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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi

Epifania del Signore 03/01/2013


Dio parla la lingua della gioia
Nato Ges a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da
oriente a Gerusalemme e dicevano: Dov' colui che nato, il re dei Giudei? Abbiamo
visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo. All'udire questo, il re Erode rest
turbato e con lui tutta Gerusalemme (...).
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in
cui era apparsa la stella e li invi a Betlemme dicendo: Andate e informatevi
accuratamente sul bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perch anch'io
venga ad adorarlo (...).
Magi voi siete i santi pi nostri, naufraghi sempre in questo infinito, eppure sempre a
tentare, a chiedere, a fissare gli abissi del cielo fino a bruciarsi gli occhi del cuore
(Turoldo).
Messaggi di speranza oggi: c' un Dio dei lontani, dei cammini, dei cieli aperti, delle dune
infinite, e tutti hanno la loro strada. C' un Dio che ti fa respirare, che sta in una casa e non
nel tempio, in Betlemme la piccola, non in Gerusalemme la grande. E gli Erodi possono
opporsi alla verit, rallentarne la diffusione, ma mai bloccarla, essa vincer comunque.
Anche se debole come un bambino.
Proviamo a percorrere il cammino dei Magi come se fosse una cronaca dell'anima. Il primo
passo in Isaia: Alza il capo e guarda. Saper uscire dagli schemi, saper correre dietro a
un sogno, a una intuizione del cuore, guardando oltre.
Il secondo passo: camminare. Per incontrare il Signore occorre viaggiare, con l'intelligenza
e con il cuore. Occorre cercare, di libro in libro, ma soprattutto di persona in persona.
Allora siamo vivi.
Il terzo passo: cercare insieme. I Magi (non tre ma alcuni secondo il Vangelo) sono un
piccolo gruppo che guarda nella stessa direzione, fissano il cielo e gli occhi delle creature,
attenti alle stelle e attenti l'uno all'altro.
Il quarto passo: non temere gli errori. Il cammino dei Magi pieno di sbagli: arrivano nella
citt sbagliata; parlano del bambino con l'uccisore di bambini; perdono la stella, cercano un
re e trovano un bimbo, non in trono ma fra le braccia della madre.
Eppure non si arrendono ai loro sbagli, hanno l'infinita pazienza di ricominciare, finch al
vedere la stella provarono una grandissima gioia. Dio seduce sempre perch parla la lingua
della gioia.
Entrati in casa videro il Bambino e sua Madre... Non solo Dio come noi, non solo con
noi, ma piccolo fra noi. Informatevi con cura del Bambino e fatemelo sapere perch
venga anch'io ad adorarlo. Quel re, quell'Erode, uccisore di sogni ancora in fasce, dentro
di noi: il cinismo, il disprezzo che distrugge i sogni del cuore.
Ma io vorrei riscattare le sue parole e ripeterle all'amico, al teologo, al poeta, allo
scienziato, al lavoratore, a ciascuno: hai trovato il Bambino? Cerca ancora, accuratamente,
nei libri, nell'arte, nella storia, nel cuore delle cose; cerca nel Vangelo, nella stella e nella
parola, cerca nelle persone, e in fondo alla speranza; cerca con cura, fissando gli abissi del
cielo e del cuore, e poi fammelo sapere perch venga anch'io ad adorarlo.
Aiutami a trovarlo e verr, con i miei piccoli doni e con tutta la fierezza dell'amore, a far
proteggere i miei sogni da tutti gli Erodi della storia e del cuore.
(Letture: Isaia 60, 1-6; Salmo 71; Efesini 3,2-3a. 5-6; Matteo 2, 1-12)

Battesimo del Signore Anno C 10/01/2013


Se lo Spirito incendia il legno secco del nostro cuore
In quel tempo, poich il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano
in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: Io vi battezzo con
acqua; ma viene colui che pi forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei
sandali. Egli vi battezzer in Spirito Santo e fuoco.
Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Ges, ricevuto anche lui il battesimo,
stava in preghiera, il cielo si apr e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea,
come una colomba, e venne una voce dal cielo: Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho
posto il mio compiacimento.
Viene dopo di me colui che pi forte di me e vi battezzer in Spirito Santo e fuoco, vi
immerger nel vento e nel fuoco di Dio. Bella definizione del cristiano: Tu sei "uno
immerso" nel vento e nel fuoco, ricco di vento e di fuoco, di libert e calore, di energia e
luce, ricco di Dio.
Il fuoco il simbolo che riassume tutti gli altri simboli di Dio. Nel vangelo di Tommaso
Ges afferma: stare vicino a me stare vicino al fuoco. Il fuoco energia che trasforma le
cose, la risurrezione del legno secco del nostro cuore e la sua trasfigurazione in luce e
calore.
Il vento: alito di Dio soffiato sull'argilla di Adamo, vento leggero in cui passa Dio
sull'Oreb, vento possente di Pentecoste che scuote la casa. La Bibbia un libro pieno di un
vento che viene da Dio, che ama gli spazi aperti, riempie le forme e passa oltre, che non sai
da dove viene e dove va, fonte di libere vite.
Battesimo significa immersione. Uno dei pi antichi simboli cristiani, quello del pesce,
ricorda anche questa esperienza: come il piccolo pesce nell'acqua, cos il piccolo credente
immerso in Dio, come nel suo ambiente vitale, che lo avvolge, lo sostiene, lo nutre.
Ges stava in preghiera ed ecco, venne una voce dal cielo: Tu sei il Figlio mio, l'amato: in
te ho posto il mio compiacimento. Quella voce dal cielo annuncia tre cose, proclamate a
Ges sul Giordano e ripetute ad ogni nostro battesimo.
Figlio la prima parola: Dio forza di generazione, che come ogni seme genera secondo la
propria specie. Siamo tutti figli nel Figlio, frammenti di Dio nel mondo, specie della sua
specie, abbiamo Dio nel sangue.
Amato. Prima che tu agisca, prima di ogni merito, che tu lo sappia o no, ad ogni risveglio,
il tuo nome per Dio "amato". Tu ci hai amati per primo, o Dio, e noi parliamo di te
come se ci avessi amato per primo una volta sola. Invece continuamente, di giorno in
giorno, per la vita intera Tu ci ami per primo (Kierkegaard).
Mio compiacimento la terza parola, che contiene l'idea di gioia, come se dicesse: tu,
figlio mio, mi piaci, ti guardo e sono felice. Si realizza quello che Isaia aveva intuito,
l'esultanza di Dio per me, per te: come gode lo sposo l'amata cos di te avr gioia il tuo Dio
(Is 62,5)
Se ogni mattina potessi ripensare questa scena, vedere il cielo azzurro che si apre sopra di
me come un abbraccio; sentire il Padre che mi dice con tenerezza e forza: figlio mio, amato
mio, mio compiacimento; sentirmi come un bambino che anche se sollevato da terra,
anche se si trova in una posizione instabile, si abbandona felice e senza timore fra le
braccia dei genitori, questa sarebbe la mia pi bella, quotidiana esperienza di fede.
(Letture: Isaia 40,1-5.9-11; Salmo 103; Tito 2,11-14;3,4-7; Luca 3,15-16.21-22)

Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi


17/01/2013
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Nozze di Cana, il capostipite dei segni


II domenica
Tempo ordinario - Anno C
(...) Venuto a mancare il vino, la madre di Ges gli disse: Non hanno vino. E Ges le
rispose: Donna, che vuoi da me? Non ancora giunta la mia ora. Sua madre disse ai
servitori: Qualsiasi cosa vi dica, fatela. Vi erano l sei anfore di pietra per la
purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Ges
disse loro: Riempite d'acqua le anfore; e le riempirono fino all'orlo. Disse loro di nuovo:
Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto. Ed essi gliene portarono (...).
Il mondo un immenso pianto e Ges d avvio alla salvezza partendo da una festa di
nozze. Anzich asciugare lacrime, colma le coppe di vino. Sembra quasi sprecare la sua
potenza a servizio di una causa effimera, un po' di vino in pi, eppure il Vangelo chiama
questo il principe dei segni, il capostipite di tutti.
Perch a Cana Ges vuole trasmettere il principio decisivo della relazione che unisce Dio e
l'umanit. Tra uomo e Dio corre un rapporto nuziale, con tutta la sua tavolozza di emozioni
forti e buone: amore, festa, gioco, dono, eccesso, gioia. Un legame sponsale, non un
rapporto giudiziario o penitenziale, lega Dio e noi. Ges partecipa con tutti i suoi alla
celebrazione, e proclama cos il suo atto di fede nell'amore tra uomo e donna, lui crede
nell'amore, lo ratifica con il suo primo prodigio. Perch l'amore umano una forza dove
custodita la passione per la vita, dove l'altro ha tutta la tua attenzione, dove la persona
viene prima della legge, dove la speranza batte la rassegnazione. Dove nascono sogni.
La Chiesa, come Ges, dovrebbe attingere vino dall'amore degli uomini, custodirlo,
inebriarsi e offrirlo alla sete del mondo. Ges prende l'amore umano e lo fa messaggio,
parola di Dio. Con le nozze l'uomo scende al nodo germinale della vita, e Ges dice:
l'incontro con Dio la tua primavera, fa germogliare vita, porta fioriture di coraggio, .
E viene a mancare il vino. Il vino, in tutta la Bibbia, il simbolo dell'amore felice tra
uomo e donna, tra uomo e Dio. Felice e sempre minacciato. Simbolo della fede e
dell'entusiasmo, della creativit, della passione che vengono a mancare.
Non hanno pi vino, esperienza che tutti abbiamo fatto, quando stanchezza e ripetizione
prendono il sopravvento. Quando ci assalgono mille dubbi, quando gli amori sono senza
gioia e le case senza festa. Ma ecco il punto di svolta del racconto. Maria, la madre attenta,
sapiente della sapienza del Magnificat (sa che Dio ha sazia gli affamati di vita), indica la
strada: Qualsiasi cosa vi dica, fatela.
Il femminile capace di unire il dire e il fare! Fate il suo Vangelo, rendetelo gesto e corpo,
sangue e carne. E si riempiranno le anfore vuote del cuore, si trasformer la vita, da vuota a
piena, da spenta a felice.
Pi Vangelo uguale a pi vita. Pi Dio equivale a pi io.
A lungo abbiamo pensato che al divertimento Dio preferisse il sacrificio, al gioco la
gravit, e abbiamo ricoperto il Vangelo con un velo di tristezza. Invece a Cana ci sorprende
un Dio che gode della gioia degli uomini e se ne prende cura. Dobbiamo trovare Dio

precisamente nella nostra vita e nel bene che ci d. Trovarlo dentro la nostra felicit
terrena. (Bonhoeffer).
Letture: (Isaia 62, 1-5; Salmo 95; 1 Corinzi 12, 4-11; Gv 2,1-11)
riproduzione riservata
Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
24/01/2013
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Dio sempre dalla parte dell'uomo


III Domenica
Tempo ordinario - Anno C
(...) In quel tempo, Ges ritorn in Galilea...Venne a Nzaret, dove era cresciuto, e secondo
il suo solito, di sabato, entr nella sinagoga e si alz a leggere. Gli fu dato il rotolo del
profeta Isaa; apr il rotolo e trov il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore sopra
di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il
lieto annuncio,a proclamare ai prigionieri la liberazionee ai ciechi la vista; a rimettere in
libert gli oppressie proclamare l'anno di grazia del Signore. Riavvolse il rotolo, lo
riconsegn all'inserviente e sedette (...) Allora cominci a dire loro: Oggi si compiuta
questa Scrittura che voi avete ascoltato.
Un racconto di una modernit unica, dove Luca, il migliore scrittore del NuovoTestamento
crea una tensione, una aspettativa con questo magistrale racconto, che si dipana come al
rallentatore: Riavvolse il rotolo, lo riconsegn e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti
erano fissi su di lui. E seguono le prime parole ufficiali di Ges: oggi la parola del profeta
si fatta carne.
Ges si inserisce nel solco dei profeti, li prende e li incarna in s. E i profeti, da parte loro,
lo aiutano a capire se stesso, chi davvero, dove chiamato ad andare: lo Spirito del
Signore mi ha mandato ai poveri, ai prigionieri, ai ciechi, agli oppressi. Adamo diventato
cos, per questo Dio prende la carne di Adamo. Da subito Ges sgombra tutti i dubbi su ci
che venuto a fare: qui per togliere via dall'uomo tutto ci che ne impedisce la fioritura,
perch sia chiaro a tutti che cosa il regno di Dio: vita in pienezza, qualcosa che porta
gioia, che libera e da luce, che rende la storia un luogo senza pi disperati.
E si schiera, non imparziale Dio; sta dalla parte degli ultimi, mai con gli oppressori.
Viene come fonte di libere vite, e da dove cominciare se non dai prigionieri? Ges non
venuto per riportare i lontani a Dio, ma per portare Dio ai lontani, a uomini e donne senza
speranza, per aprirli a tutte le loro immense potenzialit di vita, di lavoro, di creativit, di
relazione, di intelligenza, di amore.
Il primo sguardo di Ges non si posa mai sul peccato della persona, il suo primo sguardo
va sempre sulla povert e sulla fame dell'uomo. Per questo nel Vangelo ricorre pi spesso
la parola poveri, che non la parola peccatori. Non moralista il Vangelo, ma creatore di
uomini liberi, veggenti, gioiosi, non pi oppressi.
Scriveva padre Giovanni Vannucci: Il cristianesimo non una morale ma una
sconvolgente liberazione. La lieta notizia del Vangelo non l'offerta di una nuova morale
migliore, pi nobile o pi benefica delle altre. Buona notizia di Ges non neppure il
perdono dei peccati.

La buona notizia che Dio mette l'uomo al centro, e dimentica se stesso per lui, e schiera
la sua potenza di liberazione contro tutte le oppressioni esterne, contro tutte le chiusure
interne, perch la storia diventi "altra" da quello che . Un Dio sempre in favore dell'uomo
e mai contro l'uomo.
Infatti la parola chiave "liberazione". E senti dentro l'esplosione di potenzialit prima
negate, energia che spinge in avanti, che sa di vento, di futuro e di spazi aperti. Nella
sinagoga di Nazaret allora l'umanit che si rialza e riprende il suo cammino verso il cuore
della vita, il cui nome gioia, libert e pienezza. Nomi di Dio.
(Letture: Neema 8, 2-4.5-6.8-10; Salmo 18; 1 Corinzi 12,12-30; Luca 1,1-4;4,14-21).
riproduzione riservata
l Vangelo A cura di Ermes Ronchi
31/01/2013
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Non si pu uccidere la profezia


IV Domenica
Tempo Ordinario-Anno C
In quel tempo, Ges cominci a dire nella sinagoga: Oggi si compiuta questa Scrittura
che voi avete ascoltato. Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole
di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: Non costui il figlio di Giuseppe?.
Ma egli rispose loro: Certamente voi mi citerete questo proverbio: Medico, cura te
stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafrnao, fallo anche qui, nella tua patria!.
Poi aggiunse: In verit io vi dico: nessun profeta bene accetto nella sua patria (...).
Ges ha presentato il suo programma per un mondo senza pi disperati, poveri, ciechi,
oppressi, la sua strada per la pienezza dell'umano, e tutti nella sinagoga di Nazaret
capiscono di aver ascoltato parole nuove, che fanno bene, parole di grazia!Ma l'entusiasmo
passa in fretta, i compaesani hanno gi catalogato Ges, non costui il figlio di Giuseppe?
L'hanno chiuso nelle loro categorie, e non si
aprono alla sorpresa.
Ma la vita si spegne quando muoiono le attese. ci che accade nelle famiglie, tra gli
sposi, tra genitori e figli, tra amici. L'abitudine spegne il mistero e la sorpresa, e l'altro
invece di essere una finestra di cielo, una benedizione che cammina, solo il figlio di
Giuseppe, o il falegname, l'idraulico, il postino, la maestra... Dico di conoscerlo, ma cosa
so del mistero di quella persona? Per che cosa batte il suo cuore, cosa lo fa soffrire, cosa lo
fa felice, per quali persone spera e trema?...
E poi, ancora pi importante, so lasciarmi sfiorare almeno dal pensiero enorme che quella
persona che conosco cos bene ha in se un pezzetto di Dio, una profezia? C' profezia nel
quotidiano, profezia di casa mia, che come gli abitanti di Nazaret non riusciamo a vedere:
Quanto abbiamo udito che accadde a Cafrnao, fallo anche qui!. Non ci bastano belle
parole. E Ges risponde raccontando un Dio che protegge la vedova straniera di Sarepta,
che guarisce il lebbroso di Siria, un generale nemico. Che non ha patria se non il mondo,
che non ha casa se non il dolore dell'uomo.
Dice ai suoi compaesani: voi non cercate Dio, ma solo i suoi vantaggi.

Adorano un Dio sbagliato e la loro fede sbagliata genera il pi sbagliato degli istinti: un
istinto di morte. Vogliono uccidere Ges, ma lui passa in mezzo a loro si mette in
cammino. Un finale a sorpresa. Anche nelle situazioni senza uscita, sul ciglio del monte
con una folla che urla, accade qualcosa di incongruo, come sempre negli interventi di Dio,
un punto bianco, un improvviso vuoto, un "ma": ma egli passando in mezzo a loro si mise
in cammino. Non fugge, non si nasconde, non si arrende, ma passa in mezzo a loro, a
portata di quella furia, attraversa la violenza e si rimette in cammino dietro al suo ideale.
Per una Nazaret che si chiude cento altri villaggi gli apriranno le porte.
Perch si pu ostacolare la profezia, ma non ucciderla. La sua vitalit
incontenibile perch viene da Dio.
Anche la nostra Chiesa e il nostro Paese oggi traboccano di mistici, profeti, sognatori,
coraggiosi. Quello che manca sono
gli ascoltatori. Manchiamo noi che non sappiamo vedere l'infinito all'angolo della strada, il
mistero rannicchiato sulla soglia della nostra casa.
(Letture: Geremia 1,4-5.17-19; Salmo 70; 1 Corinzi 12,31-13,13; Luca 4,21-30).
riproduzione riservata
l Vangelo A cura di Ermes Ronchi
07/02/2013
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Dio riempie le reti della nostra vita


V Domenica
Tempo ordinario Anno C
In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Ges,
stando presso il lago di Gennsaret, vide due barche accostate alla sponda (...) Sedette e
insegnava alle folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: Prendi il
largo e gettate le vostre reti per la pesca. Simone rispose: Maestro, abbiamo faticato tutta
la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getter le reti. Fecero cos e
presero una quantit enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano (...)
Quattro pescatori sono lanciati in un'avventura pi grande di loro: pescare per la vita.
Pescare produce la morte dei pesci. Ma per gli uomini non cos: pescare significa
catturare vivi, il verbo usato nella Bibbia per indicare coloro che in una battaglia sono
salvati dalla morte e lasciati in vita (Gs 2,13; 6,25. 2 Sam 8,2). Nella battaglia per la vita
l'uomo sar salvato, protetto dall'abisso dove rischia di cadere, portato alla luce.
Sarai pescatore di uomini: li raccoglierai da quel fondo dove credono di vivere e non
vivono; mostrerai loro che sono fatti per un altro respiro, un altro cielo, un'altra vita!
Raccoglierai per la vita.
Ges sale anche sulla mia barca, non importa se vuota e l'ho tirata in secco, e dice anche
a me: Vuoi mettere a disposizione la tua barca, la barca della tua vita? c' una missione per
te. Quella stessa di Pietro, che per tutti, non solo per preti o suore: se pescare non
significa dare la morte, ma portare a vivere meglio, con pi respiro e luce, portare a galla la
persona da quel fondo limaccioso, triste, senza speranza, in cui vive, allora in questa nostra
epoca delle passioni tristi un grande lavoro da compiere. Non noi per, ma lo Spirito di
Dio.

Sulla tua parola getter le reti. Che cosa spinge Pietro a fidarsi? Non ci sono discorsi sulla
barca, ma sguardi: per Ges guardare una persona e amarla era la stessa cosa. Pietro in
quegli occhi ha visto l'amore per lui. Si sentito amato, sente che la sua vita al sicuro
accanto a Ges, crede nella forza dell'amore che ha visto, e si fida.
E le reti si riempiono. Simone, davanti a questa potenza e mistero, ha paura: allontanati da
me, perch sono un peccatore. E Ges ha una reazione bellissima: trasporta Simone su di
un piano totalmente diverso. Non si interessa dei suoi peccati; ha una sovrana indifferenza
per il passato di Simone, pronuncia parole che creano futuro: Non temere. Tu sarai
pescatore, donerai vita.
Mi incantano la delicatezza e la sapienza con le quali il Signore Ges si rivolge a Simone,
e in lui a tutti:
- lo preg di scostarsi da riva: Ges prega Simone, non si impone mai;
- non temere: Dio viene come coraggio di vita; libera dalla paura, paralisi del cuore;
- tu sarai: Tu donerai vita. Ges intuisce in me fioriture di domani; per lui nessun uomo
coincide con i suoi fallimenti, bens con le sue potenzialit.
Tre parole con cui Ges, maestro di umanit, rilancia la vita: delicatezza, coraggio, futuro.
Lasciarono tutto e lo seguirono. Senza neppure chiedersi dove li condurr. Sono i futuri di
cuore. Vanno dietro a lui e vanno verso l'uomo, quella doppia direzione che sola conduce
al cuore della vita.
(Letture: Isaia 6, 1-2.3-8; Salmo 137; 1 Corinzi 15, 1-11; Luca 5, 1-11)
riproduzione riservata
Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
14/02/2013
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Dio non cerca schiavi ma figli liberi


I Domenica di Quaresima Anno C
In quel tempo, Ges, pieno di Spirito Santo, si allontan dal Giordano ed era guidato dallo
Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangi nulla in quei
giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: Se tu sei Figlio
di Dio, di' a questa pietra che diventi pane. Ges gli rispose: Sta scritto: Non di solo
pane vivr l'uomo. Il diavolo lo condusse in alto, gli mostr in un istante tutti i regni
della terra e gli disse: Ti dar tutto questo potere e la loro gloria, perch a me stata data
e io la do a chi voglio. Perci, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sar tuo.
Ges gli rispose: Sta scritto: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto. (...)
Le tre tentazioni di Ges sono le tentazioni dell'uomo di sempre. Tentazione significa in
realt fare ordine nelle nostre scelte e nelle relazioni di fondo: ognuno tentato verso se
stesso: hai fame? D che queste pietre diventino pane! Trasforma tutto in cose da
consumare, in denaro. Ognuno tentato verso gli altri: vuoi comandare, importi, contare pi
degli altri? Io so la strada: vnditi! Ognuno tentato verso Dio: bttati dal tetto, tanto Lui
mander angeli a sostenerti. Hai dubbi? Dio mander segni e visioni a scioglierli.
La prima tentazione: che queste pietre diventino pane! Pietre o pane? una piccola
alternativa, che Ges apre, spalanca: N di pietre n di solo pane vive l'uomo. Siamo fatti
per cose pi grandi. Il pane buono ma pi buona la parola di Dio, il pane vita ma pi

vita viene dalla bocca di Dio. Il pane indispensabile, eppure contano di pi altre cose: le
creature, gli affetti, le relazioni, l'eterno in noi. Ci che ci fa vivere la nostra fame di
cielo: L'uomo vive di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Vive di Vangelo e di
creature: dalla sua parola sono venuti la luce, il cosmo e la sua bellezza, il respiro che ci fa
vivere. Sei venuto tu, fratello mio, mio amico, amore mio: parola pronunciata da Dio per
me.
La seconda tentazione una sfida aperta a Dio. Buttati gi, chiedi a Dio un miracolo ci
che sembrerebbe il pi alto atto di fede - a occhi chiusi, con fiducia!- ne , invece, la
caricatura, pura ricerca del proprio vantaggio. come se Ges dicesse: tu non cerchi Dio
ma i suoi benefici. Non cerchi il Donatore, ma solo i suoi doni. Un Dio a tuo servizio.
Eppure quando invece di angeli vengono la malattia, un fallimento, la morte, tutti ci
domandiamo: Perch Dio non interviene? Dove sono gli angeli che ha promesso? Dio invia
angeli, persone buone come angeli, che portano non ci che io desidero, bens ci di cui,
forse a mia insaputa, ho davvero bisogno.
Nella terza tentazione il diavolo rilancia: prostrati davanti a me, segui le mie strade, venditi
alla mia logica, e avrai tutto. Il diavolo fa un mercato con l'uomo, un mercimonio.
Esattamente il contrario di Dio, che non fa mai mercato dei suoi doni. E quanti hanno
seguito le strade del Nemico dell'umanit, facendo mercato di se stessi, vendendo la loro
dignit in cambio di carriera, poltrone o denaro facile, ci fanno riflettere: a che serve
gonfiarsi di soldi e di poteri, se poi perdi vita, se ci rimetti in umanit, se vendi l'anima?
Vuoi possedere le persone? Assicuragli pane e potere, dice, e ti seguiranno. Ma Ges
non vuole possedere nessuno. Dio non cerca schiavi ossequienti, ma figli che siano
liberi, generosi e amanti.
(Letture: Deuteronomio 26, 4-10; Salmo 90; Romani 10, 8-13; Luca 4, 1-13)
riproduzione riservata
Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
21/02/2013
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L'incontro con il Padre ci illumina


