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di Piergiorgio Odifreddi
Il 9 ottobre 1967, il rivoluzionario argentino Ernesto Che Guevara fu assassinato per ordine del
dittatore boliviano Barrientos, su diretto suggerimento telefonico del presidente statunitense Lyndon
Johnson. Era stato arrestato il giorno prima a Valleverde e in tasca gli era stato trovato un foglio con
una lunga sequenza casuale di numeri, senza alcun ordine apparente.
Come lo stesso Che racconta nel Diario di Bolivia, la sequenza gli serviva per codificare i messaggi
scambiati con Castro secondo il classico metodo Vernam. Il testo da cifrare veniva anzitutto
tradotto, secondo una tabella fissa, in una sequenza di numeri che veniva poi appaiata, cifra per
cifra, alla sequenza casuale che costituiva la chiave. Il messaggio codificato consisteva della
sequenza di numeri ottenuti sommando il messaggio originale e la chiave, cifra per cifra e senza
riporti.
Il metodo era, e rimane, perfettamente sicuro: se la chiave effettivamente casuali, lo diventa anche
il messaggio codificato, che pu essere decodificato soltanto possendendo la chiave stessa. Il
problema sta, appunto, nel se: esistono sequenze di numeri veramente casuali? E, pi in generale,
esiste il caso?
Naturalmente, per poter rispondere alla domanda, bisogna prima capire cosa significhino caso e
casualit: un compito reso arduo dalla pericolosa assonanza di queste parole con altre dal significato
apparentemente lontano.
Per caso, ammesso che qualcosa possa essere casuale, caso e casualit si trasformano infatti, per
metatesi, in caos e causalit: due opposti che richiamano, rispettivamente, lassoluta imperfezione
del disordine totale e la totale perfezione dellordine assoluto. Una simile divergenza ricorda la
rottura di un equilibrio instabile, come quello in cui si trova un masso sulla sommit di una collina,
che pu casualmente cadere da una parte o dallaltra e finire in due vallate completamente diverse
fra loro.
Non a caso, ammesso che qualcosa possa non essere casuale, la parola caso deriva poi dal latino
casum, "caduta" o " accadimento e traduce lanalogo greco ptotis. Lo stesso significato aveva
cadentia, cadenza, che poi divenne cheance in francese e chance in inglese. E lo stesso vale per
randomness, che deriva dal francese arcaico randon: cascata, impeto o precipizio. Insomma,
il caso assimilato a eventi come linciampo, la scivolata o la caduta, che rompono il naturale
decorso della necessit, alla quale il caso si opponeva nel titolo di un best-seller di Jacques Monod.
Sembrerebbe dunque che casualit e causalit siano due corni di un dilemma, due opposizioni che si
interdefiniscono per negazione reciproca. Ma la supposizione solo una mancanza di fantasia,
analoga alla restrizione a due soli valori di verit (vero/falso) effettuata dalla Logica classica.
Gustav Jung e Wolfang Pauli hanno pi inventivamente postulato, nel loro libro Sincronicit, la
possibilit di eventi collegati da relazioni non casuali e non causali e John Bell ne ha dimostrato
lesistenza nel mondo quantistico in un famoso teorema, confermato sperimentalmente in una saga
descritta da Amir Aczel in Entanglement.
Casualit e causalit non esauriscono dunque lo spettro delle relazioni che si aggirano per il mondo:
in altre parole, non sono concetti complementari fra loro. E che non siano neppure contrapposti, lo
stato ancora Kolmogorov -questa volta negli anni 60- a definire come casuale una sequenza
finita che non si possa descrivere in maniera radicalmente pi compressa della sequenza stessa. Ad
esempio, una sequenza formata da un 1 seguito da un milione di 0 non certo casuale, perch
labbiamo appena descritta in maniera molto pi corta della sequenza stessa, che consiste di un
milione di simboli (pi uno).
Analogamente, quasi nessuna delle sequenze lunghe che ci possono venire in mente casuale,
perch esse saranno in genere descritte in maniera pi o meno compressa.
Pu venire persino il dubbio che sequenze casuali finite non ce ne siano proprio. Invece, ce ne sono
infinite bench siano molto difficili da scovare. Ad esempio, qualunque sistema matematico ne pu
identificare soltanto un numero finito, perch ln-esima sequenza casuale nel sistema una
descrizione compressa, che pu descrivere soltanto le poche sequenze casuali pi corte di essa. E
questo fatto -che le sequenze casuali siano difficili da scovare- un bel teorema di limitatezza della
teoria della complessit, analogo a quelli trovati negli anni 30 da Gdel per la Matematica e Turing
per lInformatica. Anzi, in un senso preciso, una generalizzazione e un rafforzamento di quei
risultati.
Quanto alla definizione di Kolmogorov, essa porta alla luce uninaspettato aspetto della casualit:
che la si pu ottenere in due modi contrapposti, attraverso la mancanza o leccesso di
pianificazione. Il primo tipo corrisponde al vecchio concetto di aleatoriet, cio appunto al tiro di
dadi. Il secondo tipo, invece, esemplificato da quelle opere darte moderne, dal Finnegans Wake
di Joyce ai Sei pezzi per orchestra di Webern, la cui estrema complessit le rende indistinguibili, o
quasi, dal rumore.
certamente possibile che oggetti casuali interessanti, impossibili da descrivere pi efficacemente
che esibendoli, esistano in natura. Von Neumann, ad esempio, suggeriva come possibile esempio il
cervello umano. Ma che unintera poetica della modernit si sia dedicata alla loro produzione
artistica, certamente una caduta di tono degna del significato originario della casualit.