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Intervista su Miyamoto Musashi

La Via della spada e dello zen

Intervista al maestro Yoshiaki Hirano, 7 th dan Kyoshi di Iaido e 8th dan Kyoshi di Kendo della zen
ken ren.
I: intervistatrice
H: Maestro Yoshiaki Hirano

I: Maestro Hirano, che cosa vogliono dire i termini che ho appena pronunciato?

H: La federazione di Kendo giapponese, ha istituito degli esami e dei gradi, per cui in base alla
capacit acquisita nel Kendo si sostengono questi esami dal primo al decimo, ci sono in teoria dieci
gradini.
T: Il maestro ottavo, ossia ha superato lesame di ottavo dan per il kendo e di settimo per lo
iaido.

I: Maestro Hirano, nella biografia su Musashi, lautore William Scott Wilson sostiene che Musashi
una leggenda, unideale cos importante per i giapponesi che non esistono equivalenti in occidente.
davvero una figura storica cos speciale?

H: Oltre Musashi ci sono stati molti altri samurai famosi per la loro capacit e per la loro abilit con
la spada.1

I: In Occidente si pensa che sia una figura storica preminente in Giappone, cos?

H: Era un uomo di spada di livello straordinario, al massimo livello.2

I: Per noi il Giappone sinonimo di tradizione, di rigore, di rispetto delle regole. Musashi invece,
anche per quei tempi, forse era un anticonformista?

H: cos, era un individualista, ed era una persona che voleva decidere da sola il proprio cammino.

I: Fra le regole a cui Musashi non si atteneva, cera anche quella di tenere i capelli lunghi. Perch
era una cosa cos disdicevole?

H: Musashi visse nel periodo di passaggio dallepoca del Sengoku jidai, quindi del paese in guerra,
allunificazione del Giappone sotto gli shogun Tokugawa, e la regola di acconciarsi e di tagliarsi i
capelli in un determinato modo era propria dei samurai che facevano servizio sotto lo shogun;
quindi, lui, essendo separato da questo, essendo libero di seguire individualmente un proprio
cammino, non seguiva queste regole anche nellaspetto esteriore, quindi nel modo di acconciare i
capelli.3

I: Musashi sosteneva che non bisogna ricorrere ai trucchi nei combattimenti. Lui, per, ad esempio
arrivava tardi ai duelli per far innervosire lavversario. Maestro Hirano, non era forse anche quello
un trucco, anche se psicologico?

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H: Dal nostro punto di vista moderno, questo pu essere considerato un trucco, ma in realt, in
quellepoca chi vinceva sopravviveva e chi invece perdeva sarebbe morto, quindi non esisteva tanto
questa idea di non ricorrere a trucchi. Qualunque cosa era considerata valida pur di ottenere la
vittoria, anche questi espedienti.

I: Unaltra stranezza per noi occidentali, che i samurai, famosi per essere degli imbattibili
guerrieri, praticassero sia larte della spada che altre arti come ad esempio la pittura, la calligrafia,
la poesia. Per Musashi la scrittura fu un punto di arrivo, per la sua vita si snod sin dallinizio tra
spade e duelli.

H: Gli uomini di spada del passato sopravvivevano ai duelli, e per riuscire a fare questo, bisognava
essere anche persone di alto livello umano, quindi la poesia, la scrittura o la pittura, servivano ad
aprire, ad allargare tutte le facolt umane, in modo da riuscire a cogliere anche nellavversario, sia il
modo di pensare, sia la sua azione. Linnalzamento della capacit personale andava di pari passo
con linnalzamento della capacit tecnica nelluso della spada.

I: Maestro Hirano, le tecniche della spada inventate da Musashi, si praticano ancora oggi?

H: Sono rimasti dei frammenti, ma ci sono ancora molte persone che le praticano.

I: Perch da noi si chiama scherma e in Giappone, almeno in quello antico, larte della spada?
La differenza sicuramente non sta solo nel nome.

H: La differenza non soltanto di nome o di forma, ma proprio di contenuto. La differenza


principale che c fra la scherma e larte della spada, che nella scherma c pi lidea di
difendersi e nello stesso tempo attaccare, infatti spesso la spada viene usata con una mano sola.
Invece in Giappone la spada sempre stata usata con due mani, e questo significa offrire il proprio
corpo a bersaglio dellazione dellavversario, nello stesso momento cercare di colpirlo. Esiste
questo detto tramandato dal passato, che dice lasciar tagliare la mia pelle e tagliare la carne.
Lasciar tagliare la mia carne e tagliare le ossa.
Quindi questo significa mettere in gioco la propria vita nel cercare di uccidere lavversario.

