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FAMES GLEICK se Una goccia d’acqua che si spande nell'acqua, le fluttuazioni delle po- polazioni animali, la linea frastaglia- ta della costa, i ritmi della fibrillazio- ne cardiaca, l’evoluzione delle con- dizioni meteorologiche (ma anche la forma delle nubi), la Grande Mac- chia Rossa di Giove, gli errori dei computer, le oscillazioni dei prezzi... Sono fenomeni apparentemente as- sai diversi, che possono suscitare la curiosita di un bambino o impegna- re per anni uno studioso, con un so- Jo tratto in comune: per la scienza tradizionale, appartengono al regno dell'informe, dell'imprevedibile, del- Tirregolare. In una parola, al «caos». Ma da due decenni, scienziati di di- verse discipline stanno scoprendo che dietro il «caos» (spesso anche 1a dove l'irregolarita veniva attribuita a un errore nell’esperimento, e quindi ignorata) c’é in realta un ordine na- scosto, che da origine a fenomeni estremamente complessi a partire da regole molto semplici. James Gleick racconta la nascita e 'evolu- zione di questa rivoluzionaria «scienza del caos» seguendone or- ganicamente le tappe attraverso i ri- tratti vivi e ricchi di simpatia dei suoi protagonisti: matematici eccen- trici come Benoit Mandelbrot, me- teorologi al computer come Edward Lorenz, ricercatori anticonformisti come Robert Shaw. Si delinea cos) un panorama chiaro e vivace di que- sta nuova frontiera della scienza, che riveste una enorme importanza per la molteplicita delle sue applica- zioni pratiche. E in questo percorso appassionante e preciso, ricco di sti- moli sorprendenti, Gleick riesce so- prattutto a suggerire un diverso mo- do di osservare il mondo. JAMES GLEICK, nato a New York nel 1954 e laureato a Harvard, ha avuto con questo libro un successo mon- diale, come conferma la sua tradu- zione in diciotto lingue. E noto al pubblico italiano anche per la bio- grafia di Richard Feynman, Genio (Garzanti, 1994). Copertina: progetto grafico di Roberto de Vieq de Cumptich Foto dellautore: Nancy Buirsky ISBN 88-383-1704-6 >>. James Gleick Caos Traduzione di Libero Sosio Sansoni Editore Proprieta letteraria riservata © James Gleick, 1987 First published in 1987 by Viking Penguin Inc., New York © 1989 RCS Rizzoli Libri S.p.A., Milano © 1996 R.C.S. Libri & Grandi Opere S.p.A., Milano ISBN 88-383-1704-6 Titolo originale: cHaos Prima edizione nella collana Saggi Rizzoli: maggio 1989 Prima edizione nella Biblioteca Scientifica Sansoni: aprile 1996 Caos A Cynthia Umana era la musica, naturale era la statica... Joun Uppike PROLOGO La polizia della cittadina di Los Alamos, nel New Mexico, fu messa per qualche tempo in allarme, nel 1974, dalla notizia di un uomo che qualcuno aveva visto aggirarsi furtivamente nel buio, una notte dopo I’altra, la lucina rossa della sua sigaretta oscillante nell’ombra delle strade pid solitarie.! Camminava per ore, apparentemente senza meta, sotto la luce delle stelle che oc- chieggiavano attraverso I’aria sottile delle mesas. I poliziotti non furono gli unici a porsi domande. Al National Laboratory alcu- ni fisici avevano appreso che il loro nuovo collega stava facendo esperimenti su giornate di ventisei ore: cid comportava che le sue ore di veglia stavano lentamente spostandosi rispetto alle lo- ro, tornando a coincidere solo dopo vari giorni. Questo fatto aveva degli aspetti un po’ strani, persino per la Divisione Teo- Tica. Nei tre decenni trascorsi da quando J. Robert Oppenheimer aveva scelto questo irreale paesaggio del New Mexico per il pro- getto della bomba atomica, il Los Alamos National Laboratory si era allargato su un’estensione di altopiano desolato, popolan- dola di acceleratori di particelle e di laser a gas e di impianti chimici, di migliaia di scienzati e di amministratori e di tecnici, oltre che di una delle massime concentrazioni di supercomputer a livello mondiale. Alcuni fra gli scienziati