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De pictura

n. 2 | 9 giugno 2017
Quodlibet
De pictura
n. 2, 9 giugno 2017

Quodlibet
De pictura Sommario
Pubblicazione periodica in formato digitale a cura di Monica Ferrando

N. 2 | 9 giugno 2017
isbn 978-88-7462-986-2

Progetto grafico: Amelia Corvino

Questopera libera. Per eventuali citazioni dai testi qui presentati gradita lindica-
zione dellautore e della pubblicazione

11 Editoriale
Per commenti, impressioni o proposte, che saremo lieti di ricevere, si pu scrivere al
Monica Ferrando
seguente indirizzo: monica.ferrando@tin.it

www.depictura.info
www.quodlibet.it
Studiolo
29 Lo scorticamento di Marsia
Giorgio Agamben

37 Pierre e Marthe
Ginevra Bompiani

47 Idea di pittura. Il gesto e la favilla nella Tempesta di Giorgione


Elenio Cicchini

55 Eidola
Emanuele Dattilo

61 La veracit del visibile di Hieronymus Bosch


Nicoletta Di Vita

65 Mario Marcucci, limmagine necessaria


Francesco Donfrancesco

71 La Madone de Foligno entre Louvre et Vatican


Marc Fumaroli

77 Montagna Sainte-Victoire
Andrea Gigli

83 Il giardino di Livia
Francesca Gorgoni

89 Il tondo del Teatro Garibaldi di Modica


Paolo Nifos
8 sommario sommario 9

95 Lusure et lusage dUrsule 233 Piccolo esercizio


Martin Rueff Francesca Gorgoni

103 Il custode del mistero


Tommaso Scarponi A libri aperti
241 Evgenij Trubeckoij, Contemplazione nel colore
Silvae Emanuele Dattilo

113 La luce, la pittura 247 Giorgio Agamben, Archeologia dellopera darte


James Hillman e Francesco Donfrancesco Monica Ferrando

125 Pittura o della servit volontaria 255 Giuseppe Di Napoli, Nellocchio del pittore. La visione svelata nellarte
Clio Pizzingrilli Monica Ferrando

141 Considerazioni indiscrete sul volto


Andrea Fogli Alla prima
147 Il vortice e il vaso di Pandora 265 Realistas de Madrid
Flavio Cuniberto Giorgio Agamben

163 Il blu di Giotto, una visita agli Scrovegni 271 Paul Nash
Manuel Gualandi Clare E. L. Guest

171 Il figurabile e il suo nomos 275 La pittura tra cinema e chiesa. Edward Hopper e Ettore de Conciliis
Monica Ferrando Monica Ferrando

195 Naturalezza del poeta: Don Milani e Mario Luzi 281 Venezia: Titina Maselli
Fabio Milana Monica Ferrando

287 Gli autori


Interno datelier
201 Latelier di Avigdor Arikha
Monica Ferrando

La mano pensante
215 Sur la calligraphie islamique
Ahmet Soysal

225 Pensieri della mano di Tullio Pericoli


Monica Ferrando
Editoriale
Monica Ferrando

Cosa intendeva Plinio quando scriveva, a proposito


della crisi in cui versava la pittura del suo tempo, che
ormai non si sapevano pi dipingere le anime? Perch
da sempre ci si aspetta dalla pittura, per continuare a
considerarla tale, che eserciti la facolt di evocare una
sfera invisibile? Evidentemente, il nesso della pittura,
pena la sua crisi e scomparsa, con questa sfera decisiva e
sfuggente, non meno impalpabile e volatile che vibran-
te e materica, non legato al progressivo farsi spirito
e linguaggio consapevole dellarte rappresentativa, tesa
a disfarsi della zavorra della mimesi e dellancoraggio
dellopera. Noi, infatti, non sappiamo bene che cosa sia
questa sfera dellanima che ambisce a farsi figura, anche
se un grande pittore contemporaneo, Ruggero Savinio,
ha riconosciuto nella sua pittura un processo simile,
dandogli il nome di percorso della figura. Non sap-
piamo se si tratti di un aspetto della sfera sovraindivi-
duale dellimmagine nel suo complesso oppure se sia
unesigenza propria dellimmagine in generale, quella
di legarsi alla materia; se incarni intramondani rapporti
di riconoscibilit, oppure se registri il desiderio di ri-
versare nel visibile un sistema di rapporti interiori, ge-
ometrici o passionali che siano. Probabilmente si tratta
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di una mescolanza di questi fattori e di altri ancora, che infatti come indistruttibile, nel senso kafkiano. A diffe-
ci sono ignoti e forse sono destinati a restare tali. Certo, renza di quel che accade con le immagini che la natura
quello che sembra di poter affermare che questa sfera produce con esemplare dovizia, usando la luce, lacqua,
non dissimile da quel processo infinitamente dialogi- gli specchi, il fuoco, lombra, il corpo coi suoi flussi e le
co che nel Teeteto (190a) chiamato il dialogo della- sue impronte, che con altrettanta sovrana noncuranza
nima con se stessa e che, come tale, situato ben oltre distrugge e nasconde in un istante, le immagini arriva-
i confini dellelemento soggettivo intriso di determinate no alla pittura per fermarsi e riposare, radicarsi e sussi-
condizioni storiche. stere. Sembrano fatte apposta per durare. Coincidono,
Laccesso alla pittura molto simile al valico di una so- per cos dire, con la loro durata. Sono la loro statica,
glia: la soglia che segna lingresso ad un continente o irreparabile fissit. Stanno nel loro impassibile riser-
luogo totalmente altri rispetto a quelli che siamo abi- bo come un pegno che leternit ha preteso dalla cieca
tuati a chiamare con questi nomi, anche quando i luoghi e impellente voracit del tempo. Il tempo immagine
che vi riconosciamo sono proprio quei luoghi in cui delleternit infatti proprio quel tempo che precipita
camminiamo e viviamo. Non tardiamo, per, ad accor- come pittura quando si decanta la caotica soluzione in-
gerci che solo perch questi luoghi assomigliano a quel- cessantemente secreta dal vivente. proprio nellessere
li che portano una segnatura pittorica, noi veramente li entrambi anche immagine, che tempo e pittura si toc-
riconosciamo; e non solo come appartenenti al nostro cano in un punto di congenere appartenenza: ma come
limitato particolare, ma come appartenenti ad una di- il tempo resta in buona parte e tendenzialmente fuori
mensione intensiva e universale che possiamo chiamare dalla pittura, cos la pittura resta in buona parte e ten-
psych, anima. denzialmente fuori del tempo.
A questo punto ci accorgiamo di aggirarci in una sfera In un passo del Timeo (26c) Crizia paragona i racconti
che si caratterizza per una inafferrabile ma salda persi- ascoltati da bambini e rimasti impressi per sempre nel-
stenza, per una speciale, anche se incomprensibile, con- la memoria alle pitture indelebili a fuoco. Se, come
cretezza. scriveva Leo Strauss, non c nulla di accidentale in un
Come possibile? Non dovevamo trovarci invece nel dialogo di Platone, dobbiamo pensare che tra la pittu-
territorio umbratile e provvisorio, gratuito e intercam- ra fatta di tecniche, come questa dellencausto, messe
biabile delle immagini? Quel che diventa pittura ed ha a punto per assicurare permanenza allimmagine e la
accesso a questo luogo che non esiteremmo a chia- memoria ci sia un legame profondo, per non dire ne-
mare originario e plasmante nel senso misterioso cessario. Il continente o luogo invisibile cui abbiamo
della chora platonica tutto il contrario. Ci appare accesso con la pittura, e che avevamo provato a chiama-
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re col nome esorbitante ed enigmatico di chora, sembra lo scopo di colmare un vuoto epocale che forse tale do-
allora presentarsi proprio come il vasto, impercettibi- veva restare. un fatto sconcertante e misterioso, su cui
le ma persistente e comune edificio della memoria di- occorre per incominciare a soffermarsi, che, a questo
schiuso a Proust da una goccia profumata sulla papilla tipo di oggetti gli oggetti artistici , si guardi, o
della lingua: quand dun pass ancien rien ne sub- meglio, la memoria desideri tornare, solo quando essi
siste, aprs la mort des tres, aprs la destruction des inverano nel passato come nel presente una sfera
choses, seules, plus frles mais plus vivaces, plus im- neutra, refrattaria e ribelle ad ogni uso e significato im-
matrielles, plus persistantes, plus fidles, lodoeur et posti da esigenze estrinseche alle loro stesse, interne
la saveur restent encore longtemps, comme des mes, ragioni: anarchiche, imprevedibili e gratuite (nel senso
se rappeler, attendre, esprer, sur la ruine de tout le anche alto di questo termine). Solo mediante il concetto,
reste, porter sans flchir, sur leur gouttelette presque coniato da Giorgio Agamben, di inoperosit si pu
impalpable, ldifice immense du souvenir. forse ancora tentare di cogliere il senso il non senso
Intorno alla met degli anni 60 ci si era interrogati sullo di quelle strane entit che ancora ci ostiniamo a chiama-
statuto dellopera darte perch le avanguardie storiche re col nome collettivo, su cui grava il legittimo verdetto
ne avevano messo a nudo il carattere feticistico; esse, hegeliano, di arte invece di provare a pensarle a par-
per, non solo non erano riuscite a smentirlo, ma ave- tire da un loro ingiustificabile e tuttavia insopprimibile
vano in qualche modo creato le condizioni ideali per il venire alla presenza. Liberarne lo statuto ontologico,
passaggio da una feticizzazione borghese ad una feti- occultato da una funzionalit culturale prestabilita, si-
cizzazione di massa; questa si sarebbe poi curiosamente gnificherebbe allora restituire alla sfera dellinoperosit
legittimata grazie alla sua stessa, instancabile, auto-de- quel che viene alla presenza soltanto per custodirne e
nuncia. Forse, quel che era veramente mancato era sta- rivelarne la potenza. Significherebbe ritrovare il filo o
ta una chiara visione della dipendenza dellarte dalla il cordone ombelicale che lega la sfera spontanea del-
filosofia della storia incarnata nelle ideologie post-te- la formativit a quello spazio metafisico e materiale
ologiche del Novecento. La salutare eclissi dellope- della memoria che possiamo provare a chiamare pro-
ra darte, su cui pure aveva riflettuto tra i primi e in prio col nome platonico di chora.
maniera esemplare Robert Klein nel 1967, si sarebbe Lasciare che il mondo sia la tabula rasa in cui tempora-
insomma rivelata davvero decisiva se avesse avuto il co- neamente si annotano fatti da cancellare una volta esau-
raggio di smascherare il paradossale carattere funziona- rita la loro funzione, per lasciare posto al pro-memoria
le-operativo di quelloggetto cosidetto artistico una di altri fatti, accettare che queste annotazioni contin-
volta reclutato nelle file dellindustria della cultura con genti siano poi ordinatamente archiviate per mantener-
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le a disposizione, sicuramente un modo di utilizzare diramazioni, andr a sostituire progressivamente quello


