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Serial Killer. Un viaggio alla scoperta dell’oscuro mondo degli assassini seriali
Serial Killer. Un viaggio alla scoperta dell’oscuro mondo degli assassini seriali
Serial Killer. Un viaggio alla scoperta dell’oscuro mondo degli assassini seriali
Ebook827 pages8 hours

Serial Killer. Un viaggio alla scoperta dell’oscuro mondo degli assassini seriali

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About this ebook

Cariulo fornisce un contributo fondamentale allo studio e alla compresione della mente e dei comportamenti dei serial killer. Attraverso un approccio rigorosamente scientifico, basato sullo studio di migliaia di casi e di quanto finora le diverse discipline - psicologia, genetica, medicina e altre - hanno offerto, Cariulo dona alla materia nuove interessanti prospettive volte non solamente alla comprensione di un fenomeno affascinante quanto apparentemente alieno, ma anche al trattamento e alla possibile prevenzione di una manifestazione della mente e del comportamento umano molto più ampia e diffusa di quanto si potrebbe pensare.

Alessandro Cariulo nasce a Firenze il 17 settembre 1988, ed è psicologo iscritto all’Ordine degli Psicologi della Regione Toscana. Nel 2018 ha conseguito il Master di II Livello in Criminologia e Psicopatologia Forense presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia di Firenze. Formatore dal 2014 in ambito criminologico (stalking, criminal profiling, crimini seriali e rituali) e psicologico (comunicazione, gestione e risoluzione dei conflitti e tematiche psico-sociali). 
LanguageItaliano
Release dateFeb 28, 2023
ISBN9788830680111
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    Serial Killer. Un viaggio alla scoperta dell’oscuro mondo degli assassini seriali - Alessandro Cariulo

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    INTRODUZIONE

    Seduto sotto la tettoia del porticato della mia casa sperduta in mezzo ai boschi nel Mugello inizio a raccogliere le idee per dare il via alla mia opera, come mi piace chiamarla. Qui, in mezzo al verde e alla natura, tra galline, anatre e conigli. Qui, a circa 40 chilometri dalla città dove sono nato, cresciuto e dove vivo, la mia amatissima Firenze. Proprio in queste campagne, per diciassette anni, un imprendibile assassino, forse il più implacabile e astuto della storia della criminologia moderna, ha mietuto sedici giovani vittime. Sto parlando del Serial Killer noto come Mostro di Firenze. Il più famoso assassino seriale della storia, definito a torto come il primo Serial Killer della storia, che ha unito generazioni e appassionati da tutto il mondo, ovvero Jack lo Squartatore, ha ucciso cinque vittime nel giro di tre mesi, in una zona ristretta di Londra. Questo per far capire, in proporzione, la portata del caso fiorentino. Firenze e il Mostro, un legame non voluto, non cercato, ma senza dubbio indissolubile. Sono in molti a chiedermi: ma come ti è nata questa passione per lo studio delle menti criminali? Io rispondo che, in realtà, non mi ricordo il momento esatto in cui questo interesse è nato, anche se l’attenzione verso il caso del Mostro, unito al mio legame viscerale con la città di Firenze, ha senza dubbio giocato un ruolo importante. Posso dire che come tesina all’esame di maturità, al termine dei cinque anni di liceo scientifico, ho deciso di portare "Storia della criminologia: da Lombroso a CSI. Superata, non senza fatiche, la maturità, mi sono iscritto alla Facoltà di Psicologia, con il sogno di studiare le menti umane, ma soprattutto le menti criminali. Conclusa la triennale, con una tesi sul Disturbo Ossessivo – Compulsivo, ho continuato con la Magistrale in Psicologia Clinica, stavolta conclusa con una tesi sullo Stalking. Dopo la laurea e l’abilitazione come Psicologo ho raggiunto il mio vero sogno, ovvero il Master di II Livello in Psicopatologia Forense e Criminologia presso l’Università di Firenze. In questo caso la tesi finale, scritta a quattro mani con il mio amico e collega, l’avvocato Alessandro Paci, fu incentrata sul criminal profiling applicato ai crimini rituali, con l’approfondimento del caso italiano delle Bestie di Satana".

    Gli studi riportati in questa opera sono il frutto di oltre quindici anni di studi che ho effettuato leggendo un centinaio di libri di testo, innumerevoli articoli, in italiano e in inglese, corsi di formazione, convegni e seminari in giro per tutta Italia, sull’argomento criminologia, ma soprattutto sul tema dei delitti multipli e seriali. Inoltre saranno riportare anche le conclusioni a cui sono giunto studiando le biografie, reperite in libri, articoli sul web, siti e materiale di studio, di oltre mille Serial Killer, di tutte le epoche e provenienti da ogni parte del mondo. Ma cosa si intende con il termine serialità?

    Gli assassini seriali vengono spesso definiti mostri. C’è un motivo per cui li definiamo mostri, cioè perchè li vogliamo allontanare da noi, il più possibile. Vampiri, lupi mannari, streghe, questi sono i mostri, molto probabilmente ispirati a casi di omicidi seriali che non si sapevano spiegare in altro modo.

    Prima di immergerci nella nostra analisi dobbiamo fare chiarezza su questo punto. Gli assassini seriali non sono mostri: sono uomini. Spesso banali e anonimi, persone che se le incontri per strada non le noti, non ti giri a guardarle. Se non ci mettiamo in testa questo, non potremo mai comprendere la psicologia di questi soggetti. Sono persone che trascorrono il Natale in famiglia, festeggiano i loro compleanni e quelli dei loro cari, vanno in vacanza, vanno a teatro, al cinema o al ristorante. 