pid anziani ricorda- vano le costruzioni in legno sorte in gran fretta sulla roccia al- Yorlo dell’altopiano negli anni Quaranta, ma per la maggior parte del personale di Los Alamos — giovani udmini e donne che indossavano pantaloni di fustagno stile college e camicie da lavoro — i padri della bomba non erano altro che fantasmi del passato. Il centro del pensiero nella sua espressione pid pura, al Laboratory, era la Divisione Teorica, nota come divisione T, esattamente come i computer erano la divisione C e le armi la divisione X. Pid di cento fra matematici e fisici lavoravano nella divisione T, ben pagati e liberi da pressioni accademiche riguar- 7 do a didattica e pubblicazioni. Questi scienziati avevano fami- liarita con un pensiero brillante e talvolta eccentrico. Difficil- mente si sorprendevano per qualcosa. Mitchell Feigenbaum, pero, era un caso insolito. Aveva pub- blicato soltanto un articolo, e non stava lavorando su nulla che sembrasse promettere qualcosa di particolarmente interessante. I suoi capelli erano una criniera incolta, gettata all’indietro dal- la fronte spaziosa, nello stile dei busti dei compositori tedeschi Il suo sguardo era mobile e intenso. Quando parlava, sempre con rapidita, tendeva a lasciar cadere articoli e pronomi in uno stile vagamente mitteleuropeo, anche se era nato a Brooklyn. Quando lavorava, lo faceva in modo ossessivo. Nei periodi in cui non poteva lavorare, camminava e pensava, di giorno o di notte, e la notte era per lui la parte migliore della giornata. La giorna- ta di ventiquattr’ore sembrava gli andasse stretta. Nondimeno il suo esperimento sulla quasi-periodicita personale fini quando egli decise che non poteva pit sopportare di svegliarsi al tramon- to, come doveva accadere ogni pochi giorni. A ventinove anni aveva gia acquisito una cultura scientifica eccezionale ed era diventato di fatto un consulente ad hoc a cui molti scienziati si rivolgevano per esaminare con lui problemi particolarmente ostici, sempre che riuscissero a rintracciarlo. Una sera Feigenbaum arriv6 al lavoro proprio quando il diretto- re del laboratorio, Harold Agnew, stava andandosene. Agnew era una figura potente, uno degli storici apprendisti stregoni di Oppenheimer. Nell’agosto del 1945 si era recato in volo su Hiro- shima con un aereo carico di strumenti che aveva accompagnato lEnola Gay, a fotografare la consegna del primo prodotto del laboratorio. «Capisco che lei é molto intelligente», disse Agnew a Feigen- baum. «Ma se lei é cosi intelligente, perché non risolve il proble- ma della fusione laser?»? Persino gli amici di Feigenbaum si chiedevano se avrebbe mai prodotto qualcosa di suo. Per quanto fosse incline a realiz- zare magie estemporanee in risposta alle loro domande, non sembrava interessato a dedicare ricerche proprie a un qualche problema che ne valesse la pena. Meditava sulla turbolenza nei liquidi e nei gas. Rifletteva sul tempo: scorreva in avanti in mo- do continuo oppure a salti, in modo discreto, come la sequenza di fotogrammi di un film cosmico? Ponderava sulla capacita dell’occhio di vedere colori e forme coerenti in un universo che, come ben sanno gli scienziati, € un mutevole caleidoscopio quantico. Elucubrava sulle nubi, osservandole dai finestrini del- 8 l'aereo (finché, nel 1975, i suoi privilegi per viaggi scientifici fu- rono ufficialmente sospesi per averne egli abusato) o nel corso delle sue camminate sulle colline che dominavano il laboratorio. Nelle cittadine di montagna del West le nubi assomigliano ben poco alle basse foschie scure, dai contorni indefiniti, che ad- densano |’aria nell’Est degli Stati Uniti. A Los Alamos, sottoven- to a una grande caldera vulcanica, le nubi si spandono in cielo, in configurazioni casuali si, ma a volte anche non a caso, rima- nendo immobili in formazioni a punta uniformi 0 arrotolandosi in disegni con solchi regolari come materia cerebrale. In