la memoria dopo averla opportunamente, tecnologica- anarchico e immateriale secreto dallanima in dialogo
mente, addomesticata. Non siamo in grado di dire dove con se stessa. Il meraviglioso edificio, lincomparabile
porter questa operazione: probabilmente ad una ripe- sensorio apparso agli esordi della Recherche come un
tizione coattiva ma impeccabile di se stessa. Larte ge- Virgilio nella selva oscura della mente, si sar impercet-
nerica di questo tempo, trascinata suo malgrado dalle tibilmente trasformato in un mastodontico archivio in
lusinghe dello spirito nel ludico e spietato meccanismo soccorso a malati di Alzheimer.
della tabula rasa smaniosa di fatti concreti ed effime- Fuori da tutto questo, escluso da ogni progetto volto
ri, non riesce a penetrare nellinvisibile, pur immane e alla grande trasformazione dellingombrante, calda ma-
spalancato edificio della memoria involontaria. abba- teria umana in duttile, fredda liquidit logica, il pittore
stanza noto, come sanno tutti i galleristi e curatori di seguita a tener aperta la soglia che immette direttamen-
arte contemporanea, che questi oggetti possono ripetu- te nella sfera in cui la memoria, nel suo duplice volto
tamente ed instancabilmente riproporsi proprio perch di musa ancestrale e contigua, custodisce le impronte
non ci si ricorda mai esattamente della loro gi avvenuta che chiamiamo luoghi e volti, azioni e passioni, facendo
apparizione. In qualit di oggetti tendenzialmente evo- s che queste si imprimano secondo le tecniche che
cativi non possono ancora pienamente accedere al rigi- stata lei stessa ad inventare nel pigmento odoroso del
do sistema archivistico riservato a settori pi decisivi. colore dando vita ad una tabula picta. Qui, in questo
Destinati a passare nei loro gironi museali come inno- luogo insieme ctonio e celeste Efesto , il pittore testi-
cui penitenti di una colpa che li trascende, forniscono monia anche, oltre che di se stesso come arcaico custode
unimmagine credibile e fedele del mondo in preda ad di Porte Regali, di quella che possiamo chiamare la vo-
una tecnica di cui esso , contemporaneamente, artefice cazione della terra. Per questo i colori si chiamano col
e ostaggio. Se siamo consenzienti al fatto che la memo- nome dei luoghi: Terra di Siena, Terra di Pozzuoli, Ter-
ria si sia finalmente disciplinata in automatica archivia- ra di Kassel, Bianco di Vicenza, Cinabro dellAmiata
zione materiale, tutto questo non pu che colmarci di Nella pittura la terra come tale, prima di essere abitata
soddisfazione. Liberati dal peso e dallimprevisto che la calpestata e coltivata, il nome di qualcosa che diven-
memoria dellanima rappresentava, non ci resta ormai ter veste e incarnato, sangue e mantello, bosco e mon-
che consegnare ogni istante della nostra vita allocchio tagna, labbra e sentiero. Le immagini che ne nasceranno
mansueto ed impassibile di dispositivi pronti a fissar- saranno gi sempre nate dentro la memoria, non meno
ne limmagine lenticolare e replicabile in infinitum. Un primigenia che contingente. Non smetteranno di tes-
immaginario materiale, tracciabile fin nelle sue pi fini sere, come Kore, il velo multicolore dellanima mundi.
18 monica ferrando

N di far sentire, come la ninfa Eco, la sua improvvisa Editorial


risonanza. Per questo non possibile separare il mito Monica Ferrando
dal colore della pittura: anche quando la pittura si oc-
cupa di bottiglie e patate, il mito inscritto gi sempre
nei colori come loro preistoria ad affiorare vivo e pre-
sente da oceani di dimenticanza, ricongiungendo les-
sere umano allimmemoriale fecondo della prima radice.
Quando lanima non apparir pi su di una tabula picta What did Pliny mean when he said of the artistic crisis
come sembrava profeticamente paventare Plinio , of his time that painters no longer knew how to depict
vorr dire che il mondo visibile avr perso quella certa the soul? Why has it always been expected that paint-
luce pronta ad affidarlo alla memoria e quel pathos ing should show itself in the power to evoke an invisible
teso ad animarlo col colore. sphere? Painting is linked to the point of crisis and disap-
pearance to this decisive yet elusive sphere, as impalpa-
ble and volatile as it is vibrant and substantial; however
this link does not lie in representational art, with its pro-
gressive movement into spirit and its conscious code as it
strives to hold itself free of the ballast of mimesis and the
anchorage of the artwork. In truth we do not know the
nature of this sphere of the soul which aims to make it-
self figure, even if a great contemporary painter, Ruggero
Savinio, has recognised a similar process in his painting,
calling it the journey of the figure. We do not know if
it concerns an aspect of the supra-individual character of
the work in its wholeness, or if the image has in general a
peculiar need to tie itself to matter; whether it embodies
relations between different worlds so that they can rec-
ognise one another or whether it marks the desire to shift
into the visible a system of interior, geometric or emotion-
al relationships. It probably concerns a mixture of these
factors and others of which we are ignorant and perhaps
20 monica ferrando editorial 21

