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Antonello da Messina, Ritratto d’uomo.

Londra,
National Gallery. (autoritratto)

Premesse

Il pittore siciliano Antonello da Messina appassiona perchè


compie attraverso la sua opera, un vero ponte tra centri di culture
diverse.
Il pittore ha fatto e ancora fa l’oggetto di una situazione storiografica
travagliata.Si tratta di un pittore molto noto ma poco conosciuto e
addirittura fino alla fine del 18 °s, quasi sconosciuto.Il lavoro attuato
tra il 18°s e oggi, ha restituito all’artista la fama.
Per quali ragioni, il ricordo storico del pittore è stato cosi a
lungo privo di riferimenti? Perché il personaggio d’Antonello da
Messina nonostante le varie ricerche rimane un enigma nella storia
dell’arte?

In un primo tempo dell’esposizione, c’interesseremo a


presentare l’evoluzione del pittore tramite l’aggregarsi dei dati che
conducono ad elaborare varie ipotesi sulla provenienza della
formazione d’Antonello.Il secondo tempo sarà dedicato al
proseguimento storiografico nell’intento di dare, mediante dati meno
dubbiosi, una chiave di lettura dell’esperienza pittorica del pittore
siciliano.

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Biografia:

Per afferrare meglio le caratteristiche della vita e


delle diverse influenze che hanno condotto la carriera
del pittore, ecco quassù alcuni dati biografici:

Antonello da Messina (1430?-1479) fu pittore nato


estraneo al Rinascimento, ma che proprio del
Rinascimento divenne forza viva e portante". Con
queste parole Raffaello Causa sintetizza la parabola
artistica di un uomo che negli ultimi anni della sua
carriera era ormai talmente noto da essere
richiestissimo, a Milano e a Venezia, da committenti
d’altissimo prestigio.

Originario di Messina, una


città, all'epoca, senza
università né conservatorio,
Antonello seppe assorbire con
grand’autonomia gli
innumerevoli stimoli culturali
provenienti dai vari centri del
Mediterraneo, di cui la Sicilia è
sempre stata il naturale
crocevia. Già con Renato
d'Angiò si registrava la
presenza nell’Italia meridionale
di Barthelemy d'Eyck (già noto
come il maestro
dell'Annunciazione d’Aix) che
fu a sua volta ispiratrice del
napoletano Colantonio. Con
Alfonso d'Aragona poi nuovi apporti arrivarono dalle
opere provenienti dalle Fiandre, dalla Spagna, dalla
Provenza e dalla Borgogna.

Il suo primo apprendistato si svolse probabilmente


tra Messina e Palermo, nell'ambiente in cui già operava
il padre Giovanni, scalpellino e scultore. Erano gli stessi
anni in cui nel palermitano Palazzo Sclafani si andava
affrescando il celebre Trionfo della Morte (Palermo,

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Galleria Nazionale della Sicilia) di gusto franco-
catalano.

A Napoli, tra il 1444 e il 1550, entra a bottega dal


già citato Colantonio contribuendo alla realizzazione
dell'originalissimo Polittico di San Lorenzo Maggiore
(oggi a Capodimonte). Fino agli anni '70, Antonello
lavorerà prevalentemente nel Sud della penisola, a
contatto con artisti di formazione toscana, come gli
scultori Francesco Laurana e Domenico Gagini, attivi a
Palermo e a Napoli, nell'imponente cantiere dell'Arco
Trionfale di Alfonso d'Aragona, volutamente ispirato
all'antico.

In questi anni
giovanili del maestro
messinese si colloca
la Crocifissione di
Bucarest in cui
prevalgono ancora
elementi fiamminghi
come l'attenta analisi
paesaggistica (dove
si riconosce uno
squarcio della sua
città natale) e la resa
dei panneggi sfaccettati anche grazie al sapiente
giuoco di luci. I corpi morenti del Cristo e dei ladroni
però, seppure atteggiati alla maniera di Jan Van Eyck,
non mostrano le forzature espressive dell'olandese, ma
esprimono una sofferenza più composta e più
classica.

Sulla strada che lo condurrà a Venezia, nei primi


degli anni '70, Antonello conoscerà la prospettiva. I
frammenti della Pala di San Cassiano mostrano come
egli ripeta la struttura prospettica della Pala di Brera,
opera matura di Piero della Francesca. Il tema della
Sacra Conversazione, profondamente rinnovato da
Piero, si arricchisce qui di uno straordinario taglio di
luce naturale che armonizza i colori, aprendo così un
varco alla più tarda pittura tonale del grande

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Giorgione. Le figure dei Santi, che indossano abiti dalle
stoffe preziose, posseggono quella monumentalità
ormai tutta pierfrancescana, ma Antonello stempera le
atmosfere metafisiche del maestro borghigiano
rendendo i suoi personaggi più umani.

Le straordinarie tavole di
piccolo formato, che ancora
una volta richiamano modelli
fiamminghi, sono ritratti
penetranti della classe
dirigente veneziana, in cui
Antonello supera
l'interpretazione araldica e
idealizzata del soggetto, per
mostrarne i caratteri più
realistici e concreti. Alla stessa
maniera egli rappresenterà
innumerevoli volte
l'Annunciata e l'Ecce Homo,
dove gli aspetti umani dei
soggetti prevarranno su quelli
sacri.