un po- meriggio temporalesco, quando il cielo luccica e trema in attesa dell’esplosione delle scariche elettriche, le nubi sono sospese a quasi cinquanta chilometri di altezza, filtrando la luce e riflet- tendola, finché il cielo intero sembra assumere l’aspetto di uno spettacolo allestito come un sottile rimprovero ai fisici. Le nubi rappresentavano un aspetto della natura che i fisici avevano tra- scurato, un aspetto che era a un tempo vago e dettagliato, strut- turato e imprevedibile. Feigenbaum meditava su cose come que- ste, in modo quieto e improduttivo. Per un fisico la creazione della fusione laser era un problema legittimo; svelare l'enigma dello spin, del colore e del sapore di piccole particelle era un problema legittimo; datare l’origine dell’universo era un proble- ma legittimo. Capire le nubi era un problema di competenza dei meteorologi. Come altri fisici, Feigenbaum usava, nella valuta- zione di tali problemi, un vocabolario gergale. Dire che una cer- ta cosa era owvia significava che poteva essere capita da ogni fisi- co di un certo livello dopo un’appropriata riflessione e i calcoli opportuni. L’espressione «non owvia» veniva usata per indicare ricerche che imponevano rispetto e che potevano condurre al Premio Nobel. Ai problemi piu difficili, i problemi che non si potevano risolvere se non dopo avere scrutato per molto tempo nelle viscere dell’universo, i fisici riservavano parole come pro- fondo. Nel 1974, anche se pochi suoi colleghi lo sapevano, Fei- genbaum stava lavorando su un problema profondo: il caos. Dove comincia il caos si arresta la scienza classica. Finché il mondo ha avuto fisici che investigavano le leggi della natura ha infatti sofferto di una speciale ignoranza sul disordine presente nell’atmosfera, nel mare turbolento, nelle fluttuazioni delle po- polazioni di animali e piante allo stato di natura, nelle oscilla- zioni del cuore e del cervello. L’aspetto irregolare della natura, il suo lato discontinuo e incostante, per la scienza sono stati dei veri rompicapo 0 peggio mostruosita. Ma negli anni Settanta alcuni scienziati, negli Stati Uniti e in Europa, cominciarono a trovare una via per orientarsi nel disor- dine. Erano matematici, fisici, biologi, chimici, tutti alla ricer- ca di connessioni fra diversi tipi di irregolarita. I fisiologi trova- rono un ordine sorprendente nel caos che si sviluppa nel cuore umano, la causa prima della morte improwvisa, inspiegata. Gli ecologi esplorarono l’espansione e il declino di popolazioni di fa- lene. Gli economisti andarono a recuperare vecchi dati sui prez- zi delle merci e tentarono un nuovo tipo di analisi. Le nozioni che ne emersero condussero direttamente nel mondo naturale: la forma delle nubi, la traiettoria del fulmine, l’intreccio micro- scopico di vasi sanguigni, gli ammassi galattici di stelle. Quando Mitchell Feigenbaum comincié a meditare sul caos a Los Alamos, apparteneva a un gruppetto esiguo di scienziati disseminati in tutto il mondo, che neppure si conoscevano fra lo- ro. Un matematico a Berkeley, in California, aveva formato un piccolo gruppo dedito alla creazione di un nuovo studio di «siste- mi dinamici». Un biologo delle popolazioni alla Princeton Uni- versity si accingeva a pubblicare un’appassionata perorazione a tutti gli scienziati perché studiassero il comportamento sorpren- dentemente complesso che si celava in alcuni modelli semplici. Un geometra che lavorava per la IBM cercava una nuova parola per descrivere una famiglia di forme — seghettate, frastagliate, aggrovigliate, spezzate, contorte, rotte — che considerava un principio organizzatore in natura. Un fisico matematico france- se aveva appena avanzato la tesi controversa che la turbolenza nei fluidi potesse avere qualcosa a che fare con un’astrazione bizzarra, infinitamente aggrovigliata, da lui chiamata attrattore strano. Un decennio dopo la parola «caos» é diventata un’espressio- ne concisa per designare un movimento in rapida crescita che sta plasmando ex novo il tessuto dell’ortodossia scientifica. Oggi congressi e riviste sul caos si moltiplicano. Negli Stati Uniti am- ministratori di programmi governativi incaricati di distribuire fondi alla ricerca scientifica per le forze armate, la Central In- telligence Agency e il ministero dell’Energia hanno assegnato somme sempre maggiori alla ricerca sul caos e hanno creato spe- ciali burocrazie per la gestione dei finanziamenti.