destined to remain so. What we can say of this sphere is precisely for this end: they coincide, as it were, with their
not unlike that infinitely dialogical process which in The- duration. They are their static, irreparable fixity and they
aetetus 190a is called the dialogue of the soul with itself stand in their unalterable reserve as a token which eter-
and as such is placed beyond the limits of the subjective, nity has claimed from the blind, urgent voracity of time.
imbued with determined historic conditions. Time as image of eternity is that time which materi-
Approaching painting is like crossing a threshold: the alises as painting once the chaotically active, perpetually
threshold which marks the way to a continent or place secret substance of that which lives is poured off. Time
absolutely other with regard to those which we habitu- and painting touch each other and belong to one another
ally call by the same names, even if the places which we in kind precisely because they are both images; but just as
recognise in painting are the very places where we live time remains mostly and by tendency beyond painting, so
and walk. We are not however slow to realise that we painting remains mostly and tendentially beyond time.
indeed recognise these places only because they resemble In Timaeus 26c Critias compares the tales told to children,
those which are marked in painting and this recognition which remain impressed forever in their memory like in-
pertains not only to our limited, particular experience but delible pictures of fire. Leo Strauss wrote that no detail in a
has an intensive and universal dimension, which we may Platonic dialogue is incidental and we should reflect on the
call psych, soul. profound and necessary link between memory and painting,
Here we realise that we are moving in a sphere which is at created using techniques like encaustic, developed to render
once ungraspable and persistent, which shows a special yet images permanent. The invisible place or continent to which
incomprehensible concreteness. How can this be? Should painting gives us access, to which we have tentatively given
we not rather find ourselves in the shadowy, provisional the immoderate and enigmatic name of chora, thus seems
realm of images, gratuitous and mutable? Whatever be- to present itself like the vast, imperceptible yet persistent
comes picture and has access to this place which we may and ordinary structure of memory disclosed to Proust by
term originary and moulding in the mysterious sense a perfumed drop on the tip of the tongue: quand dun
of the Platonic chora is quite the opposite. It appears to pass ancien rien ne subsiste, aprs la mort des tres, aprs la
us as really indestructible, in Kafkas sense. The images destruction des choses, seules, plus frles mais plus vivaces,
which nature creates so abundantly in water, light, fire, plus immatrielles, plus persistantes, plus fidles, lodoeur et
shadow, mirrors and in the flux and imprint of bodies, it la saveur restent encore longtemps, comme des mes, se
destroys or hides with equal and supreme swiftness and rappeler, attendre, esprer, sur la ruine de tout le reste,
unconcern. By contrast, images appear in painting to re- porter sans flchir, sur leur gouttelette presque impalpable,
main and settle, to take root and endure. They seem made ldifice immense du souvenir.
22 monica ferrando editorial 23

Around the mid-60s there was discussion of the status of ble coming to presence. The liberation of their ontological
the work of art following the exposure of its fetishistic constitution, obscured by a pre-established cultural func-
character by the historic avant-gardes. The latter how- tionality, would then signify the restitution to the sphere
ever not only failed to repudiate this character but in a of inactivity of that which comes into presence only to
certain sense created ideal conditions for its advancement preserve and reveal its power. It would signify rediscov-
from a bourgeois to a mass fetishization which would ering the thread or the umbilical cord which ties the
then, curiously, be legitimised thanks to its own tireless spontaneous sphere of form-making with that metaphys-
self-denunciation. What was perhaps lacking was a clear ical and material space of memory which we can try to
vision of arts dependence on the philosophy of history call by the Platonic name of chora.
born in the post-theological ideologies of the twentieth To accept the world as a tabula rasa in which matters are
century. The salutary eclipse of the artwork to which temporarily noted to be erased as soon as their function
Robert Klein in 1967 gave early and exemplary consider- has ceased, so as to leave space for the memorandum of
ation would have been truly decisive if it had the courage other matters, to admit that these contingent annotations
to unmask the paradoxical functional-operative charac- are then normally archived so as to be kept in readiness, is
ter of the art object once it was recruited in the service a way of utilizing memory once it has been technological-
of the culture industry with the object of filling an ep- ly tamed. We cannot say what the end of this operation is:
ochal void which should perhaps have remained empty. probably it leads to coercive yet impeccable repetition of
It is a disconcerting and mysterious fact, and one which itself. The generic art of today, enticed despite itself into
merits reflection, that such art objects are considered the ludic, ruthless mechanism of the tabula rasa craving
or voluntarily remembered only when they make a neu- concrete and ephemeral facts and deeds, does not succeed
tral sphere real, in the past or the present, refractory and in penetrating the structure of involuntary memory, in-
hostile to any use or meaning imposed by needs beyond visible yet tremendous and gaping. As all dealers and
their internal rationale: anarchic, unpredictable and curators of contemporary art are aware, art objects can be
gratuitous (also in the higher sense of the term). Only repeatedly and inexhaustibly re-presented because their
through the concept of inactivity (inoperosit), coined apparition has already happened and is never precisely
by Giorgio Agamben, can we attempt to grasp the sense, remembered. As objects which tend to be evocative they
or non-sense, of these strange entities which we insist on cannot yet adhere fully to the rigid archival system re-
calling by the collective name of art a name burdened served for more decisive sectors. Destined to circle around
by the legitimate Hegelian judgement when we might museums like innocuous penitents for a fault which tran-
rather try to think about their unjustifiable yet irrepressi- scends them, these objects reflect faithfully and credibly
24 monica ferrando editorial 25

a world taken hostage by the technicality it has created. blood and garb, wood and mountain, lips and path. The
If we agree that memory has finally been disciplined into images born from it will always be born from the memo-
the automatic archiving of material, this can only fill us ry, original and contingent. Like the Kore of Greek myth,
with satisfaction. Free of the weight and the unpredicta- they will not cease to weave the multi-coloured veil of the
bility of the memory of the soul, it only remains for us to anima mundi, nor to make their sudden resonance heard,
consign every instant of our life to the impassive vision of like the nymph Echo. Thus myth cannot be separated
apparatuses ready to fix each retinal image and replicate from colour in painting; even in a painting of bottles and
it in infinitum. A material realm of images, traceable into potatoes, myth is always already inscribed in the colours
its finest ramifications, gradually replaces that anarchic like their prehistory, to surface lively and present from
and immaterial realm produced by the soul in dialogue oceans of forgetfulness, joining human being back again
with itself. The incomparable sensory structure disclosed with the immemorial fecundity of the first origin. When
at the opening of Prousts Recherche, like Virgil in the the soul ceases to appear in any tabula picta as Pliny
selva oscura of the mind, is imperceptibly transformed prophetically feared , it will mean that the visible world
into a bulky archive in aid of Alzheimers patients. has lost that certain light which can trust it to memory
Outside all of this and excluded from every project for and that pathos which can animate it with colour.
the great transformation of cumbrous, warm human ma-
terial into the cool ductility of logical liquidity, the paint- Translated by Clare Guest
er continues to hold open the threshold that leads into the
sphere in which memory, with its two faces of ancestral
and contiguous muse, conserves the impressions which we
call places and faces, actions and passions. This is done
using the techniques which memory itself invented, in
the scented coloured pigment which gives life to a tabula
picta. In this celestial and chthonic place Hephaestus
the painter, archaic guardian of the Royal Gates, testifies
to what we may call the vocation of the earth. For this
reason colours bears the name of places: Siena, Pozzuoli,
Kassel, Vicenza, Amiata In painting the earth as it is,
before it was inhabited and trampled and cultivated, is
the name of something which becomes clothes and flesh,
Studiolo
Paul Klee diceva che per ogni quadro ci vuole una sedia.
Esercizi di sguardo
Lo scorticamento di Marsia
Giorgio Agamben

Che Lo scorticamento di Marsia nella pinacoteca del ca-


stello di Krameriz, probabilmente una delle ultime tele
dipinte da Tiziano, presenti caratteri del tutto eccezionali
stato gi notato dagli studiosi. Non si tratta, per, sol-
tanto della scelta iconografica che, pur derivando da un
disegno di Giulio Romano, innova tanto rispetto a que-
sto che alla tradizione precedente. subito evidente che
Tiziano, attraverso una serie di particolari significativi,
non ha voluto rappresentare, come aveva fatto altre vol-
te, soltanto un episodio della mitologia greca, ma qual-
cosa che lo riguarda in prima persona e cos intimamen-
te, che lo spettatore si sente interpellato alla meditazione
come se si trovasse davanti a una immagine sacra o a una
sorta di testamento spirituale, paragonabile alla Piet che
forse nello stesso periodo il maestro dipingeva per la sua
tomba ai Frari. Come in questa, infatti, aveva rappresen-
tato se stesso nel vecchio seminudo prostrato davanti alla
Vergine, Tiziano ha inserito qui il proprio autoritratto
nel personaggio di Mida che, mentre nel disegno di Giu-
lio Romano si copre gli occhi, qui contempla assorto lo
scempio sanguinoso nella posa saturnina del malinconi-
co quella stessa che, secondo la tradizione aristotelica
cos familiare al Rinascimento, caratterizza coloro che si
30 giorgio agamben lo scorticamento di marsia 31

sono distinti nella filosofia, nella poesia e nelle arti (Pro-


bl. XXX). Ancora pi sorprendente il volto di Marsia,
che non soltanto, com stato osservato, non esprime do-
lore, bens un misto di spavento, incredulit e rassegna-
zione, ma, con una scelta iconografica che accresce lef-
fetto di interpellazione, tiene fisso lo sguardo negli occhi
dello spettatore. Rispetto a questi due personaggi, lA-
pollo giovinetto, coronato dalloro, sembra intento nella
sua crudele operazione, insieme al suo aiutante scita, con
la vigile indifferenza di un macellaio che scuoia secondo
le regole del mestiere il suo animale.

