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Paolo Paoletti
Vallucciole
una strage dimenticata
La vendetta nazista e il silenzio
sugli errori garibaldini
nel primo eccidio indiscriminato in Toscana
Le Lettere
In copertina: Delia Pantiferi, la pi piccola in braccio a una cugina,
insieme ai parenti a Molino di Bucchio alla fine degli anni 20.
Per gentile concessione delle Edizioni Fruska, Stia.
1 Questo personaggio sognava di ritirarsi per sempre in una piccola casa con
la moglie, i bambini, una vacca bianca, delle pecore e un cane fedele. La Pasqua
di Vallucciole si trova anche in http://www.comune.stia.ar.it/turismo/storia/valluc-
ciole/vallucciole2.asp.
2 Giampiero Carocci, La Resistenza italiana, Garzanti, Milano, 1963 pp. 125-
127.
3 Gerhard Schreiber, La vendetta tedesca 1943-1945: le rappresaglie naziste in
Italia, Mondadori, Milano, 2000, p. 170.
8 INTRODUZIONE
4 http://www.stm.unipi.it:81/stmstragi/episodio.php?episodio=Vallucciole
INTRODUZIONE 9
un caso che due di questi tre nomi compaiano anche nella re-
lazione inglese, come ispiratori del rastrellamento. Dunque nel
novembre 43 Molino di Bucchio era entrato nelle cronache dei
giornali e nei rapporti della polizia fascista.
Ci si pu immaginare cosa sia successo nella vallata di Val-
lucciole con il bando Graziani del febbraio 44 che richiamava
alle armi le classi 22, 23 e 24. A seguito di questi bandi, dal
marzo 44 aument il numero dei partigiani e al contempo creb-
bero i loro problemi di approvvigionamento. anche innega-
bile che i fascisti abbiano sollecitato da allora unazione repres-
siva. A questo proposito il rapporto inglese offre due conferme.
Un teste, Bruno Ceccarelli, dichiarava che nellottobre 43 il pre-
fetto dArezzo avrebbe fatto pressione sui tedeschi per un ra-
strellamento nellarea di Stia. Nella testimonianza di Giuseppe
Stefani si legge che un soldato tedesco, che parlava benissimo
litaliano, gli disse: Non c niente da fare, stato prestabilito
dalle vostre autorit civili. Linvestigatore inglese afferma: I fa-
scisti di Stia erano pronti a collaborare con i tedeschi nellattacco
e nella distruzione dei partigiani di Vallucciole. I fascisti si la-
mentarono con le autorit tedesche e a questo fine fornirono lo-
ro le prove dellesistenza dei partigiani. In questo modo, forse
involontariamente, condannarono a morte la popolazione civi-
le della vallata in quanto collaboratori dei partigiani. Non tan-
to involontariamente visto che don Bergamaschi fu testimo-
ne oculare della festa che i fascisti fecero a Stia alla notizia del
rastrellamento tedesco a Vallucciole.
Ricapitolando, nellinverno 43-44 i tedeschi non ascoltaro-
no le ripetute sollecitazioni dintervento contro i partigiani da
parte delle autorit italiane e cercarono di sanare la piaga parti-
giana con i propri mezzi (vedi limpiego della M.V.S.N. e Cara-
binieri del novembre 43 e la sentenza contro i renitenti alla le-
va di Vicchio, fucilati il 23 marzo 44 al Campo di Marte a Fi-
renze). Poi, per, quando in primavera ormai il fenomeno del
banditismo partigiano cominci ad impensierire anche la
Wehrmacht, i tedeschi si mossero con un grande dispiegamen-
to di mezzi e pensarono di estirpare la mala erba del movimen-
to partigiano approfittando delloccasione offerta dal rastrella-
mento per bonificare larea lungo la Linea Gotica. Si illudeva-
LE PREMESSE DELLA STRAGE DI VALLUCCIOLE 15
Inizia cos in Italia una nuova lotta alle bande che subi-
to si connota per i suoi metodi terroristici. La strage nella val-
le del Vallucciole quella che colpisce maggiormente limma-
ginario collettivo, perch indiscriminata, come non era mai
stato prima in Toscana. Chi, come noi, ha sentito dalla viva vo-
ce dei superstiti ripetere quello che era scritto nei documenti
inglesi non pu dimenticare.
12 Questo il titolo di una scheda che fa parte della Cronologia della Resi-
stenza in Toscana, a cura di Giovanni Verni, Carocci-Consiglio regionale della To-
scana, Roma-Firenze, 2005.
13 Secondo Massimo Biagioni, Scarpe rotte eppur bisogna andar, Pagnini, Fi-
renze, 2004, p. 135, invece, la miopia non fu del Comando Brigate Garibaldi ma
del CTLN: Il CTLN voleva riunire in una grande formazione le bande che si era-
no costituite e rafforzate, per un loro effettivo coordinamento politico e militare,
per evitare le contrapposizioni tra formazioni, compreso possibili scontri, realiz-
zare una solida resistenza in caso di attacchi nemici che si sapevano essere mili-
tarmente e numericamente soverchianti, e rappresentare una maggiore forza di so-
stegno per le truppe alleate. E il monte Falterona fu giudicato adatto allo scopo.
Anche Orazio Barbieri scriveva che in marzo si costituisce il Comando Militare
unico con Nello Niccoli (PdA), Nereo Tommasi (DC), Achille Mazzi (PLI) Gino
Manconi (PCI), sostituito poi da Luigi Gaiani (Ponti sullArno, Vangelista, Mila-
no, 1984, p. 118). In realt gli ordini per le formazioni garibaldine venivano solo
da Luigi Gaiani, comandante militare provinciale del Pci e delegato del comando
generale delle Brigate Garibaldi, in quanto non esisteva ancora un comando mili-
tare interpartitico del CTLN, che prese corpo solo ai primi di maggio, come scri-
veva Nello Niccoli (La Resistenza in Toscana, Atti dellISRT, La Nuova Italia, Fi-
renze, 1970, p. 3). Questo tentativo di Barbieri e Biagiotti di attribuire al CTLN
lerrore di Gaiani rientra nel motto La vittoria ha molti padri, la sconfitta sem-
pre orfana.
LE PREMESSE DELLA STRAGE DI VALLUCCIOLE 23
14 Sirio Ungherelli, Quelli della Stella Rossa, Polistampa, Firenze, 1999, p. 151.
15 ISRT, Nastroteca. Testimonianza rilasciata da Ugo Corsi allIstituto Gram-
sci di Firenze in data imprecisata e dattilografata, p. 26.
16 Ungherelli, op. cit., pp. 161 e 166.
17 Ivi, p. 161.
18 Giovanni Verni in Storia della Resistenza in Toscana, a cura di Marco Pal-
la, Carocci, Roma, 2006, vol. 1, p. 234.
24 PAOLO PAOLETTI
30 Nella dichiarazione di Delia Pantiferi si dice che lei e sua madre erano an-
date a dormire da un contadino, Angiolino. Il 13 le due donne e la moglie di An-
giolino furono viste da un soldato, il quale dopo un breve tratto di strada spar lo-
ro. Delia Pantiferi ci ha confermato che la casa era a nord di Molino di Bucchio,
a monte della strada comunale, ovvero sulla riva sinistra.
LE PREMESSE DELLA STRAGE DI VALLUCCIOLE 29
sta politica: i tedeschi erano saliti lass per fare una strage, i ci-
vili dovevano essere massacrati per fare terra bruciata, poco
importava se erano colpevoli di aiuto alla guerriglia o meno. Era
ovvio che i partigiani non dormivano nei fienili delle case dei
contadini di Serelli, Vallucciole e Monte di Gianni ma era l che
si rifornivano di derrate alimentari e macinavano il grano a Mo-
lino di Bucchio. Che i contadini non negassero un tozzo di pa-
ne e che i partigiani si servissero del mulino era noto da mesi ai
fascisti di Stia e quindi ai tedeschi. Costoro per sapevano an-
che che il numero dei partigiani era diventato cos alto che non
si sfamavano pi con quello che donavano loro i contadini ma
con le requisizioni di derrate alimentari e di bestiame. La spa-
da assassina dei tedeschi, prima o poi, si sarebbe abbattuta co-
munque nella valle del Vallucciole ma quella brutalit fu causa-
ta da quanto era successo a Molino di Bucchio.
Nel rapporto della commissione dinchiesta britannica si leg-
ge: A causa della presenza dei partigiani, le consegne dei con-
tadini allammasso diminuirono. Le autorit fasciste vollero sa-
perne il motivo, cos i contadini mostrarono le note di requisi-
zione rilasciate loro dai partigiani... Si pu capire che i partigiani
erano divenuti una spina nel fianco sia dei fascisti che dei con-
tadini. Non era tanto il danno che procuravano, quanto il fatto
che crescevano di numero. Le autorit erano incapaci di impe-
dirlo e di conseguenza perdevano prestigio31. I contadini si
vennero presto a trovare in una situazione di grande imbaraz-
zo, presi tra gli ordini di portare il grano allammasso e le ri-
chieste dei partigiani. Scriveva un contadino di Vallucciole (fa-
cilmente identificabile in Rutilio Trenti) in un opuscolo pubbli-
cato dallAmministrazione provinciale di Arezzo il 25 aprile 1977
La strage di Vallucciole: Nella zona di Vallucciole si raggruppa-
rono un p di partigiani. Non erano organizzati. Erano pochi, con
poche armi. Successe che un giorno i partigiani andarono gi a
Molino di Bucchio, perch avevano il grano da macinare e noi
dai fascisti avevamo lordine di consegnare il grano al Comune;
un giorno vennero a dirci: Il grano manca alla popolazione di
34 Nuto Revelli, Le due guerre. Guerra fascista e guerra partigiana, Einaudi, To-
rino, 2003, p. 162.
35 Intervista di Paola Calamandrei a Silvana Visotti Ristori del luglio 1993, au-
dioregistrazione inedita in possesso della provincia di Arezzo.
LE PREMESSE DELLA STRAGE DI VALLUCCIOLE 33
Sebbene in realt nessuno dei suoi reparti avesse mai ricevuto ad-
destramento paracadutistico, anche la divisione corazzata Her-
mann Gring, quando a partire dal gennaio 1944 fu denomina-
ta divisione paracadutista-corazzata, venne a fruire di questa au-
ra di leggenda. La sua nuova denominazione, non accompagnata
da nessuna trasformazione organica, un chiaro esempio di quel-
lo che Michael Geyer ha definito una costante opposizione tra ap-
parenza e realt, cos caratteristica di questa unit, le cui presta-
zioni sui campi di battaglia, sotto laspetto puramente militare, fu-
rono piuttosto mediocri. Il suo inserimento nominale nellarmata
paracadutista del generale Student da vedere soprattutto in
chiave propagandistica: come un tentativo di accrescerne limma-
gine di formazione speciale e con essa anche la sua attrattiva per
i giovani volontari di guerra in un periodo in cui, con la crisi del-
le risorse personali del Terzo Reich, crescevano anche le lotte per
assicurarsi unampia fetta di quella che era considerata llite del-
la giovent del regime. In realt la Hermann Gring era una nor-
male divisione corazzata, il cui organico ed armamento non erano
per nulla diversi da quelli delle corrispondenti unit dellesercito
o della Waffen-SS. Lunica differenza era la presenza di un forte
8 Carlo Gentile, Le stragi tedesche del 1944 in provincia di Arezzo ed i loro per-
petratori, in Orte des Grauens, a cura di Gerd Ueberschr, Primus Verlag, Darm-
stadt, 2003.
