Un Padre che non rinfaccia ma ama
IV Domenica di Quaresima
Anno C
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In quel tempo, si avvicinavano a Ges tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei
e gli scribi mormoravano dicendo: Costui accoglie i peccatori e mangia con loro.
Ed egli disse loro questa parabola: Un uomo aveva due figli. Il pi giovane dei due disse
al padre: "Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta". Ed egli divise tra loro le sue
sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio pi giovane, raccolte tutte le sue cose, part per un
paese lontano e l sperper
il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto (...).
Un padre aveva due figli. Se ne va, un giorno, il pi giovane, in cerca di se stesso, in cerca
di felicit. Non a mani vuote, per, pretende l'eredit: come se il padre fosse gi morto per
lui. Probabilmente non ne ha una grande opinione, forse gli appare un debole, forse un
avaro, o un vecchio un po' fuori dal mondo. Ma i ribelli in fondo chiedono solo di essere
amati.Il fratello maggiore intanto continua la sua vita tutta casa e lavoro, per il suo cuore
altrove, assente. Lo rivela la contestazione finale al padre: io sempre qui a
dirti di s, mai una piccola soddisfazione per me e i miei amici. Neanche lui ha una grande
opinione di suo padre: un padre padrone, che si pu o si deve ubbidire, ma che non si pu
amare.
L'obiettivo di questa parabola precisamente quello di farci cambiare l'opinione che
nutriamo su Dio. Il primo figlio pensa che la vita sia uno sballo, un adolescente nel cuore.
Cerca la felicit nel principio del piacere. Ma si risveglia dal suo sogno in mezzo ai porci a
rubare le ghiande. Il principe ribelle diventato servo.Allora ritorna in s, dice il racconto,
perch prima era come fuori di s, viveva di cose esterne. Riflette e decide di tornare.
Forse perch si accorge di amare il padre? No, perch gli conviene. E si prepara la scusa
per essere accolto: avevi ragione tu, sono stato uno stupido, ho sbagliato... Continua a non
capire nulla di suo padre.
Un Padre che il racconto del cuore di Dio: lascia andare il figlio anche se sa che si far
male, un figlio che gli augura la morte. Un padre che ama la libert dei figli, la provoca, la
attende, la festeggia, la patisce.Un padre che corre incontro al figlio, perch ha fretta di
capovolgere il dolore
in abbracci, di riempire il vuoto del cuore. Per lui perdere un figlio una perdita infinita.
Non ha figli da buttare, Dio.Un padre che non rinfaccia, ma abbraccia; non sa che farsene
delle scuse, le nostre ridicole scuse, perch il suo sguardo non vede il peccato del figlio,
vede il suo ragazzo rovinato dalla fame.Ma non si accontenta di sfamarlo, vuole una festa
con il meglio che c' in casa, vuole reintegrarlo in tutta la sua dignit e autorit di prima:
mettetegli l'anello al dito! E non ci sono rimproveri, rimorsi, rimpianti.Un Padre che infine
esce a pregare il figlio maggiore, alle prese con l'infelicit che deriva da un cuore non
sincero, un cuore di servo e non di figlio, e tenta di spiegare e farsi capire, e alla fine non si
sa se ci sia riuscito. Un padre che non giusto,
di pi: amore, esclusivamente amore. Allora Dio cos? Cos eccessivo, cos tanto, cos
esagerato? S, il Dio in cui crediamo cos. Immensa rivelazione per cui Ges dar la sua
vita.
(Letture: Giosu 5,9-12; Salmo 33; 2 Corinzi 5,17-21; Luca 15,1-3.11-32).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
15/03/2013
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(Letture: Isaia 43, 16-21; Salmo 125; Filippesi 3, 8-14; Giovanni 8, 1-11)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
16/03/2013
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In quella circostanza gli raccontai anche del mio impegno culturale con la famiglia, gli
consegnai il mio libro sull'affidamento familiare e gli parlai dell'associazione "Famiglie per
l'Accoglienza" a cui ci eravamo dedicati per anni, avendo come punto di riferimento la
dottrina sociale della Chiesa. Ne fu interessato e colpito, ci disse che una sua sorella aveva
fatto accoglienza di un bambino e parlammo anche delle sfide dell'affido familiare. Ci fece
dono di un libro sulla cattedrale di Buenos Aires ed in seguito ci scrisse un biglietto.
Conserviamo un ricordo vivissimo di quell'incontro, per la cordialit con cui siamo stati
accolti e messi a nostro agio, per la semplicit del suo tratto, per il senso dell'humour che
ha dimostrato in pi momenti.
Questo incontro e l'elezione del papa Francesco, impressi nella nostra memoria, ci rendono
pi responsabili e grati di fronte alla Presenza che ha cambiato la nostra vita ed assumono
oggi una luce che splender sempre nella nostra quotidiana esistenza.
*Famiglie
per l'Accoglienza
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La croce l'immagine pi pura e pi alta che Dio ha dato di se stesso. Per sapere chi sia
Dio devo solo inginocchiarmi ai piedi della Croce (Karl Rahner).
Dio cos: bacio a chi lo tradisce. Non spezza nessuno, spezza se stesso. Non versa il
sangue di nessuno, versa il proprio sangue. Non chiede pi sacrifici a me, sacrifica se
stesso per me.
E noi qui disorientati, che non capiamo. Ma poi lo stupore, e anche l'innamoramento. Dopo
duemila anni sentiamo, come le donne, il centurione, il ladro, che nella Croce c' attrazione
e seduzione, c' bellezza. La suprema bellezza della storia quella accaduta fuori
Gerusalemme, sulla collina dove il Figlio di Dio si lascia inchiodare, povero e nudo, per
morir d'amore. Dove un amore eterno penetra nel tempo come una goccia di fuoco, e
divampa.
Fondamento della fede cristiana la cosa pi bella del mondo: un atto d'amore totale. La
croce domanda sempre aperta, so di non capire. Alla fine per ci che convince di una
semplicit assoluta:
Perch la croce / il sorriso / la pena inumana?/
Credimi / cos semplice / quando si ama. (Jan Twardowski)
Si fece buio su tutta la terra da mezzogiorno fino alle tre. Una notazione temporale che ha
il potere di riempirmi di speranza: perch dice che fissato un limite alla tenebra, un argine
al dolore: tre ore pu infierire, ma non andr oltre, poi il sole ritorna. Cos fu in quel
giorno, cos sar anche nei giorni della nostra angoscia.
Ci che ci fa credere la croce, ma ci in cui crediamo la vittoria della croce, la vittoria
della vita (Pascal).
(Letture: Isaia 50, 4-7; Salmo 21; Filippsi 2,6-11; Luca 22, 14-23.56)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
28/03/2013
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fede nella divinit di Ges, non una speranza segreta, ma un atto d'amore. Lo amano
ancora, semplicemente, ma ci che rimette in marcia la vita: non possibile amare la
divinit di Cristo se non amando prima la sua umanit (Heidewick di Anversa).
Il racconto di Luca di estrema sobriet: entrarono e non trovarono il corpo del Signore.
Tutto si blocca, l'assenza del corpo di Ges entra dolorosamente in loro come uno
smarrimento, un vuoto pieno solo di domande. E alla desolazione si aggiunge paura: due
uomini vestiti di lampi. Come contrastata la fede di Pasqua! Quasi fossero doglie di
parto. Si innesta su di una ferita, su di una assenza patita dolorosamente, su di una perdita.
Perch cercate tra i morti colui che vivo?
Voi state cercando il vostro tesoro perduto, avete fame di colui che vi ha riempito di senso
le vite.
Perch cercate colui che vivo? Bellissimo nome di Ges: Lui il vivente. Non solo
vivo adesso, come uno che non pi un morto, ma il vivente, colui che continuamente
vive, cui appartiene il vivere, l'autore della vita: la sua missione, la sua azione germinare
vita, fiorire vita.
Non qui, risuscitato, si alzato. I Vangeli raccontano la risurrezione di Ges con i due
verbi del mattino dell'uomo, svegliarsi e alzarsi. Come se i nostri giorni fossero una piccola
risurrezione quotidiana, e la Pasqua un giorno senza pi tramonto. Ma la tomba vuota non
basta, gli angeli non bastano perch la fede venga alla luce: Ricordatevi come vi parl:
bisogna che io sia crocifisso e risorga... ed esse ricordarono le sue parole.
Adesso tutto esplode. Le donne ricordano, credono perch ricordano, credono non per le
parole degli angeli, ma per la parola di Ges. Credono prima di vedere. Non sono le
apparizioni che fanno credere, n le vesti sfolgoranti, ci che fa credere sempre la sua
Parola, Vangelo custodito anche nei giorni della perdita e dell'assenza. Le donne hanno
conservato quelle parole perch le amano, perch nell'uomo si imprime e persiste solo ci
che ci sta davvero a cuore. Principio di ogni incontro con il Vivente , anche per noi, la
custodia amorosa della sua Parola.