Non solo per la sua ferocia che la scena sembra immer-


sa in una atmosfera inumana: vistosamente non umano
e ferino innanzitutto Marsia, che esibisce incrociate le
sue larghe zampe caprine, ricoperte di un manto di pelo
irsuto che segna unombra buia quasi al centro del qua-
dro e, con lui, il satiro cornuto che regge nella mano
destra un secchio di legno, non si sa se soccorrevole se
contiene, come sembra, acqua per il martire o impieto-
so, se destinato a lavarne via e poi a raccoglierne il san- Tiziano Vecellio, Lo scorticamento di Marsia, pinacoteca castello di Krameriz (Repubblica Ceca)

gue; ma linumanit testimoniata anche dai due cani,


quello piccolo e bianco in primo piano, che lambisce avi-
su questo spettacolo efferato, oscuramente sospeso fra
damente il liquido che cola dalle ferite di Marsia e laltro,
lumano e lanimale, che Tiziano sta meditando come
pi grande, che mostra le zanne accanto a un satiro fan-
su qualcosa che inesorabilmente lo concerne, quasi che,
ciullo che ricorda singolarmente il Bambino con cani del
giunto ormai allestremo della sua opera, questa gli ap-
museo di Rotterdam. A questa atmosfera ferina o non
parisse comera apparsa qualche anno prima a Miche-
umana corrisponde la stesura insistita e angosciosa del
langelo/S. Bartolomeo che regge le sue cuoia nel Giudi-
colore, dove le terre dallocra spento volgono al bruno e
zio universale come un mistero cruento, che implicava
alla siena bruciata e lazzurro del cielo traspare appena.
32 giorgio agamben lo scorticamento di marsia 33

un essere appeso a testa in gi e scorticato vivo, lembo a ducazione musicale, dopo aver affermato che non si
lembo, atrocemente. dovrebbero usare nelleducazione i flauti n gli altri
strumenti tecnici, come la cetra e altri simili, precisa
Nella tradizione iconografica del supplizio di Marsia, per che il flauto non esprime le qualit morali, ma
come nelle fonti antiche che lo descrivono, non c nulla piuttosto orgiastico e che esso particolarmente ina-
che autorizzi una simile interpretazione. Il satiro pu- datto alleducazione, perch suonarlo impedisce luso
nito per la sua hybris, che lo ha spinto a sfidare Apollo della parola (kolyein to logo chresthai ten aulesin Pol.
in una contesa musicale, in cui non poteva che soccom- 1341a, 16-24). Poche righe dopo, Aristotele riferisce
bere. vero che, in alcune versioni (cos nella Biblioteca lantica leggenda sullorigine del flauto, secondo la qua-
di Apollodoro e nelle Favole di Igino), Apollo per vin- le Atena, che l aveva inventato, lo gett via perch suo-
cere deve ricorrere a delle astuzie (dei veri e propri im- narlo le imbruttiva il volto; ma aggiunge subito
brogli, secondo Luciano), suonando la cetra a rovescio e pi verosimile che fosse perch essere educati nel flauto
invitando Marsia a fare altrettanto, cosa evidentemente non serve per lintelligenza, mentre noi attribuiamo ad
impossibile, dal momento che il suo strumento , secon- Atena le scienze e le arti (ivi, 1341b, 1-9). In questione,
do la tradizione che va dal bassorielivo di Prassitele al nella contesa fra Apollo e Marsia, la superiorit del
Museo nazionale di Atene fino al quadro di Bonifacio logos sulla musica strumentale e della razionalit apolli-
Veronese allAccademia di Venezia, laulos, una sorta di nea sullorgiasmo semiumano del satiro.
doppio flauto dritto (nel quadro di Tiziano, lo strumen- In che modo pu Tiziano essere giunto a una interpreta-
to , invece, una siringa a sette canne, che penzola dallo zione del mito che non soltanto, com stato suggerito,
stesso albero a cui appeso il suonatore). In Diodoro sembra prendere partito per il satiro cos ferocemente
Siculo (III, 59), lo stratagemma cui ricorre Apollo per punito, ma, svolgendo in modo originalissimo la tradi-
scofiggere il satiro che lo sta vincendo un altro: egli ac- zione aristotelica raccolta da Diodoro, situa lesperienza
compagna la cetra col canto e quando Marsia protesta, pi intima dellartista in un conflitto tra la dimensione
obiettando che la contesa era di arte ma non di voce luminosa del linguaggio divino e quella pi oscura e ani-
(artis at non vocis), egli risponde che non ha usato nulla male del satiro scuoiato?
di pi di quanto lavversario abbia fatto soffiando nel
flauto (cum tibias inflasset). Tra il 1502 anno in cui Bembo pubblica presso Aldo la
Un passo della Politica di Aristotele , in questa pro- Commedia e il 1568 si stampano a Venezia in vita di Ti-
spettiva, istruttivo. Aristotele, che, come tutti gli au- ziano ben sette edizioni del poema di Dante (fra le quali,
tori antichi, convinto del significato politico delle- nel 1544, una illustrata da pregevoli xilografie realizzate
34 giorgio agamben lo scorticamento di marsia 35

da Francesco Marcolini). Ora proprio allinizio del Para- difficolt dellispirazione del pittore. Come Dante ave-
diso, al momento di affrontare lultimo lavoro, Dante, va trasferito il significato dellepisodio dalla musica alla
invocando lispirazione di Apollo, cita inaspettatamente poesia, cos Tiziano la sposta dalla poesia alla pittura. Li-
lo scorticamento di Marsia (I, 13-21): spirazione che egli insegue per le sua ultima fatica si situa
in una zona buia e dolorosa tra linumano e lumano e
O buono Apollo, a lultimo lavoro tra lanimale e il divino. Il corpo che, ormai vecchio, egli
fammi del tuo valor s fatto vaso contempla mentre viene, a torto o a ragione, scorticato
come dimandi a dar lamato alloro. vivo , in qualche modo, il suo, anche se pi giovane e
Infino a qui lun giogo di Parnaso vicino alla natura perduta. In ogni caso, contro Apollo e
assai mi fu; ma or con amendue diversamente che in Dante, ci che qui avviene non pu
m duopo intrar ne larengo rimaso. essere espresso in parole. Ovidio, nella sua descrizione
Entra nel petto mio, e spira tue del supplizio di Marsia, aveva messo laccento sul lamen-
come quando Marsia traesti to: Perch mi scortichi chiede ahi, mi rammarico
de la vagina de le membra sue. gridava il flauto non vale tanto! e, nonostante i suoi
lamenti, la pelle gli veniva strappata dagli arti e non era
Comunque si voglia interpretare linvocazione dantesca, nientaltro che ununica piaga (Met. VI, 382-400). a
certo che lo scorticamento di Marsia qui una metafora questo lamento non alla musica divina, non alla parola
dellispirazione. Di fronte alla difficolt del suo compi- umana che Mida presta ascolto con le sue orecchie da-
to (egli ha visto cose che ridire / n sa n pu chi di l sino; questo flebile, incessante, illeggibile lamento che
su discende ivi, 4-5), il poeta chiede al Dio di essere in questione nellultima pittura di Tiziano.
tratto fuori da s in un excessus mentis, cos come Marsia
era stato estratto dalla vagina de le membra sue (lov-
via implicazione che lesperienza sar per lui altrettanto
dolorosa che uno scorticamento).
Bench gli studiosi di iconologia siano soliti indagare,
per le loro interpretazioni dei quadri, testi insoliti e rari,
possiamo qui presumere con ragionevole verisimiglianza
che Tiziano, nelle sue scontate letture della Commedia,
sia stato colpito da questo passo e ne abbia tratto lidea di
fare dello scorticamento del satiro lallegoria dellabissale
Pierre e Marthe
Ginevra Bompiani

Se ti trovi a contemplare quel quadro di Bonnard, Le D-


jeuner (1932, olio su tela, Muse dArt Moderne de la Ville
de Paris), in cui una giovane donna si affaccia sul tavolo della
colazione (contemplare la forma dello sguardo che i qua-
dri di Bonnard richiedono, un contemplare imbambolato),
lattenzione si divide in due: da una parte i colori fragranti
dei fiori, della teiera, del bricco, della parete dallaltra la
faccia della donna, torpida del sonno o di qualche suo vago
pensiero, racchiuso in quegli occhi che addensano il buio
del quadro. Lo sguardo si divide dunque fra buio e colore,
il buio umano, il colore delle cose. La donna tiene in mano
una tazza trasparente, il solo oggetto incolore, che non sem-
bra destinata a salire alle labbra, ma a perdersi nelloscurit
del bordo della finestra o nel buio del collo.
C tutto in quei colori, c troppo in quella faccia. Gli
uni non contengono laltra e lei li ignora.
Si sono estranei, pur appartenendosi strettamente, come
se fossero insieme remoti e prigionieri.
Contemplando, dunque, i quadri di Bonnard, in partico-
lare quelli che mostrano un interno, con una finestra sul
fondo e il suo intrusivo paesaggio, una sedia, un tavolo,
una donna che sorseggia il t, vien da pensare che quella
la felicit, e che la felicit non basta.
38 ginevra bompiani pierre e marthe 39

