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SAGGI

Paolo Paoletti

Vallucciole
una strage dimenticata
La vendetta nazista e il silenzio
sugli errori garibaldini
nel primo eccidio indiscriminato in Toscana

Le Lettere
In copertina: Delia Pantiferi, la pi piccola in braccio a una cugina,
insieme ai parenti a Molino di Bucchio alla fine degli anni 20.
Per gentile concessione delle Edizioni Fruska, Stia.

Copyright 2009 by Casa Editrice Le Lettere Firenze


ISBN 88 6087 243 X
www.lelettere.it
PREMESSA

Termino nel 2008 questa mia ricerca sulla strage di Vallucciole


iniziata nel lontanissimo 1985 con la scoperta del rapporto te-
desco della divisione Hermann Gring, pubblicato sul n. 3
(maggio-giugno 1986) della rivista fiorentina Il Ponte. La ri-
cerca iniziata presso il Bundesarchiv-Militrarchiv di Friburgo
prosegu nel 1992, quando trovai allallora Public Record Offi-
ce di Kew, oggi National Archives, gli atti della commissione
dinchiesta inglese. Intanto nel 1991 ero stato due volte ad ascol-
tare i racconti dei superstiti a Serelli e Vallucciole tra cui quel-
lo a futura memoria di Rutilio Trenti. Nel 1993 tornai a Lon-
dra a prendere la documentazione sulle stragi di San Polo, Ci-
vitella e San Pancrazio per il convegno aretino In memory ma
neppure quelloccasione fu la volta decisiva per scrivere il sag-
gio su Vallucciole. Lallora sindaco di Stia, Roberto Frulloni, ri-
spose cortesemente ma negativamente ad una mia lettera in cui
gli offrivo di utilizzare il materiale inglese su Vallucciole. Negli
anni successivi ho acquisito altre testimonianze fondamentali
come quelle del commissario politico Sirio Ungherelli e delle te-
stimoni oculari Anita e Delia Pantiferi, senza mai trovare il tem-
po per chiudere il libro. Nel 2000 ritornai allarchivio di Fri-
burgo a cercare la lista degli ufficiali della Hermann Gring.
Nel 2005 grazie anche ad una visita a Castagno dAndrea e agli
interventi del ricercatore Carlo Gentile avevo ripreso in mano
largomento senza arrivare alla stesura finale del testo. Lo fini-
sco adesso, dopo che il film del regista americano Spike Lee Mi-
racolo a SantAnna e le polemiche dellANPI hanno riempito le
pagine dei giornali. Leggendo qesto libro si capir perch Val-
lucciole non nome noto n negli Stati Uniti n in Italia.
ABBREVIAZIONI

Abt. Abteilung, reparto


A.N.P.I. Associazione Nazionale Partigiani Italiani
CC.RR. Carabinieri Reali
C.P.M.G. Codice Penale Militare di Guerra
C.P.P. Codice Procedura Penale
D.L.L. Decreto Legge Luogotenenziale
G.N.R. Guardia Nazionale Repubblicana
H.G. Fallschirm-Panzer-Division Hermann Gring
M.V.S.N. Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale
NAW National Archives Washington
O.K.W. Oberkommando Wehrmacht, Comando Supremo Esercito
Tedesco
P.F.R: Partito Fascista Repubblicano
PRO Public Record Office
Q.G. Quartier Generale
s.d. senza data
S.A.R. Sua Altezza Reale
S.M.E. Stato Maggiore Esercito
U.S.S.M.E. Ufficio Storico Stato Maggiore Esercito
INTRODUZIONE

Vallucciole quel luogo che Carlo Levi, in un suo racconto, fa-


ceva descrivere ad un suo personaggio1 come una valletta ver-
de e solitaria... il luogo pi dolce, pi gentile e fresco della Ter-
ra, un nascosto e verdissimo paradiso. In questo luogo idillia-
co si abbatt la bestialit delle truppe dlite tedesche2. Il 13
aprile 1944 quella realt bucolica descritta dal pittore-scrittore
Carlo Levi fu sconvolta da un rastrellamento germanico e da una
strage indiscriminata di civili.
Sgombriamo il campo dagli equivoci. Concordiamo con
quanto scriveva Gerhard Schreiber nel 2000: Quel che accade
dal 13 al 16 aprile 1944 sul monte Falterona non aveva nulla a
che fare con le azioni di rappresaglia ammesse dal diritto inter-
nazionale; lintento era quello di disseminare il terrore tra la po-
polazione usando come copertura la guerra contro i partigiani3.
Sostituendo probabilmente con sicuramente siamo anche
daccordo con la sintesi fatta dal gruppo di ricerca sulle stragi
naziste delluniversit di Pisa: Allinterno di unoperazione de-
cisa preventivamente e mirata alla ripulitura dellAppennino
centro-settentrionale, luccisione di due soldati tedeschi rap-
presenta probabilmente un fattore di radicalizzazione che con-

1 Questo personaggio sognava di ritirarsi per sempre in una piccola casa con
la moglie, i bambini, una vacca bianca, delle pecore e un cane fedele. La Pasqua
di Vallucciole si trova anche in http://www.comune.stia.ar.it/turismo/storia/valluc-
ciole/vallucciole2.asp.
2 Giampiero Carocci, La Resistenza italiana, Garzanti, Milano, 1963 pp. 125-
127.
3 Gerhard Schreiber, La vendetta tedesca 1943-1945: le rappresaglie naziste in
Italia, Mondadori, Milano, 2000, p. 170.
8 INTRODUZIONE

diziona e appesantisce le dimensioni indiscriminate della stra-


ge4. La conferma sta in quanto avvenne il 13 aprile a Castagno
dAndrea (7 morti tra uomini e donne), Partina (18 uomini uc-
cisi) e Moscaio (7 uomini uccisi), e negli altri villaggi interessa-
ti dal rastrellamento. Queste cifre ci portano a dire che a Val-
lucciole lazione terroristica contro i civili si sarebbe limitata a
colpire gli uomini sospettati di connivenza con la Resistenza o
semplicemente invisi ai fascisti e allincendio delle loro case, se
non ci fosse stato un altro elemento scatenante.
Purtroppo l11 aprile a Molino di Bucchio avvenne un pre-
cedente che non si era verificato nelle altre localit. Nella fase
preparatoria del rastrellamento avvennero due fatti straordina-
ri: vennero uccisi due comandanti tedeschi intenti a raccogliere
informazioni, i loro corpi furono abbandonati sul posto dai ga-
ribaldini. Un altro fatto fuori dalla prassi e dalla logica fu che i
garibaldini, entrati in possesso dei piani operativi tedeschi sul
rastrellamento del 13, non avvertirono del pericolo n i parti-
giani badogliani n le comunit di Serelli, Vallucciole, Mon-
te di Gianni e Moiano di Sopra e di Sotto, per quanto si tro-
vassero sulla via del loro ritorno alla base. Tutti questi elemen-
ti fecero s che quella diventasse la prima volta in Toscana che
truppe tedesche trasformarono unoperazione di rastrellamen-
to in un massacro indiscriminato di donne, vecchi e bambini,
complessivamente 108 persone. Con la scoperta che quei due te-
deschi uccisi dai garibaldini erano i comandanti di due plotoni
appartenenti alle due compagnie della colonna impegnata nel ra-
strellamento dellarea meridionale del Falterona, si pu intuire,
non certo giustificare, perch quella esplosione di ferocia bar-
barica si sia verificata proprio l, nella vallata del Vallucciole. Og-
gi gli elementi acquisiti dalla ricerca archivistica ci permettono
di affermare che quella fu la vendetta nazista ad una serie di er-
rori dei garibaldini. Il motivo scatenante cera stato, era evi-
dente, ma gli storici lo hanno negato.
Gli indizi erano gi stati trovati nel 1944 dalla commissione
dinchiesta inglese: nella testimonianza di Bucchi Giuseppa si

4 http://www.stm.unipi.it:81/stmstragi/episodio.php?episodio=Vallucciole
INTRODUZIONE 9

leggeva: Uno dei tedeschi del gruppo venne da noi e ci disse:


Il mio ufficiale ed il mio camerata sono stati uccisi. Io dissi:
Noi siamo innocenti.
Da sempre si sa che la strage di Vallucciole era avvenuta do-
po luccisione di due soldati tedeschi, ma si sempre parlato di
unoperazione programmata di terrorismo indiscriminato, che
sarebbe avvenuta comunque, per cui quelle due uccisioni era-
no solo coincidenze5. Anche se Carlo Gentile fin dal 1998 ha
sostenuto levidenza di un legame tra lo scontro di Molino di
Bucchio e la strage di due giorni dopo6.
Certo i tedeschi del battaglione esplorante della divisione
Hermann Gring (H.G.) erano partiti da Bologna per fare ter-
ra bruciata nellarea da rastrellare ma non con lintenzione di
compiere una strage indiscriminata a Vallucciole, come oggi
vorrebbe la pi acreditata corrente storiografica. Quel male-
detto 13 aprile 1944 i soldati della H.G. entrarono da sette di-
rettrici diverse nellarea da rastrellare ma lunica strage indi-
scriminata compiuta nel Bandengebiet, in questo territorio con-
trollato dai banditi, fu solo quella di Vallucciole. Nessuno sto-
rico si chiesto perch le donne e i bambini di Molino di Buc-
chio non vennero toccati mentre la bestialit nazista si scaten
contro di loro intorno a Vallucciole, a due chilometri di distan-
za in linea daria.
Che Vallucciole fosse zona di partigiani era risaputo fin dal
novembre 1943, quando a Molino di Bucchio i fascisti ammaz-
zarono lo studente Pio Borri. Luccisione dei due comandanti te-
deschi in ricognizione rappresent per la divisione H.G. la
prova ulteriore per cui bisognava andare a colpire proprio l da
dove scendevano i partigiani. E quei cadaveri abbandonati, uno
nellauto e laltro accanto alla loro macchina, con ferite che fa-
cevano pensare allesecuzione di due moribondi, furono sentiti
dai tedeschi come una provocazione e una sfida. Quei giova-

5 Raffaello Sacconi, Partigiani in Casentino e Val di Chiana, La Nuova Italia,


Firenze, 1976, p. 74.
6 Il 2.11.2008 Carlo Gentile ci scriveva: Di Vallucciole ho scritto (o detto)
diverse volte tra il 1994 ed il 2008 e sempre ho sostenuto levidenza di un legame
tra lo scontro di Molino di Bucchio e la strage di due giorni dopo.
10 INTRODUZIONE

nissimi soldati ideologizzati della H.G. si presero la loro vendetta


nel modo pi efferato.
La nostra storiografia ha presentato la genesi della strage di
Vallucciole come ineluttabile. Il secondo fine era sottinteso: se
la strage era ineludibile, era anche inutile soffermarsi sul com-
portamento tenuto dai garibaldini. In questa tragedia, invece, ci
sono altri protagonisti oltre ai perpetratori del crimine e alle vit-
time. In 65 anni gli studiosi non hanno mai analizzato il com-
portamento dei garibaldini. Uno solo di loro, il commissario po-
litico, ha parlato ma la sua versione dei fatti ancora avvolta da
una rete di silenzi, reticenze e menzogne. Comunque sono loro,
i garibaldini a mettersi nei guai, fermando unauto, che stava tor-
nando a Stia senza aver scoperto niente da segnalare; sono loro
a farsi scappare un ferito che porta a Stia la notizia dellaggua-
to; sono loro a sfidare la Wehrmacht lasciando a Molino di Buc-
chio i corpi dei due soldati uccisi. Soprattutto solo loro a non
avvisare la popolazione che ci sarebbe stato un rastrellamento e
a non voler condividere la scoperta del segreto militare tedesco
con i partigiani non comunisti.
La posizione dei superstiti in primo luogo contro i fasci-
sti, poi contro i nazisti, quasi mai contro i partigiani. A Valluc-
ciole non ci sono state reazioni come a Civitella, dove c stata
una memoria divisa. Rutilio Trenti ha confessato solo a noi di
aver cacciato un comandante partigiano che era arrivato lass
per portare dei fiori sulla tomba delle vittime, ma non lo ha mai
detto ad altri nelle molte altre occasioni che ha avuto per dirlo.
La reazione dei familiari delle vittime di Vallucciole stata mol-
to pi composta e discreta rispetto a quelle dei congiunti dei
morti in tutte le altre stragi toscane e non. Quelle poche fami-
glie che noi ancora incontrammo nel 1991 si sono trasferite al-
trove o si sono estinte. Al contrario il paese di SantAnna, luo-
go della pi sanguinosa strage nazista in Toscana, tornato a po-
polarsi, a partire dagli anni Novanta sono nati i primi bambini.
Dinverno Vallucciole invece un paese fantasma, che riprende
vita solo destate con qualche fiorentino o aretino che vi ha com-
prato casa o nei week-end soleggiati quando tornano i parenti
delle vittime. Se c un luogo dItalia dove la guerra ha lasciato
per sempre il segno del suo tragico passaggio questo larea in-
INTRODUZIONE 11

torno a Vallucciole, dove nei giorni della Pasqua del 1944, 70


uomini, 45 donne e 22 bambini furono massacrati dai soldati del-
la Wehrmacht. SantAnna di Stazzema, altro paese di montagna,
sulle Apuane, dove le Waffen-SS uccisero circa 360 persone,
assurto a simbolo delle stragi naziste, stato convertito in luo-
go di pace e fratellanza dei popoli; l in un edificio bruciato dai
tedeschi si costruito un museo e ogni anno a SantAnna arri-
vano presidenti e ministri della Repubblica, autorit italiane ed
estere, le tv, vi si fanno convegni e manifestazioni. L stato edi-
ficato un Ossario, un enorme monumento. Sulla strage di Val-
lucciole si mantiene invece un incredibile silenzio: la regione
Toscana, la provincia di Arezzo o il comune di Stia non hanno
mai organizzato un convegno o un dibattito sulla strage. Nes-
suna autorit nazionale italiana o tedesca salita a Vallucciole.
Nelle relazioni di maggioranza e minoranza fatte dalla commis-
sione parlamentare dinchiesta sulle cause delloccultamento di
fascicoli relativi a crimini nazifascisti, Vallucciole non mai ram-
mentata. Perch a Roma si citano le stragi di Caiazzo e Massa-
ciuccoli e non quella di Vallucciole? Questo silenzio su Valluc-
ciole significa imbarazzo.
Nel 2004 la Regione Toscana ha pubblicato una serie di vo-
lumi su Le stragi nazifasciste in Toscana 1943-1945 e in una no-
ta iniziale della Guida alle fonti archivistiche si scriveva che gli
eccidi pi noti sono quelli di Stazzema, del Padule di Fucecchio,
di Civitella in val di Chiana, di Niccioleta, di Bardine S. Teren-
zo. lammissione di un dato di fatto: Vallucciole non rientra
tra le stragi note. Ma questo stato voluto?
La procura militare di La Spezia ha istruito processi e emes-
so condanne allergastolo per le stragi di SantAnna e Marza-
botto ma non si arrivati ancora al processo contro i criminali
di Vallucciole. Decine di libri e opuscoli, centinaia di articoli so-
no stati scritti e si scrivono su SantAnna di Stazzema, uno scrit-
tore americano le ha dedicato un romanzo da cui stato tratto
il film Miracolo a SantAnna. Nel 1989 Fabio Del Bravo ha scrit-
to e diretto il film Le ciliege sono mature che si ispira alla strage
di Vallucciole, che non uscito fuori dal territorio regionale. Per-
ch sulla prima indiscriminata strage nazista in Toscana si pu
parlare di silenzio?
12 INTRODUZIONE

Il motivo semplice: se i garibaldini sapevano che dopo la


probabile rappresaglia del 12 aprile ci sarebbe stato sicuramen-
te il rastrellamento e se gioved 13 la popolazione di Valluccio-
le fu colta nel sonno, era evidente che i garibaldini non aveva-
no messo in allarme nessuno.
La verit negata si pu riassumere in questo. Il primo ra-
strellamento su grande scala nel centro Italia non poteva essere
evitato e avrebbe comportato comunque la morte di un nume-
ro imprecisato di innocenti durante la fase di avanzamento. Se
poi produsse il maggior numero di vittime tra la popolazione ci-
vile della vallata del Vallucciole e non ci furono caduti tra i par-
tigiani, questo fu dovuto al fatto che la preoccupazione dei ga-
ribaldini fu di salvare i propri compagni, dimenticandosi di di-
re ai civili e ai badogliani che per salvarsi bastava scendere a
Molino di Bucchio, passare il ponte e oltrepassare lArno. Se in
65 anni questi fatti non sono mai stati raccontati perch la vul-
gata ha costruito il mito dellineluttabilit della strage: lunico
modo per non parlare degli errori garibaldini.
I

LE PREMESSE DELLA STRAGE DI VALLUCCIOLE

1.1. Inquadramento storico dei due episodi di sangue a Molino di


Bucchio

Per lomicidio dei due soldati tedeschi, Molino di Bucchio ha


rappresentato il luogo dove il rastrellamento del 13 aprile si
mutato in vendetta ma era gi stato occasione di uno scontro tra
fascisti e partigiani nel novembre 1943. Nella relazione1 del co-
mandante della spedizione di un reparto misto della Milizia Vo-
lontaria Sicurezza Nazionale (M.V.S.N.) e CC.RR., il capo ma-
nipolo Emilio Vecoli, datata 14.11.1943, si dice che l11 no-
vembre a Molino del Bucchio furono sorpresi alcuni partigiani:
uno di questi, Pio Borri, rimase ucciso e 3 vennero catturati. I
militi accertarono che i partigiani avevano un deposito di vive-
ri in una casa della frazione. Siccome questi componenti della
banda provenivano da Vallucciole lufficiale comp un rastrella-
mento in questa localit, perquisendo tutte le case a comincia-
re da quella dove aveva abitato il comandante della banda. La
banda nel frattempo si era trasferita nella fattoria La Pantenna,
mentre il grosso della formazione si trovava in localit Mura-
glione. E gi allora i fascisti temevano che i partigiani potesse-
ro scendere a Stia per eliminare tre degli elementi pi facinoro-
si: Angelo Giabbani, Cesare Francalanci e Mario Volpini. Non

1 La relazione si trova in Antonio Curina, Fuochi sui monti dellAppennino to-


scano, Tipografia D. Badiali, Arezzo, 1957, pp. 65-70.
14 PAOLO PAOLETTI

un caso che due di questi tre nomi compaiano anche nella re-
lazione inglese, come ispiratori del rastrellamento. Dunque nel
novembre 43 Molino di Bucchio era entrato nelle cronache dei
giornali e nei rapporti della polizia fascista.
Ci si pu immaginare cosa sia successo nella vallata di Val-
lucciole con il bando Graziani del febbraio 44 che richiamava
alle armi le classi 22, 23 e 24. A seguito di questi bandi, dal
marzo 44 aument il numero dei partigiani e al contempo creb-
bero i loro problemi di approvvigionamento. anche innega-
bile che i fascisti abbiano sollecitato da allora unazione repres-
siva. A questo proposito il rapporto inglese offre due conferme.
Un teste, Bruno Ceccarelli, dichiarava che nellottobre 43 il pre-
fetto dArezzo avrebbe fatto pressione sui tedeschi per un ra-
strellamento nellarea di Stia. Nella testimonianza di Giuseppe
Stefani si legge che un soldato tedesco, che parlava benissimo
litaliano, gli disse: Non c niente da fare, stato prestabilito
dalle vostre autorit civili. Linvestigatore inglese afferma: I fa-
scisti di Stia erano pronti a collaborare con i tedeschi nellattacco
e nella distruzione dei partigiani di Vallucciole. I fascisti si la-
mentarono con le autorit tedesche e a questo fine fornirono lo-
ro le prove dellesistenza dei partigiani. In questo modo, forse
involontariamente, condannarono a morte la popolazione civi-
le della vallata in quanto collaboratori dei partigiani. Non tan-
to involontariamente visto che don Bergamaschi fu testimo-
ne oculare della festa che i fascisti fecero a Stia alla notizia del
rastrellamento tedesco a Vallucciole.
Ricapitolando, nellinverno 43-44 i tedeschi non ascoltaro-
no le ripetute sollecitazioni dintervento contro i partigiani da
parte delle autorit italiane e cercarono di sanare la piaga parti-
giana con i propri mezzi (vedi limpiego della M.V.S.N. e Cara-
binieri del novembre 43 e la sentenza contro i renitenti alla le-
va di Vicchio, fucilati il 23 marzo 44 al Campo di Marte a Fi-
renze). Poi, per, quando in primavera ormai il fenomeno del
banditismo partigiano cominci ad impensierire anche la
Wehrmacht, i tedeschi si mossero con un grande dispiegamen-
to di mezzi e pensarono di estirpare la mala erba del movimen-
to partigiano approfittando delloccasione offerta dal rastrella-
mento per bonificare larea lungo la Linea Gotica. Si illudeva-
LE PREMESSE DELLA STRAGE DI VALLUCCIOLE 15

no che bastasse il terrore ad isolare i partigiani dal mondo con-


tadino. Ma avevano sbagliato tempi e modalit. Soprattutto fal-
lirono lobiettivo di allontanare i partigiani dalla popolazione e
di indurre i contadini a negare i loro aiuti ai partigiani. Gli ec-
cidi tedeschi portavano la popolazione a stare dalla parte dei par-
tigiani, mentre i fascisti, che fungevano da guide e auxiliares dei
tedeschi, agli occhi della popolazione contadina assumevano il
ruolo di collaborazionisti degli occupanti.
Non dunque un caso se, l11 novembre 43 e l11 aprile 44,
due fatti di sangue avvennero proprio a pochi metri da quel mu-
lino, cos vitale per gli approvvigionamenti alimentari dei parti-
giani.
Quella banda sparuta del novembre 43 si era rafforzata di
uomini e di armi e i tedeschi per alcuni mesi si limitarono a te-
nere sotto controllo le strade con una piccola guarnigione. Il 12
aprile saranno questi soldati a punire la popolazione di Molino
di Bucchio e Vallucciole con ruberie, saccheggi e lincendio di
alcune case prossime al luogo delluccisione dei loro camerati.
Nellarea investita dal rastrellamento tedesco vi erano due
formazioni garibaldine, la Faliero Pucci, comandata da Ugo
Corsi e la Checcucci di Bruno Bernini Brunetto, e il Grup-
po Casentino, badogliano.

1.2. Aprile 1944: esigenze militari imponevano ai tedeschi i


rastrellamenti dallAdriatico al Tirreno

In questo necessario inquadramento storico occorre riferire che,


il 10 aprile, i tedeschi e i fascisti avevano rastrellato le propag-
gini di monte Morello e si erano fatti sfuggire i partigiani che
erano andati a rifugiarsi sul monte Giovi. Intanto unaltra ma-
novra era stata programmata per mettere in sicurezza i passi del
Muraglione, della Calla e della Consuma.
Gianluca Fulvetti scriveva nel 2006: Con il massacro del
17 aprile a Rufina si chiude questa fase, che trova la sua origi-
ne nel contesto del dopo via Rasella, quando i Comandi te-
deschi decidono unintensificazione della repressione per dare
un segnale forte e riaffermare la propria capacit di istruire
16 PAOLO PAOLETTI

unadeguata offensiva antipartigiana2. Non crediamo al con-


testo del dopo via Rasella, cio che ci sia stata unorigine po-
litica (unintensificazione della repressione) ai rastrellamen-
ti dellaprile 1944 bens che fosse diventata una necessit mili-
tare per i tedeschi. Se si studia la documentazione delle due ar-
mate tedesche in Italia, la X e la XIV, si vede che laprile 1944
fu il mese in cui i tedeschi e i fascisti repubblicani furono co-
stretti da ben precise ragioni militari ad agire organicamente per
debellare il fenomeno del banditismo partigiano nelle aree
dinteresse strategico e tattico. Negli anni Settanta ne conveni-
va anche Ugo Corsi, il comandante del distaccamento garibal-
dino Faliero Pucci, che ammetteva: Ora sappiamo che i te-
deschi erano l non solo per fare il rastrellamento ma anche per
pulire una zona dove i tedeschi volevano organizzare la linea go-
tica3.
Gli storici, che risolvono tutto in chiave politica, anche i ra-
strellamenti per costruire la Linea Gotica, hanno dimenticato
che quelloperazione antipartigiana era una conseguenza dello-
perazione aerea alleata Strangle, iniziata a marzo. L11 marzo
erano ripresi i bombardamenti su Firenze e si erano intensifica-
ti quelli su Pontassieve4, rendendo praticamente inutilizzabili le

2 Gianluca Fulvetti e Francesca Pelini, La politica del massacro, lAncora del


Mediterraneo, Napoli, 2006, p. 34.
3 ISRT, Nastroteca. Busta 1, testimonianza rilasciata da Ugo Corsi allIstituto
Gramsci di Firenze verso la fine degli anni Settanta, comunque in data imprecisa-
ta, p. 29.
4 Il 3 febbraio i cacciabombardieri P-47 Thunderbolt arrivarono a mitra-
gliare e bombardare Pontassieve, il 16 febbraio comparvero altri bombardieri ame-
ricani, i B-24 Liberator, che quel giorno furono 32, e divennero 33 il 7 marzo e
25 l11 marzo. In quei giorni aveva preso avvio loperazione aerea Strangle, che
doveva appunto strangolare lafflusso dei rifornimenti tedeschi al fronte di Cas-
sino. Lideatore del piano strategico inglese aveva verificato che i primi obiettivi
dovevano essere i ponti ferroviari, che richiedevano molto pi tempo ad essere ri-
messi in funzione rispetto ad un fascio di binari, che potevano essere sostituiti da
una semplice squadra di operai. Cos gli americani ripresero i bombardamenti su
Firenze ma li intensificarono ancor di pi sullintera linea Bologna-Roma, pren-
dendo di mira tutti i ponti stradali e ferroviari. A questo scopo il 23 marzo gli ame-
ricani cambiarono il gruppo bombardieri ed il tipo di apparecchi impiegati su Pon-
tassieve: furono 25 i B-25 a bombardare la ferrovia e il ponte, ma come sempre la
maggior parte delle bombe finirono sul paese e nei dintorni. Per colpire obiettivi
di piccoli dimensioni occorrevano aerei pi manovrabili, per questo il 7 aprile ven-
LE PREMESSE DELLA STRAGE DI VALLUCCIOLE 17

principali linee ferroviarie, per lavvio dei rifornimenti tedeschi


a sud. Con linizio delloperazione Strangolamento, che pren-
deva di mira soprattutto i ponti e gli scali ferroviari per paraliz-
zare tutto il sistema di comunicazione su rotaia del centro Ita-
lia, ai tedeschi non rimaneva che assicurarsi il trasporto dei ri-
fornimenti su gomma, prediligendo le strade secondarie. Per fa-
re questo dovevano riprendere il controllo del territorio e quin-
di andare a colpire tutte quelle formazioni partigiane che si era-
no costituite e installate sui monti dellAppennino.
Oltre a questa situazione di paralisi nel centro-nord, da mar-
zo, gli alti comandi tedeschi misero in programma laccelera-
zione della fortificazione della Linea Gotica. Per lavorare alle
opere murarie non avevano bisogno solo di molta manodope-
ra ma anche del pieno controllo del territorio su cui si svilup-
pavano i cantieri di lavoro. Ovviamente questa esigenza di si-
curezza non era sentita solo dalla Wehrmacht nel 1944, ma lo
era stata e sar sempre provata da un qualunque esercito che
deve difendersi su posizioni fisse. Il rastrellamento che comin-
cia dal monte Morello e prosegue fino al monte Falterona dice
qual lobiettivo militare di questa operazione su larga scala:
si attivano le misure di sicurezza per avere sgombre le linee di
comunicazione terrestri e predisporre una linea arretrata di di-
fesa che avrebbe attraversato tutto lAppennino tosco-roma-
gnolo, garantendo la viabilit su tutti i passi appenninici, non
solo di quelli importanti come la via Bolognese ma anche dei
passi nel Casentino.
Per queste esigenze di sicurezza i tedeschi erano stati co-
stretti a creare unit di pronto intervento, le Alarmeinheiten,
attingendo dalle unit speciali dislocate sui due versanti del-
lAppennino. Limpiego della divisione Hermann Gring,
ununit dlite, denotava limportanza che il comando tedesco
attribuiva ormai alle operazioni di controguerriglia. Non si trat-

nero impiegati i bimotori B-26 Marauder. I 72 apparecchi in volo quel giorno si


divisero tra Prato, Pontassieve e Incisa Valdarno. Il 22 aprile vennero impiegati 12
B-26 contro Pontassieve e il 29 dello stesso mese altri 47. Terminata loperazione
Strangolamento, si torn ad impiegare i B-25, che furono 24 il 19 maggio e 25
il 24 maggio.
18 PAOLO PAOLETTI

tava di SS, come si scritto fino al 19925, e neppure di Waffen-


SS ma di una divisione che poteva stare al loro livello per ar-
mamento e addestramento. Dove passava la Hermann Gring,
questa lasciava sempre una scia di sangue: il 10 aprile venivano
uccisi 16 civili tra Sesto e Cercina-Vallerenzo, nel comune di Se-
sto e in localit Cerreto Maggio, Fontebona, Morione e Pesci-
na, nel comune di Vaglia. Per quanto il rastrellamento avvolgesse
le pendici settentrionali e meridionali di monte Morello, i par-
tigiani sfuggirono alla morsa in direzione sud-est. Lepisodio di
Molino di Bucchio, con i due comandanti di plotone del batta-
glione esplorante della H.G. in perlustrazione lungo il perime-
tro del territorio interessato dallimminente rastrellamento, va in-
quadrato in questa complessa operazione di terra. Il 12 aprile
un vasto schieramento tedesco avvi il rastrellamento della zo-
na compresa tra le statali Bibbiena-Cesena e Firenze-Faenza.
Dopo un violento ed impari combattimento a Biserno, che co-
st ai partigiani il sacrificio di unintera squadra di 12 uomini, i
soldati tedeschi dilagarono verso San Paolo in Alpe. La sera del
12 aprile la 1a Brigata si ritir nella foresta della Lama e, in se-
guito, allEremo di Camaldoli. La mattina del 13 aprile la bri-
gata raggiunse Campo Romagnolo, dove si divise in piccoli grup-
pi, nel tentativo di uscire dallaccerchiamento. Sette partigiani
in marcia verso San Godenzo furono catturati e fucilati in loca-
lit Fontanelle. Altri 18 aspiranti garibaldini si rifugiarono pres-
so la cascina dellOia. Traditi da una guardia forestale fascista,
la mattina del 16 aprile, furono circondati dai tedeschi e cattu-
rati. Uno di loro, la cui identit rimasta ignota, fu fucilato a
Terre Rosse, poich essendo ferito non riusciva a tenere il pas-
so. Gli altri 17 furono eliminati al cimitero di Stia al termine del-
le operazioni.
Loperazione sul Falterona permise ai tedeschi di riprende-
re il controllo del territorio per allestire la loro linea di difesa e,
con le operazioni verso sud contro Soci, Partina, Badia Prata-
glia e Marciano, di mettere in sicurezza la strada SS 71.

5 Ugo Jona, Le rappresaglie nazifasciste sulle popolazioni toscane, ANFIM,


Nuova Stamperia Parenti, Firenze, 1992, pp. 24-31.
LE PREMESSE DELLA STRAGE DI VALLUCCIOLE 19

Inizia cos in Italia una nuova lotta alle bande che subi-
to si connota per i suoi metodi terroristici. La strage nella val-
le del Vallucciole quella che colpisce maggiormente limma-
ginario collettivo, perch indiscriminata, come non era mai
stato prima in Toscana. Chi, come noi, ha sentito dalla viva vo-
ce dei superstiti ripetere quello che era scritto nei documenti
inglesi non pu dimenticare.

1.3. I comandi garibaldini potevano ignorare lesistenza della


Linea Gotica?

In questo contesto storico si inserisce il primo errore strategico


garibaldino: quello di dar vita a campi base e di costituire gros-
se formazioni partigiane proprio dove i tedeschi stavano alle-
stendo la loro principale linea difensiva, la Linea Verde, ribat-
tezzata dagli Alleati Gotica. Oltretutto il monte Falterona era un
monte che non presentava cos tanti spazi di manovra per sgan-
ciarsi6, al contrario del monte Giovi, che era stato fin dal set-
tembre 1943 la culla delle prime formazioni partigiane. Non fu
un caso se monte Giovi non fu mai preso dai nazifascisti, no-
nostante alcuni rastrellamenti, mentre il Falterona dopo lapri-
le fu abbandonato dai partigiani. Quindi un doppio errore da
parte del comando delle Brigate Garibaldi.
La linea difensiva dei garibaldini sempre stata quella di ri-
petere che nessuno a Firenze aveva capito che sugli Appennini
si stava costruendo una linea di resistenza tedesca. Ma che i pas-
si appenninici fossero obiettivi strategici per i tedeschi lo si po-
teva capire fin dalla met di ottobre del 1943 quando arriva-
rono a Ronta pi di un centinaio di tedeschi che in pochi giorni
costruirono diverse baracche di legno e di lamiera. Unaltra par-
te di questi militari, quasi contemporaneamente, ne eressero al-
cune anche a Razzuolo, una borgata sulla strada faentina, a 4 o

6 Ai primi di aprile un comandante garibaldino, Lazio Cossei, Lazio chie-


se e ottenne il permesso di lasciare con 7-8 uomini il distaccamento Faliero Puc-
ci sul Falterona e di tornare a monte Giovi: non condivideva la strategia di con-
centrare le formazioni e la riteneva pericolosa.
20 PAOLO PAOLETTI

5 km. dal passo della Calla dellAlpe. Questi soldati dovevano


scavare enormi buche e corridoi sotterranei nellAppennino per
costruirvi la famosa Linea Gotica. Ammettiamo pure che i par-
tigiani nel 1943 non immaginassero neppure a cosa servissero
quei lavori ma se in seguito vennero anche parecchi italiani, che
erano stati rastrellati sia a Firenze che nel Mugello7, allora era
chiaro che i tedeschi stavano allestendo qualcosa di molto im-
portante. A Razzuolo i tedeschi avevano assunto persino donne
per i servizi domestici e qualche giovane rastrellato ogni tanto
scappava. Possibile che tutti i fuggiaschi tacessero?
Se alla fine del 1943 il comando delle Brigate Garibaldi non
aveva ancora capito a quale scopo i tedeschi scavavano e fora-
vano lAppennino in corrispondenza dei passi, n perch i te-
deschi attribuivano cos tanta importanza a quei lavori di forti-
ficazione, significava che la loro intelligence non assolveva bene
al proprio compito. Nel marzo del 1944 i garibaldini alla mac-
chia dovevano supporre che laltro obiettivo germanico era la li-
bera circolazione delle strade appenniniche. Ugo Corsi, co-
mandante del distaccamento Faliero Pucci, ammetteva alla fi-
ne degli anni Settanta: Forse noi labbiamo capito dopo, quel-
la zona del Falterona interessava noi ma interessava anche i te-
deschi perch cera la linea gotica. Noi non sapevamo che i te-
deschi volevano organizzare la linea gotica, per loro s e quin-
di tendevano a liberarla, non solo dai partigiani ma anche da tut-
to il resto. Infatti noi vedevamo un continuo afflusso di forze te-
desche specie dalla parte di Arezzo, di Stia che andava su verso
il passo della Calla8. Questa dichiarazione significativa: chiun-
que poteva rendersi conto che laumento del traffico motoriz-
zato tedesco su quelle strade di montagna derivava dai bom-
bardamenti aerei alleati sulle vie di grande comunicazione e sul-
le ferrovie. Dunque i comandi garibaldini9, le cui formazioni si

7 Rino Bresci, Gere e la Resistenza nel Mugello, Cultura, Firenze, p. 51.


8 ISRT, Nastroteca. Testimonianza rilasciata da Ugo Corsi allIstituto Gram-
sci di Firenze in data imprecisata e dattilografata, p. 25.
9 A Firenze cerano stati due pesanti bombardamenti, l11 e il 23 marzo e il
delegato toscano del Comando Generale delle Brigate Garibaldi, Luigi Gaiani, ar-
rivato a Firenze tra il 15 e il 16 marzo, non poteva dire di non sapere. Non aveva
capito che se gli Alleati avevano interrotto le linee ferroviarie, i tedeschi erano co-
LE PREMESSE DELLA STRAGE DI VALLUCCIOLE 21

erano notevolmente ingrossate grazie allarrivo di giovani scap-


pati proprio da quei plotoni della Todt che lavoravano alla co-
struzione delle opere di fortificazioni tedesche, non potevano di-
re di essere alloscuro di trovarsi in unarea di vitale importan-
za militare per la Wehrmacht. Visto che da mesi i tedeschi ra-
strellavano manodopera per queste costruzioni, visto il notevo-
le impiego di mezzi e uomini profuso nella costruzione di una
linea difensiva continua che attraversava tre regioni, la Toscana,
la Romagna e le Marche, era evidente che quel progetto rivesti-
va unimportanza strategica per loro. Si pu accettare che non
sapessero lesatta denominazione di questa linea difensiva ma i
garibaldini non potevano dire di essere alloscuro che i tedeschi
costruivano una linea di resistenza.
La Linea Gotica non aveva limponenza di mezzi e uomini
del Vallo atlantico o della Linea Maginot: il sistema sfruttava le
caratteristiche morfologiche delle montagne e venivano costruite
barriere con massi, legname, cemento armato, fossati anticarro,
campi minati10, reticolati, trincee, ricoveri, bunker per larti-
glieria e per le mitragliatrici. Le zone maggiormente fortificate
erano quelle costiere ma anche il settore a cavallo del passo del-
la Futa. Se l si costruiva un fossato anticarro lungo 5 km. e se
solo gli Alleati avevano i carri armati, a che scopo si facevano
questi lavori?
La Todt aveva aperto cantieri lungo tutta la catena degli Ap-
pennini, quindi non era un mistero per nessun partigiano che i
tedeschi fortificavano soprattutto i passi appenninici. Inoltre co-
me ammettono gli stessi partigiani non comunisti a partire dal-
la primavera del 1944, a seguito dei crescenti bombardamenti e
mitragliamenti aerei dellaviazione alleata lungo le principali vie
di comunicazione, il comando germanico ha deciso ed attuato
il decentramento del proprio traffico motorizzato su quella che
risultava pi tranquilla e pi sicura11.

stretti a servirsi del trasporto su gomma?


10 Dato che alcuni giovani morirono o furono feriti dopo la guerra, sappiamo
anche che i tedeschi minarono gli spazi erbosi sul versante sud del Falterona. Un
ragazzino mor e un altro rimase ferito sui campi minati fra il Falterona e Montel-
leri, in localit Prato di Sodi.
11 Jona, op. cit., p. 31.
22 PAOLO PAOLETTI

1.4. Lerrore strategico del comando delle Brigate Garibaldi di


sfidare i tedeschi sulla Linea Gotica

I garibaldini avevano avuto vari segnali che si stava avvicinando


un grande rastrellamento che aveva preso lavvio nelle Marche
e poi in Romagna. Il 24 marzo la 1a e la 3a compagnia della fu-
tura 23 a Brigata Pio Borri erano state costrette a lasciare Pra-
to alle Cogne, nel comune di Stia. I documenti garibaldini di-
cono che il 29 marzo il gruppo garibaldino fa tappa a Molino
di Bucchio nel suo spostamento verso il Falterona12. Questo
gruppo, interpretando male la manovra tedesca, pens di tro-
vare rifugio sul monte Falterona. In effetti la Faliero Pucci, la
Checcucci e la Pio Borri eseguivano ordini arrivati dallal-
to, dalla Delegazione delle Brigate Garibaldi13. Sirio Ungherel-
li, Gianni, commissario politico garibaldino, scriveva: Nella
tarda serata del 31 marzo la nostra staffetta Pevere, tornato da
Firenze, port lordine perentorio di spostarci immediatamen-
te sul monte Falterona. Berto domand: Ti avranno detto il mo-
tivo, la localit precisa ed entro quanto tempo?. Pevere rispo-

12 Questo il titolo di una scheda che fa parte della Cronologia della Resi-
stenza in Toscana, a cura di Giovanni Verni, Carocci-Consiglio regionale della To-
scana, Roma-Firenze, 2005.
13 Secondo Massimo Biagioni, Scarpe rotte eppur bisogna andar, Pagnini, Fi-
renze, 2004, p. 135, invece, la miopia non fu del Comando Brigate Garibaldi ma
del CTLN: Il CTLN voleva riunire in una grande formazione le bande che si era-
no costituite e rafforzate, per un loro effettivo coordinamento politico e militare,
per evitare le contrapposizioni tra formazioni, compreso possibili scontri, realiz-
zare una solida resistenza in caso di attacchi nemici che si sapevano essere mili-
tarmente e numericamente soverchianti, e rappresentare una maggiore forza di so-
stegno per le truppe alleate. E il monte Falterona fu giudicato adatto allo scopo.
Anche Orazio Barbieri scriveva che in marzo si costituisce il Comando Militare
unico con Nello Niccoli (PdA), Nereo Tommasi (DC), Achille Mazzi (PLI) Gino
Manconi (PCI), sostituito poi da Luigi Gaiani (Ponti sullArno, Vangelista, Mila-
no, 1984, p. 118). In realt gli ordini per le formazioni garibaldine venivano solo
da Luigi Gaiani, comandante militare provinciale del Pci e delegato del comando
generale delle Brigate Garibaldi, in quanto non esisteva ancora un comando mili-
tare interpartitico del CTLN, che prese corpo solo ai primi di maggio, come scri-
veva Nello Niccoli (La Resistenza in Toscana, Atti dellISRT, La Nuova Italia, Fi-
renze, 1970, p. 3). Questo tentativo di Barbieri e Biagiotti di attribuire al CTLN
lerrore di Gaiani rientra nel motto La vittoria ha molti padri, la sconfitta sem-
pre orfana.
LE PREMESSE DELLA STRAGE DI VALLUCCIOLE 23

se che gli avevano soltanto detto: Spostarsi immediatamente sul


monte Falterona14. Perch dal comando delle Brigate Gari-
baldi si dava ordine di spostare tutte le formazioni garibaldine
persino dal pratese! in unarea che stava ogni giorno di pi
surriscaldandosi? Lo spiegava Ugo Corsi: Su ordine del Parti-
to cerchiamo di arrivare in Romagna per prendere accordi con
il comandante di Faenza, Forl ecc. Con loro ci si doveva tro-
vare il 9 aprile a Ritracoli, un gruppo di case passato il passo del-
la Calla15. Ungherelli scriveva: Finalmente il 10 aprile attra-
verso Mario II (Umberto Rocchi), staffetta della Delegazione
delle Brigate e divisioni dassalto Garibaldi, sapemmo perch ci
avevano fatto andare sul monte Falterona. Lo scopo era il se-
guente: andare sul crinale che determina il confine tosco-roma-
gnolo, entrare in Romagna e prendere contatto con Armando o
Dino, che comandavano due brigate partigiane, fondersi con
quelle, per compiere azioni pi grosse sia dalla parte romagno-
la che da quella toscana formare una grossa brigata capace di
operare sul territorio della Linea Gotica16. I comandanti gari-
baldini sul territorio non accettarono volentieri quellordine ca-
lato dallalto. Il commento del commissario politico Ungherelli
fu: una grossa stupidaggine aver mandato tutte le formazio-
ni partigiane in un sol posto, in quanto contraddice le regole di
guerriglia e favorisce i tedeschi, che possono concentrare le lo-
ro forze su un unico obiettivo17. Giovanni Verni scriveva: Le
formazioni fiorentine e quelle romagnole organizzate e dirette
dal PCI avevano ricevuto lordine dai rispettivi comandi regio-
nali di concentrarsi sul Falterona per dar vita ad una grossa uni-
t partigiana. Malgrado le perplessit di molti dei responsabili
delle formazioni circa lopportunit di una simile iniziativa per
i problemi di ordine logistico e militare che essa comportava, la
direttiva venne eseguita...18. Si legge nel diario storico della

14 Sirio Ungherelli, Quelli della Stella Rossa, Polistampa, Firenze, 1999, p. 151.
15 ISRT, Nastroteca. Testimonianza rilasciata da Ugo Corsi allIstituto Gram-
sci di Firenze in data imprecisata e dattilografata, p. 26.
16 Ungherelli, op. cit., pp. 161 e 166.
17 Ivi, p. 161.
18 Giovanni Verni in Storia della Resistenza in Toscana, a cura di Marco Pal-
la, Carocci, Roma, 2006, vol. 1, p. 234.
24 PAOLO PAOLETTI

XXII Brigata garibaldina Lanciotto: 13 aprile. Spostamento


dal monte Giovi al Muraglione: scontro con i repubblichini.
Due morti e alcuni fascisti19. I fascisti sono le retrovie tedesche:
dovrebbero impedire che qualche partigiano sfugga dalla rete te-
desca e invece trovano unintera brigata che vorrebbe penetra-
re nellarea che si sta rastrellando! I comunisti che stavano in
montagna ritenevano sbagliato quellordine del comando regio-
nale ma lo eseguirono!
Questordine assurdo veniva da un nuovo delegato del co-
mando delle Brigate Garibaldi. Nel marzo 1944 Luigi Gaiani era
stato identificato dalla polizia nazifascista come comandante mi-
litare dei GAP20 ed era ricercato a Bologna. In questi casi il Pci
ordinava ai suoi comandanti di cambiare aria e lo aveva man-
dato a Firenze. Era arrivato il 16 marzo21, con deleghe molto pi
importanti: comandante militare provinciale e delegato per la
Toscana del comando generale delle Brigate Garibaldi. Gaiani
si distinse subito per il suo decisionismo e per una linea che mi-
rava a costringere i fascisti alla rappresaglia22. Con questo ordi-

19 Claudio Checchi, Paolo Landi e Alvaro Masseini, Il comunismo della Resi-


stenza. Lotte sociali e guerra di liberazione in Mugello, La Pietra, Milano, 1978,
p. 147.
20 Lui stesso scriveva che dopo l8 settembre 1943, era stato incaricato dal Par-
tito comunista di organizzare insieme ad altri due compagni il movimento mili-
tare nella provincia di Bologna, poi di Modena e di Ferrara... Effettuammo molte
azioni con risultati altamente positivi ma per questa attivit fui identificato e quin-
di ricercato... Pertanto il partito decise di mandarmi a Firenze, in I compagni di
Firenze. Memorie della Resistenza, Istituto Gramsci, Firenze, 1984, p.179.
21 Gaiani (ibidem) parla di 15 marzo ma, lanno precedente, aveva detto che
era partito da Bologna il 15 ed era arrivato il 16 a Firenze. L. Bergonzini (La sva-
stica a Bologna, il Mulino Ed., p, 97) ribadiva che Gaiani arriv a Firenze il 16
marzo.
22 Quando i due comandanti garibaldini, Romeo Fibbi e Bruno Bernini, do-
po loccupazione di Vicchio del 7 marzo, andarono a rapporto da Luigi Gaiani a
Firenze fu detto loro che se la prossima volta non avessimo fucilato i prigionieri
fascisti, avrebbero fucilato noi al posto dei fascisti in Fernando Gattini, Giorni
da Lupo, Comune di Vicchio, Vicchio, p. 50. A Bologna, come comandante dei
GAP aveva fatto uccidere Pericle Ducati, un archeologo ed etruscologo che si era
schierato dalla parte di Mussolini, a Firenze avr un ruolo centrale nella decisione
di eliminare il filosofo Giovanni Gentile. Si veda Paolo Paoletti, Il delitto Gentile:
esecutori e mandanti, Le Lettere, Firenze, 2005.
LE PREMESSE DELLA STRAGE DI VALLUCCIOLE 25

ne di concentrare tutti i distaccamenti garibaldini sul Falterona


per fare grosse operazioni in Romagna dimostrava tutti i li-
miti del Pci e suoi come stratega. Soprattutto dimostrava che i
vertici del Pci difettavano nellintelligence23 e Gaiani in parti-
colare arriv a Firenze del tutto impreparato ad affrontare la si-
tuazione militare sul territorio sotto la sua nuova giurisdizione.
Cos, contemporaneamente al grande rastrellamento nazifasci-
sta che gi stava investendo le provincie di Firenze, Arezzo e For-
l, i vertici garibaldini toscani e romagnoli, completamente al-
loscuro o incuranti di quello che avveniva da giorni sui due ver-
santi dellAppennino, articolavano un piano strategico che, so-
lo grazie alla cattura dell11 aprile del piano operativo tedesco,
evit la distruzione fisica di tutte le formazioni garibaldine spo-
state sul Falterona. Gli studiosi hanno cercato di minimizzare
questo grave errore strategico di Gaiani. Orazio Barbieri, alle-
poca responsabile comunista per la stampa, arrivava ad addos-
sare la colpa di Gaiani sui garibaldini: Talvolta i garibaldini af-
frontano la guerriglia e concepiscono la vita della montagna con
una disinvoltura e unallegria, con un tale spirito romantico e
spavaldo, che tocca un fondo dirresponsabilit. Anche in que-
sta occasione sul Falterona si sono lasciati cogliere di sorpresa
dallazione nemica, forse guidata da qualche spia24. Altri, in-
vece, ammettevano che loffensiva tedesca riusc, almeno in
parte e provvisoriamente, a raggiungere gli scopi, scompagi-
nando molte bande ed arrestando il flusso dei giovani che fino
ad allora avevano quotidianamente ingrossato le file partigia-
ne25. La verit che i partigiani scomparvero dal Falterona fi-
no alla definitiva ritirata tedesca nel settembre 1944. Giovanni
Verni scriveva: Loriginale della carta tedesca catturata a Mo-
lino di Bucchio [l11 aprile, N.d.A.] venne immediatamente in-
viato a Firenze nella speranza che fosse possibile avvertire an-
che gli altri gruppi in marcia verso il Falterona, cosa rivelatasi

23 In questo campo il Partito dAzione era molto pi attrezzato e capace del


Partito comunista.
24 Barbieri, Ponti sullArno, Vangelista Ed., 1984, pp. 158-159.
25 Susanna Bianchi e Alessandro Del Conte, Come pesci nellacqua, Comune
di Vicchio, Vicchio, 1985, p. 140.
26 PAOLO PAOLETTI

impossibile per il quasi contemporaneo inizio del rastrellamen-


to. In questultimo rimasero pi o meno direttamente coinvol-
ti, con seri effetti sul morale, gli effettivi e lorganizzazione, le
formazioni toscane e romagnole, il cui sviluppo sub una battu-
ta darresto26.
Il 15 aprile la XXII Brigata garibaldina Lanciotto si ri-
componeva sul monte Giovi, da dove era partita due giorni pri-
ma. Il 17 aprile a S. Godenzo 11 ribelli si costituiscono ad una
pattuglia germanica27.
Tutti i comandi militari garibaldini avrebbero dovuto com-
prendere per tempo che, andare a sfidare i tedeschi con grosse
formazioni in aree di loro interesse strategico, era del tutto sba-
gliato e controproducente per loro stessi e per la popolazione
che li sosteneva.

1.5. Il perimetro meridionale dellarea interessata dal


rastrellamento

Non disponendo delle mappe originali tedesche con larea del


rastrellamento ma essendo noto che lobiettivo militare germa-
nico era il controllo dei passi del Muraglione, della Calla, della
Futa e dei Mandrioli, che certi reparti provenivano dalla Ro-
magna e che loperazione dur ben cinque giorni, si deve rite-
nere che il territorio interessato fosse molto vasto e che interes-
sasse almeno tre province, Arezzo, Firenze e Forl.
Andiamo a rileggere il punto 5 delle esperienze della lot-
ta antipartigiana: Le bande accettano la battaglia solo quando
sono circondate. Per questo la conclusione : Disposizione
delle truppe intorno al territorio delle bande durante la notte.
Inizio al primo albeggiare. Blocco dei sentieri e dei passi, che le
bande utilizzano per i loro movimenti. Il rastrellamento della
H.G. si svolge secondo i loro piani originari, quelli studiati a

26In Storia della Resistenza in Toscana, cit., pp. 234-235.


27Comando generale della GNR. Notiziario politico interno 27 aprile 1944,
in Guida n. 2 a Le stragi nazifasciste in Toscana, a cura di Roger Absalom ed altri,
Carocci, Roma, 2004, p. 62.
LE PREMESSE DELLA STRAGE DI VALLUCCIOLE 27

tavolino prima della ricognizione e confermati dalluccisione dei


due comandanti a Molino di Bucchio.
Se i portatori di munizioni di Vallucciole furono uccisi al ter-
mine delloperazione mentre quelli del Molino di Bucchio fu-
rono lasciati liberi, se ne deve dedurre che Vallucciole rientra-
va nel Bandengebiet e Molino di Bucchio ne era escluso. Ma Un-
gherelli, lunico che ha visto la mappa diceva che: La stessa zo-
na di Vallucciole, compreso Molino di Bucchio, era indicata sul-
la carta come zona da rastrellare28. Se il 13 aprile gli uomini
di Molino di Bucchio furono portati via, le donne portate al
ponte dove rimasero sotto sorveglianza per quasi tutto il gior-
no29 fu perch il 12 loro avevano gi subito la rappresaglia
mentre i partigiani e quelli che li sostenevano dovevano anco-
ra pagare. Riteniamo che Molino di Bucchio, essendo diviso
dallArno, rientrasse nella zona da rastrellare per la riva sinistra
e ne fosse escluso per la riva destra. Lo dimostrano le uccisio-
ni che avvengono solamente sulla sponda sinistra. Se il 13 apri-
le 44 i soldati della H.G. risparmiarono dagli omicidi pro-
prio il luogo dove erano stati assassinati due loro camerati la
macchina era ferma sulla riva destra, di fronte a casa Pantiferi
significava che la distruzione delle suppellettili e poi lincen-
dio di casa Pantiferi la mattina del 12 aprile rappresentavano
la rappresaglia, mentre la mattina dopo Molino di Bucchio ri-
entrava nel Bandengebiet solo nella parte sinistra. Parte dei mor-
ti che vengono rinvenuti a Molino di Bucchio non sono abitanti
del luogo ma sono stati presi nellarea da rastrellare e sono sog-
getti alla vendetta. Sono stati assassinati l, perch avevano esau-
rito il loro compito di portatori di cassette di munizioni o di bot-
tino. Ed infatti Talenti Nello e Gargiani Bruno sono uccisi ai
lati di un campo vicino a Molino di Bucchio ma provengono
da La Cuna. E cos Vardi Giuseppe e Michelacci Silvio uccisi
a Molino di Bucchio sono di Serelli. Viceversa gli uomini di Mo-
lino di Bucchio assassinati (come il padre di Bucchi Ines) non
sono stati uccisi davanti alle loro case o nella loro borgata, ma

28 Sacconi, op. cit., p. 211.


29 Si veda il rapporto inglese in 3.3.
28 PAOLO PAOLETTI

nel territorio rastrellato (testimonianza di Giuseppa Bucchi).


Unaltra conferma che il 13 si risparmiano le donne di Molino
di Bucchio viene dal fatto che la madre delle sorelle Pantiferi,
Maria Nella, non viene uccisa a Molino di Bucchio ma perch
viene trovata a Molino del Bianco e la si ritiene abitante di quel-
la borgata30.
A dimostrazione che le case di Molino di Bucchio costruite
sulla riva sinistra appartengono al limite meridionale dellarea da
rastrellare, i tedeschi vi costruiscono delle piazzole per le mitra-
gliatrici in evidente funzione difensiva, come se temessero un at-
tacco dallalto dei partigiani o per evitare la fuga dei banditi.
Dunque il limite dellarea da rastrellare rappresentato gros-
so modo dalla strada Stia-Molino di Bucchio. Non a caso ven-
gono risparmiati gli abitanti e le abitazioni di Case Nuove di San-
ta Maria (testimonianza di Gino Giabbani: i tedeschi entraro-
no in casa ma ci dissero di non spaventarci e di andare a letto).
Non a caso i soldati risparmiano le donne di casa Trapani a
Giuncheto: a nostro avviso perch il villaggio non rientrava al-
linterno del perimetro dellarea da rastrellare. Se poi a sera ven-
gono uccisi alcuni uomini a Giuncheto perch erano destina-
ti alla soppressione in quanto provenienti da Serelli, Valluccio-
le e Monte di Gianni e avevano portato a termine il trasporto
delle cassette di munizioni. Inoltre sono diventati testimoni sco-
modi per i fascisti.

1.6. Perch proprio a Vallucciole se l non cerano partigiani?

Lobiezione di sempre : a Vallucciole non cerano partigiani,


tant vero che non ne venne ucciso neppure uno. Perch allo-
ra i tedeschi si accanirono contro gli innocenti? A questa do-
manda che avrebbe dovuto far riflettere, stata data una rispo-

30 Nella dichiarazione di Delia Pantiferi si dice che lei e sua madre erano an-
date a dormire da un contadino, Angiolino. Il 13 le due donne e la moglie di An-
giolino furono viste da un soldato, il quale dopo un breve tratto di strada spar lo-
ro. Delia Pantiferi ci ha confermato che la casa era a nord di Molino di Bucchio,
a monte della strada comunale, ovvero sulla riva sinistra.
LE PREMESSE DELLA STRAGE DI VALLUCCIOLE 29

sta politica: i tedeschi erano saliti lass per fare una strage, i ci-
vili dovevano essere massacrati per fare terra bruciata, poco
importava se erano colpevoli di aiuto alla guerriglia o meno. Era
ovvio che i partigiani non dormivano nei fienili delle case dei
contadini di Serelli, Vallucciole e Monte di Gianni ma era l che
si rifornivano di derrate alimentari e macinavano il grano a Mo-
lino di Bucchio. Che i contadini non negassero un tozzo di pa-
ne e che i partigiani si servissero del mulino era noto da mesi ai
fascisti di Stia e quindi ai tedeschi. Costoro per sapevano an-
che che il numero dei partigiani era diventato cos alto che non
si sfamavano pi con quello che donavano loro i contadini ma
con le requisizioni di derrate alimentari e di bestiame. La spa-
da assassina dei tedeschi, prima o poi, si sarebbe abbattuta co-
munque nella valle del Vallucciole ma quella brutalit fu causa-
ta da quanto era successo a Molino di Bucchio.
Nel rapporto della commissione dinchiesta britannica si leg-
ge: A causa della presenza dei partigiani, le consegne dei con-
tadini allammasso diminuirono. Le autorit fasciste vollero sa-
perne il motivo, cos i contadini mostrarono le note di requisi-
zione rilasciate loro dai partigiani... Si pu capire che i partigiani
erano divenuti una spina nel fianco sia dei fascisti che dei con-
tadini. Non era tanto il danno che procuravano, quanto il fatto
che crescevano di numero. Le autorit erano incapaci di impe-
dirlo e di conseguenza perdevano prestigio31. I contadini si
vennero presto a trovare in una situazione di grande imbaraz-
zo, presi tra gli ordini di portare il grano allammasso e le ri-
chieste dei partigiani. Scriveva un contadino di Vallucciole (fa-
cilmente identificabile in Rutilio Trenti) in un opuscolo pubbli-
cato dallAmministrazione provinciale di Arezzo il 25 aprile 1977
La strage di Vallucciole: Nella zona di Vallucciole si raggruppa-
rono un p di partigiani. Non erano organizzati. Erano pochi, con
poche armi. Successe che un giorno i partigiani andarono gi a
Molino di Bucchio, perch avevano il grano da macinare e noi
dai fascisti avevamo lordine di consegnare il grano al Comune;
un giorno vennero a dirci: Il grano manca alla popolazione di

31 Si veda il paragrafo 3.3.


30 PAOLO PAOLETTI

Stia. Dissero a noi, quei pochi partigiani: Se voi portate tutto


il grano al Comune, noi che si mangia? Un po di grano lo date
anche a noi. E noi gli si dava; per gli si disse: Bisogna dirglielo
in Comune che il grano si d a voi. Perch il Comune dopo vuol
sapere...il grano si porta o non si porta. Noi bisogna dirglielo che
il grano si d a voi. S dissero quei pochi partigiani vi si d
un biglietto. E ci fecero un biglietto che si port in Comune. In
Comune a quei tempi l cerano i fascisti. Dissero i fascisti: Qui,
questa gente bisogna toglierla di mezzo.... Come dice Rutilio
Trenti nellopuscolo del 1977, furono loro stessi a dover portare
in Comune le ricevute delle requisizioni. Questi biglietti non
solo erano la conferma della crescente presenza partigiana in
quellarea ma fornivano anche informazioni militari (dallentit
e dalla frequenza delle requisizioni si poteva dedurre la consi-
stenza dei distaccamenti, dal nome di battaglia di chi firmava si
poteva stabilire se i distaccamenti erano uno o pi).
Oltre ai piccoli contributi pi o meno volontari dei mezza-
dri, cera il prelievo quasi sistematico alla fattoria dei Pallini,
proprietari terrieri di sentimenti fascisti. Questa famiglia bene-
stante sembra sia stata lunica a subire minacce e prelievi di der-
rate dai partigiani32.
Dunque luccisione di due comandanti di plotone del bat-
taglione esplorante a Molino di Bucchio l11 aprile non fece che
rafforzare nei tedeschi il convincimento che quella localit fos-
se il mulino dei partigiani. Per colmo di sventura il fatto ac-
cadeva due o tre giorni dopo che un ufficiale della H.G.aveva
fatto tappa a Stia per unispezione ai margini del territorio in-
festato dai banditi. Inoltre l11 i partigiani si fecero sfuggire il
terzo uomo della macchina il quale aveva detto alle ragazze
Pantiferi che a Vallucciole cerano i partigiani. Quellattacco
garibaldino rafforz nei tedeschi la convinzione che i partigia-

32 Anche ai fascisti si rilasciava la ricevuta. Sirio Ungherelli (op. cit., p. 133)


spiegava che: la ricevuta dichiarante che, con la forza e contro la resistenza inu-
tile dei proprietari terrieri, avevamo ritirato i prodotti agricoli destinati agli ammassi,
la rilasciavamo agli elementi ostili al movimento resistenziale affinch una volta con-
quistata la libert, il governo democratico non pagasse al proprietario i prodotti da
noi requisiti.
LE PREMESSE DELLA STRAGE DI VALLUCCIOLE 31

ni scendevano dal Falterona sulle rive dellArno calando lungo


la vallata del Vallucciole. Senza quel fatto di sangue il rastrel-
lamento si sarebbe comunque abbattuto su quel territorio gi
circoscritto da giorni. Se nellufficio del segretario comunale
Giabbani a Stia erano segnati i nomi dei luoghi inclusi in un
cerchietto colorato, le localit del Passo della Calla, il Faltero-
na, la zona di Vallucciole e Castello (testimonianza di Ugo
Martellucci), se due ufficiali del battaglione esplorante passa-
no per Molino di Bucchio, significa che il rastrellamento era
previsto da tempo per il 13 aprile. Era programmato che il ra-
strellamento sarebbe sicuramente proseguito da Firenze verso
est. Non a caso i tre tedeschi della Fiat giunti a Molino di Buc-
chio erano partiti da Pratolino, con levidente intento di per-
lustrare i luoghi da dove le loro compagnie sarebbero dovute
entrare nel Bandengebiet. Luccisione dei due tedeschi a Moli-
no di Bucchio rappresent per la Hermann Gring solo lul-
teriore conferma che l si concentravano gli interessi della ban-
da partigiana nascosta nei boschi a nord del mulino. Ecco per-
ch ci pare evidente che quellattacco partigiano a Molino del
Bucchio serv a puntare meglio il fucile tedesco proprio sulla
valle sovrastante.

1.7. La situazione dei contadini presi tra lincudine e il martello

Nel racconto di Carlo Levi si affermava: A Vallucciole i par-


tigiani sono di casa. Vengono sempre per prendere da mangia-
re e noi spartiamo con loro le nostre castagne e qualche bestia
che si ammazza di quando in quando. Anchio salivo sempre nel
bosco per portargli delle provviste. Sono bravi ragazzi. Pagano
tutto quello che prendono. Il mulinaro di Bucchio, quello con
un occhio solo, con la benda nera, gli portava sempre la fari-
na33. Con i partigiani si stava tranquilli e daccordo scrive-
va ancora Carlo Levi. Nuto Revelli, invece, scriveva nel 2003:
La popolazione subiva la guerra partigiana. Mi sento di poterlo

33 Levi, op. cit., p. 127.


32 PAOLO PAOLETTI

dire. La popolazione non avrebbe voluto n i fascisti, n i te-


deschi, n i partigiani. In altre parole, non avrebbe voluto la
guerra. Ma la guerra cera, e non eravamo certo stati noi a in-
ventarla34.
Il movimento partigiano in questi sessantacinque anni ha
contrabbandato questo appoggio dei contadini alla Resistenza
come lacquisizione di una coscienza politica, in verit latteg-
giamento dei contadini della vallata del Vallucciole verso i par-
tigiani era pi caritatevole che politico. In una delle interviste
fatte nel luglio 1993 da due ricercatrice incaricate dalla provin-
cia di Arezzo ad alcuni superstiti si legge: Domanda: E quindi
voi li avete aiutati volentieri i partigiani, quando c stato biso-
gno...? Rutilio Trenti: Quande capitaveno... loro erano armati e
noi sera disarmati e poi... anche se un fossero stati armati quan-
do uno mi chiede un pezzo di pane... io lo do alla persona che
un lo conosco nemmeno... tanto meno a quelli che conosco...
non potevo rifiutare, certo. Ancora Italo Trenti alla domanda:
Glielo davate volentieri da mangiare ai partigiani o vi sentiva-
te costretti? rispondeva No, no, gni si dava perch quando
uno lha fame un gni si p negare un pezzo di pane!. Silvana
Visotti Ristori, anche lei intervistata nel luglio 1993, dichiarava:
Un giorno i partigiani di Prato alle Cornia vennero di notte...
dissero che volevano un vitello... allora il mi babbo caveva pau-
ra e l andata la mi mamma coi babbo di mi marito. Se vado
io mi prendano, una donna da meno nellocchio! Quando sono
arrivati a Prato alle Cornia che avevano unaltra vacca... per por-
tare questo vitello, due, uno lui e uno la mi mamma... son tor-
nati in gi e lhanno trovato i repubblichini e gnhanno detto in
dove vu siete stati... siete stati qui, siete stati l?35.
Alfredo Gambineri diceva: Coi partigiani sera in rapporti
cos... quando venivano... Domanda: Li aiutavate insomma, se
era possibile? Gambineri: Se era possibile, s, ma sera bersagliati
da quelli e da queglaltri! Una volta cera quelli e una volta ce-

34 Nuto Revelli, Le due guerre. Guerra fascista e guerra partigiana, Einaudi, To-
rino, 2003, p. 162.
35 Intervista di Paola Calamandrei a Silvana Visotti Ristori del luglio 1993, au-
dioregistrazione inedita in possesso della provincia di Arezzo.
LE PREMESSE DELLA STRAGE DI VALLUCCIOLE 33

ra quellaltri... Noi si viveva tranquilli perch si sapeva di non


ave fatto nulla di male! Un si sapeva come ci si doveva conte-
nere!36.

1.8. I protagonisti, garibaldini e tedeschi, erano per lo pi


giovanissimi e ideologizzati

Un elemento che non mai stato sottolineato che i protago-


nisti, garibaldini e tedeschi, erano per lo pi giovanissimi. Scri-
veva Carlo Gentile: La divisione Hermann Gring era com-
posta in gran parte da giovanissimi soldati provenienti dalle fi-
la della Giovent Hitleriana. I soldati sedicenni della H.G., stru-
mentalizzati dallideologia nazionalsocialista, continuarono a
combattere fanaticamente contro gli eserciti alleati e pi tardi
contro lArmata Rossa. Come vedremo, lufficiale tedesco uc-
ciso a Molino di Bucchio aveva 21 anni, la stessa et del com-
missario politico garibaldino che dette il colpo di grazia al feri-
to. Il gruppo garibaldino era comandato militarmente da due co-
munisti, Enzo Gandi Gambero e dal commissario politico Si-
rio Ungherelli Gianni, ambedue fiorentini, arrestati entram-
bi nel 1942 e condannati a pi di ventanni di carcere. Stavano
scontando la pena a Fossano, quando cadde Mussolini e usci-
rono di galera il 22 agosto 1943. Erano in montagna da sette me-
si quando i loro uomini uccisero i due tedeschi a Molino di Buc-
chio. Anche loro si possono considerare ideologizzati.
Ungherelli ricostruiva cos un suo colloquio con Gandi, il co-
mandante militare, che con i suoi 31 anni era un anziano. Do-
po aver scoperto sulla mappa catturata ai tedeschi che questi co-
noscevano perfettamente le loro basi, diceva: Il partito e lor-
ganizzazione del partito non qualcosa di soprannaturale che
sta in cielo, il partito non Dio, che non sbaglia mai; il partito
fatto di uomini e luomo pu sbagliare, pu venire meno alla
disciplina rivoluzionaria, pu venire meno a qualche regola co-

36 Intervista di Paola Calamandrei a Rutilio Trenti e Alfredo Gambineri del


luglio 1993, audioregistrazione inedita in possesso della provincia di Arezzo.
34 PAOLO PAOLETTI

spirativa37. Questi giovani cresciuti nelle universit delle car-


ceri fasciste vedevano nel partito comunista non solo il loro pun-
to di riferimento ma anche il mito della loro giovent. Il parti-
to non era Dio ma per loro veniva prima di tutto. Lo si vedr
dopo luccisione dei due tedeschi: i garibaldini pensarono a sal-
vare solo i loro compagni.

37 Ungherelli, op. cit., p. 168.


II

LE FORZE TEDESCHE E LA DOCUMENTAZIONE


ARCHIVISTICA GERMANICA

2.1. La documentazione tedesca

La documentazione tedesca ci permette di stabilire la composi-


zione del comando e le unit che furono direttamente respon-
sabili della strage. Queste appartenevano alla divisione Her-
mann Gring1 del LXXVI. Panzerkorps2.
Data limportanza della relazione tedesca, datata 20 aprile
1944, la traduciamo per intero e alla lettera3. Questa relazione
inizia con il rastrellamento di monte Morello e prosegue al pun-
to b, con quello del monte Falterona:

b) Monte Falterona (35 km a est-nord-est di Firenze)


Periodo: 13-17.4.1944
Comandante: Colonnello Heydebreck
Truppe impiegate:
Battaglione Esplorante di paracadutisti corazzati della Divisione
H.G., senza la 1a Compagnia
Parti della 10a Compagnia del Reggimento Contraereo della H.G.

1 Il fondo RL 32 del Bundesarchiv-Militrarchiv di Friburgo copre per lo pi


il periodo 1942-1943 mentre scarsissimi sono i documenti della divisione relativi
al 1944.
2 La documentazione relativa al 76 corpo darmata si trova nel fondo RH 24-
76.
3 Si trova nel Bundesarchiv-Militrarchiv di Freiburg, da qui in avanti BA-MA,
RH 24-75/20
36 PAOLO PAOLETTI

I e II Battaglione del Reggimento Paracadutisti Corazzati della


H.G. senza i carri
17a Compagnia del Reggimento Contraereo della H.G.
Perdite del nemico:
289 morti (tra cui 4 Comandanti4 e un uomo in uniforme tedesca
con un fucile mitragliatore tedesco (senza documenti)5
115 prigionieri (tra cui 3 inglesi e un francese)
Bottino:
1 mitragliatrice pesante
4 mitragliatrici leggere
circa 25 fucili mitragliatori
circa 60 fucili
circa 15 pistole
quantit ancora pi ingenti di munizioni e materiale esplosivo
1 apparecchio ricetrasmittente e parti di un secondo apparecchio
radio di fabbricazione tedesca (appartenente allaviazione).
Le seguenti localit furono distrutte:
S. Paolo in Alpe (9 km a est del Monte Falterona) [provincia di
Forl, N.d.A.]
Monte [recte Molino, N.d.A.] di Bucchio (5 km a sud-sudovest del
Monte Falterona)
Serelli (4 km e 1/2 a sud-sudovest del Monte Falterona)
Vallucciole (4 km a a sud-sudovest del Monte Falterona)
Croci di Mari [recte Croce ai Mori, N.d.A.] (4 km a sud-ovest del
Monte Falterona)
In parecchie localit comprese nel territorio delle bande furono di-
strutte singole case.
Nostre perdite:
caduti: 1 ufficiale tedesco
1 ufficiale italiano
1 sottufficiale tedesco
4 soldati italiani feriti: 10 tra sottufficiali e soldati (tra cui 2 italiani).
Organizzazione (secondo le dichiarazioni dei prigionieri):
suddivisione in zone. Larea intorno al Monte Falterona dispone
di 3 brigate, ognuna su 8 compagnie

4 Uno di questi era Dino, il commissario della 3a Brigata garibaldina tosco-


romagnola, in Checchi, Landi e Masseini, Il comunismo della Resistenza, cit., p. 56.
5 Potrebbe trattarsi del giovane disertore della Wehrmacht, Nikolaj Bujanov,
morto combattendo i reparti antibande tedeschi.
LE FORZE TEDESCHE 37

ed ogni compagnia su 3 squadre.


Nome di una Brigata Garibaldi, unaltra Della [recte Stella,
N.d.A.] Rossa6. La forza di una compagnia di circa 30 uomini.
Composizione:
italiani, russi, jugoslavi, cechi, 10-15 disertori tedeschi. Secondo il
modello sovietico vengono insediati dei commissari, i quali sono
responsabili della disciplina e del comportamento dei banditi.
Sede: originariamente a Biserno (12 km a est-nord-est del Monte
Falterona). Ora presumibilmente a Casanova (5 km a sud-est di S.
Paolo in Alpe).
Comandante: Libero (Comandante del gruppo partigiano Ro-
magna),
Pietro (comandante di brigata), Timo (comandante di brigata),
Franco (comandante di compagnia), Terzo (comandante di com-
pagnia), Morsa.
I comandanti e tutti gli uomini hanno nomi di battaglia.
Uniformi: prevalentemente hanno vecchie uniformi militari italia-
ne.
Come riconoscere i gradi:
il comandante di compagnia ha 3 stellette rosse a triangolo,
il vice-comandante di compagnia ne ha 2 e il caposquadra 1 sul
lato sinistro del petto o sulla parte superiore del braccio sinistro.
Il commissario politico ha una P cucita dentro o vicino al trian-
golo.
Forza: Le indicazioni oscillano tra i 400 e i 3.000 uomini.
La forza non dovrebbe superare i 400-500 uomini.
Armamento: Solo il 75% sono armati. Mitragliatrici pesanti Bre-
da, 1 mitragliatrice Lewis, fucili mitragliatori Sten, fucili, pistole,
bombe a mano.
Approvvigionamento: prevalentemente dalla campagna, in parte
da aerei inglesi, soprattutto per le armi, munizioni e denaro.
Vicino a S. Paolo in Alpe stato riconosciuto uno spiazzo per i
lanci7.
Avviso via radio grazie ad un medico di Cornilio (10 km a nord-
est del Monte Falterona). Avvicinamento grazie ai fuochi.
Le bande si sono sciolte in parte fin dallinizio delloperazione.
Armi e apparecchi radio nascoste, uniformi e segni di riconosci-

6 Non si trattava di brigate ma di distaccamenti. I tre distaccamenti erano il


Faliero Pucci o Stella Rossa, il Checchucci e Storai.
7 Infatti vi era stato un lancio l8 aprile 1944.
38 PAOLO PAOLETTI

mento tolti e gettati, per lasciare singolarmente il territorio della


banda.
Grazie alloperazione intrapresa la banda dovrebbe essere consi-
derata come distrutta.

A questo punto segue un paragrafo intitolato: Esperienze fat-


te nellesecuzione della lotta alle bande. Ad ogni esperienza
corrisponde una conclusione, a mo di consiglio per il futuro.
Tralasciamo la loro traduzione essendo tutte di carattere ge-
nerale (si parla della necessit di una precisa esplorazione pre-
ventiva, dellimpiego di spie affidabili e cos via).
Il primo dato da far rilevare sta nel titolo che i tedeschi dan-
no alloperazione: Monte Falterona. Il contrafforte del monte
Falterona, indicato come santuario di bande partigiane, lo-
biettivo di tutta lazione di rastrellamento. Dunque la strage di
Vallucciole, insieme a quella di Partina, solo un episodio di
questa manovra a tenaglia che partendo dal versante toscano ed
emiliano dovrebbe concludersi sul Falterona.
Il numero delle armi individuali catturate (circa 25 fucili
mitragliatori, circa 60 fucili, circa 15 pistole) non corrisponde
agli uomini presi: le armi venivano sepolte e verosimilmente i te-
deschi scoprirono solo alcuni nascondigli. Il numero dei nemi-
ci uccisi e dei prigionieri (289 morti... e 115 prigionieri) non
si riferisce ai partigiani uccisi (vedi 4.25) o catturati ma ai civi-
li. Dunque dai soli numeri si capisce che la maggior parte dei
nemici uccisi erano donne, vecchi e bambini e portatori di mu-
nizioni.
I partigiani non opposero resistenza, tra il 13 e il 17 aprile
fecero unoperazione di sganciamento dalle truppe tedesche; i
partigiani non causano vittime nelle fila germaniche ma solo no-
ve feriti tra tedeschi ed italiani. Lufficiale e il sottufficiale te-
deschi calcolati tra i morti ed uno dei feriti tedeschi sono quel-
li colpiti a Molino di Bucchio, in verit due giorni prima, l11
aprile 44.
LE FORZE TEDESCHE 39

2.2. La divisione paracadutista-corazzata Hermann Gring

Carlo Gentile scriveva: In maniera analoga a quanto aveva mes-


so in moto Himmler con la creazione della Waffen-SS, anche Her-
mann Gring, ministro del Reich e comandante supremo della
Luftwaffe, fu in grado di mettere in campo durante la guerra una
impressionante forza militare, a lui personalmente legata, di cui la
Panzer-Division Hermann Gring e le assai pi famose divisio-
ni paracadutiste costituivano la punta di diamante. La loro im-
portanza crebbe soprattutto con la progressiva scomparsa del-
laeronautica tedesca dai cieli della seconda guerra mondiale e si
pu anzi senzaltro affermare che negli ultimi anni di guerra sia-
no soltanto queste unit speciali a tenere alto il nome della Luft-
waffe e del suo comandante supremo8. Gentile precisava inoltre:

Sebbene in realt nessuno dei suoi reparti avesse mai ricevuto ad-
destramento paracadutistico, anche la divisione corazzata Her-
mann Gring, quando a partire dal gennaio 1944 fu denomina-
ta divisione paracadutista-corazzata, venne a fruire di questa au-
ra di leggenda. La sua nuova denominazione, non accompagnata
da nessuna trasformazione organica, un chiaro esempio di quel-
lo che Michael Geyer ha definito una costante opposizione tra ap-
parenza e realt, cos caratteristica di questa unit, le cui presta-
zioni sui campi di battaglia, sotto laspetto puramente militare, fu-
rono piuttosto mediocri. Il suo inserimento nominale nellarmata
paracadutista del generale Student da vedere soprattutto in
chiave propagandistica: come un tentativo di accrescerne limma-
gine di formazione speciale e con essa anche la sua attrattiva per
i giovani volontari di guerra in un periodo in cui, con la crisi del-
le risorse personali del Terzo Reich, crescevano anche le lotte per
assicurarsi unampia fetta di quella che era considerata llite del-
la giovent del regime. In realt la Hermann Gring era una nor-
male divisione corazzata, il cui organico ed armamento non erano
per nulla diversi da quelli delle corrispondenti unit dellesercito
o della Waffen-SS. Lunica differenza era la presenza di un forte

8 Carlo Gentile, Le stragi tedesche del 1944 in provincia di Arezzo ed i loro per-
petratori, in Orte des Grauens, a cura di Gerd Ueberschr, Primus Verlag, Darm-
stadt, 2003.
40 PAOLO PAOLETTI

elemento della Flak (un reggimento invece di un gruppo come


previsto dagli ordinamenti generalmente in uso). Rispetto alle uni-
t convenzionali, la differenza principale riguardava il recluta-
mento del personale, che era su base volontaria e secondo criteri
fortemente selettivi, non molto diversi da quelli richiesti per lin-
gresso nelle Waffen-SS: i giovani che presentavano richiesta di am-
missione dovevano avere unaltezza minima di 1,68/1,70 ed une-
t variabile tra i 17 ed i 25 anni, dovevano possedere la cittadinanza
tedesca, essere di discendenza ariana, incensurati e fisicamente
idonei era escluso, ad esempio, chi portava gli occhiali e di-
mostrare di essere affidabili sotto laspetto politico. Gli ufficia-
li, e gli aspiranti ufficiali, dovevano dimostrare di avere cono-
scenza del nazionalsocialismo ed essere in grado di diffondere
il pensiero nazionalsocialista tra i loro subalterni. Per molti ver-
si le unit Hermann Gring avevano maggiori punti di contat-
to con le formazioni delle Waffen-SS che con quelle ordinarie
dellesercito o della polizia. La volontariet dei suoi effettivi, il le-
game al regime o anche soltanto la pretesa di costituire una cer-
chia elitaria di combattenti scelti, accostava questi uomini alli-
deale del politischer Soldat nazionalsocialista. Tra le varie unit
della Wehrmacht, la divisione Hermann Gring era certamen-
te una di quelle in cui lindirizzo ideologico era pi netto ed ac-
centuato. Possiamo anzi sostenere che il legame al regime hitle-
riano rappresentasse lunica vera tradizione di lunga durata, e che
esso fosse gi evidente al momento della sua nascita, immediata-
mente dopo la presa del potere del partito nazionalsocialista9.

La Fallschirmpanzerdivision Hermann Gring era ununit


che riusciva ad unire la potenza delle armi alla mobilit e al
pronto impiego. Una divisione dlite che veniva chiamata in li-
nea nei momenti critici, quando cera da fronteggiare un nemi-
co egualmente agguerrito.
Kesselring era riuscito a convincere Gring a non mandare
la sua divisione in Francia ed a tenerla in Italia, lontano dalla pri-
ma linea ma non troppo per poterla impiegare in caso di biso-
gno. Non corrisponde al vero quello che scriveva il generale
Sacconi cio che la divisione Gring fu appositamente distolta

9 Ibidem.
LE FORZE TEDESCHE 41

dal fronte10 per impiegarla nei rastrellamenti antipartigiani, tan-


t che con il fronte a Cassino a marzo la divisione era vicino a
Livorno e ad aprile fu spostata al centro della penisola11. La
conferma che la divisione non fosse impegnata nei combatti-
menti e che si stesse riorganizzando, la si pu trovare anche nel
fatto che il 16 aprile, durante il rastrellamento del Falterona, av-
venne il passaggio delle consegne tra il generale Paul Conrath,
promosso a compiti superiori, ed il nuovo comandante, maggior
generale Schmalz.
Il periodo di riposo venne interrotto solo il 12 maggio quan-
do gli Alleati sfondarono nella testa di ponte di Anzio e fu du-
rante questo spostamento che la Radio Co.Ra. del Partito dA-
zione di Firenze riusc a fornire agli Alleati indicazioni utili per
colpirla con un pesante bombardamento aereo facendo cos pa-
gare a quella divisione un duro prezzo anche per i massacri com-
piuti a Vallucciole12.
Se si considera che quasi tutte le grosse stragi dellAretino
sono da attribuire alla divisione H.G. si pu tranquillamente
affermare che questa divisione stata seconda per numero di vit-
time procurate solo alla famigerata 16a Divisione Granatieri Co-
razzati delle SS Reichsfhrer del tristemente famoso Walter
Reder13.
E che si tratti di questa divisione non esiste ormai alcun dub-
bio. Le incertezze del passato, secondo le quali furono le SS
a compiere la strage, sono dovute solo allignoranza dei docu-
menti e dei testi specialistici. Scriveva Bruce Quarrie14: Se gli

10 Sacconi, op. cit., p. 73.


11 Bruce Quarrie, Fallschirmpanzerdivision Hermann Gring, Osprey-Van-
guard, London, 1978, p. 20.
12 Andreina Morandi Michelozzi, Le foglie volano, La nuova Europa, Firen-
ze, 1984, pp. 41- 42.
13 Scriveva Carlo Gentile in Le stragi tedesche del 1944 in provincia di Arezzo
ed i loro perpetratori, cit.: Alla luce delle nostre conoscenze attuali, pu essere at-
tribuita alla divisione Hermann Gring luccisione di non meno di 600-650 ci-
vili nel Mezzogiorno, circa 390 nellAppennino tosco-emiliano e circa 450 nellA-
retino, per un totale di quasi 1500 vittime. Accanto alla ben nota 16. SS-Panzer-
Grenadier-Division Reichsfhrer-SS, responsabile dal canto suo di almeno 2500
vittime civili.
14 Quarrie, op. cit., p. 29.
42 PAOLO PAOLETTI

uomini della H.G. indossavano un miscuglio di capi dabbi-


gliamento della Luftwaffe, della Wehrmacht e delle SS, tre og-
getti li rendevano immediatamente riconoscibili rispetto alle al-
tre unit da campo: le loro mostrine da colletto, le spalline e le
fasce da manica15. Quelle fasce che erano state gi descritte dai
testimoni oculari nel 1944-1945.
Truppe scelte, armate per fronteggiare il nemico superiore in
armi ed uomini ma anche pronte ad ogni empiet pur di terroriz-
zare la popolazione nelle retrovie. Prima Vallucciole, poi Civitel-
la, Meleto, Castelnuovo dei Sabbioni, San Martino, Le Matole.
Carlo Gentile faceva notare: Il corpo ufficiali era misto: ac-
canto ad una maggioranza composta da ufficiali dellaviazione,
molti dei quali relativamente anziani (35-45 anni), non formati
dalle accademie militari, bens usciti dalle file dei sottufficiali di
carriera dalle quali si erano elevati con brevi corsi (i cosiddetti
Kriegsoffizeren), in tutte quelle unit invece in cui era necessa-
ria la presenza di specialisti nel reggimento corazzato, nei re-
parti di artiglieria e del genio, a titolo di esempio si trovava un
grande numero di ufficiali effettivi, provenienti dalle file delle-
sercito16.
Ecco unaltra spiegazione al fatto che non tutti gli ufficiali
si comportarono nella stessa maniera efferata nelle stragi in pro-
vincia dArezzo e persino nel rastrellamento del Falterona.

2.3. Il battaglione esplorante della Hermann Gring

In tutte le grosse unit il battaglione esplorante era quel repar-


to che veniva impiegato nelle operazioni antiguerriglia.
Carlo Gentile ricostruiva cos i reparti che costituivano il
battaglione esplorante:

LAufklrungsabteilung era composto dal comando, da una com-

15 In questo caso con la scritta in gotico Hermann Gring. Questultime


erano per raramente usate in combattimento.
16 Gentile, Le stragi tedesche del 1944 in provincia di Arezzo ed i loro perpe-
tratori, cit.
LE FORZE TEDESCHE 43

pagnia addetta ai servizi e da cinque compagnie operative. La 1a


compagnia, munita di autoblindo pesanti e leggere, era general-
mente staccata e tenuta a disposizione del comando di divisione
(essa, infatti, allo stato attuale della ricerca, non risulta coinvolta
nelle attivit del reparto). La 2a compagnia, fucilieri motociclisti
(Kradschtzen-Kompanie) aveva in dotazione, oltre alle autovet-
ture per gli ufficiali e gli autocarri per il trasporto dei materiali,
circa 48 motociclette BMW R 75 con sidecar; la 3a compagnia era
montata su veicoli semicingolati blindati (Schtzenpanzerwagen-
Kompanie); la 4a (VW-Schwimmwagen-Kompanie) aveva in do-
tazione circa 40 autovetture anfibie Volkswagen, alcune motoci-
clette ed autocarri; la 5a compagnia pesante era composta da un
plotone di genieri, un plotone di artiglieria leggera daccompa-
gnamento, un plotone controcarro e da un plotone di artiglieria
montata su veicoli semicingolati... Nel periodo delle stragi il suo
comandante era il capitano di cavalleria (Rittmeister) Christian
von Loeben17.

Carlo Gentile scriveva che il ventottenne Christian von Loeben,


insieme ai suoi comandanti di Compagnia, pu esser conside-
rato il maggiore e diretto responsabile delle stragi compiute dal
Battaglione Esplorante in questo periodo18.

2.4. Le unit impegnate nel rastrellamento

Carlo Gentile riepilogava cos le unit impegnate e il percorso


di morte della Hermann Gring in quellaprile 1944:

10.04.44 Monte Morello morti 8 + 8 Fsch.Pz.Aufkl.Abt. HG


13.04.44 Monte Falterona morti 7 (6) Fsch.Pz.Aufkl.Abt. HG
13.04.44 Monte Falterona, Badia a Prataglia morti 4
III./Fsch.Panzer-Regiment HG
13.04.44 Monte Falterona, Castagno dAndrea morti 7 Fsch.Pz.
Aufkl.Abt. HG

17 Gentile, La politica del massacro, cit., p. 219. Verosimilmente il cap. Chri-


stian von Loeben era parente di Wolf Christian von Loeben, maggiore e ufficiale
I del XXII corpo darmata da montagna tedesco in Grecia nel 1943.
18 Ivi, p. 220.
44 PAOLO PAOLETTI

13.04.44 Monte Falterona, Moscaio morti 8 III./Fsch.Panzer-Re-


giment HG
13.04.44 Monte Falterona, Partina morti 29 III./Fsch.Panzer-Re-
giment HG
13.04.44 Monte Falterona, Vallucciole morti 108 2. e 4. cp.
Fsch.Pz.Aufkl.Abt. HG
16.04.44 Monte Falterona, Caprese Michelangelo morti 2 HG,
Gendarmerie, GNR
17.04.44 Monte Falterona, Stia morti 17 Fsch.Pz.Aufkl.Abt. HG
18.04.44 Monte Falterona, Pratovecchio morti 3 Fsch.Panzer-Re-
giment HG.

Oltre al Fallschirm-Panzer-Aufklrungsabteilung Hermann


Gring (priva di una compagnia), le altre unit impegnate fu-
rono:
I. e II. (III.)/Fallschirm-Panzer-Regiment Hermann G-
ring;
aliquote della 10a.e la 17a compagnia del reggimento Flak
Hermann Gring;
Kampfgruppe maggiore Freyer;
1 compagnia e 2 plotoni di Gendarmerie, un reparto di Ca-
rabinieri e tre compagnie di soldati della RSI (bersaglieri).

2.5. La prima strage indiscriminata della divisione Hermann


Gring in Toscana

Klinkhammer scriveva: Le direttive del Merkblatt 69/1 rap-


presentavano una minaccia mortale per i civili dei paesi occu-
pati: soprattutto quando a soldati tedeschi disposti ad uccidere
veniva il sia pur minimo sospetto di attivit rivolte contro le
truppe germaniche e un simile sospetto nei soldati tedeschi sor-
se sempre nei casi di attentato19. Per quanto riguardava loc-
cupazione in Italia, lo storico tedesco faceva presente che il giu-
dizio contenuto nella frase soldati tedeschi disposti ad uccide-
re non da riferirsi indiscriminatamente ai soldati tedeschi in

19 Cfr. Lutz Klinkhammer, Stragi naziste in Italia, Donzelli, Roma, p. 52.


LE FORZE TEDESCHE 45

generale (Klinkhammer calcola che il 95% dei soldati tedeschi


non commise crimini di guerra20) ma soprattutto, anche se non
solamente, a quelli che appartenevano alle divisioni di Waffen-
SS, cio le SS militarizzate, e alla Hermann Gring, le quali
costituivano unit di lite delle forze armate tedesche, e che era-
no, in quanto tali, fortemente permeate di ideologia nazista. In
effetti gli efferati eccidi di civili italiani avvenuti nellAppenni-
no tosco-emiliano nella primavera-estate del 1944, che sono fra
i maggiori e fra i pi terribili perpetrati nei venti mesi di occu-
pazione nazista in Italia, furono commessi da unit appartenenti
alle Waffen-SS o alla H.G.21.
La circostanza grave per la popolazione italiana fu che la
minoranza di soldati tedeschi disposti ad uccidere compren-
deva il comandante in capo del fronte sud-ovest e un numero
rilevante dei comandanti delle unit subordinate. Inoltre, in que-
sto periodo, alla propensione alla violenza di quelle truppe si ag-
giunse, nelle zone occupate dellItalia, quella dei militari tede-
schi provenienti dalle esperienze di atrocit commesse su di un
fronte tedesco ormai in arretramento, quale era quello nel-
lUnione Sovietica.
La maggior parte delle stragi avvenne nellestate del 1944 in
Toscana, nel corso del turbinoso arretramento del fronte da Cas-
sino fino agli Appennini e alla Linea Gotica, nella zona delle re-
trovie percorse dalle vie di comunicazione vitali e necessarie agli
occupanti per lafflusso dei rifornimenti e per i ripiegamenti.

20 Ivi, pp. 102-103: [...] la maggior parte dei soldati tedeschi non partecip
ai massacri dei civili italiani. Cos, sempre a proposito del mito della Wehrmacht
pulita vista in contrasto con le SS efferate, si esprime Gerhard Schreiber in La ven-
detta tedesca 1943-1945: le rappresaglie naziste in Italia, cit., p. 6 : [...] i soldati te-
deschi che ebbero la fortuna di far ritorno a casa senza aver compiuto crimini di
guerra ed il caso della maggioranza di loro non lo dovettero certo al fatto di
appartenere alla Wehrmacht di Hitler, ma semmai al grande e personale privilegio
di non essersi trovati nelle condizioni di dover attuare direttive criminose. [...]quan-
ti [...] ricevettero lordine di compiere crimini di guerra, si avvalsero solo in rarissi-
mi casi della facolt, prevista dal codice penale militare, di rifiutarsi di eseguirlo.
21 Nel 1943-44 erano presenti in Italia la divisione corazzata Leibstandarte-
SS Adolf Hitler, che vi si trattenne per un tempo relativamente breve, la divisio-
ne corazzata Hermann Gring e la 16a divisione corazzata-SS Heinrich Himm-
ler.
46 PAOLO PAOLETTI

Ma gi nella primavera la H.G. aveva fatto azioni di rastrella-


mento antipartigiano. La pi grossa operazione fu fatta il 18
marzo a Monchio, Susano e Costrignano, a sud ovest di Bolo-
gna, dove, dopo un pesante cannoneggiamento preparatorio,
furono fucilate 136 persone. In alcuni casi anche donne e bam-
bini. Lacme delle ferocia fu raggiunta proprio a Vallucciole do-
ve la maggior parte delle vittime fu tra i pi deboli: vecchi, don-
ne, bambini e ragazzi.
III

LA DOCUMENTAZIONE INGLESE

3.1. La Branca Investigativa Speciale britannica

I britannici crearono fin dalla fine del 1943 una Special Inve-
stigation Branch (S.I.B.) allinterno del corpo della Polizia Mi-
litare per indagare sui presunti crimini di guerra commessi dal-
la Wehrmacht contro i loro prigionieri di guerra. Poi, risalendo
la penisola, si accorsero che erano molto pi gravi e numerosi i
crimini di guerra commessi dallesercito tedesco contro la po-
polazione civile italiana. Le indagini svolte tra Matera e Roma
servirono di addestramento ed amalgama per i vari team delle
diverse sezioni. Dopo le Fosse Ardeatine le indagini pi impe-
gnative furono quelle svolte in provincia di Arezzo.
La liberazione del territorio intorno a Stia da parte delle
truppe alleate avvenne intorno al 26 luglio 1944, quando la tra-
gedia delle stragi di Meleto e Castelnuovo era ancora viva. Gi
il 25 luglio 1944 la 5a Sezione del Field Security Service (FSS)
stendeva un primo rapporto sulle atrocit di Meleto e Ca-
stelnuovo dei Sabbioni. Al rapporto era allegato anche un ma-
nifesto che era stato fatto affiggere dal comando tedesco. Non
conosciamo il contenuto di questo manifesto ma il documento
inglese dice che i termini dellavviso possono essere la giusti-
ficazione delle atrocit che il nemico sembra aver commesso in
gran numero. Come vedremo non fu questa la causa.
48 PAOLO PAOLETTI

3.2. La commissione dinchiesta britannica sulle stragi di


Vallucciole, Partina e Moscaio

Alla fine degli anni Ottanta fu particolarmente complicato ot-


tenere dal Public Record Office il permesso di consultazione del
fascicolo sulla strage di Vallucciole. Dopo una nostra prima ri-
chiesta scritta, diretta al Ministero della Difesa inglese al fine di
ottenere laccesso al fascicolo, originariamente chiuso fino al
2004, e che aveva avuto una risposta interlocutoria, presentam-
mo una seconda istanza nel 1991. Per fortuna anche queste car-
te su Vallucciole rientrarono nel gruppo di quelle desecretate dal
Primo Ministro Major, per festeggiare i cinquantanni dallo sbar-
co in Normandia.
Le carte che traduciamo qui di seguito sono parte di una do-
cumentazione molto pi ampia allegata al fascicolo WO
204/11488, relativo a Vallucciole e Stia, mentre Partina e Mo-
scaio si trovano sotto la segnatura WO 204/11486. Limportan-
za di questa documentazione inglese risalta subito da questo
semplice dato: si tratta di documentazione praticamente coeva.
Le testimonianze raccolte su Vallucciole vanno dallottobre 1944
al gennaio 1945.
Queste testimonianze non presentano i rischi degli scambi
interpersonali di informazione e di valutazione sugli eventi vis-
suti, dellinevitabile confronto dei ricordi personali con la me-
moria collettiva che si venuta formando e consolidando con
gli anni, dellevolversi stesso della esperienza di vita di ognuno
dei testimoni. Questo vale soprattutto per gli episodi riferiti di
seconda mano, per i quali non c da meravigliarsi se si ri-
scontrano inesattezze, errori e deformazioni.

3.3. Gli atti della commissione dinchiesta britannica:


interrogatori dei teste e conclusioni

STRAGI COMMESSE DALLA DIVISIONE PARACADUTISTA CORAZZATA


HERMANN GRING

1. Stia-Vallucciole, Provincia di Firenze, 13 Aprile


LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 49

Vittime 70 uomini
45 donne
22 bambini
[...]
2. Partina e Moscaio, Provincia di Arezzo, 13 Aprile 44
Vittime 18 uomini di Partina
7 uomini di Moscaio
Unit definitivamente identificata come appartenente alla Divi-
sione H.G..
Probabilmente parte del Battaglione Esplorante o Gruppo da bat-
taglia Heimans.
Tre ufficiali identificati: Cap. Bellinghaus
Ten. Poetters
Ten. Gring1.
STRAGE DI VALLUCCIOLE
Vittime: 70 uomini
45 donne

1 Il rapporto cos proseguiva: 3. Stragi di Civitella, Cornia e S. Pancrazio,


Provincia di Arezzo, 29 Giugno 1944
Vittime 212 uomini, donne e bambini. Le truppe implicate erano tutte o
principalmente della Divisione H.G.. Probabilmente delle truppe apparteneva-
no al 76 Corpo Corazzato. Comandante delle operazioni era probabilmente il
Maggiore Seiler della Divisione H.G..
4. Stragi nel Comune di Cavriglia, provincia di Arezzo, il 4, 8, 11 Luglio 44.
Vittime 185 civili. Truppe impiegate appartenenti al Battaglione Contraereo
della H.G., del Battaglione Esplorante e del Battaglione Genieri ed anche unu-
nit addetta alla Difesa del Quartier Generale e unUnit Antipartigiana (proba-
bilmente il 4 Reggimento Comunicazioni della Luftwaffe). Probabile comandante
delle operazioni: Maggiore Seiler o Maggiore Graf entrambi della H.G..
5. Strage nella zona di Bucine, Provincia di Arezzo, il 7 e 8 Luglio 44.
Vittime 21 uomini uccisi, 3 uomini feriti, 2 donne ferite. Sembra quasi certo
che le truppe impegnate fossero della Divisione H.G., poich lufficiale che le
comandava stato identificato come Sottotenente Hartens, che apparteneva a quel-
la divisione. Comunque solo due testimoni li descrivono come della H.G.. Qua-
si tutti i testimoni dicono che la maggior parte della truppa indossava una divisa
nera con un teschio e le ossa incrociate sul colletto. Luniforme nera li fa identifi-
care come carristi e si pensa che fossero membri del Reggimento carristi della
H.G.. Il teschio e le ossa creano confusione, perch questo il distintivo delle
SS, le quali per non hanno mai portato questo emblema sul colletto... Bucine si
trova circa 15 miglia a nord-ovest di Civitella ed alla stessa distanza a sud-est da
Cavriglia. La rappresaglia avvenne alla stessa ora di CAVRIGLIA. Sia gli uomini del
battaglione carristi che quelli del battaglione esplorante della H.G. portavano
questo distintivo sul colletto.
50 PAOLO PAOLETTI

22 bambini
Questi crimini avvennero a Vallucciole e nelle fattorie intorno al
comune di STIA, 20 miglia ad est di Firenze.
A Stia cera una piccola guarnigione tedesca comandata dal Te-
nente Egger2. Si pensa che questa guarnigione... non abbia preso
parte alla stragi.
Verso l8 Aprile un Maggiore tedesco della divisione H.G. visi-
t la guarnigione e si venne a sapere che una vasta azione anti-par-
tigiana stava per essere eseguita.
Il giorno 11 Aprile un tenente e due uomini dellunit del Mag-
giore, vestiti in abiti borghesi, fecero una ricognizione in Valluc-
ciole, furono attaccati dai partigiani: uno fu ucciso ed un altro fe-
rito.
Il giorno seguente uomini della guarnigione di STIA fecero unin-
cursione nella zona ed arrestarono dei civili che per rilasciarono
dopo linterrogatorio.
La sera del 12 Aprile, ununit che si pensa fosse o del Battaglio-
ne Contraereo o di quello Esplorante, sempre della H.G., o un
misto di entrambe, entr a STIA. Lunit era composta da circa
800 uomini ed era comandata da un ufficiale che si pensa fosse un
certo Maggiore Graf.
Alle 3,00 del 13 tutta lunit and in Vallucciole e cominci il mas-
sacro.
Qualsiasi civile che incontrassero, venne abbattuto senza discri-
minazione di et o di sesso e il paese di Vallucciole e tutte le case
della valle vennero bruciate.