    Predatori di essere umani

    Molto spesso, quando sentiamo parlare di Serial Killer, ci riferiamo a loro come predatori di esseri umani. In natura, con il termine predatore, si intende una specie che caccia e si ciba di membri di altre specie. I predatori riescono a ricoprire un ruolo fondamentale nella catena alimentare proprio attraverso la predazione, tenendo sotto controllo la popolazione delle prede e favorendo la spinta evolutiva, portando allo sviluppo di adattamenti antipredatori. Il Serial Killer caccia prede umane, all’interno della propria specie quindi, ma il suo obiettivo di fondo, come detto più volte in questa sede, è quello di ottenere il potere e il dominio, aspetto che lo avvicina molto ai predatori animali. Così come per gli animali, anche i Serial Killer presentano diverse modalità di caccia e di cattura delle vittime. I grandi felini, i mammiferi, gli uccelli, i rettili, gli insetti e i pesci, tutti loro mettono in atto tecniche di caccia diverse. I leoni cacciano in territori non troppo distanti dalla loro tana, ma comunque neanche troppo vicini, e al momento dell’attacco scelgono la preda che appare come più debole e vulnerabile in mezzo ad un branco di potenziali prede; la pantera nera, mimetizzata nelle tenebre, è implacabile nelle ore notturne; il camaleonte, così come altri rettili e serpenti, sfrutta la sua grande capacità di mimetizzazione e di adattamento all’ambiente per aggredire la preda e prenderla di sorpresa; i saprofagi sono più interessati alle carcasse; orche, squali e otarie fanno a pezzi le loro vittime; i rapaci sono soliti piombare sulle loro prede per poi portarle al sicuro nei loro nidi; i ragni tendono ad attirare le prede in casa propria.

    Anche nell’interazione a distanza Serial Killer - vittima si possono notare elementi caratteristici dell’interazione predatore - preda, con quest’ultima che può mettere in atto degli avvertimenti: gli avvertimenti servono per demotivare il predatore ad attaccare la preda. Quando le gazzelle vedono un possibile predatore, cominciano a correre lentamente compiendo ampi salti, effettuando quello che viene chiamato stotting. Così facendo comunicano al predatore che è stato avvistato e che le sue possibilità di successo sono diminuite. I predatori quindi, rinunciano spesso alla caccia, avendo capito che da quel momento essa non è più redditizia. Allo stesso modo, il killer organizzato, può percepire dei segnali che lo inducono a non mettere in atto l’azione aggressiva, o almeno a posticiparla o a cambiare obiettivo.

    Infine c’è il concetto di superpredatore, anche chiamato predatore alfa o predatore dominante, ovvero quel predatore che, nel suo habitat, è all’apice della catena alimentare e non può essere cacciato da nessuno se non da un animale appartenente alla sua stessa specie.

    Un concetto interessante riguarda anche l’osservazione dei comportamenti di alcuni predatori. Uno di questi è il gatto domestico il quale, se ne ha la possibilità, è solito andare a caccia di topi, uccelli, pipistrelli o piccoli rettili, nonostante non sia una necessità dovuta al bisogno di cibo. Tra l’altro quasi mai il gatto mangia l’oggetto della sua battuta di caccia. Molto spesso ci gioca per un po’, a volte lo fa a pezzi, prima di portarlo in dono al suo padrone. È interessante perché ci fa capire come il comportamento predatorio, in una situazione di cattività e non necessità, possa comunque essere portato avanti e sia visto anche come un modo per far vedere al proprio padrone la propria bravura e capacità, al fine di essere lodato e apprezzato.

    È importante a questo punto, riprendendo gli studi di Reiss sull’aggressività, fare una distinzione tra due tipologie di aggressività:

    - Aggressività Predatoria Þ Cioè un’aggressività in cui la componente affettiva è del tutto assente, finalizzata al soddisfacimento di bisogni primari.

    - Aggressività Affettiva Þ Aggressività che presenta un’attivazione vegetativa di natura eccitatoria ed è finalizzata alla difesa del proprio territorio e dei propri beni o all’offesa del nemico o potenziale tale.

    Nel mondo animale (non umano) l’aggressività affettiva è legata principalmente all’aspetto sessuale e quindi all’eccitazione, mentre l’aggressività predatoria è legata al reperimento di cibo, non ha nessuna componente vegetativa di tipo eccitatorio.

    Negli esseri umani invece, il facile reperimento di cibo, fa sì che gli impulsi predatori si spostino sul partner sessuale con comportamenti e gesti simbolici (morsi, graffi, baci che integrano normalmente il rapporto sessuale). Tutti questi comportamenti però, in alcuni casi, possono spingersi fino a danneggiare e anche uccidere il proprio partner, che sia occasionale oppure no.

    Chi sono e come agiscono gli assassini multipli: Serial Killer, assassini di massa, frenzy killer, pluriomicidi

    Casa monofamiliare in zona residenziale, fuori dal caos cittadino. È sera. Una ragazza adolescente è sola in casa, i genitori sono usciti per andare al cinema. Improvvisamente, mentre la ragazza si sta preparando un po’ di popcorn da consumare davanti ad un bel film, sente squillare il telefono e risponde. Un uomo dice di aver sbagliato numero. Passano pochi minuti e il telefono squilla di nuovo: è sempre lo stesso uomo che dice di volersi scusare per l’errore e vorrebbe parlare un po’ con lei, la ragazza riaggancia. Il telefono squilla ancora, l’uomo si fa minaccioso, aggressivo e inquietante, dice di vedere la ragazza, che adesso è terrorizzata. Dice di voler fare un gioco con lei e che se perderà, il suo ragazzo verrà ucciso, che se non le crede dovrà solo accendere le luci del giardino. Lei esegue, vede il suo ragazzo legato ad una sedia, polsi, caviglie e bocca sono fermati dal nastro adesivo. Adesso il terrore della ragazza è alle stelle e accetta la sfida dell’uomo misterioso. Solo che perde. Il ragazzo viene ucciso, con uno squarcio sul ventre. Lei cerca di fuggire dalla casa attraverso il giardino, ma l’assassino la raggiunge e la pugnala molte volte, prima di appenderla, legata con una corda intorno al collo, ad un grande albero nel suo giardino, con il ventre squarciato e le interiora che fuoriescono. Questa appena descritta è la scena iniziale del primo atto di "Scream – Chi urla muore", film horror del sottogenere slasher diretto da Wes Craven nel 1996. Anche se il film è stato ispirato ai delitti di Gainesville, commessi da Danny Rolling nel 1990, non è realtà. Però potrebbe benissimo esserlo. Questa scena infatti l’ho scelta perchè racchiude alcuni elementi importanti per alcuni tipi di assassino seriale:

    - Trarre piacere dal terrore provocato nella vittima.