E osservando lo sguardo di questa donna, nel suo viso


ovale, leggermente appuntito fra i capelli e nel labbro in-
feriore, con i capelli crespi, il naso grosso, quellombra di
pappagorgia, quelle guance paffute di bambina, ti sembra
di capire perch non basta e non baster mai.
Il buio introduce al segreto di Marthe Bonnard, alias Mar-
the de Mligny, alias Maria Boursin, modella, amante e
poi moglie di Pierre Bonnard, sua musa e carceriera (come
disse lui). Una donna di cui solo sposandola, dopo pi di
30 anni di convivenza, Bonnard scoprir il nome e let,
che dovr nascondere e proteggere dagli sguardi della gen-
te, nella solitudine di una casa di campagna o sotto un om-
brello per le strade della citt. Marthe insomma.
Marthe presente in quasi tutti i quadri di Pierre, ma
Bonnard, Le Djeuner, 1932, olio su tela. Muse dArt Moderne de la Ville de Paris
con il corpo pi che con la faccia. Di rado con la faccia.
Salvo qui, sorpresa nel dormiveglia del mattino, e negli
altri Djeuner, che Pierre dipinse nelle case di Vernon e che sarebbe diventa la sua modella, la sua amante, e sua
del Cannet. moglie.

Il viso di Marthe , era, tondo. La morbida curva del Cos racconta David Owen in uno scritto postato sul
mento, la tenera linea dei capelli che chiudono timidi e suo blog nel giugno 2013. Ma chi David Owen? Inse-
sbadati il volto; la mano che si piega allindietro per tene- guendolo sul Net, si scopre un uomo di 81 anni, che 38
re la tazza; la spalla che spiove verso il gomito: in lei ogni anni fa, nel 1979, fece anche lui un incontro sulla sua via
curva, ogni piega sembra scusarsi. Si scusa lombra che di Damasco. Mentre visitava Nashville, Indiana, entr per
scende sulla tovaglia (anche la piccola ombra della tazza caso nello studio di un artista ed ebbe quel che lui chiama
fa una macchia tonda sulla stoffa bianca). Scusarsi sem- lesperienza di una reincarnazione. Cap, in altre paro-
bra il suo modo di non entrare in rapporto con le cose. le, di essere un pittore. Prese lezioni e impar a disegnare.
Poi, per ragioni a lui stesso misteriose, si distrasse. Ma
Pierre Bonnard aveva 26 anni ed era gi un artista quan- quando nel 2004 and in pensione dopo 43 anni di mini-
do nel 1893, in una strada di Parigi, incontr la donna stero nella Chiesa Metodista, ricevette in regalo colori a
40 ginevra bompiani pierre e marthe 41

olio e pennelli, e ritrov la sua vocazione. Da allora dipin- to spesso. E Bonnard la dipinse nel bagno e nella vasca,
ge paesaggi a olio e a pastello, espone in musei e gallerie e mentre vi entrava e ne usciva.
accumula premi. Sul suo blog, pubblica queste Art Notes. Nel 1930 scrisse a un amico:
La giovane donna disse a Bonnard che aveva 16 anni e si gi da un po di tempo che vivo una vita molto reclusa,
chiamava Marthe de Mligny. Solo quando si sposarono, perch Marthe diventata completamente asociale e io
trentadue anni dopo, lui apprese che allora non aveva 16 sono costretto a evitare ogni contatto con altre persone.
ma 24 anni, e che il suo nome era Maria Boursin. Non
disse nulla della sua famiglia o da dove veniva. Fin con Questo dunque era il rapporto di Marthe col mondo. Re-
ammettere di avere una sorella che incontrava di tanto in stare in ombra, ritrarsi, un nascondersi torpido e muto.
tanto in un caff. A sua sorella, Marthe disse che viveva Questo faceva il suo volto. Il corpo invece si mostra, nei
con un artista, ma non le disse chi. quadri e nelle fotografie, senza pudore. Un quadro dopo
Bonnard non amava esibirsi o farsi notare. Viveva sempli- laltro, Bonnard la dipinge, la insegue, la sorprende. Si alza,
cemente e senza eccessi per non attirare lattenzione. Fece si piega, si gira, si immerge, si snoda, non rivela reticenze il
del suo meglio per passare inosservato. Nei primi tempi suo corpo sodo e pieno. Salvo in un curioso sintomo, che
viveva a Parigi, ma poi si trasfer in campagna in modo le appartiene, e che il pittore accoglie nella pittura come
che lui e Marthe potessero stare pi soli. difficile sapere forma del suo proprio spazio. Questa forma il triangolo.
se questa solitudine fosse pi per lei o per lui. Il corpo di Marthe, quando non rimane diritto e chiuso
A Marthe non piaceva che altre persone la guardassero o come una freccia (i nudi allungati nella vasca o in piedi
la fissassero. Quando lei e Bonnard uscivano per strada, davanti allo specchio), si apre in tanti, piccoli o grandi,
lui portava un ombrello, non per proteggerla dalla piog- triangoli.
gia o dal sole, ma per nasconderla agli sguardi.
Quando ritraeva Marthe, non dipingeva la sua faccia nei A formarli sono il braccio, la gamba, il piede, grazie a una
particolari. E quando ritraeva il suo corpo, come faceva specie di molla che porta la spalla, il gomito, la caviglia,
spesso, la dipingeva sempre come se fosse eternamente le dita dei piedi a divaricare lo spazio per richiuderlo in
giovane. Nei suoi quadri Marthe appare snella e sana, una forma angolare.
indipendentemente dalla sua vera et e dalla sua salute Un esempio chiaro La sieste, il grande quadro che nel
declinante, sia fisica che mentale. 1900 riprende lErmafrodito addormentato del Louvre.
Non chiaro se fosse una malattia fisica o una compul- La posa la stessa, una donna addormentata a pancia in
sione mentale a spingere Marthe verso la stanza da ba- gi, con la faccia girata verso lo sguardo, e un piede ap-
gno molte volte al giorno, ma certo faceva il bagno mol- poggiato sul polpaccio dellaltra gamba, ma nella tela
42 ginevra bompiani pierre e marthe 43

Andre Terrasse che asciuga Charles, 1899, stampa alla gelatina da un negativo al bromuro d'ar- I bambini Terrasse, da sinistra a destra: Rene, Charles, Jean e Robert, 1899, stampa alla gelatina
gento. Muse d'Orsay, Paris, compropriet Terrasse, 1987, PHO 1987 31 5 da un negativo al bromuro d'argento. Muse d'Orsay, Paris, compropriet Terrasse, 1987, PHO
1987 31150

dove Marthe si abbandona, le due gambe allargando- non il volto? la gamba, che si apre a triangolo e fa del
si formano un triangolo che non c nellErmafrodito. pube un culmine e una meta. proprio lapertura del
Il triangolo nel corpo di Marthe ritratto da Bonnard triangolo a offrire la donna in dono.
unautentica apertura. Significa che il corpo non ve- Un altro dei mille esempi il confronto fra una foto (Nu
ramente abbandonato, perch qualcuno, qualcosa pu au tub) che ritrae Marthe che si lava in una vasca roton-
espugnarlo. Non abbandonato, indifeso. da, e lolio in cui Marthe, inginocchiata nella stessa vasca,
La stessa posizione, ma rovesciata, a pancia in su, quella si aggiusta i capelli.
dellIndolente di un anno prima (1899), un quadro ero-
tico, spudorato, bellissimo, dove la faccia in ombra di La posizione quasi identica, anche se fra la foto (1908-
Marthe offre il triangolo aperto dal suo pube e dalle dita 10) e il quadro (1916) ci sono quasi otto anni. La donna
ritorte del piede. Qui tutto angolare, e tutto offerto. appoggiata su un ginocchio, a sua volta sospeso sul pie-
Ed unofferta tanto pi sfrontata perch la faccia as- de, mentre laltro ginocchio alzato e il braccio piegato,
sente, forse addormentata. Chi dunque offre il corpo, se formando in tutto cinque triangoli.
44 ginevra bompiani pierre e marthe 45