II Domenica di Quaresima
Anno C
In quel tempo, Ges prese con s Pietro, Giovanni e Giacomo e sal sul monte a pregare.
Mentre pregava, il suo volto cambi d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante.
Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mos ed Ela, apparsi nella gloria, e
parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme. Pietro e i suoi compagni
erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini
che stavano con lui. Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Ges: Maestro,
bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mos e una per Ela.
Egli non sapeva quello che diceva. (...)
Ges a una svolta della sua missione, ha messo i suoi discepoli davanti allo sconcerto del
primo annuncio della passione: il Figlio dell'uomo deve soffrire molto, essere rifiutato,
venire ucciso. E i dubbi sono legione, tutto cos difficile da capire e da vivere. E allora

anche lui si ferma, vuole vederci chiaro, ed davanti al Padre che va per cogliere il senso
profondo di ci che sta per accadere.
Nel contatto con il Padre anche la nostra realt si illumina, ci che nascosto appare in
tutta la sua chiarezza ed evidenza, come il volto di Ges: Mentre pregava il suo volto
cambi di aspetto, si trasform.
Pregare trasforma. Pregare ti cambia dentro, tu diventi ci che contempli, ci che ascolti,
ci che ami... Preghi e ti trasformi in Colui che preghi; entri in intimit con Dio, che ha un
cuore di luce, e ne sei illuminato a tua volta. La preghiera mettersi in viaggio:
destinazione Tabor, un battesimo di luce e di silenzio; destinazione futuro, lampada ai tuoi
passi la Parola e il cuore di Dio.
Ges sale su di un monte. I monti sono come indici puntati verso il cielo, verso il mistero
di Dio, raccontano la vita come una ascensione verso pi luce e pi cielo. Scriveva il
filosofo latino Seneca: fino a che sei all'osteria, puoi negare Dio. Ma non facile negarlo
quando sei nel silenzio della tua camera o della natura.
Siamo mai saliti sul Tabor, toccati dalla gioia, dalla dolcezza di Dio? Vi mai successo di
dire come Pietro: Signore, che bello! Vorrei che questo momento durasse per sempre.
Facciamo qui tre tende...?
Si trattava di una luce, una bellezza, un amore che cantavano dentro. E una voce diceva:
bello stare su questa terra, che gravida di luce. bello essere uomini, dentro una umanit
che pian piano si libera, cresce, ascende. bello vivere. Perch tutto ha senso, un senso
positivo, senso per sempre.
Il cristianesimo proprio la religione della penitenza e della mortificazione, come molti
pensano? Il Tabor dice no. E che fare con le croci? Fissare gli occhi solo su di esse o
all'opposto ignorarle? Dio fa di pi: ci regala quel volto che gronda luce, su cui tenere fissi
gli occhi per affrontare il momento in cui la vita gronda sangue, come Ges nell'orto degli
ulivi.
Pietro fa l'esperienza che Dio bello e lo annuncia. Noi invece abbiamo ridotto Dio in
miseria, l'abbiamo mostrato pedante, pignolo, a rovistare nel passato e nel peccato.
Restituiamogli il suo volto solare: un Dio bello, grembo di fioriture, un Dio da gustare e da
godere, come Francesco: tu sei bellezza, tu sei bellezza, come Agostino: tardi ti ho
amato. Bellezza tanto antica e tanto nuova. Allora credere sar come bere alle sorgenti
della luce.
(Letture: Gnesi 15, 5-12.17-18; Salmo 26; Filippesi 3, 17-4,1; Luca 9,28b-36)
riproduzione riservata
Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
28/02/2013
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Senza amore non ci sar futuro


III Domenica di Quaresima
Anno C
(...) Prendendo la parola, Ges disse loro: Credete che quei Galilei fossero pi peccatori
di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete
tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali croll la torre di Sloe e le
uccise, credete che fossero pi colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi

dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. Diceva anche questa
parabola: Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi
frutti, ma non ne trov. Allora disse al vignaiolo: Ecco, sono tre anni che vengo a cercare
frutti su quest'albero, ma non ne trovo. Tglialo dunque! Perch deve sfruttare il
terreno?. (...)
Che colpa avevano i diciotto uccisi dal crollo della torre di Siloe? E le vittime di terremoti,
incidenti, malattie, sono forse pi peccatori degli altri? La risposta di Ges netta: Non c'
rapporto alcuno tra colpa e disgrazia, tra peccato e sventura. Dice invece: Se non vi
convertirete, perirete tutti. Nessuno si salva da solo. tutta una societ che si deve salvare
insieme. Non serve fare la conta dei buoni e dei cattivi, bisogna riconoscere che tutto un
mondo che non va.
O ci salviamo tutti o periamo tutti: mai come oggi sentiamo attuale questo appello accorato
di Ges. Mai come oggi capiamo che tutto nell'universo in stretta connessione: se ci sono
milioni di poveri senza dignit n istruzione, sar tutto il mondo ad essere privato del loro
contributo; se la natura sofferente, soffre e muore anche l'uomo.
Dobbiamo fondare vita e societ su altre fondamenta che non siano la disonest e la
corruzione, la violenza del pi forte, la prepotenza del pi ricco. Convertirci al comando
nuovo e ultimo di Ges: amatevi! Amatevi, altrimenti vi distruggerete. Il vangelo tutto
qui. Senza, non ci sar futuro. Alla seriet di queste parole fa da contrappunto la fiducia
della piccola parabola del fico: il padrone pretende frutti, non li ha da 3 anni, far tagliare
l'albero. Invece il contadino sapiente, con il cuore nel futuro, dice: ancora un anno di cure
e gusteremo il frutto.
Dio della speranza: ancora un anno, ancora un giorno, ancora sole pioggia cure perch
quest'albero, che sono io, buono e dar frutto. Dio contadino, chino su di me, ortolano
fiducioso di questo piccolo orto in cui ha seminato cos tanto per tirar su cos poco. Eppure
continua a inviare germi vitali, sole, pioggia, fiducia. Per lui il frutto possibile domani
conta pi della mia sterilit di oggi. Lui crede in me prima ancora che io dica s. Ama per
primo, ama in perdita, ama senza contraccambio. Mi consegna un anticipo di fiducia, che
mi conforta e mi incalza a seriet e impegno. A conquistare lo sguardo fiducioso di Dio
verso gli altri, verso i figli ad esempio, che talvolta non capiamo, che finora non hanno
prodotto frutto. Sono come il fico della parabola: ancora un poco e metteranno le gemme!
Perch l'albero dei figli buono, il seme seminato buono, e allora germoglier, pur tra le
crisi. La fiducia dei genitori come una vela per i figli, li sospinge in avanti.
La fiducia profetica, realizza ci che spera. Anche Ges ha avuto la forza di non voler
vedere subito i risultati, li ha soltanto sperati. Si impegnato a essere credibile senza
pretendere di essere creduto. Cos faremo anche noi. E ci che tarda verr
(Letture: Esodo 3,1-8a. 13-15; Salmo 102; 1 Corinzi 10, 1-6.10-12; Luca 13, 1-9)
riproduzione riservata
Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
07/03/2013
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Un Padre che non rinfaccia ma ama
IV Domenica di Quaresima
Anno C

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In quel tempo, si avvicinavano a Ges tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei
e gli scribi mormoravano dicendo: Costui accoglie i peccatori e mangia con loro.
Ed egli disse loro questa parabola: Un uomo aveva due figli. Il pi giovane dei due disse
al padre: "Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta". Ed egli divise tra loro le sue
sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio pi giovane, raccolte tutte le sue cose, part per un
paese lontano e l sperper
il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto (...).
Un padre aveva due figli. Se ne va, un giorno, il pi giovane, in cerca di se stesso, in cerca
di felicit. Non a mani vuote, per, pretende l'eredit: come se il padre fosse gi morto per
lui. Probabilmente non ne ha una grande opinione, forse gli appare un debole, forse un
avaro, o un vecchio un po' fuori dal mondo. Ma i ribelli in fondo chiedono solo di essere
amati.Il fratello maggiore intanto continua la sua vita tutta casa e lavoro, per il suo cuore
altrove, assente. Lo rivela la contestazione finale al padre: io sempre qui a
dirti di s, mai una piccola soddisfazione per me e i miei amici. Neanche lui ha una grande
opinione di suo padre: un padre padrone, che si pu o si deve ubbidire, ma che non si pu
amare.
L'obiettivo di questa parabola precisamente quello di farci cambiare l'opinione che
nutriamo su Dio. Il primo figlio pensa che la vita sia uno sballo, un adolescente nel cuore.
Cerca la felicit nel principio del piacere. Ma si risveglia dal suo sogno in mezzo ai porci a
rubare le ghiande. Il principe ribelle diventato servo.Allora ritorna in s, dice il racconto,
perch prima era come fuori di s, viveva di cose esterne. Riflette e decide di tornare.
Forse perch si accorge di amare il padre? No, perch gli conviene. E si prepara la scusa
per essere accolto: avevi ragione tu, sono stato uno stupido, ho sbagliato... Continua a non
capire nulla di suo padre.
Un Padre che il racconto del cuore di Dio: lascia andare il figlio anche se sa che si far
male, un figlio che gli augura la morte. Un padre che ama la libert dei figli, la provoca, la
attende, la festeggia, la patisce.Un padre che corre incontro al figlio, perch ha fretta di
capovolgere il dolore
in abbracci, di riempire il vuoto del cuore. Per lui perdere un figlio una perdita infinita.
Non ha figli da buttare, Dio.Un padre che non rinfaccia, ma abbraccia; non sa che farsene
delle scuse, le nostre ridicole scuse, perch il suo sguardo non vede il peccato del figlio,
vede il suo ragazzo rovinato dalla fame.Ma non si accontenta di sfamarlo, vuole una festa
con il meglio che c' in casa, vuole reintegrarlo in tutta la sua dignit e autorit di prima:
mettetegli l'anello al dito! E non ci sono rimproveri, rimorsi, rimpianti.Un Padre che infine
esce a pregare il figlio maggiore, alle prese con l'infelicit che deriva da un cuore non
sincero, un cuore di servo e non di figlio, e tenta di spiegare e farsi capire, e alla fine non si
sa se ci sia riuscito. Un padre che non giusto,
di pi: amore, esclusivamente amore. Allora Dio cos? Cos eccessivo, cos tanto, cos
esagerato? S, il Dio in cui crediamo cos. Immensa rivelazione per cui Ges dar la sua
vita.
(Letture: Giosu 5,9-12; Salmo 33; 2 Corinzi 5,17-21; Luca 15,1-3.11-32).
riproduzione riservata
Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
15/03/2013
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Ges apre le porte delle nostre prigioni


V domenica di Quaresima
Anno C
(...) Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in
mezzo e gli dissero: Maestro, questa donna stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora
Mos, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?.
Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Ges si chin
e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poich insistevano nell'interrogarlo, si alz e
disse loro: Chi di voi senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei. E, chinatosi
di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ci, se ne andarono uno per uno, cominciando
dai pi anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era l in mezzo. Allora Ges si alz e le
disse: Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?. Ed ella rispose: Nessuno,
Signore. E Ges disse: Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare pi.
Una trappola ben congegnata, per porre Ges o contro Dio o contro l'uomo. Gli scribi e i
farisei gli condussero una donna... la posero in mezzo.
Donna senza nome, che per scribi e farisei non una persona, una cosa, che si prende, si
porta, si conduce, si pone di qua o di l, dove a loro va bene. Che si pu mettere a morte.
Una donna su cui gli uomini possono fare la massima delle violenze, compiuta per di pi
dagli uomini del sacro, legittimata da un Dio terribile e oscuro, amante non della vita ma
della morte. Una donna ferita nella persona, nella sua dignit, nella sua grandezza e
inviolabilit. Contro la quale i difensori di Dio commettono un peccato pi grave del
peccato che vogliono punire.
Ges si chin e scriveva col dito per terra... Davanti a quella donna Ges china gli occhi a
terra, come preso da un pudore santo davanti al mistero di lei. Gli fa male vederlo
calpestato in quel modo.
Chi di voi senza peccato getti per primo la pietra contro di lei.Ges butta all'aria tutto il
vecchio ordinamento con una battuta sola, con parole taglienti e cos vere che nessuno pu
ribattere.
Nessuno ti ha condannata? Neanch'io ti condanno. Ecco la giustizia di Dio: non quella
degli uomini ma quella di Ges, il giusto che giustifica, il santo che rende giusti, venuto a
portare non la resa dei conti ma una rivoluzione radicale dei rapporti tra Dio e uomo, e di
conseguenza tra uomo e uomo. A raccontare di una mano, di un cuore amorevole che ci
prende in braccio e, per la prima volta, ci ama per quello che siamo, perdonando ogni
errore, sciogliendo ogni ferita, ogni dolore. Pi avanti compir qualcosa di ancor pi
radicale: metter se stesso al posto di quella donna, al posto di tutti i condannati, di tutti i
colpevoli, e si lascer uccidere da quel potere ritenuto di origine divina, spezzando cos la
catena malefica l dove essa ha origine, in una terribile, terribilmente sbagliata idea di Dio.
Va e d'ora in poi non peccare pi: ci che sta dietro non importa, importa il bene possibile
domani. Tante persone vivono come in un ergastolo interiore. Schiacciate da sensi di colpa,
da errori passati, e abortiscono l'immagine divina che preme in loro per crescere e venire
alla luce. Ges apre le porte delle nostre prigioni, smonta i patiboli su cui spesso
trasciniamo noi stessi e gli altri. Sa bene che solo uomini e donne liberati e perdonati
possono dare ai fratelli libert e perdono.
Va', muoviti da qui, vai verso il nuovo, e porta lo stesso amore, lo stesso perdono, a
chiunque incontri. Il perdono il solo dono che non ci far pi vittime e non far pi
vittime, n fuori n dentro noi.

(Letture: Isaia 43, 16-21; Salmo 125; Filippesi 3, 8-14; Giovanni 8, 1-11)
riproduzione riservata
Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
16/03/2013
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Le speranze suscitate dal Pontefice


Il Papa "preso quasi alla fine del mondo", che si ispira al poverello di Assisi e domanda al
"popolo" di pregare per lui: quali speranze suscita in voi il nuovo Pontefice? Scrivetelo (in
non pi di 15 righe). l'invito che campeggia con evidenza nella Home Page
www.avvenire.it. Uno spazio sul quale si sono da subito concentrati i click dei visitatori, al
punto che in 3 giorni si sono superati ampiamente i 500 messaggi. Lo spazio ancora
aperto e chi interessato pu aggiungere la propria testimonianza (avendo l'avvertenza di
evitare testi chilometrici e di rispettare le regole basilari di Internet, cio ad esempio, non
scrivere tutto in lettere maiuscole), o anche solo limitarsi a leggere le innumerevoli
attestazioni di affetto, i desideri, le aspettative e anche le emozioni e i sentimenti presentati
da tanti con semplicit e intensit.
Nella colonna a fianco un banner propone l'acquisto a modico prezzo dell'ebook che
raccoglie i testi pubblicati da Avvenire tra il 12 febbraio e il 3 marzo scorsi. Sono proposte
cronache, interviste, editoriali e contributi che hanno raccontato la notizia della rinuncia di
papa Benedetto e quanto accaduto nei giorni successivi, fino al termine del pontificato.
poi presente un'ampia selezione del supplemento speciale ad Avvenire di domenica 24
febbraio e tutti i discorsi pronunciati da papa Ratzinger nell'ultimo scorcio del suo
ministero petrino.
riproduzione riservata
Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
19/03/2013
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Quando gli parlai di famiglie in affido


di Lia Sanicola*
Non ci siamo ancora riavuti dallo choc dell'elezione del Papa argentino Francesco che ci ha
fatto vivere momenti indimenticabili, dallo stupore all'euforia. Mio marito Daniele,
piemontese, ha vissuto 30 anni in Argentina. Abbiamo pianto, riso e poi abbiamo
ricordato.
Alcuni anni fa, durante un viaggio in Argentina come "professore visitante" dell'universit
di Mar del Plata, sono stata chiamata a svolgere alcuni seminari su tematiche di mia
competenza, tra cui l'affido familiare. Un sacerdote amico ci sugger di rendere visita
all'arcivescovo di Buenos Aires e si adoper per farci avere un appuntamento, che abbiamo
ottenuto nel giro di 24 ore. Fu un colloquio intenso durante il quale Bergoglio si interess
del mio lavoro, dei contatti che avevo avuto in Argentina e delle impressioni che ne avevo
raccolto. Mi sugger di incontrare il decano della facolt di Lavoro Sociale dell'Universit
del Salvador
l'ateneo retto dai Gesuiti , dove successivamente fui invitata a svolgere alcune lezioni.

In quella circostanza gli raccontai anche del mio impegno culturale con la famiglia, gli
consegnai il mio libro sull'affidamento familiare e gli parlai dell'associazione "Famiglie per
l'Accoglienza" a cui ci eravamo dedicati per anni, avendo come punto di riferimento la
dottrina sociale della Chiesa. Ne fu interessato e colpito, ci disse che una sua sorella aveva
fatto accoglienza di un bambino e parlammo anche delle sfide dell'affido familiare. Ci fece
dono di un libro sulla cattedrale di Buenos Aires ed in seguito ci scrisse un biglietto.
Conserviamo un ricordo vivissimo di quell'incontro, per la cordialit con cui siamo stati
accolti e messi a nostro agio, per la semplicit del suo tratto, per il senso dell'humour che
ha dimostrato in pi momenti.
Questo incontro e l'elezione del papa Francesco, impressi nella nostra memoria, ci rendono
pi responsabili e grati di fronte alla Presenza che ha cambiato la nostra vita ed assumono
oggi una luce che splender sempre nella nostra quotidiana esistenza.
*Famiglie
per l'Accoglienza
riproduzione riservata

Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi


21/03/2013
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L'amore eterno penetra nel tempo


Domenica delle Palme
Anno C
(...) Mentre ancora egli parlava, ecco giungere una folla; colui che si chiamava Giuda, uno
dei Dodici, li precedeva e si avvicin a Ges per baciarlo. Ges gli disse: Giuda, con un
bacio tu tradisci il Figlio dell'uomo?. Allora quelli che erano con lui, vedendo ci che
stava per accadere, dissero: Signore, dobbiamo colpire con la spada?. E uno di loro colp
il servo del sommo sacerdote e gli stacc l'orecchio destro. Ma Ges intervenne dicendo:
Lasciate! Basta cos!. E, toccandogli l'orecchio, lo guar.
Sono i giorni supremi, i giorni del nostro destino. Volete sapere qualcosa di voi e di Me?
dice il Signore . Vi do un appuntamento: un uomo in croce. Volgete lo sguardo a Colui
che posto in alto.
Il giorno prima, gioved, l'appuntamento di Dio stato un altro: uno che posto in basso.
Che cinge un asciugamano e si china a lavare i piedi ai suoi. Chi Dio? Il tuo lavapiedi. In
ginocchio davanti a me. Le sue mani sui miei piedi. Davvero, come a Pietro, ci viene da
dire: ma Tu sei tutto matto. E Lui a ribadire: sono come lo schiavo che ti aspetta, e al tuo
ritorno ti lava i piedi. Il cristianesimo scandalo e follia.
E io, nella vita, di fronte all'uomo che atteggiamento ho? Quanto somigliante a quello del
Salvatore? Sono il servitore del bisogno e della gioia di mio fratello? Sono il lavapiedi
dell'uomo?
Ve la immaginate una umanit dove ognuno corre ai piedi dell'altro? Dove ognuno si
inchina davanti all'uomo, come il gesto emozionante del vescovo di Roma che si inchina,
al balcone di San Pietro, al suo primo apparire, chiedendo preghiera e benedizione, dando
venerazione e onore a ogni figlio della terra?