40 PAOLO PAOLETTI
9 Ibidem.
LE FORZE TEDESCHE 41
20 Ivi, pp. 102-103: [...] la maggior parte dei soldati tedeschi non partecip
ai massacri dei civili italiani. Cos, sempre a proposito del mito della Wehrmacht
pulita vista in contrasto con le SS efferate, si esprime Gerhard Schreiber in La ven-
detta tedesca 1943-1945: le rappresaglie naziste in Italia, cit., p. 6 : [...] i soldati te-
deschi che ebbero la fortuna di far ritorno a casa senza aver compiuto crimini di
guerra ed il caso della maggioranza di loro non lo dovettero certo al fatto di
appartenere alla Wehrmacht di Hitler, ma semmai al grande e personale privilegio
di non essersi trovati nelle condizioni di dover attuare direttive criminose. [...]quan-
ti [...] ricevettero lordine di compiere crimini di guerra, si avvalsero solo in rarissi-
mi casi della facolt, prevista dal codice penale militare, di rifiutarsi di eseguirlo.
21 Nel 1943-44 erano presenti in Italia la divisione corazzata Leibstandarte-
SS Adolf Hitler, che vi si trattenne per un tempo relativamente breve, la divisio-
ne corazzata Hermann Gring e la 16a divisione corazzata-SS Heinrich Himm-
ler.
46 PAOLO PAOLETTI
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE
I britannici crearono fin dalla fine del 1943 una Special Inve-
stigation Branch (S.I.B.) allinterno del corpo della Polizia Mi-
litare per indagare sui presunti crimini di guerra commessi dal-
la Wehrmacht contro i loro prigionieri di guerra. Poi, risalendo
la penisola, si accorsero che erano molto pi gravi e numerosi i
crimini di guerra commessi dallesercito tedesco contro la po-
polazione civile italiana. Le indagini svolte tra Matera e Roma
servirono di addestramento ed amalgama per i vari team delle
diverse sezioni. Dopo le Fosse Ardeatine le indagini pi impe-
gnative furono quelle svolte in provincia di Arezzo.
La liberazione del territorio intorno a Stia da parte delle
truppe alleate avvenne intorno al 26 luglio 1944, quando la tra-
gedia delle stragi di Meleto e Castelnuovo era ancora viva. Gi
il 25 luglio 1944 la 5a Sezione del Field Security Service (FSS)
stendeva un primo rapporto sulle atrocit di Meleto e Ca-
stelnuovo dei Sabbioni. Al rapporto era allegato anche un ma-
nifesto che era stato fatto affiggere dal comando tedesco. Non
conosciamo il contenuto di questo manifesto ma il documento
inglese dice che i termini dellavviso possono essere la giusti-
ficazione delle atrocit che il nemico sembra aver commesso in
gran numero. Come vedremo non fu questa la causa.
48 PAOLO PAOLETTI
Vittime 70 uomini
45 donne
22 bambini
[...]
2. Partina e Moscaio, Provincia di Arezzo, 13 Aprile 44
Vittime 18 uomini di Partina
7 uomini di Moscaio
Unit definitivamente identificata come appartenente alla Divi-
sione H.G..
Probabilmente parte del Battaglione Esplorante o Gruppo da bat-
taglia Heimans.
Tre ufficiali identificati: Cap. Bellinghaus
Ten. Poetters
Ten. Gring1.
STRAGE DI VALLUCCIOLE
Vittime: 70 uomini
45 donne
22 bambini
Questi crimini avvennero a Vallucciole e nelle fattorie intorno al
comune di STIA, 20 miglia ad est di Firenze.
A Stia cera una piccola guarnigione tedesca comandata dal Te-
nente Egger2. Si pensa che questa guarnigione... non abbia preso
parte alla stragi.
Verso l8 Aprile un Maggiore tedesco della divisione H.G. visi-
t la guarnigione e si venne a sapere che una vasta azione anti-par-
tigiana stava per essere eseguita.
Il giorno 11 Aprile un tenente e due uomini dellunit del Mag-
giore, vestiti in abiti borghesi, fecero una ricognizione in Valluc-
ciole, furono attaccati dai partigiani: uno fu ucciso ed un altro fe-
rito.
Il giorno seguente uomini della guarnigione di STIA fecero unin-
cursione nella zona ed arrestarono dei civili che per rilasciarono
dopo linterrogatorio.
La sera del 12 Aprile, ununit che si pensa fosse o del Battaglio-
ne Contraereo o di quello Esplorante, sempre della H.G., o un
misto di entrambe, entr a STIA. Lunit era composta da circa
800 uomini ed era comandata da un ufficiale che si pensa fosse un
certo Maggiore Graf.
Alle 3,00 del 13 tutta lunit and in Vallucciole e cominci il mas-
sacro.
Qualsiasi civile che incontrassero, venne abbattuto senza discri-
minazione di et o di sesso e il paese di Vallucciole e tutte le case
della valle vennero bruciate.
2 Il tenente Egger, un nome che ritorna nelle stragi di Vallucciole e della zo-
na di Cavriglia. Pu trattarsi per di unomonimia di cognomi. Infatti troviamo un
tenente Egger come comandante del 4 Reggimento Paracadutisti della 1a Divisione
Paracadutisti (nella testimonianza volontaria del generale Heidrich in WO
311/359). Ma nellaprile 44 quella divisione non si trovava in Toscana. Questa
unit nel luglio 44 si stava ritirando avendo alla sua destra la H.G.. Potrebbe
essere che in quanto esperto nella lotta antipartigiana lEgger sia stato distaccato
alla sua divisione originaria per coordinare le operazioni nella zona di Cavriglia.
Nella sua deposizione il generale Heidrich dichiarava: Egger fu fatto prigio-
niero dai guerriglieri italiani il 29 o il 30 luglio 1944 sulla linea Verde, nellarea
a nord di Dicomano e per quanto mi consta fu passato agli Alleati. Non so dove si
trovi adesso [nel 1945, N.d.R.]. Se ai primi di luglio il comandante Egger si tro-
vava nellarea di Cavriglia alla fine dello stesso mese poteva trovarsi intorno a Di-
comano. Ma questa volta da cacciatore di banditi divenne preda dei partigiani, igna-
ri di aver catturato uno dei maggiori responsabili delle stragi nellaretino.
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 51
Data.
Quantit del cibo preso.
Nome della Brigata che aveva fatto la requisizione.
Firma del Comandante di quella Brigata.
Sembra che queste note siano state raccolte e le informazioni che
contenevano date alle Autorit tedesche di Stia ed a quelle fasci-
ste e tedesche di Arezzo, da GIABBANI ANGELO e FRANCALANCI CE-
SARE. Intermediari fra questi ed altri comandi erano: WILFEUER
FRIDRICK e il sergente UNTERRICHT, gi tutti menzionati in questo
rapporto.
Cera senzaltro molta attenzione e sorveglianza per le attivit par-
tigiane intorno a VALLUCCIOLE. Nellufficio di GIABBANI ANGELO
cera una cartina di quella zona, le abitazioni intorno a VALLUCCIOLE
erano tutte segnate. Anche UNTERRICHT era in possesso della stes-
sa cartina in formato ridotto. I segni su questultima erano ancora
pi definiti. Un cerchio intorno ad un certo paese indicava la visi-
ta dei partigiani e le visite successive erano segnate da piccole cro-
cette allinterno del cerchio. Nel frattempo le attivit dei partigia-
ni continuavano. Essi contattavano persone conosciute qua e l e
furono responsabili, in due occasioni, di attacchi alla famiglia PAL-
LINI, ricchi proprietari terrieri della zona di Vallucciole. La reazio-
ne immediata da parte dei fascisti fu di mettere in prigione tutti
quelli che scoprivano avere nascosto dei partigiani. In unoccasio-
ne tre partigiani furono trovati nascosti in una casa di MOLINO DI
BUCCHIO e uno di loro fu ucciso nello scontro che ne segu3. Si pu
capire che i partigiani erano divenuti una spina nel fianco sia dei
fascisti che dei contadini. Non era tanto il danno che procurava-
no, quanto il fatto che crescevano di numero. Le autorit erano in-
capaci di impedirlo e di conseguenza perdevano prestigio.
Un giorno fra l8 ed il 9 Aprile 44, un maggiore (A) della divisio-
ne Hermann Gring and a Stia e fece rapporto al Comando
tedesco. Dopo di ci, linterprete tedesco UNTERRICHT annunci
a BIAMI EMILIO, Brigadiere dei Carabinieri di Stia, che fra qual-
che giorno si sarebbe fatta una azione contro i partigiani di quel-
la zona e che il Maggiore, che era stato a STIA recentemente, ave-
va qualcosa a che fare con questo. In effetti, questo Maggiore fu
visto una volta dal BIAMI, a STIA, mentre erano in corso le stragi
di Vallucciole.
che fossero circa 800 e che i loro veicoli fossero per lo pi una com-
binazione di motociclette e piccole macchine anfibie a 4 posti.
Fra le 3 e le 4 del giorno seguente, si riunirono e mossero da STIA
in direzione di VALLUCCIOLE. I punti in cui si dovevano dividere
erano la Fattoria di Giuncheto ed il ponte vicino a Casa Pantife-
ri. In questi due luoghi furono lasciati gli automezzi e, dalle azio-
ni che seguirono, si pu supporre che i piani fossero i seguenti:
1) Bloccare la strada STIA-VALLUCCIOLE a SANTA MARIA per im-
pedire la fuga di chiunque dalla valle.
2) Dividersi in piccoli gruppi in modo di poter visitare nel minor
tempo possibile tutte le abitazioni della vallata.
3) Prendere ed obbligare tutti gli uomini a portare le munizioni
4) Derubare ed uccidere tutti gli abitanti, saccheggiare e bruciare
tutte le case.
5) entrare in contatto con i partigiani sul Monte Falterona.
6) Quando il lavoro fosse completato, uccidere gli italiani che ave-
vano portato le loro munizioni.
Il piano fu eseguito nel modo seguente:
Per primo fu attaccato GIUNCHETO, i 4 uomini furono presi con
lo scopo di trasportare le munizioni, ma poi la donna ed il bam-
bino riuscirono a fuggire. La fattoria fu saccheggiata e bruciata.
CASA TRENTI, un edificio agricolo dietro a GIUNCHETO, dove vi-
vevano 12 persone della famiglia BUCCHI, fu visitato subito dopo.
Lintera famiglia che era formata da:
5 uomini, il pi vecchio di 68 anni, il pi giovane di 16
5 donne, la pi vecchia di 68 anni e la pi giovane di 18
2 bambini, un maschio e una femmina, di 7 mesi e 4 anni
furono fucilati. La casa fu saccheggiata e incendiata.
Subito dopo venne MOLINO DI BUCCHIO, e qui gli uomini furono
portati via, le donne portate al ponte dove rimasero sotto sorve-
glianza per quasi tutto il giorno. Qui verso le 7,30, BUCCHI Giu-
seppa vide scendere dalla montagna dalla direzione di SERELLI, VA-
DI Giuseppe, un uomo di 73 anni e MICHELACCI Silvio, un uomo
di 71 anni. Erano evidentemente stati mandati dai tedeschi da SE-
RELLI a MOLINO DI BUCCHIO. Portavano dei sacchi che sembrava-
no contenere quello che era stato saccheggiato a SERELLI. Dopo
aver appoggiato a terra i due sacchi vicino al ponte, tornarono in-
dietro, ma incontrarono un gruppo di soldati tedeschi che ferma-
rono i due italiani, li trascinarono in una casa vicina che si chia-
mava MOLINO DI BIANCO. La casa stava bruciando, uno alla volta
furono spinti sotto un balcone e fucilati. Quando i loro corpi fu-
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 57
caccia, bravi!. Sent poi un tedesco dire che due dei comandan-
ti erano stati uccisi a OIA. Sent anche MARSILI che rimproverava
i partigiani. Essi furono caricati su camion e sent MARSILI dire: A
Pratovecchio, allora tutto il gruppo si mosse in quella direzione.