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Rispetto alla pala di San Cassiano, nell'Annunciata
di Palermo, vi sono ulteriori novità: il volto eburneo e
perfettamente ovale, frutto di una rielaborazione delle
sculture del Laurana e degli studi geometrici di Piero;
l'espressione di intima vergogna della Vergine
Annunciata che, mentre abbassa lo sguardo, accosta i
lembi del manto cobalto; la scelta del soggetto
iconografico, dove Maria appare relazionata ad un
libro, proprio negli anni in cui si diffondeva la stampa;
la luce che illumina esclusivamente il soggetto,
accentuando l'intimità del momento; infine, il delicato
gesto della mano destra, che suggerisce ancora un
moto di scherno? E che soprattutto attraversa lo spazio
fino a renderne l'effetto della tridimensionalità. Con il
maestoso San Sebastiano di
Dresda, lo stile di Antonello
raggiunge la sua piena
maturazione. La prospettiva
centrale è dominata dalla
figura statuaria del giovane
Santo, che appare tubolare
come la colonna posta di
traverso. In quest'opera, il
grande siciliano riprende
Piero della Francesca nella
pavimentazione geometrica
e nelle arcate sul fondo che,
insieme al soldato disteso
(quest'ultimo elemento
ispirato ad Andrea
Mantegna), gli servono a
dare il senso della
profondità. Innumerevoli
sono le citazioni classiche
che si mescolano
mirabilmente ad un'attenta
analisi del contesto, quasi indifferente alla scena del
martirio. Discreti personaggi si muovono sullo sfondo
animato da piante e rampicanti e da quel bellissimo
brano fiammingo dei tappeti stesi a prendere aria. Il
tutto è avvolto da una luce chiara e naturale, con cui il
maestro approda definitivamente al linguaggio italiano.
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Pochi anni dopo la scomparsa di Antonello, Giovanni
Bellini, seguendone le orme, arriverà all'armonica
fusione uomo-natura, preannunciando gli altissimi
risultati di Giorgione e di Tiziano.

Nel suo percorso da Sud a Nord, Antonello da Messina


fu sempre colpito dagli aspetti più nuovi dell'arte a lui
contemporanea; la pittura fiamminga prima, i
rivoluzionari studi italiani sullo spazio e sulla prospettiva
poi. Coniugando questi elementi con un attento studio
della luce, il pittore giunge, in modo del tutto originale,
ad un'estrema sintesi linguistica, che può definirsi
nazionale. A Venezia introduce una vera e propria
ventata di novità, laddove s'indugiava ancora su
antiquati moduli tardo-gotici e su un'interpretazione del
classicismo cupa e stanca. Con il suo fecondo contributo
l'arte del Quattrocento si libererà dagli ormai opprimenti
paradigmi fiorentini, preparandosi al grande exploit
rinascimentale.

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ANALISI

I / LE IPOTESI DI UNA CARRIERA

1.1.- La pittura ad olio .-

A: la scoperta .-

All’inizio del rinascimento in poi, la pittura diventa tradizione di


una vera attività manuale, il cambiamento di statuto del pittore
avviene in modo progressivo.
L’invenzione di un nuovo modo di dipingere grazie alla messa a
punto di un legante oleoso che consentiva di ottenere dei risultati di
grande minuzia soddisfaceva le nuove esigenze.Sembrò allora che
dipingere ad olio poteva essere il modo più adeguato per trasformare
il vecchio mestiere in un nuovo.La pittura ad olio aveva rispetto alla
pittura a tempera, un vantaggio quello di essere duratura.Grande era il
problema della durata in epoca rinascimentale.Questa tappa segnerà
la trasformazione dello status di pittore di arte artigianale a arte
liberale. Sarà accompagnata di una lunga polemica tra poeti e
letterati.Sostenevano uno dei grandi miti della pittura, era per
l’appunto quello che questo era destinato a scomparire nel tempo.

B: le testimonianze.-

• Esempio di Guarino da Verona:

“caducis et evanescentibus dies coloribus”

Anche l’umanista più attento della seduzione dei dipinti, il qual


è Guarino da Verona, il consigliere e intellettuale della corte ferrarese
in una lettera indirizzata al figlio, lo incoraggia a continuare la
carriera di letterato, sottolineando per l’appunto il vantaggio di
eseguire dei ritratti poetici e letterari perché questi al contrario dei

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ritratti dipinti potranno resistere nel corso del tempo mentre la pittura
eseguita con materiali caduchi e che nel corso del tempo svaniscono,
è destinata a sparire.
La pittura ad olio sembrava dunque portare una risposta capace di
smentire questa fragilità dell’arte e gli esempi dell’alta
considerazione della pittura ad olio si moltiplicavano in questi anni.

• Esempio di Luigi d’Aragona:

Il cardinale Luigi d’Aragona realizzò un viaggio attraverso l’Europa,


rilasciò nel suo diario varie
testimonianze.Nel mese d’agosto 1517, il cardinale e i suoi
accompagnatori arrivano nella città di Gand e si rendono nella chiesa
di San Bavone dove esiste un gran polittico, L’agnello mistico (1)
che Humbert e Jan van Eyck hanno eseguito. I visitatori ricordano
l’oggetto in questo modo (tradotto):

“All’avandestra da quello è cappella dove è una tavola che


all’estremità ha due figure.Alla destra, Adamo e alla sinistra Eva di
statura quasi naturale e nudi.Lavoranti ad olio con tante perfezioni e
naturalità nelle proporzioni di membri e le carnagioni come delle
ombrature, senza dubbio, si può dire che sia di pittura piana, la più
bell’opera dei cristiani” (a*)