La croce l'immagine pi pura e pi alta che Dio ha dato di se stesso. Per sapere chi sia
Dio devo solo inginocchiarmi ai piedi della Croce (Karl Rahner).
Dio cos: bacio a chi lo tradisce. Non spezza nessuno, spezza se stesso. Non versa il
sangue di nessuno, versa il proprio sangue. Non chiede pi sacrifici a me, sacrifica se
stesso per me.
E noi qui disorientati, che non capiamo. Ma poi lo stupore, e anche l'innamoramento. Dopo
duemila anni sentiamo, come le donne, il centurione, il ladro, che nella Croce c' attrazione
e seduzione, c' bellezza. La suprema bellezza della storia quella accaduta fuori
Gerusalemme, sulla collina dove il Figlio di Dio si lascia inchiodare, povero e nudo, per
morir d'amore. Dove un amore eterno penetra nel tempo come una goccia di fuoco, e
divampa.
Fondamento della fede cristiana la cosa pi bella del mondo: un atto d'amore totale. La
croce domanda sempre aperta, so di non capire. Alla fine per ci che convince di una
semplicit assoluta:
Perch la croce / il sorriso / la pena inumana?/
Credimi / cos semplice / quando si ama. (Jan Twardowski)
Si fece buio su tutta la terra da mezzogiorno fino alle tre. Una notazione temporale che ha
il potere di riempirmi di speranza: perch dice che fissato un limite alla tenebra, un argine
al dolore: tre ore pu infierire, ma non andr oltre, poi il sole ritorna. Cos fu in quel
giorno, cos sar anche nei giorni della nostra angoscia.
Ci che ci fa credere la croce, ma ci in cui crediamo la vittoria della croce, la vittoria
della vita (Pascal).
(Letture: Isaia 50, 4-7; Salmo 21; Filippsi 2,6-11; Luca 22, 14-23.56)
riproduzione riservata
Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
28/03/2013
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Pasqua, giorno senza pi tramonto


Pasqua di Risurrezione
Anno C
Il primo giorno della settimana, al mattino presto (le donne) si recarono al sepolcro,
portando con s gli aromi che avevano preparato. Trovarono che la pietra era stata rimossa
dal sepolcro e, entrate, non trovarono il corpo del Signore Ges. Mentre si domandavano
che senso avesse tutto questo, ecco due uomini presentarsi a loro in abito sfolgorante. Le
donne, impaurite, tenevano il volto chinato a terra, ma quelli dissero loro: Perch cercate
tra i morti colui che vivo? Non qui, risorto. Ricordatevi come vi parl quando era
ancora in Galilea e diceva: "Bisogna che il Figlio dell'uomo sia consegnato in mano ai
peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno". (...)
ancora buio e le donne si recano al sepolcro di Ges, le mani cariche di aromi. Vanno a
prendersi cura del suo corpo, con ci che hanno, come solo loro sanno. Sono quelle donne
che l'avevano seguito dalla Galilea, sostenendolo con i loro beni in ci che era necessario.
Con lui avevano assaporato la ricchezza del pi che necessario, giorni di libert felice,
germogli di un mondo nuovo. Sono quelle che stavano sotto la croce. L'avevano guardato
morire. E nessuno a soccorrerlo. Ora vanno al sepolcro: ci che le muove non un atto di

fede nella divinit di Ges, non una speranza segreta, ma un atto d'amore. Lo amano
ancora, semplicemente, ma ci che rimette in marcia la vita: non possibile amare la
divinit di Cristo se non amando prima la sua umanit (Heidewick di Anversa).
Il racconto di Luca di estrema sobriet: entrarono e non trovarono il corpo del Signore.
Tutto si blocca, l'assenza del corpo di Ges entra dolorosamente in loro come uno
smarrimento, un vuoto pieno solo di domande. E alla desolazione si aggiunge paura: due
uomini vestiti di lampi. Come contrastata la fede di Pasqua! Quasi fossero doglie di
parto. Si innesta su di una ferita, su di una assenza patita dolorosamente, su di una perdita.
Perch cercate tra i morti colui che vivo?
Voi state cercando il vostro tesoro perduto, avete fame di colui che vi ha riempito di senso
le vite.
Perch cercate colui che vivo? Bellissimo nome di Ges: Lui il vivente. Non solo
vivo adesso, come uno che non pi un morto, ma il vivente, colui che continuamente
vive, cui appartiene il vivere, l'autore della vita: la sua missione, la sua azione germinare
vita, fiorire vita.
Non qui, risuscitato, si alzato. I Vangeli raccontano la risurrezione di Ges con i due
verbi del mattino dell'uomo, svegliarsi e alzarsi. Come se i nostri giorni fossero una piccola
risurrezione quotidiana, e la Pasqua un giorno senza pi tramonto. Ma la tomba vuota non
basta, gli angeli non bastano perch la fede venga alla luce: Ricordatevi come vi parl:
bisogna che io sia crocifisso e risorga... ed esse ricordarono le sue parole.
Adesso tutto esplode. Le donne ricordano, credono perch ricordano, credono non per le
parole degli angeli, ma per la parola di Ges. Credono prima di vedere. Non sono le
apparizioni che fanno credere, n le vesti sfolgoranti, ci che fa credere sempre la sua
Parola, Vangelo custodito anche nei giorni della perdita e dell'assenza. Le donne hanno
conservato quelle parole perch le amano, perch nell'uomo si imprime e persiste solo ci
che ci sta davvero a cuore. Principio di ogni incontro con il Vivente , anche per noi, la
custodia amorosa della sua Parola.
(Letture: Atti 10, 34a. 37-43; Salmo 117; Colossesi 3, 1-4; Luca 24, 1-12)
riproduzione riservata
Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
04/04/2013
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Nel cuore del cielo il nostro alfabeto d'amore


II Domenica di Pasqua - Anno C
(...) Pace a voi!. Detto questo, mostr loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al
vedere il Signore. Ges disse loro di nuovo: Pace a voi! Come il Padre ha mandato me,
anche io mando voi. Detto questo, soffi e disse loro: Ricevete lo Spirito Santo. A coloro
a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno
perdonati. Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Ddimo, non era con loro quando venne
Ges. Gli dicevano gli altri discepoli: Abbiamo visto il Signore!. Ma egli disse loro: Se
non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e
non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo. Otto giorni dopo i discepoli erano di
nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Ges, a porte chiuse, stette in mezzo
e disse: Pace a voi!. Poi disse a Tommaso: Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani;

tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!. Gli
rispose Tommaso: Mio Signore e mio Dio!. Ges gli disse: Perch mi hai veduto, tu hai
creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!. (...)
Anoi giov pi l'incredulit di Tommaso che non la fede degli apostoli (Gregorio Magno).
Tommaso ci pi utile degli altri. Perch ci mostra quale grande educatore fosse Ges:
aveva formato Tommaso alla libert interiore, al coraggio di dissentire per seguire la
propria coscienza.
Erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per paura dei Giudei. Una
comunit chiusa, impaurita, a porte sbarrate; Tommaso no, lui va e viene, un coraggioso
(aveva esortato i suoi compagni: andiamo anche noi a morire con lui!). L dentro si sentiva
mancare l'aria.
Abbiamo visto il Signore, qui, quando tu non c'eri, gli dicono. E lui: se non vedo con i miei
occhi non vi credo.
Tommaso un prezioso compagno di viaggio, come tutti quelli, dentro e fuori della chiesa,
che vogliono vedere, vogliono toccare, con la seriet che merita la fede; tutti quelli che
sono esigenti e radicali, e non si accontentano del sentito dire, ma vogliono una fede che si
incida nel cuore e nella storia.
Che bello se anche nella Chiesa fossimo educati con lo stile di Ges, che formava pi alla
seriet e all'approfondimento, alla libert e al coraggio, che non all'ubbidienza. P. Vannucci
esortava: non pensate pensieri gi pensati da altri. Per non fare spreco dello Spirito.
Poi il momento centrale: l'incontro con il Risorto. Ges invece di imporsi, si propone, si
espone: Metti qui il tuo dito; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco. Ges rispetta la
sua fatica e i suoi dubbi; rispetta i tempi di ciascuno e la complessit del vivere. Non si
scandalizza, si ripropone con le sue ferite aperte. La risurrezione non ha richiuso i fori dei
chiodi, perch la morte di croce non un semplice incidente da superare, invece qualcosa
che deve restare per l'eternit, gloria e vanto di Cristo, il punto pi alto, la rivelazione
massima dell'amore di Dio. Nel cuore del cielo sta, per sempre, carne d'uomo ferita. Nostro
alfabeto d'amore.
Perch mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!
Ecco una beatitudine che sento finalmente mia, le altre le ho sempre sentite difficili, cose
per pochi coraggiosi, per pochi affamati di immenso.
Finalmente una beatitudine per tutti, per chi fa fatica, per chi cerca a tentoni, per chi non
vede, per chi ricomincia. Beati voi... grazie a tutti quelli che credono senza necessit di
segni, anche se hanno mille dubbi, come Tommaso. Sono quelli che se una volta potessero
toccare Ges da vicino - vedere il volto, toccare il volto - se una volta potranno vederlo,
ma in noi, anch'essi diranno: Mio Signore e mio Dio!
(Letture: Atti 5, 12-16; Salmo 117; Apocalisse 1,9-11.12-13.17.19; Giovanni 20,19-31)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
11/04/2013
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Quella domanda: mi ami tu?
III domenica di Pasqua - Anno C

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(...) Quand'ebbero mangiato, Ges disse a Simon Pietro: Simone, figlio di Giovanni, mi
ami pi di costoro?. Gli rispose: Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene. Gli disse:
Pasci i miei agnelli. Gli disse di nuovo, per la seconda volta: Simone, figlio di
Giovanni, mi ami?. Gli rispose: Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene. Gli disse:
Pascola le mie pecore. Gli disse per la terza volta: Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi
bene?. Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: Mi vuoi bene?, e
gli disse: Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene. Gli rispose Ges: Pasci le
mie pecore. In verit, in verit io ti dico: quando eri pi giovane ti vestivi da solo e andavi
dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestir e ti porter
dove tu non vuoi. Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio.
E, detto questo, aggiunse: Seguimi.
Gli Apostoli sono tornati l dove tutto ha avuto inizio, al loro mestiere di prima, alle parole
di sempre: vado a pescare, veniamo anche noi; e poi notti di fatica, barche vuote, volti
delusi.
L'ultima apparizione di Ges raccontata nel contesto della normalit del quotidiano.
Dentro di esso, nel cerchio delle azioni di tutti i giorni anche a noi dato di incontrare
Colui che abita la vita e le persone, non i recinti sacri.
Ges ritorna da coloro che l'hanno abbandonato, e invece di chiedere loro di inginocchiarsi
davanti a lui, lui che si inginocchia davanti al fuoco di brace, come una madre che si
mette a preparare da mangiare per i suoi di casa. il suo stile: tenerezza, umilt, custodia.
Amici, vi chiamo, non servi. Ed molto bello che chieda: portate un po' del pesce che
avete preso! E il pesce di Ges e il tuo finiscono insieme e non li distingui pi.
In questo clima di amicizia e semplicit, seduti attorno a un fuocherello, si svolge il
dialogo stupendo tra Ges e Pietro.
Ges, maestro di umanit, usa il linguaggio semplice dell'amore, domande risuonate sulla
terra infinite volte, sotto tutti i cieli, in bocca a tutti gli innamorati che non si stancano di
sapere: mi ami? Mi vuoi bene?
Semplicit estrema di parole che non bastano mai, perch la vita ne ha fame; di domande e
risposte che anche un bambino capisce perch quello che si sente dire dalla mamma tutti i
giorni.
Il linguaggio del sacro diventa il linguaggio delle radici profonde della vita. La vera
religione non mai separata dalla vita.
Seguiamo le tre domande, sempre uguali, sempre diverse: Simone, mi ami pi di tutti?
Pietro risponde con un altro verbo, quello pi umile dell'amicizia e dell'affetto: ti voglio
bene. Anche nella seconda risposta Pietro mantiene il profilo basso di chi conosce bene il
cuore dell'uomo: ti sono amico. Nella terza domanda succede qualcosa di straordinario.
Ges adotta il verbo di Pietro, si abbassa, si avvicina, lo raggiunge l dov': Simone, mi
vuoi bene? Dammi affetto, se l'amore troppo; amicizia, se l'amore ti mette paura. Pietro,
sei mio amico? E mi baster, perch il tuo desiderio di amore gi amore.
Ges rallenta il passo sul ritmo del nostro, la misura di Pietro diventa pi importante di se
stesso: l'amore vero mette il tu prima dell'io. Pietro sente il pianto salirgli in gola: vede Dio
mendicante d'amore, Dio delle briciole, cui basta cos poco, e un cuore sincero.
Nell'ultimo giorno sono certo che se anche per mille volte avr tradito, il Signore per mille
volte mi chieder soltanto questo: Mi vuoi bene? E io non dovr fare altro che rispondere
per mille volte, soltanto questo: Ti voglio bene.
(Letture: Atti 5, 27b-32. 40b-41; Salmo 29; Apocalisse 5, 11-14; Giovanni 21, 1-19)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi


18/04/2013
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La voce di Cristo, guida verso la vita


IV Domenica di Pasqua
Anno C
In quel tempo, Ges disse: Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse
mi seguono.
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapper dalla mia
mano.
Il Padre mio, che me le ha date, pi grande di tutti e nessuno pu strapparle dalla mano
del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola.
Le mie pecore ascoltano la mia voce. bello il termine che Ges sceglie: la voce. Prima
ancora delle cose dette conta la voce, che il canto dell'essere. Riconoscere una voce vuol
dire intimit, frequentazione, racconta di una persona che gi abita dentro di te, desiderata
come l'amata del Cantico: la tua voce fammi sentire. Prima delle tue parole, tu.
Ascoltano la mia voce e mi seguono. Non dice: mi obbediscono. Seguire molto di pi:
significa percorrere la stessa strada di Ges, uscire dal labirinto del non senso, vivere non
come esecutori di ordini, ma come scopritori di strade. Vuol dire: solitudine impossibile,
fine dell'immobilismo, camminare per nuovi orizzonti, nuove terre, nuovi pensieri.
Chiamati, noi e tutta la Chiesa, ad allenarci alla sorpresa e alla meraviglia per cogliere la
voce di Dio, che gi pi avanti, pi in l.
E perch ascoltare la sua voce? La risposta di Ges: perch io do loro la vita eterna.
Ascolter la sua voce perch, come una madre, Lui mi fa vivere, la voce di Dio pane per
me. Cos come la voce degli uomini pane per Dio (Elias Canetti).
Per una volta almeno, fermiamo tutta la nostra attenzione su quanto Ges fa per noi. Lo
facciamo cos poco. I maestri di quaggi sono l a ricordarci doveri, obblighi,
comandamenti, a richiamarci all'impegno, allo sforzo, all'ubbidienza. Molti cristiani
rischiano di scoraggiarsi perch non ce la fanno. Ed io con loro.
Allora bene, salute dell'anima, respirare la forza che nasce da queste parole di Ges: io
do loro la vita eterna. Vita eterna vuol dire: vita autentica, vita per sempre, vita di Dio, vita
a prescindere. Prima che io dica s, Lui ha gi seminato in me germi di pace, semi di luce
che iniziano a germinare, a guidare i disorientati nella vita verso il paese della vita.
Nessuno le strapper dalla mia mano. La vita eterna un posto fra le mani di Dio. Siamo
passeri che hanno il nido nelle sue mani. E nella sua voce.
Siamo bambini che si aggrappano forte a quella mano che non ci lascer cadere.
Come innamorati cerchiamo quella mano che scalda la solitudine.
Come crocefissi ripetiamo: nelle tue mani affido la mia vita.
Dalla certezza che il mio nome scritto sul palmo della sua mano, dice il profeta, con una
immagine dolce, come di ragazzi che si scrivono sulla mano le cose importanti, da non
dimenticare all'esame; da questa vigorosa certezza, da non svendere mai, che per Dio io
sono indimenticabile, che niente e nessuno mai mi potr separare e strappare via, prende

avvio la mia strada nella vita: essere anch'io, per quanti sono affidati al mio amore e alla
mia amicizia, cuore da cui non si strappa, mano da cui non si rapisce.
(Letture: Atti 13, 14. 43-52; Salmo 99; Apocalisse 7, 9. 14-17; Giovanni 10, 27-30)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
25/04/2013
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Amare l'altro con lo stile di Ges


V Domenica di Pasqua
Anno C
Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Ges disse: Ora il Figlio dell'uomo stato
glorificato, e Dio stato glorificato in lui. Se Dio stato glorificato in lui, anche Dio lo
glorificher da parte sua e lo glorificher subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi
do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, cos
amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se
avete amore gli uni per gli altri.
Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri. S, ma di quale amore?
Parola cos abusata, parola che a pronunciarla male brucia le labbra, dicevano i rabbini.
Noi confondiamo spesso l'amore con un'emozione o un'elemosina, con un gesto di
solidariet o un momento di condivisione.
Amare sovrasta tutto questo, perch contiene il brivido emozionante della scoperta
dell'altro, che ti appare non pi come un oggetto ma come un evento, come colui che ti d
il gusto del vivere, che spalanca sogni, che ha la forza dolce delle nascite, che ti fa nascere,
con il meglio di te.
Per amare devo guardare una persona con gli occhi di Dio, quando adotto il suo sguardo
luminoso divento capace di scoprirne tutta la bellezza e grandezza e unicit. E da questo si
sprigiona fervore, meraviglia, incanto del vivere. Io vado dall'altro come ad una fonte, e mi
disseta. Allora lo posso amare, e nell'amore l'altro diventa il mio maestro, colui che mi fa
camminare per nuovi sentieri. Allo stesso modo anche i due sposi devono amarsi come due
maestri, ciascuno maestro dell'altro, ciascuno messo in cammino verso orizzonti pi
grandi. Lasciarsi abitare dalle ricchezze dell'altro, e la vita diventa immensamente pi
felice e libera. Allo stesso modo anche il povero che incontro o lo straniero che bussa alla
mia porta li posso guardare come fossero i nostri signori (san Vincenzo de Paolis), e
imparare quindi a dare come faceva Ges: non come un ricco ma come un povero che
riceve, come un mendicante d'amore. E pensare davanti al povero: sono io il povero, fatto
ricco di te, dei tuoi occhi accesi, della tua storia, del tuo coraggio.
Vi do un comandamento nuovo. Non si tratta di una nuova ingiunzione, ma della regola
che protegge la vita umana, dove sono riassunti del destino del mondo e la sorte di ognuno:
abbiamo tutti bisogno di molto amore per vivere bene (Maritain).
Dove sta la novit? Gi nell'Antico Testamento era scritto ama Dio con tutto il cuore, ama
il prossimo tuo come te stesso. La novit del comando sta nella parola successiva: Come io
ho amato voi, cos amatevi anche voi gli uni gli altri.

Non dice quanto vi ho amato, impossibile per noi la sua misura, ma come Ges, con il suo
stile unico, con la sua eleganza gentile, con i capovolgimenti che ha portato, con la sua
creativit: ha fatto cose che nessuno aveva fatto mai. I cristiani non sono quelli che amano
(lo fanno in molti sotto tutte le latitudini) ma quelli che amano come Ges: se io vi ho
lavato i piedi cos fate anche voi, fatelo a partire dai pi stanchi, dai pi piccoli, i vostri
signori...
Come Lui, che non solo amore, ma esclusivamente amore.
(Letture: Atti 14,21-27; Salmo 144; Apocalisse 21,1-5; Giovanni 13, 31-35)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
03/05/2013
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Chiamati a lasciarci amare da Dio


VI domenica di Pasqua
Anno C
In quel tempo, Ges disse: Se uno mi ama, osserver la mia parola e il Padre mio lo
amer e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva
le mie parole; e la parola che voi ascoltate non mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi
ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Parclito, lo Spirito Santo che
il Padre mander nel mio nome, lui vi insegner ogni cosa e vi ricorder tutto ci che io vi
ho detto. Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la d il mondo, io la do a voi. Non
sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: Vado e torner
da voi. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perch il Padre pi grande di
me. Ve l'ho detto ora, prima che avvenga, perch, quando avverr, voi crediate.
Se uno mi ama, osserver la mia parola. Affermazione cos importante da essere ribadita
subito al negativo: chi non mi ama non osserva le mie parole, non riesce, non ce la pu
fare, non da solo.
Una limpida constatazione: solo se ami il Signore, allora e solo allora la sua Parola, il tuo
desiderio e la tua volont cominciano a coincidere. Come si fa ad amare il Signore Ges?
L'amore verso di lui un'emozione, un gesto, molti gesti di carit, molte preghiere o
sacrifici? No. Amare comincia con una resa, con il lasciarsi amare. Dio non si merita, si
accoglie.
Io sono un campo dove circola vento, cade pioggia di vita, scoccano dardi di sole.
Capisco che non posso fare affidamento sui pochi centesimi di amore che soli mi
appartengono, non bastano per quasi nulla. Nei momenti difficili, se non ci fossi tu, Padre
saldo, Figlio tenero, Spirito vitale, cosa potrei comprare con le mie monetine? (M.
Marcolini).
Proprio come continua il Vangelo oggi: e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di
lui. Noi siamo il cielo di Dio, abitati da Dio intero, Padre Figlio e Spirito Santo. Un cielo
trinitario dentro di noi. Ci hanno spesso insegnato che l'incontro con il Signore era il
premio per le nostre buone azioni. Il Vangelo per dice altro: se, come Zaccheo, ti lasci
incontrare dal Signore, allora sar lui a trasformarti in tutte le tue azioni.

Simone Weil usa questa delicata metafora: Le amiche della sposa non conoscono i segreti
della camera nuziale, ma quando vedono l'amica diversa, gloriosa di vita nuova, con il
grembo che s'inarca come una vela, allora capiscono che a trasformarla stato l'incontro
d'amore. Ci rivolta qui una delle parole pi liberanti di Ges: il centro della fede non
ci che io faccio per Dio, ma ci che Dio fa per me. Al centro non stanno le mie azioni,
buone o cattive, ma quelle di Dio, il Totalmente Altro che viene e mi rende altro.
Il primo posto nel Vangelo non spetta alla morale, ma alla fede, alla relazione affettuosa
con Dio, allo stringersi a Lui come un bambino si stringe al petto della madre e non la vuol
lasciare, perch per lui vita.
Lo Spirito vi insegner ogni cosa e vi ricorder tutto quello che vi ho detto. Una
affermazione colma di bellissimi significati profetici. Due verbi: Insegnare e Ricordare.
Sono i due poli entro cui soffia lo Spirito: la memoria cordiale dei grandi gesti di Ges e
l'apprendimento di nuove sillabe divine; le parole dette in quei giorni e le nuove
conquiste della mente e dell'anima che lo Spirito induce. Colui che in principio covava le
grandi acque e si librava sugli abissi, continua ancora a covare le menti e a librarsi,
creatore, sugli abissi del cuore.
(Letture: Atti 15, 1-2.22-29; Salmo 66; Apocalisse 21, 10-14.22-23; Giovanni 14. 23-29)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi


09/05/2013
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Quella gravit che attira verso l'alto


Ascensione del Signore
Anno C
Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in citt,
finch non siate rivestiti di potenza dall'alto. Poi li condusse fuori verso Betnia e, alzate
le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si stacc da loro e veniva portato su, in cielo.
Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e
stavano sempre nel tempio lodando Dio.
Chi colui che sale al cielo? il Dio che ha preso per s il patire per offrirmi in ogni mio
patire scintille di risurrezione, squarci di luce nel buio pi nero, crepe nei muri delle
prigioni: mio Dio, esperto di evasioni! (M. Marcolini).
Che ha preso carne nel grembo di una donna rivelando la segreta nostalgia di Dio di essere
uomo. Che ora, salendo in cielo, porta con s la nostra nostalgia di essere Dio.
Li condusse fuori verso Betnia e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si
stacc da loro. Una lunga benedizione sospesa in eterno tra cielo e terra l'ultima
immagine di Ges. Testimone che la maledizione non appartiene a Dio.
Io non sono degno, eppure mi benedice. Dio dice bene di me! Io gli piaccio! Cos come
sono, gli piaccio! Dice bene di me e mi augura il bene: nelle mie amarezze e nelle mie
povert io sono benedetto, in tutti i miei dubbi benedetto, nelle mie fatiche benedetto...
Ges lascia un dono e un compito: predicate la conversione e il perdono. Conversione:
indica un movimento, un dinamismo, l'uscire dalle paludi del cuore inventandosi un balzo.