    - Fare in modo che la vittima sia nelle sue mani, avere il massimo potere.

    - Agire con violenza con atti di overkilling.

    - Mettere in posa il cadavere dopo l’omicidio.

    Questi sono solo alcuni degli elementi essenziali per la soddisfazione del Serial Killer, o almeno per alcuni tipi di Serial Killer, che saranno approfonditi in seguito.

    Quando parliamo di assassini multipli però non possiamo riferirci solo ai Serial Killer. Ci sono infatti anche altre tipologie di omicidi multipli. E allora proviamo a fare intanto una classificazione delle diverse tipologie di omicidio multiplo.

    LA CLASSIFICAZIONE DEGLI OMICIDI MULTIPLI (CARIULO, 2021)

    Iniziamo suddividendo, attraverso la classificazione ripresa in parte dagli studi effettuati dagli esperti del Federal Bureau of Investigation (F.B.I.), le vari tipologie di assassini multipli:

    - Frenzy Killer, o killer per frenesia

    - Mass Murderer, assassini di massa

    - Serial Killer

    - Pluriomicidi

    Vediamo quali sono le caratteristiche che definiscono e differenziano queste tipologie.

    Frenzy Killer

    Soggetto che uccide o tenta di uccidere almeno due persone in luoghi separati all’interno di una stessa azione omicidiaria, in questo caso è da sottolineare il continuum spazio-temporale che lega un delitto al successivo. Il killer smette di uccidere solo con l’arresto, l’uccisione o il suicidio. Gli omicidi sono determinati da un impulso incontrollabile e la scelta delle vittime è spesso casuale, si tratta di persone capitate nel posto sbagliato al momento sbagliato. Quello che lo differenzia da una assassino di massa è che ci sono più scene del crimine, mentre per il killer di massa abbiamo una sola scena del crimine, mentre si differenzia dal Serial Killer per il fatto che gli omicidi sono collegati tra loro da un continuum spazio-temporale. Si possono individuare diverse tipologie di Frenzy Killer:

    o Per divertimento

    o Per vendetta

    o Per controllo e affermazione del potere

    o Psicotico

    Le motivazioni quindi sono da ricercare solitamente in un bisogno di divertimento, vendetta o odio, controllo e affermazione del proprio potere, depressione, paranoia, disturbi psicotici con allucinazioni o deliri.

    Mass Murder (assassino di massa)

    Soggetto che uccide quattro o più persone in uno stesso luogo e in uno stesso episodio, spesso l’azione si conclude con l’arresto, l’uccisione o il suicidio del killer. Può colpire un nucleo familiare, proprio o estraneo, o comunque un gruppo omogeneo (colleghi, compagni di scuola, comunità etnica, ecc.) oppure può colpire un gruppo di persone eterogeneo, in modo casuale:

    o Family Mass Murder: omicidio di massa le cui vittime sono familiari del/dei killer.

    o Public Mass Murder: omicidio di massa commesso in luoghi pubblici come stazioni, metropolitana, mezzi pubblici, parchi, luoghi all’aperto.

    o School Mass Murder: omicidio di massa commesso in un contesto scolastico/universitario.

    o Work Mass Murder: omicidio di massa commesso da un soggetto sul suo posto di lavoro attuale o dal quale è stato licenziato.

    o Mall Mass Murder: omicidio di massa che avviene in un centro commerciale.

    o Racist Shooter: omicidio di massa per ragioni legate al razzismo.

    o Religious Mass Murder: omicidio di massa legato a motivazioni religiose.

    o Omophobic Mass Murder: omicidio di massa legato ad omofobia.

    o Serial Mass Murder: assassino che commette più omicidi di massa, in luoghi e tempi diversi, ponendo un cooling off period (periodo di raffreddamento emotivo) tra un’azione omicidiaria e la successiva. Sono in genere Serial Killer che utilizzano armi da fuoco, incendiarie o esplosive, non hanno contatto fisico con la vittima e prestano molta attenzione al controllo della scena del crimine.

    o Terrorist Mass Murder: omicidio di massa legato ad attacco terroristico.

    o Assassino Seriale di Massa (Serial Mass Murderer): soggetto che uccide tre o più vittime in ogni azione omicidiaria che mette in atto. Per rientrare in questa categoria il soggetto deve commettere due o più omicidi di massa (con 3 o più vittime ciascuno).

    Le motivazioni che stanno dietro a queste azioni comprendono solitamente vendetta o odio, depressione, paranoia, disturbi psicotici con deliri e allucinazioni.

    Multiple Murderer (pluriomicida)

    Soggetto che uccide due o più persone per motivazioni esclusivamente materiali. Tra le motivazioni principali che portano il soggetto a uccidere più vittime ci sono l’appartenenza ad un’organizzazione criminale, una vendetta diretta, motivi passionali, motivi economici, cercare di insabbiare un altro crimine, eliminare un testimone o una prova importante. La scia di sangue si può fermare con l’arresto dell’assassino o con l’esaurimento della richiesta materiale.

    Secondo il professor Paolo De Pasquali esistono i seguenti tipi di pluriomicida:

    - Killer professionisti o sicari: assassini che uccidono per ottenere un compenso economico.