Ho incontrato MARSILI al campo di internamento ed egli nega la
maggior parte delle accuse mosse dalla donna; egli nega di essere
andato a PRATOVECCHIO o addirittura di essersi mosso in quella
direzione con il gruppo.
Le informazioni successive su questo gruppo ci vengono da DET-
TI EMMA quando, verso le 17,30 di quello stesso giorno, vide un
gruppo di soldati tedeschi che entravano a CASALINO. Lufficiale
al comando era il comandante dellunit di cui abbiamo riferito in
precedenza e responsabile delluccisione dei 3 uomini della fami-
glia SPIGHI. Disse di avere avuto una giornata molto pesante, ma
che era stata proficua, perch avevano preso 18 ribelli. Quando
gli chiese che ne era stato di loro, la risposta fu: Due sono stati
uccisi e gli altri portati a FIRENZE. Verso le 18,00 un camion si
ferm davanti alla casa di CHECCACCI GUIDO, due attendenti te-
deschi uscirono e tornarono con un ragazzo italiano di circa 17 an-
ni. Lunica informazione, che CHECCACCI pu darci di questo ita-
liano let approssimativa e che gli disse di venire dalla provin-
cia di ANCONA. Appena il ragazzo sal, il camion si mosse. Al ra-
gazzo fu dato cibo e vino e dissero che era troppo giovane per es-
sere ucciso. Poco dopo usc e nessuno in grado di dare notizie
da quel momento in poi.
Verso le 22 di quel giorno, BARTOLINI ISOLINA, che vive a 50 me-
tri dal cimitero di STIA, fu svegliata dal rumore di spari che sem-
bravano venire dal cimitero. Descrive gli spari come colpi regola-
ri ad intervalli di due o tre secondi, ma non sa dire quanti furono.
Verso le 6,30 di marted 18 aprile 44, and nella cucina del labo-
ratorio dei tedeschi che era di fronte alla sua casa e dove lavorava
ogni giorno. Un soldato tedesco le disse che 17 partigiani erano
stati uccisi alla CONSUMA, ma lei non gli credette. Poco dopo, tor-
n a casa e dal giardino sul retro guard in direzione del cimite-
ro. Vide ai piedi del muro un mucchio di corpi. Dopo poco and
al cimitero e si ferm al cancello, ma ebbe paura e non entr. Po-
co dopo vide il PROPOSTO DI STIA e insieme andarono lungo il sen-
tiero del cimitero, verso il muro dove aveva visto i cadaveri. Qui
vide i corpi di 17 giovani italiani, erano tutti vestiti in abiti civili
ed erano stati colpiti in faccia.
Il proposto di STIA protest con il ten. EGGER, comandante della
74 PAOLO PAOLETTI
corpi fatta da don PAOLO DETTI mostra che questi 4 prima di es-
sere fucilati erano stati picchiati mortalmente alla testa. Tre di lo-
ro erano nudi.
Gli altri 3 furono recuperati e sepolti da don UBALDO BATINI, par-
roco di LONNANO. Anche questi erano stati fucilati. Uno di loro
fu identificato perch il padre di questi si rec dal sacerdote pri-
ma che cominciasse linchiesta. Port via i documenti di identit
che erano stati trovati sul corpo e il prete non pu dire altro se
non che luomo veniva da FORL. Non esistono altre testimonian-
ze su queste morti.
Durante il corso della mia inchiesta ho preso varie foto che mo-
strano i danni causati dal fuoco appiccato dai soldati tedeschi del-
la Divisione Hermann Gring. Altre foto riprendono i luoghi
dove avvennero i fatti e che sono importanti per questa inchiesta.
Il resto delle foto possono servire a dare unidea del tipo di pae-
saggio dove i crimini vennero commessi. Queste foto, con le altre,
compaiono nellappendice C.
Sergente J. Baxendale
Distaccamento 78a Sezione della S.I.B.
sco gli and vicino e lo colp alla testa, poich si stava riposando.
Il paese di Vallucciole fu completamente distrutto dal fuoco.
Due case, La Capanna e Canonica, nelle vicinanze di Vallucciole
furono distrutte. Un uomo di Canonica, di 63 anni, fu ucciso do-
po aver trasportato le munizioni. Una donna, di 42 anni, venne fe-
rita e mor in ospedale.
A MONTE DI GIANNI, 23 persone uomini, donne e bambini furo-
no massacrati.
Tre donne di 59, 48 e 27 anni furono costrette ad avvicinarsi ad
una casa incendiata, rifiutarono di entrare e furono uccise alli-
stante. Un uomo di 66 anni, esausto per avere trasportato le mu-
nizioni, fu costretto ad appoggiare il carico a terra e ucciso im-
mediatamente da un soldato. I rimanenti 19 erano sette uomini fra
i 78 ed i 45 anni, nove donne fra gli 82 ed i 27 anni e 7 bambini
fra i 14 ed i 2 anni. Il paese fu completamente distrutto.
Contemporaneamente altri soldati tedeschi distruggevano due pic-
coli villaggi, MOIANO DI SOPRA e MOIANO DI SOTTO.
Nel primo una ragazza di 17 anni fu portata in una stalla e vio-
lentata da 4 o 5 soldati.
Due uomini, uno di 73 anni e laltro di 76, vennero fatti uscire di
casa e uccisi a sangue freddo. Un altro tedesco entr in una casa
pi lontana e ordin ad un uomo di uscire. Luomo non cap lor-
dine e venne ucciso sul colpo. La madre della vittima si mise a gri-
dare e fu uccisa dallo stesso soldato.
La madre della ragazza violentata nella stalla fu portata con le al-
tre donne lungo un sentiero; disperata per ci che poteva acca-
dere a sua figlia offr se stessa e tutto quello che aveva di valore
perch le permettessero di andare da sua figlia. I tedeschi prese-
ro tutti i valori ma rifiutarono di esaudire la sua richiesta, a que-
sto punto essa cadde in terra presa da un attacco isterico. Un te-
desco immediatamente le spar due colpi e la uccise allistante.
Le altre donne furono testimoni del fatto e dopo furono spinte
avanti. I loro racconti sono molto diversi luno dallaltro e que-
sto perch sicuramente alcune vennero violentate ma non vo-
gliono ammettere il fatto. Alcune donne sfuggirono ai loro guar-
diani e si misero a correre disperatamente gi per il sentiero. Fu-
rono inseguite dai proiettili e una bambina di 11 anni venne uc-
cisa mentre unaltra donna di 37 anni fu gravemente ferita. Gia-
ceva sulla strada e unaltra donna corse a soccorrerla ma un te-
desco le spar, ma riusc a fuggire. Quasi sicuramente il soldato
si avvicin alla donna ferita, le strapp il vestito da cima a fondo
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 79
STRAGE DI VALLUCCIOLE
se: Non mi avete dato il vino e non lo avete dato ai miei amici.
Ora sono morti, voi morirete stanotte. Mia sorella ed io fummo
obbligate a salire su un autocarro, che portava i corpi dei due te-
deschi uccisi dai partigiani e tutte le nostre cose di valore. An-
dammo a STIA e il veicolo si ferm davanti alle scuole, dove cera
il Quartier Generale della guarnigione tedesca a STIA. Tutti gli og-
getti di valore furono scaricati. Mia sorella ed io, insieme ai due
cadaveri, fummo portate a BORGO ALLA COLLINA ed andammo in
una casa dove cera il Comando tedesco. Ci portarono in una stan-
za dove passammo la notte. La mattina seguente fummo portate
con lo stesso autocarro, che ancora conteneva i due corpi, a FI-
RENZE.
Fummo portate in VIA BOLOGNESE, dove il veicolo si ferm ad una
grande villa8. Un soldato tedesco ci scort dentro e lautocarro se
ne and. Ci fece entrare in una stanza dove cera un uomo in abi-
ti civili, seduto ad una scrivania. La nostra scorta gli dette una let-
tera e gli parl a lungo in tedesco. Non so descrivere questuomo.
Poco dopo il soldato se ne and ed un ufficiale entr nella stan-
za. Anche lui parl in tedesco al civile ed anche lui se ne and. Il
civile cominci attraverso linterprete a pormi una serie di do-
mande. Eccole qui di seguito:
d) Quando andata a casa? r) A Pasqua.
d) Cosa accaduto a Molino di Bucchio? r) Raccontai il fatto.
d) Conosce qualche partigiano? r) No.
d) Potrebbe riconoscere i partigiani che hanno ucciso i tedeschi?
r) No.
Non mi fece altre domande e ci disse che eravamo libere.
Mia sorella rimase a FIRENZE. Io andai a Molino di Bucchio. Ar-
rivai a Stia il sabato mattina, a piedi. Fui interrogata dal Brigadie-
re dei Carabinieri BIAMI. Mi disse che lo faceva per ordine dei fa-
scisti. I Carabinieri furono estremamente disponibili. Da l andai
al Comune di STIA dove fui interrogata da MARTELLUCCI, com-
missario del prefetto. Gli dissi tutto. Non disse niente ma mi la-
sci libera di andare a casa. Rimasi a STIA a casa di mio cugino e
venni a sapere che mia madre PANTIFERI MARIA NELLA era stata
po vicino dove cerano altri tedeschi. Uno dei due italiani dovet-
te togliersi gli stivali, poi entrambi furono mandati verso una sie-
pe e improvvisamente si sentirono molti colpi e i due italiani cad-
dero uno da un lato della siepe e laltro dal lato opposto.
Uno dei tedeschi del gruppo venne da noi e ci disse: il mio uffi-
ciale ed il mio camerata sono stati uccisi. Io dissi: Noi siamo in-
nocenti. Allora mi disse di andare a casa e quando arrivai la tro-
vai in fiamme.
Io con altre due donne andammo in un fosso; erano circa le 13,00
e ci sembr un luogo sicuro: mentre eravamo l vedevamo molti
tedeschi che andavano su e gi.
Verso le 19,00 vidi un soldato tedesco in cima ad una collina che
puntava la mitragliatrice su un fosso vicino ma non vedevo che co-
sa ci fosse dentro. Cominci improvvisamente a sparare, poi smi-
se. Lo sentii gridare: Ancora e ricominci a sparare. Pensai che
sparasse ad alcuni italiani perch avevo visto gi dei soldati tede-
schi che sparavano in quella direzione. Noi rimanemmo tutta la
notte nel fosso e tutto sembrava tranquillo.
La mattina presto di venerd 14 aprile, avevamo molto freddo e
decidemmo di andare a casa Trenti per bere qualcosa di caldo, ma
quando vedemmo che anche quella casa stava bruciando, noi tor-
nammo indietro. Andai a casa mia con lintenzione di prendere dei
vestiti che avevo nascosto nella stalla il giorno precedente, ma non
cerano pi. Cerano i lenzuoli.
Andai allora alla siepe dove avevo visto cadere TALENTI e GAR-
GIANI. Li trovai entrambi morti. Gargiani era stato colpito alla te-
sta ma non vidi dove era stato colpito TALENTI. Pensai a mio ma-
rito che non era tornato ed andai dove avevo visto il tedesco spa-
rare il giorno precedente verso le 19. Trovai 4 corpi erano, TRA-
PANI PASQUALE, DARIO, ITALIANO e GIULIO. Tre erano con la fac-
cia in gi e uno sul fianco. Non vidi dove erano stati colpiti. Guar-
dai nelle altre fosse intorno, nel vano tentativo di ritrovare mio
marito, e, mentre facevo questo, vidi arrivare lambulanza da STIA.