I: Perch Musashi aveva anche labitudine di battersi con pezzi di legno, che fosse un bastone o un
remo non aveva importanza?

H: Musashi aveva una capacit quasi animalesca di cogliere tutte le varianti presenti nel momento
del combattimento e di adattarsi immediatamente a queste. Per esempio utilizz il remo di una barca
nel combattimento con Sasaki Kojiro, perch Sasaki Kojiro era un abilissimo uomo di spada, e
usava una spada molto lunga.4 Il remo della barca che Musashi, durante il viaggio in barca, per
arrivare al luogo del duello modell in forma di bokut, ossia di spada di legno, era molto lunga ed
era dieci centimetri pi lungo della spada di Kojiro, e questo gli permett di vincere; quindi era un
adattamento che faceva di volta in volta alle circostanze del combattimento.

I: Come mai i samurai cominciarono a praticare insieme alle arti marziali anche la meditazione zen?

H: Facevano zen poich il combattimento con la spada un momento di estrema difficolt, in cui si
rischia la vita. In questo momento per riuscire ad esprimere le proprie capacit normalmente,
bisognava, necessario, mantenere uno stato danimo del tutto normale. Lo zen la strada migliore
per riuscire a mantenere costantemente questa calma e questo autocontrollo.

I: Lo so che una domanda da non farsi, ma io ci provo lo stesso: che cos lo zen?
2
H: Lo zen [il maestro ha usato proprio una parola inglese], almighty; vale a dire riuscire ad
esprimere la propria potenzialit completamente, in qualsiasi circostanza della vita.

I: Che differenza c fra un uomo in cerca di vittoria ed un uomo in cerca di verit?

H: Questo dipende dalle epoche, ma fondamentalmente nel combattimento importante vincere,


perch anche essere leali, essere completamente onesti, ma perdere, non un obiettivo desiderabile.
Il fatto di poter vincere con la verit oppure di poter vincere con linganno dipende dalla strada
scelta da quella persona, ma la condizione essenziale nellaffrontare il combattimento vincerlo.5

I: Il grido la voce dello spirito, lo diceva Musashi. Intendeva forse il grido che si lancia durante il
duello? E perch si grida? 6

H: Il Kiai, quindi la voce che si esprime durante il combattimento, un modo di togliere i freni che
abbiamo. Lorganismo umano ha dei freni, ha qualcosa che inibisce la possibilit di esprimere pi
di un certo grado di forza, per esempio di intensit, e questo un meccanismo di autodifesa del
corpo. Il Kiai permette di abolire temporaneamente questi freni, quindi di andare oltre quello che si
pensava fosse il proprio limite.

I: Il Libro dei Cinque Anelli di Musashi non solo un manuale di scherma. Che cosa induce a chi vi
si avvicina alla sua lettura?

H: Ci sono altri libri, per esempio uno di questi si chiama Sanju-go-kajo7 e per me il migliore.
Penso sia migliore del Go rin no sho, il Libro dei Cinque Anelli. Tuttavia ci sono altre indicazioni
che si possono trarre dalla lettura di questi libri: per esempio chi fa Kendo pu trarre anche delle
indicazioni tecniche, ma anche per chi non lo fa, si pu capire come vincere nella propria vita, il
modo di vincere nella propria vita. Questo dipende dalle epoche in cui ci troviamo. In unepoca di
guerra chiaramente si cercher di pi il contenuto tecnico delluso della spada, in unepoca di pace
pi il contenuto riguardante la propria vita, il modo di vivere.

I: Lei maestro Hirano che stile antico di spada pratica?

H: Pratico uno stile che si chiama Shinkage-ry e che venne fondato da un uomo di spada chiamato
Kamiizumi ise no kami.

I: Qual la filosofia, quali sono i punti principali?

H: Il modo di usare la spada che si basa soprattutto sul fatto di lasciare lavversario libero di agire e
di adattarsi quindi alla sua azione, questo viene chiamato katsujinken, ovvero spada che lascia
vivere, quindi lasciare che per primo lavversario porti la propria azione e quindi adattarsi a questa,
e quindi non avere mai il presupposto di attaccare necessariamente per primi e neanche in un
determinato modo, ma una massima flessibilit e adattabilit allazione dellavversario.8

I: E chi pratica oggi la via della spada, come si allena?

