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"Di PECCATO E DI COLPA
ILLUSTRATE

OPERETTA
DI

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ANTONIO ROSMINI-SER'BATJM _
" " "rnmn novnmrmuo

MILANO
TIPOGRAFIA E LIBRERIA BONIABDI-POGLIANI

Contrada dei Nobili, N. 3995.

MDCCCXLII.

nnn-crus PECCATI camini: in AVERSIONE A zmoj ut dictum


est. hujusmodi autem avcrsio RATIONEM cam/m non habc.
rei, nisi VOLUNTARM essct.

S. Tommaso, S- Il. Il7 XXXIV, u.

ALL'ILLUSTIUSSIMO E REVERENDISSIMO

SIG. D. PAOLO GIOVANNI BERTOLOZZI


CANONICO DELLA METROPOLITANA DI LUCUA.

Amico carissimo, Quant mi vero che la divina sa


pienza trae il male da bene! Non ha molto, e io venia
di'amato di gravi etr01i cotrb la fede c0n istaitiipe, Con
lettere, con mendaci parole, sotto coperta di piet, col

segnate a Paitig'ahi ed mici, qiiali di Casa n casa scim


dalzzavzmo di me tutti , damoriardhi alle rivendiuole U);
_._I.

.*__

(I) Sall'ude nl fatterellu delle donnicciuole lucchesi che paxlVano


per via di me Come di traviata, narrato nella lettera che i11evcren

dissimo Bertolom stamp recentemente a Lucca sulla mia Risposta


al nto Eusebio, fece. 59,11. (3).

'

vI

ondio devea pubblicare in servigio di/2pusilli la Risposta


al nto Eusebio Cristiano, che rimovesse quello scandalo,
e scaltsse il pubblico a non lasciarsi s facilmente pigliare
alle grida docculti accus'atori. Conciossiach, Voi sapete,
i libelli contro di me pubblicati n portano in fronte il
nome deloro autori, n il luogo pur della stampa. Ed
ecco che di questo male lddio trae il bene inestimabile
di crescer luce alla verit. ' La societ di Teologi piemon
tesi che pubblica il Propagatore Religioso in Torino, le

rende illustre testimonianza U); e pari testimonianza le


rende la societ di Teologi lombardi, che pubblica lAmico
6attoliqo in Milano (9). Ed ora viene una voce da di l
dellApennino, che fa concento a queste di qua, e quella
voce grida lebelle parole da Dio stesso dettate: Magna
est veritas et praevalel (3). N questa, ella la Voce sola che
indi risuoni; perocch molte gi mi si fecero udire: ma
ella giunse la prima per le pubbliche stampe amiei orec
chi. Mi viene qucsta voce da tale, di cui io non vidi giam
mai la faccia,_n egli la mia; ma 'vedemmo tutti e due

(1) Vedi il Propagatore Religiosa, raccolta periodica compila/a


da una societ di Teologi piemontesi. Anno VI, voi. XI, facc. 353 e
segg. -- Larticolo quivi riferito fu poi ristampato a parte coltitolo,
Esame del Saggio di Riessioni scritto da Eusebio Cristiano, estralto
dal Propagatore Religioso , val. X1.
(9) Questo Giornale pubblic un articolo sopra il nto Eusebio Cri- V
stiano prima della mia Risposta nel fascicolo il e 12, anno I , voi. I ,

tace. 456 e segg.; e un secondo ne pubblic dopo la mia Risposta


nel fascic. l7 - l0, anno 1, vol. II, facc. 318. Il lettore pu veder
luno e laltro.
(3) Sulla risposta al nto Eusebio Cristiano del chiarissimo si

gnor Don Antonio Ilosmz'ni-Serbati preposito generale dellIstituto


della Carit. Lettera del canonico Paolo Gio. Ber/classi al mede
simo. -- Lucca. Tipograa di Giuseppe Giusti. l84l. - Col molto:

Magna est verilas e! praevalel. 3 Esdr. IV, 41.


I

r.

,. 1

la Verit stessa,'la quale fu c0ngiungitrice di quegli animi


.

e di quelle menti, che in essa, rimanendo i loro corpi du


cento e pi iniglia discosti, trovaronsi uhitissime. E questa
voce pur vostra, o mio dolce amico. Essa quella che

a principio mavvis delle ordite insidie, e mi diede fe


dele consiglio; quella che ora, egualmente fedele, applaude

al trionfo del vero. Io non potea prevedere che gli occulti


nemici che massalivano, mi dovessero fra gli altri beni
arricchire damici, rendendomi amiche n le persone a
me sconosciute o sol di lontano per brevissima corrispon

denza conosciute. Sia dunque lode a quella divina sapien


za, che non permetterebbe i mali giammai, se ella non
disegnasse di trarre da essi de beni maggiori!
Ma, e un altro bene Vorre io ottenere da questottitna

sapienza, o sapientissima bont che io la chiami, un bene,


chele domando io pure incessantemente nelle povere ed
umilissime mie orazioni, il bene, voglio dire, della concor

dia degli animi. Aprissero gli occhi alla verit quelli che
n qui mostrarono daverli chiusi, e se non possono per
venire a pienamente discernere il vero dal falso, aprisser0
almeno gli animi alla carit! Vedessero in noi se non il

vero, posto che nel possn vedere, almen lamore del


vero, ed in questo con noi sunissero! Vedessero, che noi
nop cerchiamo il nostro trionfo o la nostra gloria, ma che
solo ci sta a cuore che trionfi il vero di noi stessi e di loro

nostri confratelli, e che sia gloricato quello che verit e


carit! Vedessero, che non siamo noi contenziosi, e che, se

assaliti ci difendiamo, e nella difesa mostriamo aperto lin


giustizia e la deformit dellassalimento che ci vien fat0,

e sopra tutto la vilt sua e la slealt; non facciamo noi


questo per ispirito di vendetta, ma unicamente accocch
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quelli che ci hanno offesi inconsideratamente, Veggano il


mai che hanno fatto, e a salute loro se ne pentano, e

qelli che non ci hanno offesi prendano ad abb0rrire viep-


pi si fecci0si peccati, e a temerlh Deh, quale allegrezza
per me non sarebbe poter abbracciare quale amico, qual
tenero fratello un Eusebio Cristiano, e ciascun altro con

lui collegato contro di me! quanto affettuosamente me lo

stringerei al seno!

'

E chi sa che questo non mi venga fatto una volta


quando 0 sar io da loro pi conosciuto, o sar da loro
pi conosciuta quella verit, che sola io amo? se pure le,I
terrene passioni lascieranno alle menti tanta serenit che
basti a conoscerla, e agli animi tanta pace che basti a
fruirla; peromth sol nella pace che si fruisce la verit,

la quale tanto acCresce la pace. Ma certo, egli non ancora


venuto questo momento a me si desiderabile; e conviene

lasciar nire il conitto; e per nirlo pi presto, dar chiara


e patente ragione al pubblico del proprio sentire.
Con questo intendimento appunto io scrissi lopusculo

che risponde all Esame cr'iticmteologico di alcune domine


del chiafissiro Antonio RasminiSerbati, prete roveretano
articolo I, senza" nome di autore, gi sintende, e stampato
alla macchia, seCondo il solito. Si maravigliano molti come
io risponda a persone incognite, e che Cos debolmente

ragionano, o piuttosto viziosamentt: sragionano. Ma io noi


fa sempre; anzi solo quando mi si d innanzi occasione
dillustrare, cos facendo, qualche verit.\E voi vedrete,
spero, in questopuscolo stesso che qui vi mando, come
ne riceva luce la distinzione de concetti di colpa e di pece
ceto, e venga posta fuori di controversia. Quando rispom
dend0 viene luna o l altra verit maggiormente illustrata.

10
di chi lo tradisce e vilipende, e per il vedere questa schifezza
per evitarla pu grandemente giovare.
Lautore, a cui d noia la lucida distinzione delle idee di
peccato e di colpa, tace il suo nome, stamp lo scritto suo
alla macchia, il diffuse per Italia soppiattamente, dira e di
costumi procede pressoch uguale ad Eusebio, di cui si dichiara
il campione, se pur non desse, perocch le facce coperte,

a dir vero , non si possono raffrontare. poi del tutto nuova


la tattica che usano cotesti esseri invisibili (crediamli pure spi
ritelli, anzi che umane creature) per infestarci. Al libercol di
Eusebio fatto girandolar per le case da mani incognite, senza
bisogno alcuno dapprovazion di censura o ecclesiastica o seco
lare, io risposi dimostrandolo pien (1 errori e calunniatom.
Lobbrobrio di calunniatori convinti, Quegli occulti sei por
tarono in tutta pace; ed in luogo di provare a purgarsene,
consigliaronsi di dar mano ad altrarme offensive, com essi le
credon0'7 ma giudichi il lettore discreto se siano tali. Luna di
queste un manifestino cieco contenente nulla pi che mi
nacce; volteggi un po per aria, cal poscia in terra come fo
glia inaridita. Un altra un articoletto posto in circolazione
contro i teologi piemontesi, che nel Propagator Religioso casti
garono il nto Eusebio, n sar inutile dare qui picciol saggio
al lettore dellefcacia con cui combatte (I). A bel principio
lautore pone un motto di santAgostino, che caratterizza a
maraviglia gl invisibili nostri infestatori, perocch dice: Sunt

'enim quidam qui justissime damnatas impietates ad/zuc liberius


defcndendas putant. et sunt qui occvzrws PENETRAIVT DOMOS,

et Q'UOD 11v APERTO JAM CLAMARE METUUNT IN SEGRETO SE


MINJRE NON QUIESCUNT '(2). Credono adunque che il rinfac
ciare altrui falsamente le proprie vergogne, basti per essi a net

tarsene interamente. Ora la medesima tattica sugger loro di


dare a noi, la cui faccia pur nota al pubblico non da ieri n

(I) Sulla difsa del chiariss. abate Antonio Rosmini-Serbati, inserita nel

Propagatore Religioso Piemontese. Osservazioni di C. B. P. Articolo 1. Avvertenze alla Scrittore della difesa. _ Firenze, Tipograa e Calcogralia
allinsegna di Clic , 1841.
(a) Epist. CYCV, n. a.

11
da jer laltro, lappellazioue di FACCE, scouoscm-rc, s stessi in
pari tempo vantando di esser de cm: che latranci contro (i)!
Beh non sembra, che noi vogliamo oltraggiarli pur col rife
rire i loro oltraggi? anzi no i loro stessi vanti? E da vero,
che son sagacil Non sono obbligati veramente a sapere, che il

cane, oltre essere il simbolo della fedelt, fu ancora sempre


tenuto pel simbolo del calunniatore. Non lebbero le stesse lo
gislazioni per tale, ingiungendo n ance a calunniatori la pena
dabbaiare e di latrar come cani (2)? Ma non pi; egli sar
paruto essere anche assai questo poco: passiamo alla terzarma
offensiva che snodano, e veggiamo se sia miglior delle prime;

ella appunto laccennato libercolo, che al trattatello presente


porge occasione.
Lanonimo autore prende a motto, colla solita loro pruden

za, il testo di s. Tommaso: Ex verbis inordinate prolatis incurn'tuf


haeresis(3), il quale dee essere come la maggiore, certamente inne

gabile, del sillogismo, che intende piantare per batteria. Aspette


rebbesi ora, che la minore, colla quale stringerci n alla resa,
dovesse essere il dimostrare ampiamente, che noi adoperammo

veramente ne" nostri scritti un linguaggio si nuovo e disordinato,

da doverci c0ndur diffilato nel baratro dellerrore. Ma nulla di


questo, per avventura. Tutto il delitto, di cui collintero suo
opuscolo vuol convincerci, si di aver noi messo in campo quel
lantica distinzione fra colpa e peccato, che per nostra grave '
(r) Ci assumiamo unicamente luicio di guardia fedele che al compia.
rire di FAGE sconoscwre, od al sospetto dell'appressarsi il lupo alla
n greggia, col uramr. ne d indizio e al gregge e al mand-riauo. N ben
se si saprebbe dire di QU.\L aszzs c1nu sieno quelli,i quali allora solo a tutta

e gola si fanno ad abbaiare, e per ogni lato corrono e si aggirano, quando


e il pastore non dal loro latrare, ma dal miserando scempio del gregge fatto
u accorto del male, ebbe gi menate col potente braccio uno di quei colpi,

i quali non mai che cadono invano n. Cosi il citato articolo dello scu
nosciuto, che si segna colle lettere C. B. P., f. 4, nota 2.

(g)Una legge polacca voleva che il calunniatorc alla presenza del pub
blico si piegasse verso terra, appoggiandosi alle due mani e ai due piedi,
u e in questa situazione abbaiassu come un cane per un quarto dora. --At
tualmenle il calunniatore abbaia tre volte, e sta caricato sopra la sedia di
a colui che egli offese . Si pretende che Carlo V re di Francia avesse in
trodotto questo castigo nella sua cortc.(5uiut luis, O..uvrca, t. 4, paga/).

(5) S. 111, q. XVI, Vlil.

pigliano
not il santo
luna dottore
per laltra.
dAquino, le parole peccato e colpa
N egli gi vero (perocch cos incalza lAnonimo), che
qualora si ammetta, che i concetti di peccato e di colpa sieno

distinti, ne avvenga, che quel parlar della Chiesa riesca tutto


confuso ed equivoco. Conciomiach non essendovi alcuna dirgiun.

zione reale fra il peccato e la colpa, ma solo una distinzth


di concetto (i), e la Chiesa parlando in tutti i passi arrecati di
peccati reali, e non gi di concetti; ella non pu essere in

tesa in altro signicato, che in quelluno che suonano le sue


parole.
A sproposito adunque, a tutto sproposito, bench in aria di
trionfo, lanonimo cosi argomenta (a):
a Non si pu meglio conoscere il pensare della Chiesa, che
osservando la sua ragion di operare (3) o per mezzo degli

u
u

ecumenici concilii, o col condannare proposizioni contenenti


malvagie dottrine, ovvero colluso di catechismi
per suo
ordine scritti, ed indiritti per suo ordine ad essere norma
della pubblica istruzione dei fedeli n.
a Ma in questo triplice modo, ebbe mostrato la Chiesa, non
far essa, nellordine de costumi, distinzione alcuna fra colpa
u e peccato.... n In che modo di grazia ebbe questo mostrato?
Collusar essa indifferentemente una parola per laltra? Ma
questo, mio caro, non prova punto chella non faccia distin
zione fra il concetto di colpa, e quel di peccato; prova solo tut

tal pi: r. che nelluso comune di parlare, non necessario


indicare questa distinzione, e a. che questa distinzione non ha
luogo parlandosi di peccati o di colpe reali, di cui parla la
Chiesa; giacch quella distinzione riguarda solo i concetti. Come
non capir voi una cosa si chiara, signor Censore? Andiamo

avanti: a e quindi giusta questa sua dichiarazione (che di


chiarazione? la dichiarazione non della Chiesa, ma tutta
vostra, e tutta sbagliata) ebbe in uso lesprimersi in guisa ,
(I) N. I.