Davanti veniva un autocarro tedesco pieno di soldati, mi impau-
rii e insieme ad altre due donne andai in una grotta e rimanem-
mo nascoste fino alla domenica sera. Sentimmo che cera molto
movimento di veicoli, ma dal posto dove eravamo non si vedeva
niente.
Verso le 17,00 della domenica si sentirono dei colpi e vidi gli uo-
mini della Misericordia di Stia; volevano portarci via a STIA. Quan-
do fui sulla strada, vidi un autocarro e, vicino, alcuni uomini, fra
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 89
I partigiani avevano ucciso due soldati tedeschi vicino alla mia ca-
sa marted 11 aprile 44 e, in conseguenza di ci, io e la mia fami-
glia decidemmo di non dormire a casa quella notte per timore di
rappresaglie. Io e mia madre dormimmo a casa di ANGIOLINO, un
contadino, mentre mio padre ADOLFO e mia sorella ANITA dor-
mirono da unaltra parte. Alle 7 del giorno dopo andai a trovare
mia sorella e vidi che i corpi dei tedeschi non erano stati rimossi;
con mia madre e mia sorella andammo a casa nostra. Eravamo
molto impaurite e quindi decidemmo di non rimanerci molto e tor-
nammo dove avevamo dormito la notte precedente. Verso le 11,00
vidi che la casa di mia zia stava bruciando. Mia sorella disse: De-
vo andare a vedere cosa accaduto e si incammin verso la casa
in fiamme. Io la seguii a breve distanza. Quando raggiunse la stra-
da, mia sorella fu presa dai tedeschi che erano in paese. Uno dei
soldati, che era stato presente il giorno precedente alluccisione dei
due tedeschi ma che era riuscito a fuggire, la riconobbe. Parlava
bene italiano e disse: Noi ci conosciamo, penso che tu sia impli-
cata nella morte dei miei camerati. Morirai stanotte. Fu messa su
un autocarro, che aveva a bordo anche i corpi dei due tedeschi, e
portata via. Tornai da mia madre e le dissi cosa era successo, le dis-
si anche che la casa da entrambe i lati stava bruciando. Alle 12,00
i tedeschi lasciarono il paese e noi andammo a casa con lidea di
mettere in salvo le cose di valore. Quella notte dormimmo di nuo-
vo da ANGIOLINO ed anche mio padre dorm l.
Alle 5,30 della mattina seguente sentimmo mezzi di trasporto te-
deschi e soldati nei pressi del paese. Mio padre disse: meglio
che me ne vada, cos i tedeschi non vi faranno del male. Mentre
usciva gli spararono dietro ma riusc ad evitarli. Poco dopo dei sol-
dati tedeschi entrarono in casa e ci ordinarono di uscire. For-
mammo un gruppo e per un attimo pensai che ci avrebbero spa-
rato, invece ci fecero allontanare e ANGIOLINO, che era con noi,
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 93
varmi sul ponte che vicino a questa casa in compagnia di una ra-
gazza, Bruna Goretti, e vidi che i due stavano parlando con Ani-
ta Pantiferi. Ci avvicinammo a loro fino a poter sentire cosa dice-
vano. Sentii un uomo dire ad Anita: Siamo aviatori inglesi e sia-
mo stati abbattuti sul Falterona. Luomo chiese del vino e Anita
gli disse che cera una rivendita di vino a Vallucciole. Ma rispose-
ro che a Vallucciole erano tutti partigiani. Cominciai a sospettare
che fossero tedeschi, perch portavano stivali tedeschi. Anita dis-
se: Se volete del vino, ve lo do ma prima mi dovete far vedere i
documenti. Senza rispondere i due si girarono e andarono verso
la macchina. Poco dopo la macchina si mise in moto andando in
direzione del ponte. Lo attraversarono e andarono verso la casa
dei Pantiferi che al di l del fiume. La macchina si ferm e noi
due si pass il ponte. Due scesero dalla macchina e chiesero ad
Anita una bottiglia dacqua per il radiatore della macchina. Lei an-
d a prendere lacqua e lui la vers nel radiatore. Poi torn a chie-
dere del vino. Anita torn in casa a chiedere a sua madre il vino
ma lei rifiut dicendo: No, non do vino a gente che non cono-
sco. Dopo di ci tutte e tre entrammo in casa. Io stavo vicino al-
la finestra e guardavo fuori quando vidi tre partigiani correre at-
traverso il ponte. Tutti e tre portavano dei mitra. Poi ricordo di
averli visti vicino alla macchina, puntando le armi sui due che era-
no fuori della macchina e su quello che era dentro. Non potevo
vedere i due fuori della macchina ma posso dire cosa fecero i par-
tigiani. Dissero di alzare le mani. Un partigiano pi vicino alla
macchina guard il bigliettino bianco che io avevo notato sul para-
brezza. Girandosi verso i due uomini il partigiano grid: Siete te-
deschi. Appena sentii quelle parole scappai dalla finestra e men-
tre facevo questo sentii due scariche di mitra. Capii immediata-
mente che i partigiani avevano sparato.
Dopo circa un quarto dora lasciai la casa dei Pantiferi in compa-
gnia delle due mie amiche e di altre due donne. Guardai la mac-
china e notai che era stata girata e aveva il muso in direzione del-
la strada da cui erano venuti. Tra la macchina e la strada vidi un
uomo. Era quello che aveva parlato con Anita, e che prima tene-
va la cartina geografica in mano. Era gravemente ferito e chiede-
va acqua. Io ero troppo spaventata, cos io e Bruna Goretti cor-
remmo a casa. Quella sera mio fratello, Bucchi Santino, ed io scap-
pammo a casa di mio zio, Giuseppe Trenti, che sta a Moiano di
Sopra. La mattina successiva vedemmo camion tedeschi in pros-
simit del ponte a Molino di Bucchio dove quegli uomini erano
96 PAOLO PAOLETTI
stati uccisi. Vidi molti tedeschi intorno a loro. Poco tempo dopo
vidi del fumo salire dalla casa dei Pantiferi. La sera torn tutto
tranquillo.
La mattina del 13 aprile vennero molti tedeschi a Molino di Buc-
chio. Vidi due tedeschi venire verso casa mia. Ci dissero che tut-
ta la famiglia doveva uscire fuori di casa. Tutte le donne furono
messe in fila di fronte ad un muro, io ero con loro. Gli uomini fu-
rono presi per portare munizioni. Per un po fummo lasciate sole
e mio fratello ed io scappammo oltre il monte in una localit chia-
mata Casa. L ci abita la famiglia Nuzzi. Rimasi l per 8 giorni...
Quando tornai a Molino di Bucchio vidi che la mia casa non era
stata bruciata ma saccheggiata.
Firmato Bucchi Dina
Molino di Bucchio, venerd 22 dicembre 1944.
stai con forza ricordandogli ancora una volta i diritti dei condan-
nati a morte, della assoluzione e benedizione.
Afferm la sua innocenza e disse: Io non ho niente a che fare con
tutto ci. Ho sentito gli spari la notte scorsa. Solo stamattina so-
no stato informato.
I corpi furono disposti in fila e li ispezionammo per trovare i do-
cumenti didentificazione ma non ne trovammo nessuno. Due di
loro non erano italiani. Erano alti e biondi. Pensai che sembrava-
no inglesi.
Furono sepolti tutti in una fossa comune e il Comandante ci rac-
comand prudenza nelle onoranze funebri perch la divisione
Hermann Gring era ancora nella zona.
Ho visto la foto che mi ha mostrato il Sergente BAXENDALE del
S.I.B.. Era la foto dei 17 corpi dei partigiani cos come li ho visti
la prima volta e la posso con sicurezza identificare.
Non ho altro da aggiungere.
Questa dichiarazione stata riletta e la trovo consona e corretta,
appongo la mia firma.
Firmato Vennetti Oliviero
Questa dichiarazione stata fatta in italiano e la firma riconosciuta
da EMMA DETTI, interprete, alla presenza del Sergente Baxendale
della 78a Sezione, S.I.B, gioved 30 Novembre 44.
ciso [si veda sotto lepisodio raccontato dal capo manipolo Veco-
li, N.d.A.]
Questo incidente tenne i partigiani lontano dai paesi intorno a
Vallucciole, per un po di tempo, bench fossero sempre presenti
nelle foreste e sui monti che circondavano la valle.
Nel mese di marzo 44, Pallini Fausto mi disse che, sia lui che suo
figlio Fortunato, erano stati trattenuti dai partigiani che avevano
preso i loro valori.
Il 9 aprile seppi che 20 partigiani erano presenti nel paese di Val-
lucciole. Andai a Vallucciole e vidi un manifesto affisso fuori della
chiesa che informava la popolazione che 5 partigiani erano stati uc-
cisi e si chiedeva che la parrocchia li aiutasse (i partigiani) ad otte-
nere vendetta per queste morti. Questi manifesti erano ancora vi-
sibili quando la divisione Hermann Gring entr a Vallucciole.
La mattina di mercoled 12 Aprile, seppi della morte di 2 tedeschi
come risultato di uno scontro con i partigiani.
Verso le 4,00 del gioved 13 aprile 44, mi svegliai per andare a Por-
ciano. Allora mi accorsi del movimento di veicoli. Fra quel mo-
mento e le 5,00, i veicoli passarono regolarmente. Da quel mo-
mento sentii anche il rumore di spari che provenivano dai paesi vi-
cini. Decisi di non andare a Porciano ma di rimanere e di occuparmi
delle persone che erano in casa mia e che avevano molta paura. Ver-
so le 7,00, una donna anziana e due giovani vennero a casa mia e
io detti loro rifugio; per tutto il tempo sentii sparare. Durante il
giorno la mia casa fu visitata molte volte dai soldati tedeschi, che
perquisivano e portavano via tutto ci che potesse essere di valo-
re. Erano armati e sapevo che era inutile interferire. Verso le 16,00
di quel giorno, vidi due ragazze e un ragazzo che scendevano per
un sentiero che porta alle loro case sullaltro versante della valle.
Improvvisamente sentii il fischio di proiettili che proveniva da Ca-
se Nuove. Vidi gli spruzzi di terra sollevati dalle pallottole quando
colpivano il terreno vicino alle ragazze e al ragazzo che correvano
qua e l per evitare i colpi. Raggiunsero la casa apparentemente sal-
vi anche se dopo seppi che il ragazzo era stato ferito.
Passai una notte insonne e bench gli altri di casa fossero andati
a dormire, io non potei riposare.
La mattina seguente feci tutto quello che potevo per la gente nel-
le immediate vicinanze di casa. Mandai anche un biglietto allar-
ciprete di Stia chiedendogli di intercedere presso il comando te-
desco. Verso le 9,00 una macchina tedesca si ferm a casa mia.
Un tedesco scese e mi dette un foglio dicendo: Questo viene dal
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 105
vedere che cosa accadeva. Vidi molti soldati tedeschi e mezzi bel-
lici, alcuni si stavano gi movendo verso PAPIANO e VALLUCCIOLE,
altri erano riuniti e pronti a partire. Notai che tutti quanti erano
in assetto di guerra. Dopo questo, credo che la maggior parte dei
veicoli rimanesse in montagna; pochi altri sembravano muoversi
dentro e fuori di STIA.
Il giorno dopo, poco dopo le 12,00, mi riunii con gli altri uomini
di STIA, in VIA Roma, sotto la direzione del Proposto di STIA.
Eravamo circa 25, inclusi alcuni Carabinieri e la Misericordia. La
nostra missione consisteva nel dare aiuto alla gente di VALLUC-
CIOLE, recuperare e seppellire i morti.