Significa il coraggio di andare controcorrente, contro la logica del mondo dove vincono
sempre i pi furbi i pi ricchi i pi violenti. Come fanno le beatitudini, conversione che ci
mette in equilibrio, in bilico tra terra e cielo.
Annunciare il perdono: la freschezza di un cuore rifatto nuovo come nella primavera della
vita. La possibilit, per dono di Dio, di ripartire sempre, di ricominciare, di non arrendersi
mai. Io so poche cose di Dio, ma una su tutte, e mi basta: che la sua misericordia infinita!
Dio una primavera infinita. E la nostra vita, per suo dono, un albeggiare continuo.
La conclusione del racconto a sorpresa: i discepoli tornarono a Gerusalemme con grande
gioia. Dovevano essere tristi piuttosto, finiva la presenza, se ne andava il loro amore, il
loro amico, il loro maestro.
Invece no. E questo perch fino all'ultimo giorno Lui ha le mani che grondano doni. Perch
non se ne va altrove, ma entra nel profondo di tutte le vite, per trasformarle.
la gioia di sapere che il nostro amare non inutile, ma sar raccolto goccia a goccia e
vissuto per sempre. la gioia di vedere in Ges che l'uomo non finisce con il suo corpo,
che la nostra vita pi forte delle sue ferite, che la carne fatta cielo.
Che non esiste nel mondo solo la forza di gravit che pesa verso il basso, ma anche una
forza di gravit che punta verso l'alto, quella che ci fa eretti, che mette verticali la fiamma e
gli alberi e i fiori, che solleva maree e vulcani. Ed come una nostalgia di cielo. Cristo
asceso nell'intimo di ogni creatura, forza ascensionale verso pi luminosa vita.
(Letture: Atti 1,1-11; Salmo 46; Ebrei 9,24-28; 10,19-23; Luca 24,46-53)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
16/05/2013
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Rimanere, insegnare, ricordare


Domenica di Pentecoste
Anno C
In quel tempo, Ges disse ai suoi discepoli: Se mi amate, osserverete i miei
comandamenti; e io pregher il Padre ed egli vi dar un altro Parclito perch rimanga con
voi per sempre. Se uno mi ama, osserver la mia parola e il Padre mio lo amer e noi
verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie
parole; e la parola che voi ascoltate non mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho
detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Parclito, lo Spirito Santo che il
Padre mander nel mio nome, lui vi insegner ogni cosa e vi ricorder tutto ci che io vi ho
detto.
Il Padre vi dar un altro "Parclito": nome che significa "Colui che chiamato accanto",
"Uno accanto a noi", a nostro favore, non "contro" di noi; perch quando anche il cuore ci
accusi, ci sia qualcuno pi grande del nostro cuore: nostro Difensore. Perch quando siamo
sterili e tristi, sia accanto come vento che porta pollini di primavera, come fuoco che
illumina la notte: Creatore e Consolatore. Perch quando siamo soli, di solitudine nemica,
sia colui che riempie la casa, il Dio vicino, che avvolge, penetra, fa volare ad altezze nuove
i pensieri, d slancio a gesti e parole, sulla misura di quelli di Cristo.

Rimarr con voi per sempre, vi insegner ogni cosa, vi ricorder tutto quello che vi ho
detto. Tre verbi pieni di bellissimi significati profetici: rimanere, insegnare e ricordare.
Che rimanga con voi, per sempre. Lo Spirito gi qui, ha riempito la casa. Se anche io non
sono con Lui, Lui rimane con me. Se anche lo dimenticassi, Lui non mi dimenticher.
Nessuno solo, in nessuno dei giorni.
Vi insegner ogni cosa: lo Spirito ama insegnare, accompagnare oltre verso paesaggi
inesplorati, dentro pensieri e conoscenze nuovi; sospingere avanti e insieme: con lui la
verit diventa comunitaria, non individuale.
Vi ricorder tutto: vi riporter al cuore gesti e parole di Ges, di quando passava e guariva
la vita e diceva parole di cui non si vedeva il fondo.
Pentecoste una festa rivoluzionaria di cui non abbiamo ancora colto appieno la portata. Il
racconto degli Atti degli Apostoli lo sottolinea con annotazioni precise: venne dal cielo
d'improvviso un vento impetuoso e riemp tutta la casa.
La casa dove gli amici erano insieme. Lo Spirito non si lascia sequestrare in luoghi
particolari che noi diciamo riservati alle cose del sacro. Qui sacra diventa la casa. La mia,
la tua, tutte le case sono ora il cielo di Dio.
Venne d'improvviso, e i discepoli sono colti di sorpresa, non erano preparati, non era
programmato. Lo Spirito non sopporta schemi, un vento di libert, fonte di libere vite.
Apparvero lingue di fuoco che si posavano su ciascuno. Su ciascuno, su ciascuno di noi.
Nessuno escluso, nessuna distinzione da fare. Tocca ogni vita, creatore e vuole creatori;
fuoco e vuole per la sua Chiesa coscienze accese e non intorpidite o acquiescenti.
Lo Spirito porta in dono un sapore di totalit, di pienezza, di completezza che Ges
sottolinea per tre volte: insegner ogni cosa, ricorder tutto, rimarr per sempre. E la
liturgia fa eco: del tuo Spirito Signore piena la terra.
In Lui l'uomo, e il cosmo, ritrovano la loro pienezza: abitare il futuro e la libert, abitare il
Vento e il Fuoco, come nomadi d'Amore.
(Letture: Atti 2,1-11; Salmo 103; Romani 8,8-17; Giovanni 14,15-16.23-26).
riproduzione riservata

Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi


23/05/2013
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Ci che del Padre anche nostro


Santissima Trinit
Anno C
In quel tempo, disse Ges ai suoi discepoli: Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il
momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verr lui, lo Spirito della verit, vi
guider a tutta la verit, perch non parler da se stesso, ma dir tutto ci che avr udito e
vi annuncer le cose future. Egli mi glorificher, perch prender da quel che mio e ve lo
annuncer. Tutto quello che il Padre possiede mio; per questo ho detto che prender da
quel che mio e ve lo annuncer.
La Trinit si delinea in filigrana, nel Vangelo di oggi, non come fosse un dogma astratto ma
come un accadimento di vita, una azione che ci coinvolge.

Lo Spirito mi glorificher: prender del mio e ve lo annuncer. La gloria per Ges, ci di


cui si vanta, la pienezza della sua missione consiste in questo: che tutto ci che suo sia
anche nostro.
Dio gode nel mettere in comune. Ci per cui Cristo venuto: trasmettere se stesso e far
nascere in noi tutti un Cristo iniziale e incompiuto, un germe divino incamminato.
Tutto quello che il Padre possiede mio. Il segreto della Trinit una circolazione di doni
dentro cui preso e compreso anche l'uomo; non un circuito chiuso, ma un flusso aperto
che riversa amore, verit, intelligenza fuori di s, oltre s. Una casa aperta a tutti gli amici
di Ges.
La gloria di Ges diventa la nostra: noi siamo glorificati, cio diamo gioia a Dio e ne
ricaviamo per noi godimento e pienezza, quando facciamo circolare le cose belle, buone e
vere, le idee, le ricchezze, i sorrisi, l'amore, la creativit, la pace...
Nel dogma della Trinit c' un sogno per l'umanit. Se Dio Dio solo in questa comunione
di doni, allora anche l'uomo sar uomo solo nella comunione.
E questo contrasta con i modelli del mondo, dove ci sono tante vene strozzate che
ostruiscono la circolazione della vita, e vene troppo gonfie dove la vita ristagna e provoca
necrosi ai tessuti. Ci sono capitali accumulati che sottraggono vita ad altre vite; intelligenze
cui non permesso di fiorire e portare il loro contributo all'evoluzione dell'umanit; linee
tracciate sulle carte geografiche che sono come lacci emostatici, e sia di qua che di l, per
motivi diversi, si soffre...
Tutto circola nell'universo: pianeti e astri e sangue e fiumi e vento e uccelli migratori...
l'economia della vita, che si ammala se si ferma, che si spegne se non si dona. Come nel
racconto della ospitalit di Abramo, alla querce di Mambre: arriva uno sconosciuto
all'accampamento e Abramo con dolce insistenza lo forza a fermarsi e a mettersi a tavola.
All'inizio uno solo, poi senza spiegazione apparente, i personaggi sono tre.
E noi vorremmo capire se Dio o se sono solo dei viandanti. Vorremmo distinguere ci
che non va distinto. Perch quando accogli un viandante, tu accogli un angelo, l'ha detto
Ges: ero straniero e mi avete accolto.
L'ospitalit di Abramo al Dio Viandante, Uno e Tre, ha un premio: la fecondit di Sara che
sar madre. Forse qui c' lo scintillio di un rimedio per la nostra epoca che sta appassendo
come il grembo di Sara: riprendiamo anche noi il senso dell'accoglienza e ci sar vita nella
tenda, vita nella casa.
(Letture: Proverbi 8, 22-31; Salmo 8; Romani 5, 1-5; Giovanni 16, 12-15)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi


30/05/2013
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Siamo ricchi di ci che doniamo


Santissimo corpo e sangue di Cristo - Anno C
In quel tempo (...) i Dodici gli si avvicinarono dicendo: Congeda la folla perch vada nei
villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona
deserta. Ges disse loro: Voi stessi date loro da mangiare. Ma essi risposero: Non

abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per
tutta questa gente. C'erano infatti circa cinquemila uomini (...).
Egli prese i cinque pani e i due pesci, alz gli occhi al cielo, recit su di essi la
benedizione, li spezz e li dava ai discepoli perch li distribuissero alla folla. Tutti
mangiarono a saziet e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
Mandali via, sera ormai e siamo in un luogo deserto. Gli apostoli hanno a cuore la gente,
ma solo in parte, come se dicessero: lascia che ognuno si risolva i suoi problemi da solo.
Ges non li ascolta, lui non ha mai mandato via nessuno, vuole fare di quel deserto, di ogni
nostro deserto, una casa dove si condividono pane e sogni.
Per i discepoli Ges aveva finito il suo lavoro: aveva predicato, aveva nutrito la loro
anima, era sufficiente. Per Ges no. Lui non riusciva ad amare l'anima e a non amare i
corpi: parlava alle folle del Regno di Dio e guariva quanti avevano bisogno di cure. In
tutta la Bibbia l'uomo non ha un corpo, un'anima-corpo senza separazioni.
Il Vangelo trabocca di miracoli compiuti sui corpi di uomini, donne, bambini. I corpi
guariti diventano come il laboratorio del Regno, il collaudo di un mondo nuovo, risanato,
liberato, respirante. Diventato casa: fateli sedere in gruppi, metteteli in relazione tra loro,
che facciano casa. Il miracolo della condivisione dei pani e dei pesci - il Vangelo non parla
di moltiplicazione - inizia con una richiesta illogica di Ges ai suoi: Date loro voi stessi da
mangiare. Ma gli apostoli non sono in grado, hanno soltanto cinque pani, un pane ogni
mille persone. La sorpresa di quella sera che poco pane condiviso con gli altri
sufficiente, che la fine della fame non sta nel mangiare a saziet, da solo, il tuo pane, ma
nello spartire con gli altri il poco che hai, il bicchiere d'acqua fresca, olio e vino sulle ferite,
un po' di tempo e un po' di cuore. Noi siamo ricchi solo di ci che abbiamo donato alla
fame d'altri.
Ges avanza questa pretesa irragionevole e profetica (voi date da mangiare) per dire a noi,
alla Chiesa tutta di seguire la voce della profezia, non quella della ragione; di imparare a
ragionare con il cuore, il cuore sognatore di chi condivide anche ci che non ha.
Dona, allora, anche il tempo che non hai. Non conta la quantit ma l'intensit. E vedrai che
il tempo e il cuore donati si moltiplicheranno. Vedrai che torneranno a te ore pi liete,
giorni pi sereni, battiti danzanti del cuore.
Tutti mangiarono a saziet. Quel tutti importante. Sono bambini, donne, uomini. Sono
santi e peccatori, sinceri o bugiardi, donne di Samaria con cinque mariti e altrettanti
divorzi, nessuno escluso.
Cos Dio immagina la sua Chiesa: capace di insegnare, guarire, saziare, accogliere senza
escludere nessuno, capace come gli apostoli di accettare la sfida di mettere in comune tutto
quello che ha. Capace di operare miracoli, che non consistono nella moltiplicazione di beni
materiali, ma nella prodigiosa e creativa moltiplicazione del cuore.
(Letture: Genesi 14, 18-20; Salmo 109; 1 Corinzi 11, 23-26; Luca 9, 11b-17)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
06/06/2013
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Il Signore della compassione
X Domenica

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Tempo ordinario Anno C


In quel tempo, Ges si rec in una citt chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi
discepoli e una grande folla. Quando fu vicino alla porta della citt, ecco, veniva portato
alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della citt era
con lei. Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: Non
piangere!. Si avvicin e tocc la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse:
Ragazzo, dico a te, lzati!. Il morto si mise seduto e cominci a parlare. Ed egli lo
restitu a sua madre. Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: Un grande
profeta sorto tra noi (...).
Una donna, una bara, un corteo. Sono gli ingredienti di base del racconto di Nain che mette
in scena la normalit della tragedia in cui si recita il dolore pi grande del mondo. Quel
buco nero che inghiotte la vita di una madre, di un padre privati di ci che pi importante
della loro stessa vita. Quel freddo improvviso e spaventoso che ti stringe la gola e sai che
d'ora in poi niente sar pi come prima.
Quella donna era vedova, aveva solo quel figlio, che per lei era tutto. Due vite precipitate
dentro una sola bara. Quante storie cos anche oggi, quante famiglie dove la morte di
casa. Perch questo accanirsi, questa dismisura del male su spalle fragili? Il Vangelo non
d risposte, mostra solo Ges che piange insieme alla donna, e sono due madri che
piangono, sono due vedove. Ges non sfiora il dolore, penetra dentro il suo abisso insieme
a lei.
Entra in citt da forestiero e si rivela prossimo: chi il prossimo? Gli avevano chiesto. Chi
si avvicina al dolore altrui, se lo carica sulle spalle, cerca di consolarlo, alleviarlo, guarirlo
se possibile. Il Vangelo dice che Ges fu preso da grande compassione per lei. La prima
risposta del Signore di provare dolore per il dolore della donna. Vede il pianto e si
commuove, non prosegue ma si ferma, e dice dolcemente: donna, non piangere. Ma non si
accontenta di asciugare lacrime. Ges consola liberando. Si avvicina a una persona che,
forse, in cuor suo sta maledicendo Dio: Perch a me, perch a me? Cosa ho fatto?
Nessun segnale ci dice che quella donna fosse credente pi fervida di altri. Nessuno. Ci
che fa breccia nel cuore di Ges, il Signore amante della vita, il suo dolore. Quella donna
non prega, ma Dio ascolta il suo gemito, la supplica universale e senza parole di chi non sa
pi pregare o non ha fede, e si fa vicino, vicino come una madre al suo bambino. Si accosta
alla bara, la tocca, parla: Ragazzo dico a te, alzati. Levati, alzati in piedi, sorgi, il verbo
usato per la risurrezione. E lo restitu alla madre, restituisce il ragazzo all'abbraccio,
all'amore, agli affetti che soli ci rendono vivi, alle relazioni d'amore nelle quali soltanto
troviamo la vita.
E tutti glorificavano Dio dicendo: sorto un profeta grande! Ges profetizza Dio, il Dio
della compassione, che cammina per tutte le Nain del mondo, che si avvicina a chi piange,
ne ascolta il gemito. Che piange con noi quando il dolore sembra sfondare il cuore. E ci
convoca a operare miracoli, non quello di trasformare una bara in una culla, come lui a
Nain, ma il miracolo di stare accanto a chi soffre, lasciandosi ferire da ogni gemito, dal
divino sentimento della compassione.
(Letture: 1Re 17, 17-24; Salmo 29; Glati 1, 11-19; Luca 7, 11-17)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
13/06/2013

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L'amore conta, pesa pi del peccato


XI Domenica
Tempo ordinario Anno C
In quel tempo, uno dei farisei invit Ges a mangiare da lui (..) Ed ecco, una donna, una
peccatrice di quella citt, saputo che si trovava nella casa del fariseo, port un vaso di
profumo (...).Vedendo questo, il fariseo che l'aveva invitato disse tra s: Se costui fosse un
profeta, saprebbe chi , e di quale genere la donna che lo tocca: una peccatrice!. Ges
allora (..) volgendosi verso la donna, disse a Simone: Vedi questa donna? Sono entrato in
casa tua e tu non mi hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le
lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli (...) Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi
molti peccati, perch ha molto amato (...).
Leggo questo racconto grondante di lacrime e d'amore, grondante di vita, e provo a
guardare come guarda Ges, che si fa largo dentro il groviglio delle nostre contraddizioni
morali, per fissarsi sul germe intatto, il germe divino che attende la risurrezione anche nel
cuore dell'ultima prostituta. Ges vede oltre le etichette: arriva una donna e dove gli altri
vedono solo una peccatrice, lui vede un'amante: ha molto amato.
Un Vangelo che ci contesta e ci conforta. Il cristianesimo non un intreccio complicato di
dogmi e doveri. Ges ne indica il cuore: ama, hai fatto tutto.
Quella donna ha ascoltato il profondo bisogno di ricevere e dare amore, che ognuno di noi
ha dentro; un bisogno che, se lo soffochi, ti rende infelice o avido o cinico.
Va diritta davanti a lui, non gli chiede permesso, fa una cosa inaudita tanto sconveniente:
mani, bocca, lacrime, capelli, profumo su di lui. Lei sa, con tutte le sue fibre, che quello
strano rabb non l'avrebbe cacciata.
Sono gesti contro tutti i rituali, che vanno oltre lecito e illecito, oltre doveri o obblighi, con
una carica affettiva veemente. Ai quali Ges non si sottrae, che apprezza. Bastava, come
tanti altri, chiedere perdono. Perch quell'eccesso, il profumo, le carezze, i baci?
la lingua universale in cui detto il cuore. E Dio guarda il cuore. E gode vedendo la
donna uscire da un rapporto scadente di contabilit o di baratto con il Signore, e spiccare il
volo negli spazi della libert e del dono.
Simone, tu non mi hai dato un bacio, questa donna invece da quando sono entrato non ha
cessato di baciarmi. Dal poco al molto amore: Ges, Dio desidera essere amato, va in cerca
di persone e ambienti pronti a dargli affetto.
Simone era molto religioso e molto duro. Forse perch viveva la fede come osservanza
delle regole divine e non come risposta all'amore di Dio.
Molto le perdonato perch molto ha amato. Ges cambia il paradigma della fede: dal
peccato all'amore. Non il peccato, pur confessato ed espiato, l'asse portante del rapporto
con Dio, ma ricevere e restituire amore. L'amore conta, vale, pesa pi del peccato. L'errore
che hai commesso non revoca il bene compiuto, non lo annulla. il bene invece che
revoca il male di ieri e lo cancella. Una spiga conta pi di tutta la zizzania del campo.
La rivoluzione evangelica: passare dal poco al molto amore. L'amore non fa peccati.
L'amore contiene tutto, tutti i doni e tutti i doveri (M. Bellet).
Quella donna mostra che un solo gesto d'amore, anche se muto e nascosto, pi utile per
questo nostro mondo dell'opera pi grandiosa: la rivoluzione portata da Ges, possibile a
tutti, possibile a me, ogni giorno.
(Letture: 2 Samuele 12, 7-10.13; Salmo 31; Galati 2,16.19-21; Luca 7,36-8,3).

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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
20/06/2013
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La domanda decisiva Chi sono io per te?


XII Domenica Tempo ordinario - Anno C
Un giorno Ges si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli
pose loro questa domanda: Le folle, chi dicono che io sia?. Essi risposero: Giovanni il
Battista; altri dicono Ela; altri uno degli antichi profeti che risorto. Allora domand
loro: Ma voi, chi dite che io sia?. Pietro rispose: Il Cristo di Dio. Egli ordin loro
severamente di non riferirlo ad alcuno (...)
Ges si trovava in un luogo solitario a pregare... Silenzio, solitudine, preghiera sono il
grembo in cui si chiarisce l'identit profonda. Sono i momenti in cui la verit si fa come
tangibile, la senti sopra, sotto, intorno a te come un manto luminoso; in cui ti senti docile
fibra dell'universo. E in quest'ora speciale Ges pone la domanda decisiva, qualcosa da cui
poi dipender tutto: fede, scelte, vita... ma voi chi dite che io sia?
Preceduta da un ma, come in contrapposizione alle risposte della gente: dicono che sei
un profeta, bocca di Dio e dei poveri, una creatura di fuoco e luce. Quella di Ges non
una domanda per esaminare il livello di conoscenza che gli apostoli hanno di lui, ma
contiene il cuore pulsante dei miei giorni di credente: Chi sono io per te? Non in gioco
l'esatta definizione di Cristo, ma la presa, lo spazio che occupa in me, nei pensieri, nelle
parole, nella giornata. Il tempo e il cuore che mi ha preso.
Ges, maestro di umanit, non impone risposte, ti conduce con delicatezza a cercare dentro
di te. Allora il passato non basta, non serve riandare ad Elia o a Giovanni. In Ges c' un
presente di parole mai udite, di gesti mai visti, una mano che ti prende le viscere e ti fa
partorire (A. Merini). Partorire vita pi grande.
Pietro risponde con la sua irruenza: tu sei il Cristo di Dio. Il messia di Dio, il suo braccio, il
suo progetto, la sua bocca, il suo cuore. Ma Pietro non sa che cosa lo aspetta. La risposta di
Ges ci sorprende ancora: ordin severamente di non dire niente a nessuno. Severamente,
perch c'era il grave rischio di annunciare un Messia sbagliato. Ed lui stesso a tracciare il
vero volto del Figlio dell'Uomo che deve soffrire molto, venire ucciso e risorgere il terzo
giorno. Dio passione, passione d'amore. Passione che sacrifica se stessa. Una passione
che nessuna tomba pu imprigionare.
Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e
mi segua. Seguire Cristo significa portare avanti il suo progetto. Ma come? Ges non dice
prenda la mia croce, ma la sua, ciascuno la sua. Il progetto unico, ma ognuno
percorrer la sua strada libera e creativa, diversa da tutte, che deve tracciare, che non gi
tracciata. La croce la sintesi del Vangelo. Qualunque sia il tuo stato di vita, l'et, il lavoro,
la salute, tu puoi, con le tue fatiche, i tuoi talenti e le debolezze, prendere il Vangelo su di
te e collaborare con Cristo alla sua stessa missione, allo stesso sogno di una umanit
incamminata verso una vita buona, lieta e creativa, non come un esecutore di ordini ma
come un artista sotto l'ispirazione dello Spirito (Maritain).
(Letture: Zaccaria 12,10-11;13,1; Salmo 62; Galati 3,26-28; Luca 9, 18-24).