(Letture: Atti 10, 34a. 37-43; Salmo 117; Colossesi 3, 1-4; Luca 24, 1-12)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
04/04/2013
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tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!. Gli
rispose Tommaso: Mio Signore e mio Dio!. Ges gli disse: Perch mi hai veduto, tu hai
creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!. (...)
Anoi giov pi l'incredulit di Tommaso che non la fede degli apostoli (Gregorio Magno).
Tommaso ci pi utile degli altri. Perch ci mostra quale grande educatore fosse Ges:
aveva formato Tommaso alla libert interiore, al coraggio di dissentire per seguire la
propria coscienza.
Erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per paura dei Giudei. Una
comunit chiusa, impaurita, a porte sbarrate; Tommaso no, lui va e viene, un coraggioso
(aveva esortato i suoi compagni: andiamo anche noi a morire con lui!). L dentro si sentiva
mancare l'aria.
Abbiamo visto il Signore, qui, quando tu non c'eri, gli dicono. E lui: se non vedo con i miei
occhi non vi credo.
Tommaso un prezioso compagno di viaggio, come tutti quelli, dentro e fuori della chiesa,
che vogliono vedere, vogliono toccare, con la seriet che merita la fede; tutti quelli che
sono esigenti e radicali, e non si accontentano del sentito dire, ma vogliono una fede che si
incida nel cuore e nella storia.
Che bello se anche nella Chiesa fossimo educati con lo stile di Ges, che formava pi alla
seriet e all'approfondimento, alla libert e al coraggio, che non all'ubbidienza. P. Vannucci
esortava: non pensate pensieri gi pensati da altri. Per non fare spreco dello Spirito.
Poi il momento centrale: l'incontro con il Risorto. Ges invece di imporsi, si propone, si
espone: Metti qui il tuo dito; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco. Ges rispetta la
sua fatica e i suoi dubbi; rispetta i tempi di ciascuno e la complessit del vivere. Non si
scandalizza, si ripropone con le sue ferite aperte. La risurrezione non ha richiuso i fori dei
chiodi, perch la morte di croce non un semplice incidente da superare, invece qualcosa
che deve restare per l'eternit, gloria e vanto di Cristo, il punto pi alto, la rivelazione
massima dell'amore di Dio. Nel cuore del cielo sta, per sempre, carne d'uomo ferita. Nostro
alfabeto d'amore.
Perch mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!
Ecco una beatitudine che sento finalmente mia, le altre le ho sempre sentite difficili, cose
per pochi coraggiosi, per pochi affamati di immenso.
Finalmente una beatitudine per tutti, per chi fa fatica, per chi cerca a tentoni, per chi non
vede, per chi ricomincia. Beati voi... grazie a tutti quelli che credono senza necessit di
segni, anche se hanno mille dubbi, come Tommaso. Sono quelli che se una volta potessero
toccare Ges da vicino - vedere il volto, toccare il volto - se una volta potranno vederlo,
ma in noi, anch'essi diranno: Mio Signore e mio Dio!
(Letture: Atti 5, 12-16; Salmo 117; Apocalisse 1,9-11.12-13.17.19; Giovanni 20,19-31)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
11/04/2013
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Quella domanda: mi ami tu?
III domenica di Pasqua - Anno C
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(...) Quand'ebbero mangiato, Ges disse a Simon Pietro: Simone, figlio di Giovanni, mi
ami pi di costoro?. Gli rispose: Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene. Gli disse:
Pasci i miei agnelli. Gli disse di nuovo, per la seconda volta: Simone, figlio di
Giovanni, mi ami?. Gli rispose: Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene. Gli disse:
Pascola le mie pecore. Gli disse per la terza volta: Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi
bene?. Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: Mi vuoi bene?, e
gli disse: Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene. Gli rispose Ges: Pasci le
mie pecore. In verit, in verit io ti dico: quando eri pi giovane ti vestivi da solo e andavi
dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestir e ti porter
dove tu non vuoi. Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio.
E, detto questo, aggiunse: Seguimi.
Gli Apostoli sono tornati l dove tutto ha avuto inizio, al loro mestiere di prima, alle parole
di sempre: vado a pescare, veniamo anche noi; e poi notti di fatica, barche vuote, volti
delusi.
L'ultima apparizione di Ges raccontata nel contesto della normalit del quotidiano.
Dentro di esso, nel cerchio delle azioni di tutti i giorni anche a noi dato di incontrare
Colui che abita la vita e le persone, non i recinti sacri.
Ges ritorna da coloro che l'hanno abbandonato, e invece di chiedere loro di inginocchiarsi
davanti a lui, lui che si inginocchia davanti al fuoco di brace, come una madre che si
mette a preparare da mangiare per i suoi di casa. il suo stile: tenerezza, umilt, custodia.
Amici, vi chiamo, non servi. Ed molto bello che chieda: portate un po' del pesce che
avete preso! E il pesce di Ges e il tuo finiscono insieme e non li distingui pi.
In questo clima di amicizia e semplicit, seduti attorno a un fuocherello, si svolge il
dialogo stupendo tra Ges e Pietro.
Ges, maestro di umanit, usa il linguaggio semplice dell'amore, domande risuonate sulla
terra infinite volte, sotto tutti i cieli, in bocca a tutti gli innamorati che non si stancano di
sapere: mi ami? Mi vuoi bene?
Semplicit estrema di parole che non bastano mai, perch la vita ne ha fame; di domande e
risposte che anche un bambino capisce perch quello che si sente dire dalla mamma tutti i
giorni.
Il linguaggio del sacro diventa il linguaggio delle radici profonde della vita. La vera
religione non mai separata dalla vita.
Seguiamo le tre domande, sempre uguali, sempre diverse: Simone, mi ami pi di tutti?
Pietro risponde con un altro verbo, quello pi umile dell'amicizia e dell'affetto: ti voglio
bene. Anche nella seconda risposta Pietro mantiene il profilo basso di chi conosce bene il
cuore dell'uomo: ti sono amico. Nella terza domanda succede qualcosa di straordinario.
Ges adotta il verbo di Pietro, si abbassa, si avvicina, lo raggiunge l dov': Simone, mi
vuoi bene? Dammi affetto, se l'amore troppo; amicizia, se l'amore ti mette paura. Pietro,
sei mio amico? E mi baster, perch il tuo desiderio di amore gi amore.
Ges rallenta il passo sul ritmo del nostro, la misura di Pietro diventa pi importante di se
stesso: l'amore vero mette il tu prima dell'io. Pietro sente il pianto salirgli in gola: vede Dio
mendicante d'amore, Dio delle briciole, cui basta cos poco, e un cuore sincero.
Nell'ultimo giorno sono certo che se anche per mille volte avr tradito, il Signore per mille
volte mi chieder soltanto questo: Mi vuoi bene? E io non dovr fare altro che rispondere
per mille volte, soltanto questo: Ti voglio bene.
(Letture: Atti 5, 27b-32. 40b-41; Salmo 29; Apocalisse 5, 11-14; Giovanni 21, 1-19)
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avvio la mia strada nella vita: essere anch'io, per quanti sono affidati al mio amore e alla
mia amicizia, cuore da cui non si strappa, mano da cui non si rapisce.
(Letture: Atti 13, 14. 43-52; Salmo 99; Apocalisse 7, 9. 14-17; Giovanni 10, 27-30)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
25/04/2013
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Non dice quanto vi ho amato, impossibile per noi la sua misura, ma come Ges, con il suo
stile unico, con la sua eleganza gentile, con i capovolgimenti che ha portato, con la sua
creativit: ha fatto cose che nessuno aveva fatto mai. I cristiani non sono quelli che amano
(lo fanno in molti sotto tutte le latitudini) ma quelli che amano come Ges: se io vi ho
lavato i piedi cos fate anche voi, fatelo a partire dai pi stanchi, dai pi piccoli, i vostri
signori...
Come Lui, che non solo amore, ma esclusivamente amore.
(Letture: Atti 14,21-27; Salmo 144; Apocalisse 21,1-5; Giovanni 13, 31-35)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
03/05/2013
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Simone Weil usa questa delicata metafora: Le amiche della sposa non conoscono i segreti
della camera nuziale, ma quando vedono l'amica diversa, gloriosa di vita nuova, con il
grembo che s'inarca come una vela, allora capiscono che a trasformarla stato l'incontro
d'amore. Ci rivolta qui una delle parole pi liberanti di Ges: il centro della fede non
ci che io faccio per Dio, ma ci che Dio fa per me. Al centro non stanno le mie azioni,
buone o cattive, ma quelle di Dio, il Totalmente Altro che viene e mi rende altro.
Il primo posto nel Vangelo non spetta alla morale, ma alla fede, alla relazione affettuosa
con Dio, allo stringersi a Lui come un bambino si stringe al petto della madre e non la vuol
lasciare, perch per lui vita.
Lo Spirito vi insegner ogni cosa e vi ricorder tutto quello che vi ho detto. Una
affermazione colma di bellissimi significati profetici. Due verbi: Insegnare e Ricordare.