Prima ci fermammo a GIUNCHETO, dove trovai che la casa e gli al-
tri annessi erano stati quasi completamente distrutti dal fuoco. Dal
lato opposto della strada, in un campo a sinistra della casa, tro-
vammo sparsi 18 corpi. Tutti erano stati colpiti da proiettili. Dal-
la posizione dei corpi (tutti giacevano con i piedi in direzione del-
la strada) si pu supporre che siano stati colpiti mentre cercava-
no di scappare. Ricordo che un corpo aveva 21 ferite di proietti-
li. Gli uomini erano stati tutti colpiti alla schiena.
Mettemmo i morti sul carro e li portammo al cimitero di SANTA
MARIA, dove li lasciammo. Tornammo a GIUNCHETO e senza fer-
marci andammo a MOLINO DI BUCCHIO.
Qui in una casa chiamata MOLINO DI BIANCO, vidi i corpi di due
uomini; la casa era stata bruciata, i cadaveri giacevano appena fuo-
ri e i loro arti erano bruciati. Entrambi erano stati colpiti al petto.
A poca distanza, sulla strada che porta a SERELLI, vidi i corpi di
due donne. Non vidi dove erano state colpite, ma i corpi erano ab-
bracciati.
A breve distanza da queste trovai altri due corpi, di un vecchio e
di un ragazzo di circa 16 anni, entrambi colpiti alla schiena. Il
braccio e la gamba destra del vecchio erano ancora legati da una
fune, le mani e la faccia erano spellati e pensai che lo avessero tra-
scinato sul terreno. Non ci permisero di andare pi lontano, cos
raccogliemmo i corpi che avevamo trovato e li portammo a SAN-
TA MARIA. Sotterrammo qui tutti quelli che avevamo trovato quel
giorno. Penso che fossero 24 in tutto. Poi tornammo a STIA.
Il sabato successivo non tornai a VALLUCCIOLE. Notai che la mag-
gior parte dei veicoli, che erano parcheggiati in Piazza Vittorio
Emanuele, lasciarono la piazza ed andarono in direzione di PRA-
TOVECCHIO. Cominciarono a muoversi molto presto, prima che
sorgesse il sole.
110 PAOLO PAOLETTI
10 Contro il muro del cimitero di Stia furono fucilati, il 17 aprile 1944, 17 gio-
vani partigiani. Appartenevano alla prima delle tre brigate che inquadravano i cir-
ca mille partigiani romagnoli e provenivano dalla zona delle Balze dove avevano
attuato importanti azioni volte al recupero darmi destinate a 500 partigiani anco-
ra disarmati. Il 6 aprile 1944, linizio del rastrellamento tedesco e fascista imped
loro di raggiungere le Marche e uscire dallaccerchiamento. La mattina del 7 apri-
le a Calanco dovettero sostenere un lungo combattimento nel corso del quale cad-
dero soldati tedeschi e 5 partigiani. Per rappresaglia i tedeschi incendiarono il vi-
cino paese di Fragheto, uccidendo 30 civili, in gran parte donne e bambini. Dopo
il combattimento, i partigiani si ritirarono verso il Lago di Quarto ed in seguito a
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 111
si vedono nella foto, furono trovati 8 corpi. Non credo che fosse-
ro tutti, altri furono trovati dopo. I corpi che vidi erano tutti bru-
ciati, eccetto quelli di un uomo, di una donna e di un bambino che
erano vicino alluscita e che erano stati squartati.
Sul numero dei garibaldini che corrono sul ponte per andare in-
contro alla macchina ferma appena fuori dal ponte esistono ver-
sioni contrastanti: vanno da tre a cinque. Due occupanti del-
lauto sono fuori dellabitacolo e uno in macchina, dietro al se-
dile dellautista. quello che non parla e non comprende una pa-
rola ditaliano (testimonianza di Reginaldo Bucchi). il coman-
dante della pattuglia che va ad ispezionare in abiti civili il luogo
dove entrer la colonna tedesca che prossimamente rastreller la-
rea a monte. I partigiani si portano davanti alla macchina; guar-
dando il parabrezza si accorgono che c qualcosa di strano e or-
dinano il Mani in alto. Si pu anche pensare che a questo pun-
to i garibaldini abbiano sparato una sventagliata di mitra, infat-
ti Giabbani Gino dichiarava che i finestrini della macchina ap-
parivano rotti dai proiettili, per cui se fosse stato il tedesco a spa-
rare avrebbe mandato in frantumi il parabrezza. Un altro parti-
giano spara col fucile e uccide il sottufficiale tedesco. Il terzo oc-
cupante della vettura riesce a fuggire.
13 N.A, WO 204/ 11497, German Reprisals against Italians for partisan ac-
tivity.
14 Carlo Gentile, Le stragi nazifasciste in Toscana 1943-1945. Guida archivi-
stica alla memoria. Gli archivi tedeschi, Carocci, Roma, 2005, n. 4, p. 88.
LA DOCUMENTAZIONE INGLESE 125
3ISRT, Fondo ANPI Firenze, busta 3, Diario storico del distaccamento Fa-
liero Pucci. Questa velina copiata a mano il 12.12.2008 non stata pi ritrovata
il 14 e 15 gennaio 2009.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 137
A tutti e due. I morti non fanno quel lavoro l... Ma si rimase im-
pressionati da un altro fatto: erano vestiti da inglesi, da prigionie-
ri inglesi con il quadratino rosso sulla gamba, sopra il ginocchio e
sulla spalla4. Si temette di aver ammazzato dei nostri. Per fortuna
io e Gambero si ebbe la stessa ispirazione: si cominci a perqui-
sirli. Venne subito fuori un foglio di carta che non era una velina,
anzi era tosa (?), carta che reggeva lacqua. Inoltre avevano un tes-
serino di riconoscimento verde, ricoperto di pelle, della grandez-
za di un passaporto, con tutti i dati anagrafici, SS, nome, cogno-
me ecc. Dopo un sospiro di sollievo, si comincia a guardare den-
tro la macchina. Cerano tre casse di bombe a mano, a uovo con
una levetta in cima celeste. Ma il bottino pi importantante fu una
cartina che era nella tasca interna di uno. Era forellata, perch era
stata trapassata da un proiettile mentre era piegata. Si vide subito
che era la mappa del rastrellamento, si lesse Panzer, Partisanen,
H.G., le iniziali della Hermann Gring... Si rimase colpiti perch
si era arrivati da poco a Foresta e loro sapevano di gi che ci sera
noi. E dove si sarebbe dovuti andare per incontrarsi con le forma-
zioni di Armando anche l cera scritto Partisanen. Sapevano gi
Siccome dal suo racconto emergeva che i tre o quattro che an-
darono ad ispezionare la macchina al di l del ponte lo fecero sen-
za ordini, gli chiedemmo se erano autorizzati a prendere iniziati-
ve del genere. Ungherelli rispose che se fosse stato presente avreb-
be ordinato loro di non intervenire e ci ripet: Quella sparato-
ria lavremmo volentieri evitata in quel luogo vicino allabitato.
Sulle modalit della sparatoria ripeteva la versione raccon-
tata a Sacconi nel 1975: i tre tedeschi furono lesti a capire di
essere stati scoperti e cominciarono a sparare. Allora chie-
5 Nel libro Quelli della Stella Rossa, cit., p. 167, Ungherelli scriver invece che
la mappa fu ricopiata da Gigi alle 10 del giorno dopo, una volta arrivati al cam-
po base di Foresta.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 139
6 Ivi, p. 164.
140 PAOLO PAOLETTI
re, tutta latmosfera di diffidenza e di paura che questo crea nelle file nemiche, lo
spirito di lotta che queste azioni partigiane esaltano nelle masse nazionali.
9 Renzo Martinelli, I giorni della Chiassa, Poligrafico aretino, Arezzo, 1979,
p. 99.
142 PAOLO PAOLETTI
11 Cos nella versione data a Sacconi, nelle sue memorie Ungherelli scriveva
(op. cit., p. 163): Neppure le persone che si trovavano a bordo dellauto avevano
visto i due partigiani col mulo drigersi dalluscita posteriore del mulino verso il bas-
so bosco.
12 Sacconi, op. cit., p. 210.
144 PAOLO PAOLETTI
Sten e fucili, colpendo uno dei due scesi dallauto e quello che era
rimasto in macchina. Due di essi crivellati di colpi, morirono su-
bito; il terzo, per quanto ferito, si gett nella macchia vicina e no-
nostante che alcuni partigiani si slanciassero al suo inseguimento,
seguendo le tracce di sangue, non riuscirono a trovarlo, forse per-
ch egli riusc a salire su un automezzo di passaggio. Infatti le trac-
ce di sangue, sulla strada, cessavano improvvisamente.
Sullauto non cera, e non cera mai stata nessuna donna. Se i par-
tigiani erano rimasti sorpresi da quella fulminea sparatoria, ancor
pi lo rimasero di fronte ai due morti... I partigiani, perplessi e
preoccupati, cominciarono a perquisire quei due corpi inerti. Nel-
le tasche dei giubbotti trovarono dei mazzetti di am-lire. Fu
quella la prima volta che vedemmo quelle monete, fatte stampare
dagli anglo-americani nelle zone del sud Italia, gi liberate. Nella
macchina trovammo tre grosse casse di bombe a mano che occu-
pavano molto spazio e impedivano la presenza a bordo a pi di 3
persone. Se eravamo rimasti un po sorpresi da quella sparatoria
che avremmo volentieri evitato in quel luogo vicino allabitato,
fummo ancor pi stupefatti di fronte ai due morti. Erano questi
due atletici giovanotti, biondi, vestiti come due ex-prigionieri in-
glesi o americani, forse per dare limpressione di essere fuggiti a
seguito degli avvenimenti dell8 settembre 1943 dai campi di pri-
gionia. I pantaloni, i giubbotti e le camicie erano del tutto simili a
quelli degli alleati ex prigionieri di guerra. I nostri compagni Pi-
pone, Cecco e Bob un po perplessi e preoccupati, cominciarono
a perquisire quei due corpi inerti. Mio Dio, disse Milano Ci sia-
mo uccisi tra noi. Erano degli Alleati. Ma che Alleati di-
cemmo Gambero e io, mettendoci a perquisire con molta atten-
zione i due defunti; nelle tasche posteriori dei pantaloni trovam-
mo due piccole tessere di riconoscimento individuali, con foto-
grafie corrispondenti ad ognuno di essi. Questi risultavano essere
148 PAOLO PAOLETTI
17 Le discordanza sono state minime: nel 1995 parl di 3 partigiani che cor-
sero verso la macchina, mentre nel 1945 parl di 4. I suoi chiarimenti sulla di-
namica dellattacco partigiano a Molino di Bucchio, le sue descrizioni dei luoghi
e dei fatti sono stati molto utili agli inquirenti inglesi e a noi.
150 PAOLO PAOLETTI
per requisire del grano alla famiglia Pallini. Dunque quel gior-
no sarebbe stato pi opportuno tenere un profilo basso, ov-
vero evitare di dover affrontare situazioni a rischio o che pote-
vano degenerare in scontri a fuoco. Inoltre, per quanto raccon-
ta proprio Ungherelli, le ultime notizie raccolte da Bob erano
che la macchina portava una donna incinta.
3) Se gli occupanti dellauto sembrava stessero aspettando
qualcuno, non sarebbe stato meglio intervenire al momento in
cui fosse arrivata anche laltra persona? Implicitamente Unghe-
relli ammette che lattacco avviene nel momento sbagliato.
4) Quando Ungherelli dichiara che voleva imporre loro
[agli estranei, N.d.A.] il silenzio su quanto avevano visto, in
contraddizione con se stesso, perch lui stesso ad ammettere
che i due scesi dallauto non si erano accorti del mulo carico di
sacchi di farina. I due avevano semplicemente parlato con due
o pi ragazze (che lui non nota) e avevano disteso una carta. So-
prattutto non erano entrati nel mulino e Bob torna dal mulino
dicendo che in macchina c una donna incinta. In sostanza lat-
tacco avviene per un timore infondato e per il desiderio di con-
trollare il territorio.