* In tutte le universita principali e nei centri di ricerca di tutte le maggiori societa commerciali alcuni teorici si dedicano principalmente allo studio del caos, e solo secondariamente alle loro specialita nominali. A Los Alamos fu fondato un Center for Nonlinear Studies per coordinare la ricerca sul caos e su problemi affini: 10 istituzioni simili sono apparse nelle universita in tutto il paese. Il caos ha creato speciali tecniche per l’'uso di computer e speciali tipi di immagini grafiche, figure le quali colgono una struttura fantastica e delicata che sta alla base della complessi- ta. La nuova scienza ha generato un proprio vocabolario, un elegante linguaggio tecnico di frattali e biforcazioni, intermit- tenze e periodicitd, attrattori strani e diffeormofismi piegatz. Questi sono i nuovi elementi del moto, * esattamente come, nea fisica tradizionale, quark e gluoni sono i nuovi elementi della materia. Per alcuni fisici il caos é una scienza di processo anzi- ché di stato, ® di divenire anziché di essere. Ora che la scienza lo sta cercando, pare che il caos sia pre- sente dappertutto. Una colonna ascendente di fumo di sigaretta si rompe in spire irregolari. Un rubinetto gocciolante passa da un ritmo regolare a uno casuale. II caos fa la sua apparizione nel comportamento dei fenomeni meteorologici, in quello di un ae- reo in volo, nei raggruppamenti di automobili su un’autostra- da, ° nelle modalita di flusso del petrolio in oleodotti sotterranei. In qualsiasi campo, il comportamento obbedisce sempre alle stesse leggi scoperte di recente. Questa presa di coscienza ha co- minciato a modificare il modo in cui i dirigenti d’azienda pren- dono decisioni sulle assicurazioni, quello in cui gli astronomi considerano il sistema solare, nonché il modo in cui i teorici par- lano delle tensioni politiche che conducono a un conflitto arma- to.” Il caos valica le linee di demarcazione fra le varie discipline scientifiche. Essendo una scienza concernente la natura globale dei sistemi, ha raccolto pensatori di campi in precedenza al- quanto lontani fra loro. «Quindici anni fa la scienza era avviata verso una crisi di crescente specializzazione», osservo un ufficiale della Marina degli Stati Uniti incaricato dei finanziamenti alla ricerca, rivolgendosi a un pubblico formato da matematici, bio- logi, fisici e medici. «Oggi tale specializzazione si é vistosamente rovesciata in conseguenza del caos».* Il caos pone problemi che sfidano i modi accettati di lavorare nella scienza. Esso avanza te- si forti sul comportamento universale della complessita. I primi teorici del caos, gli scienziati che misero in moto la disciplina, avevano in comune certe forme di sensibilita. Essi avevano un occhio per le strutture, specialmente per strutture che appariva- no nello stesso tempo a scale diverse. Avevano un debole per la casualita e per la complessita, per margini frastagliati e per salti bruschi. I credenti nel caos — che a volte chiamano se stessi cre- denti, o convertiti, o evangelisti — meditano sul determinismo e res sulla liberta del volere, sull’evoluzione, sulla natura dell’intelli- genza cosciente. Essi pensano di stare voltando le spalle a una tendenza diffusa nella scienza: il riduzionismo, |’analisi di siste- mi nei termini delle loro parti componenti: quark, cromosomi 0 neuroni che siano. Essi credono di stare cercando la totalita. I fautori pid appassionati della nuova scienza si spingono ad- dirittura ad affermare che la scienza del XX secolo sara ricorda- ta per tre sole cose: la relativita, la meccanica quantistica e il caos. ° II caos, essi sostengono, é diventato la terza grande rivolu- zione di questo secolo nelle scienze fisiche.!