Sono i due poli entro cui soffia lo Spirito: la memoria cordiale dei grandi gesti di Ges e
l'apprendimento di nuove sillabe divine; le parole dette in quei giorni e le nuove
conquiste della mente e dell'anima che lo Spirito induce. Colui che in principio covava le
grandi acque e si librava sugli abissi, continua ancora a covare le menti e a librarsi,
creatore, sugli abissi del cuore.
(Letture: Atti 15, 1-2.22-29; Salmo 66; Apocalisse 21, 10-14.22-23; Giovanni 14. 23-29)
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Significa il coraggio di andare controcorrente, contro la logica del mondo dove vincono
sempre i pi furbi i pi ricchi i pi violenti. Come fanno le beatitudini, conversione che ci
mette in equilibrio, in bilico tra terra e cielo.
Annunciare il perdono: la freschezza di un cuore rifatto nuovo come nella primavera della
vita. La possibilit, per dono di Dio, di ripartire sempre, di ricominciare, di non arrendersi
mai. Io so poche cose di Dio, ma una su tutte, e mi basta: che la sua misericordia infinita!
Dio una primavera infinita. E la nostra vita, per suo dono, un albeggiare continuo.
La conclusione del racconto a sorpresa: i discepoli tornarono a Gerusalemme con grande
gioia. Dovevano essere tristi piuttosto, finiva la presenza, se ne andava il loro amore, il
loro amico, il loro maestro.
Invece no. E questo perch fino all'ultimo giorno Lui ha le mani che grondano doni. Perch
non se ne va altrove, ma entra nel profondo di tutte le vite, per trasformarle.
la gioia di sapere che il nostro amare non inutile, ma sar raccolto goccia a goccia e
vissuto per sempre. la gioia di vedere in Ges che l'uomo non finisce con il suo corpo,
che la nostra vita pi forte delle sue ferite, che la carne fatta cielo.
Che non esiste nel mondo solo la forza di gravit che pesa verso il basso, ma anche una
forza di gravit che punta verso l'alto, quella che ci fa eretti, che mette verticali la fiamma e
gli alberi e i fiori, che solleva maree e vulcani. Ed come una nostalgia di cielo. Cristo
asceso nell'intimo di ogni creatura, forza ascensionale verso pi luminosa vita.
(Letture: Atti 1,1-11; Salmo 46; Ebrei 9,24-28; 10,19-23; Luca 24,46-53)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
16/05/2013
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Rimarr con voi per sempre, vi insegner ogni cosa, vi ricorder tutto quello che vi ho
detto. Tre verbi pieni di bellissimi significati profetici: rimanere, insegnare e ricordare.
Che rimanga con voi, per sempre. Lo Spirito gi qui, ha riempito la casa. Se anche io non
sono con Lui, Lui rimane con me. Se anche lo dimenticassi, Lui non mi dimenticher.
Nessuno solo, in nessuno dei giorni.
Vi insegner ogni cosa: lo Spirito ama insegnare, accompagnare oltre verso paesaggi
inesplorati, dentro pensieri e conoscenze nuovi; sospingere avanti e insieme: con lui la
verit diventa comunitaria, non individuale.
Vi ricorder tutto: vi riporter al cuore gesti e parole di Ges, di quando passava e guariva
la vita e diceva parole di cui non si vedeva il fondo.
Pentecoste una festa rivoluzionaria di cui non abbiamo ancora colto appieno la portata. Il
racconto degli Atti degli Apostoli lo sottolinea con annotazioni precise: venne dal cielo
d'improvviso un vento impetuoso e riemp tutta la casa.
La casa dove gli amici erano insieme. Lo Spirito non si lascia sequestrare in luoghi
particolari che noi diciamo riservati alle cose del sacro. Qui sacra diventa la casa. La mia,
la tua, tutte le case sono ora il cielo di Dio.
Venne d'improvviso, e i discepoli sono colti di sorpresa, non erano preparati, non era
programmato. Lo Spirito non sopporta schemi, un vento di libert, fonte di libere vite.
Apparvero lingue di fuoco che si posavano su ciascuno. Su ciascuno, su ciascuno di noi.
Nessuno escluso, nessuna distinzione da fare. Tocca ogni vita, creatore e vuole creatori;
fuoco e vuole per la sua Chiesa coscienze accese e non intorpidite o acquiescenti.
Lo Spirito porta in dono un sapore di totalit, di pienezza, di completezza che Ges
sottolinea per tre volte: insegner ogni cosa, ricorder tutto, rimarr per sempre. E la
liturgia fa eco: del tuo Spirito Signore piena la terra.
In Lui l'uomo, e il cosmo, ritrovano la loro pienezza: abitare il futuro e la libert, abitare il
Vento e il Fuoco, come nomadi d'Amore.
(Letture: Atti 2,1-11; Salmo 103; Romani 8,8-17; Giovanni 14,15-16.23-26).
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abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per
tutta questa gente. C'erano infatti circa cinquemila uomini (...).
Egli prese i cinque pani e i due pesci, alz gli occhi al cielo, recit su di essi la
benedizione, li spezz e li dava ai discepoli perch li distribuissero alla folla. Tutti
mangiarono a saziet e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
Mandali via, sera ormai e siamo in un luogo deserto. Gli apostoli hanno a cuore la gente,
ma solo in parte, come se dicessero: lascia che ognuno si risolva i suoi problemi da solo.
Ges non li ascolta, lui non ha mai mandato via nessuno, vuole fare di quel deserto, di ogni
nostro deserto, una casa dove si condividono pane e sogni.
Per i discepoli Ges aveva finito il suo lavoro: aveva predicato, aveva nutrito la loro
anima, era sufficiente. Per Ges no. Lui non riusciva ad amare l'anima e a non amare i
corpi: parlava alle folle del Regno di Dio e guariva quanti avevano bisogno di cure. In
tutta la Bibbia l'uomo non ha un corpo, un'anima-corpo senza separazioni.
Il Vangelo trabocca di miracoli compiuti sui corpi di uomini, donne, bambini. I corpi
guariti diventano come il laboratorio del Regno, il collaudo di un mondo nuovo, risanato,
liberato, respirante. Diventato casa: fateli sedere in gruppi, metteteli in relazione tra loro,
che facciano casa. Il miracolo della condivisione dei pani e dei pesci - il Vangelo non parla
di moltiplicazione - inizia con una richiesta illogica di Ges ai suoi: Date loro voi stessi da
mangiare. Ma gli apostoli non sono in grado, hanno soltanto cinque pani, un pane ogni
mille persone. La sorpresa di quella sera che poco pane condiviso con gli altri
sufficiente, che la fine della fame non sta nel mangiare a saziet, da solo, il tuo pane, ma
nello spartire con gli altri il poco che hai, il bicchiere d'acqua fresca, olio e vino sulle ferite,
un po' di tempo e un po' di cuore. Noi siamo ricchi solo di ci che abbiamo donato alla
fame d'altri.
Ges avanza questa pretesa irragionevole e profetica (voi date da mangiare) per dire a noi,
alla Chiesa tutta di seguire la voce della profezia, non quella della ragione; di imparare a
ragionare con il cuore, il cuore sognatore di chi condivide anche ci che non ha.
Dona, allora, anche il tempo che non hai. Non conta la quantit ma l'intensit. E vedrai che
il tempo e il cuore donati si moltiplicheranno. Vedrai che torneranno a te ore pi liete,
giorni pi sereni, battiti danzanti del cuore.
Tutti mangiarono a saziet. Quel tutti importante. Sono bambini, donne, uomini. Sono
santi e peccatori, sinceri o bugiardi, donne di Samaria con cinque mariti e altrettanti
divorzi, nessuno escluso.
Cos Dio immagina la sua Chiesa: capace di insegnare, guarire, saziare, accogliere senza
escludere nessuno, capace come gli apostoli di accettare la sfida di mettere in comune tutto
quello che ha. Capace di operare miracoli, che non consistono nella moltiplicazione di beni
materiali, ma nella prodigiosa e creativa moltiplicazione del cuore.
(Letture: Genesi 14, 18-20; Salmo 109; 1 Corinzi 11, 23-26; Luca 9, 11b-17)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
06/06/2013
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Il Signore della compassione
X Domenica
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
20/06/2013
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rifiutati e perfino perseguitati. Perch si oppone e smonta il presente, quando le sue logiche
sanno di superficialit, di violenza, di inganno, per seminarvi il futuro.
Lascia che i morti seppelliscano i loro morti. Una frase durissima che non contesta gli
affetti umani, ma si chiarisce con ci che segue: Tu va e annunzia il Regno di Dio. Tu fa
cose nuove. Se ti fermi all'esistente, al gi visto, al gi pensato, non vivi in pienezza. Noi
abbiamo bisogno di freschezza e il Signore ha bisogno di gente viva. Di gente che, come
chi ha posto mano all'aratro, non guardi indietro a sbagli, incoerenze, fallimenti, ma avanti,
ai grandi campi della vita, che gli appartengono, a un Dio che viene dall'avvenire.
(Letture: 1Re 19, 16.19-21; Salmo 15; Glati 5, 1.13-18; Luca 9, 51-62)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
04/07/2013
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contadini che sappiano far crescere i germogli di un mondo pi giusto, di una mentalit pi
positiva, pi umana. A questi lui dice: Andate: non portate borsa n sacca n sandali...