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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi


27/06/2013
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Guardare avanti per vivere in pienezza


XIII domenica
Tempo ordinario - Anno C
(...) Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli
l'ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perch era chiaramente in cammino verso
Gerusalemme. Quando videro ci, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: Signore, vuoi
che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?. Si volt e li rimprover. E si
misero in cammino verso un altro villaggio. Mentre camminavano per la strada, un tale gli
disse: Ti seguir dovunque tu vada. E Ges gli rispose: Le volpi hanno le loro tane e gli
uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo. A un altro
disse: Seguimi. E costui rispose: Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio
padre. Gli replic: Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va' e annuncia
il regno di Dio. (...)
Vuoi che scenda un fuoco dal cielo e li consumi? La reazione di Giacomo e Giovanni al
rifiuto dei Samaritani segue la logica comune: farla pagare, occhio per occhio.
Ges si volt, li rimprover e si avvi verso un altro villaggio. Nella concisione di queste
parole si staglia la grandezza di Ges. Che difende chi non la pensa come lui, che
capovolge la logica della storia, quella che dice: i nemici si combattono e si eliminano.
Ges invece intende eliminare il concetto stesso di nemico. E si avvi verso un altro
villaggio. Il Signore inventore di strade: c' sempre un nuovo villaggio con altri malati da
guarire, altri cuori da fasciare; c' sempre un'altra casa dove annunciare pace. Non ha
bisogno di mezzi forti o di segni prodigiosi, non cova risentimenti. Lui custodisce sentieri
verso il cuore dell'uomo, come canta il salmo: beato l'uomo che ha sentieri nel cuore
(84,6), che ha futuro e fiducia. E il Vangelo diventa viaggio, via da percorrere, spazio
aperto. E invita il nostro cristianesimo a diventare cos, a continui passaggi, a esodi, a
percorsi.
Come accade anche ai tre nuovi discepoli che entrano in scena nella seconda parte del
Vangelo. Ad essi, che ci rappresentano tutti, dice: Le volpi hanno tane, gli uccelli nidi, ma
io non ho dove posare il capo.
Eppure non era esattamente cos. Ges aveva cento case di amici e amiche felici di
accoglierlo a condividere pane e sogni. Con la metafora delle volpi e degli uccelli Ges
traccia il ritratto della sua esistenza minacciata dal potere religioso e politico, sottoposta a
rischio, senza sicurezza. Chi vuole vivere tranquillo e in pace nel suo nido non potr essere
suo discepolo.
Noi siamo abituati a sentire la fede come conforto e sostegno, pane buono che nutre, e
gioia. Ma questo Vangelo ci mostra che la fede anche altro: un progetto che non assicura
una esistenza tranquilla, ma offre la gioiosa fatica di aprire strade nuove, il rischio di essere

rifiutati e perfino perseguitati. Perch si oppone e smonta il presente, quando le sue logiche
sanno di superficialit, di violenza, di inganno, per seminarvi il futuro.
Lascia che i morti seppelliscano i loro morti. Una frase durissima che non contesta gli
affetti umani, ma si chiarisce con ci che segue: Tu va e annunzia il Regno di Dio. Tu fa
cose nuove. Se ti fermi all'esistente, al gi visto, al gi pensato, non vivi in pienezza. Noi
abbiamo bisogno di freschezza e il Signore ha bisogno di gente viva. Di gente che, come
chi ha posto mano all'aratro, non guardi indietro a sbagli, incoerenze, fallimenti, ma avanti,
ai grandi campi della vita, che gli appartengono, a un Dio che viene dall'avvenire.
(Letture: 1Re 19, 16.19-21; Salmo 15; Glati 5, 1.13-18; Luca 9, 51-62)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
04/07/2013
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Operai del bello, mietitori del buono


XIV Domenica
Tempo Ordinario-Anno C
In quel tempo, il Signore design altri settantadue e li invi a due a due davanti a s in ogni
citt e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: La messe abbondante, ma sono pochi
gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perch mandi operai nella sua messe!
Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, n sacca, n
sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada (...) Quando entrerete in una citt
e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sar offerto, guarite i malati che vi si trovano, e
dite loro: vicino a voi il regno di Dio(...).
La messe abbondante, ma sono pochi quelli che vi lavorano. Ges insegna uno sguardo
nuovo per muoverci nel mondo: la terra matura continuamente spighe di buonissimo grano.
Insegna un modo nuovo di guardare l'umanit: la vede come un campo traboccante di
un'abbondanza di frutti.
Noi abbiamo sempre interpretato questo brano come un lamento sul tanto lavoro da fare e
sulla scarsit di vocazioni sacerdotali o religiose. Ma Ges dice qualcosa di molto pi
importante: il mondo buono. C' tanto bene sulla terra. Sa che il padre suo ha seminato
bene nei cuori degli uomini: molti di essi vivono una vita buona, tanti cuori inquieti
cercano solo un piccolo spiraglio per aprirsi verso la luce, tanti dolori solitari attendono
una carezza per sbocciare alla fiducia.
Ges manda discepoli, ma non a lamentarsi, come facciamo noi, di un mondo lontano da
Dio, ma ad annunciare un capovolgimento: il Regno di Dio si fatto vicino, Dio vicino,
vicino alla tua casa... Mai stato cos vicino! Viviamo oggi un momento epocale di
rinascita spirituale, di rinascita alla vita. Questo mondo che a noi sembra avviato verso la
crisi, un immenso laboratorio di idee nuove, progetti, esperienze di giustizia e pace, un
altro mondo sta nascendo, e reca frutti di libert, di consapevolezza, di salvaguardia del
creato.
Di tutto questo lui ha gettato il seme, nessuno lo potr sradicare dalla terra. Manca per
qualcosa, manca chi lavori al buono di oggi. Mancano operai del bello, mietitori del buono,

contadini che sappiano far crescere i germogli di un mondo pi giusto, di una mentalit pi
positiva, pi umana. A questi lui dice: Andate: non portate borsa n sacca n sandali...
Vi mando disarmati. Decisivi non sono i mezzi, decisive non sono le cose. I messaggeri
vengono portando un pezzetto di Dio in s. Se hanno un pezzetto di Vangelo dentro, lo
emaneranno tutto attorno a loro, lo irradieranno: se in noi non pace, non daremo pace,
se in noi non ordine non creeremo ordine (G.Vannucci).
Per questo non hanno bisogno di cose. Non hanno nulla da dimostrare, mostrano Dio in s.
Come non ha nulla da dimostrare una donna incinta: ha un bambino in s e questo basta.
Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi. Non dice: vi mando allo sbaraglio, al martirio. C'
il mistero del male, ci sono i lupi, s, ma non vinceranno. Forse sono pi numerosi degli
agnelli, ma non sono pi forti. Vi mando come presenza disarmata, a combattere la
violenza, ad opporvi al male, non attraverso un 'di pi' di forza, ma con un "di pi" di
bont. La bont non soltanto la risposta al male, ma anche la risposta al non-senso della
vita (P. Ricoeur).
(Letture: Isaia 66,10-14; Salmo 65; Galati 6, 14-18; Luca 10,1-12.17-20).
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
11/07/2013
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Chiamati a diventare samaritani


XV Domenica
Tempo ordinario - Anno C
In quel tempo, un dottore della Legge si alz per mettere alla prova Ges e chiese:
Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?. Ges gli disse: Che cosa sta
scritto nella Legge? Come leggi?. Costui rispose: Amerai il Signore tuo Dio con tutto il
tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo
prossimo come te stesso. Gli disse: Hai risposto bene; fa' questo e vivrai. Ma quello,
volendo giustificarsi, disse a Ges: E chi mio prossimo?. Ges riprese: Un uomo
scendeva da Gerusalemme a Grico (...)
Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico. Seguono poche righe, uno dei racconti pi
brevi al mondo, e pi belli, in cui condensato il dramma e la soluzione di tutta intera la
storia umana. Un uomo: non sappiamo il suo nome, ma sappiamo il suo volto: ferito,
colpito, terrore e sangue, faccia a terra, non ce la fa. il volto eterno dell'uomo,
Il mondo intero passa per la strada che va da Gerusalemme a Gerico. Nessuno pu dire: io
faccio un'altra strada, nessuno pu dirsi estraneo alle sorti del mondo. Ci salveremo tutti
insieme, o salvezza non sar.
Un sacerdote scendeva per quella medesima strada. Il primo che passa un prete, un uomo
di Dio. Vede l'uomo a terra, lo aggira, passa oltre.
Oltre la carne e il dolore dell'uomo non c' Dio, non ci sono il tempio e il culto solenne, c'
solo l'illusione di poter amare Dio senza amare il prossimo, l'illusione di sentirci a posto
perch credenti, il pericolo di una religiosit vuota. L'appuntamento con Dio sulla strada
di Gerico. Percorri l'uomo e arriverai a Dio (Sant'Agostino)

Il secondo che passa un levita... Forse pensa: Ma perch Dio non interviene lui a salvare
quest'uomo? Dio interviene sempre, ma lo fa attraverso i suoi figli, attraverso di me. La sua
risposta al dolore del mondo sono io, inviato come braccia aperte.
Invece un Samaritano, un eretico, un nemico, mosso a piet, gli si fa vicino. Sono termini
di una carica infinita, bellissima, che grondano di luce, grondano di umanit. Non c'
umanit possibile senza la compassione, il meno sentimentale dei sentimenti, il meno
zuccheroso, il pi concreto: prendere su di me il destino dell'altro.
Non spontaneo fermarsi. La compassione non un istinto, ma una conquista. Come il
perdono: non un sentimento, ma una decisione. Il racconto di Luca adesso mette in fila
dieci verbi per descrivere l'amore: lo vide, si mosse a piet, si avvicin, scese, vers,
fasci, caric, lo port, si prese cura, pag... fino al decimo verbo: al mio ritorno salder...
Questo il nuovo decalogo, i nuovi dieci comandamenti, per tutti, perch l'uomo sia
promosso a uomo, perch la terra sia abitata da "prossimi", non da avversari.
Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico, un uomo fortunato. Perch l'esperienza di
essere stato amato gratuitamente, anche una sola volta nella vita, riempie di senso per
lungo tempo la vita, risana in profondit chi ha subito violenza e si sentito calpestato
nell'anima.
Ma chi il mio prossimo? Ges risponde: tuo prossimo chi ha avuto compassione di te.
Allora ama il prossimo tuo, ama i tuoi samaritani, quelli che ti hanno salvato, rialzato, che
hanno pagato per te. Impara l'amore dall'amore ricevuto. Diventa anche tu samaritano.
(Letture: Deuteronomio 30,10-14; Salmo 18; Colossesi 1,15-20; Luca 10,25-37)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
18/07/2013
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Dio non cerca servitori, ma amici


XVI domenica
Tempo ordinario - Anno C
In quel tempo, mentre erano in cammino, Ges entr in un villaggio e una donna, di nome
Marta, lo ospit.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la
sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse:
Signore, non t'importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque
che mi aiuti. Ma il Signore le rispose: Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose,
ma di una cosa sola c' bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sar tolta.
Mentre erano in cammino... una donna di nome Marta lo ospit.
Ha la stanchezza del viaggio nei piedi, la fatica del dolore della gente negli occhi. Allora
riposare nella frescura amica di una casa, mangiare in compagnia sorridente un dono, e
Ges lo accoglie con gioia.
Quando una mano gli apre una porta, lui sa che l dentro c' un cuore che si schiuso
all'amore. Ha una meta, Gerusalemme, ma lui non passa oltre quando incontra qualcuno.
Per lui, come per il buon Samaritano, ogni incontro diventa una meta, un obiettivo.

Ges entra nella casa di due donne d'Israele, estromesse dalla formazione religiosa, va
direttamente nella loro casa, perch quello il luogo dove la vita pi vera. E il Vangelo
deve diventare vero nel cuore della vita.
Maria, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Sapienza del cuore, il fiuto per
saper scegliere ci che fa bene alla vita, ci che regala pace e forza: perch l'uomo segue
quelle strade dove il suo cuore gli dice che trover la felicit (sant'Agostino).
Mi piace immaginare questi due totalmente presi l'uno dall'altra: lui a darsi, lei a riceverlo.
E li sento tutti e due felici, lui di aver trovato un nido e un cuore in ascolto, lei di avere un
rabbi tutto per s, per lei che donna, a cui nessuno insegna. Lui totalmente suo, lei
totalmente sua. A Maria doveva bruciare il cuore quel giorno. Da quel momento la sua vita
cambiata. Maria diventata feconda, grembo dove si custodisce il seme della Parola, e
per questo non pu non essere diventata apostola. Per il resto dei suoi giorni a ogni
incontro avr donato ci che Ges le aveva seminato nel cuore.
Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose. Ges, affettuosamente come si fa con
gli amici, rimprovera Marta, ma non contraddice il suo servizio bens l'affanno, non il
cuore generoso di Marta ma l'agitazione. A tutti ripete: attento a un troppo che in agguato,
a un troppo che pu sorgere e ingoiarti, che affanna, che distoglie il volto degli altri.
Marta - sembra dire Ges, a lei e a ciascuno di noi - prima le persone, poi le cose.
Ges non sopporta che Marta sia confinata in un ruolo di servizio, che si perda nelle troppe
faccende di casa: tu, le dice Ges, sei molto di pi; tu puoi stare con me in una relazione
diversa, non solo di scambio di servizi. Tu puoi condividere con me pensieri, sogni,
emozioni, conoscenza, sapienza.
Maria ha scelto la parte migliore, ha iniziato cio dalla parte giusta il cammino che porta
al cuore di Dio. Perch Dio non cerca servitori, ma amici, non cerca delle persone che
facciano delle cose per lui, ma gente che gli lasci fare delle cose dentro di s.
(Letture: Gnesi 18, 1-10; Salmo 14; Colosssi 1, 24-28; Luca 10, 38-42)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi


25/07/2013
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Per pregare bene serve fame di vita


XVII domenica
Tempo ordinario - Anno C
Ges si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse:
Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli. Ed
egli disse loro: Quando pregate, dite: Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione.

Signore insegnaci a pregare!. Non tanto: insegnaci delle preghiere, delle formule o dei
riti, ma: insegnaci il cuore della preghiera, mostraci come si arrivi davanti a Dio.
Nel linguaggio corrente la parola pregare indica l'insistere, il convincere qualcuno, il
portarlo a cambiare atteggiamento. Per Ges no, pregare riattaccarsi di nuovo a Dio,
come si attacca la bocca alla fontana. riattaccarsi alla vita. Pregare aprirsi, con la gioia
silenziosa e piena di pace della zolla che si offre all'acqua che la vivifica e la rende
feconda (Giovanni Vannucci).
Per Ges, pregare equivale a creare legami, evocando nomi e volti, primo fra tutti quello
del Padre: quando pregate, dite: Padre. Tutte le preghiere di Ges riportate dai Vangeli
(oltre cento) iniziano con lo stesso termine Padre, la parola migliore con cui stare
davanti a Dio, con cuore fanciullo e adulto insieme, quella che contiene pi vita di
qualsiasi altra.
Padre, fonte sorgiva di ogni vita, di ogni bont, di ogni bellezza, un Dio che non si impone
ma che sa di abbracci; un Dio affettuoso, vicino, caldo, cui chiedere, da fratelli, le poche
cose indispensabili per ripartire ad ogni alba a caccia di vita.
E la prima cosa da chiedere: che il tuo nome sia santificato. Il nome contiene, nel
linguaggio biblico, tutta la persona: come chiedere Dio a Dio, chiedere che Dio ci doni
Dio. Perch Dio non pu dare nulla di meno di se stesso (Meister Eckhart), ma,
dandoci se stesso, ci d tutto! (Caterina da Siena).
Venga il tuo regno, nasca la terra nuova come tu la sogni, la nuova architettura del mondo e
dei rapporti umani che il Vangelo ha seminato.
Dacci il pane nostro quotidiano. Dona a noi tutti ci che ci fa vivere, il pane e l'amore,
entrambi indispensabili per la vita piena, necessari giorno per giorno.
E perdona i nostri peccati, togli tutto ci che invecchia il cuore e lo rinchiude; dona la forza
per salpare di nuovo ad ogni alba verso terre intatte. Libera il futuro. E noi, che adesso
conosciamo come il perdono potenzia la vita, lo doneremo ai nostri fratelli, e a noi stessi,
per tornare leggeri a costruire di nuovo, insieme, la pace.
Non abbandonarci alla tentazione. Non ti chiediamo di essere esentati dalla prova, ma di
non essere lasciati soli a lottare contro il male, nel giorno del buio. E dalla sfiducia e dalla
paura tiraci fuori; e da ogni ferita o caduta rialzaci tu, Samaritano buono delle nostre vite.
Insegnaci a pregare, adesso. Il Padre Nostro non va solo recitato, va imparato ogni giorno
di nuovo, sulle ginocchia della vita: nelle carezze della gioia, nel graffio delle spine, nella
fame dei fratelli. Bisogna avere molta fame di vita per pregare bene.
(Letture: Gensi 18, 21-21. 23-32; Salmo 137; Colosssi 2, 12-14; Luca 11, 1-13)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi


01/08/2013
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Illusi dai beni, si perde la vita vera


XVIII domenica
Tempo ordinario Anno C
E disse loro una parabola: La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto
abbondante. Egli ragionava tra s: Che far, poich non ho dove mettere i miei raccolti?

Far cos disse : demolir i miei magazzini e ne costruir altri pi grandi e vi


raccoglier tutto il grano e i miei beni. Poi dir a me stesso: Anima mia, hai a disposizione
molti beni, per molti anni; ripsati, mangia, bevi e divrtiti!. Ma Dio gli disse: Stolto,
questa notte stessa ti sar richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sar?.
Cos di chi accumula tesori per s e non si arricchisce presso Dio.
Crescere a pi libert, a pi consapevolezza, a pi amore, questo il cammino della vita
spirituale (Giovanni Vannucci). E oggi il Vangelo traccia proprio alcuni passi di questa
crescita.
D a mio fratello che divida con me l'eredit. Chi mi ha costituito giudice o mediatore
sopra di voi? Ges rifiuta decisamente l'idea di fare da arbitro tra due fratelli in contesa.
Perch Cristo non venuto per sostituirsi all'uomo. Non offre soluzioni gi predisposte, ma
la sua parola come luce per i tuoi passi, lampada per il tuo sentiero, che devi scoprire e
percorrere da te. Come dir poco oltre: perch non giudicate da voi stessi ci che giusto?
il tema delicato ed emozionante della libert umana, di un Dio fonte di libere vite.
In alleanza con lui, l'uomo non pi un semplice esecutore di ordini ma un libero
inventore di strade, che lo conducano verso gli altri e verso Dio.
Un uomo ricco aveva avuto un raccolto abbondante e diceva tra s: Che cosa far?
Demolir i miei granai e ne ricostruir di pi grandi. Non un uomo avido o un disonesto
il protagonista, non fa del male, non cattivo, ma stolto, non ha la sapienza del vivere.
Per due motivi: fa dipendere la sua sicurezza e il suo futuro dai suoi beni materiali, manca
di consapevolezza che ricchezza promette ma non mantiene, non colma il cuore n il
futuro; che il filo della vita ha il capo solo nelle mani di Dio. Non di solo pane vive l'uomo.
Anzi di solo pane, di solo benessere, di sole cose, l'uomo muore.
C' poi un secondo motivo per cui quell'uomo stolto, privo della sapienza sulla vita.
ricco ma solo: non c' nessun altro attorno a lui, nessuno nominato nel racconto; povero
di relazioni e d'amore perch gli altri contano poco nella sua vita, meno della roba e dei
granai.
Stolto questa notte dovrai restituire la tua vita. Per quell'uomo senza saggezza la morte non
un accadimento sorprendente ma il prolungamento delle sue scelte: in realt egli ha gi
allevato e nutrito la morte dentro di s, l'ha fatto con la sua mancanza di profondit, per
non essere cresciuto verso pi consapevolezza e verso pi amore. gi morto agli altri, e
gli altri per lui.
Con questa parabola sulla precariet Ges non disprezza i beni della terra, quasi volesse
disamorarci della vita e delle sue semplici gioie. Intende rispondere a una domanda di
felicit. Vuoi vita piena? Non cercarla al mercato delle cose. Sposta il tuo desiderio. Gli
unici beni da accumulare sulla terra per essere felici sono relazioni buone con le persone,
relazioni libere e liberanti, una sempre maggiore profondit. Il segreto della vita buona sta
nel crescere verso pi amore, pi consapevolezza e pi libert.
(Letture: Qoelet 1, 2; 2, 21-23; Salmo 89; Colossesi 3, 1-5. 9-11; Luca 12, 13-21)
riproduzione riservata

Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi


08/08/2013
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Dio al servizio della nostra felicit

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XIX Domenica
Tempo ordinario-Anno C
In quel tempo, Ges disse ai suoi discepoli:Non temere, piccolo gregge, perch al Padre
vostro piaciuto dare a voi il Regno. Vendete ci che possedete e datelo in elemosina;
fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo
non consuma (...) Beati quei servi che il padrone al suo ritorno trover ancora svegli; in
verit io vi dico, si stringer le vesti ai fianchi, li far mettere a tavola e passer a servirli. E
se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell'alba, li trover cos, beati loro! Cercate di
capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe
scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perch, nell'ora che non immaginate, viene il
Figlio dell'uomo (...).
Nell'ora che non immaginate viene il figlio dell'uomo. Viene, ma non come una minaccia o
un rendiconto che incombe. Viene ogni giorno ed ogni notte e cerca un cuore attento.
Come un innamorato, desidera essere desiderato. Come l'amata io lo attender, ben
sveglio: non voglio mancare l'appuntamento pi bello della mia vita! (M. Marcolini).
La parabola del signore e dei servi scandita in tre momenti. Tutto prende avvio per
l'assenza del signore, che se ne va e affida la casa ai suoi servi. Cos Dio ha consegnato a
noi il creato, come in principio l'Eden ad Adamo. Ci ha affidato la casa grande che il
mondo, perch ne siamo custodi con tutte le sue creature. E se ne va. Dio, il grande
assente, che crea e poi si ritira dalla sua creazione. La sua assenza ci pesa, eppure la
garanzia della nostra libert. Se Dio fosse qui visibile, inevitabile, incombente, chi si
muoverebbe pi? Un Dio che si impone sar anche obbedito, ma non sar amato da liberi
figli.
Secondo momento: nella notte i servi vegliano e attendono il padrone; hanno cinti i fianchi,
cio sono pronti ad accoglierlo, a essere interamente per lui. Hanno le lucerne accese,
perch notte. Anche quando notte, quando le ombre si mettono in via; quando la fatica
tanta, quando la disperazione fa pressione alla porta del cuore, non mollare, continua a
lavorare con amore e attenzione per la tua famiglia, la tua comunit, il tuo Paese, la madre
terra. Con quel poco che hai, come puoi, meglio che puoi. Vale molto di pi accendere una
piccola lampada nella notte che imprecare contro tutto il buio che ci circonda.
Perch poi arriva il terzo momento. E se tornando il padrone li trover svegli, beati quei
servi (si attende cos solo se si ama e si desidera, e non si vede l'ora che giunga il momento
degli abbracci). In verit vi dico, - quando dice cos assicura qualcosa di importante - li
far mettere a tavola e passer a servirli. il capovolgimento dell'idea di padrone: il punto
commovente, sublime di questo racconto, il momento straordinario, quando accade
l'impensabile: il signore si mette a fare il servo! Dio viene e si pone a servizio della mia
felicit!
Ges ribadisce due volte, perch si imprima bene, l'atteggiamento sorprendente del
signore: e passer a servirli. l'immagine clamorosa che solo Ges ha osato, di Dio nostro
servitore, che solo lui ha mostrato cingendo un asciugamano. Allora non chiamiamolo pi
padrone, mai pi, il Dio di Ges Cristo, chino davanti a noi, le mani colme di doni.
Questo Dio il solo che io servir, tutti i giorni e tutte le notti della mia vita. Il solo che
servir perch il solo che si fatto mio servitore.
(Letture: Sapienza 18, 6-9; Salmo 31; Ebrei 11, 1-2. 8-19; Luca 12, 32-48)
riproduzione riservata

Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi


15/08/2013
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Quel fuoco che rompe la falsa pace