5) Se i partigiani vanno allattacco perch vogliono imporre
il silenzio agli occupanti dellauto significa che non li ritengono
dei signori italiani con una donna che abbisognava di una oste-
trica. evidente che non prendono neppure in considerazio-
ne che possa trattarsi di tedeschi o di fascisti. Perch sarebbe sta-
to difficile imporre il silenzio ad un fascista se lo si lasciava li-
bero. Dunque quando i garibaldini vanno allattacco pensano
che si tratti di civili italiani. Ma quanti civili potevano avere
unauto cos lussuosa e che cosa ci facevano l? E se a Molino di
Bucchio finiva la strada, cosa ci veniva a fare unauto con una
donna con le doglie? S, tutto questo doveva destare dei sospetti.
Ma siccome queste potenziali spie non avevano visto assoluta-
mente niente, sarebbe stato pi opportuno lasciarle andar via
piuttosto che fermarle.
6) Anche la tattica di attacco dei partigiani, anche se rivolta
a bloccare dei civili sospetti, molto ingenua: affrontano lauto
da un solo lato. vero che la macchina pu fuggire solo in una
direzione, quella da cui vengono i partigiani, ma questo costi-
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 153
Non molto importante stabilire chi spar per primo, visto che
la corsa dei garibaldini verso la macchina degli ignari tedeschi
gi stabiliva chi fu ad attaccare ma bene chiarire un punto che
stato sfruttato dalla vulgata per far passare i partigiani come
vittime di unaggressione armata o comunque di una reazione
che non si poteva evitare.
Secondo noi, i partigiani spararono per primi, perch se fos-
sero stati i tedeschi ad aprire il fuoco, come dice Ungherelli
con una pistola mitragliatrice, sarebbe stato davvero strano
che soldati ben addestrati non riuscissero a centrare alcuno dei
quattro partigiani che gli stavano di fronte. Inoltre la testimone
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 155
Dina Bucchi dice di aver sentito raffiche di mitra e non gli spa-
ri della rivoltella come invece afferma Anita Pantiferi, che di-
chiarava nel gennaio 1945: luomo seduto dietro inizi a spa-
rare con una rivoltella attraverso il parabrezza. Anche Tito Pan-
tiferi conferma la versione di Anita, ma lui era ancora pi lon-
tano, stava lavorando in un campo e, nonostante ci riusciva
a vedere chi spar per primo e not il partigiano che con uno
scarto fulmineo... riusciva a schivare i colpi: Sentii degli spari
che mi sembravano provenienti dallinterno della macchina. Il
partigiano che aveva gridato schiv i colpi e un altro partigiano
apr il fuoco sulla macchina e sui due uomini che erano fuori dal-
la macchina. Non c un racconto della nostra letteratura resi-
stenziale in cui i partigiani non siano veloci come saette e i te-
deschi sempre presi alla sprovvista18.
In una recente testimonianza Dilva Pantiferi, che in quel
momento si trovava a Stia, dichiarava: I partigiani correvano
con le schiene curve e le teste basse, le armi alla mano, avanza-
vano zitti, coperti dai casottini che si frapponevano tra loro e
lautomezzo rendendoli invisibili ai tre tedeschi, fino a quando
non gli comparvero davanti con i mitra spianati e le pistole pun-
tate, aprendo il fuoco19. In questa ricostruzione quello che non
torna non tanto il fatto che i due morirono immediatamen-
te, quando sappiamo invece che almeno uno rimase ferito, ma
che il terzo tedesco riuscisse a scappare se gli comparvero da-
vanti con i mitra spianati. Inoltre Gino Giabbani, lunico che
descrive laspetto esteriore dellauto, parla solo di finestrini20 in
frantumi, non di parabrezza, attraverso il quale sarebbero pas-
sati i colpi di pistola, di cui parla Anita Pantiferi. In ogni caso
la testimonianza di Anita era annullata da quella di Ines Bucchi
che dichiarava nel 1945: Sentii che i partigiani gridavano: Sie-
te tedeschi. Poi aprirono il fuoco e vidi luomo seduto [in mac-
18 Rutilio Trenti, che in quel momento era a lavorare a Serelli, con lo pseu-
donimo di Filippo Nibbi, La strage. La memoria della strage di Vallucciole nel rac-
conto di un contadino, Litostampa SantAgnese, Arezzo, 1977 scriveva: Un tede-
sco tir fuori la pistola ma un partigiano che aveva il mitra, tir una raffica....
19 In Casentino 2000, Fruska Ed., n. 173, aprile 2008.
20 Windows finestrini, windscreen parabrezza.
156 PAOLO PAOLETTI
solo sulla riva sinistra visto che sulla sponda destra cera il bo-
sco ma i partigiani persero troppo tempo a ripassare il ponte e
quando arrivarono al mulino forse il fuggitivo era gi scompar-
so alla vista.
Un altro particolare poco credibile del racconto di Unghe-
relli che il tedesco sia stato portato a Stia da una macchina di
passaggio. Quante potevano essere le macchine in transito per
una strada senza sfondo? Il traffico automobilistico era inesi-
stente su quella strada sterrata e senza sbocco.
Se i garibaldini non volevano ripercorrere la sua via di fuga,
gettarsi tra i rovi e avventurarsi nellinseguimento di una perso-
na armata nel bosco, avrebbe dovuto pensare di nascondersi al
margine dellunica strada che portava a Stia e aspettare che il
fuggitivo uscisse dal bosco. Se i partigiani videro le tracce di
sangue sulla strada, come fece il ferito a correre nel bosco pi
veloce dei garibaldini e ad arrivare per primo sulla via per Stia?
Delia Pantiferi ha sempre affermato di essere andata a casa sua
dopo gli spari e di non aver visto nessun partigiano25, il che fa-
rebbe pensare che tutti si erano lanciati allinseguimento del
fuggiasco, come tanti segugi. La testimonianza di Anita Panti-
feri del 1945 ci dice che il fuggiasco fu inseguito per circa 20 mi-
nuti (Venti minuti dopo i partigiani tornarono...).
Sicuramente i comandanti garibaldini, come i loro gregari,
non pensarono di usar la macchina per bloccare la strada per Stia.
Infatti il venditore ambulante, Livio Natalini, poi riveler di aver
incontrato uno per strada che gli domand dovera Stia26: evi-
dente che era il tedesco! Questa testimonianza ci fornisce due
altri particolari; 1) Livio non si accorse neppure che il suo in-
25 Delia Pantiferi non rammenta i partigiani n nel 1944 n nel 1993 e in una
nostra intervista del 6.12.2008 ha ribadito di non aver visto nessun partigiano dopo
la sparatoria, tant vero che commentava: Ci lasciarono i morti... e nelle peste.
26 Livio Natalini, che diventer il marito di Delia Pantiferi, le raccont di es-
sere andato col suo cavallo a Molino di Bucchio e, dopo aver visto quello che era
successo, di esser subito tornato a Stia senza salire a Serelli. In questo tragitto di
andata a ritorno Natalini non vide partigiani ma solo uno che gli chiese la dire-
zione di Stia. Dallintervista a Delia Pantiferi del 6.12.2008. La notizia era gi sta-
ta pubblicata in Vessichelli, op. cit., p. 76.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 161
27
National Archives, Kew, WO 204 11497.
28
Anche in questo caso la teste vide e sent sparare e presunse che fosse sta-
to sparato alluomo a terra.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 163
glio: Quello che gnavevo dato lacqua lo presero qui, casc al-
lindietro... e mor...e rimase ferito, poi nel settembre: Uno dei
tedeschi chiamava aiuto... di quelle paure... aiuto, aiuto... quan-
do dopo arriv il comandante eh vide e gli tir una rivortellata
che mor... quando io un sentii pi qui lamento per me fu come...
una liberazione!29. Altri particolari li avemmo dalla stessa Anita
Pantiferi nel dicembre 1995: Ho ancora nelle orecchie i lamen-
ti ossessivi del giovane biondo, col maglione bianco, colpito sul-
la punta del mento, chiedeva acqua e il sangue gli gorgogliava dal-
la ferita nella gola... poi il rumore dello sparo che mise fine al ge-
mito del ferito. Se non bastasse, nel 1996, Sirio Ungherelli regi-
strava questa frase davanti al nostro microfono: I due erano in
terra e gli zampillava il sangue dalla bocca in un modo che non
lo fanno i morti. Siccome sapevamo che uno era in macchina e
laltro a terra gli chiedemmo: A uno o a tutti e due?. Rispose:
A tutti e due. Al termine dellintervista lo riportammo sul rin-
venimento dei corpi e gli dicemmo che se il sangue zampillava si-
gnificava che il cuore batteva e che quindi non erano morti. A que-
sto punto mi fece spengere il registratore e ammise: Sono stato
io. Per metter fine alle sofferenze del giovane biondo, lo colpi con
un colpo di grazia. Siccome Tito Pantiferi diceva chiaramente che
fu sparato ad un solo ferito (Un altro disse: Diamogli il colpo
di grazia; sollev il fucile e spar due colpi alluomo che giace-
va a terra), pu essere che quando Ungherelli pass per inseguire
il fuggiasco vide due feriti e che quando torn il sottotenente
Heinz Domeyer era gi morto. Non sapremo mai se i feriti finiti
con il colpo di grazia furono uno o due.
30 Per quanto le dichiarazioni dei testi del 1944 affermino che un ferito era a
terra e laltro in macchina, se corrispondesse al vero la dichiarazione di Ungherel-
li che parla di due feriti, i fatti potrebbero essersi svolti cos: quando Ungherelli
arriv sul luogo dello scontro vidi due feriti e quando ritorn dallinseguimento al
fuggiasco, dopo una ventina di minuti, trov un solo ferito, quello a terra, in quan-
to il cuore della persona in macchina, il sottotenente Domeyer, aveva gi cessato
di pulsare ed era morto. Il cuore della persona a terra resse per pi tempo, perch
Anita Pantiferi e Ines Bucchi sentirono che chiedeva acqua e che si lamentava. A
quel punto Ungherelli lo fece fuori con due colpi al cuore.
31 La lista dei caduti si trova alla Deutsche Dienststelle: DD (WASt), Fall-
schirm-Panzer-Aufklrungs-Abteilung Hermann Gring, Namentliche Verlust-
meldung Nr. 48.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 165
41 Viste le cariche che ricopr allinterno dellANPI fino alla sua morte, anche
il partito comunista e gli ex partigiani pensarono che Ungherelli andasse premia-
to per i suoi meriti acquisiti in passato, soprattutto quello di aver rimediato aller-
rore del comandante toscano della Brigata Garibaldi, Luigi Gaiani (si veda 1.4).
42 Contini in Le memorie della Repubblica, cit., p. 203.
174 PAOLO PAOLETTI
48 Oltre a Ungherelli, Ugo Jona, op. cit., p. 31: I Partigiani avvertiti gli abi-
tanti del pericolo e consigliati a mettersi in salvo....
49 Sono 75 le persone interrogate dalla commissione dinchiesta britannica
mentre le interviste di Paola Calamndrei e Francesca Cappelletto sono 12, con una
media di 2-3 intervistati a seduta.
50 Dallintervista di Paola Calamandrei a Anita Pantiferi del settembre 1993,
audioregistrazione inedita in possesso della provincia di Arezzo.
178 PAOLO PAOLETTI
64 Ivi, p. 167.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 185
Sirio Ungherelli non ha mai detto che sulle mappe tedesche ce-
ra scritto anche la data dinizio del rastrellamento. Ma era il suo
comandante Ugo Corsi che, come abbiamo visto nel paragrafo
4.18, tradiva il suo silenzio: i garibaldini sapevano che il ra-
strellamento sarebbe iniziato il 13 aprile.