Vi mando disarmati. Decisivi non sono i mezzi, decisive non sono le cose. I messaggeri
vengono portando un pezzetto di Dio in s. Se hanno un pezzetto di Vangelo dentro, lo
emaneranno tutto attorno a loro, lo irradieranno: se in noi non pace, non daremo pace,
se in noi non ordine non creeremo ordine (G.Vannucci).
Per questo non hanno bisogno di cose. Non hanno nulla da dimostrare, mostrano Dio in s.
Come non ha nulla da dimostrare una donna incinta: ha un bambino in s e questo basta.
Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi. Non dice: vi mando allo sbaraglio, al martirio. C'
il mistero del male, ci sono i lupi, s, ma non vinceranno. Forse sono pi numerosi degli
agnelli, ma non sono pi forti. Vi mando come presenza disarmata, a combattere la
violenza, ad opporvi al male, non attraverso un 'di pi' di forza, ma con un "di pi" di
bont. La bont non soltanto la risposta al male, ma anche la risposta al non-senso della
vita (P. Ricoeur).
(Letture: Isaia 66,10-14; Salmo 65; Galati 6, 14-18; Luca 10,1-12.17-20).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
11/07/2013
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Il secondo che passa un levita... Forse pensa: Ma perch Dio non interviene lui a salvare
quest'uomo? Dio interviene sempre, ma lo fa attraverso i suoi figli, attraverso di me. La sua
risposta al dolore del mondo sono io, inviato come braccia aperte.
Invece un Samaritano, un eretico, un nemico, mosso a piet, gli si fa vicino. Sono termini
di una carica infinita, bellissima, che grondano di luce, grondano di umanit. Non c'
umanit possibile senza la compassione, il meno sentimentale dei sentimenti, il meno
zuccheroso, il pi concreto: prendere su di me il destino dell'altro.
Non spontaneo fermarsi. La compassione non un istinto, ma una conquista. Come il
perdono: non un sentimento, ma una decisione. Il racconto di Luca adesso mette in fila
dieci verbi per descrivere l'amore: lo vide, si mosse a piet, si avvicin, scese, vers,
fasci, caric, lo port, si prese cura, pag... fino al decimo verbo: al mio ritorno salder...
Questo il nuovo decalogo, i nuovi dieci comandamenti, per tutti, perch l'uomo sia
promosso a uomo, perch la terra sia abitata da "prossimi", non da avversari.
Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico, un uomo fortunato. Perch l'esperienza di
essere stato amato gratuitamente, anche una sola volta nella vita, riempie di senso per
lungo tempo la vita, risana in profondit chi ha subito violenza e si sentito calpestato
nell'anima.
Ma chi il mio prossimo? Ges risponde: tuo prossimo chi ha avuto compassione di te.
Allora ama il prossimo tuo, ama i tuoi samaritani, quelli che ti hanno salvato, rialzato, che
hanno pagato per te. Impara l'amore dall'amore ricevuto. Diventa anche tu samaritano.
(Letture: Deuteronomio 30,10-14; Salmo 18; Colossesi 1,15-20; Luca 10,25-37)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
18/07/2013
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Ges entra nella casa di due donne d'Israele, estromesse dalla formazione religiosa, va
direttamente nella loro casa, perch quello il luogo dove la vita pi vera. E il Vangelo
deve diventare vero nel cuore della vita.
Maria, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Sapienza del cuore, il fiuto per
saper scegliere ci che fa bene alla vita, ci che regala pace e forza: perch l'uomo segue
quelle strade dove il suo cuore gli dice che trover la felicit (sant'Agostino).
Mi piace immaginare questi due totalmente presi l'uno dall'altra: lui a darsi, lei a riceverlo.
E li sento tutti e due felici, lui di aver trovato un nido e un cuore in ascolto, lei di avere un
rabbi tutto per s, per lei che donna, a cui nessuno insegna. Lui totalmente suo, lei
totalmente sua. A Maria doveva bruciare il cuore quel giorno. Da quel momento la sua vita
cambiata. Maria diventata feconda, grembo dove si custodisce il seme della Parola, e
per questo non pu non essere diventata apostola. Per il resto dei suoi giorni a ogni
incontro avr donato ci che Ges le aveva seminato nel cuore.
Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose. Ges, affettuosamente come si fa con
gli amici, rimprovera Marta, ma non contraddice il suo servizio bens l'affanno, non il
cuore generoso di Marta ma l'agitazione. A tutti ripete: attento a un troppo che in agguato,
a un troppo che pu sorgere e ingoiarti, che affanna, che distoglie il volto degli altri.
Marta - sembra dire Ges, a lei e a ciascuno di noi - prima le persone, poi le cose.
Ges non sopporta che Marta sia confinata in un ruolo di servizio, che si perda nelle troppe
faccende di casa: tu, le dice Ges, sei molto di pi; tu puoi stare con me in una relazione
diversa, non solo di scambio di servizi. Tu puoi condividere con me pensieri, sogni,
emozioni, conoscenza, sapienza.
Maria ha scelto la parte migliore, ha iniziato cio dalla parte giusta il cammino che porta
al cuore di Dio. Perch Dio non cerca servitori, ma amici, non cerca delle persone che
facciano delle cose per lui, ma gente che gli lasci fare delle cose dentro di s.
(Letture: Gnesi 18, 1-10; Salmo 14; Colosssi 1, 24-28; Luca 10, 38-42)
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Signore insegnaci a pregare!. Non tanto: insegnaci delle preghiere, delle formule o dei
riti, ma: insegnaci il cuore della preghiera, mostraci come si arrivi davanti a Dio.
Nel linguaggio corrente la parola pregare indica l'insistere, il convincere qualcuno, il
portarlo a cambiare atteggiamento. Per Ges no, pregare riattaccarsi di nuovo a Dio,
come si attacca la bocca alla fontana. riattaccarsi alla vita. Pregare aprirsi, con la gioia
silenziosa e piena di pace della zolla che si offre all'acqua che la vivifica e la rende
feconda (Giovanni Vannucci).
Per Ges, pregare equivale a creare legami, evocando nomi e volti, primo fra tutti quello
del Padre: quando pregate, dite: Padre. Tutte le preghiere di Ges riportate dai Vangeli
(oltre cento) iniziano con lo stesso termine Padre, la parola migliore con cui stare
davanti a Dio, con cuore fanciullo e adulto insieme, quella che contiene pi vita di
qualsiasi altra.
Padre, fonte sorgiva di ogni vita, di ogni bont, di ogni bellezza, un Dio che non si impone
ma che sa di abbracci; un Dio affettuoso, vicino, caldo, cui chiedere, da fratelli, le poche
cose indispensabili per ripartire ad ogni alba a caccia di vita.
E la prima cosa da chiedere: che il tuo nome sia santificato. Il nome contiene, nel
linguaggio biblico, tutta la persona: come chiedere Dio a Dio, chiedere che Dio ci doni
Dio. Perch Dio non pu dare nulla di meno di se stesso (Meister Eckhart), ma,
dandoci se stesso, ci d tutto! (Caterina da Siena).
Venga il tuo regno, nasca la terra nuova come tu la sogni, la nuova architettura del mondo e
dei rapporti umani che il Vangelo ha seminato.
Dacci il pane nostro quotidiano. Dona a noi tutti ci che ci fa vivere, il pane e l'amore,
entrambi indispensabili per la vita piena, necessari giorno per giorno.
E perdona i nostri peccati, togli tutto ci che invecchia il cuore e lo rinchiude; dona la forza
per salpare di nuovo ad ogni alba verso terre intatte. Libera il futuro. E noi, che adesso
conosciamo come il perdono potenzia la vita, lo doneremo ai nostri fratelli, e a noi stessi,
per tornare leggeri a costruire di nuovo, insieme, la pace.
Non abbandonarci alla tentazione. Non ti chiediamo di essere esentati dalla prova, ma di
non essere lasciati soli a lottare contro il male, nel giorno del buio. E dalla sfiducia e dalla
paura tiraci fuori; e da ogni ferita o caduta rialzaci tu, Samaritano buono delle nostre vite.
Insegnaci a pregare, adesso. Il Padre Nostro non va solo recitato, va imparato ogni giorno
di nuovo, sulle ginocchia della vita: nelle carezze della gioia, nel graffio delle spine, nella
fame dei fratelli. Bisogna avere molta fame di vita per pregare bene.
(Letture: Gensi 18, 21-21. 23-32; Salmo 137; Colosssi 2, 12-14; Luca 11, 1-13)
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XIX Domenica
Tempo ordinario-Anno C
In quel tempo, Ges disse ai suoi discepoli:Non temere, piccolo gregge, perch al Padre
vostro piaciuto dare a voi il Regno. Vendete ci che possedete e datelo in elemosina;
fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo
non consuma (...) Beati quei servi che il padrone al suo ritorno trover ancora svegli; in
verit io vi dico, si stringer le vesti ai fianchi, li far mettere a tavola e passer a servirli. E
se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell'alba, li trover cos, beati loro! Cercate di
capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe
scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perch, nell'ora che non immaginate, viene il
Figlio dell'uomo (...).