(a) N. 20 del suo Esame critico-teologico.


(5) Che operare? qui trattasi di esprimersi, di parlare; e non di operare.

(4) Operare colluso di Catechismi? che frase questa?

.-

ROSMINI. Le nozioni di peccato e Iii colpa illusi.

{0

1-8
'
,
7
che moltissimi de suoi atti e giudizj si renderebbero oscuri,
equivoci, inutili, se una cotal distinzione non si rigettasse
a. persempre, e non si rimanesse nel suo nascere estinta e se

polta . Questo un affermare arditissimo, non un provare.

lo v invito a provare, che una sola delle denizioni della.Chiesa


si rimarrebbe oscura, equivoca, inutile, ritenendo la distinzione
del concetto di peccato daquello di colpa, e se siete capace di
provermelo, mi vi do vinto.

.
IV.
Intanto egli certo, che quelle denizioni che voi adducete

in prova della vostra affermazione, non la provano, punto n


poco.Trascorriamole tutte luna dopo laltra, e veggiamo se sia
nulla di ci che voi dite si francamente. =
v
_
.
1. a Il Fiorentino, 0 meglio Eugenio IV, nellistruzione per
gli armeni al S x, de Baptismo ( I) cos si spiega: Hujus sa
cramcnti eectu-s est remissio omnis culpae originalivet uctua

lis, omnis quoque poenaeJ quae pro ipsa culpa debetur. Pro
ptrea baptizatis nulla pro peccatis praeteritis iniungenda est sa
sfactio, sed morientes, antequam culpam aliquam committant,

statim ad regnum coeloium et Dei visionem pervenunt. Ove


manifesto,*auzi chedistinguersi fra peccato e colpa, adope
rarsipromiscuamente questi due:vocaboli
Cos voi ditei,
e vi pardamrdetto tutto per la vostra causa, mentre non
avete detto ancor niente affatto. Risovvenitevi, che vi.si_ete preso
lassunto di provare,che quellaistruzione di Eugenio IV di
Verrebbe oscura, equivoca, inutile, se si ammettesse la distin

zione de concetti di peccato e di colpa. E perch adunque voi


ora non lo provate? E vi arrestate a dire semplicemente, che Eu
genio adopera promiscuamente i vocaboli di colpa e di peccato?
Questo nessun lo contende, n nessuno ha mai detto che fra
colpa e peccato si dia distinzione, trattandosi di peccati. e. colpe
reali, quando la questione tutta saggira sulla distinzion dei
concetti. Avete dunque mancato al vostro assunto; siete del

(1') Bullan Rom. Par. lll, tom. lll, pag. Si, edit, Rom. 1745.
(3) N. 21.

tutto uscito di via: convenitene, se siete da tanto. Che anzi,

lungi dal venire oscurato le parole dEugenio IV, colla distin


zione fra i concetti di peccato e di'colpa, egli sembra che tal
"distinzione vi apporti luce, imperocch essa dimostra la bella
propriet di quelle parole, nulla pro PECCATIS praeteritis iniun
genda est satisfactio ,- sed morientes antequam 'CULPAM aliguam

icommittant etc.; nelle quali, potendosi chiamare i peccati prepe


denti al battesimo tanto col nome di colpe che con quel di
peccati, prefer il sommo Pontece di nominarli pi tosto pec
cati che colpeJ comprendendosi in essi anche il peccatodori

gine che non colpa se non in causa, e,_ potendosi chiamare i


peccati commessi dopo il battesimo pure colluno o collaltro
nome, prefer il dirli colpe, convenendo meglio questo nome
a peccati attuali quali sono quelli di cui ivi si parla, antequam

culpam aliquam committant.


_
2. Il Tridentin0 poi nel titolo della sessione V, chiama
la macchia dorigine peccato. Decretum de peccato originali-z
la dice pure peccato nel proemio: Haec de ipso peccato ori
ginali statuit...., e nel can. Il, non con altro nome segna

il disobbedire di Adamo: inobedientiaepeccatum. N usa altro


linguaggio nellecoeziope.fatta; in verso la Beata Vergine:
u Declamt... s._ Synodus non esse suae intentionis comprehendere

in hoc decreto, ubi de peccato originali agitxu.... Che pi?


(bello da vero questo: che pi!) a nel can. IV nientre vuol
pure abbracciare ogni spezie immaginabile di peccato, cos si
esprime: Pr0pter hanc enim regulamdei. .. etiam parvuli, qui

nihil peccatorum in semetipsis ad/zuc committere potuerunt, idea


in remissionem peccatorum ucraciter baptz'zantur, ut in eis re

generazione mundetur, quod generazione contraxerunt . Ora


che cosa credete voi daver provato colle citazioni di questi te
sti? nulla e poi nulla al proposito dellargomento. Udiamo come
vi stesso vi riassumete, e credete di stringere, quando non
istringete che aria vanissima di parole:

' .

Quindi se mttansi a pareggio lespressioni dambedde quei


sti concilj, agevole lavvertire: I. dirsi dal Fiorentino colpa

quello che il Tridentino ha detto peccato: II. adoperarsi irr


differentemente c'ulpa e peccatum: III. abbracciarsi colla voce
peccato ogni genere dimmoralit n.

2|
dargli anche il nome di colpa, e per io non mi sarei fermato,
il confesso, a farci sopra una si sottile Osservazione. Ma poi
ch voi me lavete fatta fare, la trovo buona davvero. E fa

cendo anco qui uso della suppellettile a voi soverchia, cos


ragiono. I Padri Tridentini facevano assaissirp_o conto della dot
trina di s. Tommaso: egli dunque probabile che, inerendo a

tale dottrina, abbiano dato allinfezione originale il nome di


peccato, come pi proprio a indicare quel che volevano, che
non sia il nome di colpa; insegnando s. Tommaso espressa
mente cos, ORIGINALE (esecuum) esr VOLUNTATE Azreaws:

UNDE DEFICIT EX PARTE ILLA, EX QUA PECCATUM HABET


RATIONEM CULPAE

Onde la ragion di colpa nel peccato

originale trasfuso ne posteri vien meno qualora in s stesso si


consideri; ed ella non ha luogo, se non riferito quel peccato
alla volont libera dun altro uomo cio dAdamo che lo com

mise. E veramente insegnando lAngelico, che il concetto di pec


cato consiste nel disordine, nella deviazione dallordine di ra
gione (2), e che allincontro il concetto di colpa consiste nella

relazione di quel disordine, che peccato si chiama colla volont


libera che ne causa ('5)7 chi non vede che viene usato assai

o: d0ppio risPetto io. Ma questa coughiettura affatto una I.Q perch


si trattava Spiegare perch i Padri Tridentiui abbiano sempre usato
la parola peccato parlando delloriginale, e non la parola colpa; e quella
conghiettura spiegherebbe perch in certi luoghi abbiano usato la pa
rola colpa; n. perch quella eougbiettura tende a spiegare perch talvolta
us il Tridentino la parola colpa; e qui trattasi di spiegare perch non
talvolta, ma sempre abbia il Tridentino usato la parola peccato, parlando

delloriginale; 5. perch nalmente anche l'original peccato ha la sua


pena, e il suo renlum poenae, onde quella ragione dovea condurre pi
tosto il Tridentino anominar culpa loriginale peccato ogni qual volta parlava
della pena dovuta a questo, come poniamo l nel canone 2, dove egli dice:
Si quis Adae pmevaricationem sibi soli, et non ejus prapagini asserit no
,cuisse, et aeceptam a Dea sanctitatem, et justitiam, quam perdidit, stbi soli,

et non nobis cliam perdidisse, aut inquinata: illum per inobedientiae pec
calum. martem, et POBNAS corporis tantum in omne genus Immanum trans
fundisse, non autrm et PECCATUM, quod mors est animare, anathema sit.
(x) Il. Dist. XXXV, q. 1, ar. Il, ad n.

(a) Vedii luoghi di s. Tommaso da me recati nella mia Risposta ad


Eusebio, n. X.
(5) V. la citata mia Risposta, in. XXXVII.

22
.
pi proprian\nentc in tutti i canoni del Tridentino, il vocabolo
di peccato che non sarebbe stato questo di colpa? Ivi trattavasi
di stabilire la dottrina cattolica intorno a quel peccato che INEST
-UNICUIQUE PROPRIUM. Ora la relazione colla volont di Adamo,
nella.qnale, secondo 1 Angelico, sta il concetto di colpa non
INEM: perocch ci che INEST UNICUIQU-E non pu essere
che uno de due termini di quella relazione, cio il peccato,
essendo laltro termine, la volont libera del primo padre
Adamo. Acciocch vi fosse, INESSET, in ciascuno che nasce

la RELAZIONE fra il disordine che ciascuno eredita, e la vo


lont;libera che ne fu causa, converrebbe che in ciascuno che
nasce fossero tutte duci termini fra. cui passa quella rela
zione, e perci che vi fosse non solo il peccato che lun
dedue termini, ma ben ance la volont di Adamo che lo
commise; cosa evidentemente assurda a pensarsi, non che
a dirsi. Non sarebbeadnnque stato detto con tutta la pro

priet dallAngelico voluta che CULPA ORIGINALIS INEST UNI


CUIQUE PROPRIA, come non sarebbe stato chiamato con pro
priet. PREV/IRICATIO il peccato qual ne posteri. Laonde sa

pientemente il Tridentino chiamo prevaricazione la colpa dA


damo, e peccato il disordine che sinsse nellanima di cia

scheduno di noi in conseguenza delladamitica prevaricazione.


Ugual sapienza, ugual necessit di parlare pu scorgersi in
tutto il decreto del Tridentino. Quel decreto vuole principal
mente parlare del peccato adamitico come dun morbo nie
1ale, de peccato originali ejusque remedio (l), ora il concetto

di morbo s alla al concetto di peccato, ma non si all' mica


al concetto di colpa; perch il concetto di colpa non quello
di morbo morale, ma quello della relazione di quel morbo
colla sua libera causa. Il morbo, linfezione, il disordine, dove
sta lanozion di peccato, secondo lAngelico, si contrae (quod
generazione contraxt;runt), si trasfonde (propagatione non il?
tatione traanusum):e considerato come una macchia, una lepra,
si lava e si monda (ut in eas reganertt'one mundetur), ma non
si direbbe certamente con prepriet che si contraesse, che si
trasfbndesse, che si lavassc o mondasse una relazione. La rela
(I) Sess. V. Decretum de pecmto originali, nel principio.

33

zione (la colpa) sorge, comincia ad essere da s stessa, tostoch


si comunica, si trasfonde, si contrae luno desuoi termini,

cio linfezione del primo padre, nel quale poi sso, immu
tabile, incomunicabile, perch del tutto Personale, laltro
termine di essa relazione che la libera sua volont. Con
propriet dunque, secondo il preciso concetto di colpa, non si
direbbe che su TRAE da Adamo la colpa, ma bens che si trae

il peccato, come dice il Concilio di Trento, nht'l ca: Adam


TRAHERE originali; peccati: traendosi poi il peccato originale, in
continente accade che vi sia anco la relazione della colpa, come

traendosi lesistenza dal genitore, insieme col riceversi di que


sta, surge e nasce e vi la relazione di glialt't, poich la
relazione non si pone mai immediatamente, ma solo mediata

mente, cio ponendosii termini ai quali ella sappoggia. Che


pi? se il Tridentino stesso dichiara espressamente di qual

peccato egli parli, denendolo con somma propriet, quod mors


est animae?
Egli troppo chiaro che la morte dellanima
dun uomo non consiste gi nella marszwnr; col padre suo,
ma che la morte dellanima non che uno srsro DELLANIMA

sresss, e. che perci tutta nellanima che sgraziatamente


morta, non la morte, per dirlo di nuovo, una relazione che
chi muore abbia colla libera volont di Adamo suo padre. Con
propriet dunque il Tridentino chiama peccato e non colpa

quellinfezione originale di cui favella, non gi perch non sia


anche colpa, o cheyanche con questo nome chiamar non si
possa, ma perch egli la considera principalmente sotto il con

cetto di peccato, e quasi tutte le cose che intorno ad essa de


nisce, riguardano la sua essenza di peccato.
Finalmente, chi ha Vecchio sano, potr benissimo rico
noscere accennato dal Tridentino il doppio concetto di pec
cato e di colpa, che ha la macchia originale in quel canone:
Si quis per Jesu Christi Domini nostri gratiam, qupe in baptis
mate con:rtur, RE4TUM ORIGINALIS PECCATI REMITTI negat:.

aut etam asserit non TOLL! totum id QU0D- VERA-M ET PROPRIAM

PECCA TI RA TIONEM HABET, sed illud dicit tantum radi, aut non

imputari; anathema sit (2), nel quale chiaramente insegna, che


(i) Sess. V, Can. z.

(2) Sess. V, Can. 5.