H: Nel modo che Io ritengo migliore, quello di partire proprio dalla pratica degli stili antichi e
scoprire in quelli il modo di vincere, quindi applicare questo modo di vincere anche alla pratica che
si fa utilizzando la natura, quindi alla competizione o comunque al confronto reale.

I: E chi volesse avvicinare alla Via della spada, a chi si dovrebbe rivolgere?

3
H: La prima cosa da fare cercare un bravo insegnate.

I: Maestro Hirano, vorrei chiudere con una domanda che serve a noi occidentali: qualcuno sostiene
che le arti marziali e lo zen praticati dagli occidentali, qui da noi in Occidente, non hanno lo stesso
senso, la stessa valenza di quelle praticate nel loro contesto naturale, cio lOriente e da quelli che
oggi sono gli eredi dei grandi maestri di un tempo. Qual il suo pensiero?

H: cos perch purtroppo diventa uninimitazione e diventa un frammento di un altro frammento.

I: Grazie maestro Hirano per aver accolto questo nostro invito.

H: Sono Io che ringrazio. Solo una cosa che vorrei aggiungere, ossia lo stile che Io pratico, e che
lascia lavversario attaccare per primo, pi adatto a unepoca di pace rispetto allo stile di Musashi,
il quale aveva sempre la tecnica di attaccare per primo: pertanto c una differenza di applicabilit
nellepoca in cui le guerre non sono pi presenti. Perci il mio stile venne scelto 300 anni fa come
scuola di scherma praticata dagli shogun dellepoca Tokugawa, mentre invece, Musashi per quanto
fosse un uomo straordinario, applicando Settsuninto, ovvero spada che uccide, quindi un modo di
attaccare per primo, aveva un tipo di utilizzo della spada adatto solo allepoca delle guerre che non
poteva [applicarsi] in epoche di pace.

I: Grazie Maestro Hirano per aver accolto il nostro invito [...].

4
Intervista realizzata da Antonella Ferrera per Radio 3, La storia in giallo (trasmissione radiofonica).
Traduttrice: Grazia Maria Francese