Nell'ora che non immaginate viene il figlio dell'uomo. Viene, ma non come una minaccia o
un rendiconto che incombe. Viene ogni giorno ed ogni notte e cerca un cuore attento.
Come un innamorato, desidera essere desiderato. Come l'amata io lo attender, ben
sveglio: non voglio mancare l'appuntamento pi bello della mia vita! (M. Marcolini).
La parabola del signore e dei servi scandita in tre momenti. Tutto prende avvio per
l'assenza del signore, che se ne va e affida la casa ai suoi servi. Cos Dio ha consegnato a
noi il creato, come in principio l'Eden ad Adamo. Ci ha affidato la casa grande che il
mondo, perch ne siamo custodi con tutte le sue creature. E se ne va. Dio, il grande
assente, che crea e poi si ritira dalla sua creazione. La sua assenza ci pesa, eppure la
garanzia della nostra libert. Se Dio fosse qui visibile, inevitabile, incombente, chi si
muoverebbe pi? Un Dio che si impone sar anche obbedito, ma non sar amato da liberi
figli.
Secondo momento: nella notte i servi vegliano e attendono il padrone; hanno cinti i fianchi,
cio sono pronti ad accoglierlo, a essere interamente per lui. Hanno le lucerne accese,
perch notte. Anche quando notte, quando le ombre si mettono in via; quando la fatica
tanta, quando la disperazione fa pressione alla porta del cuore, non mollare, continua a
lavorare con amore e attenzione per la tua famiglia, la tua comunit, il tuo Paese, la madre
terra. Con quel poco che hai, come puoi, meglio che puoi. Vale molto di pi accendere una
piccola lampada nella notte che imprecare contro tutto il buio che ci circonda.
Perch poi arriva il terzo momento. E se tornando il padrone li trover svegli, beati quei
servi (si attende cos solo se si ama e si desidera, e non si vede l'ora che giunga il momento
degli abbracci). In verit vi dico, - quando dice cos assicura qualcosa di importante - li
far mettere a tavola e passer a servirli. il capovolgimento dell'idea di padrone: il punto
commovente, sublime di questo racconto, il momento straordinario, quando accade
l'impensabile: il signore si mette a fare il servo! Dio viene e si pone a servizio della mia
felicit!
Ges ribadisce due volte, perch si imprima bene, l'atteggiamento sorprendente del
signore: e passer a servirli. l'immagine clamorosa che solo Ges ha osato, di Dio nostro
servitore, che solo lui ha mostrato cingendo un asciugamano. Allora non chiamiamolo pi
padrone, mai pi, il Dio di Ges Cristo, chino davanti a noi, le mani colme di doni.
Questo Dio il solo che io servir, tutti i giorni e tutte le notti della mia vita. Il solo che
servir perch il solo che si fatto mio servitore.
(Letture: Sapienza 18, 6-9; Salmo 31; Ebrei 11, 1-2. 8-19; Luca 12, 32-48)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
22/08/2013
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per una offerta di felicit, da tutti gli angoli del mondo, variopinti clandestini del regno,
arrivati ultimi e da lui considerati primi.
Ges li riconosce dall'odore, lui che con le pecore sperdute, sofferenti, malate si
mischiato per tutta la vita. Li riconosce perch sanno il suo stesso odore.
(Letture: Isaia 66, 18-21; Salmo 116; Ebrei 12, 5-7. 11-13; Luca 13, 22-30)
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l Vangelo A cura di Ermes Ronchi
29/08/2013
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Ma c', alla periferia del tuo, un altro mondo, e ti riguarda: Quando offri una cena invita
poveri, storpi, zoppi, ciechi. Accogli quelli che nessuno accoglie, crea comunione con chi
escluso dalla comunione, dona senza contraccambio, dona in perdita a coloro che davvero
hanno bisogno e non possono restituire niente. Ges ha un sogno: un mondo dove nessuno
escluso, una citt da costruire partendo dalle periferie, dagli ultimi della fila, dagli uomini
del pane amaro.
E sarai beato perch non hanno da ricambiarti. Sarai beato, troverai la gioia e il senso
pieno del vivere nel fare le cose non per interesse, ma per generosit. la legge della vita:
per star bene l'uomo deve dare, amando per primo, in perdita, senza contraccambio. Sarai
beato: perch Dio regala gioia a chi produce amore.
(Letture: Sircide 3, 17-20.28-29; Salmo 67; Ebrei 12, 18-19.22-24; Matteo 11,29)
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l Vangelo A cura di Ermes Ronchi
05/09/2013
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ogni giorno, dei problemi della famiglia, della malattia da sopportare. Ma nel Vangelo la
parola "croce" contiene il vertice e il riassunto della vicenda di Ges. Croce : amore senza
misura e senza rimpianti, disarmato amore che non si arrende, non inganna e non tradisce.
Che va fino alla fine. Ges possiede la chiave dell'andare fino in fondo alle ragioni
dell'amore.
Allora le due prime condizioni: Amare di pi e portare la croce si illuminano a vicenda.
Prendi su di te una porzione grande di amore, altrimenti non vivi; prendi la porzione di
dolore che ogni amore comporta, altrimenti non ami.
La terza condizione: chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non pu essere mio
discepolo. La rinuncia che Ges chiede non innanzitutto un sacrificio ascetico, ma un atto
di libert: esci dall'ansia di possedere, dalla illusione che ti fa dire: io ho, accumulo, e
quindi sono e valgo. Un uomo non vale mai per quanto possiede, o per il colore della sua
pelle, ma per la qualit dei suoi sentimenti (M.L. King).
Lascia gi le cose e prendi su di te la qualit dei sentimenti. Impara non ad avere di pi, ma
ad amare di pi. Allora nominare Cristo e il Vangelo equivarr a confortare la vita.
(Letture: Sapienza 9, 13-18; Salmo 89; Filmone 9b-10. 12-17; Luca 14, 25-33)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
12/09/2013
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come risultato dei tuoi sforzi. Ges dice: sar Dio a trovare te; non fuggire pi, lasciati
abbracciare, dovunque tu sia, e ci sar gioia libert e pienezza.
Le tre parabole, mettendo in scena perdita e ritrovamento, sottolineano la pena di Dio che
cerca, ma molto di pi la gioia quando trova.
Ecco allora la passione del pastore, il suo inseguimento per steppe e pietraie. La pecora
perduta non torna da s all'ovile; non pentita, ma a rischio della vita; non trova lei il
pastore, ma trovata; non punita, ma caricata sulle spalle, perch sia pi leggero il
ritorno.
Un Dio pastore che in cerca di noi molto pi di quanto noi cerchiamo lui. Se anche noi lo
perdiamo, lui non ci perde mai. Un Dio donna-di-casa che ha perso una moneta, madre in
ansia che non ha figli da perdere, e se ne perde uno solo la sua casa vuota; che accende la
lampada e si mette a spazzare ogni angolo e trover il suo tesoro, lo trover sotto tutta la
spazzatura raccolta nella casa. E mostra come anche noi, sotto lo sporco e i graffi della
vita, sotto difetti e peccati, possiamo scovare, in noi e negli altri, un piccolo grande tesoro
anche se in vasi di creta, pagliuzze d'oro nella corrente e nel fango.
Tutte e tre le parabole terminano con un identico crescendo. L'ultima nota una gioia, una
contentezza, una felicit che coinvolge cielo e terra, che convoca amici e vicini. Da che
cosa nasce la felicit di Dio? Da un innamoramento! Questo perdersi e cercarsi, questo
ritrovarsi e perdersi di nuovo, la trama del Cantico dei Cantici. Dio l'Amata che gira di
notte nella citt e a tutti chiede una sola cosa: avete visto l'amato del mio cuore? Sono io
l'amato perduto. Dio in cerca di me. Io non fuggir pi.
(Letture: Esodo 32, 7-11.13-14; Salmo 50; 1 Timoteo 1, 12-17; Luca 15, 1-32)
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la vita, un superficiale spensierato, al quale ben presto la vita stessa presenta il conto. Il
cuore della parabola non sta per in una sorta di capovolgimento nell'aldil: chi patisce in
terra godr nel cielo e chi gode in questa vita soffrir nell'altra. Il messaggio racchiuso in
una parola posta sulla bocca di Abramo, la parola "abisso", un grande abisso stabilito tra
noi e voi.
Questo baratro separava i due personaggi gi in terra: uno affamato e l'altro sazio, uno in
salute e l'altro coperto di piaghe, uno che vive in strada l'altro al sicuro in una bella casa. Il
ricco poteva colmare il baratro che lo separava dal povero e invece l'ha ratificato e reso
eterno. L'eternit inizia quaggi, l'inferno non sar la sentenza improvvisa di un despota,
ma la lenta maturazione delle nostre scelte senza cuore.
Che cosa ha fatto il ricco di male? La parabola non moralistica, non si leva contro la
cultura della bella casa, del ben vestire, non condanna la buona tavola. Il ricco non ha
neppure infierito sul povero, non lo ha umiliato, forse era perfino uno che osservava tutti i
dieci comandamenti.