    - Killer affiliati ad un’organizzazione criminale: killer che uccidono per ordine dell’organizzazione.

    - Killer utilitaristici o motivazionali: assassini che uccidono nel corso di altre azioni criminali o per coprire altri crimini, eliminare testimoni o prove importanti.

    - Killer a motivazione ideologica: assassini che uccidono per ragioni ideologiche che possono essere di ordine religioso, politiche o patriottiche.

    Va sottolineato che in tutti questi casi è assente il piacere che il killer prova nel mettere in atto il delitto. Si tratta di delitti che, anche se ripetuti, rispondono ad un movente classico.

    Serial Killer

    Soggetto che mette in atto due o più azioni omicidiarie, in luoghi separati e in tempi diversi (separazione spazio - temporale). Il numero di vittime in una o nell’altra azione omicidiaria non è importante, quello che lo inquadra come Serial Killer è l’intervallo tra le azioni: questo gli consente di scaricare la tensione. Il periodo di intervallo tra un delitto e l’altro, chiamato Emotional Cooling Off (ECO), può variare da ore, giorni, settimane, mesi o anche anni. Le motivazioni principali di questa tipologia di assassini, che analizzeremo di seguito, sono principalmente legate alla psicopatologia, alla gratificazione psico-sessuale e soprattutto alla sensazione di potere, controllo e dominio assoluto sull’altro. Per fermare la serie, oltre all’arresto, è possibile che il killer sia impossibilitato a colpire (morte, incarcerazione, grave malattia), oppure che la sua spinta motivazionale sia esaurita o sostituita da un’attività lecita.

    Non esistono limiti a quello che un individuo può fare agli altri o a se stesso. (Roy Hazelwood).

    Un altro aspetto da tenere presente è che quando si parla di sessualità non ci sono limiti agli stimoli che per un soggetto possono risultare eccitanti. A volte si dice che sono atti illogici, ma in realtà c’è sempre una logica, che deve però essere individuata all’interno della mente del soggetto che mette in atto tali comportamenti.

    Per definire nel modo più completo possibile le varie tipologie di omicidio multiplo, oltre a soffermarsi sulle motivazioni che spingono il soggetto ad agire, è importante analizzare le azioni messe in atto da questi assassini, facendo una chiara distinzione tra Azione Omicidiaria ed Evento Omicidiario.

    L’Azione Omicidiaria

    Il concetto di azione omicidiaria fu introdotto per la prima volta dal criminologo Ruben De Luca nel 2001, all’interno della sua definizione di Serial Killer. Tale affermazione sposta l’attenzione sulla centralità dell’intenzione di uccidere la vittima da parte dell’aggressore. Il fatto che a volte la vittima riesca a sopravvivere è dovuto solo al caso o ad altre variabili, come per esempio l’intervento di terze persone sulla scena del crimine che impediscono all’aggressore di concludere la sua azione. L’azione omicidiaria implica quindi la volontà di uccidere una o più vittime.

    L’Evento Omicidiario

    Insieme al concetto di Azione Omicidiaria c’è quello di Evento Omicidiario. Per Evento Omicidiario si intende una situazione in cui vi è almeno una vittima, che può essere stata uccisa o aggredita con l’intenzione comunque di uccidere (Azione Omicidiaria). Questo concetto è fondamentale per poter distinguere le varie tipologie di omicidio multiplo:

    - Evento Omicidiario circoscritto Þ Può essere caratteristico di un omicidio singolo, ma anche di un duplice delitto, un triplice delitto o di un omicidio di massa. In questo caso gli omicidi si concentrano tutti in uno stesso luogo e vengono commessi più o meno contemporaneamente e l’azione omicidiaria coincide con l’evento omicidiario.

    - Evento Omicidiario diffuso Þ Si tratta di una situazione dove in genere ci sono almeno due vittime, uccise in più luoghi separati. È un’azione che si sviluppa lungo un continuum in cui il soggetto o i soggetti responsabili continuano ad uccidere le persone che incontrano lungo il loro percorso. In questo caso, che definisce il cosiddetto Frenzy Killer, è assente l’emotional cooling off.

    - Evento Omicidiario reiterato o ripetuto Þ Centrale per la definizione di Serial Killer, si tratta di più eventi omicidiari che sono separati l’uno dall’altro da un certo intervallo di tempo, chiamato Emotional Cooling Off.

    Se nel caso del Mass Killer e del Serial Killer abbiamo una sola azione omicidiaria (nel caso del serial killer più azioni omicidiarie, però separate da un netto intervallo di tempo), nel caso del Frenzy Killer c’è un singolo evento omicidiario, che però comprende due o più azioni omicidiarie, concatenate l’uno all’altro.

    CAPITOLO 1: LA STORIA DELL’OMICIDIO SERIALE

    1.1 La definizione dell’omicidio seriale

    Il termine Serial Killer, che deriva dal tedesco "Serienmorder, usato per la prima volta proprio in Germania nel 1930, da Ernst Gennat, un criminologo tedesco, in riferimento ai delitti commessi da Peter Kurten, è stato ripreso da Robert Ressler, agente F.B.I., negli anni ’70 del secolo scorso, era stato preceduto da altre definizioni, come per esempio Chain Killer", in italiano killer a catena (1957).

    Definizione F.B.I. anni ’80 Þ Serial Killer è colui che uccide almeno tre persone in luoghi e tempi diversi, ponendo un intervallo di raffreddamento emotivo (cooling – off period) tra un episodio e l’altro.