Curatrice del programma: Diana Vinci

Regia del dibattito: Manuel de Lucia

Esperto letterario: Carlo dellOnte

Musiche originali: Alessandro Molinari

Realizzazione tecnica: Fiore Liborio

Regia: Francesco Pannofino

Note

1) Alcuni di essi furono, per esempio, Tsukahara Bokuden, Ito Ittosai, Matsumoto Bizen-no-kami, e
molti membri del clan Yagyu. In effetti impossibile enumerare tutti i pi abili maestri darmi del
Giappone antico. Quelli in assoluto pi forti, considerando tutta la storia militare giapponese, con
capacit non raggiungibili dalla medie delle persone, anche ben addestrate, potrebbero formare un
gruppo di parecchie centinaia, se non forse qualche migliaio di guerrieri, nellambito di diverse
specialit. Allinterno di questa lite, diverse decine di essi, costituiscono combattenti del pi alto
livello raggiungibile, superiore anche alla media dei combattenti pi forti. Si tenga presenta che il
Giappone medioevale era fortemente militarizzato e gerarchizzato. Durante il periodo degli stati in
guerra, fiorirono molte scuole di combattimento, ad opera di spadaccini leggendari. La parte della
popolazione maschile, ma anche femminile, coinvolta in attivit militari, era estremamente alta
rispetto agli altri paesi asiatici. Gente di classe sociale bassa, se dotata di capacit necessarie e di
occasioni propizie, poteva crescere di livello e salire nella gerarchia sociale. La guerra significava
massacri e carneficine inaudite, e ci richiedeva sempre sangue fresco da immolare al dio della
guerra. Ci comportava tanti aspetti negativi, e pochissimi positivi (solo per alcuni ovviamente):
uno di questi era una elevata mobilit sulla scala sociale che portava gente comune a farsi una
posizione. Per, anche la scala sociale, a ben guardare, risultava sempre essere troppo corta per la
maggior parte delle persone. Infatti, la posizione acquisita non andava oltre un certo punto ed era
sempre interconnessa con la gerarchia militare, ovvero non si poteva sperare di andare oltre la
posizione di samurai, ovvero di servitore.
Anche le concessioni e le retribuzione economiche, erano tutte in mano dei signori pi potenti che
controllavano la tassazione delle terre e che pagavano i vassalli diretti. Al massimo si poteva
aspirare alla carriera militare o a diventare un burocrate del governo locale dei clan. La cultura
marziale e le tecniche di combattimento, si svilupparono proprio in questo contesto. Proprio perch
era difficile uscire da questo sistema sociale e allo stesso tempo preservare il proprio potere e
prestigio sociale, la belligeranza dellaristocrazia militare divenne un tratto culturale specifico e
caratteristico: non potendo aspirare a molto altro, si tendeva a specializzarsi nellattivit marziale,
quando si poteva. Ci contribu a sviluppare tutta la ricchezza della cultura marziale giapponese sia
dal punto di vista filosofico-religioso, che tecnico-pratico.
Lordinamento sociale dellepoca, era in grado di rastrellare tutti coloro che erano dotati e portati
per la guerra, attraverso un numero impressionante di scuole marziali e dal desiderio (di coloro che
lo meritavano) di servire sotto un signore che necessitava di spade per la guerra. Si era creato un
sistema estremamente efficiente, pi che da altre parti, nel valorizzare i guerrieri e larte della
guerra. Certamente, il desiderio di emergere sar stato infiammato ulteriormente dal voler sfuggire
alle condizioni delle classi sociali inferiori o considerate tali, soggette, spesso, alle angherie e alle
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prepotenze dei signori locali.
Indicativamente, i samurai, potevano costituire l8% di tutta la popolazione. Se assumiamo che
met della popolazione era maschile, questo dato sale al 16%. Inoltre nella popolazione maschile,
forse la met era costituita da membri non adatti al combattimento, o troppo vecchi o troppo
giovani: in tal caso la percentuale salirebbe al 32% della popolazione maschile adulta abile.
Naturalmente i rapporti tra i sessi potevano essere sbilanciati a sfavore del genere maschile a causa
delle numerose perdite durante le guerre, senza contare altri elementi come la mortalit,
linfanticidio, laborto in favore di un sesso rispetto ad un altro e cos via. Questi dati vanno presi in
termini puramente indicativi. Comunque sia, la proporzione di uomini impiegati in qualche attivit
militare, rispetto alla popolazione maschile adulta, era notevolmente alta, e tutto ci senza
considerare altri gruppi di combattenti attivi non regolari, come i monaci guerrieri o yamabushi.