XX Domenica
Tempo ordinario-Anno C
In quel tempo, Ges disse ai suoi discepoli: Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e
quanto vorrei che fosse gi acceso! Ho un battesimo nel quale sar battezzato, e come sono
angosciato finch non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra?
No, io vi dico, ma divisione. D'ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone,
saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio
contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora
contro suocera.
Sono venuto a portare il fuoco sulla terra. Pensate che io sia venuto a portare la pace? No,
vi dico, ma la divisione. Credo che tutti abbiamo avuto la fortuna di conoscere uomini e
donne ardenti, appassionati di Dio e dell'uomo, di averli visti passare fra noi come fuoco e
come spada. Ricordo la sorpresa, liberante, quando ascoltavo padre Turoldo dire: io mi
sento mandato a rompere le false paci dei conventi. Pace apparente, rotta da un modo pi
evangelico di intendere la vita, da qualcuno che vuole riproporre il sogno di Dio. Forse
quando va in frantumi un vecchio equilibrio, nella casa o nella comunit, quella che si
rompe non una pace autentica ma una situazione sbagliata, fondata su mancanza di
saggezza, su egoismi e silenzi.
Sono venuto a portare il fuoco, l'alta temperatura morale in cui avvengono le vere
trasformazioni del cuore e della storia. E come vorrei che divampasse! Stare vicino a Lui
stare vicino al fuoco. Siamo discepoli di un Vangelo che brucia dentro, che ci infiamma
qualche volta almeno, oppure abbiamo una fede che rischia di essere solo un tranquillante,
una fede sonnifero? Disinteressati a tutto, ai problemi ambientali, a ci che tocca violenza
e armi, passivi di fronte alle ingiustizie, senza fuoco?
Al tempo di Ges le donne e i bambini erano senza diritti; gli schiavi in balia dei padroni; i
lebbrosi, i ciechi, i poveri trattati con disprezzo. E Lui si mette dalla loro parte, li chiama al
suo banchetto, fa di un bambino il modello e dei poveri i principi del suo Regno, invia le
donne ad annunciare la Pasqua.
La fede abbracciare il suo progetto di vita, convinti che un altro mondo possibile; non
tanto mettere in pace la coscienza, ma risvegliarla! E la pace di chi si dona, di chi ama, di
chi non si attacca al denaro, di chi non vuole dominare n vendicarsi diventa precisamente
la spada, cio l'urto inevitabile con chi pensa che vivere dominare, arricchire, divertirsi.
Perch non giudicate da voi stessi ci che giusto? Un invito pieno di energia e di futuro,
rivolto alla folla cio a tutti: non seguite il pensiero dominante, non accodatevi all'opinione
della maggioranza. Cos il cristiano, intelligente e libero, medita sulla vita e sulla bibbia,
scruta i segni dei tempi e avanza: "la differenza decisiva non tra chi crede e chi non
crede, ma tra chi pensa e chi non pensa" (Card. Martini).Tra chi si domanda che cosa c' di
buono o di sbagliato in ci che accade, e chi non si domanda niente.
Giudicate da voi... Siate un po' profeti - invito forte e disatteso! - siate profeti anche
scomodi, dice il Signore, fate divampare la goccia di fuoco che lo Spirito ha deposto in voi.
(Letture: Geremia 38,4-6.8-10; Salmo 39; Ebrei 12,1-4; Luca 12,49-53)

riproduzione riservata
Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
22/08/2013
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Ges riconosce i suoi figli in ogni angolo del mondo


XXI domenica tempo ordinario - Anno C
(...) Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perch molti, io vi dico, cercheranno di
entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzer e chiuder la porta, voi,
rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: Signore, aprici!. Ma egli vi
risponder: Non so di dove siete. Allora comincerete a dire: Abbiamo mangiato e
bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze. Ma egli vi dichiarer: Voi,
non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!. L ci sar
pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel
regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e
da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che
saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi.
Sforzatevi di entrare per la porta stretta. Per la porta larga vuole passare chi crede di avere
addosso l'odore di Dio, preso tra incensi, riti e preghiere, e di questo si vanta. Per la porta
stretta entra chi ha addosso l'odore delle pecore (papa Francesco), l'operaio di Dio con le
mani segnate dal lavoro, dal cuore buono. la porta del servizio.
Quando il padrone di casa chiuder la porta, voi busserete: Signore aprici. E lui: non so di
dove siete, non vi conosco. Avete false credenziali. Infatti quelli che vogliono entrare si
vantano di cose poco significative: abbiamo mangiato e bevuto con te, eravamo in piazza
ad ascoltarti... ma questo pu essere solo un alibi, non significa che abbiano accolto
davvero il suo Vangelo. La sua Parola vera solo se diventa carne e sangue. A molti
contemporanei di Ges succedeva proprio questo: di sedere a mensa con lui, ascoltarlo
parlare, emozionarsi, ma tutto finiva l, non ne avevano la vita trasformata. Cos noi
possiamo partecipare a messe, ascoltare prediche, dirci cristiani, difendere la croce come
simbolo di una civilt, ma tutto questo non basta. La misura nella vita. La fede autentica
scende in quel tuo profondo dove nascono le azioni, i pensieri, i sogni, e da l erompe a
plasmare tutta intera la tua vita, tutte le tue relazioni. Perch le cose di Dio e le cose
dell'uomo sono indissolubili. Infatti quelli che bussano alla porta chiusa hanno compiuto s
azioni per Dio, ma nessuna azione per i fratelli. Non basta mangiare Ges che il pane,
occorre farsi pane.
Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia. Non vi conosco. Il riconoscimento
sta nella giustizia. Dio non ti riconosce per formule, riti o simboli, ma perch hai mani di
giustizia. Ti riconosce non perch fai delle cose per lui, ma perch con lui e come lui fai
delle cose per gli altri. Non so di dove siete: i vostri modi di vedere gli altri sono
lontanissimi dai miei, voi venite da un mondo diverso rispetto al mio, da un altro pianeta.
La conclusione della parabola piena di sorprese. Prima di tutto sfatata l'idea della porta
stretta come porta per pochi, per i pi bravi: tutti possono passare. Oltre quella porta Ges
immagina una festa multicolore: verranno da oriente e occidente, dal nord e dal sud del
mondo e siederanno a mensa. Il sogno di Dio: far sorgere figli da ogni dove. Li raccoglie,

per una offerta di felicit, da tutti gli angoli del mondo, variopinti clandestini del regno,
arrivati ultimi e da lui considerati primi.
Ges li riconosce dall'odore, lui che con le pecore sperdute, sofferenti, malate si
mischiato per tutta la vita. Li riconosce perch sanno il suo stesso odore.
(Letture: Isaia 66, 18-21; Salmo 116; Ebrei 12, 5-7. 11-13; Luca 13, 22-30)
riproduzione riservata
l Vangelo A cura di Ermes Ronchi
29/08/2013
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Dio regala gioia a chi produce amore


XXII domenica
Tempo Ordinario - Anno C
(...) Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: Quando sei
invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perch non ci sia un altro
invitato pi degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cdigli il posto!.
Allora dovrai con vergogna occupare l'ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va' a
metterti all'ultimo posto, perch quando viene colui che ti ha invitato ti dica: Amico, vieni
pi avanti!. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perch chiunque si esalta
sar umiliato, e chi si umilia sar esaltato. Disse poi a colui che l'aveva invitato: Quando
offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici n i tuoi fratelli n i tuoi parenti n i
ricchi vicini, perch a loro volta non ti invitino anch'essi e tu abbia il contraccambio (...).
Ges amava i banchetti, li adottava a simbolo della fraternit e a pulpito del suo annuncio
di un Dio e un mondo nuovi. Invitarlo per era correre un bel rischio, il rischio di gesti e
parole capaci di mettere sottosopra la cena, di mandare in crisi padroni e invitati.
Ed ecco che, presso un capo dei farisei, diceva agli invitati una parabola, notando come
sceglievano i primi posti, notando come entrare nella sala era entrare in un clima di
competizione, osservando come si dissolveva in invidie e rancori il senso della cena
insieme che la condivisione. Vedendo la corsa ai primi posti, reagisce opponendo a quella
ricerca di potere un gesto eloquente e creativo: Quando sei invitato va a metterti all'ultimo
posto. Ma non per umilt, non per modestia, ma per creare fraternit, per dire all'altro:
prima tu e dopo io; tu sei pi importante di me; vado all'ultimo posto non perch io non
valgo niente, ma perch tu, fratello, sia servito per primo e meglio. L'ultimo posto non
una condanna, il posto di Dio, venuto per servire e non per essere servito. La pedagogia
di Ges opporre ai segni del potere il potere dei segni (Tonino Bello), segni che tutti
capiscono, che parlano al cuore. All'ultimo posto non per umilt ma per rovesciare, per
invertire la scala di valori su cui poggia la nostra convivenza e per delineare un altro modo
di abitare la terra.
E poi, rivolto a colui che l'aveva invitato, aggiunge: Quando offri un pranzo o una cena,
non invitare i tuoi amici, n i tuoi fratelli n i tuoi parenti n i ricchi vicini. Sono i legami
normali che garantiscono l'eterno equilibrio del dare e dell'avere, la difesa dei tuoi beni e
gli interessi del tuo gruppo; sono i legami che tengono insieme un mondo che si difende e
si protegge, che segue la legge un po' gretta della reciprocit e del baratto, e che non crea
inclusione.

Ma c', alla periferia del tuo, un altro mondo, e ti riguarda: Quando offri una cena invita
poveri, storpi, zoppi, ciechi. Accogli quelli che nessuno accoglie, crea comunione con chi
escluso dalla comunione, dona senza contraccambio, dona in perdita a coloro che davvero
hanno bisogno e non possono restituire niente. Ges ha un sogno: un mondo dove nessuno
escluso, una citt da costruire partendo dalle periferie, dagli ultimi della fila, dagli uomini
del pane amaro.
E sarai beato perch non hanno da ricambiarti. Sarai beato, troverai la gioia e il senso
pieno del vivere nel fare le cose non per interesse, ma per generosit. la legge della vita:
per star bene l'uomo deve dare, amando per primo, in perdita, senza contraccambio. Sarai
beato: perch Dio regala gioia a chi produce amore.
(Letture: Sircide 3, 17-20.28-29; Salmo 67; Ebrei 12, 18-19.22-24; Matteo 11,29)
riproduzione riservata
l Vangelo A cura di Ermes Ronchi
05/09/2013
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Ges ci insegna ad amare di pi


XXIII Domenica
Tempo ordinario - Anno C
(...) Se uno viene a me e non mi ama pi di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i
figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non pu essere mio discepolo.
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non pu essere mio
discepolo. Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a
vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non
in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: Costui
ha iniziato a costruire, ma non stato capace di finire il lavoro. (...) Cos chiunque di voi
non rinuncia a tutti i suoi averi, non pu essere mio discepolo.
Ges, vedendo la folla numerosa che lo segue, si volta per metterla in guardia, chiarendo
bene che cosa comporti andare dietro a lui. Ges non illude mai, non strumentalizza
entusiasmi o debolezze, vuole invece adesioni meditate, mature
e libere. Perch alla quantit di discepoli preferisce la qualit. E indica tre condizioni per
seguirlo. Radicali.
Se uno viene a me e non mi ama pi di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i
fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non pu essere mio discepolo.
Parole che sembrano dure, eccessive, le diresti la crocifissione del cuore, con i suoi affetti,
e invece ne sono la risurrezione. Infatti il verbo centrale su cui poggia tutta l'architettura
della frase : se uno non mi ama di pi... Non si tratta di una sottrazione, ma di una
addizione. Ges non ruba amori, aggiunge un "di pi". Il discepolo colui che sulla luce
dei suoi amori stende una luce pi grande. E il risultato che ottiene non una limitazione
ma un potenziamento. Dice Ges: Tu sai quanto bello dare e ricevere amore, quanto
contano gli affetti, io posso offrirti qualcosa di ancora pi bello. Ges il sigillo, la
garanzia che se stai con Lui, se lo tieni con te, i tuoi amori saranno custoditi pi vivi e pi
luminosi.
Seconda condizione: Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non pu
essere mio discepolo. La croce: e noi la pensiamo metafora delle inevitabili difficolt di

ogni giorno, dei problemi della famiglia, della malattia da sopportare. Ma nel Vangelo la
parola "croce" contiene il vertice e il riassunto della vicenda di Ges. Croce : amore senza
misura e senza rimpianti, disarmato amore che non si arrende, non inganna e non tradisce.
Che va fino alla fine. Ges possiede la chiave dell'andare fino in fondo alle ragioni
dell'amore.
Allora le due prime condizioni: Amare di pi e portare la croce si illuminano a vicenda.
Prendi su di te una porzione grande di amore, altrimenti non vivi; prendi la porzione di
dolore che ogni amore comporta, altrimenti non ami.
La terza condizione: chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non pu essere mio
discepolo. La rinuncia che Ges chiede non innanzitutto un sacrificio ascetico, ma un atto
di libert: esci dall'ansia di possedere, dalla illusione che ti fa dire: io ho, accumulo, e
quindi sono e valgo. Un uomo non vale mai per quanto possiede, o per il colore della sua
pelle, ma per la qualit dei suoi sentimenti (M.L. King).
Lascia gi le cose e prendi su di te la qualit dei sentimenti. Impara non ad avere di pi, ma
ad amare di pi. Allora nominare Cristo e il Vangelo equivarr a confortare la vita.
(Letture: Sapienza 9, 13-18; Salmo 89; Filmone 9b-10. 12-17; Luca 14, 25-33)
riproduzione riservata
Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
12/09/2013
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Dio amico di quanti gli sono nemici


XXIV Domenica
Tempo ordinario - Anno C
In quel tempo, si avvicinavano a Ges tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei
e gli scribi mormoravano dicendo: Costui accoglie i peccatori e mangia con loro. Ed egli
disse loro questa parabola: Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le
novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finch non la trova? Quando l'ha
trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice
loro: Rallegratevi con me, perch ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta. Io
vi dico: cos vi sar gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, pi che per
novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione. (...)
Le tre parabole della misericordia sono davvero il Vangelo del Vangelo. Sale dal loro fondo
un volto di Dio che la pi bella notizia che potevamo ricevere.
Ges accoglieva i peccatori e mangiava con loro. E questo scandalizzava i farisei:Questi
peccatori sono i nemici di Dio! E Ges per tre volte a mostrare che Dio amico di quanti
gli sono nemici. Pubblicani e prostitute sono lontani da Dio! Stai lontano da loro! E Ges a
raccontare che Dio vicino a quanti si sono perduti lontano.
Scribi e sacerdoti si ribellano a questa idea di Dio. Loro pensano di conoscere, di
circoscrivere i luoghi di Dio: Dio nel tempio, nell'osservanza della legge, nei sacrifici,
nella religione, nella penitenza. Ges abbatte tutti questi recinti: Dio nella vita, l dove un
figlio soffre e si perde, nella paura della pecora smarrita, accanto all'inutilit della
moneta perduta, nella fame del figlio prodigo. I farisei, i moralisti dicono: troverai Dio

come risultato dei tuoi sforzi. Ges dice: sar Dio a trovare te; non fuggire pi, lasciati
abbracciare, dovunque tu sia, e ci sar gioia libert e pienezza.
Le tre parabole, mettendo in scena perdita e ritrovamento, sottolineano la pena di Dio che
cerca, ma molto di pi la gioia quando trova.
Ecco allora la passione del pastore, il suo inseguimento per steppe e pietraie. La pecora
perduta non torna da s all'ovile; non pentita, ma a rischio della vita; non trova lei il
pastore, ma trovata; non punita, ma caricata sulle spalle, perch sia pi leggero il
ritorno.
Un Dio pastore che in cerca di noi molto pi di quanto noi cerchiamo lui. Se anche noi lo
perdiamo, lui non ci perde mai. Un Dio donna-di-casa che ha perso una moneta, madre in
ansia che non ha figli da perdere, e se ne perde uno solo la sua casa vuota; che accende la
lampada e si mette a spazzare ogni angolo e trover il suo tesoro, lo trover sotto tutta la
spazzatura raccolta nella casa. E mostra come anche noi, sotto lo sporco e i graffi della
vita, sotto difetti e peccati, possiamo scovare, in noi e negli altri, un piccolo grande tesoro
anche se in vasi di creta, pagliuzze d'oro nella corrente e nel fango.
Tutte e tre le parabole terminano con un identico crescendo. L'ultima nota una gioia, una
contentezza, una felicit che coinvolge cielo e terra, che convoca amici e vicini. Da che
cosa nasce la felicit di Dio? Da un innamoramento! Questo perdersi e cercarsi, questo
ritrovarsi e perdersi di nuovo, la trama del Cantico dei Cantici. Dio l'Amata che gira di
notte nella citt e a tutti chiede una sola cosa: avete visto l'amato del mio cuore? Sono io
l'amato perduto. Dio in cerca di me. Io non fuggir pi.
(Letture: Esodo 32, 7-11.13-14; Salmo 50; 1 Timoteo 1, 12-17; Luca 15, 1-32)
riproduzione riservata

Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi


19/09/2013
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Non si pu servire Dio e la ricchezza


XXV Domenica
Tempo ordinario - Anno C
(...) Il padrone lod quell'amministratore disonesto, perch aveva agito con scaltrezza. I
figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono pi scaltri dei figli della luce. Ebbene,
io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perch, quando questa verr a
mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
La parabola del fattore infedele si chiude con un messaggio sorprendente: l'uomo ricco
loda il suo truffatore. Sorpreso a rubare, l'amministratore capisce che verr licenziato e
allora escogita un modo per cavarsela, un modo geniale: adotta la strategia dell'amicizia,
creare una rete di amici, cancellando parte dei loro debiti. Con questa scelta,
inconsapevolmente, egli compie un gesto profetico, fa ci che Dio fa verso ogni uomo:
dona e perdona, rimette i nostri debiti. Cos da malfattore diventa benefattore: regala pane,
olio, cio vita, ai debitori. Lo fa per interesse, certo, ma intanto cambia il senso, rovescia la
direzione del denaro, che non va pi verso l'accumulo ma verso il dono, non genera pi
esclusione ma amicizia.

Il personaggio pi interessante della parabola, su cui fermare l'attenzione, il ricco, figura


di un Signore sorprendente: il padrone lod quell'amministratore disonesto, perch aveva
agito con scaltrezza, aveva puntato tutto sull'amicizia. Qui il Vangelo regala una perla:
fatevi degli amici con la disonesta ricchezza perch quando essa verr a mancare vi
accolgano nelle dimore eterne. Fatevi degli amici. Amicizia diventata comandamento,
umanissimo e gioioso, elevata a progetto di vita, fatta misura dell'eternit. Il messaggio
della parabola chiaro: le persone contano pi del denaro.
Amici che vi accolgano nella casa del cielo: prima di Dio ci verranno incontro coloro che
abbiamo aiutato, nel loro abbraccio riconoscente si annuncer l'abbraccio di Dio, dentro un
paradiso generato dalle nostre scelte di vita.
Nessuno pu servire due padroni. Non potete servire Dio e la ricchezza. Affermazione
netta: il denaro e ogni altro bene materiale, sono solo dei mezzi utili per crescere
nell'amore e nella amicizia. Sono ottimi servitori ma pessimi padroni. Il denaro non in s
cattivo, ma pu diventare un idolo e gli idoli sono crudeli perch si nutrono di carne
umana, aggrediscono le fibre intime dell'umano, mangiano il cuore. Cominci a pensare al
denaro, giorno e notte, e questo ti chiude progressivamente in una prigione. Non coltivi pi
le amicizie, perdi gli amici; li abbandoni o li sfrutti, oppure saranno loro a sfruttare la
situazione.
La parabola inverte il paradigma economico su cui si basa la societ contemporanea: il
mercato che detta legge, l'obiettivo una crescita infinita, pi denaro bene, meno denaro
male. Se invece legge comune fossero la sobriet e la solidariet, la condivisione e la
cura del creato, non l'accumulo ma l'amicizia, crescerebbe la vita buona.
Altrimenti nessun povero ci sar che apra le porte della casa del cielo, che apra cio fessure
per il nascere di un mondo nuovo.
(Letture: Amos 8, 4-7; Salmo 112; 1 Timoteo 2, 1-8; Luca 16, 10-13)
riproduzione riservata
Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
26/09/2013
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Le piaghe del povero, carne di Cristo


XXVI domenica
Tempo ordinario - Anno C
In quel tempo, Ges disse ai farisei: C'era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora
e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro,
stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla
tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero
mor e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Mor anche il ricco e fu sepolto. Stando
negli inferi fra i tormenti, alz gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui.
Allora gridando disse: "Padre Abramo, abbi piet di me e manda Lazzaro a intingere
nell'acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perch soffro terribilmente in questa
fiamma". (...)
C'era una volta un ricco... La parabola del ricco senza nome e del povero Lazzaro inizia
con il tono di una favola e si svolge con il sapore di un apologo morale: c' uno che si gode

la vita, un superficiale spensierato, al quale ben presto la vita stessa presenta il conto. Il
cuore della parabola non sta per in una sorta di capovolgimento nell'aldil: chi patisce in
terra godr nel cielo e chi gode in questa vita soffrir nell'altra. Il messaggio racchiuso in
una parola posta sulla bocca di Abramo, la parola "abisso", un grande abisso stabilito tra
noi e voi.
Questo baratro separava i due personaggi gi in terra: uno affamato e l'altro sazio, uno in
salute e l'altro coperto di piaghe, uno che vive in strada l'altro al sicuro in una bella casa. Il
ricco poteva colmare il baratro che lo separava dal povero e invece l'ha ratificato e reso
eterno. L'eternit inizia quaggi, l'inferno non sar la sentenza improvvisa di un despota,
ma la lenta maturazione delle nostre scelte senza cuore.
Che cosa ha fatto il ricco di male? La parabola non moralistica, non si leva contro la
cultura della bella casa, del ben vestire, non condanna la buona tavola. Il ricco non ha
neppure infierito sul povero, non lo ha umiliato, forse era perfino uno che osservava tutti i
dieci comandamenti.
Lo sbaglio della sua vita di non essersi neppure accorto dell'esistenza di Lazzaro. Non lo
vede, non gli parla, non lo tocca: Lazzaro non esiste, non c', non lo riguarda. Questo il
comportamento che san Giovanni chiama, senza giri di parole, omicidio: chi non ama
omicida (1 Gv 3,15). Tocchiamo qui uno dei cuori del Vangelo, il cui battito arriva fino al
giorno del giudizio finale: Avevo fame, avevo freddo, ero solo, abbandonato, l'ultimo, e tu
hai spezzato il pane, hai asciugato una lacrima, mi hai regalato un sorso di vita.
Il male l'indifferenza, lasciare intatto l'abisso fra le persone. Invece il primo miracolo
accorgersi che l'altro, il povero esiste (S. Weil), e cercare di colmare l'abisso di ingiustizia
che ci separa.
Nella parabola Dio non mai nominato, eppure intuiamo che era l presente, pronto a
contare ad una ad una tutte le briciole date al povero Lazzaro e a ricordarle per sempre,
tutte le parole, ogni singolo gesto di cura, tutto ci che poteva regalare a quel naufrago
della vita dignit e rispetto, riportare uomo fra gli uomini colui che era solo un'ombra fra i
cani. Perch il cammino della fede inizia dalle piaghe del povero, carne di Cristo, corpo di
Dio.
Se stai pregando e un povero ha bisogno di te, lascia la preghiera e vai da lui. Il Dio che
trovi pi sicuro del Dio che lasci (san Vincenzo de Paoli).
(Letture: Amos 6, 1.4-7; Salmo 145; 1 Timoteo 6, 11-16; Luca 16, 19-31)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
03/10/2013
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La fede, un niente che pu tutto