Quindi un visitatore, d’origini italiane che conosce nel 1517, non solo
la grande tradizione quattrocentesca ma anche i cantieri romani di
Raffaello, che conosce la volta della cappella Sistina, arriva al Nord e
non esita a definire questo retable uno dei più grande capolavoro del
mondo occidentale.Il retable è opera di Humbert e Jan Van Eyck, due
maestri della “Magna Alta”.Si tratta di un opera già vecchia di un
secolo (stessa età degli affreschi di Masaccio alla Carmine di
Firenze).Una considerazione importante, i visitatori si rendono conto
che si tratta di un opera antica, ma Luigi d’Aragone testimonia che
adesso esca di mano.La pittura ad olio a questa qualità smaltata che
consente a questa finitezza modernità durata, quello che stupisce il
visitatore.

1.2.-Lo sfruttamento della tecnica .-

A : La fama d’Antonello da Messina .-

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In questo contesto di trasformazione, Antonello è riconosciuto
come il protagonista storico della diffusione della tecnica della pittura
ad olio nella penisola.

• Al livello locale:

Basta ricordare un testo, che Antonio Mangianti recita davanti al


Parlamento di Catania nel 1478, per l’elogio funebre del pittore.
Mangianti è una personalità a Catania e ricorda questo pittore che è
una gloria locale, perché nativo da Messina in questi termini: ”Pictor
gregius”.Sottolineerà il fatto che ha saputo arricchire l’arte dell’Italia
meridionale tramite i suoi diversi viaggi a Milano, a Venezia, e che si
era imposto grazie alla sua capacità a rendere le figure, amalgamando
in modo particolare i colori.Eseguiva le figure con una particolare
miscela che garantiva la freschezza e la perspicuità dell’immagine.

• Al livello nazionale:

Un'altra testimonianza, mette in campo un altro elemento


durevole della fortuna critica d’Antonello, cioè il fatto che viene
sempre di più associato all’area di produzione veneziana. Antonello
da Messina ha passato due anni della sua vita a Venezia tra il 1475 e
il 1476.La storiografia lo ricorda essenzialmente, come un pittore
attivo a Venezia, probabilmente perché i Veneziani hanno apprezzato
per prima il suo modo di dipingere. A Venezia, un grande gusto
collezionistico già all’inizio del cinquecento e un documento ci
permette di capire, quella era la consistenza di queste raccolte.E’ un
taccuino d’appunti che un veneziano, Marcantonio Michiel ha
progressivamente compilato, registrando le opere che vedeva
soprattutto all’interno delle case opulenti.Si capisce che esistano
alcuni collezionisti che hanno amato in modo particolare la pittura
d’Antonello tra cui Antonio Pasqualino che dispone di due ritratti
d’Antonello e di un dipinto: San Gerolamo nello studio (2),
conservato oggi alla National Gallery di Londra :Ecco la descrizione
che Marcantonio Michiel fa di questa piccola tavola (tradotto);

“ Il quadretto di San Gerolamo studio che nello legge in abito


cardinalesco ,alcuni credono che sia di man d’Antonello,ma di più e
più verosimilmente l’attribuiscono a Jan Van Eyck ovvero a Hans
Memling, pittore antico ponentino:e cosi mostra quella maniera

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,benché il volto è finito all’italiana…” (b*).

La descrizione continua all’interno di questo spazio microscopico,


Michiel ritiene la grande lontananza della prospettiva e del
paesaggio .Capisce che è possibile con questa tecnica particolare
della pittura ad olio e grazie al talento d’Antonello, riprodurre
all’interno di una piccola superficie, la varietà del mondo creato ma
anche la grande profondità dello spazio cosi come i prospettici
toscani avevano insegnato a riprodurre.

B: L’ esperienza secondo Giorgio Vasari.-

Quando Giorgio Vasari nelle due edizioni delle Vite ,la prima nel
1550 ,la seconda nel 1568,senza varianti notevoli per quanto riguarda
Antonello da Messina,fioccò per l’appunto questo pittore ,noi
troviamo gli elementi di quello che costituirà il mito letterario e
storiografico dell’artista attraverso i secoli. Quello che colpisce nella
narrazione vasariana è che contrariamente a quelle che sono le
caratteristiche delle biografie degli altri artisti ,Antonello è un
personaggio senza riferimento territoriale .Lo troviamo menzionato
nell’introduzione quando Vasari prende in considerazione le varie
tecniche della pittura e quando racconta come naturalmente come la
pittura ad olio è stata scoperta e diffusa in Italia,lo troviamo
menzionato tra i pittori toscani, perché Antonello ha trasmesso a loro
questa capacità.Lo troviamo menzionato nella scuola veneziana dove
Vasari inserisce la sua biografia .

D’Antonello ,Vasari racconta essenzialmente queste cose: nato a


Messina ,trasferitosi a Napoli, era stato colpito da un quadretto di Jan
Van Eyck che alcuni mercanti avevano inviato ad Alfonso d’Aragone
;Antonello è stato talmente sedotto dalla novità della tecnica ,si rese
nella Fiandra ad imparare da Van Eyck ,la tecnica della pittura ad
olio.Sarebbe in seguito rientrato in Italia .Ma queste ipotesi sono state
criticate perché da un punto di vista cronologico,è impossibile che
Antonello abbia potuto conoscere Jan Van Eyck che muore bene
prima della maturità del pittore siciliano .