2) Effettivamente Musashi divenne, gi in vita molto famoso per la sua abilit in qualit di
spadaccino. Le sue imprese, specie il combattimento con Sasaki Kojiro, un potente bushi, maestro
dello stile Gan, verranno riprese nei secoli successivi in opere teatrali, romanzi, film e anime.
La sua figura divenne, gi in passato, leggendaria, e la leggenda offusc il personaggio storico
reale. Ad ogni modo, senza dubbio vero che Musashi, raggiunse un livello di abilit massimo.
Affront avversari molto forti e pericolosi, riuscendo sempre a saltarne fuori quasi indenne. Per
arrivare ad un livello di questo genere, per, dovette, fin dalla sua pre-adolescenza anagrafica,
allenarsi strenuamente. Il primo duello mortale lo affront a 13 anni, e uccise il suo avversario, un
bushi pi grande di et e nel suo pellegrinaggio da guerriero, in maniera estremamente violenta e
rabbiosa. Tale rabbia, in un ragazzino di 13 anni, era estremamente anomala, anche considerati i
tempi violenti in cui visse. Le ragioni di tale stato non sono note, ma sicuramente dovette aver
contribuito il forte astio verso il padre e il desiderio di emergere in una realt competitiva e che
lasciava poco spazio a chi non era in grado di farsi strada e di affermarsi. Liniziale rancore verso il
padre, che rappresentava tutto il sistema sociale aristocratico-militare, lo port a fuggire dalla casa
paterna a soli 9 anni e per tutta la vita non serv mai come samurai un signore feudatario, anche se
avrebbe potuto, volendo. Da ci si pu ipotizzare la sua diffidenza verso lautorit, bench egli
cerco sempre un modo di sfruttare il sistema sociale a suo vantaggio senza farne parte direttamente:
per esempio sistem in posizioni molto buone i suoi due figli adottivi, divenne amico di potenti
signori e dei loro vassalli e aiut e insegn la sua arte a numerosi aspiranti bushi, alcuni dei quali
fondarono un loro stile di spada. Dicevamo che Musashi fin da giovane si addestr nelle arti
marziali, dapprima con il padre fino a 9 anni, poi da solo, o con altri, e successivamente di nuovo
con il padre quando si riappacificarono qualche anno dopo. Acquis competenze scambiando
informazioni con altri guerrieri, duellando e partecipando a guerre. In parte fu un autodidatta, ma
molte delle sue conoscenze derivarono dalla scuola marziale del suo clan e dai bushi che incontr in
maniera pacifica o armata durante la sua vita. Musashi sottoline spesso che lesercizio continuo e
la meditazione su esso, dalla mattina alla sera, erano necessari per raggiungere un pi alto livello di
comprensione e di competenza della strategia della Via. Inoltre Musashi, super situazioni di grande
pericolo o mortali. Nellarte della spada, per ottenere il pi alto livello di abilit, bisogna affrontare
condizioni di stress limite, brutali e letali. In questo modo si affinano i sensi fino allestremo, i
riflessi, la propria resistenza psicologica e muscolare, la concentrazione, la determinazione, la
reattivit e la resilienza in generale. In tempi di pace come i nostri, queste parole possono suonare
anacronistiche e fuori luogo. Tuttavia i pi abili spadaccini del passato giapponese, legati o no che
fossero con la religione e con concetti di altissimo livello come la spada che d la vita, erano prima
di tutto dei killer, e infatti uccisero parecchie persone in duelli e in guerra. La verit questa: con
pi difficile, ardua e pericola la prova con pi grandi capacit bisogna sviluppare e usare per
superarla. Pi forte il nemico, pi forte deve diventare colui che desidera sconfiggerlo. Questa
una verit elementare. I pi famosi spadaccini, emergono proprio durante i periodi di guerra pi
intensa, e non un caso. Ogni generazioni ha dei potenziali Musashi, Bokuden o Ittosai. Sono le
condizioni storiche economiche e sociali a condizionare il destino di coloro che nascono con abilit
6
specifiche in determinati campi. Oggigiorno la competizione pi intellettuale, ma lapproccio
mentale rimane lo stesso di quello per la guerra o del duello (almeno in teoria). In genere un pi alto
risultato conseguenza di un pi duro lavoro. A parit di doti naturali, chi pi si impegna in
qualcosa, pi ottiene (sempre in teoria).
Musashi come altri prima e dopo di lui, si addestrarono a superare condizioni sempre aspre per
acquisire uno spirito combattivo superiore. In realt, la storia di questi formidabili combattenti, non
deve essere vista in una luce romanzesca ed eroica come certe versioni teatrali e cinematografiche
ci hanno propinato per decenni. Queste persone erano talvolta costrette a reagire a situazioni
storiche di violenza e pericolo, e per emergere e sopravvivere, per ritagliarsi un proprio spazio e non
accontentarsi di vivere al livello sociale pi basso o morire, dovevano combattere anche fisicamente
fin dalla giovinezza. Molto presto dovettero entrare in contatto con la crudelt dei loro tempi,
vivendo in prima persona o vedendo e sentendo storie di omicidi, complotti, saccheggi, guerre
devastanti e violenze domestiche. Ogni uomo, in effetti, poteva essere un potenziale nemico (ma
anche amico), e bisognava essere pronti ad affrontarlo.
Questo clima sociale instabile dovette generare paura e frustrazione in quei giovani, che
trasformarono queste emozioni in rabbia e aggressivit. Dentro di loro trovarono la forza di reagire
ad una realt allucinante, e cominciarono a desiderare, sin dalla pi tenera et, di diventare guerrieri
e di imparare le tecniche assassine che forse gli avrebbero permesso di sopravvivere, di non essere
sopraffatti e annientati. Ecco spiegato perch Musashi uccise per la prima volta a 13 anni e Ito
Ittosai ancora ragazzo, riusc a cacciare da solo 6 banditi dal villaggio che lo aveva adottato.
(Makoto Sugawara, 1985, 1999: 163)

3) Unaltra spiegazione del fatto che Musashi portasse capelli lunghi, fu che gli venne una sorta di
eczema sulla testa, e siccome esteticamente non sarebbe stato molto bello a vedersi, prefer coprire
questa malattia portando i capelli lunghi. Alcune forme di queste malattie della pelle hanno
unorigine psicologica. Questa ovviamente solo unipotesi. Le forti condizioni di stress
psicologico che probabilmente Musashi dovette affrontare sin da giovane, e lambiente familiare
ostile, specie nel rapporto con il padre, potrebbero spiegare, almeno in parte questo problema che
sembra si risolse in et pi matura.