° Come le prime due rivoluzioni, il caos abolisce i dogmi della fisica newtoniana. Co- me si espresse un fisico: «La relativita eliminé l’illusione newto- niana dello spazio e tempo assoluti; la teoria quantistica elimind il sogno newtoniano di un processo di misurazione controllabile; e il caos elimina la fantasia laplaciana della prevedibilita deter- ministica».'! Delle tre, la rivoluzione nel caos si applica all’uni- verso quale lo vediamo e lo tocchiamo, a oggetti alla scala uma- na. L’esperienza quotidiana e le immagini reali del mondo sono diventate oggetti di investigazione legittimi. Per molto tempo si é@ pensato — senza esprimerlo sempre apertamente — che la fisi- ca teorica si sia molto allontanata dall’intuizione umana sul mondo. Non sappiamo se questa convinzione si rivelera un’ere- sia feconda o solo una semplice eresia. Ma fra chi pensa che la fisica stia avviandosi verso un vicolo cieco alcuni guardano ora al caos come a una via per uscirne. Allinterno della fisica stessa, lo studio del caos emerse da una zona di ristagno. L’ortodossia, per la maggior parte del XX secolo, é stata la fisica delle particelle, la quale é andata esplo- rando i mattoni della materia a energie sempre maggiori, a sca- le sempre pit piccole, in intervalli di tempo sempre pia brevi. Dalla fisica delle particelle sono venute teorie sulle forze fonda- mentali della natura e sull’origine dell’universo. Eppure alcuni fisici giovani sono oggi sempre pit insoddisfatti per la direzione assunta dalla pit prestigiosa delle scienze. Si comincia a consi- derare lento il progresso, i nomi assegnati alle nuove particelle sembrano futili, il corpus della teoria disordinato. All’avvento del caos, gli scienziati pid giovani credettero di assistere a un mutamento di direzione per tutta la fisica. Il campo era stato dominato anche troppo a lungo, secondo loro, dalle scintillanti astrazioni delle particelle ad alta energia e della meccanica quantistica. Il cosmologo Stephen Hawking, il quale occupa oggi la cat- tedra che fu gia di Newton all’Universita di Cambridge, parlo 12 per la maggior parte della fisica quando fece l’inventario della sua scienza in una lezione inaugurale del 1980 intitolata Js the End in Sight for Theoretical Physics? [E in vista la fine della fisi- ca teorica?]. !? Noi gia conosciamo le leggi fisiche che governano tutto cid che speri- mentiamo nella vita quotidiana [...]. E un tributo al lungo cammino che abbiamo percorso nella fisica teorica il fatto che oggi si richiedano macchine enormi e una grande quantita di denaro per eseguire un esperimento di cui non possiamo predire i risultati. Hawking riconobbe peré che la comprensione delle leggi della natura nei termini della fisica delle particelle lasciava senza s luzione il problema di come applicare quelle leggi a qualsiasi si stema tranne i pitt semplici. La predicibilita @ una cosa in una camera a nebbia in cui due particelle entrano in collisione fra loro al termine di una corsa nell’anello di un acceleratore. E una cosa totalmente diversa nella pit semplice tinozza di acqua tor- bida, o nella meteorologia umana, o nel cervello umano. La fisica di cui parla Hawking, che rastrella senza difficolta premi Nobel e riesce a procurarsi grandi finanziamenti per gli esperimenti, é stata spesso presentata come una rivoluzione. A volte essa parve sul punto di conquistare quel sacro Graal della scienza che é la Grande teoria unificata, 0 la «teoria di tutto». La fisica ha ricostruito lo sviluppo dell’energia e della materia nel corso dell’intera storia dell’universo tranne i primissimi atti- mi. Ma la fisica