    Questa definizione, anche se è ancora utilizzata da alcuni professionisti, non è più attuale ed è stata sostituita e aggiornata: si definisce Serial Killer un soggetto (o più soggetti) che commette due o più azioni omicidiarie ponendo tra esse un intervallo, che può essere variabile da un caso ad un altro, anche all’interno della stessa serie omicidiaria, e che viene chiamato Emotional Cooling Off (ECO). Quello che caratterizza questi soggetti è la loro costante ricerca di potere e dominio sugli altri, un bisogno che può essere soddisfatto per un certo lasso di tempo, ma che poi si ripresenta, inesorabile. La serie si può interrompere se il soggetto individua un altro modo, oltre l’omicidio, per soddisfare questo bisogno, o se ne subentra un altro, potendo così gratificarsi. Nel corso della storia l’uomo ha sempre ucciso suoi simili, anche se, con il passare delle epoche, sono cambiati i bisogni che lo hanno spinto a farlo: dalla ricerca di cibo, all’accaparrarsi una partner, un’abitazione, fino al desiderio di voler affermare il proprio dominio e potere sul prossimo. Ecco che anche l’omicidio seriale, come ogni altra forma di omicidio, non fa eccezione in tal senso.

    Sempre secondo l’F.B.I. il serial killer può essere organizzato quando pianifica con accuratezza i suoi delitti, sceglie le sue vittime in maniera particolare secondo alcuni legami simbolici che queste avrebbero con lui, ma è comunque probabile che egli non le conosca affatto; oppure disorganizzato, quando sente il desiderio di uccidere con pulsioni improvvise senza alcuna organizzazione, sceglie quindi le sue vittime in modo casuale e abbandona la scena del delitto senza preoccuparsi di eliminare le tracce.

    Nel 1990 Steven Egger sottolinea come il movente di questa particolare tipologia di omicidi non sia materiale o monetario, ma legato alla soddisfazione dei desideri dell’assassino, che vuole avere il controllo totale sulle sue vittime.

    John Douglas, un altro agente speciale F.B.I., definisce l’omicidio seriale riportando tre parole: Manipolazione, Dominio, Controllo.

    I Serial Killer sono soggetti sani di mente, capaci di interrompere la scia di violenza quando più lo desiderano, oppure soggetti affetti da gravi disturbi mentali che li rendono schiavi della loro condotta omicidiaria? Possiamo dire che la verità sta nel mezzo, o meglio, è una somma delle due opzioni. Secondo Ponti e Fornari (1995) gli assassini seriali uccidono per provare piacere, ricercano quindi l’omicidio per soddisfare un bisogno interno e sono affetti principalmente da disturbi della personalità e legati alla sfera sessuale. Al contrario per Lunde (1976) la maggior parte dei Serial Killer sarebbero infermi di mente, suddivisi in due gruppi:

    - Schizofrenici paranoidi o psicotici, che uccidono spinti da allucinazioni, deliri mistici e di persecuzione.

    - Sadici sessuali, che uccidono dopo aver sottoposto la vittima a lunghe torture.

    Anche secondo Benezech (1992) i Serial Killer sono divisi in due categorie, esattamente come Lunde, anche se lui le identifica come Psicotici (schizofrenici paranoidi) e Psicopatici (sadici sessuali) così come l’F.B.I. li suddivide in Organizzati (psicopatici) e Disorganizzati (psicotici).

    Anche se nel corso degli anni si sono susseguite una serie di definizioni dell’omicidio seriale, ad oggi, grazie agli studi aggiornati dell’F.B.I. e di molti altri studiosi, tra cui l’italiano Dottor Ruben De Luca, possiamo definire una serie omicidiaria quando abbiamo due o più omicidi commessi da uno stesso soggetto, o da più soggetti insieme, in luoghi diversi o nello stesso luogo con un intervallo temporale tra un’azione omicidiaria e l’altra. Tale intervallo, definito Cooling Off Period, può variare da poche ore, a giorni, mesi oppure anni (De Luca, 2001). Nella maggior parte dei casi il Serial Killer è un uomo bianco che agisce da solo ed inizia ad uccidere tra i 35 e i 40 anni, ma un Serial Killer può anche agire in coppia o in gruppo (tre o più persone), essere una donna, appartenere a qualsiasi etnia, iniziare ad uccidere in età adolescenziale così come in età adulta (anche intorno ai 50 anni). Si definisce Serial Killer Potenziale anche colui che commette un solo delitto e, una volta catturato, manifesta il chiaro intento di uccidere ancora tramite dichiarazione o testi scritti, inoltre è considerato Serial Killer anche un soggetto che non uccide materialmente le sue vittime ma che manipola altri soggetti affinché commettano dei delitti (De Luca, 2001). Il Serial Killer, che può uccidere una o più vittime in una singola azione omicidiaria, è considerato tale perché ricerca la morte di coloro che ha individuato come possibili vittime; il fatto che tali vittime sopravvivano o meno al suo attacco non è determinante. In genere il Serial Killer sceglie una tipologia particolare di vittima e ricerca il contatto fisico con loro, ma ci sono anche casi (come gli incendiari, dinamitardi o cecchini) in cui il soggetto non sceglie una tipologia di vittime specifica ed evita il contatto con loro, controllando la scena del crimine dall’esterno (De Luca, 2001). L’opinione diffusa individua il Serial Killer come un soggetto con disturbi mentali ma, a parte i soggetti psicotici che uccidono in preda a deliri e allucinazioni, soprattutto uditive, ma talvolta anche visive, ma che rappresentano una netta minoranza della casistica internazionale, si possono individuare soggetti con disturbi di personalità, in particolare appartenenti al cluster A e B, psicopatia/sociopatia o con disturbi del comportamento sessuale che però difficilmente inficiano la loro capacità di intendere e volere: il Serial Killer infatti, nella maggior parte dei casi, è in grado di controllare i propri impulsi omicidi, ritardarli o metterli in atto a seconda della situazione (per esempio se si sente braccato dalla polizia può interrompere la sua serie di delitti, spostarsi in altre zone, ecc.), anche se con il progredire della serie possono acquisire una sicurezza eccessiva ed incorrere in errori che possono essere loro fatali. In alcuni casi, anche se rari, il Serial Killer può interrompere la serie di delitti perché nella sua vita si è verificato un evento che ha preso il posto, quanto a gratificazione personale, dell’atto di uccidere (esempio si sposa, ha figli, trova un lavoro gratificante, riesce a mettere in atto le sue fantasie con partner consenziente) o perché la spinta motivazionale si è esaurita, come può accadere in ogni altro tipo di attività. Anche se a volte i Serial Killer possono manifestare un movente volto al guadagno personale, per esempio per le Vedove Nere (donne che uccidono mariti) e i Barbablù (uomini che uccidono le mogli), in realtà uccidono sempre per soddisfare un bisogno di potere, che li porta ad ottenere una gratificazione psico-sessuale, derivata da una serie di frustrazioni accumulate nel corso dello sviluppo psico-sessuale e che non riescono ad ottenere in altro modo. Questo è anche il caso di alcuni killer di professione appartenenti ad organizzazioni criminali, terroristi e soldati (De Luca, 2001). Anche l’Angelo della Morte, il killer che uccide un soggetto che ha in custodia, in una corsia di ospedale, che sia infermiere o medico, in una casa di cura, nell’atto di accudire un anziano o un bambino o addirittura nell’atto di soccorrere altre persone (il caso dei paramedici e soccorritori killer) prova un piacere sessuale nel decidere quando interrompere la vita di un’altra persona. Per quanto riguarda l’organizzazione e la pianificazione dei delitti si va da una completa organizzazione (rarissima, quasi impossibile da individuare) ad una del tutto assente (caratteristica degli psicotici) lungo un continuum dove la maggior parte dei Serial Killer si colloca in una posizione intermedia di organizzazione parziale.