2 Il tenente Egger, un nome che ritorna nelle stragi di Vallucciole e della zo-
na di Cavriglia. Pu trattarsi per di unomonimia di cognomi. Infatti troviamo un
tenente Egger come comandante del 4 Reggimento Paracadutisti della 1a Divisione
Paracadutisti (nella testimonianza volontaria del generale Heidrich in WO
311/359). Ma nellaprile 44 quella divisione non si trovava in Toscana. Questa
unit nel luglio 44 si stava ritirando avendo alla sua destra la H.G.. Potrebbe
essere che in quanto esperto nella lotta antipartigiana lEgger sia stato distaccato
alla sua divisione originaria per coordinare le operazioni nella zona di Cavriglia.
Nella sua deposizione il generale Heidrich dichiarava: Egger fu fatto prigio-
niero dai guerriglieri italiani il 29 o il 30 luglio 1944 sulla linea Verde, nellarea
a nord di Dicomano e per quanto mi consta fu passato agli Alleati. Non so dove si
trovi adesso [nel 1945, N.d.R.]. Se ai primi di luglio il comandante Egger si tro-
vava nellarea di Cavriglia alla fine dello stesso mese poteva trovarsi intorno a Di-
comano. Ma questa volta da cacciatore di banditi divenne preda dei partigiani, igna-
ri di aver catturato uno dei maggiori responsabili delle stragi nellaretino.
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 51

Le truppe poi tornarono a STIA. In tutto morirono 137 civili [evi-


dentemente in questo numero il rapporto inserisce anche i cadu-
ti partigiani, N.d.A.].
Vallucciole
segreto
Ref. No.SIB.78/WC/44/4
Distaccamento 78a sezione, SIB.
Vostro rif: SIB.HQ/X/44/13
31 Marzo 45
Argomento:
Crimine di guerra Stragi delle truppe tedesche a VALLUCCIOLE,
SANTA MARIA, SERELLI, MOLINO DI BUCCHIO, MONTE DI GIANNI,
MOIANO DI SOPRA, MOIANO DI SOTTO, MORI, MOLINOUZZO, STIA
e LONNANO fra il 13 ed il 18 aprile 44

VITTIME 137 uomini, donne e bambini uccisi.


1 donna violentata.
MR- R. 1070. 1:100.000
DAPM [Deputy Assistant Provost Marshal, N.d.A.],
78a sezione, SIB.
Signore,
uninformazione su questa strage stata ricevuta dal nostro Co-
mando presso il Quartier Generale delle Forze Alleate, AFHQ, ed
ho cominciato linchiesta il 20 ottobre 44.
I fatti di questo caso sono i seguenti:
Vallucciole il nome di una valle coperta da fitti boschi, a 8 o 9
chilometri a nord di Stia. A nord della valle c il Monte Faltero-
na, mentre ad est, in basso, si trova la foresta di Campigna. Sul la-
to ovest ci sono colline alte e valli coperte di boschi che si innal-
zano fino al Pratomagno, altra zona montuosa. Il fiume Arno, che
nasce dal Falterona, scorre al centro della valle.
Stia il centro amministrativo. Al tempo delle stragi gli ammini-
stratori erano: Martellucci Ugo (Sindaco), ora internato al campo
n. 2, Giabbani Angelo (segretario di Martellucci), che dovrebbe
essere con i tedeschi e Francalanci Cesare (segretario politico) an-
che lui presumibilmente con i tedeschi.
A Stia cera anche una piccola guarnigione tedesca, comandata
dal Tenente Egger, che aveva lavorato negli uffici del comune. Wil-
feuer Frederick faceva da interprete e fungeva come una sorta di
ufficiale di collegamento. Vicino a Stia c il paese di BORGO AL-
LA COLLINA.
52 PAOLO PAOLETTI

Qui a quel tempo cera il Quartier Generale del Comando tede-


sco per larea casentinese. Linterprete era un sergente tedesco UN-
TERRICHT. Le attivit di questuomo sembrano indicare che egli era
usato da questo comando per indagare e riferire sulle attivit dei
partigiani nel Casentino.
La strada che va da STIA a VALLUCCIOLE molto buona fino a
Santa Maria, un paese che sta allimbocco della vallata, e da l gli
unici mezzi di comunicazione sono delle mulattiere.
Dopo aver lasciato Santa Maria, le prime case che si incontrano
sono delle coloniche isolate in localit Giuncheto, il paese di Mo-
lino di Bucchio, casa Pantiferi ed un edificio chiamato Molino di
Bianco. Sono le sole case sul fondo della valle, gli altri paesi sono
arrampicati sulle pendici delle montagne. Dopo il ponte che at-
traversa lArno, vicino alla casa Pantiferi, la strada si biforca. An-
dando verso ovest dopo il ponte, essa si arrampica su per il fian-
co della montagna fino a La Cuna e Mori. Laltra strada a nord-
est sale ripida verso Serelli, dove di nuovo si divide: a sinistra por-
ta a Moiano di Sopra e di Sotto, mentre la parte sulla destra pas-
sa attraverso SERELLI ed arriva a Vallucciole ed a Monte di Gian-
ni. Tutti gli abitanti di questi paesi sono agricoltori.
Durante i mesi invernali del 1943/44, alcune bande di partigiani
cominciarono ad apparire sulle colline intorno alla vallata di Val-
lucciole. Via via che diventavano pi forti cominciarono a visita-
re i vari paesi; Molino di Bucchio li interessava particolarmente
perch cera un mulino: qui infatti facevano macinare il grano per
ottenere la farina.
Tutta la valle divenne un nascondiglio ed una sorta di campo di
transito per i soldati alleati che erano fuggiti dai campi di prigio-
nia tedeschi. Quasi ogni famiglia della valle possiede delle note la-
sciate dai fuggiaschi in cui esprimono la loro gratitudine per lacco-
glienza ricevuta da queste famiglie. I partigiani presto si organizza-
rono e furono conosciuti come Brigata GARIBALDI. Sembra che ab-
biano ottenuto la maggior parte del cibo requisendolo ai contadini.
In alcuni periodi dellanno i contadini dovevano consegnare al co-
mune di Stia una percentuale dei prodotti del loro lavoro. A cau-
sa della presenza dei partigiani, queste consegne diminuirono. Le
autorit fasciste vollero saperne il motivo, cos i contadini mo-
strarono le note di requisizione rilasciate loro dai partigiani. Que-
ste note fornivano le seguenti informazioni:
Nome ed indirizzo della persona alla quale era stata fatta la re-
quisizione.
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 53

Data.
Quantit del cibo preso.
Nome della Brigata che aveva fatto la requisizione.
Firma del Comandante di quella Brigata.
Sembra che queste note siano state raccolte e le informazioni che
contenevano date alle Autorit tedesche di Stia ed a quelle fasci-
ste e tedesche di Arezzo, da GIABBANI ANGELO e FRANCALANCI CE-
SARE. Intermediari fra questi ed altri comandi erano: WILFEUER
FRIDRICK e il sergente UNTERRICHT, gi tutti menzionati in questo
rapporto.
Cera senzaltro molta attenzione e sorveglianza per le attivit par-
tigiane intorno a VALLUCCIOLE. Nellufficio di GIABBANI ANGELO
cera una cartina di quella zona, le abitazioni intorno a VALLUCCIOLE
erano tutte segnate. Anche UNTERRICHT era in possesso della stes-
sa cartina in formato ridotto. I segni su questultima erano ancora
pi definiti. Un cerchio intorno ad un certo paese indicava la visi-
ta dei partigiani e le visite successive erano segnate da piccole cro-
cette allinterno del cerchio. Nel frattempo le attivit dei partigia-
ni continuavano. Essi contattavano persone conosciute qua e l e
furono responsabili, in due occasioni, di attacchi alla famiglia PAL-
LINI, ricchi proprietari terrieri della zona di Vallucciole. La reazio-
ne immediata da parte dei fascisti fu di mettere in prigione tutti
quelli che scoprivano avere nascosto dei partigiani. In unoccasio-
ne tre partigiani furono trovati nascosti in una casa di MOLINO DI
BUCCHIO e uno di loro fu ucciso nello scontro che ne segu3. Si pu
capire che i partigiani erano divenuti una spina nel fianco sia dei
fascisti che dei contadini. Non era tanto il danno che procurava-
no, quanto il fatto che crescevano di numero. Le autorit erano in-
capaci di impedirlo e di conseguenza perdevano prestigio.
Un giorno fra l8 ed il 9 Aprile 44, un maggiore (A) della divisio-
ne Hermann Gring and a Stia e fece rapporto al Comando
tedesco. Dopo di ci, linterprete tedesco UNTERRICHT annunci
a BIAMI EMILIO, Brigadiere dei Carabinieri di Stia, che fra qual-
che giorno si sarebbe fatta una azione contro i partigiani di quel-
la zona e che il Maggiore, che era stato a STIA recentemente, ave-
va qualcosa a che fare con questo. In effetti, questo Maggiore fu
visto una volta dal BIAMI, a STIA, mentre erano in corso le stragi
di Vallucciole.

3 Si riferise alluccisione dello studente universitario Pio Borri.


54 PAOLO PAOLETTI

Verso il 9 Aprile 44, un reparto di soldati tedeschi, che facevano


parte della Divisione Hermann Gring, si spost a Pratolino, un
paese a circa 12 chilometri da Firenze sulla Firenze-Bologna. L11
Aprile 44, un Tenente tedesco di questa unit accompagnato da
due uomini in abiti civili, and in casa di GALLI GINO, a Pratoli-
no. Questuomo un tassista e possedeva allora una Fiat Saloon
targata FI 11287. Il tenente disse al Galli che era venuto a requi-
sire la macchina e present i due civili come ufficiali tedeschi.
Dette al Galli una ricevuta della sua unit, Feldpost [Posta da
campo, N.d.A.] n. L. 53233 e la firm con un nome che sembre-
rebbe OLLECRS (sottotenente)4. La macchina fu poi presa in con-
segna dai due civili che, dopo averci messo dentro armi, muni-
zioni ed una tanica di benzina di riserva, partirono in direzione di
Firenze.
Questa macchina in seguito appare nella valle di VALLUCCIOLE.
Nello stesso pomeriggio, la macchina ed i suoi occupanti, che era-
no tre, e che erano ancora in abiti civili, si diressero per la strada
che porta da Santa Maria a Vallucciole. Due occupavano i sedili
anteriori ed uno, che era pi vecchio, sedeva dietro, un posto che
non lasci mai.
Andavano avanti lentamente e passando da MOLINO DI BUCCHIO
si fermarono sul ponte che vicino alla casa dei PANTIFERI. I due
uomini, che stavano sui sedili davanti, scesero e si misero a parla-
re con PANTIFERI ANITA, BUCCHI INES e altre due ragazze. Il loro
italiano era scadente. Dissero di essere due aviatori americani che
avevano dovuto abbandonare il loro aereo e che volevano sapere
dove fossero i partigiani, perch volevano unirsi a loro. Uno di lo-
ro aveva una cartina della zona ma le ragazze hanno opinioni con-
trastanti circa il fatto che questa fosse segnata in rosso o meno.
certo per che le ragazze non credettero a quello che raccontava-
no e capirono che quello era un gruppo mandato dai tedeschi per
fare una ricognizione nella valle, in vista delloperazione proget-
tata per gioved 13 Aprile 44.
Dopo aver parlato un p con i tedeschi le ragazze entrarono in ca-
sa PANTIFERI. Poco dopo la macchina attravers il ponte e fece
marcia indietro in uno spazio fra alcuni edifici [i gabinetti e il for-
no di casa Pantiferi, N.d.A.] e la casa stessa con levidente inten-
zione di tornare da dove era venuta.

4 In effetti il sottotenente si chiamava Domeyer.


LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 55

Qualche minuto dopo 4 partigiani armati corsero sul ponte e si fer-


marono davanti alla macchina. Fino a quel momento lidentit dei
tedeschi era solo un sospetto, ma quando un partigiano chinan-
dosi lesse un foglietto bianco che era affisso sul cruscotto, la loro
vera identit venne fuori.
Quando venne sfidato, luomo seduto dietro sembra che abbia
aperto il fuoco sui partigiani, che reagirono immediatamente ri-
spondendo con i loro mitra. Luomo nella macchina rimase im-
mediatamente ucciso, uno dei due che era in piedi fuori della mac-
china rimase ferito gravemente, laltro, bench i partigiani lo in-
seguissero, riusc a fuggire. Dopo questo inseguimento infruttuo-
so, i partigiani tornarono e, visto che il ferito era ancora vivo, lo
uccisero con un colpo alla testa. I partigiani misero in guardia la
popolazione perch i tedeschi avrebbero potuto fare rappresaglie,
poi se ne andarono portandosi dietro armi e munizioni che ave-
vano trovato nella macchina. Luccisione dei due tedeschi fece im-
paurire gli abitanti della valle e, a causa di ci, molti si nascosero.
Soltanto il giorno seguente, comunque, i tedeschi agirono e sem-
bra che fossero quelli del comando di STIA, Posta da Campo n.
26969, agli ordini del tenente EGGER, che per non era presente.
Queste rappresaglie avvennero cos: i tedeschi entrarono e con-
trollarono tutte le case di MOLINO DI BUCCHIO e SERELLI, sac-
cheggiarono ed incendiarono la casa dei PANTIFERI che ospitava
diverse famiglie; portarono via ANITA e GIUSEPPA PANTIFERI5. Le
ragazze furono portate a Firenze per un interrogatorio. Le loro ri-
sposte furono evidentemente soddisfacenti perch le autorit le ri-
lasciarono.
Contemporaneamente nella tarda serata del 12 Aprile 44, il 1 Bat-
tagliane del Reggimento Contraereo della Divisione Hermann G-
ring, si spost a STIA. Il loro Q.G. sembra che sia stato posto a ca-
sa di CHECCACCI GUIDO, che abita a PRATOVECCHIO, un paese pi
piccolo a 4 chilometri da STIA. Sembra che lufficiale in carica fos-
se un Capitano (B).Tutti gli ufficiali del battaglione tranne uno, era-
no alloggiati nella scuola di Stia, che era anche il Quartier Gene-
rale della Guarnigione. Sappiamo molto poco di loro. Un Capita-
no (C) risiedeva allAlbergo Falterona.
Gli uomini dormirono nei veicoli che erano parcheggiati in Piaz-
za Vittorio Emanuele. Checcacci Eugenio Corrado di Stia ritiene

5 Giuseppa Pantiferi conosciuta come Dilva.


56 PAOLO PAOLETTI

che fossero circa 800 e che i loro veicoli fossero per lo pi una com-
binazione di motociclette e piccole macchine anfibie a 4 posti.
Fra le 3 e le 4 del giorno seguente, si riunirono e mossero da STIA
in direzione di VALLUCCIOLE. I punti in cui si dovevano dividere
erano la Fattoria di Giuncheto ed il ponte vicino a Casa Pantife-
ri. In questi due luoghi furono lasciati gli automezzi e, dalle azio-
ni che seguirono, si pu supporre che i piani fossero i seguenti:
1) Bloccare la strada STIA-VALLUCCIOLE a SANTA MARIA per im-
pedire la fuga di chiunque dalla valle.
2) Dividersi in piccoli gruppi in modo di poter visitare nel minor
tempo possibile tutte le abitazioni della vallata.
3) Prendere ed obbligare tutti gli uomini a portare le munizioni
4) Derubare ed uccidere tutti gli abitanti, saccheggiare e bruciare
tutte le case.
5) entrare in contatto con i partigiani sul Monte Falterona.
6) Quando il lavoro fosse completato, uccidere gli italiani che ave-
vano portato le loro munizioni.
Il piano fu eseguito nel modo seguente:
Per primo fu attaccato GIUNCHETO, i 4 uomini furono presi con
lo scopo di trasportare le munizioni, ma poi la donna ed il bam-
bino riuscirono a fuggire. La fattoria fu saccheggiata e bruciata.
CASA TRENTI, un edificio agricolo dietro a GIUNCHETO, dove vi-
vevano 12 persone della famiglia BUCCHI, fu visitato subito dopo.
Lintera famiglia che era formata da:
5 uomini, il pi vecchio di 68 anni, il pi giovane di 16
5 donne, la pi vecchia di 68 anni e la pi giovane di 18
2 bambini, un maschio e una femmina, di 7 mesi e 4 anni
furono fucilati. La casa fu saccheggiata e incendiata.
Subito dopo venne MOLINO DI BUCCHIO, e qui gli uomini furono
portati via, le donne portate al ponte dove rimasero sotto sorve-
glianza per quasi tutto il giorno. Qui verso le 7,30, BUCCHI Giu-
seppa vide scendere dalla montagna dalla direzione di SERELLI, VA-
DI Giuseppe, un uomo di 73 anni e MICHELACCI Silvio, un uomo
di 71 anni. Erano evidentemente stati mandati dai tedeschi da SE-
RELLI a MOLINO DI BUCCHIO. Portavano dei sacchi che sembrava-
no contenere quello che era stato saccheggiato a SERELLI. Dopo
aver appoggiato a terra i due sacchi vicino al ponte, tornarono in-
dietro, ma incontrarono un gruppo di soldati tedeschi che ferma-
rono i due italiani, li trascinarono in una casa vicina che si chia-
mava MOLINO DI BIANCO. La casa stava bruciando, uno alla volta
furono spinti sotto un balcone e fucilati. Quando i loro corpi fu-
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 57

rono ritrovati erano quasi completamente bruciati alle estremit.


Nello stesso paese circa alla stessa ora, PANTIFERI DELIA con PAN-
TIFERI MARIA NELLA (sua madre) di 43 anni e RAGAZZINI FORTU-
NATA, una donna di 49 anni, camminavano per un sentiero vicino
a casa loro, scortate da un soldato tedesco armato di mitra. Im-
provvisamente il soldato apr il fuoco sulle tre donne e due di lo-
ro caddero a terra morte. Pantiferi Delia anche se incolume, cad-
de a terra e si salv fingendo di essere morta. Rimase in quella po-
sizione per 13 ore.
Mezzora dopo BUCCHI INES e BUCCHI GIUSEPPA, che erano vici-
no al ponte, videro GARGIANI BRUNO, un uomo di 53 anni, e TA-
LENTI NELLO, un ragazzo di 13 anni, che venivano da LA CUNA a
MOLINO DI BUCCHIO. Portavano dei sacchi che contenevano le co-
se che i due soldati che li scortavano avevano rubato da quel pae-
se. Una volta arrivati al ponte, fu loro ordinato di posare a terra i
sacchi e di andare in un campo vicino. Qui levarono gli stivali a
Nello e, mentre un soldato tornava al ponte con gli stivali, altri sol-
dati aprirono il fuoco sui due italiani. Gargiani mor immediata-
mente ma Talenti barcoll e cadde su un piccolo terrapieno che il
fiume forma in quel punto. Qui accorse un altro soldato tedesco
e alzando il fucile spar di nuovo al ragazzo caduto.
Contemporaneamente, a SANTA MARIA, tre o quattro chilometri a
sud di STIA, i soldati che facevano il blocco stradale, ferirono PE-
CORINI RUGGERO, un ragazzo di 18 anni e BRUNI Maria, una don-
na di 44 anni. I tedeschi avevano intenzione di uccidere Pecorini,
ma la Bruni fu ferita da colpi casuali. Era in camera quando un
proiettile vagante pass dalla finestra e la colp nelle natiche. Don
Giovanni MININI testimoni il ferimento ma non il suo effetto.
Questo sacerdote, quella mattina, vide due tedeschi che sembra-
vano aver ricevuto lordine di visitare le case isolate dalla parte di
STIA del blocco stradale.
A MOLINUZZO, che pi in basso a circa 500 metri da SANTA MA-
RIA, entrarono nella casa di FATUCCHI GINO, un uomo di 34 anni;
il sacerdote vide Gino che correva fuori dalla casa, sent dei colpi
che provenivano da vicino e vide Gino cadere a terra. Lo seppel-
l pi tardi, nel cimitero di SANTA MARIA. Gli stessi tedeschi ven-
nero a casa sua e si vantarono di aver ucciso Gino, perch aveva-
no trovato una pistola e delle munizioni in casa sua.
Quello stesso giorno il sacerdote fu testimone del ferimento di
Bruni Corrado, maschio, di 19 anni, che stava tornando dallo-
spedale di STIA dove aveva lasciato sua madre, che era stata ferita
58 PAOLO PAOLETTI

la mattina. I tedeschi responsabili di questo episodio erano gli stes-


si del blocco stradale.
Nel frattempo il nucleo della Batteria Contraerea era avanzato nel-
la vallata.
Sembra che il primo paese che fu attaccato verso le 7, sia stato Se-
relli. Il modo in cui avvennero gli omicidi non testimoniato da
alcuno; solo due persone sfuggirono. Si trattava di TRENTI RUTI-
LIO e VENTURACCI PIETRO. Che cosa accadde in realt si pu de-
sumere dalle dichiarazioni dei due uomini. Venti persone furono
uccise. Due uomini, come gi detto, morirono a MOLINO DI BUC-
CHIO e altri due furono uccisi a GIUNCHETO, dopo che ebbero fi-
nito di trasportare le munizioni dei soldati tedeschi.
Dei rimanenti 16, 12 erano donne e 4 erano bambini. La donna
pi vecchia aveva 84 anni, la pi giovane 29. I 4 bambini erano:
Ciofini Luciana di 15 anni, Nocilla Angelina di 6 anni, Trenti Adol-
fo di 6 anni e Trenti Piero di 2 anni. Questi bambini, insieme a 9
donne, furono messi davanti ad un muro che corre lungo la stra-
da alla fine del paese. Qui furono uccisi a raffiche di mitra. Due
delle donne e la bimba Nocilla sfuggirono alleccidio ma soltanto
per essere abbattute mentre correvano dal muro verso VALLUC-
CIOLE. Le altre 3 donne furono uccise o nelle loro case o appena
fuori di esse. Il paese stesso fu totalmente distrutto dal fuoco e so-
lo 5 persone, 3 delle quali non si trovavano a SERELLI quando av-
venne il massacro, poterono di rifugiarsi in una casa che stata ri-
strutturata da TRENTI Rutilio.
Vallucciole, un paesino a tre o quattro chilometri da SERELLI, fu
subito dopo visitato dai tedeschi. Anche qui si possono raccoglie-
re pochi fatti perch il numero delle persone uccise fu molto alto.
Furono uccise 25 persone. Due di queste MARCHI ANGIOLO di 78
anni, e SERI SANTA (recte Santi) di 36, che erano stati presi dai te-
deschi per trasportare le munizioni, furono uccisi appena fuori
del paese. La loro morte ebbe come testimone SERI SESTO. Altri
3, anche essi del gruppo che trasportava le munizioni, furono uc-
cisi a lavoro finito, a GIUNCHETO, pi tardi quello stesso giorno.
Le rimanenti 20 persone risultarono cos divise per et e sesso: 13
donne, di et fra 82 e 23 anni, 4 erano uomini fra i 78 e i 30 anni,
3 erano bambini: TRENTI DUILIA, una bambina di 5 anni, MARCHI
LUCIANA di 2 anni, GAMBINERI VIVIANO6 di tre mesi.

6 Il bambino, figlio di Alfredo Gambineri, chiamato anche Attilio.


LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 59

Cosa accadde al paese si pu soltanto desumere dalla posizione e


dalla condizione dei corpi. Dalla testimonianza di CALERI RUG-
GERO, sembra che dieci persone fossero sospinte dentro una casa,
quella contrassegnata dal n. 7, a VALLUCCIOLE. Una di queste era
un uomo di 78 anni, sette erano donne di et compresa fra 82 e
31 anni, e due bambini, TRENTI DUILIA e MARCHI LUCIANA. Quan-
do furono dentro la casa furono colpiti con raffiche di mitraglia-
trice e la casa incendiata. Il soffitto della casa che bruciava, cadde
allinterno e copr tutti i corpi con le rovine ardenti. Ci fece ri-
tardare il recupero dei corpi e rese molto difficile lidentificazio-
ne. Una foto di questa stanza venne scattata da GIACCHI Prasildo.
I corpi di TRENTI SABINA, una donna di 69 anni e di sua figlia
TRENTI SETTIMIA, di 24 anni, furono trovati davanti alla loro casa.
La pi anziana delle due era notoriamente una invalida che era al-
lettata da almeno 10 anni. Non poteva camminare e chi la cono-
sceva dice che non poteva nemmeno stare in piedi. Fu trovata
sdraiata sulla strada accanto alla figlia ed entrambe erano state fu-
cilate. Si suppone che la figlia trasportasse sua madre quando ven-
nero uccise. GIACCHI PRASILDO fece una fotografia dei corpi.
Un altro caso quello di GAMBINERI ANGIOLA, una donna di 29
anni e GAMBINERI VIVIANO di tre mesi. Angiola, madre di Vivia-
no, fu trovata in una stanza al piano superiore della sua casa. La
madre era accosciata e teneva il bambino stretto al petto. Era in
parte coperta da una credenza ed evidente che stava cercando
di nascondersi. Ma sia la madre che il bambino furono colpiti al
petto. GIACCHI PRASILDO fece due foto.
Appena fuori del paese, in un campo, fu trovato il corpo di SERI
SEVERINO, di 37 anni. Era stato colpito alla testa. Luomo era qua-
si completamente cieco.
Quando i soldati tedeschi portarono via gli uomini dal paese, pre-
sero anche SERI SANTE e SERI SESTO (fratelli) di 36 anni, e MAR-
CHI ANGIOLO, di 78 anni. Il gruppo si ferm fuori della chiesa
di VALLUCCIOLE mentre gli altri soldati rastrellavano il paese.
Mentre erano l, un soldato tedesco prese SERI SANTE per il ba-
vero della giacca, e cominci a spingerlo. SERI cadde e mentre
era a terra il soldato gli spar. Seri Sesto che era l presente, non
vide alcun motivo perch il tedesco agisse cos. Suo fratello era
fermo e non aveva offeso nessuno.
Dopo un po il gruppo si mosse in direzione di MONTE DI GIAN-
NI. Passando da questo paese si fermarono dal lato opposto e poi
ripartirono di nuovo. Poco dopo SERI SESTO fu testimone di un
60 PAOLO PAOLETTI

altro omicidio. MARCHI ANGIOLO un vecchio di VALLUCCIOLE di


78 anni disse che le munizioni che trasportava erano troppo pe-
santi per lui e, appoggiando il suo carico a terra, si sedette. A quel
punto, un soldato che marciava dietro di loro, gli and vicino,
estrasse la pistola e gli spar alla testa.
Tutto VALLUCCIOLE fu distrutto dal fuoco. Pu anche darsi che le-
strema ferocia mostrata dai tedeschi in questo paese fosse dovuta
al fatto che fuori dalla chiesa era stata affisso un avviso dei parti-
giani nel quale si chiedeva alla popolazione di cooperare con loro
nella lotta per la giustizia ed era firmata dai partigiani. Era stato
visto pochi giorni prima dellarrivo dei tedeschi e ci sono buoni
motivi per credere che non fosse stato tolto.
Altre persone morirono in due piccole case isolate appena fuori
VALLUCCIOLE. Le case erano LA CAMPANA e CANONICA. Entram-
be furono completamente distrutte dal fuoco. Luomo di CANO-
NICA, SESTINO FORTUNATO di 63 anni, fu portato via dai tedeschi
per trasportare munizioni e pi tardi fu ucciso a GIUNCHETO. Una
donna di LA CAPANNA, TOMMASI MARIA, di 42 anni, fu ferita alla
testa probabilmente da un proiettile. Fu portata allospedale di
STIA, dove mor marted, 18 Aprile. sepolta nel cimitero di STIA.
MONTE DI GIANNI, che dista tre o 4 chilometri da VALLUCCIOLE,
sembra aver avuto qualche avvertimento di ci che accadeva.
I tedeschi entrarono alle 7,00 e si mossero come a SERELLI e a VAL-
LUCCIOLE. In questo paese comunque si testimoniano 4 morti, 3
in paese ed 1 fuori di esso. Della popolazione di MONTE DI GIAN-
NI, furono uccise 23 persone. 19 furono fucilate in paese o vicino,
le altre 4 furono uccise a GIUNCHETO, dopo che ebbero finito di
trasportare le munizioni.
Let ed il sesso sono i seguenti: 7 uomini fra i 78 ed i 45 anni, 9
donne fra 82 e 27 anni, 7 bambini fra i 14 e i 2 anni. Quasi tutto
il paese fu distrutto dal fuoco. TRENTI RUTILIO, che faceva parte
del gruppo che trasportava munizioni e che era stato costretto ad
accompagnare i tedeschi a MONTE DI GIANNI, vide tre donne del
villaggio, MICHELACCI GIUSEPPA di 59 anni, MARCHI CESARA di 48,
e ANDREANI ORETTA di 27, spinte a forza dai tedeschi ad entrare
in una casa incendiata. Mentre indietreggiavano atterrite, furono
abbattute sul portone.
Una volta completato il saccheggio del paese, il gruppo che por-
tava munizioni fu obbligato a proseguire e a loro si erano aggiun-
ti uomini di MONTE DI GIANNI. Uno di loro, VADI PIETRO di 66
anni, dopo un po che camminava era esausto e, posando a terra
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 61

la cassetta delle munizioni, si sedette con lintenzione di riprendere


fiato. La colonna si mosse e SERI SESTO vide che un soldato si di-
resse verso di lui e a distanza ravvicinata, deliberatamente gli spa-
r alla testa con la pistola.
Da qui i tedeschi si diressero, a quanto sembra, verso la loro de-
stinazione predeterminata, MONTE FALTERONA. Da MONTE DI
GIANNI in poi non sono registrate altre uccisioni anche se altre ca-
se furono incendiate.
Mentre VALLUCCIOLE e MONTE DI GIANNI stavano bruciando, al-
tri gruppi di soldati tedeschi andavano a MOIANO DI SOPRA e
MOIANO DI SOTTO, due piccoli paesi a circa 900 metri a nord di
SERELLI. Qui 13 persone persero la vita.

A questo punto mancano una decina di righi, ancora censurati


dal Ministero della Difesa inglese. Ma se si confronta lelenco
delle persone interrogate con le deposizioni allegate al fascico-
lo, ci si accorge che dal fascicolo sono state tolte le testimo-
nianze di due donne, P.A. e P.M. Dunque facile pensare che il
censore abbia dovuto cancellare tutto il brano per tutelare li-
dentit di queste due donne. Sul motivo di questa censura non
si possono che avanzare ipotesi: in genere questo tipo di tutela
viene riservata alle spie che hanno collaborato con gli inglesi. Ma
in questo caso abbiamo ragione di ritenere che il motivo sia un
altro: le due donne sono state vittime di violenza carnale ed era-
no state le uniche ad avere avuto il coraggio di denunciare que-
sto sopruso. Cos il censore ha avuto la sensibilit di togliere dal
fascicolo queste testimonianze di persone allora viventi.

RAGAZZINI ANGELO, che faceva parte del gruppo delle munizioni


e che era stato portato via da MOLINO DI BUCCHIO, vide due uo-
mini, POPONCINI AGOSTINO di 73 anni e CONTICINI BASILIO, di 76,
fatti uscire dalle loro case ed uccisi appena fuori. Questuomo ed
un altro testimone, BUCCHI REGINALDO, anche lui di MOLINO DI
BUCCHIO, videro i tedeschi entrare in unaltra casa di MOIANO DI
SOTTO, dove abitava GORI AMEDEO, di 36 anni, e sua madre, GO-
RI MARIANNA, di 68. Un tedesco ordin ad AMEDEO di uscire ma
sembra che non capisse; questo fu interpretato come un rifiuto e
un soldato tedesco alz il fucile e gli spar. La madre cominci a
gridare ed anche lei fu abbattuta dallo stesso tedesco.
62 PAOLO PAOLETTI

A questo punto mancano di nuovo una ventina di righi, censu-


rati come i precedenti dal Ministero della Difesa.

Le donne, poi, furono mandate a MOIANO DI SOPRA. Le testimo-


nianze qui, sono contraddittorie perch molte di queste donne fu-
rono violentate e sono riluttanti nellammetterlo. VADI FINA af-
ferma che, mentre camminavano, due soldati presero BUCCHI DI-
NA e la portarono in una casa vicina ma la BUCCHI lo nega. Allo-
ra, le donne fuggirono e corsero verso una casa allestremit del
paese. Mentre stavano correndo, un soldato tedesco apr il fuoco
con unarma automatica. VENTURACCI FERNANDA, di 11 anni, fu
uccisa e RAGAZZINI AMELIA, di 37 anni, fu gravemente ferita alla
schiena. Le altre raggiunsero la casa. VADI FINA e CONTICINI MA-
RIA, che si erano rifugiate nella casa, dichiarano che mentre erano
l sentirono la RAGAZZINI lamentarsi. VADI FINA and da lei ma
un soldato le spar e lei torn alla casa. VADI testimonia che sen-
t un tedesco che andava dove la RAGAZZINI giaceva ferita. Sent
che si fermava e dopo 5 minuti guardando dalla finestra, vide un
soldato tedesco sopra la RAGAZZINI che le puntava un fucile e che
la uccideva.
Quando il corpo della RAGAZZINI fu trovato pi tardi, il vestito era
stato tagliato da cima a fondo, lasciandola nuda. Le gambe e le
braccia erano in una posizione tale che, considerando anche lo sta-
to del vestito, fa pensare seriamente che sia stata stuprata mentre
giaceva ferita e poi uccisa. VADI FINA non aveva notato niente di
strano nel vestito della donna prima dellarrivo dei tedeschi.
Dopo che ebbero attaccato, saccheggiato e bruciato i paesi e le ca-
se isolate della vallata di VALLUCCIOLE e ucciso quasi tutti i suoi
abitanti, i tedeschi seguirono il loro piano convergendo in un pun-
to dietro VALLUCCIOLE e ai piedi del MONTE FALTERONA. Erano
circa 800 e avevano con loro 35 o 40 italiani che erano stati presi
nei paesi e dovevano ancora trasportare le munizioni, sebbene 4
di loro sembrano aver trasportato unapparecchiatura radio con la
quale i tedeschi si tenevano in contatto con il Quartier Generale
di STIA.
Ai piedi del FALTERONA si misero in assetto di battaglia e comin-
ciarono a scalare la montagna. Sembra che, quasi in cima, abbia-
no incontrato i partigiani. Ci furono spari contro i tedeschi e uno
fu ferito, ma non si sa se qualche partigiano venisse ucciso. Dopo
aver rastrellato la montagna tutto il gruppo torn a MOLINO DI
BUCCHIO.
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 63

Qui 3 uomini e un ragazzo che vivevano a GIUNCHETO e che ave-


vano trasportato lunit radio, vennero uccisi. Erano: TRAPANI PA-
SQUALE, di 43 anni, TRAPANI GIULIO di 32, TRAPANI DARIO di 16
e TRAPANI ITALIANO di 14. SERI SESTO dichiara che fu loro ordi-
nato di posare le apparecchiature e dopo fu loro detto di andare
a casa. Mentre lasciavano la strada si misero a correre verso il bo-
sco, ma avevano fatto pochi metri che i tedeschi fecero fuoco. I
Trapani caddero a terra ed a questo punto SERI non poteva pi ve-
derli. Vide per un altro tedesco correre nella direzione in cui era-
no scomparsi ed ud colpi provenire da quella direzione. I corpi
dei 4 furono recuperati pi tardi proprio nel punto dove SERI li
aveva visti scomparire. Tutti erano stati abbattuti. Il resto degli ita-
liani fu portato pi lontano, lungo la strada che va a GIUNCHETO,
dove, sulla strada che passa davanti alla fattoria, fu loro coman-
dato di caricare le munizioni sui camion in attesa. Dopo che eb-
bero finito, fu loro ordinato di andare in un campo di fronte alla
fattoria. Furono fatti allineare. Un testimone dice che fu detto lo-
ro di andare a casa, un altro dice che un ufficiale tedesco si fece
avanti e disse: Alles caput, che signifca: Devono essere tutti uc-
cisi. Qualsiasi sia stato lordine, sembra che gli uomini si giras-
sero e si mettessero a correre. I tedeschi allora aprirono il fuoco.
Dodici italiani furono uccisi e due feriti. I feriti furono GAMBINE-
RI ALFREDO e TRENTI SANTE. Dopo la sparatoria i tedeschi saliro-
no sugli automezzi e tornarono a STIA. Bench piccoli gruppi di
tedeschi rastrellassero la valle venerd, sabato, domenica e luned
non pare che fossero membri del 1 battaglione del Reggimento
Contraereo ma di unaltra unit che era senza dubbio pronta ad
intervenire se il battaglione contraereo avesse avuto bisogno di
rinforzi nella valle di Vallucciole. Questa unit era dislocata a PRA-
TOVECCHIO, un paese a 4 chilometri a sud di STIA. Se ne parla pi
avanti in questo rapporto.
Questi giorni furono impiegati nel recupero dei morti e nella lo-
ro sepoltura: i gruppi erano organizzati dal Proposto di STIA, Don
VANNETTI OLIVIERO. Il tenente EGGER and con loro. Fu duran-
te questo lavoro che soldati italiani furono visti nella valle di VAL-
LUCCIOLE. Apparentemente dei bersaglieri, venivano da BOLOGNA.
Lufficiale sembrava un p confuso per quanto riguardava gli or-
dini ma quando vide che cera bisogno di lui e dei suoi uomini per
il recupero e la sepoltura dei morti, dette subito la sua disponibi-
lit e sembr molto colpito da quello che avevano fatto i tedeschi.
Altre due morti si registrarono nella valle dopo che il reggimento
64 PAOLO PAOLETTI

Contraereo se ne era gi andato. I fatti sono i seguenti:


Luned 17 Aprile 44 un gruppo di tedeschi and a SANTA MARIA.
Avevano un autocarro ed erano evidentemente in cerca di botti-
no. Un contadino, GIABBANI GIUSEPPE, di 52 anni, di CASA NUO-
VA, fu obbligato da due soldati tedeschi a dare loro il bestiame.
Questi port il bestiame al camion e poi torn a casa scortato dai
soldati. Parl con loro qualche minuto, quando uno dei soldati fe-
ce un gesto che sembrava significare che il GIABBANI doveva cor-
rere. Perlomeno questa fu limpressione di suo figlio GINO, che era
nascosto ma osservava la scena. Giabbani corse ma dopo pochi me-
tri fu colpito dai tedeschi, che lo mancarono. Giabbani riusc a na-
scondersi dietro ad una collinetta. Improvvisamente dalla strada
che stava dietro al nascondiglio di GIABBANI sopraggiunse una
motocicletta con side car guidata da un soldato tedesco. Gino da
quel punto non poteva vedere cosa successe dopo, ma ud, co-
munque, una motocicletta che si fermava e pochi momenti dopo
sent dei colpi provenienti dalla direzione del nascondiglio di suo
padre. Il corpo di GIABBANI fu trovato nel luogo dove si era na-
scosto. Era stato ucciso.
Marted 18 Aprile 44, 10 o 12 soldati tedeschi andarono a MORI.
Questo paese si trova nellangolo nord ovest della valle di VAL-
LUCCIOLE. Erano di nuovo in cerca di bottino, ma questa volta fu-
rono visti molto prima che arrivassero al paese, cos non cera nes-
suno quando entrarono. BUCCHI ANTONIO, di 77 anni, bench fos-
se nascosto vicino al nipote BUCCHI Primo, fu tanto sfortunato da
essere visto dal gruppo. I soldati fecero fuoco e PRIMO sent lo zio
gridare. Dopo di ch tutto il gruppo dei tedeschi corse dove An-
tonio giaceva ed uno di loro alz la pistola e gli spar alla testa.
Questa fu lultima uccisione eseguita dalla divisione HERMAN G-
RING nella vallata di VALLUCCIOLE.
ANDREUCCI GIULIO, che il Capitano della Misericordia di STIA e
CALERI RUGGERO, un altro Capitano, furono utili nel recupero dei
morti. Vivevano a STIA da sempre e furono in grado di identifica-
re la maggior parte dei cadaveri di VALLUCCIOLE, perch cono-
scevano la gente.
Le descrizioni degli ufficiali e dei soldati tedeschi attraverso testi-
moni che li videro commettere le stragi, o mentre le commetteva-
no, sono vaghe e, bench in alcuni casi siano state raccolte, non si
possono considerare attendibili.
La gente di STIA crede fermamente che le truppe impiegate nelle
stragi fossero SS. In verit, durante tutta la mia indagine, solo una
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 65

volta ho potuto credere che a STIA, al tempo delle stragi, ci fosse-


ro membri di quellunit. stato quando ho interrogato TRAPANI
UMBERTO, che mi ha descritto perfettamente le mostrine di quel-
lunit, che erano portate da due soldati che egli vide a STIA, mer-
coled 12 Aprile 44. Mentre il 1 Battaglione del Reggimento Con-
traereo era a STIA, la popolazione era estremamente allarmata.
Quasi nessuno usciva di casa e molti si nascosero. Quelli che usci-
vano, erano di solito avvicinati dai soldati, specialmente se donne.
Il ruolo svolto dalla Guarnigione di STIA difficilmente valutabi-
le. Furono probabilmente per lo pi implicati nei saccheggi e nel-
lincendio di casa PANTIFERI, avvenuta mercoled 12 Aprile 44.
PECORINI MARIA dichiara che uomini di questa Guarnigione, co-
mandati da un ufficiale del 1 Battaglione del Reggimento Con-
traereo, formarono il blocco stradale a SANTA MARIA, sulla strada
fra STIA-VALLUCCIOLE. Questi uomini furono responsabili del fe-
rimento di 3 persone: PECORINI RUGGERO, BRUNI MARIA e BRUNI
CORRADO. Senza dubbio il loro comandante EGGER era in stretto
contatto con gli ufficiali di STIA, per quello che riguardava le atti-
vit dei partigiani.
CHELLI PIETRO, fotografo di STIA, si dimostr molto intelligente
perch conserv le foto dei morti di VALLUCCIOLE e MONTE DI
GIANNI, che erano state prese da GIACHI PRASILDO e CECCAREL-
LI BRUNO. Egli comprese anche limportanza della foto del ser-
gente tedesco interprete UNTERRICHT e di quella dei corpi di 17
partigiani, che erano stati catturati dai tedeschi, circostanze di cui
parler in questo rapporto.
Dopo le stragi di VALLUCCIOLE, verso la fine di Maggio 44, le au-
torit tedesche fecero circolare degli opuscoli e dei manifesti che
ammonivano la popolazione sulle tremende pene che sarebbero ri-
cadute su di loro se si fossero uniti ai partigiani o avessero colla-
borato alle loro attivit. Nessuno di questi opuscoli apparve pri-
ma o durante le stragi di VALLUCCIOLE. RIMBOTTI RANDOLFO, CA-
LERI ENRICO, BARTOLINI CIRO e RICCI GIOVANNI, tutti testimonia-
no lesistenza di questi fogli. CECCONI MARIO, che allora viveva a
POPPI (12 chilometri da STIA), dichiara che gli stessi opuscoli era-
no comparsi in quella cittadina nello stesso periodo.
In un sol giorno, gioved 13 Aprile 44, 106 persone furono ucci-
se nella valle di VALLUCCIOLE. Lunit direttamente responsabile
di queste morti il 1 Battaglione del Reggimento Contraereo del-
la Divisione Hermann Gring, che agirono dietro informazioni
del tenente EGGER, comandante della guarnigione tedesca di STIA,
66 PAOLO PAOLETTI

posta da campo n. 26969, di GIABBANI ANGELO, (ex) segretario co-


munale di STIA e dei Sergenti UNTERRICHT e WILFEUER FREDERICK,
entrambi interpreti. Le altre due persone della vallata furono pro-
babilmente uccise dal Reparto Esplorante della Hermann Gring.
Le ragioni che ci portano alle osservazioni suddette sono le se-
guenti:
lunit che si mosse da STIA il gioved 13 Aprile 44, esibiva sui
veicoli un disco bianco di 6 pollici di diametro sul quale era di-
pinta una linea scarlatta che dal centro si allungava nella posizio-
ne che hanno le lancette di un orologio sulle 1. Questo emblema
descritto esattamente da CHECCACCI EUGENIO CORRADO.
Indagini fatte per lettera da SIB.78/WC/44/4, in data 6 novem-
bre 44, a riguardo, confermano che era lemblema del 1 Batta-
glione del Reggimento Contraereo della Divisione Hermann G-
ring [se la linea fosse stata posizionata come una lancetta sulle
due, si sarebbe trattato del 2 Battaglione e cos via, N.d.A.]. Non
c alcun dubbio che questa unit sia stata responsabile delle stra-
gi di gioved 13 Aprile nella valle.
Una lettera alla quale si fa riferimento nella dichiarazione di MAR-
TELLUCCI UGO e compilata dal segretario del Comune di STIA,
GIABBANI ANGELO, accusa in modo definitivo, come responsabi-
le di questi crimini, una unit tedesca la cui posta da campo por-
ta il n. L.54107.
Indagini per trovare lidentit di questa unit hanno portato alla
conclusione che si tratta della 4a Compagnia del Reparto Esplo-
rante della Divisione Hermann Gring7.
Questo non apparir contraddittorio se si prendono in conside-
razione i seguenti punti.
1) la posta da campo n. L. 53233 (compagnia A Reparto Esplo-
rante della Divisione Hermann Gring) appartiene ai respon-
sabili delle ricognizioni preliminari nella valle di Vallucciole, mar-
ted 11 aprile 44. Ci provato dal foglio di requisizione della
macchina dato a GALLI GINO, macchina che fu dopo usata a quel-
lo scopo.
2) Il Quartier Generale del Reggimento Contraereo era a PRATO-
VECCHIO. Questo Comando aveva sotto di s, a PRATOVECCHIO,

7Nel 2000 al BA-MA di Friburgo scoprimmo che Hans-Georg Winkler era


il comandante di questa compagnia, il comandante del 1 plotone era Johan Frie-
del, mentre il comandante del 2 plotone era Erich Klimpel.
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 67

ununit che fu identificata soltanto quando, in una data poste-


riore, si spost a CASALINO, dove SASSOLI Gildo dichiara che i vei-
coli portavano un disco bianco sul quale era dipinta una linea gial-
la sulla posizione delle ore 11. Le indagini rivelano che il colore e
la descrizione di quel segno di riconoscimento sono del Reparto
Esplorante della Divisione HERMANN GRING. Poich la sotto-
unit di questo reparto non comprendeva pi di 6 persone, si pen-
sa che SASSOLI si sia sbagliato e che la linea fosse nella posizione
delle ore 12, col risultato che lunit diviene la Compagnia Co-
mando del Reparto Esplorante della Divisione Hermann G-
ring.
3) Dopo che il Reggimento Contraereo se ne fu andato da STIA per-
ch la missione era compiuta, il Quartier Generale di PRATOVEC-
CHIO rimase e lunit che era stata, probabilmente di riserva, a
Pratovecchio, si spost a CASALINO, per iniziare nuove stragi, ma
meno sanguinose.
Dopo aver portato a compimento anche queste, sia lunit che il
Quartier Generale si spostarono per andare a BOLOGNA.
con sufficiente certezza che si pu affermare che il Reggimento
Contraereo fosse agli ordini del Battaglione Esplorante per tutte
le operazioni. Questa teoria ulteriormente rafforzata se faccia-
mo riferimento a una lettera del Quartier Generale delle Forze Al-
leate (AFHQ) b389.101.5, datata 9 gennaio 45, (inclusa nella let-
tera del Quartier Generale S.I.B.. HQ/X/44/13, datata 26 gennaio
45), che in risposta a una lettera che chiedeva informazioni sul-
la posta da campo n. 5410. Al paragrafo 2 la lettera afferma che
un gruppo motorizzato dassalto, formato dalla divisione Her-
mann Gring, aveva operato nel distretto di STIA contro i parti-
giani fra il 14 ed il 17 aprile 44. Queste unit in quel momento
erano presumibilmente sotto il comando del Capitano HEIMANN,
che dopo comand la 2a Compagnia del Battaglione Esplorante
della Divisione Hermann Gring.
Prova che le suddette unit agirono su informazioni fornite diret-
tamente dal tenente EGGER, ed indirettamente da GIABBANI AN-
GELO, FRANCALANCI CESARE, Sergente UNTERRICHT e WILFEUER
FREDRICK si trova nelle seguenti dichiarazioni:
MARTELLUCCI UGO
Questi era il sindaco di STIA e denuncia GIABBANI ANGELO e FRAN-
CALANCI CESARE, come collaborazionisti. Sapeva che i due desi-
deravano che del personale militare tedesco fosse impiegato con-
tro i partigiani in VALLUCCIOLE. Egli insiste anche nel dire che il
68 PAOLO PAOLETTI

Tenente EGGER fu il diretto responsabile per aver chiamato a STIA


i membri della divisione HERMANN GRING.
BIAMI EMILIO
Questi era il Brigadiere dei Carabinieri di STIA nellaprile 44 e co-
nosceva il Sergente UNTERRICHT, vide che era in possesso di una
cartina sulla quale era segnato ci che era risultato da informazioni
sulle attivit dei partigiani. Portandosi dietro quella cartina, il ser-
gente era andato spesso a conferire con il segretario politico FRAN-
CALANCI CESARE. Egli disse anche al BIAMI, dopo la visita del sin-
daco (A), che presto i partigiani avrebbero avuto una lezione.
VERLATO BRUNO
Impiegato comunale, vide le ricevute delle requisizioni fatte dai
partigiani che erano state prese dal GIABBANI ai contadini di VAL-
LUCCIOLE. Egli, appena le ebbe raccolte, le consegn a WILFEUER
e da qui si pu supporre che le informazioni passassero a EGGER.
CECCARELLI BRUNO
Questi sent GIABBANI ANGELO che richiedeva al Prefetto di Arez-
zo assistenza militare per setacciare Vallucciole. Sent anche il
GIABBANI dare suggerimenti su come questa operazione poteva
essere organizzata.
Perci risulta che:
i Fascisti di STIA erano pronti a collaborare con i tedeschi per il
rastrellamento e leliminazione dei partigiani in VALLUCCIOLE. A
questo scopo si lamentarono e fornirono prove alle autorit tede-
sche della presenza dei partigiani. Allo stesso tempo, pu darsi non
intenzionalmente, questi fascisti condannarono la popolazione ci-
vile della vallata in quanto collaboratori dei partigiani.
EGGER e le autorit tedesche ricevettero queste lamentele ma vi-
dero la cosa sotto un punto di vista completamente diverso. I ci-
vili rifornivano i partigiani, e di questo cerano ampie prove, per
questo agli occhi dei tedeschi erano ugualmente colpevoli.
Conseguentemente quando loperazione antipartigiana venne ese-
guita lintera popolazione vi rimase coinvolta.
Pu anche darsi che, essendo stati cos condannati, i civili fossero
ritenuti come un grande pericolo, anche perch, durante una mis-
sione di ricognizione, marted 11 Aprile 44, una pattuglia incap-
p in una imboscata dei partigiani e due tedeschi vi erano rimasti
uccisi.
Il Mercoled 12 Aprile 44, giunse a PRATOVECCHIO, un piccolo
paese a 4 chilometri a sud di STIA, ununit di soldati tedeschi. Non
si sa esattamente quanti fossero ma possedevano carri armati e
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 69

veicoli corazzati. probabile che fossero tenuti di riserva nel ca-


so che il Battaglione Contraereo avesse trovato una forte resisten-
za nella valle di VALLUCCIOLE.
Dopo le stragi questo Battaglione Contraereo lasci la zona e si
pensa che tornasse a Bologna. La maggior parte di loro part il 15
Aprile 45. Fu verso le 4 di quel giorno che lunit che si era spo-
stata a PRATOVECCHIO and a CASALINO, un altro paesino a 4 chi-
lometri a est. Qui iniziarono a saccheggiare le case e rastrellare gli
occupanti. In questo paese abitavano due italiane DETTI EMMA e
sua sorella RINA. Entrambe parlavano tedesco e riuscirono ad in-
tercedere in favore di molti paesani che rischiavano di essere uc-
cisi da quei soldati.
A CASALINO ebbe sede il Comando di quella unit e SASSOLI GIL-
DO di Casalino not che tutti i veicoli avevano il seguente stemma
affisso sul retro:
un disco di 5 pollici di diametro, bianco, affisso nellangolo sini-
stro sul dietro dei veicoli. Sul disco era dipinta una macchina gial-
la. Cominciando dal centro, era sistemata nella posizione delle 23
di un orologio. Vide uno solo di questi dischi su ciascun veicolo.
Poich non esiste nessuna unit tedesca con questo simbolo, si
pensa che il SASSOLI si sia sbagliato e che la linea gialla fosse in po-
sizione ore 12, indicando cos che si trattava della Compagnia Co-
mando del Battaglione Esplorante della Divisione HERMAN G-
RING. Altre insegne vennero viste su questi veicoli da BRILLI ITA-
LIA e da sua sorella SILVANA.
Su alcuni blindati videro, dipinto sulla parte anteriore sinistra, un
triangolo bianco di 10 o 12 pollici in altezza e 2 o 3 in larghezza.
La parte interna del triangolo era in tutti i casi della stessa verni-
ce della macchina.
Su altri blindati nella stessa posizione del triangolo cera la scritta
Grete e la parola era scritta in caratteri gotici neri. I due segni
non erano mai insieme su ciascun veicolo.
In qualche altro caso, al posto degli altri simboli, era dipinto un cir-
colo nero, di 10 o 12 pollici di diametro. Il bordo nero era di 2 o
3 pollici. Fra questo e il centro, cera un bordo bianco di circa 3
pollici e nel centro un cerchio nero di 1 o 2 pollici di diametro.
Tutti i veicoli erano carri armati o blindati, ed in totale, erano fra
i 40 e i 70. Gli uomini erano della divisione HERMAN GRING
e, dalla descrizione dei loro simboli fatta da SASSOLI, si pu rite-
nere che fossero del Battaglione Esplorante di quella divisione.
Si ritiene che fossero fra i 100 ed i 150 uomini, comandati da un
70 PAOLO PAOLETTI

Capitano, anche se gli abitanti lo chiamano Tenente.


La descrizione di questo ufficiale ci data da BRILLI ITALIA, nella
cui casa alloggiava e coincide con quella di GALLI GINO, luomo
al quale lufficiale aveva requisito la macchina il giorno 11 Aprile,
per fare la ricognizione in VALLUCCIOLE. Pu essere lo stesso uf-
ficiale con molta probabilit. Sono state fatti due moduli descrit-
tivi separati nel caso che non si trattasse della stessa persona.
Il Quartier Generale amministrativo di questa unit era, come nel
caso del 1 Battaglione Contraereo, la casa di CHECCACCI GUIDO
di PRATOVECCHIO.
Lunit a Casalino cominci a radunare gli uomini con lo scopo di
far loro trasportare le munizioni. Fatto ci fecero un blocco stra-
dale sulla strada LONNANO-PRATOVECCHIO, mentre gli altri si di-
ressero verso le colline ad est di CASALINO e LONNANO.
Fu in questa zona che la mattina di quel giorno ci fu una scara-
muccia fra i partigiani ed i fascisti repubblicani. Nessuno rimase
ferito e i partigiani se ne andarono poco prima che arrivassero i
tedeschi.
Quando questi arrivarono saccheggiarono e bruciarono le case
isolate di PRATO DELLA CONIA, CASA TORNIAI, la casa dello STE-
FANI e la casa dello SPIGHI, che si trovano tutte fra i 4 ed i 6 chi-
lometri da LONNANO.
Presero i tre uomini della famiglia SPIGHI e li costrinsero a tra-
sportare le munizioni.
Da quel momento in poi, sembra che il gruppo si spostasse nelle
montagne dietro a LONNANO, anche se altri piccoli gruppi sparsi
di soldati andarono in giro a saccheggiare e incendiare dovunque
fosse possibile.
STEFANI GIUSEPPE fa alcuni rilievi significativi nella sua testimo-
nianza. Dice che, mentre i tedeschi erano a casa sua, aveva visto
uno di loro con una carta di quella zona. Not che la sua casa, e
tutte quelle che erano state incendiate, erano segnate in rosso, ci
a significare che tutto era stato organizzato in precedenza. Dice an-
che che, mentre era a PRATOVECCHIO, in un vano tentativo di sal-
vare la sua propriet, aveva parlato con una sentinella tedesca, che
era fuori del Comando. Lo Stefani insiste anche nel dire che que-
stuomo era un italiano, che viveva a BOLZANO, i cui genitori era-
no in prigione e che era stato costretto dai tedeschi ad entrare nel-
lesercito. Durante la conversazione, la sentinella gli disse: Non
si pu fare niente, tutto gi stato stabilito in precedenza dalle vo-
stre autorit civili.
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 71

Le autorit civili di PRATOVECCHIO allepoca erano:


CHECCACCI DAVID
(segretario politico)
Residenza sconosciuta.
FORTUNELLI NAZARENO
(Maresciallo dei Carabinieri)
forse fuggito nel Nord Italia
CORBELLI BENEDETTO
(Sindaco, ma solo per 5 o 6 settimane)
Questi pubblici ufficiali furono visitati da parecchie persone sia di
CASALINO che di LONNANO, nel tentativo di indurli ad appellarsi
alle truppe tedesche perch risparmiassero la gente e le loro pro-
priet. Soltanto CORBELLI sembra aver fatto qualcosa, ma i suoi
tentativi furono inutili. Quando non erano in montagna i tedeschi
passavano il tempo a sparare a LONNANO o in case isolate sulle col-
line. Marted 19 Aprile questa unit and a BOLOGNA. Non si sep-
pe niente dei 3 SPIGHI fino al Mercoled 19 Aprile quando, dietro
ad una informazione ricevuta, DON BATINI UBALDO, parroco di
LONNANO, and in una localit vicina a casa Meta di Olmo, che
si trova su una montagna vicino a LONNANO. Qui trov i corpi di
SPIGHI LUIGI di 39 anni, SPIGHI LIONELLO di 33, SPIGHI GINO di
27: i tre uomini che erano stati portati via il 15 Aprile. Erano sta-
ti uccisi. Il sacerdote pensa che fossero gi morti da alcuni giorni.
Non ci sono testimoni su questi morti ma non c dubbio che lu-
nit di stanza a CASALINO sia da ritenersi colpevole.
BRILLI ITALIA descrive un sottufficiale tedesco, forse un sergente,
la descrizione dellattendente del capitano che era a casa loro.
Un altro sottufficiale dormiva a casa del prete del paese, don BA-
TI LUIGI, che lo descrive. Questo era probabilmente un Ober-Feld-
webel [Maresciallo Maggiore, N.d.A.].
Domenica 16 Aprile, il prete fece una funzione religiosa in chiesa
e dopo i bambini del paese vennero radunati per fare una foto di
gruppo. La foto venne scattata da un altro sergente tedesco. Il
prete insist perch anche il sergente venisse incluso nel gruppo,
egli accett e ho potuto avere questa foto. Questo soldato stato
isolato ed ingrandito. Questa foto si trova allegata al modulo de-
scrittivo di questo sottufficiale, che deve essere considerato come
ricercato.
Lunit doveva essere la Compagnia Comando del Battaglione
Esplorante della Divisione Hermann Gring e lufficiale pro-
babilmente il sottotenente OLLECRS, anche se erano certamente
72 PAOLO PAOLETTI

sotto lo stesso comando, ovvero del 1 Battaglione del Reggimen-


to Contraereo, Divisione Hermann Gring, che fu responsabi-
le della strage di VALLUCCIOLE.
Luned 17 Aprile 44, un gruppo di partigiani erano rifugiati in una
casa disabitata ed isolata che si chiamava OIA. Questa casa a
NORD EST di VALLUCCIOLE ed molto difficile da trovare senza
guida. La casa di solito tenuta in affitto da MANGANI ANGELO
di PAPIANO, STIA. In quella data questuomo con sua moglie and
l e, quando entr, vide 15 partigiani al piano terreno, ma sent
che ce ne erano altri al piano di sopra. Non vide armi e gli sem-
br che riposassero, mentre stavano preparando un pasto. Uno dei
partigiani parl con MANGANI; gli disse che se ne sarebbero an-
dati appena dopo aver mangiato e gli chiese la direzione per an-
dare a CASTAGNO. Mangani se ne and ma non aveva fatto 2 chi-
lometri quando sent degli spari che sembravano provenire dalla
casa che aveva appena lasciato. Alla stessa ora, Monti Maria, uden-
do degli spari, and a nascondersi vicino al fiume che nelle vi-
cinanze di OIA.
Fra le 14,00 e le 15,00, ella vide un gruppo di tedeschi. Uno di lo-
ro la prese e le chiese i documenti e dopo averli guardati le chiese
se avesse visto dei partigiani. Ella dette risposta negativa e allora il
tedesco la prese per un braccio e la port dove cera un gruppo di
partigiani seduti per terra e le disse: Erano tutti ad OIA addor-
mentati. Due sono morti, 20 sono qui e la casa stata incendiata.
Poi lei chiese se poteva andare a casa ma, prima di avere il per-
messo, il tedesco le mostr una cartina e le chiese la strada per PON-
TE BIFORCO. Quando fu chiara la direzione da prendere, ai parti-
giani fu ordinato di alzarsi in piedi ed insieme ai tedeschi si dires-
sero verso il luogo suddetto. La ragazza fu liberata.
Il gruppo venne visto dopo a PONTE BIFORCO da Mencattini Alfi-
na che li vide venire gi dalla montagna in direzione della sua ca-
sa. Erano circa le 15,00.
Dichiara di aver visto 17 italiani e circa 10 tedeschi. Il gruppo si
ferm fuori della sua casa e i tedeschi chiesero del vino che fu da-
to loro; poich ne era avanzato, la donna chiese se lo poteva dare
agli italiani. Ma questo non fu permesso e un tedesco disse: No,
no, sono ribelli, date loro acqua.
La donna continua e dice che mentre il gruppo era l, arriv un
fascista di STIA, MARSILI BRUNO, ora prigioniero nel campo di in-
ternamento n. 2. Guidava una motocicletta e scendendo sembr
molto contento. Mentre si avvicinava al gruppo, disse: Buona
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 73

caccia, bravi!. Sent poi un tedesco dire che due dei comandan-
ti erano stati uccisi a OIA. Sent anche MARSILI che rimproverava
i partigiani. Essi furono caricati su camion e sent MARSILI dire: A
Pratovecchio, allora tutto il gruppo si mosse in quella direzione.
Ho incontrato MARSILI al campo di internamento ed egli nega la
maggior parte delle accuse mosse dalla donna; egli nega di essere
andato a PRATOVECCHIO o addirittura di essersi mosso in quella
direzione con il gruppo.
Le informazioni successive su questo gruppo ci vengono da DET-
TI EMMA quando, verso le 17,30 di quello stesso giorno, vide un
gruppo di soldati tedeschi che entravano a CASALINO. Lufficiale
al comando era il comandante dellunit di cui abbiamo riferito in
precedenza e responsabile delluccisione dei 3 uomini della fami-
glia SPIGHI. Disse di avere avuto una giornata molto pesante, ma
che era stata proficua, perch avevano preso 18 ribelli. Quando
gli chiese che ne era stato di loro, la risposta fu: Due sono stati
uccisi e gli altri portati a FIRENZE. Verso le 18,00 un camion si
ferm davanti alla casa di CHECCACCI GUIDO, due attendenti te-
deschi uscirono e tornarono con un ragazzo italiano di circa 17 an-
ni. Lunica informazione, che CHECCACCI pu darci di questo ita-
liano let approssimativa e che gli disse di venire dalla provin-
cia di ANCONA. Appena il ragazzo sal, il camion si mosse. Al ra-
gazzo fu dato cibo e vino e dissero che era troppo giovane per es-
sere ucciso. Poco dopo usc e nessuno in grado di dare notizie
da quel momento in poi.
Verso le 22 di quel giorno, BARTOLINI ISOLINA, che vive a 50 me-
tri dal cimitero di STIA, fu svegliata dal rumore di spari che sem-
bravano venire dal cimitero. Descrive gli spari come colpi regola-
ri ad intervalli di due o tre secondi, ma non sa dire quanti furono.
Verso le 6,30 di marted 18 aprile 44, and nella cucina del labo-
ratorio dei tedeschi che era di fronte alla sua casa e dove lavorava
ogni giorno. Un soldato tedesco le disse che 17 partigiani erano
stati uccisi alla CONSUMA, ma lei non gli credette. Poco dopo, tor-
n a casa e dal giardino sul retro guard in direzione del cimite-
ro. Vide ai piedi del muro un mucchio di corpi. Dopo poco and
al cimitero e si ferm al cancello, ma ebbe paura e non entr. Po-
co dopo vide il PROPOSTO DI STIA e insieme andarono lungo il sen-
tiero del cimitero, verso il muro dove aveva visto i cadaveri. Qui
vide i corpi di 17 giovani italiani, erano tutti vestiti in abiti civili
ed erano stati colpiti in faccia.
Il proposto di STIA protest con il ten. EGGER, comandante della
74 PAOLO PAOLETTI

guarnigione di STIA, ricordando ad EGGER ci di cui avevano di-


ritto i condannati. Egger finse di ignorare del tutto il fatto, ma am-
mon la gente che era nel cimitero spiegando loro i pericoli che si
correvano se si rendeva omaggio ai partigiani morti, perch la di-
visione Hermann Gring era ancora nella zona.
Alcuni giorni dopo un soldato tedesco della guarnigione di STIA
port un rullino da sviluppare nel negozio di GHELLI PIETRO, fo-
tografo di STIA. Durante lo sviluppo GHELLI pens che una fosse
la foto di alcuni cadaveri e, pensando che avrebbe potuto essere
utile in futuro, ne fece una copia.
Ho avuto questa foto. Il proposto di STIA e CECCARELLI BRUNO di-
chiarano che proprio la foto dei 17 partigiani uccisi, cos come
li videro loro la mattina di luned 17 aprile 44. Nessun oggetto fu
trovato sui partigiani che potesse dimostrare la loro identit. Ci so-
no buoni motivi per ritenere che essi venissero da una zona della
ROMAGNA, che a nord del monte FALTERONA.
BALENTI GINO di PAPIANO, STIA, fu molto utile nel ritrovamento
dei due corpi a OIA. Uno fu trovato fuori dalla casa e BALENTI pu
solo dirci approssimativamente laltezza e let e che, sotto la ma-
scella delluomo, cera una cicatrice che sembrava essere dovuta
ad un intervento chirurgico. Laltro uomo fu ritrovato nella casa
che era stata incendiata. Il corpo era quasi completamente bruciato
e irriconoscibile. Non cerano documenti didentit.
La cosa strana per quanto riguarda queste 19 morti la liberazio-
ne del ragazzo a PRATOVECCHIO.
Sembra strano che, preso apparentemente insieme ai partigiani,
potesse essere liberato dal momento in cui gli stessi tedeschi erano
responsabili della morte di tanti innocenti. Considerando questo
fatto e la posizione geografica di OIA, si pu a ragione supporre che
il ragazzo sia responsabile del tradimento dei 19 uomini.
Sembra anche che i tedeschi comprendessero la gravit della fu-
cilazione dei partigiani senza processo e alcuni testimoni riferi-
scono due scusanti che i tedeschi addussero per coprire il fatto:
1) Il comandante tedesco a CASALINO disse a DETTI EMMA che era-
no stati mandati a FIRENZE.
2) Il soldato tedesco inform BARTOLINI ISOLINA che i 17 parti-
giani erano stati fucilati alla Consuma.
Durante il rastrellamento sulle colline a est di PRATOVECCHIO, la
compagnia tedesca responsabile delle morti dei 17 partigiani, sem-
bra anche responsabile di altre 7 morti. Quattro di questi furono
recuperati e sepolti dai monaci di CAMALDOLI. La descrizione dei
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 75

corpi fatta da don PAOLO DETTI mostra che questi 4 prima di es-
sere fucilati erano stati picchiati mortalmente alla testa. Tre di lo-
ro erano nudi.
Gli altri 3 furono recuperati e sepolti da don UBALDO BATINI, par-
roco di LONNANO. Anche questi erano stati fucilati. Uno di loro
fu identificato perch il padre di questi si rec dal sacerdote pri-
ma che cominciasse linchiesta. Port via i documenti di identit
che erano stati trovati sul corpo e il prete non pu dire altro se
non che luomo veniva da FORL. Non esistono altre testimonian-
ze su queste morti.
Durante il corso della mia inchiesta ho preso varie foto che mo-
strano i danni causati dal fuoco appiccato dai soldati tedeschi del-
la Divisione Hermann Gring. Altre foto riprendono i luoghi
dove avvennero i fatti e che sono importanti per questa inchiesta.
Il resto delle foto possono servire a dare unidea del tipo di pae-
saggio dove i crimini vennero commessi. Queste foto, con le altre,
compaiono nellappendice C.
Sergente J. Baxendale
Distaccamento 78a Sezione della S.I.B.

Firenze 5 Aprile 44 [si tratta di un refuso per 1945, N.d.A.].


Dichiarazione del Serg. BAXENDALE J.
78a Sezione S.I.B.
il quale dichiara:
Durante linchiesta che ho svolto sulle stragi commesse in Val-
lucciole fra il 13 ed il 18 Aprile, ho preso 16 foto.
Avevo tre motivi per questo:
1) Facilitare la comprensione dellambiente dove erano avvenute
le stragi;
2) Illustrare le scene che sono tra le pi importanti nel mio rap-
porto;
3) Mostrare la portata del danno ai paesi causato dagli incendi che
furono iniziati dai tedeschi della divisione H.G.. Essi fanno par-
te delle stragi su cui faccio questo rapporto.
Le foto sono allegate nellappendice C e sono numerate da 1 a
16.

Nel fascicolo inglese di questo rapporto, probabilmente il Sum-


mary, manca la prima pagina. Ci si riferisce al fatto di sangue
di Molino di Bucchio:
76 PAOLO PAOLETTI

[...] un uomo era in possesso di una cartina della zona, segnata in


rosso. Le ragazze sospettavano della sua identit e non dettero in-
formazioni. Il veicolo allora fece retromarcia e mentre ripassava sul
ponte per tornare indietro, 4 partigiani gli corsero incontro e lo
fermarono. Osservarono unetichetta che era sul cruscotto e i par-
tigiani dissero agli occupanti: Siete tedeschi. Pare che luomo che
stava seduto sul sedile posteriore abbia aperto il fuoco e che i par-
tigiani abbiano risposto immediatamente. Luomo seduto dietro fu
ucciso immediatamente, un altro fu ferito e un terzo, bench in-
seguito, riusc a fuggire. Quando tornarono alla macchina, il feri-
to era ancora vivo e un partigiano lo fin con un colpo alla testa.
Lincidente mise in allarme parecchi abitanti del posto, che anda-
rono a nascondersi.
Il giorno dopo i tedeschi della guarnigione di Stia saccheggiarono
Molino di Bucchio e Serelli, incendiarono la casa della famiglia
PANTIFERI, vicino a dove era avvenuta la sparatoria ed arrestaro-
no PANTIFERI ANITA e sua sorella Giuseppa (Anita era una delle
ragazze che aveva parlato con gli uomini della macchina). Le due
ragazze furono portate a Firenze per un interrogatorio e rilascia-
te perch le autorit sembrarono soddisfatte delle loro risposte.
Nella tarda serata del 12 aprile, il 1 Battaglione del Reggimento
Contraereo della Divisione H.G. entr a STIA. Lufficiale al co-
mando era un Capitano e gli ufficiali furono alloggiati nelle scuo-
le: la truppa invece dormiva sui veicoli parcheggiati in Piazza. Si
pensa che lunit fosse di circa 800 uomini con motociclette e vei-
coli anfibi.
Verso le 3,00 della mattina seguente le truppe si riunirono e mos-
sero verso VALLUCCIOLE. Le strade e i sentieri che partivano dal-
la valle vennero bloccati, gli uomini si divisero in gruppi e co-
minci la rappresaglia nella quale non furono fatte distinzioni fra
uomini, donne e bambini.
La fattoria di GIUNCHETO fu saccheggiata e bruciata, gli uomini,
4 in tutto, furono obbligati a trasportare munizioni. Una casetta
vicina alla fattoria fu saccheggiata e bruciata ed i 12 occupanti, 5
uomini, 5 donne e due bambini (di 7 mesi e 4 anni) furono ucci-
si. A Molino di Bucchio gli uomini furono riuniti e portati via, le
donne e i bambini tenuti sotto sorveglianza vicino al ponte. Due
uomini di 73 e 71 anni furono visti trasportare sacchi con oggetti
rubati dai tedeschi. Quando ebbero depositato il bottino vicino al
ponte furono portati dai tedeschi in una casa che stava brucian-
do, obbligati ad entrarvi e fucilati. Tre donne furono fatte cam-
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 77

minare lungo un sentiero da un soldato tedesco. Egli apr im-


provvisamente il fuoco e ne uccise due. La terza, indenne, si fin-
se morta e cadde accanto alle altre due; rimase in quella posizio-
ne per 13 ore. Un uomo di 53 anni e un giovane di 13 anni, che
portavano anche loro dei sacchi con oggetti rubati al ponte furo-
no portati in un campo vicino e luomo venne colpito a morte e il
ragazzo ferito cadde sulle rive del fiume, dove un tedesco lo col-
p di nuovo, poich giaceva ferito.
A SANTA MARIA, a sud di STIA, un uomo fu ucciso; un ragazzo di
18 anni ed una donna di 44 furono feriti.
A MOLINOUZZO, un uomo, che alla vista dellapprossimarsi dei te-
deschi si mise a correre per mettersi in salvo, fu abbattuto. Il gros-
so dellunit tedesca si diresse poi su per la valle.
A Serelli trovarono solo donne e bambini perch gli uomini era-
no stati costretti a trasportare le munizioni. 12 donne fra gli 84 ed
i 29 anni e 4 bambini fra i 16 ed i 2 anni furono riuniti. Tre don-
ne furono uccise mentre si muovevano e altre 9 con i 4 bambini
dovettero ammassarsi contro un muro e furono uccise a colpi di
mitra. Due donne e un bambino di 6 anni tentarono di fuggire ma
furono abbattuti. Tutto il paese fu incendiato e solo 5 persone
sfuggirono alla morte.
I tedeschi si diressero poi a Vallucciole e continuarono il massa-
cro. Dieci civili, un uomo di 78 anni, 7 donne fra gli 82 ed i 31 an-
ni, due bambine di 2 e 5 anni, furono mandate in una casa e mi-
tragliate a morte, mentre terrorizzate si ammassavano l dentro. La
casa fu poi incendiata e il tetto croll sui loro corpi.
Due donne, la pi anziana di 69 anni e la figlia di 24, furono fu-
cilate fuori della casa. La pi vecchia era invalida da 10 anni, co-
stretta a letto e non poteva camminare. Si pensa che la figlia ten-
tasse di portarla in salvo quando furono uccise entrambe.
Una madre di 29 anni e il suo bambino di 2 furono uccisi mentre
si nascondevano in una stanza al piano superiore della casa. La ma-
dre teneva il bambino in braccio e era rintanata dietro ad una cre-
denza. Entrambi vennero colpiti al petto. In un campo fuori del-
la casa, un uomo quasi completamente cieco fu colpito a morte con
un colpo alla testa.
Gli uomini furono rastrellati e tenuti sotto scorta fuori della chie-
sa di Vallucciole. Uno di essi, senza ragione, fu spinto gi da un
ciglio e ucciso nel punto dove era caduto.
Un vecchio di 78 anni, poich le munizioni erano troppo pesanti
per lui, si ferm e si sedette al lato della strada. Un soldato tede-
78 PAOLO PAOLETTI

sco gli and vicino e lo colp alla testa, poich si stava riposando.
Il paese di Vallucciole fu completamente distrutto dal fuoco.
Due case, La Capanna e Canonica, nelle vicinanze di Vallucciole
furono distrutte. Un uomo di Canonica, di 63 anni, fu ucciso do-
po aver trasportato le munizioni. Una donna, di 42 anni, venne fe-
rita e mor in ospedale.
A MONTE DI GIANNI, 23 persone uomini, donne e bambini furo-
no massacrati.
Tre donne di 59, 48 e 27 anni furono costrette ad avvicinarsi ad
una casa incendiata, rifiutarono di entrare e furono uccise alli-
stante. Un uomo di 66 anni, esausto per avere trasportato le mu-
nizioni, fu costretto ad appoggiare il carico a terra e ucciso im-
mediatamente da un soldato. I rimanenti 19 erano sette uomini fra
i 78 ed i 45 anni, nove donne fra gli 82 ed i 27 anni e 7 bambini
fra i 14 ed i 2 anni. Il paese fu completamente distrutto.
Contemporaneamente altri soldati tedeschi distruggevano due pic-
coli villaggi, MOIANO DI SOPRA e MOIANO DI SOTTO.
Nel primo una ragazza di 17 anni fu portata in una stalla e vio-
lentata da 4 o 5 soldati.
Due uomini, uno di 73 anni e laltro di 76, vennero fatti uscire di
casa e uccisi a sangue freddo. Un altro tedesco entr in una casa
pi lontana e ordin ad un uomo di uscire. Luomo non cap lor-
dine e venne ucciso sul colpo. La madre della vittima si mise a gri-
dare e fu uccisa dallo stesso soldato.
La madre della ragazza violentata nella stalla fu portata con le al-
tre donne lungo un sentiero; disperata per ci che poteva acca-
dere a sua figlia offr se stessa e tutto quello che aveva di valore
perch le permettessero di andare da sua figlia. I tedeschi prese-
ro tutti i valori ma rifiutarono di esaudire la sua richiesta, a que-
sto punto essa cadde in terra presa da un attacco isterico. Un te-
desco immediatamente le spar due colpi e la uccise allistante.
Le altre donne furono testimoni del fatto e dopo furono spinte
avanti. I loro racconti sono molto diversi luno dallaltro e que-
sto perch sicuramente alcune vennero violentate ma non vo-
gliono ammettere il fatto. Alcune donne sfuggirono ai loro guar-
diani e si misero a correre disperatamente gi per il sentiero. Fu-
rono inseguite dai proiettili e una bambina di 11 anni venne uc-
cisa mentre unaltra donna di 37 anni fu gravemente ferita. Gia-
ceva sulla strada e unaltra donna corse a soccorrerla ma un te-
desco le spar, ma riusc a fuggire. Quasi sicuramente il soldato
si avvicin alla donna ferita, le strapp il vestito da cima a fondo
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 79

e la violent mentre giaceva ferita. Fu visto poi puntare il fucile


contro la donna ed ucciderla.
Dopo aver attaccato, saccheggiato e distrutto quasi completa-
mente i paesi della valle e ucciso gli abitanti, le truppe tedesche,
circa 800 uomini, si radunarono ai piedi del Monte Falterona.
Avevano ancora circa 30-40 uomini che trasportavano le muni-
zioni. Avevano anche un ponte radio per tenere i contatti con il
loro Quartier Generale a STIA. Fu fatta una spedizione contro i
partigiani ma apparentemente senza risultati. Le truppe tornaro-
no dopo a MOLINO DI BUCCHIO. Qui due uomini di 43 e 32 anni
e due ragazzi di 16 e 14 anni, che erano stati usati per il traspor-
to del sistema radio, ricevettero lordine di mettere tutto il mate-
riale a terra e di andare a casa. Si diressero verso un campo e, men-
tre correvano, i tedeschi aprirono il fuoco e li colpirono alle spal-
le. Il resto degli uomini furono spinti lungo la strada verso un cam-
po. Qui furono allineati e fu detto loro di andare a casa ma, men-
tre si giravano, i tedeschi aprirono il fuoco e ne uccisero 12 e fe-
rirono altri due.
Fu questa la fine del massacro e le truppe tedesche tornarono a
STIA.
Durante i 4 giorni seguenti, le truppe tedesche furono viste nella
valle, ma si pensa che appartenessero ad unaltra unit. Il tenente
EGGER, con il prete, fu visto nella zona insieme a truppe italiane
che eseguiva lordine di recuperare i corpi e seppellire i morti. Il
tenente EGGER sembrava essere stato mandato come supervisore.
Il 17 aprile, le truppe tedesche andarono a SANTA MARIA in cerca
di bottino. Costrinsero un vecchio a consegnare il bestiame. Fu poi
portato in casa, costretto a correre fuori mentre gli si sparava die-
tro. Un soldato tedesco and poi dove luomo aveva cercato di na-
scondersi e lo uccise.
Il 18, a MORI, un altro gruppo sempre in cerca di bottino scopr
un vecchio che cercava di nascondersi, fecero fuoco e lo uccisero.
Il fatto stato testimoniato dal nipote della vittima che si nascon-
deva l vicino.

Persone e unit coinvolte nei fatti


TEDESCHI 1 Battaglione del Reggimento Contraereo della Divi-
sione Hermann Gring
Battaglione Esplorante della Divisione Hermann Gring
Tenente EGGER, Posta da campo 26969, Comandante a STIA
Soldato WILFEUER FREDERICK, Posta da campo 26969
80 PAOLO PAOLETTI

Sergente UNTERICHT Franz, ambedue della


Guarnigione di Stia
Tenente OLLECRS Posta da campo L 53233
2 Battaglione, 2a Compagnia del Reparto Esplorante.
Ufficiali non identificati della stessa unit della Divisione H.G..

ITALIANI MARTELLUCCI UGO, Sindaco di STIA, ora nel Campo In-


ternati n. 2
GIABBANI Angelo, Segretario al Comune di Stia
BARTOLINI Giovanni, Cancelliere al Comune di Stia
FRANCALANCI Cesare, Segretario Politico di Stia
(Gli italiani sunnominati non presero parte attiva nel massacro ma
collaborarono con le autorit tedesche)

INVESTIGAZIONE Conclusa dal Serg. Baxendale


78a Sezione S.I.B.
controfirmato dal Cap. N.E. Middleton
DAPM della 78a Sezione S.I.B.

Facciamo ora seguire alcune decine di testimonianze tra le 75


raccolte dallinvestigatore inglese.
Tra le pi importanti segnaliamo quella di Anita Pantiferi,
Ines Bucchi, Dina Bucchi, Reginaldo Bucchi per i fatti a Moli-
no di Bucchio, Rutilio Trenti per la strage e Giulio Andreucci,
capo della Misericordia di Stia, che fornisce una sequenza degli
avvenimenti successivi alla strage.

STRAGE DI VALLUCCIOLE

Testimonianza di Anita Pantiferi, 24 anni, via Erbosa 35, Firen-


ze, la quale dichiara:

Lavoro a Firenze come lavandaia.


Domenica 9 aprile 44, andai a far visita ai miei genitori che vivono
a MOLINO DI BUCCHIO, con mia sorella Giuseppina, di 16 anni.
Verso le 15,30 di marted 11 Aprile, ero per la strada, vicino alla
casa del mugnaio di Molino di Bucchio, quando una macchina
nera si ferm accanto a me; a bordo cerano tre uomini, in abiti
civili e uno di loro mi chiese se la strada finiva a MOLINO DI BUC-
CHIO. Gli risposi affermativamente e la macchina allora and ver-
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 81

so il ponte. Poco dopo seguii la macchina e la vidi ferma vicino a


casa nostra, due degli uomini erano seduti sul ponte. Uno di loro
aveva una cartina.
Uno mi chiese se cerano partigiani, perch disse che volevano
unirsi a loro. Gli risposi che non ne avevo visti, n sapevo dove
potessero essere.
Mentre si parlava, guardai la cartina; notai che era di questa zona
ma non saprei dire se era segnata a matita. Mi chiesero del vino e
risposi che lo potevano trovare a VALLUCCIOLE ma mi dissero che
era troppo lontano. A questo punto erano arrivate altre ragazze,
anche le due sorelle Ines e Dina Bucchi.
Uno degli uomini mi chiese di prendere del vino da casa mia, an-
dai a chiederlo alla mamma, che mi rispose di non volerne dare.
Poco dopo anche le altre ragazze entrarono in casa.
Guardai dalla finestra e vidi 4 partigiani che camminavano fretto-
losamente sul ponte verso la macchina; erano armati con dei pic-
coli fucili mitragliatori. Uno disse: Chi siete? Mani in alto. Vidi
che luomo ancora seduto in macchina estrasse una rivoltella e co-
minci a sparare sui partigiani attraverso il parabrezza. Non vidi
cosa accadde alluomo ma vidi cadere uno dei due che erano sul
ponte e laltro che correva inseguito dai partigiani.
Venti minuti dopo i partigiani tornarono e vidi che uno di loro spa-
rava alluomo per terra. Seppi allora che erano tedeschi in abiti ci-
vili.
Sentii che i partigiani dicevano di aver trovato due mitragliatrici e
40 granate nella macchina. Ci dissero di andare a passare la notte
a Vallucciole. La mattina dopo tornammo a casa e vidi la macchi-
na ed i due corpi. Mangiammo qualcosa e tornammo a VALLUC-
CIOLE. Poco dopo mezzogiorno un contadino mi disse che cera-
no soldati tedeschi a MOLINO DI BUCCHIO e che la nostra casa sta-
va bruciando. Con mia sorella Giuseppina, andammo a SERELLI,
da dove si vedeva la nostra casa. Vidi un uomo che metteva della
roba presa dalla casa, su un carretto. Io e mia sorella ci precipi-
tammo gi per fermare il ladro.
Al ponte trovai molti soldati tedeschi. Stavo per tornare indietro,
quando uno di loro mi ferm. Mi chiesero se abitavo l ed io ne-
gai ma mia sorella piangeva e cos non mi credettero. Fummo pre-
se prigioniere. 4 di loro ci portarono a SERELLI dove tutte le case
venivano saccheggiate.
Dopo fummo obbligate a tornare a MOLINO DI BUCCHIO, dove vi-
di il tedesco che il giorno precedente era sfuggito ai partigiani. Dis-
82 PAOLO PAOLETTI

se: Non mi avete dato il vino e non lo avete dato ai miei amici.
Ora sono morti, voi morirete stanotte. Mia sorella ed io fummo
obbligate a salire su un autocarro, che portava i corpi dei due te-
deschi uccisi dai partigiani e tutte le nostre cose di valore. An-
dammo a STIA e il veicolo si ferm davanti alle scuole, dove cera
il Quartier Generale della guarnigione tedesca a STIA. Tutti gli og-
getti di valore furono scaricati. Mia sorella ed io, insieme ai due
cadaveri, fummo portate a BORGO ALLA COLLINA ed andammo in
una casa dove cera il Comando tedesco. Ci portarono in una stan-
za dove passammo la notte. La mattina seguente fummo portate
con lo stesso autocarro, che ancora conteneva i due corpi, a FI-
RENZE.
Fummo portate in VIA BOLOGNESE, dove il veicolo si ferm ad una
grande villa8. Un soldato tedesco ci scort dentro e lautocarro se
ne and. Ci fece entrare in una stanza dove cera un uomo in abi-
ti civili, seduto ad una scrivania. La nostra scorta gli dette una let-
tera e gli parl a lungo in tedesco. Non so descrivere questuomo.
Poco dopo il soldato se ne and ed un ufficiale entr nella stan-
za. Anche lui parl in tedesco al civile ed anche lui se ne and. Il
civile cominci attraverso linterprete a pormi una serie di do-
mande. Eccole qui di seguito:
d) Quando andata a casa? r) A Pasqua.
d) Cosa accaduto a Molino di Bucchio? r) Raccontai il fatto.
d) Conosce qualche partigiano? r) No.
d) Potrebbe riconoscere i partigiani che hanno ucciso i tedeschi?
r) No.
Non mi fece altre domande e ci disse che eravamo libere.
Mia sorella rimase a FIRENZE. Io andai a Molino di Bucchio. Ar-
rivai a Stia il sabato mattina, a piedi. Fui interrogata dal Brigadie-
re dei Carabinieri BIAMI. Mi disse che lo faceva per ordine dei fa-
scisti. I Carabinieri furono estremamente disponibili. Da l andai
al Comune di STIA dove fui interrogata da MARTELLUCCI, com-
missario del prefetto. Gli dissi tutto. Non disse niente ma mi la-
sci libera di andare a casa. Rimasi a STIA a casa di mio cugino e
venni a sapere che mia madre PANTIFERI MARIA NELLA era stata

8 In un colloquio avuto il 4.12.1995 la signora Pantiferi Corsini ci ha spiega-


to che si trattava di villa Triste, dove fu interrogata da Mario Carit in persona. Il
ritratto che ne fa corrisponde a quanto si vede nelle foto. L vi era Aussenkom-
mando delle SS e quindi venne interrogata anche da um membro della Gestapo.
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 83

uccisa. Il giorno dopo andai con lambulanza a MOLINO DI BUC-


CHIO e da l a SERELLI, dove trovai il cadavere di mia zia, MARCHI
ADA, che era stata colpita alla testa.
Vidi circa 16 morti ma non so i loro nomi; tutti erano stati colpi-
ti alla testa.
Dopo tornai a STIA dove rimasi a casa dei miei cugini per 15 gior-
ni e poi tornai a FIRENZE. Vidi mia sorella e ci incontrammo spes-
so fino al giugno 44. Quando seppe della morte di mia madre det-
te segni di isterismo e poich questo disturbo continuava minac-
ciai di farla ricoverare in manicomio ma era solo uno scherzo, per-
ch le servisse a rimettersi. Penso invece che mi prendesse sul se-
rio. Un giorno mia sorella mi lasci un biglietto in cui mi infor-
mava che sarebba andata a lavorare fuori FIRENZE e che mi avreb-
be scritto. Non ne ho pi saputo niente.
Firmato Anita Pantiferi
Dichiarazione scritta in italiano e firma autenticata dal Brigadiere
Giuliani, interprete, alla presenza del Serg. Baxendale della 78a Se-
zione della S.I.B., il 6 gennaio 1945.
Certifico che quanto sopra una fedele traduzione dallitaliano e
lho fatta al meglio delle mie possibilit
Firmato Corrado Lodi-Focardi
[queste formule di rito si ripetono stereotipe alla fine di ogni te-
stimonianza, cambiano solo la data e il nome del traduttore Cor-
rado Lodi-Focardi, Emma Detti, C. A. Giuliani]
Firenze il 6.1.1945.

Dichiarazione di Ines Bucchi, di 30 anni, a Molino di Bucchio,


la quale dichiara:

Non sono sposata e, fino allaprile 43, abitavo a FIRENZE. Da quel-


la data sono sempre stata a Molino di Bucchio con i miei genito-
ri ed un fratello.
Verso le 15,00 di marted 11 aprile 44, ho sentito un veicolo che
passava vicino a casa. Poco dopo Pantiferi Anita mi ha chiamato
e mi ha chiesto se volevo andare con lei fino al ponte. Acconsen-
tii e andai con lei e altre due ragazze. Anita e unaltra ragazza era-
no davanti; quando arrivai al ponte, vidi una macchina nera con
dentro un uomo in abiti civili, seduto dietro. Al ponte vidi altri due
uomini anche loro vestiti con abiti civili che stavano parlando con
le due ragazze che erano andate avanti. Mentre mi avvicinavo sen-
tii che uno degli uomini diceva: C una banda di partigiani in
84 PAOLO PAOLETTI

questa zona. Aggiunse anche che erano americani che si erano


gettati col paracadute e che volevano unirsi ai partigiani. Mostr
una cartina della zona e notai che i paesi di MOLINO DI BUCCHIO
e VALLUCCIOLE erano sottolineati in rosso. Anita disse che non
potevano essere americani, perch uno di loro aveva stivali italia-
ni e laltro tedeschi. Chiese loro di mostrare i documenti, ma gli
uomini dissero che li avevano perduti.
Uno di loro chiese del vino. Anita rispose che lo potevano trova-
re a VALLUCCIOLE, ma loro dissero che era troppo lontano. La
conversazione and avanti per un p, poi tornarono verso la mac-
china. Io e le altre 3 ragazze passammo il ponte ed andammo ver-
so casa Pantiferi e rimanemmo fuori a chiacchierare. Poco dopo
la macchina nera attravers il ponte e si ferm poco sotto a noi. I
due civili, che avevano parlato con noi, uscirono dalla macchina,
uno chiese acqua per il radiatore e noi gliela demmo. Poi chiese-
ro di nuovo del vino e Anita entr in casa per prenderne un po-
co. Siccome era rimasta in casa, entrammo anche noi. Guardai
dalla finestra e vidi tre partigiani che attraversavano correndo sul
ponte. Erano armati di piccoli mitra, quando raggiunsero la mac-
china mostrarono i fucili e chiesero i documenti alluomo seduto
dietro. Non sentii la sua risposta, ma sentii che i partigiani grida-
vano: Siete tedeschi. Poi aprirono il fuoco e vidi luomo sedu-
to cadere in avanti. I partigiani corsero avanti e sparirono dietro
la casa.
Spaventate da quello che era accaduto io e le altre ragazze uscim-
mo per tornare alle nostre case. Passando vicino alla macchina, vi-
di un uomo a terra a fianco della macchina, che si lamentava, la-
sciai velocemente quel luogo. Quella sera vidi molti partigiani a
Molino di Bucchio.
A causa di quello che era accaduto, il giorno dopo, alle 10,00, an-
dai a nascondermi nel bosco. Da l vedevo la valle, in particolare
vidi soldati tedeschi che andavano a Molino di Bucchio. Tornai a
casa e mio padre, BUCCHI ANGIOLO, mi disse che, se il giorno do-
po avessi sentito degli spari, sarei dovuta restare in casa. Mi disse
che i tedeschi gli avevano detto di fare cos.
Verso le 5,00 del giorno seguente sentii rumore di veicoli. Poco do-
po sentimmo bussare alla porta e quando aprimmo vidi mio pa-
dre e dei soldati tedeschi. Entrarono e gli permisero di vestirsi poi
lo portarono via. Non lho pi visto vivo.
Due o tre soldati vennero in camera mia. Mia madre era entrata
poco prima. Dopo aver perquisito la stanza ci dissero di uscire. Al-
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 85

tri tedeschi fuori ci ordinarono di proseguire per la strada ed alla


fine ci fermammo al ponte. Vidi molti veicoli, soldati e fucili.
Vidi poi due italiani venire da La Cuna: erano Gargiani Bruno (14
anni) e Talenti Nello, che portavano dei sacchi. Erano scortati da
tedeschi. Il gruppo si ferm al ponte e fu ordinato ai due italiani
di posare i sacchi, poi fu loro ordinato di girarsi, di rimanere in-
sieme e di camminare lentamente verso i campi. Un soldato tede-
sco li accompagn. Avevano fatto pochi passi quando il soldato fer-
m Nello, gli prese gli stivali e gli ordin di proseguire mentre lui
tornava verso il ponte con gli stvali. Improvvisamente un altro apr
il fuoco sui due italiani con un fucile mitragliatore. GARGIANI cad-
de immediatamente mentre TALENTI barcoll e fece alcuni passi e
cadde poi su un piccolo rialzamento del terreno vicino al fiume.
Il tedesco corse allora dove NELLO giaceva e gli spar di nuovo.
Verso le 12,00 io e le altre donne avemmo il permesso di andare.
Rimanemmo insieme e ci nascondemmo vicino al fiume, a una
qualche distanza dal ponte. Rimanemmo l tutto il giorno e la not-
te. La mattina seguente suggerii di andare a prendere qualcosa di
caldo da bere in Casa TRENTI, ma mentre andavamo verso questo
posto, si vide che stava bruciando, cos tornammo a Molino di
Bucchio. Andai al ponte e vidi i corpi di GARGIANI e TALENTI.
GARGIANI era stato colpito alla schiena ma non riuscivo a vedere
dove fosse stato colpito TALENTI.
Dopo andai a cercare mio padre, non lo trovai ma in un dirupo
vicino a MOLINO DI BUCCHIO vidi i 4 corpi di TRAPANI DARIO, TRA-
PANI PASQUALE, TRAPANI ITALIANO e TRAPANI GIULIO. Non riuscii
a vedere dove fosse stato colpito PASQUALE, ma gli altri 3 erano
stati colpiti alla schiena.
Dopo aver visto questo, decidemmo di nasconderci di nuovo ed an-
dammo vicino al fiume. Per tutta la giornata di sabato rimanemmo
nascoste e dormimmo in una stalla di una casa vicina. La domeni-
ca sentii il rumore di mitragliatrice provenire da CASTELLO.
Verso le 17,00 della domenica vidi gente che era venuta da STIA
per aiutarci. Andai con loro a casa mia dove presi dei vestiti e, se-
guendo il loro consiglio, andai a STIA dove rimasi fino a gioved.

Testimonianza di Pasquale Pantiferi, di anni 65, ponte di Moli-


no di Bucchio:

Nel dicembre io e mia moglie scontammo una pena in carcere per


aver nascosto prigionieri di guerra inglesi e da allora fino ad apri-
86 PAOLO PAOLETTI

le ebbi lobbligo di andare a firmare a mezzogiorno.