4) In verit la lunghezza del remo che Musashi intagli a forma di Bokken, pi o meno, era
paragonabile in lunghezza alla spada usata da Kojiro, se teniamo in considerazione sia la lunghezza
della lama che quella dellelsa. La lunghezza complessiva delle armi utilizzate dai due spadaccini,
era intorno ai 120-125 centimetri. (Matsumoto-Calatrava, 2017: 77-79)

5) Non formulata benissimo la domanda in questo contesto, poich pu sviare il lettore. Nel caso
specifico, la parola verit viene intesa come rispetto delle regole e lealt in combattimento e non
come una persona che cerca la Verit, anche se alla fine le due cose sono connesse. In un duello
mortale, come affermato dal maestro Hirano, il combattente cerca di vincere, anche usando trucchi.
Questo non era solo appannaggio di Musashi. Anche altri bushi, praticavano larte dellinganno e
usavano astuzie per ottenere la vittoria.
Probabilmente Musashi lo faceva in maniera pi sistematica, ma anche gli altri spadaccini
conoscevano i medesimi stratagemmi, anche se forse non avevano la stessa abilit nellattuarli. In
senso lato per, un uomo in cerca di verit un uomo in cerca della realt, poich verit e realt
coincidono. La realt, specie nel combattimento, comprende anche linganno e i trucchi. La Via
della strategia di Musashi era essa stessa la ricerca della verit e della realt, e conteneva per questo
motivo, anche larte dellinganno per ottenere la vittoria e sopravvivere. In questo contesto, quindi,
un uomo che inganna pu essere allo stesso tempo un uomo in cerca di verit, cio quella verit o
conoscenza della Via della strategia per vincere e per comprendere il vero volto della realt.

6) Nel Go rin no sho Musashi stesso afferma:


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I tre tipi di urla sono emessi in queste situazioni: prima, durante e dopo. Ciascuno di essi
deve attagliarsi alle circostanze. Lurlo unespressione dellenergia vitale (sei). Urliamo
contro il fuoco, ecc., contro il vento e le onde. Lurlo rivela la forza e lenergia.
Nella strategia su larga scala, allinizio della battaglia, dovremmo urlare con tutto il fiato
in corpo. Poi, nel corso della battaglia continueremo a urlare, ma con una tonalit pi
bassa, mentre sferriamo lattacco. Dopo la vittoria lanceremo urla fragorose in segno di
soddisfazione. Sono questi i tre tipi di urla.
Anche nella strategia del duello individuale, mentre palesiamo al nemico la nostra
intenzione di attaccarlo possiamo emettere un urlo, hei, e continuare a portare avanti
laggressione con la spada lunga al fragore delle nostre urla. Poi continueremo a urlare
una volta che lo avremo abbattuto: queste grida di esultazione significano vittoria. Con le
espressioni prima e dopo, relative ai tipi di urla, si intende questo. Non dovremmo
emettere fragorose urla in sincronia con il ritmo della nostra spada lunga. Se invece ci
troviamo nel corso della battaglia, lurlo ci permetter di scandire un certo ritmo. Dovete
studiare bene, a fondo, tutto ci. (Il Libro dei Cinque Anelli, pag. 83, 2002, trad. a cura di
Leonardo Vittorio Arena, Bur Rizzoli editore)

7) Musashi fu lautore di altri manoscritti, sempre relativi alla strategia marziale. Lo Hyodokyo, il
suo primo lavoro, risalirebbe addirittura a quando Musashi aveva 21-24 anni. presente in due
versioni, una di 21 articoli e laltra di 28. Nel 1641 scrisse lHyoho sanju go kajo (Le Trentacinque
istruzioni sulla strategia) per Lord Hosokawa. Il Gorin no sho deriverebbe da questo. LHyoho shiju
ni kajo (Le Quarantadue istruzioni sulla strategia), una copia dellHyoho sanju go kajo con aggiunta
di altri articoli fu presentata sempre nel 1641 a Hosokawa Tadatoshi, il signore che ospitava
Musashi. Infine, il Dokkodo, elaborato da Musashi poco prima della sua morte per uno dei suoi
studenti e successori, presente in due versioni, una di 19 articoli e laltra di 21. (Tokitsu, 2005:
198-217)

