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Il reale delle/nelle immagini. Effetto Sherlock.

Il romanziere
Conan Doyle, lillustratore Paget ed il cineasta Hitchcock
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31/8/2017

di Gioacchino Toni

Allinterno del saggio LEffet Sherlock Holmes (Hazan, 2015) lo storico


dellarte Victor I. Stoichita propone un interessante confronto tra i romanzi
polizieschi di Arthur Conan Doyle pubblicati a puntate dalla rivista The Strand
Magazine con le illustrazioni di Sidney Paget e il cinema di Alfred Hitchcock.
Nel volume, uscito recentemente in italiano con il titolo Effetto Sherlock (Il
Saggiatore, 2017), Stoichita indaga le novit che sono state introdotte nella
rappresentazione pittorica, sul finire dellOttocento, da artisti come douard
Manet, Edgar Degas e Gustave Caillebotte, che accordano importanza a ci
che nellopera si nega allosservazione perch posto fuori campo o perch di
difficile individuazione, ed i giochi di sguardo presenti nei film di registi
come Alfred Hitchcock e Michelangelo Antonioni.

Secondo lo studioso le modalit di rappresentazione proposte da tali opere


visive negano allo spettatore una chiara leggibilit dellopera imponendogli
una vera e propria attivit investigativa. Queste immagini si presenterebbero,
dunque, come luoghi del delitto con cui deve fare i conti lo spettatore-
detective costretto a calarsi nei panni di Sherlock Holmes. Leffetto Sherlock
sarebbe dunque da intendersi come esercizio intellettuale della rivelazione.

Nel celebre film Rear Window (La finestra sul cortile, 1954) di Alfred Hitchcock, il protagonista, Jeff (James
Steward), un fotoreporter che, costretto su una sedia a rotelle da un incidente, passa il tempo a spiare i vicini e,
quando i suoi occhi non sono sufficienti, non esita a ricorrere a protesi oculari come binocoli e teleobiettivi. Il
nocciolo del film, secondo Stoichita, consiste nel rapporto tra la passione scopica di Jeff e la rivelazione come
processo di risoluzione del mistero. Tale relazione, secondo Stoichita, ripresa dai romanzi polizieschi di Arthur
Conan Doyle che hanno come protagonista Sherlock Holmes. La duplice natura del regista, rilevatore di immagini
e creatore di trame visive, nella Finestra sul cortile si coniuga con la moltitudine di ruoli impersonati da Jeff, il
protagonista della pellicola, che al contempo fotografo, voyeur e detective. In questo personaggio, cos come
avviene per Holmes, la rivelazione corrobora linterpretazione dei segni visibili tramite operazioni logiche segrete.
La finestra in quanto spazio per la comparsa di segni uno dei motivi prediletti di Conan Doyle e il suo primo
illustratore, Sidney Paget, laveva capito benissimo. Le sue vignette che accompagnavano i romanzi pubblicati a
puntate sulla rivista The Strand Magazine ne sono la conferma. Se, come credo, Hitchcock si ispirato proprio a
queste immagini, lo ha fatto con riferimenti al contempo deferenti, ironici e trasgressivi (pp. 131-134).

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Hitchcock, sostiene Stoichita, instaura un dialogo tra i romanzi a
puntate illustrati e il cinema; se il fascino dei primi dato
dallimpaginazione, quello del film invece dato dal montaggio.
Nelle opere di Doyle-Paget limpaginazione a creare
suspense in quanto limmagine evita di fondersi del tutto con lo
scritto; essa, accompagnata da una frase del testo, spesso
inserita come anticipazione, come elemento visivo che precede
il racconto. Per esempio, nel Ritorno di Sherlock Holmes,
pubblicato sul The Strand Magazine nellottobre del 1903, il
testo cui si riferisce la scena della finestra non si trova nella
stessa pagina dellillustrazione corrispondente n tantomeno su
quella a fianco, ma su quella dietro. In questo caso lastuzia
risulta ancora pi pertinente in quanto si tratta di una storia di
doppi cosa che del resto sar lo stesso testo a rivelare, ma
soltanto nella pagina successiva. La sagoma nella finestra,
scopriamo allora, altro non che il simulacro di Holmes, il suo
sosia. Per capirlo per il lettore deve girare la pagina: si viene
cos a creare un belleffetto ritardato, una specie di rallenti
libresco. Sincopi di questo genere sono ricorrenti
nellimpaginazione delle trame visive del romanzo a puntate
(p. 134). Secondo Stoichita lecito pensare che Hitchcock, in
Rear Window, non si sia limitato a citare la vecchia iconografia
di Sherlock Holmes ma che labbia voluta rielaborare
cinematograficamente. Il regista non manca, inoltre, di lasciarci
un indizio di questo debito introducendo nella storia Thomas, il
migliore amico di Jeff, un detective di professione che di
cognome fa Doyle. Nel film Jeff risolve il crimine grazie
allosservazione puntigliosa e alla deduzione, ossia ricorrendo ai grandi topoi del racconto poliziesco. La differenza
sta nel fatto che nel caso filmico il gioco tra osservazione e rivelazione ricorre alla messinscena dei dispositivi ottici.

Il film di Hitchcock riprende dunque quella tradizione delle immagini, elaborata soprattutto a partire dalla fine
dellOttocento, volta a negare allo spettatore una chiara leggibilit dellopera, costringendolo cos ad unattivit
investigativa, a quellesercizio intellettuale della rivelazione ma, mette in guardia lo studioso, a differenza di ci che
accade nei romanzi gialli, davanti allimmagine i misteri non possono essere risolti definitivamente. Limmagine
sempre traditrice, come ha mostrato Ren Magritte in numerosi dipinti.

In ambito cinematografico lirrisolvibilit delle immagini


ottimamente messa in scena da Blow Up (1966) di
Michelangelo Antonioni, non a caso indicato da Stoichita
come una sorta di replica di Rear Window di Hitchcock.
Anche il protagonista di Blow Up un fotografo che
sospetta di aver scoperto un crimine ed anche lui ricorre al
dispositivo fotografico ma mentre Jeff, immobilizzato,
utilizza il teleobiettivo come strumento di intrusione senza
scattare fotografie, Thomas (David Hemmings) invece un
personaggio dinamico che scatta a ripetizione. Se La
finestra sul cortile tematizza il vano di una finestra, che
definisce e indica un divario, in Blow Up Antonioni cala il
protagonista e, insieme a lui, lo spettatore nel cuore
dello spazio fotografico. La trama di questo film a colori,
infatti, ruota attorno a una serie di fotografie in bianco e nero che Thomas scatta durante una passeggiata (pp.
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158-159) e, continua Stoichita, soltanto quando sviluppa queste foto ha limpressione di aver individuato un crimine.
Ma fino a che punto si pu essere certi di ci che attesta una fotografia? Ingrandita ed analizzata in maniera
maniacale la fotografia conduce ad unimmagine astratta ed indefinita. Lincertezza regna assoluta. il trionfo
dellillusoriet dellimmagine. Il film di Antonioni mostra come limmagine non ci permette mai di penetrarla fino a
svelarne i segreti pi reconditi. Nellorizzonte dellimmagine si trova lindefinito e lindefinibile, il vago, il cavo,
lassente, il vuoto, il nulla (p. 159).

Serie completa: Il reale delle/nelle immagini

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