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Genova, 26.4.

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Umberto Bultrighini - Platone e la democrazia

1a. Thuc. II 40, 2


Le medesime persone hanno cura sia delle cose private sia di quelle pubbliche, e pure possibile, per altri vlti agli
rga [=attivit produttive], conoscere [tuttavia] non difettosamente le cose politiche. Noi Ateniesi siamo i soli a
considerare colui che non ha parte alcuna a queste cose come un uomo non tranquillo, ma inutile, e decidiamo
quanto meno, o ponderiamo, le questioni [pubbliche], ritenendo che non le [pubbliche] discussioni siano un danno
per l'azione, ma semmai il non essere istruiti dal dibattito prima di affrontare i nostri compiti.

1b. Platone, Protagora, 326c-d


E, quando si sono distaccati dalla scuola, la citt a questo punto li costringe a imparare le leggi e a vivere
conformandosi al loro modello, perch non agiscano da soli e a caso, (326 d) () la citt delinea delle leggi,
creazione di valenti e antichi legislatori, costringe a comandare e a essere comandati in conformit a esse, e punisce
chi esce dal loro tracciato.
trad. M. Dorati.
1c. Platone, Protagora, 318e- 319a
Oggetto dell'insegnamento la facolt di prendere decisioni accorte nelle questioni private - come possa cio
amministrare nel modo migliore la propria casa - e in quelle pubbliche - come possa cio essere pi idoneo a trattare
gli affari dello stato con la parola e con l'azione. Riesco domandai a star dietro al tuo discorso? Mi sembra che
tu stia parlando della tecnica della politica e promettendo di formare buoni cittadini.

1d. Platone, Protagora, 333c


Ti sembra che un uomo che commette ingiustizia sia saggio in quanto commette ingiustizia? Io, per parte mia,
Socrate, mi vergognerei ad ammetterlo, sebbene molti lo affermino. Ma a te o a costoro che dovr rivolgere il
mio discorso? Se vuoi, veditela prima con l'opinione della maggioranza.

2a. Platone, Menesseno, 246a


Valorosi furono a n c h e coloro che liberarono il Gran Re e scacciarono dal mare i Lacedemonii; io ve li
ricordo, ma anche voi dovete lodare e onorare insieme a me questi uomini.

2b. Platone, Menesseno, 243e


con quanto piacere e spirito fraterno quelli del Pireo e quelli dell'asty si mescolarono tra loro, anche contro le
aspettative degli altri Greci, e con quanta moderazione composero il conflitto con quelli di Eleusi!.