delle particelle del dopoguerra fu una rivoluzio- ne? O fu solo il completamento di una struttura gia creata nelle sue linee fondamentali da Einstein, Bohr e gli altri padri della relativita e della meccanica quantistica? Senza dubbio le con- quiste della fisica, dalla bomba atomica al transistor, modifica- rono il paesaggio del XX secolo. Eppure il raggio d’azione della fisica delle particelle parve semmai essersi ristretto. Due genera- zioni erano passate da quando il campo aveva prodotto una nuova idea teorica che ha modificato il modo in cui i non specia- listi comprendono il mondo. La fisica descritta da Hawking riusci a completare la propria missione senza rispondere ad alcune fra le domande pit fonda- mentali sulla natura. Come ha inizio la vita? Che cos’é la turbo- lenza? Soprattutto, in un universo governato dall’entropia, la quale conduce inesorabilmente verso un disordine sempre mag- giore, come ha origine l’ordine? Al tempo stesso, oggetti della vi- ta quotidiana come fluidi e sistemi meccanici vennero a sembra- 13 re cosi basilari e cosi ordinari che i fisici ebbero una tendenza naturale a supporre che fossero ben compresi. Ma non era cosi. Quando la rivoluzione nel caos ha assunto il suo corso, i fisici migliori si sono trovati a tornare senza imbarazzo a fenomeni su scala umana. Essi non studiano solo galassie, ma anche nubi. Eseguono ricerche utili usando non solo computer Cray ma an- che Macintosh. Le principali riviste scientifiche stampano arti- coli sulla strana dinamica di una palla che rimbalza su un tavolo accanto ad articoli sulla fisica quantistica. Oggi vediamo che i sistemi pid semplici creano problemi di prevedibilita estrema- mente difficili. Eppure in quei sistemi si produce spontanea- mente ordine: caos e ordine assieme. Solo un nuovo tipo di scienza poteva accingersi a valicare l’abisso fra la conoscenza del comportamento di una cosa — una molecola d’acqua, una cel- lula del tessuto cardiaco, un neurone — e quello di milioni di al- tre cose simili. Osserviamo due bolle di schiuma che si muovono una accan- to all'altra al piede di una cascata. Possiamo forse congetturare quanto erano vicine fra loro alla cima della cascata? Per quanto concerne la fisica tradizionale, non sarebbe cambiato nulla se Dio avesse preso tutte quelle molecole d’acqua e le avesse mesco- late personalmente. Per tradizione, quando i fisici vedevano ri- sultati complessi, cercavano cause complesse. Quando vedevano un rapporto casuale fra cid che entra in un sistema e cid che ne esce, supponevano di dover integrare il caso in una qualche teo- ria realistica, aggiungendovi artificialmente rumore o errore. Lo studio moderno del caos ebbe inizio con I’affacciarsi gradua- le della consapevolezza, negli anni Sessanta, che equazioni ma- tematiche molto semplici potevano fornire modelli di sistemi violenti come una cascata. Piccole differenze in ingresso poteva- no generare rapidamente grandissime differenze in uscita: un fenomeno a cui é stato assegnato il nome di «dipendenza sensib' le dalle condizioni iniziali». Nella meteorologia, per esempio, questa nozione si traduce in quello che é noto, solo a meta per scherzo, come erimen- to inquietante condotto da un paio di psicologi negli ni Qua- ranta.! Ai soggetti venivano mostrate per un tempo l=evissimo delle carte, una per volta, e si chiedeva loro di dire amali carte avessero visto. Ovviamente c’era un trucco: alcune di q_elle car- te erano truffaldine: per esempio, un sei di picche rosso, 0 una regina di quadri nera. Finché si procedeva rapidamente, i soggetti tiravax> via sen- za problemi. Nulla avrebbe potuto filare via pit liscam. Non si rendevano conto di alcuna anomalia. Se veniva mostramo loro un sei di picche, potevano dire o «sei di cuori» o «sei d che». Quando peré si concedeva loro pid tempo per osservar le carte, cominciavano a esitare. Si rendevano conto che c’era v7 proble- ma, ma