Verso le 12 dell11 aprile andai a lavorare a Moiano di Sopra. Nel
pomeriggio sentii il rumore di spari che sembravano venire da ca-
sa mia.
Verso le 17 di marted 11 aprile, mia figlia Anita venne da me e mi
disse che sarebbe stato molto pi sicuro se fossi rimasto a Moia-
no, perch due soldati tedeschi erano stati uccisi vicino a casa mia.
Trascorsi la notte a Moiano di Sopra. Mercoled vidi da lontano la
mia casa bruciare e venni a sapere che le mie due figlie erano sta-
te portate via dai tedeschi.
Nella tarda serata di quel mercoled decisi di tornare a casa mia
ma sulla strada mi fermai a far visita ad una casa chiamata Molin
di Bianco. Scoprii che qui si erano rifugiate mia moglie e mia fi-
glia Delia, perch casa nostra non era abitabile in quel momento.
Rimanemmo l per quella notte insieme con la famiglia Ragazzini,
che la abitava normalmente.
La mattina del giorno dopo (13 aprile), molto presto, vidi dei vei-
coli vicino al ponte di Molino di Bucchio. Avevo paura cos deci-
si di correre via. A circa 45 metri da casa mia vidi un gruppo di
soldati tedeschi che facevano fuoco contro di me. Riuscii comun-
que a scappare e andai verso i monti, dove mi nascosi per 10 o 12
giorni. Qui appresi della morte di mia moglie...
Molino di Bucchio, venerd 22 dicembre 1944

Testimonianza di Giuseppa Bucchi, di anni 46 anni, di Molino


di Bucchio, Santa Maria, la quale dichiara:

Sono vedova ed ho 4 figli. Mio marito stato ucciso dai tedeschi


quando vennero a VALLUCCIOLE nellaprile 44.
Mercoled 12 aprile ero in casa. Verso le 10 guardai fuori e vidi
circa 40 soldati tedeschi venire su da STIA. Erano tutti armati. Po-
co dietro cerano 2 o 3 autocarri. La porta di casa era chiusa a chia-
ve, li avevo visti venire dalla finestra.
Improvvisamente sentii bussare alla porta, non risposi e loro se ne
andarono seguiti dai veicoli.
Verso mezzogiorno vidi BUCCHI REGINALDO e BUCCHI ANGIOLO
che portavano una scala sulla quale cera qualcosa coperto con un
telo, sembrava un corpo. Passarono e tornarono indietro poco do-
po con la scala. Vidi che facevano un altro viaggio portando un fa-
gotto che, anche questa volta, sembrava un corpo. Durante que-
sti movimenti erano scortati dai tedeschi.
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 87

Mezzoora dopo 3 tedeschi entrarono in casa mia e poco dopo la


casa sembrava piena. Uno disse: Mangiare, mangiare. Avevano
un cesto di uova che cucinai per loro. Detti loro del pane e mi chie-
sero del vino. Dissi che non ne avevo ma lo trovarono in altre ca-
se vicine. Dopo aver mangiato e bevuto uscirono e non vidi pi
tedeschi quel giorno.
Il giorno dopo era ancora buio quando sentii bussare alla porta.
Furono sparati dei colpi e i proiettili entravano dalla porta e dal-
la finestra. Mio marito, Bucchi Cesello, scese mezzo vestito. Quan-
do apr la porta 3 tedeschi entrarono e con calci e schiaffi lo ob-
bligarono ad uscire. Quando era fuori sentii i tedeschi che urla-
vano: scarpe, scarpe e mio marito torn a prendere gli stivali e
mi fu permesso di gettarglieli. Solo 3 tedeschi rimasero di guar-
dia, gli altri scomparvero con gli uomini del paese.
Uno dei soldati rimase fuori, gli altri due entrarono e comincia-
rono metodicamente a rompere e a bruciare tutto. Gli abiti furo-
no ammucchiati sui letti e poi fu dato fuoco. Alla fine, dopo aver
aperto tutti i cassetti, trovarono il mio denaro, 30.000 lire, e lo pre-
sero, poi se ne andarono.
Uscii di casa ma incontrai un grosso gruppo di soldati tedeschi ed
alcuni mi gridarono: caput, caput. Corsi verso le case e vidi una
donna che recuperava le cose di casa sua e decisi di fare lo stesso;
tutto quello che ho recuperato fu messo nella stalla.
Dopo incontrai delle donne che mi dissero che dovevamo andare
al ponte che vicino a casa PANTIFERI. Io le seguii e rimanemmo
l fino a mezzogiorno; cerano molti tedeschi e molti veicoli, le mi-
tragliatrici erano piazzate in delle buche del terreno. Mentre ero
l, vidi 2 uomini di SERELLI: VADI GIUSEPPE e MICHELACCI SILVIO,
entrambi di 70 anni, che portavano dei sacchi che misero vicino
al ponte e stavano tornando verso SERELLI quando incontrarono
un gruppo di tedeschi. Furono presi e trascinati verso una casa di
MOLINO DI BIANCO che stava bruciando. Il primo fu trascinato sot-
to un balcone e un soldato gli spar molti colpi. Laltro cerc di
fuggire, ma era troppo vecchio e fu subito ripreso per subire la stes-
sa sorte dellaltro.
Due tedeschi, poco dopo, si staccarono dal gruppo ed andarono
a piedi verso le case di LA CUNA. Tornarono unora dopo e con
loro cerano due italiani che venivano spinti in avanti, Talenti Nel-
lo e Gargiani Bruno, con prosciutti e altra carne, che lasciarono al
ponte e che fu poi caricata sugli autocarri.
I due tedeschi poi obbligarono i due uomini ad andare in un cam-
88 PAOLO PAOLETTI

po vicino dove cerano altri tedeschi. Uno dei due italiani dovet-
te togliersi gli stivali, poi entrambi furono mandati verso una sie-
pe e improvvisamente si sentirono molti colpi e i due italiani cad-
dero uno da un lato della siepe e laltro dal lato opposto.
Uno dei tedeschi del gruppo venne da noi e ci disse: il mio uffi-
ciale ed il mio camerata sono stati uccisi. Io dissi: Noi siamo in-
nocenti. Allora mi disse di andare a casa e quando arrivai la tro-
vai in fiamme.
Io con altre due donne andammo in un fosso; erano circa le 13,00
e ci sembr un luogo sicuro: mentre eravamo l vedevamo molti
tedeschi che andavano su e gi.
Verso le 19,00 vidi un soldato tedesco in cima ad una collina che
puntava la mitragliatrice su un fosso vicino ma non vedevo che co-
sa ci fosse dentro. Cominci improvvisamente a sparare, poi smi-
se. Lo sentii gridare: Ancora e ricominci a sparare. Pensai che
sparasse ad alcuni italiani perch avevo visto gi dei soldati tede-
schi che sparavano in quella direzione. Noi rimanemmo tutta la
notte nel fosso e tutto sembrava tranquillo.
La mattina presto di venerd 14 aprile, avevamo molto freddo e
decidemmo di andare a casa Trenti per bere qualcosa di caldo, ma
quando vedemmo che anche quella casa stava bruciando, noi tor-
nammo indietro. Andai a casa mia con lintenzione di prendere dei
vestiti che avevo nascosto nella stalla il giorno precedente, ma non
cerano pi. Cerano i lenzuoli.
Andai allora alla siepe dove avevo visto cadere TALENTI e GAR-
GIANI. Li trovai entrambi morti. Gargiani era stato colpito alla te-
sta ma non vidi dove era stato colpito TALENTI. Pensai a mio ma-
rito che non era tornato ed andai dove avevo visto il tedesco spa-
rare il giorno precedente verso le 19. Trovai 4 corpi erano, TRA-
PANI PASQUALE, DARIO, ITALIANO e GIULIO. Tre erano con la fac-
cia in gi e uno sul fianco. Non vidi dove erano stati colpiti. Guar-
dai nelle altre fosse intorno, nel vano tentativo di ritrovare mio
marito, e, mentre facevo questo, vidi arrivare lambulanza da STIA.
Davanti veniva un autocarro tedesco pieno di soldati, mi impau-
rii e insieme ad altre due donne andai in una grotta e rimanem-
mo nascoste fino alla domenica sera. Sentimmo che cera molto
movimento di veicoli, ma dal posto dove eravamo non si vedeva
niente.
Verso le 17,00 della domenica si sentirono dei colpi e vidi gli uo-
mini della Misericordia di Stia; volevano portarci via a STIA. Quan-
do fui sulla strada, vidi un autocarro e, vicino, alcuni uomini, fra
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 89

i quali MARSILI BRUNO. Dissi che volevo andare a casa ma mi dis-


se che non era necessario, perch si era gi preso cura dei miei ave-
ri. Gli chiesi della mia biancheria e mi disse che non cera pi.
Fummo portate allospedale di STIA, dove ci dettero da mangiare
Tornai a MOLINO DI BUCCHIO marted 18 aprile e feci delle inda-
gini per trovare mio marito ma SABATINI TOMMASO, di MOLINO,
mi disse che era morto e che era stato sepolto a SANTA MARIA. Non
lho pi visto n vivo, n morto da quella mattina del 12 Aprile.
Non sono in grado di descrivere nessun tedesco, perch tutto era
cos confuso. Mentre ero vicino al ponte, gioved 13 aprile, sentii
che alcuni soldati in uniforme tedesca parlavano italiano. Il loro
modo di parlare mi port a pensare che fossero italiani, vestiti con
uniformi tedesche.
Firmato Bucchi Giuseppa
(Testimonianza rilasciata il 15.12.1944 a Molino di Bucchio).

Testimonianza di Reginaldo Bucchi, di anni 59:

Sono un contadino e vivo con la mia famiglia a Molino di Bucchio.


Vivo qui da quando sono nato.
Verso le 15,30 di marted 11 aprile stavo tornando a casa dal la-
voro quando vidi una piccola macchina italiana a 4 posti di color
nero. Dietro al sedile del pilota cera un uomo vestito in abiti ci-
vili. Mi avvicinai alla macchina e dissi alluomo: Dove state an-
dando?. Fece un gesto con la mano e scosse la testa come se non
avesse capito. Pi tardi altre due persone vestite in abiti civili si
avvicinarono alla macchina, vi entrarono e lauto si mosse in dire-
zione di Vallucciole. Dopo una decina di minuti sentii il rumore
di spari provenienti dalla direzione in cui si era mossa la macchi-
na.
Successivamente venni a sapere che due dei tre civili erano stati
uccisi. Una mezzoretta dopo andai a casa dei Pantiferi, che si tro-
va a circa 150 m. dal mulino, che vicino a dove avevo sentito la
sparatoria. Vidi la stessa macchina che avevo visto prima ma non
mi avvicinai. Cera un sacco di gente che stavano intorno alla mac-
china e non fui in grado di vedere se gli uomini vestiti in borghe-
se erano l.
Verso le 10 di mercoled 12 aprile, arriv al villaggio una quaran-
tina di soldati tedeschi. Stavo lavorando al mulino quando 3 sol-
dati tedeschi vi entrarono. Uno dei tedeschi ci chiese: Avete ar-
mi o munizioni?. Io risposi di no. Questi tedeschi parlavano mol-
90 PAOLO PAOLETTI

to male italiano. Uscendo presero me e mio fratello Angelo e ci


portarono alla casa dei Pantiferi. Quando arrivai vidi la stessa mac-
china del giorno prima. Sul sedile posteriore vidi il cadavere del-
la persona con cui avevo parlato il giorno prima. Aveva ferite dar-
ma da fuoco alla testa e la faccia era coperta di sangue. Vidi una
seconda persona distesa vicino alla macchina. Lo riconobbi come
una delle persone che erano salite in macchina il giorno prima. La
faccia era coperta di sangue. I corpi furono posti su una scala e
mio fratello9 ed io la dovemmo portare per circa mezzo chilome-
tro fino ad un camion tedesco. I corpi furono posti su questo vei-
colo. Un soldato che stava vicino al camion mi disse: Non mi ri-
conosci?. Lo guardai e risposi di no. Lui mi disse: Sono una del-
le persone che erano nella macchina ieri. I soldati poi presero me
e mio fratello e ci portarono verso il fiume. Mentre andavamo al
fiume dissi a mio fratello di tornare indietro. Mentre lo facevamo
un ufficiale, armato di fucile, me lo punt addosso, pensai che
lufficiale stesse per spararmi, afferrai il fucile per la canna e la spo-
stai, dicendo: Se vuoi spararmi lasciami dire che non ho nulla a
che vedere con i partigiani. Lufficiale allora mi chiese: Dammi
2.000 lire. Io risposi: Non ho soldi con me ma se vieni a Stia,
andr in banca e te li dar. Lufficiale mi chiese: Hai del pane
e del vino?. Portai i soldati a casa mia e detti loro del cibo e vi-
no. Quando ebbero finito di mangiare, lufficiale mi chiese: Co-
nosci Stalin? Conosci Churchill? Conosci il Papa?. A queste do-
mande risposi di no. Lufficiale mi chiese allora un cavallo. Io gli
dissi: Non c nessun cavallo nella vallata. Allora a me e a mio
fratello fu ordinato di portare un carretto vicino alla casa dei Pan-
tiferi. Dalla casa dei Pantiferi i tedeschi presero materassi, len-
zuoli, tegami e orologi. Questa roba fu messa sul carretto e io e
mio fratello fummo costretti a portare questa roba fino al camion
dove erano stati messi i due corpi. Ritornando al ponte vidi un
gruppo di soldati che venivano gi dalla direzione di Serelli. Vidi
due ragazze, tra loro riconobbi Anita Pantiferi e Giuseppina Pan-
tiferi, che abitavano nella casa che era stata saccheggiata. Non par-
lai con le due ragazze. Una sentinella tedesca che era con noi dis-
se: Stasera quando dormirete, sarete svegliati dal forte rumore dei
colpi di fucile e dai mitra. Le due ragazze furono messe sul ca-

9 Verosimilmente si tratta di Bucchi Angelo Emilio, fascista di Stia, che for-


se era fuggito con gli altri gerarchi locali e non pot esser interrogato.
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 91

mion e non le vidi pi quel giorno. Poi tutti i tedeschi se ne an-


darono da Molino di Bucchio. Allalba di gioved 13 fui svegliato
dal rumore di spari di fucile e mitragliatrici. Andai alla finestra e
vidi soldati tedeschi che venivano verso il villaggio alla guida di mo-
tociclette. Scesi le scale e aprendo la porta vidi che i soldati ave-
vano gi sfondato la porta della casa di fronte che era di mia pro-
priet. Un soldato dalla strada mi disse: Vieni!. Mi dette una cas-
setta di munizioni. Dopo 10 minuti, io, Ragazzini Angelo di Mo-
lino di Bucchio, un altro uomo di nome Giuseppe, di Firenze e al-
tri civili fummo caricati di cassette di munizioni e messi in marcia
verso Serelli. Passando per Serelli sentii gli spari dei mitragliatori
e donne che urlavano. Poco dopo vidi nuvole di fumo provenien-
ti dalle case. Non vidi nessuno che veniva ucciso. Il mio gruppo
fu diretto verso Moiano di Sotto. Arrivati a Moiano i soldati si spar-
pagliarono perquisendo le case. Durante una perquisizione un uo-
mo, Amedeo Gori, fu portato dove noi eravamo seduti ad aspet-
tare. Lui protest dicendo: Io sono uno sfollato, non voglio ve-
nire con voi. Un tedesco gli spar e lo uccise. Sua madre era pre-
sente alla scena e si mise ad urlare. Lo stesso tedesco si rivolse ver-
so di lei e le spar. Dopo che era caduta a terra, prima che mo-
risse, il tedesco le spar altri due colpi al petto. Il resto del grup-
po di soldati dette fuoco alle case e ai covoni di fieno. Poco dopo
vidi una donna venire verso di noi. Sapevo che era la moglie del-
luomo ucciso. I tedeschi la fermarono e le chiesero: Dove stai an-
dando?. Ella cerc di spiegar loro che vedeva bruciare la casa do-
vera il suo bambino. I soldati non sembrarono capire cos io le
dissi: Scopriti il petto e d loro che devi allattare il tuo bambino.
Ella fece cos, il soldato si mise a ridere ma le permise di passare.
Dopo andammo a Vitareta. Qui ci fermammo in una fattoria do-
ve ci fu dato da mangiare e da bere per tutti. Dopo i tedeschi per-
quisirono la casa e, trovando un prosciutto in una stanza, lo tira-
rono gi e lo portarono via. Il gruppo con cui ero ritorn in un
punto del Falterona dove gi si erano riuniti altri gruppi di solda-
ti con altri portamunizioni italiani. Dopo un po il mio gruppo
mosse verso il ponte di Vallucciole. Qui un soldato tedesco disse:
Che misera morte per i banditi. Io gli dissi: Io non sono un ban-
dito. Il soldato rispose: Il mio comandante non qui, andave-
tene subito alle vostre case. Cos feci e e rimasi a casa mia fino a
venerd mattina. Quel giorno andai con Bucchi Giuseppa e mia
cognata, Bucchi Annunziata, a Molino di Bianco. Qui trovammo
il cadavere di Talenti Nello di La Oia e Gargiani di Murenda. En-
92 PAOLO PAOLETTI

trambi avevano ferite alla testa. Ritornammo a Molino di Bucchio.


Andando gi per il fiume vidi i corpi di 4 uomini, uno di questi
era Trapani di Giuncheto ma non guardai le sue ferite.
Lunico tedesco che potrei riconoscere lufficiale che aveva dei
nastrini dargenti sulle spallette.
Firmato Bucchi Reginaldo.

Testimonianza di Delia Pantiferi, di 20 anni, Molino di Bucchio,


Vallucciole, la quale dichiara:

I partigiani avevano ucciso due soldati tedeschi vicino alla mia ca-
sa marted 11 aprile 44 e, in conseguenza di ci, io e la mia fami-
glia decidemmo di non dormire a casa quella notte per timore di
rappresaglie. Io e mia madre dormimmo a casa di ANGIOLINO, un
contadino, mentre mio padre ADOLFO e mia sorella ANITA dor-
mirono da unaltra parte. Alle 7 del giorno dopo andai a trovare
mia sorella e vidi che i corpi dei tedeschi non erano stati rimossi;
con mia madre e mia sorella andammo a casa nostra. Eravamo
molto impaurite e quindi decidemmo di non rimanerci molto e tor-
nammo dove avevamo dormito la notte precedente. Verso le 11,00
vidi che la casa di mia zia stava bruciando. Mia sorella disse: De-
vo andare a vedere cosa accaduto e si incammin verso la casa
in fiamme. Io la seguii a breve distanza. Quando raggiunse la stra-
da, mia sorella fu presa dai tedeschi che erano in paese. Uno dei
soldati, che era stato presente il giorno precedente alluccisione dei
due tedeschi ma che era riuscito a fuggire, la riconobbe. Parlava
bene italiano e disse: Noi ci conosciamo, penso che tu sia impli-
cata nella morte dei miei camerati. Morirai stanotte. Fu messa su
un autocarro, che aveva a bordo anche i corpi dei due tedeschi, e
portata via. Tornai da mia madre e le dissi cosa era successo, le dis-
si anche che la casa da entrambe i lati stava bruciando. Alle 12,00
i tedeschi lasciarono il paese e noi andammo a casa con lidea di
mettere in salvo le cose di valore. Quella notte dormimmo di nuo-
vo da ANGIOLINO ed anche mio padre dorm l.
Alle 5,30 della mattina seguente sentimmo mezzi di trasporto te-
deschi e soldati nei pressi del paese. Mio padre disse: meglio
che me ne vada, cos i tedeschi non vi faranno del male. Mentre
usciva gli spararono dietro ma riusc ad evitarli. Poco dopo dei sol-
dati tedeschi entrarono in casa e ci ordinarono di uscire. For-
mammo un gruppo e per un attimo pensai che ci avrebbero spa-
rato, invece ci fecero allontanare e ANGIOLINO, che era con noi,
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 93

ricevette lordine di trasportare le munizioni. Mia madre, Maria,


la moglie di Angiolino ed io tornavamo verso casa. Camminava-
mo in fila lungo un sentiero. Io ero davanti mentre mia madre era
lultima. Un soldato tedesco ci ferm, era armato di mitra, e ci det-
te il permesso di camminare e ci seguiva tenendoci sotto tiro con
il mitra. Camminavamo da un p quando mi girai per vedere se
fosse ancora dietro a noi ed in quel momento fece fuoco. La mam-
ma e Maria caddero a terra morte. Fingendomi morta, anchio
caddi in terra e rimasi immobile. I proiettili mi erano passati vici-
nissimi ma non mi avevano colpito. Erano le 6,00 ed io rimasi pro-
na fino alle 9,00. Mentre ero l vidi che i tedeschi costringevano
la gente a lasciare le loro case. Vidi che i tedeschi incendiavano le
case e rubavano il bestiame e saccheggiavano le case.
Vidi due tedeschi che spingevano un vecchio, che si chiamava Nel-
lo, e un ragazzo di 10 anni. Puntavano i mitra contro di loro e po-
co dopo sentii rumore di colpi che provenivano dal punto dove i
soldati, Nello ed il ragazzo erano scomparsi. Nello ed il ragazzo
non furono rivisti vivi.
La sera, un soldato tedesco che passava vide che ero viva. Mi chie-
se se fossi ferita e gli risposi di no. Mi aiut ad alzarmi in piedi e
non riuscivo a reggermi. Allora disse: Vado a cercare il mare-
sciallo. Risposi: No, no, ho paura, ma mi assicur che il Ma-
resciallo era buono: torn poco dopo con questo ufficiale. Il
maresciallo mi chiese: Hai nessun parente che abiti qui?. Dissi
che avevo dei parenti a STIA e lui mi disse di andare con loro. Pri-
ma di andarsene comunque andarono a frugare sui corpi di mia
madre e di Maria; trovarono dei soldi, se li misero in tasca. Mi por-
tarono ad una macchina e lautista ebbe lincarico di portarmi a
STIA. Fui lasciata in paese e andai a casa dei miei amici, qualche
giorno pi tardi mi raggiunsero mio padre e mia sorella, entram-
bi incolumi. Non sono in grado di descrivere nessun tedesco ma
forse potrei riconoscere lautista che mi port a STIA.
Firmato Delia Pantiferi
(Testimonianza rilasciata il 25 ottobre 1944 a Stia).

Testimonianza di Tito Pantiferi, di anni 65, Molino di Bucchio:

Marted 11 aprile lavoravo in un campo vicino a casa mia.Verso le


17 vidi 3 o 4 ragazze di Molino di Bucchio che erano vicine al pon-
te chiacchierare con due uomini vestiti in abiti civili. Dopo un po
i due uomini andarono in direzione del mulino. Poco dopo vidi
94 PAOLO PAOLETTI

una macchina civile che si avvicinava al ponte, Dopo averlo pas-


sato si ferm davanti a casa mia. Lasciai il lavoro e decisi di chia-
rire cosa volevano quei due. Rimanendo fuori di casa vidi i due
uomini che avevano parlato con le ragazze sul ponte. Penso che
un terzo uomo fosse seduto sul sedile posteriore della macchina.
Mi sembr che i due uomini chiedessero del vino e, siccome tut-
to sembrava normale, tornai a lavorare nel campo. Ero arrivato da
5 minuti che vidi 5 partigiani correre attraverso il ponte in dire-
zione dellauto. Erano armati di mitra. Fermandosi di fronte alla
macchina, puntarono le armi sui due uomini che erano fuori. Uno
dei partigiani url a voce alta: Mani in alto. Sentii degli spari
che mi sembravano provenienti dallinterno della macchina. Il
partigiano che aveva gridato schiv i colpi e un altro partigiano
apr il fuoco sulla macchina e sui due uomini che erano fuori dal-
la macchina. Uno di questi cadde a terra, laltro scapp. Poco do-
po i partigiani andarono via e io tornai a casa, vidi luomo che era
stato colpito disteso in terra, ferito gravemente. Luomo seduto in
macchina sembrava morto. Dopo un po tornarono i partigiani
Uno di loro si ferm di fronte alluomo ferito e disse: Questuo-
mo gravemente ferito. Un altro disse: Diamogli il colpo di gra-
zia; sollev il fucile e spar due colpi alluomo che giaceva a ter-
ra. I partigiani ordinarono a mia moglie e a me di andar via da Mo-
lino di Bucchio. Quella sera andammo a Mori, dove rimanemmo
per circa 7 giorni, Quando tornammo trovammo gli altri piani
della casa bruciati e quasi tutti gli oggetti di valore erano stati ru-
bati.

Testimonianza di Dina Bucchi, di anni 18, Molino di Bucchio,


rilasciata il 22 dicembre 1944:

Ho sempre vissuto a Molino di Bucchio con la mia famiglia com-


posta da sei persone, compreso mio padre Bucchi Cesello.
Luned 10 aprile mi accorsi che circa 22 partigiani erano nel vil-
laggio ed erano venuti al mulino per farsi macinare il granturco.
Verso le 16,30 di marted 11 aprile vidi una macchina nera italia-
na che veniva da Stia. Era una FIAT 1100 e sulla targa di dietro ce-
ra scritto FI, in blu su sfondo bianco. Sul parabrezza cera un pez-
zetto di carta bianco ma non potei leggere cosa cera scritto. Nel-
la macchina cerano tre uomini in abiti civili. La macchina si fer-
m di fronte a casa nostra e scesero due uomini. Mentre tiravano
fuori una mappa si diressero verso casa Pantiferi. Mi capit di tro-
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 95

varmi sul ponte che vicino a questa casa in compagnia di una ra-
gazza, Bruna Goretti, e vidi che i due stavano parlando con Ani-
ta Pantiferi. Ci avvicinammo a loro fino a poter sentire cosa dice-
vano. Sentii un uomo dire ad Anita: Siamo aviatori inglesi e sia-
mo stati abbattuti sul Falterona. Luomo chiese del vino e Anita
gli disse che cera una rivendita di vino a Vallucciole. Ma rispose-
ro che a Vallucciole erano tutti partigiani. Cominciai a sospettare
che fossero tedeschi, perch portavano stivali tedeschi. Anita dis-
se: Se volete del vino, ve lo do ma prima mi dovete far vedere i
documenti. Senza rispondere i due si girarono e andarono verso
la macchina. Poco dopo la macchina si mise in moto andando in
direzione del ponte. Lo attraversarono e andarono verso la casa
dei Pantiferi che al di l del fiume. La macchina si ferm e noi
due si pass il ponte. Due scesero dalla macchina e chiesero ad
Anita una bottiglia dacqua per il radiatore della macchina. Lei an-
d a prendere lacqua e lui la vers nel radiatore. Poi torn a chie-
dere del vino. Anita torn in casa a chiedere a sua madre il vino
ma lei rifiut dicendo: No, non do vino a gente che non cono-
sco. Dopo di ci tutte e tre entrammo in casa. Io stavo vicino al-
la finestra e guardavo fuori quando vidi tre partigiani correre at-
traverso il ponte. Tutti e tre portavano dei mitra. Poi ricordo di
averli visti vicino alla macchina, puntando le armi sui due che era-
no fuori della macchina e su quello che era dentro. Non potevo
vedere i due fuori della macchina ma posso dire cosa fecero i par-
tigiani. Dissero di alzare le mani. Un partigiano pi vicino alla
macchina guard il bigliettino bianco che io avevo notato sul para-
brezza. Girandosi verso i due uomini il partigiano grid: Siete te-
deschi. Appena sentii quelle parole scappai dalla finestra e men-
tre facevo questo sentii due scariche di mitra. Capii immediata-
mente che i partigiani avevano sparato.
Dopo circa un quarto dora lasciai la casa dei Pantiferi in compa-
gnia delle due mie amiche e di altre due donne. Guardai la mac-
china e notai che era stata girata e aveva il muso in direzione del-
la strada da cui erano venuti. Tra la macchina e la strada vidi un
uomo. Era quello che aveva parlato con Anita, e che prima tene-
va la cartina geografica in mano. Era gravemente ferito e chiede-
va acqua. Io ero troppo spaventata, cos io e Bruna Goretti cor-
remmo a casa. Quella sera mio fratello, Bucchi Santino, ed io scap-
pammo a casa di mio zio, Giuseppe Trenti, che sta a Moiano di
Sopra. La mattina successiva vedemmo camion tedeschi in pros-
simit del ponte a Molino di Bucchio dove quegli uomini erano
96 PAOLO PAOLETTI

stati uccisi. Vidi molti tedeschi intorno a loro. Poco tempo dopo
vidi del fumo salire dalla casa dei Pantiferi. La sera torn tutto
tranquillo.
La mattina del 13 aprile vennero molti tedeschi a Molino di Buc-
chio. Vidi due tedeschi venire verso casa mia. Ci dissero che tut-
ta la famiglia doveva uscire fuori di casa. Tutte le donne furono
messe in fila di fronte ad un muro, io ero con loro. Gli uomini fu-
rono presi per portare munizioni. Per un po fummo lasciate sole
e mio fratello ed io scappammo oltre il monte in una localit chia-
mata Casa. L ci abita la famiglia Nuzzi. Rimasi l per 8 giorni...
Quando tornai a Molino di Bucchio vidi che la mia casa non era
stata bruciata ma saccheggiata.
Firmato Bucchi Dina
Molino di Bucchio, venerd 22 dicembre 1944.

Testimonianza di Ugo Martellucci, maschio, di 65 anni, Inter-


nato n. 681 presso il Campo n. 2, il quale dichiara:

Nel gennaio 44 fui eletto Sindaco di Stia ed a causa di ci fui pi


o meno obbligato ad iscrivermi al Partito Fascista Repubblicano.
Sotto di me lavoravano:
1. GIABBANI ANGELO (segretario comunale)
2. BARTOLINI GIOVANNI (archivista) e altri impiegati pubblici. Un
fascista che si chiamava FRANCALANCI Cesare lavorava in Comu-
ne come segretario politico, ma non era sotto il mio controllo.
GIABBANI Angelo, che era un ufficiale della Milizia repubblicana
fascista, appariva particolarmente fanatico quando si doveva oc-
cupare dei partigiani che, durante i mesi invernali 1943/44, co-
minciarono ad apparire sulle montagne intorno a VALLUCCIOLE.
So che era stato minacciato da loro e una volta mi mostr una let-
tera, scritta dai partigiani, in cui veniva minacciato di morte, se non
se ne fosse andato da STIA entro una settimana. Avevo ricevuto del-
le richieste da alcune famiglie, compresa anche la famiglia PALLI-
NI, che, in varie occasioni, erano state pesantemente minacciate dai
partigiani. Questi volevano sapere perch non si erano fatte spe-
dizioni militari contro di loro.
Non reagii in nessun modo a questi appelli anche se credo che
GIABBANI ANGELO e FRANCALANCI CESARE abbiano informato le
autorit militari di Arezzo.
Precedentemente alle stragi di VALLUCCIOLE, alcune persone di
localit vicine a STIA, portarono al Comune delle note di requisi-
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 97

zione che avevano ricevuto dai partigiani. Erano indirizzate alle


persone che avevano subito le requisizioni, datate e portavano il
nome della Brigata che aveva eseguito la confisca. Queste ricevu-
te furono raccolte da FRANCALANCI e GIABBANI e so che questul-
timo le port ad AREZZO, perch lui stesso me lo disse. Io stesso
ero in possesso di alcune ricevute ma quando GIABBANI me le chie-
se non gliele detti.
Nellufficio di GIABBANI, appesa alla parete, cera una cartina del
COMUNE DI STIA. Una mappa militare era in possesso dellinter-
prete tedesco che credo si chiamasse, WILFEUER. Questa mappa
copriva la stessa localit ed includeva anche altre zone.
Notai che la cartina nellufficio del GIABBANI era segnata nel mo-
do seguente: i nomi dei luoghi erano inclusi in un cerchietto co-
lorato, le localit contrassegnate erano il Passo della Calla, il Fal-
terona, la zona di Vallucciole e Castello.
Avevo visto il GIABBANI e linterprete che insieme segnavano la car-
tina ma non so a quale scopo. Poco dopo la Pasqua del 44, sen-
tii dire che due tedeschi erano stati uccisi a Molino di Bucchio.
13 ore dopo ununit delle SS entr a STIA ed esegu unazione nel
distretto di VALLUCCIOLE. Circa 180 uomini, donne e bambini per-
sero la vita come conseguenza di questa azione.
Non sono in grado di dare nessuna descrizione dellunit o dei suoi
ufficiali, ma credo che il responsabile dellarrivo di questa unit a
STIA sia stato EGGER, Comandante tedesco di STIA.
Il 5 maggio 44, GIABBANI ANGELO scrisse una lettera al respon-
sabile del Comando tedesco ad AREZZO nella quale riferiva che
lunit responsabile di queste stragi era COMMANDO Posta da
Campo L.G.P.A. Monaco 11. Non so da dove aveva avuto que-
sta informazione ma ammetto di avere firmato quella lettera.
Essa mi stata mostrata oggi dal Sergente BAXENDALE della S.I.B..
Ho messo la mia firma insieme alla data. E quella fu lultima vol-
ta che ho visto quella lettera.
I miei sentimenti per i partigiani sono sempre stati amichevoli, non
ho nessuna responsabilit per le stragi commesse nel distretto di
STIA. Ho riletto questa dichiarazione e la ritengo corretta ed esatta.
Firmato Martellucci Ugo.

Da notare che non esistono testimonianze dei personaggi citati


dal sindaco.
98 PAOLO PAOLETTI

Testimonianza di don Vennetti [sic] Oliviero, Stia, il quale di-


chiara:

Sono larciprete di STIA da 35 anni e faccio la seguente dichiara-


zione volontariamente. Essa contiene fatti e opinioni generali sui
fatti, su come e quando sono avvenuti, e riguarda le stragi commesse
in VALLUCCIOLE durante laprile 44.
La storia comincia nei mesi invernali 1943/44, quando alcune ban-
de di partigiani comparvero sulle montagne di VALLUCCIOLE e la
gente, da quel momento in poi, cominci a considerare la zona
montuosa fra il Falterona ed il Pratomagno come larea di questi
partigiani. Si diceva a volte che erano migliaia, altre volte che era-
no solo piccoli gruppi ed io stesso non saprei dire quanti fossero.
La gente della vallata di VALLUCCIOLE, che vive in gruppi sparsi di
case sui fianchi delle colline, era completamente passiva. Mi rife-
risco a loro, come di gente semplice, contadini che non avevano
interesse n per la guerra n per la politica. Non posso negare che
abbiano dato cibo e riparo ai partigiani, ma lo dovevano fare, lo
richiedeva la necessit di quel momento.
Il Partito Repubblicano di Stia e Pratovecchio era naturalmente
contrario ai partigiani, mentre la popolazione, come insieme, pen-
so che li vedesse di buon occhio. Si era cos venuta a creare una
situazione di costante tensione fra i partigiani e i fascisti, osser-
vata da una popolazione attenta agli eventi e direttamente coin-
volta.
Non fu una sorpresa che i partigiani attaccassero la casa di PAL-
LINI FAUSTINO e di suo figlio FORTUNATO a PORRENA. Il Pallini e
la sua famiglia, per quanto mi risulta, non erano Repubblicani, ma
avevano interessi a SANTA MARIA, che si trova allentrata sud del-
la valle di VALLUCCIOLE, e qui cera stato uno scontro fra i parti-
giani e questa famiglia.
Via via che i partigiani diventavano pi forti le loro aree din-
fluenza divennero pi vaste, essi divennero pi audaci ed arriva-
rono molto vicini a STIA. I fascisti temevano che il paese potesse
venire preso, ma questo timore, secondo me, non era tanto per il
paese o per la popolazione, ma per loro stessi; come conseguen-
za, i fascisti di STIA e di PRATOVECCHIO si allearono contro quel
pericolo e la gente di STIA crede che questi fascisti si siano rivolti
al comando tedesco perch impedissero tutte le attivit dei parti-
giani. E quindi ci aspettavamo qualche azione tedesca in questo
senso.
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 99

Immediatamente prima delle stragi in VALLUCCIOLE, il segretario


comunale, GIABBANI ANGELO, and a BOLOGNA per degli affari
che riguardavano il consiglio comunale di STIA.
Fu la mattina di mercoled 12 aprile 44 che noi ci accorgemmo
dellarrivo di nuove truppe tedesche; ne segu un forte stato di ten-
sione.
La mattina del gioved, gli sfollati da VALLUCCIOLE cominciarono
ad arrivare a STIA e ci informarono con molti particolari delle bru-
tali stragi che i tedeschi stavano facendo nei piccoli villaggi nella
vallata di VALLUCCIOLE. Alle 11,00 un uomo, che prima lavorava
per la famiglia Pallini, venne a casa mia, e da una scarpa tir fuo-
ri un messaggio scritto dal parroco di SANTA MARIA, don GIO-
VANNI MININI, ed indirizzato a me. In questo messaggio mi rac-
contava le tremende atrocit che si stavano commettendo e mi
chiedeva di intercedere presso il comandante della Guarnigione
di Stia. Immediatamente mi occupai del fatto. Incontrai un co-
mandante tedesco il cui nome era EGGER e che era stato in pre-
cedenza professore alluniversit di VIENNA. Mostrando leviden-
za dei fatti, mi appellai a lui perch ci aiutasse. Il mio appello fu
gentilmente ricevuto. Scrisse un biglietto e lo invi nel modo pi
veloce a SANTA MARIA. Penso che il risultato appaia evidente dal
fatto che SANTA MARIA e la vita dello stesso parroco furono ri-
sparmiate. Mi promise anche che al pi presto possibile mi avreb-
be permesso di andare a SANTA MARIA. Dovevo contentarmi di
questo risultato, quindi tornai a casa. Tutto il giorno continuai ad
avere notizie delle uccisioni e degli incendi che proseguivano in
VALLUCCIOLE.
Nessuno ebbe il permesso di andare l.
Verso le 9,00 di venerd 14, mi recai di nuovo al comando tede-
sco di STIA ed insistei per avere il permesso di andare per essere
di aiuto alla popolazione di VALLUCCIOLE. Gli dissi che ero ansio-
so di andare ad aiutare gli sfortunati abitanti della valle e che ave-
vo organizzato un gruppo di volontari. Ascolt la mia preghiera
con gran rispetto, ma disse di non poter concedere questo per-
messo. Mi promise per che, appena fosse stato possibile, avreb-
be mandato qualcuno ad avvertirmi e lui in persona mi avrebbe
accompagnato.
A mezzogiorno, linterprete tedesco venne ad informarmi che ora
era possibile andare in VALLUCCIOLE, alle 13,00.
Il nostro gruppo si prepar e insieme a noi erano: il comandante
EGGER, il suo medico, un camion, 10 soldati tedeschi, un camion
100 PAOLO PAOLETTI

italiano, unambulanza, circa 20 italiani della Croce Rossa, il se-


gretario politico di STIA, FRANCALANCI CESARE, ed io stesso. Era-
vamo accompagnati da MARSILI BRUNO che guidava una moto.
Mentre andavamo l, di nuovo mi appellai a favore di quella gen-
te sfortunata, ma i tedeschi furono molto duri e dissero che erano
banditi.
Quando arrivammo alla fattoria di GIUNCHETO, ci rendemmo con-
to, per la prima volta, della vastit della tragedia che era sotto ai
nostri occhi. La casa stava bruciando e gli edifici intorno presen-
tavano una scena di terribile desolazione. Ispezionammo la zona
e trovammo, in un campo dal lato opposto della strada, fra i 14 e
i 17 cadaveri. Erano tutti uomini e li trovammo o da soli o in grup-
pi di due o tre. Li raccogliemmo e, io e il cappellano, li benedim-
mo; fu presto scavata una fossa nel cimitero di SANTA MARIA e fu-
rono tutti sepolti.
Dopo aver terminato, proseguimmo su per la valle. A MOLINO DI
BUCCHIO, unanaloga scena di desolazione ci accolse: lodore del-
lincendio, le case bruciate o ancora incendiate, le travi nude ed
annerite delle case, che si alzavano contro il cielo. Guardando in
giro, ancora una volta trovammo i terribili resti di gente che un
tempo viveva felice. Fra le case, trovammo tre corpi e altri tre sui
fianchi della collina: tutti furono tristemente raccolti. Quando vi-
di che non cera altro che potessi fare, prosegui a piedi per SERELLI,
ma il comandante tedesco, che sembrava piuttosto spaventato, mi
costrinse a tornare indietro. Raccogliemmo i 6 corpi e li ripor-
tammo al cimitero di SANTA MARIA, dove furono sepolti.
Era quasi buio ormai e cos salimmo sui camion e tornammo a
STIA. Durante il viaggio sentivo i commenti della gente che riflet-
teva su quello che avevano visto. Marsili Bruno e il segretario po-
litico dicevano: Questo troppo! e mi sembrarono pentiti.
Il giorno seguente, verso le 11, organizzai di nuovo un gruppo.
Molti erano nuovi e desiderosi di aiutare ed io fui molto grato di
ci. Ci divedemmo in vari gruppi che si diressero nelle varie loca-
lit della valle. Serelli, spiegai, sarebbe stato il nostro punto di par-
tenza. Arrivammo, come il giorno precedente, a MOLINO DI BUC-
CHIO e continuammo a piedi per SERELLI, perch il sentiero non
pu essere percorso da veicoli a motore.
Eravamo quasi preparati alla scena di carneficina e distruzione
che ci accolse. Dentro e fuori delle case cerano corpi di donne,
mentre ai piedi di un muro che vicino al paese, vidi 8 o 9 corpi
di donne e bambini. Tutti erano stati brutalmente fucilati. La sce-
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 101

na mi scosse tremendamente. Poco fuori di SERELLI, sulla strada


per VALLUCCIOLE, si trovarono altri corpi di donne. I volontari
scavarono una fossa in un campo vicino e i resti delle sfortunate
vittime furono sepolti, con un servizio funebre semplice ma mol-
to commovente. Dopo aver portato a termine questo triste com-
pito, il gruppo si divise come stabilito e ogni gruppo si diresse nel-
la localit stabilita.
VALLUCCIOLE era la destinazione del mio gruppo. Mentre mi av-
vicinavo, vidi un gruppo di soldati. Per un attimo tememmo che
fossero dei tedeschi. Ci movemmo incontro a loro con atteggia-
mento amichevole e ci trovammo davanti un gruppo di stupefat-
ti soldati italiani comandati da un Tenente. Disse che erano venu-
ti da Bologna ma era molto confuso su quello che avrebbe dovu-
to fare o su quello che gli era stato ordinato di fare. La situazione
richiedeva laiuto di tutti e sia lui che i suoi uomini si prestarono
con molta buona volont.
A Vallucciole trovammo una scena del tutto simile a quella di SE-
RELLI. La casa del parroco stava bruciando ma la chiesa era intat-
ta. Fuori, un mucchio distrutto di stoffe ci disse che tutti gli arre-
di sacri erano stati bruciati.
Le case di VALLUCCIOLE erano bruciate o stavano ancora bru-
ciando e l vicino trovai i resti carbonizzati di un uomo. Qua e l
trovammo i corpi di uomini e donne. Li lasciammo al cimitero di
VALLUCCIOLE.
Il giorno era quasi finito e tornammo di nuovo a STIA.
La domenica rimasi a STIA, ma ebbi notizia di altri orrori che era-
no avvenuti nella valle.
In quel giorno andai a lamentarmi col comandante EGGER per il
comportamento dei soldati tedeschi della divisione HERMAN G-
RING, che terrorizzavano le donne di STIA. Questo mio appello
ebbe un buon esito.
La mattina di MARTED alle 5,30, mi dissero che cerano 17 corpi
di Partigiani al cimitero di STIA. Il cimitero chiuso sulla parte da-
vanti da un muro di pietra e si pu entrare attraverso un cancello
di ferro. Il cancello era stato forzato. Mi guardai intorno e vidi gen-
te sospetta e anche il Comandante EGGER con due o tre soldati.
Andammo insieme per il viale fiancheggiato da cipressi e arri-
vammo al secondo cancello che non era stato forzato.
Alla sinistra del cancello, ai piedi di un muro di pietra, trovammo
un mucchio di cadaveri. 17 in totale, e tutti erano stati colpiti al-
la testa ed al petto. Mi rivolsi al COMANDANTE e di nuovo prote-
102 PAOLO PAOLETTI

stai con forza ricordandogli ancora una volta i diritti dei condan-
nati a morte, della assoluzione e benedizione.
Afferm la sua innocenza e disse: Io non ho niente a che fare con
tutto ci. Ho sentito gli spari la notte scorsa. Solo stamattina so-
no stato informato.
I corpi furono disposti in fila e li ispezionammo per trovare i do-
cumenti didentificazione ma non ne trovammo nessuno. Due di
loro non erano italiani. Erano alti e biondi. Pensai che sembrava-
no inglesi.
Furono sepolti tutti in una fossa comune e il Comandante ci rac-
comand prudenza nelle onoranze funebri perch la divisione
Hermann Gring era ancora nella zona.
Ho visto la foto che mi ha mostrato il Sergente BAXENDALE del
S.I.B.. Era la foto dei 17 corpi dei partigiani cos come li ho visti
la prima volta e la posso con sicurezza identificare.
Non ho altro da aggiungere.
Questa dichiarazione stata riletta e la trovo consona e corretta,
appongo la mia firma.
Firmato Vennetti Oliviero
Questa dichiarazione stata fatta in italiano e la firma riconosciuta
da EMMA DETTI, interprete, alla presenza del Sergente Baxendale
della 78a Sezione, S.I.B, gioved 30 Novembre 44.

Testimonianza di Isacco Bruno Marsili, maschio, di 43 anni,


Campo internati n. 2, Terni, il quale dichiara:

Di quello che successo in Vallucciole so molto poco. Le SS ven-


nero a Stia il luned di Pasqua. 36 ore prima avevo saputo che 2
tedeschi erano stati uccisi a Molino di Bucchio. Si diceva che i due
fossero ufficiali e che fossero venuti da Firenze. Si pensava che do-
po la loro morte fossero stati riportati a Firenze. Tutto ci venne
tenuto segreto.
Al loro arrivo, le SS andarono in Vallucciole e cominciarono le stra-
gi.
Venerd 14 aprile, insieme al proposto di Stia e con un gruppo or-
ganizzato da lui, andai per aiutare le popolazioni intorno a Stia per
quello che potevamo fare.
Qualche giorno dopo, ero a Ponte Biforco, Papiano, dove vidi dei
soldati tedeschi e un certo numero di italiani. Pensai che fossero
partigiani. Chiesi cosa facessero e mi risposero che erano stati pre-
si dai tedeschi e che probabilmente li avrebbero portati a lavora-
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 103

re in Germania. Presi un pezzo di carta con lintenzione di scri-


vere i loro nomi e indirizzi ma, prima che potessi cominciare, il fo-
glio mi fu portato via dai tedeschi. Uno dei prigionieri riusc a dir-
mi che venivano da Forl e Bologna. Il tedesco mi strapp il foglio
di mano e mi disse di andarmene. Non vidi pi n i partigiani n
i tedeschi per quel giorno.
Il giorno seguente fra le 7,00 e le 8,00, andai al cimitero con il Bri-
gadiere ed il Vice Brigadiere dei Carabinieri e vidi i partigiani mor-
ti che giacevano fuori dal muro del cimitero.
Poco dopo lasciai il cimitero. Una settimana dopo le stragi di Val-
lucciole la macchina, nella quale erano stati uccisi i tedeschi a Mo-
lino di Bucchio, fu portata a Stia. Rimase alla casa di ADELMO PIE-
TRI per due settimane. Ero presente quando fu spostata da l al
garage di CECCARELLI BRUNO. La vidi l per lultima volta la prima
settimana di Ottobre 44.
Mentre le SS erano qui, noi eravamo cos impauriti che quasi nes-
suno girava per le strade. Non sono in grado di descrivere le trup-
pe o i veicoli tedeschi.

Testimonianza di don Giovanni Minini, maschio, di 58 anni,


Santa Maria delle Grazie, Stia, il quale dichiara:

Sono il parroco di questo paese da 12 anni ma vivo nel distretto


di STIA da 20 anni.
Durante il mese di ottobre 1943, mi accorsi che cera una banda
di partigiani che viveva nella vallata di Vallucciole. Fu con mia
grande sorpresa che qualche tempo dopo venni a sapere che que-
sto gruppo di 15 uomini mangiava e dormiva nella casa del pastore.
Prima di questo avevo saputo di alcuni prigionieri inglesi che era-
no scappati dai campi di prigionia e che erano stati aiutati. Avevo
messo in guarda la popolazione a non raccontare il fatto perch i
fascisti che vivevano a Stia avrebbero potuto fare delle rappresa-
glie. Tutta la popolazione della vallata di Vallucciole era infatti
dellidea di aiutare le persone sfortunate.
Nel novembre 43, un camion guidato da un uomo vestito da fa-
scista venne a Molino di Bucchio. Era carico di provviste per i par-
tigiani. Questo camion era stato controllato dai fascisti ma aveva
raggiunto la valle, aveva depositato il suo carico ed era tornato in-
dietro indisturbato. Pochi giorni dopo, alcuni fascisti vennero nel-
la valle. Erano armati e perquisirono tutte le case di Molino di Buc-
chio. Furono trovati 3 partigiani, tentarono di fuggire e uno fu uc-
104 PAOLO PAOLETTI

ciso [si veda sotto lepisodio raccontato dal capo manipolo Veco-
li, N.d.A.]
Questo incidente tenne i partigiani lontano dai paesi intorno a
Vallucciole, per un po di tempo, bench fossero sempre presenti
nelle foreste e sui monti che circondavano la valle.
Nel mese di marzo 44, Pallini Fausto mi disse che, sia lui che suo
figlio Fortunato, erano stati trattenuti dai partigiani che avevano
preso i loro valori.
Il 9 aprile seppi che 20 partigiani erano presenti nel paese di Val-
lucciole. Andai a Vallucciole e vidi un manifesto affisso fuori della
chiesa che informava la popolazione che 5 partigiani erano stati uc-
cisi e si chiedeva che la parrocchia li aiutasse (i partigiani) ad otte-
nere vendetta per queste morti. Questi manifesti erano ancora vi-
sibili quando la divisione Hermann Gring entr a Vallucciole.
La mattina di mercoled 12 Aprile, seppi della morte di 2 tedeschi
come risultato di uno scontro con i partigiani.
Verso le 4,00 del gioved 13 aprile 44, mi svegliai per andare a Por-
ciano. Allora mi accorsi del movimento di veicoli. Fra quel mo-
mento e le 5,00, i veicoli passarono regolarmente. Da quel mo-
mento sentii anche il rumore di spari che provenivano dai paesi vi-
cini. Decisi di non andare a Porciano ma di rimanere e di occuparmi
delle persone che erano in casa mia e che avevano molta paura. Ver-
so le 7,00, una donna anziana e due giovani vennero a casa mia e
io detti loro rifugio; per tutto il tempo sentii sparare. Durante il
giorno la mia casa fu visitata molte volte dai soldati tedeschi, che
perquisivano e portavano via tutto ci che potesse essere di valo-
re. Erano armati e sapevo che era inutile interferire. Verso le 16,00
di quel giorno, vidi due ragazze e un ragazzo che scendevano per
un sentiero che porta alle loro case sullaltro versante della valle.
Improvvisamente sentii il fischio di proiettili che proveniva da Ca-
se Nuove. Vidi gli spruzzi di terra sollevati dalle pallottole quando
colpivano il terreno vicino alle ragazze e al ragazzo che correvano
qua e l per evitare i colpi. Raggiunsero la casa apparentemente sal-
vi anche se dopo seppi che il ragazzo era stato ferito.
Passai una notte insonne e bench gli altri di casa fossero andati
a dormire, io non potei riposare.
La mattina seguente feci tutto quello che potevo per la gente nel-
le immediate vicinanze di casa. Mandai anche un biglietto allar-
ciprete di Stia chiedendogli di intercedere presso il comando te-
desco. Verso le 9,00 una macchina tedesca si ferm a casa mia.
Un tedesco scese e mi dette un foglio dicendo: Questo viene dal
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 105

Comando di Stia. I tedeschi stessi attaccarono il foglio fuori del-


la chiesa. So che il foglio, scritto in tedesco, informava tutti i sol-
dati che la chiesa era un monumento antico e che essa e le case
limitrofe dovevano essere risparmiate. Dopo aver affisso il foglio
i tedeschi se ne andarono. Verso le 11,00, mentre guardavo fuo-
ri dalla finestra, vidi 2 soldati tedeschi su una moto, che si fer-
marono davanti alla casa di Fatucchi Gino ed entrarono. Poco do-
po vidi Gino correre fuori; aveva coperto una breve distanza
quando sentii due colpi e lo vidi cadere a terra. Lultima volta che
lho visto giaceva nel cimitero di Santa Maria e vidi che era stato
colpito alla testa. Dopo lesecuzione di Gino me ne andai via dal-
la finestra. Poco dopo, sentii bussare alla porta, aprii e mi trovai
davanti due soldati tedeschi. Mostrai loro il foglio che mi era
giunto dal Quartier Generale di Stia. Uno dei due sembrava mol-
to infuriato, laltro sembrava pi umano e quando il camerata an-
d a perquisire altre case, ci disse di nascondere le cose di valo-
re perch il suo amico era molto cattivo. Li invitai a mangiare ed
accettarono e mentre mangiavano mi raccontarono perch ave-
vano colpito Gino. Quando erano entrati a casa sua avevano tro-
vato una rivoltella e 100 cartucce (mi mostrarono la rivoltella). Mi
dissero di avere ucciso Gino, perch avevano lordine di uccide-
re chiunque in possesso di armi o munizioni e se non avessero ub-
bidito loro stessi sarebbero stati uccisi a loro volta. Poco dopo se
ne andarono. Verso le 14,00 il cappellano di Stia (Don Pesci NdA)
venne a casa e mi chiese i paramenti sacri perch doveva seppel-
lire della gente nel cimitero di Santa Maria. Glieli prestai e ritor-
nai a casa. Poco dopo un tedesco mi disse che la mia presenza era
necessaria al cimitero. Quando arrivai vidi 12 corpi e ne identifi-
cai 11, mentre riconobbi laltro solo in seguito. Ecco la lista dei
cadaveri da me sepolti a Santa Maria: GAMBINERI ADAMO, MAR-
CHI OLINTO, VADI ORLANDO, RINGRESSI GUGLIELMO, MICHE-
LACCI MARCO, RICCI RAFFAELLO, VADI PASQUALE, RINGRESSI GIU-
SEPPE, SERI PIERINO, BUCCHI CESELLO, TRENTI GIUSEPPE, BEONI
OLINTO. Tutti erano stati fucilati.
Il Comandante tedesco di STIA, che mi aveva fatto chiamare, mi
chiese di identificarli e mi chiese attraverso linterprete se fossero
dei partigiani. Io risposi di no e apparve molto disturbato. Nel frat-
tempo un veicolo con soldati tedeschi e italiani and a MOLINO DI
BUCCHIO.
Dopo il funerale dei 12, feci allargare la fossa e ne feci scavare
unaltra.
106 PAOLO PAOLETTI

Pi tardi arriv un camion che portava 5 corpi, 2 gambe brucia-


te, e un altro arto che avrebbe potuto essere una gamba o un brac-
cio, poich era stato trovato nello stesso punto delle due gambe
e secondo me era un braccio. Tutti i corpi identificabili riporta-
vano ferite da proiettili. I corpi erano di: VADI GIUSEPPE, MAR-
CHI MARIA NELLA, RISTORI FORTUNATO MARIA, TALENTI NELLO,
GARGIANI BRUNO. Le due gambe che avevano i pantaloni, i cal-
zini e le scarpe erano state bruciate nella parte alta. Sono state
sepolte come parte del corpo di MICHELACCI SILVIO. Tutti furo-
no sepolti nel cimitero di SANTA MARIA. Il terzo arto fu sepolto
come ignoto bruciato.
Dopo di ci la gente che aveva aiutato nel recupero delle salme e
aveva sepolto i corpi e che era venuta da STIA, ritorn in paese.
Quella notte rimasi di nuovo alzato ma non accadde niente.
Il giorno seguente rimasi di nuovo in casa e verso le 17,00 il Cap-
pellano di STIA che era accompagnato da circa 80 soldati italiani
e da MARSILI BRUNO arriv e mi disse: Questi vi proteggeranno.
I soldati quella notte dormirono a casa di PALLINI.
Vidi che il sacerdote di STIA seppelliva nel cimitero di SANTA MA-
RIA: TRAPANI PASQUALE, TRAPANI DARIO, TRAPANI ILARIO, TRAPANI
GIULIO, BUCCHI ANGELO e BUCCHI GINO.
La mattina seguente, domenica 16 aprile, fui richiamato dal suo-
no dellambulanza di STIA. Il vicebrigadiere dei Carabinieri mi
chiese di andare a VALLUCCIOLE, ma con la scusa che dovevo di-
re la Messa promisi che li avrei raggiunti pi tardi.
Alle 9,30 andai a piedi a CASA TRENTI, e qui vidi 11 corpi: tutti
erano stati fucilati, vidi le ferite, benedii i cadaveri e la fossa che
stavano scavando e continuai verso MONTE DI GIANNI. Qui vidi
tutti insieme 5 cadaveri che erano stati coperti con lenzuoli. Vidi
anche un altro gruppo, composto di 4 cadaveri, anche questi co-
perti, e un altro gruppo di 9. In unaltra casa vidi altri due corpi
che riconobbi e che constatai essere stati fucilati. Erano TOMMA-
SI CARLO e TOMMASI NELLA. Li benedii ed andai alla chiesa di VAL-
LUCCIOLE. Vicino alla chiesa, vidi il corpo di TONIELLI LUIGI che
era stato colpito al petto. Entrai poi in una casa che era stata da-
ta alle fiamme e vidi i corpi bruciati di 2 donne. Vidi poi i corpi
di GAMBINERI ANGIOLA e VIVIANO. Viviano, che aveva 3 mesi, era
ancora nelle braccia di sua madre, che lo stava allattando, quan-
do erano stati uccisi, perch la sua camicia era ancora aperta e mo-
strava il seno.
Continuai per MOIANO. Mi dissero che le vittime di questo luogo
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 107

erano state portate al cimitero di VALLUCCIOLE. Andai l e vidi cir-


ca 50 corpi che venivano sepolti con una cerimonia semplice. Iden-
tificai con sicurezza i corpi di: POPONCINI DOMENICO, POPONCI-
NI AGOSTINO, MICHELACCI ARMANDO, GORI AMEDEO, GORI MA-
RIANNA, VENTURACCI FERNANDA, RAGAZZINI AMELIA, RAGAZZINI
IACOPO, CONTICINI BASILIO, SERI SANTE, VADI VIRGINIA, VADI
PAOLO, VADI FRANCO, MARCHI CESIRA, ANDREANI ORETTA. Tutti
erano sati colpiti da proiettili. I rimanenti erano stati gi coperti
dalla terra, cos non potei vederli.
Dopo questa cerimonia ritornai a SANTA MARIA. Mentre tornavo
vidi un camion tedesco fuori della casa chiamata CASINA. Questa
casa era stata in parte bruciata. I soldati tedeschi e fascisti italiani
stavano caricando sul camion grandi damigiane di vino, che ave-
vano preso dalla casa. Quando arrivai mi dissero che gli 80 solda-
ti italiani che avevano dormito a casa PALLINI stavano andando a
VALLUCCIOLE, diretti a BOLOGNA.
Verso le 7,00 della mattina di luned 17 aprile, in seguito a voci
che avevo sentito la sera precedente, andai a STIA, e venni a sape-
re della morte di un uomo a SANTA MARIA. Tornai a Santa Maria
alle 12,00 ed incontrai per via la famiglia di GIABBANI, piangenti
per la morte del marito e del padre.
A Case Nuove (vicino a Santa Maria) vidi il comandante tedesco
di STIA. Insieme perquisimmo quella casa e constatammo che tut-
to era in ordine. Seguendo uninformazione ricevuta, andammo
in un luogo distante una cinquantina di metri dalla casa e tro-
vammo il cadavere di GIABBANI GIUSEPPE. Era stato colpito nel-
la parte alta del torace. Lasciammo il corpo dove si trovava ed an-
dammo alla casa di PALLINI e, bench fosse stata forzata, non era
bruciata. Quando giungemmo a casa mia, il Comandante tedesco
volle un resoconto dettagliato di quello che avevo visto e fatto quel
giorno ed io venni incontro alla sua richiesta. La mattina di mar-
ted, fui chiamato a STIA per assistere allinterramento dei 17 par-
tigiani. Immediatamente dopo incontrai MARSILI BRUNO, che in-
dossava luniforme dei carabinieri. Evidentemente compiaciuto si
vantava di essere stato presente quando i partigiani erano stati di-
sarmati. Disse che erano di FORL e mi sembr vantarsi si sapere
o sembrava sapere molte cose su di loro. Il brigadiere dei Cara-
binieri mi disse: Non creda a tutto quello che dice il MARSILI.
Tornai a casa alle 18,00.
Non accadde niente quella notte.
Verso le 13 di mercoled 19 aprile, andai a Vallucciole per recu-
108 PAOLO PAOLETTI

perare quello che potevo dalla chiesa. Per la strada di GIUNCHE-


TO vidi 4 uomini che portavano una bara. Essa conteneva il cor-
po di Bucchi Antonio. Dopo averlo benedetto continuai il mio
viaggio verso Vallucciole. Qui vidi che la casa del prete era stata
completamente distrutta dal fuoco. Ricuperai 2 o 3 oggetti metal-
lici e portandoli con me tornai a SANTA MARIA. Non vidi nessun
altro tedesco e non so dire niente altro circa gli avvenimenti a VAL-
LUCCIOLE.
Firmato Don Giovanni Minini
(Testimonianza rilasciata il 5 dicembre 1944 a Santa Maria).

Testimonianza di Bruno Ceccarelli, di 38 anni, abitante in via


Vittorio Veneto 53, Stia, il quale dichiara:

Sono un mediatore e sono stato sempre a STIA. Il 16 ottobre 43,


poich mio fratello CECCARELLI EZIO era stato messo in prigione
dai Carabinieri di Stia, per ordine dei fascisti repubblicani, andai
ad intercedere per lui.
Lo incolpavano di avere aiutato i partigiani.
Quel giorno viaggiai con GIABBANI ANGIOLO, segretario del Co-
mune di STIA, verso AREZZO, per appellarmi al Prefetto di AREZ-
ZO, RAO TORRES. Esposi la mia petizione davanti a lui e dopo il
GIABBANI parl con il Prefetto.
Disse al Prefetto che nel comune di STIA cerano molti partigiani
e chiese se poteva fare qualcosa. Il Prefetto rispose che avrebbe
parlato alle autorit tedesche di FIRENZE e FORL per chiedere lo-
ro di rastrellare i partigiani. Il segretario GIABBANI disse che una-
zione di quella portata che coinvolgeva tutta la Toscana non sa-
rebbe stata desiderabile dal momento che il maggior distretto era
STIA. Continu col dire che se la retata era molto ampia i parti-
giani sarebbero potuti scappare facilmente. Giabbani disse che
non cerano molti partigiani e che la maggior parte si trovavano
nel distretto di STIA. Vivevano prevalentemente in montagna ma
qualche volta, disse, devono scendere per andare nei paesi. Poi-
ch ci fu una incursione aerea, la conversazione fu interrotta.
Pi tardi tornai a STIA con il GIABBANI e durante il viaggio mi par-
l dei partigiani. Mi apparve ostile nei loro confronti ma, disse, so-
no quasi tutti ragazzi e non troppo pericolosi.
La mattina presto del giorno del massacro di VALLUCCIOLE, sentii
molto movimento di veicoli vicino a Piazza Vittorio Emanuele,
una piazzetta vicino a casa mia. Verso le 4,30, mi alzai ed andai a
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 109

vedere che cosa accadeva. Vidi molti soldati tedeschi e mezzi bel-
lici, alcuni si stavano gi movendo verso PAPIANO e VALLUCCIOLE,
altri erano riuniti e pronti a partire. Notai che tutti quanti erano
in assetto di guerra. Dopo questo, credo che la maggior parte dei
veicoli rimanesse in montagna; pochi altri sembravano muoversi
dentro e fuori di STIA.
Il giorno dopo, poco dopo le 12,00, mi riunii con gli altri uomini
di STIA, in VIA Roma, sotto la direzione del Proposto di STIA.
Eravamo circa 25, inclusi alcuni Carabinieri e la Misericordia. La
nostra missione consisteva nel dare aiuto alla gente di VALLUC-
CIOLE, recuperare e seppellire i morti.
Prima ci fermammo a GIUNCHETO, dove trovai che la casa e gli al-
tri annessi erano stati quasi completamente distrutti dal fuoco. Dal
lato opposto della strada, in un campo a sinistra della casa, tro-
vammo sparsi 18 corpi. Tutti erano stati colpiti da proiettili. Dal-
la posizione dei corpi (tutti giacevano con i piedi in direzione del-
la strada) si pu supporre che siano stati colpiti mentre cercava-
no di scappare. Ricordo che un corpo aveva 21 ferite di proietti-
li. Gli uomini erano stati tutti colpiti alla schiena.
Mettemmo i morti sul carro e li portammo al cimitero di SANTA
MARIA, dove li lasciammo. Tornammo a GIUNCHETO e senza fer-
marci andammo a MOLINO DI BUCCHIO.
Qui in una casa chiamata MOLINO DI BIANCO, vidi i corpi di due
uomini; la casa era stata bruciata, i cadaveri giacevano appena fuo-
ri e i loro arti erano bruciati. Entrambi erano stati colpiti al petto.
A poca distanza, sulla strada che porta a SERELLI, vidi i corpi di
due donne. Non vidi dove erano state colpite, ma i corpi erano ab-
bracciati.
A breve distanza da queste trovai altri due corpi, di un vecchio e
di un ragazzo di circa 16 anni, entrambi colpiti alla schiena. Il
braccio e la gamba destra del vecchio erano ancora legati da una
fune, le mani e la faccia erano spellati e pensai che lo avessero tra-
scinato sul terreno. Non ci permisero di andare pi lontano, cos
raccogliemmo i corpi che avevamo trovato e li portammo a SAN-
TA MARIA. Sotterrammo qui tutti quelli che avevamo trovato quel
giorno. Penso che fossero 24 in tutto. Poi tornammo a STIA.
Il sabato successivo non tornai a VALLUCCIOLE. Notai che la mag-
gior parte dei veicoli, che erano parcheggiati in Piazza Vittorio
Emanuele, lasciarono la piazza ed andarono in direzione di PRA-
TOVECCHIO. Cominciarono a muoversi molto presto, prima che
sorgesse il sole.
110 PAOLO PAOLETTI

Quel giorno ebbi loccasione di andare a POPPI e quando ritornai,


verso le 11, vidi dei fuochi che bruciavano su per la montagna ad
est di PRATOVECCHIO e intorno a LONNANO. A PRATOVECCHIO vi-
di alcuni veicoli tedeschi.
La domenica 16 Aprile, verso le 10,30, mi unii al gruppo come ave-
vo fatto il 14 aprile, per andare a VALLUCCIOLE: la nostra missio-
ne era la stessa.
Questa volta, mio cognato GIACHI PRASILDO, mi accompagn e si
port dietro la macchina fotografica.
Verso le 11,00 cominciammo il viaggio e quando arrivammo a MO-
LINO DI BUCCHIO, lasciammo il camion ed andammo a piedi a VAL-
LUCCIOLE. Tutto il villaggio era stato bruciato e parte stava anco-
ra bruciando. Quando vedemmo le morti e le distruzioni sia io che
mio cognato, decidemmo di fare delle foto. Io gli avrei fatto da as-
sitente.
Insieme facemmo delle foto, 7 in tutto e io sono stato sempre pre-
sente. Ho letto la sua dichiarazione riguardo a queste foto e ho vi-
sto quello che lui ha notato. Quello che dichiara vero e posso
identificare le foto che rappresentano scene che abbiamo visto a
MONTE DI GIANNI e VALLUCCIOLE. Ho messo le mie iniziali sotto
le sue su ogni foto. Agimmo con molta prudenza mentre faceva-
mo le foto. Dopo aiutai a raccogliere i corpi di MONTE DI GIAN-
NI e VALLUCCIOLE.
Da qui andammo a MOIANO DI SOTTO e MOIANO DI SOPRA dove
vedemmo i corpi di due donne. Una aveva il vestito tagliato, aper-
to dal collo allorlo che rivelava tutto il corpo. Era stata fucilata
al petto ed al volto. Pensai che fosse stata violentata, ma non co-
noscevo nessuna delle due donne. Anche laltra era stata colpita.
Tornammo a STIA dopo aver portato questi corpi a SERELLI.
La cosa che vidi subito dopo furono i corpi di 17 partigiani che
furono trovati uccisi nel cimitero di STIA10. Non ricordo se fosse

10 Contro il muro del cimitero di Stia furono fucilati, il 17 aprile 1944, 17 gio-
vani partigiani. Appartenevano alla prima delle tre brigate che inquadravano i cir-
ca mille partigiani romagnoli e provenivano dalla zona delle Balze dove avevano
attuato importanti azioni volte al recupero darmi destinate a 500 partigiani anco-
ra disarmati. Il 6 aprile 1944, linizio del rastrellamento tedesco e fascista imped
loro di raggiungere le Marche e uscire dallaccerchiamento. La mattina del 7 apri-
le a Calanco dovettero sostenere un lungo combattimento nel corso del quale cad-
dero soldati tedeschi e 5 partigiani. Per rappresaglia i tedeschi incendiarono il vi-
cino paese di Fragheto, uccidendo 30 civili, in gran parte donne e bambini. Dopo
il combattimento, i partigiani si ritirarono verso il Lago di Quarto ed in seguito a
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 111

luned o marted, lora doveva essere circa le 7,30.


Ho visto una foto che mi ha mostrato il Serg. BAXENDALE e la
identifico come la vera foto dei 17 partigiani, cos come li ho visti

Spinello, dove celebrarono la Pasqua. La sera dell11 aprile si ricongiunsero alle


altre brigate attestate a Ridracoli, Poggio La Lastra, Strabatenza e Biserno. Questi
i nomi dei 17 fucilati: Bagnoli Rino di Domenico, nato a Cesena il 17 maggio 1925,
residente in frazione Pievesestina, apprendista falegname, primo di cinque figli, ce-
libe. Riconosciuto partigiano dell8a brigata, con ciclo operativo dal 9 marzo al 17
aprile 1944. Berlini Mario di Leopoldo, nato il 30 ottobre 1924 a Cesena, ivi resi-
dente, coltivatore diretto, primo di quattro figli, celibe. Riconosciuto partigiano del-
la 8a brigata con ciclo operativo dall 8 marzo al 9 aprile 1944. Bertoni Ives di Gia-
como, nato a Cervia il 30 giugno 1924, ivi residente, pescatore, coniugato. Rico-
nosciuto partigiano della 8a brigata con ciclo operativo dal 1 ottobre 1943 al 16
aprile 1944. Bonaldo Domenico Tommaso di Giovanni, nato a Cervia il 16 marzo
1924, ivi residente, pescatore, figlio unico. Riconosciuto partigiano dell8a brigata
con ciclo operativo dal 1 ottobre 1943 al 17 aprile 1944. Bratti Giorgio di Mat-
tia, nato a Cesena il 7 novembre 1924, ivi residente, operaio, figlio unico, celibe.
Riconosciuto partigiano dell8a brigata con ciclo operativo dall8 marzo al 17 apri-
le 44. Casadei Ezio fu Cesare, nato a Cesena il 17 settembre 1914, ivi residente,
autista, celibe. Riconosciuto partigiano della 8a brigata con ciclo operativo dal 28
febbraio al 17 aprile 1944. Era stato uno degli organizzatori della resistenza cese-
nate. Catturato il pomeriggio del 9 febbraio 1944 fu rinchiuso nel carcere di Ce-
sena. Nella notte, con un audace colpo di mano, i gappisti lo liberarono. Si era uni-
to alla Brigata quando per lui era diventato impossibile proseguire lazione parti-
giana in pianura. Fabbri Enrico, detto Antonio, di Salvatore, nato a Montiano l8
gennaio 1927, residente a Cesena, terzo di tre figli, celibe. Riconosciuto partigia-
no dell8a brigata con ciclo operativo dal 9 febbraio al 17 aprile 1944. Laghi Oscar
di Livio, nato a Forlimpopoli il 22 ottobre 1923, residente a Forl, operaio, primo
di due figli. Riconosciuto partigiano dell8a brigata con ciclo operativo dal 1 gen-
naio al 17 aprile 1944. Lama Lelio di Domenico, nato a Cesena il 14 maggio 1923,
residente a Bologna, studente universitario, secondo di due figli, celibe. Ricono-
sciuto partigiano dell8a brigata con ciclo operativo dal 18 febbraio al 17 aprile
1944. Studente universitario del secondo anno di agraria, si disinteress di politi-
ca sino all8 settembre 1943. Nel gennaio 1944, quando anche agli universitari fu
fatto obbligo di arruolarsi, si neg allesercito della repubblica sociale e scelse di
divenire partigiano. Ai primi di marzo raggiunse il fratello maggiore, Luciano, fu-
turo segretario Generale della CGIL, nell8a brigata. Manaresi Michele di Giu-
seppe, nato a Lugo il 16 aprile 1923, settimo di otto figli. Celibe. Fratello di Lo-
renzo. Riconosciuto partigiano dell8a brigata con ciclo operativo dal 1 febbraio
al 19 aprile 1944. Mazzolini Marcello, nato a Forl il 13 febbario 1925, ivi residente.
Riconosciuto partigiano dell8a brigata con ciclo operativo dal 1 gennaio al 17 apri-
le 1944. Righini Gualtiero di Gaetano, nato a Ravenna il 4 aprile 1924, ivi residente,
bracciante, celibe. Riconosciuto partigiano dell8 brigata con ciclo operativo dal
2 gennaio al 15 aprile 1944. Romagnoli Oberdan di Francesco, nato a Cesena il 1
giugno 1924, ivi residente in frazione Martorano, fornaio, primo di tre figli Rico-
nosciuto partigiano dell8 brigata con ciclo operativo dall8 marzo al 17 aprile
1944. Una dichiarazione conservata presso lANPI lo d disperso in seguito al ra-
112 PAOLO PAOLETTI

quella mattina. Dietro la foto ho messo la mia firma e la data di


quando mi stata mostrata. Tutti erano stati colpiti alla testa. Mi
fu poi chiesto di andare di nuovo in VALLUCCIOLE, dove ho assi-
stito al recupero di 4 corpi fra le macerie delle case. Erano corpi
di donne e tutti erano stati bruciati. Non conoscevo nessuno. Ho
assistito anche al trasporto di carcasse di animali che erano stati
uccisi, pecore ecc.
Fui occupato in queste cose anche nei giorni seguenti. Uno di quei
giorni, MARSILI BRUNO mi chiese di portare a STIA la macchina nel-
la quale erano stati uccisi i due soldati tedeschi marted 11 Apri-
le a MOLINO DI BUCCHIO. Il veicolo rimase in PIAZZA VITTORIO
EMANUELE per circa 2 settimane durante le quali non era sorve-
gliata.
Martellucci Ugo e Marsili Bruno mi chiesero di mettere la mac-
china nel mio garage per sicurezza. A quel punto la macchina ave-
va l aspetto di unauto abbandonata. Non cerano le ruote e il mo-
tore era stato in parte smantellato. La macchina ancora nel mio
garage, esattamente nelle stesse condizioni di quando vi fu messa.
La descrizione della macchina la seguente:
FIAT saloon, blu chiaro e scuro, tipo n. 514, targa FI 11287.
Non ho altro da dire. La ragione per cui non ho potuto identifi-
care nessun cadavere a Vallucciole che quando andai a recupe-
rare i corpi, era la prima volta che mi recavo in quella localit e
non conoscevo nessuno dei suoi abitanti. Dopo Vallucciole, par-
lai con linterprete tedesco a STIA. Portava gli occhiali e penso che
fosse un sergente. Gli dissi: Perch stata massacrata tutta quel-
la gente?. Mi rispose: Sono tutti ribelli. Ricordati che noi tede-
schi pensiamo molto prima di fare una cosa, cos quando la fac-
ciamo abbiamo sempre ragione
Firmato Bruno Ceccarelli.

strellamento d aprile, in localit monte Falterona, 17 aprile 1944: si presume fu-


cilato a Stia. Salmi Dante di Raffaele, nato a Pianoro (BO) il 17 ottobre 1926, ivi
residente, meccanico. Riconosciuto partigiano dell8 brigata con ciclo operativo
dal 1 gennaio al 17 aprile 1944. Zaccheroni Romolo di Aurelio, nato a San Pie-
tro in Vincoli di Ravenna il 15 gennaio 1923. Riconosciuto partigiano dell8a bri-
gata con ciclo operativo dal 25 marzo al 19 aprile 1944. Zambianchi Fidelmo di
Arturo Primo, nato a San Pietro in Vincoli di Ravenna il 21 giugno 1921. Ricono-
sciuto partigiano dell8a brigata con ciclo operativo dal 15 settembre 1943 al 17
aprile 1944. Ignoto.
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 113

Testimonianza di Prasildo Giachi, 30 anni, abitante in via Vit-


torio Veneto 53, Stia, il quale dichiara:

Sono un sensale e abito a STIA da 7 anni.


Luned 10 aprile 44, andai per affari a Grosseto, in macchina.
Tornai a STIA verso le 19,00 di MERCOLED 12 Aprile.
Passando per PRATOVECCHIO notai 2 o 3 strani veicoli tedeschi.
Quando arrivai a STIA, in Piazza Vittorio Emanuele notai molti vei-
coli, camion, autocarri, moto con side car e piccoli mezzi anfibi.
Cerano anche molti soldati nella zona. Vidi anche materassi, mo-
bili e bestiame.
Il giorno seguente rimasi a STIA e, bench sentissi parlare di omi-
cidi avvenuti in VALLUCCIOLE, non vidi niente.
Verso le 10,00 del sabato 15 Aprile, mi chiesero di unirmi ad un
gruppo che andava in Vallucciole, composto dal priore, da alcuni
Carabinieri, e dai membri della Misericordia di STIA.
A Giuncheto, trovammo un corpo ma non lo riconobbi. La Mi-
sericordia lo raccolse e lo portarono a MOLINO DI BUCCHIO, do-
ve, in un fossetto vicino alla strada trovammo 4 corpi. Li vidi e sem-
bravano essere stati uccisi da colpi di mitragliatrice perch aveva-
no molte ferite. Penso che fossero gli uomini della famiglia che vi-
veva a GIUNCHETO. Notai che anche molte case erano state bru-
ciate.
Un po pi lontano verso SERELLI, vidi un altro corpo, non notai
ferite; era il corpo di un uomo che viveva a casa Trenti, che vi-
cina a MOLINO DI BUCCHIO. La strada impraticabile per le mac-
chine e quindi lasciammo gli autocarri e proseguimmo a piedi per
SERELLI. Entrammo nella seconda o terza casa e trovammo i cor-
pi di tre donne che erano state colpite al petto, ma che non co-
noscevo.
Alla fine del paese, ai piedi di un muro di pietra vidi molti corpi,
non so dire quanti, ma erano tutti di donne e bambini. In parti-
colare notai che due delle donne morte tenevano in braccio i loro
bambini. In un campo l vicino, scavammo una fossa e vi seppel-
limmo tutti i morti di SERELLI. Mi ricordo che sicuramente ne sep-
pellimmo 18.
Terminato questo, decidemmo di tornare e, mentre stavamo tor-
nando, raccogliemmo 6 corpi che avevamo visto precedentemen-
te e li portammo al cimitero di SANTA MARIA, dove li sotterram-
mo.
Il giorno dopo, domenica 16 aprile, mi chiesero di nuovo di an-
114 PAOLO PAOLETTI

dare a VALLUCCIOLE e partimmo verso le 11,00. Quando arrivam-


mo a MOLINO DI BUCCHIO, lasciammo di nuovo le macchine e
proseguimmo a piedi attraverso SERELLI e VALLUCCIOLE; qui tut-
te le case erano bruciate o stavano ancora bruciando. Avevo la
macchina fotografica in tasca e decisi di fare delle foto. Ne scattai
7 che mi sono state mostrate dal Serg. BAXENDALE e che identifi-
co come quelle fatte da me nel paese di VALLUCCIOLE o nei pres-
si, il 16 APRILE. Le ho numerate e ho scritto il soggetto.
No. 1 Presa a MONTE DI GIANNI
la foto di una ragazza di 12 anni. Era stata colpita al collo e al
petto. Non sapevo il suo nome. Era lultima di un gruppo di 12
corpi, ma poich ho preso le foto senza farmi vedere il risultato
non cos buono.
No. 2 Presa a Vallucciole.
Il soggetto principale della foto il corpo di una donna che
stringe fra le braccia il cadavere del suo bambino di circa 6 mesi.
Sono stati trovati in una casa, entrambi colpiti al petto, la madre
aveva anche una ferita in faccia. Nella foto ci sono altri 3 corpi,
due donne e un uomo.
No. 3 Foto del bambino.
la foto del bambino della donna sopra menzionata (foto No. 2).
Per prendere la foto fu tolto dalle braccia della madre. Il piccino,
di circa 6 mesi, aveva otto ferite di arma da fuoco nel petto. Per-
deva sangue dal naso e dalla bocca. Sulla fronte, a sinistra, aveva
una vasta abrasione, ma non ne conosco la causa11.
No. 4
Foto del corpo di TRENTI SABINA e di sua figlia di 30 anni.
Scattata a VALLUCCIOLE. Conoscevo questa donna che era fra i 60
e i 70 anni, invalida da molti anni. Non poteva camminare. En-
trambe erano state colpite al petto.
No. 5
Foto della stanza in cui sono stai trovati corpi delle foto no. 2 e 3.
No. 6 una foto presa in una stanza di una casa a VALLUCCIOLE,
di cui non conosco il numero civico. La casa era stata bruciata, il
tetto era collassato allinterno e, sotto a un mucchio di macerie che

11 Si tratta di Viviano Gambineri. Labrasione sulla testa di Viviano, insieme


alla testimonianza di don Minnini, che conferma la posizione del bambino tra le
braccia della madre, non si conciliano con la vulgata della testa schiacciata contro
il muro.
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 115

si vedono nella foto, furono trovati 8 corpi. Non credo che fosse-
ro tutti, altri furono trovati dopo. I corpi che vidi erano tutti bru-
ciati, eccetto quelli di un uomo, di una donna e di un bambino che
erano vicino alluscita e che erano stati squartati.

Segue la dichiarazione di Pietro Ghelli, il fotografo che svilup-


p il rullino portatogli da Prasildo Giachi dopo leccidio di Val-
lucciole.
Le foto sviluppate furono sette. Il giorno seguente anche un
soldato tedesco port un rullino da sviluppare e, quando il fo-
tografo si accorse che una delle foto era di un mucchio di ca-
daveri, ne fece una copia per s. Il giorno seguente il soldato ri-
tir negativi e foto.
Oltre alle 7 foto e a quella del soldato, il Ghelli svilupp le
foto che gli port linterprete tedesco. Due negativi erano di al-
cuni repubblicani fascisti e di soldati tedeschi, incluso linter-
prete stesso.

Testimonianza di Suor Romualda Palazzi, 60 anni, ospedale di


Stia, la quale dichiara:

Io sono la superiora dellospedale di Stia, un posto che ricopro da


25 anni.
Il 13 aprile 44 sono state ricoverate le seguenti persone:
1) BRUNI MARIA. Entrata il 13 aprile, dimessa il 25 maggio 44, per
ferite di proiettili nella parte alta e posteriore delle gambe.
2) BRUNI CORRADO. Entrato il 13 aprile dimesso il 14 maggio, per
ferita di proiettili allavambraccio sinistro.
3) VADI FINA. Ricoverata il 16 aprile, dimessa il 16 maggio, per fe-
rita di proiettile allavambraccio destro.
4) TOMMASI MARIA, ricoverata il 16 aprile per una ferita alla testa.
Morta il 18 Aprile. Sepolta nel cimitero di STIA.
5) SERI PASQUALE, ricoverato il 18 aprile e dimesso il 20 s.m.. Fe-
rite di proiettile alla spalla sinistra e al braccio destro.
Altre persone, che avevano ferite pi leggere, furono curate ma
non c nessuna nota scritta per cui non conosco i loro nomi.
(Testimonianza rilasciata il 27.1.1945).

Testimonianza di Giulio Andreucci, di anni 53, rilasciata pres-


116 PAOLO PAOLETTI

so lalbergo Falterona, Capanna di Stia, in data 8.11.44. Il teste


dichiara:

Sono un calzolaio e abito a STIA dalla nascita, sono sposato. Sono


socio dellOPERA PIA CONFRATERNITA DI MISERICORDIA di STIA da
19 anni. Un anno fa mi nominarono Capo Squadra.
Il compito della Misericordia, e della mia squadra, era quello di
trasportare i malati o i feriti nei vari ospedali di STIA o di altre cit-
t vicine. Per assolvere a questo compito disponevamo di unam-
bulanza che poteva portare una o due persone.
La mia casa a circa 100-150 metri da SANTA MARIA, sulla strada
per VALLUCCIOLE.
Verso le 5,00 di gioved 13 aprile, fui svegliato dal rumore di vei-
coli che passavano. Mi alzai, guardai fuori e vidi molti veicoli pic-
coli che andavano verso VALLUCCIOLE. Poich era ancora buio
non sapevo se i veicoli fossero tedeschi o no.
Per tutto il giorno vidi molte macchine militari che andavano avan-
ti ed indietro da VALLUCCIOLE. Al ritorno notai che portavano be-
stiame, oggetti, mobilia, specchi ecc.. Vidi tedeschi che portavano
buoi e vitelli gi per la strada. Venni anche a sapere di eccidi com-
messi a VALLUCCIOLE.
Verso le 9,00 di venerd 14 aprile sentii che le campane di STIA suo-
navano a morto. Sapevo che quello era un segnale che mi indica-
va che dovevo recarmi alla mia ambulanza in Piazza Vittorio Ema-
nuele a STIA, dove fui informato dai Carabinieri che la squadra do-
veva andare a VALLUCCIOLE.
Quindi, io e altri 17 fratelli della Misericordia, un Brigadiere dei
Carabinieri e due uomini, andammo a VALLUCCIOLE con lambu-
lanza e un altro veicolo. Appena lasciato STIA, sorpassammo una
macchina tedesca dove viaggiavano un capitano tedesco che era
stato di stanza a Stia, e 4 o 5 suoi uomini.
Quando arrivammo in un posto chiamato GIUNCHETO, che sul-
la strada per VALLUCCIOLE, vidi nei campi, sulla sinistra della stra-
da, alcuni corpi. Ci fermammo e andammo a vedere e, mentre fa-
cevamo questo, anche il Capitano tedesco che avevamo sorpassa-
to si ferm a cercare.
Trovai 12 corpi, tutti uomini, di et fra i 17 ed i 50 anni. 11 erano
sulla sinistra, uno a destra vicino alla casa. Tutti erano morti a cau-
sa delle ferite di proiettili e tutte le ferite erano nella parte poste-
riore della testa. Notai molti bossoli di cartucce tedesche sparse
sul terreno. Ordinai che i corpi venissero raccolti e li caricammo
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 117

sul carro, i Carabinieri ci dettero il permesso di portarli via. Man-


dai lautocarro al cimitero di SANTA MARIA.
4 uomini andarono con il camion; io e gli altri proseguimmo a pie-
di per MOLINO DI BUCCHIO. Lambulanza ci seguiva ed eravamo ac-
compagnati anche dal Capitano tedesco e dai suoi uomini.
Mentre si camminava verso questo paese, non notai niente di stra-
no, ma quando arrivammo vidi che tutte le case o erano bruciate o
stavano bruciando. Cercammo fra le case e nelle vicinanze, ma non
trovammo n vivi, n morti. Tutto era in un disordine estremo.
Lasciammo MOLINO DI BUCCHIO e proseguimmo.
Prima di arrivare a MOLINO DI BIANCO c un fiumiciattolo, dopo
averlo attraversato, trovai, sulla sinistra della strada e vicino al-
lacqua, i corpi di 2 uomini. Uno era un ragazzo di 16 o 17 anni,
laltro era un uomo di circa 55 anni. Il ragazzo giaceva a faccia in
gi, con le braccai stese ed aveva molte ferite al collo e nella par-
te pi bassa del volto.
Luomo pi anziano giaceva di fianco, con i ginocchi piegati al
petto. Una fune teneva legati insieme il collo, il braccio sinistro e
il ginocchio destro. Aveva ricevuto molti colpi di proiettile al col-
lo ed al petto. Portammo i corpi sulla strada in modo che il ca-
mion potesse raccoglierli.
Andammo alla casa chiamata MOLINO DEL BIANCO.
Trovammo che il luogo era quasi completamente bruciato. I pia-
ni superiori erano crollati allinterno e fra le macerie trovammo al-
tri due corpi che sembravano di uomini. Erano entrambi carbo-
nizzati. Portammo anche questi resti dove avevamo lasciato gli al-
tri due e trovammo per la strada molte altre cartucce tedesche.
Io ed i miei uomini tornammo a cercare nelle vicinanze della casa.
Dalla casa allArno c un sentiero e, scendendo, trovammo in un
angolo i corpi di due donne di mezza et. Giacevano a terra ab-
bracciate e avevano molte ferite nelle spalle, nel collo e nella par-
te bassa della testa. Le conoscevo piuttosto bene. Erano: FORTU-
NATA RAGAZZINI, di MOLINO DEL BIANCO e MARIA NELLA PANTI-
FERI di MOLINO DI BUCCHIO. Mettemmo entrambi i corpi sul ca-
mion e li mandammo al cimitero di SANTA MARIA.
I 18 corpi che avevamo ricuperato quel giorno furono preparati
per la sepoltura. Erano presenti il Capitano tedesco, il prete di
SANTA MARIA e don GIOVANNI MINNINI.
Sentii che il comandante tedesco chiedeva al sacerdote se cono-
scesse qualcuno dei morti. Il sacerdote rispose: S, sono tutti miei
parrocchiani, nessuno di loro era un ribelle o un partigiano. Il te-
118 PAOLO PAOLETTI

desco rispose: Pu darsi che non fossero ribelli, ma li hanno aiu-


tati. Eravamo sopraffatti dal dolore e non rispondemmo affatto.
Furono scavate due fosse e i corpi furono sepolti. Il sacerdote of-
fici la cerimonia. Era molto tardi e quasi buio, cos decidemmo
di tornare a Stia. Per tutto il tempo che recuperavamo i corpi non
vidi soldati tedeschi, n sentii sparare. Dopo il funerale tornam-
mo a STIA con gli stessi mezzi. Verso le 11,00 di sabato 15 aprile,
fui nuovamente avvertito dal rintocco della campana che dovevo
andare allambulanza. Il mio gruppo con la stessa ambulanza e lo
stesso autocarro si diresse a MOLINO DI BUCCHIO. Proprio prima
di entrare c un dirupo a pochi metri dalla strada e qui trovai i
corpi di 4 uomini che conoscevo: TRAPANI GIULIO, TRAPANI PAS-
QUALE, TRAPANI MARIO e TRAPANI DARIO.
Giacevano tutti in fila, con la faccia rivolta verso il basso, sembrava
che fossero nascosti quando furono uccisi. Tutti erano stati colpi-
ti alla schiena o alla base della testa. Tirammo su i corpi e li por-
tammo sulla strada con lidea di raccoglierli sullautocarro al ri-
torno.
Proseguendo per la strada guardai verso CASA TRENTI e vidi un
altro corpo che giaceva sulla collina. Andai e trovai il corpo di BUC-
CHI GINO. Era stato colpito alla schiena fra le scapole e la base del
cranio. Portammo anche questo corpo sulla strada. Proseguimmo
a piedi per SERELLI. Io e un altro guidavamo il gruppo. Davanti
ad una casa vidi i corpi di 3 donne che non conoscevo, che dove-
vano essere fra i 45 ed i 55 anni. Erano uno sullaltro, avevano san-
guinato molto e dovevano essere state colpita da dietro, perch le
ferite erano sul dietro della testa. Guardandomi intorno, vidi il ca-
davere di unaltra donna sulla soglia di casa, dellet apparente di
25 anni. Sembrava essere stata colpita alla testa ed alle gambe.
Non la conoscevo. Lasciammo momentaneamente i corpi dove
erano e continuammo ad esaminare le case. Nel paese non vidi nes-
suno n vivo n morto. Tutto il luogo era una scena di devastazione
e quasi tutte le case erano bruciate. Proprio dove finiscono le ca-
se di SERELLI per andare a VALLUCCIOLE, c un muretto che se-
gue la strada sulla sinistra. Ai piedi del muro, a pochi metri dal-
lultima casa, trovai 12 corpi, tutti erano stati colpiti al collo o al-
la testa. Giacevano a gruppi di 2 o 3 o soli, in uno spazio di una
decina di metri. Conoscevo uno di questi, era LAMBERTI GINA, co-
niugata TRENTI. Teneva fra le braccia il corpo di un bambino di 3
anni che era stato colpito alla testa. In quel momento arriv un uo-
mo che riconobbi come LAMBERTI. Sapevo che era il padre della
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 119

ragazza, cos sollevai la testa del cadavere, perch la identificasse.


Nel fare questo scoprii il corpo di un ragazzo di 6 o 7 anni, che il
cadavere della ragazza aveva coperto. Anche lui era stato colpito
alla testa. Lamberti identific sua figlia GINA e i suoi due figli PIE-
RO e ADOLFO. Esaminai gli altri corpi e vidi che erano tutti di don-
ne che non conoscevo. Poco lontano sotto ad una siepe che sul-
la sinistra della strada, trovai il corpo di unaltra donna. Non la
conoscevo. Probabilmente era stata uccisa mentre si stava na-
scondendo. Le ferite erano alla schiena e alla base del collo.
Poco oltre trovai il corpo di unaltra donna. Era la maestra di VAL-
LUCCIOLE e viveva ad AREZZO, vicino a lei cera il corpo della sua
bambina di 4 o 5 anni. Entrambe erano state colpite alla testa.
I Carabinieri che erano con il nostro gruppo ci ordinarono di sep-
pellire i corpi nei campi; seppellimmo un totale di 19 persone in
2 fosse. Organizzammo una semplice cerimonia aiutati da un sot-
tufficiale italiano che svolgeva le funzioni di comandante, che era
casualmente nella zona. Disse: Facciamo un minuto di silenzio,
ora, perch questo quello che fanno i nostri alleati. Poi se ne
and piangendo.
Il nostro gruppo si riun e tornammo a prendere i 5 corpi che ave-
vamo trovato al mattino; erano gi stati caricati sul carro e tor-
nammo a SANTA MARIA, dove cera il Parroco ad attenderci. Sca-
vammo una fossa, i corpi furono sepolti e il sacerdote offici il ser-
vizio funebre. Era sera e cos tornammo a Stia.
Verso le 9,00 della domenica, di nuovo le campane mi chiamaro-
no e di nuovo la mia ambulanza ed il mio gruppo part per Val-
lucciole.
Prima di arrivare a MOLINO DI BUCCHIO, che sulla strada per
VALLUCCIOLE, fui fermato dal Brigadiere dei Carabinieri e mi fu
detto di recarmi con 6 uomini a CASA TRENTI. Attraversammo i
campi ed arrivando trovammo i corpi di 11 persone e riconobbi
che erano:
1) Bucchi Adamo, 68 anni
2) Bucchi Teresa (Berti), 70 anni
3) Bucchi Giulio, 38 anni
4) Bucchi Primetta, 18 anni
5) Valenti Giuseppe, 65 anni
6) Valenti Zaira, 63 anni
7) Bucchi Lucia (Gori), 38 anni
8) Bucchi Alduina (Gori), 31 anni
9) Bucchi Marisa, 4 anni
120 PAOLO PAOLETTI

10) Bucchi Duilio, 16 anni


11) Bucchi Franco, 7 mesi.
Era una famiglia intera.
Ho esaminato i corpi, avevano numerose ferite alla testa e al pet-
to, alcuni cadaveri avevano la testa maciullata. Teresa era brucia-
ta. In un angolo della casa, sparse a terra, cerano molte cartucce
tedesche e scatole di cartucce. La casa era quasi completamente
bruciata. La scena mi sconvolse ancora di pi, perch conoscevo
molto bene quella famiglia, erano onesti, buoni e gentili.
Il Brigadiere dei Carabinieri mi disse di seppellirli, cos, io e i miei
uomini scavammo una fossa vicino alla casa e li seppellimmo tut-
ti insieme. Fatto questo, proseguimmo a piedi per VALLUCCIOLE.
Andammo al cimitero e in questo luogo era un continuo arrivare
di corpi, alcuni portati da barelle, altri dai buoi e carri. Cera mol-
ta gente al cimitero, gente che scavava delle fosse. Ho assistito ed
aiutato meglio che potevo e dopo 2 ore sono tornato a STIA. Il lu-
nedi 17 aprile, non fui chiamato e rimasi a casa.
Marted 18 Aprile, in seguito a ci che mi fu detto, andai al cimi-
tero di Stia e qui, aiutato da 11 uomini, sotterrammo i corpi di 17
ignoti. Erano stati tutti uccisi da proiettili. Il Proposto di Stia of-
fici il servizio funebre e poi ce ne andammo.
Il mercoled 19 aprile, verso le 8,00, fui chiamato di nuovo per an-
dare a prendere il corpo di SESTINI FORTUNATO, che era alle pen-
dici del FALTERONA. Dopo una ricerca durata 2 ore, riuscii a tro-
vare il corpo. Era stato colpito al volto ed al petto. Lo mettemmo
in una bara e lo portammo al cimitero di VALLUCCIOLE, dove fu
sepolto. Non fui pi chiamato fino al 25 aprile, quando fui chia-
mato per esumare i corpi di Casa Trenti e seppellirli di nuovo al
cimitero di SANTA MARIA. Feci questo con 4 uomini.
Durante tutto questo vidi pochi tedeschi ed erano troppo lontani
perch ne possa dare una descrizione.
Firmato Andreucci Giulio

Testimonianza del brigadiere dei Carabinieri di Bibbiena, Emi-


lio Biami, il quale dichiara:

Sono brigadiere dei Carabinieri di Bibbiena e sono qui da 15 gior-


ni. Precedentemente avevo occupato lo stesso posto a STIA per un
anno e mezzo.
Prima della Pasqua 1944, lattivit dei partigiani in VALLUCCIOLE
e dintorni stava diventando un problema per i fascisti. Linterpre-
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 121

te della guarnigione tedesca era occupato a reperire informazioni


sui partigiani in VALLUCCIOLE. Ho visto che aveva una cartina del-
la zona. Quasi ogni giorno andava al Comune di Stia e si incon-
trava con CESARE FRANCALANCI. Dopo questi colloqui la cartina
era cos contrassegnata: i paesi dove i partigiani erano stati loca-
lizzati, erano circondati di rosso. Se i partigiani erano entrati due
volte nello stesso paese, cera una piccola croce verde dentro il cer-
chio rosso. Molte croci indicavano che in quel posto i partigiani
erano andati pi volte.
Lultima volta che vidi questa cartina fu intorno all8 o 9 aprile.
Notai che praticamente tutti i paesi della vallata di Vallucciole era-
no stati segnati in quel modo. Vidi che il paese di Vallucciole era
stato segnato pi marcato degli altri e dava cos limpressione di
essere il luogo maggiormente frequentato dai partigiani. Verso il
7 o 8 aprile una moto con side car si ferm davanti alla mia sta-
zione. Scese un ufficiale tedesco. Penso che avesse il grado di Mag-
giore perch le spalline erano di corda intrecciata doro e dargento
e sopra cera una stella dorata. Sulla manica sinistra portava la fa-
scia della divisione Hermann Gring. And immediatamente
alla sede del Comando tedesco a STIA e dopo lasci il paese. Ec-
co la descrizione:
Circa 30 anni, altezza circa m.1,80, snello, fronte alta, naso dritto,
orecchi normali, bei denti bianchi, un dente doro, faccia allungata,
carnagione pallida, sopracciglia scure, occhi grigio azzurri, porta-
va il monocolo, collo lungo, spalle quadrate, capelli castani.
Particolarit. Gli mancava la seconda falange del terzo dito della
mano sinistra. Quando parlava storceva la bocca. Portava i guan-
ti. Il terzo dito era sempre dritto, probabilmente perch tenuto da
un pezzo di legno. Dopo che lufficiale se ne fu andato, parlai con
linterprete che mi disse: Ci sono molti partigiani intorno. Fra
qualche giorno riceveranno una lezione. L11 Aprile sentii della
morte di due ufficiali tedeschi a MOLINO DI BUCCHIO. Linterpre-
te mi disse che uno era un maresciallo e uno un soldato. Il giorno
dopo soldati e macchine andarono a MOLINO DI BUCCHIO e poi
venni a sapere che erano tornati con due ragazze della famiglia
PANTIFERI. Fra mezzanotte e le 4,00 della notte del 13-14 Aprile,
cominciarono ad arrivare a STIA soldati della Divisione Hermann
Gring. La mattina del 14 sentii rumore di spari. Ho accompa-
gnato la Misericordia di STIA nel recupero dei morti il 15, 16 e 17
aprile. Non sono sicuro delle date, poteva essere anche il 14, 15 e
16. Il primo giorno andai a MOLINO DI BUCCHIO e SERELLI. Vidi
122 PAOLO PAOLETTI

molti morti, uomini, donne e bambini e tutti sembravano uccisi


da colpi di arma da fuoco. ad eccezione di quello che vidi nella
prima casa di SERELLI. Entrai dalla porta di ingresso e sul muro
alla mia destra allaltezza di 60-70 centimetri da terra, vidi una
macchia di sangue che copriva una superficie abbastanza larga.
Esaminai questo segno e vidi che vi aderivano pelle, capelli e par-
ti di cervello. Quasi direttamente sotto al muro vidi il corpo di un
bambino di circa 8 o 9 mesi. Il lato destro della fronte era schiac-
ciato e la ferita si estendeva alla nuca. Parte del cervello era visi-
bile. Dalla posizione del corpo e delle macchie di sangue pensai
che il bambino fosse stato sbattuto con forza terribile contro il mu-
ro e la testa si era sfracellata. Non so il nome del bambino12.
Gli altri giorni vidi molti corpi; erano tutti o fucilati o bruciati.
La mattina di un giorno (non ricordo n il giorno n la data) al ci-
mitero di STIA vidi 17 corpi. Erano stati tutti colpiti e mi sembra-
rono tutti italiani. Furono sepolti nel cimitero di STIA. Non cono-
sco i loro nomi n so da dove siano venuti. Mentre i tedeschi era-
no a STIA, ho visto di nuovo il Maggiore che ho descritto. Linter-
prete tedesco era:
di et di circa 24-25 anni, alto m.1,80, nato in UNGHERIA, snello,
fronte alta e spaziosa, naso dritto, labbra carnose, bei denti bian-
chi, volto lungo, sopracciglia scure, occhi scuri, portava gli oc-
chiali, carnagione scura, collo lungo, larghe spalle quadrate, capelli
castani morbidi, spazzolati allindietro e stempiato.
Abito: berretto da campo, giacca corta grigio-verde. Due sbarret-
te verdi sul colletto e sulle maniche circondate completamente da
una fine linea rossa. Allinterno cera un gallone dargento. Attra-
verso la spallina ad un pollice dalla base cera una stanghetta dar-
gento grande mezzo pollice. Sul petto a sinistra aveva un nastro
che fuori era rosso ed al centro non ricordo e sotto cera un di-
stintivo di metallo bianco che aveva la forma di una corona di al-

12 Secondo il padre Alfredo Gambineri, prima due soldati si passavano suo


figlio Viviano come fosse una palla, poi la madre riusc a riprenderlo e a scappare
in camera al primo piano. Si veda Giancarlo Vessichelli, Era primavera anche a Val-
lucciole nellanno 1944, Consiglio regionale della Toscana, Firenze, 2006, pp. 88 e
92. L fu vista, con il bambino in braccio, uccisi entrambi da molti colpi di fucile,
da don Minnini, Prasildo Giachi e Bruno Ceccarelli. Siccome a Vallucciole non ce-
rano altri bambini, siccome il Biarni parla di un pianterreno e gli altri testimoni di
un primo piano, la deposizione del brigadiere inquadrato nella G.N.R. non cre-
dibile. Comunque si pu escludere che Viviano Gambineri sia stato ucciso come
vuole la vulgata.
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 123

loro dentro ad una croce. I pantaloni erano color cachi infilati in


alti stivali neri. Faceva linterprete, il suo nome era Franz, parlava
italiano molto bene, fumava sigarette.
Firmato Biami Emilio

Alle 20,12 di venerd 22 dicembre 1944 mi sono state mostrate pa-


recchie foto dal Serg. Baxendale ed ho riconosciuto e identificato
la persona che conoscevo come FRANZ ho quindi apposto la mia
firma.
Firmato Biami Emilio

3.4. Le deposizioni ricostruiscono esattamente la dinamica dello


scontro a fuoco

Sul numero dei garibaldini che corrono sul ponte per andare in-
contro alla macchina ferma appena fuori dal ponte esistono ver-
sioni contrastanti: vanno da tre a cinque. Due occupanti del-
lauto sono fuori dellabitacolo e uno in macchina, dietro al se-
dile dellautista. quello che non parla e non comprende una pa-
rola ditaliano (testimonianza di Reginaldo Bucchi). il coman-
dante della pattuglia che va ad ispezionare in abiti civili il luogo
dove entrer la colonna tedesca che prossimamente rastreller la-
rea a monte. I partigiani si portano davanti alla macchina; guar-
dando il parabrezza si accorgono che c qualcosa di strano e or-
dinano il Mani in alto. Si pu anche pensare che a questo pun-
to i garibaldini abbiano sparato una sventagliata di mitra, infat-
ti Giabbani Gino dichiarava che i finestrini della macchina ap-
parivano rotti dai proiettili, per cui se fosse stato il tedesco a spa-
rare avrebbe mandato in frantumi il parabrezza. Un altro parti-
giano spara col fucile e uccide il sottufficiale tedesco. Il terzo oc-
cupante della vettura riesce a fuggire.

