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storie parallele
Lordinario di Antropologia teologico Gilfredo Marengo analizza le contestazioni
allEnciclica del beato Paolo VI e allEsortazione post-sinodale di papa Francesco
PUBBLICATO IL 23/03/2017
ULTIMA MODIFICA IL 23/03/2017 ALLE ORE 15:17
GILFREDO MARENGO*
noto che le parti si sono invertite: la sensibilit che oggi fa fatica ad accettare
lEsortazione post-sinodale pubblicata un anno fa riecheggia quella dei pi strenui
difensori del documento di Papa Montini.
Dove cogliere allora il nodo della questione? Pu essere utile ricordare che lalzata
di scudi contro Humanae vitae nacque, prima ancora che da un dissenso sulla
valutazione della liceit morale delle pratiche contraccettive, dal fatto che il Papa
aveva deciso da solo: era inaccettabile, per i suoi contestatori, quella che a loro
giudizio appariva una flagrante contraddizione del principio di collegialit,
autorevolmente sancito dal Vaticano II, appena terminato.
A questo punto viene da chiedersi se il gioco polemico pillola s pillola no, cos
come quello odierno comunione ai divorziati s comunione ai divorziati no, sia
soltanto lapparenza di un disagio e di una fatica, molto pi decisiva nel tessuto
della vita ecclesiale.
Non deve sfuggire lo spessore di questo richiamo che mette a fuoco le ragioni per le
quali lastrattezza delle proposte pastorali spesso affonda le sue radici nel terreno di
una qualche riduzione della soggettivit ecclesiale.
Ridurre e piegare a una propria misura il volto del corpo ecclesiale sempre la
premessa alla sterilit di una proposta pastorale, perch in entrambi i casi si fissano
i termini della questione in uno schema di cui ci si sente padroni e, quindi,
legittimati a imporre senza se e senza ma.
La storia degli ultimi secoli insegna quanto una Chiesa, tutta ricompresa nei suoi
profili istituzionali e dottrinali, sia stata per lungo tempo in grave impaccio
nellincontrare gli uomini del suo tempo.
Ogni qual volta la comunit cristiana cade nellerrore di proporre modelli di vita
derivati da ideali teologici troppo astratti e artificiosamente costruiti, concepisce la
sua azione pastorale come la schematica applicazione di un paradigma dottrinale.
Di conseguenza mettere in discussione quei modelli viene inevitabilmente sentito
come un attacco allo stesso profilo identitario della Chiesa (con il linguaggio della
teologia post-tridentina si direbbe che si in presenza di articula stantis et cadentis
Ecclesiae).
Diventa, allora, quasi invincibile la via di fuga verso una Chiesa pensata a propria
immagine e somiglianza, ove ci che veramente conta ribadire la fedelt ai
propri modelli teologico-dottrinali, fatti coincidere pretestuosamente con lidentit
della comunit ecclesiale. In questo ambito diventa possibile un singolare corto
circuito: misurarsi con le parole autorevoli del magistero papale trattandole come se
fossero la mera espressione di una scuola teologica e/o pastorale pi o meno
condivisibile e, nello stesso tempo, sollecitarlo a intervenire in modo definitivo e
inappellabile.
Il questo senso la singolare storia parallela di Humanae vitae e Amoris laetitia
pu diventare una salutare provocazione. Un certo modo di difendere e recepire
linsegnamento di Paolo VI stato, probabilmente, uno dei fattori per cui abbiamo
presentato un ideale teologico del matrimonio troppo astratto, quasi
artificiosamente costruito, lontano dalla situazione concreta e dalle effettive
possibilit delle famiglie cos come sono. Questa idealizzazione eccessiva,
soprattutto quando non abbiamo risvegliato la fiducia nella grazia, non ha fatto s
che il matrimonio sia pi desiderabile e attraente, ma tutto il contrario (Francesco).