non erano del tutto sicuri di quale fosse. U: soggetto poteva dire di aver visto qualcosa di strano, come un basrdo rosso attorno a un Cuore nero. Infine, aumentando ancor piu il tempo disponibil per I’os- servazione delle carte, la maggior parte dei soggetti \apivano. Vedevano le carte sbagliate e compivano il salto menu le neces- sario per rispondere senza errori. Non tutti, perd. Ala ni soffri- vano di un senso di disorientamento che causava loro re e pro- prie sofferenze. «Non riesco a decifrare il seme, qualu—que sia», disse uno. «Questa volta non aveva neppure l’aspetto d una car- ta. Non so che colore ha ora e se € un picche oun cuori Ora non sono neppure sicuro su come é fatto un picche. Dio mie? Gli scienziati di professione, quando vengano cox—essi loro solo brevi e incerti sguardi sul comportamento della na ura, non sono meno soggetti ad angustie e a confusione ogni=olta che vengano a trovarsi faccia a faccia con incongruita. _ l'incon- gruita, quando modifica il modo in cui uno scienziatozguatda le cose, rende possibili i progressi pit importanti. Coi sastiene Kuhn, e cosi conferma la storia del caos. 37 Le nozioni di Kuhn sul modo di lavorare degli scienziati e sul modo in cui si verificano le rivoluzioni scientifiche suscitarono molta ostilita e ammirazione quando egli le pubblicé per la pri- ma volta nel 1962, e quella controversia non @ mai cessata. Kuhn contestd nel modo pit deciso l’opinione tradizionale che la scienza progredisca per semplice accumulo di conoscenza, ogni scoperta aggiungendo qualcosa alla precedente, e che le nuove teorie emergano quando nuovi fatti le richiedono. Mise in crisi la concezione della scienza come processo ordinato consi- stente nel formulare domande e nel trovarne le risposte. Sottoli- ned l’esistenza di un contrasto fra cid che fanno la maggior parte degli scienziati, lavorando su problemi legittimi e ben compresi all’interno delle loro discipline, e il lavoro eccezionale, non orto- dosso, che crea le rivoluzioni. Non per caso, egli fece apparire gli scienziati ben diversi da quei perfetti razionalisti che sarebbe- ro agli occhi di molti. Nello schema di Kuhn, la scienza normale consiste in gran parte in un «lavoro di ripulitura». Gli sperimentalisti eseguono versioni modificate di esperimenti che sono stati eseguiti gia molte volte prima.‘ I teorici aggiungono un mattone qui, siste- mano una cornice la, in un muro di teoria, e difficilmente po- trebbe essere altrimenti. Se tutti gli scienziati dovessero ricomin- ciare dal principio, mettendo in discussione gli assunti fonda- mentali, avrebbero moltissima difficolta a raggiungere quel li- vello di raffinatezza tecnica che si richiede per fare del lavoro utile. Al tempo di Benjamin Franklin, quel pugno di scienziati che cercava di comprendere I’elettricita poteva scegliersi i suoi primi principi, anzi doveva farlo.> Un ricercatore poteva consi- derare I’attrazione l’effetto elettrico pit importante, pensando Yelettricita come una sorta di «effluvio» emanante da sostanze. Un altro poteva pensare l’elettricita come un fluido, trasmesso da materiale conduttivo. Quegli scienziati potevano parlare ai profani quasi con la stessa naturalezza con cui comunicavano fra loro, non avendo ancora raggiunto una fase in cui potessero dare per scontato un linguaggio comune specializzato per i feno- meni che stavano studiando. Per contrasto, uno specialista della fluidodinamica del nostro secolo non potrebbe certo attendersi di poter far progredire la conoscenza nel suo campo senza prima adottare un corpus di terminologia e di tecnica matematica. In cambio, inconsciamente egli concederebbe molto spazio alla messa in discussione dei fondamenti della sua scienza. Nelle idee di Kuhn é centrale la visione della scienza norma- le come risoluzione di problemi, i tipi di problemi che gli stu- 38 denti conoscono la prima volta che aprono i loro libri di