3.5. Le ricerche inglesi per arrivare ai responsabili della strage

Lopinione del sergente Baxendale che le operazioni di rap-


presaglia siano state ordinate dal comandante del 76 Corpo
Corazzato, che us come mezzo operativo la divisione H.G.,
124 PAOLO PAOLETTI

il cui comandante di solito delegava le operazioni alle unit di


Seiler e Graf.
Se traduciamo dal Precis of evidence13 inglese vediamo da
dove era partita e fin dove era arrivata la ricerca degli investi-
gatori inglesi:
I veicoli avevano i simboli delle unit dartiglieria della Div.
H.G., comandata dallObst. Conrad, del 75 Corps, riserva del
Gruppo dArmate C. Infatti il numero della posta da campo
(Feldpost) L 53233 corrispondeva alla 2a Compagnia della
unit esplorante della H.G., mentre L 54107 corrispondeva
alla 4a Compagnia dello stesso Reparto Esplorante. Gli inve-
stigatori inglesi avevano cos accertato la presenza di un ufficia-
le della 2a Compagnia del battaglione esplorante a Molino di
Bucchio ma non avevano capito che questa compagnia aveva
partecipato alla vendetta di Vallucciole. Carlo Gentile scriveva
che gli indizi raccolti nei documenti dellinchiesta britannica
sulla strage di Vallucciole sono unanimi nellindicare che furo-
no proprio le stesse compagnie che avevano subito le perdite a
Molino di Bucchio, quindi la 2a e la 4a, a compiere la strage dei
civili14 ma i poliziotti inglesi non riuscirono mai a stabilire che
la 2a e la 4a compagnia del reparto esplorante abbiano compiu-
to la strage. Ripetiamo quanto tradotto sopra: La sera del 12
Aprile, ununit che si pensa fosse o del Battaglione Contraereo
o di quello Esplorante, sempre della H.G., o un misto di en-
trambe, entr a STIA. Lunit era composta da circa 800 uomini
ed era comandata da un ufficiale che si pensa fosse un certo
Maggiore Graf. Alle 3,00 del 13 tutta lunit and in Valluccio-
le e cominci il massacro. Solo una visita agli archivi tedeschi
poteva permettere di stabilire quali compagnie partirono da Mo-
lino del Bucchio per risalire la vallata del Vallucciole.
In un altro fascicolo inglese, WO 204 /11497, si trovano al-
tri dati interessanti: La responsabilit della strage delle trup-
pe della guarnigione tedesca di Stia, del 1 battaglione del Reg-

13 N.A, WO 204/ 11497, German Reprisals against Italians for partisan ac-
tivity.
14 Carlo Gentile, Le stragi nazifasciste in Toscana 1943-1945. Guida archivi-
stica alla memoria. Gli archivi tedeschi, Carocci, Roma, 2005, n. 4, p. 88.
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 125

gimento antiaereo e del Reparto Esplorante della divisione H.


Gring15. Ma in un altro documento inglese si dice che la pic-
cola guarnigione di Stia al comando del tenente Egger non par-
tecip alla strage. Si appurava inoltre che l8 aprile un maggio-
re dellH.G. aveva visitato Stia e gi allora si venne a sapere che
unazione su grande scala avrebbe avuto luogo nellarea. L11
aprile un tenente e due soldati dellunit del maggiore in que-
stione giunsero a Stia.
Per verificare lesattezza delle accuse degli investigatori in-
glesi andammo a cercare riscontri negli archivi tedeschi. Al Bun-
desarchiv-Militrarchiv di Friburgo trovammo le conferme che
cercavamo. Per esempio il nome del maggiore Rudolf Graf16, co-
me comandante del 1 Battaglione del Reggimento Artiglieria
Contraerea17.

3.6. Il valore delle testimonianze dei superstiti

La relazione del sergente Baxendale e le testimonianze dei te-


stimoni di allora sono fondamentali in quanto rappresentano
documenti praticamente coevi. Il rapporto inglese sicuramen-
te molto preciso ed esauriente da un punto di vista investigati-
vo, soprattutto grazie alla massa di testimonianze raccolte, tan-
to da essere il pi importante documento sulla strage. Inoltre i
fatti vengono inquadrati in un preciso contesto storico: si rife-
riscono fatti e comportamenti inediti fino al 2006 (lattacco par-

15 Responsability Stia Garrison Troops, I Bn Flak Regiment e Recce Bn del-


lH. Gring Div..
16 Nel fondo RL 32, fasc. 85, p. 40. La lista degli ufficiali della H.G. che ri-
coprirono i vari incarichi cos precisa che su ogni persona compaiono alcuni da-
ti anagrafici. Il maggiore Graf, per esempio, risulta nato il 25.2.1915. Il tenente (del-
la Riserva) Josef Wolf, comandante del Battaglione Genieri aveva assunto il co-
mando il 1.3.1944, era nato il 24.11.1914 e da civile faceva il capo giardiniere.
17 Neppure appaia strano che il Battaglione Contraereo del maggiore Seiler
fosse impegnato in azioni antipartigiane. Era normale che per mancanza di arma-
mento questi reparti fossero utilizzati in altri compiti. Il Battaglione Contraereo sa-
r impiegato anche a Civitella e a Castelnuovo dei Sabbioni. In Italia erano state
formate due divisioni della Luftwaffe appiedate.
126 PAOLO PAOLETTI

tigiano alla famiglia Pallini, che rappresenta la fattoria dove si


poteva trovare un concentramento di derrate alimentari, linol-
tro presso le autorit militari di Arezzo delle ricevute delle re-
quisizioni partigiane, luccisione a sangue freddo del tedesco fe-
rito a Molino di Bucchio da parte di un partigiano, lo strupro
delle donne di Moiano e ancor pi raccapricciante delle donne
ferite a Vallucciole).
Le testimonianze dei superstiti sono state molto importan-
ti, non solo per ricostruire la dinamica della prima rappresaglia
a Molino di Bucchio e della successiva vendetta con la strage in-
discriminata a Vallucciole, ma soprattutto per i numerosi indizi
che si potevano trarre sulle diverse responsabilit fasciste e ga-
ribaldine.
Carlo Gentile, riferendosi soprattutto al fascicolo inglese su
Partina, scriveva: Le testimonianze appaiono molto attendibi-
li. Gran parte delle persone intervistate si erano trovate a stret-
to contatto con i militari, sia come fornitori di alloggiamento, sia
perch in qualche modo presenti alle varie fasi degli eccidi. Pur
non essendo in grado escluso un solo caso18 di fare alcun no-
me, le precise descrizioni che essi hanno fornito delle uniformi
indossate dai perpetratori confermano pienamente la presenza
degli uomini del Panzer-Regiment Hermann Gring. Quasi
tutti i testimoni ricordano infatti le uniformi nere, giacca e pan-
taloni ed in molti casi anche camicie e cravatte, e le mostrine con
il teschio e le tibie incrociate, oltre alle fasce da braccio con il
nome della divisione19. Per Partina e Moscaio le testimonian-
ze pi importanti sono quelle di Nada Lunghi, Ivio Rosai, An-
tonio Rosai, Libero Braccini, Vittoria Rosai, Eleonora Nati-Pol-
tri, Piero Nati-Poltri (nella cui villa si era installato il comando

18 PRO, WO 204/11486, War Crime Atrocities by German troops at Parti-


na and Moscaio on 13 Apr. 44, testimonianza di Nada Lunghi (21 anni), Partina,
1 maggio 1945, che fornisce il nome di un sottufficiale alloggiato nellabitazione
della sua famiglia. Si tratta di un certo Georg Munsel (nato nel 1922), nato o re-
sidente in Breslavia e che nella vita civile faceva il pasticcere. Luniforme descrit-
ta dalla testimone quella nera con le mostrine del reggimento corazzato Her-
mann Gring.
19 Gentile, Le stragi tedesche del 1944 in provincia di Arezzo ed i loro perpe-
tratori, cit.
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 127

tedesco) il quale fornisce una decrizione molto accurata del sim-


bolo tattico delle unit corazzate della divisione Hermann G-
ring, ed inoltre Ersilia Parri e Irma Lorenzoni. Le testimo-
nianze sono state rese a Partina, Soci e Firenze tra il 1 e il 12
maggio 194520.

3.7. Lautocensura di Rutilio Trenti: due testimonianze a confronto

Rutilio Trenti stato sicuramente il pi citato dei superstiti ma


anche uno molto restio a rivelare la sua verit21. Con noi parl
solo a futura memoria e anche per questo abbiamo aspettato a
pubblicare la nostra ricerca.
Come si vede dal confronto di queste due testimonianze,
quella resa alla commissione dindagine britannica e quella da
noi registrata nel 1991, nel 1945 evit di raccontare alcuni par-
ticolari molto importanti.
Ecco la testimonianza del 1945 di Rutilio Trenti, 33 anni, abi-
tante a Serelli, il quale dichiarava:

Sono un contadino e sono sempre stato a Serelli. Nellaprile 44


vivevo con mia moglie Gina ed i miei due figli, Adolfo di 6 anni e
Piero di 3.
Verso le 16,00 di mercoled 12 Aprile un gruppo di soldati tede-
schi venne a SERELLI. Entrarono nelle case ed obbligarono gli abi-
tanti a riunirsi in una piccola piazza che si trova al centro del pae-
se. Tutte le case furono saccheggiate e dove le porte erano chiuse
furono forzate. Dopo questo saccheggio i soldati se ne andarono
e potemmo tornare a casa.
Verso le 7,00 di gioved 13, ero a letto quando sentii rumori di spa-
ri vicino a casa. Mi vestii in fretta e scesi per andare a vedere se le
mie bestie erano al sicuro. Mentre facevo questo fui preso da dei

20 PRO, WO 204/11486, War Crime Atrocities by German troops at Partina


and Moscaio.
21 Basti dire che quando fu intervistato in comune nel 1993 Rutilio non vol-
le neppure dire il nome di battesimo di suo fratello. Sesto Siri si lasci scappare
un nome: un nostro cugino... Alfredo... insomma ho sbagliato un dovevo dire i
nome.
128 PAOLO PAOLETTI

soldati tedeschi e sotto la minaccia di una pistola fui obbligato a


tornare in casa. Mi chiesero del denaro ed io tirai fuori il portafo-
glio che conteneva 25.000 lire che mi presero.
Nel frattempo mia moglie ed i bambini erano stati fatti uscire ed
erano stati portati sul lato opposto del paese con le altre donne di
SERELLI.
Mi ordinarono di uscire e di trasportare munizioni. Dovevo seguire
i tedeschi in paese, e via via che le case venivano saccheggiate e gli
occupanti buttati fuori, gli uomini si univano al mio gruppo e le
donne venivano mandate dove era stata mandata mia moglie. Per
tutto il tempo cera un continuo rumore di spari fra le case che
sembravano tutte in fiamme.
Il nostro gruppo che era ora di 6 italiani e molti soldati tedeschi,
si incammin verso VALLUCCIOLE. Su questa strada, vicino allul-
tima casa di SERELLI, cera un muro di pietra ai piedi del quale, al-
lineati alla meglio, vidi 7 corpi. Erano tutte donne e bambini. Ce-
rano, Trenti Ada, mia zia, che teneva fra le braccia il corpo di mio
figlio, Trenti Adolfo di 6 anni, Trenti Gina, mia moglie, che tene-
va fra le braccia laltro figlio, Piero, di 3 anni, Vadi Zaira, Paoli Clo-
rinda e Valenti Fulvia. Non potei vedere come erano morti ma ero
sicuro che erano state fucilate.
Continuando un po pi lontano, vidi il corpo di NOCILLA Elea-
na, e vicino a lei il corpo di Nocilla Angelina di 7 anni e, poco pi
lontano lungo la strada, il corpo di Peloni Adalgisa, di 65 anni, che
era stata colpita in faccia.
A Vallucciole fummo fermati mentre i tedeschi entravano e per-
quisivano le case. Gruppi di uomini furono costretti ad unirsi a noi
e vidi che i soldati incendiavano le case. Sentivo colpi venire da
tutte le parti del paese. Fummo poi costretti ad andare a MONTI
DI GIANNI. Anche qui ci fecero fermare mentre i soldati saccheg-
giavano le case, altri uomini furono costretti ad unirsi a noi, men-
tre i tedeschi incendiavano le case. Vidi 3 donne, MICHELACCI
GIUSEPPA, 60 anni, MARCHI CESARA, di 50, ANDREANI ORETTA, di
27. I soldati le spingevano a forza verso la porta di una casa che
stava bruciando. I soldati le volevano fare entrare ma erano trop-
po spaventate e fecero un passo indietro, a quel punto i tedeschi
aprirono il fuoco ed esse caddero davanti alla porta. Dopo an-
dammo tutti sul monte Falterona.
Tutto il giorno portammo le munizioni e verso sera ci portarono
ad una fattoria chiamata GIUNCHETO. Ci dissero di mettere a ter-
ra le munizioni. Un tedesco mi disse sottovoce: Scappa. Velo-
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 129

cemente corsi via e sentii molti spari che mi passavano vicino; un


colpo fin sul tacco dello stivale. Mi nascosi per un po di tempo
e poi mi diressi a Porciano, dove rimasi 7 giorni.
La domenica tornai a Serelli e trovai la casa bruciata e tutti i mor-
ti sepolti in un campo.
Sabato 29 aprile ebbi il permesso di esumare i corpi dei miei per
poterli seppellire al cimitero di Vallucciole. Ero presente quando
fu fatta lesumazione ed oltre ai 10 corpi che avevo gi identifica-
to, riconobbi altri 6 che erano: RINGRESSI CONCETTA, CIOFINI LU-
CIANA, MARCONCINI GINA, BIANCA, ANITA e BRUNA. Tutte donne.
Non posso aggiungere nientaltro.
Firmato Trenti Rutilio
(Testimonianza rilasciata il 3.1.1945 a Serelli).

Rutilio Trenti evit di raccontare gli aspetti pi delicati relativi


alla strage: i badogliani che li avevano tranquillizzati, ignari an-
che loro del rastrellamento che avrebbe avuto luogo il 13, la
promessa formale di protezione da parte di questo comandan-
te partigiano non garibaldino, che fortunatamente, diciamo noi,
non venne rispettata, la partecipazione dei fascisti alla strage, le-
nigmatica figura del Giabbani. Tutti particolari che Trenti ha evi-
tato di raccontare per quasi cinquantanni e che ci confess da-
vanti ad altri due testimoni.
Ecco la trascrizione della registrazione del colloquio del set-
tembre 1991. Questa testimonianza acquista una particolare im-
portanza in quanto ci d la misura dellautocensura che i testi
praticavano davanti alle autorit militari inglesi.
Crediamo che questa sia lunica testimonianza completa che
il Trenti ha rilasciato in tanti anni di interviste e dichiarazioni.

A riparlare di quelle cose mi viene ancora il terrore nel sangue...


La sera stessa che furono uccisi i tedeschi a Molino di Bucchio i
soldati vennero su a Serelli [in verit i soldati della guarnigione di
Stia andarono a Serelli il giorno dopo, il 12, N.d.A.]. Sistemarono
delle mitragliatrici in posizione dominante e cominciarono a per-
quisire tutte le case. La gente la radunarono nelle vie. Cominciai
ad aver paura: avevo visto cosa avevano fatto i tedeschi in Jugos-
lavia, stragi e assassini. Non che noi fossimo stati da meno, ma
tra i nostri soldati si poteva trovare pi umanit. I tedeschi erano
tutti duri e spietati. E ora sapevo che potevano essere ancora pi
130 PAOLO PAOLETTI

tremendi, perch si rendevano conto di aver perso la guerra. Si sen-


tivano attaccati proprio mentre si ritiravano e sapevo che poteva-
no anche reagire come bestie inferocite. L sullaia mi sentivo gi
morto e mi dicevo: appena si allontanano le sentinelle comincia-
no a falciarci tutti con le mitragliatrici. Invece quella sera non suc-
cesse niente. Non avevano trovato n armi n munizioni e questo
ci salv quella sera. Poi venne gi anche un maggiore, uno che co-
mandava quei pochi partigiani che si nascondevano nei boschi so-
pra al nostro paese22 e ci disse di stare tranquilli. Se fossero venuti
i tedeschi ci avrebbero pensato loro a difenderci. Il fratello di mia
madre disse di sentirsi in una botte di ferro: si sentiva tranquillo
perch era convinto che i tedeschi non sarebbero pi ritornati e
se anche si fossero fatti vivi ci avrebbero protetto i partigiani. Io
invece non ero cos tranquillo: i partigiani avevano un fucile in
quattro e quattro pallottole in dieci. Non credevo che sarebbero
scesi a difenderci ma se anche avessero avuto quel coraggio non
potevano far niente contro i tedeschi armati fino ai denti. Tutta-
via non me la sentii di andare a dormire nei boschi: avrei messo
paura anche a chi non ce laveva. E poi quanto si sarebbe potuti
rimanere nascosti nel bosco? Cos dormimmo in casa.
Allalba della mattina dopo arrivarono le SS. Fu subito una car-
neficina: bombe incendiarie nelle case, mitragliate su tutto quello
che si muoveva. Il bimbo di mio cugino di 70 giorni23 fu preso per
i piedi e gli sbatterono la testa nel muro. A me ammazzarono la
moglie e i due figli sotto gli occhi, avrei preso la morte come una
liberazione e invece mi risparmiarono. Gli uomini gli servivano per
portare le cassette di munizioni e quel giorno si arriv fin sul Fal-
terona. Al ritorno ci fecero andar gi fino a Giuncheto. Quando
un soldato mi disse Scappare, kaputt, scappare, Giovanni Nar-

22 Il raggruppamento partigiano Vallucciole fu organizzato nel settembre


1943 dal Comitato Provinciale di Concentrazione Antifascista di Arezzo (CPCA)
e comandato dal maggiore Cesare Caponi. Ma questi presto scomparir. Tuttavia
altri maggiori del Regio Esercito comanderanno la formazione Licio Nencetti:
il maggiore degli alpini Demetrio Teoni, appartenente alla Compagnia Comando,
che dal 30 luglio 1944 fu aiutante maggiore, e il maggiore degli alpini Gaetano Con-
tinenza, della 1a Compagnia, dal 30 luglio fu addetto al servizio informazioni. Dai
documenti non si riesce a stabilire dove fossero i due maggiori il 12 aprile 1944,
in quanto la denominazione di Battaglione Licio Nencetti data dal 28 maggio
1944.
23 Viviano Gambineri.
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 131

di di Vaglia cap che era arrivato il nostro turno. A me non im-


portava nulla della vita, avevo perso tutti i miei cari, ero rassegnato
a morire, cos ebbi bisogno che questo tedesco mi desse una spin-
ta nella schiena per mettermi a correre. Anche gli altri correvano.
Io fui pi fortunato di loro: una pallottola mi raggiunse ad un pie-
de proprio mentre al termine del pianoro mi buttavo gi per il di-
rupo. Mi resi conto che la pallottola mi aveva portato via il tacco
della scarpa. Mi salvai perch rimasi nascosto tutto il giorno tra i
cespugli vicino allArno.
Quelli erano stati gli ultimi spari di una giornata di sangue dove
si era scatenata tutta la bestialit delluomo. Tedeschi ed italiani,
con le divise nere delle S.S., con quelle grigioverdi dellesercito,
con gli abiti civili dei repubblichini. A casa di mia nonna al se-
gretario comunale di Stia cadde la maschera. Sera truccato ma gli
cadde e fu riconosciuto. Quando giorni dopo dovemmo andare in
Comune a denunciare i morti e i vivi, il segretario tir fuori la pi-
stola dal cassetto e la mise in bella mostra sul tavolo. Non alz mai
gli occhi su di me, non capivo se con quel gesto mi volesse invita-
re a sparargli, a ucciderlo e quindi a metter fine al suo rimorso o
se lavesse fatto per sfidarmi e per minacciarmi. Fui tentato forte-
mente di afferrare quella pistola e di scaricare il caricatore sulla
sua persona ma poi mi resi conto che sarebbe stato un suicidio.
Lasciai perdere, e cos sono stato io a vederlo morire.
Pochi anni fa si ferm davanti a casa mia una macchina con un uo-
mo che si qualific come comandante partigiano, venuto a Val-
lucciole a deporre un mazzo di fiori sulle tombe dei civili caduti.
Lo cacciai, lui non avr capito ma non poteva capire...

Crediamo di poter dare un nome a quel comandante partigia-


no. Potrebbe trattarsi di Ugo Corsi, il comandante del distac-
camento, lunico che dopo la guerra estern il suo senso di col-
pa (si veda p. 210).
IV

ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI

4.1. Gli errori tattici dei garibaldini a Molino di Bucchio

Dallerrore strategico dei garibaldini di aver scelto di concentrare


le proprie forze esattamente dove i tedeschi stavano costruen-
do quella che sarebbe diventata la loro linea di difesa principa-
le1, derivava il loro errore tattico primario: continuare a con-
trollare il territorio, come se avessero dovuto rimanere l per
mesi, quando invece sapevano da una decina di giorni che gli
ordini erano di trasferirsi in Romagna. Se i sequestri preventivi
di derrate alimentari erano necessari al sostentamento del dis-
taccamento in partenza, era a maggior ragione indispensabile
macinare il grano e partire con una scorta di farina.
I garibaldini della Stella Rossa erano arrivati nellarea di
Vallucciole da una decina di giorni in ossequio allordine di tra-
sferimento di tutti i distaccamenti garibaldini in Romagna. L11
aprile i garibaldini si trovavano al Molino per macinare il gra-
no che avevano appena requisito. Prima, come raccontava Le-
vi, era il mulinaro di Bucchio... che portava sempre la farina
ai partigiani, ma questo evidentemente avveniva nellautun-
no 1943, quando i partigiani erano pochi ma ora erano molti
di pi e si approvvigionavano da soli sequestrando il grano
che doveva essere portato allammasso, cos che poi erano co-

1 Traduzione letterale di Hauptkampflinie.


134 PAOLO PAOLETTI

stretti a farlo macinare al mulino2.


A Molino di Bucchio una pattuglia composta da probabil-
mente quattro garibaldini a tuttoggi incerto il numero e na-
turalmente anche la loro identit commette una serie di errori.
1) Inosservanza degli ordini. Sebbene i partigiani siano sta-
ti assicurati dal mugnaio che quei civili sospetti non sono anda-
ti da lui, n si sono accorti che l vicino nascosto un mulo e
che il mulino sta lavorando per i partigiani, disubbidiscono agli
ordini, che sono quelli di aspettare la macinatura del grano, ca-
ricare il secondo mulo e riunirsi al resto della squadra.
2) Iniziativa inopportuna. Di loro iniziativa i quattro gari-
baldini decidono di rivelare la propria presenza in quellarea,
correndo a controllare una macchina sospetta ferma in prossi-
mit dellaltra imboccatura del ponte.
3) Incapacit di controllo del territorio. Questa inosservan-
za degli ordini si pu far risalire al fatto che i giovani garibaldi-
ni vogliono esercitare il controllo del territorio. Ma poi, dopo il
conflitto a fuoco, dimostrano di non essere in grado di attuar-
lo, vanificando il motivo che li ha spinti ad intervenire e si la-
sciano scappare un ferito che sanno essere un tedesco.
4) Mancato occultamento dei cadaveri. Visto che lelimina-
zione dei feriti tedeschi era quasi inevitabile, sarebbe stato op-
portuno occultare i cadaveri. Il fatto che il comandante milita-
re e quello politico non ordinino di far scomparire auto e cada-
veri Ungherelli, il commissario politico della squadra garibal-
dina, Gianni, si vanta di aver reso inservibile lauto , pur
sapendo che sono alla vigilia di un gigantesco rastrellamento te-
desco, dimostra che nessuno pensa alle conseguenze per la po-
polazione della loro decisione. Lunica cosa che fanno i garibal-
dini per la popolazione di Molino di Bucchio di lasciar loro la
farina perch ritengono pi urgente recuperare il bottino trovato
nellauto: bombe a mano e munizioni.

2 Lo facevano macinare per tre motivi: 1) perch avevano bisogno di quella


trasformazione per nasconderne la provenienza; 2) per renderlo commestibile e 3)
perch avevano bisogno di farina da consumarsi durante il logorante trasferimen-
to in Romagna.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 135

5) Mancato avviso alla popolazione di Molino di Bucchio,


di Serelli e Vallucciole del prossimo rastrellamento. Invece di in-
formare la popolazione sulla rappresaglia del giorno dopo e sul
rastrellamento del 13 aprile, che avrebbe salvato la vita a tutti
quelli presenti sullarea, non diffondono alcuna notizia. Anzi la
custodiscono come fosse un segreto militare. Invece di permet-
tere alla popolazione di decidere sulla loro sorte, si astengono
dallinformarla.
6) Mancata indicazione alla popolazione sul modo per sal-
varsi. La mappa catturata permetteva ai partigiani di vedere il
perimetro dellarea del rastrellamento e quindi di salvare tutta
la popolazione facendola uscire dallarea pericolosa, ma non
danno indicazioni.
7) Mancato ordine di sgombero dellarea che sar investita
dal rastrellamento. Chi si presenta come la forza armata del fu-
turo governo provvisorio da mesi rilasciavano ricevuta per i
sequestri di bestiame e viveri dovrebbe anche provvedere al-
la incolumit della popolazione. E se questa fosse stata restia ad
abbandonare le proprie case, se il loro consiglio di sgombero non
fosse stato ascoltato, loro in quanto in possesso di informazioni
segrete, avrebbero dovuto costringere la gente ad allontanarsi.
La mappa catturata permetteva ai partigiani di indirizzare lo
sgombero a valle facendo uscire la popolazione dallarea del ra-
strellamento.
8) Suggerimento in senso opposto a quello salvifico. Prima
di andarsene un partigiano suggerisce ad Anita Pantiferi di Mo-
lino di Bucchio di passare la notte da parenti a Vallucciole (si
veda la sua testimonianza), cio di addentrarsi nella zona che di
l a poco sar investita dalla rastrellamento tedesco.

4.2. I documenti garibaldini e la nostra intervista del 1996 a Sirio


Ungherelli: falsificazioni, menzogne e ammissioni

Le versioni ufficiali dello scontro a Molino di Bucchio si trova-


no nel diario del Comando XXII brigata bis Sinigaglia e sot-
to Comando Divisione dAssalto Arno. La prima dice: 13
aprile [sic]: nostra pattuglia fucila due tenenti delle SS e di-
136 PAOLO PAOLETTI

strugge la loro automobile. La seconda la Relazione sullatti-


vit svolta dal distaccamento Faliero Pucci:

12 aprile [sic]: una nostra pattuglia composta da 4 patrioti si tro-


v improvvisamente sotto il fuoco di unarma automatica prove-
niente da unauto posta sul fianco del ponte denominato Molino
di Bucchio. Il nostro capo pattuglia rispose immediatamente al
fuoco falciando due assalitori che, dai documenti trovati addosso,
apparvero come due tenenti delle SS tedesche in missione specia-
le per lo spionaggio di bande partigiane nella zona del monte Fal-
terona. Nellauto veniva trovata una pistola mitragliatrice, 3 pistole
automatiche, 30 bombe, una stagna di benzina e vario altro mate-
riale. Nel portacarte di uno di questi ufficiali veniva trovata una
carta topografica tutta segnata nelle zone ove vi erano formazioni
partigiane. Lautomobile veniva distrutta3.

Su questi documenti dattiloscritti non compare la data in cui so-


no stati redatti ma si possono collocare nei mesi successivi alla
liberazione di Firenze, secondo semestre del 1944-primi del
1945. La relazione nel diario storico firmata Gianni.
Nellottobre 1996 riuscimmo ad avere unintervista da Un-
gherelli, sicuramente incuriosito dal fatto che eravamo in pos-
sesso degli atti della commissione dinchiesta britannica di cui
il Presidente dellANPI ignorava lesistenza. Di questa lunga in-
tervista riportiamo la parte relativa a Molino di Bucchio:

La nostra tattica era quella di attaccare almeno 20 chilometri lon-


tano dai paesi. Ma in quel caso [a Molino di Bucchio, N.d.A.] non
fu possibile evitare lo scontro. Noi, io, Gambero, il Nonno ed al-
tri eravamo pi su con il primo mulo, quando arriv di corsa Bob.
Ci disse gi a Molino di Bucchio c una macchina sospetta, par-
te, si ferma, scendono due uomini, poi risalgono e ripartono, ma
fanno pochi metri e si rifermano. Come si fa a macinare il grano
del secondo mulo con questa macchina dalle mosse imprevedibi-
li? Allora Gandi, io, Pipone Pipone vivo si decide di scen-

3ISRT, Fondo ANPI Firenze, busta 3, Diario storico del distaccamento Fa-
liero Pucci. Questa velina copiata a mano il 12.12.2008 non stata pi ritrovata
il 14 e 15 gennaio 2009.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 137

dere per vedere la situazione. Si scende fino ad un punto da cui si


pu vedere il mulino. Si prende il cannocchiale e si comincia a
guardare e si vede che il mulo era gi arrivato su. Intanto quello
che aveva parlato col mugnaio ci dice che questi due signori cer-
cavano unostetrica perch in macchina cera una donna che do-
veva partorire. Noi allora si ritorn in su ma mentre si stava sa-
lendo si sent degli spari. Mentre si scendeva ci raggiunse Pipone
e ci port alla macchina. In tre minuti si fu l. La macchina era con
gli sportelli aperti. Due erano scesi, erano in terra e gli zampilla-
va il sangue dalla bocca in un modo che non lo fanno i morti.

Lo interrompiamo e gli domandiamo: A uno o a tutti e due?.


Risposta:

A tutti e due. I morti non fanno quel lavoro l... Ma si rimase im-
pressionati da un altro fatto: erano vestiti da inglesi, da prigionie-
ri inglesi con il quadratino rosso sulla gamba, sopra il ginocchio e
sulla spalla4. Si temette di aver ammazzato dei nostri. Per fortuna
io e Gambero si ebbe la stessa ispirazione: si cominci a perqui-
sirli. Venne subito fuori un foglio di carta che non era una velina,
anzi era tosa (?), carta che reggeva lacqua. Inoltre avevano un tes-
serino di riconoscimento verde, ricoperto di pelle, della grandez-
za di un passaporto, con tutti i dati anagrafici, SS, nome, cogno-
me ecc. Dopo un sospiro di sollievo, si comincia a guardare den-
tro la macchina. Cerano tre casse di bombe a mano, a uovo con
una levetta in cima celeste. Ma il bottino pi importantante fu una
cartina che era nella tasca interna di uno. Era forellata, perch era
stata trapassata da un proiettile mentre era piegata. Si vide subito
che era la mappa del rastrellamento, si lesse Panzer, Partisanen,
H.G., le iniziali della Hermann Gring... Si rimase colpiti perch
si era arrivati da poco a Foresta e loro sapevano di gi che ci sera
noi. E dove si sarebbe dovuti andare per incontrarsi con le forma-
zioni di Armando anche l cera scritto Partisanen. Sapevano gi

4 Anche questo particolare smentito da Dilva Pantiferi che vide il morto da


molto vicino in quanto la sua bicicletta sbatt contro il cadavere e lei cadde a ter-
ra. L per l credette che si trattasse del cadavere di suo padre perch aveva gli
stessi pantaloni da operaio. N Delia Pantiferi n altri ricordano quadratini o
triangoli rossi sulla spalla e sul ginocchio. Ungherelli probabilmente si confonde-
va con i detenuti nei Lager che portavano triangoli di vario colore. Quello rosso
era dei militari.
138 PAOLO PAOLETTI

tutto. Si cap subito limportanza della mappa. Si prese un foglio


e si ricopi per bene, rispettando i colori. Poi si disse a Pevere, la
nostra staffetta, di portarla subito a Firenze5. Noi si disse: Qui bi-
sogna avvisare tutta la gente. Avvisammo la gente, scappino dalle
case, perch c il rastrellamento, non il rastrellamento di Valluc-
ciole ma anche di pi su, di tutta larea. Noi bisogna portar via tut-
ti i nostri partigiani di qui perch sarebbe una compromissione per
la gente. Un ci volle mica tanto ad avvisarli, le case erano poche,
18-19, una frazione [sembra riferirsi pi a Molino di Bucchio che
a Vallucciole, N.d.A.], non un grande paese, e si disse: Scappa-
te, noi bisogna portar via i ragazzi e la roba....

Nostra domanda: Avvisaste la gente di Molino di Bucchio o di


Vallucciole?. Ungherelli:

Di Vallucciole, a Molino di Bucchio ci sera, si mise fuori uso la


macchina e sand via. Si disse a queste donne, specialmente alle
donne di Molino di Bucchio e Vallucciole, avvisate nelle borgate
vicine, che c un rastrellamento immenso, piglian tutti, vi am-
mazzan tutti. Si cammin tutto il giorno e tutta la notte e sarriv
a Foresta verso le 11. Si cominci a sentir sparare, si vide i carri
armati che salivano... e le cicogne volteggiare. Grazie alla copia
della mappa che ci eravamo fatti siamo riusciti a uscire dal peri-
metro del rastrellamento senza neanche una perdita. La nostra
formazione stata lunica a non subire perdite.

Siccome dal suo racconto emergeva che i tre o quattro che an-
darono ad ispezionare la macchina al di l del ponte lo fecero sen-
za ordini, gli chiedemmo se erano autorizzati a prendere iniziati-
ve del genere. Ungherelli rispose che se fosse stato presente avreb-
be ordinato loro di non intervenire e ci ripet: Quella sparato-
ria lavremmo volentieri evitata in quel luogo vicino allabitato.
Sulle modalit della sparatoria ripeteva la versione raccon-
tata a Sacconi nel 1975: i tre tedeschi furono lesti a capire di
essere stati scoperti e cominciarono a sparare. Allora chie-

5 Nel libro Quelli della Stella Rossa, cit., p. 167, Ungherelli scriver invece che
la mappa fu ricopiata da Gigi alle 10 del giorno dopo, una volta arrivati al cam-
po base di Foresta.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 139

demmo a Ungherelli se qualcuno dei suoi era rimasto ferito. Al-


la sua risposta negativa gli chiedemmo come era possibile che
quei soldati ben addestrati armati di Maschinenpistole sparas-
sero senza colpire quel muro di partigiani che gli stavano da-
vanti, mentre i suoi senza addestramento militare li centrarono
alla prima raffica. Gli dicemmo che i testimoni sentiti dagli in-
glesi concordavano sul fatto che la macchina era ferma davanti
a casa Pantifera e non in movimento come sosteneva lui, che lau-
to era sulla riva destra dellArno e non sulla riva sinistra dopo
una curva coperta dalla vegetazione, come aveva dichiarato a
Sacconi nel 1975.
Anita Pantiferi era stata lunica a dire che luomo seduto in
macchina aveva sparato per primo, mentre gli altri sostenevano
che erano stati i partigiani a sparare per primi. Di fronte a que-
ste contestazioni Ungherelli rispose: Io non cero. Le dico quel-
lo che mi hanno raccontato i miei compagni: i due tedeschi fuo-
ri della macchina cominciarono a sparare. Ungherelli rimase
fermo nel dire che i suoi si erano dovuti difendere.
Sulla fuga del terzo tedesco ripeteva esattamente quello che
si trover nelle sue memorie: nonostante alcuni dei nostri par-
tigiani si gettassero allinseguimento, seguendo le tracce di san-
gue, non riuscirono a trovarlo, forse perch riusc a salire su un
automezzo di passaggio. Le tracce di sangue sul terreno del bo-
sco e sulla strada rotabile cessavano improvvisamente6.
Sulla sua ammissione di aver eliminato un ferito si rimanda
al paragrafo 4.10.

4.3. Sulle supposte preoccupazioni garibaldine onde evitare


rappresaglie contro i civili

Il professor Reginaldo Cianferoni scriveva: I partigiani pi che


lo scontro militare diretto temevano le rappresaglie verso la po-
polazione. Bisogna riconoscere che lazione partigiana sarebbe
stata pi incisiva senza tale timore; molti partigiani sanno quan-

6 Ivi, p. 164.
140 PAOLO PAOLETTI

te azioni furono scartate proprio per tale ragione...7. A smen-


tire queste affermazioni bastano pochi esempi. Il 31 luglio 44 i
tedeschi salirono a Farnocchia, borgo sul versante est del mon-
te Gabberi, nel comune di Stazzema, a portare lordine di sfol-
lamento. Don Innocenzo Lazzeri, a nome della comunit, chie-
se una proroga, che sembr fosse stata accolta. I partigiani giun-
ti in paese furono pregati di non inseguire i tedeschi ma non
ascoltarono le preghiere della popolazione. Tesero loro unim-
boscata, uccidendone tre. L8 agosto il paese venne incendiato.
Ungherelli dimenticava di aver partecipato nella notte tra il 6 e
il 7 marzo con i garibaldini della Checchuccie della Faliero
Pucci, alloccupazione di Vicchio, dove non ci furono morti so-
lo perch i due comandanti garibaldini preferirono disarmare e
lasciar liberi i prigionieri piuttosto che ucciderli, contrariamen-
te a quanto avrebbe voluto il delegato del comando delle Bri-
gate Garibaldi Luigi Gaiani. Per questazione della durata di
poche ore pagarono cinque giovani renitenti alla leva, contadi-
ni di Vicchio, fucilati allo stadio Berta di Firenze.
Come lattentato di via Rasella anche loccupazione per po-
che ore di Vicchio era unoperazione propagandistica, dove si
teneva in scarsa considerazione le reazioni nazifasciste o forse,
come sostengono alcuni, erano azioni volte proprio a spingere
il nemico ad una rappresaglia8.

7 Nella sua relazione Particolarit della Resistenza contadina in Toscana, in I


contadini toscani nella Resistenza, Olschki, Firenze, 1976, pp. 199-200.
8 Lattentato di via Rasella dimostrer che pi che sullaspetto militare i GAP
e le Brigate Garibaldi contavano sulleffetto propagandistico e sulla rappresaglia
nazifascista, che colpiva immancabilmente la popolazione. Luigi Longo scriveva in
una lettere dell8.1.1944 citata da R. Bentivegna in Operazione via Rasella, Edito-
ri Riuniti, Roma, 1946, p. 118: Il criterio se il nemico con le sue rappresaglie e la
sua reazione ci potr portare colpi ancora pi duri, non pu essere preso in con-
siderazione: largomento che portano sempre gli attesisti ed sbagliato, non per-
ch, caso per caso, il loro calcolo non possa corrispondere a verit, anzi, astratta-
mente, caso per caso, il loro calcolo sempre giusto, perch evidente che se il
nemico vuole, caso per caso, ci pu infliggere pi perdite di quante noi ne possia-
mo infliggere a lui. Ma il fatto che la convenienza della lotta non si pu misura-
re col metro del caso per caso; la lotta partigiana, la lotta dei patrioti si deve valu-
tare sempre e solo nel quadro generale politico e militare della lotta contro il na-
zismo e il fascismo; il morto tedesco non si pu contrapporre ai dieci ostaggi fu-
ciulati, ma si deve vedere tutte le misure di sicurezza che il nemico deve prende-
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 141

Dopo la strage di Vallucciole, per restare nella provincia di


Arezzo, il 18 giugno, 3 tedeschi furono uccisi mentre giocavano
a carte nel dopolavoro di Civitella e, il 20 giugno, i garibaldini
della XXII brigata ammazzarono tre tedeschi e ne ferirono un
altro non chilometri lontano da Montemignaio ma a Castello,
che come in ogni borgo antico rappresenta il centro del paese.
La ricostruzione dei fatti relativi ai prodromi delle stragi di Me-
leto, Castiglion dei Sabbioni e Le Matole, per rimanere alle in-
chieste britanniche in provincia di Arezzo, non corrisponde af-
fatto alle conclusioni di Cianferoni. Anzi le relazioni degli inve-
stigatori inglesi portano a deduzioni opposte. Insomma la real-
t dei fatti del 1944 contraddice i buoni propositi espressi da tut-
ti i garibaldini nel dopoguerra.
Eppure questi attestati al senso di responsabilit garibaldi-
na sono la norma nella storiografia italiana anche se i fatti di-
mostrano il contrario. Renzo Martinelli scriveva nel suo diario:

I partigiani sanno benissimo quali sono le conseguenze dei loro col-


pi di mano. Ma sanno anche che questa Italia, cos moralmente
sbrindellata, non ha che una sola via di possibile resurrezione: fa-
re qualcosa perch un giorno si possa leggere in qualche libro che
la libert a cui rianelava se la sud e se la pianse anche da s. Spa-
ventevole, ma forse necessario, sacrificio sullara della dignit uma-
na... Certo, il mettere sul piatto duna bilancia 2 o 3 cadaveri di
soldati tedeschi e su quellaltro un mucchio di corpi straziati di
donne, di vecchi e di bambini, una visione di cui si dura fatica a
vedere il tornaconto immediato. Ma la guerra doggi: la guerra
che ci siamo lasciati crescere intorno e dentro casa. Cacciare i te-
deschi, bisogna. Cedere al loro infernale ricatto esercitato sul san-
gue degli innocenti che cosa vorrebbe dire? Aiutare i tedeschi9.

In verit si poteva fare la guerra e la guerriglia anche con un po


di acume tattico, o pi semplicemente di buon senso. Fu quel-
lo che manc ai garibaldini della Stella Rossa.

re, tutta latmosfera di diffidenza e di paura che questo crea nelle file nemiche, lo
spirito di lotta che queste azioni partigiane esaltano nelle masse nazionali.
9 Renzo Martinelli, I giorni della Chiassa, Poligrafico aretino, Arezzo, 1979,
p. 99.
142 PAOLO PAOLETTI

4.4. In violazione agli ordini, quattro garibaldini rivelano la


propria presenza a Molino di Bucchio

Il mulino a Bucchio era forse lunico dove i partigiani del Fal-


terona potevano scendere per farsi macinare il grano. Il pro-
prietario macinava per i fascisti e per i partigiani. Solo dai se-
condi non si faceva pagare. Era dunque essenziale per tutti, ma
soprattutto per i partigiani, poter sempre utilizzare quel muli-
no. La prima regola di chi era alla macchia era quella di non bru-
ciare quellimpianto di trasformazione. Se macinava per i fa-
scisti, era perch potesse fare lo stesso anche per i partigiani, tut-
ti i partigiani. Bisognava proteggere quellimpianto per potersene
servire ancora. La squadra che aveva operato il sequestro del gra-
no e doveva trasformarlo in farina, sapeva che gli ordini del co-
mando regionale garibaldino erano di trasferirsi in Romagna.
Quindi i loro comportamenti si sarebbero dovuti adeguare agli
ordini ricevuti: macinare il grano, riunirsi al resto della squadra
che li aspettava pi a monte, portare la farina al campo base e
poi partire per la Romagna. In quelle circostanze prendere ini-
ziative significava violare gli ordini ricevuti. La famosa discipli-
na garibaldina10 venne smentita da quella iniziativa personale di
tre-quattro partigiani. La pensava cos anche il marito di Anita
Pantiferi, Giovanni Corsini, un ex partigiano. Questo il dialo-
go che fu registrato nel settembre 1993 da Paola Calamandrei:
Io ho fatto 8 mesi di partigiano sul Monte Giovi... ma unne-
ra come qui... questi eran partigiani cos... ?!...Senn un suc-
cedeva quello che successo!! Io son sempre a leticare su que-
sto fatto con la mi moglie! Non doveva succedere!... I parti-
giani quando scesero gi... quei tre partigiani e videro una mac-
china... e videro che lerano armati... ma st fermo! nascosto!...
Insomma questa strage l stata fatta per lo sbaglio di quei tre
ragazzi che calarono gi cos.... Anita gli faceva osservare che
i partigiani non sapevano che erano tedeschi e che erano armati.
Suo marito le replicava: In ogni modo cera una legge che di-

10 Ungherelli la chiama disciplina rivoluzionaria, dove c poco di discipli-


na e niente di rivoluzionario.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 143

ceva: per ogni tedesco ammazzato saranno giustiziati tot italia-


ni... allora pensaci, nasconditi! Cos l successa la strage! 108
persone ammazzate! Perch questi non erano organizzati! Un
si dovevan far vedere... A chi dava noia quella macchina!?.
Se quel pomeriggio alcuni garibaldini si trovavano dentro al
mulino e altri erano nascosti nel bosco col mulo, significava che
gli ordini erano di macinare il grano senza farsi notare. Questi
ordini continuavano a valere anche se sullaltra estremit del
ponte sullArno si fermava una macchina. Due giovani dispie-
garono una mappa sul cofano dellauto e si guardavano intor-
no, cercando di orientarsi. Due ragazze incuriosite si avvicina-
rono e si resero conto che non erano prigionieri alleati fuggiti,
come dicevano. Le giovani si allontanarono e i partigiani resta-
rono nascosti nel bosco. Ungherelli doveva ammettere: Le per-
sone che si trovavano a bordo dellauto non avevano visto i due
partigiani col mulo dirigersi dalluscita posteriore del mulino
verso il basso bosco11. Era pacifico che quei due non erano
viaggiatori che avevano perso la via, visto che da Molino di Buc-
chio non si proseguiva da nessuna parte, da l si poteva solo tor-
nare indietro! Questo i garibaldini lo sapevano, quindi una mac-
china l a quellora di pomeriggio prometteva solo guai. I gari-
baldini decisero di intervenire proprio dopo che lauto aveva fat-
to manovra per riprendere la strada per Stia. Per usare le paro-
le dellinchiesta inglese lauto aveva levidente intenzione di
tornare da dove era venuta. Non solo un mancato rispetto de-
gli ordini ma anche del buon senso. La giustificazione che in-
venta Ungherelli nel 1975 risibile: Alla macchina fu intimato
lalt con lintenzione di controllare i documenti degli occupan-
ti e per imporre loro il silenzio su quanto avevano visto12. Sic-
come era lui stesso ad aver ammesso che i tedeschi non si era-
no accorti che il mulino stava lavorando per i partigiani e ave-
vano visto solo tre ragazze e due contadini che lavoravano nei

11 Cos nella versione data a Sacconi, nelle sue memorie Ungherelli scriveva
(op. cit., p. 163): Neppure le persone che si trovavano a bordo dellauto avevano
visto i due partigiani col mulo drigersi dalluscita posteriore del mulino verso il bas-
so bosco.
12 Sacconi, op. cit., p. 210.
144 PAOLO PAOLETTI

campi, invece di imporre loro il silenzio non sarebbe stato pi


saggio lasciar partire i sospetti che non avrebbero avuto niente
da segnalare?
Cinquantanni dopo Ungherelli ammetteva con noi: Avrem-
mo volentieri evitato quella sparatoria in quel luogo vicino al-
labitato. Dimenticava che erano stati i suoi ad uscire fuori dal
bosco e assaltare la macchina. Tre anni dopo, nel 1999, Unghe-
relli cambiava versione e cercava di giustificare lintervento dei
suoi con queste parole: Lauto ritorn al mulino e tenuto con-
to che avevamo altri sacchi di grano da macinare, Gambero,
Nonno ed io decidemmo di non perdere altro tempo e quindi
vederci chiaro13. inutile sottolineare che Ungherelli con-
traddetto da tutte le testimonianze del 1944: lauto non si fer-
m mai vicino al mulino e quando fu attaccata era addirittura
sullaltra riva del fiume. Qui vale pi far notare che Ungherelli
alla fine si assume la responsabilit dellazione: sono i due co-
mandanti e lanziano Nonno a volerci veder chiaro. Non pi
il gesto di quattro inesperti che simbattono nella macchina
dopo una curva coperta dalla vegetazione per cui sono costretti
a reagire in quanto attaccati, ma dellordine dato dai due co-
mandanti che vogliono vederci chiaro. Sono i tre, il Nonno 53
anni, Gambero 31 anni e Gianni 21 anni ad aver disubbidito
allordine del comandante Corsi, Ugo.
Se i garibaldini avessero voluto evitare scontri a fuoco tra le
case di Molino di Bucchio dovevano semplicemente aspettare
che la macchina si allontanasse. Visto che lo scopo della missione
dei partigiani era quello di macinare il grano, i garibaldini avreb-
bero dovuto astenersi dal prendere liniziativa, perch, sia che
fossero amici o nemici, qualunque azione avrebbe rilevato la
presenza partigiana in quella localit. Dal momento che gli in-
trusi non si erano accorti di niente, sarebbe stato opportuno la-
sciarli andare via e portare a termine la missione con un nien-
te da segnalare. Invece, spinti dalla curiosit e dal sentirsi re-
sponsabili di quello che avveniva nel loro territorio, i tre ordi-
narono di lasciare i loro nascondigli ed uscire allo scoperto. Sen-

13 Ungherelli, op. cit., p. 163.


ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 145

za prendere misure precauzionali, senza circondare la macchi-


na sospetta, senza chiudere ogni via di fuga. Quei comandanti
garibaldini ci pensano su e poi si muovono come se fossero sta-
ti costretti ad una decisione improvvisa. Se si va a controllare una
macchina sospetta si violano le regole di base della vita in clan-
destinit: eseguire gli ordini, non prendere iniziative personali,
non mettere nei guai chi ci aiuta, se possibile proteggerlo. Se
quell11 aprile quelli della Stella Rossa erano l, era perch il
giorno prima il 10 aprile circa 22 partigiani erano nel villaggio
ed erano venuti al mulino per farsi macinare il granturco14. Se
quei 22 partigiani, con tutta probabilit appartenenti allo stes-
so distaccamento garibaldino, si fossero comportati come i quat-
tro della squadra di Gandi, il giorno dopo il mulino sarebbe sta-
to utilizzabile solo dai fascisti. Quindi il primo impegno dei par-
tigiani era quello di evitare clamori e ritorsioni fasciste. Per que-
sto era necessario non rivelare la propria presenza. A Molino di
Bucchio si poteva andare ma con discrezione, per poterci ritor-
nare.

4.5. Opposte dichiarazioni tra quelle dei garibaldini e dei testimoni


oculari in merito allattacco partigiano a Molino di Bucchio

Lepisodio di Molino di Bucchio stato raccontato in maniera


opposta da Ungherelli e dai testimoni oculari.
Lunica testimonianza15 garibaldina quella del commissa-
rio politico Sirio Ungherelli, che ha cominciato a parlare molti
anni dopo i fatti. Cos scriveva nel 1975 sul libro di Sacconi:

14 Si veda la testimonianza di Dina Bucchi.


15 Giovanni Contini (La politica del massacro, cit., pp. 434-435) riporta la te-
stimonianza di Gianni Fantoni, un partigiano liberale che in quel momento si era
aggregato alla Faliero Pucci. Questi fu intervistato da Contini nel giugno 1993
ma dal dialogo (Fu occupata Vallucciole) si ricava che il Fantoni non fu un te-
stimone oculare, anzi da quanto riferisce non fece parte neppure della squadra che
scese gi a valle, quindi la sua dichiarazione non ha valore n per la storia n per
la memoria collettiva, in quanto frutto della sua rielaborazione di voci raccolte
successivamente. Lunico elemento interessante che il partigiano liberale consi-
derava luccisione dei due tedeschi come la gocciola che fece traboccare il vaso.
146 PAOLO PAOLETTI

Il 10 e l11 aprile 1944 una squadra di partigiani al comando di


Gambero e Gianni col Nonno, Pipone, Professore, Cecco, Bob,
Milano ed altri, con un paio di muli, oper una serie di requisi-
zioni nella zona di Stia, verso Vallucciole. Il 12 le requisizioni so-
prattutto di grano continuarono in tutta la zona... Nel pomeriggio
del 12 aprile, dopo che due partigiani avevano caricato sul mulo
un sacco di farina, fatto macinare dal mugnaio di Molino di Buc-
chio... unautomobile Balilla, civile, blu scura, con a bordo di-
verse persone, percorse il tratto di strada che da Vallucciole con-
duce al Mulino. Data la distanza e i vetri chiusi, i partigiani rima-
sti nel bosco, a protezione dei due compagni in missione al Muli-
no, non riuscirono a vedere chi erano gli occupanti della macchi-
na. Daltro canto, neppure le persone che si trovavano a bordo del-
lauto avevano visto i due partigiani col mulo dirigersi dalluscita
posteriore del mulino verso il basso bosco. La macchina si ferm
al Mulino, ove rimase per una decina di minuti, in sosta nello
spiazzo, coperto alla vista dei partigiani. Trascorso questo tempo,
la vettura ritorn sulla strada, soffermandosi un po ai margini, sen-
za che nessuno scendesse, come se aspettasse qualcuno. Bob, in-
viato al vicino mulino, per chiedere informazioni su quanto stava
succedendo, ritorn dicendo che una persona, uscita dal mulino,
gli aveva detto che a bordo di quella macchina erano dei signori
con una donna, che abbisognava di un intervento urgente di una
ostetrica. Dopo alcuni minuti, dal momento in cui Bob era torna-
to per dare questa notizia, lauto che i partigiani non avevano mai
cessato di controllare visivamente, ritorn al mulino. Fu a quel
punto che i partigiani, i quali dovevano ancora portare a macina-
re dei sacchi di grano, insospettiti, decisero di vederci chiaro. Co-
s, mentre alcuni rimasero nel bosco in osservazione, altri si dires-
sero verso il Molino di Bucchio. Quando questo gruppetto di par-
tigiani fu sulla strada che da Vallucciole porta al mulino, dopo una
curva coperta dalla vegetazione, si trov di fronte la macchina, al-
la quale fu intimato lalt con lintenzione di controllare i documenti
degli occupanti e per imporre loro il silenzio su quanto avevano
visto. Allintimazione lauto si ferm di colpo e tre uomini scesi ful-
mineamente a terra, da dietro gli sportelli aperti, aprirono il fuo-
co con armi automatiche. Forse la precipitazione con cui effet-
tuarono tutte queste manovre: frenata, apertura degli sportelli,
gettarsi di fianco alla macchina, sparare, fece s che il loro tiro non
fosse preciso, tanto vero che i colpi passarono di poco sopra la
testa dei partigiani. Questi risposero immediatamente con i loro
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 147

Sten e fucili, colpendo uno dei due scesi dallauto e quello che era
rimasto in macchina. Due di essi crivellati di colpi, morirono su-
bito; il terzo, per quanto ferito, si gett nella macchia vicina e no-
nostante che alcuni partigiani si slanciassero al suo inseguimento,
seguendo le tracce di sangue, non riuscirono a trovarlo, forse per-
ch egli riusc a salire su un automezzo di passaggio. Infatti le trac-
ce di sangue, sulla strada, cessavano improvvisamente.

La versione di Ungherelli nel suo libro del 1999 simile ma non


uguale a quella del 1975. Nellautobiografia scompare la frase
che poteva mettere in dubbio la necessit di uscire allo scoper-
to: Daltro canto neppure le persone che si trovavano a bordo
dellauto avevano visto i due partigiani col mulo dirigersi dal-
luscita posteriore del mulino verso il basso bosco. Ecco come
proseguiva il racconto nel 1999:

Sullauto non cera, e non cera mai stata nessuna donna. Se i par-
tigiani erano rimasti sorpresi da quella fulminea sparatoria, ancor
pi lo rimasero di fronte ai due morti... I partigiani, perplessi e
preoccupati, cominciarono a perquisire quei due corpi inerti. Nel-
le tasche dei giubbotti trovarono dei mazzetti di am-lire. Fu
quella la prima volta che vedemmo quelle monete, fatte stampare
dagli anglo-americani nelle zone del sud Italia, gi liberate. Nella
macchina trovammo tre grosse casse di bombe a mano che occu-
pavano molto spazio e impedivano la presenza a bordo a pi di 3
persone. Se eravamo rimasti un po sorpresi da quella sparatoria
che avremmo volentieri evitato in quel luogo vicino allabitato,
fummo ancor pi stupefatti di fronte ai due morti. Erano questi
due atletici giovanotti, biondi, vestiti come due ex-prigionieri in-
glesi o americani, forse per dare limpressione di essere fuggiti a
seguito degli avvenimenti dell8 settembre 1943 dai campi di pri-
gionia. I pantaloni, i giubbotti e le camicie erano del tutto simili a
quelli degli alleati ex prigionieri di guerra. I nostri compagni Pi-
pone, Cecco e Bob un po perplessi e preoccupati, cominciarono
a perquisire quei due corpi inerti. Mio Dio, disse Milano Ci sia-
mo uccisi tra noi. Erano degli Alleati. Ma che Alleati di-
cemmo Gambero e io, mettendoci a perquisire con molta atten-
zione i due defunti; nelle tasche posteriori dei pantaloni trovam-
mo due piccole tessere di riconoscimento individuali, con foto-
grafie corrispondenti ad ognuno di essi. Questi risultavano essere
148 PAOLO PAOLETTI

due tenenti delle SS germaniche; una velina scritta a macchina bi-


lingue (tedesco ed italiano); regolarmente firmata e timbrata da un
comando germanico era contenuta in ognuna delle tessere: in es-
sa si precisava che i due ufficiali si trovavano in missione speciale
per il servizio informazioni e che ogni reparto o comando tedesco
o italiano, doveva porsi a loro disposizione per quanto poteva a
loro occorrere. La tasca interna del giubbotto di uno di questi
morti conteneva una carta topografica a 25.000 ripiegata accura-
tamente. Quando venne aperta a causa dei colpi di Sten che la-
vevano trapassata, essa present diversi fori che formavano un di-
segno geometrico... su di essa era praticamente tracciato un com-
pleto piano di rastrellamento. Dalla carta topografica si potevano
localizzare con esattezza (visto come era stata messa in evidenza
la nostra) tutte le posizioni occupate dai partigiani, sia al di qua
che al di l del versante appenninico tosco-romagnolo che si tro-
vavano gi rinchiuse in un cerchio di ferro e di fuoco. Tutti i pas-
si montani fino al pi piccolo sentiero erano bloccati: cos erano i
ponti, i quadrivi, le strade, i sentieri. Tutte le posizioni occupate
dai partigiani era sottolineate con inchiostro rosso, con inchiostro
blu erano segnati: panzer, SS germaniche, paras, mortai, cannoni,
autoblinde, divisione H. Gring, Battaglione Muti, SS italiane,
GNR. Sette direttrici di marcia colpivano i punti pi nevralgici del-
lo schieramento partigiano: da ognuna di queste, altre pi picco-
le si irradiavano nelle zone ove i partigiani presumibilmente si sa-
rebbero ritirati. Dagli appunti stesi dietro la carta si comprende-
va bene che in quel rastrellamento sarebbero stati impiegati 9.500
uomini, decine e decine di mezzi blindati e cingolati, tre cicogne.
Resa inservibile lauto, scaricati i 2 quintali di farina che donam-
mo alla gente del luogo, caricate sui muli le casse delle bombe e
delle pallottole calibro 9, con Gambero ed io alla testa dei nostri
ragazzi, ci rimettemmo in cammino attraversando pi paesi pos-
sibili per consigliare la gente a lasciare le case...16.

Poich la prima versione di Ungherelli arriv dopo oltre tren-


tanni dai fatti era inevitabile che il racconto non fosse pi pre-
ciso come sarebbe potuto essere dopo sei mesi, ma le testimo-
nianze dei civili tra il novembre 1944 e il gennaio 1945 e le ver-

16 Ungherelli, op. cit., pp. 162-164.


ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 149

sioni del commissario politico sono opposte. Ungherelli non fu


testimone oculare quindi riferiva quello che gli avevano rac-
contato i suoi uomini. I compagni non gli dissero la verit op-
pure fu Ungherelli ad aggiustare la versione dei suoi uomini.
Per esempio la frase Allintimazione lauto si ferm di colpo e
tre uomini scesi fulmineamente a terra, da dietro gli sportelli
aperti, aprirono il fuoco con armi automatiche del tutto con-
traddetta da tre testimonianze raccolte dagli inglesi nel 1944-
1945. Il 4 e l8.12.1995 avemmo due colloqui con la testimone
oculare Anita Pantiferi. La Pantiferi senza sapere che dispone-
vamo della sua testimonianza resa nel 1945, ci conferm punto
per punto17 quanto aveva dichiarato cinquantanni prima da-
vanti al sergente Baxendale. Anzi aggiunse molti particolari si-
gnificativi.
Come si visto sopra, la ricostruzione fatta dagli investiga-
tori inglesi sullepisodio di Molino di Bucchio molto diversa
da quella fornita dal partigiano Ungherelli. Questi i punti di
contrasto:
1) Secondo il rapporto inglese ed Anita Pantiferi la macchi-
na era arrivata da Stia ed al momento dellassalto partigiano era
con il muso rivolto verso il ponte, pronta a tornare indietro ver-
so Stia; in ambedue le versioni di Gianni del 1975 e del 1999
troviamo: la macchina aveva percorso il tratto di strada che da
Vallucciole conduce a Molino di Bucchio. Non stupisce che
Gianni non si ricordasse che allora esisteva solo un sentiero
sterrato che da Vallucciole scendeva gi a Molino di Bucchio im-
praticabile per le auto. Sorprende che non si sia nemmeno preoc-
cupato di ritornarvi o di farsi ricordare come era la strada pri-
ma di fare per la Storia il testimone oculare. Allepoca la stra-
da comunale era in buono stato da Stia fino a Santa Maria. Da
l diventava una strada sterrata, che terminava a Molino di Buc-
chio. Qui il sentiero si biforcava: uno proseguiva lungo il corso

17 Le discordanza sono state minime: nel 1995 parl di 3 partigiani che cor-
sero verso la macchina, mentre nel 1945 parl di 4. I suoi chiarimenti sulla di-
namica dellattacco partigiano a Molino di Bucchio, le sue descrizioni dei luoghi
e dei fatti sono stati molto utili agli inquirenti inglesi e a noi.
150 PAOLO PAOLETTI

dellArno e poi si inerpicava per salire a La Cuna e laltro sali-


va a Serelli-Vallucciole. Questa strada era una specie di mulat-
tiera ancor pi disagevole, assolutamente impraticabile a qual-
siasi automobile, come attestano in modo inequivocabile don
Oliviero Vannetti, Prasildo Giachi, Anita Pantiferi e Bruno Cec-
carelli. Oggi la strada asfaltata e segue un percorso diverso.
Dunque la macchina non poteva assolutamente scendere da Val-
lucciole.
2) Secondo Anita e Delia Pantiferi e Ines Bucchi la macchi-
na si trovava davanti a casa Pantiferi, sulla riva destra dellArno,
mentre per Ungherelli era sulla riva sinistra, vicino al mulino.
3) Secondo il rapporto inglese e Anita Pantiferi la macchi-
na non si mai fermata al mulino, secondo Ungherelli s e per
una diecina di minuti.
4) Secondo la relazione del sergente inglese e di Anita Pan-
tiferi la macchina al momento dellattacco partigiano era ferma,
secondo Ungherelli lauto era in movimento e allintimazione
di alt si ferm di colpo.
5) Secondo la versione inglese, secondo le testimonianze di
Ines Bucchi e Anita Pantiferi due tedeschi su tre erano scesi a
terra, secondo lUngherelli tre uomini, scesi fulmineamente a
terra, da dietro gli sportelli aperti, aprirono il fuoco con armi au-
tomatiche... ma i colpi passarono di poco sopra la testa dei par-
tigiani. Questa chiaramente una scena da film che non pu
corrispondere alla realt. Come fanno tre uomini a gettarsi ful-
mineamente a terra da unauto a due portiere? Se i tedeschi
avessero avuto armi automatiche come avrebbero potuto man-
care il bersaglio? Nellautobiografia e davanti al nostro micro-
fono Ungherelli ammetteva che si trovarono nella macchina
bombe a mano e una mitragliatrice.
6) Secondo i poliziotti inglesi, i tedeschi parlarono con due
ragazze, che poi interrogarono (Anita Pantiferi e Ines Bucchi),
secondo Ungherelli, invece, i tedeschi non avrebbero mai par-
lato con alcuno.
7) Secondo la ricostruzione inglese e la testimonianza di Ani-
ta Pantiferi la macchina con i tedeschi a bordo aveva fatto ma-
novra nello spiazzo davanti a casa Pantiferi e stava per ripartire
in direzione di Stia, secondo Ungherelli lauto ritorn al muli-
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 151

no e poich i partigiani avevano da macinare ancora alcuni sac-


chi di grano intervennero per vederci chiaro.
8) Secondo Ungherelli colpimmo i tre che erano scesi dal-
lauto. Due di essi crivellati di colpi, morirono subito, secon-
do Anita e Tito Pantiferi e Ines Bucchi, dopo il fallito insegui-
mento del fuggitivo, un partigiano tornato a Molino di Bucchio
trov un tedesco ferito e lo fin.
9) Lorigine dello scontro a fuoco risulta completamente di-
versa da quella ufficiale garibaldina. Secondo la commissione
dinchiesta inglese la macchina dei tedeschi aveva fatto mano-
vra con levidente intenzione di riprendere la strada da cui era-
no arrivati. Gli inglesi lasciano capire che i tedeschi se ne sa-
rebbero ripartiti per la loro strada. Senza alcuna informazione
utile, aggiungiamo noi. Per i partigiani fu la vicinanza dellau-
to al mulino a convincerli a controllare lauto sospetta.
Ripetiamo, per quanto gli inglesi non diano giudizi di meri-
to, ricostruiscono la dinamica del fatto in maniera diversa dal-
lUngherelli. Secondo Ungherelli fu latteggiamento sospetto
della macchina a richiedere un controllo dei documenti dei pas-
seggeri, secondo i testimoni lauto stava per ripartire con i suoi
misteri.

4.6. Considerazioni finali sullopportunit di un attacco partigiano

Questa differenza tra le versione dei partigiani e quella dei testi


sentiti dagli inglesi ci offre lo spunto per alcune osservazioni.
1) Ungherelli ammette che i tedeschi non si erano accorti del
mulo gi carico di farina e non avevano rilevato la loro presen-
za nel bosco. Dunque loperazione di far macinare il grano non
era stata messo in pericolo dalle spie e quindi non cera neces-
sit di fermare lauto per controllare i documenti.
2) Anzi, se vero come dichiara il comandante partigiano,
che il loro obiettivo era quello di far macinare altri sacchi di gra-
no (dovevamo ancora portare a macinare dei sacchi di grano),
sarebbe stato pi opportuno soprassedere e lasciar andar via la
macchina. Anche perch parte della banda, secondo la testimo-
nianza di Ugo Trambusti, a quellora si trovava a Santa Maria
152 PAOLO PAOLETTI

per requisire del grano alla famiglia Pallini. Dunque quel gior-
no sarebbe stato pi opportuno tenere un profilo basso, ov-
vero evitare di dover affrontare situazioni a rischio o che pote-
vano degenerare in scontri a fuoco. Inoltre, per quanto raccon-
ta proprio Ungherelli, le ultime notizie raccolte da Bob erano
che la macchina portava una donna incinta.
3) Se gli occupanti dellauto sembrava stessero aspettando
qualcuno, non sarebbe stato meglio intervenire al momento in
cui fosse arrivata anche laltra persona? Implicitamente Unghe-
relli ammette che lattacco avviene nel momento sbagliato.
4) Quando Ungherelli dichiara che voleva imporre loro
[agli estranei, N.d.A.] il silenzio su quanto avevano visto, in
contraddizione con se stesso, perch lui stesso ad ammettere
che i due scesi dallauto non si erano accorti del mulo carico di
sacchi di farina. I due avevano semplicemente parlato con due
o pi ragazze (che lui non nota) e avevano disteso una carta. So-
prattutto non erano entrati nel mulino e Bob torna dal mulino
dicendo che in macchina c una donna incinta. In sostanza lat-
tacco avviene per un timore infondato e per il desiderio di con-
trollare il territorio.
5) Se i partigiani vanno allattacco perch vogliono imporre
il silenzio agli occupanti dellauto significa che non li ritengono
dei signori italiani con una donna che abbisognava di una oste-
trica. evidente che non prendono neppure in considerazio-
ne che possa trattarsi di tedeschi o di fascisti. Perch sarebbe sta-
to difficile imporre il silenzio ad un fascista se lo si lasciava li-
bero. Dunque quando i garibaldini vanno allattacco pensano
che si tratti di civili italiani. Ma quanti civili potevano avere
unauto cos lussuosa e che cosa ci facevano l? E se a Molino di
Bucchio finiva la strada, cosa ci veniva a fare unauto con una
donna con le doglie? S, tutto questo doveva destare dei sospetti.
Ma siccome queste potenziali spie non avevano visto assoluta-
mente niente, sarebbe stato pi opportuno lasciarle andar via
piuttosto che fermarle.
6) Anche la tattica di attacco dei partigiani, anche se rivolta
a bloccare dei civili sospetti, molto ingenua: affrontano lauto
da un solo lato. vero che la macchina pu fuggire solo in una
direzione, quella da cui vengono i partigiani, ma questo costi-
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 153

tuisce un pericolo: gli attaccanti potrebbero esser travolti dal-


lauto in fuga. Inoltre i partigiani non considerano che esistono
altre vie di fuga per gli occupanti. evidente che non prendo-
no precauzioni e non circondono preventivamente la macchina
sospetta. I partigiani hanno il vantaggio di poter scegliere il luo-
go e il momento dellagguato ma sbagliano le loro mosse.
7) Il risultato, gravissimo ed incredibile, quello di lasciar-
si sfuggire un tedesco ferito e a piedi. Loro che sicuramente co-
noscono i posti meglio della spia germanica, loro che avrebbe-
ro dovuto avere una maggiore lucidit, si lasciano sfuggire uno
che ormai chiaro trattarsi di un nemico pericoloso. Insomma
ha dellincredibile che una squadra di pi di dieci persone che
conoscono il terreno si facciano sfuggire un uomo sotto shock.
Ungherelli dichiara che i partigiani seguono le tracce delluomo
grazie alla scia di sangue che si lascia dietro. Quindi il solda-
to non ha avuto tempo di tamponare la ferita o di bloccare la
perdita di sangue con la cinghia dei pantaloni (oltretutto sareb-
be difficile correre con i pantaloni lenti e con un braccio feri-
to). Insomma quello che dovrebber essere una preda facile si ri-
vela pi veloce o furba degli inseguitori.
8) Un altro grave errore quello di lasciare sul posto la mac-
china ed i cadaveri. Nella testimonianza di Anita Pantiferi si leg-
ge: La mattina dopo tornammo a casa e vidi la macchina ed i
due corpi. Delia Pantiferi, Ines e Reginaldo Bucchi conferma-
no che i cadaveri non vennero rimossi. I partigiani invece di
cancellare le prove del fatto di sangue resero inservibile la mac-
china. Fecero lesatto opposto di quello che la logica suggeri-
va: avrebbero dovuto occultare auto e cadaveri, perch il fug-
giasco e i tedeschi non potessero trovare tracce del fatto di san-
gue. Non si capisce perch i partigiani, padroni del campo fino
alla sera dell11, non abbiano pensato di occultare macchina e
cadaveri. Era la cosa pi logica da fare e una pratica comune tra
i civili e gli altri partigiani. Oltretutto non doveva esser difficile
far sparire una macchina in primavera: bastava caricare i due cor-
pi sullauto e portarla in un punto dove non fosse visibile dalla
strada.
Probabilmente i garibaldini non vollero perdere tempo ad
occultare lauto non perch temevano larrivo della spedizione
154 PAOLO PAOLETTI

punitiva da Stia ma perch avevano fretta di portare la notizia


del rastrellamento ai compagni. Tutti i testimoni (Bucchi e Pan-
tiferi) concordano nel dire che i partigiani rimasero a Molino fi-
no allimbrunire, quindi avrebbero avuto tutto il tempo per ri-
muovere i cadaveri e lauto. Nessuno di loro pens di nascon-
dere le prove del reato perch la mappa del rastrellamento bru-
ciava loro nelle mani. Una cosa certa che la macchina poteva
ancora camminare dunque poteva ospitare i cadaveri e essere
guidata fino ad un nascondiglio.
Concludendo ci sembra che la scelta di attaccare sia stata una
mossa sconsiderata, mal calcolata e peggio eseguita. Non cera ne-
cessit di attaccare, visto che le spie tedesche non si erano accorte
del traffico intorno al mulino. Dal momento che era interesse dei
partigiani continuare a servirsi di quel mulino, non era opportu-
no attirare lattenzione, neppure di una gestante, sulluso che se
ne continuava a fare. Il servizio di cui la banda usufruiva (maci-
natura del grano e granturco) doveva essere gestito con la circo-
spezione e la prudenza di un segreto militare ed invece fu usato
per mostrare i muscoli, per dimostrare la propria padronanza del
territorio. In ogni caso non era opportuno esporsi, perch se li-
dentificazione dei passeggeri della macchina metteva in risalto la
loro pericolosit, le persone a bordo dellauto dovevano essere
catturate oppure uccise. Due ipotesi ambedue difficili da gestire.

4.7. Chi fu a sparare per primo? Parlano i fatti

Non molto importante stabilire chi spar per primo, visto che
la corsa dei garibaldini verso la macchina degli ignari tedeschi
gi stabiliva chi fu ad attaccare ma bene chiarire un punto che
stato sfruttato dalla vulgata per far passare i partigiani come
vittime di unaggressione armata o comunque di una reazione
che non si poteva evitare.
Secondo noi, i partigiani spararono per primi, perch se fos-
sero stati i tedeschi ad aprire il fuoco, come dice Ungherelli
con una pistola mitragliatrice, sarebbe stato davvero strano
che soldati ben addestrati non riuscissero a centrare alcuno dei
quattro partigiani che gli stavano di fronte. Inoltre la testimone
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 155

Dina Bucchi dice di aver sentito raffiche di mitra e non gli spa-
ri della rivoltella come invece afferma Anita Pantiferi, che di-
chiarava nel gennaio 1945: luomo seduto dietro inizi a spa-
rare con una rivoltella attraverso il parabrezza. Anche Tito Pan-
tiferi conferma la versione di Anita, ma lui era ancora pi lon-
tano, stava lavorando in un campo e, nonostante ci riusciva
a vedere chi spar per primo e not il partigiano che con uno
scarto fulmineo... riusciva a schivare i colpi: Sentii degli spari
che mi sembravano provenienti dallinterno della macchina. Il
partigiano che aveva gridato schiv i colpi e un altro partigiano
apr il fuoco sulla macchina e sui due uomini che erano fuori dal-
la macchina. Non c un racconto della nostra letteratura resi-
stenziale in cui i partigiani non siano veloci come saette e i te-
deschi sempre presi alla sprovvista18.
In una recente testimonianza Dilva Pantiferi, che in quel
momento si trovava a Stia, dichiarava: I partigiani correvano
con le schiene curve e le teste basse, le armi alla mano, avanza-
vano zitti, coperti dai casottini che si frapponevano tra loro e
lautomezzo rendendoli invisibili ai tre tedeschi, fino a quando
non gli comparvero davanti con i mitra spianati e le pistole pun-
tate, aprendo il fuoco19. In questa ricostruzione quello che non
torna non tanto il fatto che i due morirono immediatamen-
te, quando sappiamo invece che almeno uno rimase ferito, ma
che il terzo tedesco riuscisse a scappare se gli comparvero da-
vanti con i mitra spianati. Inoltre Gino Giabbani, lunico che
descrive laspetto esteriore dellauto, parla solo di finestrini20 in
frantumi, non di parabrezza, attraverso il quale sarebbero pas-
sati i colpi di pistola, di cui parla Anita Pantiferi. In ogni caso
la testimonianza di Anita era annullata da quella di Ines Bucchi
che dichiarava nel 1945: Sentii che i partigiani gridavano: Sie-
te tedeschi. Poi aprirono il fuoco e vidi luomo seduto [in mac-

18 Rutilio Trenti, che in quel momento era a lavorare a Serelli, con lo pseu-
donimo di Filippo Nibbi, La strage. La memoria della strage di Vallucciole nel rac-
conto di un contadino, Litostampa SantAgnese, Arezzo, 1977 scriveva: Un tede-
sco tir fuori la pistola ma un partigiano che aveva il mitra, tir una raffica....
19 In Casentino 2000, Fruska Ed., n. 173, aprile 2008.
20 Windows finestrini, windscreen parabrezza.
156 PAOLO PAOLETTI

china], cadere in avanti e quella di Dina Bucchi: I partigiani


avevano tutti e tre dei mitra... sentii due scariche di mitra. Ca-
pii immediatamente che i partigiani avevano sparato. Credia-
mo che, in mancanza di testimonianze univoche, valgano le ri-
sultanze dello scontro a fuoco avvenuto a brevissima distanza:
siccome i partigiani non ebbero morti o feriti riteniamo che sia-
no stati i garibaldini a sparare per primi. Se i tedeschi avessero
avuto intenzione di aprire il fuoco, i due fuori dallauto avreb-
bero potuto farlo subito, non appena videro i partigiani comin-
ciare a correre dallaltra imboccatura del ponte: avrebbero avu-
to modo di puntare e sparare da fermi, mentre gli avversari cor-
revano e quindi non potevano mirare, e avrebbero dato tempo
allufficiale che era in macchina di mettere in posizione la mi-
tragliatrice. Ma lufficiale dentro la macchina non reagendo det-
t gli ordini e i tempi agli altri due, che lasciarono arrivare i par-
tigiani a ridosso della macchina. Domeyer non spar per primo
o perch, come comandante, decise di mantenere la finzione dei
prigionieri alleati in fuga, forse sperando di carpire qualche no-
tizia utile o perch calcol che se avesse sollevato la mitraglia-
trice e lavesse messa in posizione tra i due sedili per sparare at-
traverso il parabrezza, sarebbe stato notato inducendo gli at-
taccanti a sparare per primi. In ogni caso la prova migliore che
furono i garibaldini a sparare per primi sta nei fatti: i partigiani
colpirono due avversari, mentre i tedeschi non fecero neppure
un ferito.
La versione che i tedeschi spararono per primi dunque so-
lo una delle tante montature inventate da chi ha sempre tenta-
to di trovare giustificazioni alloperato dei garibaldini.

4.8. Lazione garibaldina fu mal condotta: i tre tedeschi potevano


essere catturati evitando il massacro

Come abbiamo visto nel paragrafo 4.4 il partigiano Giovanni


Corsini aveva colto un aspetto di quellazione garibaldina: era
stato un errore intervenire: Io ho fatto 8 mesi di partigiano sul
Monte Giovi... ma st fermo! nascosto!... Insomma questa stra-
ge l stata fatta per lo sbaglio di quei tre ragazzi che calarono
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 157

gi cos.... Lerrore poteva essere rimediato se i garibaldini aves-


sero condotto una seria operazione di controllo. Visto che i te-
deschi non avevano sparato mentre attraversavano il ponte sul
fiume Arno, dal momento che lassalto mirava a controllare una
macchina sospetta, la prima cosa da fare era rendere inoffensi-
vi i tre uomini in abiti civili. Quindi i quattro garibaldini avreb-
bero dovuto circondare lauto, tenere ognuno dei tre sospetti
sotto la minaccia dei loro Sten, ordinare il Mani in alto! e poi
perquisire la macchina e i tre. In effetti sembrerebbe che ci sia
stato un ordine di Mani in alto!.Nel 1945 e nel 1993 Anita e Ti-
to Pantiferi avevano dichiarato che Uno dei partigiani url:
Chi siete? Mani in alto. Anche se poco credibile che una
ragazza che era in casa e un uomo che lavorava in un campo l
vicino potessero distinguere le parole, anche se dette a voce
alta, ammettiamo pure che ci sia stato realmente lordine di al-
zare le mani. Resta un fatto macroscopico, che nessuno ha evi-
denziato: se uno dei tre tedeschi scappa senza essere colpito dal-
le raffiche di tre mitra significa che la macchina non era stata cir-
condata e che il terzo sospetto non era sotto la minaccia di unar-
ma. Dunque lazione dei garibaldini, in superiorit numerica o
quanto meno in un rapporto di forza uno contro uno, fu mal
condotta.
Se i tre tedeschi fossero stati catturati si aprivano altre pro-
spettive in quanto i garibaldini avrebbero saputo che ci sareb-
be stato il rastrellamento e si sarebbero potuti regolare di con-
seguenza.
1) Prima ipotesi: i tre tedeschi vengono fatti prigionieri e por-
tati al campo base, come ostaggi. Sulla macchina viene lasciato
un cartello in cui si dice: I vostri camerati sono nostri prigio-
nieri. Se sar fatta una rappresaglia contro la popolazione sa-
ranno i primi a morire. In questo caso, per, non ci sarebbe
stato il tempo di intavolare una trattativa. Il rapimento dei tre
non avrebbe fermato il rastrellamento ma sicuramente non ci sa-
rebbe stato il massacro di Vallucciole.
2) Seconda ipotesi: i tre vengono portati lontano e uccisi
sulla via del ritorno al campo base e i loro corpi nascosti in un
anfratto. La macchina viene portata via da Molino di Bucchio e
nascosta. Siccome i tre avevano requisito la macchina quella
158 PAOLO PAOLETTI

mattina ed erano appena arrivati a Stia da Firenze, se la mac-


china fosse sparita con i propri occupanti i tedeschi sarebbero
rimasti interdetti. Una cosa certa: se la macchina non fosse tor-
nata a Stia i tedeschi sarebbero rimasti incerti su dove colpire,
perch verosimilmente Molino di Bucchio fu solo lultima tap-
pa della loro perlustrazione, che forse era cominciata dal passo
alla Croce o da Papiano, il settore di competenza del battaglio-
ne esplorante. In pratica si pu ipotizzare quello che successe a
Partina il 13 aprile: dopo un identico attacco ad una macchina
nei pressi del paese e alla sparizione dei suoi occupanti, la rap-
presaglia consist nellesecuzione di 29 uomini sospettati di con-
nivenza con i banditi.
In ambedue le ipotesi non ci sarebbe stata una strage indi-
scriminata. Un centinaio innocenti non avrebbero pagato per
una serie di errori dei garibaldini.

4.9. I garibaldini si lasciano sfuggire il superstite della sparatoria

Dopo la sparatoria lobiettivo primario dei garibaldini avrebbe


dovuto essere quello di catturare il fuggitivo. Perch il soprav-
vissuto non diventasse un testimone della presenza partigiana,
della loro attivit legata al mulino e soprattutto perch con la sua
testimonianza non mettesse in pericolo la popolazione di Moli-
no di Bucchio.
Sullimportanza di impedire larrivo a Stia del fuggitivo basti
ricordare lo scambio di accuse tra il comandante della banda Ren-
zino e la popolazione di Civitella. Nel dopoguerra il comandan-
te partigiano accus gli abitanti di Civitella di essere loro i veri re-
sponsabili del massacro, per aver nascosto e protetto il quarto te-
desco sopravvissuto allagguato nel Circolo del Dopolavoro, il
quale avrebbe cos riferito dellimboscata e innescato la decisio-
ne della rappresaglia... Questo scambio di accuse dette luogo ad
un processo penale... Il processo fu vinto dal capo partigiano21.

21 Giovanni Contini in Le memorie della Repubblica, a cura di Leonardo Pag-


gi, La Nuova Italia, Firenze, 1999, p. 199.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 159

Ci auguriamo che, mutatis mutandis, quello che ha avuto valo-


re per Civitella, valga anche per lagguato a Molino di Bucchio.
La fuga del terzo tedesco ha dellincredibile: il sergente Blo-
menkamp, per quanto sia appena arrivato a Molino di Bucchio,
ha la prontezza di riflessi per trovare una via di fuga gettandosi
nella grossa fogna a cielo aperto che era dietro la macchina, co-
me un fulmine attravers la spinaia che ne copriva il termine e
precipit in Arno. I partigiani lo inseguirono lungo il fiume e
nessuno ritorn22. I partigiani non si gettarono anche loro nel-
la fogna, verosimilmente si limitarono a gettare qualche bomba
a mano tra i rovi che coprivano lo scolo delle acque scure. Ma
riuscirono solo a ferire il fuggitivo superficialmente23, perch il
giorno dopo mostrava graffi solo al viso e alle mani. a questo
punto che il racconto di Ungherelli si fa meno credibile: Le
tracce di sangue, sul terreno del bosco e sulla strada rotabile ces-
savano improvvisamente24. Se si fossero viste le tracce di san-
gue nel bosco, avrebbe significato che ne perdeva copiosamen-
te e allora non avrebbe potuto fare chilometri di corsa. Chi in-
seguito non si mette a togliersi la cintura dei pantaloni per ral-
lentare il flusso del sangue, anche perch difficile correre con
i pantaloni allentati. Pi credibile che il tedesco una volta arri-
vato allArno non abbia guadagnato la riva sarebbe rimasto al-
lo scoperto e non sia entrato nel bosco ma si sia lasciato tra-
sportare dalla corrente del fiume. A quel punto i partigiani ave-
vano due sole strade: o lo inseguivano con la macchina per bloc-
carlo a valle o si gettavano in acqua anche loro. Se Blomenkamp
scelse lArno invece del bosco, i partigiani non fecero n luna
n laltra cosa. Linseguimento lungo il fiume poteva esser fatto

22 Particolari da vari colloqui con Dilva Pantiferi il 4 e 5.1.2009. Questa ver-


sione stata pubblicata in Casentino 2000, n. 173, aprile 2008.
23 Carlo Gentile (Le stragi nazifasciste..., cit., p. 85) ha scoperto dalla scheda
personale del sottufficiale che rimase leggermente ferito da schegge di bomba a
mano, ferito alla mano sinistra. Siccome nessuna delle tre persone che lo vide-
ro (Livio Natalini, Anita e Dilva Pantiferi) not bendaggi alla mano del braccio si-
nistro, ma solo graffi al volto e alle braccia, le sue ferite furono molto superficiali.
Dilva Pantiferi, che viaggi con Blomenkamp fino a Firenze, e fu presente ai suoi
interrogatori, ci ha garantito che sulle mani e sul viso non aveva alcun cerotto..
24 Ungherelli, op. cit., p. 164.
160 PAOLO PAOLETTI

solo sulla riva sinistra visto che sulla sponda destra cera il bo-
sco ma i partigiani persero troppo tempo a ripassare il ponte e
quando arrivarono al mulino forse il fuggitivo era gi scompar-
so alla vista.
Un altro particolare poco credibile del racconto di Unghe-
relli che il tedesco sia stato portato a Stia da una macchina di
passaggio. Quante potevano essere le macchine in transito per
una strada senza sfondo? Il traffico automobilistico era inesi-
stente su quella strada sterrata e senza sbocco.
Se i garibaldini non volevano ripercorrere la sua via di fuga,
gettarsi tra i rovi e avventurarsi nellinseguimento di una perso-
na armata nel bosco, avrebbe dovuto pensare di nascondersi al
margine dellunica strada che portava a Stia e aspettare che il
fuggitivo uscisse dal bosco. Se i partigiani videro le tracce di
sangue sulla strada, come fece il ferito a correre nel bosco pi
veloce dei garibaldini e ad arrivare per primo sulla via per Stia?
Delia Pantiferi ha sempre affermato di essere andata a casa sua
dopo gli spari e di non aver visto nessun partigiano25, il che fa-
rebbe pensare che tutti si erano lanciati allinseguimento del
fuggiasco, come tanti segugi. La testimonianza di Anita Panti-
feri del 1945 ci dice che il fuggiasco fu inseguito per circa 20 mi-
nuti (Venti minuti dopo i partigiani tornarono...).
Sicuramente i comandanti garibaldini, come i loro gregari,
non pensarono di usar la macchina per bloccare la strada per Stia.
Infatti il venditore ambulante, Livio Natalini, poi riveler di aver
incontrato uno per strada che gli domand dovera Stia26: evi-
dente che era il tedesco! Questa testimonianza ci fornisce due
altri particolari; 1) Livio non si accorse neppure che il suo in-

25 Delia Pantiferi non rammenta i partigiani n nel 1944 n nel 1993 e in una
nostra intervista del 6.12.2008 ha ribadito di non aver visto nessun partigiano dopo
la sparatoria, tant vero che commentava: Ci lasciarono i morti... e nelle peste.
26 Livio Natalini, che diventer il marito di Delia Pantiferi, le raccont di es-
sere andato col suo cavallo a Molino di Bucchio e, dopo aver visto quello che era
successo, di esser subito tornato a Stia senza salire a Serelli. In questo tragitto di
andata a ritorno Natalini non vide partigiani ma solo uno che gli chiese la dire-
zione di Stia. Dallintervista a Delia Pantiferi del 6.12.2008. La notizia era gi sta-
ta pubblicata in Vessichelli, op. cit., p. 76.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 161

terlocuore era ferito, quindi il tedesco riusc a nascondere la sua


ferita; 2) nel ricordo di Natalini non ci sono partigiani sulla stra-
da da Stia a Molino di Bucchio ma solo uno che cerca di rag-
giungere Stia. Ci significa che i partigiani non fecero nessun po-
sto di blocco sulla strada per Stia.
Perch non venne in mente neppure agli anziani del gruppo
garibaldino, al Nonno, classe 1891, o al comandante Gandi,
classe 1908, che se uno straniero si infila in un bosco a lui sco-
nosciuto per non perdere lorientamento avrebbe cercato di non
allontanarsi troppo dalla strada che aveva fatto in macchina? Una
cosa certa: dopo la scoperta della mappa del rastrellamento ai
garibaldini pi che linseguimento del fuggiasco interessava por-
tare la notizia ai compagni.
In questo racconto di tutta la squadra impegnata nellinse-
guimento del fuggitivo c qualcosa di poco convincente: come
fa un ferito a correre pi veloce dei giovani garibaldini? Verosi-
milmente i partigiani non lo tallonarono nel bosco, temendo che
il fuggitivo fosse armato. Il racconto di Ungherelli secondo cui
i garibaldini seguirono nel bosco le tracce di sangue lasciate da
un uomo leggermente ferito o solo graffiato non credibile. Di
sicuro i partigiani non lo inseguirono nella fogna e tra i rovi, n
si gettarono in Arno, se scapp sfruttando la corrente.
Nei garibaldini manc lastuzia, il coraggio e la perseveran-
za nellinseguimento. Comunque la metta Ungherelli, la fuga del
ferito significa che linseguimento non fu efficace: forse si limi-
t al lancio di qualche bomba a mano quando scomparve tra la
vegetazione. Probabilmente i tre o quattro sparatori ebbero pau-
ra ad avventurarsi da soli nel bosco, permettendo al fuggitivo di
prendere un buon margine di vantaggio e quando arrivarono i
rinforzi nessuno pens di aspettarlo sulla strada. Comunque ac-
cadde linverosimile: un tedesco ferito si orient meglio dei par-
tigiani in quel territorio che i garibaldini con la loro azione vo-
levano dar a vedere di controllare.
162 PAOLO PAOLETTI

4.10. Furono uno o due i comandanti tedeschi rimasti feriti e poi


finiti?

Non ci deve meravigliare che nelle operazioni di rastrellamento te-


desche e nella lotta partigiana in montagna non si facessero pri-
gionieri e non si prestasse soccorso ai feriti. Si trattava di una pra-
tica comune a tedeschi e partigiani. Chi va in montagna a sparge-
re il terrore non rispetta le convenzioni internazionali. Se qualche
civile italiano rimasto ferito e non stato finito dai tedeschi so-
lo perch si finto morto o stato dato per morto dagli assassini.
Chi alla macchia, braccato, non pu portare in ospedale il
ferito nemico e nemmeno curarlo. Anche se ci fosse stato un me-
dico nella banda, in quelle circostanze i partigiani non poteva-
no accollarsi un peso morto: avrebbe rallentato i movimenti,
quando la fuga era la salvezza. Ecco perch in quel tipo di guer-
ra i feriti erano destinati ad essere uccisi.
In una tabella inglese si trova scritto: 13-18 aprile 1944 Par-
tisans have been active in this District. On 9th april a German
vehicle was fired on by partisans, 1 soldier killed, another woun-
ded and later shot. [I partigiani sono stati molto attivi in que-
sto distretto. Il 9 aprile i partigiani hanno sparato su un veicolo
tedesco, 1 soldato ucciso, un altro ferito e poi finito]27.
Che a Molino di Bucchio fosse stato ucciso almeno un ferito
ce lo assicurano i testimoni e il rapporto finale inglese (Dopo lin-
seguimento infruttuoso, i partigiani tornarono e visto che il feri-
to era ancora vivo, lo uccisero con un colpo alla testa) che si ba-
sava sulle testimonianze del 1945 di Ines Bucchi che aveva di-
chiarato: Passando vicino alla macchina, vidi un uomo a terra a
fianco della macchina, che si lamentava e Dina Bucchi Quello
in terra era gravemente ferito e chiedeva acqua. Anita Pantiferi
aveva messo a verbale nel 1945: Venti minuti dopo i partigiani
tornarono e vidi che uno di loro sparava alluomo che era per ter-
ra28. Intervistata nel 1993 Anita Pantiferi dichiarava prima a lu-

27
National Archives, Kew, WO 204 11497.
28
Anche in questo caso la teste vide e sent sparare e presunse che fosse sta-
to sparato alluomo a terra.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 163

glio: Quello che gnavevo dato lacqua lo presero qui, casc al-
lindietro... e mor...e rimase ferito, poi nel settembre: Uno dei
tedeschi chiamava aiuto... di quelle paure... aiuto, aiuto... quan-
do dopo arriv il comandante eh vide e gli tir una rivortellata
che mor... quando io un sentii pi qui lamento per me fu come...
una liberazione!29. Altri particolari li avemmo dalla stessa Anita
Pantiferi nel dicembre 1995: Ho ancora nelle orecchie i lamen-
ti ossessivi del giovane biondo, col maglione bianco, colpito sul-
la punta del mento, chiedeva acqua e il sangue gli gorgogliava dal-
la ferita nella gola... poi il rumore dello sparo che mise fine al ge-
mito del ferito. Se non bastasse, nel 1996, Sirio Ungherelli regi-
strava questa frase davanti al nostro microfono: I due erano in
terra e gli zampillava il sangue dalla bocca in un modo che non
lo fanno i morti. Siccome sapevamo che uno era in macchina e
laltro a terra gli chiedemmo: A uno o a tutti e due?. Rispose:
A tutti e due. Al termine dellintervista lo riportammo sul rin-
venimento dei corpi e gli dicemmo che se il sangue zampillava si-
gnificava che il cuore batteva e che quindi non erano morti. A que-
sto punto mi fece spengere il registratore e ammise: Sono stato
io. Per metter fine alle sofferenze del giovane biondo, lo colpi con
un colpo di grazia. Siccome Tito Pantiferi diceva chiaramente che
fu sparato ad un solo ferito (Un altro disse: Diamogli il colpo
di grazia; sollev il fucile e spar due colpi alluomo che giace-
va a terra), pu essere che quando Ungherelli pass per inseguire
il fuggiasco vide due feriti e che quando torn il sottotenente
Heinz Domeyer era gi morto. Non sapremo mai se i feriti finiti
con il colpo di grazia furono uno o due.

4.11. Tutti e due i cadaveri presentavano ferite che inducevano a


pensare ad una esecuzione

Ricapitoliamo quanto si pu ricavare dalle testimonianze rese


agli inglesi e dai documenti conservati a Berlino.