24

la grazia battesimale fa dnecose e non una sola, luna espressa


col REMITT! che si riferisce'al concetto di colpa (I), l altra
espressa col TOLLI, che si riferisce al concetto di peccato. Chiama
il Tridentino la colpa realum peccati, che viene a dire culpa

peccati cio la colpabilit del peccato, la qual vien condonata


o rimessa, e chiama il peccato semplicemente peccatum (quod
veram et propriam peccati rationem habet), il quale dee venir

tolto via, come si toglie via una piaga, una macchia, un bub
bone o carboncello o simile (a).
Le stesse osservazioni si potrebbero fare volendo rendere ra
gione, perch san Paolo, esponendo nella lettera ai Romani la
dottrina intorno loriginale infezione, usi sempre, se ben mi sov
vengo, la parola peccato (ayapcia) e non mai la parola colpa
(curia): era pi proprio quel primo vocabolo nel suo discorso
che mirava tutto precisamente a illustrarla sotto il concetto di
peccato, dinfezione, di morte, di cosa in una parola aderente
ai singoli individui, ne quali passa quella infezione in uno colla
natura umana. E ad imitazion dellApostolo appunto, de cui
testimoni si valse, tenne la stessa propriet il Tridentino.
(I) Il mio anonimo mi somministra degli altri passi del Tridentino, nei

quali si fa corrispondere la remissione alla colpa. Eccoli: Sancta Synodus


declarat: falsum omnino esse-cruna a Domino nunquam REMITTI quin
universa etiam poena condonetur (Sess. XIV, c. VIII). -- Si quis post
acceptam justicationis gratiam cuilibet peccatori poententi ila CULPAI! RE<
IITTI, et reatum aeternae pocnae deleri direrit etc. (Sess. VI, can. XXX).
- Si qui; dixerit totam poenam simul cum CULPA REMITTI semper a
Dea - anatlzema sit (Sess. XIV, can. XII). Egli chiaro, che maggior
propriet di parlare vi ha nel dire rimettersi la colpa, che non sia nel dire

rimettersi il peccato, bench soglia usarsi giustamente anche questultimo


modo, intendendosi allora per peccato il reato ossia la colpa del peccato.

Allincontro vi ha tutta la propriet nelle frasi peccata in confessione recett


seri ( Sess. XIV, cap. V ); peccata taceri (Sess. XIV, cap. VIII); pec

catorum gravitatertz (Sess. XIV, can. V), e simili, nelle quali si esprime
l'atto peccaminoso e la relazione di lui colla volont libera si sottintende e
si suppone.
(a) Laonde, parlandosi delle pene soddisfattorie o medicinali, pi propria
mente si user la parola peccato, che non sia quella di colpa,- come la dove
il Tridentino dice: Procul dubio enim magnopere a PECCATO revocant, et

quasi neno quodam coercent hae satisfacloriae poenae (Sess. XIV, c. VIII),
nel qual luogo ognun sente che sarebbe stato men proprio il dire a culpa
revocwzt.

26

bello, e pi chiaro di questo, che voi stesso mi somministrate,


gentil mio teologo sconosciuto?
Certo, chi non sente la distinzione fra il concetto di peccato

e quello di colpa in un discorso si netto, come quello del Ca


techism0 Romano, d0ve ci si dice, che vi sono de peccati che

noi abbiamo per vizio dorigine, e non per nostra colpa, e che
ve ne sono degli altri, che noi abbiamo per nostra colpa; me

glio egli , che non istudj pi innanzi di teologia: e vada pi


tosto una scuola addietro ad aggiustarsi prima, se pu, la testa_
Tanto i peccati che sono con nostra colpa, quanto quelli che
sono Senza nostra colpa, sono egualmente peccati nostri,- ma di

quelli che sono senza nostra colpa, nostro il peccato, e non

nostra la colpa (se non a quel modo che della mano la colpa
delluccisore). Dunque ci ha distinzione, secondo la Chiesa cat-_
tolica, fra il concetto di peccato e quello di colpa.

Lanonimo tuttavia corre allo schermo, e confessando che in


quel testo pare restringersi il significato della voce colpa (I),
soggiunge per francamente c0si: Ma pare, senza che- per
veramente si restringa, e perch? udiamo attentamente il
suo argomento: perch altrove nettamente scritto: Pri-_
e morum parentum, nastrorqm peccato factum est , ut . . .; e qui

gfuor di dubbio vale la parola peccato quello che s0pra fu detto


qcolpa o

Il quale argomento potrebbe ricevere questa

forma: in un luogo il Catechismo distingue la colpa dal pec


cato; ma in un altro luogo usa peccato in luogo di colpa:
dunque n pure nel primo luogo non distingue questi due

concettil non bella e calzante questa maniera dargomenmreg,


Almeno non dovea vedere lanonimo nostro, che il dirsi: pel
peccato de nostri primi parenti avvenne che ecc., una frase.
assai Propria anche supposta la distinzione del peccato e della
colpa? Conciossiach, dicendos_i peccato, si dice azione reale
pecaminosa che il subbiettq della colpa, quando la colpa
una relazione
quellazione col principio libero, e per questa
non importava punto di menzionarsi, venendo intesa da s,

dopo essersi menzionato il suo subbietto(il peccato).Sicchquel


secondo luogo del catechismo recato dallanonimo non dimo
\

\(I) N. 25,

(a) N.

29

perocch anche Eusebio Cristiano diceva non che vi sia vera

mente e semplicemente nelluomo il peccato originale, ma che


il nascer noi privi nellanima della grazia santificante MIRASI
4 come una colpa (i), il che quanto ammettere si il pec
cato, ma solo simulatoriamente, e secundum quid, e quadamte
nus, un peccato, come spiega Eusebio, che non esige alcun

guasto nella volont 0 nellanima di chi ne va infetto

Ora

si fatte cose si pubblicano, ed in Italia, qui in questa sa


cra terra, dove sta pure il supremo magisterio della cattolica

Chiesa! e a contumelia dun cattolico scrittore! Non egli que.


sto un osare assai, bench quegli che si le pubblicano, mo
strino farlo di contrabbando, e come i monetari falsi, rimpiab

tali alla macchia? non ella tuttavia unaudacia?


lo so, che il sacrosanto Concilio di Trento den, chela
macchia originale veram et propriam peccati rationcm habet, per
ch decise, che non in altra maniera ella si scancella, se non

col togliersi via tutta la vera e propria ragione di peccato (3),


e fulmina lanatema contro chi dice il contrario; so che egli
den pure il medesimo, quando decise che la concupiscenza
che soprast ne rinati dopo il battesimo non pi vere et pro

prie peccatum , in Opposizione al peccato dorigine che vere


et proprie peccatum e di cui quella rimane solo un effetto (4),
e so che lavere veram et pmpriam rau'onem peccati, e lessere
vere et proprie peccatum, il contrario appunto dellessere pac
catum secundum quid,equadamtenus, come difende il coraggioso
anonimo: so nalmente, che se il peccato originale fosse solo
peccatum secundum. quid, ne verrebbe laltra erronea conseguen
(i) R. All'. VIII, f. 54. 55.
(2) Eusebio Cristiano neg del tutto che luomo che nasce abbia alcun
Vizio nell'anima sua. Ivi.
(5) Si quis per JESU Clariin Domini nostri graliam, quae in baptismats
CO!I/flul', realum. originalis peccati remilti negat: aut ettam assumi NON
TOLLI TOTUI ID, QUOD VERA ET PROPRI" PECCJTI RATIUNEM HA

BET, sed illud du;il tantum rudi, al non imputari; analhema sii (Sess. V,

canv 5 ).

(4) liane concupiscenllam, quam aliquando Apostolus pecealum appellut


I. ynodus declaral Ecclesmm Callwlicam nunquam intellea:use [ICLIL'aUUII
appellari, quo rana ET PROPRI/5 IN RBNA Tls vacca TUA! s11', ael qum

EX PECCATO EJZ', e ,ad /Irt;t;ltllllll inchnal. lvi.

_-3>
_-,ba, che i bambini

non si battezzassero semplicemente, in re


iy'tissionem peccatortun, ma solo secundum quid, contro allespressa
decisione del Tridentino (i). Laonde lanonimo non abbastanza

consider i canoni citati del Tridentino, i quali terminano al


loro
Ec'coadunque
solito: si quis
a autem
che si contrarium
riduce tutta
sensorit,
la questione
anathema
fra sit
lano
nimo e me, a sapere, se il peccato originale sia un peccato

semplicemente, o sccundum quid; sein abbia la vera e propria


ragion di peccato, come vuole il Concilio di Trento, 0 solo qua
damtenus: il che quanto dire,\a parlar senza ambagi e ri

giri, se esista o se non esista ne bambini che nascono, il detto


peccato.

Lanonimo sostiene, che non esista semplicemente, ma che esi*


sti chwtdum quid, o quadamtenus; io s0steng0 colla Chiesa cat
tolica, che esista semplicemente, che vere et proprie peccatum_sit.

Per difendere la sua tesi, lanonimo ha bisogno di confon


dere insieme i due concetti di peccato e di colpa, e di sostenere

che quelle due parole non ne esprimono che un solo, per so


stenere la cattolica verit delloriginale peccato, io ho bisogno
di non permettere che si confondano qne due concetti, ma di
mantenerli distinti, come gli hanno distinti s. Tommaso, il Con
cilio di Trento, ed il Catechismo Romano. Ecco in breVe il

Vcl'0 punto di vista della contesa: ecco il vero stato della que
stione.

Veramente, se riuscisse allanonimo di levar via la distin


zione di quedue concetti, assai facilmente Verrebbe a capo di
dimostrare, che loriginale peccato veram et propriam peccati
rationem non Imbet, ma che egli solamente un peccato se
cundum quid, quadamtenus, e, come anca dice, in unpsenso
(i) -- etiam parvuli qui Iii/iii peccatorum in semetipsis, adhuc committere

poluerunt, idea in remissionem peccatorum VERACITER baptt'zantur, ut in eis


regeneratt'one mundetur, qund generatwne c0ntraxerurtt (Sess. V, mm. 4).

(2) Di quelli che con delle sottigliezze vane, e con delle miniere Sllllth

latorte di parlare riducono Il peccato originale a nulla, troppo a ragione pu<5


dirsi lo stesso, che santAgostino diceva di quelli che schiettamente il ne
gavano: Necessaria est peccati origmal:s notttta, al, qui tllud negant, ipsa
deifundamenta nitantar subvertere (Contra Jul. V, n). Anzi sono pi peri
colosi i primi pel tuono e per lautorit teologica che osleutano a' noStri

giorni, che non sieno i secondi.

3 |v '.

' - imminuto. Perocch essendo evidente, che il concetto di colpi"


iion
Adamo,
appartiene
se non in
allinfezione
quella maniera,
originale,
che appartiene
qual nel algliuolo
braccio la;

colpa dellomicidio, in quanto che cio il braccio parte del.


luomo intero, perch il peccato originale est voluntarium, come

dice e. Tommaso voluntate alterius, unde deficit ex parte illd, ex


qua PECCATUM habet rationem emme, essendo ci. evidente

dicea, egli evidente del pari, che loriginale infezione deceret


ugu'almente earilla parte, ex qua habet ratio_nem peccati, se si

ammettesse che peccato sia perfettamente il medesimo che colp.


E per dirlo pi brevemente e porlo in forma di sillogismo,
ecco largomentazione nettissima che mira a fare il nostro teo
logo anonimo, insieme co'suui colleghi:
Peccato e colpa sono il medesimo, n differiscon. Pur di
concetto.

Ma il peccato originale n0n ha la ragion di colpa in colui,


che lha ereditato, ma solo riferito ad Adamo, che lo commise;
e per ha ragione di colpa in un senso imminuto, quadamtenus,
secwzdum quid.

Dunque del pari il peccato originale non ha la propria e vera


ragione di peccato, non est vere et proprie peccatum; ma Mi

BASI sol per tale, e sol dicesi tale secundum quid, in un senso
imminuto, quadamtenus .

Opposta del tutto" a questa largomentazione, colla qual si


difende che il peccato dorigine ne posteri ricevuto veram et
propriqm peccati rationem habet , est vere et proprie peccatum ,
est peccatum simplicitcr; ed eccola quale riesce:
"
a Il concetto di peccato non il concetto di colpa; perocch
il peccato un disordine inerente al soggetto in cui si trova,
che il sacro Concilio di Trento denisce: morte dellanima di
qesto soggetto, quod mors est anin'tae (1), mentre la colpa
. (I) La denizione che io soglio usare del peccato in genere, morte della
nima, si questa una declinazione (alluale o abituale) della volont per
sonale dalla legge elerna. Vedi la mia Risposta al nto Eusebio, Quest. V.
Quella declinazione oggetto dellodio di Dio; onde Iddio non pu comu
nicarsi allanima come vita soprannaturale di lei, per questo impetlimenl
che in lei ritrova Sicch lanima in uno s,lalo di opposizione q Dio, che
la rende moria.

i .bmputazione
32
che si fa di

disordine al principio vlil>gi::_2_r ,.

che ne fu causa n.
,
.
Ora il principio libero, che fu causa del peccato con cui

nasciam tutti, la volont del nostro comun padre Adamo.


Dunque il peccato con cui nasciamo colpa non riferito alla
volont nostra, ma a quella dAdamo. Dunque est volohtarium

voluntate alterius: unde deficit ex parte illa, ex qua PECCATUM'


HABET nszozvzm CULP/E, come dice s. Tommaso.
Ma se nellinfezione originale manca alquanto il proprio con

cetto di colpa, per ricevere" il quale esso si dee riportare ad


Adamo, e per colpa in cau'sa\'-,nq!yv le vien per meno il

concetto di peccato, perch il disordine di cui si tratta


vera morte delanima, dellanima, dico,in quant intelligente,
personale, morale, e quest ci che forma la vera e propria
ragion di peccato.

Concludiamo: se dunque vero, che linfezione originale


habet veram et propriam rationem peccati, vero altresi che il
concetto di peccato e quello di colpa sono distinti; e non si
pu distruggere il dogma cattolico che loriginale vere et pro
prie peccatwn sit, se non a condizione che prima si (murino

le idee,iche prima si confondauo insieme i concetti dicolpa


e di peccato. Volendo adunque il n0stro teologo anonimo,

volendo Eusebio Cristiano, volendo lautore che si segna colle


lettere C. B. P. ottenere quel primo intento, sono tutti affati
cati ed impegnati a sostenere prima questo secondo, cio che
non si d distinzione alcuna fra peccato e colpa; e a dichiarare

eretici quelli che dicono darsi questa distinzione (i).

