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IL FOCUS

Berlino e Roma, disaffezione a


Francoforte per motivi opposti
di Claudio Gatti | 17 marzo 2017

Dopo mezzo secolo di straordinari progressi verso la cooperazione e laggregazione, il pendolo della storia
europea sta drammaticamente tornando indietro. Verso il conflitto e linsofferenza.

Nulla alimenta tali sentimenti pi della percezione di essere vittima di ingiustizia, e ancor pi liniquit di
chi gioca ruoli arbitrali. In questo momento non c arbitro pi importante della Banca centrale europea,
perch in un clima geo-economico-politico incerto quale quello attuale leconomia a governare le decisioni
delle lite, e il portafoglio a determinare le predisposizioni dei popoli.

A torto o a ragione, oggi la Bce non percepita come un arbitro imparziale o efficace. N dalle lite, n dai
popoli. In Germania il presidente Mario Draghi, che controlla la politica monetaria, viene percepito dal
popolo come litaliano che con la sua politica espansiva e i suoi tassi azzerati sta rovinando la vita o
perlomeno i risparmi della gente. Mentre esperti di fama, quali il capo economista di Commerzbank Joerg
Kraemer, lo vedono come luomo che sta conducendo leuro lungo una strada che porta a una valuta
pericolosamente debole. Pi simile alla lira che al marco.

In Italia, invece, il popolo vede la Bce come espressione delleuro, e in generale dellEuropa germanizzata,
quindi la causa principale dei propri mali e del proprio malessere. Mentre molti economisti ritengono che,
sin dalla sua nascita, il Single supervisory mechanism (lorgano di vigilanza della Bce) abbia optato per una
politica di vigilanza asimmetricamente sfavorevole agli istituti creditizi italiani manifestatasi
nellimposizione di soglie e tempistiche irragionevoli sul problema dei non-performing loans, o Npl. Questa
percepita inflessibilit si scontra a loro giudizio con la clemenza, o addirittura il disinteresse, per la criticit
data dai derivati o pi precisamente dai cosiddetti titoli di livello 3 prodotti che invece abbondano nei
portafogli di alcune banche del nord e centro Europa. E in particolare in quelli del gigante finanziario di
Francoforte Deutsche Bank.

Insomma, la Banca centrale viene criticata o apertamente attaccata da entrambe le parti. Il che potrebbe
voler dire che sta svolgendo il proprio mandato di arbitro come deve. Oppure che, pur essendo un organo
tecnico, abbia vertici sensibili al fatto che la partita soprattutto politica, quindi portati a dare un colpo al
cerchio (con la politica espansiva di Draghi) e uno alla botte (con la politica restrittiva del Ssm). Nella
speranza di riuscire a traghettare il sistema finanziario europeo fuori dalla turbolenza nata con la crisi del
2007/2008 senza essere travolti dai venti tempestosi provenienti da direzione opposte.

Comunque sia, da questa nostra inchiesta due cose emergono come certe. La prima che il problema dei Npl
delle banche italiane non uninvenzione di Francoforte. Al contrario, per anni sistema bancario italiano,
Banca dItalia e Palazzo Chigi non solo hanno ignorato il problema, ma lo hanno negato. Soltanto
lintervento energico della sorveglianza europea ha portato alla luce del sole tutta la sua gravit. E ancora
adesso in Italia, sulle banche, si preferisce puntare il dito sulle difficolt altrui. Come ci dice Nicolas Vron,
economista francese del Bruegel, un think tank di Bruxelles, in Italia diffusa la tendenza a sottrarsi alle
necessarie discussioni sulle criticit del sistema bancario andando a sottolineare i problemi altrui. Ma questo
un approccio che non n costruttivo, n risolutivo.

La seconda cosa certa per che i dubbi sui titoli di livello 3 di Deutsche Bank balzati alla luce nel 2008 non
sono mai stati veramente sciolti dalla vigilanza. N da quella tedesca prima del novembre 2014. N da quella
europea dopo quella data.

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