testo. Tali problemi definiscono uno stile di soluzione accettato, che guida la maggior parte durante l’universita, quando lavorano alla loro tesi di dottorato e quando scrivono gli articoli per i pe- riodici scientifici che costituiscono la sostanza della carriera ac- cademica. «In condizioni normali lo scienziato ricercatore non é un innovatore ma un risolutore di rompicapo, e i rompicapo su cui concentra la sua attenzione sono solo quelli che egli pensa possano essere sia formulati sia risolti all’interno della tradizione scientifica esistente», scrisse Kuhn. ® Poi ci sono le rivoluzioni. Una nuova scienza ha origine da un’altra che é venuta a trovarsi in un vicolo cieco. Spesso una ri- voluzione ha un carattere interdisciplinare: le sue scoperte cen- trali provengono non di rado da persone che si spingono oltre i normali confini delle loro specialita. 1 problemi che ossessiona- no questi teorici non vengono riconosciuti come linee di ricerca legittime. Certi argomenti proposti per tesi di dottorato non so- no accettati dai professori e taluni articoli presentati per la pub- blicazione vengono rifiutati dalle riviste scientifiche. I teorici stessi non sono certi di saper riconoscere una soluzione se la ve- dessero. Essi accettano il rischio come parte integrante della loro carriera. Alcuni scienziati dal giudizio indipendente che lavora- no da soli, incapaci di spiegare in quale direzione sia indirizzata la loro ricerca, hanno timore persino di dire ai loro colleghi che cosa stanno facendo: questa immagine romantica si trova al cuore dello schema di Kuhn, e si é realizzata ripetutamente nel- la vita reale nell’esplorazione del caos. Gli scienziati che si dedicarono troppo presto allo studio del caos hanno da raccontare una storia di dissuasioni o di aperta ostilita. Gli studenti universitari si sentivano spesso mettere in guardia contro il rischio di compromettere la loro carriera scien- tifica nel caso avessero dato la tesi in una disciplina che non ave- va avuto alcuna verifica, e nella quale i docenti che li seguivano non potevano avere alcuna competenza. Un fisico delle particel- le,” avendo sentito parlare di questa nuova matematica, poté cominciare a baloccarsi con essa, pensando che fosse una bella cosa, una cosa non meno bella che difficile, ma pensd che non avrebbe mai potuto parlarne ai suoi colleghi. I professori pid anziani pensavano di soffrire una sorta di crisi tipica della mezza eta, puntando su una linea di ricerca che molti colleghi avreb- bero probabilmente frainteso, 0 per la quale si sarebbero risenti- ti. Ma sentivano anche uno stimolo intellettuale quale si pud provare solo quando ci si occupa di qualcosa di veramente nuo- 39 vo. Persino fra gli outsider qualcuno se ne rese conto, e special- mente coloro che erano in sintonia con le nuove idee. Per Free- man Dyson, all’Institute for Advanced Study, la nozione del caos arrivo negli anni Settanta «come una scossa elettrica». Altri pensarono di assistere, per la prima volta nella loro vita profes- sionale, a un vero cambiamento di paradigma, a una trasforma- zione nel modo di pensare. I primi a riconoscere il caos si travagliarono sul problema di come presentare le loro idee e le loro scoperte in forma pubbli- cabile. I] loro lavoro si trovava spesso fuori da ambiti disciplina- ri ben precisi: per esempio poteva essere troppo astratto per i fi- sici e nondimeno troppo sperimentale per i matematici. Per al- cuni la difficolta di comunicare le nuove idee, unita alla strenua resistenza da parte dei paladini della tradizione, rivelava quanto fosse rivoluzionaria la nuova scienza. Le idee banali possono es- sere assimilate, mentre quelle che richiedono una riorganizza- zione della propria immagine del mondo suscitano ostilita. Un fisico del Georgia Institute of Technology, Joseph Ford, mi citd in proposito Tolstoj: «

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