una posizione scomoda, innaturale (soprattutto nel ma al disagio, allinsofferenza, a unangolosa solitudine.
quadro, dove la donna non si appoggia al bordo della Questa , era, Marthe.
vasca). Cos pure nella Sortie de la baignoire (1926-30),
dove luscita dalla vasca unazione atletica, e la gamba Marthe mor nel gennaio 1942 dopo cinquantanni di cat-
sembra piegata per il via. tiva salute, essendo vissuta molti pi anni di quelli che le
Un esempio opposto il Nu accroupi dans la baignoire del avevano dato i medici. Fu solo allora che la famiglia Bon-
1940, dove gli stessi gesti non presentano che rotondit, la nard e la sorella di Marthe appresero della loro relazione.
rotondit morbida del corpo di Marthe (che ha 71 anni), David Owen.
un corpo che prolunga la buia rotondit del volto. Tutta-
via le due braccia, tese una lungo il fianco, laltra oltre la
testa, sembrano reggere le pareti del quadro, e dividere il
rosa dal bianco. Secondo Antoine Terrasse, Lo spettatore
percepisce qui una specie di tensione nello sforzo. Come
se fosse tutta la massa del corpo ora a lottare.
La gamba di Marthe sempre ripiegata su se stessa, le
braccia allargate come ali insicure: la forte impressione che
si ricava da tutti questi quadri quella di una specie di lot-
ta con lo spazio. Come tante piccole balestre, i triangoli
difendono il corpo dallo spazio, ma lo offrono alla presa.
Questo dovette essere lo straordinario dono di Marthe
a Pierre. Una donna che si difende a colpi di sciabola e
si offre indifesa a lui. A chi fa pensare una donna simile?
Fra le foto di Bonnard, ce n una che sembra rispondere
luminosamente a questa domanda.
una foto del 1899, in cui una donna (Andre Terras-
se, sorella di Pierre) cerca di asciugare il suo bambino
Charles, che si divincola e sfugge. il corpo nudo di un
bambino, in cui i gesti pi angolosi e sfrenati, danzano. Il
corpo dei bambini che buttano le loro membra contro lo
spazio, e dove la bellezza non si accompagna alla grazia,
Idea di pittura.
Il gesto e la favilla nella Tempesta di Giorgione
Elenio Cicchini

1. Il segreto di Giorgione, chiosa L. Coletti, consiste


semplicemente nel ridurre tutta la rappresentazione a
puro colore. E con ci la pittura diventa veramente e sola-
mente pittura, rinuncia cio a qualsiasi pretesa di emula-
re o di simulare supera cos lequivoco rinascimentale
della imitazione illusiva della natura.
La storia delliconografia e della pittura in debito con
un antico concetto di origine coreutico-musicale, e poi,
fin da Pitagora, ontologico-filosofico. Di esso, un frain-
tendimento, da Aristotele a Cicerone, Cusano e Alberti,
e fino ad Arthur Danto, ha comportato unimpossibilit
costitutiva a comprendere limmagine pittorica nella sua
eterogeneit rispetto al segno. Tale concetto quello di
mimesi (lat. imitatio), diffusamente inteso in ambito pitto-
rico quale riproduzione su supporto di una figura ubicata
altrove rispetto al tratto e al colore in uso del pittore: che
vi sia una sostanza prima, esterna allo sguardo del pittore,
che questi sia in ritardo sulla realt, e che non faccia che
tradurla e riporla, mediante colori, su di una tela, in qualit
di sostanza di secondo grado. Cosicch limmagine dipin-
ta non possa mai dirsi rivelatrice, stesso aver luogo, bens
solo allusione, se non ricorrente plagio della cosa esistente:
solo studia il pictore fingere, rammenta lAlberti.
48 elenio cicchini idea di pittura 49

perduto, possibile agilmente, in opposizione alla pri-


ma, ricavarne la qualit propria in quanto comica. In
entrambe ne va del carattere (ethos): se nella tragedia,
per, il carattere determinato per mezzo delle azioni,
a quello esterne; nella commedia, invece, accade che sia
la stessa azione ad esaurirsi nel carattere, essendone im-
manente (1450 a). Che la differenza fra una mimesi tra-
gica delle azioni e una mimesi comica dei caratteri possa
valere anche in seno alla pittura lo stesso Aristotele a
suggerirlo. Ad esordio della Poetica egli indica il para-
digma dei due generi letterari in due forme pittoriche:
luna propria di Polignoto, laltra di Pausone. Poligno-
to detto buon etografo poich dipinge i caratteri
in modo aulico, pi potente, evidenziandone lazione
attraverso uninsolita dote di rilievo e chiaroscuro. La
sua pittura, come la greca in generale, essenzialmente
eroica e tragica, e ci almeno sino a Pausone, che do-
vette profanarne i canoni. Alla funzione allegorico-ce-
lebrativa della figura subentra, con Pausone, lesposi-
zione del gesto proprio dei comici (paradigmatico il
gesticolare della volpe in una kylix conservata nel Mu-
Giorgione, La tempesta, 1502-1503 circa. Venezia, Galleria dell'Accademia seo Gregoriano). Latteggiamento statuario del corpo
datleta allora rovesciato nellesacerbazione del gesto
quotidiano del comaste e del servo.
Della mimesi, tuttavia, i Greci possedevano due acce-
Se la prima segnatura comica, dunque, della pittura, risale
zioni distinte. Gi Aristotele nella Poetica ne aveva ri-
alla riduzione del simbolico in gestuale: della narrazione
conosciute due forme: alluna, il cui contenuto sareb-
in esposizione; la seconda per propriamente formale,
be lazione (mimesis ton praxeon, 1449 b), egli aveva
e concerne la polarit di disegno e colore.
conferito lappellativo di tragica. Quanto allaltra,
nonostante il libro dedicato alla commedia sia andato
50 elenio cicchini idea di pittura 51

2. Ci che per i poeti lazione, equivale in pittura al graphia) , viene comicamente svuotata dellazione, del
disegno, cos come al carattere deve corrispondere il co- senso, e della linea. Essa consiste, mediante lesposizione di
lore. Quando Aristotele afferma che se si stendono i pi intonazioni e gesti delle figure (lendiadi platonica chro-
bei colori a profusione, non si ha la stessa soddisfazione mata kai schemata ricorrente), in un ricamo colorato
che se si disegna in bianco unimmagine (leukographesas di caratteri, e somiglia per questo a una pittura dialogata
eikona) (1450 b), egli grava, a sua insaputa, un solco nel- (poikilia ton ethon la definizione tardoantica del dialo-
la storia politica dellarte, che ricongiunger il primato go platonico).
ateniese della prassi, proprio dei tragici ateniesi, a quello Ma ci dovr allora significare, in altri termini, il concepire
fiorentino del volume e del disegno. Si comprende ora oltre lazione, e a margine della figura gestualit e tona-
il motivo per cui Aristotele taccer Zeusi, pittore nati- lit, e non pi segno e demarcazione, quali vere forme di
vo di Eraclea, di mancanza di ogni carattere (cio del attivit poetica e pittorica, connubio di parola e immagine.
tragico, unico vero carattere), rifuggendo costui il pri-
mato della linea e del pathos, per la ricerca della luce e
del colore (luminum umbrarumque invenisse rationem, 3. solo nellinterruzione di ogni ermeneutica che la
Quintiliano). pittura esibisce la propria potenza in quanto sfera della
In combutta con la tradizione tragica della facolt pitto- gestualit pura. La forma dellinimicizia dellimmagine
rica, Giorgione si conficca, come una scheggia dellantico pittorica con il segno il gesto.
nel moderno, nellopposta tradizione della mimesi comi- Esemplari di tale purificazione della pittura dal dogma
ca. Egli si trova a riepilogare il gesto esemplare che era gi fiorentino della membrificazione, e dallaristotelico della
stato di Pausone e di Zeusi, dipingendo gesti quotidiani e significazione, sono per noi le tre figure de La Tempe-
direttamente col colore, sgomberando laccesso a quella via sta: alabardiere, donna e cicogna. Queste sono manife-
che da Tiziano a Tiepolo giunger poi fino a Delacroix e statamente esposte in soli colori e atteggiamenti, ossia in
Czanne. cenni puramente tali: lalabardiere (nelle cui vesti sarebbe
In nullaltro il gesto rivoluzionario di Giorgione, e della recondito, secondo taluni, Mercurio, per altri, invece,
pittura veneziana in generale, difatti, consiste, se non nel Paride) appoggiato alla sua picca come in un gesto di
rinvenimento di quellantica segnatura comica atta a situa- tregua, mentre la donna (ora Iside ora Io allattan-
re limmagine nel seno di una possibilit puramente etica te Epafe) riposa con letizia nel portamento di unatte-
della pittura. Sicch in continuit con ci che era accaduto sa. Non ultima la cicogna, lieve profilo, sullaltana lon-
gi in Platone, anche in Giorgione la forma della pittura tana, nullaltro agisce che il sostare. Cos che pu dirsi
come della platonica scrittura (in greco identicamente realmente, con L. Venturi e M. Bettini, che lautore non
52 elenio cicchini idea di pittura 53