Perch allora i garibaldini gestirono la notizia come un segreto
militare? In effetti lo era ed era anche della massima importan-
za, ma quel segreto doveva in primi luogo servire a salvare tutti
quelli che ne sarebbero stati coinvolti, non solo i garibaldini ma
la popolazione e gli altri partigiani. La realt dei fatti dimostra che
quel segreto militare mai divulgato salv tutti i distaccamenti ga-
ribaldini e condann la popolazione e gli altri partigiani.
A questo punto merita chiedersi perch i garibaldini della
squadra di Gambero e Gianni non fecero quello che a men-
te fredda dissero al proprio comandante di aver fatto? Perch,
non rivelarono a nessuno come salvarsi?
Sono le testimonianze dei superstiti di Serelli, Vallucciole,
Moiano di Sopra e di Sotto e Monte di Gianni ad accusare i ga-
ribaldini di essere fuggiti senza avere avvisato la popolazione
che incontravano via via che si ritiravano verso il loro campo ba-
se. Bisogna ricordare che i garibaldini fecero sicuramente la mu-
lattiera che passava per Serelli, Vallucciole, Monte di Gianni: da
Molino di Bucchio non cerano altri sentieri per salire sul Fal-
terona. Sarebbe bastato bussare ad una porta di Serelli e dire
Abbiamo ucciso due tedeschi a Molino di Bucchio, ci sar una
rappresaglia e gioved un rastrellamento, sappiamo che i tede-
schi passeranno di qui, se a Molino di Bucchio attraversate lAr-
no siete al sicuro. Avvertite pi gente che potete. Noi ci ferme-
remo solo a Vallucciole e Monte di Gianni. Quei 10-15 minu-
ti che i garibaldini avrebbero perso fermandosi a Serelli-Valluc-
ciole-Monte di Gianni e facendo una deviazione per Moiano,
avrebbero salvato decine di vite innocenti. Perch i garibaldini
tirarono di lungo davanti a quelle case che sapevano sarebbero
state investite dal rastrellamento tedesco?
Questa corsa dimostra che i partigiani erano pienamente co-
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 191
76 Ungherelli, ibidem.
77 Nessun partigiano della zona ebbe questo nome di battaglia. Ma nella 5a
Compagnia della formazione Licio Nencetti, dove pi numerosi erano gli abi-
tanti del comune di Stia, esisteva un comandante di plotone di Pratovecchio, Vit-
torio Tellini, chiamato Lupo. facile pensare che i due nomi di battaglia corri-
spondono alla stessa persona. Ci ci stato confermato da don Bergamaschi.
204 PAOLO PAOLETTI
78 Si pensi alle grosse stragi come Cefalonia (circa 4000 fucilati) o Marzabot-
to. Nel primo rapporto tedesco su Marzabotto si diceva che ci furono 718 Feind-
tote, davon 497 Banditen und 221 Bandenhelfer (718 nemici uccisi, di cui 497
banditi e 221 ausiliari dei ribelli, mentre in un successivo rapporto da parte del-
lufficiale Ic della Divisione le perdite totali della parte avversaria furono calcola-
te in circa 800 morti per i partigiani. Nel 1995 il Comitato per le onoranze alle vit-
time nella sua quarta edizione riveduta e ampliata (Marzabotto. Quanti, chi e do-
ve) stabiliva che erano morte 770 persone tra il 29 settembre e il 5 ottobre.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I GARIBALDINI 205
5 Sacconi, op. cit., p. 71. Si trova anche in Vessichelli, op. cit., p. 58.
6 Intervista di Paola Calamandrei a Corrado Marchi del settembre 1993, au-
dioregistrazione inedita in possesso della provincia di Arezzo.
7 Intervista di Paola Calamandrei a Mario Cappelletti dellottobre 1993, au-
dioregistrazione inedita in possesso della provincia di Arezzo.
214 PAOLO PAOLETTI
Anche per questa strage la vulgata vuole che leccidio sia stato
programmato. Un rastrellamento che andava dalla Romagna al-
la Toscana non poteva che essere pianificato, scontato. Quin-
di sicuramente si tratt di un attacco preordinato e studiato
da tempo. Abbiamo anche visto che la rappresaglia contro
Molino di Bucchio si era concretizzata con lincendio di alcu-
ne case. Quello che contestiamo, invece, che luccisione dei
due tedeschi a Molino di Bucchio, la presenza della pattuglia
partigiana a Partina, siano soltanto coincidenze. Gli eccidi sa-
rebbero stati compiuti comunque11. Chi ha parlato e scritto
12 Gentile poi ripete nel libro La politica del massacro (cit., p. 221) che mol-
to probabile che siano state proprio la II e la IV compagnia che avevano subito le
perdite a Molino di Bucchio a compiere le operazioni.
13 NAW, T 312, Armee Abt. von Zangen, roll 1640.
218 PAOLO PAOLETTI
44 Silvana Visotti Ristori dichiarava nel luglio 1993: Quelle belle ragazze che
stavano l a Monte di Gianni... aveon certe belle trecce... glielaveon tagliate e glie-
laveon messe gi sotto... ma guardate lo strazio??!!.
45 Si pu immginare che allora della strage a Vallucciole verso le 7,30 ce-
ra luce allesterno ma se le persiane della camera erano rimaste chiuse era buio den-
tro le stanze e forse chi cercava di nascondersi ne approfitt. In casa si usava il car-
buro e verosimilmente i tedeschi non perquisivano le case con il lume a petrolio
in mano.
242 PAOLO PAOLETTI
46 Nel libro di Sacconi (op. cit., p. 73) leggiamo: ...Giunti a Giuncheto il te-
desco si guard intorno e visto che i suoi superiori non lo controllavano mi dette
uno spintone e mi costrinse a fuggire.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I TEDESCHI 243
zi di chi la voleva salvare. Certo non tutti i civili che si sono sal-
vati hanno trovato un soldato tedesco buono, coraggioso e
umano, la maggior parte si salv in altro modo51.
51 In altri casi non ci furono soldati buoni ma per esempio preti sagaci. In
una relazione mandata a don Formelli e conservata presso lArchivio Arcivescovi-
le di Fiesole si legge: Come dimenticare il prete prudente e coraggioso che scel-
se di far buon viso alloccupazione della propria casa parrocchiale e sfrutt saga-
cemente lamore per il vino dei tedeschi, per carpire loro notizie e riferirle ai par-
tigiani, convincendo questi ultimi a non compiere azioni sconsiderate visto che lo
status quo garantiva loro un modesto ma continuo rifornimento di munizioni, sot-
tratte nottetempo dal parroco e la conoscenza in anticipo delle mosse dei nazifa-
scisti, dunque la salvezza di altre formazioni partigiane. Don Giuseppe Tozzetti sal-
v la vita a tre suoi parrocchiani, giovani partigiani, solo grazie ai buoni rapporti
che era riuscito ad instaurare con un suo ospite, un capitano cattolico, che nel mo-
mento del bisogno si rivel generoso e magnanimo quale ufficiale del tribunale mi-
litare tedesco. giusto considerare che questi ufficiali che uscivano fuori dal cli-
ch del rigido soldato tedesco occupante fossero casi isolati e soprattutto che i sol-
dati che presidiavano il Casentino erano ben diversi da quelli che effettuarono il
rastrellamento nei giorni successivi alla Pasqua. Anche quando don Mattesini (op.
cit., p. 29) ricorda i fatti successi a Soci fa riferimento allufficiale di stanza nel suo
paese: Soci sfuggito per miracolo. Il capitano dellesercito Tambosi, coman-
dante a Soci, ha impedito che quei forsennati mettessero il paese a ferro e fuoco.
A fatica perch queste formazioni di SS sono indipendenti dallesercito. Poco do-
po lo stesso prete spiegava che Tambosi era il cognome di un ufficiale tedesco. Ov-
viamente le SS erano gli uomini della Hermann Gring.
VI
5 Ibidem.
6 Curina, op. cit., p. 96.
7 Vessichelli, op. cit., p. 80.
8 Mattesini, op. cit., p. 27.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I FASCISTI 251
10
Martinelli, op. cit., p. 77.
11
Ci riferiamo a Cefalonia. Si veda il nostro libro Cefalonia 1943: una verit
inimmaginabile, Franco Angeli, Milano, 2007.
12 Contini, La memoria divisa, cit.
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I FASCISTI 253
17 http://www.stm.unipi.it:81/stmstragi/episodio.php?episodio=Vallucciole
256 PAOLO PAOLETTI
no, mitragliare... gi, gi.... Risulta dal deposto degli impiegati co-
munali Rimbotti, Ricci, Gappetti che il Giabbani in quella sera fu
da loro lasciato in ufficio quando se ne andarono alle 18,30 e che
la distanza fra Stia e Giuncheto di circa km 6, su strada percor-
ribile in automobile. Per ammettere quindi la presenza del Giab-
bani alle 19 a Giuncheto, occorrerebbe che costui subito dopo la
partenza degli impiegati avesse avuto a disposizione un mezzo per
portarsi a Giuncheto, dopo aver deposto labito civile e indossata
la divisa tedesca. Non basta. Sappiamo che i mitragliati di Giun-
cheto erano stati catturati la mattina dai tedeschi e portati sul Fal-
terona e che poi si erano fatti discendere a Giuncheto ove, poco
dopo il loro arrivo, si consum leccidio. Il Giabbani quindi avreb-
be dovuto essere informato dal Comando tedesco, della localit
dove si intendeva procedere alla strage, dellora in cui la si sareb-
be dovuta effettuare e occorreva inoltre che detto comando aves-
se subordinato i suoi movimenti al volere del Giabbani e avesse
lasciato a lui la direzione di questa fase della rappresaglia. Ma per
la conoscenza che purtroppo noi italiani abbiamo fatto dei tede-
schi, sufficiente affacciare una simile ipotesi per scartarla sen-
zaltro. E per affermare quindi che il Vadi caduto in un grosso
equivoco. Ma si potrebbe obiettare che di fronte al reciso ricono-
scimento del Vadi queste induzioni non reggono. Si oppone in
contrario che vi sono ben altri elementi che ne dimostrano invece
lassoluta fondatezza.
Gambineri Alfredo e Seri Sesto anchessi scampati alla strage, non
videro il Giabbani unito ai tedeschi di Giuncheto. Trenti Rutilio,
anchesso scampato alla strage, che si trovava a brevissima distan-
za dal Vadi, 3 o 4 metri al massimo, not due vestiti da tedesco
che si preparavano a sparare, imbracciando i mitra ma pure aven-
doli ben osservati al punto di poter affermare che non erano tra
coloro che li avevano scortati al Falterona e poi a Giuncheto, non
riconobbe in essi il Giabbani. Costui spiega anche che quando al
Giabbani che gli chiedeva come erano andate le cose, aveva ri-
sposto Lei lo sa Segretario com andata, altro non aveva inte-
so dire che Giabbani, quale segretario del comune era edotto de-
gli avvenimenti, escludendo recisamente di aver alluso ad una sua
partecipazione ai fatti. Infine, altro scampato, Trenti Sante, an-
chesso vicinissimo al Vadi, non intese i due che iniziarono il mi-
tragliamento fare il discorso dal Vadi riferito, ma intese solo uno
di essi dire allaltro Tutti Kaputt!. Appena sentite tali parole si
dette alla fuga e con lui il Vadi. Aggiunge anche che uno dei due
ANATOMIA DI UNA STRAGE: I FASCISTI 259
1957 e del generale Sacconi del 1975 dedicano poche pagine al-
leccidio.