(1) Lo stesso Suarez (tom. IV De vitiis atque peccatis, DiSp. IX, sect. il)

sostiene la tesi che il peccato originale est vere et proprie peccatum, e dice
che ci uidetur DE FIDE, ex bis, game in prima sectione dieta sunt: - nam.
si improprie erpnnantur, solum concludetur in nobis esse [mena peccati,

cum [amen Tridentinum supra tolli docet per Baptismum id quod proprie
et vere peccnlum est. Conrmatur, quia nihil est mors animae, mc causti
tuit Immian inimicum Dea, et odio dignum, nisi YERUM PECCATLM, e

conferma la stessa tesi collautorit di santAgostino, De premtorum merdis,


Il, XXXIV, e contra Julianum, Ill saepe. Appresso poi, dopo riferita la
sentenza di quei teologi, che sostengono non potersi, salva la fede, rhiamar
loriginale, peccntum nequivnce: aliis vero viderur hoc esse CONTRA FIDEM,
QUIA 5! NON EST UNIVOCE PECCA_TUN, NEQUE SIMPLICITEB ERIT TALE;

35
nostro anonimo di nuovo ripete la sua tesi cosi argomentando:
Non vha nellordine morale differenza tra ci che costituisce
a il peccato \e la col'pa,perch i: n. usano vonmn orsoannvrro,
DAL. QUALE si. Luno cm: LAnno RISULTA. Dunque non pu avve

nire in questordine lavervi peccato e non colpa, ma vi ha


insieme peccato e colpa, o non vi ha n peccato n colpa (1) _
Argomento attissimo a dimostrare che il peccato originale non
esiste, cio che quel che si chiama impropriamente peccato ori
ginale, non , a vero e schietto parlare, n peccato n colpa;
perocch, riassumendolo, stringe n pi- n meno cos:

il libero volere disordinato, dal quale risulta si il. pec


cato che la colpa .

u Ma il libero volere disordinato era nel solo Adamo, e in


nessun altro de suoi discendenti prima dellet della discre
ZIOYIG 91.

Dunque nel solo Adamo vi si il peccato che la colpa; e


in nessuno de suoi discendenti (prima dellet della discre

zione) vi n il peccato n la colpa o: quod erat demonstran


dum
A questo sistema il nostro anonimo vuol far servire la dot
trina di s. Tommaso! Santissimo mio dottore, sarete voi con

tento dun tanto interprete?

(I) N. 14.
(a) La distruzione del dogma del peccato originale, coperta sotto frasi

teologiche, ecco dove nisce, come dicevo, se io nulla veggo, la maniera

di ragionare de nostri teologi collegati. Lautore, che si presenta colle ini


ziali C. B. P., prendendo ad esporre il sentimento del nto Eusebio, di cui
si fa campione, dice che conforme al Concilio di Trento; imperocah
il sacro Concilio, nellemolte volle che descrive il peccato originale, lo

congiunge di modo col suo primo autore Adamo, che facilmente ne da


ad intendere, cessar ogni ragion di vero peccato nei posteri, quando si
(a perda di vista il primo padre, n a lui quasi ad origine si abbia ricorso
(i'acc. 20 (12)). Ora, come mai definisce il sacro Concilio il peccato? con

queste precise parole, QUOD esr nous annue. Domando adunque, se


unanima morta ha bisogno, per essere veramente morta (il che un dire

per avere veramente il peccato), di ricorrere ad Adamo? Il peccato, la


monrennnnsmtvu, nellanima particolare che morta; in Adamo poi ci
la causa di questa morte, a cui si riferisce, LA coma.

36
X.

Prima per che noi esponiamo il Sottil magisterio duna si


sicura teologica interpretazione dellAquinate, convien che fac

ciamo unosservazione.
Voi prendete, o signor anonimo, a dimostrare che a quanto
la ad un atto manca in ragion di colpa, altrettanto mancagli

in ragion di peccato (i) e. Ma non egli vero che c0si pro


mettendo di fare, venite a confessar voi stesso che la ragione

di colpa,y distinta dalla ragion di peccato? Sia pur, per


poco, supposto vero, che quanto ad un atto manca in ragion

di colpa, a altrettanto gli manchi in ragion di peccato n. E che


perci? Non potrebbero essere tuttavia due nozioni, due concetti

distinti quelli di colpa e di peccato? Vedete voi, mio caro, che


quandanco vi riuscisse perfettamente di provare quel vostro
paradosso, non avreste per ancora provato, che identico sia il

concetto di peccato e quello di colpa; ma solo che questi due


concetti sono ricevuti negli atti umani daccordo, e van sem#
pre appaiati, e crescono e calano colla, stessa legge? vedete adun

que, fin a qual segno voi venite confondendo ogni cosa, e quan.
tavete bisogno di dare un po pi di tempo alle vostre idee,
acciocch elle sassestino e si distinguano nel vostro capo, senza
_ ricorrer si tosto alla penna, la quale non pu altro esprimere e

dimostrare che la vostra passione e la vostra confusione? E come


mai osate voi dimettere in bocca a s. Tommaso dAquino il di

scorso insensato che gli mettete, la d0ve dite: e Quasi dicesse

(s. Tommaso), Egli vero che alla macchia d origine com


a pete
la ragione di colpa; ma altres vero, che anche la
ragione di peccato non le compete se non in un seso im

u minuto, e come dicono quadamtenus (3).


Se la parola colpa e la parola peccato suonano perfettamente
il medesimo, secondo voi, voi dunque fate parlare lAngelico
(I) N. 15.

(a) Io qui SOSpetto che manchi un non per errore del tipografo, e che
debba leggersi non compete , invece di compete . Ad ogni modo, se

alla Voce cotpa si sostituisce il preteso sinonimo di peccato, esce sempre


fuori una sconcimura degna di uso o di compassione.
(5) N. 15.

33
38

a Egli s. Tommaso che col denisce il peccatum moris.

peccatum nihil aliud est quam actus humanus malus n

Dalla quale denizione raccoglie, che quanto ad un atto


manca in ragione di colpa, altrettanto mancagli in ragion di
peccato n (a).

In queste premesse, facilissimo osservare:


1. che la denizione arrecata da s. Tommaso non appar
tiene che al peccato attuale, perch dice actus humanus malus:

laonde quella denizione non fa al proposito, volendola appli


care alloriginale, il quale, come sta ne posteri, un peccato
abituale, e nop un peccato attuale;

a. che fa maraviglia il sentire locculto teologo cosi franca


mente asserire: e Dalla quale denizione raccoglie, che quanto
u ad un atto manca in ragione di colpa, altrettanto mancagli
in ragion di peccato . - Chi che raccoglie ci? forse
s. Tommaso? ma perch non recate voi le sue parole? Per me,
il vogliate credere o no, ho letto e riletto larticolo, onde avete
tratta quella definizione del peccato attuale, ma ivi lAngelico
nulla affatto raccoglie di quanto voi asserito chegli raccolga.

E nalmente, fossanco vero che lAngelico raccogliesse che


u quanto ad UN ATTO manca in ragion di colpa, altrettanto man
cagli in ragion di peccato a, di nuovo dico, e che perci?
parliamo nor di un? non gi, non parliamo di atti peccami
nosi, ma parliamo di abiti, giacch il peccato innato nelluomo
un abito e non un atto. Come confondete adunque malamente
ogni cosa?
Prosiegue il Critico Adunque (chi non sente la forza di
questo adunque dopo tali premesse!) Adunque seaerma, la
n macchia dorigine venir meno dalla compiuta ragion di colpa,
u forza che affermi venire insiememente meno dalla compiuta

ragion di peccato (3). - Questa illazione sarebbe vera se non


avesse due soli difetti: il primo, che non attacca colle premesse,
perch le premesse parlano di peccati attuali, e lillazione parla

dun peccato abituale, al quale non si possono applicare le dot


(1) Questo luogo non

allarticolo I, ma allarticolo VI della q. LXXI

della Prima Sccundae; - Hdnc veniam petimusqne damusque vicissim.


(a) N. 15.
(5) N. 15.

quid: il che quando vero fosse, potreblyqi gimpliciter negare e


il peccato e la colpa originale ne posteri ,kio_ dire un eresia.

Q
XIV,
-.
Panni per di udir qui lAnonimo replicare c0sr, in altre pa.
role argomentando: Fatta astrazione dalla libera volont del
primo uomo prevaricatore e. contaminatore di tutta lumana
stirpe, non pi} concepibile il peccato originale. Quello che
la mente concepir in tali ipotesi immaginaria, dovr essere al

tra cosa diversa dal peccato originale, essendo questo il fallo


del primo uomo, in quo omnes peccavcrunt, trasfuso in tutti i

suoi posteri. Concepire il peccato originale senza relazione al


primo uomo che lo commise, un concepire ci che non il
peccato originale, un' voler concepire una cosa senza conce
pirne i costitutivi n.
'
;
Ottimamente, e chi-potrebbe negarlo? Ma io vi rispondo:

Voi parlate, fratel mio, dastrazioni, ed ein pare tuttavia, che


non siate troppo bene informato della natura dell astrazione.
Perocch se conosceste a.sutlicienza lindole di questa operazione
della mente, che astrazine si chiama, voi sapreste pure che
ella si adopera in due-maniere diverse, nelluna delle quali
si fa appunto lipotesi, che _rton ci sia la cosa da cui si astrae, e
allora si considera, quali conseguenze avverrebbero dalla rimo

zione ipotetica di quella cosa; nellaltra_maniera poi, non si fa


mica lipotesi che non ci sia la cosa da cui si astrae, anzi la si;

lascia essere tuttintera, ma solamente. nop la si considera


punto, e si considerano laltre cose, che sigimangono per con
cssa unite. Cos a ragion desempio, quando in Fisiologia par

lesi del sistema vascolare, si astrae dal sistema nervoso, ma non


crediate mica perci che si faccia lipotesi che il sistema uer-.
voso non esista, nel qual caso non potrebbe esistere n. manco

il sistema vascolare di cui si parla. Veniamo a noi.


Se si usasse il primo modo dastrazione rispetto al peccato di
Adamo, cio se si facesse lipotesi immaginaria, come voi falsa

mente credete, che quel peccato non fosse stato, in tal caso certo
si distruggerehbe il peccato anche ne posteri, e di pi, sincor-

rei-ebbe nella sentenza condannata in Baio, Peccatum originis

44
vere habet rationem_ peccati sine alla ratione ac respectu ad volar

tatem a qua originari: habuit (i).


,
Ma usandosi allincontro da noi lastrazione dal peccato di
Adamo nel secondo modo solamente, cio, non gi facendosi

lipotesi immaginaria, come voi dite, che Adamo non abbia pec
cato, ma solo astra'endo dallatto dAdamo per considerare il
peccato che sta nc posteri, senza per questo divider da quello,
non solo non ne avvien lassurdo che voi temete, cio, che si
'voglia concepire una cosa senza concepirne i costitutivi a, ma
si fa una distinzione del tutto logica e necessaria, e fattasi sem
pre da santa Chiesa e da teologi tutti. E non dite voi stesso che

il fallo del primo uomo fu trasfuso ne posteri? Se fu trasfuso


ne posteri, dunque ein c ne posteri, dunque ne posteri gi
trasfuso si pu considerare come ein ci sta, astrazion fatta dalla.

sua origine. E non dice il sacrosanto Concilio che origine unum


est, ecco qua che lo considera nella sua origine, astrazion latta
da posteri, e che propagatione non imitatione transfusum omnibus,

inest unicuique proprium (2), ecco qua che lo considera ne posteri;


astrazion fatta dalla sua origine. Volete vederne la differenza?
Qual il peccato originale considerato nella sua origine? Un solo

di numero, dice il Concilio, origine unum, un peccato attuale,


un peccato di commissione. Ma qual ein ne posteri ?/ transqu
sum omnibus,'unicuique pnopr'ium

non pi uno adunque mu

mericamente, ma molti quanti sono gli uomini, perocch pro:.


prio di ciascbeduno, non un peccato solo comune a tutti. Ecco
come sia necessario astrarre dalla sua origine, nella quale uno,
per considerarlo ne posteri, ne quali cessa di essere numeri-.
camente uno e diventa tanti, quanti sono. gli uomini, perch
est pr0pnum unwutque.

XV.

A convincervi pofesser cosa comune appresso. i teologi il


distinguere il peccato originale, come si sta ora ne posteri, dal

(I) N. XLVII delle condannate da s. Pio V. --. Ved. la mia Risposta al


finto Eusebio, n. X.

(a) Sess. V, ecc. 3.

4
Apostolus, Rom. V. prireim'ttit derivationem culpae derivatiori
poenae dicens: Per 'unum haminem peccatum in lume mundum
intravit et per peccatum mar: (1). Se dunque la pena, che
viene sopra al gliuolq di Adamo in conseguenza del peccato

del padre suo non gli data pel peccato personale di questo,
ma per linfezione;delljloriginal colpa che ein ha in s, dunque
questa infezione si pu, ben considerare senza bisogno di rife
rirla al peccato personale? colpevol dAdamo, bastando a que
sto riferirla sol quando si tratta di spiegarne larigine, la deriva
zione dal primo stipite, o anco la ragione onde si d acconcia

mente a quella infezion derivata il concetto e il nome di colpa.


E nel vero, chi egli mai il subbietto di quel peccato, pel

quale il gliuolo di Adamo perisce? forse Adamo? Non Adamo


certamente, ma il suo stesso gliuolo. Adamo il subbietto del
proprio peccato, e il suo gliuolo pure il subbietto del pec

cato proprio, pel quale viene punito. Se poi si dimanda come il .


gliuolo di Adamo diventa subbietto di tal peccato, ognuno ri
sponde per via di generazione, per vizio dorigine, ecco la rela
zione fra il peccato di Adamo e il peccato de suoi discendenti,
una relazione di efcienza. Se dunque sono tanti i subbietti
del peccato derivato dal primo padre , quanti sono gli uomini.
e tutti sono distinti dal subbietto del peccato commesso dal

primo padre, che lo stesso primo padre; dunque la buona


teologia non vieta, ed anzi prescrive di parlare del peccato de

discendenti come di cosa diversa dal peccato del primo padre,


dopo la prevaricazione del quale rest in lui un peccato abituale

uguale di specie a quello de discendenti, non mai di numero


(1) De Malo, q. V. a. 1, ad 2. - Da questo e (in altri somiglianli passi
del santo Dottore, Pietro da Bergamo, domenicano. autore della celebre Ta

buia aurea, inferisce, che il peccato originale, secondo la mente dellAngelico,


volontario non solo in Adamo,ma anco negli altri: Imma est volunlarium
elam in all'is, quiz: qui pum'unlur pro peccato originali, non puniuntnr pro
peccato allerius, sed pro sua, quo quisque incurrit (Voc. Pecrnfum 295).