29 Dallintervista di Paola Calamandrei ad Anita Pantiferi del settembre 1993:


audioregistrazione inedita in possesso della provincia di Arezzo.
164 PAOLO PAOLETTI

Che un ferito fu finito lo affermano le dichiarazioni di Ani-


ta, Delia, Tito Pantiferi e Ines Bucchi, in ultimo ci stato con-
fermato dallo stesso sparatore, Ungherelli. Anche se Ungherel-
li dichiarava davanti al nostro registratore che I due tedeschi
erano in terra e gli zampillava il sangue dalla bocca in un modo
che non lo fanno i morti facendo pensare a due feriti, pren-
diamo in considerazione solo lesecuzione del ferito disteso a ter-
ra30. Le abbreviazioni sulla scheda personale dei due non per-
mettono di stabilire il numero delle ferite riportate.
Non ancora chiaro se il biondo, con il maglione bianco,
disteso a terra (dichiarazioni fatteci da Anita Pantiferi nel 1995
e Delia Pantiferi nel 2008) fosse il sottotenente o il maresciallo.
Se corretto il rapporto inglese, secondo cui uno che era pi
vecchio, sedeva nella macchina dietro, nellauto cera il mare-
sciallo Ewald Maasakkers (nato il 6.12.1918), mentre a terra ce-
ra il sottotenente Heinz Domeyer (nato il 27.1.1923)31. Ma la te-
stimonianza di Reginaldo Bucchi ribalta questa tesi. Questi di-
chiarava nel 1944: Quello seduto dietro al posto di guida ave-
va ferite darma da fuoco alla testa. Quindi si dovrebbe tratta-
re del sottotenente Domeyer. Secondo le testimonianze di Ani-
ta Pantiferi del 1995 (Il biondo, colpito sulla punta del men-
to, chiedeva acqua e quando parlava il sangue gli gorgogliava dal-
la gola... poi gli spari misero fine al gemito del ferito) e Tito
Pantiferi nel 1944 (Uno dei partigiani si ferm di fronte al-
luomo ferito e disse: Questuomo gravemente ferito. Un al-
tro disse: Diamogli il colpo di grazia; sollev il fucile e spar

30 Per quanto le dichiarazioni dei testi del 1944 affermino che un ferito era a
terra e laltro in macchina, se corrispondesse al vero la dichiarazione di Ungherel-
li che parla di due feriti, i fatti potrebbero essersi svolti cos: quando Ungherelli
arriv sul luogo dello scontro vidi due feriti e quando ritorn dallinseguimento al
fuggiasco, dopo una ventina di minuti, trov un solo ferito, quello a terra, in quan-
to il cuore della persona in macchina, il sottotenente Domeyer, aveva gi cessato
di pulsare ed era morto. Il cuore della persona a terra resse per pi tempo, perch
Anita Pantiferi e Ines Bucchi sentirono che chiedeva acqua e che si lamentava. A
quel punto Ungherelli lo fece fuori con due colpi al cuore.
31 La lista dei caduti si trova alla Deutsche Dienststelle: DD (WASt), Fall-
schirm-Panzer-Aufklrungs-Abteilung Hermann Gring, Namentliche Verlust-
meldung Nr. 48.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 165

due colpi alluomo che giaceva a terra), bisogna ipotizzare che


i due colpi di grazia non siano stati sparati alla testa ma al cuo-
re, visto che la scheda personale di Maasakkers recitava cadu-
to per colpi al petto32. Che Maasakkers fosse quello disteso ac-
canto alla macchina dimostrato dal fatto che i due scesi a ter-
ra erano quelli che capivano litaliano e lo parlavano male ma
abbastanza da farsi comprendere, mentre quello rimasto in au-
to non capiva e non parlava italiano (testimonianza di Reginal-
do Bucchi: Dietro al sedile del pilota cera un uomo... Mi av-
vicinai alla macchina e dissi alluomo: Dove state andando?.
Fece un gesto con la mano e scosse la testa come se non avesse
capito). Quindi se Maasakkers era morto per colpi al petto
era lui che era stato finito in un secondo momento.
Verosimilmente siccome non si pot riconoscere il tipo di ar-
ma da fuoco impiegata impossibile distinguere a occhio nudo
la differenza fra ferita da pistola mitragliatrice da quella di un fu-
cile a Stia fu deciso o arriv lordine, di fare lautopsia ai due
corpi ed per questo motivo che i due cadaveri furono manda-
ti a Firenze (Anita Pantiferi: La mattina seguente [il 13, N.d.A.]
fummo portate con lo stesso autocarro, che ancora conteneva i
due corpi, a Firenze). Che questi proiettili siano stati estratti dai
corpi lo dimostrano le schede personali dei due comandanti.
Grazie alle ricerche di Carlo Gentile oggi non solo sappia-
mo i nomi dei due soldati uccisi ma anche con quali armi furo-
no ammazzati. Gentile scriveva che tra i caduti della H.G. regi-
strati presso la Deutsche Dienststelle vi sono il sottotenente e
comandante di plotone della 2a compagnia, Heinz Domeyer
(27.01.23), colpito da proiettili di mitra al capo33, il maresciallo
e comandante di plotone della 4a compagnia, Ewald Maasakkers
(06.12.18), colpito da proiettili di fucile al petto, ed un ferito leg-
gero, sergente Christian Blomenkamp (06.06.12), anchegli del-

32 Sulla scheda del maresciallo Ewald Maasakkers scritto: Gefallen, I.G.


Brust, ovvero caduto, proiettili da fucile al petto.
33 Sulla scheda di morte del sottotenente Heinz Domeyer troviamo labbre-
viazione Gefallen. M.P., Kopf che significa: caduto per colpi di pistola mitra-
gliatrice alla testa. Si veda C. Gentile, La stragi nazifasciste in Toscana 1943-1945,
Carocci, Regione Toscana, 2005.
166 PAOLO PAOLETTI

la 4a compagnia, ferito al braccio sinistro34 da schegge di bom-


ba a mano. Le schede dimostrano che Ungherelli e la Pantife-
ri non ricordavano bene: al maresciallo Maasakkers non fu spa-
rato con una rivoltella ma con un fucile! Come abbiamo visto
nella pagina precedente, la conferma che Maasakkers fu ucciso
con due colpi di fucile al petto viene dalla testimonianza di Ti-
to Pantiferi. Unulteriore conferma in Ungherelli che aveva scrit-
to: Quando la mappa venne aperta a causa dei colpi di Sten che
lavevano trapassata, essa present diversi fori che formavano un
disegno geometrico. Questi due colpi erano stati preceduti da
almeno un altro colpo. Il maresciallo Maasakkers venne dunque
colpito da tre-quattro pallottole: il colpo che lo aveva ferito pi
i due colpi che trapassano la carta topografica nascosta nella ta-
sca interna del giubbotto, ovvero i colpi di grazia col fucile.
Per Domeyer labbreviazione contenuta nella scheda della
Deutsche Dienststelle (M.P., Kopf) non chiarisce se lufficia-
le mor per un colpo di mitra o fu finito da colpi di mitra alla
testa. Anche in questo caso le testimonianze vengono in soc-
corso alle schede: Reginaldo Bucchi aveva dichiarato nel 1944
che il morto aveva bullet wounds in the head ferite di proiet-
tile alla testa. Anche in questo caso la testimonianza garantiva
che i proiettili che avevano raggiunto la testa erano pi di uno.
Ci premesso, secondo noi, almeno un cadavere, quello di
Maasakkers in particolare, mostrava ferite molteplici che indu-
cevano a pensare ad una esecuzione a sangue freddo. Tre col-
pi (uno durante lo scontro pi due al cuore per finirlo, come
dichiarato da Tito Pantiferi) non si potevano ricevere da un fu-
cile durante la brevissima sparatoria che oltretutto non do-
veva essere stata intensa se un tedesco era rimasto illeso35 che
il sergente Christian Blomenkamp avr sicuramente descritto ai
suoi superiori e ai camerati a Stia e Firenze. Era evidente che
tre colpi di fucile al petto non si potevano ricevere da un mo-

34 Don Riccardo Bergamaschi testimone oculare della presenza in piazza


Mazzini, a Stia, del tedesco ferito a Molino del Bucchio attorniato dalle autorit
fasciste.
35 Il terzo tedesco rimase ferito in seguito quando i partigiani lanciarono una
o pi bombe a mano per fermarlo.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 167

schetto o da un fucile semiautomatico in quei tre-quattro se-


condi che dur la sparatoria. Anche perch le testimonianze di
Anita Pantiferi e Ines Bucchi, concordi nel dire che gli assali-
tori erano armati con dei piccoli fucili mitragliatori, assicu-
rano che i primi partigiani non avevano fucili. Comunque la te-
stimonianza di Blomenkamp poteva chiarire come si era svol-
to lo scontro e con quali armi avevano attaccato i partigiani. An-
che perch prima degli spari ci fu il tempo perch un partigia-
no guardasse il parabrezza, gridasse Mani in alto e Sono te-
deschi!. Ma ammettiamo pure che Blomenkamp non ricor-
dasse la scena o non avesse fatto attenzione allarmamento par-
tigiano e non si potesse notare ad occhio nudo che i tre colpi
erano stati sparati da armi diverse o da fucili. Bastava la posi-
zione delle ferite a far pensare ad una esecuzione: in una spa-
ratoria a brevissima distanza (1-3 metri) come potevano due
colpi essere vicini al cuore (il partigiano sollev il fucile e spa-
r due colpi alluomo che giaceva a terra) e il terzo pi lonta-
no? Secondo noi da quei tre fori, due vicini e uno pi distan-
te, i tedeschi potevano capire subito che Maasakkers non po-
teva esser stato ucciso in combattimento.
Diciamo di pi: qualunque soldato tedesco che avesse visto
i corpi dei due caduti avrebbe avuto dei dubbi che tutti e due
fossero morti nella sparatoria. Anche il secondo cadavere por-
tava a pensare ad una esecuzione: Reginaldo Bucchi dichiara-
va: Sul sedile posteriore vidi il cadavere della persona con cui
avevo parlato il giorno prima. Aveva ferite darma da fuoco al-
la testa e la sua faccia era coperta di sangue. Secondo noi si
poteva sospettare che anche il Domeyer, avendo avuto almeno
due pallottole di mitra in testa, fosse stato ucciso a freddo: sa-
rebbe stato strano che due colpi di Sten36 avessero sfondato il
finestrino durante la sparatoria e avessero raggiunto tutti e due
il bersaglio piccolo della testa. Ancor prima che a Firenze si sta-
bilisse che si trattava di ferite di mitra (M.P.) e non di fucile

36 Le armi automatiche generalmente in uso presso i reparti partigiani erano


le Maschinenpistole MP 40 tedesche (calibro 9 mm parabellum), i Mab 38 ita-
liani (9 mm Fiocchi e parabellum) e Sten inglese (9 mm parabellum).
168 PAOLO PAOLETTI

(I.G.), a Stia dovette insospettire che il sottotenente fosse ri-


masto ucciso da pi proiettili di arma automatica in una zona
ristretta come la testa e stando sui sedili di una macchina con i
finestrini chiusi. Perch se sei a 1-3 metri di distanza le varie
testimonianze italiane e tedesche ci assicurano che tutti gli at-
tori del fatto di sangue erano attorno allauto difficile che
una raffica di mitra possa raggiungere la testa con due o pi
proiettili. Una o pi raffiche di arma automatica possono col-
pire punti ravvicinati di una persona, anche se di solito la dis-
persione dei colpi porta il primo proiettile sul bersaglio e gli al-
tri di lato o in alto. Il rinculo di un mitra o di un fucile non pos-
sono permettere a due proiettili di raggiungere un bersaglio
piccolo come la testa.
Il rapporto inglese riferisce anche che alle scuole elementa-
ri di Stia, dove si ferm il camion con i due cadaveri, erano ospi-
tati gli ufficiali della H.G. arrivati da Bologna la notte prece-
dente. In pratica Domeyer e Maasakkers vennero portati allac-
quartieramento degli ufficiali, cos tutti i commilitoni dei cadu-
ti, i subordinati e i superiori dei due (Dilva Pantiferi aveva di-
chiarato Mia sorella ed io, insieme ai due cadaveri, fummo por-
tati a Borgo alla Collina ed andammo in una casa dove cera il
Comando tedesco), il 12 aprile ebbero la possibilit di vedere
i cadaveri con i loro occhi. Qualunque soldato che fosse com-
parso davanti ai corpi poteva contare il numero delle ferite ri-
portate dai due, specialmente per il sottotenente Domeyer che
le aveva riportate solo sulla testa. Insomma i tedeschi capirono
a occhio nudo (due colpi al cuore, due colpi in testa), prima an-
cora dellautopsia, che quei morti presentavano ferite che si con-
ciliavano pi con colpi di grazia che con ferite da combatti-
mento ravvicinato.

4.12. Il sesto errore dei garibaldini: i cadaveri sono abbandonati


a Molino di Bucchio. Furono percepiti dai tedeschi come una
provocazione partigiana

La decisione di rivelare la presenza partigiana a Molino di Buc-


chio, il controllo della macchina sospetta ma soprattutto la de-
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 169

cisione ponderata il fatto di sangue avvenne verso le 15 e i ga-


ribaldini se ne andarono allimbrunire di lasciare i corpi dei
morti sulla strada, sapendo di essersi lasciati sfuggire un terzo
nemico, rappresentava un gesto di sfida verso i tedeschi. In
ogni caso era facile prevedere che sarebbe stata sentita come
una provocazione. Questo fu il sesto37 degli errori commessi dai
garibaldini.
Se non voleva essere un gesto di sfida, quellabbandono dei
cadaveri davanti alla casa dei Pantiferi e quel non dare indica-
zioni alla gente del luogo sul da farsi significava non aver sapu-
to mantenere il sangue freddo dopo la sparatoria, essersi fatti

37 1) Il primo errore dei quattro partigiani che assalirono i tedeschi fu quello


dagire di loro iniziativa, di non rispettare gli ordini, che erano sicuramente quelli di
far macinare il grano e di ritornare alla base con la farina. Il compito non venne por-
tato a termine: il grano e la farina vennero distribuiti alla popolazione, perch dopo
la scoperta della mappa su cui erano segnate le direttrici del rastrellamento cerano
altre priorit. Bisognava salvare se stessi, non la farina. Quindi i partigiani si alleg-
gerirono del loro carico e fuggirono con il bottino di bombe e munizioni. Se aves-
sero pazientato pochi secondi la macchina sarebbe ripartita e le spie avrebbero rife-
rito che la zona era tranquilla. Se si attaccava una macchina sospetta si dava agli oc-
cupanti la certezza che quella zona non solo era infestata di banditi ma che questi la
ritenevano fondamentale per i loro interessi. Anche se i partigiani fossero riusciti ad
uccidere tutti gli occupanti dellauto e a nasconderla, avrebbero comunque commesso
un errore, perch avrebbero dato al nemico la certezza che quella macchina non era
tornata a Stia e che quindi i partigiani operavano nella zona a ovest del paese.
2) Attaccare in quella localit gi luogo di un precedente fatto di sangue rap-
presentava un errore: ci si privava per il futuro di uno strumento primario di tra-
sformazione delle derrate alimentari e si rischiava di alienarsi le simpatie della po-
polazione che gi aveva pagato per laiuto dato ai partigiani.
3) Il terzo errore fu commesso al momento del controllo dellauto, quindi fu
di carattere militare. Quando si ha la possibilit di scegliere il momento dellattacco,
bisognava contemporaneamente predisporre tutte le misure atte ad evitare che
qualcuno potesse sottrarsi al controllo. In parole povere i partigiani non circon-
darono la macchina e i suoi occupanti, dando modo di vedere che credevano alla
versione della gestante in cerca di unostetrica. Se cos furono spinti al control-
lo dalla curiosit e non da una esigenza di sicurezza.
4) Il quarto errore fu quello di rafforzare nel nemico la convinzione che quel-
la era una localit dove agivano i partigiani. In pratica i garibaldini indirizzarono
la vendetta tedesca su Vallucciole, perch solo da l potevano venire i partigiani.
5) Il quinto errore ha dellincredibile: i partigiani si fanno scappare un ferito.
Se una persona ferita che non conosce la zona riesce a sfuggire agli inseguitori, c
una sola spiegazione: linseguimento venne fatto senza convinzione o con la pau-
ra di essere colpiti.
170 PAOLO PAOLETTI

prendere dallegoismo di salvare se stessi e i propri compagni.


Altrimenti bisognerebbe pensare, invece, che i partigiani lascia-
rono l i cadaveri di proposito, per dimostrare alla popolazione
la loro forza, perch tutti, occupanti tedeschi e civili italiani, ve-
dessero chi controllava il territorio. Dopo che i partigiani ave-
vano in mano le prove cartacee che da Molino di Bucchio sa-
rebbe partito un attacco verso la zona da rastrellare, quel gesto
di lasciare i corpi dei tedeschi accanto alla loro macchina rap-
presentava un gesto di sfida, perch sapevano che due giorni do-
po i loro commilitoni sarebbero passati di l. Dina Bucchi di-
chiarava nel 1944: ...La mattina del 12 da Moiano di Sopra ve-
demmo camion tedeschi in prossimit del ponte a Molino di
Bucchio, dove quegli uomini erano stati uccisi. Vidi molti tede-
schi intorno a loro.
I contadini di Molino di Bucchio non seppero come com-
portarsi perch rimasero indifferenti a quei due cadaveri tede-
schi davanti alle loro case. Se non li toccarono finch cerano i
partigiani, perch non provvidero a nasconderli quando rima-
sero soli e Molino di Bucchio rimase deserto38? Nessuno si mos-
se perch erano impauriti e temendo linevitabile rappresaglia
pensarono solo a scappare? Non rimossero i cadaveri per ri-
spetto verso i garibaldini che li avevano lasciati l? O per paura
dei partigiani? Perch si sentirono abbandonati e nessuno ebbe
il coraggio di prendere uniniziativa? Oggi a queste domande
non si pu rispondere.
Un fatto certo: se il presidente dellANPI Ungherelli si
vantava nel suo libro di aver reso inservibile lauto, significa
che allora voleva che i tedeschi la ritrovassero e che nel 1996,
quando parl con noi, non si era ancora reso conto dellerrore
fatto. E questo non depone a favore di questi giovanissimi gari-

38 Dilva Pantiferi ci dichiarava il 6.3.2005: Arrivai a Molino di Bucchio ver-


so limbrunire. Dal ponte guardavo il terrazzino e le finestre di casa mia e comin-
ciai a chiamare la mamma e mia sorella Anita. Nessuno rispondeva. Sentii che la
ruota della bicicletta si era bloccata contro un ostacolo, abbassai lo sguardo e vi-
di che la ruota della bicicletta era andata a infilarsi tra le gambe aperte di un gio-
vane, morto in un lago di sangue... Molino di Bucchio era deserto, cerano solo dei
paperi intorno alla macchina, attirati dal sangue.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 171

baldini (Ungherelli aveva 21 anni) che non avevano alcuna pre-


parazione militare, scarso buon senso comune e un forte senso
di solidariet unicamente verso i propri compagni.

4.13. Lostentazione dellomicidio e lorgoglio di quei garibaldini


per la loro azione

C una contraddizione nel comportamento dei garibaldini. Se


sapevano che i tedeschi si sarebbero vendicati contro gli abitanti
del luogo dove era avvenuto il fatto di sangue, perch lasciaro-
no l i cadaveri?
Ma veniamo ai fatti. Dopo la loro azione i garibaldini lascia-
rono i cadaveri cos come li avevano uccisi i loro colpi di mitra
e di fucile. Dichiarava Reginaldo Bucchi: Vidi la stessa macchi-
na che avevo visto prima ma non mi avvicinai. Cera un sacco di
civili che stavano intorno alla macchina e non fui in grado di ve-
dere se gli uomini vestiti con abiti borghesi erano l. Quando il
giorno dopo lui e suo fratello furono costretti a caricare i cada-
veri dei tedeschi sul camion, li trovarono nella stessa posizione
in cui erano stati uccisi, uno dentro la macchina e laltro fuori:
Quando arrivai vidi la stessa macchina del giorno prima. Sul se-
dile posteriore vidi il cadavere della persona con cui avevo par-
lato il giorno prima... Vidi una seconda persona distesa vicino al-
la macchina. Lo riconobbi come una delle persone che erano
montate in macchina il giorno prima. Dunque l11 i partigiani
si limitarono a perquisire i due e li abbandonarono l, come se
volessero che la popolazione potesse apprezzare il risultato del-
la loro azione. Ed infatti divennero attrazione per la curiosit di
quei contadini che non avevano molte occasioni per distrarsi dal
lavoro.
Gentile scriveva nel 2005: Non tutte le unit della divisio-
ne impegnate nelle operazioni si comportarono nello stesso mo-
do. Le compagnie del Panzer-Regiment H. Gring che con-
temporaneamente al reparto esplorante erano in azione pi a sud
fucilarono 29 civili a Partina, 8 a Moscaio e 4 a Badia Prataglia
ma non massacrarono indiscriminatamente la popolazione di
quei luoghi. Questo nonostante in quei giorni fossero stati as-
172 PAOLO PAOLETTI

saliti e uccisi dai partigiani in quella zona39. Nelle pagine pre-


cedenti aveva scritto: Lo stesso 11 aprile un attentato partigia-
no a unauto in transito lungo la statale del passo dei Mandrio-
li, nei pressi di Partina, cost la vita ad altri tre soldati tedeschi,
catturati dai partigiani e poi soppressi in montagna40. Dunque
i partigiani in genere avevano il buon senso di eliminare i pri-
gionieri di guerra in montagna, lontano dai luoghi abitati e da-
gli occhi dei tedeschi. Quel 13 aprile a Partina non ci fu una stra-
ge indiscriminata ma vennero eliminati solo gli uomini indicati
dai fascisti. Non perch il Panzer-Regiment H. Gring fosse me-
no spietato del battaglione esplorante ma perch quei tre soldati
tedeschi non appartenevano al loro reparto e soprattutto non fu-
rono lasciati sulla strada. Si dimostra cos che non tutti i parti-
giani erano come Gambero e Gianni e che lostentazione
dei corpi ebbe il suo peso nel comportamento del battaglione
esplorante della H.G.
Che quei garibaldini della Stella Rossa, e solo loro, per
fortuna, non abbiano mai pensato a nascondere i cadaveri di-
mostrato non solo dai fatti ma anche dal modo in cui raccon-
tava lepisodio Ungherelli. Questi scriveva: Resa inservibile
lauto, scaricati i due quintali di farina che donammo alla gen-
te del luogo, caricate sui muli le casse delle bombe e delle pal-
lottole calibro 9, con Gambero ed io alla testa dei nostri ragazzi,
ci rimettemmo in cammino.... In questa frase di Ungherelli c
tutto lorgoglio di un comandante che sente di aver compiuto
una riuscita azione militare: ha in mano una carta geografica che
lo metter al sicuro da qualunque rimprovero da parte del co-
mandante Corsi in quanto permetter a tutti i garibaldini di
prevenire gli effetti del prossimo rastrellamento, ha conquista-
to un bottino pi prezioso della farina, lo scopo per cui erano
scesi dal Falterona. Perch allora prima di scrivere quanto sopra
nel suo libro lex commissario politico, davanti alla nostra sor-
presa per quellattacco inopportuno e mal eseguito, ci aveva ri-
petuto quello che aveva gi detto a Curina quella sparatoria la-

39 Gentile, Le stragi nazifasciste..., cit., pp. 87-88.


40 Ivi, p. 85.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 173

vremmo volentieri evitata in quel luogo vicino allabitato? Se era


dispiaciuto della piega presa dagli eventi, perch non ripet an-
che nel libro quella frase di contrizione? Qual allora lUnghe-
relli vero? Se nel libro si vantava di quellazione e di aver resa in-
servibile quella parte del bottino che non poteva portar via, si-
gnifica che non si era mai reso conto di aver compiuto un ma-
dornale errore ad aver abbandonato i due cadaveri? A nostro mo-
do di vedere Ungherelli non prese mai coscienza che tutta la-
zione era stata controproducente per la popolazione, perch si
sent sempre il salvatore dei propri compagni41.
Forse grazie allalta considerazione della propria azione o
al convincimento di poter esser creduto qualunque cosa rac-
contasse, Ungherelli dal 1957 ha infiorettato il suo racconto di
molte menzogne: lintervento contro i tedeschi non poteva es-
sere evitato, i suoi reagirono al fuoco nemico uccidendo sul
colpo due tedeschi cui gorgogliava il sangue dalla gola, lin-
seguimento attraverso il bosco seguendo le tracce di sangue la-
sciate dai graffi del fuggitivo. Per rendersi protagonista assolu-
to della scena ha sempre ignorato il comandante della squadra
Enzo Gandi e ci ha confessato di aver giustiziato il ferito tede-
sco e di aver resa inservibile la macchina, senza immaginare che
poi Bruno Ceccarelli della Misericordia di Stia avrebbe dichia-
rato alla commissione inglese che fu lui a portare la macchina
inservibile a Stia.
Il presidente dellANPI degli anni 90 non era certo il tipo
capace di dire quanto il capo partigiano della banda attiva in-
torno a Castelnuovo dei Sabbioni ebbe la prontezza di confes-
sare ad un orfano di quella strage nazista: Noi s fatto tante
mascalzonate [...] per, mettiti nei nostri piedi42. Ungherelli
non poteva essere neppure quel comandante partigiano che
Rutilio Trenti cacci da Serelli quando molti anni dopo la stra-

41 Viste le cariche che ricopr allinterno dellANPI fino alla sua morte, anche
il partito comunista e gli ex partigiani pensarono che Ungherelli andasse premia-
to per i suoi meriti acquisiti in passato, soprattutto quello di aver rimediato aller-
rore del comandante toscano della Brigata Garibaldi, Luigi Gaiani (si veda 1.4).
42 Contini in Le memorie della Repubblica, cit., p. 203.
174 PAOLO PAOLETTI

ge si present con la sua macchina per deporre un mazzo di


fiori sulle tombe dei civili caduti. Ungherelli era uno che era
rimasto sempre orgoglioso di tutte le proprie azioni tanto che
cos si autocelebrava scrivendo che per uscire fuori dal rastrel-
lamento: Dovevamo servirici delle nostre capacit ed espe-
rienze, del nostro comune coraggio, della nostra dura autodi-
sciplina, del nostro spirito di sacrificio...43. Quando poi diceva
con giusto orgoglio che il distaccamento era uscito dalla morsa
nazista senza una sola perdita, non si attribuiva tutte quelle do-
ti di cui lui non aveva dato prova a Molino di Bucchio?
Concludendo, se i garibaldini non ebbero lintenzione di osten-
tare le loro gesta davanti alla popolazione e di sfidare i tedeschi,
allora quei cadaveri abbandonati davanti a casa Pantiferi dimo-
stravano la nostra tesi: tutto fu sacrificato sullara del salvatag-
gio dei compagni e del partito.

4.14. Per fortuna i partigiani non attuarono la promessa di


difendere i contadini

Scriveva Giovanni Verni che i partigiani aretini, a differenza di


quelli fiorentini, erano in genere espressione di esigenze eco-
nomiche e di culture di ambiti locali ben determinati e note-
volmente chiusi in se stessi; collegati in maniera discontinua con
un centro provinciale, del quale non sempre era condivisa, quan-
do la si conosceva, limpostazione..., dunque erano fortemente
motivati alla lotta dalle esigenze di difesa delle zone in cui ope-
ravano, alle quali erano strettamente legati da vincoli di paren-
tela, amicizie, interessi economici ecc.44. Lanalisi di Verni for-
se pu essere giusta se riferita allestate 1944, non per il caso Val-
lucciole: i comandanti garibaldini (Corsi, Gandi, Ungherelli)
erano tutti fiorentini e avevano una staffetta sempre pronta per

43 Ungherelli, op. cit., p. 168.


44 Giovanni Verni, Appunti per una storia della Resistenza nellaretino, in Guer-
ra di sterminio e resistenza. La provincia di Arezzo (1943-1944), Edizioni Scientifi-
che Italiane, Napoli, 1990, p. 141.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 175

tenere i collegamenti con il comando delle Brigate Garibaldi a


Firenze. Solo i pochi partigiani non garibaldini avevano co-
mandanti provenienti dallarea aretina.
Rutilio Trenti ci diceva nel settembre 1991: un maggiore,
uno che comandava quei pochi partigiani che si nascondevano
nei boschi sopra al nostro paese, il 12 aprile ci disse di stare tran-
quilli. Se fossero venuti i tedeschi ci avrebbero pensato loro a di-
fenderci. Il fratello di mia madre disse di sentirsi in una botte di
ferro: si sentiva tranquillo perch era convinto che i tedeschi non
sarebbero pi ritornati e se anche si fossero fatti vivi ci avrebbe-
ro protetto i partigiani. Nel 1993 Dino Bracciali esprimeva uno-
pinione abbastanza comune: Se a quel punto i partigiani aves-
sero protetto la popolazione con degli uomini armati, sicura-
mente la strage non sarebbe successa!... Invece loro hanno tira-
to un sasso e hanno nascosto la mano! Hanno ammazzato due
persone e poi levandosi dai santissimi hanno lasciato la popola-
zione in balia di se stessa, ecco!45. Laccusa di Mario Cappelletti
ai partigiani si pu racchiudere in queste parole: Qualcuno pen-
sa anche... danno un po la colpa ai partigiani, perch i partigia-
ni quel fatto l a Mulin di Bucchio... un lo dovevan fare... am-
mazzare quei tedeschi. O difendevano la popolazione... perch
ammazz un tedesco e dassela a gambe era come...46.
Per fortuna nessun partigiano pens mai a difendere i con-
tadini di Serelli e Vallucciole: una resistenza partigiana avrebbe
solo inasprito ancor di pi gli animi, avrebbe fatto affluire altre
truppe tedesche, allargando la strage a tutta la vallata fino a Stia.
I badogliani non intervennero perch erano troppo pochi, i
garibaldini perch si preoccuparono solo di avvertire i propri
compagni dellimminente rastrellamento.

45 Dallintervista di Paola Calamandrei e Francesca Cappelletto a Giovanna


e Pierina Michelacci e Dino Bracciali del novembre 1993, audioregistrazione ine-
dita in possesso della provincia di Arezzo.
46 Intervista di Paola Calamandrei a Mario Cappelletti dellottobre 1993, au-
dioregistrazione inedita in possesso della provincia di Arezzo.
176 PAOLO PAOLETTI

4.15. I garibaldini avvisarono della possibile rappresaglia solo i


Pantiferi a Molino di Bucchio

I tedeschi morti erano rimasti in terra. I partigiani erano risa-


liti al loro comando e i contadini erano usciti dalle case, e sta-
vano l, sulla strada, a guardare e non sapevano che cosa fare...
Di l a un po scesero di nuovo i partigiani ed andavano in tut-
te le case ad avvertire che gli uomini si nascondessero. Dalle
carte che avevano preso sulla macchina si capiva che i tedeschi
avevano preparato un rastrellameto. I partigiani non erano ab-
bastanza armati per poter resistere, avevano deciso di allonta-
narsi di l e dissero a tutti i contadini di nascondersi fino a pe-
ricolo passato. E cos fu deciso da tutti i contadini, le donne e i
bambini sarebbero rimasti in casa a guardare le bestie47. Cos
Giampiero Carocci ricostruiva con molta fantasia le ore del po-
meriggio dell11 aprile. Questo quello che una persona nor-
male si sarebbe aspettato da quei partigiani che avevano appe-
na perquisito due nemici uccisi trovrando loro addosso la chia-
ve per fuggire dal rastrellamento che ci sarebbe stato di l a due
giorni. Purtroppo le cose di quel pomeriggio non andarono nel
modo in cui le raccontava lo storico.
La versione dellallora commissario politico Ungherelli non
diceva che i suoi erano andati in tutte le case ad avvertire la gen-
te del pericolo della rappresaglia e del rastrellamento, mai ave-
va pensato di difendere i contadini, mai aveva detto agli uomi-
ni di scappare nei boschi. Scriveva invece nel 1975: I partigia-
ni compresero subito che era necessario dare un immediato al-
larme alle popolazioni del luogo e rientrare immediatamente al
campo, per cercare di portare in salvo la formazione e, nei limiti
del possibile, far avvisare le altre del grave pericolo che incom-
beva. Da queste parole di Gianni sembrerebbe che tutti gli
errori fatti (il fallito inseguimento del fuggitivo, il mancato oc-
cultamento della macchina e dei cadaveri) fossero dipesi dalle
urgentissime necessit di avvertire la popolazione e i vari co-
mandi partigiani. Tutti gli studiosi che si sono occupati della

47 Carocci, La Resistenza italiana, cit., p. 128.


ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 177

strage48 hanno scritto che i partigiani avvertirono la popolazio-


ne di Molino del Bucchio e di Vallucciole e poi andarono sul Fal-
terona per avvisare i loro compagni. Probabilmente tutti lhan-
no scritto perch era la cosa pi naturale, lo dettava il buon sen-
so e quella solidariet che doveva esserci tra chi combatteva dal-
la stessa parte. Invece le persone ascoltate dagli inglesi nel 1944
e quelle sentite tra il luglio e il novembre 1993 dalle intervista-
trici della Provincia di Arezzo, quelle ascoltate da noi nel 1991,
nel 2005 e 2008 sono oltre un centinaio49 e solo a tre, tutti del-
la famiglia Pantiferi, fu consigliato di andar via. Nel 1944 Ani-
ta Pantiferi, raccontava che i partigiani le dissero di non dormire
in casa e di passare la notte a Vallucciole, mentre nellinter-
vista del luglio 1993 diceva semplicemente: Quando successe
questo fatto i partigiani ci dissero Andate via e nel settembre
dello stesso anno ripeteva: I partigiani vennero da noi e disse-
ro scappate! Andate via di qui... scappate perch ora succede-
r qualcosa!50. La sorella Delia ci conferm questo particola-
re in una intervista del 6.12.2008: i partigiani dissero a me e al-
la mia famiglia di andare a Vallucciole, per passarci la notte. E
cos facemmo. La mattina successiva ritornammo a casa nostra.
Tito Pantiferi dopo aver assistito alluccisione di un ferito tede-
sco dichiarava: I partigiani ordinarono a me e a mia moglie di
andar via. Quella sera andai a Mori, dove rimasi per 7 giorni.
evidente che nessun partigiano disse loro che a Vallucciole ci
sarebbe stato un rastrellamento, anche se i garibaldini conosce-
vano il perimetro dellarea da bonificare.
I garibaldini non avvisarono della rappresaglia neppure tut-
te le famiglie di Molino di Bucchio ma solo i Pantiferi. Infatti
quel consiglio dato ad Anita Pantiferi non raggiunse i vicini, per
esempio la famiglia Bucchi e i Ragazzini. La giovane Ines Buc-

48 Oltre a Ungherelli, Ugo Jona, op. cit., p. 31: I Partigiani avvertiti gli abi-
tanti del pericolo e consigliati a mettersi in salvo....
49 Sono 75 le persone interrogate dalla commissione dinchiesta britannica
mentre le interviste di Paola Calamndrei e Francesca Cappelletto sono 12, con una
media di 2-3 intervistati a seduta.
50 Dallintervista di Paola Calamandrei a Anita Pantiferi del settembre 1993,
audioregistrazione inedita in possesso della provincia di Arezzo.
178 PAOLO PAOLETTI

chi dichiarava agli inquirenti inglesi che la sera dell11 vide


molti partigiani a Molino di Bucchio ma poi dorm a casa sua
e si rifugi nel bosco solo la mattina successiva, quando si aspet-
tavano la rappresaglia tedesca. Le testimonianze dei civili por-
tano a concludere che solo parte degli abitanti di Molino di Buc-
chio fu avvertita del pericolo. Eppure sono le stesse parole del
comandante garibaldino Ungherelli a farci comprendere che
questi aveva compreso subito la gravit del pericolo: La stessa
zona di Vallucciole, compreso Molino di Bucchio, era indicata
sulla carta come zona da rastrellare51. E sempre Ungherelli scri-
veva nel 1999: Una donna mi disse: Ma se lasciamo le case quei
maledetti le bruciano, Se ci rimanete dentro bruciano le case
insieme a voi!52. I garibaldini erano pienamente coscienti di
quel che sarebbe potuto accadere alla popolazione di Molino di
Bucchio e Vallucciole eppure non lavvisarono.

4.16. I garibaldini non avvertirono del rastrellamento la


popolazione della vallata di Vallucciole

Si sempre dato per scontato che i garibaldini avessero avvisa-


to la popolazione del doppio pericolo, della scontata rappresa-
glia e dellimminente rastrellamento. Purtroppo non fu affatto
cos: al contrario i garibaldini custodirono la notizia del rastrel-
lamento come fosse un segreto militare. In effetti lo era ma in
quel caso rivelarlo avrebbe salvato decine di vite umane, quelle
donne, quei vecchi e quei bambini, i pi indifesi che maggior-
mente subirono il massacro.
Le testimonianze dei superstiti e soprattutto i fatti dimo-
strano che la popolazione delle borgate non fu avvisata dai ga-
ribaldini. Non c stato un solo superstite tra Serelli e Monte di
Gianni che abbia detto Sono stato avvertito dai partigiani di
scappare nei boschi perch ci sarebbe stata una rappresaglia e
il rastrellamento. il silenzio dei superstiti ad accusare i gari-

51 Sacconi, op. cit., p. 211.


52 Ungherelli, op. cit., p. 165.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 179

baldini: n Mario Cappelletti di Serelli, n Alfredo Gambineri


di Vallucciole affermano di essere stati avvertiti dai partigiani.
Rutilio Trenti apprende delluccisione dei tedeschi da una ra-
gazzina che torna dal mercato di Stia, poi il 12 vede il fumo del-
le case che bruciano a Molino di Bucchio e vede arrivare i te-
deschi che non hanno intenzioni cattive... Sono per vedere il
traffico che cera, se cerano armi. Spaccano dove trovano chiu-
so53. Nel suo racconto il Trenti arriva alla mattina del 13 sen-
za segnalare avvisi n di garibaldini n di badogliani54. Alfre-
do Gambineri intervistato da Paola Calamandrei nel 1993 e
dichiara: Marted [l11 aprile, N.d.A.], mi ricordo che torn il
mi nonno e ci fece... channo fermato.. stato ucciso un tede-
sco55. Chi ha fermato il nonno Gambineri? Non certo i tede-
schi, perch nessuno quel giorno vide divise tedesche tra Stia e
Molino di Bucchio. Se si unisce il soggetto sottinteso della fra-
se channo fermato con la notizia successiva ( stato ucciso
un tedesco), diventa chiaro che sono stati i garibaldini ad av-
vertire il vecchio: se il Gambineri avesse appreso del fatto di san-
gue da un compaesano non avrebbe usato il verbo fermare ma
dire. Dunque l11 aprile i garibaldini riferiscono alla gente
che incontrano solo del fatto di sangue, non lavvertono delle
possibili conseguenze, non dicono loro di fuggire sulla riva de-
stra dellArno! Nel 2003 Lucas Vogelsang presenta Alfredo
Gambineri come Lultimo testimone e questi dichiara: Quan-
do prima dellalba del 13 dalla mia camera da letto vidi le fiam-
me mandai tutti i miei cari in cantina... pensavo che i tedeschi
se la sarebbero rifatta con i partigiani, non con noi56. chiaro

53 Rutilio Trenti, con lo pseudonimo di Filippo Nibbi, La strage. La memoria


della strage di Vallucciole nel racconto di un contadino, cit., p. 5.
54 Vittoriano Frulloni, responsabile dellANPI di Stia, nel corso di una tele-
fonata in data 6.1.2009 ci diceva, invece, che Rutilio Trenti fu proprio uno di quel-
li avvertiti del rastrellamento dai garibaldini. Specialmente ora che Rutilio Trenti
venuto a mancare, sono solo i suoi scritti e le tracrizioni delle due registrazioni,
la nostra del 1991, e quella della provincia di Arezzo del 1993 a far fede sul vero
pensiero di Rutilio Trenti, alias Filippo Nibbi.
55 Dallintervista di Paola Calamandrei ad Alfredo Gambineri del 1993, au-
dioregistrazione inedita in possesso della provincia di Arezzo.
56 Lucas Vogelsang in Casentino: unbekannte Toskana, Zeitenspiegel-Re-
portageschule, Gnter Dahl.
180 PAOLO PAOLETTI

che Gambineri rimasto fino a quel momento alloscuro del ra-


strellamento. Nessuno lha avvisato di scappare!
Se non ci fu uno sfollamento preventivo, non fu colpa dei
contadini che non vollero lasciare le loro case e le loro bestie ma
dellignoranza in cui furono lasciati dai garibaldini.
Rutilio Trenti intervistato nel 1993 diceva: Noi si pensava che
bastasse l [con la rappresaglia fatta a Molino di Bucchio,
N.d.A.]... se si fosse pensato che quella cosa l succedeva anche a
noi, toh!!! si poteva esse scappati veramente!. Sesto Seri era an-
cora pi esplicito nel 1993: Noi ci si salvava tutti a avello sapu-
to!. Basilio Conticini dichiarava sempre nel 1993 alle intervi-
statrici della provincia di Arezzo: Se qualcuno sapeva qualcosa...
fenno male a un cavvisare!57. Nella vallata di Vallucciole le uni-
che persone nascoste nei boschi erano i giovani renitenti alla le-
va. Italo Trenti58 dichiarava nel 1993: Noi si pensava che esse
fori fossi peggio, che cavrebben preso per partigiani, se ci aves-
sero trovato nascosti, invece in casa... Qualcuno che lera fori s
salvato e quelli che leran lihe... A Vallucciole... un s visto nes-
suno! Nessuno cha detto: guardate, scappate, qui siamo in brut-
te acque!.
Sono soprattutto le testimonianze del 1944-1945 ad affer-
mare che in tutti e cinque i gruppi di case sopra Molino di Buc-
chio la popolazione fu colta nel sonno. Pierina Michelacci arri-
vava a dire che a Monte di Gianni gli abitanti non erano stati
avvisati neppure delluccisione dei tedeschi: I partigiani... no-
nostante avessero fatto questo, potevano avvisarci... il tempo di
avvisare la popolazione lavevano avuto! perch se li avevano uc-
cisi la sera prima59... la mattina che sono arrivati verso le 5 su...
la gente in casa non ce lavrebbero trovata!! Qualcuno poteva

57 Si veda lintervista di Paola Calamandrei a Rutilio Trenti e Sesto Seri del


1993, audioregistrazione inedita in possesso della provincia di Arezzo.
58 Italo era fratello di Rutilio Trenti. Si veda lintervista di Paola Calamandrei
a Rutilio Trenti del 1993, audioregistrazione inedita in possesso della provincia di
Arezzo: Avevo un fratello che viveva con me e per lui sort la sera avanti perche
caveva un figlio piccino, dice Io sorto perch ho paura... Lui lavea paura e
sort e fu la su fortuna! Andette a Papiano, aveva i soceri a Papiano.
59 In realt due sere prima: anche lei posticipa luccisione dei tedeschi al 12
pomeriggio.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 181

essere ucciso, ma tutti no! La popolazione non stava mica in ca-


sa, se si sapeva che era stato ucciso dei tedeschi, si sapeva che
purtroppo cerano dei rastrellamenti... nessuno aveva avvisato la
popolazione che questo era successo!! Si son trovati tutti im-
preparati... se avevano avvisato in tempo le famiglie... qualcuna
poteva anche essere decimata, ma non tutte in quel modo60.
Mentre a SantAnna di Stazzema nessun uomo fu tirato gi
dal letto dagli spari, in quanto gli avvisi tedeschi avevano con-
vinto tutti che prima o poi sarebbe arrivato lo sgombero forza-
to e che gli uomini erano i pi esposti al pericolo, nella vallata
del Vallucciole tutti dormirono sonni tranquilli nei loro letti.
Con noi il commissario politico Ungherelli insisteva nel dire:
Ci mettemmo in cammino attraversando pi paesi possibili per
consigliare la gente a lasciare le case61. La prova che Gianni
mentiva contro levidenza sta nei fatti: nessuno nella vallata di
Vallucciole ricorda di essere stato avvisato e nessuno, tra Serelli
e Moiano, aveva lasciato le proprie case. Se i contadini fossero
stati avvisati perch rimasero a dormire nei loro letti?

4.17. Ungherelli mente nel dire di aver avvisato del


rastrellamento la popolazione di Vallucciole, ma alle nostre
obiezioni del 1996 scarica sulle donne di Molino di Bucchio la
colpa del mancato allarme

Ungherelli aveva scritto nel 1975: I partigiani compresero su-


bito che era necessario dare un immediato allarme alle popola-
zioni del luogo e rientrare immediatamente al campo... I parti-
giani, resa inservibile la macchina... passarono dal paese avvi-
sando gli abitanti che era imminente un grosso rastrellamento
tedesco, e, poich sarebbero venute le SS tedesche, era pi che
certo che avrebbero ucciso chiunque avessero trovato sul po-

60 Le precedenti citazioni sono tutte tratte dalle interviste di Paola Calaman-


drei e Francesca Cappelletto a Giovanna e Pierina Michelacci e Dino Bracciali del
novembre 1993, audioregistrazione inedita in possesso della provincia di Arezzo.
61 Ungherelli, op. cit., p. 165.
182 PAOLO PAOLETTI

sto62. evidente che Ungherelli nelle sue due versioni iniziali


riportate dal Curina e da Sacconi si riferisce solo alla popola-
zione di Molino di Bucchio (il paese... il luogo). Forse a se-
guito della nostra domanda che gli avevamo rivolto nel 1996:
Avvisaste la gente di Molino di Bucchio o di Vallucciole? (ve-
di 4.2), Ungherelli si rese conto di aver confessato proprio quel-
lo di cui voleva evitare di essere accusato, di non aver avvisato
le persone di Vallucciole. Cos nella sua autobiografia cambia-
va le due versioni precedenti del 1957 e del 1975 e aggiungeva
la frase che sottolineamo: Resa inservibile lauto... ci rimet-
temmo in cammino attraversando pi paesi possibili per consi-
gliare la gente a lasciare le case. Una donna mi disse: Ma se la-
sciamo le case quei maledetti ce le bruciano, Se rimanete den-
tro le case le bruciano insieme a voi!63. Facciamo notare che
cos dicendo Ungherelli metteva in guardia la donna di Molino
di Bucchio solo dalla rappresaglia, non dal rastrellamento! Una
parola che daltra parte non usa. I garibaldini non dissero mai
a nessuno che dovevano allontanarsi dalle loro case per pi gior-
ni perch se la popolazione fosse scampata alla rappresaglia,
due giorni dopo ci sarebbe stato il rastrellamento. Se nella sua
autobiografia Ungherelli non usa mai le parole avvisare, po-
polazione, rastrellamento, Serelli, Vallucciole e Monte
di Gianni, come hanno fatto gli storici a dire che i partigiani
ordinarono di scappare alla gente poi massacrata? Da Unghe-
relli la parola rastrellamento sempre accostata ai compagni,
mai alla popolazione!
Di certo i garibaldini non persero tempo ad avvisare i con-
tadini di scappare sulla riva destra dellArno. I fatti dicono che
la prima preoccupazione dei garibaldini fu di avvisare il maggior
numero possibile delle loro squadre. Il secondo pensiero fu quel-
lo di far pervenire quella mappa il pi presto possibile al co-
mando regionale garibaldino a Firenze, per salvare i compagni
che da monte Giovi, comunque da ovest, a marce forzate, cor-
revano incontro al rastrellamento.

62 Sacconi, op. cit., pp. 211 e 212.


63 Ungherelli, op. cit., p. 165.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 183

Quando nel 1996 noi facemmo notare allUngherelli che


nessun superstite aveva detto alla commissione britannica di es-
sere stato avvisato del rastrellamento, chiedemmo a Ungherelli
in quali localit era stata messa in allarme la popolazione, lui ci
rispose a Molino di Bucchio e Vallucciole (vedi 4.2): Si disse a
queste donne, specialmente alle donne di Molino di Bucchio e
Vallucciole, avvisate nelle borgate vicine, che c un rastrella-
mento immenso, piglian tutti, vi ammazzan tutti. Ammesso e
non concesso che le parole di Ungherelli corrispondano al ve-
ro, la prima obiezione : perch i garibaldini ordinarono alle
donne di fare quello che spettava a loro? Perch dovevano es-
sere le donne a rimediare ad un errore, o comunque ad un fat-
to commesso dai garibaldini? Perch non avvisarono del peri-
colo gli uomini di Molino di Bucchio, di Serelli, di Vallucciole
o di Monte di Gianni, che erano i pi esposti alle rappresaglie?
Questa precisazione lo si disse specialmente alle donne di Mo-
lino di Bucchio e Vallucciole era un modo maldestro per sca-
ricare la propria responsabilit sulle donne. Un rimedio peg-
giore del male, perch nessuna donna di Molino di Bucchio o
di Vallucciole dice di essere stata avvertita del rastrellamento! E
se anche le donne fossero state avvertite perch non lavrebbe-
ro detto ai lori mariti?
Dalle parole di Ungherelli si intuisce che il commissario po-
litico sente un solo dovere, quello di salvare i ragazzi, di av-
visare i compagni della Stella Rossa. Gli altri partigiani non
vengono citati una sola volta nella sua memoria, come se non esi-
stessero. In questa emergenza risaltava la mancanza di solidariet
dei garibaldini verso chi non era un compagno.
Questo tardivo scaricamento di responsabilit su chi non
poteva replicare non assolve i garibaldini: solo loro sapevano
dove i tedeschi avrebbero colpito il 13 aprile e di questo non av-
vertirono n le donne n gli uomini di Vallucciole n i partigia-
ni badogliani. Se Ungherelli ammetteva di aver avvertito le
donne di Molino di Bucchio, confessava di non aver trovato un
minuto di tempo per avvertire del rastrellamento i contadini di
Serelli, Vallucciole e Monte di Gianni!
184 PAOLO PAOLETTI

4.18. Lunico pensiero dei garibaldini fu quello di avvisare del


rastrellamento i propri comandi

Ungherelli non dice mai se sulle mappe sequestrate ai tedeschi


cera anche scritto la data dinizio del rastrellamento. Non lo po-
teva dire, altrimenti si sarebbe capito che il suo mancato avviso
alla popolazione non aveva alcun motivo serio, eticamente vali-
do. Sarebbe apparso chiaro che lui e Gambero non furono po-
sti neppure davanti allalternativa: o salviamo i compagni o sal-
viamo la popolazione. Se avesse detto la verit sulla data avreb-
be confessato che scelse di non avvisare la popolazione. Sar un
caso ma le date sui diari storici garibaldini risultano corrette
(vedi 9.3).
Noi possiamo provare che questa data sulle mappe tedesche
cera.
1) Lo dice la logica. Se i garibaldini avessero scoperto alle
16,00-17,00 del 12 aprile che il rastrellamento sarebbe iniziato
alle 3,00 del 13 aprile non avrebbe avuto alcun senso mandare
una staffetta a Firenze. Anche se questa fosse arrivata di notte
a cavallo del 13 (impossibile visto che non cerano servizi pub-
blici. Pevere, la staffetta del distaccamento, avrebbe avuto bi-
sogno di ore per coprire la distanza tra il monte Falterona e la
sua bicicletta nascosta da qualche parte), non ci sarebbe stato il
tempo per far arrivare il contrordine alle formazioni in movi-
mento verso il Falterona.
2) Lo dicono i fatti: Pevere parte per Firenze. Ungherelli
raccontava: Alle 10 del mattino del 13 [in realt del 12 aprile,
N.d.A.] eravamo tornati al campo, cos facemmo dare lallar-
me... Mentre noi discutevamo sul da farsi Gigi ricopi tutti i
dati... sulla nostra carta topografica e loriginale la inviammo
per mezzo della nostra staffetta Pevere al Comando della Dele-
gazione Regionale a Firenze64. Se Pevere parte dal Falterona per
Firenze perch ha un margine di tempo di circa 17-18 ore
(dalle 10 del 12 aprile alle 3-4 del 13).
3) Che il giorno darrivo della mappa al campo base gari-

64 Ivi, p. 167.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 185

baldino sul Falterona fosse il 12 aprile lo diceva il comandante


del distaccamento Ugo Corsi: Esaminando le carte vediamo
che... il rastrellamento sarebbe iniziato il mattino seguente65.
Siccome Ungherelli e Corsi concordano nel dire che il loro in-
contro avvenne a Foresta verso le 10, la mattina seguente era il
13 aprile, giorno del rastrellamento. Corsi seppe delloperazio-
ne a quellora ma i suoi avevano appreso del rastrellamento il
pomeriggio del giorno prima e sapevano che se non avessero av-
vertito subito la popolazione poi sarebbe stato pi complicato
provvedere a quel compito il giorno dopo.
Ecco che Ungherelli e Gandi a partire dal momento in cui
aprono la mappa a Molino di Bucchio, da circa le 16,00-17,00
dell11 aprile sanno che dovranno fare una corsa contro il tem-
po. Avendo scoperto che allalba del 13 aprile sarebbe iniziato
lattacco tedesco, sanno di avere 36-37 ore di tempo per salva-
re i compagni. Ecco perch da quel momento ogni minuto di-
venta prezioso, ecco perch passano senza fermarsi davanti a
quelle case di Vallucciole che sanno destinate a bruciare insie-
me ai loro abitanti. Camminano senza sosta tutta la notte per-
ch non c tempo di riposare. Il loro unico pensiero salvare i
propri compagni!
Ma proprio perch sapevano che mancavano una trentina
dore allinizio del rastrellamento se volevano potevano lasciare
indietro due compagni con lunico compito di avvisare la po-
polazione da Molino di Bucchio a Moiano, da Serelli a Valluc-
ciole. Se anche i due fossero arrivati al campo base di Foresta
con due ore di ritardo rispetto al grosso della squadra non avreb-
bero certo perso il contatto con i compagni. Prima di far muo-
vere lintero distaccamento il comandante mandava in avansco-
perta gli esploratori e aspettava il loro ritorno.

65 ISRT, Nastroteca. Busta 1, testimonianza rilasciata da Ugo Corsi allIstitu-


to Gramsci di Firenze in data imprecisata e dattilografata, p. 29.
186 PAOLO PAOLETTI

4.19. Se l11 aprile i garibaldini volevano avvisare per primi i loro


compagni, perch il 12 non scesero gi ad avvertire la popolazione
di Vallucciole del rastrellamento del giorno dopo?

Se la popolazione non fu avvisata dai garibaldini neppure il 12


aprile, questo non si pu attribuire allo shock della sparatoria,
al fallito inseguimento del tedesco, all inesperienza dei parti-
giani, alloscurit o simili problemi contingenti. Infatti arrivati
verso le 1066 del 12 aprile a Foresta e avvisati i compagni
(Quando arrivammo al campo erano le 10 del mattino: anche
le squadre comandate da Ugo insieme a Bastiano, Lella, Lupo,
Ricciolo, Topo e Cacino per la Faliero Pucci e da Ferri per la
[squadra del distaccamento] Storai avevano fatto ritorno dal-
le loro missioni), perch Gandi e Ungherelli non dissero a Cor-
si che non avevano avvisato direttamente la popolazione di Se-
relli e Vallucciole e che avevano delegato il compito alle donne?
Se alle 10 del 12 aprile tutti i garibaldini sapevano che il ra-
strellamento sarebbe iniziato allalba del 13, perch Corsi non
mand ad avvisare i contadini? Perch Gandi e Ungherelli lo
avevano rassicurato che tutte le borgate erano state avvisate del
rastrellamento? In quel momento tutti i comandanti garibaldi-
ni sapevano che cerano ancora circa 19-20 ore allinizio del ra-
strellamento, quindi non manc il tempo di avvisare la popola-
zione. Perch allora Corsi non mand gi due uomini a rime-
diare a quello che non era stato fatto il giorno prima? Verosi-
milmente perch i suoi due comandanti di squadra lo avevano
rassicurato che la popolazione era stata avvertita.
Se quella mattina da Foresta non si fosse potuto vedere il fu-
mo delle case incendiate a Molino di Bucchio, non sarebbe sta-
to difficile immaginare che a quellora i tedeschi stavano facen-
do una rappresaglia nella borgata dove i suoi avevano ucciso i
due tedeschi. Oppure fu proprio quel fumo a sconsigliare i ga-
ribaldini a scendere a valle? Oppure Corsi era tranquillo di aver

66 Ungherelli indica lora ma non il giorno, ma nelle pagine precedenti, p. 162,


aveva detto che la macinatura del grano era avvenuta il 12, quindi si riferisce al 13.
Vedi paragrafo 9.2.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 187

fatto tutto il possibile per la popolazione?


Dalla testimonianza di Corsi non si riesce a capire quando
inizia la manovra di ripiegamento. Dice solo: Decidiamo di
far tesoro di queste carte...Cominciamo a pensare sul da farsi.
Ungherelli pi preciso: La riunione del Comando continu
a discutere per trovare il modo di uscire da quella trappola mor-
tale... Alla fine prevalse il parere di far perdere le tracce, di cam-
minare notte e giorno, di tentare di attraversare la Sieve, di fa-
re un lungo giro a ferro di cavallo, in modo da portarsi alle spal-
le delle colonne dei rastrellatori provenienti da Londa... Ugo mi
dette la mano con tacita intesa e fu proprio in quel momento che
lattacco nazifascista in tutta la zona da rastrellare ebbe inizio67.
In questultima frase si reitera la menzogna di Ungherelli: fa ini-
ziare lattacco tedesco unora dopo il suo arrivo a Foresta, men-
tre Corsi diceva che cominciarono a pensare sul da farsi.
Se la popolazione fu avvisata, perch Corsi trentanni dopo
sentiva un senso di colpa (vedi 4.27) per la strage di Valluc-
ciole? Per quello che non aveva fatto, per quello che non ave-
vano fatto i suoi due comandanti o semplicemente per essersi
trovato l impotente?

4.20. I garibaldini non avvisarono neppure i partigiani


badogliani del pericolo incombente

I gruppi partigiani dellarea del Falterona erano divisi tra gari-


baldini e badogliani. Su questi ultimi le notizie sono scarsissime.
Si sa che furono i primi ad arrivare in zona. Nellottobre 1943 il
Comitato provinciale di Concentrazione Antifascista di Arezzo
(CPCA) aveva mandato armi e munizioni sul versante meridio-
nale del Falterona, e precisamente nella zona di Vallucciole, per
ostacolare il traffico sulla rotabile del passo del Muraglione.
La banda badogliana si pu solo segnalare per quanto rac-
contava lex garibaldino Dante Poggi allintervistatrice della Pro-
vincia Francesca Cappelletto nel luglio 1993: A Santa Maria i

67 Ungherelli, op. cit., pp. 167-168.


188 PAOLO PAOLETTI

partigiani presero due tedeschi... proprio vicino al camposanto,


presero due tedeschi i partigiani... per li rilasciarono... per ti-
more della rappresaglia. Silvana Visotti Ristori raccontava a
Paola Calamandrei di partigiani che probabilmente erano ba-
dogliani: Questi ragazzi che erano sui Guittone a salvassi la
vita, cera la Bianca... la partigiana la chiamavano... lei la veniva
sempre alla Cappannina, la stava a contatto con la mi sorella pi
grande, faceva la staffetta e questi ragazzi venivano in casa no-
stra per sentire le informazioni, s! Loro venivano l sempre a una
certora, quando potevano, a corsa...68. Solo i badogliani rila-
sciavano i tedeschi per timore di rappresaglie.
Quell11 aprile i garibaldini furono responsabili di unaltra
incredibile svista: non avvisarono neppure i partigiani auto-
nomi di aver ucciso due tedeschi a Molino di Bucchio e di es-
sersi lasciati scappare un terzo. Laccusa viene involontariamente
da Rutilio Trenti, il quale ci raccontava nel 1991: il giorno pri-
ma della strage un comandante partigiano, un maggiore, venne
gi a Serelli, e ci disse di stare tranquilli. Ora siccome i co-
mandanti garibaldini non avevano i gradi da maggiore, ma lex
soldato Rutilio Trenti li riconosceva, evidente che il contadi-
no alludeva a un comandante della formazione badogliana,
dove vi erano ufficiali che portavano la divisa grigioverde con i
gradi. Dunque se la mattina del 12 aprile un maggiore si pre-
senta a Serelli per rassicurare la popolazione69 significa che i
partigiani badogliani non erano stati avvertiti dai garibaldini.
Se un maggiore, uno che comandava quei pochi partigiani che
si nascondevano nei boschi sopra al nostro paese, scese per dir-
ci di stare tranquilli, significa che i garibaldini non solo non ave-
vano avvertito i militari di aver fatto fuori due tedeschi in ri-
cognizione ma neppure che erano entrati in possesso di docu-
menti comprovanti che erano tutti sotto la minaccia di un enor-
me rastrellamento che avrebbe interessato le propaggini e il ver-
sante tosco-romagnolo del monte Falterona. Se un maggiore si

68 Francesca Capellotto e Paola Calamandrei nel luglio 1993 intervistarono


una serie di anziani di Stia per conto della provincia di Arezzo.
69 Intervista dellautore a Rutilio Trenti del settembre 1991.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 189

scomod per tranquillizzare la gente di Serelli significa che an-


che lui era alloscuro di quanto era successo. Eppure Ungherel-
li aveva perfettamente compreso il pericolo che correva tutta
larea a ovest di Stia, da Santa Maria in su, ma non avvert n
quelle famiglie e neppure i partigiani del raggruppamento Val-
lucciole, per cui il comandante badogliano , tenuto alloscu-
ro del pericolo incombente, involontariamente illuse quella po-
vera gente innocente con la falsa promessa che in caso di ne-
cessit i partigiani sarebbero accorsi in aiuto alla popolazione.
Evidentemente non immaginava che lindomani sarebbe parti-
ta da Molino di Bucchio una colonna di un centinaio di soldati
per entrare nel Bandengebiet. Evidentemente il maggiore ba-
dogliano pensava alla guarnigione di Stia, non sapeva neppu-
re che fossero arrivati reparti del battaglione esplorante della
H.G. da Bologna.
Non si pu che concludere che i garibaldini si disinteressa-
rono della sorte dei compagni di lotta lasciandoli nellignoran-
za di quanto avevano fatto. Ci sembra verosimile che Gianni
sia stato cos colpito da quanto aveva scoperto che ebbe un uni-
co pensiero: correre ad avvisare i compagni ed il partito a Fi-
renze. Evidentemente tra le forze garibaldine mancavano non so-
lo le armi ma anche i collegamenti tra i vari distaccamenti e in
ultimo anche la solidariet tra i partigiani di diverso orienta-
mento politico.
Lesperienza del rastrellamento del 13 aprile 1944 dimostra
che purtroppo l nellAlto Casentino non era ancora arrivato lo
spirito collaborativo tra tutte le forze della resistenza, annunciato
dal segretario del Pci Togliatti la settimana prima.
Il grottesco di questa vicenda amara che per gli storici i ga-
ribaldini subirono gravi perdite, i distaccamento garibaldini af-
fermano di non aver perso neppure un uomo e verosimilmente
parte dei caduti partigiani furono i badogliani (si veda 4.26).
190 PAOLO PAOLETTI

4.21. Perch i garibaldini, pur coscienti del pericolo per la


popolazione e i badogliani, non li avvisarono?

Sirio Ungherelli non ha mai detto che sulle mappe tedesche ce-
ra scritto anche la data dinizio del rastrellamento. Ma era il suo
comandante Ugo Corsi che, come abbiamo visto nel paragrafo
4.18, tradiva il suo silenzio: i garibaldini sapevano che il ra-
strellamento sarebbe iniziato il 13 aprile.
Perch allora i garibaldini gestirono la notizia come un segreto
militare? In effetti lo era ed era anche della massima importan-
za, ma quel segreto doveva in primi luogo servire a salvare tutti
quelli che ne sarebbero stati coinvolti, non solo i garibaldini ma
la popolazione e gli altri partigiani. La realt dei fatti dimostra che
quel segreto militare mai divulgato salv tutti i distaccamenti ga-
ribaldini e condann la popolazione e gli altri partigiani.
A questo punto merita chiedersi perch i garibaldini della
squadra di Gambero e Gianni non fecero quello che a men-
te fredda dissero al proprio comandante di aver fatto? Perch,
non rivelarono a nessuno come salvarsi?
Sono le testimonianze dei superstiti di Serelli, Vallucciole,
Moiano di Sopra e di Sotto e Monte di Gianni ad accusare i ga-
ribaldini di essere fuggiti senza avere avvisato la popolazione
che incontravano via via che si ritiravano verso il loro campo ba-
se. Bisogna ricordare che i garibaldini fecero sicuramente la mu-
lattiera che passava per Serelli, Vallucciole, Monte di Gianni: da
Molino di Bucchio non cerano altri sentieri per salire sul Fal-
terona. Sarebbe bastato bussare ad una porta di Serelli e dire
Abbiamo ucciso due tedeschi a Molino di Bucchio, ci sar una
rappresaglia e gioved un rastrellamento, sappiamo che i tede-
schi passeranno di qui, se a Molino di Bucchio attraversate lAr-
no siete al sicuro. Avvertite pi gente che potete. Noi ci ferme-
remo solo a Vallucciole e Monte di Gianni. Quei 10-15 minu-
ti che i garibaldini avrebbero perso fermandosi a Serelli-Valluc-
ciole-Monte di Gianni e facendo una deviazione per Moiano,
avrebbero salvato decine di vite innocenti. Perch i garibaldini
tirarono di lungo davanti a quelle case che sapevano sarebbero
state investite dal rastrellamento tedesco?
Questa corsa dimostra che i partigiani erano pienamente co-
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 191

scienti di quello che poteva accadere loro. Da come Ungherelli


descrive la mappa (Sette direttrici di marcia colpivano i punti
pi nevralgici dello schieramento partigiano: da ognuna di que-
ste, altre pi piccole si irradiavano nelle zone ove i partigiani pre-
sumibilmente si sarebbero ritirati. Dagli appunti stesi dietro la car-
ta si comprendeva bene che in quel rastrellamento sarebbero sta-
ti impiegati 9.500 uomini, decine e decine di mezzi blindati e cin-
golati, tre cicogne) si capisce che i garibaldini avevano perfetta-
mente compreso dove sarebbero passate le colonne tedesche ma
non dissero alla gente di fuggire in senso opposto a quello din-
gresso. Davanti alle testimonianze sopra riportate bisogna esclu-
dere che il mancato sfollamento non sia avvenuto perch i con-
tadini non ascoltarono i consigli dei garibaldini. Che ai garibal-
dini poco importasse dei badogliani risaputo: li sentivano pi
come concorrenti che come compagni di lotta. Se stavano in zo-
na, anche loro dovevano mangiare e quindi sottraevano cibo al-
la loro mensa. Anche se nellaprile 1944 non si era arrivati ai so-
spetti e alle tensioni di Porzus c sempre stata rivalit tra le for-
mazioni partigiane di diversa ispirazione politica. Gli autonomi
era classificati dai garibaldini come badogliani, in senso dis-
pregiativo, come monarchici e conservatori, nemici della rivolu-
zione comunista. Quindi facilmente spiegabile perch i gari-
baldini non avvisarono i concorrenti dellimminente rastrella-
mento. Ma i garibaldini sapevano che non potevano vivere sen-
za il supporto della popolazione quindi verso di essa avrebbero
dovuto avere un incommensurabile debito di riconoscenza.
Perch allora i garibaldini non avvisarono la popolazione
della vallata del pericolo che loro, e solo loro, correvano? Il pri-
mo aprile 1944 in occasione della svolta di Salerno, Togliatti
aveva indicato lobiettivo della democrazia senza aggettivi e
il concorso di tutti alla lotta. In Casentino i garibaldini dimo-
strarono di non averlo ascoltato: si comportarono come se te-
nessero solo ai propri interessi di partito.
Facciamo alcune ipotesi su questo insolito comportamento
dei garibaldini:
1) Persero troppo tempo a Molino di Bucchio. In verit i ga-
ribaldini furono trattenuti a Molino di Bucchio per fatti con-
tingenti, ovvero per scaricare dal primo mulo la farina, caricare
192 PAOLO PAOLETTI

le due bestie con le cassette di bombe a mano e munizioni e met-


tere fuori uso lauto. Quanto tempo queste operazioni di scari-
co e carico dei muli portarono via? Calcoliamo mezzora per lo
scarico-carico dei muli.
2) Perch persero troppo tempo ad inseguire il fuggiasco. Le
due uniche persone che parlano di non aver visto partigiani in-
torno allauto dopo la sparatoria sono Anita e Delia Pantiferi.
Delia dice che dopo aver udito la sparatoria torn a casa sua e
non incontr nemmeno un partigiano. Anita fu ancora pi pre-
cisa: Venti minuti dopo i partigiani tornarono e vidi che uno
di loro sparava alluomo che era per terra. Dunque, come era
logico, i tre-quattro che spararono e gli altri si gettarono allin-
seguimento del fuggitivo ma la ricerca dur una ventina di mi-
nuti. Se lo scontro a fuoco avvenne verso le 15,00 (Ines Bucchi
dichiarava: Verso le 15,00 vidi una macchina) e linseguimento
del terzo tedesco potrebbe aver portato via mezzora, alle 15,30
i partigiani potrebbero aver cominciato a scaricare e caricare i
muli. Cosa fecero i garibaldini dalle 16,30 in poi?
3) Perch il tempo rimasto era troppo poco. Ines Bucchi te-
stimoniava nel 1944: Quella sera (That evening) vidi molti par-
tigiani a Molino di Bucchio. Se i partigiani partirono la sera,
come vennero impiegate le ore tra le 16,30 e le 18,30, quando a
met aprile comincia a far buio? Perch una cosa certa: Dilva
Pantiferi quando torn da Stia, allimbrunire non trov nessu-
no a casa sua e nel villaggio. L nel fondo valle verso le 18,30 co-
mincia limbrunire e i partigiani se nerano gi andati. Sono que-
ste due ore di vuoto a mettere sotto accusa i garibaldini.
Queste tre ipotesi (il tempo perso per inseguire il fuggia-
sco e caricare i muli, il poco tempo rimasto) cadono immedia-
tamente. Ai garibaldini non manc il tempo e i mezzi per av-
visare del pericolo la popolazione e salvarla. Per esempio in
quelle due ore avrebbero potuto scrivere su quattro fogli di car-
ta: Abbiamo ucciso due tedeschi, ci sar una rappresaglia e
un rastrellamento gioved. Andate gi a Molino di Bucchio e
nascondetevi nei boschi sulla riva destra dellArno. L sarete sal-
vi. Si trattava poi di attaccarli o di lasciarli ad una porta di Se-
relli, Vallucciole, Monte di Gianni e Moiano. Ma a nessuno
venne in mente questa semplice idea, anche se questo sistema
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 193

di comunicazione era stato usato in passato dai garibaldini.


Ma ammettiamo che i partigiani non avessero fogli e lapis.
Se consideriamo che tre di quelle frazioni, Serelli, Vallucciole e
Monte di Gianni erano sulla strada per tornare sul monte Fal-
terona, che dovevano essere attraversate comunque per tornare
al campo base, sarebbe bastato bussare ad una porta di ognuna
delle tre frazioni e dire la verit. Bastava ripetere per tre volte
la frase: Se tenete alla pelle, attraversate lArno e nascondete-
vi fino a venerd e avrebbero reso la popolazione libera del
proprio destino. Se non si voleva essere assaliti dalle domande
della popolazione si poteva dire alle persone che si erano affol-
late intorno alla macchina a Molino di Bucchio (Reginaldo Buc-
chi: Cera un sacco di gente che stavano intorno alla macchina
e non fui in grado di vedere i cadaveri) e dir loro di andare dai
parenti e amici di Serelli, Vallucciole, Monte di Gianni e Moia-
no di Sopra e di Sotto e di avvertirli che ci sarebbe stato un ra-
strellamento gioved. Quanti minuti avrebbero perso i gari-
baldini se fossero stati loro ad avvertire tutte le frazioni di Se-
relli, Vallucciole, Monte di Gianni e Moiano? Cinque, dieci,
venti minuti, mezzora? Non sarebbe stato sufficiente che la
mappa arrivasse il prima possibile al campo base? Perch i due
comandanti non dettero ordine a uno o due garibaldini, i pi
forti e resistenti, di rimanere indietro per avvisare la popolazio-
ne di tutte le frazioni? O al contrario di far partire immediata-
mente un paio di buoni camminatori carichi solo delle mappa
per Foresta mentre loro si assicuravano di far sgomberare tutta
la popolazione al di fuori del perimetro del rastrellamento? Que-
sto sarebbe stato un comportamento virtuoso, perch i garibal-
dini della montagna non erano gappisti di citt che uccidevano,
scappavano e non si preoccupavano dellentit della rappresa-
glia nazifascista. I partigiani alla macchia sapevano che i conta-
dini erano lacqua in cui nuotavano, senza di loro sarebbero sta-
ti costretti ad andare altrove. Perch allora i garibaldini pur sa-
pendo di avere un ampio margine di tempo per lasciare larea
del rastrellamento (circa 37 ore), non si preoccuparono di sal-
vare la popolazione? Forse seguirono le direttive di gennaio del
comandante delle Brigate Garibaldi, Luigi Longo, qui riporta-
te a p. 140, nota 8?
194 PAOLO PAOLETTI

4.22. Il consiglio dei garibaldini alla gente di Molino di Bucchio:


rifugiarsi... nellarea da rastrellare

Lincredibile consiglio dei garibaldini che hanno in mano la map-


pa con il perimetro dellarea del prossimo rastrellamento quel-
lo di andare a passare la notte a Vallucciole. Il 9 gennaio 1945
Anita Pantiferi dichiarava agli inglesi: I partigiani dicevano di
aver trovato due mitragliatrici e 40 granate nella macchina. Ci
dissero di andare a passare la notte a Vallucciole. Come a dire
che per loro Vallucciole era un posto sicuro, il pi vicino alle lo-
ro case. Eppur sapevano che bastava attraversare lArno, anda-
re sulla riva destra per salvarsi. Se il 13 aprile la famiglia Panti-
feri fosse potuta rientrare in casa sua non le sarebbe successo
niente, in quanto si trovava sulla riva destra dellArno, oltre il
ponte. Insomma Anita Pantiferi, che ha sempre difeso i parti-
giani, era quella che involontariamente li accusava. Dilva Panti-
feri ci diceva70 che and a dormire alla capanna sopra alla chie-
sa di Vallucciole. Pasquale Pantiferi confermava nella sua de-
posizione quanto aveva detto sua figlia: Verso le 17 di marted
11 aprile mia figlia Anita venne da me ero a lavorare a Moia-
no di Sopra e mi disse che sarebbe stato molto pi sicuro se
fossi rimasto a Moiano, perch due soldati tedeschi erano stati
uccisi vicino a casa mia. Carlo Ferri, al comando di una banda
garibaldina che veniva dalla valle del Bisenzio, scriveva: Alcu-
ne famiglie della zona, che avevano fortunatamente raccolto lin-
vito dei partigiani di scappare sulla montagna [sic] in previsio-
ne di rappresaglie, erano gi scappate e quindi non furono tro-
vate ma coloro che erano rimasti nelle case furono tutti trucida-
ti71. La montagna cui si riferisce Ferri chiaramente il Fal-
terona: anche lui conferma che chi fu avvisato fu consigliato di
rifugiarsi nei boschi che dovevano essere attraversati durante il
rastrellamento. Questo consiglio partigiano sarebbe stato op-
portuno in previsione della rappresaglia tedesca contro la bor-
gata dove erano avvenute le uccisioni dei soldati tedeschi ma si

70 Telefonata del 5.1.2009.


71 Carlo Ferri, La valle rossa, Viridiana, Vaiano, 1975, p. 120.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 195

sarebbe rivelato pericoloso per il giorno dopo ancora, visto che


i garibaldini sapevano che il 13 sarebbe scattato il rastrellamen-
to. Ma i garibaldini sapevano anche che il rastrellamento del 13
aprile sarebbe partito da Molino di Bucchio, quindi se avessero
voluto salvare la popolazione avrebbero dovuto anche dire di ri-
manere a Moiano il 12 e di tornare a Molino di Bucchio prima
dellalba del 13 aprile. Pi semplicemente avrebbero potuto di-
re di abbandonare la borgata per due giorni: perch mercoled
12 ci sarebbe stata la rappresaglia e perch gioved 13 da Moli-
no di Bucchio sarebbe partito il rastrellamento verso il Faltero-
na.
Nel settembre 1993 Anita Pantiferi dichiarava: I partigiani
andarono a frugare nella macchina e trovarono tutto cosa dove-
vano colpire... trovarono tutta la cartina... Andarono a vedere le
carte e... allora vennero da noi e dissero scappate! Andate via di
qui... scappate perch ora succeder qualcosa!. Anita Pantife-
ri e Ungherelli ammettono che i partigiani avevano le mappe per
salvare tutti ma dissero solo Andate via di qui. Non dissero la
cosa pi importante: Andate sulla riva destra dellArno. Se il ra-
strellamento non fosse stato programmato per il 13, i tedeschi
avrebbero sorpreso nel sonno anche i rifugiati di Molino di Buc-
chio.
Fino al 1975 Ungherelli aveva scritto che i partigiani ave-
vano capito di dover dare un immediato allarme alla popola-
zione, poi nel 1996 alla nostra meraviglia per il mancato avvi-
so alla popolazione del rastrellamento, precisava: Avvisammo
la gente, scappino dalle case, perch c il rastrellamento... Si dis-
se a queste donne, specialmente alle donne di Molino di Buc-
chio e Vallucciole, avvisate nelle borgate vicine, che c un ra-
strellamento immenso. E lo stesso comandante garibaldino ad
ammettere implicitamente che il loro consiglio di scappare non
era diretto a farli andare fuori dallarea del rastrellamento. E in-
fatti Dina Bucchi aveva dichiarato nel dicembre 1944: La sera
dell11 aprile mio fratello, Bucchi Santino ed io scappammo a
casa di mio zio, Giuseppe Trenti, che sta a Moiano di Sopra.
Dalle varie deposizioni apprendiamo che i partigiani responsa-
bili dellagguato ordinarono (Tito Pantiferi dichiarava: I parti-
giani ordinarono a mia moglie e a me di andar via da Molino di
196 PAOLO PAOLETTI

Bucchio. Quella sera andammo a Mori) di andare dalla parte


sbagliata. Evidentemente non fu detto loro che Vallucciole, Mo-
ri, Moiano di Sopra rientrava nellarea che sarebbe stata ra-
strellata. La verit incredibile: i partigiani avvertirono s una
parte della popolazione di Molino di Bucchio di scappare ma
dissero di farlo dalla parte sbagliata! Lerrore fu volontario o in-
volontario? Difficile dirlo. Una cosa certa: fu lennesimo er-
rore compiuto dai garibaldini. Uno di loro scriveva: Fu chiaro
per tutti che bisognava precedere i tedeschi per riuscire poi a
passare in una zona gi rastrellata... In pratica bisognava osser-
vare i movimenti dei tedeschi senza mai farsi vedere, non per-
dere mai il controllo di se stessi, far ragionare sempre il cervel-
lo, far appello allintelligenza...72. Ecco, l11 aprile non occor-
reva essere intelligenti per consigliare di scappare a sud e non a
nord!
Chi su consiglio garibaldino, chi di propria iniziativa, fat-
to che tutti gli abitanti di Molino di Bucchio vanno a dormi-
re nella zona che solo i partigiani sanno sar investita dal ra-
strellamento. Eppure i garibaldini avevano in mano una map-
pa che delimitava esattamente il perimetro del rastrellamento
e sapevano che una colonna sarebbe partita da Molino di Buc-
chio per salire verso il Falterona. Che i garibaldini avessero
compreso appieno il valore di quella mappa dimostrato dal
fatto che appena poterono mandarono una staffetta a Firenze
al loro comando. Con queste prove in mano i garibaldini avreb-
bero dovuto dire a tutti, da Molino di Bucchio a Serelli, da
Monte di Gianni a Giuncheto, da Vallucciole a Moiano: Ab-
biamo ammazzato due spie tedesche, sappiamo da una mappa
che portavano addosso che ci sar un grosso rastrellamento.
Noi scappiamo perch puntano ad intrappolarci ma anche voi

72 Ivi, p. 121. Ecco le accorte precauzioni usate durante il rastrellamento:


Entrare prima dellinizio del borro ed uscire prima della fine del borro e prima
di certi punti obbligati, perch proprio in quei posti poteva esserci il nemico ad
aspettarli... Non si muoveva nessuna frasca perch quella trovata stroncata l o
portata gi in basso dallacqua poteva divenire fonte dindividuazione. Possibile
che questi partigiani non sapessero distinguere il nord dal sud, dove ci si salvava
e dove si correva il rischio di essere uccisi?
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 197

dovete fuggire. Sprangate le case e andate tutti verso sud. Ba-


ster che andiate sulla riva destra dellArno per mettervi in sal-
vo. La meticolosa descrizione della mappa fatta da Gianni
dimostra che lui e gli altri garibaldini si resero immediatamen-
te conto che stava per scattare un rastrellamento in grande sti-
le, con sette direttrici di marcia per chiudere il cerchio e mi-
gliaia di uomini impiegati. Dopo questa scoperta i partigiani fu-
rono presi dallansia di avvisare i compagni e il comando fio-
rentino mentre le famiglie di Molino di Buccchio andarono a
rifugiarsi nellarea che i garibaldini sapevano sarebbe stata ra-
strellata. Dichiarava Ragazzini Angelo alla commissione bri-
tannica: Il 12 aprile in seguito allincendio delle case mio pa-
dre e mia figlia andarono a dormire a Moiano di Sopra per
permettere a Maria Nella Pantiferi e a sua figlia Delia, la cui
casa era stata incendiata, di dormire a casa mia. Anche Pasquale
Pantiferi dorm a casa mia. Delle due una: o tutti i civili dis-
ubbidirono in massa allordine per usare lespressione di Ti-
to Pantiferi o consiglio dei garibaldini oppure questi non li
avvisarono che dovevano andare a sud e non nellarea che
avrebbe subito il rastrellamento.
La riprova del mancato consiglio di abbandonare le case e
fuggire verso sud sta in quello cui abbiamo accennato sopra: un
ufficiale, il comandante della banda badogliana che stava nel-
la zona, non fu avvisato dai garibaldini, tant vero che questi,
il 12 aprile, and a Serelli per dire che non cera pericolo. Una
frase del genere poteva essere pronunciata solo da uno che era
rimasto alloscuro del fatto di sangue del giorno prima e so-
prattutto ignorava che i tedeschi stavano facendo un sopralluo-
go in vista di un rastrellamento contro il Falterona.
I fatti dicono che tutta la gente di Molino di Bucchio sfol-
l nellarea che sarebbe stata rastrellata e che gli abitanti di
Vallucciole e dintorni rimasero in casa ad aspettare la morte.
198 PAOLO PAOLETTI

4.23. Neppure con un gesto dumanit si sarebbe potuto evitare la


strage indiscriminata

Unipotesi controfattuale : si sarebbe potuto evitare la strage


indiscriminata dopo luccisione dei due comandanti tedeschi
con un semplice gesto dumanit? Dopo che i partigiani si era-
no lasciati scappare il terzo tedesco, luccisione di quel mori-
bondo non era pi necessaria. Se i garibaldini avessero ragionato
avrebbero compreso che, dal momento che non potevano por-
tarsi dietro il tedesco come ostaggio, avrebbero potuto usarlo co-
me gesto di buona volont. Se il mugnaio o qualche altro di Mo-
lino di Bucchio avesse saputo guidare la macchina, se un vo-
lontario avesse avuto il coraggio di portare il ferito a Stia, ma-
gari prima che arrivasse a piedi il terzo tedesco, la popolazione
avrebbe compiuto unazione riparatrice, che avrebbe potuto
scagionare i civili, facendo ricadere lintera colpa sui partigiani.
Se qualcuno avesse portato il ferito a Stia, i tedeschi non avreb-
bero che potuto apprezzare quel gesto, ma la popolazione di
Molino di Bucchio non os fermare i garibaldini che andavano
a finire il ferito. Lazione si sarebbe potuta compiere solo se i par-
tigiani avessero avuto come primo pensiero quello di tentare di
salvare la gente del luogo. Comprendiamo che in quei momen-
ti di confusione a nessun comandante partigiano poteva venire
in mente unidea del genere. Quel ferito rappresentava solo un
peso per i garibaldini che ragionavano in termini egoistici e non
umanitari, come dimostra la testimonianza di Ungherelli, fino al-
la morte orgoglioso di aver reso inservibile quella parte di
bottimo di guerra che non poteva essere utile alla sua banda. A
nessuno venne in mente che forse si poteva salvare tutta la po-
polazione portando il ferito a Stia. Lunico pensiero di Gandi e
Ungherelli fu che dovevano fuggire con quelle mappe e avvisa-
re gli altri compagni. Quindi da un punto di vista militare quel-
lesecuzione era necessaria. In quei momenti tutti avevano di-
menticato la pietas, un modo per riparare al mal fatto.
Ma lesperienza di Civitella ci porta ad escludere che quel
gesto di portare il ferito a Stia sarebbe servito ad evitare la stra-
ge. Il 18 giugno a Civitella la popolazione nascose il soldato te-
desco che stava trascinando via il camerata rimasto ferito in se-
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 199

guito ad un attacco partigiano portato allinterno del Dopolavo-


ro. Sul momento non ci furono rappresaglie ma poi ripresero gli
attacchi partigiani. Il 29 dello stesso mese, quando si stava ormai
approssimando il fronte e la linea di resistenza tedesca risultava
cos indebolita da questa serie di azioni partigiane di disturbo nel-
la fascia di sicurezza germanica, scatt il massacro indiscrimina-
to73. Forse il gesto umanitario sarebbe servito ad evitare la rap-
presaglia del 12 a Molino di Bucchio ma non poteva evitare la
vendetta e la distruzione delle borgate del 13 aprile.

4.24. I garibaldini potevano salvare tutta la popolazione della


vallata senza sparare un colpo

Ungherelli lha scritto tre volte: La zona di Vallucciuole, com-


preso Molino di Bucchio, era indicata come zona da rastrella-
re. Nessuno ghi ha chiesto in 60 anni perch non fece la cosa
pi ovvia per chi conosceva il perimetro delloperazione: far
uscire la popolazione fuori dallarea da bonificare. Non una so-
la persona attravers lArno per andare sulla riva destra del fiu-
me. Anzi i Pantiferi si sarebbero salvati tutti se il 13 aprile fos-
sero andati nella loro casa incendiata e invece la mamma di Ani-
ta, Delia e Dilva fu trovata sulla riva sinistra e rimase uccisa.
Pur avendo commesso errori strategici e tattici, i partigiani
vennero premiati dalla buona sorte: fermarono proprio la pat-
tuglia tedesca in esplorazione su quel versante ed entrarono in
possesso di tutti i dettagli per evitare limminente rastrellamen-
to. Ma incredibilmente non ne fecero partecipe la popolazione.
Sarebbero bastate poche parole per convincere tutti a sgombe-
rare lintera zona che si sapeva interessata dal rastrellamento! In
unora, in mezzora si sarebbe potuto salvare tutti.
Sarebbe bastato che i garibaldini avessero detto alla gente
quello che avevano scoperto su quelle due cartine: oltrepassato

73 Si veda Giovanni Contini, La memoria divisa, Rizzoli, Milano, 1997, e Sto-


ria e memoria di un massacro ordinario, a cura di Leonardo Paggi, Manifestolibri,
Roma, 2006.
200 PAOLO PAOLETTI

il ponte sullArno a Molino di Bucchio e si era fuori dal rastrel-


lamento!
Gandi e Ungherelli sapevano che avevano un larghissimo
margine di tempo: circa 37 ore. Ma i garibaldini si guardarono
bene dal rivelare il loro segreto militare: passate il ponte e sa-
rete salvi!
Se i garibaldini avessero convinto tutte le famiglie della
vallata ad andare in direzione di Basciano e Pratariccia o di
poggio Rocchetta, cio ad allontanarsi in direzione sud, non ci
sarebbe stata alcuna strage. Se la gente fosse stata convinta ad
andare nei boschi sulla riva destra dellArno si sarebbe salva-
ta! I tedeschi non si sarebbero mai avventurati nella boscaglia
sulla riva destra dellArno, perch era fuori dallarea da ra-
strellare! Se l11 e il 12 aprile i partigiani avessero avvertito gli
abitanti di Serelli, Vallucciole, Monte di Gianni e Moiano di
uscire dallarea del rastrellamento e se la popolazione fosse an-
data a sud della strada comunale, verso Castel Castagnaio e
Maruccia, sullaltra riva dellArno o verso sud-ovest, sicura-
mente si sarebbero salvate almeno quelle famiglie che non ave-
vano vecchi o bestie che li spingevano a rimanere nelle loro ca-
se. Limportante era non trovarsi allinterno del perimetro da
rastrellare. E questo i partigiani lo conoscevano esattamente,
con un giorno e mezzo danticipo!
I garibaldini sapevano che una volta passato lArno ed arri-
vati sulla riva destra, non ci sarebbe stato alcun pericolo, si sa-
rebbe trattato di entrare nel bosco dopo il ponte e aspettare che
i tedeschi se ne fossero andati. I boscaioli della zona conosce-
vano tutti i sentieri utilizzabili per la fuga. Allora, pi di oggi,
cerano sentieri e mulattiere che tutti conoscevano, perch l ci
si muoveva solo a piedi. Se la popolazione fosse stata convinta
di dover scappare, ognuno avrebbe trovato il suo sentiero. Se ai
contadini della vallata del Vallucciole fosse stato spiegato che a
rimanere rischiavano la vita e che sarebbe bastato andare a sud
per salvarsi tutti lavrebbero fatto. Anche rinunciando a mette-
re in salvo le bestie, magari lasciandole libere. Corrado Marchi,
giovane renitente alla leva di Serelli che era scappato l11 apri-
le, dichiarava nel settembre 1993: Ci si potea salv tutti perch
il giorno avanti [il 12 aprile, N.d.A.] si potea scapp tutti! Chi
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 201

non lavrebbe fatto!!??74. Ma i garibaldini non scesero ad av-


visarli. Al comandante Corsi il commissario politico Ungherelli
aveva detto che la popolazione era stata avvertita. Purtroppo
non era vero e il 13 tutti gli abitanti delle borgate rimasero col-
ti di sorpresa.

4.25. I partigiani fuggirono o sfuggirono al rastrellamento?

La diatriba sul comportamento dei garibaldini dopo luccisione


dei due tedeschi a Molino di Bucchio e durante la strage non
mai stata sollevata ma resta attuale. Nessuno ne ha parlato in
questi 65 anni ma si tratta di una questione di non poco conto.
I garibaldini quando chiedevano e ottenevano viveri ai contadi-
ni dicevano che in cambio davano la loro protezione. Non si pu
sapere se lo dicessero in buona o in cattiva fede. Lo stesso di-
casi per i partigiani badogliani del raggruppamento Valluc-
ciole. Certo nel marzo-aprile la banda che prese il nome di
Faliero Pucci, a detta di Ungherelli contava 105 uomini75, era
ununit che non poteva n impegnare in battaglia n tener te-
sta alla guarnigione tedesca di stanza a Stia. Era chiaro anche ai
partigiani che in caso di un qualsiasi rastrellamento non pote-
vano difendere i paesi. Non potevano far altro che ritirarsi, per-
ch con il loro armamento non potevano fermare le truppe ne-
miche. ammesso da tutti gli storici che i partigiani, garibaldi-
ni o badogliani, anche se uniti, mai avrebbero potuto resiste-
re allavanzata di un qualsiasi reparto di una divisione ottima-
mente armata e addestrata come la Hermann Gring. Non po-
tevano proteggere gli altri perch non potevano resistere al fuo-
co dei mortai e delle mitragliatrici e quindi la loro unica speranza
di salvezza stava nella fuga.
Chi della popolazione del comune di Stia criticava i parti-
giani li accusava tuttal pi di essere una banda raccogliticcia

74 Corrado Marchi a Paola Calamandrei nel settembre 1993. Registrazione in


possesso delle Provincia di Arezzo.
75 Ungherelli, op. cit., p. 167.
202 PAOLO PAOLETTI

(Mario Cappelletti: I partigiani qui creonno una confusione e


basta! Mica erano organizzati! Erano gente scappati, riuniti co-
s... qualche fucile, qualche bomba a mano... un cera mica..una
resistenza... La colpa un pochina ce lhanno anche loro perch
ammazzare un tedesco e poi... due... e poi un difendere per nul-
la la popolazione... o lebbero paura o unnerano organizzati!
Non cera lorganizzazione senn qualcosa dovevan... fare. Gio-
vanni Corsini: L successo la strage! Perch? Perch non era-
no... questi non erano organizzati!), ed in effetti, anche con lar-
rivo a Molino di Bucchio del comandante Gandi e del commis-
sario politico Ungherelli, non si riusc a organizzare unefficace
battuta per catturare il fuggitivo tedesco e, pur con le mappe del
rastrellamento tedesco in mano, nessuno pens alla soluzione
pi ovvia: dire alla popolazione di uscir fuori dallarea del ra-
strellamento. Questo si pu sicuramente imputare ai garibaldi-
ni: non dissero alla popolazione come salvarsi e quanto sarebbe
stato facile farlo!
Lunico elemento che i garibaldini dimostrarono di avere in
abbondanza fu lo spirito di corpo, la preoccupazione di salvare
se stessi e i compagni, informare il partito. Questa fu lunico
obiettivo dei garibaldini e lo raggiunsero egregiamente. Per rag-
giungerlo sacrificarono tutti, i partigiani badogliani e la po-
polazione.
Dopo che Gianni e il resto della squadra garibaldina si re-
se conto che i tedeschi stavano per accerchiare tutto il com-
plesso montuoso del Falterona con unazione che prevedeva
limpiego di alcune migliaia di uomini a cavallo tra la Toscana e
lEmilia, con sette colonne (a SantAnna di Stazzema bastarono
tre colonne composte ciascuna da una compagnia!), chiaro
che non si pu accusare i partigiani di essere fuggiti. Non pote-
vano fare nientaltro. Non solo sarebbe stato un suicidio collet-
tivo resistere ma questa resistenza armata avrebbe spinto i te-
deschi a massacrare tutti i civili che avessero incontrato nellin-
tera area. Resistere sarebbe stato controproducente per tutti. Fu
saggia la decisione di ritirarsi, di non impegnarsi in combatti-
mento, far perdere le tracce, entrare e passare nelle zone gi ra-
strellate, camminare notte e giorno per portarsi al di l della zo-
na da rastrellare, tentare di attraversare la Sieve facendo un lun-
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 203

go giro a ferro di cavallo, in modo da portarsi alle spalle delle


colonne dei rastrellatori provenienti da Londa76.
Alla luce della situazione le accuse di parte della popolazio-
ne ai partigiani di essere fuggiti senza combattere sono ingiusti-
ficate ma derivano dal fatto che tutti si sentirono abbandonati
nel momento del bisogno, quando il pericolo si fece imminen-
te. Ecco perch don Giuseppe Pesci ricostruisce cos, nella sua
autobiografia, quei giorni seguiti alla strage. Tornato dai suoi ge-
nitori, alcune settimane dopo i fatti di Vallucciole, don Renzo
apprende che una sua amica stata portata via dai partigiani,
che erano andati ad intimorire il di lei padre, fascista. Padre
Giuseppe, nel romanzo don Renzo, decide di liberarla: Ren-
zino and in un paese vicino e buss alla porta di una donna:
So che suo figlio si fa chiamare La Volpe77 e comanda un
gruppo di partigiani.... Dopo molte insistenze e sotto il segre-
to della confessione seppe che il punto di ritrovo dei partigiani
era la Buca del Corvo, una localit impervia spostata a sini-
stra delle sorgenti dellArno e che la parola dordine era fag-
gio.... Don Giuseppe riusc finalmente a parlare col coman-
dante partigiano ma non si trattenne dal rimproverargli una re-
sponsabilit indiretta nella strage: I morti di Vallucciole... tut-
ti quei morti che io ho seppellito. Sono stati i fascisti e i te-
deschi, no?. Certo... ma se voi, dopo aver ammazzato i due
tedeschi a Molino di Bucchio, foste rimasti l a combattere, i te-
deschi non se la sarebbero rifatta con la popolazione... voi sie-
te scappati. Fu come gettare un fiammifero nella polveriera....
Don Pesci venne malmenato. No, non vi ho provocati, ho
detto la mia idea. lidea di molti in paese, soprattutto dei pa-
renti di quelli che sono morti.... Non potevamo resistere: era-
vamo 50 contro 1.000. Potevate morire: alla guerra si va an-
che per morire, se necessario... Ora che vi ho detto le mie idee,

76 Ungherelli, ibidem.
77 Nessun partigiano della zona ebbe questo nome di battaglia. Ma nella 5a
Compagnia della formazione Licio Nencetti, dove pi numerosi erano gli abi-
tanti del comune di Stia, esisteva un comandante di plotone di Pratovecchio, Vit-
torio Tellini, chiamato Lupo. facile pensare che i due nomi di battaglia corri-
spondono alla stessa persona. Ci ci stato confermato da don Bergamaschi.
204 PAOLO PAOLETTI

voglio sapere da voi che intendete fare di quella ragazza... Se si


verr a conoscere che lavete sequestrata voi, non sarete appro-
vati dalla popolazione.... Il giovane cappellano sbagliava a por-
re la questione in quei termini: i partigiani non avevano i mezzi
per resistere e anche morendo tutti non avrebbero salvato la po-
polazione dalla strage. Gli errori partigiani erano precedenti,
quando si erano lasciati scappare un tedesco e gli altri ancora
pi gravi commessi l11 aprile quando, incredibilmente, abban-
donarono il luogo dello scontro senza occultare la macchina e i
corpi dei tedeschi uccisi. Soprattutto senza ordinare lo sgombero
dei paesi a chi ignorava cosa sarebbe successo gioved 13. Non
ebbero alcun pensiero e comprensione n per chi li aveva aiu-
tati, i contadini n per i loro compagni di lotta, i partigiani del
futuro battaglione Nencetti.
Concludendo per sfuggire al rastrellamento i partigiani non
potevano che fuggire, sfruttando quelle preziosissime informa-
zioni catturate. Il fatto di non aver perso tempo ad avvertire
nessuno, concesse loro qualche minuto in pi. Il costo di quel-
la scelta fu catastrofico per la popolazione.

4.26. Tutti i partigiani del Falterona ebbero meno di un decimo


dei morti civili, i distaccamenti garibaldini nemmeno uno

Da un punto di vista militare quellattacco partigiano a Molino


di Bucchio si rivel controproducente solo per la popolazione,
perch i garibaldini ottennero informazioni tali che permisero
loro di sfuggire alla trappola nazista.
Come ormai accertato da altri precedenti, i numeri conte-
nuti nei rapporti tedeschi erano abbastanza precisi in s78 ma fal-

78 Si pensi alle grosse stragi come Cefalonia (circa 4000 fucilati) o Marzabot-
to. Nel primo rapporto tedesco su Marzabotto si diceva che ci furono 718 Feind-
tote, davon 497 Banditen und 221 Bandenhelfer (718 nemici uccisi, di cui 497
banditi e 221 ausiliari dei ribelli, mentre in un successivo rapporto da parte del-
lufficiale Ic della Divisione le perdite totali della parte avversaria furono calcola-
te in circa 800 morti per i partigiani. Nel 1995 il Comitato per le onoranze alle vit-
time nella sua quarta edizione riveduta e ampliata (Marzabotto. Quanti, chi e do-
ve) stabiliva che erano morte 770 persone tra il 29 settembre e il 5 ottobre.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 205

sati in quanto venivano calcolati nelle perdite dei banditi an-


che i civili uccisi. Ecco che se nei numeri contenuti nel rappor-
to germanico sullintera operazione di rastrellamento comincia-
ta in Romagna e finita in Toscana (13-18 aprile), furono 289 i
banditi morti, tra cui 4 Comandanti e un uomo in uniforme te-
desca con un fucile mitragliatore tedesco senza documenti [ve-
rosimilmente un disertore, N.d.A.], 115 prigionieri (tra cui 3 in-
glesi e un francese), se a queste cifre togliamo i civili, il nume-
ro dei caduti partigiani risulta essere molto contenuto, almeno
sul nostro versante: la maggior parte fu catturata nel santuario
partigiano dellAlpe di San Benedetto, in provincia di Forl79.
Molti hanno enfatizzato le perdite partigiane, senza leggere
i documenti e le testimonianze garibaldine. Cos succede che i
comandanti garibaldini (Ungherelli, Ferri e Corsi) si vantano di
non aver perso neppure un uomo mentre gli storici di sinistra
li smentiscono. Secondo Susanna Bianchi e Alessandro Del Con-
te: I partigiani della Faliero Pucci, costretti a combattere
subirono numerose perdite... Ancora pi gravi furono le conse-
guenze per la Checcucci... la banda comandata da Romeo
Fibbi fu investita dalla manovra in atto. Il combattimento pi
grosso... avvenne tra Castagno e Vallucciole il 13 aprile. Lo scon-
tro fu durissimo e provoc il rapido esaurimento delle muni-
zioni. Nascoste le armi per ordine del comando, i partigiani ten-
tarono lo sganciamento a piccoli gruppi... Nello sbandamento
una squadra di 6 partigiani fu catturata. I giovani, fra cui due di
Vicchio, furono fucilati sul posto... Anche la banda di Lazio fu
coinvolta negli scontri, nonostante la scelta di separarsi dalla
Falerio Pucci e di tornare su monte Giovi... e avrebbe lascia-
to sul terreno due partigiani... le perdite garibaldine furono al-
te80. Massimo Biagioni scriveva nel 2004: A Vallucciole una
squadra di 6 partigiani viene eliminata81. Ovviamente i sei par-

79 Gentile, Le stragi nazifasciste..., cit., p. 85) scrive che Intorno a Biserno i


tedeschi intercettarono gruppi di partigiani che tentavano di sfuggire allaccer-
chiamento uccidendone circa 40.
80 Susanna Bianchi e Alessandro Del Conte, Come pesci nellacqua, cit., pp.
139-140.
81 Biagioni Massimo, Scarpe rotte eppure bisogna andar, Pagnini e Martinelli,
206 PAOLO PAOLETTI

tigiani che Biagoni d per uccisi a Vallucciole non si sommano


ma sono gli stessi che furono uccisi vicino a Castagno dAndrea
e appartenevano al distaccamento Checcucci che non pot es-
sere avvertito perch risaliva il Falterona dal versante romagno-
lo. Al di l del tono catastrofico del racconto dei due giovani ri-
cercatori i caduti garibaldini risultano solo otto. Il pi anziano
Biagioni ne conta sei. Nellipotetico colloquio tra don Giuseppe
Pesci (don Renzo) e il comandante garibaldino, chiamato Vol-
pe, si dice che la formazione ebbe solo sette morti durante il ra-
strellamento. Se per la Bianchi e Del Conte ...le perdite gari-
baldine furono alte, per Ugo Corsi, comandante del distacca-
mento Faliero Pucci, invece non ci fu nessun caduto: Per for-
tuna non avevamo perso neanche un uomo!. Anche la maggior
parte del gruppo garibaldino Checchucci riusc a sfuggire al
grande rastrellamento82.
Ovviamente il giudizio sulla gravit delle perdite garibaldi-
ne va misurato sul numero dei componenti delle formazioni ga-
ribaldine. Gianni raccontava che il 12 aprile il distaccamen-
to Falerio Pucci in quel momento contava 105 uomini e il dis-
taccamento Storai 6583. Secondo Ferri i partigiani diretti ver-
so il Pratomagno erano 13584, anche Ugo Corsi, comandante
del distaccamento Faliero Pucci, dice eravamo in tutto 135
uomini. Insomma cerano circa 150 garibaldini sul Falterona.
Al termine delle loro indagini gli inglesi conclusero che i parti-
giani uccisi furono 26: 2 ad Oia, 17 al cimitero di Stia, 4 a Scos-
sa di Lonnano, 3 a Olmo (?). Se dal totale dei 26 togliamo i 17
aspiranti partigiani, catturati nel sonno85, fatti quasi tutti parti-
giani post mortem, le perdite garibaldine si riducono ad un nu-

Firenze, 2004, p. 136.