Nell’Italia meridionale ha tutto vantaggio ,un altro personaggio


cui è attribuito in realtà, il merito dell’invenzione prima della pittura
ad olio ,è la figura di Colantonio .Lo storiografia napoletano Pietro
Summonte ,rivendica a questo pittore ,un ruolo che gli storiografi
settentrionali gli avrebbero negato.

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1.3.- Altre ipotesi e contribuiti .-

A: diversi fonti .-

• Seroux d’Agincourt:

In un’opera storiografica che ha una grande importanza per il mondo


dell’arte: il francese
Seroux d’Agincourt mostra il dipinto di San Gerolamo nello
studio di Colantonio come uno degli esempi possibili di pittura ad
olio, ma non crede alla tradizione partenopea e quando vuole
mostrare come la pittura ad olio si è manifestata ,riproduce in una
tavola un Cristo di pietà sorretto dagli angeli (3) che porta la firma
d’Antonellus Messineus ma che non è un dipinto suo se no quello
d’Antonello di Saliba,un replicatore tardo del linguaggio del
maestro ,educato nella sua bottega che aveva eseguito questa opera
oggi conservata a Palazzo Ducale a Venezia che Seroux d’Agincourt
riproduce perché ha questa caratteristica essendo un lavoro
d’apprendistato,di mettere in evidenza la qualità tecnica di
trascrizione dello stile d’Antonello da Messina ma anche di Van Eyck
perché le figure inginocchiate sono le riproduzione delle figure dei
profeti che sono nel registro centrale del polittico dell’Agnello
mistico .
La polemica relativa all’invenzione della pittura ad olio ,si
sviluppa naturalmente anche negli anni che seguono la pubblicazione
di Seroux d’Agincourt nella sua :histoire de l’art par les monuments
,lui vede in campo una serie d’interventi che sono sempre più attenti
alla storia documentaria della diffusione di questo medio.

• L’abate Luigi Lanzi:

Lanzi rinnova l’immagine della storia dell’arte in Italia nella sua


Storia pittorica dell’Italia,nel 1809, ricostruendo una geografia
essenzialmente diversa da quella vasariana e dedica ad Antonello
delle pagine che non sono assolutamente innovatrici rispetto alla
tradizione di Vasari.

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• G. Grosso Cacopardi:

Intorno al milleottocento ,viene elaborato un testo che


costituisce un salto qualitativo considerevole nella storia della
conoscenza documentaria d’Antonello,si tratta delle Memorie de
pittori messinesi e degli esteri che in Messina fiorirono, di
Cacopardi pubblicato nel 1821dove al pittore è dedicata una
monografia importante in cui vengono riuniti i pochi dati sicuri che si
conosceva e i riferimenti ,alla letteratura sulla pittura ad olio.
Vengono riconsiderate alcune opere ma il catalogo del pittore è
ancora ridotto al minimo e uno dei rari ritratti menzionati
com’esistente allora in una collezione privata di Venezia in casa
Martinengo è Il ritratto di giovane (4) conservato oggi al museo di
Berlino.Ha il vantaggio di essere firmato e datato dal 1474 (si tratta
di un dipinto eseguito poco prima del soggiorno a Venezia) e quindi e
già un punto importantissimo nella cronologia della carriera
d’Antonello da Messina.

1.4.- Un corpus d’opere difficile da stabilire .-

A: Altri intenti .-

• Hans Memling:

Rimangono molte approssimazioni sul corpus d’opera


d’Antonello da Messina .Molte opere gli sono state attribuite mentre
erano quelle,ristabilite dalla critica ,al pittore di Bruges:Hans
Memling di cui portava confusione la destrezza d’eredità Van
Eyckiana .Memling è in qualche modo il grande diffusore dei ritratti
” alla fiamminga “e che lavorava in modo intenso per la comunità
fiorentina a Bruges nella seconda metà del Quattrocento.E’ ovvio che
con il circolare delle opere dalla Fiandra all’Italia ,e con il soggiorno
d’Antonello in Toscana,alcuni ritratti di Memling sono stati scambiati
per quelli d’Antonello.

• Il viaggio d’O. Mundler:

Era una grande conoscitore d’arte,d’origini tedesche che


lavorava per la National Gallery di Londra.Si recò in Italia per
acquistare opere d’arte da inviare in Inghilterra ,negli anni 1858-59,

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riconosce d’Antonello nella figura del Ecce Homo (5) oggi
conservato nella galleria Spinola di Genova, ma nello stesso tempo
prende per opera d’Antonello ,un ritratto d’uomo , oggi attribuito a
Bellini ma che ha suscitato per lo stile cosi tipico, un riferimento ad
un’opera di filiazione d’Antonello da Saliba.
Mundler vede in casa del principe Tribuzio il ritratto maschile
(7) firmato e datato nel 1476 eseguito a Venezia da Antonello da
Messina, oggi conservato nella galleria di palazzo Madana .