Non gi che i bambini facciano un atto di peccato, il che sarebbe un erm


re a dirsi; ma essi contraggono un abito, una disposizione, uno stato pec
caminaso della loro volont.
(a) Peraalum originale est unum SPECIE, et in una homine non palect rise
risi nnum numero; in diversis antem homim'bus est unum SPECIE ET PRO
PORTIONE, diversum autem numero (S. Tomm., S. I, II, LXXXII, u).

48
E se ci ancora non basta, si c0nsideri come i discendenti
dAdamo sieno il subbietto dun proprio loro peccato. Essi s0no
subbietti di questo peccato, giusta s. Tommaso, sec0ndo quella
parte dellamana natura che sede della moralit, la qual parte

la volont personale: perocch sarebbe un assurdo il pensare)


che possa esistere un peccato in senso vero e proprio altrove

che nella volont; giacch il peccato (nel senso in cui noi sem-'
pre il prendiamo), cosa morale: e il morale tutto nella vo
lont, e nelle altre parti delluomo solo in quanto dalla volont

dipendono. Se questa sia o non sia la dottrina dellAngelico ,


ognuno pu vederlo da s. Tuttavia si conceda, che a luoghi
del Santo da me altrove riferiti, qualche altro qui ne aggiun
ga. Nella IV questione de Malo (1), si propone la dimanda
utrum peccatum originale per prius sit in voluntate, quam in aliis

potentiis. Si badi bene, che qui il santo Dottore non parla


della volont di Adamo, ma unicamente della volont del bam=
bino che nasce; perocch la volont di Adamo non il sub
bietto del peccato del bambino che nasce, ma subbietto n solo

la volont di questo bambino. E bene, veggasi che cosa il santo


Dottore decide. Prima di tutto pone il principio generale: Ad
hoc -- quod invenz'atur primum subjectum peccati originalis in

potentiis animae, oportet considerare quae sit illa potentia a qua


omnes aliae habent quad sz'nt suscrrrnur: racc.lm (2). Ecco ci

che si dee cercare. Ora, qual mai la potenza nelluomo che


per s suscettiva di peccato, e che rende tali anche laltre, se

non la volont? Dunque la volont del bambino (distinta al


tutto dalla volont di Adamo), per s il subbietto del pec-i
cato originale ricevuto nel bambino. Ed solo perch questa
volont suprema (personale) del bambino viene infetta e disord
dinata, che in essa c il male morale, al quale tien dietro,
come necessaria e natural conseguenza, il male di pena. La
I

(I) Art. v.
(2) Ivi. - Avea gi detto anche prima, che opartet ut primum snbjectum
PECCATI CUJUSCUMQUE sit id quad est proprium haminis, scilicet anima
rationalis, seconda: quam homo est homo: et sic PECCATUM ORIGINJLE

zsr IN ANIMA RATIONJLI slot/1 IN PROPRIO svamcro (Art. in) E par


lava anche qui, si noti bene , non dellanima razionale di Adamo, ma 30

lameule dellanima razionale del bambino che nasce.

49
Volont di Adamo non fu adunqe che la causa rimota della
punizione che sostengono i suoi gliuoli, ma la causa prossima

il male monile, il peccato giacente nella loro propria volont.


Laonde dopo che la causa rimota ha prodotta la causa prossima,
quella pu cessare e questa pu tuttavia continuare ad operare

ed a produrre i suoi effetti. Il che appunto quello che avviene


nel fatto del peccato originale; perocch, bench la prevaricazione
di Adamo sia stata da Dio rimessa al suo colpevole autore, tut

tavia i suoi discendenti sono condannati al male penale; per la


ragione che sussiste in ciascheduno di essi la causa prossima di
questo, che il male morale. Tuttoci in sostanza viene a dire
si Tommaso nel citato articolo, quando, facendosi a risolvere
la questione proposta, applicando il general principio pi sopra
riferito, risolve cosi: Manifstum est autcm quod peccatum, secun
dum quod mmc de peccato loquimur, est CUI DEBETUR POENA.
cx h0c autem actilms nostri: poena debetur et increpatio QUIA

swvr VOLUNTARII. Unde a voluntate derivatur ad alias potentias


anmae quae sz'nt susceptvae peccati. Unde patet quod peccatum
originale per prius est in voluntale, quam inter omnes potentias

animae. La volont dunque (si parla sempre della volont del


bambino), secondo s. Tommaso, il Vero subbietto del pec
cato originale, perch la volont quella potenza nelluomo
in cui sta la moralit; e per se questa disordinata, se ella
cio non disposta ad anteporre a tutte le cose la giustizia,
come vuole la naturale ragione stessa, luomo personalmente
guasto; e Iddio, santit essenziale, non pu non odiare il di
fetto di quella volont che sarebbe perci inclinata ad antes
porre qualche gran bene sensibile alla stessa giustizia. Laonde
trae dietro a questo difetto morale, come natural conseguenza,
il male di pena. Cos s. Tommaso, per ispiegare la pena al ham

bino dovuta, ricorre solo alla causa prossima, che la mala


volont del bambino stesso, e non ricorre alla causa remota,

che la volont di Adamo, dalla quale per egli avviene


a quella pena al bambino dovuta la qualit di essere meritata;
\ perocch la volont del bambino immorale e peccatrice, ma
non pu tuttavia demeritare, priva com'ella dellesercizio della.
libera volont, giacch queste cose si debbon distinguere, e non
insieme confondere.
'
'
Rosmm. Le nozioni di peccato e di colpa illust.
1 71

50

.
E che la volont del bambino che nasce, sia il subbietto di
quel male morale che peccato originale si appella, viene dal
lAngelico continuato anco dalla denizioneche d santAn
salmo della giustizia. Justitia, dice, est ancrzrvno rozuzvm
n.9 (1). Ma il peccato, argomenta s. Tommaso, la privazione
della originale giustizia. Ergo est per prius in voluntate (a). E

a s stesso facendo poi lobbiezione, che la mancanza dellorigi


nale giustizia pare che debba consistere nella ribellione delle
parti inferiori dellanima, egregiamente risponde: Ad secundum

dicendum, quod rebellio infriorum vin'um ad ruperiores, est PER


SUBTRJCTIONEM VIRTUTIS QUE INERAT VIRIDUS suramoamos.
-- Et idea peccatum originale magis est in surzsazomaus rumws
quam in infenbribus (3). Di che si vede chiaro, che il peccato ori

ginale, secondo lAngelico, consiste in quello sgagliardamento


della vol0nt essenziale e personale delluomo, pel quale questa
patisce dalle forze inferiori, e non comanda pi loro, come deve

e potrebbe se fosse sana e perfetta: sta dunque in un difetto


morale della personal volont.

Egli dunque vero e di fede che il peccato in cui nascono

i discendenti dAdamo, ha una relazione di origine col peccato


attuale di Adamo; ma comunicata che sia nel bambino per ge
nerazione insieme colla natura la macchia di quel peccato, que
sta sta da s, e non ha pi bisogno per sussistere della volont
di Adamo, ma solo della volont del bambino; e dalla relazione
con quella di Adamo altro non ritrae di pi che la qualit esteriore
eil nome di colpa. Laonde si pu ed necessario parlare anche
del peccato originale come nel bambino si trova, lasciando da parte

il peccato di Adamo che lo produsse. Ora in quanto quel pec


cato sta cos nel bambino, egli non ha ragion di colpa, bench
labbia, se ad Adamo si riferisca. Dunque necessario il distin
guer bene queste due nozioni di peccato e di colpa, se si voglia

(I) L. De conceplu virginall.


(2) De Malo, IV, v.
(5) Ivi ad n. - Il disordine delle potenze nasce, secondo lAngelico; di

un difetto precedente giacente nellessenza dellanima, Inardinatio patentin


rum animae est ex nerscru NATURE; quia (peccatum originale) prima
al principaliler respicit essentmm animae (De Malo, q. IV, a. xv, ad 4). Le
potenze escono adunque dallessenza dellanima gi difettose.

5 I

con chiarezza esporre la dottrina cattolica intorno alla macchia


dorigine; e a chi vuol fare il contrario, appartiene l'ammoni
mento: Ex verbi: inordinate prolats incurritur haeresis.
Alcun forse replicher: il peccato in cui ciascun uomo na
sce, pu certamente considerarsi a parte dal peccato di Adamo
in quanto questi singolare persona, ma non cos in quanto
questi e capo dellumana natura, perocch il peccato del gliuolo

di Adamo dicesi peccato della natura, alla quale tutta stata


accomunata la colpa primiera .
neu
Anche questa volta vi debbo dire che ottimamente parlate.
Ma perci appunto, ci che voi dite non contrario a ci che
dissio. Basta a vederlo chiarir le idee: chiarite poi queste, e
rimane via pi conrmata lesposta dottrina, e maggiormente

appare la necessit di distinguere le due nozioni di peccato e


di colpa, affine di poter esprimere con nettezza la cattolica ve
rit, e non portarle offesa con impropriet di parlare.

Il peccato che Adamo commise, fu egli un solo peccato o


due? cio, vebbe f0rse un peccato di Adamo come persona, e
un peccato di Adamo come stipite delluman genere? -- Sa

rebbe questo un inaudito ed erroneo modo di esprimersi. Che cosa dunque vuol dire la distinzione che si fa nel fallo
adamitico del peccato della persona, e del peccato della na
tura ? - Il peccato della persona di Adamo fu lattual pec
cato da lui commesso, e il peccato della natura signica la legge,
secondo la quale quellattuale peccato dovea lasciar questo effetto
0 sequela dopo di s, che egli Adamo. con tutta la natura umana
si trovasse in istato di peccato. -- Ma che cosa sintende per
natura umana? -Ecco il concetto appunto che merita pi che
ogni altro desser chiarito. Non dee mica intendersi per natwa
umana una semplice astrazion della mente; peroech unastra

zione non pu essere subbietto di alcun peccato. Lanatura umana


non sussiste realmente fuori deglindividui1laonde per natura
sintendono tutti gli-ndividui ne quali la natura umana sussi

ste', sintende ci, per cui un individuo un uomo, sintende


ancora il modo, nel quale questi individui vengono a sussistere,
che per naturale generazione, e il principio attivo. della gene
razione, nel qual senso natura ritiene la sua primitiva origine;

52

che a nascendo (I). Laonde peccato della natura non vuol dir
altro, se non peccato di tal indole, che di lui debbono parteci
pare tutti gl individui dellumana natura, in quel modo ap
punto nel quale questa natura nata_ a comunicarsi, che per se
minale generazione. Dal che si ritraggono queste conseguenze,

1. Peccato della natura non signica che la natura sia quasi un


subbietto del peccato fuori deglindividui, ma signica solamente
che quello un peccato che si trova in questi come individui
della natura umana. 2. Che quanti sono glindividui di questa
natura per seminale generazione pr0pagati (eccetto il caso duno
speciale divin privilegio), tanti sono i subbietti del peccato origi

nale n pi n meno. 3. Che come questi subbietti hanno unesi


stenza propria, e sono distinti e separati luno dallaltro; cos
il peccato originale ha in ciascuno unesistenza pr0pria, ed di

stinto e separato interamente dal peccato originale che in al-i


tri. 4. Che se natura si prende pel principio intrinseco e attivo

della generazione, questo principio non il subbietto di alcun


peccato, ma bens la causa per la quale viene posto in essere
il peccato nellindividuo, nel tempo stesso che viene posta in es

sere in lui lumana natura (a), ladnde s. Tommaso dice che la


carne produce il peccato pi tosto nellatto in cui si unisce al
lanima, che dopo chella gi unita. Peccatum originale, cos
egli, per se loquendo est peccatum naturae, non personae, nisi ra
tione naturae inactae. Actus autem generationis proprie deservit na
turae, quia ordinatur ad generationem speciei. Sed carnem
esse
animae unitam pertinet ad costitutionem personae. Et idea CARO

1MGIS CAUSAT ORIGINALE PECCATUM pro ut consideratur IN V14


GENERATIONJS, quam pro u.t est jam unita (3).
. (1) Vedi 5. Tom., S. XXIX, 1, ad 4. Secundum Philosnphum in V 1lIe-.
tap/l. (HL 5) nomen naturae primum imposilum est ad signicandum gene-.
ratnrtefn eiventium, quae dicitur nativitas. Et quin luq'usmodi generatio est 1:,
pr_mczpzo intrinseco, extensurn est hoc nomen ad sigmcandum principium in

trmseoum cujuscumque motus. Et sic dnlur natura in Il Phisiorum (lex. 'i}.


(a) Caro non est suciens causa peccati actualis, sed peccati abituali: esb

sqciens causa.- sicut et traductio carni: est sufficiens causa, materialiter la


men, humnnae nalurae (S. Thon). q. De Malo, IV, I, ad
E nella risposta ad
15,dice che la carne la musa istrumentale_ del peccato originale nei posteri.

(5) De Malo, q. IV, a. 1, ad 7-.

53
Se dunque per peccato della natura sintende un peccato che
si comunica per via di generazione, non pu dirsi clic prima che
la generazione sia compila e per lindividuo dellumana specie
formato, possa esser formato il suo peccato, no certamente: il
peccato di chi nasce non esiste prima che chi nasce sia posto

come individuo dellumana specie, ma sol tosto che lindividuo


formato: prima non esiste che la causa prossima di quel pec
cato nellattivit, o nellatto generativo, e la causa di quel pec
cato non peccato. Laonde, il peccato nalmente non esiste
mai altrove che neglindividui dellumana specie, bench questi
dalla natura, cio dalla generazione, lo ricevano come da causa
della loro esistenza.

Pu dedursi chiaramente da tutto ci, che il peccato originale


dun uomo separato di numero dal peccato originale dun altro
uomo, quanto un individuo Separato dallaltro individuo.
Laonde che mai vieta, che si parli di tal peccato astrazione

fatta dal peccato di un altruomo qualsiasi, fosscgli Adamo


medesimo ?