3. Platone, VII Lettera, 324b-326b


Un tempo, quando ero giovane, provai ci che provano tanti: pensai, una volta che fossi diventato padrone di me
stesso, di addentrarmi subito nelle questioni pubbliche della citt. [324c] E mi capitarono alcune contingenze nella
vicenda politica della citt, del seguente tenore. Dato che il regime politico di allora era oggetto di forti critiche da
parte di molti, avvenne un rivolgimento, e a capo del rivolgimento si misero cinquantuno uomini, () ma a capo di
tutto erano trenta dotati di pieni poteri. [324d] Capitava che alcuni di costoro fossero miei parenti e conoscenti, e
perci si davano subito ad invitarmi come a faccende che mi si confacevano. E non c' nulla da stupirsi della mia
reazione di allora, motivata dalla mia giovane et: ero in effetti convinto che essi avrebbero governato la citt
trasferendola da un sistema di vita ingiusto a un indirizzo di giustizia, e cos rivolsi ad essi la pi grande attenzione,
per vedere cosa avrebbero fatto. E per la verit costatai che quegli uomini nel volgere di poco tempo fecero apparire
oro, in confronto, la costituzione precedente - [324e] tra l'altro un mio amico pi anziano, Socrate, che io non avrei
quasi il minimo ritegno a dichiarare l'uomo pi giusto di allora, cercavano di mandarlo con altri da uno dei cittadini
a trascinarlo via di forza per metterlo a morte, [325a] certo per farlo compartecipe delle loro inziative, lo volesse o
no; ma egli non obbediva, pronto a rischiare qualsiasi cosa piuttosto che diventare loro complice in azioni nefande -
e osservando dunque questi fatti e altri analoghi di non scarsa gravit, provai disgusto e mi ritrassi dai mali di quel
momento. Non molto tempo dopo per cadde il regime dei Trenta e tutto l'assetto costituzionale di allora: e di
nuovo, se pur con pi esitazione, [325b] mi lasciavo comunque trascinare dal desiderio di occuparmi delle questioni
pubbliche e degli affari della citt. Furono invero molti anche in quella situazione di sconvolgimento i fatti per cui
uno potrebbe provare disgusto, e non fa nessuna meraviglia che le vendette dei nemici in clima di rivoluzione
fossero in certi casi pi pesanti del dovuto; e a onor del vero coloro che rientrarono allora si comportarono con molta
moderazione. Per un singolare destino tuttavia in seguito alcuni uomini di governo trascinarono in tribunale questo
nostro compagno Socrate, lanciandogli un'accusa delle pi nefande, fra tutte la meno adatta a Socrate: [325c] infatti
gli uni lo denunciarono come empio, gli altri lo condannarono e mandarono a morte, proprio lui che un tempo non
aveva voluto prender parte all'empio arresto che riguardava un amico degli esuli di allora, quando essi stessi si
trovavano nella difficile condizione dell'esilio. A me che dunque valutavo questi fatti, e gli uomini che gestivano gli
affari della citt, e le leggi e i costumi, quanto pi osservavo e andavo avanti nell'et, tanto pi difficile mi appariva
la retta gestione della cosa pubblica; [325d] mi sembrava infatti impossibile un'azione politica senza amici e
compagni fidati - e non era facile trovarne che fossero gi a disposizione, dato che la citt non si reggeva pi

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secondo i costumi e le abitudini dei padri, ed era poi impossibile procurarsene altri nuovi con un certo agio - e la
lettera delle leggi e i costumi andavano deteriorandosi, procedendo per questa via in modo cos straordinario, che io,
dapprima pieno di slancio all'idea di dedicarmi alla cosa pubblica, [325e] guardando poi a questi fatti e osservando
lo scompiglio generale, finii per provare nausea, e se non rinunciavo a meditare come si potesse migliorare questa
situazione e la struttura politica nel complesso, [326a] tuttavia attendevo sempre un momento opportuno per agire, e
giunsi infine a pensare in merito a tutte le citt attuali che tutte quante sono governate male - il loro sistema
legislativo infatti in una condizione di inguaribilit, a meno di una qualche straordinaria preparazione unita alla
fortuna - e fui costretto a dire, elogiando la retta filosofia, che solo questa consente di vedere tutto ci che giusto
nelle cose pubbliche e in quelle private. Dunque le generazioni umane [326b] non si sarebbero mai liberate dai mali
prima che la stirpe di chi pratica rettamente e veramente la filosofia pervenisse alle cariche politiche, o prima che la
classe degli uomini che governano nelle citt cominciasse, per una sorte divina, a pensare secondo principii
realmente filosofici.