• Lo studio di Cavalcaselle:

Il vero giro di boa nella conoscenza del pittore ,è dovuto a


Giovanni Battista Cavalcaselle, il quale si rende a Napoli e in Sicilia
nel 1857-58, alla vera riscoperta dei pittori quattrocenteschi di cui la
conoscenza è essenzialmente fino a questo intervento ,indiretto.In
modo molto avventuroso percorre l’Italia meridionale,la Sicilia e a
Messina esamina il trittico di San Gregorio (8),oggi conservato al
museo regionale ,un’opera che era stata danneggiata dal terremoto del
1783, restaurato poco prima del viaggio di Cavalcaselle ,in Sicilia in
modo molto discutibile ,ma comunque aveva il grande vantaggio di
dimostrare il pittore in azione tradotto in un dipinto di grande
dimensione che portava il suggello della firma d’Antonello e di una
data che era quella del 1473.Cavalcaselle procede in questo viaggio e
registra una serie di ricordi visibili che sono per noi di grande
interesse.
Dedica all’esame visivo e tecnico del trittico di San Gregorio
una serie di disegni che sono conservati con la maggioranza dei suoi
appunti alla biblioteca Marciana di Venezia .Ne registra lo stato di
conservazione,i colori, il modo con cui il dipinto è stato
realizzato,distingue con grande acutezza le parti originali da quelle
restaurate e soprattutto mette in evidenza alcune morfologie che
dovrebbero consentirgli di riconoscere anche altrove lo stile da
scrittura del pittore e procede riproducendo delle figure graficamente
ma operando su alcuni dei particolari una specie di “ingrandimento”,
in modo di mettere in evidenza la calligrafia del pittore nell’eseguire
le parti secondari cioè le parte più minute . Usa un modo d’indagine
visiva che già era stata usata da Seroux d’Agincourt (soprattutto nel
riprodurre i dipinti di Mantegna):a calco ,riproducono come una
specie di vivisezione del dipinto. Cavalcaselle opererà nello per il
San Nicola (9) .Questi lavori finiranno per condizionare il giudizio e
la percezione del pittore siciliano, ma bisogna comunque riconoscere

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che malgrado questo grande progresso,a partire della seconda metà
dell’Ottocento ,la figura d’Antonello sul piano internazionale, rimane
totalmente sconosciuto.

1.5.- La fortuna delle opere tra il 1800 e il 1900 .-

A: le mostre .-

Quando negli anni tra il 1800 e il 1900, le varie nazioni


riscoprono le proprie radici figurative con una serie di grandi mostre :
Nel 1902 ,a Bruges sui primitivi fiamminghi ; nel 1904 ,a Parigi sui
primitivi francesi .Antonello da Messina viene evocato in questo
contesto internazionale ,come protagonista di questa riscoperta della
pittura ad olio, ma l’immagine che si ha d’Antonello ,è totalmente
errata e gli vengono attribuiti dei dipinti che oggi,sì stente a credere
che siano potuti essere considerati come opere del pittore siciliano.

B: Artisti della stessa vena .-

• Hans Fries:

Il caso di una Madonna con il bambino che era stata esposta


nella grande mostra organizzata a Ginevra nel 1896, era stata
considerata opera d’Antonello perché dipinta a d olio e perché di
carattere singolare.Il dipinto è apparso l’anno scorso in una vendita
all’asta a Parigi con la giusta attribuzione al pittore Hans Fries, un
pittore di cultura tedesca che lavora a Friburgo e Berne nella seconda
metà del Quattrocento e all’inizio del Cinquecento. Ha realizzato il
retable dedicato a San Antonio di Padova h nel 1506 per la chiesa dei
Francescani di Friburgo.Si può individuare questo linguaggio
espressivo ,già quasi manierato,ricco d’influenze dalla Germania
meridionale ma non del tutto impermeabile ad alcune idee italiane
che filtrano in questa regione attraverso la Savoia.

• Konrad Witz:

Un altro esempio ,all’inizio del Novecento ,era legato a

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Compianto del Cristo morto (12) conservata nella collezione Frick di
New York. Questo dipinto è caratterizzato da un’invenzione
stupefacente:la disposizione dei personaggi su un paesaggio quasi
desertico e pure segnato dal profilo di una città imponente .Ma con
l’intervento d mani esperti , ci si rende che la traduzione pittorica non
è all’altezza dell’invenzione. E questo è dovuto al fatto che il dipinto
della collezione Frick,considerato ancora all’inizio del Novecento
come opera d’Antonello è una copia variata di un capolavoro anche
considerato nella collezione Frick. L’attribuzione va a Konrad Witz,
pittore nato in Baviera negli stati di Savoia nel 1475 e nel 1478 ,alla
fine del proprio percorso ,è attestato a Milano alla corte di Gian
Galeazzo Sforza. Un pittore che con il proprio percorso attraverso le
Alpi fa da collegamento per facilitare la trasmissione dei modelli
visivi dal Nord verso il Sud, un pittore il cui percorso in qualche
modo è parallele a quello d’Antonello.
Una delle opera più avvincente di Konrad Witz è una
crocifissione (13) conservata oggi nel museo di Berlino e in cui si
combinano la veduta reale e il repertorio iconografico: perché il
castello costruito sulle rive del lago, ha qualche similitudine con
quello d’Annecy in Savoia mentre le figure appartengono ala
tradizione napoletana ; un linguaggio che è fortemente segnato dalla
cultura settentrionale ma allo stesso tempo ,aperto a delle suggestioni
meridionali che in Savoia penetrano attraverso la valle del Rodano e
consentono lo sviluppo di un’aria alpina e apparentemente isolata dal
contesto mediterraneo ,di motivi, elementi che hanno una
componente meridionale.