E qui sosservi lobbiezione che si fa lAngelico. Come pu es


ser peccato, dice, quello che si riceve da un altro? Mhil quod
eontrahitur per originem ex olio, habet rationem peccati: sed so
ium rationem poenae. Acui egli risponde con queste parole: De

fedus per originem contractus Izabet quidem rationcm EXISTENTIS


JR ALIO, si r<jratur ad personam: NON AUTEM si referatur ad

naturam, sic cnim est QU1s: A PRINCIPIO INTRINSECO (I). Il che


viene a dire: il peccato originale da noi ricevuto dal di fuori,
se si guarda la nostra persona che noi commise, e sotto questo
aSpetto habet rationcm existentis ab alio; ma non cos se si guarda

la nostra natura, la quale lo produsse comunicandolo alla per


sona, perocch la natura umana in noi stessi, un principio
a noi intrinseco, e per lagente che mette in essere questo
peccato, se ben si considera, pure in noi', e cos habet ratio
nem non cxistentis ab alio, e ancora habet rationem peccati; con

ciossiach questa ragion di peccato non pu avverarsi, se si tratta


di cosa solo (il altri ricevuta , giacch Nihz'l quod contrahitur
per originem ex alio, habet rationem peccati. Ad essere adun
(1) De Mala, (1. N, a. I ad 5.

54
.
qua loriginal vizio un peccato, comegli , conviensi che, oltre
lessere ricevuto da altri, sia ancora prossimamente prodotto e
formato da un principio a noi intrinseco, acciocch cos ed egli
possa esser peccato, e possa esser nostro proprio peccato, il qual

principio intrinseco la carne nostra, la natura nostra, che


incit personam nostram (I).
XVI.
Tutte questa verit si trovano ne pi antichi testimoniv della
tradizione, da quali le raccolse lAngelico; e tutte queste verit
dimostrano chiaramente quanto sia falso, che il peccato originale
ne posteri non abbiav MTIONEM azzsrazvr1s rea se, come il

nostro Anonimo pretenderebbe. Quello che vero solamente si


, che la colpa di questo peccato si riferisce al peccato attuale
del primo padre che lo commise. Ma questo ugualmente il:

carattere comune di tutti i peccati abituali, cio di tutti quei


peccati, che rimangono nellanima duna persona qual eilistt0 di.
un suo peccato attuale. E chi non sa, che coin abiti non si me
rita n si demerita, come diconoi teologi, Habiu'bus homo non
meretnr neo demereum Laonde tutta la colpa dun peccato abi
tuale, che luomo non pu da s scancellare, ma la sola grazia di
vina (dalla quale qui si prescinde per considerare la cosa in s
Stessa), di natura sua un peccato che non ha la colpa in s,
ma nella causa. Il peccato rimaso inerente allanima dAdamo.
stesso dopo la. sua prevaricazione, era un mero peccato, e la colpa.
di questo peccato si rii'eriva tutta alla sua attuale prevarica
zione. Sicch il negare la distinzione fra peccato.e colpa, quanto
un negare la distinzione fra il peccato attuale (dove solo sta la.
colpa), e il peccato abituale; distinzione ammessa da tutti i teo
logi, e chio reputo cosa di fede. Ecco come sia necessaria la.

propriet del parlare, e la distinzione delle idee nelle pi sottili


materie della sacra Teologia, siccome questa che noi abbiamo.
alle mani, e come a loro danno cozzano. contro di essa i nostri.
Anonimi.

("l 1" hami6 qui nascitur cx Adam natura corrupit personam (De Malo,
q- lV, IV, ad 5.).
\

3....

55
' E donde mai procede la ragione, per la quale non tutti gli
scrittori cattolici riconoscono per. sufciente la maniera colla

quale s. Tommaso prova, che tutti quelli che nascono sono fatti
partecipi della colpa adamitica; collesempio cio della mano
che si dice partecipe della colpa dell0micida, o del collegio che
viene involto nella reit e nella punizione del suo capo colpa

vole? Io lho gi osservato (i): solo perch s. Tommaso non


intese con tali paragoni di spiegare il recano, ma intese di

spiegar solo la COLPA di questo peccato, comein stesso dichiara.

Laonde, quando egli vuole spiegare il peccan e non la colpa,


non ricorre pi a quelle similitudini, ma si bene allinfezione
della carne, alla quale congiungendosi, lanima si corrompe,

come si guasta un liquore infuso in un vaso corrotto; modo


costantemente usato dalla Chiesa per ispiegare la trasfusion
del peccato.

E che la cosa stia cos, oltre le ragioni da me gi addotte


nella mia Esposizione della dottrina del peccato originale, si pu
conrmare anche da altri assurdi che ne Verrebbero, sostenendo
il contrario. A persuadercene, soda come a. Tommaso espone

que suoi paragoni, nelle questioni De Malo (2), e risponde a


capello a quanto espose poi nella Somma: Si ergo consideretur
me DEFECTUS hoc modo per originem in istum hominem DERIVA
rus (ecco gi spiegata la derivazione del reccrro), secundum il

lud quod iste homo est quaedam persona singulan's; sic hujusmodi
_ defectus non potest habere rationem CULPAH (ecco ci che rimane

a spiegarsi), ad cujus rationem requiritur quod sii: voluntaria. Sed


si consideretur iste homo generatus sicut quoda'am membrum totius

\ humanae naturae a primo parente propagatae, ne si omnes Immi


nes essent unus homo, sic habet rationem CULPE pr0ptgr VOLUN

TARIUM ems PRINCIPIUM, che fu il peccato ATTUALE, e non lAni


TUALE di Adamo, odasi: quod est ACTUALE PECCATUM PRIMI PA
BENTIS. E savverta bene, che il peccato attuale di Adamo
il peccato della persona, e non il peccato della natura, giacch
il peccato che dicesi della natura solo labituale, e cos di
cesi, perch rest insso in tutti glindividui di questa natura
come effetto e quasi continuazion di quel primo. Ora vengono
(I) Risposta al nto Eusebio, Xl.

(2) Q. IV, a. i.

58

la volont reale dun-uomo non , e non pu essere una volont

comune agli altri uomini. Del pari, il peccato attuale di Adamo,


essendo una reale prevaricazione, appartiene a lui solo. Ma la
colpa, essendo una relazione, come la denisce s. Tommaso,

e le relazi0ni essendo lopera della mente, niente vieta che di


un solo peccato si possano incolpare molte persone.
Oltracci, se io applico la eolpabilit di quel peccato attuale
agli altri uomini, che cosa io fa, se non considerare gli uomini
idealmente come formanti una sola natura, sottoponendo poi a
quella colpabilit questa natura? Ora chi non sa, chi non vede
che la natura umana in quant comune a tutti gli uomini

ideale e non reale? Chi non vede che la natura reale dun uomo
non la natura reale dun altro "uomo, e che lesser reale in
volge lesser proprio, ed esclude perci appunto lesser comune?
La natura comune adunque a tutti gli uomini un concetto

della mente, quellunico concetto con cui io conosco le molte


nature reali degli uomini. A fine adunque che io possa dire che
la colpa di Adamo comune a tutti gli uomini, io debbo prima

fare colla mia mente lestrazione della natura umana, e in or


dine a questo concetto posso dire che quella colpa comune in
quanto che questo concetto comune, ma non altramente. Al

1 incontro, senza bisogno di astrazioni di sorta, posso io ben


dire che il peccato originale proprio di ciaschednno che nasce
al mondo. Dunque il concetto di peccato si vuole grandemente
(distinguere da quello di colpa.
XVII.

Arroge, che se non si distinguessero queste due nozioni di


peccato e di colpa, rimarrebbe al tutto inesplicabile, in. che

modo alluomo, si comunica_sse il peccato, bench la colpa sia


gi rimessa ad Adamo. La colpa che dee esser libera non fu se
non nellattuale e personale peccato di Adamo, e alla relazione

con quella'ttuale e personale peccato ricorre sempre s. Tom


maso, quando vuole insegnare come al peccato originale del
bambino si possa applicare il nome di colpa. Ma lattual pec

cato, lunica colpa dAdamo, fu gi rimessa alla persona dAr


damo in virt de meriti- di Cristo, che avvalere-rom la-- fede:

59
e la penitenza fatta da quel capo dellumana stirpe. Ora, quando .
mai si ud, che, venendo rimessa ad un omicida la colpa del
lomicidio, tuttavia simputi ancora quella colpa alla mano che
lo commise? o se un collegio venne considerato qual reo per

colpa del suo capo, chi mai ud, che, venendo assoluto il capo
che commise la colpa, rimanesser tuttavia condannate le altre

persone componenti il collegio, che altra colpa non ebbero, se


non quella di essere collegialmente unite alla persona del reo?
Laonde le similitudini di s. Tommaso non posson_valere, se si

pretende di spiegare con esse, come si pr0paghi e il peccato


e la colpa quasi fossero una cosa sola, ma valgono bens a
spiegare come mentalmente ed estrinsecamente s applichi la

colpa di Adamo al peccato ereditato da suoi discendenti, Il che


se avesse considerato linsigne teologo Francesco Suarez, se

avesse considerato che tale appunto era lintenzione e la mente


di s. Tommaso nellusare quelle similitudini, non avrebbe, mi,
pare, fatta quella censura che fece alle dette similitudini del
lAngclico, censura, che certo giustissima, qualor si supponga
che sintendesse per quelle di spiegare la derivazion della colpa
e del peccato insieme come duna cosa sola, il che non pretese,
come dicevamo, di fare il Santo, ma che non tiene, se si pone
che la propagazion del peccato venga in altro modo spiegata, e
sol si voglia con quelle mostrare sotto quale rispetto il peccato
si possa anche colpa denominare. E tuttavia le parole dello Sua
rez meritano di esser qui riferite e alla considerazione de lettori
raccomandate, tornando utilissime a conrmare il nostro ra

gionamento.Perocch cosi scrive il pio dottor di Granata: Dc


cit vero similitudo, quia - in illo exemplo peccatum membri et
capiti: UNUM omvuvo EST: hic autem (cio nel fatto del peccato

originale) uv smanus neuems PECCAT4 sunr suvcuza et in


STINCTA, et peccatum solum est unum PROPAGI4!O;VE et ORIGINE:

lu'c eliam t, ut peccatum membri tantum dicatur'peccatum DENO.

MINATIONE EXTRIIVSECA. at vero peccatuni originale, licet non


sino ordine ad extrinsecam voluntatem sit peccatum, IN SE TAMEN

mrenvspce asr PECCATUM quia non est per quum actus seri
per modum habitus et in subjecto apto
Nelle quali parole
(1) De pece. orig, Seul. Il, XXIV

60
chiaramente sinsegna, i. che non basta che il peccato originale

si dica peccato per una denominazione estrinseca, riferendolo alla


colpa attuale di Adamo, ilgche appunto ci che forma la sua
nozione di colpa, illustrata colle similitudini dallAugelico: 2. che
di pi, il peccato originale in ciascun che nasce dee essere anche
in se intrinseca peccum, il che ci appunto che forma la no

zione di peccato: 3. che non basta che il peccato si consideri


come uno, origine et propagalione, in quanto una sola colpa in

tervenne, che fu il peccato attuale del primo padre, come una


sola colpa interviene nellomicida o nel capo del collegio di san
Tommaso: 4. che oltre a ci il peccato originale si dee consi

derare come molteplice, ossia, che il medesimo, si dee consi


derare sotto la ragion di peccato, essendo in singulis membri: pec
cata singula_ et distincta. Di che, come si potr riutare quello
che noi diciamo, cio che si pu e che si dee parlare del peccato
originale come si sta ne posteri, nella sua ragion di peccato,
astrazion fatta dalla colpa adamitica, bench a questa sattenga
licet non sine ordine ad extn'nsecam voluntatem? Tanto pi che

allor solo pu rispondersi alla difcolt sposta di sopra, come


noi possiamo contrarre il peccato, quando ad Adamo gi la
colpa rimessa. Colle similitudini di s. Tommaso non si pu rispon
dere a tal questione; perocch egli troppo chiaro che la mano
dellomicida rimane sciolta da ogni reato, se lomicida fu sciolto;
e il collegio non pi risponsale della colpa del capo, se al
capo fu la colpa rimessa. Se dunque si considera il peccato ori

ginale solamente sotto laspetto di colpa, e si pretende che nul


laltro vi sia da considerare in esso fuor che la colpa, ella cosa
pi chiara del sole che, essendo una la colpa del capo, e questa
interamente oggimai rimessa, ella non pu rimanere pi ne po;

steri, ed essendo essa, come contendesi, il medesimo che il pec


calo, dunque n anco pu rimanere pi alcun peccato ne po

steri- Laonde coerentemente al loro principio quelli che non


veggono nel peccato originale se non la colpa, cio una rela

zione estrinseca col peccato attuale di Adamo, niscono a di


struggere veramente loriginale peccato, perch non pu esistere
pi questa relazione di colpa, se la colpa a cui si riporta pi

non esiste, gi tolta, gi del tutto rimessa, annullata. E que


st la ragione patente e non altra, perch il nto Eusebio Cri

6|
stiano, dopo avere stabilito opporsi alla giustizia e bont di

Dio che mandi luomo alla dannazione senza ATTIMI. suo nann
erro (1)! dopo aver pronunciato audacemente questa bestem
mia, questa eresia patentissima, non osi poi pi asserire che si
dia nelluomo che nasce un vero peccato,contentandosi sol di dire
che e il nascer noi privi nellanima della grazia santicante, Ml

RASI come una colpa. -- Ma in.realt, come nel corpo, cos


NELLANIMA, ora nasciamo e siam tali quali nasceremmo e sa
a remmo se f0ssimo stati da Dio creati nello stato di pura na
tura (a). Quest pure la ragione, perch lAnonimo, che ad
Eusebio si fece campione, e a cui noi rispondiamo, dopo aver
detto con S. Tommaso che il peccato originale decit u: illa
partequua peccatum habet rationem CULPE, sostiene, tutto del
suo, che al peccato originale vien meno egualmente anche la

ragion di peccato; sicch, comesso non una vera colpa, cos n


pure esso sia un vero e proprio peccato, ma solo un peccato se
cundum quid, in un senso imminnto e quadamtenus, in onta ai
decreti del sacro Concilio di Trento, e con certo manifesto pre

giudizio della cattolica fede, qualora si continuasse a promul


gare in Italia impunemente tali dottrine. E pure tali dottrine
sono indeclinabili, qualora si tolga via la distinzione de due
concetti di peccato e di colpa, e di due come sono, se ne faccia
un solo, il quale non pu riuscir che confuso; e ne concetti
confusi nascondono sempre il capo gli errori contro alla catto
lica fede, la quale, verit essendo, sol nella chiarezza e di
stinzion delle idee dimostra bella se stessa, e vi trova evidenza
6 trionfo.