abbia voluto dipingere che un paesaggio, lo scadere intorno alla cosa stessa, e molto convivere, allimprovviso,
dellimportanza del soggetto, meri elementi della na- come favilla accesa da palpitante fuoco nasce nellanima e
tura, o forse, piuttosto, delle anonime figurine, sottratte ivi cresce nutrendo se stessa (341 c d).
a ogni significazione: i favoleggiati Mercurio Paride Iside Nel tentativo ultimo di raffigurare laver luogo dellidea,
Io Epafe ricondotti ai puri atteggiamenti di un qualun- questo dovette somigliare, per Platone, a un brulichio di
que corpo di soldato, zingara e bambino; o ancora, in un fuoco, o favilla (come traduce G. Colli) prodotta dallo
gesto di radicale consapevolezza mimico-pittorica, allo strofinio (non che il dialogo) di domande e risposte,
stesso loro modo del sostare, che al contempo un sosta- frasi e nomi, come di pietre focaie. In analogia con lau-
re della figura in luogo di ogni possibile contenuto. cos tore della lettera, anche Giorgione pare possedere il mi-
forse, su tutti, lagio stesso; la delizia insita nella como- stero dello statuto comico del proprio dipingere. Il luogo
dit delle membra piegate, ad essere originale materia del prescelto, in pittura, allintellezione dellidea pare egli
dipinto. Pare allora non esservi descrizione pi calzante suggerirci , quello che, in uno sfregamento di colori
che quella di colui che per primo lopera vide e descrisse: su colori, di figure su figure, conduca infine limmagine,
el paesetto, annota Michiel, in tela cun la tempesta sulla soglia del visibile, a conflagrare nellistantaneo lume
cun la cingana [zingara] et soldato (anno 1530). della favilla, punto estremo del colore al di l di ogni so-
Se lintento propriamente comico della pittura consiste, stanza visibile: favilla est deserta igni scintilla, cio, con
dunque, nel disincanto del segno e della rappresentazio- Servio ignaro di tradurvi Platone , una scintilla di co-
ne in gesto, allora possibile, risalendo a monte di tale lore che si separa dal suo corpo.
segnatura, culminare nella stessa promiscuit di filosofia Si comprende ora perch Coletti, come il nostro eser-
e pittura, visione (idea) e immagine (eikon). go ha mostrato, avesse definito quella di Giorgione una
pura pittura costituita di puro colore. Di ci ci ren-
de partecipi il gesto estremo con cui, congedandosi dal
4. In un celebre passo della VII Lettera, Platone lega lin- dipinto, Giorgione espone la favilla, nel bel mezzo del
tellezione dellidea a qualcosa come un congedo dalla cielo de La Tempesta, sotto forma di fulmine. Essa, come
scrittura: Questo solo ho da dire sul conto di quanti han- indica letimo, sostiene (favet), come una lettiga, lag-
no scritto e ancora scriveranno; di quanti dicono di cono- grottarsi delle nubi; e al contempo le incenerisce, acceca
scere ci che mi sta pi a cuore mia opinione che non (fovet) insieme posizione e deposizione del colore.
ne comprendano nulla. Non vi un mio solo scritto che E ancora, il bianco del fulmine , a ben vedere, dissemi-
tratti di ci, n mai vi sar, poich non affatto esprimibile nato, come pioggia di scandelle di luce, nella stessa at-
come gli altri insegnamenti, ma solo dopo molto convenire mosfera del paesaggio. Materia, descrizione, e titolo del
54 elenio cicchini

dipinto forse, allora, a dispetto della tradizione del Mi- Eidola


chiel, proprio questa manna di lume in assenza di tem- Emanuele Dattilo
pesta, che non pare destare turbamento alcuno ai colori e
agli atteggiamenti dei corpi. Essa reca alla vista il visibile
stesso, la luce che, come il nome per Platone, si stacca dal
volume dalla sintassi delle figure, per divenire, a
margine e a mezzo della figura, luminosit stessa, o idea
di pittura. Paul Klee ha composto, nellanno della sua morte, una
serie di 24 disegni intitolata significativamente Eidola,
simulacri. In questi disegni, tutti molto simili tra loro,
5. Se volessimo cos sviluppare il suggerimento aristote- sono rappresentate con pochi tratti alcune tenui creature
lico di una possibilit poetica della pittura, potremmo, (come chiamarle altrimenti?), fissate ogni volta in un ge-
infine, definire tragica quella pittura i cui colori sia- sto, in una posa tipica o convenzionale, in cui sono con-
no meri accidenti della sostanza del disegno. Veramen- template per un istante. Chi sono queste creature sottili e
te comica sar, invece, la pittura che, nellesecuzione quasi impercettibili disegnate da Klee? Non uomini, cer-
del disegno, sappia esporre anche sempre lo sfregamento tamente. Che rapporto intrattengono con quel gesto che
della figura nel colore. Detto altrimenti, comico sar quel compiono cos teatralmente?
pittore che, nellesecuzione dellimmagine, trasfiguri il Come sempre per le opere di Klee, che aveva una sensibi-
contorno dei soggetti in un margine del visibile. lit poetica pari a quella visiva e pittorica, il titolo da lui
assegnato ad avvicinarci al contenuto di verit delle opere
che osserviamo. In questa serie di disegni, soprattutto
la particolare struttura ricorrente nei titoli che ci pu aiu-
tare a comprendere meglio di che cosa si tratta: Eidola:
gi filosofo (Eidola: Weiland Philosoph); Eidola: gi
attrice (Eidola: Weiland Actrice); Eidola: gi entusia-
smante (Eidola: Weiland Enthusiastisch); Eidola: gi
generale (Eidola: Weiland Feldherr); Eidola: gi bal-
lerino di danza popolare (Eidola: Weiland Volkstn-
zer); Eidola: gi pianista (Eidola: Weiland Pianist)
Weiland la parola che scandisce tutti questi schizzi di
56 emanuele dattilo eidola 57

Klee: gi, come a dire che qualcosa gi stato. Signi-


fica forse che questi disegni rappresentano qualcosa di
avvenuto in un tempo immemorabile, e di cui lopera che
stiamo guardando rende per noi viva testimonianza? No,
a ben vedere non si tratta qui di un fatto o di un evento
che sia gi accaduto in un passato pi o meno prossimo,
n di un gesto che sia ormai compiuto e passato. Ci che
gi stato, infatti, non in nessun modo il gesto che la
sottile figurina disegnata compie davanti ai nostri occhi,
bens il carattere stesso, lo stesso attore di quel gesto e
di quellazione, ormai trapassato. Il gi stato del tito-
lo, lavvenuto, cio, riguarda il soggetto che agisce, il suo
ruolo, non il gesto che egli compie. I soggetti degli eido-
la, con il loro pathos esibito e le loro mossette infantili, Paul Klee, Eidola: Weiland Actrice Paul Klee, Eidola: Weiland Entusiastisch

li scopriamo allora mortali, e forse, anzi, gi trapassati.


Essi in ogni caso preesistono alla posa che osserviamo, ed
questa loro preesistenza a donare ai disegni di Klee un
acutissimo senso di nostalgia. Che cosa resta di loro? In
questi disegni non si pu rivelare ormai nessun angelo; le
azioni, cos insignificanti o quotidiane, non hanno alcun
soggetto semidivino che ne sia garante e le compia in-
tenzionalmente. Essi non sono presenze ultra-terrene, e
nulla qui ci appare di angelico o demonico (dove in Klee,
come sappiamo, queste due dimensioni tendono costan-
temente a sfiorarsi).
Ci che mostrato in questi eidola proprio ci che re-
sta, i pi semplici gesti, le abitudini e attitudini umane
(quella dellinnamorato, o dellattore), ormai completa- Paul Klee, Eidola: Weiland Philosoph Paul Klee, Eidola: Weiland Was?
mente liberati e dismessi da parte di chi li compie, inassu-
mibili da un qualsiasi soggetto che se ne possa appropria-
58 emanuele dattilo eidola 59