• Un bilancio:

Sarà questo viavai d’opere e questo contaminatio di maniera tra


la Fiandra e l’Italia ,il culmine della sfortuna d’Antonello negli anni
intorno al 1900, quando questo tipo d’equivoci fa capire che si è
ancora percepita la figura di questo artista soprattutto per quello che
la tradizione letteraria ha tramandata e non per quello che Antonello
ha realmente eseguito.

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Per Quali ragioni , l’attività di un pittore cosi
apprezzato di un grande livello stilistico e
tecnico, le opere formate sono limitate ad un
segmento particolare della sua carriera?

II/ GLI APPROFONDIMENTI

2.1.- La rivalutazione

A: Gli protagonisti .-

• La spiegazione di Bucanzi:

Si può cercare di rispondere alla domanda qui sopra ,riflettendo


sulla pratica che hanno gli artisti nel corso del Quattrocento di
apporre talvolta accanto al proprio nome, la data d’esecuzione.
Bucanzi ci rivela che in quell’epoca la datazione d’opera non esisteva
,questa pratica inizia solo a partire del 1470 circa .Antonello è un
pittore di cui l’elenco artistico sarà sempre soggetto d’incertezze per
mancanza di firma e di datazione delle opere.Sole le opera di maturità
presentano una fortuna chiara,per quelle anteriori l’attribuzione
rimane tutto sommato ,impegnativa e ipotetica.

• I dati scritti sui viaggi del pittore:

Nonostante una certa carenza sulla produzione


d’Antonello,sappiamo che la sua attività è intensa .Nel 1457, cioè
vent’anni prima della fase più documentata ,l’artista è definito come :
“Discretus pictor “ cioè pittore non affermato ma comunque di
notevole valore e che in quello stesso anno, non solo s’ impegna a
dipingere un gonfalone per Reggio Calabria ma anche prende in
apprendistato un giovane che rimarrà poco tempo perché lasciò la
bottega a Messina e si mise in viaggio verso una destinazione
sconosciuta ma questo dato documentario ci insegna che nel 1457,
Antonello è affrancato professionalmente perché porta il titolo di
Magister e da già una sufficiente destrezza, possiede pure una
relativa rinomanza locale che gli consente ,non solo di soddisfare gli
esigenze dei committenti ma anche di esercitare il suo ruolo di
maestro.

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Antonello partirà dunque per un viaggio di cui non sappiamo
la destinazione ma che assomiglia di più ad un vero trasloco che un
viaggio di diporto o un’assenza temporanea ,perché quando il padre
(da un documento del 15 gennaio 1460) affitterà una barca per andare
relativamente grande,per andare a riprendere il figlio nel porto
d’Amantea partendo da Messina. Sono sei gli uomini che la
governano e le persone da portare sulla costa calabra ,non sono solo
Antonello ma anche sua moglie, i figli, il fratello, la sorella ,la
suocera e infine alcuni impiegati di casa. Quello che è interessante da
considerare, è che la prima fase d’attività del pittore sembra svolgersi
in modo quasi pendolare tra Messina e la città di Reggio Calabria.
I documenti sull’attività d’Antonello sono stati riscoperti tra
la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento,da ricercatori ,eruditi
siciliano che gli hanno interpretati accentuando il valore di varie
tradizione municipali ,facendo ora un artista messinese ora un artista
palermitano.
Le grande scoperte documentarie della fine dell’Ottocento ci
hanno consentito praticamente di recuperare tutto ciò che al meno
fino a questo momento ,è noto da un punto di vista storico. Questi
dati mettono pure in evidenza un altro periodo d’assenza ma che non
è schiarita da un testo ma che ipotizza un altro viaggio del pittore.

B: Una rilettura dei maggiori contributi .-

• La testimonianza di Pietro Summonte:

Ci dobbiamo, per ricostruire la formazione d’Antonello


,affidarsi ad altre testimonianze. Sappiamo dunque dalla famosa
lettera di Pietro Summonte scritta nel 1524 ,per rendere conto a
Marco Antonio Michiel , del profilo di Colantonio vero eroe
napoletano nel campo della pittura ,che nella sua bottega ,venne fuori
come allievo, il pittore Antonello.Da questo dato ,si può cercare
quella è stata la formazione dell’artista.
Di Colantonio,Pietro Summonte ricorda soprattutto l’abilità
dell’artista nel contrastare la pittura fiamminga. Colantonio è rimasto
celebre nella tradizione letteraria, per avere soprattutto falsificato non
soltanto dei ritratti di provenienza fiamminga che erano arrivati alla
corte d’Alfonso d’Aragone, ma anche un piccolo dipinto ,il San
Giorgio con il drago : un dipinto che l’umanista descrive in modo
preciso e che noi sappiamo, grazie ad altre fonti che era un quadro

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realizzato da Jan Van Eyck ,acquistato a Bruges a gran prezzo da Re
Alfonso d’Aragone,grazie all’intermediazione di un mercante e di un
generale valenziano, responsabile di questo acquisto fiammingo.Il
dipinto di Van Eyck è purtroppo perduto, ma ha dovuto certamente
avere un impatto notevolissimo sugli artisti contemporanei, e ne
dobbiamo riconoscere un ricordo fiammingo in un minuscolo quadro,
oggi conservato alla National Gallery di Washington attribuito a
Roger Van der Weyden, altro pittore fiammingo.
La presenza della pittura fiamminga nel bacino
mediterraneo, non è soltanto una testimonianza di un gusto
aristocratico del Re o delle persone più aggiornate, ma è un vero e
proprio elemento che stimola l’evoluzione del linguaggio figurativo e
che diventa un elemento assolutamente essenziale. Il gusto per la
pittura fiamminga era molto forte nella penisola italiana ma anche
iberica già prima del 1450, cioè ad una data precoce per la diffusione
di questi motivi.