    Secondo quanto teorizzato da Hillman (1996) nel suo libro Il codice dell’anima, i Serial Killer sono soggetti che hanno una propensione naturale a comportarsi così, sono nati con un cattivo seme, che le condizioni in cui hanno poi vissuto e in cui si sono sviluppati hanno portato a far emergere un comportamento violento, nel caso particolare commettere omicidi in serie. Stiamo parlando di condizionamenti dovuti a traumi infantili, l’essere privati delle necessarie cure nei primi anni di vita, l’essere sottoposti a violenze di vario tipo, denutrizione, danni cerebrali e la condizione di figlio illegittimo o indesiderato, a cui si sommano problematiche fisiologiche disfunzionali (eccesso di testosterone, serotonina insufficiente, scarso sviluppo di alcune strutture cerebrali, in particolare sistema limbico e corteccia prefrontale, squilibri ormonali, ecc.), l’importanza del gruppo dei pari (soprattutto dalla pubertà alla fine dell’adolescenza), la scelta di uccidere perché da questa azione ricava una ricompensa positiva da un punto di vista emotivo, quella propensione psicologica verso la distruzione (l’ombra, presente in tutti noi, ma che in questi soggetti si manifesta all’esterno), la totale assenza di capacità empatica e la tendenza a realizzare quei desideri di onnipotenza. Tale teoria risulta molto interessante poiché Hillman unisce aspetti biologici, ambientali e relazionali, dando una discreta interpretazione di quello che effettivamente è il fenomeno dell’omicidio seriale.

    Ma qual è l’elemento fondamentale che guida l’azione del Serial Killer? Senza dubbio la sua fantasia e, in particolare, quella che maggiormente lo caratterizza, che lo porterà a pianificare maggiormente un aspetto dell’omicidio o alcune delle azioni che lo precedono o che lo seguono rispetto ad altre: per esempio la scelta della vittima specifica, le modalità di cattura della stessa, le armi e le modalità utilizzate per l’uccisione, la disposizione del cadavere e l’occultamento o meno dello stesso. In tal senso possiamo individuare alcune caratteristiche specifiche:

    Dipendenza da una specifica situazione: in questi casi l’impulso ad uccidere viene attivato in una certa situazione o in certe condizioni, che in genere portano all’uccisione di vittime in modo rapido, poiché è la situazione che interessa principalmente all’offender. A volte questi soggetti sono spinti ad uccidere in situazioni che li ricollegano a particolari eventi traumatici da loro subiti o osservati. Per esempio il Mostro di Firenze era un Serial Killer che presentava questa caratteristica.

    Predisposizione alla caccia (presenza di stalking): killer che dedicano molto tempo alla ricerca della vittima adatta, la seguono a lungo, proprio come una battuta di caccia, poi attendono il momento giusto per colpire (Serial Killer stalker) e una volta uccisa la vittima portano via un trofeo, ovvero una parte del corpo della vittima, che ha la stessa funzione della testa dell’animale ucciso dal cacciatore ed esposta nel suo salotto, dimostrazione del suo successo. Una classica espressione di questo Serial Killer è senza dubbio il killer dell’Alaska, Robert Hansen, il cacciatore di donne.

    Predisposizione al collezionismo: prediligono un tipo specifico di vittima, dedicano molto tempo alla ricerca della vittima più adatta, che può rispondere ai loro ideali in base a certe caratteristiche, una volta uccise il killer può portare via parti del corpo o oggetti (può fare anche foto, video o audio) appartenuti alla vittima che hanno funzione di souvenir, esattamente come il turista che visita una città e si porta via la miniatura del monumento principale per poi osservarlo e rivivere i momenti della vacanza. Anatolij Onoprijenko, killer ucraino che amava portare via dalle scene dei delitti oggetti appartenuti alle vittime, che poi conservava nella sua casa. Anche Ed Gein era un collezionista, anche se con tendenze Schizoidi.

    Bisogno di comunicare: questa caratteristica è di quei killer che amano comunicare lasciando messaggi, anche scritti, sulle scene del crimine, sui corpi delle vittime, oppure mandando lettere in seguito agli omicidi a media e forze dell’ordine. Zodiac, ma anche Jack lo Squartatore, rientrano senza dubbio in questa categoria.