Laonde, se io non temo di distinguere quanto posso cosa


da cosa e coucett0 da concetto nelle materie teologiche, come

nell altre, solo perch io credo alla verit della dottrina


che minsegna la Chiesa; la qual dottrina, cos facendo, non
pu venir che onorata, dilncidata, difesa, n ella ha biso
gno punto di equivoci di parole, o di ambiguit di concetti,
o di sottigliezze vane: dove tutti gli errori e tutte le eresie
presero cominciamento. E (Il/VCI'O, a quel modo che, confusi
i due concetti distinti di peccato e di colpa, nasce da s ler
(1) Alla, VIII, f. 54.

(2) Ivi alla nota (00).

62

rore -naturalissimo, che il peccato dorigine non sia nulla di


reale e di vero, ma solo una frase vana, anzi falsa, cosa,
mantenuta quella distinzione antichissima , mantenuto il do

gma di quel peccato, su cui la redenzione del mondo ed il


cristianesimo tutto intero si appoggia. Perocch sol mediante
quella distinzione si risponde acconciamente alla difcolt indi
cata di supra come, essendo rimessa la colpa, cio il peccato
attuale del primo padre, possa tuttavia un peccato trasfondersi
di padre in glio I. Difniscasi il peccato un difetto morale,

un difetto della volont suprema delluomo, la quale n0n ha


pi vigore dattenersi in ogni occorrenza allordine della giusti
zia, al quale essa per sua natura ordinata.Non pi sar dii"
cile intendere come questo difetto si propaghi, qualor si con.
sideri che la volont suprema delluom che nasce, oltressere

spoglia del vigore soprannaturale che Venir le potrebbe dalla gra


zia santicante, attirata altres. dalla lusinga della carne si.
fortemente, che verso di essa piega e abbandonasi. Or gi (201;

questa inclinazione verso il senso carnale, la volont personale


delluomo vedesi declinante dalla natural sua rettitudine, non
pi cos. disposta allordine della giustizia, che tutto ci che
a quellordin sopponga, ella sia acconcia di giudicare, di vin
cere, e, sec0ndo ragione, ordinare. Ecco a qual modo la car

ne, la generazioq seminale, e propriamente la mozione che d.


il generatore al generato (I), possa rendere cosi obliqua la vo
lont suprema, e cagionare un vero peccato abituale nellindi
viduo che cos formasi. Che dal principio supremo tutto luomo.
dipende, e per tutto luomo rimane moralmente infetto. E come
(I) Sica! aulem movenlur partes unius Imminis per imperium voluntatis;;y
vila movclur 1ius a palre per vin: generationis. Unde Philosophus dicit

in Il, P/zysicorum, quod pater est causa lu u! movens. E! in libro de ge


neratione Animalium (c. XVm) dicilnr quod in semine est qunedam motio

ab anima palris, qui movet materia: ad fbrmam concepti. Sic ergo Imjusmodi
molto quae est per originem a primo parente, derivatur in omnes qui semi
naliler ab ca procedunt: nude omnes qui scminaliter al) eo procedunt, can
tmhunt ab eo originale peccatum (Dc Malo, q. IV, a. VI). E appresso:
Principalior causa es! et virlute talix animae quae principaliler opemlur in
semine, al dici! P/zilosop/zus (I. De Gonerat. animal., c. xx.) Ivi ad 16, Vedi

auco lart. vn ad 5. - Qui s. Tommaso spiega la comunicazione del pan-s


calo, spiegando poi quella della colpa colle indicate similitudini.

63
iddio, santit essenziale, non pu amare una volont torta dalla
rettitudine della giustizia; cos chi nasce in tal guisa avverso
a lui, che la stessa giustizia, gli dee essere in opposizione ed
in ira. Al male morale poi tien dietro il mal sico, come appen

dice sua inseparabile: indi la dannazione temporale ed eterna.


Questa maniera onde spiegasi la propagazion del peccato, in
dipendente dalla presente sussistenza della colpa del primo pa
dre, e basta che questa colpa, causa rimota di esso peccato,
sia stata una volta, come basta che la madre sia stata, quando

gener il gliuolo, acciocch questo sussista, e assurdo sarebbe


il pretendere, che il gliuolo, dopo che . nato, non possa pi
sussistere da s stesso, e generare anchegli degli altri gliuoli,
senza che rimanga in vita sua madre, a cui Conserva per una

relazione doriginal dipendenza. Che Se cercasi, come poi il pec


cato nel figlinolo che nasce possa avere ragion di colpa,rispondo
al modo stesso di s. Tommaso, cio per via duna relazione
ideale e mentale, ossia di una esterna imputazione del peccato
attuale a tutta la natura umana, e mi sia conceduto d espri

mere il pensiero stesso in altre parole: il lettor teologo favorisca


ascoltarmi con attenzione.
Che cosa che s imputa a coum della volont libera del pec
catore? _ Rispondo: IL raccaro. -- Che cosa il peccato? Il peccato una declinazione della volont personale dallor
, dine della giustizia; di che deduco, che dunque s imputa a
cor.ra della volont libera del peccatore ogni declinazione della
volont personale dallordine della giustizia di cui egli sia au
tore.- --Ora di quali declinazioni di volont si rese autore Ada
m0? - I. Della declinazione attuale della propria volont

quando commise il peccato, togliendo questa volont da Dio


e piegandola alla creatura: 2. della declinazione abituale della
sua propria volont, che rimase inclinata in lui anche cessato
latto del peccato, quasi una continuazione di quello: 3. della
declinazione dallordine di giustizia delle volont personali di
tutti i suoi discendenti, perch, comunicando loro la natura
umana per via di generazione, la sua carne gi disordinata co
municava il disordine alla carne de generati, e questa carne
traeva a s la loro volont personale, non lasciandola pi piee
nemente libera a seguire in ogni cosa il deltame della giustizia:

66
don adunque in tale eresia le nozioni di peccato e di colpa;

questa a quello riducendo e sacricando.


Allincontro da che mai provenne la lunga lotta, e cos.
ostinata, chehhe a sostenere la Chiesa co Pelagiani? Non da

altro nalmente, che dal confondere che facevano quegli ere-.


tici la nozione di peccato con quella di colpa, quando la Chie
sa la distingueva. Dicevano essi: il peccato non si contrae
se non per libera volont (1): era la colpa che cosi deni
vano. Rispondeva loro la Chiesa: vha un peccato che si con
trae per libera volont, ma ve nha un altro che si contrae per

vizio. dorigine n: era la distinzione della colpa e del peccato,


che la Chiesa cosi ristabiliva. Questa distinzione, contenuta nel
deposito della fede, era quella che i Pelagiani voleano abbat
tere, e volea mantenere la Chiesa. A questo riducesi nalmente
tutta la lotta collantico Pelagianismo, a mantenere che vha un

vero peccato, che non colpa in s stesso, e che quindi per via
dorigine pu essere comunicato. E i nostri Anonimi or son pure
impegnati, come quegli antichi nemici della grazia di Ges Cri

sto, a tor via luna delle due nozioni, sulle quali il peccato
originale si fonda, a non riconoscere che la nozione di colpa;

a dire che peccato sin0nimo a colpa, che le nozioni non sono


due, che altra nozione non v ha che quella di colpa. Crediamo

noi, che ne rimarr contenta la Chiesa, la conservatrice del de.


posito della fede?

(I) La denizione del peccato da cui partivano i Pelagiani era quella del
peccato attuale e colpevole: Volunlas sequendi quad iustitia velati et unde'
Iiberum est absh'nsre, e non ne volevano riconoscere verunaltra. SantAgo
stino allincontro rispondeva, che quella denizione non abbracciava ogni
specie di peccato" riconosciuto tale dalla Chiesa, ma solo quello che tan

t_ummodo peccatum est, non quod est etiam poena peccati; il che quanto
dire, che oltre il peccato colpevole in s (nozione di colpa) che solo am
mettevano i Pelagiani, vi avea ben ance il peccato non colpevole in s, ma
solo in causa (nozione di peccato), ammesso dalla Chiesa. Chi vuol poi

vedere come leresia pelagiana si fondasse interamente sopra quella loro de


nizione del peccato come colpa, ommessa la definizione di peccato come
mero peccato; basta che consideri i seguenti luoghi di santAgostino: Opeo
ris imper/ contra jul., I, XLIV, CIV, II, XLVII, LXXX, V, XLIII.

L, VI, XVII, XXI, Retract., I, XV.


,

68
est in ejus potestate. Nelle quali parole lAngelico, in vece di
quello che voi ci vedete, dice anzi chiaramente, che niun pec
cato, senza distinzione, n di natura, n darte, n di costume,
simputa a colpa, se-non e volontario e libero (nisi ca: eo quod
est voluntarium, etc) Come voi dite adunque con tanta solen
nit, che san Tommaso e pronuncia che colpa appellasi solo

a quella specie di peccato che dicesi peccatum moris? dove


qui che s. Tommaso dica che ogni peccatum moris sia libero
in s stesso? non questa unaggiunta della vostra immagina
zione? non vien egli anzi manifestamente a dire, che se un

peccatum moris non fosse in potest di chi lo commette, n pur


esso avrebbe il concetto di colpa? Seul rationem culpae non
habet peccatum, nisi ex eo quod e.tt voluntarium: nulli enim im
putatur ad culpam aliquis inordinatus actus, nisi ex eo quod est
in ejus potestate. Et hic patet quod peccatum est IN PLUS quam
culpa. Se egli avesse voluto dire quel che gli fate dir voi,

avrebbe detto: Sed tantum peccatum morir habet rationem cul


pae; e non avrebbe soggiunto, in un modo generale, che il
peccato, che ogni peccato perci, est in plus che non sia la
colpa, senza far distinzione se il peccato sia di natura, o darte,
o di costume; perocch in tal caso il peccatum moris non sa
rebbe stato in plus della colpa.

Il che si conferma maggiormente considerando, che lAnge,


lino stesso dichiara, che dectus, malum, et culpa ca: superarl
ditione se habent (I). Quando viene poi a cercare che cosa sia

questa sopraddizione, per la quale ci che un male diventa


una colpa; non dice mica che ci sia la qualit di essere un
atto, o uno stato morale, signori no, ma dice che lesser

fatto con libera e non necessitata volont (culpa) addit ratio


nem voluntarii: ex hoc enim aliquis culpatur, quod decit in
co, quod per suam voluntatem habere potuit (a), di maniera che,

qualor anco si trattasse dun atto operato dallintelligenza e


dalla volont umana, e quindi si trattasse dun atto o dun
abita proprio delluomo e non comune alle bestie, tuttavia, se
quell atto non fosse stato tale che la volont lavesse potuto
liberamente fare ed omettere, non avrebbe avuto punto la ra
(r). 11. Dist. XXX, q. 1, a. Il, 0.

Ivi.

(ig

gion di colpa, ma solo di atto, 0 stato umano malvagio (ma.


lum, peccatum) (I).

E se volete un esempio chiaro, dove si scorga che tal sia


la mente dellAquiuate, io vi domando se lavversione da Dio

sia un peccato di natura, o darte, o pur di costume? Ognuno


intende che lavwrsione da Dio non pu essere altro che pecca
tum morir. Or bene, udiamo sopra di questo peccato la sentenza
di s. Tommaso: ci dice' il santo, che n pure 1 avversione da Dio
sarebbe una colpa, se non fosse liberamente prodotta, bench
sarebbe sempre un peccato: Dqactus PECCA TI consistit in AVER

SIONE A DEO, ut dfctum est: HUIUSMODI AUTEM AVERSIO RA


TIONEM CULPE NON IIJBEIIET, ma: VOLUNTARIA ESSET (e).
Vedete dunque, che la sopraggiunta che si dee fare al peccato,
accioccb diventi una colpa, non consiste, come voi affermate
pronunciar s. Tommaso, nellessere pi tosto appartenente al
lordine morale, che a quello della natura e dellarte7 ma con
siste unicamente nella libert con cui esso dee venir operato;

di maniera che non basta che appartenga allordine de costumi


per costituire una colpa, dee di pi procedere da una libera vo
lont. N pure adunque lavversion da Dio, che quel difetto
,in cui consiste lessenza di ogni peccato nellordin morale, fa
si che vabbia la nozione di colpa alla qual sesige la libert:
Hujusmodi autem aversio rationem culpae non haberet, nisi o
luniaria esset.