XXVII Domenica
Tempo ordinario - Anno C
In quel tempo, gli Apostoli dissero al Signore: Accresci in noi la fede!. Il Signore
rispose: Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso:
Srdicati e vai a piantarti nel mare, ed esso vi obbedirebbe. Chi di voi, se ha un servo ad
arare o a pascolare il gregge, gli dir, quando rientra dal campo: Vieni subito e mettiti a
tavola? Non gli dir piuttosto: Prepara da mangiare, strngiti le vesti ai fianchi e srvimi,
finch avr mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu? Avr forse gratitudine verso

quel servo, perch ha eseguito gli ordini ricevuti? Cos anche voi, quando avrete fatto tutto
quello che vi stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo
fare.
Ges ha appena avanzato la sua proposta "unica misura del perdono perdonare senza
misura", che agli Apostoli appare un obiettivo inarrivabile, al di l delle loro forze, e
sgorga spontanea la richiesta: accresci in noi la fede. Da soli non ce la faremo mai. Ges
per non esaudisce la richiesta, perch non tocca a Dio aggiungere, accrescere, aumentare
la fede, non pu farlo: essa la libera risposta dell'uomo al corteggiamento di Dio.
Ges cambia la prospettiva da cui guardare la fede, introducendo come unit di misura il
granello di senape, proverbialmente il pi piccolo di tutti i semi: non si tratta di quantit,
ma di qualit della fede. Fede come granello, come briciola; non quella sicura e spavalda
ma quella che, nella sua fragilit, ha ancora pi bisogno di Lui, che per la propria
piccolezza ha ancora pi fiducia nella sua forza.
Allora ne basta un granello, poca, anzi meno di poca, per ottenere risultati impensabili. La
fede un niente che tutto. Leggera e forte. Ha la forza di sradicare alberi e la leggerezza
di farli volare sul mare: se aveste fede come un granello di senape, potrete dire a questo
gelso sradicati.
Io ho visto alberi volare, ho visto il mare riempirsi di gelsi. Ho visto, fuori metafora,
discepoli del Vangelo riempire l'orizzonte di imprese al di sopra delle forze umane.
Segue poi poi una piccola parabola sul rapporto tra padrone e servo, che inizia come una
fotografia della realt: Chi di voi, se ha un servo ad arare, gli dir, quando rientra: Vieni e
mettiti a tavola? E che termina con una proposta spiazzante, nello stile tipico del Signore:
Quando avete fatto tutto dite: siamo servi inutili. Capiamo bene: servo inutile significa non
determinante, non decisivo; indica che la forza che fa crescere il seme non appartiene al
seminatore; che la forza che converte non sta nel predicatore, ma nella Parola. Noi siamo
i flauti, ma il soffio tuo, Signore (Rumi).
Allora capisco che chiedere accresci la mia fede significa domandare che questa forza
vivificante entri come linfa nelle vene del cuore.
Servo inutile colui che, in una societ che pensa solo all'utile, scommette sulla gratuit,
senza cercare il proprio vantaggio, senza vantare meriti. La sua gioia servire la vita,
custodendo con tenerezza coloro che gli sono affidati. Mai nel Vangelo detto inutile il
servizio, anzi esso il nome nuovo, il nome segreto della civilt. il nome dell'opera
compiuta da Ges, venuto per servire, non per essere servito. Come lui anch'io sar servo,
perch questo l'unico modo per creare una storia diversa, che umanizza, che libera, che
pianta alberi di vita nel deserto e nel mare.
(Letture: Abacuc 1, 2-3; 2, 2-4; Salmo 94; 2 Timoteo 1, 6-8. 13-14, Luca 17, 5-10)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi


10/10/2013
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La fede libera risposta all'amore di Dio
XXVIII Domenica
Tempo ordinario - Anno C

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(...) Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a
distanza e dissero ad alta voce: Ges, maestro, abbi piet di noi!. Appena li vide, Ges
disse loro: Andate a presentarvi ai sacerdoti. E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, torn indietro lodando Dio a gran voce, e si prostr davanti
a Ges, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Ges osserv: Non ne sono
stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si trovato nessuno che tornasse
indietro a rendere gloria a Dio, all'infuori di questo straniero? (...).
Dieci lebbrosi all'ingresso di un villaggio, nove giudei e un samaritano insieme. La
sofferenza li ha uniti, la guarigione li separer. Insieme pregano Ges ed egli: appena li
vede... Notiamo il dettaglio: subito, senza aspettare un secondo di pi, appena li vede, con
un'ansia di guarirli. La sua fretta mi ricorda un verso bellissimo di Twardowski:
affrettiamoci ad amare, le persone se ne vanno cos presto! Affrettiamoci ad amare...
Ges disse loro: Andate a presentarvi ai sacerdoti. E mentre andavano, furono purificati.
Sono purificati non quando arrivano dai sacerdoti, ma mentre camminano, sui passi della
fede.
Nove dei guariti non tornano: scompaiono nel vortice della loro felicit, dentro gli abbracci
ritrovati, ritornati persone piene, libere. Unico, un eretico straniero torna indietro e lo fa
perch ascolta il suo cuore, perch intuisce che la salute non viene dai sacerdoti, ma da
Ges; non dall'osservanza di leggi e riti, ma dal rapporto vivo con lui. Per Ges conta il
cuore e il cuore non ha frontiere politiche o religiose. Il centro del brano l'ultima parola:
la tua fede ti ha salvato. Nove sono guariti, ma uno solo salvato. Per fede. Nel racconto
possiamo distinguere i tre passi fondamentali del cammino del credere: ho bisogno / mi
fido / ringrazio e mi affido.
La fede nasce dal bisogno, dal grido universale della carne che soffre, dalla nostra fame di
vita, di senso, di amore, di salute, quando non ce la fai e tendi le mani. Poi mi fido. Il
grido del bisogno ricco di fiducia: qualcuno ascolter, qualcuno verr, gi viene in aiuto.
I dieci si fidano di Ges e sono guariti. Ma a questa fede manca qualcosa, una dimensione
fondamentale: la gioia di un abbraccio, una relazione, una reciprocit, una risposta.
Il terzo passo: ti ringrazio compiuto dallo straniero. Il filosofo Hegel dice: denken ist
danken, pensare ringraziare, perch siamo debitori, di tutto. E il poeta Turoldo: io vorrei
dare una cosa al mio Signore, ma non so che cosa... ecco, la vita che mi hai ridato, te la
rendo nel canto.
Allora corro da lui, mi stringo a lui, come un bambino alla madre, come l'amato all'amata,
quando ciascuno mette la propria vita, e i sogni e il futuro, nella mani dell'altro. Tutti
hanno ricevuto il dono, uno solo ha risposto. La fede la libera risposta dell'uomo al
corteggiamento di Dio. Ed entrare in contatto con la madre di tutte le parole religiose:
grazie. Voglio fare come quello straniero: domani inizier la mia giornata tornando a
Dio con il cuore, non recitando preghiere, ma donandogli una cosa, una parola: grazie. E
lo stesso far poi con quelli di casa. Lo far in silenzio e con un sorriso.
(Letture: 2 Re 5,14-17; Salmo 97; 2 Timoteo 2,8-13; Luca 17,11-19)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
17/10/2013
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La preghiera il respiro della vita


XXIX Domenica
Tempo ordinario - Anno C
(...) In una citt viveva un giudice, che non temeva Dio n aveva riguardo per alcuno. In
quella citt c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro
il mio avversario. Per un po' di tempo egli non volle; ma poi disse tra s: Anche se non
temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi d tanto fastidio, le far
giustizia perch non venga continuamente a importunarmi (...).
Disse una parabola sulla necessit di pregare sempre senza stancarsi mai. Il pericolo che
minaccia la preghiera quello della stanchezza: qualche volta, spesso pregare stanca,
anche Dio pu stancare. la stanchezza di scommettere sempre sull'invisibile, del grido
che non ha risposta, quella che avrebbe potuto fiaccare la vedova della parabola, alla quale
lei non cede.
Ges ha una predilezione particolare per le donne sole che rappresentano l'intera categoria
biblica dei senza difesa, vedove orfani poveri, i suoi prediletti, che egli prende in carico e
ne fa il collaudo, il laboratorio di un mondo nuovo. Cos di questa donna sola: c'era un
giudice corrotto in una citt, una vedova si recava ogni giorno da lui e gli chiedeva: fammi
giustizia contro il mio avversario! Che bella figura, forte e dignitosa, che nessuna sconfitta
abbatte, fragile e indomita, maestra di preghiera: ogni giorno bussa a quella porta chiusa.
Come lei, anche noi: quante preghiere sono volate via senza portare una risposta! Ma
allora, Dio esaudisce o no le nostre preghiere? Dio esaudisce sempre: non le nostre
richieste, le sue promesse (Bonhoeffer). E il Vangelo ne trabocca: sono venuto perch
abbiate la vita in pienezza, non vi lascer orfani, sar con voi tutti i giorni fino alla fine del
tempo, il Padre sa di cosa avete bisogno.
Con l'immagine della vedova mai arresa Ges vuole sostenere la nostra fiducia: Se un
giudice, che in tutto all'opposto di Dio, alla fine ascolta, Dio non far forse giustizia ai
suoi eletti che gridano a lui, prontamente? Li far a lungo aspettare? Ci perdoni il Signore,
ma a volte la sensazione proprio questa, che Dio non risponda cos prontamente e che ci
faccia a lungo aspettare.
Ma quel prontamente di Ges non si riferisce a una questione temporale, non vuol dire
subito, ma sicuramente. Il primo miracolo della preghiera rinsaldare la fede, farla
poggiare sulla prima certezza che la parabola trasmette: Dio presente nella nostra storia,
non siamo abbandonati. Dio interviene, ma non come io vorrei, come lui vorr. Seconda
certezza: un granello di senape di fede, una piccola vedova che non si lascia fiaccare,
abbattono le mura. La preghiera un no gridato al cos vanno le cose. il primo
vagito di una storia nuova che Dio genera con noi.
La preghiera il respiro della fede (papa Francesco): pregare una necessit, perch se
smetto di respirare smetto di vivere. Questo respiro, questo canale aperto in cui scorre
l'ossigeno di Dio, viene prima di tutto, prima di chiedere un dono particolare, un aiuto, una
grazia. il respiro della vita, come per due che si amano, il respiro del loro amore.
(Letture: Esodo 17, 8-13; Salmo 120; 2 Timoteo 3, 14-4, 2; Luca 18, 1-8)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
24/10/2013

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Il pubblicano e quel tu che salva


XXX Domenica
Tempo ordinario - Anno C
(...) Il fariseo, stando in piedi, pregava cos tra s: O Dio, ti ringrazio perch non sono
come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno
due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo. Il pubblicano
invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo (...).
Ges, rivolgendosi a chi si sente a posto e disprezza gli altri, mostra che non si pu pregare
e disprezzare, adorare Dio e umiliare i suoi figli, come fa il fariseo. Pregare pu diventare
in questo caso perfino pericoloso: puoi tornare a casa tua con un peccato in pi.
Eppure il fariseo inizia la preghiera con le parole giuste: O Dio, ti ringrazio. Ma tutto ci
che segue sbagliato: ti ringrazio di non essere come gli altri, ladri, ingiusti, adulteri. La
sua preghiera non un cuore a cuore con Dio, un confronto e un giudizio sugli altri, tutti
disonesti e immorali. L'unico che si salva lui stesso. Come deve stare male il fariseo in un
mondo cos malato, dove il male che trionfa dappertutto! Il fariseo: un buon esecutore di
precetti, onesto ma infelice.
Io digiuno, io pago le decime, io non sono... Il fariseo irretito da una parola che non cessa
di ripetere: io, io, io. un Narciso allo specchio, per il quale Dio non serve a niente se non
a registrare le sue performances, solo una muta superficie su cui far rimbalzare la sua
soddisfazione.
Il fariseo non ha pi nulla da ricevere, nulla da imparare: conosce il bene e il male e il male
sono gli altri. Ha dimenticato la parola pi importante del mondo: tu.
Il pubblicano invece dal fondo del tempio non osava neppure alzare gli occhi, si batteva il
petto e diceva: Abbi piet di me peccatore. Due parole cambiano tutto nella sua preghiera,
rendendola autentica.
La prima parola tu: Tu abbi piet. Mentre il fariseo costruisce la sua religione attorno a
quello che lui fa, il pubblicano la fonda su quello che Dio fa. L'insegnamento della
parabola chiaro: la relazione con Dio non segue logiche diverse dalle relazioni umane. Le
regole sono semplici e valgono per tutti. Se metti al centro l'io, nessuna relazione funziona.
Non nella coppia, non con gli amici, non con Dio. Vita e preghiera percorrono la stessa
strada: la ricerca mai arresa di un tu, uomo o Dio, in cui riconoscersi, amati e amabili,
capaci di incontro vero, quello che fa fiorire il nostro essere.
La seconda parola : peccatore. In essa riassunto un intero discorso: sono un poco di
buono, vero, ma cos non sto bene, non sono contento; vorrei tanto essere diverso, ci
provo, ma ancora non ce la faccio; e allora tu perdona e aiuta.
Il pubblicano torn a casa sua giustificato, non perch pi umile del fariseo (Dio non si
merita, neppure con l'umilt), ma perch si apre come una porta che si socchiude al sole,
come una vela che si inarca al vento a un Altro pi grande del suo peccato, che viene e
trasforma. Si apre alla misericordia, a questa straordinaria debolezza di Dio che la sua
sola onnipotenza.
(Letture: Siracide 35,15-17.20-22; Salmo 33; 2 Timoteo 4,6-8.16-18; Luca 18,9-14)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi


31/10/2013
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Lo sguardo di Ges libera l'uomo


XXXI Domenica
Tempo ordinario - Anno C
(...) Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, sal su un sicomro, perch doveva
passare di l. Quando giunse sul luogo, Ges alz lo sguardo e gli disse: Zaccho, scendi
subito, perch oggi devo fermarmi a casa tua. Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia.
Vedendo ci, tutti mormoravano: entrato in casa di un peccatore!. Ma Zaccho,
alzatosi, disse al Signore: Ecco, Signore, io do la met di ci che possiedo ai poveri e, se
ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto (...).
Zaccheo ha un handicap (la bassa statura) e un desiderio (vedere Ges) e, a questo conflitto
tra due forze che potrebbero annullarsi, risponde con creativit e coraggio, diventando
figura di tutti coloro che, anzich chiudersi nei loro limiti e arrendersi, cercano soluzioni,
inventano alternative senza timore di apparire diversi. Nella vita avanza solo chi agisce
mosso dal desiderio e non dalla paura.
Allora corse avanti e sal su di un albero. Correre, sotto l'urgenza del richiamo di cose
lontane, seguendo il vento del desiderio che gonfia le vele. Avanti, verso il proprio oggetto
d'amore, verso un Dio che viene non dal passato, ma dall'avvenire. Sull'albero, in alto,
come per leggere se stesso e tutto ci che accade da un punto di vista pi alto. Perch il
quotidiano abitato da un oltre.
Ges passando alz lo sguardo. Lo sguardo di Ges il solo che non si posa mai per prima
cosa sui peccati di una persona, ma sempre sulla sua povert, su ci che ancora manca ad
una vita piena. La sua parola la sola che non porta ingiunzioni, ma interpella la parte
migliore di ciascuno, che nessun peccato arriver mai a cancellare. Zaccheo cerca di
vedere Ges e scopre che Ges cerca di vedere lui. Il cercatore si accorge di essere cercato,
l'amante scopre di essere amato, ed subito festa: Zaccheo, scendi, oggi devo fermarmi a
casa tua.
Devo dice Ges, devo fare casa con te per un intimo bisogno: a Dio manca qualcosa,
manca Zaccheo, manca l'ultima pecora, manco io. Se Ges avesse detto: Zaccheo, ti
conosco bene, se restituisci ci che hai rubato verr a casa tua, Zaccheo sarebbe rimasto
sull'albero. Se gli avesse detto: Zaccheo scendi e andiamo insieme in sinagoga, non
sarebbe successo nulla. Il pubblicano di Gerico prima incontra, poi si converte: incontrare
uno come Ges fa credere nell'uomo; incontrare un uomo cos rende liberi; incontrare
questo sguardo che ti rivela a te stesso fa nascere.
Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Sono poche parole: fretta, accogliere, gioia, ma
che dicono sulla conversione pi di tanti trattati. Apro la casa del cuore a Dio e la gioia e la
vita si rimettono in moto.
Infatti la casa di Zaccheo si riempie di amici, lui si libera dalle cose: Met di tutto per i
poveri e se ho rubato.... Ora pu abbracciare tutta intera la sua vita, difetti e generosit, e
coprire il male di bene...
Oggi mi fermo a casa tua. Dio viene ancora alla mia tavola, intimo come una persona cara,
un Dio alla portata di tutti. Ognuno ha una dimora da offrire a Dio. E il passaggio del

Signore lascer un segno inconfondibile: un senso di pienezza e poi il superamento di s,


uno sconfinare nella gioia e nella condivisione.
(Letture: Sapienza 11, 22-12,2; Salmo 144; 2 Tessalonicesi 1, 11-2,2; Luca 19,1-10)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
31/10/2013
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Lo sguardo di Ges libera l'uomo


XXXI Domenica
Tempo ordinario - Anno C
(...) Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, sal su un sicomro, perch doveva
passare di l. Quando giunse sul luogo, Ges alz lo sguardo e gli disse: Zaccho, scendi
subito, perch oggi devo fermarmi a casa tua. Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia.
Vedendo ci, tutti mormoravano: entrato in casa di un peccatore!. Ma Zaccho,
alzatosi, disse al Signore: Ecco, Signore, io do la met di ci che possiedo ai poveri e, se
ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto (...).
Zaccheo ha un handicap (la bassa statura) e un desiderio (vedere Ges) e, a questo conflitto
tra due forze che potrebbero annullarsi, risponde con creativit e coraggio, diventando
figura di tutti coloro che, anzich chiudersi nei loro limiti e arrendersi, cercano soluzioni,
inventano alternative senza timore di apparire diversi. Nella vita avanza solo chi agisce
mosso dal desiderio e non dalla paura.
Allora corse avanti e sal su di un albero. Correre, sotto l'urgenza del richiamo di cose
lontane, seguendo il vento del desiderio che gonfia le vele. Avanti, verso il proprio oggetto
d'amore, verso un Dio che viene non dal passato, ma dall'avvenire. Sull'albero, in alto,
come per leggere se stesso e tutto ci che accade da un punto di vista pi alto. Perch il
quotidiano abitato da un oltre.
Ges passando alz lo sguardo. Lo sguardo di Ges il solo che non si posa mai per prima
cosa sui peccati di una persona, ma sempre sulla sua povert, su ci che ancora manca ad
una vita piena. La sua parola la sola che non porta ingiunzioni, ma interpella la parte
migliore di ciascuno, che nessun peccato arriver mai a cancellare. Zaccheo cerca di
vedere Ges e scopre che Ges cerca di vedere lui. Il cercatore si accorge di essere cercato,
l'amante scopre di essere amato, ed subito festa: Zaccheo, scendi, oggi devo fermarmi a
casa tua.
Devo dice Ges, devo fare casa con te per un intimo bisogno: a Dio manca qualcosa,
manca Zaccheo, manca l'ultima pecora, manco io. Se Ges avesse detto: Zaccheo, ti
conosco bene, se restituisci ci che hai rubato verr a casa tua, Zaccheo sarebbe rimasto
sull'albero. Se gli avesse detto: Zaccheo scendi e andiamo insieme in sinagoga, non
sarebbe successo nulla. Il pubblicano di Gerico prima incontra, poi si converte: incontrare
uno come Ges fa credere nell'uomo; incontrare un uomo cos rende liberi; incontrare
questo sguardo che ti rivela a te stesso fa nascere.
Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Sono poche parole: fretta, accogliere, gioia, ma
che dicono sulla conversione pi di tanti trattati. Apro la casa del cuore a Dio e la gioia e la
vita si rimettono in moto.

Infatti la casa di Zaccheo si riempie di amici, lui si libera dalle cose: Met di tutto per i
poveri e se ho rubato.... Ora pu abbracciare tutta intera la sua vita, difetti e generosit, e
coprire il male di bene...
Oggi mi fermo a casa tua. Dio viene ancora alla mia tavola, intimo come una persona cara,
un Dio alla portata di tutti. Ognuno ha una dimora da offrire a Dio. E il passaggio del
Signore lascer un segno inconfondibile: un senso di pienezza e poi il superamento di s,
uno sconfinare nella gioia e nella condivisione.
(Letture: Sapienza 11, 22-12,2; Salmo 144; 2 Tessalonicesi 1, 11-2,2; Luca 19,1-10)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
07/11/2013
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l'amore che vince la morte


XXXII Domenica Tempo ordinario - Anno C
(...) C'erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, mor senza figli.
Allora la prese il secondo e poi il terzo e cos tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da
ultimo mor anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sar moglie? Poich
tutti e sette l'hanno avuta in moglie. Ges rispose loro: I figli di questo mondo prendono
moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della
risurrezione dai morti, non prendono n moglie n marito: infatti non possono pi morire,
perch sono uguali agli angeli e, poich sono figli della risurrezione, sono figli di Dio.
La storiella paradossale di una donna, sette volte vedova e mai madre, adoperata dai
sadducei come caricatura della fede nella risurrezione dei morti: di quale dei sette fratelli
che l'hanno sposata sar moglie quella donna nella vita eterna? Per loro la sola eternit
possibile sta nella generazione di figli, nella discendenza. Ges, come solito fare quando
lo si vuole imprigionare in questioni di corto respiro, rompe l'accerchiamento, dilata
l'orizzonte e rivela che non una modesta eternit biologica inscritta nell'uomo ma
l'eternit stessa di Dio (M. Marcolini).
Quelli che risorgono non prendono moglie n marito. Facciamo attenzione: Ges non
dichiara la fine degli affetti. Quelli che risorgono non si sposano, ma danno e ricevono
amore ancora, finalmente capaci di amare bene, per sempre. Perch amare la pienezza
dell'uomo e di Dio. Perch ci che nel mondo valore non sar mai distrutto. Ogni amore
vero si aggiunger agli altri nostri amori, senza gelosie e senza esclusioni, portando non
limiti o rimpianti, ma una impensata capacit di intensit e di profondit.
Saranno come angeli. Ges adopera l'immagine degli angeli per indicare l'accesso ad una
realt di faccia a faccia con Dio, non per asserire che gli uomini diventeranno angeli,
creature incorporee e asessuate. No, perch la risurrezione della carne rimane un tema
cruciale della nostra fede, il Risorto dir: non sono uno spirito, un fantasma non ha carne e
ossa come vedete che io ho (Lc 24,36). La risurrezione non cancella il corpo, non cancella
l'umanit, non cancella gli affetti. Dio non fa morire nulla dell'uomo. Lo trasforma.
L'eternit non durata, ma intensit; non pallida ripetizione infinita, ma scoperta di ci
che occhio non vide mai, n orecchio ud mai, n mai era entrato in cuore d'uomo... (1Cor
2,9).