    Tendenze parafiliche: in questo caso i killer indirizzano la loro azione verso uno specifico comportamento sessuale, da loro preferito rispetto ad altri: feticisti (per parti del corpo, qualità fisiche, capi di abbigliamento), cannibali, vampiri, sadici, voyeuristi, pedofili. Un classico esempio di killer feticista è Jerome Brudos, che uccideva le sue vittime per poi asportare seni, ma soprattutto i piedi con le scarpe ancora indossate.

    Dipendenza da specifici rituali: in quasi tutti i Serial Killer si individua un certo grado di ritualità, ma per alcuni la messa in atto di uno schema ben definito, nei minimi dettagli, cercando di ripeterlo in ogni omicidio, è un aspetto centrale. Sono diversi dai Serial Killer Rituali secondo la definizione di De Luca e possono manifestare alcuni aspetti ossessivo-compulsivi nella realizzazione dei delitti, tanto da essere anche soggetti con Disturbo Ossessivo-Compulsivo di Personalità. Sono soggetti anche molto attenti a non lasciare tracce sulla scena del crimine e conoscono in modo più o meno approfondito le tecniche delle indagini scientifiche.

    Dipendenza dall’omicidio: sono soggetti che agiscono esattamente come chi è dipendente da sostanze o altre addiction, ricerca le sue vittime in modo costante e spasmodico, compromettendo anche la propria vita sociale e lavorativa (craving), il tutto nonostante i disagi e i danni a cui va incontro con questa attività. È presente il fenomeno della tolleranza, ovvero la necessità di uccidere le vittime in modo sempre più cruento con aumento di violenza (mutilazioni, torture, ecc.) e a distanza sempre più ravvicinata (ridotto cooling off) e in alcuni casi può essere presente il fenomeno dell’astinenza, con sofferenza psicologica o fisica del soggetto che non riesce a trovare ed uccidere vittime. Molto spesso questi killer presentano storie di abuso e dipendenza da sostanze.

    Problemi legati al controllo degli impulsi: sono quei soggetti che, esattamente come i soggetti che presentano problemi nel controllo degli impulsi, sentono una tensione crescente prima di mettere in atto l’omicidio, seguita da una sensazione di sollievo. Esattamente come i piromani, questi Serial Killer ottengono il sollievo, preceduto da tensione, nel mettere in pratica gli omicidi. In genere si tratta di soggetti con alle spalle, soprattutto in tenera età, precedenti per atti di piromania, spesso ripetuti (come Berkowitz), ed enuresi. Di questa categoria fa parte senza dubbio Donato Bilancia, il killer della Liguria, soggetto che presentava una patologia legata al gioco d’azzardo.

    Sindrome di Dio: sono quei soggetti che amano poter decidere quando e come interrompere la vita di una persona, si tratta in particolare di persone che lavorano in ambito medico/assistenziale (Angeli della Morte), coloro che lavorano come volontari di primo soccorso o nelle forze dell’ordine e causano incidenti per poi poter intervenire e salvare le vittime, madri o baby sitter con quella che viene definita Sindrome di Munchausen per Procura. Un esempio è dato da Sonia Caleffi, l’infermiera killer.

    Aspetti psicotici: si tratta di soggetti che uccidono sulla base di deliri (di grandezza, di persecuzione, erotomanici o di gelosia, somatici) e/o allucinazioni, per la maggior parte uditive ma anche visive. Spesso questi soggetti sono convinti di udire voci, spesso riferite ad entità superiori o divine, che gli ordinano di uccidere. La valutazione della capacità di intendere e volere deve essere fatta caso per caso. Alcuni deliri, in assenza di allucinazioni, possono essere considerati non bizzarri, e in questi casi il soggetto può mantenere una vita all’apparenza normale. In caso di allucinazioni accertate e provate, la capacità di intendere e volere può essere notevolmente ridotta o, in alcuni casi, anche esclusa. Poi ci sono i rarissimi casi di Serial Killer che presentano sintomi dissociativi (Disturbo Dissociativo dell’Identità, Amnesie dissociative con o senza fuga) o di soggetti con alterazioni dell’umore e sintomi psicotici ad essi correlati. In questa categoria possono rientrare anche quei soggetti appartenenti al Cluster A dei disturbi di personalità (Schizoidi, Schizotipici e Paranoidi), anche se non presentano dei veri e propri sintomi psicotici (deliri bizzarri e allucinazioni). Tra gli altri si possono ricordare Richard Trenton Chase, che uccideva perché convinto che il suo sangue si stesse polverizzando e doveva assumere il sangue delle sue vittime, ed Herbert Mullin, che uccideva convinto che in questo modo avrebbe impedito catastrofi naturali.

    Da sottolineare che difficilmente si individua una sola delle caratteristiche appena illustrate in un unico Serial Killer, ma piuttosto possiamo dire che il comportamento di un Serial Killer è determinato da un insieme di queste caratteristiche.

    Secondo Holmes e De Burger l’omicidio seriale si differenzia da altri tipi di omicidi plurimi principalmente per tre caratteristiche:

    - Ripetitività compulsiva Þ Il comportamento dei Serial Killer, in particolare l’atto di uccidere o tentare di uccidere, si ripete in modo ciclico e spesso ha origine da una forte spinta compulsiva.

    - Interazione diretta con vittime sconosciute Þ Anche se nella maggior parte dei casi è così, si è visto in anni recenti come i Serial Killer possano uccidere senza entrare in contatto diretto con la vittima (incendiari, dinamitardi, cecchini, Serial Killer per induzione).

    - Assenza di motivazioni evidenti e ben definite Þ In particolare qui si fa riferimento al fatto che il Serial Killer non ha una classica motivazione che si esaurisce con un’azione omicidiaria.