• L’omaggio di Facio:

Le prima biografie dedicate a Van Eyck e a Van der


Weyden ,sono dovute ad un umanista italiano, Bartolomeo Facio
intorno al 1456 alla corte aragonese di Napoli. Il fatto che nella sua
opera, De viris illustribus e nel capitolo De pictoribus dalla priorità e
dedica pagine su degli artisti minori senza alludere ai contemporanei
famosissimi dell’epoca .Egli ritiene che nessun pittore è considerato
bravo,se non ha in precedenza brillata nel reso di sagomare i corpi.
Ed è per l’appunto ,una qualità che riveste la pittura fiamminga e le
attribuisce il predominio sulla pittore rinascimentale italiana e un
successo cosmopolita alla corte d’Alfonso d’Aragone.

• La conferma di Cavalcaselle:

Gian Battista Cavalcaselle insisterà sul fatto che già


l’intervento di Barthelemy d’Eyck, pittore di Provenza , nel 1442,
alla corte di Renato d’Angiò ,basta per farci capire l’influenza del
pittore su Colantonio e poi su Antonello.E’ ovvio che c’è un eredità
tra il profeta Geremia (15), frammento del Trittico
dell’Annunciazione di Barthelemy d’Eyck e il San Gerolamo nello
studio (16) di Colantonio con l’ispirazione del pittore napoletano nel
reso cosi singolare della disposizione del libri.

18
2.2.- Un’opera chiave nell’opera d’Antonello .-

A: La crocifissione di Sibiù .-

• Lettura dell’opera:

Esiste un’ opera che ci permette di afferrare meglio lo stile


del pittore siciliano: la crocifissione di Sibiù (17) di cui c’ è un nesso
notevole con il trittico di San Lorenzo a Maggiore (18) di
Colantonio.Rivela l’ attrazione contraddittoria verso fonti che
appartengono a registri culturali completamente diversi.
E’ facile riconoscere nella parte inferiore del dipinto, le
suggestioni fiamminghe e i rapporti con un fiamminghismo derivato
che è quello che si riconosce anche nel San Francesco consegna la
Regola ai frati minori e alle Clarisse (19) di Colantonio.Si riconosce
per esempio, nella qualità delle pieghe, nel modo acuto di lumeggiare
i panneggi, di allungare le figure e di riprodurre le fisionomie con
degli stereotipi molto ingentiliti. E si riconosce soprattutto in questo
modo caratteristico di definire il primo piano del paesaggio alla
maniera di Van Eyck all’ inizio della sua carriera .C’ è dunque uno
sguardo irresistibile alla pittura fiamminga ma nello stesso tempo
,nella parte superiore ,la grande tersità del cielo, l’ orizzonte cosi
estesa e anedottica . Notiamo il modo commovente del pittore ,di
associare figura di ispirazione classica, come quella del ladrone che
affianca sulla sinistra la figura del cristo e figure che invece la loro
espressività esasperata ,si rifanno alla tradizione settentrionale.In
conseguenza ,capiamo che dalla presenza simultanea di questi
motivi ,siamo in presenza di un pittore di cultura italiano che sta
tentando di operare una vera connessione tra due mondi
concettualmente e visualmente diversi .

• L’ intervento di Longhi:

Roberto Longhi ,storiografo d’ arte ,basandosi sulle

19
investigazioni ad opera di Cavalcaselle ,inizierà una
grande rivalutazione della pittura di Antonello d a Messina .Saranno
questi contributi che, definitivamente riattribuiranno al pittore ,la
propria corretta visibilità .
Esiste per l’ appunto un dipinto,la crocifissione di Sibiù,
per il quale Longhi ha dedicato un articolo pubblicato nel 1953, su
Paragone intitolato “ frammento siciliano”: questo dipinto, come
precisa Longhi è contraddistinto di una sutura tra questi due emisferi
cosi differenti ,dominati da un sentimento naturalistico;non esistono
le areole, non esiste il fondo d’ oro.Esiste quindi, un’
approssimazione molto forte nei confronti di una riproduzione
cattivante del mondo che diventa un modo di riprodurre la realtà per
lo meno della parte inferiore del dipinto, tipica di Jan Van Eyck .
E’ soprattutto collegato a un’ invenzione che ha realizzato
Van Eyck ,due piccole tavole di cui una crocifissione (20),
conservata oggi al Metropolitan Museum a New York ,che
appartengono alla fase più antica della sua attività: sono due dipinti
realizzati intorno al 1425-1426,ma che nonostante le dimensioni
quasi confidenziali dell’ opera (sono circa 50 cm di altezza), hanno
avuto ,lanciano una traccia visiva incomparabile nell’ arte
mediterraneo degli anni 1450.
Nella composizione della crocifissione, vediamo come la
scena sia rappresentata secondo un punto di vista dall’ alto verso il
basso ,una prospettiva a volo d’ uccello che consente a dettagliare il
primo piano cosi contraddistinto da queste rocce spugnose di cui si
ritrova sulla crocifissione di Sibiù di Antonello.