4. Platone, Politico, 297e-299c


STRA. L'autentico timoniere e il medico (...) (298a) se tutti, per esempio, pensassimo riguardo a queste persone che
potremmo subire da parte loro le cose pi terribili. Se, infatti, l'uno o l'altro di costoro desiderano salvare uno di noi,
ecco che lo salvano; se invece vogliono maltrattarlo, lo maltrattano (...) (298b) (...) Se dunque, tenendo a mente
queste cose, vogliamo prendere una decisione riguardo a queste persone, stabiliamo di non concedere pi a nessuna
di queste due arti di avere un potere assoluto n su schiavi n su uomini liberi, e di radunarci invece noi stessi in
assemblea, o tutto quanto il popolo o solamente i ricchi, e di permettere sia alle persone incompetenti sia a coloro
che esercitano mestieri differenti di esprimere la propria opinione sulla navigazione o sulle malattie (...) ( 298e) (...)
SOCR. GIO. Hai detto cose assolutamente paradossali. STRA. Supponiamo poi di istituire ogni anno dei
magistrati del popolo, tratti sia dalla classe dei ricchi sia dalla classe popolare nel suo insieme, secondo un sorteggio
casuale e immaginiamo che i magistrati cos insediati governino secondo norme scritte, sia nel condurre navi sia nel
curare i malati. SOCR. GIO. Questo ancora pi duro da ascoltare. (...) (299b) (...) STRA. (...) se sembrer che
qualcuno investighi l'arte del pilotare le navi (...) o quella concernente la salute (...) contro le norme scritte e apparir
disquisire come un sapiente su questi argomenti, per prima cosa non lo si dovr chiamare n medico n timoniere
bens persona con la testa tra le nuvole, vuoto parlatore sofista, e poi, dal momento che corrompe altre persone pi
giovani (299c) e le spinge a dedicarsi all'arte del timoniere e del medico non secondo le leggi (...) sia permesso a
chiunque voglia, tra coloro che ne hanno diritto, di portarlo di fronte a un tribunale dopo aver steso un'accusa
(trad. G. Giorgini)
5. Diogene Laerzio, III 23-24
altres fama che egli fu l'unico a prendere le difese dello stratego Cabria reo di delitto capitale, mentre nessun
cittadino aveva voluto assumerne l'iniziativa. In quell'occasione il sicofante Crobilo s'imbatt in lui mentre saliva
insieme con Cabria sull'Acropoli e disse: Vieni a difendere un altro, ignorando che anche te attende la cicuta di
Socrate?.
(trad. M. Gigante)
6a. Platone, Menesseno, 235a-b
E pare, Menesseno, che sotto molti punti di vista veramente sia bello morire in guerra. Infatti, anche se chi muore
un povero, gli tocca una bella e magnifica sepoltura, e se un incapace, gli tocca comunque un elogio pronunciato
da uomini sapienti che non parlano a braccia, ma che hanno preparato i discorsi da molto tempo; essi tessono le lodi
tanto bene che, mentre dicono di ciascuno le qualit che ha (235a) e anche quelle che non ha, ricamando con le
parole pi belle, incantano le nostre anime, elogiando in tutti i modi la citt, i morti in guerra e i nostri progenitori
tutti che ci hanno preceduti, e lodando noi che siamo ancora vivi; tanto che anch'io. Menesseno, per le loro lodi mi
sento veramente nobile e ogni volta mi ritrovo (235b) ad ascoltarli rapito, mentre ritengo all'istante di essere
divenuto pi grande, nobile, virtuoso. (...) E lo stesso sentimento di venerabilit rimane in me per pi (235c) di tre
giorni; il discorso flautato e il suono della voce di chi parla penetra nelle orecchie, tanto che a stento il quarto o il
quinto giorno mi ricordo di me e mi rendo conto di essere sulla terra, mentre fino ad allora poco mancava che
pensassi di abitare nelle Isole dei beati, tanto sono abili i nostri oratori.
(trad. A. Riminucci)

6b. Platone, Protagora, 328d


Dopo essersi esibito in tante e tali dimostrazioni, Protagora smise di parlare. Ed io, per molto tempo ancora, rimasi
incantato a guardarlo, nella speranza che dicesse ancora qualcosa, tanto grande era il mio desiderio di starlo a
sentire. Ma quando mi resi conto che aveva veramente smesso, allora, con l'aria di essermi a stento riavuto, dissi,
rivolgendomi ad Ippocrate: Figlio di Apollodoro, quanto ti sono grato per avermi spinto a venire qui! ()
(trad. A. Festi)

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