82 De Simonis, op. cit., p. 17.
83 Ungherelli, op. cit., p. 167.
84 Ferri, op. cit., p. 122.
85 In Carocci (op. cit., pp. 136-137) un teste racconta: Proprio quel giorno a
Stia erano giunti 19 giovani che non si sa chi fossero: forse erano operai in cerca
di lavoro, o volevano raggiungere i partigiani. Erano disarmati e non avevano car-
te. Si erano incamminati sulla strada del monte e i tedeschi li presero e li riporta-
rono quaggi. Li condussero al cimitero e li fucilarono. Tutti provenivano dalla Ro-
magna e non si erano ancora congiunti alle altre formazioni partigiane.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 207

mero irrisorio: 6-8 su circa 15086. Merito della mappa catturata


l11, dellampio margine di tempo di cui poterono usufruire per
avvisare gli altri compagni e delle guide che trovarono87. Carlo
Gentile ammetteva che: poco prima di raggiungere la cima del
monte Falterona ci fu un breve scontro con un gruppo di par-
tigiani lunico incontrato quel 13 aprile sul versante aretino del
Falterona nel corso del quale fu ferito un caporale della 4a com-
pagnia88. Giovanni Verni scriveva: Secondo la documenta-
zione di fonte patriottica i patrioti uccisi furono solo una mo-
desta minoranza delle vittime89.
Si pu concludere che le perdite garibaldine nelle opera-
zioni di rastrellamento furono irrisorie rispetto al numero com-
plessivo di quelle civili. Anche se si considera i risultati dellin-
tera operazione di rastrellamento, il confronto tra il numero dei
caduti partigiani e quello delle vittime civili impressionante:
6-8 partigiani contro quasi 200 civili90. Senza contare che tra
questi partigiani uccisi non tutti erano garibaldini. Infatti nel
rapporto di Heydebreck si dice che i partigiani prevalente-
mente hanno vecchie uniformi militari italiane. Sicuramente i
garibaldini non portavano le uniformi dellesercito, mentre in-

86 Gerhard Schreiber scriveva in La vendetta tedesca, cit., p. 170: signifi-


cativo come Heydebreck, insieme ai 404 deceduti o prigionieri [289 morti e 115
prigionieri, N.d.A.] e alle 105 armi dalle pistole alla mitragliatrice elencate qua-
le bottino di guerra, affermasse che il 75% dei partigiani era armato. Basandosi sul
numero delle armi, fra morti e prigionieri, i partigiani sarebbero stati al massimo
140.
87 Silvana Visotti Ristori, che stava in localit Cortina, dichiarava nel 1993 nel-
la citata intervista con Paola Calamandrei: Del Giulio, il capo, lo chiamavano an-
che... aveva un grado... era severissimo. Al mi babbo gli ha detto una sera che do-
veva andare a accompagnallo Guardi un sto nemmeno tanto bene, mi dole una
gamba, un conosco nemmeno... la passi avanti e zitto...! tanto qui siamo tutti am-
mazzati, sia voi, sia noi! Non ci si salva pi! Ricordatevi bene! Se la rimane qui sa-
r ammazzato a letto! Se la viene con noi... fece cos c qualche speranza...
Chiss!.
88 Gentile in Le stragi nazifasciste..., cit., p. 86.
89 Verni in Storia della Resistenza in Toscana, cit., p. 235.
90 Gentile scriveva (Le stragi nazifasciste..., cit., p. 87) che nella serata del 13
aprile secondo un primo rapporto furono segnalati 186 nemici uccisi duran-
te tentativi di fuga o fucilati per possesso di armi. Questa cifra riguardava tutti
i morti sul versante toscano e romagnolo.
208 PAOLO PAOLETTI

vece le indossavano i badogliani. ragionevole pensare che i


badogliani, come i civili, colti di sorpresa dal rastrellamento,
abbiano subto vittime.

4.27. Il senso di colpa di Ugo Corsi, il comandante del


distaccamento Faliero Pucci

Alla fine degli anni Settanta lIstituto Gramsci di Firenze inter-


vistava una serie di personaggi che avevano fatto la storia della
Resistenza nella provincia. Tra questi Ugo Corsi, che era stato il
comandante militare del distaccamento garibaldino Faliero
Pucci91, di cui faceva parte la squadra, al cui comando erano
Gambero Gandi e Gianni Ungherelli. Corsi, allepoca dei
fatti trentunenne, stato lunico garibaldino della Faliero Puc-
ci che ha rammentato la strage di Vallucciole, oltre a Unghe-
relli. Una parte di questa intervista, quella che finiva allagosto
1943, con il ritorno a Firenze dopo luscita dal carcere, veniva
pubblicata su I compagni di Firenze92. Quella che riproduciamo
qui sotto la parte inedita, dedicata al rastrellamento sul Falte-
rona:

...Si mettono al corrente le altre formazioni che impossibile ar-


rivare in Romagna per il passo della Calla. Gandi e Ungherelli ci
dicono che hanno ucciso due ufficiali delle SS e che gli hanno pre-
so, oltre alle armi, due carte topografiche. Esaminandole vediamo
che segnata la direttrice di un rastrellamento che lHermann G-
ring, che era in riposo a Stia, avrebbe iniziato il mattino seguente.
Cominciammo naturalmente a pensare sul da farsi, eravamo in
tutto 135 uomini abbastanza bene armati ma avevamo al massimo
tre ore di fuoco, avevamo dei muli... Decidiamo di fare tesoro di
queste carte topografiche, di queste direttrici di marcia e si inizia

91 Quattro-cinque distaccamenti formavano una Brigata. Sul Falterona cera


il distaccamento Faliero Pucci, chiamato anche Stella Rossa e il distaccamen-
to garibaldino Orlando Storai. La 2a squadra della Stella Rossa era comandata
da Bastiano e Lella, Giordano Cubattoli.
92 I compagni di Firenze. Memorie di lotta antifascista, a cura di Giovanni Goz-
zini, Istituto Gramsci, Cooperativa Editrice Universitaria, Firenze, 1979.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 209

la manovra di ripiegamento. Per questa manovra camminiamo cin-


que o sei giorni, si camminava di notte e si riposava di giorno men-
tre i tedeschi camminavano di giorno e sostavano di notte, giran-
do intorno a parecchi paesini da S. Leonino, Bucigna, Vierle, Pian
dei Fossi, Pian della Marcona. A Pian della Marcona attraversia-
mo la Consuma e la notte tra il 15 e il 16 aprile si va verso Mon-
temignaio, da l a Secchieta e da Secchieta usciamo fuori dal ra-
strellamento. Per fortuna non avevamo perso neanche un uomo,
avevamo dovuto sotterrare in alcuni punti le mitragliatrici pesan-
ti che non potevamo portare, avevamo regalato i muli ad alcuni
contadini, perch ci davano noia, per cera un fatto. Alcune pat-
tuglie che avevamo mandato a vedere, forse per difficolt a rien-
trare non erano rientrate, forse i tedeschi facevano paura. Insom-
ma la nostra formazione da 95 che eravamo, escluse le altre for-
mazioni aggregate, eravamo ridotti a 40. Alcuni mancavano per-
ch avevano avuto difficolt oggettive, altri perch questo rastrel-
lamento aveva fatto veramente paura. Cera da aver paura perch
erano 3.000 i tedeschi che ci attaccavano e i tedeschi sapevano fa-
re i rastrellamenti. Non erano come i 50 repubblichini, poteva es-
sere anche uno spasso per noi, mentre i tedeschi si sdraiavano per
terra, strisciavano come serpi e poi proteggevano la persona che
attaccava. Per esempio arrivavano su un crinale dove piazzavano
due mitragliatrici e iniziavano a sparare battendo il crinale da-
vanti; nello stesso tempo, loro, i tedeschi strisciavano a terra e ar-
rivavano fino a quel punto. Quando arrivavano l iniziavano a spa-
rare loro con le armi automatiche portatili mentre salivano quelli
dietro. Cos era continuamente e via via quello che trovavano era
distrutto e incendiato; quindi non era facile non aver paura, quin-
di se qualcuno andava via non dobbiamo dargli del fifone o altro.
Fino ad allora la nostra formazione queste sono riflessioni che
faccio ora e credo siano giuste-aveva avuto solo vittorie, le cose che
avevamo previsto di fare le avevamo fatte, non un passo falso,
quindi cera anche una fiducia esagerata verso di noi, verso i co-
mandanti. Quella era la prima volta che gli uomini ci vedevano
preoccupati, non sapevamo che pesci pigliare, anche se sono con-
vinto che noi si fece del nostro meglio non perdendo nessuno, pe-
r questa figura del commissario capacissimo, che capiva tutto fu
molto ridimensionata. Questo nostro comandante che costretto
a sotterrare le mitragliatrici, che si oppone al fatto che uno ri-
manga l a sparare, e il comandante probabilmente aveva ragione,
ma per i partigiani si perde di credibilit. Quella credibilit che ci
210 PAOLO PAOLETTI

aveva messo al di sopra di tutti, e tornammo ad essere degli uo-


mini comuni che la sconfitta ridimensiona..
E poi voglio evidenziare unaltra cosa, il senso di colpa per il fat-
to che ci furono 220-230 persone che morirono fra i civili, anche
se noi dicemmo a queste persone, a questi contadini, di scappare.
Per questi morirono. Vallucciole, la Pasqua di sangue.

A leggere le parole finali del Corsi bisognerebbe concludere che


Ungherelli e Gandi mentirono al loro comandante convinto di
aver fatto il proprio dovere (noi dicemmo a queste persone, a
questi contadini, di scappare) oppure i due comandanti cre-
dettero in buona fede di aver fatto tutto il possibile dicendo
specialmente alle donne di Molino di Bucchio e Vallucciole, av-
visate nelle borgate vicine?
V

ANATOMIA DI UNA STRAGE: I TEDESCHI

5.1. 12 aprile 1944: la rappresaglia tedesca a Molino di Bucchio


con lincendio di poche case

Il 12 aprile1 il giorno della rappresaglia: gli uomini del presidio


tedesco di Stia arrivano a Molino di Bucchio, trovano lauto con
i cadaveri dei loro camerati e applicano lordine dellufficiale Ia
(addetto alle operazioni) del Comando Superiore Sud-Ovest,
cio del feldmaresciallo Albert Kesselring, diramato il 7 aprile:
si pu prendere in considerazione anche lincendio immediato
delle case da cui si sparato. A Molino di Bucchio si incendia-
no alcune case ma non si uccidono n gli uomini n le donne.
Il primo dato da rilevare che la rappresaglia contro gli abi-
tanti di Molino di Bucchio avviene a caldo, la mattina dopo.
Anita Pantiferi ci raccontava che i soldati tedeschi scarica-
rono la loro rabbia sullauto dove era stato ucciso il loro ca-
merata: La macchina non era sciupata per nulla! era solo fo-
rata davanti coi mitra, e invece vennero loro la rovinarono, la
ruppero tutta, per f vedere che lerano stati i partigiani e in-
vece i partigiani un fecero nulla!2.

1 Solo Gerhard Schreiber in La vendetta tedesca 1943-1945: le rappresaglie


naziste in Italia, Mondatori, Milano, 2000, p. 170, anticipava la rappresaglia alla
sera dell11 aprile: La sera stessa dell11 aprile un reparto delle truppe dislocate a
Stia entr nel paesino e, come prima forma di rappresaglia, appicc il fuoco a diver-
se abitazioni.
2 Ungherelli si vant invece di averla resa inservibile ma smentito dalla te-
212 PAOLO PAOLETTI

Questo comportamento tedesco violento e rabbioso ma non


sanguinario, fa tirare un sospiro di sollievo alla popolazione lo-
cale. Anche perch i soldati della guarnigione di Stia, compe-
tente per territorio, salgono a Serelli (testimonianza di Trenti
Rutilio3), perquisiscono e poi, non avendo trovato armi, tran-
quillizzano gli abitanti. Il pensiero comune pi o meno que-
sto: i tedeschi hanno accertato che noi non nascondiamo par-
tigiani e che non siamo responsabili, quindi ora ci lasceranno
in pace. Il giorno dopo questi soldati della guarnigione di Stia
rimasero estranei alla strage e intervenne solo il battaglione
esplorante della H.G..
Praticamente a Molino di Bucchio i soldati della guarnigio-
ne recuperarono semplicemente i cadaveri dei loro due came-
rati, entrarono nella casa di Bucchi Giuseppa ma per farsi cuo-
cere le uova che avevano rubato in qualche pollaio! La signora
Giuseppa diventer vedova solo il giorno dopo e trover il ca-
davere del marito a Vallucciole (si veda la sua testimonianza).
Le testimonianze degli uomini sopravvissuti e il rapporto dei
Carabinieri del dicembre 19444 sono concordi nel dire che gli
uomini di Molino di Bucchio il giorno dopo vennero impiega-
ti come portatori di munizioni e poi lasciati in vita. Invece tut-
ti quelli che avevano trasportato cassette di munizioni e vive-
vano nellarea del Bandengebiet, dalla strada comunale in su,
vennero uccisi una volta portato a termine il loro lavoro di be-
stie da soma. Questi disgraziati furono eliminati in primo luo-
go perch la vendetta doveva colpirli dopo aver assistito allo
sterminio della loro famiglia e poi perch questi civili avevano
passato tutta la giornata con loro essendo i testimoni pi diretti
delle atrocit da loro commesse, infine perch potevano testi-
moniare sulla lingua o il dialetto che parlavano i fascisti colla-

stimonianza di Bruno Ceccarelli, che guid lauto fino a Stia. Dallintervista di


Paola Calamandrei ad Anita Pantiferi del settembre 1993: audioregistrazione ine-
dita in possesso della provincia di Arezzo.
3 Rutilio Trenti dichiarava che i tedeschi dissero che non avevano intenzio-
ni cattive. Volevano solo vedere la zona, per vedere il traffico che cera e se cera-
no armi.
4 Riprodotto in Le stragi nazifasciste in Toscana 1943-1945. Guida alle fonte
archivistiche, 2, cit.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I TEDESCHI 213

borazionisti (tra le prime domande che facevano gli investiga-


tori inglesi cera quella se sapevano descrivere fisicamente i car-
nefici, i gradi e la lingua usata).

5.2. Neppure i soldati che compirono la rappresaglia a Molino di


Bucchio immaginavano che i loro camerati avrebbero fatto una
strage

Sacconi riportava una testimonianza, che chiamava anonima:


La sera del 12 le donne ci informarono che i tedeschi erano ri-
tornati a Molino di Bucchio a prendere i loro morti e che ave-
vano bruciato ogni cosa. Ci dissero anche che 4 o 5 tedeschi era-
no saliti a Serelli, che avevano frugato nelle case, forse in cerca
di armi, ed erano ripartiti senza toccare niente, stringendo la ma-
no ai presenti ed informandoli che il giorno dopo ci sarebbe sta-
to un attacco contro i partigiani ma che gli abitanti di Valluccio-
le potevano stare tranquilli, ch a loro non sarebbe successo nul-
la5. Corrado Marchi raccontava nel 1993: Il 12 i tedeschi un
toccaron niente e gni dissero... Voiattri state qui, domani ci sa-
r un forte attacco contro i partigiani! Voi state a casa, non da-
re noia a nessuno!6. Cos Mario Cappelletti, allora quattordi-
cenne, che abitava in casa di Rutilio Trenti: I tedeschi ci chia-
monno tutti insieme, l... e dice: Domani ci sar un attacco fra
i partigiani e noi... state in casa! Voi state in casa7. Queste pre-
cauzioni erano il sincero consiglio dei tedeschi della guarnigio-
ne di Stia o il subdolo tranello, come riteneva don Giuseppe Ber-
gamaschi e lintervistatrice della provincia di Arezzo Paola Ca-
lamandrei? Noi pensiamo che i soldati della guarnigione di Stia
non volessero tendere alcun tranello alla popolazione. Anzi ri-
velarono un segreto militare, visto che i partigiani non avevano
detto che ci sarebbe stato un rastrellamento.

5 Sacconi, op. cit., p. 71. Si trova anche in Vessichelli, op. cit., p. 58.
6 Intervista di Paola Calamandrei a Corrado Marchi del settembre 1993, au-
dioregistrazione inedita in possesso della provincia di Arezzo.
7 Intervista di Paola Calamandrei a Mario Cappelletti dellottobre 1993, au-
dioregistrazione inedita in possesso della provincia di Arezzo.
214 PAOLO PAOLETTI

Queste parole da parte di chi aveva compiuto la rappresa-


glia a Molino di Bucchio, stavano a dimostrare che:
1) aveva ragione il maresciallo dei Carabinieri di Pratovec-
chio che diceva a Don Batini, parroco di Lonnano: Neppure
il Comandante tedesco della guarnigione di Stia pu far qual-
cosa. Infatti quelloperazione a largo raggio esulava dai suoi
poteri anche se si svolgeva sul territorio di sua competenza.
2) neppure loro immaginavano che di l a poco i camerati
sarebbero saliti lass per terrorizzare la popolazione, meno che
mai immaginavano che avrebbero fatto una strage. Per loro i
camerati arrivati da Bologna dovevano fare un rastrellamento
antipartigiano.
3) non sapevano che quei due morti appena trovati a Mo-
lino di Bucchio erano i comandanti di due plotoni che il gior-
no dopo dovevano fare il rastrellamento.
Concludendo: i soldati della guarnigione di Stia erano in
buona fede, mentre il sacerdote e lintervistatrice partivano dal
preconcetto che tutti i tedeschi fossero criminali. In verit i mi-
litari tedeschi di stanza a Stia non erano in combutta con i ca-
merati della H.G.

5.3. Limportanza della modalit di uccisione dei due tedeschi

Gentile ci scriveva: A mio parere, le modalit della morte dei


due, Domeyer e Maasakkers, non hanno importanza pi di tan-
to, perch gi lavvenuta uccisione avrebbe giustificato negli
occhi dei soldati della H.G. una strage. A Monchio era basta-
to il possesso di armi forse addirittura da caccia per giusti-
ficare il massacro di due famiglie, vecchi e bambini compresi.
No, il paragone non calza: la strage di Monchio, Susano e Co-
strignano un cannoneggiamento e una rappresaglia indiscri-
minata affidata al battaglione esplorante della H.G. per le uc-
cisioni di due ufficiali e cinque soldati della Feldgendarmerie e
un numero maggiore di ufficiali e soldati della G.N.R. avvenu-
te nei giorni precedenti nellarea della valle del Dragone. Val-
lucciole, invece, fu la vendetta di due plotoni per luccisione dei
propri comandanti: qui entr in gioco una componente affetti-
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I TEDESCHI 215

va che trasformava quelle morti in una vicenda personale. In pi


verosimile che ufficiali e soldati della 2 e 4 compagnia aves-
sero visto i cadaveri e le loro ferite compatibili con una esecu-
zione a sangue freddo. Tutto ci contribu a radicalizzare il lo-
ro istinto di vendetta. E in questo shock della scomparsa dei ri-
spettivi comandanti, secondo noi, pesava anche il modo delle
loro uccisioni (non in combattimento ma per una imboscata
partigiana) e le modalit desecuzione (eliminazione a sangue
freddo di uno o di entrambi i feriti).
Quello che avverr in seguito in altre localit della Toscana
ci porta a dire che anche le modalit di uccisione avevano il lo-
ro peso nella reazione sproporzionata dei tedeschi. Gentile ci
scriveva nella stessa e-mail: Non credo che aver finito un fe-
rito, se i tedeschi se ne sono resi conto (nessuna fonte tedesca
che parla dello scontro fa cenno a questo particolare) possa poi
avere aggravato ulteriormente la posizione dei civili di Valluc-
ciole agli occhi dei nazisti. Il fatto che i documenti tedeschi
non facciano mai riferimento alle modalit di morte (sulla sche-
da cartacea non vi era uno spazio per questo particolare e le cau-
se di morte sono affidate ad abbreviazioni) non vuol dire che
chi ha attuato la vendetta non le abbia notate. Secondo noi, in-
vece, ci sono elementi per dire, anzi accertato, che i subordi-
nati videro i cadaveri dei loro comandanti. Inoltre i tedeschi vol-
lero appurare le modalit di morte dellufficiale e del sottuffi-
ciale e per questo portarono i due cadaveri a Firenze. Una spie-
gazione logica che lo abbiano fatto per sottoporli ad unau-
topsia, lunica che poteva permettere di stabilire la differenza
tra il foro di fucile e quello di mitra. La scheda personale dei
due dimostra che qualcuno prese in mano i proiettili che li ave-
vano ammazzati e li esamin stabilendo qualera il calibro del
proiettile e quindi larma che lo aveva sparato.
Ricordiamo ora quanto avverr in altre localit. Comincia-
mo da Bardine San Terenzo. La banda Ulivi, a cominciare dal
comandante Memo, era composta da molti gappisti che ave-
vano operato a Carrara e non si erano mai preoccupati molto
delle eventuali rappresaglie: in citt non cerano state vendette
per le loro vittime fasciste. Quando questi garibaldini sorpre-
sero dei tedeschi a requisire derrate alimentari e animali ai con-
216 PAOLO PAOLETTI

tadini li attaccarono. Gli storici si dividono sullesito dellattacco


partigiano: alcuni dicono che le Waffen-SS furono tutte uccise
in combattimento8, altri sostengono che alcuni soldati furono
uccisi in battaglia e altri fatti prigionieri e poi passati per le ar-
mi9. Solo pochi anni fa Carlo Gentile ha scoperto che tutte e
sedici le vittime tedesche risultavano tutti uccisi per ferite di
arma da fuoco alla testa10. Se sedici cadaveri portano tutti fe-
rite alla testa cosaltro potevano pensare i loro camerati se no
che i partigiani avessero eliminato i loro prigionieri di guerra o
avessero finito i feriti caduti nelle loro mani con i colpi di gra-
zia? La vendetta tedesca fu indiscriminata come a Vallucciole
e cost la vita ad un numero di civili superiore a quello di Val-
lucciole. La strage degli innocenti, la vendetta di Valla, fra-
zione del comune dove la popolazione di Bardine San Terenzo
si era rifugiata, la riprova che anche il modo in cui erano sta-
ti uccisi i tedeschi pesava sul tipo di rappresaglia/vendetta.

5.4. Un eccidio pianificato o furono le uccisioni dei due


comandanti tedeschi a scatenare la ferocia nazista?

Anche per questa strage la vulgata vuole che leccidio sia stato
programmato. Un rastrellamento che andava dalla Romagna al-
la Toscana non poteva che essere pianificato, scontato. Quin-
di sicuramente si tratt di un attacco preordinato e studiato
da tempo. Abbiamo anche visto che la rappresaglia contro
Molino di Bucchio si era concretizzata con lincendio di alcu-
ne case. Quello che contestiamo, invece, che luccisione dei
due tedeschi a Molino di Bucchio, la presenza della pattuglia
partigiana a Partina, siano soltanto coincidenze. Gli eccidi sa-
rebbero stati compiuti comunque11. Chi ha parlato e scritto

8 Friedrich Andrae, La Wehrmacht in Italia, Editori Riuniti, Roma, 1999, p.


227; Lazzero Ricciotti, Il sacco dItalia, Mondadori, Milano, 1994, p. 312.
9 Contini, La politica del massacro, cit., p. 434.
10 Si veda la nota in Le stragi naziste in Toscana, cit., p. 131. Gi in Contini,
La politica del massacro, cit., p. 434.
11 Sacconi, op. cit., p. 74.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I TEDESCHI 217

prima delle scoperte archivistiche di Carlo Gentile, non sape-


va che i due soldati uccisi a Molino di Bucchio erano il sotto-
tenente e comandante di plotone della 2a compagnia, Heinz
Domeyer (27.01.23) e il maresciallo e comandante di plotone
della 4a compagnia, Ewald Maasakkers (06.12.18) e che le
compagnie che effettuarono il massacro furono la 2a e 4a cp.
Fsch.Pz.Aufkl.Abt. HG12.
Prima di questa scoperta chi aveva letto gli atti della com-
missione dinchiesta inglese poteva intuire che Vallucciole era
stata la vendetta della Hermann Gring per le due uccisioni. La
teste Giuseppa Bucchi aveva dichiarato: Vidi i due italiani ca-
dere a terra morti... Uno dei tedeschi del gruppo venne da noi e
ci disse: Il mio ufficiale ed il mio camerata sono stati uccisi.
Dunque chi compie la strage sono proprio i subordinati delluf-
ficiale e del sottufficiale uccisi dai garibaldini. L11 aprile Do-
meyer e Maasakkers erano a Molino di Bucchio in ricognizione,
il 13 i loro soldati salirono a Serelli e Vallucciole a vendicarli.
In questa analisi dei fatti ci aiutano i documenti e le testi-
monianze coeve. Nella Tagesmeldung, nel rapporto giornaliero
dellArmee Abt. von Zangen datato 12 aprile si legge: In una
ricognizione nella zona 28/37 (Vallucciole), 33 km ad est, nord
est di Firenze, un ufficiale e un maresciallo uccisi dai banditi13.
Ci significa che solo il 12 aprile, al momento del ritrovamen-
to dei cadaveri, gli alti comandi germanici vennero informati de-
gli omicidi del giorno precedente. Dal momento che il coman-
do superiore aveva appreso la notizia degli omicidi solo poche
ore prima che scattasse loperazione, lordine della vendetta
non poteva venire dallalto. Leccidio fu deciso in loco. Chi par-
la di eccidio programmato non conosce i documenti.
La nequizia mostrata dalla Hermann Gring a Vallucciole fa
vedere che quei soldati non eseguirono gli ordini di Berlino e for-
se nemmeno quelli dei loro comandanti, ma si lasciarono tra-
sportare dallodio verso i partigiani e verso chi li aveva aiutati.

12 Gentile poi ripete nel libro La politica del massacro (cit., p. 221) che mol-
to probabile che siano state proprio la II e la IV compagnia che avevano subito le
perdite a Molino di Bucchio a compiere le operazioni.
13 NAW, T 312, Armee Abt. von Zangen, roll 1640.
218 PAOLO PAOLETTI

Non bisogna dimenticare poi che la divisione H.G. prima di


essere inviata in Sicilia aveva combattuto allest facendo massa-
cri indiscriminati. Inoltre il 1 aprile il Comando Supremo del-
la Wehrmacht faceva entrare in vigore il manuale 69/2 sulla
Bandenbekmpfung, lotta alle bande, una direttiva valida
per tutte le armi14. Il punto E del IV capitolo della direttiva di
Berlino diceva tra laltro: I rapporti della truppa con la popo-
lazione non devono mai superare il limite della necessit di ser-
vizio... Misure di punizione collettiva contro abitanti di interi vil-
laggi (a ci appartiene anche lincendio delle localit) dovreb-
bero essere ordinate solo in casi eccezionali ed esclusivamente
da comandanti di divisione o da SS e Polizeifhrer... Vanno as-
solutamente trattati come prigionieri di guerra tutti i banditi che
sono stati catturati in uniforme o in abiti civili durante il com-
battimento o che si arrendono... Lo stesso vale per tutte le per-
sone che vengono incontrate in vicinanza della zona di com-
battimento e che vanno considerate come fiancheggiatori dei
banditi, anche se non si pu provare la loro partecipazione ai
combattimenti. Come si vede, la rappresaglia della guarnigio-
ne di Stia del 12 aprile era in linea con gli ordini giunti da Ber-
lino, mentre il battaglione esplorante della divisione H.G. non
rispett affatto gli ordini superiori: i partigiani venivano fucila-
ti sul posto, al pari dei civili che si ritenevano complici dei ban-
diti. Solo il tenente Egger, comandante delle truppe dislocate a
Stia, si comport secondo questa direttiva.
Nel 2005 Carlo Gentile ammetteva un rapporto diretto tra
luccisione dei due comandanti a Molino di Bucchio con la stra-
ge: Appartenevano alla 2a ed alla 4a compagnia gli uomini del-
la pattuglia in civile che si era scontrata con i partigiani a Mo-
lino di Bucchio, nei pressi di Vallucciole, l11 aprile, un even-
to che da mettere in diretta relazione con la strage che avverr
due giorni pi tardi15. Ci auguriamo che da oggi in poi nes-

14 Bundesarchiv-Militrarchiv di Freiburg, RH D6/69/2. La direttiva si trova


tradotta nel libro di Alessandro Politi, Le dottrine tedesche di controguerriglia, Uf-
ficio Storico dello S.M.E., Roma, 1991, p. 373.
15 Gentile, Le stragi tedesche del 1944 in provincia di Arezzo ed i loro perpe-
tratori, cit.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I TEDESCHI 219

suno storico parli di eccidio programmato per la strage di Val-


lucciole.

5.5. Leccidio di Vallucciole: unorripilante vendetta personale

Chi non era stato condizionato da preconcetti politici avreb-


be dovuto subito capire che la strage di Vallucciole era stata
unazione di ritorsione per luccisione dei due soldati tedeschi
a Molino di Bucchio. A Castagno la popolazione venne raccolta
in un locale, a Partina in chiesa, a Vallucciole la gente fu por-
tat fuori e uccisa. Perch? Scegliendo la tesi della strage ine-
vitabile, perch connaturata al rastrellamento contro i ban-
diti, si scindevano i due fatti dell11 e del 13 aprile. Questa
risposta politica allontanava dalla verit ma era quello che si
voleva ottenere.
Carlo Gentile scriveva: Sul legame tra scontro di Molino
di Bucchio e strage di Vallucciole non c il minimo dubbio. In
questo caso io parlerei forse pi di vendetta che di rappresa-
glia, perch questultimo termine si rif ad un apparato di nor-
me militari e giuridiche che in questo caso mi sembra del tut-
to assente16. Carlo Gentile ha ragione: la rappresaglia nazista
in genere caratterizzata da un rapporto di 1:10, dallimme-
diatezza della ritorsione, dallesposizione dei corpi delle vitti-
me, quasi sempre uomini, a monito per la popolazione. Nessu-
na di queste regole si ritrova nella strage di Vallucciole: ec-
cidio indiscriminato senza alcun rapporto numerico con gli
omicidi di Molino di Bucchio, eseguito due giorni dopo il fat-
to di sangue, in un ambiente agreste, dove a tutti fu proibito di
andare e vedere.
Inoltre quando il giorno dopo e fino al 17 prosegu il ra-
strellamento da parte del battaglione esplorante, di altre unit
della divisione H.G. e di bersaglieri e carabinieri della G.N.R.
non ci furono stragi di civili. Al contrario i militari repubblica-
ni contribuirono a dare sepoltura alle vittime, un atto di pietas

16 Cos in una mail inviataci in data 2.11.2008.


220 PAOLO PAOLETTI

che i tedeschi vietavano espressamente quando le vittime era-


no accusate di comportamento ingannevole e proditorio, co-
me a Cefalonia17. Se i soldati della stessa divisione lasciano che
i fascisti italiani diano sepoltura alle vittime della strage com-
piuta dai loro camerati significa che per gli altri tedeschi quel-
leccidio era un fatto personale che riguardava solo chi laveva
commesso. Mentre la rappresaglia aveva un valore di monito
per chi la subiva ma anche per chi la eseguiva, la vendetta ri-
duceva il suo ambito dinteresse ad un rapporto interpersona-
le. Ecco che una volta che i due plotoni delle due compagnie
avevano compiuto la loro vendetta, era venuto a mancare an-
che il motivo di reiterazione della strage.
Il desiderio di vendicarsi fu esplicitato subito dal Blomen-
kamp, il superstite tedesco. Delia Pantiferi raccontava quello
che successe a sua sorella Anita il 12 mattina: Uno dei solda-
ti che era stato presente il giorno precedente alluccisione dei
due tedeschi ma che era riuscito a fuggire, la riconobbe. Parla-
va italiano bene e disse: Noi ci conosciamo, penso che tu sia
implicata nella morte dei miei camerati. Morirai stanotte.
Anita Pantiferi dichiarava: ...a Molino di Bucchio vidi il tede-
sco che il giorno precedente era sfuggito ai partigiani. Disse:
Non mi hai dato del vino e non lo hai dato ai miei amici. Ora
sono morti, morirai stanotte. Anche se lo you inglese18 va-
le per la seconda persona singolare e plurale, e non sappiamo
se la minaccia del tedesco fosse rivolta ad Anita o a tutti gli al-
tri, chiaro che il ferito esprimeva una volont di vendetta. Ec-
co perch leccidio di Vallucciole si pu definire senzaltro una
vendetta personale dei componenti dei due plotoni che aveva-
no perso i loro comandanti.
Solo la vendetta poteva esaurirsi con latto criminale. Infatti
nella vallata del Vallucciole la vendetta si consum nella salita
fino a Vitareta, poi nel pomeriggio del 13 si smorz con il ri-

17 Si vedano i nostri quattro volumi sulla strage di Cefalonia: I traditi di Ce-


falonia, Il capitano Apollonio, leroe di Cefalonia, Cefalonia: una verit inimmagi-
nabile e Sangue intorno alla Casetta Rossa. La fucilazione degli ufficiali italiani del
24-25 settembre 1943.
18 Si deve considerare che queste testimonianze erano state tradotte in inglese.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I TEDESCHI 221

torno a valle di quei plotoni che avevano fatto la strage. Per


esempio le persone che furono scoperte nel pomeriggio nasco-
ste nel bosco o nei fossi non furono uccise. Nel 1993 raccon-
tava Bruna Vadi nei Conticini: Quinto d Vadi port via la
bambina della maestra e poi gi ni fosso, in fondo alla strada...
arriv un tedesco... e gli disse a questi 5 o 6 con questo bam-
bino... andate via... gli fece un verso come dire... Andate via!...
e quando pass lufficiale... fece tre o 4 scariche in aria e loro
andettero gi rimpiattati... nella macchia e si salvonno. Pieri-
na Michelacci, figlia di Giovanna, fugg dalla finestra della lo-
ro casa a Monte di Gianni insieme alla mamma. Si rifugiarono
per molte ore in un fosso ma sulla via del ritorno i soldati te-
deschi le scoprino a le capanne di Tani... a Pratolungo da quel-
le parti l... Quintilio, questo signore che si era unito a noi, ha
detto Siccome lei l piccola... faccia alzare le braccia in segno
di saluto (resa)... se questo ha figlioli... io sono stato in guerra
lo so! uno ci pu avere anche compassione! e infatti io alzai
le mani... channo preso e channo portato fino al mulin di Buc-
chio... abbiamo trovato la maestra morta e sopra alla maestra
cera il suo figliolo che si chiamava Roberto. Cha riconosciu-
to... la voce... e allora s alzato e noi gli abbiamo detto Vieni
con noi! ed venuto con noi per duecento metri... poi ha det-
to... No, io voglio ritornare dalla mia mamma. Ha preso ed
ritornato indietro. A noi channo preso e da l channo por-
tato al mulin di Bucchio... e channo tenuto l fino al crepu-
scolo... quando sono ritornati tutti gi... quelli che avevano por-
tato sul monte Falterona... Channo lasciate sole e quando era
buio, dopo, io e la mia mamma s preso su attraverso al bosco
e siamo andate a rifinire a Papiano. Insomma sulla strada del
ritorno non sammazzano vecchi, donne e bambini. Stanchez-
za o si esaurita la sete di vendetta?
Alfredo Gambineri fu uno dei pochi a salvarsi al Giuncheto
al termine della giornata: Naveo 4 collarme spianate. Pe di la
verit, a noi un ci spararono. Dico francamente che se ci spara-
vano... erano a una distanza di 4 o 5 metri... non dico che ma-
vesseno ammazzato subito, per stroncato senzaltro! Ridevano
come pazzi!.... La vendetta era stata compiuta la mattina, ora
alcuni soldati della H.G. potevano divertirsi con la vita di quei
222 PAOLO PAOLETTI

poveri vedovi, mentre altri continuarono a fare i nazisti: E si


scapp io, il Seri, il Calzolaio, Rutilio, Nanni di Vadi, Sante di
Trenti, Emilio del Gambineri... un ci si salv mica tanti!!. Fu-
rono risparmiati sette su diciannove portatori di munizioni.
Delia Pantiferi, di Molino di Bucchio, che la mattina del 13
aprile si era salvata da una sventagliata di mitra che aveva col-
pito a morte sua madre e unaltra donna, in quanto si trovava-
no sulla riva sinistra dellArno, dichiarava: La sera, un solda-
to tedesco che passava, vide che ero viva. Mi chiese se fossi fe-
rita e gli risposi di no. Mi aiut ad alzarmi in piedi e non riuscivo
a reggermi. Allora disse: Vado a cercare il maresciallo. Io ri-
sposi: No, no, ho paura, ma mi assicur che il Maresciallo era
buono: torn poco dopo con questo ufficiale. Il maresciallo
mi chiese: Hai nessun parente che abiti qui?. Dissi che ave-
vo dei parenti a Stia e lui mi disse di andare con loro. Prima di
andarsene comunque andarono a frugare sui corpi di mia ma-
dre e di Maria; trovarono dei soldi, se li misero in tasca. Mi por-
tarono ad una macchina e lautista ebbe lincarico di portarmi
a Stia. Fui lasciata in paese ed andai a casa dei miei amici, qual-
che giorno pi tardi mi raggiunsero mio padre e mia sorella, en-
trambi incolumi. Come mai questi soldati massacratori o altri
loro commilitoni la sera della strage tornarono ad essere per-
sone quasi civili? Forse perch consumata la vendetta, esauri-
ta la rabbia, i massacratori della mattina erano tornati ad esere
soldati normali.

5.6. I nazisti disponevano di un eccellente servizio informazioni

Il sospetto di essere stati infiltrati colp subito tutti i garibaldi-


ni che videro la carta topografica. Ungherelli che vide segnati
sulla mappa tutti i campi basi partigiani, ebbe immediatamen-
te il sospetto di un infiltrato: Sulla carta topografica si pote-
vano localizzare con esattezza (visto come era stata messa in evi-
denza la nostra) tutte le posizioni occupate dai partigiani, sia al
di qua che al di l del versante appenninico tosco-romagnolo...
Tutte le posizioni occupate dai partigiani erano sottolineate con
inchiostro rosso, con inchiostro blu le loro posizioni.... Carlo
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I TEDESCHI 223

Ferri scriveva: Sulla carta vi era segnata con incredibile pre-


cisione la posizione dei reparti partigiani, compreso il nostro19.
Di fronte alla precisione della carta Ungherelli concludeva:
...nella nostra organizzazione potrebbe esserci una talpa, se le
localit segnate su quella carta sono vere anche per le forma-
zioni romagnole, allora la talpa o lanello debole non a Fi-
renze20.
In effetti i garibaldini avevano fatto il loro campo base a Fo-
resta da una quindicini di giorni e questo era gi riportato sul-
le carte operative di chi conduceva il rastrellamento. Ci sono
pi spiegazioni. Lipotesi pi verosimile che i tedeschi aves-
sero impiegato la cosiddetta cicogna, lapparecchio Fiesler Fi-
156, pi noto come Storch appunto, nei giorni precedenti il
rastrellamento. Se Ungherelli le nota sulle mappe e poi le vede
in cielo il 13 aprile plausibile che li avessero impiegati anche
nei giorni precedenti. Invece del traditore21 tra i garibaldini
pi credibile lipotesi che i tedeschi avessero mandato tra le
bande qualche finto disertore.

5.7. Il fuoco preventivo allingresso nel Bandengebiet e la


certezza dellimpunit

Agli storici sfuggito un aspetto particolare che si ritrova in tut-


te le stragi nazifasciste: liniziale paura nellentrare nel terri-
torio controllato dalle bande. Non solo gli ufficiali tedeschi che
pianificavano i rastrellamenti ma anche i giovani soldati politi-
cizzati, che andavano a portare il terrore nelle aree da bonifi-
care, credevano che davvero il territorio fosse infestato di
banditi. In effetti furono i fascisti a far credere ai tedeschi che
quella popolazione intorno a Vallucciole era connivente e aiu-
tava i partigiani, non solo con il cibo ma anche fornendo loro
informazioni. Alla fine i tedeschi credevano davvero di avere di

19 Ferri, La valle rossa, cit., p. 119.


20 Ungherelli, op. cit., pp. 165 e 168.
21 I comunisti che erano passati per le purghe staliniane e per le carceri fa-
sciste erano ossessionati dal pericolo della talpa.
224 PAOLO PAOLETTI

fronte gente che si prestava a dare le proprie case per tendere


loro imboscate. E si comportarono di conseguenza. Prima di ar-
rivare a Molino di Bucchio a partire da Giuncheto in poi il fuo-
co delle mitragliatici pesanti fu indirizzato verso Castelcasta-
gnaio, che si trova in alto sulla sponda destra dellArno, come
se da lass potessero provenire i colpi partigiani. Siccome
certo che quellarea era al di fuori della zona del rastrellamen-
to e alle cinque del mattino non si potevano distinguere even-
tuali bersagli, bisogna ritenere che limpiego di quelle armi fos-
se dovuto non alla scoperta di qualche movimento sospetto ma
pi semplicemente a scopo preventivo e cautelativo.
A Molino di Bucchio arriv anche un semovente che non
avendo alcun preciso obiettivo da colpire sparava solo speran-
do di creare panico, come se i partigiani fossero schierati ap-
pena sopra le case di Monte di Gianni. A differenza di quanto
fecero a Castagno dAndrea, i tedeschi non spararono alle por-
te e alle finestre di Molino di Bucchio, Serelli, Vallucciole: sa-
pevano che l non ci erano banditi ma spararono alle finestre
della Pantenna come testimonia il portatore di munizioni,
Trenti Rutilio22. Sanno che da quella fattoria in su, a Vitareta e
Boccaporrena, ci potevano essere i partigiani.
Dal diario di monsignor Ermindo Melani, abate di San Go-
denzo sappiamo che Alcuni partigiani annidati sul Falterona
avevano commesso limprudenza di scendere a Castagno e spa-
rare a distanza contro alcuni soldati della O.T.23. Questo da
solo bast per fare arrivare unintera compagnia e perch i pri-
mi che entrarono in paese sparassero allimpazzata contro le ca-
se e la chiesa, il bosco e una collinetta. A Castagno il buio con-
tribu ad aumentare la paura nei soldati che sparavano preven-
tivamente contro tutto quello che si parava loro davanti. Le
azioni iniziavano col buio perch i tedeschi volevano cogliere i
banditi o la popolazione nel sonno.

22 Rutilio Trenti, con lo pseudonimo di Filippo Nibbi, La strage. La memoria


della strage di Vallucciole nel racconto di un contadino, cit., p. 6: Quando sarriv
a Castellonchio di fronte c la Pantenna i tedeschi sparavano alle finestre del-
la Pantenna.
23 O.T. sta per Organizzazione Todt.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I TEDESCHI 225

Lunica cosa che accomuna Vallucciole e Castagno dAndrea


che i soldati non hanno paura delle eventuali sanzioni supe-
riori: a Vallucciole ci si vendica con una strage indiscriminata,
a Castagno si spara contro chiunque scappi.
Gli storici delle stragi programmate non hanno tenuto
conto che nei rastrellatori convivono questi due sentimenti: la
paura di entrare nel territorio infestato dai banditi e la co-
scienza della garanzia dimpunit. Prima e dopo la strage di
Vallucciole sono state date da Kesselring due licenze di ucci-
dere. La prima circolare del 7 aprile 1944: lufficiale Ia, ad-
detto alle operazioni dello Stato Maggiore di Kesselring, ordi-
nava: Contro le bande si agir con azioni pianificate [...] In
caso di attacco aprire immediatamente il fuoco, senza curarsi
di eventuali passanti [...] Il primo comandamento lazione vi-
gorosa, decisa e rapida. Chiamer a render conto i comandanti
deboli e indecisi, perch mettono in pericolo la sicurezza del-
le truppe loro affidate e il prestigio della Wehrmacht [...]In ca-
so di attacchi bisogna immeditatamente circondare le localit
in cui sono avvenuti; tutti i civili, senza distinzione di stato e
di persona, che si trovano nelle vicinanze saranno arrestati in
caso di attacchi particolarmente gravi; si pu prendere in con-
siderazione anche lincendio immediato delle case da cui si
sparato [...]La punizione immediata pi importante di un
rapporto immediato. Tutti i comandi preposti devono usare la
massima asprezza nello svolgimento dellazione [...]In genera-
le i comandi di piazza locali dovranno rendere noto che alla
minima azione contro soldati tedeschi verranno prese le pi
dure contromisure. Ogni abitante del luogo dovr essere am-
monito in proposito: nessun criminale o fiancheggiatore pu
aspettarsi clemenza [...] Data la situazione attuale un inter-
vento troppo deciso non sar mai causa di una punizione.
Lordine del feldmaresciallo Kesselring del 17 giugno 1944
ancora pi terribile: La lotta contro le bande dovr esser con-
dotta con tutti i mezzi disponibili e con la maggiore asprezza
possibile. Difender qualsiasi comandante che nella scelta e nel
rigore dei mezzi impiegati abbia oltrepassato la misura mode-
rata da noi considerata normale [...]Per conseguire un succes-
so val meglio un errore sulla scelta dei mezzi che unomissio-
226 PAOLO PAOLETTI

ne o una trascuratezza. Le bande devono essere attaccate e di-


strutte[...] Esistono localit e talvolta zone intere in cui cia-
scuno, uomini, donne e bambini, vincolato in qualche modo
con le bande, in qualit di combattente, di assistente, di colla-
boratore. Questo il commento di Klinkhammer: ...gli abi-
tanti dei villaggi appenninici per la prima volta furono consi-
derati pienamente responsabili della comparsa di partigiani! La
popolazione civile venne cos obbligata a una scelta che non
consentiva pi di barcamenarsi e destreggiarsi tra i due fronti
opposti. Doveva prendere posizione pro o contro i partigiani,
e quindi non le restava che scegliere se diventare vittima dei
partigiani o dei tedeschi e dei fascisti24. Ad aprile la guarni-
gione tedesca di stanza a Stia usa punizioni pi blande di quel-
le ordinate: tutti i civili, senza distinzione di stato e di perso-
na, che si trovano nelle vicinanze, saranno arrestati in caso di
attacchi particolarmente gravi: a Molino di Bucchio si arre-
stano solo due ragazze, perch sono riconosciute dal terzo sol-
dato che aveva parlato con loro poche ore prima, si incendia-
no solo poche case, non si uccide nessuno. Purtroppo anche
ad aprile i soldati della H.G. si sentivano autorizzati a compiere
qualsiasi nefandezza durante i rastrellamenti. Il ritrovamento
del manifesto partigiano sulla porta della chiesa di Valluccio-
le noi non crediamo che sia stato trovato affisso non avreb-
be peggiorato la situazione: quei soldati della Hermann Gring
si sentivano gi autorizzati ad uccidere ma soprattutto vo-
levano vendicarsi a modo loro.

5.8. Le stragi a Partina, Moscaio e Moggiona

Don Mattesini lunico che ha lasciato scritto qualcosa sulle


modalit desecuzione delle stragi a Moscaio e Partina. A Mo-
scaio: Un gruppo di SS sale la via sassosa, sconnessa guidato
da un giovane costretto contro la propria volont. Il paesino di

24 Cfr. Lutz Klinkhammer, Loccupazione tedesca in Italia, Bollati Boringhieri,


Torino, p. 357.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I TEDESCHI 227

Moscaio preso dassalto: le poche case bruciate, uccisi sette gio-


vani. Che male avevano fatto questi giovani? Perch questo ec-
cidio? Il parroco di Banzena, don Artemio Bisenti, ha gettato un
po di luce su questo episodio. I giovani non furono uccisi in ca-
sa ma ai margini del bosco, divisi in due gruppi. Chi si trovava
per la via o sulle prode dei campi e boschi veniva ammazzato al-
listante... I corpi dei morti furono lasciati insepolti... Alle insi-
stenze del prete il comandante concesse di sotterrarli privata-
mente senza il suono delle campane e senza persone25.
Partina non fu una seconda Vallucciole perch i partigiani
del luogo ebbero maggior buon senso: Lo stesso 11 aprile un
attentato partigiano a unauto in transito lungo la statale del pas-
so dei Mandrioli, nei pressi di Partina, cost la vita ad altri tre
soldati tedeschi, catturati dai partigiani e poi soppressi in mon-
tagna26. Quindi il 13 aprile i tedeschi non dovevano vendica-
re commilitoni o fare una rappresaglia per tre soldati dispersi.
Il racconto di don Mattesini rende meglio di quello di Cu-
rina27 quanto avvenne a Partina:

La guardia comunale Cerini Angelo costretto a guidare quei fa-


cinorosi alle case dei partigiani. Salgono alla Portaccia dal parti-
giano Lorenzoni, sfondano la porta, lo chiappano caldo caldo a
letto, lo portano via in mutande... La guardia si affretta a spiega-
re che Giovanni Lorenzoni non un partigiano. Un colpo alla te-
sta lo fredda... Presente alla scena Severo Luzzi, contadino della
Chiesa. Fu costretto a portare fascine di legna nelle case destina-
te a bruciare. Vide cadere la guardia colpita allorecchio da un sol-

25 Don Cristoforo Mattesini, Guerra e pace, Tipografia Palmini, Arezzo, 1978,


pp. 26-27.
26 Gentile, Le stragi nazifasciste..., cit., p. 85.
27 Ecco come presentava la strage di Partina Antonio Curina (op. cit., p. 475):
A Partina una formazione di SS tedesche improvvisamente d lassalto al paese
e, sparando allimpazzata cerca di terrorizzare la popolazione, che si era rinchiusa
nelle proprie case. I tedeschi, sfondando le porte, entrano nelle case, le saccheg-
giano, portano via gli uomini che riescono a trovare, li massacrano con i fucili mi-
tragliatori, cospargono di benzina le salme e le incendiano... Alcuni giovani, che
gi si trovavano nel paese ed altri che arrivarono dalle case sparse nella campagna
per andare a lavorare con la Todt, vengono catturati a gruppi e, senza alcuna dis-
criminazione, sono fucilati.
228 PAOLO PAOLETTI

dato. Approfitt del momento di confusione e fugg... Giovanni


Lorenzoni scapp ma riconosciuto, perch in mutande, fu ucci-
so. Insieme a lui cadde Vito Zavagli: un bravo giovane che non
aveva a che fare con le fazioni in lotta. Tedeschi bussarono fu-
riosamente a casa di Secchioni. Gina, la madre, donna forte, co-
raggiosa, riusc a trattenerli. Il figlio dopo una lotta con un tede-
sco, ferito, riusc a fuggire, raggiunse la campagna e si allontan
sempre inseguito dai tedeschi. Il partigiano Sante Paperini cattu-
rato, riusc a scappare; salt un muro, vol gi nel fosso e risal
la sponda opposta. Si offr bersaglio ai nemici che dallalto lo ful-
minarono con una scarica. Il padre di Sante, fu colpito al pol-
mone, mentre si raccomandava che lasciassero il figlio, scese in
canonica con gli altri abitanti. Il parroco ladagi sopra un mate-
rasso ma sopraggiunsero quei manigoldi, lo prelevarono a forza,
contro il parere di don Torinesi, con il pretesto di portarlo allo-
spedale. Si allontanarono veloci, svoltarono verso un campo e lo
finirono di uccidere versando terra in bocca. Don Giovanni Van-
nini con il binocolo osserv la scena, corse su, ma il poveretto era
gi morto. Gruppi di tedeschi sgombrarono il paese alto. Le fa-
miglie furono fatte affluire in chiesa e in canonica. Gli abitanti del-
la via nazionale restarono indisturbati nelle case. Le abitazioni
dei partigiani, di chi li aveva aiutati, altre per errore, vennero bru-
ciate. Vittorio e Valentino Rosai, dopo una furiosa lotta, sopraf-
fatti, cosparsi di benzina, vennero bruciati. I fratelli Bruno e Pie-
tro Lecconi, scaraventati vivi nella casa di Secchioni in fiamme,
morirono nellincendio. Il giovanetto Luigi Pierazzoli, strappato
dalle braccia dei genitori, fu buttato nel fuoco. Cerc di fuggire.
Lo ripresero e lo cacciarono di nuovo nelle fiamme. Mor carbo-
nizzato, rannicchiato in se stesso, nel tentativo di sfuggire alle
vampate. Egisto Montini aveva fondato un maglificio con sede nel
teatro del paese. Si era rifugiato in chiesa con gli altri paesani. Cir-
col la voce forse ad arte che il teatro era in fiamme. Monti-
ni usc con gli operai Furieri Antonio e Luigi Gori per tentare di
salvare le macchine. Nessuno dei tre ritorn (si veda Segatori due
pagine pi avanti). Furono riconosciuti i cadaveri dalle chiavi del
teatro e da pochi avanzi. Roghi umani di vittime e di case di-
vamparono a lungo! Non bastando le fiamme, altre abitazioni fu-
rono minate... Dal podere di Faeta vennero i marescialli della
Todt, da Soci il capitano tedesco Tambosi. A mezzogiorno ri-
uscirono a liberare donne e fanciulli, alle ore quattro del pome-
riggio gli uomini. Questi messi al muro, vennero rilasciati dopo
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I TEDESCHI 229

un severo ammonimento di fare la fine degli uccisi, se avessero


reagito. La rabbia tedesca non era finita! Sei operai di Soci pas-
savano diretti al lavoro. Andavano a lavorare alla Todt. Un tri-
bunale improvvisato li condann a morte e caddero una alla vol-
ta lungo la sponda dellArchiano. Dalle finestre gli abitanti della
via nazionale li videro piombare a terra sotto il fuoco nemico.
Perch furono uccisi? Probabilmente qualche italiano delle SS, ri-
conosciuto, si vendic facendoli sparire. Alcuni civili ricercati
sfuggirono alla morte. Anche don Antonio Buffadini, padre Ri-
enzi Barnabita, di passaggio da Partina, arrestati e minacciati di
morte, riuscirono a liberarsi28.

Anche a Partina le ricevute rilasciate dai partigiani sono allo-


rigine dellattenzione fascista. Quando il partigiano Salvatore
Vecchioni scriveva: dimostrato da tante testimonianze che
le SS furono spinte alla rappresaglia da false denunce inoltrate
direttamente al loro comando da persone della zona o dei din-
torni29, ha in buona parte ragione.
Se le truppe della H.G. includono nel rastrellamento i
paesi di Partina e Moscaio perch hanno ricevuto dai fascisti
informazioni e prove concrete dellassistenza fornita da alcune
famiglie ai partigiani. Quelle ricevute in mano alle autorit re-
pubblicane e passate a quelle germaniche diventavano per i te-
deschi un inequivocabile atto daccusa. Ecco perch questi due
paesi alla stessa ora (tra le tre e le cinque del mattino dello stes-
so giorno) di Vallucciole vengono investiti dalle medesime trup-
pe della H.G.. Ecco perch anche qui sono guidate dai fasci-
sti i quali dicono: quella casa l s, questa no. Don Mattesini si
meraviglia che a Partina Gli abitanti della via Nazionale resta-
rono indisturbati nelle case: ci vuol dire che le spie fasciste
non vi avevano individuato persone sospette e la via Nazionale
era fuori dallarea da rastrellare. Walter Segatori scriveva nel
1976: A Partina si verificato il caso di un piccolo industriale
che fabbricava guanti e indumenti direttamente per i partigia-
ni. Questo piccolo industriale mor poi bruciato nella sua casa

28 Mattesini, op. cit., pp. 29-31.


29 Sacconi, op. cit., p. 69.
230 PAOLO PAOLETTI

e lo stabilimento fu distrutto dai tedeschi il 13 aprile30.


Sempre don Matessini ci racconta cosa avvenne il 15 apri-
le a Moggiona:

Due automezzi tedeschi salivano al Montanino e a Moggiona. Le SS


rastrellavano la zona. Quelli del camion che saliva la vecchia via di
Poppi-Camaldoli, visti gli operai della Todt sparavano contro di lo-
ro. Questi fuggirono, chi verso casa, chi a Greppi, podere di An-
giolo Cipriani. Giulivo Fani raccontava che, alzate le braccia, una
pallottola gli for la giacca sotto il braccio. Chiusi gli operai in una
casa, a Greppi, volevano fucilarli come partigiani. Per fortuna ac-
corsero i marescialli della Todt e spiegarono che si trattava dei loro
operai... Laltro gruppo delle SS risaliva la strada Poppi-Moggiona.
Presso il ponte, prima di entrare in paese, furono convinti dai sot-
tufficiali della sezione genieri che a Moggiona non cerano partigiani.
Vollero egualmente ispezionare il paese. Le solite spie avevano fat-
to il nome di due persone, indiziate di ospitare famiglie ebree. En-
trarono nelle case con il mitra spianato ma non uccisero nessuno...
Un cannoncino piazzato a Lonnano, bombardava la foresta nel dub-
bio che vi fossero partigiani... Le SS temevano di addentrarsi nella
foresta ma sparavano a tutti quelli che vedevano in giro, senza do-
mandare chi fossero. A Moggiona i colpi arrivavano sempre pi for-
ti e distinti. Tirati a regolare distanza, non cessarono un minuto31.

La ferocia, la volont terroristica il comune denominatore di


queste stragi, cos diverse tra loro.

5.9. A Castagno dAndrea n esecuzioni mirate n strage


indiscriminata

Monsignor Ermindo Melani, abate di San Godenzo, scriveva nel-


la sua relazione al vescovo di Fiesole:

Nella notte dal 12 al 13 aprile e, verso le ore 2, una colonna di cir-

30 Gruppo di studio sulla Resistenza nelle campagne toscane, I contadini to-


scani nella Resistenza, cit., p. 90.
31 Mattesini, op. cit., p. 34.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I TEDESCHI 231

ca cento automezzi fra cannoni, autoblinde e carri armati, con un


contingente di circa sei o settecento soldati tedeschi delle S.S. pas-
sata per San Godenzo ed piombata su Castagno, sorprendendo
tutti nel sonno. Per tutta la notte, nel giorno successivo e nella not-
te seguente, fino al tramonto del giorno 14, abbiamo udito di qui
continui spari di cannone, di mitraglia e formidabili detonazioni.
Si vedevano pure vasti incendi. Alcune persone che erano riuscite
a fuggire dalla zona investita raccontavano cose spaventose. Tentai
ripetutamente di recarmi sul luogo, come lo tentarono altre auto-
rit locali, ma non fu assolutamente possibile, essendo tutte le stra-
de sbarrate dai soldati tedeschi. Ieri finalmente, essendo partita la
compagnia delle SS e subentrati altri militi, potei portarmi a Ca-
stagno e rendermi ragione di quanto era accaduto. La colonna ap-
pena giunta in paese apr il fuoco con tutti i mezzi. Tutti, letteral-
mente tutti gli abitanti, comprese le donne, i bambini ed i malati
furono trascinati fuori seminudi, alcuni nudi, dalle loro case, in
mezzo agli spari ed agli incendi, derubati di anelli, orologi e di tut-
to quanto avevano indosso, e richiusi in due stanze. Poi le case fu-
rono spogliate di tutto, tutte fino alle capanne. Quello che rimase
fu distrutto. Poi molte case furono fatte saltare con la dinamite, con-
tro altre furono sparate cannonate, una ventina furono bruciate. Fi-
no ad ora abbiamo ritrovato sette persone morte a fucilate. Tre
donne e quattro vecchi. Altri undici morti sono in un bosco oltre
Castagno: ma nessuno potuto andare a rilevarli. La Canonica fu
tra le prime a essere aggredita e il Parroco, tratto fuori seminudo
fu con gli altri ammassato in una stanza ove rimase fino alla sera
del 14. La Chiesa fu violata. La porta laterale fu aperta con una
bomba. Contro il Crocefisso furono sparate cinque fucilate.

In questa testimonianza si riscontra la paura dei soldati tede-


schi cui stato detto che stanno per entrare in un territorio con-
trollato dai banditi ma soprattutto c la volont di fare del ter-
rorismo, con la certezza dellimpunit anche se si compiono
azioni gratuite e inutili.
A Castagno le truppe tedesche uccisero quattro donne e tre
uomini: Fidalma Madiai, Francesco e Giuseppina Baldoni, Gino
Balli, Elisa Innocenti, Caterina Ringressi e Alessandro Romualdi32.

32 Romualdi morir sei giorni dopo per le ferite riportate.


232 PAOLO PAOLETTI

Una visita a Castagno dAndrea e alcuni incontri con testi-


moni oculari hanno permesso di stabilire che due donne furo-
no uccise mentre stavano scappando insieme ai loro mariti
fuggire durante un rastrellamento era come dichiararsi bandi-
ti! , altre due perch passavano dietro una finestra mentre i
soldati tedeschi sparavano contro le facciate delle case. In pra-
tica due donne morirono mentre andavano a cercar riparo nel-
le parti delle abitazioni che non davano sulla strada. Le altre vit-
time furono persone terrorizzate che scappavano fuori di casa.
I sette civili furono tutte vittime del fuoco preventivo dei tede-
schi e della conseguente paura collettiva.
Che a Castagno non ci fosse questa volont stragista di-
mostrata dal fatto che dopo questi sanguinosi incidenti la po-
polazione fu raccolta in un locale e successivamente liberata.

5.10. Cosa sarebbe potuto accadere se non fossero state uccisi i


due tedeschi a Molino di Bucchio?

Comprendiamo che si tratta di un what if, unipotesi contro-


fattuale, per vale la pena chiedersi: cosa sarebbe potuto acca-
dere se i garibaldini non avessero ucciso i due tedeschi e non
avessero appreso che un rastrellamento li avrebbe coinvolti di
l a due giorni?
Paola Calamandrei chiedeva a Corrado Marchi nel 1993:
Avete mai pensato che se non fosse successo quellepisodio,
quello scontro coi tedeschi, magari questa cosa non sarebbe
successa?. Questi rispondeva: Poteva anche darsi che se non
ci fosse stato questi morti al Mulin di Bucchio un ci fosse sta-
to queste rappresaglie. un ragionamento che in tanti posti...
non ci sono stati.
Sulla base di quello che era avvenuto in precedenza e quel-
lo che effettivamente successe quello stesso giorno a Castagno
dAndrea, Partina e Moscaio, si pu ritenere che, in mancanza
dei presupposti per una vendetta, i tedeschi avrebbero verosi-
milmente ucciso gli uomini sospettati di connivenze coi parti-
giani e incendiato le loro case. Avrebbero terrorizzato la popo-
lazione, raccogliendola nella chiesa, che a differenza di quella
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I TEDESCHI 233

di Castagno non era circondata dalla case e quindi si prestava


a rinchiudervi chi vi doveva restare per ore. Si pu ipotizzare
che anche a Vallucciole si sarebbe potuto ripetere quanto av-
venne a Castagno dAndrea o Partina. Sarebbe dipeso da come
i fascisti di Stia avevano dipinto gli abitanti di quelle borgate.
I sette morti di Castagno non sono state esecuzioni mirate. Ma,
visto che Vallucciole dallottobre 1943 si era fatta una fama di
covo di partigiani, i fascisti di Stia avrebbero preteso dai sol-
dati della H.G. che venissero puniti anche gli uomini di Val-
lucciole, Serelli e Monte di Gianni. In altre parole si sarebbe
ripetuto quello che effettivamente avvenne a Partina: i tedeschi
avrebbero ucciso quelle persone di sesso maschile che sareb-
bero stati indicati dalle spie fasciste. Gli altri uomini sarebbe-
ro stati usati come portatori di munizioni e alla fine del ra-
strellamento sarebbero stati rilasciati, come effettivamente ac-
cadde agli uomini di Molino di Bucchio. Sarebbero s morti al-
cuni uomini e un numero molto maggiore di partigiani ma si
sarebbero salvate le donne e i bambini. La maggior parte delle
vittime della strage.

5.11. Furono centootto le vittime della strage di Vallucciole

Libera Voce del 17 settembre 1944 (anno I, n. 2), settimanale


edito a cura del comando della Brigata Garibaldina Pio Bor-
ri, scriveva: Vallucciole: 160 donne, 20 ragazzi, 6 bambini
230 innocenti massacrati mentre stavano sugli usci delle case a
guardare i soldati tedeschi che salgono la montagna... Partina:
30 innocenti massacrati: donne, contadini, artigiani intenti al
proprio lavoro. Nel convegno organizzato dalla provincia di
Arezzo nel 1990 Ivo Biagianti parlava ancora33 di oltre 150 vit-
time. Per fortuna queste cifre erano esagerate anche se i nu-
meri restavano terrificanti. Questi errori si sarebbero potuti
evitare se qualcuno avesse fatto un minimo di ricerca archivi-

33 Guerra di sterminio e Resistenza. La provincia di Arezzo (1943-1944), cit.,


p. 185.
234 PAOLO PAOLETTI

stica al comune di Stia o allarchivio diocesano di Fiesole. Gra-


zie al pronto intervento dei sacerdoti di Stia e degli uomini del-
la Misericordia si era potuto stabilire fin dallinizio lesatto nu-
mero dei morti della strage di Vallucciole. Scriveva Carlo Gen-
tile: Quasi 200 persone... furono le vittime di due operazioni
di rastrellamento messe in atto dalla divisione... Nella prima
operazione, che venne a toccare la Vetta le Croci, Vaglia e Vic-
chio nellarea del Monte Morello, furono fucilate 16 persone.
A Vallucciole, il 13 aprile i soldati della Hermann Gring
massacrarono 108 civili34, in gran parte donne e bambini, altri
41 civili furono fucilati lungo la strada del passo dei Mandrio-
li e 35 altre persone, tra civili e partigiani, in altre localit nei
pressi del Monte Falterona35.
I nomi delle vittime sono stati pubblicati per la prima vol-
ta nel 1957 da Antonio Curina e poi nel 1993 grazie allAsso-
ciazione Nazionale tra le Famiglie Italiane dei Martiri36. Se si
escludono i morti tra i partigiani e quelli di Lonnano37 ed unal-
tra donna uccisa il 16 aprile 1944, la somma risulta cos con-
fermata in 108 vittime accertate.
Gli specchi riepilogativi inglesi, che sono stati pubblicati in
Non dimenticare Vallucciole, ci permettono per la prima volta
di fare una suddivisione dei morti per localit. Riassumendo gli
schemi fatti dalla commissione dinchiesta britannica che indi-
cano oltre al nome e allet anche i danni alle cose, i nomi dei
testi che hanno confermato i decessi, il luogo della sepoltura
ecc. possiamo dire che: le vittime civili sono cos ripartite: 3 a
Lonnano, 1 a Case Nuove, 2 a Mori, 1 a La Cuna, 1 a Moli-
nuzzo, 2 a Molino di Bucchio, 4 a Giuncheto, 1 a La Capanna,
1 alla Canonica di Vallucciole, 2 a Molino del Bianco, 11 a ca-
sa Trenti, 23 a Monte di Gianni, 20 a Serelli, 25 alla chiesa di

34 I 108 erano divisi in 43 uomini, 43 donne e 22 bambini.


35 Gentile, Le stragi tedesche del 1944 in provincia di Arezzo ed i loro perpe-
tratori, cit.
36 Jona, op. cit., pp. 32-33.
37 Sacconi, op. cit., p. 75, scriveva: Reparti di SS tedesche occupano il vil-
laggio di Lonnano e sparando allimpazzata, terrorizzano la popolazione che fug-
ge nelle campagne.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I TEDESCHI 235

Vallucciole, 7 a Moiano di Sopra e 6 a Moiano di Sotto, per un


totale di 110.
Secondo un altro schema le vittime si possono cos suddi-
videre: 41 uomini tra i 36 e gli 80 anni, 45 donne tra i 23 e gli
84 anni, 22 i bambini tra i 3 mesi e i 16 anni, per un totale di
108.
Queste le cifre britanniche. Secondo Curina38, invece, i
bambini e i ragazzi morti furono 16, 46 le donne e 46 gli uo-
mini.
Nel calcolo fatto nel rapporto inglese non viene computa-
ta la morte di Tommasi Maria, di La Capanna, ricoverata allo-
spedale di Stia il 16 aprile e deceduta il 18 a seguito della feri-
ta da proiettile riportata alla testa. A riprova di questo la ma-
dre superiora dellospedale di Stia produce il registro delle de-
genze e dei morti ma poi il nome della donna non figura nel ri-
epilogo generale.
Le vittime come Bucchi Antonio, ucciso il 18 aprile 1944 a
Mori di Moriccia, non vanno computati a nostro giudizio in
quello globale della strage di Vallucciole perch il luogo e la da-
ta lo collocano fuori dallintervento della H.G.. Dunque le
vittime civili di quel rastrellamento furono 109
Nel 1944, allepoca del fatto, le persone che risultavano re-
sidenti in quelle frazioni erano 192 raccolte in 33 nuclei fami-
liari ma dobbiamo tener conto che molte di esse, pur essendo
sempre in forza in quegli elenchi anagrafici, si erano trasferite
per trovare un modo di vivere migliore e diversi giovani risul-
tavano assenti perch sotto le armi, altre, per sfuggire alla guer-
ra, erano sfollate...39. Considerando che, per esempio a Moia-
no, cerano famiglie sfollate da Arezzo per timore dei bombar-
damenti aerei, in mancanza di cifre esatte sulle reali presenze
di civili nellarea rastrellata, risulta impossibile stabilire la per-
centuale di mortalit nella popolazione.

38 Curina, op. cit., p. 471.


39 Vessichelli, op. cit., p. 137.
236 PAOLO PAOLETTI

5.12. I rastrellamenti un successo a met: un parziale successo


militare ma un completo fallimento politico

Se i rastrellamenti avessero mirato solo a riprendere il control-


lo del territorio davanti e dietro la Linea Verde-Gotica sareb-
bero stati un successo completo ma quasi sempre fallirono nel-
laltro obiettivo, quello di annientare la minaccia partigiana. In
quel periodo i ribelli riuscirono quasi sempre a sfuggire dal-
la rete nazifascista. Ecco perch i rapporti per i comandi tede-
schi venivano falsati calcolando tra i ribelli i civili uccisi.
Kesselring pag un prezzo salato per aver scelto la linea du-
ra: inasprendo le linee guida che arrivavano da Berlino si alie-
n il mondo contadino, quel poco di simpatia di cui godeva la
Wehrmacht tra la popolazione inurbata e ricevette le proteste
di Mussolini. Lerrore del comando di Kesselring fu quello di
autorizzare lesecuzione degli sgomberi dalle aree dinteresse
militare non con gli avvisi, levacuazione sotto scorta e gli in-
cendi delle case in caso di mancata ottemperanza agli ordini ma
con il terrore. Ormai negli alti comandi tedeschi in Italia era sta-
to emarginato chi sosteneva che nella repressione della guer-
riglia poteva condurre al successo solo una politica che colpis-
se con durezza quelli che il capitano di cavalleria Alexander zu
Dohna-Schlobitten definiva i colpevoli, cio i partigiani, ma
che allo stesso tempo risparmiasse i civili40. Prima di Valluc-
ciole, le azioni di rastrellamento, che avevano interessato tanti
paesi disseminati lungo la strada statale 71 del passo dei Man-
drioli e la statale 67 del passo del Muraglione, avevano visto
sempre soprusi e violenze, raramente vittime. Poi per quando
nella primavera si tratt di bonificare larea infestata dai
banditi si prese a procedere con azioni terroristiche: uccisio-
ni gratuite, a volte con massacri indiscriminati.

40 Gentile, Le stragi nazifasciste..., cit., p. 89.


ANATOMIA DI UNA STRAGE: I TEDESCHI 237

5.13. Perch nel rastrellamento del 13 aprile solo a Vallucciole


atti di ferocia inaudita contro donne e bambini?

Quello che avverr il13 aprile con larrivo della divisione


H.G. supera il limite del pensiero umano: la barbarie incru-
del in modo nefando proprio contro i pi deboli, i bambini, i
vecchi e le donne41. Qui concordiamo con Antonio Curina che
defin Vallucciole la pi feroce rappresaglia, dato che i tede-
schi quanto i fascisti furono di una inaudita crudelt. Non si
tenne conto di nulla: n dei malati, n dei bambini, n delle don-
ne, n dei vecchi; ma si pens soltanto a uccidere ed a distrug-
gere.
Quello di Vallucciole , dunque, uno dei primi esempi di
guerra totale, dove il disprezzo della vita umana da parte dei
soldati della Wehrmacht assume connotati antirazziali. A Val-
lucciole si compie un massacro di popolazione civile inerme
con intenti terroristici, per vendetta contro luccisione di due
comandanti di plotone. Qui si manifestata lanima pi be-
stiale del militare in guerra: i soldati scelti della H.G. si so-
no lasciati andare a rapine a mano armata per estorcere dena-
ro e gioielli su vivi e morti, violenze sessuali a Moiano di So-
pra, infanticidi. Uccidendo perfino donne ferite (Ragazzini
Amelia, poi finita con un colpo di fucile), hanno affermato il
disprezzo verso una razza ritenuta inferiore. Hanno ucciso don-
ne svenute o in preda a crisi isteriche, per non udire le loro gri-
da. Hanno sempre ammazzato a sangue freddo. Solo le Waffen-
SS faranno altrettanto a SantAnna di Stazzema o a Marzabot-
to. Ecco perch questeccidio tremendo assurge a simbolo di
ogni crimine di guerra e merita uno studio particolare. quin-
di da chiedersi perch solo a Vallucciole e non altrove?
Il fatto che lufficiale ucciso a Molino di Bucchio fosse il sot-

41 Ripetiamo le cifre. A Serelli furono uccise 20 persone, a Vallucciole 25. Da


Vallucciole un gruppo di soldati si dirige verso le borgate di Moiano di Sopra e
Moiano di Sotto a circa 1 km di distanza. Due uomini e 3 donne a Moiano di Sot-
to, 5 uomini, una donna e una ragazzina di 11 anni a Moiano di Sopra. Le varie
squadre si ricongiungono sopra a Vallucciole e riprendono la marcia in colonna.
A Monte di Gianni le vittime sono 23: 7 uomini, 9 donne e 7 bambini.
238 PAOLO PAOLETTI

totenente Heinz Domeyer, il giovanissimo comandante di un


plotone della 2a compagnia e laltro un comandante di plotone
della 4a compagnia, quelle impegnate nel rastrellamento da Mo-
lino di Bucchio, ha avuto ovviamente il maggior peso nel tra-
sformare il rastrellamento in un massacro indiscriminato. Sem-
pre Gentile notava: Anche le stesse compagnie del reparto
esplorante si comportarono in maniera non uniforme: le trup-
pe che uccisero sette civili a Castagno dAndrea (4 donne e 3
uomini)... appartenevano con certezza quasi assoluta alla 3a
compagnia del reparto, quella che a marzo aveva massacrato 27
uomini a Cervarolo e Divago... Quindi mentre due delle com-
pagnie del reparto esplorante annientavano Vallucciole, gli uo-
mini della terza non ritennero di aver motivo di modificare i cri-
teri seguiti fino a quel giorno nella scelta delle loro vittime. Tra
le circostanze che contribuirono a scatenare la strage di Val-
lucciole dobbiamo considerare lo scontro tra esploratori tede-
schi in civile e partigiani dell11 aprile42. Quei due plotoni del-
la 2a e 4a compagnia stavano vendicando i loro comandanti ca-
duti. Quei due plotoni avevano una motivazione molto perso-
nale in quella operazione antiguerriglia: quella di vendicare i lo-
ro giovani superiori. Queste due compagnie interpreteranno
gli ordini superiori in maniera molto pi draconiana di quanto
diceva il testo e il senso degli ordini, cos passarono per le ar-
mi anche donne e bambini.
Gi l11 aprile uno dei tre tedeschi in ricognizione, prima di
essere ucciso dai garibaldini, aveva detto alle due ragazze Ani-
ta Pantiferi e Ines Bucchi che A Vallucciole ci sono i partigia-
ni. I tedeschi avevano capito che gli omicidi dei loro camerati
erano stati commessi a Molino di Bucchio ma da banditi arri-
vati da Vallucciole. Cos gli abitanti di Molino di Bucchio pa-
gavano con lincendio di casa Pantiferi mentre gli abitanti di
Vallucciole pagavano con la vita: gli uomini e le donne che ave-
vano aiutato i ribelli. Il nesso diretto tra i due omicidi dell11 e
la vendetta del 13 diventa cos evidente. A Vallucciole la barba-
rie raggiunse livelli di nefandezza impensabili perch si accan

42 Gentile, Le stragi nazifasciste..., cit., p. 88.


ANATOMIA DI UNA STRAGE: I TEDESCHI 239

contro i pi innocenti di tutti, i bambini.


Tutte le testimonianze concordano su alcuni punti. Negli al-
tri paesi interessati dal rastrellamento (Lonnano, Pratovecchio,
Casalino) lapproccio della maggior parte dei soldati brutale
ma allapparenza in linea col comportamento della polizia mi-
litare: come prima cosa chiedono i documenti. Come se voles-
sero appurare dal controllo delle foto e della professione se
luomo un partigiano travestito da contadino. Ma siccome
dallesame della carta didentit non si pu accertare se il con-
tadino sia un partigiano o meno, si capisce che questa verifica
puramente fiscale. Ma pi probabilmente latto mira ad un al-
tro obiettivo, vuole nascondere il loro vero intento: quello di
sapere di quanti soldi dispongono le povere vittime. Infatti do-
po aver restituito la carta didentit i soldati pretendono le ban-
conote contenute nel portafoglio. Tutte le testimonianze con-
cordano su questa che pu essere definita una rapina a mano
armata. Siccome le truppe tedesche che rapinavano a Lonnano
e Casalino appartenevano alla stessa divisione, questa differen-
za di comportamento tra Lonnano e Casalino da una parte e
Vallucciole dallaltra si pu spiegare solo in un modo: a Val-
lucciole i tedeschi vollero vendicare i loro due commilitoni uc-
cisi.

5.14. Pi mistificazioni che verit sul comportamento dei


tedeschi: quanti furono i criminali e quanti i buoni?

Come in ogni strage si sono fatte molte mistificazioni e molta


retorica sul comportamento dei tedeschi a Vallucciole. Rutilio
Trenti ci diceva che Viviano Gambineri, il bimbo di mio cu-
gino di 70 giorni fu preso per i piedi e gli sbatterono la testa
nel muro, ma tre testimoni oculari, don Giovanni Minnini,
Prasildo Giachi e Bruno Ceccarelli affermano di aver trovato il
bambino tra le braccia della madre, uccisi dalle pallottole te-
desche. Il padre Alfredo Gambineri, pur intervistato nel 1993,
nel 2002 e nel 2005 da Vessichelli, si sempre astenuto dal so-
stenere luna o laltra versione. Tuttavia la vulgata si impa-
dronita della tesi pi truculenta, avanzata da Emilio Biami, bri-
240 PAOLO PAOLETTI

gadiere dei carabinieri che aveva lasciato le stellette per il gla-


dio e che forse nel 1945 aveva pi interesse ad accusare gli ex
camerati germanici che a raccontare la verit. Inoltre Biami col-
locava la macchia sul muro al pianterreno, mentre Viviano fu ri-
trovato al primo piano. Non un caso che le due foto fatte dal
Giachi (vedi p. 59) in 65 anni non sono mai state pubblicate:
avrebbero svelato la verit. Ancor oggi tutti preferiscono scri-
vere che il bambino fu ucciso in quel modo barbaro. Silvana Vi-
sotti Ristori, una donna che arriv sul luogo della strage molte
ore dopo i fatti, dichiarava nel 1993: Il pi che mi rimase im-
presso fu a Monte di Gianni, quella creaturina, battuta in qui
muro che i cervello un gni riusciva di coprillo!!! Fu preso per
le gambe e sbattuto sui muro e l...! Quando vo l un guardo,
un guardo quel muro!!! Perch mi d una suggestione tremen-
da!. Siccome Viviano Gambineri fu ucciso a Vallucciole, e fu
lunico lattante ammazzato, pensiamo che la teste si sia confusa
sulla localit o che quelle macchie sui muri siano diventate una
suggestione collettiva. Oggi gli storici tedeschi credono persino
che i lattanti vennero lanciati in aria e abbattuti al volo, come
se si trattasse di una sorta di tiro al piattello43.
In un massacro di queste dimensioni si sempre pensato
che in tutti quei soldati fosse scomparso ogni segno di umani-
t. Noi invece pensiamo che per fare una strage indiscrimina-
ta non occorreva che partecipassero al massacro tutti i com-
ponenti delle due compagnie (circa 180 uomini) e nemmeno
quelli dei due plotoni (circa 70 uomini). Bastavano molti me-
no criminali. Se un plotone tedesco era composto da circa 35
uomini, in teoria a Vallucciole cerano 70 giovani ideologizza-
ti disposti ad ammazzare qualunque subumano italiano, pur
di vendicare i loro comandanti. Sicuramente i componenti dei
due plotoni volevano far capire con quel comportamento dis-

43 Andrae, La Wehrmacht in Italia, cit., p. 137, e ripreso da Schreiber in La


vendetta..., cit., p. 171. Nessuno dei testimoni ascoltati dagli inglesi nel 1945 e da
noi ha mai sostenuto una fantasia del genere. Per bisogna dire che effettivamen-
te si trova in Rutilio Trenti, pseudonimo di Filippo Nibbi, La strage. La memoria
della strage di Vallucciole nel racconto di un contadino, cit. C da osserevare che il
Trenti non fu testimone oculare.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I TEDESCHI 241

umano che l, e non in altre parti dellarea da rastrellare, era


accaduto qualcosa di eccezionale. Bisogna considerare anche
che per fare un centinaio di morti bastava che tra quei 70 ci
fossero una decina di belve umane che sparavano indiscri-
minatamente con le loro Maschinenpistolen. Se qualcuno leg-
ge le testimonianze noter che chi spara contro 7 persone a Se-
relli, donne e bambini un solo soldato. Rutilio Trenti dichia-
rava nel 1944: Vicino allultima casa di Serelli cera un muro.
Ai piedi di questo vidi sette corpi: erano tutti di donne e bam-
bini. Bastava un soldato per ammazzare sette innocenti. Quan-
ti soldati occorrevano per mitragliare le dieci persone poi fini-
te dalle fiamme che distrussero il numero civico 7 di Valluc-
ciole? La maggior parte dei soldati erano impegnati a far sgom-
berare le case, a radunare la gente nella piazzetta del villaggio,
a incendiare le case, a rapinare, a distruggere le suppellettili, a
stuprare44, a uccidere il bestiame. Tra questi che non parteci-
pano alla strage degli innocenti ci sono altri soldati che spa-
rano a bruciapelo al civile inabile in quanto quasi cieco, a quel-
lo che posa la cassetta delle munizioni perch non ce la fa pi
a portarla, a quello che cerca di scappare, allaltro che va na-
scondendosi dietro un armadio e che poi si scoprir essere una
madre col bambino45. E nessuno pu garantirci che quel sol-
dato che ha sparato su donne e bambini a Serelli non sia lo stes-
so che ripete la strage a Moiano o a Vallucciole. C poi quel-
lo che spara ad uno sfollato di Moiano e a sua madre che ur-
lava per il dolore e che poi si mette a ridere quando una don-
na rimasta vedova da poco gli mostra il petto per fargli capire
che sta allattando e che deve andare a salvare il suo bambino.
Insomma leggendo le testimonianze si vedono comportamenti

44 Silvana Visotti Ristori dichiarava nel luglio 1993: Quelle belle ragazze che
stavano l a Monte di Gianni... aveon certe belle trecce... glielaveon tagliate e glie-
laveon messe gi sotto... ma guardate lo strazio??!!.
45 Si pu immginare che allora della strage a Vallucciole verso le 7,30 ce-
ra luce allesterno ma se le persiane della camera erano rimaste chiuse era buio den-
tro le stanze e forse chi cercava di nascondersi ne approfitt. In casa si usava il car-
buro e verosimilmente i tedeschi non perquisivano le case con il lume a petrolio
in mano.
242 PAOLO PAOLETTI

estremamente differenti nella generale ferocia belluina dei gio-


vani soldati.
Per la maggior parte degli scrittori non ci pu essere un
solo soldato tedesco umano. Lanonimo curatore dellopusco-
lo della provincia dArezzo nel 1977 non nascondeva il suo
pensiero mentre ascoltava il testimone Rutilio Trenti racconta-
re: Il sergente mi faceva: Via scappare... Kaputt... Scappare.
E a me non interessava scappare... Non mi interessava niente...
Se avessi avuto ancora la famiglia, quanto ci voleva a fare quat-
tro salti nella macchia di faggi e correre via! Allora il tedesco,
visto che non avevo nessuna intenzione di scappargli, mi pre-
se per le spalle e mi dette uno spintone di quelli forti... mi det-
te una spinta, che non avevo mai sentito una spinta cos...46.
Ecco il commento di questo anonimo curatore: Il contadino
fin di parlare e io mi domandavo: come mai il tedesco lo fece
scappare? Perch il tedesco fu buono? Cos pareva al con-
tadino. Ma potrebbe esserci anche unaltra risposta: perch ci
fosse qualcuno a ridire la strage di Vallucciole, per dissuadere
anche con questo mezzo, chi avesse avuto ancora lintenzione
di aiutare i partigiani!. Lanonimo curatore del libretto non sa-
peva che durante le stragi gli assassini si preoccupavano di non
lasciare persone in vita e, se non potevano sparare il colpo di
grazia, lanciavano una bomba a mano tra i corpi o incendiava-
no le case? Lo facevano per sadismo e perch gli eventuali so-
pravvissuti non potessero riferire sullidentit delle guide ita-
liane o sui distintivi dei soldati tedeschi. Per chi effettuava il
rastrellamento lo scopo della strage era quello di terrorizzare
la popolazione, perch questa non aiutasse pi i partigiani. E
per ottenere questo scopo in citt lasciavano esposte le perso-
ne impiccate o fucilate e in campagna non davano sepoltura al-
le vittime. I tedeschi non avevano alcun bisogno di lasciar vi-
vo qualcuno perch facesse da megafono. Le case incendiate,
i corpi crivellati di pallottole, quelle immagini che sarebbero

46 Nel libro di Sacconi (op. cit., p. 73) leggiamo: ...Giunti a Giuncheto il te-
desco si guard intorno e visto che i suoi superiori non lo controllavano mi dette
uno spintone e mi costrinse a fuggire.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I TEDESCHI 243

rimaste sotto gli occhi di tutti, valevano pi delle parole. Quin-


di se qualche civile fu lasciato in vita da soldati delle Waffen-
SS o della H.G., si tratt di un atto di piet da parte di un mi-
litare che rischiava la sua pelle per salvare quella di un inno-
cente. Al curatore dellopuscolo della provincia non sembrava
verosimile che un solo tedesco si fosse comportato umana-
mente, che in quella compagnia di criminali ci fosse stato un
soldato con un cuore umano. Evidentemente a costui non era
mai giunta notizia che due Waffen-SS furono passate per le ar-
mi dai loro stessi compagni, una a SantAnna di Stazzema e una
a Marbarotto, perch si erano rifiutate di partecipare al mas-
sacro della popolazione civile. Non sapeva che a Gerusalem-
me tra i giusti che hanno salvato ebrei ci sono sei militari del-
la Wehrmacht.
Forse il curatore era solo un ignorante che non aveva mai
letto le testimonianze dei superstiti delle altre stragi naziste.
Noi possiamo dire che in tutte le stragi di civili che abbiamo
studiato (Padule di Fucecchio, SantAnna di Stazzema, Guar-
distallo, Marzabotto, Pietransieri, Pedescala) c sempre stato
un tedesco buono, che ha salvato una o pi persone. Non fos-
se altro per una questione statistica: tra quasi duecento soldati
non ci poteva essere qualche padre di famiglia che aborriva
sparare a persone innocenti?
Il caso di Rutilio Trenti non lunico accaduto a Vallucciole.
Sacconi riportava la testimonianza del Vadi, il cognato di Ruti-
lio Trenti: I tedeschi portarono tutti... fino a Molino di Buc-
chio. Evidentemente lordine era di uccidere tutti ma questi te-
deschi (forse erano austriaci) non se la sentirono di farlo. Or-
dinarono ai prigionieri di fuggire ma questi non ubbidirono nel
timore di essere colpiti alle spalle, come era successo a tanti al-
tri. Allora i tedeschi si allontanarono, lasciando sul posto uno
di loro che, ad un certo momento, cominci a sparare raffiche
di mitra in aria, incitando i prigionieri a fuggire. E cos si salv
il figlio della maestra, Giovanna Baldani con sua figlia e il Va-

47 Sacconi, op. cit., p. 72.


244 PAOLO PAOLETTI

di47. A Giancarlo Vessichelli Maria Vadi raccontava: Mi sta-


to raccontato che pass un tedesco vicino al cadavere della mae-
stra, vide che la bambina era viva, la prese in braccio e non si
sa dove la port. Comunque non lammazzarono48. Reginaldo
Bucchi dichiarava: A Vallucciole un soldato tedesco disse:
Che misera morte per i banditi. Io gli dissi: Io non sono un
bandito. Il soldato rispose: Il mio comandante non qui, an-
davetene subito alle vostre case. Sesto Seri dichiarava nel
1993: Quel tedesco era uno che son sicuro che addosso alla
gente un glavrebbe sparato mai! Quel tedesco, allinfuori che
cavesse avuto un comandante che gli avesse detto o tu spari te
o sparo a te!49. Rutilio Trenti raccontava quello che gli successe
al Giuncheto: Il sergente cosa non faceva... Si divincolava.
Posso dire che mi salv. Effettivamente doveva essere uno di
quelli buoni50.
Come in tanti luoghi di martirio (Pietransieri, SantAnna di
Stazzema, Marzabotto), anche a Vallucciole si sono verificati ca-
si sporadici in cui alcuni soldati hanno chiuso uno o due occhi
per favorire la fuga di qualche disgraziato. Il gesto bonaria-
mente violento fatto dal soldato tedesco contro Rutilio Trenti
rivelava anche che il graduato non poteva disporre di molte al-
tre occasioni per farlo scappare senza mettere a repentaglio la
sua stessa vita.
A nostro giudizio la massa dei soldati delle due compagnie
si limit a scaricare la propria rabbia contro le cose e le bestie,
a raccogliere la gente per strada, a rapinare, per cui alla fine gli
assassini potrebbero essere di poco superiori ai buoni. Pur-
troppo chi voleva togliere la vita aveva, come sempre, pi mez-

48 Vessichelli, op. cit., p. 85.


49 Si veda lintervista di Paola Calamandrei a Sesto Seri del 1993, audioregi-
strazione inedita in possesso della provincia di Arezzo.
50 Rutilio Trenti, con lo pseudonimo di Filippo Nibbi, La strage. La memoria
della strage di Vallucciole nel racconto di un contadino, cit., p. 7.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I TEDESCHI 245

zi di chi la voleva salvare. Certo non tutti i civili che si sono sal-
vati hanno trovato un soldato tedesco buono, coraggioso e
umano, la maggior parte si salv in altro modo51.

51 In altri casi non ci furono soldati buoni ma per esempio preti sagaci. In
una relazione mandata a don Formelli e conservata presso lArchivio Arcivescovi-
le di Fiesole si legge: Come dimenticare il prete prudente e coraggioso che scel-
se di far buon viso alloccupazione della propria casa parrocchiale e sfrutt saga-
cemente lamore per il vino dei tedeschi, per carpire loro notizie e riferirle ai par-
tigiani, convincendo questi ultimi a non compiere azioni sconsiderate visto che lo
status quo garantiva loro un modesto ma continuo rifornimento di munizioni, sot-
tratte nottetempo dal parroco e la conoscenza in anticipo delle mosse dei nazifa-
scisti, dunque la salvezza di altre formazioni partigiane. Don Giuseppe Tozzetti sal-
v la vita a tre suoi parrocchiani, giovani partigiani, solo grazie ai buoni rapporti
che era riuscito ad instaurare con un suo ospite, un capitano cattolico, che nel mo-
mento del bisogno si rivel generoso e magnanimo quale ufficiale del tribunale mi-
litare tedesco. giusto considerare che questi ufficiali che uscivano fuori dal cli-
ch del rigido soldato tedesco occupante fossero casi isolati e soprattutto che i sol-
dati che presidiavano il Casentino erano ben diversi da quelli che effettuarono il
rastrellamento nei giorni successivi alla Pasqua. Anche quando don Mattesini (op.
cit., p. 29) ricorda i fatti successi a Soci fa riferimento allufficiale di stanza nel suo
paese: Soci sfuggito per miracolo. Il capitano dellesercito Tambosi, coman-
dante a Soci, ha impedito che quei forsennati mettessero il paese a ferro e fuoco.
A fatica perch queste formazioni di SS sono indipendenti dallesercito. Poco do-
po lo stesso prete spiegava che Tambosi era il cognome di un ufficiale tedesco. Ov-
viamente le SS erano gli uomini della Hermann Gring.
VI

ANATOMIA DI UNA STRAGE: I FASCISTI

6.1. Il ruolo delle spie fasciste

Carlo Levi scriveva: spie da noi, in tutta la valle, non ce ne so-


no. E fascisti nemmeno. Invece cerano gli uni e gli altri. Nel-
la storiografia si parlato poco del ruolo dei fascisti. Molto me-
no rispetto alle tante accuse rivolte dai superstiti ai fascisti di
Stia.
Sicuramente le spie fasciste hanno operato nel territorio co-
munale di Stia. Lepisodio di Molino di Bucchio del novembre
1943 che port alla morte di Pio Borri fu chiaramente dovuto
ad una soffiata alle orecchie dei fascisti. Anche nel 1944 si era-
no avuti segnali e prove del ruolo delle spie fasciste. I supersti-
ti di Vallucciole hanno spesso parlato delle spie1.
Se in comune il segretario Giabbani cerchiava con una ma-
tita rossa le frazioni dove erano stati segnalati i partigiani era per-
ch riceveva continue informative. Sulla mappa comparivano
dei + allinterno dei cerchi rossi ogni volta che gli arrivavano ag-
giornamenti sulla presenza di partigiani in quel gruppo di case.
Anita Pantiferi diceva nel 1993: Mi disse qui tedesco che mi
port a Stia... Parlate poco perch quello l la spia pi catti-
va che ci sia! Lera un omino piccino.... Anche Rutilio Tren-

1 Trenti, con lo pseudonimo Nibbi, La strage. La memoria della strage di Val-


lucciole nel racconto di un contadino, cit., p. 4 scriveva: Cera gente che faceva la
spia....
248 PAOLO PAOLETTI

ti ripeteva: ...quelli sapevano morte, vita e miracoli!... le spie


correvano da un posto ad un altro.... Se il soldato tedesco in
abiti civili diceva ad Anita Pantiferi e a Ines Bucchi: A Valluc-
ciole ci sono i partigiani non perch lui lavesse accertato ma
perch lo avevano riferito le spie fasciste di Stia.
Le spie erano un fenomeno diffuso ovunque. Anche don
Mattesini ammetteva che alla Moggiona: Le solite spie aveva-
no fatto il nome di due persone, indiziate di ospitare famiglie
ebree. Nellopuscolo dellAmministrazione provinciale leggia-
mo che lanonimo teste (ovvero Trenti Rutilio) dichiarava che
nella vallata di Vallucciole cera gente non contenta dei parti-
giani e che faceva la spia e gli fece portar via le poche armi che
avevano.
Ma cerano spie fasciste anche tra i partigiani. Milena Ebic-
ci, una testimone della strage di Berceto del 17 aprile, raccon-
tava a Maria e Lucrezia Pinzani2: Giusto Vangelisti disse ai
quattro partigiani nel capanno: Sentite vu dovete andar via e
subito. A Vallucciole e in Casentino i tedeschi hanno trovato dei
partigiani, hanno dato fuoco a tutto il paese e ammazzato un
monte di gente. Ma no rispose uno dei quattro con i piedi
scalzi e un n vero nulla: i tedeschi hanno bruciato solo una
capanna che cerano delle armi dentro. Giusto non capiva quel-
lostinazione ma sapeva che cera poco da fare: i partigiani era-
no in quattro ed erano armati... Verso le dieci si sentirono dei
colpi provenire dal capanno. Cinque tedeschi erano arrivati a
Berceto, scendendo dalla Madonna dei Fossi, diretti al rifugio
dei partigiani... Due li avevano freddati allistante, altri due in-
vece li avevano lasciati in vita perch erano spie, con i piedi scal-
zi in segno di riconoscimento.... Persino nellEremo di Camal-
doli agivano le spie fasciste. Perch non avrebbero dovuto es-
serci a Vallucciole?

2 Maria e Lucrezia Pinzani, Racconti partigiani dal Mugello, Stampa alterna-


tiva, Roma, 2004, pp. 115-116.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I FASCISTI 249

6.2. I fascisti parteciparono alla strage di Vallucciole?

Purtroppo la realt che emerge dalle testimonianze e dai docu-


menti che a Vallucciole ci furono i collaborazionisti fascisti, che
fecero da guide ai massacratori e forse parteciparono al massa-
cro. Le famiglie erano divise al loro interno. Il mugnaio Regi-
naldo Bucchi con i fratelli Angelo Emilio e Raffaello aiutavano
i partigiani ma erano imparentati con un esponente fascista di
Stia.
Le truppe tedesche non avevano bisogno solo di guide che
li portassero su per i sentieri, di interpreti per gli interrogatori
ma anche di personale politicizzato su cui poter contare per fa-
re una selezione tra amici e nemici. Scriveva don Mattesi-
ni: A Partina il comando delle SS era in casa del segretario po-
litico3. Specialmente durante i rastrellamenti era necessario per
i tedeschi sapere quali contadini stavano dallo loro parte e do-
vevano essere risparmiati. Dunque i fascisti non potevano esse-
re estranei alle stragi, nel bene, quando evitavano la fucilazione
di qualcuno, parente o amico e nel male. Delia Pantiferi ha sem-
pre ripetuto che luomo con limpermeabile ed il cappello tira-
to sugli occhi, che incontr a Molino di Bucchio il 13 aprile, era
un italiano.
I fascisti di Stia furono sicuramente guide e forse anche ese-
cutori materiali di omicidi. Don Mattesini scriveva: La scena
pi raccapricciante: i bambini sbattuti contro il muro. Di questo
ne ho una testimonianza diretta: Un disgraziato nella piazza di
Soci, fermatosi a parlare con don Vittorio Guerri e con me, si van-
tava con queste parole: A Vallucciole per non sciupare una pal-
la, i bambini si sbattevano nei muri. Una signora di Stia mi con-
fermava il fatto: fra i bambini che fecero questa fine, una di 4 an-
ni di Arezzo sfollata a Vallucciole. Dio che guida gli eventi, lascia
la libert agli uomini che possono commettere qualsiasi delitto.
La punizione prima o poi arriva. Quel disgraziato fin sepolto vi-
vo!4. Sempre don Mattesini scriveva: Fra queste SS mi han-

3 Mattesini, op. cit., p. 29.


4 Ivi, p. 26.
250 PAOLO PAOLETTI

no raccontato vi era una persona importante. Fu riconosciuta


da uno dei valligiani che esclam: Oh almeno lei ci salver. Ba-
st questo perch tutti quelli che incontravano venissero fucilati
senza piet5. Il riferimento al segretario comunale Angelo Giab-
bani palese. Le due testimonianze di Rutilio Trenti e di don Mat-
tesini si riferiscono alla stessa persona, al Giabbani ma anche
possibile che la persona incontrata dal prete sulla piazza di Soci
non sia lex segretario comunale. Comunque il Giabbani non fu
lunico fascista che scapp con la famiglia al Nord, per cui cer-
to che non fosse il solo fascista di Stia ad avere pesi sulla co-
scienza. verosimile che lui ed altri fascisti abbiano fatto da gui-
da e abbiano fatto una selezione delle persone da eliminare. Nel
febbraio 1944 a Stia il maresciallo della G.N.R Umberto Abba-
tecola e il maresciallo dei CC.RR. Albino Zappalo6 erano noti co-
me elementi disponibili anche a ripetere le loro angherie contro
i sostenitori dei partigiani. Altri fascisti che parteciparono alla
strage vengono riconosciuti ma non denunciati. Scriveva Vessi-
chelli citando Maria Vadi: Lo zio Vittorio ha riconosciuto tra gli
esecutori delleccidio gente di Stia e fa anche il nome ma non ha
la forza di denunciare. Vede il vento che tira, non crede troppo
nella giustizia umana7. Il fascista cui si allude il gi citato (1.1)
Mario Volpini, che non subir alcun processo.
Su questo amaro capitolo occorre una volta per tutte fare
chiarezza. Purtroppo risulta confermato che anche qui, come poi
a Civitella val di Chiana, a SantAnna di Stazzema, a Marzabot-
to, ecc. i collaborazionisti italiani svolsero un quadruplice ruo-
lo di infiltrati, suggeritori di rastrellamenti, guide, cooperanti o
copartecipanti alle stragi.
Quali motivazioni spingevano dei fascisti a commettere si-
mili barbarie? Don Matassini scriveva8: A questo si aggiunge-
va il proposito di rivalsa e di vendetta di alcuni gerarchi fascisti
che si vedevano derubati o vedevano strappato di mano il co-
mando.