Lo sbaglio della sua vita di non essersi neppure accorto dell'esistenza di Lazzaro. Non lo
vede, non gli parla, non lo tocca: Lazzaro non esiste, non c', non lo riguarda. Questo il
comportamento che san Giovanni chiama, senza giri di parole, omicidio: chi non ama
omicida (1 Gv 3,15). Tocchiamo qui uno dei cuori del Vangelo, il cui battito arriva fino al
giorno del giudizio finale: Avevo fame, avevo freddo, ero solo, abbandonato, l'ultimo, e tu
hai spezzato il pane, hai asciugato una lacrima, mi hai regalato un sorso di vita.
Il male l'indifferenza, lasciare intatto l'abisso fra le persone. Invece il primo miracolo
accorgersi che l'altro, il povero esiste (S. Weil), e cercare di colmare l'abisso di ingiustizia
che ci separa.
Nella parabola Dio non mai nominato, eppure intuiamo che era l presente, pronto a
contare ad una ad una tutte le briciole date al povero Lazzaro e a ricordarle per sempre,
tutte le parole, ogni singolo gesto di cura, tutto ci che poteva regalare a quel naufrago
della vita dignit e rispetto, riportare uomo fra gli uomini colui che era solo un'ombra fra i
cani. Perch il cammino della fede inizia dalle piaghe del povero, carne di Cristo, corpo di
Dio.
Se stai pregando e un povero ha bisogno di te, lascia la preghiera e vai da lui. Il Dio che
trovi pi sicuro del Dio che lasci (san Vincenzo de Paoli).
(Letture: Amos 6, 1.4-7; Salmo 145; 1 Timoteo 6, 11-16; Luca 16, 19-31)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
03/10/2013
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quel servo, perch ha eseguito gli ordini ricevuti? Cos anche voi, quando avrete fatto tutto
quello che vi stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo
fare.
Ges ha appena avanzato la sua proposta "unica misura del perdono perdonare senza
misura", che agli Apostoli appare un obiettivo inarrivabile, al di l delle loro forze, e
sgorga spontanea la richiesta: accresci in noi la fede. Da soli non ce la faremo mai. Ges
per non esaudisce la richiesta, perch non tocca a Dio aggiungere, accrescere, aumentare
la fede, non pu farlo: essa la libera risposta dell'uomo al corteggiamento di Dio.
Ges cambia la prospettiva da cui guardare la fede, introducendo come unit di misura il
granello di senape, proverbialmente il pi piccolo di tutti i semi: non si tratta di quantit,
ma di qualit della fede. Fede come granello, come briciola; non quella sicura e spavalda
ma quella che, nella sua fragilit, ha ancora pi bisogno di Lui, che per la propria
piccolezza ha ancora pi fiducia nella sua forza.
Allora ne basta un granello, poca, anzi meno di poca, per ottenere risultati impensabili. La
fede un niente che tutto. Leggera e forte. Ha la forza di sradicare alberi e la leggerezza
di farli volare sul mare: se aveste fede come un granello di senape, potrete dire a questo
gelso sradicati.
Io ho visto alberi volare, ho visto il mare riempirsi di gelsi. Ho visto, fuori metafora,
discepoli del Vangelo riempire l'orizzonte di imprese al di sopra delle forze umane.
Segue poi poi una piccola parabola sul rapporto tra padrone e servo, che inizia come una
fotografia della realt: Chi di voi, se ha un servo ad arare, gli dir, quando rientra: Vieni e
mettiti a tavola? E che termina con una proposta spiazzante, nello stile tipico del Signore:
Quando avete fatto tutto dite: siamo servi inutili. Capiamo bene: servo inutile significa non
determinante, non decisivo; indica che la forza che fa crescere il seme non appartiene al
seminatore; che la forza che converte non sta nel predicatore, ma nella Parola. Noi siamo
i flauti, ma il soffio tuo, Signore (Rumi).
Allora capisco che chiedere accresci la mia fede significa domandare che questa forza
vivificante entri come linfa nelle vene del cuore.
Servo inutile colui che, in una societ che pensa solo all'utile, scommette sulla gratuit,
senza cercare il proprio vantaggio, senza vantare meriti. La sua gioia servire la vita,
custodendo con tenerezza coloro che gli sono affidati. Mai nel Vangelo detto inutile il
servizio, anzi esso il nome nuovo, il nome segreto della civilt. il nome dell'opera
compiuta da Ges, venuto per servire, non per essere servito. Come lui anch'io sar servo,
perch questo l'unico modo per creare una storia diversa, che umanizza, che libera, che
pianta alberi di vita nel deserto e nel mare.
(Letture: Abacuc 1, 2-3; 2, 2-4; Salmo 94; 2 Timoteo 1, 6-8. 13-14, Luca 17, 5-10)
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(...) Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a
distanza e dissero ad alta voce: Ges, maestro, abbi piet di noi!. Appena li vide, Ges
disse loro: Andate a presentarvi ai sacerdoti. E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, torn indietro lodando Dio a gran voce, e si prostr davanti
a Ges, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Ges osserv: Non ne sono
stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si trovato nessuno che tornasse
indietro a rendere gloria a Dio, all'infuori di questo straniero? (...).
Dieci lebbrosi all'ingresso di un villaggio, nove giudei e un samaritano insieme. La
sofferenza li ha uniti, la guarigione li separer. Insieme pregano Ges ed egli: appena li
vede... Notiamo il dettaglio: subito, senza aspettare un secondo di pi, appena li vede, con
un'ansia di guarirli. La sua fretta mi ricorda un verso bellissimo di Twardowski:
affrettiamoci ad amare, le persone se ne vanno cos presto! Affrettiamoci ad amare...
Ges disse loro: Andate a presentarvi ai sacerdoti. E mentre andavano, furono purificati.
Sono purificati non quando arrivano dai sacerdoti, ma mentre camminano, sui passi della
fede.
Nove dei guariti non tornano: scompaiono nel vortice della loro felicit, dentro gli abbracci
ritrovati, ritornati persone piene, libere. Unico, un eretico straniero torna indietro e lo fa
perch ascolta il suo cuore, perch intuisce che la salute non viene dai sacerdoti, ma da
Ges; non dall'osservanza di leggi e riti, ma dal rapporto vivo con lui. Per Ges conta il
cuore e il cuore non ha frontiere politiche o religiose. Il centro del brano l'ultima parola:
la tua fede ti ha salvato. Nove sono guariti, ma uno solo salvato. Per fede. Nel racconto
possiamo distinguere i tre passi fondamentali del cammino del credere: ho bisogno / mi
fido / ringrazio e mi affido.
La fede nasce dal bisogno, dal grido universale della carne che soffre, dalla nostra fame di
vita, di senso, di amore, di salute, quando non ce la fai e tendi le mani. Poi mi fido. Il
grido del bisogno ricco di fiducia: qualcuno ascolter, qualcuno verr, gi viene in aiuto.
I dieci si fidano di Ges e sono guariti. Ma a questa fede manca qualcosa, una dimensione
fondamentale: la gioia di un abbraccio, una relazione, una reciprocit, una risposta.
Il terzo passo: ti ringrazio compiuto dallo straniero. Il filosofo Hegel dice: denken ist
danken, pensare ringraziare, perch siamo debitori, di tutto. E il poeta Turoldo: io vorrei
dare una cosa al mio Signore, ma non so che cosa... ecco, la vita che mi hai ridato, te la
rendo nel canto.
Allora corro da lui, mi stringo a lui, come un bambino alla madre, come l'amato all'amata,
quando ciascuno mette la propria vita, e i sogni e il futuro, nella mani dell'altro. Tutti
hanno ricevuto il dono, uno solo ha risposto. La fede la libera risposta dell'uomo al
corteggiamento di Dio. Ed entrare in contatto con la madre di tutte le parole religiose:
grazie. Voglio fare come quello straniero: domani inizier la mia giornata tornando a
Dio con il cuore, non recitando preghiere, ma donandogli una cosa, una parola: grazie. E
lo stesso far poi con quelli di casa. Lo far in silenzio e con un sorriso.
(Letture: 2 Re 5,14-17; Salmo 97; 2 Timoteo 2,8-13; Luca 17,11-19)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
17/10/2013
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Infatti la casa di Zaccheo si riempie di amici, lui si libera dalle cose: Met di tutto per i
poveri e se ho rubato.... Ora pu abbracciare tutta intera la sua vita, difetti e generosit, e
coprire il male di bene...
Oggi mi fermo a casa tua. Dio viene ancora alla mia tavola, intimo come una persona cara,
un Dio alla portata di tutti. Ognuno ha una dimora da offrire a Dio. E il passaggio del
Signore lascer un segno inconfondibile: un senso di pienezza e poi il superamento di s,
uno sconfinare nella gioia e nella condivisione.