B: Un’ attività florida nel bacino mediterraneo .-

• L’ esempio di Luis Alimbrot:

Il bacino mediterraneo era diventato ormai un intercluso


dove si incrociavano opere che erano la sintesi di diversi prestiti di
maniera tra gli artisti di Fiandra, di Baviera, di Provenza passando
per la Savoia fino ad arrivare nei domini aragonesi , in Spagna e
soprattutto a Napoli .Il punto di partenza di un diffondersi cosi
internazionale rimaneva l’ opera di Jan Van Eyck.
Un pittore di origine fiamminga che nel 1439, si trasferisce
da Bruges a Valenzia e vi lavora e che si chiama Luis Alimbrot
(nome tradotto in castigliano) esegue nelle sue storie della vita di

20
Cristo,in un particolare (21), oggi conservato a Madrid al museo del
Prado un’ opera dove il carattere concitato della crocifissione di Jan
Van Eyck, sostiene una narrazione più articolata anche se è da fare
notare, il carattere deformate delle figure protagoniste alla maniera
spagnola .Il dipinto consente tuttavia di riconoscere la forte influenza
esercitata sull’ artista dal maestro, tradotta nella rudezza della
scena ,nell’ aggressività dei soldati e pure nella sovvracarica e la
confusione dei elementi iconografici .Avrà probabilmente collaborato
con Van Eyck nella decorazione di un celebre manoscritto per un
duca Jean de Berry ,eseguito negli anni 1430, oggi conservato a
Milano e noto con il nome di Libro d’ oro di Torino (22).

• Napoli , il focolare delle tendenze:

Con l’ ascesa al potere nel 1442 di Alfonso V d’ Aragone


la città di Napoli rivestirà la funzione di punto centrale,presentando
un’esperienza pitturale variegata con l’ intensa circolazione delle
opere. Durante il mecenate di Alfonso , varie opera fiamminghe di
Jan Van Eyck verranno acquistate e portato a Napoli dove
Colantonio nella sua bottega ha saputo in un primo tempo ,attingere
la maniera della pittura fiamminga e poi Antonello ha colto la geniale
opportunità di rivestirla e rielaborarne le caratteristiche. Il contatto
diretto con le opere fiamminghe,consentiva di potere replicare le
opere operando un vero lavoro pitturale di laboratorio.
E’ emerso recentemente, un dipinto di qualità modesta, ma
che riproduce indiscutibilmente un’opera di Van Eyck: San
Francesco riceve le stigmate (23) conservato a Johnson Gallery nel
museo di Filadelfia.La composizione ci mostra la rarità della figura di
frate Leone che accompagnava Francesco e soprattutto quest’idea
cosi spettacolare del paesaggio con le rocce stratificate sovvraposte
che deriva di quest’idea Vaneyckiana che ci conferma che a Valenzia
esisteva se no una di queste due versioni, per lo meno una terza
versione, una coppia fedelissima dalla quali i pittori locali hanno
tratto i motivi.Un’ altra versione più sciolta è dovuta ad una mano
napoletana che sarebbe tutta la maniera di Colantonio, realizzata tra il
1450 e il 1460, relazionata allo stile dei beati francescani .

21
CONCLUSIONI:

L’ opera di Antonello da Messina non è mai stata nella storiografia d’ arte un


dato lineare .Il pittore siciliano nella sua carriera ha saputo dimostrare una
singolare capacità nel sapere rendere con maestria una pittura colma di tendenze
internazionali della sua epoca. Le potenzialità d’ Antonello da Messina lo
collocano all’ avanguardia del Rinascimento in Italia.

Purtroppo, il corpus d’ opera del pittore rimane incompleto nonostante gli


sforzi consentiti dai vari ricercatori impegnati a restituirgli una giusta fama, per
problema di datazione e per l’ intensa presenza nel bacino mediterraneo d’ artisti di
una maniera simile alla sua.

Un gran motivo che ci fa capire il punto di partenza della carriera d’ Antonello


è, la circolazione di grandi modelli fiamminghi secondo una geografia che resta in
gran parte da stabilire, ma la cui ha determinato questa originale formulazione del
linguaggio d’ Antonello;il che anche significa che il viaggio educativo d’ Antonello
nelle Fiandre di cui parla Vasari ,non è a dire il vero una condizione indispensabile
per spiegare il suo stile e la sua tecnica. Il pittore si recò altrove forse in Provenza,
dove ha sicuramente conosciuto gli artisti attivi alla corte di Renato d’ Angiò e
dove probabilmente, ha potuto studiare gli esemplari d’ origini fiamminghe.

22
BIBLIOGRAFIA

(a)* I taccuini di appunti di Luigi d’ Aragona .

(b)* I taccuini di appunti di Marcantonio Michiel .

Lettere a Marcantonio Michiel, Summonte, 1524.

Le Vite, Vasari, 1568 .

De Viris Illustribus, Bartolomeo Facio, 1475 .

Storia pittorica della Italia, L Lanzi, 1795-1796 .

Memorie dei pittori messinesi e degli esteri che in Messina fiorirono, Grosso
Cacupardo, 1821.

Taccuino 9 , G B Cavalcaselle, 1860 .

Frammenti siciliano in “ Paragone”, Roberto Longhi, 1953 .

La pittura Fiamminga, Roberto Salvini, 1953 .

I rapporti Italia-Fiandra, L Castelfranchi Vegas, 1966 .

Antonello e l’ Europa, Fiorella Scricchia Santoro,1986 .

Antonello da Messina, Gioacchino Barbera, 2004 .

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