5 Ibidem.
6 Curina, op. cit., p. 96.
7 Vessichelli, op. cit., p. 80.
8 Mattesini, op. cit., p. 27.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I FASCISTI 251

Secondo noi molto probabile che fascisti italiani parteci-


panti al rastrellamento abbiano avuto parte negli eccidi. Basti
pensare a quanto raccontano Don Pesci ed altri testimoni non
tradotti. Per esempio Bucchi Giuseppa, e non solo lei (si veda
laccusa di Giovanni Vadi contro Giabbani in 6.4) afferma di
aver sentito parlare italiano da soldati vestiti con luniforme te-
desca. Unaccusa che ricorrer nelle stragi di Civitella, del Co-
mune di Cavriglia, del padule di Fucecchio, di SantAnna di
Stazzema e Marzabotto. Un altro testimone oculare, Seri Sesto,
dice che insieme ai soldati tedeschi cerano uomini italiani
senza specificare se erano civili o soldati. Come abbiamo visto
(3.6), secondo una voce raccolta da Rutilio Trenti, Angelo Giab-
bani portava una maschera a Casa Trenti, gli cadde e venne ri-
conosciuto. Mario Cappelletti dimostrava di aver intuito che
quella strage indiscriminata non era una semplice rappresaglia
e dichiarava nellottobre 1993: un fatto di odio verso le fa-
miglie!. E alla domanda dellintervistatrice Paola Calamndrei:
E perch se la ripresero con le famiglie?, Cappelletti rispon-
deva: Cera parecchi tedeschi, ma anche fascisti di posto!.
Secondo la testimonianza di Emma Giabbani, alcuni fasci-
sti aretini si recarono a Case Nuove di Santa Maria il 12 aprile.
Dunque i fascisti furono sicuramente coinvolti fin dallinizio.
Inoltre il fatto che la casa dei Pallini fosse stata oggetto delle re-
quisizioni partigiane9, risparmiata dalle perquisizioni dei tede-
schi della guarnigione di Stia effettuate il 12 aprile e fosse di-
ventata rifugio sicuro di persone vicini alla famiglia, dimostra che
i fascisti accompagnavano i rastrellatori per segnalare che quel-
la casa a Santa Maria e altre dovevano essere risparmiate in quan-
to occupate da persone fidate.
Anche in altri inchieste inglesi su altre stragi naziste torna
questo dettaglio: i fascisti che fungevano da guide per le truppe
tedesche a Civitella Val di Chiana e SantAnna di Stazzema por-
tavano delle maschere o calze di nylon sul viso. Ecco cosa scri-

9 Walter Segatori spiega che i partigiani requisivano la quota di ammasso di


propriet del concedente. In Gruppo di studio sulla Resistenza nelle campagne to-
scane, I contadini toscani nella Resistenza, cit., p. 90.
252 PAOLO PAOLETTI

ve Renzo Martinelli10: Coi tedeschi, nella loro irruzione in ca-


sa di don Vito, a Monte Giovi, cera un italiano, ovvero un co-
so nato in Italia, il quale teneva il bavero del cappotto tirato su,
ben chiuso sul mento, un berretto calzato fino alle sopracciglia,
e sul naso una pezzuola nera legata dietro la nuca. Da questa ma-
schera veniva la traduzione delle domande, degli inviti, delle mi-
nacce fatte dai razziatori. Se nellinverno 43 il confidente-in-
terprete si vestiva in tale guisa in occasione di una perquisizio-
ne in casa di un prete, si pu comprendere che in primavera ed
in estate i fascisti che facevano da guide girassero con una vera
e propria maschera.
Noi siamo convinti che i fascisti abbiano partecipato alla
strage di Vallucciole come guide e selezionatori, se non come ese-
cutori materiali, vestiti con divise tedesche, soprattutto perch
i fascisti si ritrovano in tutti gli eccidi di civili e militari11. Se dal
1943 al 1945 troviamo i militi e le camice nere accanto agli oc-
cupanti e ai massacratori tedeschi perch non ci dovrebbero es-
sere stati anche i fascisti a Vallucciole?

6.3. La maggior parte dei superstiti getta la colpa pi sui fascisti


che sui partigiani

A Vallucciole non c una memoria divisa, per usare lespres-


sione coniata da Giovanni Contini per Civitella12. La popolazio-
ne di Vallucciole non divisa tra chi addita come responsabili
della strage nazista i partigiani e i partigiani che ritorcono le ac-
cuse sulla popolazione che aiut i tedeschi feriti dai partigiani.
Nella vallata del Vallucciole non c neppure una memoria
condivisa sui fatti del 1944 perch ormai non esiste pi una co-
munit. I superstiti della strage sono quasi tutti morti e non si
sono mai divisi sulle responsabilit della strage. Erano contadi-

10
Martinelli, op. cit., p. 77.
11
Ci riferiamo a Cefalonia. Si veda il nostro libro Cefalonia 1943: una verit
inimmaginabile, Franco Angeli, Milano, 2007.
12 Contini, La memoria divisa, cit.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I FASCISTI 253

ni abituati a lavorare la terra e a governare le bestie pi che a


ipotizzare retroscena. A Stia non ci sono stati omicidi lavati col
sangue. I fascisti ebbero laccortezza di non farsi rivedere a Stia
nel dopo liberazione. Un fascista, Ferruccio Ugolini, invece, eb-
be lardire di tornare a Stia nellestate 1945. Ugolini se la cav
con un breve pestaggio senza conseguenze13. Anche lui, assor-
bite le tumefazioni, se ne and. Giovan Battista (Tista) Marchi,
che pure perse nella strage i genitori e la moglie, ebbe noie so-
lo per il fatto di aver fatto la spia anche per i fascisti.
Per quanto riguarda le responsabilit della strage queste non
sono state attribuite agli autori materiali o a chi provoc la ven-
detta nazista, ma proprio ai fascisti. Rutilio Trenti, luomo pi
rappresentativo, che stato la memoria di Serelli, dichiarava a
Paola Calamandrei nel 1993: Io penso che i tedeschi siano sta-
ti i meno!... Sia stata la parte minima di questa faccenda che
successo!... In Montenegro succedevano le stesse cose da parte
italiana... Io non posso rispondere perch sa?!! son cose...!! cin-
fluisce la politica su certe cose... non siamo competenti per cer-
te cose... Io dovessi dire dipende da questo e da questaltro non
glielo posso dire, ecco!. Vittoriano Frulloni spiegava: La spin-
ta forte la dettero i fascisti, anche se era un disegno strategico or-
mai ripulire tutto il Falterona. Trenti non era il solo ad odiare
pi i fascisti dei tedeschi. Dilva Pantiferi raccontava a Paola Ca-
lamandrei cosa disse sua sorella Anita quando fu portata in co-
mune: Noi si p ringraziare i tedeschi! Per voi sera tutti fuci-
lati! la gnene disse, eh! in Comune! E difatti a noi cha salva-
to i tedeschi... eh! la unn mica una novella! L verit!14. In-
fatti quando fu la sua volta ad essere intervistata, Anita diceva:
La colpa a chi lho data? A chi ha fatto la guerra. Mussolini! Per-
ch avr fatto anche delle cose bone, ma cha lasciato come... co-
me quello che ci fa un palazzo e poi ce lo lascia in rovina! Cha
lasciato la rovina!. Anche Silvana Visotti Ristori dichiarava: Se
devo dire che un tedesco l cattivo, la un lo sente dire... questi

13 Si veda Vessichelli, op. cit., pp. 169-171.


14 Si veda lintervista di Paola Calamandrei a Trenti, Frulloni e Delia Panti-
feri Natalini del luglio 1993, audioregistrazioni inedite in possesso della provincia
di Arezzo.
254 PAOLO PAOLETTI

tedeschi abbandonarono tutti i campi minati, partirono, lascia-


rono tutto... gli dico che l venuto i tedeschi in casa nostra... c-
hanno portato un quintale... di un misto zucchero e caff che si
faceva bollire nellacqua e con quella si faceva un buon caff! E
ci lasciarono dei pacchetti di biscotti che non andavano a male
mai! Ci bast tre mesi che eravamo sfollati... Ma si diede anche
agli altri... perch noi sera un 150 a Tracolle.
Sono veramente rare le accuse contro i partigiani. Chi rim-
proverava ai garibaldini linazione era Pierina Michelacci di
Monte di Gianni, che era esplicita nella sua accusa del novem-
bre 1993: Anche i partigiani che guardavano dalle montagne
circostanti e vedevano quello che succedeva... nessuno ha mos-
so un dito!.... Dino Bracciali ripeteva: Dopo aver ammazzato
due tedeschi, nessuno ha avvertito niente e... dopo qualche gior-
no c stata la rappresaglia!15. Come si vede anche a loro non
era mai giunta notizia che Ungherelli si era vantato nelle sue
memorie di aver catturato la mappa operativa tedesca e... di aver
avvisato la popolazione.
Eventuali domande sul comportamento dei garibaldini sa-
rebbero potute nascere se ci fosse stata una corretta informa-
zione sul fatto di Molino di Bucchio. Ma lintervista a Silvana
Visotti Ristori dimostra che la memoria sullepisodio di sangue
era distorta: ...Mentre i partigiani correvano l per quella stra-
da, ora l un pochino pi larga... insomma gni spar uno... ma
lui aveva sparato tanto per fagni paura, ma insomma un so co-
me land... fu colpito... fu i disastro...!16.

6.4. La giustizia assolve lunico fascista portato in tribunale

Nel 1946 Angelo Giabbani, uno dei pi accesi fascisti di Stia,


fu processato e incredibilmente assolto in nome di Sua Altezza

15 Le precedenti citazioni sono tutte tratte dalle interviste di Paola Calaman-


drei e Francesca Cappelletto a Giovanna e Pierina Michelacci e Dino Bracciali del
novembre 1993, audioregistrazione inedita in possesso della provincia di Arezzo.
16 Intervista di Paola Calamandrei a Silvana Visotti Ristori del luglio 1993, au-
dioregistrazione inedita in possesso della provincia di Arezzo.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I FASCISTI 255

Reale (S.A.R.) Umberto dalla Corte dAssise di Arezzo/Sezione


Speciale. Il gruppo di ricerca sulle stragi naziste delluniversit
di Pisa scriveva: Dalle conclusioni degli inquirenti inglesi e del-
la Corte di Assise Straordinaria di Arezzo, sembra emergere las-
senza di reparti della locale GNR dalla scena del massacro. An-
che lipotesi di un gruppo amministrativo-politico locale (costi-
tuito da Martellucci, commissario prefettizio, dal segretario co-
munale Giabbani e dal segretario politico del fascio di Stia Fran-
calanci) dedito alla delazione e coinvolto in ruolo di guida nel-
leccidio crolla in sede di processo: tutti gli imputati sono infat-
ti scagionati dallaccusa di collaborazionismo17.
La Corte di Assise Straordinaria di Arezzo con la sentenza
dell8.2.1946 non fece giustizia.
Questo il testo della sentenza:

La Corte di Assise di Arezzo/Sezione Speciale ha pronunciato la


seguente sentenza nella causa per citazione diretta contro Giab-
bani Angelo... nato ad Arezzo il 25.5.1900... arrestato il 23.7.1945
imputato
a) del delitto di cui allart. 5 del D.L.L. del 17.7.1944 n. 139 pu-
nito ai sensi degli art. 51-58 C.P.M.G. per aver successivamente al-
l8.9.1943, collaborante con il tedesco invasore, partecipante nel-
la sua qualit di iscritto al P.F.R. alla uccisione di patrioti e citta-
dini in localit Giuncheto il 13.4.1944 e svolgendo attiva opera di
propaganda nazifascista e inducendo giovani ad arruolarsi nella
G.N.R.
b) del delitto di cui agli art. 314 e 81 C.P. e per essersi in Stia nel-
laprile 1944 appropriato con pi azioni esecutive di un medesi-
mo disegno criminoso di Lire 15.519, 65 in danno del Consorzio
Provinciale Macellai (Coproma), denaro che distraeva a proprio
profitto e che aveva ricevuto nella sua qualit di Segretario Co-
munale incaricato dellesazione dei contributi dovuti dai macellai
a detto ente
Fatto e diritto
Alcuni giorni prima del 13.4.1944, in localit Mulin del Bucchio
vennero uccisi due soldati tedeschi il che provoc una feroce rap-

17 http://www.stm.unipi.it:81/stmstragi/episodio.php?episodio=Vallucciole
256 PAOLO PAOLETTI

presaglia compiuta da reparti della divisione Hermann Gring,


appositamente inviata sul posto.
Il 13 aprile vari abitati del popolo di Vallucciole (Stia) furono in-
cendiati e donne, vecchi, bambini, famiglie intere trucidati. Una
trentina di uomini validi vennero rastrellati, e costretti, sotto scor-
ta, a trasportare munizioni sul monte Falterona. Da qui furono fat-
ti discendere verso Giuncheto, ove alla sera sullimbrunire, si dis-
se loro che potevano andarsene; non appena si accingevan a ci,
vennero investiti da raffiche di mitraglia, che causarono la morte
di 19 persone e il ferimento di due. Gli altri riuscirono miracolo-
samente a salvarsi colla fuga. Frattanto nelle montagne vicine i te-
deschi avevano catturato 17 giovani, che vennero fucilati davanti
il cancello del cimitero di Stia, pare nelle prime ore del mattino
del 17 aprile.
Questi in succinto i fatti che tanto orrore destarono per la bestia-
le ferocia che li ispir, che tanto strazio e tanti lutti crearono sul
quieto e laborioso Casentino, ove sono indicati col nome di stra-
ge di Vallucciole.
Segretario comunale di Stia, dal quale la localit di Vallucciole di-
pende, era Giabbani Angelo, fervente fascista prima del 25 luglio
1943, fascista repubblicano poi, e quindi, dopo gli accennati tra-
gici episodi, odiato dalla popolazione. Rientrato dal Nord, venne
tratto in arresto e gli si fece carico di essere stato uno dei primi
sanguinari attori della immane tragedia. Si disse cos: 1) che egli
la mattina del 13 si trovava in Vallucciole, vestito da tedesco, e con
una barba finta, essendogli caduta, mentre si trovava in casa Tren-
ti, ove abitava la famiglia Bucchi, la birba ordin, per il timore di
essere stato riconosciuto, che tutti i componenti la famiglia Buc-
chi fossero trucidati, il che avvenne; 2) che la sera dello stesso
giorno 13 aprile 1944, sullimbrunire, e cio dopo le 19,00 (il so-
le tramonta in tale ora), egli era a Giuncheto, vestito da tedesco,
e che fu lui ad ordinare che i trenta operai venissero mitragliati,
iniziando per primo il fuoco con un fucile mitragliatore di cui era
armato. Trattasi di addebiti di eccezionale gravit, i quali, se pro-
vati, non potrebbero non condurre che alla irrogazione della pi
grave delle pene. Ma a prescindere dalla considerazione che atti
di una simile efferatezza difficilmente sono la prima manifestazio-
ne criminosa di un individuo, e tali sarebbero per il Giabbani, al-
lora quarantaquattrenne, padre di 8 figli, e sulla cui condotta nul-
la si mai avuto a ridire, sta un fatto: a) che nessuno ha veduto il
Giabbani la mattina del 13 aprile, vestito da tedesco, colla barba
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I FASCISTI 257

finta a Vallucciole o altrove. Quelli che dovrebbero deporre su ci,


sarebbero stati trucidati. Trattasi quindi di una voce, assoluta-
mente incontrollata ed incontrollabile, di cui si ignora lorigine,
perch in proposito non si saputo rispondere alle ripetute do-
mande rivolte in merito ai suoi testi, altro che Lo si diceva...
voce pubblica.... Ma la origine la si deve molto probabilmente
ravvisare nella circostanza che in quel mattino il Giabbani and
in ufficio dopo le 10,00; da qui la fantasia popolare, nel turbamento
da cui era presa, cre quella che si pu ora definire fantastica ver-
sione, perch il Giabbani era, per la popolazione di Stia, lespo-
nente del P.F.R., su cui cadeva la responsabilit morale dei fatti, e
che nellodio era accomunato ai feroci occupanti. Si detta fan-
tastica la ricostruita versione, perch dal deposto del teste Giachi
pienamente confermata alludienza, emerge in modo non equivo-
cabile che proprio la mattina del 13 aprile, egli si rec dal Giab-
bani per interessarlo alla liberazione di tre suoi operai che i tede-
schi avevano rastrellato. Trov il Giabbani a letto, circa le ore 7,00.
Con lui dapprima si rec al comando delle SS tedesche, trasferi-
tesi nella zona per la rappresaglia, ma senza esito; fecero allora ri-
cerca del comandante la piazza, comando che nulla aveva a che
vedere con i reparti sopraggiunti, prima alla di lui abitazione, poi
in ufficio, e dopo lunga discussione il Giabbani riusc ad ottene-
re la liberazione di due dei tre fermati. Solamente verso le 10,30
la pratica fu portata a termine e il Giabbani a quellora raggiunse
il proprio ufficio, al municipio di Stia. Tale circostanza confer-
mata dalla impiegata comunale Gappetti Giovanna che non fu
una teste troppo tenera per il Giabbani e dallimpiegato Rimbot-
ti. Si deve perci concludere che non sussiste il fatto al Giabbani
addebitato.
b) per quel che riflette la strage di Giuncheto avvenuta lo stesso
13 aprile allimbrunire, e cio dopo le 19,00 devesi pervenire alle
stesse conclusioni. Laccusatore uno degli scampati alla strage,
Vadi Giovanni il quale ha insistentemente affermato di avere con
assoluta sicurezza riconosciuto in quella sera a Giuncheto il Giab-
bani, vestito da tedesco, e di aver ravvisato in lui la persona che
ordin ed inizi il mitragliamento dei trenta operai. Anzi, a dire
del Vadi, fu da lui ascoltato il seguente dialogo svoltosi tra il Giab-
bani ed altro italiano, pure vestito da tedesco. Lo sconosciuto par-
lando col Giabbani, che non aveva la faccia coperta e non porta-
va alcuna maschera, avrebbe detto: Allora come si fa? Uno ad uno
colla pistola oppure.... Al che il Giabbani avrebbe risposto No,
258 PAOLO PAOLETTI

no, mitragliare... gi, gi.... Risulta dal deposto degli impiegati co-
munali Rimbotti, Ricci, Gappetti che il Giabbani in quella sera fu
da loro lasciato in ufficio quando se ne andarono alle 18,30 e che
la distanza fra Stia e Giuncheto di circa km 6, su strada percor-
ribile in automobile. Per ammettere quindi la presenza del Giab-
bani alle 19 a Giuncheto, occorrerebbe che costui subito dopo la
partenza degli impiegati avesse avuto a disposizione un mezzo per
portarsi a Giuncheto, dopo aver deposto labito civile e indossata
la divisa tedesca. Non basta. Sappiamo che i mitragliati di Giun-
cheto erano stati catturati la mattina dai tedeschi e portati sul Fal-
terona e che poi si erano fatti discendere a Giuncheto ove, poco
dopo il loro arrivo, si consum leccidio. Il Giabbani quindi avreb-
be dovuto essere informato dal Comando tedesco, della localit
dove si intendeva procedere alla strage, dellora in cui la si sareb-
be dovuta effettuare e occorreva inoltre che detto comando aves-
se subordinato i suoi movimenti al volere del Giabbani e avesse
lasciato a lui la direzione di questa fase della rappresaglia. Ma per
la conoscenza che purtroppo noi italiani abbiamo fatto dei tede-
schi, sufficiente affacciare una simile ipotesi per scartarla sen-
zaltro. E per affermare quindi che il Vadi caduto in un grosso
equivoco. Ma si potrebbe obiettare che di fronte al reciso ricono-
scimento del Vadi queste induzioni non reggono. Si oppone in
contrario che vi sono ben altri elementi che ne dimostrano invece
lassoluta fondatezza.
Gambineri Alfredo e Seri Sesto anchessi scampati alla strage, non
videro il Giabbani unito ai tedeschi di Giuncheto. Trenti Rutilio,
anchesso scampato alla strage, che si trovava a brevissima distan-
za dal Vadi, 3 o 4 metri al massimo, not due vestiti da tedesco
che si preparavano a sparare, imbracciando i mitra ma pure aven-
doli ben osservati al punto di poter affermare che non erano tra
coloro che li avevano scortati al Falterona e poi a Giuncheto, non
riconobbe in essi il Giabbani. Costui spiega anche che quando al
Giabbani che gli chiedeva come erano andate le cose, aveva ri-
sposto Lei lo sa Segretario com andata, altro non aveva inte-
so dire che Giabbani, quale segretario del comune era edotto de-
gli avvenimenti, escludendo recisamente di aver alluso ad una sua
partecipazione ai fatti. Infine, altro scampato, Trenti Sante, an-
chesso vicinissimo al Vadi, non intese i due che iniziarono il mi-
tragliamento fare il discorso dal Vadi riferito, ma intese solo uno
di essi dire allaltro Tutti Kaputt!. Appena sentite tali parole si
dette alla fuga e con lui il Vadi. Aggiunge anche che uno dei due
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I FASCISTI 259

era alto e magro, come alto e magro il Giabbani; ebbe modo di


osservare bene in faccia i due e anchegli not che si trattava di
facce nuove, che cio i due non erano fra coloro che li avevano ac-
compagnati al Falterona e poi al Giuncheto, ma ci nonostante,
allinfuori di una certa rassomiglianza col Giabbani, non in gra-
do di dire che si trattava di costui.
Le riportate deposizioni sono tali da fugare ogni ben che minimo
dubbio sulla partecipazione del Giabbani. Ben quattro sopravvis-
suti, che per luccisione dei loro congiunti, non hanno motivo al-
cuno di indulgere al Giabbani, in quella stessa persona sulla qua-
le il Vadi pretende di aver riconosciuto limputato, non lo ravvi-
sarono e le frasi che il Vadi gli attribuisce sono negate dal Trenti
Sante. La fonte unica dellaccusa a carico del Giabbani e resta
dunque il Vadi, colui cio che assume di aver sempre taciuto lef-
fettuato riconoscimento per fare personalmente a suo tempo giu-
stizia, mentre certo che ne parl subito dopo i fatti al Trenti Ru-
tilio ed altres certo che al Bartolomei Casimiro neg di aver ri-
conosciuto qualcuno. Anche la deposizione di Ugolini Ferruccio
che pareva seriamente suffragare il deposto Vadi in quanto ai Ca-
rabinieri aveva asserito di aver appreso allUfficio Politico della
G.N.R. di Arezzo, che fra gli altri, anche il Giabbani aveva parte-
cipato alleccidio di Vallucciole, ha perso ogni valore di fronte al-
le rettifiche fatte allodierno dibattimento, nel senso che si tratta-
va di voci che correvano nel detto ufficio, dopo vari giorni dai fat-
ti, probabilmente provenienti da persone di Stia.
Consegue cos che scindendo limputazione di collaborazionismo
in aiuto militare e aiuto politico, sia il Giabbani dalla prima ipo-
tesi assolto per non aver commesso il fatto.
Per quel che riflette invece al collaborazionismo politico la Corte
rileva che in effetti prove sicure e tranquillanti non si sono raccolte,
essendo solo emerso che il Giabbani era in ottimi rapporti col ca-
po della Provincia Rau Torres, col capo dellUfficio Politico della
G.N.R. Vecoli e con altri gerarchi, rapporti che sembra alla Cor-
te al di l dalle ragioni di Ufficio dal Giabbani prospettata.
Ma ove si considerino le deposizioni dei testi Angelini,Vannetti,
Torelli, Cianferoni, Caleri, Ceccarelli, che parlano di suoi interventi
per far liberare persone arrestate o per far fuggire coloro sui qua-
li pendeva tale minaccia, ma ove si consideri anche che pur aven-
do dovuto forzatamente per ragioni del suo ufficio far redigere gli
elenchi dei nati negli anni 1924-1925 e dei renitenti, non fece inol-
trare gli elenchi stessi (deposto Bartolini) e che la famosa gita a Bo-
260 PAOLO PAOLETTI

logna, attribuitagli dalla solita voce pubblica come intesa a pren-


der contatti colle SS tedesche, fu dovuta invece ad una causa ci-
vile nella quale egli rappresentava il Comune (Vannetti, Giachi),
legittimo appare il dubbio su questa sua seconda forma di colla-
borazione, dalla quale quindi dovr essere assolto per insufficien-
za di prove.
A titolo di peculato, si fa carico al Giabbani di non aver versato al
Coproma la somma che per suo conto, nella sua qualit di Segre-
tario comunale aveva riscosso dai vari macellai. Ma dalla deposi-
zione del dott. Giorgetti, liquidatore del Coproma risultato che
erroneamente il comune di Stia fu richiesto del versamento della
somma relativa, perch pi accurate ricerche portarono al rintrac-
cio di assegni dal Giabbani rimessi quasi a copertura totale del-
lammontare della somma suddetta. Si procedette anzi ad una re-
visione dei rapporti di dare ed avere fra il Comune di Stia e il Co-
proma, in forza della quale detto ente restitu al Comune oltre 6.000
lire. Daltra parte lo stesso Giorgetti che lo afferma, nellammi-
nistrazione del Coproma esisteva una grande confusione contabi-
le, tanto che vi sono somme ingenti da accreditare e da riscuotere,
senza che risulti a chi e da chi. Se dunque appare una piccola dif-
ferenza fra la somma che si dicono percepita dal Giabbani e quel-
la da lui versata, la confusione contabile di cui si detto non con-
sente che gli se ne possa far carico, per cui su il prevenuto18 assol-
to dal delitto di peculato per non aver commesso il fatto.
P.Q.M.
la Sezione speciale della Corte dAssise di Arezzo visto lart. 479
CPP
Assolve
Giabbani Angiolo dal delitto di collaborazionismo nella ipotesi
prevista e punita ai sensi art. 51 C.P.M.G. per non aver commes-
so il fatto e nella ipotesi prevista e punita ai sensi art. 58 C.P.M.G.
per insufficienza di prove
assolve
lo stesso Giabbani dal delitto di peculato per non aver commesso
il fatto
ordina
che sia scarcerato, se non detenuto per altra causa.
Arezzo 8 febbraio 1946

18 Sta per imputato. P.Q.M. sta per questo motivo.


VII

UNA STRAGE DIMENTICATA

7.1. La notizia della strage fu subito nota

Per una serie di circostanze favorevoli, leccidio di Vallucciole di-


venne subito noto nelle sedi appropriate. Don Bergamaschi e
monsignor Vannucci scrissero al Vescovo di Fiesole il 13, 15, 17
e 19 aprile e questi il 25 maggio, dopo la sua visita ai luoghi col-
piti, fece una relazione al segretario di Stato Vaticano Maglione.
La notizia della strage non divenne di dominio pubblico in
Italia per via della censura ma fu nota allestero nellarco di po-
chi giorni dai fatti in quanto quel 13 aprile lispettore scolasti-
co, professor Ugo Cipriani, si trovava nella zona ed apprese del
massacro. Lo raccont ad un amico. Il Comitato Provinciale di
Liberazione Nazionale fece subito una relazione dal titolo Le
stragi di Vallucciole che un messaggero provvide a portare a Fi-
renze1. Dopo pochissimi giorni, grazie a Radio Co.Ra., la noti-
zia veniva trasmessa dalle stazioni radio di Bari, Londra, Mosca
e New York.
Un giornalista fiorentino sfollato a La Chiassa scriveva: In
un paesello del Casentino sono rimasti uccisi due tedeschi. Tut-
te le case sono state date alle fiamme. Ci sono pi di 200 mor-
ti, per la maggior parte donne e bambini. Per molti chilometri
allintorno s fatto il deserto2.

1 Si veda Curina, op. cit., p. 471.


2 Martinelli, op. cit., p. 52.
262 PAOLO PAOLETTI

Il 6 agosto 1944 la notizia dei massacri giungeva al Quartier


Generale della 8a Armata britannica.
A liberazione avvenuta, anche le autorit militari italiane,
nella fattispecie la Legione territoriale dei Carabinieri Reali di
Firenze, vennero informate esattamente della strage (si parlava
di popolazione barbaramente uccisa... Spietata caccia alluomo
eseguita anche da singoli militari). Al rapporto del marescial-
lo della Stazione di Stia, Silvio Acuti, era allegata la testimo-
nianza di un superstite, Sante Trenti.
Il silenzio cominciato nel dopoguerra.

7.2. Il console tedesco Gerhard Wolf se ne lamenta con le autorit


germaniche e il caso diventa un contenzioso nei rapporti italo-
tedeschi

Ai tempi delluniversit la famiglia di Gerhard Wolf aveva mol-


to aiutato il giovane Rudolf Rahn. Una ventina danni dopo Rahn
era diventato plenipotenziario di Hitler in Italia e quindi il rap-
presentante della direzione politica del Reich, mentre Gerhard
Wolf, che aveva intrapreso la carriera diplomatica, era solo il
console tedesco a Firenze.

Il 16 maggio 1944 il console Wolf invi [a Rahn, N.d.A.] un lun-


go rapporto sulle atrocit commesse dalla divisione SS Hermann
Gring, che aveva infierito nella provincia di Firenze durante le
festivit pasquali e a cui allude Bernard Berenson nel suo diario.
Era la prima volta che Wolf parlava delle crudelt dei militari te-
deschi. Lo stesso rapporto fu mandato al gen. Karl Wolff, capo del-
le SS in Italia, che pi tardi declin ogni responsabilit per il com-
portamento della divisione, poich era stata posta alle dipenden-
ze della Luftwaffe. Wolff era ansioso, disse il console, di assicu-
rarsi le prove necessarie da presentare a Gring. Wolf ebbe gros-
se difficolt nel raccogliere prove degne di fede. Aveva parlato
con il cardinale [recte vescovo di Fiesole, N.d.A.], che aveva com-
piuto una visita pastorale nelle zone colpite, incontrando umili
preti, poliziotti e contadini. Le prove chessi fornirono contro la
divisione preferita da Gring erano inconfutabili e non potevano
certo favorire i buoni rapporti con la popolazione italiana... A Si-
UNA STRAGE DIMENTICATA 263

triano un contadino fu strappato alla sua cascina che le SS oc-


chieggiarono con comodo. Poi lo riportarono sullaia e lo uccise-
ro di fronte alla madre, al fratello e ai figli. La casa del mugnaio
Faustino Bucchi fu incendiata e due suoi parenti fucilati. Il mu-
gnaio e due suoi nipotini dovettero essere ricoverati nellospeda-
le psichiatrico di Bibbiena. A Vallucciole fu dato alle fiamme il pae-
se: 25 persone, tra cui due bambini ciechi, vennero trucidati. La
figlia del mercante Santi [recte Sante, N.d.A.] Trenti venne fatta a
pezzi...3.

Il rapporto, lunghissimo, portava molti altri esempi, dimostran-


do che il console aveva assunto le notizie da fonti dirette. Solo
su Vallucciole le informazioni erano imprecise e superficiali.
Tuttavia, dopo quel rapporto del console Wolf, il caso di-
venne un contenzioso nei rapporti italo-tedeschi. Tra le carte
della segreteria particolare del Duce4, nel fascicolo relativo ai
rapporti italo- tedeschi, vi un appunto che lo informa sulle vio-
lenze commesse dai reparti tedeschi durante i rastrellamenti av-
venuti tra Sesto Fiorentino e Vaglia e un promemoria di una con-
versazione avvenuta il 29 maggio con il professor Prinzing, do-
ve tra gli argomenti trattati vi anche la strage compiuta dalla
divisione Hermann Gring nei pressi di Stia. Il colloquio avve-
niva a un mese dalla relazione sullattivit dei ribelli datata 29
aprile in cui si spiegava al Duce che reparti della divisione Her-
mann Gring partiti da cinque punti diversi (Rincine, Casta-
gno, Stia, Prato Camaldoli e Badia Prataglia) stavano operando
un rastrellamento per ripulire il monte Falterona.

7.3. Il ritardo dinteresse della storiografia resistenziale verso la


strage di Vallucciole

Sulla prima strage indiscriminata nazista in Toscana la storio-


grafia resistenziale molto scarsa. I libri di Antonio Curina del

3 David Tutaev, Il console di Firenze, Aeda, Torino, 1972, pp. 153-154.


4 ACS: nel fondo dedicato alla Segreteria Particolare del Duce, RSI. Carteg-
gio Riservato, fasc. 91.
264 PAOLO PAOLETTI

1957 e del generale Sacconi del 1975 dedicano poche pagine al-
leccidio.
Neppure la scoperta del lungo rapporto tedesco sul rastrel-
lamento indirizzato al comando del LXXV Corpo, da noi tra-
dotto e pubblicato sulla rivista Il Ponte5 nel 1986, servito a
riportare lattenzione su questa strage.
Lo storico tedesco Lutz Klinkhammer scriveva nel 1993:
sorprendente che le conseguenze di questa azione di rastrella-
mento, come pure la distruzione delle localit [Molino di Buc-
chio, Serelli, Vallucciole ecc., N.d.A.], siano state a malapena ri-
cordate nella minuziosa raccolta di fonti, provenienti da archi-
vi italiani, tedeschi ed inglesi, curata da un gruppo di storici del-
la provincia di Arezzo6. Infatti in Fonti per la storia della Resi-
stenza aretina, un dattiloscritto del 19877, si trova ben poco su
Vallucciole. Anche Ivan Tognarini lamentava nel 2002 che il li-
mite del convegno del 1987 fu proprio quello di non aver po-
tuto affrontare in maniera esauriente lanalisi dei singoli e vari
casi di eccidi8. Nel 1990 Giovanni Verni dedicava poco spazio
a questa strage9.
Scriveva Carlo Gentile, consulente della regione Toscana:
Manca a tuttoggi una ricostruzione non soltanto delle ampie
operazioni antipartigiane intorno al Monte Falterona, ma anche
soltanto delle principali stragi. Diversa la situazione per quanto
riguarda lAppennino modenese e reggiano10.

5 Il Ponte, anno XLII, n. 3, maggio-giugno 1986. Larticolo intitolato I ra-


strellamenti dellaprile 1944 alla luce dei rapporti tedeschi, pp. 147-151.
6 Klinkhammer, Loccupazione tedesca in Italia, cit., p. 581.
7 Fonti per la storia della Resistenza aretina, vol. 1, pp. 31 e sg.
8 Ivan Tognarini, Kesselring e le stragi nazifasciste 1944: estate di sangue in To-
scana, Carocci, Roma, 2002, p. XLIV.
9 Appunti per una storia della Resistenza nellAretino si trova nel volume Guer-
ra di sterminio e Resistenza. La Provincia di Arezzo (1943-1944), cit., pp. 97-173.
10 Gentile, Le stragi tedesche del 1944 in provincia di Arezzo ed i loro perpe-
tratori, cit.
UNA STRAGE DIMENTICATA 265

7.4. Dopo mezzo secolo di retorica nel 2007 il Comune di Stia


pubblica il primo documento sulla strage

Lamministrazione comunale di Stia sapeva dellesistenza della


documentazione inglese fin dal 1944. Da quando pag la notu-
la al signor Pietro Zuanelli che il 25 ottobre 1944 consegnava
al serg. Baxendale della 78a Sezione S.I.B. una mappa di Val-
lucciole e dei suoi dintorni, che mostrava lestensione dei dan-
ni causati dai tedeschi, compreso il numero delle vittime e in
quali case abitavano le stesse. Non solo il comune pag la fat-
tura ma fu il Sindaco di Stia, Ugo Ricci, a fornire le informa-
zioni. Nel 1992 su incarico della Provincia di Arezzo acqui-
simmo la documentazione inglese su alcune stragi ma i fondi non
bastarono per acquistare anche quella su Vallucciole. Successi-
vamente la provincia poi provvide ad acquisire le carte inglesi
su Vallucciole e queste arrivarono a Stia nelle mani di Vittoria-
no Frulloni. Noi proponemmo al Comune di Stia di fare un la-
voro sulla strage sulla base di questa documentazione inglese. Il
Sindaco Roberto Frulloni ci rispondeva dicendo che al mo-
mento questa amministrazione non in grado di procedere al-
lacquisto del materiale documentario. Terremo comunque con-
to della Sua offerta qualora si creassero i presupposti di arric-
chire la nostra dotazione sullargomento. I presupposti arri-
varono solo nel 2007, ma lamministrazione non si serv del ma-
teriale inglese acquistato a suo tempo dalla Provincia di Arezzo
ma finanzi la traduzione e la pubblicazione di parte di questa
stessa documentazione inglese arrivata incompleta attraverso un
ex ufficiale inglese11. Il libro usciva senza una parola di com-
mento alle testimonianze
Il Comune di Stia ha ovviamente sempre promosso in ogni
occasione la retorica corrente. Persino quando ha fatto un opu-
scolo su Mulin di Bucchio. Il primo mulino dellArno, al mo-
mento di parlare del sentiero della libert, ha inserito un er-

11 Alvaro Biagiotti, curatore del libro insieme a Fabrizio Nucci, ammetteva


che il materiale gli era stato fornito da Stuart Hood, un ufficiale inglese che da ex
prigioniero si era unito alla resistenza in Toscana. Purtroppo mancano alcune te-
stimonianze importanti come quella di Reginaldo Bucchi.
266 PAOLO PAOLETTI

rore: il 12 aprile tre soldati tedeschi, in abiti civili, entrarono


in conflitto con i partigiani. La data del 12 aprile quella di
comodo creata dal testimone oculare garibaldino Ungherelli,
che qualunque contadino del luogo avrebbe potuto correggere.
Il Comune di Stia non si neppure adoperato per coltivare
la memoria della strage. A SantAnna di Stazzema, invece, con-
servando unimmagine dei morti come vittime innocenti, da non
confondere con i martiri della guerra di Liberazione, si rivendi-
ca un merito civile per il paese. Si chiede e si ottiene la strada,
la medaglia doro12. A S. Anna si costruisce il Museo della Re-
sistenza in Toscana13. Il Comune di Stazzema ottiene tutto que-
sto solo perch quella di SantAnna la strage con il maggior
numero di morti in Toscana? Non solo per questo ma anche per-
ch i parlamentari e il comitato delle vittime si sono fatti senti-
re a livello regionale e nazionale. Su questo eccidio molto si
scritto a livello scientifico, memorialistico e di stampa periodi-
ca. Esattamente il contrario di quanto avvenuto a Stia, che ha
solo la medaglia della strage pi dimenticata.
Giovanni Contini che, oltre allinsegnamento della storia
contemporanea, si occupa anche della memoria delle stragi, nel
1999 pubblicava un saggio La memoria dopo le stragi del 1944
in Toscana14. Lunica strage dove non si spiegava come era stata
elaborata la memoria era quella di Vallucciole. Nel 1993 due ri-
cercatrici su incarico della Provincia di Arezzo avevano fatto
dodici interviste con due-tre testimoni per volta ma il materia-
le a tuttoggi inedito. Cos di silenzio in silenzio il primo libro
dedicato alla strage di Vallucciole uscito nel 2006 con il titolo
Era primavera anche a Vallucciole nellanno 1944. Non era edi-
to dal Comune ma dalla Regione Toscana. Lo scriveva Giancarlo
Vessichelli, che si era scoperto studioso di storia da anziano e
che nel dopoguerra da ragazzino aveva vissuto a Stia. Non un
vero e proprio saggio storico perch vi sono ricordi personali e

12 La strada fu ottennuta nel 1970 e la medaglia doro al valor militare fu con-


cessa a nome della Versilia.
13 Contini in La politica del massacro, cit., p. 323.
14 In Le memorie della Repubblica, cit.
UNA STRAGE DIMENTICATA 267

documenti gi noti provenienti dalla Curia di Fiesole o dagli ar-


chivi italiani, tedeschi e americani. Di fronte al fatto che nessu-
no fino ad allora aveva pubblicato le deposizioni rilasciate dai
superstiti nel 1944 alla commissione dinchiesta inglese o le in-
terviste fatte dalla provincia di Arezzo nel 1993, la parte pi in-
teressante proprio quella dedicata agli ultimi superstiti in vi-
ta, anche se a sessantanni di distanza i loro ricordi personali so-
no inevitabilmente inquinati da quelli dei parenti o della vox po-
puli. La strage sullo sfondo, non viene analizzata nella sua di-
namica, nel contesto del rastrellamento e men che mai lautore
si pone domande sul ruolo dei garibaldini15.
Forse sulla spinta di questo libro il comune di Stia pubbli-
cava nel 2007: Non dimenticare Vallucciole. Ma come tengono a
sottolineare i curatori questo non voleva essere un libro di sto-
ria ma un documento. Si tratta infatti degli atti della com-
missioni dinchiesta britannica ma se la traduzione non ac-
compagnata da un commento, da una nota, come si pu dire che
il documento parla da solo se non neppure tradotto per in-
tero16? Il Sindaco di Stia nella prefazione al libro afferma di vo-
ler impedire il diffondersi della cultura delloblio17, ma cos
senza andare alla radice della strage, alle sue origini si aiuta dav-
vero la memoria? Intanto il Sindaco cerca di trasferire a Stia il
piccolo ossario conservato nella chiesa di Vallucciole. Perch si
vuole delocalizzare a Stia quelle poche tracce di quanto avve-
nuto a Vallucciole, quando in Italia e allestero stato fatto al-
lopposto? Lannuale cerimonia dei parenti delle vittime consi-
ste in una semplice messa in suffragio nella chiesetta di Valluc-
ciole, al cui interno trova posto anche lossario, mentre il Co-

15 Quando scrive un paragrafo per affrontare la questione delle date, ov-


vero il fatto che la maggior parte di chi intervenuto sulla strage, a cominciare dal-
lex commissario politico garibaldino, propone come data dello scontro a Molino
di Bucchio il pomeriggio del 12 aprile, trova che lorario corretto la met del
pomeriggio dell11 aprile. Di fronte a questo fatto Vessichelli non neppure sfio-
rato dal dubbio che tra chi ha redatto i documenti ci sia qualcuno che li ha con-
traffatti pro domo sua e neppure si chiede per quale motivo sia arrivato a postici-
pare una data nota a tutti i supersiti.
16 Mancano alcune testimonianze.
17 Dallintroduzione al libro di Biagiotti e Nucci.
268 PAOLO PAOLETTI

mune, che vorrebbe trasmettere il monito e la conoscenza di


quelle terribili vicende, si limita a fare retorica. A che pro al-
lora si vorrebbe spostare lossario a Stia?
Se fino ad oggi si sono lasciati morire nellignoranza i su-
perstiti della strage, se non si mai detto loro che i loro genito-
ri e i loro figli potevano essere salvati dai garibaldini, ma questi
non lo fecero, il Comune di Stia ha coltivato fino ad oggi loblio,
non la verit e la memoria. Se i tre libri del Curina, di Sacconi
e di Ungherelli rimangono chiusi nella biblioteca del Comune
di Stia, ignorati persino dai Sindaci, mentre fuori dal 13 aprile
1945 si rinnova la retorica con comizi, cori e concerti, allora si
nasconde la verit. Si fa un torto alle vittime innocenti del 1944
perch lunica cosa che possiamo oggi donare loro la verit.
La verit che la strage poteva essere evitata semplicemente di-
cendo alla popolazione di attraversare lArno. Ma siccome al
peggio non c mai fine, siamo sicuri che la verit sar nascosta
anche negli anni a venire.
VIII

UNA STRAGE SCOMODA

8.1. Le origini del massacro secondo gli inquirenti inglesi e la


voce popolare, alla luce delle recenti scoperte di Carlo Gentile

Secondo linvestigatore inglese, la strage di Vallucciole ha avu-


to origine dalle lamentele dei fascisti di Stia e dalle prove che
portarono ai tedeschi sullesistenza dei partigiani in quella val-
le. Tra queste prove cera anche quella che la popolazione ci-
vile riforniva di cibo i partigiani... Conseguentemente quando
ebbero luogo le operazioni antipartigiane ne soffr in egual mi-
sura lintera popolazione. Pu darsi che... i civili venissero visti
come un grosso pericolo, poich una pattuglia in ricognizione
era stata distrutta dai partigiani e due di loro erano stati uccisi
marted 11 aprile 1944. Gli inquirenti inglesi non sapevano che
a compiere la strage erano stati i subordinati dei due tedeschi
uccisi a Molino di Bucchio, per questo ipotizzavano: Pu an-
che darsi che lestrema ferocia mostrata dai tedeschi in questo
paese fosse dovuta al fatto che fuori dalla chiesa era stata affis-
so un avviso dei partigiani nel quale si chiedeva alla popolazio-
ne di cooperare con loro nella lotta per la giustizia ed era fir-
mata dai partigiani. Era stata visto pochi giorni prima dellarri-
vo dei tedeschi e ci sono buoni motivi per credere che non fos-
se stato tolto. Gli inglesi furono portati ad attribuire la ferocia
dei tedeschi a questo fatto: i banditi non ci sono pi ma hanno
lasciato un attestato del loro controllo del territorio.
Walter Segatori nel 1976 scriveva: Il 12 aprile 1944 alcuni
tedeschi si scontrarono con un gruppo di partigiani a Mulin di
270 PAOLO PAOLETTI

Bucchio... Il giorno successivo si scaten la feroce rappresaglia...


Laccanimento mostrato in questa occasione... si pu spiegare
soltanto con la solidariet e con laiuto che la popolazione ave-
va dato ai partigiani nei mesi precedenti1. Nel 1993, secondo
Silvana Visotti, la molla che fece scattare la strage stava nel ri-
trovamento di armi nel cimitero di Vallucciole: I tedeschi tro-
varono le armi ni cimitero e nella chiesina... e l fu la rovina di
Vallucciole... i partigiani dicono che non lo sapevano... io que-
sta cosa qui... non s saputa mai e mai simparer!2.
La commissione dinchiesta inglese giudicava sulla base de-
gli elementi raccolti, gli altri riportavano la voce popolare3 o da-
vano spiegazioni generiche (Segatori). Oggi le ricerche archivi-
stiche di Carlo Gentile e il fatto che questa nequizia sia avvenu-
ta solo l, e non negli altri villaggi compresi nellarea del rastrel-
lamento, ci porta a concludere che la strage di Vallucciole non fu
una strage programmata e pianificata ma una vendetta decisa in
loco. Altri elementi di contorno, mai sottolineati prima, hanno au-
mentato la rabbia dei soldati pronti ad uccidere: lesposizione
dei corpi lasciati sul luogo dellomicidio fu sicuramente sentita dai
commilitoni come un gesto di sfida. A questo forse si aggiunse la
consapevolezza che uno dei feriti era stato giustiziato.

8.2. Due parole da evitare per Vallucciole: rappresaglia e vendetta

Quello che le varie amministrazioni comunali e provinciali che


si sono succedute in questi 65 anni hanno tutte evitato stato
laccostamento tra lazione garibaldina di Molino di Bucchio
dell11 aprile e la strage del 13. Lo scopo era quello di non usa-
re la parola rappresaglia, perch questa avrebbe messo in re-

1 Gruppo di studio sulla Resistenza nelle campagne toscane, I contadini to-


scani nella Resistenza, cit., p. 89.
2 Intervista di Paola Calamandrei a Silvana Visotti Ristori del luglio 1993, au-
dioregistrazione inedita in possesso della provincia di Arezzo.
3 Antonio Morandi, famoso cantastorie locale, intonava nel dopoguerra que-
sti versi: E se nella mischia ci fnno squadristi / ma di questi piet non lav /
Perch quelli fnno la cagione / dav fatto fare questaspro macello.
UNA STRAGE SCOMODA 271

lazione lazione partigiana con il massacro di due giorni dopo.


E la rappresaglia quasi sempre unammissione di un errore da
parte garibaldina. In questo caso riconoscendo la vendetta si
ammetteva solo levidenza.
In soli sei libri si parla esplicitamente di rappresaglia. Dopo
la guerra il partigiano Antonio Curina gettava la colpa sulle vit-
time: La popolazione non ritenne opportuno di scappare dalle
proprie case... ma il giorno successivo [sic] ebbe luogo la rap-
presaglia4. Nel 1978 Claudio Checchi, Paolo Landi e Alvaro
Masseini nel loro volume Il comunismo della Resistenza parlava-
no di rappresaglia a seguito delluccisione dei due tedeschi5.
Nel 1994 Lazzero Ricciotti ammetteva: ...per rappresaglia al-
luccisione di due tedeschi in borghese...6. Nel 1997 il tedesco
Friedrich Andrae parlava di mostruosa rappresaglia7. Mimmo
Franzinelli scriveva nel 2002: Leccidio scatenato dai paracadu-
tisti della H. Gring fu una reazione alla uccisione di due tede-
schi8. Carlo Gentile nel 2006 ammetteva: Quella prima rap-
presaglia contro alcuni edifici di Molino di Bucchio... non fu che
un prologo a ben altre ritorsioni9.
I pi, invece, hanno parlato di coincidenze. Prima e dopo
di questi sei studiosi, tutti si sono prodigati a negare una correla-
zione tra i due fatti. Lesempio perfetto degli studiosi che non
vogliono accostare la parola rappresaglia, o peggio ancora ven-
detta, alla strage di Vallucciole, rappresentato da Massimo Bia-
gioni. Questi nel 2004 collegava luccisione dei sette civili a Ca-
stagno dAndrea ad una rappresaglia10 e i morti di Vallucciole
ad un gigantesco rastrellamento11. Tutto vero, se i due tedeschi
fossero stati uccisi a Castagno e lo stesso eccidio indiscriminato ci
fosse stato in tutti i gruppi di case interessati dal rastrellamento.

4 Curina, op. cit., p. 471.


5 Checchi, Landi e Masseini, Il comunismo della Resistenza. Lotte sociali e
guerra di liberazione in Mugello, cit., p. 56.
6 Ricciotti, Il sacco dItalia, cit.
7 Andrae, La Wehrmacht in Italia, cit., p. 137.
8 Mimmo Franzinelli, Le stragi nascoste, Mondadori, Milano, 2002, p. 81.
9 Gentile in La politica del massacro, cit., p. 221.
10 Biagioni, op. cit., p. 138.
11 Ivi, p. 139.
272 PAOLO PAOLETTI

Giancarlo Vessichelli, pur avendo letto Le stragi del 44 in


provincia di Arezzo di Carlo Gentile, nel 2006 per i tipi della Re-
gione Toscana scriveva: Malgrado ogni argomentazione c chi
ancora si ostina a dire: Se non ci fossero stati i partigiani....
Ed avvilente dover scomodare monsieur La Palisse... Gli in-
numerevoli eccidi programmati furono presi come scusante al-
le poche azioni di guerriglia che i partigiani portarono contro
lesercito di occupazione tedesco; questi eccidi furono eseguiti
scientificamente...12. Che lazione di 2.000-2.500 soldati do-
vesse essere coordinata e programmata ... lapalissiano, che le
stragi nazifasciste siano state innumerevoli in confronto alle
poche azioni di guerriglia invece tutto da dimostrare. E so-
prattutto questo giudizio non un grande riconoscimento che
Vessichelli e la Regione Toscana fanno alla Resistenza.

8.3. I superstiti e i testimoni avevano capito ma gli storici hanno


preferito non vedere levidenza

Tutta la letteratura resistenzale, da quella autonoma a quella ga-


ribaldina, si trovata compatta nel sostenere che luccisione dei
due tedeschi a Molino di Bucchio, la presenza della pattuglia
partigiana a Partina, sono soltanto coincidenze. Gli eccidi sa-
rebbero stati compiuti comunque13.
Sarebbe bastato parlare con i superstiti per intuire la verit.
Nel 1993 alla domanda delle intervistatrici della provincia di
Arezzo: Ma perch successa questa strage?14, Armido Con-
ticini, pastore di Moiano, e sua moglie Bruna Vadi, rispondeva-
no: Noi si pensa perch ammazzonno quei tre tedeschi. Lal-
lora diciottenne Italo Trenti cinquantanni dopo dichiarava alla
sua intervistatrice: Se unnavessero fatto qu d morti, penso
che i tedeschi unnavrebbero fatto nulla! La causa, io bisogna

12Vessichelli, op. cit., p.136.


13Sacconi, op. cit., p. 74.
14Intervista di Paola Calamandrei e Francesca Cappelletto a Armido Conti-
cini e Bruna Vadi del novembre 1993, audioregistrazione inedita in possesso del-
la provincia di Arezzo.
UNA STRAGE SCOMODA 273

che labbia ni cuore e nella lingua! Se unnavean amm... in que-


glaltri posti unn successo niente dove un c stato... c stato
i tedeschi, c stato i fascisti, hanno saccheggiato, ma come l...
perch dicevon sempre uno di noi e 100 di voi. Sicch furono
ammazzati d tedeschi e quanti ne trovarono fecero pulito!. Al-
la domanda: Lei come si spiega che uccisero tutti, senza nes-
suna discriminazione, uomini, donne, bambini..., luomo ri-
spondeva: Io, per me, stata una rappresaglia, pe dare una di-
mostrazione. La popolazione che sub la strage non credeva al-
le coincidenze del Sacconi ma ai fatti. Forse per questo le tra-
scrizioni delle interviste sono rimaste inedite.
In varie occasioni abbiamo sentito superstiti gettare la col-
pa della strage sui partigiani, ma sono confessioni che avvengo-
no in privato. Ufficialmente non fu rappresaglia o vendetta. Si
arrivati addirittura alluso strumentale delle testimonianze di
Rutilio Trenti, citato in pi testi, ma mai che si riporti la sua rea-
zione alla visita del comandante garibaldino con un mazzo di fio-
ri in mano. Trenti non dimentica di sottolineare il suo scettici-
smo di fronte allofferta del comandante dei badogliani, che
il 12 aprile lo aveva rassicurato dopo lincendio delle case a Mo-
lino di Bucchio dicendogli: il pericolo ormai passato. Mai che
qualcuno ne abbia dedotto che anche il comandante era allo-
scuro del rastrellamento.
Tra le carte della commissione dinchiesta britannica si tro-
va una testimonianza oltremodo illuminante. La teste Giuseppa
Bucchi aveva dichiarato nel 1944: Vidi i due italiani cadere a ter-
ra morti... Uno dei tedeschi del gruppo venne da noi e ci disse:
Il mio ufficiale ed il mio camerata sono stati uccisi. Pierina
Michelacci diceva nel novembre 1993: La sera a ritorno a Mo-
lino di Bucchio cera sempre questo tedesco che ci accompa-
gnava... la mia mamma piangeva... e diceva perch avevano am-
mazzato tutti e lui diceva Voi avete ucciso due Kamerata no-
stri!... Ma per voi avete ammazzato bambini, persone inno-
centi che non vi hanno fatto niente...!. Per questi sono stati
uccisi... Il movente era il fatto che i partigiani avevano ucciso

15 Intervista di Paola Calamandrei e Francesca Cappelletto a Giovanna e Pie-


274 PAOLO PAOLETTI

questi due tedeschi, gi al mulin di Bucchio...15. Dilva Pantife-


ri non lo disse agli inglesi ma racconta ancor oggi a tutti che il
12 aprile i soldati germanici, che laccompagnavano a Firenze in-
sieme a sua sorella Anita e ai due cadaveri dei tedeschi uccisi a
Molino di Bucchio, sollevavano il telo che li ricopriva e diceva-
no alle due giovani: Kaputt mio camerata. La ragazza ebbe il
timore finch non fu rassicurata che quella fosse una minaccia
rivolta a lei e a sua sorella: voi avete ucciso il mio camerata e noi
vi uccideremo. Si sbagliava: la minaccia era rivolta a quelli che
vivevano tranquilli nelle loro case di Serelli e Vallucciole.
Il 18 aprile 1944 il proposto di Stia, monsignor Oliviero Van-
netti, scriveva al vescovo di Fiesole: La presente per comunicar-
Le che in seguito alluccisione di due ufficiali tedeschi fra S. Ma-
ria e Vallucciole vi in questa frazione linferno...16. Proprio per-
ch era subito apparso evidente che la strage era da legarsi alluc-
cisione dei due comandanti tedeschi c subito stata una precisa
scelta politica di creare il silenzio su questa strage di Vallucciole.
Se si fosse voluto, da queste frasi, prima ancora che Carlo
Gentile desse un nome e un reparto a quellufficiale e a quel sot-
tufficiale, si poteva intendere il perch di quella strage. Pur-
troppo questa verit non collimava con quella ufficiale, codifi-
cata in convegni e studi mirati. Cos in tutti questi anni si vo-
lutamente taciuto per non far emergere la verit.

8.4. Un imbarazzo generalizzato nel trattare la strage di


Vallucciole

Limbarazzo di tutti deriva dal fatto che la strage di Vallucciole


comincia da una serie di errori garibaldini. Invece di pensare che
il mulino di Bucchio era un bene da conservare, i partigiani at-

rina Michelacci del novembre 1993, audioregistrazione inedita in possesso della


provincia di Arezzo.
16 Vessichelli commentando queste lettere dei parroci le giudicava una sem-
plicistica versione fuorviante alla realt delle cose. Non pi semplicistico di-
re con Sacconi che quei due morti erano una pura coincidenza? Non sempli-
cistico affermare che la strage sarebbe avvenuta comunque?
UNA STRAGE SCOMODA 275

taccano una macchina sospetta, ma lo fanno senza un adeguato


posizionamento degli uomini, cos che si lasciano scappare uno
degli occupanti che volevano controllare. Linseguimento del
fuggitivo cos mal condotto che fallisce. Ma dopo questa se-
rie di ingenuit che i garibaldini commettono gli errori pi gra-
vi: pur avendo tutto il tempo che occorre, non nascondono n
lauto n i cadaveri, cos che permettono ai tedeschi di identifi-
care i corpi. E soprattutto, dopo aver accertato che i caduti era-
no due comandanti in ricognizione in vista di un imminente ra-
strellamento, non avvertono delluccisione dei tedeschi e del
prossimo rastrellamento n la popolazione della vallata del Val-
lucciole n i partigiani badogliani. Se poi succede che i tede-
schi uccidono donne e bambini solo a Vallucciole e non negli
altri villaggi interessati dal rastrellamento, ci a noi sembra con-
seguenziale al fatto di sangue. sempre un caso che nei conve-
gni gli storici citano la strage di Vallucciole per la loro effera-
tezza ma non si spingono ad analizzarla? Perch preferiscono ap-
profondire altre stragi?
Chi non poteva evitare di parlare di Vallucciole ha cercato
di giustificare il comportamento partigiano manipolando la ve-
rit storica, per esempio attribuendo ai tedeschi linizio della
sparatoria, spostando le date, ignorando levidenza che la po-
polazione non era stata avvertita dai garibaldini. A chi difende-
va la causa garibaldina non interessava la coerenza di un ragio-
namento logico: se quelle persone fossero state avvertite, si sa-
rebbero fatte cogliere nel sonno?
lineluttabilit della strage che ha unito la stragrande mag-
gioranza degli storici e degli studiosi. Fino ad oggi lunanimismo
stato un collante facile, anche se lANPI disertando negli ulti-
mi anni le commemorazioni esprimeva imbarazzo: sapeva che
una parte della popolazione attribuiva ai garibaldini la respon-
sabilit della strage.
Anche Carlo Gentile, lunico studioso che ha portato avan-
ti una seria ricerca archivistica sulle stragi in Toscana e che nel
2005 ha curato per conto della Regione Toscana Le stragi nazi-
fasciste in Toscana 1943-1945 ed diventato consulente scienti-
fico per la Procura Militare di La Spezia, si trovato a dover ge-
stire una situazione imbarazzante. Nel 2004 Gentile ammetteva
276 PAOLO PAOLETTI

un rapporto diretto tra luccisione dei due ufficiali a Molino di


Bucchio con la strage: Appartenevano alla 2a ed alla 4a com-
pagnia gli uomini della pattuglia in civile che si era scontrata con
i partigiani a Molino di Bucchio, nei pressi di Vallucciole, l11
aprile, un evento che da mettere in diretta relazione con la stra-
ge che avverr due giorni pi tardi17. Poi per nel volume per
la Regione Toscana scriveva nel 2005: La strage non fu una
conseguenza diretta e immediata di un improvviso e fortuito
scontro tra tedeschi e partigiani n tanto meno una semplice
rappresaglia. Nellazione di Vallucciole evidente il supera-
mento di una soglia di violenza da parte di ununit con una tra-
dizione di brutalit e comandata da ufficiali disposti a conside-
rare il massacro di civili inermi come unopzione cui fare ricor-
so nella repressione antipartigiana18. Se levento [di Molino di
Bucchio] da mettere in diretta relazione con la strage perch
poi La strage non fu una conseguenza diretta e immediata di
un improvviso e fortuito scontro tra tedeschi e partigiani n tan-
to meno una semplice rappresaglia? Quale fu allora la causa che
spinse i soldati della H.G. a superare quella soglia di violenza
da parte di ununit con una tradizione di brutalit? Era stato
lui a scoprire i nomi delle vittime tedesche, le unit a cui ap-
partenevano e aveva anche individuato le compagnie che com-
pirono la strage. Perch allora concludeva che La strage non
fu una conseguenza diretta e immediata di un improvviso e for-
tuito scontro tra tedeschi e partigiani n tanto meno una sem-
plice rappresaglia? Nel 2008, tuttavia, concordava con noi che
Vallucciole fu una vendetta.
Nel libro per la Regione Toscana Gentile prima aveva scrit-
to che lufficiale fu ucciso colpito al capo da una raffica di mi-
tra19, poi nella nota correggeva che lufficiale fu ucciso da un
proiettile di mitra alla testa20. Ma come abbiamo visto la sche-
da non chiarisce se i colpi di mitra che avevano raggiunto alla

17 Gentile, Le stragi tedesche del 1944 in provincia di Arezzo ed i loro perpe-


tratori, cit.
18 Id., Le stragi nazifasciste..., cit., p. 88.
19 Ivi, p. 85.
20 Ivi, p. 124.
UNA STRAGE SCOMODA 277

testa lufficiale erano uno o pi a seguito di una raffica. Sicco-


me Gentile aveva letto le testimonianze raccolte dagli inglesi
avrebbe dovuto ricordare che Reginaldo Bucchi aveva parlato
di ferite darma da fuoco alla testa. Quindi i proiettili che col-
pirono il sottotenente Domeyer furono almeno due o forse pi.

8.5. Non una volont stragista ma esigenze strategiche imponevano


i rastrellamenti

Una verit scomoda lammissione che dietro ai rastrellamenti


nazisti non cera una precostituita volont stragista contro la po-
polazione inerme. Verso la fine degli anni Settanta nellintervista
a cura dellIstituto Gramsci il comandante garibaldino Ugo Cor-
si dichiarava: Ora sappiamo che i tedeschi erano l [sul Faltero-
na] non solo per fare il rastrellamento ma anche per pulire una
zona dove i tedeschi volevano organizzare quella linea gotica che
poi organizzarono21. Forse vennero a mancare i finanziamenti,
comunque delle interviste a Corsi e Ungherelli furono pubblica-
ti solo gli anni fino allagosto 1943. Per questo lesperienza in
montagna a tuttoggi inedita. La frase del comunista Corsi ap-
parve sicuramente eretica allora ma a certi orecchi lo ancora og-
gi. Il coro ha sempre detto e continua a ripetere che i tedeschi ra-
strellavano non per esigenze militari ma per compiere stragi.
Uno storico di sinistra come Claudio Pavone scriveva nel
2006: Non c in effetti dubbio che le rappresaglie tedesche del-
lestate 1944 Civitella alla Chiana, Guardistallo, Vallucciole,
Fucecchio, SantAnna di Stazzema e altre ancora si svolgono
lungo una linea immediatamente alle spalle del fronte mobile
delle truppe tedesche in ritirata sotto lincalzare degli Alleati22.
Non si pu accumunare la rappresaglia di Guardistallo (attac-
co contro mezzi in movimento verso la linea di resistenza lungo
il fiume Cecina23) con la vendetta di Vallucciole (rastrellamen-

21 ISRT, Nastroteca. Busta 1, testimonianza rilasciata da Ugo Corsi allIstitu-


to Gramsci di Firenze in data imprecisata e dattilografata, p. 29.
22 In Storia e memoria di un massacro ordinario, cit., p. 21.
23 A Guardistallo durante la fase di ripiegamento tedesco un soldato venne
278 PAOLO PAOLETTI

to per bonificare unarea davanti alla Linea Gotica, usato per


vendicare due comandanti uccisi dai partigiani). La strage di
Vallucciole avviene in primavera, quando il fronte a Cassino,
non pu essere assimilata alle altre. E cos la strage di Civitella-
San Pancrazio (attacchi partigiani precedenti alla strage e puni-
ti quando il fronte si sta avvicinando) non ha le stesse caratteri-
stiche di SantAnna di Stazzema, sgombero forzato della popo-
lazione in quella che sar la fascia di sicurezza di una linea di-
fensiva di prossimo allestimento, la Pietrasanta-Riegel, che si
trasforma in strage dopo uno o pi ferimenti di tedeschi. Tut-
tavia innegabile che i tedeschi, come qualunque esercito in ri-
tirata, diventavano particolarmente feroci quando venivano at-
taccati dai banditi in quella fase critica che il ripiegamento
di un esercito.
Pi in generale si pu dire che dietro alle stragi ci sono ope-
razioni militari tedesche che miravano alloccupazione o al con-
trollo delle loro linee di resistenza, alla messa in sicurezza delle
linee dei rifornimenti. Se si accetta come fa laccademico Giovanni
Contini Bonacossi che a Civitella la strage fu in larga misura de-
terminata dal fatto che il paese si trovava proprio su una delle li-
nee di resistenza predisposte dai tedeschi e inoltre dal fatto che
proprio da Civitella e da S. Pancrazio passavano due importanti
strade fondamentali per la ritirata dei tedeschi24, si dovrebbe am-
mettere che i monti sopra SantAnna di Stazzema dovevano es-
sere occupati per lallestimento di una nuova linea difensiva che
si sarebbe dovuta collegare a quella principale, la Linea Verde.
Se nella sentenza del Tribunale Militare di La Spezia non si ac-
cenna neppure al fatto che SantAnna si trovava nella fascia di si-
curezza della nuova linea difesiva che si imperniava sul monte

ucciso da un partigiano. Lo scontro tra i partigiani della Gattolini e le truppe


tedesche in ritirata avvenne mentre la formazione si stava spostando per occupa-
re, prima che arrivassero le truppe alleate, il paese di Casale Marittimo... Quando
uno dei soldati stava per slacciarsi i pantaloni guard verso il basso e scorse B.B.
vicinissimo... Il soldato url partigiano e B.B. fece partire una raffica di mitra
che colp in pieno il tedesco e un suo commilitone... Insomma che dai partigiani
sia partito il primo colpo certo e sono loro stessi ad ammetterlo. Da Paolo Pez-
zino, Anatomia di un massacro, il Mulino, Bologna, 1995, pp. 57, 69 e 71.
24 Giovanni Contini in Le memorie della Repubblica, cit., p. 217.
UNA STRAGE SCOMODA 279

Gabberi25 solo perch i consulenti scientifici o gli esperti chia-


mati da detto tribunale erano proprio i teorizzatori delle stragi
pianificate e della guerra ai civili. Nella sentenza di La Spezia
non si fa cenno al fatto che SantAnna era lultimo paese rimasto
da sgomberare in previsione delloccupazione della linea di resi-
stenza, anche se fin dal 1993 il maggiore esperto tedesco delloc-
cupazione militare tedesca in Italia Lutz Klinkhammer aveva de-
finito: di particolare importanza le posizioni elevate attrezzate
come sbarramenti difensivi. I rastrellamenti ebbero inizio nel re-
troterra del massiccio di Carrara, militarmente importante: cos
il villaggio di SantAnna di Stazzema fu teatro del sanguinoso
massacro compiuto alle spalle dello sbarramento di Pietrasan-
ta26. I giudici militari sentenziano ma i documenti e le mappe
restano per chi le vuole leggere e non si possono smentire i fatti
(ferimenti) con una relazione di parte. Si possono solo ignorare.
Egualmente non si pu negare che i tedeschi dovevano
sgomberare il Falterona per proseguire lallestimento della Li-
nea Gotica e che i garibaldini intendevano concentrare le loro
formazioni proprio dove la Wehrmacht si doveva fortificare a di-
fesa. Concludendo i rastrellamenti era dettati da urgenti ragio-
ni militari non dalla volont di compiere massacri di civili.

8.6. A Molino di Bucchio lantefatto che trasform il


rastrellamento in una strage indiscriminata

Nel giudizio dei comandanti tedeschi impegnati nelle operazio-


ni antibande gli attacchi contro le loro truppe si configuravano
come resistenza armata, quindi tutte le persone trovate nella-
rea interessata dovevano essere considerate come combattenti
contro la Wehrmacht, in pratica nemici. Di fronte a questo sil-
logismo assurdo e perverso anche le donne e i bambini diven-
tavano nemici. Cos tutte le volte che saranno attaccati soldati

25 Si veda Paolo Paoletti, SantAnna di Stazzema 1944: una strage impunita,


Mursia, Milano, 1998, pp. 68-70 e 80.
26 Klinkhammer, Loccupazione tedesca in Italia, cit., p. 355.
280 PAOLO PAOLETTI

tedeschi prima o durante un rastrellamento, questo si trasfor-


mer in strage indiscriminata.
Spesso in queste stragi indiscriminate c un antefatto. Pri-
ma della strage nel padule di Fucecchio (23 agosto) vennero uc-
cisi genieri al lavoro e il tenente Leopold von Buch spiegava che
nel rapporto agli ufficiali il comandante del battaglione esplo-
rante dichiar: Il cap. Strauch ci comunic lordine secondo cui
tutte le persone trovate nellarea paludosa dovevano essere con-
siderate come combattenti contro di noi e quindi dovevano es-
sere trattati come nemici27. A Molino di Bucchio i genieri al
lavoro nel padule erano i comandanti di plotone che erano an-
dati in attivit dintelligence e che avevano trovato un ambien-
te non ostile ma poco gentile (venne rifiutato loro del vino, fu-
rono invitati ad andare a Valucciole). Carlo Gentile ammetteva
che a S. Pancrazio un gruppo di civili pot salvarsi, accettan-
do di fornire informazioni sui partigiani della zona. A Molino
di Bucchio dopo luccisione dei due comandanti era svanita an-
che questa possibilit.
Quello che si vuol dire che le stragi di grandi dimensioni non
nascono mai ex abrupto ma perch trovano nei fatti un antefatto
che spesso viene trascurato. Siccome a Molino di Bucchio lucci-
sione dei due tedeschi non poteva essere sottaciuta, si ricorsi al-
la teoria della guerra ai civili, dellineluttabilit della strage.

8.7. Dietro alla corrente storiografica delle stragi programmate si


nasconde la volont di tacere sugli errori partigiani

La tesi corrente, accolta anche dal tribunale militare di La Spe-


zia, che le stragi indiscriminate contro i civili facevano parte

27 Il tenente Leopold von Buch del battaglione esplorante dichiarava agli in-
glesi: Alcune unit di genieri della divisione stavano effettuando certi lavori nel-
la palude nellarea pistoiese, quando vennero uccisi dal fuoco di mitragliatori e
fucili. Al Comando della divisione fu decisa una riunione urgente... Chiunque fos-
se stato visto aggirarsi nellarea doveva essere ucciso e le propriet distrutte.
Paolo Paoletti, La strage del 23 agosto 1944. Unanalisi comparata delle fonti an-
gloamericane e tedesche sulleccidio nel Padule di Fucecchio, Edizioni FM, s.l.,
1994, pp. 119-120.
UNA STRAGE SCOMODA 281

integrante di un piano criminoso studiato a tavolino dallArmee


Abteilung von Zangen e affidato ai comandi delle Waffen-SS o
della Divisione Hermann Gring. La vulgata vuole che i ra-
strellamenti conclusisi in stragi, indiscriminate o meno, rientri-
no tutti in quella che i nostri accademici hanno battezzato guer-
ra ai civili28, guerra di sterminio di massa contro i civili29. I
fatti dicono che prima e dopo Vallucciole le operazioni di ra-
strellamento che costavano perdite o anche solo resistenza ar-
mata alle unit germaniche impegnate nella bonifica del ter-
ritorio intorno alla Linea Gotica erano immediatamente punite
con fucilazioni indiscriminate. Anche Carlo Gentile sosteneva la
tesi che il rastrellamento antipartigiano consisteva in un massa-
cro di civili ma era lui stesso ad ammettere: Il 7 aprile, indi-
pendentemente dal rastrellamento di Heydebreck e dopo aver
subito un attacco partigiano, unit di fanteria della Wehrmacht
avevano distrutto il vicino villaggio di Fragheto di Casteldelci,
massacrandovi 31 civili, tra le quali molte donne e bambini30.
Quello che non accettabile, perch non corrisponde ai fatti,
che le stragi abbiano sempre due soli attori, i massacratori e le
vittime. In realt nelle Marche come in Toscana c sempre lo
stesso tentativo tedesco di liberare la Linea Gotica dalla presenza
partigiana, che non si ritira e anzi attacca le truppe nemiche in
esplorazione o in azione. A volte i partigiani si muovono consi-
derando le eventuali ripercussioni per la popolazione ma altre
volte compiono azioni di sangue controproducenti per la po-
polazione, come omicidi vicino ai villaggi (Fragheto e Partina)
o allinterno di luoghi abitati (da via Rasella a Roma a Molino
di Bucchio, da Civitella a Montemignaio). A SantAnna di Staz-
zema, invece, si limitano a togliere gli avvisi di sgombero tede-
schi e li sostituiscono con i loro proclami alla popolazione. Nel-
la sentenza al processo di La Spezia si pu leggere: Oggi, ad
oltre 60 anni dai fatti, questo processo ha dimostrato che quel-

28 Michele Battini e Paolo Pezzino, Guerra ai civili, Marsilio, Venezia, 1997,


e Carlo Gentile paragrafo 2 de Le stragi tedesche del 1944 in provincia di Arezzo ed
i loro perpetratori, cit.
29 Guerra di sterminio e Resistenza. La provincia di Arezzo (1943-1944), cit.
30 Gentile, Le stragi nazifasciste..., cit., p. 85.
282 PAOLO PAOLETTI

lordine [tedesco di sgombero] ci fu davvero. In primo luogo


lo si deduce dal volantino affisso dai partigiani il 26 luglio, con-
segnato da Alderano Vecoli a Don Vangelisti ed ora acquisito
tra le prove documentali..., in secondo luogo perch ad esso
hanno fatto riferimento alcuni testimoni escussi a dibattimen-
to. In tutti questi episodi i partigiani sono soggetti attivi, non
certo passivi. I loro atti si fanno passare per ininfluenti ma in
questo caso sono tra le premesse della strage. Se la popolazio-
ne di S. Anna fosse sfollata a valle, non si poteva verificare al-
cun eccidio. Sullaltro versante del Gabberi, a Farnocchia, la po-
polazione sgomber e non scorse il sangue, nonostante i parti-
giani, contro il volere della popolazione, avessero attaccato e uc-
ciso tre tedeschi.
Eppure questi fatti concreti vengono sottaciuti e anche lo
storico tedesco Gerhard Schreiber si allinea alla tesi corrente:
La vendetta tedesca non aveva bisogno di un evento specifico.
Bastava lattivit partigiana come tale31. In tutti i casi sopra ci-
tati lattivit partigiana si esplicava in omicidi, ferimenti o at-
tacchi ad auto tedesche, non certo in resistenza passiva di tipo
danese. Diciamo allora che era la gravit dellattivit partigiana
a determinare la risposta tedesca. Lattivit partigiana a Mo-
lino di Bucchio cera stata ed era stata particolarmente mal con-
dotta e peggio ancora gestita dai garibaldini nelle ore successi-
ve allo scontro. Ma la reazione nazista era stata cos disumana
per cui passato alla storia solo il massacro tedesco e ci siamo
dimenticati che la strage poteva essere evitata se i garibaldini
avessero avvisato la popolazione.
In sostanza nel contesto storico dei luoghi dove avvengo-
no le stragi ci sono sempre e comunque i partigiani che agisco-
no in aree dinteresse strategico per i tedeschi. A volte da pro-
tagonisti, a volte da comprimari, ma sempre presenti in prima
o seconda fila, sempre e comunque sullo sfondo. Se si teorizza
la strage con due soli attori (i tedeschi che fanno la guerra ai ci-
vili) perch non si vuole dipingere tutto il quadro completo.
La nostra impressione che questa teoria delle stragi piani-

31 Schreiber, La vendetta tedesca, cit., p. 196.


UNA STRAGE SCOMODA 283

ficate a tavolino, per cui la Wehrmacht sceglieva di essere impe-


gnata su due fronti, nella guerra ai civili e nella guerra agli Al-
leati, per cui tutte le anomalie riscontrate nelle stragi rientra-
vano nelle coincidenze sacconiane, sia lunico modo per non
dire che anche i partigiani commisero degli errori. Perch se si
ammetteva che anche i partigiani ebbero un ruolo, non importa
se pi o meno consistente, poi emergeva che fu spesso rilevante
e negativo. Perch se in generale si riconosceva che in ogni stra-
ge cera da considerare anche lattivit partigiana, spesso si fi-
niva con lo scoprire che i partigiani, il pi delle volte garibaldi-
ni, avevano commesso imprudenze, leggerezze o errori gravissi-
mi. Tutti hanno definito gli errori partigiani semplici occasio-
ni piuttosto che concause o motivi di una vendetta.
Tra quei pochissimi storici che hanno trattato la strage di Val-
lucciole non ne abbiamo ancora trovato uno, italiano o tedesco,
che abbia riscontrato un errore nel comportamento dei garibal-
dini. Solo Carlo Gentile ha scritto che in seguito allattacco par-
tigiano dell11 aprile e alle perdite subite dalle due compagnie del
reparto i tedeschi decisero di modificare i criteri di scelta delle
proprie vittime32. Uneccezione che conferma la regola.
Quello che vogliamo dire che le stragi nazifasciste non na-
scono solo sui grandi tavoli degli alti comandi, come piace dire
alla vulgata, ma a volte diventano eccidi indiscriminati a livello
pi basso: non per ordini superiori ma perch i soldati, in par-
ticolare quelli dei battaglioni esploranti, sanno di godere di una
garanzia dimpunit, se eccedono nellazione repressiva. Le stra-
gi scattano quando si verificano fatti di sangue imprevisti, cos
le giovani reclute ideologizzate o i vecchi soldati reduci da anni
di guerra, si trasformano in belve umane. Ormai sanno che in
guerra ogni omicidio diventa legale e qualunque crimine, ven-
detta o rappresaglia che sia, non sar mai punito. Altre volte
sufficiente che ordini generici come assicurare la sicurezza del-
le vie di comunicazione e dei passi o mantenere il controllo
del territorio nelle retrovie si incrocino con attentati o attacchi
partigiani perch avvengano stragi di civili. Le generalizzazioni

32 Gentile in La politica del massacro, cit., p. 221.


284 PAOLO PAOLETTI

sono sempre pericolose, quella sulle stragi programmate pre-


senta il fondato sospetto che questa corrente storiografica di si-
nistra serva solo a nascondere i fatti, la presenza dei partigiani
nella maggior parte delle stragi.
Se si parla di guerra ai civili si vogliono far passare due
messaggi: 1) che le donne e i bambini erano civili come i parti-
giani e che tutti lottavano per la stessa causa; 2) i tedeschi se la
rifacevano contro la parte indifesa della societ italiana ma non
contro i partigiani. Tutte e due le tesi sono storicamente sba-
gliate. Ma sono lunico modo politico per non parlare del com-
portamento dei garibaldini e delle loro corresponsabilit, che,
come a Vallucciole, sono evidenti.

8.8. Il silenzio sulle responsabilit garibaldine

A 65 anni dalla fine della guerra non si pu liquidare ogni er-


rore fatto dai garibaldini o dai partigiani con la formula gli ec-
cidi sarebbero stati compiuti comunque. Per coprire le re-
sponsabilit garibaldine si continua a parlare di coincidenze
e di strage programmata, mai qualcuno ha parlato di inge-
nuit, inesperienza e incoscienza di alcuni garibaldini. Il silen-
zio della storiografia serve a nascondere il fatto che questi par-
tigiani commisero gravi errori che culminarono nel mancato av-
viso alla popolazione dellimminente rastrellamento.
Che la teoria della guerra ai civili serva a nascondere gli er-
rori partigiani trova conferma su come stato presentato il fatto
di sangue a Molino di Bucchio. A volte un incidente inevitabi-
le, altre volte una reazione ad un attacco tedesco. Ma non sono
questi cambiamenti di versione a far sospettare sulla veridicit del-
la vulgata ma la mancanza di qualunque osservazione critica. Se
sono i partigiani ad essere attaccati come mai non hanno neppu-
re un ferito e muiono due tedeschi? Se i garibaldini si presentano
per fare un controllo di una macchina sospetta com possibile che
un tedesco sfugga alle sventagliate di quattro Sten? Com possi-
bile che un tedesco arrivato mezzora prima da Firenze sfugga al-
linseguimento di una squadra di garibaldini?
del 1957 la prima ammissione che i garibaldini entrarono
UNA STRAGE SCOMODA 285

in possesso della cartina tedesca del rastrellamento e quindi del


suo perimetro. Il libro di Antonio Curina ospitava in forma ano-
nima la testimonianza di Sirio Ungherelli che ammetteva di aver
appreso tutti i dettagli del rastrellamento. Eppure in pi di cin-
quantanni di studi da parte di esperti e dilettanti nessuno ha mai
obiettato: se i garibaldini conoscevano larea da rastrellare per-
ch la popolazione fu colta alla sprovvista? Luccisione di 108
persone non era la miglior prova che la popolazione non era sta-
ta avvertita nonostante i garibaldini avessero ammesso di aver
appreso ogni dettaglio delloperazione di rastrellamento? Anche
se erano i garibaldini stessi a dire che avevano in mano la pro-
va che ci sarebbe stato un rastrellamento e che sarebbe bastato
passare sullaltra riva dellArno per mettere tutta la popolazio-
ne in salvo, nessuno li ha mai accusati di non aver avvisato la po-
polazione. Eppure erano i fatti a dimostrare che quei contadini
e pastori erano stati colti nel sonno.
Curina, per non dire che i garibaldini non avevano avverti-
to la popolazione, aveva gettato la responsabilit sui civili: La
popolazione non ritenne opportuno di scappare dalle proprie ca-
se.... Da allora nessuno si chiesto se quei contadini che non
ritennero opportuno di scappare tenevano pi alle case e alle
bestie che alla vita dei propri figli oppure se non erano stati av-
vertiti della gravit del pericolo che incombeva sulla loro testa.
Bast che lanonimo comandante garibaldino dicesse che i par-
tigiani si erano preoccupati di avvisare tutti, perch nessun pro-
fessionista o dilettante della storia notasse che gli abitanti della
vallata del Vallucciole erano rimasti in casa.
Valeria Trupiano a proposito della rappresaglia tedesca a
Crespino sul Lamione notava acutamente: Si accetta che si par-
li di responsabilit precise e individuali ma non che se ne scri-
va. Il passaggio dallorale allo scritto bloccato, a sanzionare il
blocco di un altro passaggio del racconto: dal discorso privato
e personale a quello ufficiale e pubblico. Il giudizio individuale
non diviene giudizio storico33. Avviene la stessa cosa per la stra-
ge di Vallucciole.

33 Valeria Trupiano in Poetiche e politiche del ricordo, a cura di Pietro Clemente


e Fabio Dei, Carocci, Roma, 2005, p. 217.
286 PAOLO PAOLETTI

Ma non colpa dei superstiti se la storiografia italiana non


ha mai dedicato lattenzione che meritava alla strage di Valluc-
ciole. Claudio Pavone nella sua monumentale storia su Una guer-
ra civile. Saggio storico sulla moralit nella Resistenza cita circa
650 luoghi geografici e riesce a non menzionare n Vallucciole
n Crespino sul Lamone; in genere evita tutte le rappresaglie o
vendette tedesche34. Le rappresaglie e le vendette naziste sono
le meno studiate tra le stragi tedesche in Italia. Se si chiedesse
ai professionisti della Storia, agli accademici italiani e agli stu-
diosi, dove sono o cosa successe a Vallucciole o a Crespino sul
Lamone pochissimi saprebbero rispondere.
Giovanni Contini scriveva: E tuttavia, a S. Anna, continua
a essere presente, sia pure sottovoce e non in primo piano, lac-
cusa ai partigiani che con un volantino avrebbero invitato a non
sfollare, che sarebbero fuggiti prima dellarrivo dei tedeschi sen-
za sparare un colpo in difesa del paese...35. A Stia, invece, sic-
come era impossibile giustificare chi era fuggito senza avvertire
la popolazione dellimminente rastrellamento, si puntato sul-
lassoluzione dei garibaldini, dicendo che la strage era inevita-
bile, che sarebbe avvenuta comunque.

8.9. In merito alle responsabilit

Giovanni Contini Bonacossi, che pur un accademico, scrive-


va giustamente: Se vero che le responsabilit della scelta stra-
gistica fu interamente dei tedeschi, tuttavia perch evitare in
modo addirittura pregiudiziale di porre, per alcuni casi almeno,
il problema dellerrore partigiano?36. Concordiamo anche con
Pietro Clemente il quale scriveva nel 2005: ovvio che anche
le scaramucce locali... possono essere considerate circostanze
confluenti per la decisione dei tedeschi sullopportunit di una

34 Non un caso se nel suo saggio non vengano rammentati gli eccidi di San-
tAnna di Stazzema, Bardine-San Terenzo-Valla, Pedescala e su Guardistallo dica
solo che i partigiani superstiti sono reticenti a parlare.
35 Contini in Fulvetti, op. cit.
36 Ibidem.
UNA STRAGE SCOMODA 287

bonifica umana del territorio. Anche in questo caso la respon-


sabilit delle stragi di civili resta tutta dei tedeschi, roba da No-
rimberga o da Tribunale Russell. ovvio che le colpe delle
stragi sono da attribuire esclusivamente a chi le comp37. La
vendetta dei propri comandanti non pu ovviamente mai giu-
stificare il massacro barbarico di donne e bambini. Ma questo
non significa che si debbano sottacere gli errori garibaldini com-
messi a Vallucciole, che sono stati molteplici e gravi. Gli stori-
ci, invece, non parlano mai di errori partigiani, anche se c un
comandante garibaldino che sente un senso di colpa dopo
aver saputo che, per la loro azione di guerra, hanno pagato don-
ne e bambini.
Non siamo daccordo con Clemente quando dice che Per
lo storico e il politico il giudizio concluso. Noi non conside-
riamo la storia come un fatto acquisito una volta per tutte, anzi
diffidiamo di chi scrive: la storia gi stata scritta: troppe vol-
te ci samo accorti che non era stata scritta quella vera. La storia
sempre un processo in itinere, in attesa che qualche docu-
mento inedito, una testimonianza importante, un particolare fi-
no allora trascurato la renda pi vicina alla verit. Chi poteva
immaginare fino alla scoperta di Gentile che i due morti di Mo-
lino di Bucchio dell11 aprile erano i comandanti di due dei plo-
toni che fecero la strage a Vallucciole? Questa circostanza
confluente per la decisione della vendetta che pretende un ec-
cidio indiscriminato.

37 Clemente in Poetiche politiche del ricordo, op. cit. e da Ritorno dellApoca-


lisse, in Vessichelli, op. cit., p.122.
IX

UNA STRAGE MANIPOLATA

9.1. La retorica della memorialistica sulla lotta dei garibaldini sul


Falterona

Nel 1975, quando la retorica garibaldina era dominante e in-


contrastata, Carlo Ferri scriveva: I partigiani furono felici di es-
sere cos braccati [sul Falterona], perch solo in quel modo es-
si potevano distogliere le forze del nemico dalle rappresaglie
verso i paesi vicini e lontani1. Quando i garibaldini comincia-
rono ad essere braccati i cadaveri delle donne e dei bambini di
Serelli e Valluccioli erano gi freddi da ore. Semmai era vero il
contrario: il rimbombo delle sparatorie e il fumo degli incendi
nelle frazioni intorno a Vallucciole furono il primo segnale per
i partigiani che la colonna di nazisti stava salendo da Molino di
Bucchio. Al contrario di quanto scriveva la retorica garibaldina
fu la strage degli innocenti a ritardare di alcune ore lattacco del-
la H.G. alle posizioni partigiane. E non viceversa.
Ferri ammetteva: Scopo dei partigiani era di salvare i due
distaccamenti con tutto il materiale bellico; non per fuggire di
fronte al nemico, non per codardia ma per essere in grado in un
prossimo futuro di attaccarlo e di fargli pagare con tutti gli in-
teressi quello che stava facendo ora2. I due distaccamenti si
salvarono senza subire una sola perdita ma si sbandarono, chi

1 Ferri, op. cit., p. 120.


2 Ivi, p. 121.
290 PAOLO PAOLETTI

and sul monte Giovi, chi sul Pratomagno, chi attravers lAr-
no per andare verso le ultime propaggini del Chianti e vedere la
strage di altri innocenti a Pian dAlbero. Altri tornarono a casa.
Il Falterona non fu pi terra di banditi fino alla definiti-
va ritirata tedesca del settembre 1944.
Per questo a Dino Bracciali, marito di Pierina Michelacci,
che aveva perso il padre, due sorelle e la nonna paterna Maria
Trenti3, dava fastidio: Pi che altro il 25 di aprile... invece di
fare la ricorrenza delleccidio e dire una messa e via... si appro-
fittava della festa della liberazione, venivan su con le bandiere...
feste partigiane... Non avevano bisogno di tante feste, ma di lut-
to.... Pierina Michelacci spiegava: Alle commemorazioni uno
pensa a tante cose, ma non pensa ai partigiani o a altre cose...
senzaltro avranno fatto anche la liberazione... per me no!4.

9.2. Un posticipo di date: casuale? No, strumentale

Non difficile stabilire se sia stato un errore volontario o invo-


lontario quello di Ungherelli. Un dato certo: Ungherelli, nel
1944, quando scrisse la relazione per il diario storico del dis-
taccamento e in tutte e tre le sue versioni del 1957, 1975 e 1998,
quando fin le sue memorie, ha sempre messo come data del-
luccisione dei due comandanti tedeschi quella del 12 aprile.
O lui, o qualcunaltro, hanno perfino manipolato i documenti
ufficiali del diario storico del Comando Divisione dAssalto Ar-
no, dove nella Relazione sullattivit svolta dal distaccamento
Faliero Pucci si parla di 12 aprile. Non sappiamo se tutti co-
loro che hanno scritto su Vallucciole si sono rifatti ai documen-
ti garibaldini o meno, comunque gi nel primo libro sulla Resi-
stenza in Casentino, quello di Antonio Curina5 nel 1957 si usa-

3 Lintervistatrice Paola Calamandrei annotava: Su alcuni testi e sulla lapide


al cimitero appare erroneamente il nome Livia.
4 Dallintervista di Paola Calamandrei e Francesca Cappelletto a Giovanna e
Pierina Michelacci e Dino Bracciali del novembre 1993, audioregistrazione inedi-
ta in possesso della provincia di Arezzo.
5 Antonio Curina, op. cit., p. 470.
UNA STRAGE MANIPOLATA 291

va la data posticcia del 12 aprile. Sta di fatto che fino al 2005,


in Italia e solo qui, si ripetuto che luccisione dei due coman-
danti tedeschi a Molino di Bucchio avvenne il 12 aprile. E pen-
sare che nella sentenza della Corte dAssise Straordinaria di
Arezzo dell8.9.1946 si diceva che luccisione di due soldati te-
deschi era avvenuta alcuni giorni prima del 13.4.1944! La sen-
tenza era ed pubblica ma nessuno lha guardata in questi 65
anni.
Allora perch il professore Segatori nel 1975, lopuscolo del-
la provincia di Arezzo nel 1979 nel 35 anniversario degli ecci-
di, Susanna Bianchi e Alessandro Del Conte nel 19856, nellEn-
ciclopedia dellAntifascismo e della Resistenza del 1989, lo stori-
co Giovanni Verni nel 1990, gli storici tedeschi Lutz Klin-
khammer nel 1993 e 19977 e Friedrich Andrae nel 19978, il pro-
tagonista, Ungherelli nel 19999 e Paolo De Simonis che ha cu-
rato per conto della Regione Toscana il terzo volume della Gui-
da ai luoghi delle stragi nazifasciste nel 2004 e di nuovo Giovanni
Verni nel 2005, quando ha curato per la Regione Toscana La Cro-
nologia della Resistenza in Toscana, perch tutti si sono attenu-
ti alla vulgata del 12 aprile? Ancor oggi sul sito del comune
di Stia10 si legge che i fatti a Molino di Bucchio avvennero il 12
aprile. Tutti sostengono, a parole, che la memoria storica un
dovere11 ma di storico in questa memoria che manipola le da-
te c veramente poco.
Perch le pubblicazioni in tedesco riportano la data corret-
12
ta e in Italia si continuato a perpetuare lerrore fino al 2005,
quando Carlo Gentile ha finalmente riportato la data corretta13?

6 Bianchi e Del Conte, Come pesci nellacqua, cit., p. 139.


7 Klinkhammer, Loccupazione tedesca in Italia, cit., p. 580, e Id., Stragi nazi-
ste..., cit, p. 86.
8 Andrae, La Wehrmacht in Italia, cit., p. 137.
9 Verni, Appunti per una storia della Resistenza nellAretino, in Guerra di ster-
minio e Resistenza. La provincia di Arezzo 1943-1944, cit., p. 132.
10 http://www.comune.stia.ar.it/turismo/storia/vallucciole/vallucciole.asp.
11 Cos il sindaco di Stia Luca Santini nellIntroduzione a Non dimenticare Val-
lucciole di Alvaro Biagiotti.
12 Lucas Vogelsang in Casentino: unbekannte Toskana, Zeitenspiegel-Re-
portageschule Gnter Dahl.
13 Gentile, Le stragi nazifasciste..., cit., p. 85.
292 PAOLO PAOLETTI

Professori e appassionati di storia sono tutti studiosi distratti e


sciatti che ricopiano lo stesso errore dai colleghi che li hanno
preceduti oppure dietro a questa distrazione collettiva c del-
laltro? Perch in tutti questi anni non si sono ascoltati i super-
stiti ma solo lunica fonte partigiana, ovvero Sirio Ungherelli?
Tutti i sopravvissuti ricordavano e ricordano perfettamente le da-
te e il giorno della settimana14, possibile che in tutti questi anni
nessuno li abbia interpellati?
Nel 2006 Giancarlo Vessichelli, che aveva interrogato alcu-
ni superstiti, notava lerrore di posticipare i fatti di Molino di
Bucchio al 12 aprile e attribuiva questa discordanze di date a un
fatto tecnico: Molto probabilmente nel redigere i documenti si
equivocato sulle date15. I documenti fascisti da lui stesso ri-
portati16 portano date corrette! No, non una questione di equi-
voci ma di documenti garibaldini manipolati (si veda 9.3). Il no-
stro sospetto che si sia posticipata la data dello scontro a fuo-
co dall11 al 12 aprile perch altrimenti si sarebbe dovuto spie-
gare cosa fecero, o meglio, cosa non fecero i partigiani quell11
e quel 12 aprile. Se il fatto di sangue di Molino di Bucchio av-
venne secondo Anita Pantiferi e Ines Bucchi verso le 15,30 di
marted 11 aprile, per Dina Bucchi Verso le 16,30 e i parti-
giani nelle ore successive non fecero niente per cancellare le
prove dello scontro a fuoco, non rimossero i cadaveri e soprat-
tutto non avvisarono la popolazione di Vallucciole del rastrella-
mento, come avrebbero potuto un domani dire che era manca-
to il tempo per fare tutte queste cose? Spostando al 12 apile lo-
rologio della storia Ungherelli cercava di crearsi un alibi pre-
ventivo: i partigiani avrebbero voluto nascondere i cadaveri e av-
visare la popolazione ma se non lo fecero fu solo perch manc
il tempo. No, non andata cos: se i garibaldini volevano na-
scondere i cadaveri avevano due muli e una macchina. Se non
lo fecero, non fu per mancanza di tempo e di mezzi ma per al-
tri motivi. Se non avvisarono la popolazione non fu perch a cau-

14 Delia e Dilva Pantiferi sono vive e ricordano date e giorni della settimana.
15 Vessichelli, Era primavera anche a Vallucciole nellanno 1944, cit., p. 103.
16 Ivi, p. 160.
UNA STRAGE MANIPOLATA 293

sa di questa incombenza avrebbero dovuto salire sul Falterona


con le tenebre anche col buio avrebbero potuto bussare ad una
porta di Serelli, Vallucciole e Monte di Gianni e avvertirli del
rastrellamento.
Secondo noi, questo spostamento di date non stato fortuito
ma strumentale: Ungherelli aveva bisogno di cancellare 24 ore
per poter dire un giorno che dalluccisione dei due tedeschi al
rastrellamento passarono troppe poche ore per avvisare tutti.
Nessuno se n accorto neppure noi nel 1996 quando lo in-
tervistammo finch rimasto in vita.
Quel 12 aprile i contadini di Vallucciole non videro alcun
garibaldino, ebbero la visita dei partigiani badogliani, allo-
scuro anche loro del rastrellamento e che per questo li rassicu-
rarono. Allora non ci troviamo di fronte ad un errore ma ad una
manipolazione di date. I diari storici del Comando XXII briga-
ta bis Sinigaglia e del Comando Divisione dAssalto Arno
sono stati ambedue manipolati da una mano che ha corretto
quanto battuto a macchina. Per far quadrare le date si sono po-
sticipate le requisizioni dell10 e 11 aprile al 12-1317, come se
durante il rastrellamento qualche garibaldino si preoccupasse di
impedire linvio delle derrate alimentari allammasso. Il mani-
polatore del diario storico della Faliero Pucci stato fin trop-
po solerte: 13 aprile [sic]: nostra pattuglia fucila due tenenti del-
le SS e distrugge la loro automobile. La seconda manipolazio-
ne la si trova nella Relazione sullattivit svolta dal distaccamen-
to Faliero Pucci che abbiamo riportato nel paragrafo 4.2. Un-
gherelli o qualche altro garibaldino doveva inventare una giu-
stificazione ad un comportamento incomprensibile e ingiustifi-
cabile di tutto il distaccamento garibaldino, per questo falsific
le date prima sui diari storici e poi nelle sue testimonianze.