8) La spada che d la vita e la spada che d la morte, sono in relazioni con la modalit in cui si usa
la spada e con lo stato mentale con il quale si combatte. La spada pu essere utilizzata per uccidere,
per annientare completamente il nemico, sia attaccandolo per primo, sia aspettando una sua mossa e
adattandosi poi di conseguenza. Questo era un approccio molto comune nellepoca dei samurai,
specie nei periodi di guerra o durante i duelli. Nei libri lasciati da Musashi per esempio, questo
concetto viene evidenziato continuamente.
Bisogna adattarsi alla situazione, a volte necessario usare stratagemmi, si pu attaccare per primi
o per secondi, ma limportante vincere, o per meglio dire non essere sconfitti. La differenza
sottile. Un pareggio, durante un combattimento uno contro uno, o uno contro pi avversari, pu
portare a questo risultato. Sostanzialmente non bisogna essere sopraffatti. In questo specifico caso,
il pareggio cio una non-vittoria, una non-sconfitta, e va considerata ugualmente in maniera
positiva. Un altro aspetto dellatteggiamento della spada che uccide di Musashi, limportanza data
prima di tutto a parare un attacco nemico. Se infatti ci si limita ad aggredire ci si potrebbe scoprire
troppo, permettendo allavversario di penetrare la propria difesa e di ottenere la vittoria. Questi
concetti in ordine di importanza, ossia di parare prima di attaccarne semplicemente, e di non essere
sconfitti, racchiudono in s i semi per la nascita di un altro concetto della spada, di un altro modo di
usare la spada, ovvero la spada che d la vita. In questo modo di approcciarsi allarte della spada,
importante riuscire a dominare lavversario, senza ucciderlo, e adattandosi al suo attacco; portando
al massimo livello di abilit questa arte, colui che riuscisse, idealmente a sottomettere lavversario
senza neanche estrarre la spada, sarebbe il pi grande dei guerrieri. Un aneddoto relativo a
Tsukahara Bokuden, conferma che anche questo grande spadaccino aveva abbracciato tale filosofia,
almeno in una fase pi matura della sua esistenza. Tale approccio per, molto teorico, e si presta
molto bene nei periodi di pace o laddove non necessario uccidere per sopravvivere.
Infatti, per riuscire a sottomettere un nemico senza distruggerlo fisicamente, necessario che
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questultimo riconosca e accetti la sua inferiorit. Se cos non fosse, anche il pi abile maestro della
spada che d la vita sarebbe costretto ad utilizzare tecniche letali per fermare lattacco nemico,
quindi dovrebbe usare la spada che d la morte.
Inoltre, anche coloro che praticavano la spada che d la morte, non uccidevano sempre durante i
loro duelli (ovviamente nella guerra si pu applicare unicamente spada che d la morte). una
interpretazione storica sbagliata sostenere che bushi come Musashi avendo sconfitto tanti guerrieri
in duelli nella loro vita, li avessero uccisi tutti. Alcuni di essi morirono, certo, ma altri
sopravvissero; gli accordi del combattimento magari prevedevano che lo scontro non dovesse essere
portato fino alle sue conseguenze estreme. Musashi, specie nella sua maturit come bushi, riusc
sconfiggere una gran moltitudine di combattenti senza ucciderli, ferendoli o dimostrando la sua
assoluta superiorit. Egli, nella seconda parte della sua vita, applic lidea di spada che d la vita.
Si tenga presente che Musashi combatt 60 duelli fino ai 28 -29 anni. Ma le sue biografie pi
antiche, come il Bushu Deraiki e il Bukoden sostengono che negli anni successivi sostenne
innumerevoli altri duelli, forse nellordine di diverse decine, ovunque egli si recasse, affrontando
avversari molto abili. Fu sempre capace di sconfiggerli ma non li uccise. I tempi stavano
cambiando, e anche lui di conseguenza. Nelle generazioni precedenti alla sua, in piena fase militare,
molti famosi guerrieri, dopo aver ucciso decine o centinaia di uomini, stanchi forse di tutto quel
sangue sparso a volte inutilmente, compresero che in certi casi ci poteva essere un modo diverso di
affrontare il combattimento, senza necessariamente uccidere o ferire gravemente lavversario.
Levoluzione personale dalla spada che d la morte verso la spada che d la vita, fu anche il
percorso storico del Giappone, da periodi di estrema violenza e insicurezza, ad un periodo
prolungato di stabilit e pace generale. Non che le lotte intestine cessarono del tutto, anzi, la