(Letture: Sapienza 11, 22-12,2; Salmo 144; 2 Tessalonicesi 1, 11-2,2; Luca 19,1-10)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
07/11/2013
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Il Signore Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe. Dio non Dio di morti, ma di vivi. In
questo di ripetuto 5 volte racchiuso il motivo ultimo della risurrezione, il segreto
dell'eternit. Una sillaba breve come un respiro, ma che contiene la forza di un legame,
indissolubile e reciproco, e che significa: Dio appartiene a loro, loro appartengono di Dio.
Cos totale il legame, che il Signore fa s che il nome di quanti ama diventi parte del suo
stesso nome. Il Dio pi forte della morte cos umile da ritenere i suoi amici parte
integrante di s. Legando la sua eternit alla nostra, mostra che ci che vince la morte non
la vita, ma l'amore.
Il Dio di Isacco, di Abramo, di Giacobbe, il Dio che mio e tuo, vive solo se Isacco e
Abramo sono vivi, solo se tu e io vivremo. La nostra risurrezione soltanto far di Dio il
Padre per sempre.
(Letture: 2 Maccabei 7, 1-2. 9-14; Salmo 16; 2 Tessalonicesi 2, 16-3, 5; Luca 20, 27-38)
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Perseveranza vuol dire: non mi arrendo; nel mondo sembrano vincere i pi violenti, i pi
crudeli, ma io non mi arrendo. Anche quando tutto il lottare contro il male sembra senza
esito, io non mi arrendo. Perch so che il filo rosso della storia saldo nelle mani di Dio.
Perch il mondo quale lo conosciamo, col suo ordine fondato sulla forza e sulla violenza,
gi comincia a essere rovesciato dalle sue stesse logiche. La violenza si autodistrugger
(M. Marcolini).
Il Vangelo si chiude con un'ultima riga profezia di speranza: risollevatevi, alzate il capo, la
vostra liberazione vicina.
In piedi, a testa alta, liberi: cos vede i discepoli il vangelo. Sollevate il capo, guardate
lontano e oltre, perch la realt non solo questo che si vede: viene un Liberatore, un Dio
esperto di vita.
Sulla terra intera e sul piccolo campo dove io vivo si scaricano ogni giorno rovesci di
violenza, cadono piogge corrosive di menzogna e corruzione. Che cosa posso fare? Usare
la tattica del contadino. Rispondere alla grandine piantando nuovi frutteti, per ogni raccolto
di oggi perduto impegnarmi a prepararne uno nuovo per domani. Seminare, piantare,
attendere, perseverare vegliando su ogni germoglio della vita che nasce.
(Letture: Malachia 3, 19-20; Salmo 97; 2 Tessalonicesi 3, 7-12; Luca 21, 5-19)
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mette in gioco, si gioca il tutto per tutto per conquistare l'uomo. C' un malfattore, uno
almeno che intuisce e usa una espressione rivelatrice: non vedi che anche lui nella stessa
nostra pena... Dio nel nostro patire, Dio sulla stessa croce dell'uomo, Dio vicinissimo nella
passione di ogni uomo. Che entra nella morte perch l va ogni suo figlio. Perch il primo
dovere di chi ama di essere con l'amato.
Costui non ha fatto nulla di male. Che bella definizione di Ges, nitida semplice perfetta:
niente di male, per nessuno, mai, solo bene, tutto bene. E si preoccupa fino all'ultimo non
di s ma di chi gli muore accanto. Che gli si aggrappa: Ricordati di me quando sarai nel tuo
regno. E Ges non si ricorda, fa molto di pi, lo porta con s, se lo carica sulle spalle come
fa il pastore con la pecora perduta e ritrovata, per riportarla a casa, nel regno: sarai con me!
E mentre la logica della nostra storia sembra avanzare per esclusioni, per separazioni, per
respingimenti alle frontiere, il Regno di Dio avanza per inclusioni, per abbracci, per
accoglienza.
Non ha nessun merito da vantare questo malfattore. Ma Dio non guarda ai meriti. Non ha
virt da presentare questo ladro. Ma Dio non guarda alle virt. Guarda alla povert, al
bisogno, come un padre o una madre guardano al dolore e alle necessit del figlio.
Sarai con me: la salvezza un regalo, non un merito. E se il primo che entra in paradiso
quest'uomo dalla vita sbagliata, che per sa aggrapparsi al crocifisso amore, allora le porte
del cielo resteranno spalancate per sempre per tutti quelli che riconoscono Ges come loro
compagno d'amore e di pena, qualunque sia il loro passato: questa la Buona Notizia di
Ges Cristo.
(Letture: 2 Samuele 5, 1-3; Salmo 121; Colossesi 1, 12-20; Luca 23, 35-43)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
28/11/2013
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non si accorsero di nulla. Alimentarsi, sposarsi sono azioni della normalit originaria della
vita. Sono impegnati a vivere, a semplicemente vivere. Con il rischio per che la routine
non faccia avvertire la straordinariet di ci che sta per accadere: e non si accorsero di
nulla. Loro, del diluvio; noi, dell'occasione di vita che il Vangelo. Lo senti che ad ogni
pagina Ges ripete: non vivere senza mistero! Ti prego: sotto il familiare scopri l'insolito,
sotto il quotidiano osserva l'inspiegabile. Che ogni cosa che diciamo abituale, possa
inquietarti (B. Brecht).
I giorni di No sono i giorni della superficialit: Il vizio supremo della nostra epoca di
essere superficiale (R. Panikkar). Invece occorre l'attenzione vigile delle sentinelle, allora
ti accorgi della sofferenza che preme, della mano tesa, degli occhi che ti cercano e delle
lacrime silenziose che vi tremano. E dei mille doni che i giorni recano, delle forze di bont
e di bellezza all'opera in ciascuno, ti accorgi di quanta luce, di quanto Dio vive in noi: Il
vostro male di non rendervi conto di quanto siete belli! (Dostoewski).
Avvento: tempo per attendere, perch qualcosa o qualcuno manca. Come i soldati romani
detti desiderantes che, riferisce Giulio Cesare, attendevano vegliando sotto le stelle i
compagni non ancora rientrati all'accampamento dopo la battaglia. Attendere
declinazione del verbo amare.
Avvento: tempo per desiderare e attendere quel Dio che viene, dice il Vangelo di oggi, con
una metafora spiazzante, come un ladro. Che viene nel tempo delle stelle, in silenzio, senza
rumore e clamore, senza apparenza, che non ruba niente e dona tutto. Si accorgono di lui i
desideranti, quelli che vegliano in punta di cuore, al lume delle stelle, quelli dagli occhi
profondi e trasparenti che sanno vedere quanto dolore e quanto amore, quanto Dio c',
incamminato nel mondo. Anche Dio, fra le stelle, come un desiderante, accende la sua
lucerna e attende che io mi incammini verso casa.
(Letture: Isaia 2,1-5; Salmo 121; Romani 13,11-14; Matteo 24,37-44)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
05/12/2013
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La prima parola dell'angelo non un semplice saluto, dentro vibra quella cosa buona e rara
che tutti, tutti i giorni, cerchiamo: la gioia. chaire, rallegrati, gioisci, sii felice. Non
chiede: prega, inginocchiati, fai questo o quello. Ma semplicemente: apriti alla gioia, come
una porta si apre al sole. Dio si avvicina e ti stringe in un abbraccio, viene e porta una
promessa di felicit.
La seconda parola dell'angelo svela il perch della gioia: sei piena di grazia. Un termine
nuovo, mai risuonato prima nella bibbia o nelle sinagoghe, letteralmente inaudito, tale da
turbare Maria: sei colmata, riempita di Dio, che si chinato su di te, si innamorato di te,
si dato a te e tu ne trabocchi. Il suo nome : amata per sempre. Teneramente, liberamente,
senza rimpianti amata.
Piena di grazia la chiama l'angelo, Immacolata la dice il popolo cristiano. Ed la stessa
cosa. Non piena di grazia perch ha detto "s" a Dio, ma perch Dio ha detto "s" a lei
prima ancora della sua risposta. E lo dice a ciascuno di noi: ognuno pieno di grazia, tutti
amati come siamo, per quello che siamo; buoni e meno buoni, ognuno amato per sempre,
piccoli o grandi ognuno riempito di cielo.
La prima parola di Maria non un s, ma una domanda: come possibile? Sta davanti a
Dio con tutta la sua dignit umana, con la sua maturit di donna, con il suo bisogno di
capire. Usa l'intelligenza e poi pronuncia il suo s, che allora ha la potenza di un s libero e
creativo.
Eccomi, come hanno detto profeti e patriarchi, sono la serva del Signore. Serva parola
che non ha niente di passivo: serva del re la prima dopo il re, colei che collabora, che
crea insieme con il creatore. La risposta di Maria una realt liberante, non una
sottomissione remissiva. lei personalmente a scegliere, in autonomia, a pronunciare quel
"s" cos coraggioso che la contrappone a tutto il suo mondo, che la proietta nei disegni
grandiosi di Dio (M. Marcolini).
La storia di Maria anche la mia e la tua storia. Ancora l'angelo inviato nella tua casa e ti
dice: rallegrati, sei pieno di grazia! Dio dentro di te e ti colma la vita di vita.