Il Signore Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe. Dio non Dio di morti, ma di vivi. In
questo di ripetuto 5 volte racchiuso il motivo ultimo della risurrezione, il segreto
dell'eternit. Una sillaba breve come un respiro, ma che contiene la forza di un legame,
indissolubile e reciproco, e che significa: Dio appartiene a loro, loro appartengono di Dio.
Cos totale il legame, che il Signore fa s che il nome di quanti ama diventi parte del suo
stesso nome. Il Dio pi forte della morte cos umile da ritenere i suoi amici parte
integrante di s. Legando la sua eternit alla nostra, mostra che ci che vince la morte non
la vita, ma l'amore.
Il Dio di Isacco, di Abramo, di Giacobbe, il Dio che mio e tuo, vive solo se Isacco e
Abramo sono vivi, solo se tu e io vivremo. La nostra risurrezione soltanto far di Dio il
Padre per sempre.
(Letture: 2 Maccabei 7, 1-2. 9-14; Salmo 16; 2 Tessalonicesi 2, 16-3, 5; Luca 20, 27-38)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi


14/11/2013
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Vincere il male con la perseveranza


XXXIII Domenica
Tempo ordinario Anno C
(...) Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno,
consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a
causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in
mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi dar parola e sapienza, cosicch tutti i
vostri avversari non potranno resistere n controbattere (...)
Con il suo linguaggio apocalittico il brano non racconta la fine del mondo, ma il
significato, il mistero del mondo. Vangelo dell'oggi ma anche del domani, del domani che
si prepara nell'oggi.
Se lo leggiamo attentamente notiamo che ad ogni descrizione di dolore, segue un punto di
rottura dove tutto cambia, un tornante che apre l'orizzonte, la breccia della speranza: non
la fine, alzate il capo, la vostra liberazione vicina.
Al di l di profeti ingannatori, anche se l'odio sar dovunque, ecco quella espressione
struggente: Ma nemmeno un capello del vostro capo andr perduto; ribadita da Matteo
10,30: i vostri capelli sono tutti contati, non abbiate paura. Nel caos della storia lo sguardo
del Signore fisso su di me, non giudice che incombe, ma custode innamorato di ogni mio
frammento.
Il vangelo ci conduce sul crinale della storia: da un lato il versante oscuro della violenza, il
cuore di tenebra che distrugge; dall'altro il versante della tenerezza che salva. In questa
lotta contro il male, contro la potenza mortifera e omicida presente nella storia e nella
natura, con la vostra perseveranza salverete la vostra vita. La vita l'umano in noi e
negli altri si salva con la perseveranza. Non nel disimpegno, nel chiamarsi fuori, ma nel
tenace, umile, quotidiano lavoro che si prende cura della terra e delle sue ferite, degli
uomini e delle loro lacrime. Scegliendo sempre l'umano contro il disumano (Turoldo).

Perseveranza vuol dire: non mi arrendo; nel mondo sembrano vincere i pi violenti, i pi
crudeli, ma io non mi arrendo. Anche quando tutto il lottare contro il male sembra senza
esito, io non mi arrendo. Perch so che il filo rosso della storia saldo nelle mani di Dio.
Perch il mondo quale lo conosciamo, col suo ordine fondato sulla forza e sulla violenza,
gi comincia a essere rovesciato dalle sue stesse logiche. La violenza si autodistrugger
(M. Marcolini).
Il Vangelo si chiude con un'ultima riga profezia di speranza: risollevatevi, alzate il capo, la
vostra liberazione vicina.
In piedi, a testa alta, liberi: cos vede i discepoli il vangelo. Sollevate il capo, guardate
lontano e oltre, perch la realt non solo questo che si vede: viene un Liberatore, un Dio
esperto di vita.
Sulla terra intera e sul piccolo campo dove io vivo si scaricano ogni giorno rovesci di
violenza, cadono piogge corrosive di menzogna e corruzione. Che cosa posso fare? Usare
la tattica del contadino. Rispondere alla grandine piantando nuovi frutteti, per ogni raccolto
di oggi perduto impegnarmi a prepararne uno nuovo per domani. Seminare, piantare,
attendere, perseverare vegliando su ogni germoglio della vita che nasce.
(Letture: Malachia 3, 19-20; Salmo 97; 2 Tessalonicesi 3, 7-12; Luca 21, 5-19)
riproduzione riservata

Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi


21/11/2013
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Un re che si dona, che muore amando


XXXIV Domenica
Tempo ordinario - Anno C
In quel tempo il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Ges dicendo: Ha salvato
altri! Salvi se stesso, se lui il Cristo di Dio, l'eletto. Uno dei malfattori appesi alla croce
lo insultava: Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!. L'altro invece lo rimproverava
dicendo: Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? (...) E disse:
Ges, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno. Gli rispose: In verit io ti dico:
oggi con me sarai nel paradiso.
Sta morendo e lo deridono tutti, lo prendono in giro: guardatelo, il re! Sono scandalizzati
i devoti, gli uomini religiosi: ma che Dio questo che lascia morire il suo eletto? Si
scandalizzano i soldati, gli uomini forti: se sei il re usa la forza! Salva, salva, salva te
stesso! per tre volte. C' forse qualcosa che vale pi di aver salva la vita? S. Qualcosa
vale di pi: l'amore vale pi della vita.
E appare un re giustiziato, ma non vinto; un re con una derisoria corona di spine che muore
ostinatamente amando; un re che noi possiamo rifiutare, ma che non potr mai pi rifiutare
noi.
E gli si accostavano per dargli da bere aceto. Il vino nella Bibbia il simbolo dell'amore,
l'aceto il suo contrario, il simbolo dell'odio. Tutti odiano quell'uomo, lo rigettano. Di che
cosa hanno bisogno questi che uccidono e deridono e odiano il loro re? Di una condanna
definitiva, della pena di morte? No, hanno bisogno di un supplemento d'amore. E Dio si

mette in gioco, si gioca il tutto per tutto per conquistare l'uomo. C' un malfattore, uno
almeno che intuisce e usa una espressione rivelatrice: non vedi che anche lui nella stessa
nostra pena... Dio nel nostro patire, Dio sulla stessa croce dell'uomo, Dio vicinissimo nella
passione di ogni uomo. Che entra nella morte perch l va ogni suo figlio. Perch il primo
dovere di chi ama di essere con l'amato.
Costui non ha fatto nulla di male. Che bella definizione di Ges, nitida semplice perfetta:
niente di male, per nessuno, mai, solo bene, tutto bene. E si preoccupa fino all'ultimo non
di s ma di chi gli muore accanto. Che gli si aggrappa: Ricordati di me quando sarai nel tuo
regno. E Ges non si ricorda, fa molto di pi, lo porta con s, se lo carica sulle spalle come
fa il pastore con la pecora perduta e ritrovata, per riportarla a casa, nel regno: sarai con me!
E mentre la logica della nostra storia sembra avanzare per esclusioni, per separazioni, per
respingimenti alle frontiere, il Regno di Dio avanza per inclusioni, per abbracci, per
accoglienza.
Non ha nessun merito da vantare questo malfattore. Ma Dio non guarda ai meriti. Non ha
virt da presentare questo ladro. Ma Dio non guarda alle virt. Guarda alla povert, al
bisogno, come un padre o una madre guardano al dolore e alle necessit del figlio.
Sarai con me: la salvezza un regalo, non un merito. E se il primo che entra in paradiso
quest'uomo dalla vita sbagliata, che per sa aggrapparsi al crocifisso amore, allora le porte
del cielo resteranno spalancate per sempre per tutti quelli che riconoscono Ges come loro
compagno d'amore e di pena, qualunque sia il loro passato: questa la Buona Notizia di
Ges Cristo.
(Letture: 2 Samuele 5, 1-3; Salmo 121; Colossesi 1, 12-20; Luca 23, 35-43)
riproduzione riservata
Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
28/11/2013
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Avvento, un tempo per desiderare


I Domenica di Avvento
Anno A
In quel tempo, Ges disse ai suoi discepoli: [...] Vegliate dunque, perch non sapete in
quale giorno il Signore vostro verr. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse
a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa.
Perci anche voi tenetevi pronti perch, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio
dell'uomo.
Inizia l'Avvento, un termine latino che significa avvicinarsi, camminare verso... Tutto si
fa pi prossimo, tutto si rimette in cammino e si avvicina: Dio, noi, l'altro, il nostro cuore
profondo.
L'avvento tempo di strade. L'uomo d'avvento quello che, dice il salmo, ha sentieri nel
cuore, percorsi dai passi di Dio, e che a sua volta si mette in cammino: per riscoprirTi
nell'ultimo povero, ritrovarTi negli occhi di un bimbo, vederTi piangere le lacrime nostre
oppure sorridere come nessuno (D.M. Turoldo).
L'avvento tempo di attenzione. Il Vangelo ricorda i giorni di No, quando nei giorni che
precedettero il diluvio gli uomini mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito e

non si accorsero di nulla. Alimentarsi, sposarsi sono azioni della normalit originaria della
vita. Sono impegnati a vivere, a semplicemente vivere. Con il rischio per che la routine
non faccia avvertire la straordinariet di ci che sta per accadere: e non si accorsero di
nulla. Loro, del diluvio; noi, dell'occasione di vita che il Vangelo. Lo senti che ad ogni
pagina Ges ripete: non vivere senza mistero! Ti prego: sotto il familiare scopri l'insolito,
sotto il quotidiano osserva l'inspiegabile. Che ogni cosa che diciamo abituale, possa
inquietarti (B. Brecht).
I giorni di No sono i giorni della superficialit: Il vizio supremo della nostra epoca di
essere superficiale (R. Panikkar). Invece occorre l'attenzione vigile delle sentinelle, allora
ti accorgi della sofferenza che preme, della mano tesa, degli occhi che ti cercano e delle
lacrime silenziose che vi tremano. E dei mille doni che i giorni recano, delle forze di bont
e di bellezza all'opera in ciascuno, ti accorgi di quanta luce, di quanto Dio vive in noi: Il
vostro male di non rendervi conto di quanto siete belli! (Dostoewski).
Avvento: tempo per attendere, perch qualcosa o qualcuno manca. Come i soldati romani
detti desiderantes che, riferisce Giulio Cesare, attendevano vegliando sotto le stelle i
compagni non ancora rientrati all'accampamento dopo la battaglia. Attendere
declinazione del verbo amare.
Avvento: tempo per desiderare e attendere quel Dio che viene, dice il Vangelo di oggi, con
una metafora spiazzante, come un ladro. Che viene nel tempo delle stelle, in silenzio, senza
rumore e clamore, senza apparenza, che non ruba niente e dona tutto. Si accorgono di lui i
desideranti, quelli che vegliano in punta di cuore, al lume delle stelle, quelli dagli occhi
profondi e trasparenti che sanno vedere quanto dolore e quanto amore, quanto Dio c',
incamminato nel mondo. Anche Dio, fra le stelle, come un desiderante, accende la sua
lucerna e attende che io mi incammini verso casa.
(Letture: Isaia 2,1-5; Salmo 121; Romani 13,11-14; Matteo 24,37-44)
riproduzione riservata
Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
05/12/2013
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Dio ci chiama ad aprirci alla gioia


Immacolata Concezione
In quel tempo, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una citt della Galilea, chiamata
Nzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome
Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: Rallgrati, piena di
grazia: il Signore con te (...)
Il Vangelo di Luca sviluppa il racconto dell'annuncio a Maria come la zoomata di una
cinepresa: parte dall'immensit dei cieli, restringe progressivamente lo sguardo fino ad un
piccolo villaggio, poi ad una casa, al primo piano di una ragazza tra le tante, occupata nelle
sue faccende e nei suoi pensieri.
L'angelo Gabriele entr da lei. bello pensare che Dio ti sfiora, ti tocca nella tua vita
quotidiana, nella tua casa. Lo fa in un giorno di festa, nel tempo delle lacrime oppure
quando dici a chi ami le parole pi belle che sai.

La prima parola dell'angelo non un semplice saluto, dentro vibra quella cosa buona e rara
che tutti, tutti i giorni, cerchiamo: la gioia. chaire, rallegrati, gioisci, sii felice. Non
chiede: prega, inginocchiati, fai questo o quello. Ma semplicemente: apriti alla gioia, come
una porta si apre al sole. Dio si avvicina e ti stringe in un abbraccio, viene e porta una
promessa di felicit.
La seconda parola dell'angelo svela il perch della gioia: sei piena di grazia. Un termine
nuovo, mai risuonato prima nella bibbia o nelle sinagoghe, letteralmente inaudito, tale da
turbare Maria: sei colmata, riempita di Dio, che si chinato su di te, si innamorato di te,
si dato a te e tu ne trabocchi. Il suo nome : amata per sempre. Teneramente, liberamente,
senza rimpianti amata.
Piena di grazia la chiama l'angelo, Immacolata la dice il popolo cristiano. Ed la stessa
cosa. Non piena di grazia perch ha detto "s" a Dio, ma perch Dio ha detto "s" a lei
prima ancora della sua risposta. E lo dice a ciascuno di noi: ognuno pieno di grazia, tutti
amati come siamo, per quello che siamo; buoni e meno buoni, ognuno amato per sempre,
piccoli o grandi ognuno riempito di cielo.
La prima parola di Maria non un s, ma una domanda: come possibile? Sta davanti a
Dio con tutta la sua dignit umana, con la sua maturit di donna, con il suo bisogno di
capire. Usa l'intelligenza e poi pronuncia il suo s, che allora ha la potenza di un s libero e
creativo.
Eccomi, come hanno detto profeti e patriarchi, sono la serva del Signore. Serva parola
che non ha niente di passivo: serva del re la prima dopo il re, colei che collabora, che
crea insieme con il creatore. La risposta di Maria una realt liberante, non una
sottomissione remissiva. lei personalmente a scegliere, in autonomia, a pronunciare quel
"s" cos coraggioso che la contrappone a tutto il suo mondo, che la proietta nei disegni
grandiosi di Dio (M. Marcolini).
La storia di Maria anche la mia e la tua storia. Ancora l'angelo inviato nella tua casa e ti
dice: rallegrati, sei pieno di grazia! Dio dentro di te e ti colma la vita di vita.
(Letture: Gnesi 3, 9-15.20; Salmo 97; Efesini 1, 3-6. 11-12; Luca 1, 26-38)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
12/12/2013
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Lo scandalo della misericordia


III Domenica di Avvento-Anno A
In quel tempo, Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo,
per mezzo dei suoi discepoli mand a dirgli: Sei tu colui che deve venire o dobbiamo
aspettare un altro?. Ges rispose loro: Andate e riferite a Giovanni ci che udite e
vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i
sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri annunciato il Vangelo. E beato colui che non
trova in me motivo di scandalo! (...)
Giovanni, la roccia che sfidava il vento del deserto, che era anche pi di un profeta, il
pi grande di tutti entra in crisi: sei tu o no quello che il mondo attende? Il profeta dubita
e Ges continua a stimarlo. E questo mi conforta: anche se io dubito la fiducia di Dio in me

resta intatta. Perch umano, di fronte a tanto male, dubitare; di fronte al fatto che con
Ges cambia tutto: non pi l'uomo che vive per Dio, Dio che vive per l'uomo, che viene
a prendersi cura dei piccoli, a guarire la vita malata, fragile, stanca: i ciechi riacquistano la
vista, gli zoppi camminano, i sordi odono, ai poveri annunciato il Vangelo, tutti hanno
una seconda opportunit.
Ges elenca sei opere non per annunciare un fiorire di miracoli all'angolo di ogni strada,
ma che Dio entra nelle ferite del mondo, per trasformarlo. Ges non ha mai promesso di
risolvere i problemi della storia con i miracoli. Ha promesso qualcosa di pi forte ancora: il
miracolo del seme, il lavoro oscuro ma inarrestabile del seme che fiorir.
Beato chi non si scandalizza di me. lo scandalo della misericordia, Ges un Dio che
non misura i meriti, ma guarisce il cuore; che invece di bruciare i peccatori, come
annunciava il Battista, siede a tavola con loro. lo scandalo della piccolezza. Le sei opere
d'amore che Ges elenca non hanno cambiato il mondo, per un lebbroso guarito milioni
d'altri si sono ammalati; nessun deserto si coperto di gigli; anzi, il deserto con i suoi
veleni si espande e corrode le terre pi belle
del nostro paese.
Ma quelle sei opere sono l'utopia di un tutt'altro modo di essere uomini, ed sempre
l'utopia che fa la storia. Sono le mani di Dio impigliate nel folto della vita. Sono il centro
della morale cristiana, che consiste proprio nel fare anche noi ci che Dio fa, nell'agire io
come agisce Dio.
Ges una goccia di fuoco caduta dentro di noi e non si spegne. E noi viviamo di lui e lui
dilata da dentro le nostre capacit di amore perch diventiamo santuari che irradiano
amore: chi crede in me compir opere ancora pi grandi (Gv 14,12)
Perci, se riesco ad aiutare una sola persona a vivere meglio, questo gi sufficiente a
giustificare il dono della mia vita. bello essere popolo fedele di Dio. E acquistiamo
pienezza quando rompiamo le pareti e il nostro cuore si riempie di volti e di nomi!
(Evangelii gaudium, n. 274).
Gli uomini vogliono seguire il Dio della vita. E se noi siamo capaci di rendere, con Lui, la
vita pi umana, pi bella, pi felice, pi grande a qualcuno che non ce la fa da solo, allora
capiranno chi il Signore che noi cerchiamo di amare e di incarnare: davvero il Dio
amante della vita.
Letture: Isaia 35,1-6.8.10; Salmo 145; Giacomo 5,7-10; Matteo 11,2-11)
riproduzione riservata
Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
19/12/2013
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Il Signore rende pi grande il cuore


IV Domenica di Avvento Anno A
Cos fu generato Ges Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe,
prima che andassero a vivere insieme si trov incinta per opera dello Spirito Santo. [...]
Tutto questo avvenuto perch si compisse ci che era stato detto dal Signore per mezzo
del profeta: Ecco, la vergine concepir e dar alla luce un figlio: a lui sar dato il nome di
Emmanuele, che significa Dio con noi.

Prima che andassero a vivere insieme (passava un anno tra il matrimonio e la convivenza)
Maria si trov incinta. Sorpresa assoluta della creatura che arriva a concepire
l'inconcepibile, il proprio Creatore.
Qualcosa che per strazia il cuore di Giuseppe, che si sente tradito, con i progetti di vita
andati in frantumi. E l'uomo giusto, entra in crisi: non volendo accusarla pubblicamente
(denunciare Maria come adultera e farla lapidare) pens di ripudiarla in segreto. Giuseppe
non si d pace, innamorato, continua a pensare a lei, a sognarla di notte. Un conflitto
emotivo e spirituale: da un lato l'osservanza della legge (l'obbligo di denunciare Maria) e
dall'altro il suo amore. Ma basta che la corazza della legge venga appena scalfita
dall'amore, che lo Spirito irrompe e agisce. Mentre stava considerando queste cose ecco
che in sogno un angelo, che poi Dio stesso, gli parla... Giuseppe, mani indurite dal lavoro
e cuore intenerito e ferito, ci ricorda che l'uomo giusto ha gli stessi sogni di Dio.
Sotto l'immagine di un angelo Dio gli dice: Non temere di prendere con te Maria, tua
sposa. Non temere, la parola preferita con cui Dio apre il dialogo con l'uomo. Non temere,
Dio interviene sempre in favore della vita. Nel Vangelo di Matteo per tre volte vengono
angeli: per annunciare la vita di Ges, per proteggerne la vita dalla ferocia di Erode, a
Pasqua per annunciare che quella vita ha vinto la morte.
Ella dar alla luce un figlio e tu Lo chiamerai Ges! Egli salver il popolo. Il nome "Ges",
in ebraico Jeshu, deriva dal verbo "salvare", la cui radice ish ha, come primo significato
quello di allargare, dilatare. Ges salver: allargher, accrescer, espander lo spazio della
tua umanit, render pi grande la vita. Salver dal peccato, che all'opposto l'atrofia del
vivere, il rimpicciolimento del cuore; il peccato ci che rende piccola la tua persona, e
non c' spazio per nulla e per nessuno.
Dio viene e crea spazio in me, spazio per le creature, i poveri, i sogni, il cielo. In fondo,
religione equivale a dilatazione (G. Vannucci).
L'augurio di Natale che vorrei fare a ciascuno di voi e a me per primo: Che il Signore renda
il tuo cuore spazioso!
Giuseppe fece come gli aveva detto l'angelo e prese con s la sua sposa. Maria lascia la
casa del s detto a Dio e va nella casa del s detto al suo uomo, ci va da donna innamorata.
Povera di tutto, Dio non ha voluto che Maria fosse povera d'amore, sarebbe stata povera di
Dio. Perch ogni evento d'amore sempre decretato dal cielo. Dio si fatto uomo, e pi gli
uomini cresceranno in umanit, pi scopriranno la divinit che ha messo la sua tenda in
ciascuno di noi.
(Letture: Isaia 7,10-14; Salmo 23; Romani 1,1-7; Matteo 1,18-24)
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Il Vangelo A cura di Ermes Ronchi
28/12/2013
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In una famiglia le sorti del mondo


Santa famiglia - Anno A
I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e
gli disse: lzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta l finch
non ti avvertir: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo. Egli si alz, nella
notte, prese il bambino e sua madre e si rifugi in Egitto, dove rimase fino alla morte di

Erode, perch si compisse ci che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
Dall'Egitto ho chiamato mio figlio. (...)
Fuggi in Egitto! Perch l'angelo comanda di fuggire, senza garantire un futuro, senza
indicare la strada e la data del ritorno? Dio interviene cos: non ti protegge dall'esilio, ma
dentro l'esilio; non ti custodisce dalla notte, ma dentro la notte.
Quella vicenda di persecuzioni, quella storia di fuggiaschi ricercati a morte la storia di
milioni di famiglie ancora oggi. Non vi torna in mente la fuga in Egitto di Giuseppe con
Maria e il Bambino ogni volta che una famiglia straniera bussa alla nostra porta e chiede
aiuto? storia sacra che si ripete: sacra la vita, pi sacra ancora la vita perseguitata.
Mille Erodi ancora oggi emanano morte. Erode per viene giocato dai Magi e da Giuseppe,
perch c' Qualcuno che veglia anche nella notte, anche quando noi dormiamo, nel nostro
profondo ed ecco che l'uomo giusto ha gli stessi sogni di Dio. Che tuttavia indicano
davvero poco, una direzione verso cui partire, che hanno tanta luce quanta ne serve al
primo passo. Poi tocca a Giuseppe studiare la strada. Tocca a noi scegliere gli itinerari pi
sicuri, misurare la fatica dei pi deboli e portarli se necessario.
Giuseppe prese il bambino e sua madre e fugg in Egitto. Le sorti del mondo si decidono
dentro una famiglia, le cose decisive - oggi come allora - accadono dentro le relazioni e gli
affetti, cuore a cuore, nello stringersi amoroso delle vite. Nel coraggio quotidiano di
moltissime persone, innamorate e silenziose, fioriscono creature che faranno fiorire la
storia.
La vocazione alla famiglia santa, quanto quella di una monaca di clausura o di un
missionario. Perch vocazione ad amare, e ogni amore fa tutt'uno con il mistero di Dio.
Giuseppe rappresenta tutti gli uomini che prendono su di s il peso della vita di un altro,
senza contare fatiche e senza accumulare rimpianti; quelli che senza proclami e senza
ricompense, in silenzio, fanno tutto ci che devono fare, semplicemente. Sognatori e
concreti, disarmati eppure pi forti di ogni Erode.
Maria incarna tutte le madri, che sono tutte, come lei, benedette; quelle che non dicono mai
"basta" all'amore che il bambino esige giorno e notte. Maria tutte le donne che inventano
risorse di intelligenza e di forza per farlo crescere.
E quel Bambino non toccato dal male tutti i bambini, dove il solo fatto di esistere gi
un'estasi (E. Dickinson) una vertigine. I bambini ti chiamano a conversione, danno ordini
al futuro buono del mondo. Nel loro sguardo c' tutta l'eternit che ci attende.
Un ultimo pensiero va a chi vive sulla propria pelle un fallimento matrimoniale o familiare:
non temete! Dio ha anche per voi progetti di amore e di gioia, di luce e di vita. Scopriteli,
con fiducia.
(Letture: Siracide 3, 3-7. 14-17a; Salmo 127; Colossesi 3, 12-21; Matteo 2, 13-15.19-23)
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