violenza si accentu verso forme pi subdole, come imboscate, assassini, e guerre su piccola scala
(cose sempre esistite fra laltro), ma senza quei continui massacri e carneficine inimmaginabili che
erano le battaglie campali.
Lidea di spada che d la vita prevalse su quella di spada che d la morte, e le scuole che la
sostenevano fiorirono anche nella stessa casa dei Tokugawa. Anche i maestri delle altre scuole,
originariamente legate al concetto di spada che d la morte, vennero influenzati da una visione
della spada meno aggressiva, pi appetibile e pi in sintonia con i tempi di pace.
Ad ogni modo, anche lo Shinkage-ryu o il Yagyu Shinkage-ryu sono scuole create in tempi di
guerra. Dipende unicamente da come vengono applicate tali tecniche se esse diventano scuole di
spada che d la morte o scuole di spada che d la vita. Vi furono grandi spadaccini che uccisero in
guerra e in duello appartenenti a queste due scuole (a dispetto della filosofia della spada che non
uccide, alcuni di essi furono per esempio Kamiizu ise-no-kami e molti membri del clan Yagyu),
come nel Kage-ryu dal quale derivano le prime due.
In ogni caso, bene tenere a mente due concetti fondamentali: il primo che sia i bushi che gli stili
di spada che abbracciavano prevalentemente una delle due filosofie qui trattate, avevano gi in
essere, ovvero dentro s stessi, i fondamenti o i semi della della filosofia opposta. Talvolta essi,
potevano applicare sia una che laltra idea di spada, sia in tempi di pace che in tempi di guerra.
Laltro concetto , che lidea di spada che d la vita fu espresso chiaramente dal daimyo e samurai
Yagyu Munenori nel celebre libro Heiho kadensho. Yagyu Munenori, per, non era un duellista, e il
suo approccio era molto speculativo. Bench fosse un abile spadaccino, fu per la maggior parte
della sua vita un istruttore e un burocrate, non un guerriero o un duellista. Questo spiegherebbe, in
parte la ragione della sua propensione verso un approccio della spada pi morbido e adatto ai tempi
di pace in cui visse nella seconda parte della sua vita. Questo, non vuol dire che non fosse capace di
uccidere. Durante la campagna militare di Osaka, respinse da solo un attacco di 20 o 30 guerrieri
scelti, uccidendone 7. Suo figlio, il leggendario Yagyu Mitsuyoshi, dovette uccidere in
combattimento un maestro di spada, poich non si convinceva di essere stato sconfitto da
Mitsuyoshi stesso in un confronto tecnico, nella casa di un daimyo. Questi fatti rimarcano la duplice
natura della spada, ovvero quella che non uccide quando si pu, e quella che uccide quando
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serve ed necessario, anche per coloro che non avevano lattitudine di ammazzare o danneggiare
lavversario ad ogni costo.
Dicevamo, Yagyu Munenori era certamente un abile spadaccino ma non un guerriero professionista,
e anche per questo scelse forse come sua filosofia base, la spada che d la vita, seppur praticasse,
insieme ai membri del suo clan anche la spada che d la morte.
Musashi, al contrario, insieme a molti altri guerrieri del suo tempo e prima di lui, era un
professionista, se vogliamo usare una parola moderna. Le sue preoccupazioni erano pratiche e reali,
e la sua esperienza e mentalit si erano forgiate in guerra e nei combattimenti singoli, mortali o no
che fossero. Ecco perch la sua idea di base fu sempre spada che d la morte. Ovviamente, come
gi detto, pratic allo stesso modo anche spada che d la vita. Comprese anche lui, che
raggiungendo un certo livello di abilit nella strategia, e nelle condizioni giuste in cui il
combattimento non doveva per forza essere concluso in maniera mortale per uno dei due
contendenti, si poteva sconfiggere, dominare e ridurre allimpotenza lavversario, senza doverlo
necessariamente massacrare, mutilare o ammazzare.

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Bibliografia

Kenji Tokitsu,
Miyamoto Musashi: his Life and Writings, 2005. Weatherhill.

Miyamoto Musashi,
Il Libro dei Cinque Anelli, a cura di Leonardo Vittoria Arena, Milano 2002. Bur Rizzoli.

Satoru Matsumoto & Miguel Calatrava,


Sfida mortale a Funajima: storia del duello tra Miyamoto Musashi e Sasaki Kojiro, 2017.
Lulu press.

Sugawara Makoto,
Lives of Master Swordsmen, 1985, 1999. The East Publications.

Bologna, 22 luglio 2017

Katsuo Ikeda

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