Neppure la scoperta del lungo rapporto tedesco sul rastrel-
lamento indirizzato al comando del LXXV Corpo, da noi tra-
dotto e pubblicato sulla rivista Il Ponte5 nel 1986, servito a
riportare lattenzione su questa strage.
Lo storico tedesco Lutz Klinkhammer scriveva nel 1993:
sorprendente che le conseguenze di questa azione di rastrella-
mento, come pure la distruzione delle localit [Molino di Buc-
chio, Serelli, Vallucciole ecc., N.d.A.], siano state a malapena ri-
cordate nella minuziosa raccolta di fonti, provenienti da archi-
vi italiani, tedeschi ed inglesi, curata da un gruppo di storici del-
la provincia di Arezzo6. Infatti in Fonti per la storia della Resi-
stenza aretina, un dattiloscritto del 19877, si trova ben poco su
Vallucciole. Anche Ivan Tognarini lamentava nel 2002 che il li-
mite del convegno del 1987 fu proprio quello di non aver po-
tuto affrontare in maniera esauriente lanalisi dei singoli e vari
casi di eccidi8. Nel 1990 Giovanni Verni dedicava poco spazio
a questa strage9.
Scriveva Carlo Gentile, consulente della regione Toscana:
Manca a tuttoggi una ricostruzione non soltanto delle ampie
operazioni antipartigiane intorno al Monte Falterona, ma anche
soltanto delle principali stragi. Diversa la situazione per quanto
riguarda lAppennino modenese e reggiano10.
27 Il tenente Leopold von Buch del battaglione esplorante dichiarava agli in-
glesi: Alcune unit di genieri della divisione stavano effettuando certi lavori nel-
la palude nellarea pistoiese, quando vennero uccisi dal fuoco di mitragliatori e
fucili. Al Comando della divisione fu decisa una riunione urgente... Chiunque fos-
se stato visto aggirarsi nellarea doveva essere ucciso e le propriet distrutte.
Paolo Paoletti, La strage del 23 agosto 1944. Unanalisi comparata delle fonti an-
gloamericane e tedesche sulleccidio nel Padule di Fucecchio, Edizioni FM, s.l.,
1994, pp. 119-120.
UNA STRAGE SCOMODA 281
34 Non un caso se nel suo saggio non vengano rammentati gli eccidi di San-
tAnna di Stazzema, Bardine-San Terenzo-Valla, Pedescala e su Guardistallo dica
solo che i partigiani superstiti sono reticenti a parlare.
35 Contini in Fulvetti, op. cit.
36 Ibidem.
UNA STRAGE SCOMODA 287
and sul monte Giovi, chi sul Pratomagno, chi attravers lAr-
no per andare verso le ultime propaggini del Chianti e vedere la
strage di altri innocenti a Pian dAlbero. Altri tornarono a casa.
Il Falterona non fu pi terra di banditi fino alla definiti-
va ritirata tedesca del settembre 1944.
Per questo a Dino Bracciali, marito di Pierina Michelacci,
che aveva perso il padre, due sorelle e la nonna paterna Maria
Trenti3, dava fastidio: Pi che altro il 25 di aprile... invece di
fare la ricorrenza delleccidio e dire una messa e via... si appro-
fittava della festa della liberazione, venivan su con le bandiere...
feste partigiane... Non avevano bisogno di tante feste, ma di lut-
to.... Pierina Michelacci spiegava: Alle commemorazioni uno
pensa a tante cose, ma non pensa ai partigiani o a altre cose...
senzaltro avranno fatto anche la liberazione... per me no!4.
14 Delia e Dilva Pantiferi sono vive e ricordano date e giorni della settimana.
15 Vessichelli, Era primavera anche a Vallucciole nellanno 1944, cit., p. 103.
16 Ivi, p. 160.
UNA STRAGE MANIPOLATA 293
17 ISRT, Fondo ANPI Firenze, Diario Storico del distaccamento Faliero Puc-
ci, busta 3.
294 PAOLO PAOLETTI
21 Un altro Bob era Severino Germanesi, nato a Borgo San Lorenzo nel
1927, ma appartenente al distaccamento Checcucci.
22 Ugo Corsi nel 1979 aveva detto che nella squadra scesa a Molino di Buc-
chio cerano due sardi: potrebbero essere Cecco e Milano.
23 Nel 1985 in un libro finanziato dal comune di Vicchio Come pesci nellac-
qua si scopriva che Pipone era il nome di battaglia di Ottavio Grifoni. Nel mag-
gio 1976 la biblioteca del comune di Vicchio raccolse la testimonianza del Grifo-
ni nellopuscolo Ricordi di un antifascista 1921-1948 ma il garibaldino non faceva
alcun cenno allepisodio di Molino di Bucchio e al rastrellamento sul Falterona.
Pipone dopo lattentato a Togliatti venne arrestato per blocco stradale e do-
po quattro mesi di carcere venne assolto per insufficienza di prove. Subito dopo
venne condannato per laggressione insieme ad altri compagni ad un fascista. Nel
1958 fu condannato al risarcimento di 8 milioni di lire al suddetto fascista. In Pi
in l: ventitr partigiani sulla lotta nel Mugello, a cura del Circolo La Comune del
Mugello e del Centro di documentazione di Firenze, La Pietra, Milano, 1976, si
trova che Cecco era il nome di battaglia di Olinto Ceccuti ma questi si dichia-
rava commissario politico del distaccamento Checcucci, quindi estraneo ai fat-
ti di Molino di Bucchio.
296 PAOLO PAOLETTI
24 Possiamo citare lesperienza della ricerca sul secondo sparatore del filoso-
fo Giovanni Gentile. La memorialistica e la storiografia concordavano sul fatto che
i due sparatori erano entrambi morti: Bruno Fanciullacci, suicida, nel 1944 e Pao-
lo nel 1945. Poi un gappista ci disse in segreto che Paolo, ovvero Giuseppe Mar-
tini, non era morto ma si trovava ricoverato in una struttura sanitaria per malati di
lunga degenza.. Lo trovammo dopo una breve ricerca negli ospedali fiorentini e
dopo molte attese infruttuose riuscimmo a parlarci. Dopo molti colloqui dove lu-
nico argomento non toccato era lassassinio Gentile un giorno Martini confess da-
vanti a sua figlia, pi sorpresa di noi, che anche lui aveva sparato. Cos potemmo
chiudere il nostro lavoro su Il delitto Gentile: esecutori e mandanti, cit.
UNA STRAGE MANIPOLATA 297
36 Delia raccontava a Vessichelli (op. cit., p. 69) che quello che rimaneva sem-
pre in macchina faceva finta di leggere il giornale ma teneva nascosto il mitra sot-
to. Ci verosimile ma sarebbe stato scomodo impugnare il mitra e trovarsi so-
pra il volante. Viene cos confermata la versione di Reginaldo Bucchi che lo trova
cadavere dietro al posto di guida.
37 Ivi, p. 145.
UNA STRAGE MANIPOLATA 303
Il coro della retorica viene da lontano. La tesi del 1975 del ge-
nerale Sacconi era che luccisione dei due tedeschi a Molino di
Bucchio, la presenza della pattuglia partigiana a Partina, sono
47 Gli obiettivi di opportunit erano, come dice la parola, quei bersagli che
si colpivano in condizioni favorevoli, quindi a discrezione dei piloti. Si veda Mar-
co Patricelli, LItalia sotto le bombe, Editori Laterza, Roma, 2007.
48 I numeri di ogni guerra sono sempre approssimativi. La cosiddetta guerra
nazista ai civili comport luccisione di un numero di persone che va da 9.000 a
12.000. Le cifre ufficiali sui morti nei bombardamenti aerei variano da circa 45.000
a circa 50.000. Circa un terzo rispetto alle vittime del terrorismo aereo alleato su
Amburgo. In guerra tutto relativo.
306 PAOLO PAOLETTI
53 Toni Rovatti, ivi, p. 348. Nel suo libro SantAnna: storia e memoria della
strage dellagosto 1944, con prefazione di Giovanni Contini Bonacossi, Roma, De-
riveApprodi, 2004 scriveva: La comunit rivolge verso i partigiani operanti nella
zona allepoca dei fatti laccusa di aver determinato la reazione contro il paese.
una accusa del tutto infondata dal punto di vista storico, ma espressione della
disperazione di chi, dopo aver visto massacrata davanti agli occhi la propria fami-
glia e dopo aver perso il senso della propria vita nellarco di poche ore in una gior-
nata di sole come altre, non riesce a darsi pace e ha bisogno di riversare la sua rab-
bia su qualcuno in carne e ossa. Laccusa contro i partigiani potr essere anche
del tutto infondata dal punto di vista storico ma non presenta quelle anoma-
lie che lui stesso ammette nella propria ricostruzione.
54 LOKW fece una serie di manuali antiguerriglia. Si veda Politi, Le dottrine
tedesche di controguerriglia 1936-1944, cit.
55 La sentenza ammetteva che: La squadra proveniente dalla Foce di Far-
nocchia giunse in localit Sennari dove, secondo quanto riferito dal vicecommissa-
rio Vito MAJORCA, sembrava che stessero seguendo pi o meno lo stesso schema di
azione, infatti avevano gi incendiato le case e piazzato tutte le persone davanti al-
la mitragliatrice, quando lintervento di un ufficiale evit il massacro. Giuseppe
Bertelli nel suo memoriale acquisito dal tribunale affermava che il diverso com-
portamento tenuto nelle frazioni pi lontane da S. Anna (Argentiera di Sotto e di
Sopra, casa Moriconi, Bambini e Sennari) denoterebbe un cambio di atteggiamen-
to: fino alle 8.30 ci sarebbe stato soltanto lincendio delle case ed il rastrellamento
delle persone, inviate verso Val di Castello o alla Vaccareccia, mentre, dopo il feri-
UNA STRAGE MANIPOLATA 309
61 Ibidem.
62 Ivi, p. 117.
63 Ivi, p. 76.
316 PAOLO PAOLETTI
64
Ivi, p.80.
65
Si veda Claudio Biscarini, Pratovecchio bei Empoli 1944, July 23: un ag-
giornamento, in Bullettino Storico Empolese, vol. XV, 2004-2007, pp. 132-133.
UNA STRAGE MANIPOLATA 317
della strage. Poich gli inquirenti inglesi nel 1944 non avevano
trovato alcun garibaldino, la traduzione degli atti della com-
missione dinchiesta britannica, edita dal Comune di Stia nel
2007, non presentava rischi di svelare lantefatto del mancato av-
viso garibaldino alla popolazione. Lunico che aveva letto il Sac-
coni, in quanto lo citava in bibliografia, era il Vessichelli. Il li-
bro, edito nel 2006 dalla Regione Toscana, era allineato sulla te-
si della guerra ai civili ed evitava accuratamente di citare i ga-
ribaldini. I ribelli o i partigiani apparivano solo nei documenti
che riporta, mai nel testo!
Cos se oggi si chiede a Delia e a Dilva Pantiferi, le uniche
superstiti della strage, se mai in casa loro hanno sentito dire che
i partigiani avevano avvisato del rastrellamento che ci sarebbe
stato il 13 aprile, tutte e due rispondono di no. Si pu dire che
i superstiti di Vallucciole sono stati due volte vittime, della per-
dita dei propri cari e del silenzio che stato creato dalla socie-
t (amministrazioni locali, partiti, storici ecc.). Dal momento
che questo silenzio faceva comodo a tutti, destra e sinistra, si
negato agli anziani il diritto alla verit.
messi dal suo reparto, n tanto meno che essi abbiano potuto in-
fluire sulla sua carriera. Esistono, vero, documenti relativi ad un
procedimento disciplinare a suo carico del 1943 in Germania, ma
riguarda una mancanza di natura del tutto privata.
Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 5
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
Appendice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 331
Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 337