(i) LAnonimoin una nota a questo n. n, segnata (B), ricerca il per

ch abbia lAngelico nel passo citato distinti i tre membri della partizione,
dCqu, malum et culpa, ed abbia 0mmesso il peccatum. u Se ricerchisi il
perch, dice, NON ALTB) Pu Asssensnsrius (che franchezza stupendal),tranhe
n il dire, che qui, omesso il'considerare gli alti disordinati naturae e! artis,

solo considera gli atti disordinati mors; e quindi intralascia il membro


peccatum, come inutile, perch inverso gli alti disordinati mvris, peccato e
colpa sono una medesima cosa n. Se questa fosse, la ragion vera per la

quale S. Tommaso ommse in quol passo la parola peccato, si potrebbe ar


gomentax; cos! S. Tommaso ommisela parola peccato perch negli atti di

sordinati moris, peccato ' lo stesso che colpa. Ma non ommise, ed anzi di.
stinse i membri df/clus, e malum: dunque dgeclus, e malum, nein atti di

sordinati moris, non sono lo stesso che culpa I! Non venite voi ,. mio caro
Anonimo, ad esser cosi anche treppo liberale verso di me?
(2) S. II. Il, q. XXXIV, a. u.
'

70
Che se volete un altro esempio, aprite la Somma di san

Tommaso, l dove parla degli esterni incentivi al peccare; e


voi vedete che siamo gi nell0rdin morale,e che non centrano
per modo veruno i vostri peccati della natura e dellarte. Egli
vuol provare col che quelle cause esteriori inducono al peccato,
ma si fa questobbiezione:Multiplicata causa multiplicatur eectus.
Sed quanto plum sunt et majora exterius inducentia ad peccan
dum, tanto minus id quod quis inordinate agit, ci imputatur ad
peccatum. Ergo nihil exterius est causa peccati. Ora leggete che
cosa ein risponda a questa difcolt, e dalla risposta nuova<
mente imparate se lAngelico, nellordine de costumi, faccia
s o no distinzione fra il concetto di peccato,e quello di colpa.
Ad tertium dicendum, cos favella, quod multiplicatis exteriori
bus causis inclinantibus ad peccandum, multiplicantur ACTUS PEC
CATI. quia plures ex illis causis inclinant ad actus peccati; sed

tamcn MINUITUR RA TIO CULIfE, quae consistit in hoc, quod ali


quid sii VOLUNTARIUM et in no_bis (i). Vedete voi qui come ci
che inclina esternamente al recano, diminuisca tuttavia la ra
gione di COLPA? non egli dunque chiaro come la luce, che, se
condo lAngelico, anche nellordin morale si dee distinguere fra
il concetto di peccato e quello di colpa? e tanto si dee distin
guere, che le cause delluno diminuiscono laltra in vece che
accrescerla?
La qual dottrina stessa spiega il cardinal Gaetano in quelle
parole recate a nostro gran pr dallAnonimo (2): Acta: humu
nus constituitur in esse beni vel mali quasi ex causa formali, et

super hocfundatur quod ex ordine ad_nem, reati vel peccati; ca:


ordine ad eiciens, laudabils vel culpabilis; ex ordine ad alte
rum, meritorii vel demeritorii rationem habet (3), colle quali pa
role chiarissimamente distingue i tre concetti, 1. di retto e
di recano, e lo trae dallordine che ha latto al fine, z. di Io
devole e COLPEVOLE, e lo trae dallordine che ha latto alla causa
ediciente, libera, 3. di meritorio e demeritorio, e lo trae dal
lordine che ha latto medesimoad altre persone, alle quali 0
giova o nuoce. Onde, secondo il Gaetano, il peccato e la colpa
(i) S. I. Il, LXXV, III, ad 5.

(5) Comm. in I. Il, q. XXI, a. I.

(2) N. 15.

|
tanto diiferiScono insieme, quanto differisce il ne dellatto dalla
volont libera che lo produce. Ma soda di pi, che cosa sog

giunge il Gaetano medesimo: Et non sunt haec sumenda ut di


sparata: sed ut ex additione se habentia'. Se dunque luna cosa

si soggiunge allaltra delle tre distinte s ben dal Gaetano, il


peccato, la colpa e il demerito, convien dire che il peccato
preesista alla colpa, e la colpa si sopraggiunga al peccato. N
potrebbe la colpa sopraggiungersi al peccato, se il peccato non
preesistesse, o almeno non si concepisse, in quanto al conceb

to, come anteriore alla colpa, e lo stesso da dirsi del de


merito, al concetto del quale precede quel della colpa. E la
ragion medesima vale delle cose opposte, cio del retto, del lo
devole e del meritorio. Onde conchiude il Gaetano stesso Me
ritorium namque SUPPONIT, et PREEXIGIT laudabile, et laudabile
rectum, et rectum bonum moraliter. Se il peccato adunque sua

POSTO e menu:er COME ANTECEDENTE dalla colpa, non egli cosa


chiara altrettanto quant chiara la luce del sole, che queste

sono cose assai bene in fra loro distinte, secondo lAngelico e


secondo il suo sottile commentatore?
XIX.

'

Ma lAnonimo ha un altro testo, col qual pensa poter di,

struggere la distinzione fra il concetto di peccatoe quello di


colpa. Eccolo qua. Comincia il santo Dottore a dire che, In
omnibus et naturalibus et voluntariis peccatum contingit e.r hoc,
quod
Fermiamoci
aliquid anon
considerare.
pervenit ad
Cheillud
, mio
ad caro
quod Anonimo?
ordinatum non
est ve.
dete voi, che in questo solo principio del testo giace la piena
confutazioae della vostra dottrina? Voi dite e sostenete a spada
tratta, che il concetto di peccato stia nel LIBERO volere dison

dinato (a), e s. Tommaso dice allincontro, che sta in questo


quod aliquid non pervenit ad illud ad quod ordinatum est, e ci

(I) I. Dist. XLVIII, q. I, a. III, 0.


(a) Non v ha nellordine morale differenza tra ci che costituisce il pec
calo e la colpa , perch il libero volere disordinato, dal quale si luno
e che laltro risulta a. N. 14. Parlava Giuliano diversamente?

a
tanto nelle cose naturali, quanto nelle volontarie, sia che que
ste perdano il fine alle quali sono ordinate per libero volere,
o per volere necessitato. Cos i bambini che muoiono senza bat

tesimo, perdono il loro ne, non peWeniunt ad illud ad quod or


dinati sunt, e ci senza libero lor volere, ma perch hanno eredi
tato quel peccato che mors est animae. Il concetto adunque di
questo peccato non si pu gi riporre, come voi fate, nel li
bero volere di chi n infetto, nel che sta il concetto di col
pa, ma si dee riporre in quello che lo ripone s. Tommaso,
cio in hoc, quod aliquid non pervenit ad illurl ad quod ordi
natum est, senza pi, e ci tanto in naturalibus, quanto in

volunlariis,perch questo appunto il vero concetto dogni


peccato.

Voi venite qui forse ealunniandomi, secondo il solito vezzo


di voi altri, signori Anonimi, quasi che io ammettessi un pec
cato che non traesse lorigine da una colpa. Ma sarebbero que

ste vostre accuse un inc0modo del tutto inutile che vi dareste,


perocch anchio sostengo, come vi dissi pure altre volte, che

non si d peccato senza colpa, e per senza libera volont, solo


che io aggiungo, daccordo con tutti i sani teologi, che basta

a poter esservi il peccato, che questa libera volont, questa


colpa sia stata in causa, e non punto necessario che duri in

atto quanto dura il peccato. Cos appunto i demoni hanno


ancora il peccato addosso, nel quale son conrmati, perch
non pervengono al ne ad quern ordinati sunt , ma il libero

lor volere cessato, continua loro il peccato in virt di quella


colpa che precedette. Tanto vero che il concetto di_ipeccato
e quello di colpa son diversissimi, consistendo il peccato nelle
cose morali (ed vano che voi vindustriate a cavar fuori al

tri peccati di natura e darte, che niente han che lare col
nostro discorso), nella deviazione della persona dal suo ne;
e la colpa nell imputazione di questa deviazione alla volont _
libera che la produsse. Ma il testo di s- Tommaso, che abbia-f); .

mo interrotto, a s ci richiama.

'

s'..
.\4

73

XX.

Seguita il santo cosi a dimostrare la differenza fra i peccati


che cadono nelle cose naturali, e quelli che cadono nelle volon
tarie, dicendo che a questi si sopraggiunge la ragion della colpa, '

"sed tanen dierenter est in naturalibus et voluntariis: quia in na


turalibus defectus ab ordine incidit ex necessitate materiae; sul
in voluntariis ipsa volantas est CAUSA SU! DEFECTUS quia IN N0
;ts Es1 Possa nemcear: et NON DEFICERE. Unde defctus vo
luntatis ab eo, ad quod ordinata est, NON SOLI/M habet Ruvo
a1'u PECCATI, sed etiam carne (I).
Le quali ultime parole sole bastano a dimostrare chiarissi
mamente la distinzione fra il concetto di peccato e quello di

Colpa; giacch se non vi avesse distinzione alcuna, s. Tommaso


non avrebbe mai detto quel non solum, che indica due cose,

luna delle quali aggiunge e sopracresce una qualit allaltra, n


gli sarebbe uscita giammai di bocca tale scempiaggine, qual
pur quella che gli fa dire lAnonimo, cio che a il difetto della
Volont abbia non solo ragione di peccato, ma ben anco ra

gin di pecho -, giacch cos suonerebbe il testo dellAnge


lico, se peccato e colpa fossero del tutto la cosa stessa.
Seccmlo e. Tommaso adunque, negli atti malvagi della vo
lont, sfera delle cose :morali, due cose si debbon distinguere:
|. Lluna, che ha concetto di peccato; e questa c0nsiste nel
deviare del ne, defectus voluntatis ab eo ad quod ordinata est;

a-. laltra, che ha concetto di colpa; e questa consiste nella li

) I. 'Dist. XLVIII, g. I, a. III, a. -_-Vegga il lettore se lAnonimo pre

tenda giustamente di poter provare con questo testo che a nel denire
ulAngelico quali atti morali sieno peccato, AFFERMA que soli assesta e mass
u neuro, che traggono origine del loro difetto dalla volont in quanto
u in scena IALM: possa decem et non decere . Niente allatto afferma di
_. ci s. Tommaso nellesto citato; e pure al n. 1 I, lAnonimo proferisce frau-_

'iameute quelle parole citando in prova il n. 10, dove non altro testo
dpll'Angelico; e sopra unaffermazione si falsa, argomenta poi a tutta si
,

carta. Daltra parte, se lAngelico avesse detto, che non si di: peccato se la

volont non in Nosrn DALIA, in un senso cos generale come gliel fa dire
lAnonimo, avrebbe con ci negato che il peccato originale fosse peccato,

perch in questo la volont non uv nosraa asma; e a distruggere questo


peccato tende sempre veramente la dottrina de nostri sconosciuti avversari.

Rosanna. Le nozioni di peccato e di colpa illust.

10

4
iert colla quale devi dal ne, nellessere ipso voluntas causa
sui dcfctus. Queste due cose sono fra di lor distintissime, n

sar mai che la confusione di mente che alcuni Anonimi mo


strano, giunga a confonderle anche nelle menti altrui.
Altra questione poi, del tutto diversa dallaceennata: se quelle

due cose possano nel fatto disgiungersi, sicch dove vi sia pec
cato, possa non esservi colpa.
Dalla dottrina da me esposta nel Trattato della Coscienza,
chiaramente risulta

1. Che quelle due cose non si possono nel fatto disgiunger


per modo, che un peccato potesse esservi senza che avesse avuto

lorigine da una colpa; di guisa che egli, almeno in causa, non


si potesse dir colpa. Non potendo essere lddio autor del pec
cato, e non potendo la volont retta e giusta delluomo esser
necessitata al male da cosa alcuna, egli evidente che il pec
cato non pu avere altra causa ed origine primitiva se non

nella libera volont delluomo stesso:


a. Che quelle due cose, purch vi siano entrambi, e luna
causa dellaltra, possono per essere luna in un individuo del
lumana specie, e laltra corrispondente alla prima in un altro
individuo della specie stessa, come accade nel peccato dorigine
il qual trovasi come proprio in ciascun che nasce, e gli fa perdere
il ne, poich egli morte dellanima intellettiva e.morale del

luomo, sicch luomo non pervenit ad illud, ad quod ordinatus


est (tessera del peccato), ma tuttavia la libera volont che lo
commise (tessera.della colpa) non in ciascun uomo che na
sce, ma nel capo dellumana stirpe, in quo omnes peccaverunt

Ma replicher lAnonimo: s. Tommaso non distingue, egli dice,


che ne peccati volontari vi ha la ragione di colpa, in voluntariis
(peccatis) ipsa voluntas est causa sui defectus, quia in nobis est

passe decere et non decere. Rispondo, esser manifestissimo che


lAngelico parla qui de peccati attuali che liberamente si com
(x) L'Anonimo matlribuisce che a formare la ragione di colpa io esige
n lessere atto di propria libera volont . Ma dove ha egli trovato questo
ne' miei scritti? Egli non che lerror suo proprio, che a me imputa ca
lunniosamente, o almeno oscitantcr.
'
Io sarei iniinit0, se volessi notare tutte le false sue impulazionijma cre

derci oggimai di gittarc il tempo e linchiostro se lo facessi.

79

nella punizione initte al capo dellumana stirpe per limpu


tazione di un disordine, di un peccato, che essi non hanno n
punto n poco in s medesimi (i).
XXIII.,
Finalmente l'Anonimo pretende che a suo favore deponga un
altro luogo di s. Tommaso; il qual non gli giova meglio de

gli altri. Il santo Dott0re si fa questa difcolt: Videtur, quod


pullus dejectus in nos per on'ginem veniens rationem CULP.E ha
bere possit. Ex hoc enim aliquid culpabile vituperabile est, ' si

malum sii, quod est in potestate EIUS QUI DE 1100 CULPJTUR (2).
Tutto il dubbio che qui propone a s stesso lAngelico sta
nel sapere, Se il defctus in nos per originem veniens sia una

colpa, se possa essere una colpa rati0nem culpae habere pos

sit. Non mette in questione, se sia un difetto, che anzi il


nomina de/ectus per originem veniens; n pure mette in dub
bio se sia un peccato; ma domanda, in che modo que
_sto difetto, questo peccato possa essere il subbietto di _una
colpa; quando il concetto di colpa consiste nellessere in pote
st di quello che s'incolpa levitarla, ed allincontro quel pec
cato viene comunicato per origine. Il santo Dottore si riSponde

che quel peccato, per ricevere il concetto di colpa, basta che


sia stato in potere duna volont appartenente allumana natura;

perocch egli non peccato attuale prodotto dalla persona che


lo ha in s stessa, ma peccnto abituale ricevuto insieme colla

natura. Ecco le parole del santo, Ad primum dicendum quod


peccatum originale cum non sit vitium personae, ut persona est,

Jed quasi per accidens, inquantum persona habet lalem natu


ram, idea non aportet quod sie in potestate hujusmodi persorzae

lume dgfctum (5) habere vel non habere; sed sucit quod sic
in potestate alicujus, qui est in natura illa: quia ex hoc quod
habens aliquam naturam peccavit, natura infecta est, et per con

(1) Vedi la mia Risposta ad Eusebio, n. XVIII e segg.


(2) Appresso lAnonimo, n. 12.

(5) Nota, che quello che qui chiama difetto in principio del peri060, Clll'
mollo peccato (peccatum originale).

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