    Detto questo possiamo invece individuare delle caratteristiche che determinano il comportamento, se non di tutti, della maggior parte degli assassini seriali:

    - Fame di potere e dominio: una vera e propria dipendenza, che spesso porta questi soggetti a trovare uno o più complici per agire in coppia o gruppo ed agire il loro potere anche sui complici, oppure indurre proprio una persona a commettere delitti. L’omicidio seriale scaturisce da un mix di sesso, violenza, potere e morte. Questa tendenza si nota anche nei tentativi, spesso vani, ma a volte anche andati a buon fine come nei casi di Nilsen o Schaefer, di entrare a far parte delle forze dell’ordine. Molti di questi assassini si fingono agenti di polizia anche per avvicinare le loro vittime, facendo così abbassare le loro difese e ponendosi in un ruolo di potere, tale tecnica fu utilizzata da Bundy, Gacy, Buono e Bianchi e molti altri.

    - Tendenza ad agire i propri impulsi: sono soggetti che difficilmente riescono a non esprimere i propri impulsi, a non mettere in atto quelle fantasie che li dominano da molto tempo. E molto spesso non riescono, o comunque fanno fatica, a posticiparli.

    - Sindrome del Dottor Jekyll e Mister Hyde: Michael Bruce Ross, Serial Killer statunitense, nel corso di un’intervista che rilasciò in carcere affermò: "non riesco a raffigurami nell’atto di fare quelle cose, o di desiderare di commetterle, è come se la mia personalità fosse scissa in due parti, collocate su livelli diversi", salvo poi affermare poco dopo che passava ore a masturbarsi ripensando ai delitti commessi. Questo non può essere il comportamento di un soggetto con Disturbo Dissociativo dell’Identità (DDI), poiché tali soggetti non hanno ricordi, o se li hanno sono molto vaghi e confusi, delle azioni messe in atto dalle altre identità. Ma in questo caso non si intende uno sdoppiamento della personalità, bensì un soggetto che ha una personalità determinata da due facce: una che sfoggia nella vita quotidiana, in cui il soggetto non ha problemi ad inserirsi nella società, e una che invece manifesta nella sua vita segreta fatta di omicidi, stupri, torture e mutilazioni. Ted Bundy era un brillante studente di giurisprudenza e psicologia, era impegnato politicamente e lavorava per una linea di emergenza per chi voleva suicidarsi; John Wayne Gacy, imprenditore e inserito nella comunità in cui viveva anche a livello politico, era solito travestirsi da clown per intrattenere bambini, anche ricoverati in ospedale; Dean Corll, noto tra i suoi vicini come Candyman, era solito regalare dolciumi e caramelle ai bambini; John Edward Robinson, Serial Killer che adescava le sue vittime su internet, era solito indossare l’abito di Babbo Natale nel periodo delle feste per dare regali ai bambini; Joel Rifkin era un apprezzato giardiniere, salvo poi uccidere prostitute nel tempo libero; Denis Rader era un capo boyscout e attivo nella comunità religiosa di Wichita. E così l’elenco potrebbe continuare all’infinito. A volte però queste due facce, che per la maggior parte del tempo e nella maggior parte dei casi, sono tenute ben separate, tendono ad intersecarsi, ed ecco che il soggetto può incorrere in qualche errore di percorso. I soggetti psicotici non riescono ad interpretare i due ruoli, e infatti vengono scoperti prima.

    - Sindrome dell’imperatore romano: Come tutti i dittatori e tutti gli imperatori, il Serial Killer è convinto di trovarsi assolutamente nel giusto e davanti ad un’obiezione in tal senso reagisce con scatti d’ira e violenza. Tutti gli altri sbagliano. Si tratta di una modalità di pensiero normale nel bambino, ma quando va oltre l’infanzia diventa deleteria. Si tratta di persone estremamente egoiste ed egocentriche, che farebbero di tutto pur di soddisfare i propri bisogni e sarebbero disposti a tutto pur di giustificare i loro comportamenti, pur trattandosi di comportamenti violenti, aberranti e ingiustificabili. La colpa non sarà mai di questi soggetti, secondo la loro visione, ma di altre persone, di situazioni o di fattori esterni. Ted Bundy dichiarò di essere stato spinto ad alimentare le sue fantasie perverse dalla massiccia diffusione di materiale pornografico; John Wayne Gacy disse di aver fatto un piacere alla società, eliminando soggetti che potevano essere considerati come il male assoluto e lo stesso dirà Gary Ridgway, in riferimento alle prostitute da lui uccise. E in molti casi i killer cercano assurde giustificazioni per il loro comportamento: Arthur Shawcross disse che uccideva le sue vittime perché tentavano di derubarlo o lo deridevano per la sua impotenza; Gianfranco Stevanin considerava tutti i suoi delitti come incidenti, Harvey Carignan era convinto che le sue vittime volessero essere violentate.

    1.2 Perché i Serial Killer uccidono? Le motivazioni dietro al comportamento

    Wilson e Seaman (1990) affermano che l’omicidio seriale non è legato al sesso, ma al potere. Io aggiungerei che in questi soggetti sesso, potere, violenza e morte si fondono diventando una cosa unica. Per capire questa affermazione dobbiamo prima di tutto capire che la sessualità di un soggetto come un Serial Killer non è la sessualità come viene intesa dalla maggior parte delle persone.

    I delitti seriali, spesso, non rispondono ad un solo stimolo e anche nel corso della serie delittuosa uno stesso soggetto può commettere un delitto rispondendo ad uno stimolo e un altro rispondendo ad un altro. Inoltre, una volta catturati, i killer tendono a dare una loro versione dei fatti e a motivare i delitti a modo loro, secondo la loro visione, spesso dovuta anche alla messa in atto di meccanismi di difesa psicologica. Ecco che in questi casi è possibile individuare una motivazione primaria (quella reale, profonda) e

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