17 ISRT, Fondo ANPI Firenze, Diario Storico del distaccamento Faliero Puc-
ci, busta 3.
294 PAOLO PAOLETTI

9.3. Vallucciole: una strage politicamente gestita dal commissario


politico Ungherelli

Sui fatti di Molino di Bucchio ha parlato un solo garibaldino, il


commissario politico Sirio Ungherelli. La netta impressione
che fosse lunico autorizzato a gestire politicamente quel fatto
di sangue. Altri autori comunisti hanno evitato di ricordare le-
pisodio e la strage18.
Nel 1957, nel libro del Curina, usciva in forma anonima il
racconto del protagonista sui fatti di Molino di Bucchio. Nel
1975 nel libro di Sacconi usciva di nuovo la testimonianza di
uno dei protagonisti, di cui per la prima volta si faceva il no-
me: Sirio Ungherelli. Gianni riteneva opportuno di non dire
che era il commissario politico. Rispetto alla versione scritta per
il diario storico della brigata Sinigaglia, nel 1975 arrivava a ro-
manzare i fatti. Mentre nel 1944 diceva che era stato un solo te-
desco a sparare da dentro lauto con una pistola mitragliatrice
(vedi 4.2), nel 1975 dichiarava: Lauto si ferm di colpo e tre
uomini scesi fulmineamente a terra, da dietro gli sportelli aper-
ti, aprirono il fuoco19. Nel suo libro postumo Ungherelli usa-
va le stesse parole aggiungendo un particolare che rendeva an-
cor meno credibile la sua versione: tre tedeschi aprirono il fuo-
co con armi automatiche20. Come fecero quelle tre armi auto-
matiche a non colpire nessuno del gruppo di garibaldini che gli
si parava davanti?
Oltretutto lui, lunico garibaldino che si arrogato il dirit-
to di parlare dellepisodio, lo ha fatto in maniera sfrontata, pre-
supponendo di poter raccontare qualunque menzogna e di es-
sere creduto. Per esempio ha ripetuto nelle tre versioni del 1957,
1975 e 1999 che la Balilla percorse il tratto di strada che da Val-
lucciole conduce al Mulino, quando tutti sapevano e sanno che
allepoca dei fatti la strada che da Molino di Bucchio saliva a Val-
lucciole era una mulattiera impraticabile alle macchine.

18 Autori garibaldini molto prolifici come Orazio Barbieri e Giovanni Frulli-


ni hanno evitato di toccare i fatti di Molino di Bucchio e la strage.
19 Sacconi, op. cit., p. 210.
20 Ungherelli, op. cit., p. 163.
UNA STRAGE MANIPOLATA 295

A parte questi cambiamenti di versione, lunico dato inte-


ressante che nella versione del 1975 si facevano alcuni nomi
di battaglia. Nel 1996, in occasione della nostra intervista a Un-
gherelli, questi ci disse che Pipone era vivo ma quando gli
chiedemmo di rivelarci la sua identit, si giustific dicendo che
non se la ricordava. Nel 1999, quando usc postumo il suo libro
Quelli della Stella Rossa, Ungherelli scriveva che la squadra sce-
sa a Molino di Bucchio per macinare il grano era al comando
di Gambero e Gianni col Nonno, Pipone, Professore, Cecco,
Bob, Milano ed altri. Dallindice dei Nomi e appellativi di
battaglia si ricavava che Gambero era Enzo Gandi, Il Pro-
fessore Tullio Auriti, Bob21Adriano Gozzoli e il Nonno,
per i suoi 53 anni, si chiamava Isaia Torricini. Allepoca erano
tutti non rintracciabili o sconosciuti persino allAssociazione
Nazionale Partigiani dItalia. Dei tre, Cecco, Milano e Pi-
pone, che verosimilmente andarono di corsa a controllare la
macchina, due restavano e restano senza identit22.
Unaltra caratteristica di tutta la squadra della Faliero Puc-
ci che partecip ai fatti di Molino di Bucchio che alcuni di
loro hanno rilasciato interviste che sono state pubblicate ma
nessuno, eccetto Gianni, ha mai raccontato il suo 11 aprile
194423. Non strano che Il Professore, al secolo Tullio Auri-

21 Un altro Bob era Severino Germanesi, nato a Borgo San Lorenzo nel
1927, ma appartenente al distaccamento Checcucci.
22 Ugo Corsi nel 1979 aveva detto che nella squadra scesa a Molino di Buc-
chio cerano due sardi: potrebbero essere Cecco e Milano.
23 Nel 1985 in un libro finanziato dal comune di Vicchio Come pesci nellac-
qua si scopriva che Pipone era il nome di battaglia di Ottavio Grifoni. Nel mag-
gio 1976 la biblioteca del comune di Vicchio raccolse la testimonianza del Grifo-
ni nellopuscolo Ricordi di un antifascista 1921-1948 ma il garibaldino non faceva
alcun cenno allepisodio di Molino di Bucchio e al rastrellamento sul Falterona.
Pipone dopo lattentato a Togliatti venne arrestato per blocco stradale e do-
po quattro mesi di carcere venne assolto per insufficienza di prove. Subito dopo
venne condannato per laggressione insieme ad altri compagni ad un fascista. Nel
1958 fu condannato al risarcimento di 8 milioni di lire al suddetto fascista. In Pi
in l: ventitr partigiani sulla lotta nel Mugello, a cura del Circolo La Comune del
Mugello e del Centro di documentazione di Firenze, La Pietra, Milano, 1976, si
trova che Cecco era il nome di battaglia di Olinto Ceccuti ma questi si dichia-
rava commissario politico del distaccamento Checcucci, quindi estraneo ai fat-
ti di Molino di Bucchio.
296 PAOLO PAOLETTI

ti, divenuto giornalista de lUnit, non abbia scritto di un fat-


to di cui fu testimone oculare? Al termine di questa ricerca sui
componenti della squadra ci siamo convinti che il commissario
politici Ungherelli doveva essere lunica voce autorizzata a par-
lare di quei fatti.
Il Partito comunista ha sempre protetto gli esecutori mate-
riali sia degli omicidi commessi dai GAP24 o come in questo ca-
so le persone coinvolte in episodi che hanno portato ad una
strage. Forse nel 1999 neppure i curatori del libro di Ungherel-
li sapevano pi il vero nome di Cecco e Milano. Fatto che
il numero e i nomi dei garibaldini che spararono il pomeriggio
dell11 aprile a Molino di Bucchio sono ancora oggi ignoti. Se
avvenuto questo perch il commissario politico Ungherelli
ha gestito fino alla sua morte la storia dei compagni coinvolti in
questo fatti di sangue in modo che fosse lui lunico garibaldino
a parlare. Quando lo intervistammo nellottobre 1996 Unghe-
relli era diventato presidente del Comitato provinciale di Fi-
renze dellAssociazione nazionale partigiani dItalia e del Co-
mitato regionale toscano e aveva lautorevolezza dellunico au-
torizzato a trattare largomento. Non un caso che il coman-
dante militare Enzo Gandi, che aveva titolo per stendere la re-
lazione sullepisodio, non abbia mai scritto o parlato su questa
vicenda. Gambero rappresenta un altro caso emblematico del
mistero che ancora circonda la memoria garibaldina della stra-
ge di Vallucciole: Enzo Gandi fu misteriosamente arrestato a Fi-
renze nel giugno 1944; dopo il carcere a Firenze e il campo di
transito a Fossoli, fin a Mauthausen. Si salv dal lager e torn
a Firenze nel 1945. Nonostante gli inviti di Giancarlo Pajetta ad

24 Possiamo citare lesperienza della ricerca sul secondo sparatore del filoso-
fo Giovanni Gentile. La memorialistica e la storiografia concordavano sul fatto che
i due sparatori erano entrambi morti: Bruno Fanciullacci, suicida, nel 1944 e Pao-
lo nel 1945. Poi un gappista ci disse in segreto che Paolo, ovvero Giuseppe Mar-
tini, non era morto ma si trovava ricoverato in una struttura sanitaria per malati di
lunga degenza.. Lo trovammo dopo una breve ricerca negli ospedali fiorentini e
dopo molte attese infruttuose riuscimmo a parlarci. Dopo molti colloqui dove lu-
nico argomento non toccato era lassassinio Gentile un giorno Martini confess da-
vanti a sua figlia, pi sorpresa di noi, che anche lui aveva sparato. Cos potemmo
chiudere il nostro lavoro su Il delitto Gentile: esecutori e mandanti, cit.
UNA STRAGE MANIPOLATA 297

andare a lavorare nel partito a Roma, prefer tornare a fare il fo-


tografo, professione con la quale era stato registrato dalle SS. Il
sindaco Fabiani gli trov un posto in comune e Gandi morto
nel 1974 senza lasciare uno scritto, unintervista, la sua verit sui
fatti di Molino di Bucchio. Gandi ha scritto solo sulla sua espe-
rienza a Mauthausen25 ma non ha mai parlato della sua militan-
za nel Pci, della sua condanna a 24 anni di carcere nel 194226,
dei suoi mesi in montagna. Se Gandi aveva accettato di scrive-
re sulla sua esperienza pi dura e dolorosa, quella che ha segnato
per sempre lesistenza di qualunque condannato al KL, perch
nessun compagno ha mai raccolto la sua voce di comandante
partigiano? Perch lui non voleva o non poteva parlare della
sua esperienza partigiana?
Il risultato di tutti questi mancati appuntamento con la me-
moria dei garibaldini protagonisti a Molino di Bucchio, ci por-
ta a credere che Sirio Ungherelli sia stato lunico autorizzato a
gestire politicamente i fatti di quei giorni. Una cosa certa: i do-
cumenti da lui firmati nel 1944 mostrano che la data del fatto
di sangue di Molino di Bucchio apposta sul diario storico del dis-
taccamento Faliero Pucci27 appare corretta a mano: una vol-
ta 12 e unaltra 13! Non si sa chi abbia fatto materialmente la
correzione ma evidente che c stato un tentativo di aggiusta-
re la storia.

9.4. I partigiani non avvisarono i partigiani

Serve questo paradosso per spiegare come nel caso di Vallucciole


si debbano distinguere i partigiani tra garibaldini e bado-

25 Un suo interessante articolo, che dimostrava intelligenza, sensibilit e unin-


solita dimestichezza con la penna, apparve sul numero di aprile-maggio 1946 di
Rinascita, rivista diretta da Ranuccio Bianchi Bandinelli. Alcuni suoi brani so-
no poi apparsi sul libro La speranza tradita. Antologia della deportazione politica
toscana 1943-1945, Giunta Regionale toscana, Pacini, Firenze, 1992.
26 Si veda la testimonianza di Sirio Ungherelli in I Compagni di Firenze. Me-
morie di lotta antifascista, cit., p. 334.
27 ISRT, Fondo ANPI Firenze, Diario Storico del distaccamento Faliero Puc-
ci, busta 3.
298 PAOLO PAOLETTI

gliani/autonomi. Chi sfoglia qualunque libro, opuscolo o ar-


ticolo su Vallucciole potr notare che non si usa quasi mai il ter-
mine garibaldini. Se fosse corretto luso ambivalente garibal-
dini = partigiani si dovrebbe dire che l11 aprile i partigiani non
avvisarono del rastrellamento i partigiani (si veda 4.20).
Come noto, sempre stato costume dei garibaldini attribuire
il merito delle vittorie solo a se stessi e condividere la responsa-
bilit delle sconfitte, degli insuccessi o delle cattive idee (si veda
nota 13 in 1.4) con i partigiani del CTLN. Questo di Molino di
Bucchio un caso in cui i garibaldini non hanno alcun merito da
rivendicare, anzi, e allora gli storici e gli studiosi in genere vanno
in loro soccorso dicendo sbrigativamente che erano tutti parti-
giani.
Intanto c da dire che i militari in grigioverde erano stati
mandati l fin dallottobre 1943 su mandato del Comitato Pro-
vinciale di Concentrazione Antifascista di Arezzo mentre, come
spiega pi volte Ungherelli, i garibaldini erano arrivati sul Fal-
terona per ordine del delegato del comando generale delle Bri-
gate Garibaldi. Che questi partigiani marciassero ognuno per
conto proprio dimostrato dal fatto che l11 aprile i garibaldi-
ni ammazzarono due tedeschi e fecero le marce forzate per rag-
giungere il loro campo base e non trovarono il tempo di avvisa-
re dellimminente rastrellamento n la popolazione verso cui
dovevano solo riconoscenza n tanto meno gli altri partigiani che
il commissario politico Ungherelli ad esser generosi considera-
va attendisti. Nei suoi scritti del 1957, 1975, nella nostra in-
tervista del 1996 e nellautobiografia del 1999, Ungherelli non
usa mai il termine badogliani o partigiani autonomi. Per lui
i partigiani erano solo i garibaldini, gli altri non esistevano.
Siccome nessuno ricorda i militari italiani che hanno fatto la
Resistenza avendo cura di non mettere a repentaglio la vita del-
la popolazione, in questo caso particolare ci sembra giusto non
confondere i garibaldini con i partigiani badogliani. Purtrop-
po anche questo episodio dimostra la mancanza di unit nella
Resistenza nellaprile 1944 e il ritardo dei garibaldini a recepire
lappello di Togliatti.
UNA STRAGE MANIPOLATA 299

9.5. La manipolazione della verit: come la strage viene


presentata dalla letteratura resistenziale

Ovviamente tutta la letteratura resistenziale ha ignorato gli er-


rori strategici e tattici dei garibaldini. Non si minimizzato il
ruolo negativo della presenza dei garibaldini, si sono esaltate le
loro azioni, anche quando erano state controproducenti per la
popolazione.
Nel libro del Sacconi del 1975 questi riportava la testimo-
nianza di un superstite che comincia cos: Il marted i partigia-
ni uccisero due tedeschi a Molino di Bucchio28. Lex partigiano
Sacconi ospitava poi una seconda testimonianza, quella dellUn-
gherelli che invece non ricordava il giorno della settimana ma so-
lo lora e la data del giorno in cui i suoi uccisero un tedesco e lui
elimin il secondo ferito: nel pomeriggio del 12 aprile. Inutile
dire che l11 era marted! E che tutti si sono adeguati non alla ver-
sione del testimone oculare ma a quella del commissario politico.
Per assolvere i garibaldini dallaccusa di aver ucciso due te-
deschi si sono fatti passare gli attaccanti per vittime di uno scon-
tro non cercato. Cos si trasmesso il messaggio: se i due sono
morti perch i partigiani si sono dovuti difendere. Nel 1978
nel volume Il comunismo della Resistenza si legge: Un giorno,
mentre alcuni partigiani sostano al mulino, arrivano tre tedeschi
con laria di voler controllare la zona. Rivolgono domande cui
nessuno risponde e, a un certo punto, uno dei tedeschi estrae
dalla fondina la pistola. Un partigiano pi veloce di lui, con una
raffica di mitra uccide due dei tre tedeschi29. Non importa se
questa scena da film western contrasta con la logica e con le di-
chiarazioni dei testimoni. Gi nel 1997 Klinkhammer30 aveva
accertato che erano stati i partigiani ad andare a controllare la
macchina, in pratica a cercare lo scontro e non viceversa. Ma
questo non scoraggi chi voleva difendere i garibaldini contro
levidenza.

28 Sacconi, op. cit., p. 71.


29 Checchi, Landi e Masseini, Il comunismo della Resistenza. Lotte sociali e
guerra di liberazione in Mugello, cit., p. 56.
30 Klinkhammer, Stragi naziste in Italia, cit., p. 86.
300 PAOLO PAOLETTI

Il Comune di Stia forse per apparire imparziale su chi ave-


va dato avvio allo scontro a fuoco a Molino di Bucchio usava le-
spressione: A Molino di Bucchio tre tedeschi entrarono in con-
flitto con i partigiani31. Dove lazione sempre promossa dal
soggetto. Per questo non hanno scritto: I partigiani entrarono
in conflitto con i tre tedeschi!
La preoccupazione principale della storiografia resistenzia-
le sempre stata quella di non mettere in relazione quellepiso-
dio di sangue con la strage di due giorni dopo. Giovanni Verni
nel 1990 aveva scritto: Secondo alcune ricostruzioni effettuate
nel primo dopoguerra sulla scorta di esperienze o conoscenze
individuali, pi o meno integrate da notizie attinte dalla voce po-
polare32, e senza la possibilit di accedere alla necessaria docu-
mentazione, oppure dettate dal preciso intento politico di scre-
ditare il movimento partigiano luccisione dei due soldati te-
deschi a Molino di Bucchio sarebbe stata la causa delleccidio
di Vallucciole33. Siccome altri garibaldini furono pi avveduti
nel gestire leliminazione di altri soldati tedeschi (si veda 4.13),
inutile evocare il complotto politico: sono le azioni della Fa-
liero Pucci a screditare Quelli della Stella Rossa. Oggi che la
necessaria documentazione tedesca disponibile e Carlo Gen-
tile ci ha detto che la strage strettamente collegata alluccisio-
ne dei due tedeschi, non cambia nulla: nel 2006 Giovanni Ver-
ni continuava a presentare cos lepisodio: Una delle forma-
zioni fiorentine, appena giunta sulle pendici del Falterona, in-
tercett unauto i cui occupanti allalt apersero [sic] il fuoco...34.
Verni riportava i nomi dei due uccisi ma ignorava il particolare
dellappartenenza dei due al battaglione esplorante che avreb-
be condotto il rastrellamento e perpetrato la strage. Come po-
teva Verni ignorare il libro di Gentile, che era uscito lanno pri-

31 Risvolto di copertina dellopuscolo Mulin di Bucchio. Il primo mulino del-


lArno.
32 Laccusa rivolta contro il libro di Antonio Buffadini, Camaldoli nel Ca-
sentino in fiamme, Barbera, Firenze, 1946, p. 12.
33 Verni in Guerra di sterminio e Resistenza. La provincia di Arezzo 1943-1944,
cit., p. 132.
34 Id. in Storia della Resistenza in Toscana, cit., p. 234.
UNA STRAGE MANIPOLATA 301

ma e che era stato pubblicato dal suo stesso editore?


Nel 1993 Mario Cappelletti dichiarava allintervistatrice del-
la Provincia di Arezzo, Paola Calamadrei: Quelli di posto a
Vallucciole, quando comincionno a senti sparare e serano ri-
fugiati... un po di donne nella casa di... Lucia (?)... e i tedeschi
li trovonno in casa e lammazzonno tutti. Calamandrei riassu-
meva cos: Per era il tranello che i tedeschi avevano teso a tut-
ti.. quello di dire di stare in casa che non sarebbe successo nul-
la e invece.... Lintervistatrice non poneva domande ma affer-
mava che se la mattina del 13 i soldati della H.G. sorpresero la
gente in casa non fu a causa del mancato avviso partigiano, ben-
s grazie al tranello teso dai tedeschi della guarnigione di Stia;
per lei non cera dubbio, furono le truppe germaniche di Stia
ad aver ingannato quei contadini allo scopo di facilitare la stra-
ge indiscriminata da parte dei camerati del giorno dopo, non i
garibaldini a non avvisare la popolazione di oltrepassare lArno.
Per 65 anni a nessuno venuto il sospetto che fossero stati i par-
tigiani ad aver mancato al loro dovere di avvertire la popolazio-
ne.
Nel 2003 su Patria indipendente, organo dellANPI, si
leggeva che: Molino di Bucchio vide cadere una squadra di
partigiani in unimboscata35. Un modo per esaltare i partigia-
ni, che per quanto presi di sorpresa, riuscirono a uccidere 2 as-
salitore e a ferirne un terzo senza subire perdite.
Il titolo della scheda di Giovanni Verni presentata nella Cro-
nologia della Resistenza in Toscana dice: Uccisi 2 militari ger-
manici in abiti civili mentre un terzo considerato disperso, di-
strutta lauto civile su cui la pattuglia tedesca si spostava. Lo
stile quello di un bollettino di guerra. E come in ogni bollet-
tino di guerra, si esalta la vittoria e si minimizzano gli errori. Da
come viene riassunto lepisodio, sembra che si tratti di un con-
flitto a fuoco dove i tedeschi hanno la peggio (2 morti e un di-
sperso). Sappiamo invece che il disperso non una terza vit-
tima inflitta al nemico, il cui corpo non stato ritrovato bens
un ferito che gli attaccanti si sono incredibilmente lasciati scap-

35 Patria indipendente, anno IX, del 21.12.2003, p. 9.


302 PAOLO PAOLETTI

pare, bench i partigiani avessero scelto il luogo e il momento


del contatto.
Ecco cosa scriveva Vessichelli nel 2006: Uno era seduto al
volante che pareva leggesse il giornale36: ed invece sulle gambe,
dopo si sapr, aveva un mitra (pare sia stato lui a sparare...)37.
Abbiamo gi visto come nessun testimone interrogato dagli in-
glesi nel 1944-1945 avesse notato il giornale sulle gambe del te-
desco, che comparir solo nelle interviste del 1993. Dunque do-
po sessantanni partendo da un pare sia stato il tedesco seduto
al volante a sparare... si fa passare i tedeschi come attaccanti che
spararono con un mitra che sicuramente non avevano. Infatti
non compare nessun mitra nel bottino elencato da Ungherelli nel
diario storico garibaldina. Anita Pantiferi, lunica che accusava i
tedeschi di aver sparato per primi, il 9 gennaio 1945 parlava del
tedesco seduto in macchina, dietro al posto di guida non al vo-
lante che sparava con una rivoltella. Ecco che col tempo si mo-
dificano i particolari dimenticando la sostanza: anche se i tede-
schi avessero sparato per primi, avrebbero solo reagito preven-
tivamente ad un attacco di partigiani, che correvano su un pon-
te con le armi spianate e quindi con un intento non pacifico.
Questa, invece, la disinformazione offerta dalla provincia di
Arezzo attraverso il suo sito http://memoria.provincia.ar.it/stra-
gi/stia_stragi.asp: un nucleo composto da 3 SS [sic] travestite
da partigiani (??!!) che, il pomeriggio del 12 aprile [sic] 1944,
viaggiando a bordo di unauto civile venne intercettato in loca-
lit Molino di Bucchio (presso Stia) da una squadra della Fa-
liero Pucci scesa a rifornirsi di farina. Dopo aver cancellato
dalla storia le 24 ore in cui i partigiani permisero ai tedeschi di
ritrovare sul ponte i corpi dei comandanti tedeschi e la loro au-
to e lincendio delle case intorno al mulino, scriveva: Il Co-
mando tedesco non tard a sfruttare quel pretesto per scatena-

36 Delia raccontava a Vessichelli (op. cit., p. 69) che quello che rimaneva sem-
pre in macchina faceva finta di leggere il giornale ma teneva nascosto il mitra sot-
to. Ci verosimile ma sarebbe stato scomodo impugnare il mitra e trovarsi so-
pra il volante. Viene cos confermata la versione di Reginaldo Bucchi che lo trova
cadavere dietro al posto di guida.
37 Ivi, p. 145.
UNA STRAGE MANIPOLATA 303

re lattacco cercando di farlo apparire una gi di per s mo-


struosa rappresaglia.
Non finita, veniamo alloggi. Enzo Droandi nel 1995 so-
steneva che: la strage del Falterona era stata sinora erronea-
mente chiamata rappresaglia di Vallucciole38. Droandi, scri-
vendo prima delle scoperte di Gentile, ovvero che i due tede-
schi uccisi a Molino di Bucchio erano comandanti di due plo-
toni del battaglione esplorante della H.G. impiegato nel ra-
strellamento, diceva ancora: la strage di Vallucciole fu un at-
tacco preordinato e studiato da tempo, e non una rappresaglia.
Luccisione di due tedeschi a Molino di Bucchio, caus, infatti,
la vera rappresaglia con lincendio di alcune case39. Le scoper-
te di Gentile sarebbero arrivate tre anni dopo, ma nel 2009 lAN-
PI nazionale continua ancora ad utilizzare sul suo sito le paro-
le di uno studioso serio come Droandi, che, se fose venuto a co-
noscenza di questo particolare prima della sua morte, potrebbe
anche aver cambiato idea. Comunque lANPI, se avesse voluto,
avrebbe potuto mettere su internet la novit di Carlo Gentile.
Se non lo ha fatto perch preferiva che i suoi lettori conti-
nuassero a credere nella vulgata. grazie a questa disinforma-
zione che il venticinquenne Roberto Cappelletti dichiarava nel-
lottobre 1993 alle intervistatrici della provincia di Arezzo: I
partigiani i tedeschi un lammazzarono40. La colpa ovviamen-
te non delluomo ma delle letture che aveva fatto o della me-
moria manipolata che gli era arrivata.

9.6. Lappiattimento degli storici sulla teoria della guerra ai


civili: ogni eccidio ha invece una storia a s

Il coro della retorica viene da lontano. La tesi del 1975 del ge-
nerale Sacconi era che luccisione dei due tedeschi a Molino di
Bucchio, la presenza della pattuglia partigiana a Partina, sono

38 Enzo Droandi, Arezzo distrutta 1943-1944, Calosci, Cortona, 1995, p. 16.


39 http://www.romacivica.net/anpiroma/dossier/Dossier1d1.htm.
40 Si veda lintervista di Paola Calamandrei a Mario e Roberto Cappelletti del-
lottobre 1993, audioregistrazioni inedite in possesso della provincia di Arezzo.
304 PAOLO PAOLETTI

soltanto coincidenze. Gli eccidi sarebbero stati compiuti co-


munque41. Questa tesi stata ripresa da due accademici Mi-
chele Battini e Paolo Pezzino ed subito diventata, come scri-
ve il senatore Carlo Carli, unautorevole corrente storiografi-
ca42. Il titolo del loro libro del 1997 esplicito: Guerra ai ci-
vili, dove si teorizza che lesercito tedesco facesse una guerra
parallela a quella contro gli Alleati. Gi prima era uscito un al-
tro volume dal titolo altrettanto significativo: Guerra di stermi-
nio e Resistenza (Ivan Tognarini43) che poi sar seguito nel nuo-
vo secolo da La politica del massacro (Gianluca Fulvetti44), tutti
volumi che si rifanno alla stessa teoria. Giovanni Contini la ri-
assumeva cos: Pezzino e Battini sostengono che un accordo tra
i vari centri della policrazia tedesca sarebbe stato raggiunto as-
sai presto dopo lattentato di via Rasella a Roma. Il vertice del-
la Wehrmacht, che era riuscito ad avere il sopravvento e coor-
dinava lattivit di repressione antipartigiana, avrebbe delibera-
tamente scelto di far la guerra ai civili inermi. Le stragi sareb-
bero quindi il risultato di una scelta dei supremi comandi tede-
schi, che aveva preso la forma di ordini di impunit per chi si
macchiava di massacri nei confronti dei civili45. Insomma tut-
ti teorizzano che dietro ai rastrellamenti che finivano immanca-
bilmente in massacri di innocenti ci fosse un disegno politico.
Fulvetti scriveva nel 2006: I massacri sono ascrivibili alla tipo-
logia del rastrellamento... La strage di Vallucciole presenta iden-
tiche caratteritstiche [a quella di SantAnna]...46, quindi la stra-
ge era insita in quel tipo di rastrellamento. Qui non si nega lov-
viet, cio che i rastrellamenti tedeschi presentassero le stesse
modalit di attuazione ma si fa notare che le operazioni contro
il monte Falterona in aprile e il monte Gabberi in agosto pre-

41Sacconi, op. cit., p. 74.


42Commissione parlamentare dinchiesta sulle cause delloccultamento di fa-
scicoli relativi a crimini nazifascisti, Resoconto stenografico della seduta del
24.1.2006, p. 22.
43 Guerra di sterminio e Resistenza. La provincia di Arezzo (1943-1944), cit.
44 Fulvetti e Pelini, La politica del massacro, cit.
45 Contini in Le memorie della Repubblica, cit., p. 193.
46 Fulvetti e Pelini, op. cit., p. 34.
UNA STRAGE MANIPOLATA 305

sentavano s identiche caratteritstiche ma perch in ambedue


i casi le operazioni tendevano a riprendere il controllo di zone
strategicamente decisive come la Linea Gotica per cui si usava-
no la stessa modalit operativa. Lerrore dei teorizzatori della
guerra ai civili sta nel generalizzare, nel ridurre ogni strage,
diversa ognuna dallaltra se le si analizzano nel concreto, ad un
comune denominatore: una preconcetta volont stragista.
Non forse vero che tutti gli eserciti stranieri presenti in Ita-
lia facevano la loro guerra per cui ne pagavano le conseguenze
i civili? Gli aviatori alleati, i nonni dei piloti che oggi fanno stra-
gi di civili in Afghanistan e ieri in Vietnam, non compivano con-
tinui bombardamenti indiscriminati sulle citt italiane e sui vil-
laggi pi sperduti? Non mitragliavano forse qualunque mezzo
a due o pi ruote? Non forse vero che dopo l8 settembre
1943 si intensificarono i bombardamenti alleati sulle citt italiane
occupate per quanto fossero militarmente poco utili? Se nel
1944 sempre pi spesso si legge sui rapporti dei piloti angloa-
mericani targets of opportunity47, non era anche quella una
licenza duccidere, simile alla garanzia dimpunit di Kesselring
del giugno 1944? Gli Alleati, meno ferocemente dei tedeschi, uc-
cisero almeno il triplo48 di cittadini italiani innocenti e facevano
indubbiamente la loro guerra, con la differenza che queste stra-
gi comportavano anche la nostra liberazione dalloccupazione
nazista. Anche i francesi facevano la loro guerra e il comandan-
te del corpo di spedizione Juin in pi di un anno di avanzata tra
la Sicilia e la Toscana mai riusc o volle frenare le violenze car-
nali dei marocchini e algerini: migliaia di donne restarono se-
gnate per tutta la vita. Ma anche questo era il prezzo che il po-
polo italiano doveva pagare per la propria liberazione.
Per tornare a Vallucciole Fulvetti ammetteva poi: ma luc-

47 Gli obiettivi di opportunit erano, come dice la parola, quei bersagli che
si colpivano in condizioni favorevoli, quindi a discrezione dei piloti. Si veda Mar-
co Patricelli, LItalia sotto le bombe, Editori Laterza, Roma, 2007.
48 I numeri di ogni guerra sono sempre approssimativi. La cosiddetta guerra
nazista ai civili comport luccisione di un numero di persone che va da 9.000 a
12.000. Le cifre ufficiali sui morti nei bombardamenti aerei variano da circa 45.000
a circa 50.000. Circa un terzo rispetto alle vittime del terrorismo aereo alleato su
Amburgo. In guerra tutto relativo.
306 PAOLO PAOLETTI

cisione dei due soldati attiva anche una prassi eliminazionista,


dovuta sia allalto grado di adesione dei membri di questo re-
parto ai principi dellideologia nazista, sia a quella che Enzo Col-
lotti ha chiamato trasmissione di esperienze tra le pratiche re-
pressive tipiche del fronte orientale e la guerra antipartigiana
combattuta nellEuropa occidentale e mediterranea... Si punta al-
leliminazione di tutti i membri di una comunit, donne e bam-
bini inclusi, identificata come responsabile per quanto avve-
nuto49. Lanalisi perfetta, ha un completo riscontro nella real-
t: a Serelli vengono massacrate 11 donne, 4 tra bambini e ragazzi
e 3 uomini, a Vallucciole 13 donne, 8 uomini e 4 bambini, a Mon-
te di Gianni 9 donne, 7 uomini e 7 bambini. Il fatto che le mor-
ti fra gli uomini siano inferiori a quelle delle donne e dei bam-
bini non si spiega col fatto che questi erano adibiti al trasporto
delle munizioni, laccanimento contro le donne e i bambini si-
gnifica che ai vendicatori premeva portare allestinzione quel-
le comunit. E purtroppo i nazisti ci sono riusciti.
Come abbiamo visto (5.5) la H.G. va molto oltre le racco-
mandazioni del capo ufficio operazioni: a Partina si va a colpo
sicuro e si eliminano gli uomini invisi ai fascisti, a Vallucciole ci
si accanisce contro i pi deboli, perch l non cresca pi una po-
polazione che aiuta i banditi. Due registri completamente diversi
da appartenenti allo stesso battaglione.
Ecco gli storici non spiegano da cosa e da chi fu attivata
quella prassi eliminazionista. Nessuno ha speso una parola su-
gli errori dei garibaldini che hanno portato a questa tragedia.
Anche se i partigiani non compaiono mai in queste analisi degli
storici di questa autorevole corrente, in questo episodio han-
no giocato un loro ruolo. Una cosa certa: anche se Rutilio Tren-
ti non avr certo raccontato solo a noi che cacciai il coman-
dante partigiano che era venuto a portare un fiore sulla tomba
delle vittime, nessuno in 65 anni ha avuto il coraggio di scriverlo.
Anzi si sono messe in bocca a Rutilio tuttaltre parole.
A Vallucciole si intrecciano circostanze particolari. Proprio
nelle stesse settimane in cui i tedeschi preparano il rastrella-

49 Fulvetti e Pelini, op. cit., pp. 34-35.


UNA STRAGE MANIPOLATA 307

mento, il comando regionale garibaldino insieme a quello ro-


magnolo aveva pensato di unire le forze per dare colpi pi vi-
gorosi alle retrovie tedesche e i due comandi avevano scelto di
incontrarsi proprio su quei passi appenninici che lesercito oc-
cupante voleva fortificare. A Vallucciole i tedeschi non avevano
impartito alla popolazione lordine di sfollamento entro una cer-
ta data come a SantAnna di Stazzema50, volevano bonificare
larea dai partigiani. Contemporaneamente i comandi garibaldini
ordinavano alla Stella Rossa di spostarsi da Gattaia a Foresta.
Dopo una settimana dallarrivo della Falerio Pucci, i garibal-
dini improvvisamente decidevano di rivelare la loro presenza.
Nel conflitto a fuoco morivano due soldati tedeschi. Sessan-
tanni dopo si scoprir che quei civili in missione spionistica era-
no comandanti di due plotoni destinati a partire da Molino di
Bucchio per salire sul Falterona. Ecco che a Molino di Bucchio
era avvenuto qualcosa che trascendeva laspetto militare e inte-
ressava la sfera emotiva personale di una settantina di giovanis-
simi soldati ideologizzati. Carlo Gentile spiegava: Queste trup-
pe dlite formate da giovani volontari accentuarono partico-
larmente laspetto politico-ideologico della loro azione. Esse fu-
rono caratterizzate da un pronunciato spirito di corpo e da una
cultura di guerraper molti aspetti diversa da quella diffusa tra
le unit delle armi pi tradizionali. La spinta ideologica fu par-
ticolarmente forte tra le formazioni SS come la 16 Pz.Gr.Div.
Reichsfhrer-SS oppure la divisione H.G.51. Detto questo am-
metteva: In seguito allattacco partigiano dell11 aprile e alle
perdite subite dalle due compagnie del reparto fu deciso di mo-
dificare i criteri di scelta delle proprie vittime. Se fino a quel gior-
no, come nelle operazioni che avverranno a maggio, il reparto
esplorante aveva massacrato tutti gli uomini validi incontrati
nelle localit rastrellate e risparmiato donne, bambini e ragazzi,
nelle azioni del 13 aprile intorno al Falterona la strage si fece in-
discriminata52. Sulla base di questa ammissione ribadiamo che

50 Ammesso anche nella sentenza di condanna allergastolo degli imputati. Te-


stimonianza Angelo Berretti.
51 Gentile, Le stragi naziste..., cit., p. 75.
52 Id. in La politica del massacro, cit., p. 221.
308 PAOLO PAOLETTI

non si pu generalizzare: ogni strage indiscriminata ha una sto-


ria a s, nasce da precedenti e da circostanze peculiari, ha tem-
pi e modalit propri.
La strage pi nota, SantAnna di Stazzema, merita un ap-
profondimento, proprio perch, a differenza di quanto ha scrit-
to Fulvetti, la riprova che ogni eccidio un caso a s. Il 12 ago-
sto a SantAnna vennero massacrate circa 360 persone. Qui non
si vuol mettere in discussione la sentenza che condann aller-
gastolo i criminali ma la ricostruzione storica dei fatti proposta
dal pubblico ministero De Paolis e accolta dai giudici. Se le Waf-
fen-SS fossero salite lass per fare una strage di civili, perch le
uccisioni non iniziarono subito? Su questo punto chiave la sen-
tenza tace. Toni Rovatti si limita a notare: lanomalia di alcune
borgate che vengono inspiegabilmente risparmiate [dalla stra-
ge]53. Certo per chi crede fideisticamente nelle stragi pro-
grammate e tutte eseguite con la stessa tecnica54 inspiegabile
che a Vallucciole, e ovunque si compiono eccidi, la strage inizi
subito, mentre a SantAnna dopo unora circa55. Nel caso di

53 Toni Rovatti, ivi, p. 348. Nel suo libro SantAnna: storia e memoria della
strage dellagosto 1944, con prefazione di Giovanni Contini Bonacossi, Roma, De-
riveApprodi, 2004 scriveva: La comunit rivolge verso i partigiani operanti nella
zona allepoca dei fatti laccusa di aver determinato la reazione contro il paese.
una accusa del tutto infondata dal punto di vista storico, ma espressione della
disperazione di chi, dopo aver visto massacrata davanti agli occhi la propria fami-
glia e dopo aver perso il senso della propria vita nellarco di poche ore in una gior-
nata di sole come altre, non riesce a darsi pace e ha bisogno di riversare la sua rab-
bia su qualcuno in carne e ossa. Laccusa contro i partigiani potr essere anche
del tutto infondata dal punto di vista storico ma non presenta quelle anoma-
lie che lui stesso ammette nella propria ricostruzione.
54 LOKW fece una serie di manuali antiguerriglia. Si veda Politi, Le dottrine
tedesche di controguerriglia 1936-1944, cit.
55 La sentenza ammetteva che: La squadra proveniente dalla Foce di Far-
nocchia giunse in localit Sennari dove, secondo quanto riferito dal vicecommissa-
rio Vito MAJORCA, sembrava che stessero seguendo pi o meno lo stesso schema di
azione, infatti avevano gi incendiato le case e piazzato tutte le persone davanti al-
la mitragliatrice, quando lintervento di un ufficiale evit il massacro. Giuseppe
Bertelli nel suo memoriale acquisito dal tribunale affermava che il diverso com-
portamento tenuto nelle frazioni pi lontane da S. Anna (Argentiera di Sotto e di
Sopra, casa Moriconi, Bambini e Sennari) denoterebbe un cambio di atteggiamen-
to: fino alle 8.30 ci sarebbe stato soltanto lincendio delle case ed il rastrellamento
delle persone, inviate verso Val di Castello o alla Vaccareccia, mentre, dopo il feri-
UNA STRAGE MANIPOLATA 309

SantAnna, in cinque frazioni, a Sennari, Bambini, Casa Mori-


coni e Argentiera di Sopra e di Sotto non ci sono morti, infatti
gli abitanti di queste borgate vengono avviati sotto scorta verso
Valdicastello, ai piedi della montagna. Visto che le uccisioni in-
discriminate non cominciarono subito, come si fa a dire che lec-
cidio era programmato e ci sarebbe stato comunque?
Come scritto nel memoriale di Giuseppe Bertelli acquisito
dalla corte56, e come scrivemmo nel nostro libro del 1998, durante
lavanzata del rastrellamento ci fu almeno un ferito tedesco57, e

mento di due soldati, questo si sarebbe trasformato in feroce massacro. Il Tri-


bunale non ha tenuto conto di questa ricostruzione dei fatti e soprattutto non ha
spiegato come i propri consulenti come mai ci furono due diversi comporta-
menti nellarco di quella mattina.
56 Giuseppe Bertelli ha scritto due memoriali, rimasti inediti, non perch im-
meritevoli di essere pubblicati: Raccolta di notizie (anche amare) sulla Resistenza
del 1997, e Leccidio di SantAnna del novembre 2003.
57 La sentenza del tribunale di La Spezia ammette solo che ...passarono al-
tri soldati, i quali chiesero la strada per andare a Val di Castello, ed altri quattro
con un telo, che si diceva portassero un ferito.... Perch si diceva che portasse-
ro un ferito quando nella stessa sentenza si dice che il teste Adolf Beckerth ri-
mase sulla piazza di S. Anna finch non gli ordinarono di portare a valle il sotto-
tenente HERBST che era rimasto ferito? Poi per si precisava che Beckert seppe
che il s.ten. Herbst era stato ferito alladdome, non per dai partigiani ma, secon-
do quanto si raccontava, si era ferito da solo quando, lanciata una bomba a mano
verso una donna e una bambina che erano alla finestra, questa rimbalz indietro
e gli esplose davanti. Nella sentenza si legge anche che: Subito dopo il fatto si
diffuse la voce di un ufficiale tedesco che, ferito da un colpo di fucile mentre si
trovava alla Vaccareccia, fu condotto in barella fino a Val di Castello e poi, secon-
do quanto riferito da un interprete della Commissione alleata, allospedale milita-
re di Livorno. Un altro teste, Agostino Bibolotti, dichiarava che quando lui e al-
tri arrivarono alla piazza della chiesa, vide un soldato tedesco ferito che aveva la
testa fasciata. Evidentemente si trattava di un altro soldato. Sempre dalla sentenza
ricaviamo: Nel corso del presente dibattimento Cesira PARDINI ha dichiarato di
aver visto passare, verso le 9.00 a Coletti, quattro militari che trasportavano verso
Val di Castello un soldato ferito sopra un telo. Ci sembra strano che un ufficiale
si metta a tirare le bombe a mano e non affidi il compito ad un suo soldato ma ci
risulterebbe confermato dalla scheda personale dellufficiale. Nella sentenza si leg-
ge: Tra la documentazione reperita dal Dott. GENTILE presso gli archivi tedeschi
della Deutsche Dienstelle, risulta, altres, un rapporto delle perdite del 12 agosto,
nel quale sono indicati come feriti 2 militari tedeschi, entrambi dell8a Compagnia
del II Battaglione del 35 Regimento SS: il Sottotenente Erdmann HERBST, ferito
al ventre da schegge di bomba a mano, ed il caporale Horst EGGERT, ferito di stri-
scio alla testa. Ancora nella sentenza si ammette che cerano partigiani nella zo-
na: Nella deposizione rilasciata il 27.03.2004 limputato GRING riferisce di un
commilitone ferito dallo sparo di un partigiano, ma ha collocato lepisodio in un
310 PAOLO PAOLETTI

questo, secondo noi, bast per trasformare lo sgombero forza-


to in una strage indiscriminata di civili in quanto larea si era tra-
sformata in un Bandengebiet. Questo anche lunica verosimi-
le spiegazione ad un altro fatto cui la sentenza non d una spie-
gazione: un imputato tedesco ha dichirato che prima della stra-
ge davanti alla chiesa di SantAnna ci fu un collegamento radio
tra lufficiale e il suo comando. Se leccidio era programmato
qualera lo scopo di questo collegamento radio intorno alle
10,00? Se, invece, uno sgombero forzato doveva trasformarsi in
unazione terroristica cera allora bisogno di unautorizzazione
superiore.
A Pietransieri, comune di Roccacraso, non cerano partigia-
ni e rastrellamenti in corso: la follia omicida di alcuni soldati te-
deschi scatt perch la popolazione aveva resistito alle ingiun-
zioni di sgombero dalla fascia di sicurezza, volgarmente detta
terra di nessuno. Dopo lincendio dei loro casolari di campa-
gna, i pastori e i contadini abruzzesi avevano continuato a ri-
manere nellarea, davanti alla linea di difesa principale tedesca
e alle avanguardie alleate, attestate al di l del fiume Sangro. L
i paracadutisti ammazzarono pi donne e bambini che a Val-
lucciole. Lazione di terrorismo indiscriminato dei tedeschi co-
strinse allora centinaia e centinaia di persone a rischiare la vita
affrontando il fiume in piena e a raggiungere la riva occupata da-
gli Alleati. A pochi chilometri da Pietransieri non ci furono omi-
cidi: unaltra compagnia di paracadutisti dello stesso reggimen-
to, aiutata anche dai cannoneggiamenti alleati, riusc a convin-
cere la popolazione a sgomberare larea e non ci furono eccidi.
Se nel novembre 1943, a Pietransieri, erano stati i paracadutisti
e, a Fragheto, nellaprile 1944 era stata la Wehrmacht a uccide-
re donne e bambini, si pu dire che le Waffen-SS o la H.G. era-
no ancora pi bestiali delle altre unit tedesche, non che la bar-

momento successivo allinizio dello sterminio di massa, quando gi la sua squadra


aveva ucciso un gruppo di donne. Ci sembrerebbe davvero strano che tutti i te-
deschi feriti a SantAnna siano rimasti vittime di incidenti o di fuoco amico. Sul
numero dei feriti tedeschi si veda il paragrafo Le SS ferite furono quattro?, in Giu-
seppe Vezzoni Un prete indifeso in una storia a met. Don Giuseppe Vangelisti e il
suo memoriale, 2006, edito dallautore.
UNA STRAGE MANIPOLATA 311

barie fosse appannaggio solo delle unit speciali. Ci che face-


va scattare la molla del sadismo e della strage indiscriminata po-
teva esser dovuto a motivazioni diverse: limminenza di un at-
tacco alleato, che avrebbe trovato supporto nel fatto che la fa-
scia di sicurezza era occupata da civili (Pietransieri), la volont
di vendicare dei commilitoni (Vallucciole).
A dimostrazione che quella vendetta fu non solo spropor-
zionata ma anche orripilante si pu citare un fatto analogo che
accadr il 7 luglio ad opera della stessa H.G. nel comune di Bu-
cine. L in localit Campitello, due soldati tedeschi rimasero uc-
cisi, non si sa se colpiti dalle schegge di uno dei tanti proiettili
dartiglieria alleati che cadevano sullarea oppure se da bombe
a mano partigiane. Il fatto che i due cadaveri fossero rinvenuti
allinterno di casa Vignali fece pensare ai tedeschi che si trattasse
di vittime di un attacco partigiano. Nellimmediato rastrella-
mento tedesco vennero catturati molti civili, poi liberati, tranne
sei. Due di questi vennero malmenati di fronte ai cadaveri e ca-
sa Vignali venne distrutta. In una casa vicina i tedeschi trovaro-
no tre uomini: ne fucilarono due con laccusa di essere partigiani,
mentre uno riusc a fuggire. I sei ostaggi vennero costretti a por-
tare i cadaveri dei due tedeschi a casa Rigoni. Qui due ostaggi
vennero liberati. Un altro gruppo di tedeschi entr in un rico-
vero in localit Poggiano, presero cinque uomini e li fucilarono
davanti ai cadaveri dei commilitoni. Lo stesso rituale si ripet per
altri due rastrellati da parte di un altro gruppetto di tedeschi. A
questo punto le vittime della ritorsione erano diventate nove ma
giustizia non era stata ancora fatta. Il giorno dopo i due ca-
daveri e i quattro ostaggi vennero portati con un camion a villa
Rabeschi a Capannole. Qui i quattro ostaggi furono costretti a
scavare tre fosse. Due erano per i soldati tedeschi, la terza per
tre dei quattro ostaggi. Il quarto si salv confessando che a San
Leonino cerano i partigiani. Durante le perquisizioni a San Leo-
nino i tedeschi riuscirono ad uccidere solo un uomo, ferendo al-
tre persone, a Poggio del Fattore uccisero altri sei uomini. Gra-
zie ad un interprete spiegarono alla popolazione che quelle ese-
cuzione erano dovute alluccisione dei due camerati. Luomo
che aveva confessato la presenza dei partigiani a San Leoni-
no venne ucciso dai tedeschi per aver fornito false informazio-
312 PAOLO PAOLETTI

ni. Gli ostaggi di San Leonino furono liberati. Nelle vicinanze


un altro civile venne fucilato con laccusa di aver sparato con-
tro le truppe tedesche. Larrivo degli aerei alleati che mitraglia-
vano tedeschi e civili mise fine a questi due giorni di vendette
tedesche, senza stragi indiscriminate.
Come si vede le stesse truppe che perdono lo stesso nume-
ro di morti si comportano in maniera molte differente, per quan-
to a luglio ci fosse un elemento di tensione in pi: lavvicinarsi
del fronte alleato. Questo esempio conferma latipicit della ven-
detta tedesca a Vallucciole rispetto alle altre rappresaglie. Chi
studia le stragi naziste sa che non c un eccidio identico allal-
tro, ogni strage trova origini, motivazioni, modalit diverse dal-
le altre. Certo si pu e si deve dire che la maggior parte delle
stragi di civili avvengono in quella fascia di sicurezza che sta da-
vanti e dietro le linea di resistenza tedesca o mentre le truppe
devono bonificare unarea dove si deve allestire una linea di
difesa temporanea o permanente oppure mentre si effettuano
movimenti di truppe, tuttavia in certi casi generalizzare induce
allerrore. Questa della guerra ai civili solo una facile e co-
moda teoria accademica, oggi diventata unautorevole corrente
storiografica, che allontana dalla verit: ogni strage ha origini di-
verse, ogni eccidio finisce per avere una storia a s.

9.7. Le molteplici varianti di una strage

In ogni guerra moderna che non sia combattuta in un deserto i


civili rimangono sempre vittime innocenti del conflitto armato.
Ma il subire una strage indiscriminata per colpe altrui il de-
stino pi tragico per una popolazione inerme. Non basta, si pu
dire anche che un crimine di guerra non mai commisurato al-
le colpe delle vittime civili, che in genere non hanno responsa-
bilit di sorta. A Vallucciole lunica colpa della popolazione
era stata quella di non aver negato a nessuno un tozzo di pa-
ne. Ma proprio l la strage nazista fu indiscriminata e con un
rapporto estremamente sproporzionato tra caduti tedeschi e vit-
time civili. Pochi giorni prima la rappresaglia nazista delle Fos-
se Ardeatine, a seguito dellattentato gappista di via Rasella, ave-
UNA STRAGE MANIPOLATA 313

va codificato che in Italia il rapporto tra un soldato tedesco


ucciso e una vittima civile era di uno a dieci. Ma a Vallucciole i
massacratori della H.G. che nellest europeo avevano fatto une-
sperienza per cui il rapporto poteva salire da uno a cento, non
rispettarono alcun parametro. Questa solo la prima delle va-
rianti per cui le stragi contro i civili non hanno mai avuto lo stes-
so numero di vittime. Anche la massa dei soldati ordinari del-
la Wehrmacht non si sottraevano allordine di una rappresaglia
ma gli appartenenti alle unit dlite, come la H.G., eccedeva-
no sempre nella ferocia delle esecuzioni. Altre varianti negative
nelle uccisioni dei due soldati tedeschi a Molino di Bucchio, che
non si ritrovano in molte altre stragi, furono che i due erano co-
mandanti di unit preposte al rastrellamento di due giorni do-
po e che i corpi delle vittime furono lasciati sul posto il che fu
recepito dai camerati come un gesto di sfida e una provocazio-
ne. In terzo luogo i camerati ebbero modo di esaminare i corpi
a Stia e anche un esame esteriore poteva far nascere il sospetto,
corrispondente alla realt dei fatti, che uno o tutti e due fosse-
ro rimasti feriti e poi finiti. Tutte queste particolarit fecero s
che la vendetta perpetrata contro la popolazione di Vallucciole
fosse un unicum.
Come abbiamo visto la strage di Partina di soli uomini sele-
zionati uno per uno non neppure simile a quella di Castagno
dAndrea, che interessa uomini e donne ma tutte vittime acci-
dentali o a seguito di tentativi di fuga. Ecco che si possono tro-
vare somiglianze a questi tre eccidi di Vallucciole, Partina e Ca-
stagno in altre stragi toscane. A Le Matole, come a Partina, la
strage sar rivolta contro gli uomini ma non saranno indicati dai
fascisti ma scelti a caso. L a luglio un ufficiale lascer libero un
rastrellato perch esaminando la sua carta didentit not che
era troppo vecchio per essere un partigiano. vero che a Me-
leto e a Castelnuovo dei Sabbioni furono uccisi uomini ben pi
anziani ma questo dimostra solo che esisteva sempre unaltra va-
riante, quella del giudizio dellufficiale al comando. In questo ca-
so lufficiale applic una norma che non esisteva: fiss il limite
det allattivit partigiana a 65 anni! Tale atto di pietas di-
mostra che non tutti gli ufficiali della H.G. avevano gli stessi
principi morali, anzi si pu dire che erano molto diversi luno
314 PAOLO PAOLETTI

dallaltro in quanto alcuni erano militari di carriera e altri no.


Scriveva Carlo Gentile riferendosi al luglio 1944: A Mele-
to, dopo aver fatto allontanare donne e bambini, gli uomini fu-
rono divisi in quattro gruppi e fucilati in luoghi diversi. I soldati
tentarono di bruciare i corpi degli uccisi, poi appiccarono il fuo-
co alle case del paese. Nello stesso tempo, a Castelnuovo dei Sab-
bioni, le truppe tedesche entrarono nel paese circondato, poi do-
po essersi divisi in piccoli gruppi ricercarono sistematicamente
casa per casa i civili maschi. Le donne furono avvertite di lasciare
immediatamente il paese. Gli uomini furono radunati sulla piaz-
za, poi su ordine di un ufficiale, furono abbattuti dal fuoco di
una singola mitragliatrice piazzata di fronte ad essi. Successiva-
mente, altri uomini furono condotti sulla piazza ed a loro volta
fucilati58.
Il 29 giugno cera stata la strage a Civitella e San Pancrazio:
anche qui si ammazzano solo uomini
Secondo noi, vengono uccisi solo gli uomini quando i tede-
schi pensano che questi siano partigiani o loro fiancheggiatori
fornendo loro viveri e informazioni. Se per in unarea non a ri-
schio e a maggior ragione in unarea nota per essere infestata
dai banditi, durante lo sgombero dei civili o durante un loro
rastrellamento, i tedeschi vengono attaccati (feriti o uccisi non
fa differenza) allora scatta il massacro indiscriminato. A Cre-
spino sul Lamone ad aprile del 1944 ci fu luccisione di due sol-
dati tedeschi in localit Casaglia: episodio che rimase impunito
per lintercessione di una nobildonna tedesca sfollata59 a Ron-
ta60. Lintervento salvifico ci fu ed ebbe successo probabilmente
perch in quel momento la H.G. non era arrivata per il rastrel-
lamento e lincidente fu risolto dal colonnello comandante del-
la zona che, come abbiamo visto con il tenente Egger a Stia, era
pi sensibile alle esigenze di convivenza in un territorio occu-

58 Gentile, Le stragi tedesche del 1944 in provincia di Arezzo ed i loro perpe-


tratori, cit.
59 La baronessa Giulietta Gordigiani, vedova del nipote del musicista von
Mendelsohn, aveva una magnifica villa a Striano ed era entrata in amicizia con il
colonnello tedesco comandante a Ronta. Si veda Bresci, Gere e la resistenza nel Mu-
gello, cit., p. 53.
60 De Simonis, op. cit., p. 112.
UNA STRAGE MANIPOLATA 315

pato di un qualunque ufficiale arrivato 24 ore prima da una uni-


t che portava il nome di un gerarca nazista. Ma Nel luglio
quella sorta di patto di tregua tra il paese e gli occupanti tede-
schi venne violato con due altre uccisioni di soldati tedeschi: ai
primi del mese presso il ponte di Spedina e il 17 con un aggua-
to a valle di Crespino61. Soprattutto era cambiato il momento
storico: il fronte tedesco era in ritirata e allora nelle rappresa-
glie non si risparmiavano n le donne n gli anziani n il parro-
co. La strage si concluse la sera del 18 luglio con un bilancio
di 44 vittime: 28 a Crespino, 13 fra Fantino e Lozzole, 3 lungo
le strade62. Diverso il caso della strage di Civitella val di Chia-
na-Cornia-San Pancrazio, dove gli attentati partigiani erano av-
venuti una decina di giorni prima delle stragi. Il primo prece-
dente si era verificato nel centro di Civitella: il 18 giugno nel
circolo dopolavoro i partigiani della banda Renzino avevano
sorpreso 4 soldati tedeschi [che giocavano a carte, N.d.A.] uc-
cidendone due e ferendo gravemente un terzo... Il 23 giugno
18 ostaggi tedeschi verranno liberati dopo una serrata battaglia
che costa ai tedeschi 7 o 8 morti e ai partigiani lo sbandamen-
to...63. Qui lelemento scatenante lapprossimarsi del fronte
alleato e la necessit di predisporre urgentemente una linea di
resistenza e assicurare la sicurezza della ritirata. Quando non
c pi da mantenere un rapporto di convivenza con la popo-
lazione locale, la guerra persa, e ci si deve ritirare, si stati
mandati l con compiti di controguerriglia e quindi si induri-
ti da una lunga esperienza di efferatezze, il soldato portato a
dimenticare buona parte delle dieci regole del buon camerata
germanico che porta allinterno del suo libretto paga. Poco pri-
ma della strage era iniziata unaltra operazione nella vallata di
Cornia e anche il piccolo nucleo abitativo di San Pancrazio fu
circondato. Quello stesso 29 giugno i tedeschi circondarono
Civitella e cominciarono la strage degli innocenti. Il massacro
sistematico di 62 uomini di S. Pancrazio port il totale degli

61 Ibidem.
62 Ivi, p. 117.
63 Ivi, p. 76.
316 PAOLO PAOLETTI

omicidi di quel 29 giugno a 204 persone: 144 uomini, 40 don-


ne e 20 altri senza indicazioni di genere, per dirla con De Si-
monis64. Solo a Vallucciole le donne e i bambini furono in mag-
gioranza sugli uomini.
Altre circostanze influivano nel trasformare un rastrella-
mento in una strage. Certo le Waffen-SS, i soldati della H.G. e
il battaglione Brandenburg erano le unit pi bestiali nelle loro
vendette, come dimostrano le quattro stragi con il maggior nu-
mero di vittime in Toscana (SantAnna di Stazzema, Bardine
San Terenzo-Valla, Civitella-San Pancrazio, Vallucciole). Ugual-
mente importanti erano il momento e il luogo in cui avveniva-
no. Lutz Klinkhammer stato il primo storico a far notare che
la stragrande maggioranza degli eccidi avveniva in prossimit
delle linee difensive, in costruzione (SantAnna di Stazzema, Val-
lucciole), in uso (Pietransieri) o allapprossimarsi del fronte (Ci-
vitella). Ma neppure questo sufficiente per generalizzare.
Quando si parla di stragi, vendette e rappresaglie non ci si
trova mai di fronte ad un meccanismo che si ripete eguale a se
stesso in modo stereotipato. Dipende da quando e dove si ef-
fettua il rastrellamento, dallufficiale in comando, se la rappre-
saglia effettuata dai commilitoni dei caduti tedeschi o meno.
A Pratovecchio, nei pressi di Empoli, cinque soldati tutti ap-
partenenti alla 2a compagnia del 29 reggimento granatieri co-
razzati vengono uccisi a sangue freddo con un colpo alla testa65.
Ci si potrebbe aspettare una strage indiscriminata, invece il gior-
no dopo un gruppetto di cinque-sei soldati, probabilmente ap-
partenenti all8 reggimento, effettuano un rastrellamento nel-
larea dov avvenuto il fatto di sangue. La rappresaglia per
non pu essere effettuata in loco, in quanti rastrellati e rastrel-
latori finiscono sotto un cannoneggiamento americano. Il fatto
che a fronteggiare lavanzata americana ci siano poche truppe
tedesche di un altro reparto e il particolare momento contin-
gente impediscono che la rappresaglia si trasformi in una stra-
ge indiscriminata. Vengono presi solo uomini e soltanto venti-

64
Ivi, p.80.
65
Si veda Claudio Biscarini, Pratovecchio bei Empoli 1944, July 23: un ag-
giornamento, in Bullettino Storico Empolese, vol. XV, 2004-2007, pp. 132-133.
UNA STRAGE MANIPOLATA 317

nove dei 35-36 rastrellati inizialmente vengono messi contro un


muro in piazza Ferrucci, nel centro di Empoli, e fucilati.
Da tutti questi esempi si pu evincere che non mai corretto
generalizzare, assumere criteri politici per spiegare situazioni
militari diverse luna dalle altre per una serie di varianti incal-
colabili preventivamente.

9.8. La verit negata: i superstiti di Vallucciole non sono mai


venuti a sapere che i garibaldini avrebbero potuto salvarli

Come sia potuto accadere che in pi di mezzo secolo quello che


era stato stampato nel 1957, nel 1975 e nel 1999, cio che i gari-
baldini si erano salvati grazie alle mappe trovate addosso ai sol-
dati tedeschi uccisi e che si erano tenuti per loro la notizia del
rastrellamento, non sia mai giunto alle orecchie dei superstiti e
dei parenti della strage di Vallucciole, ha dellincredibile ma la
realt. Se tra i superstiti di Vallucciole c pi rancore verso i fa-
scisti che verso i partigiani (vedi 6.3) c un motivo ben preciso
e concreto: non hanno mai saputo che i garibaldini avrebbero po-
tuto salvarli, non con le armi, ma semplicemente informandoli
che di l a due giorni ci sarebbe stato un rastrellamento. Questa
incredibile constatazione si ricavava gi dalle interviste rilasciate
nel 1993. Rutilio Trenti dichiarava: Noi si pensava che bastasse
l... se si fosse pensato che quella cosa l [lincendio delle case a
Molino di Bucchio, N.d.A.] succedeva anche a noi, toh!!! si po-
teva esse scappati veramente!. Trenti si riferiva al fatto che do-
po la rappresaglia del 12 aprile il comandante dei badogliani
era sceso da loro a rassicurarli che, dopo i fatti di Molino di Buc-
chio non cera pi pericolo. Ma sia Trenti che il comandante par-
tigiano erano alloscuro del rastrellamento tedesco del giorno
successivo. Dal momento che gli inquirenti inglesi non potero-
no rintracciare i garibaldini, la notizia che i partigiani avevano ap-
preso tutti i dettagli sul rastrellameto del 13 aprile non emerse
mai nelle testimonianze del 1944 n nelle interviste del 1993. Se-
sto Seri ribadiva: Noi ci si salvava tutti a avello saputo! Nei po-
sti nostri, ammacchiati [pieni di macchie e di fitti boschi, N.d.A.]
come sono chi ci trovava!!!?? la casa la poteon bruciare... ma noi
318 PAOLO PAOLETTI

ci si salvava. Allora erano gi usciti i libri del Curina e del Sac-


coni dove Ungherelli aveva ammesso di avere catturato le map-
pe tedesche del rastrellamento ma nessuno dei superstiti li ave-
va letti o comunque nessuno li aveva informati che avrebbero po-
tuto salvarsi grazie a quelle informazioni.
Non possibile attribuire a qualcuno la responsabilit del-
la mancata informazione su questo retroscena. Si conosce solo
leffetto che ha prodotto: poich nessuno mai venuto a sape-
re che i garibaldini avrebbero potuto salvare la popolazione,
laccusa di pochi superstiti ai garibaldini di aver ucciso i te-
deschi.
Alla domanda dellintervistatrice Paola Calamandrei: Non
avete avuto rancore nei confronti dei partigiani?... Nel senso
non c stato un sentimento di rimprovero nei confronti dei
partigiani...? Rutilio Trenti rispondeva nel luglio 1993: An-
che se i partigiani avessero avuto la volont di salvarci non po-
tevano! Non avevano la forza... eran pochi... non avevano di
munizioni... non cera niente da fa! Non erano armati, eran po-
chi e anche a quei pochi gli mancava le munizioni.... E Seri in-
calzava: Non avevan niente!. Qui il Trenti e il Seri non si ri-
ferivano ai garibaldini con i quali non avevano avuto a che fa-
re, ma assolvevano i partigiani badogliani per la mancata pro-
tezione delle loro case. Da questo dialogo si ricava che, dopo
quasi mezzo secolo dalluscita del libro di Curina che ospitava
la testimonianza di Ungherelli, Trenti e Seri dimostravano di
non avere ancora appreso che i garibaldini erano entrati in pos-
sesso di informazioni tali per cui, avvertendo la popolazione del
pericolo, la potevano salvare senza impugnare le armi.
Dal 1993 ad oggi sono usciti altri quattro libri dove si parla
della strage di Vallucciole ma in nessuno si parla dellammissio-
ne del commissario politico garibaldino di aver appreso del-
limminente rastrellamento. Il libro di Ungherelli del 1999 ha
avuto una circolazione limitata e i suoi compagni di partito di
Stia non avevano certo interesse a proporlo allattenzione del
pubblico locale. Leonardo Previero66 si occupava marginalmente

66 Leonardo Previero, Storia e segreti di Stia in Casentino, Fruska, Stia, 1999.


UNA STRAGE MANIPOLATA 319

della strage. Poich gli inquirenti inglesi nel 1944 non avevano
trovato alcun garibaldino, la traduzione degli atti della com-
missione dinchiesta britannica, edita dal Comune di Stia nel
2007, non presentava rischi di svelare lantefatto del mancato av-
viso garibaldino alla popolazione. Lunico che aveva letto il Sac-
coni, in quanto lo citava in bibliografia, era il Vessichelli. Il li-
bro, edito nel 2006 dalla Regione Toscana, era allineato sulla te-
si della guerra ai civili ed evitava accuratamente di citare i ga-
ribaldini. I ribelli o i partigiani apparivano solo nei documenti
che riporta, mai nel testo!
Cos se oggi si chiede a Delia e a Dilva Pantiferi, le uniche
superstiti della strage, se mai in casa loro hanno sentito dire che
i partigiani avevano avvisato del rastrellamento che ci sarebbe
stato il 13 aprile, tutte e due rispondono di no. Si pu dire che
i superstiti di Vallucciole sono stati due volte vittime, della per-
dita dei propri cari e del silenzio che stato creato dalla socie-
t (amministrazioni locali, partiti, storici ecc.). Dal momento
che questo silenzio faceva comodo a tutti, destra e sinistra, si
negato agli anziani il diritto alla verit.

9.9. Nascondere gli errori garibaldini non aiuta la verit e la


memoria

Se le autorit comunali, provinciali e regionali hanno fatto s


che Vallucciole rimanesse fino ad oggi una strage sconosciuta al
di fuori della ristretta cerchia degli addetti ai lavori il motivo
semplice: si avuto paura a dire che l una serie incredibile di
errori e malefatte commessi dai garibaldini portarono ad un ec-
cidio di 108 innocenti. Tutti hanno pensato che fare verit, rac-
contare i fatti nella loro crudezza fosse revisionismo storico? In-
vece segnalare gli errori di quella squadra di garibaldini non
vuol dire accusare lintero distaccamento Faliero Pucci, si-
gnifica al contrario dire che parte delle brigate comuniste e la
gran parte delle altre formazioni partigiane non si comportaro-
no in tal modo. Come abbiamo sopra segnalato il comporta-
mento di altre bande garibaldine fu pi accorto e pochi manca-
rono di avvisare la popolazione in casi di necessit. Se il co-
320 PAOLO PAOLETTI

mandante del distaccamento Ugo Corsi, convinto che i suoi uo-


mini avessero avvisato la popolazione, aveva un senso di col-
pa per le vittime civili, cosa avrebbe fatto o detto se avesse sa-
puto che il comandante e il commissario politico di una sua
squadra non avevano avvisato il popolo di Vallucciole del ra-
strellamento?
Giovanni Corsini accusava i garibaldini di mancanza di or-
ganizzazione, al contrario i garibaldini erano ben organizzati:
come giustamente diceva il comandante del distaccamento Ugo
Corsi67: mancarono la disciplina e il sangue freddo, la lucidit,
lesperienza. Con quelle due carte topografiche in mano quella
squadra di garibaldini perse la testa e pens solo a salvare il dis-
taccamento, la brigata. Nascondere oggi la verit non serve alla
storia e alla memoria. Dire la verit su questi casi limite signifi-
ca valorizzare il resto della Resistenza che non fece di questi er-
rori. Ugo Corsi fu vittima egli stesso del silenzio dei suoi.

67 ISRT, Nastroteca. Testimonianza rilasciata da Ugo Corsi allIstituto Gram-


sci di Firenze in data imprecisata e dattilografata, p. 23.
X

VALLUCCIOLE: UNA STRAGE IMPUNITA

10.1. Un crimine di guerra imprescrittibile

Un crimine di guerra di questa natura dovrebbe essere impre-


scrittibile. Nel libretto paga di ogni soldato tedesco erano stam-
pati dieci comandamenti. Ogni protagonista di quel massacro sa-
peva di ledere una o pi regole del soldato del Terzo Reich ma
i pi si sentirono in diritto di violare i propri comandamenti.
Gli ingranaggi di una macchina omicida condividono solo
frammenti della responsabilit complessiva. Sulla base di que-
sto assunto i procuratori tedeschi, che a pi riprese e in vari
Lnder si sono occupati di crimini di guerra commessi alleste-
ro, hanno concluso che gli indizi di colpevolezza non consen-
tivano un rinvio a giudizio per Mord, lomicidio aggravato.
Eppure anche la strage di Vallucciole fu causata da motivi
abietti e vili. Infatti la vendetta per la morte dei due coman-
danti fu rivolta contro persone manifestamente innocenti. I giu-
dici tedeschi rimandano da sempre ai vincoli del codice e della
giurisprudenza: Noi dobbiamo valutare le motivazioni sogget-
tive di ogni singolo militare, dobbiamo provare la sua persona-
le responsabilit. Si tratta di un esame regolarmente destinato
allinsuccesso quando si applica al comportamento dei militari,
che possono sempre nascondere motivi personali dietro motivi
impersonali. Questi soldati non erano mai militari personal-
mente responsabili, se non della mancata esecuzione di ordini.
Ogni militare di qualunque grado pu definirsi ingranaggio di
una macchina omicida. Quando il crimine collettivo, inutile
322 PAOLO PAOLETTI

cercare responsabilit personali. Non si troveranno mai. I ma-


gistrati tedeschi alle prese con crimini della Wehrmacht hanno
sempre scelto di partire dalla fantomatica soggettivit dei sin-
goli soldati per cui hanno sempre archiviato le inchieste: per
prescrizione.

10.2. I presunti responsabili della strage di Vallucciole

I quadri ufficiali della divisione H.G. conservati a Friburgo1


sono del 1 luglio 1944, dunque c la possibilit che dopo un
mese e mezzo qualche nome sia di un nuovo rincalzo, ma lor-
ganico degli ufficiali non dovrebbe esser cambiato molto. Infatti
risulterebbe che il battaglione esplorante due mesi e mezzo do-
po fosse su quattro compagnie: la 1a, 3a, 4a e 5a. Manca proprio
la 2a Compagnia, che fu responsabile insiema alla 4a, della stra-
ge. Da questi elenchi si ricava la composizione della 4a Compa-
gnia:
Comandante di Compagnia sottotenente Hans Georg Win-
kler nato il 23.5.1922;
Comandante del 1 Plotone sottotenente Johann Friedel na-
to il 30.3.1924;
Comandante del 2 Plotone sottotenente Erich Klimpel.
Quindi Maasakkers doveva essere il comandante del 3 Plo-
tone.
Nel 1998 le conclusione della ricerca di Carlo Gentile era-
no: Alcuni nomi di ufficiali in posizione di comando nei con-
fronti dei quali stato possibile individuare responsabilit pre-
cise sono, a titolo di esempio, Hans-Joachim Bellinger, Hans-Ot-
to Mhring, Karl-Heinz Wallhuer, Willy Drews, Walter Hart-
wig, Richard Heimann e soprattutto Chistian von Loeben, co-
mandante del reparto esplorante. Gentile aveva anche accer-
tato che Hartwig e Heimann non erano pi in vita.
Scriveva ancora Carlo Gentile:

1 Lelenco si trova in BA-MA Freiburg in RL 32/85.


VALLUCCIOLE: UNA STRAGE IMPUNITA 323

Il materiale a carico del reparto esplorante per Vallucciole e del


III gruppo del Panzer-Regiment Hermann Gring per Partina
e Moscaio a nostro parere ben circostanziato e bilanciato, tra do-
cumentazione originale, memorialistica tedesca da un lato e testi-
monianze e materiali raccolti dagli inquirenti britannici dallaltro.
Le responsabilit dei comandanti di compagnia e di plotone di
queste unit... sono evidenti... Appartenevano alla 2a ed alla 4a
compagnia gli uomini della pattuglia in civile che si era scontrata
con i partigiani a Molino di Bucchio... Apparteneva alla 4a com-
pagnia il militare tedesco ferito sul Monte Falterona il 13 aprile,
dove, durante le operazioni, si era spinta una delle colonne che ave-
va perpetrato uno dei massacri. La 2a e la 4a compagnia della Fall-
schirm-Panzer-Aufklrungs-Abteilung Hermann Gring ap-
paiono anche tra le unit identificate dalle autorit britanniche in
base ai numeri di posta militare rinvenuti sui documenti emessi
dalle truppe presenti in luogo. Si tratta del numero L[uftwaffe]
53233, che corrisponde appunto alla 2a compagnia, e del numero
L[uftwaffe] 54107, della 4a compagnia.

Ma Gentile ha anche ricostruito lorganigramma degli ufficiali


che potrebbero aver dato gli ordini:

Allinterno dello stato maggiore divisionale, lufficio era retto dal


capitano Gustav Humbert ed il suo assistente era il sottotenente
Franz-Josef Kleine-Sextro. Presso il comando di corpo darmata,
lufficiale Ic era il maggiore Fritz Hildebrandt, di 51 anni, lassi-
stente era invece il Doktor Dunge, di 29 anni... il capitano di ca-
valleria (Rittmeister) Christian von Loeben era il comandante del
battaglione esplorante... Finora non stato possibile trovare i no-
minativi di tutti gli ufficiali che prestavano servizio in questa uni-
t allepoca delle stragi. Nellestate 1944, gli ufficiali del comando
erano i seguenti: aiutante maggiore era il sottotenente Werner
Thie, ufficiale di ordinanza il sottotenente Dr. Gustav-Adolf
Brandt e ufficiale medico il Dr. Ernst Thomas. Per quanto riguarda
i comandanti di compagnia, attualmente si conoscono con certez-
za soltanto il capitano Richard Heimann (2a compagnia), il capi-
tano Walter Hartwig (3a compagnia) ed il capitano Wolfgang Bach
(5a compagnia)... La documentazione britannica cita anche il no-
me del capitano Richard Heimann, quale comandante della
Kampfgruppe omonima; come abbiamo visto, si tratta del co-
mandante della 2a compagnia, gi implicato nelle stragi di Mon-
324 PAOLO PAOLETTI

chio e Cervarolo. Una ulteriore conferma giunge infine dal volu-


me di Franz Kurowski, secondo il quale il reparto esplorante
avrebbe partecipato alle operazioni con il grosso di tre compagnie
(due plotoni): la 2a, la 3a e la 4a, e con il plotone di artiglieria da
accompagnamento del sottotenente Willi Drews2 della 5a compa-
gnia3.

10.3. I presunti criminali delle stragi di Partina e Moscaio

Carlo Genile scriveva: Possono essere attribuiti ai soldati del


Panzer-Regiment Hermann Gring gli eccidi che avvennero
a Partina e Moscaio (rispettivamente 18 e 7 civili), lungo la stra-
da del passo del Muraglione. Gli elementi pi consistenti van-
no a carico del III Gruppo Corazzato... Secondo lorganigram-
ma del 1 aprile 1944, il comandante era il maggiore Hans San-
drock (20.04.13), aiutante maggiore il sottotenente Hans-Otto
Mhring (21.02.19), ufficiale di ordinanza il sottotenente Hans
Lindau (26.09.20) e ufficiale medico il Dr. Gnter Schleip
(18.03.16)4. Nel volume di Franz Kurowski troviamo altri det-
tagli e nomi che si dimostrano decisivi per giungere a questa con-
clusione: Lattivit nelle montagne aretine vide i soldati im-
piegati come fanteria, suddivisi in squadre armate di due mi-
tragliatrici ciascuna e montati su autocarri o appoggiati da mi-
tragliere contraeree da 20 mm semoventi. Il comando delle sin-
gole unit era riposto nelle mani del capitano Bellinger e del te-
nente Karl-Heinz Gring... I sottotenenti Schulz, Mhring e
Wallhuer guidavano le singole squadre ed i plotoni5.
Carlo Gentile aggiungeva: Gli ufficiali nominati sono stati

2 Willi Drews (26.4.18), sottotenente, comandante del plotone mortai pesan-


ti della 5. compagnia, cfr. BA-MA, RL 32/85, Fallschirm-Panzer-Aufklrungs-Ab-
teilung Hermann Gring, IIa, Offizierstellenbesetzung, 1 luglio 1944, p. 54.
3 Gentile, Le stragi tedesche del 1944 in provincia di Arezzo ed i loro perpetra-
tori, cit.
4 Ibidem. Le liste degli ufficiali del reparto contengono complessivamente 33
nominativi, cfr. BA-MA, RL 32/85, Fallschirm-Panzer-Regiment Hermann Gring,
Offizierstellenbesetzung, 1 luglio 1944, pp. 6 sg.
5 Franz Kurowski, Von der Polizeigruppe z.b.V. Wecke zum Fallschirmpan-
zerkorps Hermann Gring, Biblio, Osnabrck, 1994, p. 231.
VALLUCCIOLE: UNA STRAGE IMPUNITA 325

identificati come segue: capitano di complemento Hans-Joa-


chim Bellinger (05.06.17), nella vita civile impiegato di banca,
comandante della 9a compagnia del Panzer-Regiment Hermann
Gring a partire dal 26 ottobre 1943; tenente Heinz Gring
(04.09.07), un nipote di Hermann Gring, nella vita civile giu-
rista, comandante della 10a. compagnia dal 30 marzo 1944; sot-
totenente Schulz, non ancora identificato con certezza6; sotto-
tenente Hans-Otto Mhring (21.02.19), nella vita civile com-
merciante, nellestate 1944 aiutante presso il comando del
III./Panzer-Regiment Hermann Gring; sottotenente Karl-
Heinz Wallhuer (11.03.22), studente, nellestate 1944 co-
mandante del 1 plotone della 10a compagnia del Panzer-Regi-
ment Hermann Gring.

10.4. Christian von Loeben, comandante del battaglione esplo-


rante, che mor prima di poter essere processato

Dopo la guerra le autorit militari inglesi processarono il fel-


maresciallo Kesselring e alcuni ufficiali superiori tedeschi per cri-
mini di guerra divenuti noti in Inghilterra e Stati Uniti. Ai giu-
dici militari italiani furono lasciati i pesci piccoli e infatti ne-
gli anni Cinquanta vennero condannati allergastolo il maggio-
re delle SS Herbert Kappler e il maggiore delle Waffen-SS Wal-
ter Reder e il cap. Strauch per la strage del padule di Fucecchio.
Il primo pagava per tutti i crimini commessi dalle SS in Italia,
anche se Kappler aveva avuto il coraggio di non riferire ai su-
periori che nei giorni successivi allattentato di via Rasella era-
no morti altri dieci soldati, risparmiando la vita a cento italiani.
Walter Reder, comandante del battaglione esplorante della 16a
divisione granatieri corazzati Reichsfhrer delle Waffen-SS,
personaggio noto. Reder aveva il physique du rle delleroe ne-

6 Gentile cos continuava: Probabilmente si tratta del tenente Schulz (non


meglio precisato) della 10a compagnia, che le fonti danno come deceduto il 9 giu-
gno 1944; eventualmente potrebbe anche trattarsi del sottotenente Rudolf Schulz
(04.05.20), praticante, dal 1 giugno 1944 comandante della 5a compagnia del Pan-
zer-Regiment Hermann Gring.
326 PAOLO PAOLETTI

gativo: giovane comandante in Russia, aveva perso il braccio si-


nistro in battaglia, portava una benda nera sullocchio destro, de-
corato di croce di ferro, amato dalle truppe per il suo coraggio,
era sempre spavaldo e in tribunale non aveva negato le proprie
responsabilit per alcuni massacri commessi dal proprio batta-
glione: Marzabotto, Vinca e Bardine SanTerenzo. Il capitano
Strauch, comandante del battaglione esplorante della 26a divi-
sione corazzata, scont invece meno di sei anni di carcere. Kurt
Christian von Loeben aveva tutti i requisiti per emulare Reder:
fu responsabile di tutte le stragi in provincia di Arezzo tra la-
prile e il luglio 1944. Carlo Gentile lo descrive cos:

Christian von Loeben, nato il 30 settembre 1915, ufficiale di ca-


valleria (truppe corazzate); presso unit operative dal novembre
1939 al febbraio 1942, dapprima come comandante di plotone e,
successivamente, di compagnia; trasferito in seguito ad una ferita,
ebbe incarichi di comando in unit della riserva e fu anche inse-
gnante di tattica ai corsi di allievo ufficiale delle truppe corazza-
te; dal 27 gennaio 1944 presso la divisione Hermann Gring,
dapprima come aiutante dellufficiale addetto alle operazioni, poi
come comandante interinale del reparto esplorante dal 17 feb-
braio al 17 maggio; successivamente comandante del reparto esplo-
rante corazzato, decorato di croce di ferro di 2a e di 1a classe, di-
stintivo da ferita e distintivo delle truppe corazzate in bronzo; nes-
suna decorazione assegnata durante la sua permanenza presso la
divisione Hermann Gring. Le note personali lo descrivono co-
me: un ufficiale fresco, vivace, pieno di vita e di umore. Tempe-
ramento spumeggiante. Sicuro di s. Distintosi personalmente e
come comandante di fronte al nemico. Capace nel campo della tat-
tica, ma non cos sicuro da poter essere lasciato senza una guida
forte al comando di un reparto esplorante autonomo. Cultural-
mente [geistig] al di sopra della media; interessi molteplici. In pie-
na efficienza sotto laspetto fisico. Apprezzato dai suoi commili-
toni. Lati forti: appassionato. Lati deboli: il suo carattere non an-
cora cos consolidato da poter condurre ed educare un reparto au-
tonomo. Valutazione conclusiva: mediocre. Le note personali era-
no state allegate alla richiesta di destituzione dal comando, pre-
sentata dal comandante della 17. Panzer-Division, lunit in cui von
Loeben prestava servizio alla fine del 1944. Il fascicolo personale
di von Loeben non contiene nessuna indicazione sui massacri com-
VALLUCCIOLE: UNA STRAGE IMPUNITA 327

messi dal suo reparto, n tanto meno che essi abbiano potuto in-
fluire sulla sua carriera. Esistono, vero, documenti relativi ad un
procedimento disciplinare a suo carico del 1943 in Germania, ma
riguarda una mancanza di natura del tutto privata.

Questo giovane massacratore, non solo per le mediocri note per-


sonali, aveva scarse possibilit di rivaleggiare con la fama di Re-
der: appena 340 civili eliminati rispetto al migliaio di Reder.
Non dovette competere con il collega Reder, perch, secondo le
ricerche effettuate da Carlo Gentile, cadde in battaglia nel mar-
zo 1945.

10.5. Nessun criminale pagher per Vallucciole

Tra i 42 capi daccusa al processo inglese contro il feldmar. Al-


bert Kesselring nel 1947-48 la stragrande maggioranza sono stra-
gi di civili ma stranamente non ci sono gli eccidi dellaprile 1944.
Anche se erano stati proprio gli inglesi a indagare su Val-
lucciole, Partina e Moscaio, Vallucciole non fu portata come
uno dei capi daccusa neppure nel processo contro il generale
Schmalz. In un altro fascicolo inglese7 si trova una lettera del 24
luglio 1947 in cui il giudice istruttore inglese scriveva sulla pos-
sibilit di accusare il generale Schmalz delluccisione dei 137 ci-
vili di Stia, che sembra quasi certo che fosse il comandante del-
la divisione H.G.. Purtroppo poi si scopr che Schmalz era sub-
entrato al generale Conrath al comando della divisione H.G.
il 16 aprile, tre giorni dopo la strage di Vallucciole.
Nel 1989 un fascicolo stato aperto anche presso la Procu-
ra di Dortmund, ma nel 1993 stato archiviato. L8 ottobre 2004
la Repubblica annunciava che la Germania aveva appena aper-
to uninchiesta sulle stragi della divisione Hermann Gring.
A coordinarla era Ulrich Maass, il magistrato della procura di
Dortmund, che ha indagato su tutte le stragi naziste da Fossoli
a Cefalonia, archiviando sempre per i motivi pi diversi, spesso

7 National Archives, WO 310/127.


328 PAOLO PAOLETTI

ovviamente per la morte del supposto criminale di guerra. Visti


i precedenti facile immaginare che anche per Vallucciole si
avr lo stesso risultato.
Gentile scriveva nel 2005: Ancora non possibile chiarire
in via definitiva se la decisione di procedere allo sterminio de-
gli abitanti di Vallucciole sia stata presa sulla base di un ordine
superiore o di propria iniziativa dagli ufficiali in comando sul
posto, ossia Heydebreck e da quelli del reparto esplorante, Loe-
ben e i suoi comandanti di compagnia. Su questo punto da au-
gurarsi che le indagini della magistratura italiana e tedesca in cor-
so sulle stragi della H. Gring riescano a portare i necessari
chiarimenti8. Ci sembra che le scoperte e le analisi fatte da
Gentile lo mettano in grado di rispondere alla domanda che si
posta. Se la notizia delluccisione da parte dei banditi di un uf-
ficiale e un maresciallo appare nella Tagesmeldung del pomerig-
gio del 12 aprile dellArmee Abt. von Zangen, cio poche ore
prima del rastrellamento, mancava materialmente il tempo per
un ordine stragista dallalto. Se luccisione dei due comandanti
viene presentata come risultato di unimboscata durante una ri-
cognizione, quindi se si presenta la morte dei due comandanti
come avvenuta durante unoperazione bellica, non si spinge il
datore di ordini verso una rappresaglia. Se non tutto il batta-
glione esplorante si comporta come a Vallucciole, se a Castagno
il numero delle vittime non assume le dimensioni di una strage,
se solo da Molino di Bucchio in su questa diventa indiscriminata,
si pu addirittura escludere che la decisione della vendetta sia
stata presa a Firenze, dal comandante Heydebreck. Si potrebbe
allora pensare che sia stato il comando di battaglione a emana-
re un ordine stragista solo per la colonna che doveva partire da
sud. Ma se ci troviamo daccordo che si tratt di vendetta e non
di rappresaglia, se questa strage dimostra che vi si trovano coin-
volti i sentimenti personali dei componenti di due plotoni di
due compagnie, si portati a restringere ulteriormente le re-
sponsabilit nella catena di comando. Se poi si scopre che la 2
compagnia, quella cui apparteneva il s.ten. Domeyer, portava

8 Gentile, Le stragi nazifasciste..., cit., p. 87.


VALLUCCIOLE: UNA STRAGE IMPUNITA 329

quasi sicuramente la responsabilit anche della strage di Mon-


chio, allora si rafforza ancor pi lipotesi che la decisione stra-
gista sia stata presa a Stia e non a Firenze.

10.6. Processare e condannare o pretendere la verit e perdonare?

Secondo noi non basta non dimenticare, occorre stabilire la ve-


rit e se possibile risalire ai colpevoli. Nel 2009 non ha pi sen-
so processare dei novantenni, cui la legge italiana e tedesca, con-
cede in ogni caso gli arresti domiciliari. Abbiamo visto con il
processo a Theo Saevecke nel 1999, a Friedrich Engel nel 2001,
ai condannati del processo di SantAnna che tutti i condannati
allergastolo in Italia muoiono nei loro letti in Germania. Si dice
che le condanne allergastolo di questi criminali sono fatte per la
Storia, valgono come monito ed educazione per le generazioni
future. Secondo noi, bisogna riconoscere che hanno vinto i vari
ministri italiani Martino e Taviani, i quali hanno fatto di tutto per
evitare di giudicare i criminali, quando aveva un senso farlo, an-
cora negli anni Sessanta.
Semmai va fatto notare che la magistratura militare e ordi-
naria italiana ha volutamente ignorato il modello sudafricano,
dove si garantiva allimputato colpevole la libert, in cambio
della sua piena collaborazione nella ricostruzione dei fatti. Noi
facemmo questa proposta nel lontano 1994 ma non stata mai
raccolta: ci sembra evidente che a nessuno interessava e interessa
la verit dei fatti. N ai giudici n ai politici. Tutti sostengono
che vogliono giudicare secondo giustizia e verit. Ma come si
pu pensare che un vecchio di 85 anni venga in Italia per rac-
contarci la verit, specie se un criminale? A tutti quanti si so-
no opposti alla nostra proposta, chiediamo: si pu ottenere una
vera ricostruzione dei fatti senza la collaborazione dei protago-
nisti? Noi pensiamo di no.
Quando si fa storia, si cercano la documentazione scritta e
le fonti orali. In Italia abbiamo scelto la strada di ricostruire i
fatti senza la voce del nemico. Era possibile avere la verit e la
giustizia per i morti, perch, se gli imputati riconoscevano di aver
partecipato ai fatti criminosi, ammettevano di essersi compor-
330 PAOLO PAOLETTI

tati da massacratori. Ma ai magistrati e ai politici italiani inte-


ressa la forma non la sostanza: tutti sono stati concordi nel non
volere la verit. Lex presidente della Repubblica Luigi Scalfaro
e tanti altri dopo di lui hanno ripetuto e ripetono: la Storia non
si cambia. Ma se non si conoscono le ragioni delle stragi, se si
sono raccontati i fatti in modo distorto, se si vuole ignorare le
voci di una parte processuale, si fatto davvero Storia?
Se questi criminali tedeschi fossero venuti in Italia, avesse-
ro confessato i loro crimini e avessero chiesto perdono, si sa-
rebbe potuto accogliere la loro richiesta. Invece successo che
i criminali tedeschi assolti per insufficienza di prove nel processo
per la strage di Farneta non hanno collaborato, non si sono pre-
sentati in aula e i familiari delle vittime hanno dichiarato che i
loro cari erano stati uccisi una seconda volta. In Italia si scel-
to di scontentare tutti, i criminali veri e presunti, i familiari del-
le vittime e la Storia e di soddisfare la retorica, le frasi fatte e la
storia raccontata pro domo sua.
Bisognava agire non con spirito di vendetta ma per un uma-
no spirito di giustizia, che pur sempre una virt teologale. Per-
donare giusto e doveroso per chi cristiano dopo tanti anni dai
fatti ma prima di questo atto di umanit deve essercene un altro,
prioritario, necessario e indispensabile da parte del colpevole, che
confessa e chiede perdono. Si fatto di tutto perch questo non
avvenisse.
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INDICE

Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 5
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

I. Le premesse della strage di Vallucciole


1.1. Inquadramento storico dei due episodi di sangue
a Molino di Bucchio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
1.2. Aprile 1944: esigenze militari imponevano ai
tedeschi i rastrellamenti dallAdriatico al
Tirreno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15
1.3. I comandi garibaldini potevano ignorare
lesistenza della Linea Gotica? . . . . . . . . . . . . . 19
1.4. Lerrore strategico del comando delle Brigate
Garibaldi di sfidare i tedeschi sulla Linea
Gotica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
1.5. Il perimetro meridionale dellarea interessata
dal rastrellamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
1.6. Perch proprio a Vallucciole se l non cerano
partigiani? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
1.7. La situazione dei contadini presi tra lincudine
e il martello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
1.8. I protagonisti, garibaldini e tedeschi, erano per
lo pi giovanissimi e ideologizzati . . . . . . . . . . . 33

II. Le forze tedesche e la documentazione archivistica


germanica
2.1. La documentazione tedesca . . . . . . . . . . . . . . 35
2.2. La divisione paracadutista-corazzata Hermann
Gring . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
2.3. Il battaglione esplorante della Hermann
Gring . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42
340 INDICE

2.4. Le unit impegnate nel rastrellamento . . . . . . p. 43


2.5. La prima strage indiscriminata della
divisione Hermann Gring in Toscana . . . . . . . 44

III. La documentazione inglese


3.1. La Branca Investigativa Speciale britannica . . 47
3.2. La commissione dinchiesta britannica sulle
stragi di Vallucciole, Partina e Moscaio . . . . . . . 48
3.3. Gli atti della commissione dinchiesta britannica:
interrogatori dei teste e conclusioni . . . . . . . . . 48
3.4. Le deposizioni ricostruiscono esattamente la
dinamica dello scontro a fuoco . . . . . . . . . . . . 123
3.5. Le ricerche inglesi per arrivare ai responsabili
della strage . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 123
3.6. Il valore delle testimonianze dei superstiti . . . 125
3.7. Lautocensura di Rutilio Trenti: due
testimonianze a confronto . . . . . . . . . . . . . . . . 127

IV. Anatomia di una strage: i garibaldini


4.1. Gli errori tattici dei garibaldini a Molino di
Bucchio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 133
4.2. I documenti garibaldini e la nostra intervista del
1996 a Sirio Ungherelli: falsificazioni, menzogne e
ammissioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 135
4.3. Sulle supposte preoccupazioni garibaldine onde
evitare rappresaglie contro i civili . . . . . . . . . . . 139
4.4. In violazione agli ordini, quattro garibaldini
rivelano la propria presenza a Molino di
Bucchio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 142
4.5. Opposte dichiarazioni tra quelle dei garibaldini
e dei testimoni oculari in merito allattacco
partigiano a Molino di Bucchio . . . . . . . . . . . . 145
4.6. Considerazioni finali sullopportunit di un attacco
partigiano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 151
4.7. Chi fu a sparare per primo? Parlano i fatti . . . 154
4.8. Lazione garibaldina fu mal condotta: i tre tedeschi
potevano essere catturati evitando il massacro . . 156
4.9. I garibaldini si lasciano sfuggire il superstite
della sparatoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 158
4.10. Furono uno o due i comandanti tedeschi rimasti
feriti e poi finiti? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 162
INDICE 341

4.11. Tutti e due i cadaveri presentavano ferite che


inducevano a pensare ad una esecuzione . . . . . . p. 163
4.12. Il sesto errore dei garibaldini: i cadaveri sono
abbandonati a Molino di Bucchio. Furono
percepiti dai tedeschi come una provocazione
partigiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 168
4.13. Lostentazione dellomicidio e lorgoglio di
quei garibaldini per la loro azione . . . . . . . . . . . 171
4.14. Per fortuna i partigiani non attuarono la
promessa di difendere i contadini . . . . . . . . . . . 174
4.15. I garibaldini avvisarono della possibile
rappresaglia solo i Pantiferi a Molino
di Bucchio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 176
4.16. I garibaldini non avvertirono del
rastrellamento la popolazione della vallata
di Vallucciole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 178
4.17. Ungherelli mente nel dire di aver avvisato
del rastrellamento la popolazione di Vallucciole,
ma alle nostre obiezioni del 1996 scarica sulle
donne di Molino di Bucchio la colpa del mancato
allarme . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 181
4.18. Lunico pensiero dei garibaldini fu quello
di avvisare del rastrellamento i propri
comandi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 184
4.19. Se l11 aprile i garibaldini volevano avvisare
per primi i loro compagni, perch il 12 non
scesero gi ad avvertire la popolazione di
Vallucciole del rastrellamento del giorno
dopo? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 186
4.20. I garibaldini non avvisarono neppure i
partigiani badogliani del pericolo incombente 187
4.21. Perch i garibaldini, pur coscienti del pericolo
per la popolazione e i badogliani, non li
avvisarono? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 190
4.22. Il consiglio dei garibaldini alla gente di
Molino di Bucchio: rifugiarsi... nellarea da
rastrellare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 194
4.23. Neppure con un gesto dumanit si sarebbe
potuto evitare la strage indiscriminata . . . . . . . . 198
342 INDICE

4.24. I garibaldini potevano salvare tutta la


popolazione della vallata senza sparare un
colpo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 199
4.25. I partigiani fuggirono o sfuggirono al
rastrellamento? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 201
4.26. Tutti i partigiani del Falterona ebbero meno
di un decimo dei morti civili, i distaccamenti
garibaldini nemmeno uno . . . . . . . . . . . . . . . . . 204
4.27. Il senso di colpa di Ugo Corsi, il comandante
del distaccamento Faliero Pucci . . . . . . . . . . 208

V. Anatomia di una strage: i tedeschi


5.1. 12 aprile 1944: la rappresaglia tedesca a Molino
di Bucchio con lincendio di poche case . . . . . . 211
5.2. Neppure i soldati che compirono la rappresaglia
a Molino di Bucchio immaginavano che i loro
camerati avrebbero fatto una strage . . . . . . . . . 213
5.3. Limportanza della modalit di uccisione dei
due tedeschi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 214
5.4. Un eccidio pianificato o furono le uccisioni dei
due comandanti tedeschi a scatenare la ferocia
nazista? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 216
5.5. Leccidio di Vallucciole: unorripilante vendetta
personale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 219
5.6. I nazisti disponevano di un eccellente servizio
informazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 222
5.7. Il fuoco preventivo allingresso nel Bandengebiet
e la certezza dellimpunit . . . . . . . . . . . . . . . . 223
5.8. Le stragi a Partina, Moscaio e Moggiona . . . . 226
5.9. A Castagno dAndrea n esecuzioni mirate n
strage indiscriminata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 230
5.10. Cosa sarebbe potuto accadere se non fossero
state uccisi i due tedeschi a Molino di Bucchio? 232
5.11. Furono centootto le vittime della strage di
Vallucciole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 233
5.12. I rastrellamenti un successo a met: un parziale
successo militare ma un completo fallimento
politico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 236
5.13. Perch nel rastrellamento del 13 aprile solo
a Vallucciole atti di ferocia inaudita contro donne
e bambini? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 237
INDICE 343

5.14. Pi mistificazioni che verit sul comportamento


dei tedeschi: quanti furono i criminali e quanti
i buoni? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 239

VI. Anatomia di una strage: i fascisti


6.1. Il ruolo delle spie fasciste . . . . . . . . . . . . . . . . 247
6.2. I fascisti parteciparono alla strage di
Vallucciole? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 249
6.3. La maggior parte dei superstiti getta la colpa
pi sui fascisti che sui partigiani . . . . . . . . . . . . 252
6.4. La giustizia assolve lunico fascista portato in
tribunale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 254

VII. Una strage dimenticata


7.1. La notizia della strage fu subito nota . . . . . . . 261
7.2. Il console tedesco Gerhard Wolf se ne lamenta
con le autorit germaniche e il caso diventa un
contenzioso nei rapporti italo-tedeschi . . . . . . . 262
7.3. Il ritardo dinteresse della storiografia resistenziale
verso la strage di Vallucciole . . . . . . . . . . . . . . . 263
7.4. Dopo mezzo secolo di retorica nel 2007 il
Comune di Stia pubblica il primo documento
sulla strage . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 265

VIII. Una strage scomoda


8.1. Le origini del massacro secondo gli inquirenti
inglesi e la voce popolare alla luce delle recenti
scoperte di Carlo Gentile . . . . . . . . . . . . . . . . . 269
8.2. Due parole da evitare per Vallucciole:
rappresaglia e vendetta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 270
8.3. I superstiti e i testimoni avevano capito ma gli
storici hanno preferito non vedere levidenza . . 272
8.4. Un imbarazzo generalizzato nel trattare la strage
di Vallucciole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 274
8.5. Non una volont stragista ma esigenze strategiche
imponevano i rastrellamenti . . . . . . . . . . . . . . . 277
8.6. A Molino di Bucchio lantefatto che trasform il
rastrellamento in una strage indiscriminata . . . . 279
8.7. Dietro alla corrente storiografica delle stragi
programmate si nasconde la volont di tacere sugli
errori partigiani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 280
344 INDICE

8.8. Il silenzio sulle responsabilit garibaldine . . . . p. 284


8.9. In merito alle responsabilit . . . . . . . . . . . . . . 286

IX. Una strage manipolata


9.1. La retorica della memorialistica sulla lotta dei
garibaldini sul Falterona . . . . . . . . . . . . . . . . . . 289
9.2. Un posticipo di date: casuale? No,
strumentale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 290
9.3. Vallucciole: una strage politicamente gestita dal
commissario politico Ungherelli . . . . . . . . . . . . 294
9.4. I partigiani non avvisarono i partigiani . . . . . . 297
9.5. La manipolazione della verit: come la strage
viene presentata dalla letteratura resistenziale . . 299
9.6. Lappiattimento degli storici sulla teoria della
guerra ai civili: ogni eccidio ha invece una
storia a s . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 303
9.7. Le molteplici varianti di una strage . . . . . . . . 312
9.8. La verit negata: i superstiti di Vallucciole non
sono mai venuti a sapere che i garibaldini
avrebbero pututo salvarli . . . . . . . . . . . . . . . . . 317
9.9. Nascondere gli errori garibaldini non aiuta
la verit e la memoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 319

X. Vallucciole: una strage impunita


10.1. Un crimine di guerra imprescrittibile . . . . . . 321
10.2. I presunti responsabili della strage di
Vallucciole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 322
10.3. I presunti criminali delle stragi di Partina e
Moscaio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 324
10.4. Christian von Loeben, il comandante del
battaglione esplorante, che mor prima di
esser processato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 325
10.5. Nessun criminale pagher per Vallucciole . . . 327
10.6. Processare e condannare o pretendere la verit
e perdonare? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 329

Appendice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 331

Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 337

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