(Letture: Gnesi 3, 9-15.20; Salmo 97; Efesini 1, 3-6. 11-12; Luca 1, 26-38)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
12/12/2013
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resta intatta. Perch umano, di fronte a tanto male, dubitare; di fronte al fatto che con
Ges cambia tutto: non pi l'uomo che vive per Dio, Dio che vive per l'uomo, che viene
a prendersi cura dei piccoli, a guarire la vita malata, fragile, stanca: i ciechi riacquistano la
vista, gli zoppi camminano, i sordi odono, ai poveri annunciato il Vangelo, tutti hanno
una seconda opportunit.
Ges elenca sei opere non per annunciare un fiorire di miracoli all'angolo di ogni strada,
ma che Dio entra nelle ferite del mondo, per trasformarlo. Ges non ha mai promesso di
risolvere i problemi della storia con i miracoli. Ha promesso qualcosa di pi forte ancora: il
miracolo del seme, il lavoro oscuro ma inarrestabile del seme che fiorir.
Beato chi non si scandalizza di me. lo scandalo della misericordia, Ges un Dio che
non misura i meriti, ma guarisce il cuore; che invece di bruciare i peccatori, come
annunciava il Battista, siede a tavola con loro. lo scandalo della piccolezza. Le sei opere
d'amore che Ges elenca non hanno cambiato il mondo, per un lebbroso guarito milioni
d'altri si sono ammalati; nessun deserto si coperto di gigli; anzi, il deserto con i suoi
veleni si espande e corrode le terre pi belle
del nostro paese.
Ma quelle sei opere sono l'utopia di un tutt'altro modo di essere uomini, ed sempre
l'utopia che fa la storia. Sono le mani di Dio impigliate nel folto della vita. Sono il centro
della morale cristiana, che consiste proprio nel fare anche noi ci che Dio fa, nell'agire io
come agisce Dio.
Ges una goccia di fuoco caduta dentro di noi e non si spegne. E noi viviamo di lui e lui
dilata da dentro le nostre capacit di amore perch diventiamo santuari che irradiano
amore: chi crede in me compir opere ancora pi grandi (Gv 14,12)
Perci, se riesco ad aiutare una sola persona a vivere meglio, questo gi sufficiente a
giustificare il dono della mia vita. bello essere popolo fedele di Dio. E acquistiamo
pienezza quando rompiamo le pareti e il nostro cuore si riempie di volti e di nomi!
(Evangelii gaudium, n. 274).
Gli uomini vogliono seguire il Dio della vita. E se noi siamo capaci di rendere, con Lui, la
vita pi umana, pi bella, pi felice, pi grande a qualcuno che non ce la fa da solo, allora
capiranno chi il Signore che noi cerchiamo di amare e di incarnare: davvero il Dio
amante della vita.
Letture: Isaia 35,1-6.8.10; Salmo 145; Giacomo 5,7-10; Matteo 11,2-11)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
19/12/2013
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Prima che andassero a vivere insieme (passava un anno tra il matrimonio e la convivenza)
Maria si trov incinta. Sorpresa assoluta della creatura che arriva a concepire
l'inconcepibile, il proprio Creatore.
Qualcosa che per strazia il cuore di Giuseppe, che si sente tradito, con i progetti di vita
andati in frantumi. E l'uomo giusto, entra in crisi: non volendo accusarla pubblicamente
(denunciare Maria come adultera e farla lapidare) pens di ripudiarla in segreto. Giuseppe
non si d pace, innamorato, continua a pensare a lei, a sognarla di notte. Un conflitto
emotivo e spirituale: da un lato l'osservanza della legge (l'obbligo di denunciare Maria) e
dall'altro il suo amore. Ma basta che la corazza della legge venga appena scalfita
dall'amore, che lo Spirito irrompe e agisce. Mentre stava considerando queste cose ecco
che in sogno un angelo, che poi Dio stesso, gli parla... Giuseppe, mani indurite dal lavoro
e cuore intenerito e ferito, ci ricorda che l'uomo giusto ha gli stessi sogni di Dio.
Sotto l'immagine di un angelo Dio gli dice: Non temere di prendere con te Maria, tua
sposa. Non temere, la parola preferita con cui Dio apre il dialogo con l'uomo. Non temere,
Dio interviene sempre in favore della vita. Nel Vangelo di Matteo per tre volte vengono
angeli: per annunciare la vita di Ges, per proteggerne la vita dalla ferocia di Erode, a
Pasqua per annunciare che quella vita ha vinto la morte.
Ella dar alla luce un figlio e tu Lo chiamerai Ges! Egli salver il popolo. Il nome "Ges",
in ebraico Jeshu, deriva dal verbo "salvare", la cui radice ish ha, come primo significato
quello di allargare, dilatare. Ges salver: allargher, accrescer, espander lo spazio della
tua umanit, render pi grande la vita. Salver dal peccato, che all'opposto l'atrofia del
vivere, il rimpicciolimento del cuore; il peccato ci che rende piccola la tua persona, e
non c' spazio per nulla e per nessuno.
Dio viene e crea spazio in me, spazio per le creature, i poveri, i sogni, il cielo. In fondo,
religione equivale a dilatazione (G. Vannucci).
L'augurio di Natale che vorrei fare a ciascuno di voi e a me per primo: Che il Signore renda
il tuo cuore spazioso!
Giuseppe fece come gli aveva detto l'angelo e prese con s la sua sposa. Maria lascia la
casa del s detto a Dio e va nella casa del s detto al suo uomo, ci va da donna innamorata.
Povera di tutto, Dio non ha voluto che Maria fosse povera d'amore, sarebbe stata povera di
Dio. Perch ogni evento d'amore sempre decretato dal cielo. Dio si fatto uomo, e pi gli
uomini cresceranno in umanit, pi scopriranno la divinit che ha messo la sua tenda in
ciascuno di noi.
(Letture: Isaia 7,10-14; Salmo 23; Romani 1,1-7; Matteo 1,18-24)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
28/12/2013
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Erode, perch si compisse ci che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
Dall'Egitto ho chiamato mio figlio. (...)
Fuggi in Egitto! Perch l'angelo comanda di fuggire, senza garantire un futuro, senza
indicare la strada e la data del ritorno? Dio interviene cos: non ti protegge dall'esilio, ma
dentro l'esilio; non ti custodisce dalla notte, ma dentro la notte.
Quella vicenda di persecuzioni, quella storia di fuggiaschi ricercati a morte la storia di
milioni di famiglie ancora oggi. Non vi torna in mente la fuga in Egitto di Giuseppe con
Maria e il Bambino ogni volta che una famiglia straniera bussa alla nostra porta e chiede
aiuto? storia sacra che si ripete: sacra la vita, pi sacra ancora la vita perseguitata.
Mille Erodi ancora oggi emanano morte. Erode per viene giocato dai Magi e da Giuseppe,
perch c' Qualcuno che veglia anche nella notte, anche quando noi dormiamo, nel nostro
profondo ed ecco che l'uomo giusto ha gli stessi sogni di Dio. Che tuttavia indicano
davvero poco, una direzione verso cui partire, che hanno tanta luce quanta ne serve al
primo passo. Poi tocca a Giuseppe studiare la strada. Tocca a noi scegliere gli itinerari pi
sicuri, misurare la fatica dei pi deboli e portarli se necessario.
Giuseppe prese il bambino e sua madre e fugg in Egitto. Le sorti del mondo si decidono
dentro una famiglia, le cose decisive - oggi come allora - accadono dentro le relazioni e gli
affetti, cuore a cuore, nello stringersi amoroso delle vite. Nel coraggio quotidiano di
moltissime persone, innamorate e silenziose, fioriscono creature che faranno fiorire la
storia.
La vocazione alla famiglia santa, quanto quella di una monaca di clausura o di un
missionario. Perch vocazione ad amare, e ogni amore fa tutt'uno con il mistero di Dio.
Giuseppe rappresenta tutti gli uomini che prendono su di s il peso della vita di un altro,
senza contare fatiche e senza accumulare rimpianti; quelli che senza proclami e senza
ricompense, in silenzio, fanno tutto ci che devono fare, semplicemente. Sognatori e
concreti, disarmati eppure pi forti di ogni Erode.
Maria incarna tutte le madri, che sono tutte, come lei, benedette; quelle che non dicono mai
"basta" all'amore che il bambino esige giorno e notte. Maria tutte le donne che inventano
risorse di intelligenza e di forza per farlo crescere.
E quel Bambino non toccato dal male tutti i bambini, dove il solo fatto di esistere gi
un'estasi (E. Dickinson) una vertigine. I bambini ti chiamano a conversione, danno ordini
al futuro buono del mondo. Nel loro sguardo c' tutta l'eternit che ci attende.
Un ultimo pensiero va a chi vive sulla propria pelle un fallimento matrimoniale o familiare:
non temete! Dio ha anche per voi progetti di amore e di gioia, di luce e di vita. Scopriteli,
con fiducia.
(Letture: Siracide 3, 3-7. 14-17a; Salmo 127; Colossesi 3, 12-21; Matteo 2, 13-15.19-23)
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