re. Pu esistere lamore, o anzi, linnamoramento, senza il pianista, vengano meno, che esistano come simulacri,
qualcuno che lo subisca smaniosamente, innamorando- gi stati. Finch saremo preoccupati della loro (della
si? E si pu forse dare pensiero filosofico, senza pi un nostra) salvezza, nessun gesto vitale si produrr da noi.
soggetto che pensi e sia filosofo in atto? Proprio per- Ogni immagine etica, in altre parole, solamente una
ch un gesto sia vivo, ci viene mostrato qui, deve sparire preesistenza, e scompare nel momento in cui lethos si
e dolcemente naufragare chi lo compie, egli deve essere realizza, nel gesto che si compie, l sopravvive solo come
soltanto un ricordo. Allo stesso modo solo nei gesti che una vaga memoria. Solamente una volta che questi per-
compiamo, nelle pose pi quotidiane che mimiamo, che sonaggi siano dimenticati nei gesti che compiono e nei
ci si pu liberare da ogni immagine di s. simulacri che li rappresentano, solo l infatti essi posso-
In questo modo Klee ha inteso mostrarci una verit che no accedere alla loro preesistenza. La pittura non vuole
concerne anche la natura stessa del disegno e della pittu- afferrare limmagine del filosofo, ma il suo simulacro, la
ra: la rappresentazione di un atto o di un gesto non un memoria che di lui resta in alcune pose di pensiero; essa
modo di assumerlo e di definirci attraverso esso, ma un non pu n vuole riprodurre la sostanza ideale di chi
modo in cui, al contrario, possiamo liberarci e vivere. Le compie qualcosa, n vuole definire una volta per tutte il
attitudini umane, i modi che contraddistinguono il no- ruolo con cui il soggetto agente si identifica in una serie
stro carattere e le nostre attivit, sono qui contemplati sub di azioni. La preesistenza e il Nachleben sono la mate-
specie aeternitatis, nella loro forma pi pura e cristallina, ria della pittura. Nessun filosofo pu veramente pensare,
come Pathosformeln (e non importa, qui, definire il carat- ci viene qui detto, come nessun innamorato pu amare;
tere eterno o storico di queste forme, in quanto la contrap- solo in alcuni gesti involontari e stilizzati, nel timido
posizione tra le due categorie , in fin dei conti, fasulla: sub avvicinamento per un bacio o in un certo ripiegamento
specie aeternitatis pu esistere soltanto ci che storico). del capo, che essi possono gi preesistere, nella tenue
Nel disegno, cio, non rappresentato qualcuno, caratte- memoria di un simulacro.
rizzato attraverso unazione, un gesto o uno sguardo, una
persona che abbiamo avuto un tempo davanti agli occhi e
che assumeva una certa posa indimenticabile, ma piutto-
sto quel gesto stesso a venirci incontro, nellunico tratto
sommario in cui si compie, ormai dimentico di chiunque
labbia anche per un istante posseduto.
Per pensare e per amare, per recitare e per suonare il pia-
noforte, bisogna che il filosofo e linnamorato, lattrice e
La veracit del visibile di Hieronymus Bosch
Nicoletta Di Vita

forse tempo di tornare a ridestarci dal giudizio che la


storia ha inciso intorno allopera di Hieronymus Bosch:
pittore onirico, allucinato, insanabile vaneggiatore, per-
sino quaresimale predicatore in vesti laiche (C. Justi,
nel 1889), efferato simbolista. Quanto di visionario essa
custodisca lo esibisce certo lirriverenza di una delle sue
pitture pi celebri, lInferno musicale, dipinto dellanta
destra che affianca la prodigiosa visione del Giardino
delle delizie.
Lopera ha il pregio della franchezza. Non finge un sog-
getto unitario, poich non ce lha; n pare prostrarsi al
canone dellaccessibilit semiotica (dellarcano velato). Si
direbbe che tutto in essa sia finalmente dato alla veracit
del visibile. Al punto che la ragione per la quale ci pare
di averne, oggi, un cos difficile accesso, sembra risiedere
nella combutta che il visibile vi ha instaurato con il reale
(con quanto il reale ha ceduto al fenomenico). Il dipinto
forse la pi potente canzonatura e insieme la pi severa
messa in questione di quel rapporto. Si prenda il titolo
dellopera: Bosch ha creduto di individuare nella musica
strumentale il luogo infernale da contrapporre alle pi
mirabili delizie. Il gesto, certo singolare, lo apparenta a
Dante, che dellInferno aveva anzitutto narrato unespe-
62 nicoletta di vita la veracit del visibile di hieronymus bosch 63

rienza uditiva, tra latrati, ghigni, e le voci chiocce che


risonavan per laere sanza stelle (Inf. III, 23). Ma la ma-
estria dellarte pittorica ha consentito a Bosch, non meno
che gi a Dante a mezzo della parola, di dar corpo a quel
musicare al punto che allosservatore, posto di fronte alla
tavola, data facolt di udire la baraonda degli strumenti,
di avvertire nella parte mediana del quadro la sonorit,
si direbbe brulicante, dei movimenti. Alla provocazione
che il poeta Ausonio, nel IV secolo, aveva attribuito alla
ninfa Eco: A che cerchi tu pur, sciocco pittore, / Di far
di me pittura / Dipinga il suon chi me dipinger vuole!
(et si vis similem pingere, pinge sonum) (trad. di V. Car-
tari, 1556), la tavola ribatte dunque senza riserve.
Ma se Bosch rende perfettamente visibile un eminente-
mente invisibile (il suono), ci perch il paradosso
della visione chegli intende indicare. Tanto pi che quel-
la sonorit caotica pare essere, nel dipinto, non soltan-
to la pi corporea delle figure, ma affatto lunica alla cui
visione si abbia accesso. Tutto, nel corpo della pittura di
Bosch, si arrende infatti alla dispersione del dettaglio: il
dipinto invaso da particolari giustapposti, da singola-
rit separate e scomposte, irresolubili a ogni lettura. La
disconnessione dei demoni e delle folle di denudati (in
questa tavola: dellanfibio con elmo cui appeso un pie-
Hieronymus Bosch, Inferno musicale (Trittico Giardino delle delizie), 1480-1490 circa
Madrid, Museo del Prado de con caviglia, delluovo con gambe di tronco e volto
di pittore, e via dicendo) fa s che lo sguardo sia costret-
to a scivolare da un rimando allaltro, da una singolarit
allaltra, lasciandosi tutta la memoria dietro, impeden-
do ogni chiusura. limpossibilit di vedere: lopera
uneccedenza continua, in cui ogni istante ha senso solo
64 nicoletta di vita

in quanto trainato dal successivo. Se di mostruosit per Mario Marcucci, limmagine necessaria
queste composizioni scollate si parlato, di licenziose Francesco Donfrancesco
fantasie che mal si addicono ai pittori (Pacheco, 1649),
certo nella dimenticanza di questo essenziale apporre
accanto della pittura, di quanto cio gi Platone aveva
riconosciuto come proprio dellarte del dipingere: quel
mettere insieme in modo vario dipingendo capri-cervi e
creature di tal sorta (Resp. 488 a) (e qualcosa di simi- Dopo aver guardato a lungo le immagini della pittura di
le deve accadere quando si dice di non poter credere Mario Marcucci, e aver lasciato che siano a poco a poco
ai propri occhi, espressione che accompagna, a rigore, assimilate nellanima e divenute familiari, se andiamo a
ogni lucida esperienza dellopera di Bosch, forse ogni lu- leggere le pagine che sono state scritte su lui in tanti anni, e
cida esperienza della pittura). in particolare negli ultimi della sua vita, stupisce linsistere
Cosa fa, allora, un pittore che a un tempo omaggia la vi- cos diffuso sulla poca notoriet della sua opera, il ram-
sione pi difficile (quella di un invisibile) e insieme im- marico che una pittura di cos alta qualit non sia, come
pedisce la visione di tutto il resto, forzando la vista al meriterebbe, al centro dellattenzione collettiva. Sembra
punto da renderla oziosa? Egli ha certo accolto la sfida che in genere sfugga lessenziale, che queste immagini non
dellinvisibile in un esercizio che, quasi dialettico, lo ri- aspirano affatto a essere oggetto di celebrazione; al contra-
versa nel visibile, ma in un modo tale che, come recita rio, inducono al silenzio, al ritiro e, forse, loro necessario
un antico adagio sulla rivelazione di Dio nel mondo, la perfino loblio. Sono immagini che si vestono di povert,
visione si disperda nel dettaglio, e dal dettaglio giunga a affiorano da supporti casuali, da cartoni, carte gialle, sot-
compimento. Ma ci che allora competer alla pittura, tili tavolette sbrecciate, pi raramente da modeste telette;
nellesperienza del proprio limite, non pi semplice- sono ospitate in quadri per lo pi senza data, senza storia,
mente la cura di ogni singola figura, di ogni singolo ac- e firmati, sembra di capire, soltanto per la necessit di ven-
cidente, bens laver luogo, nellimpossibilit di venire a derli. Quello che conosciamo del loro autore o piuttosto
capo del loro infinito concatenarsi, della stessa visione di del loro mediatore consegue ad esse, al potere che hanno
un Ade (letteralmente lInvisibile) di ci da cui, come avuto di orientarne lesistenza. Non la modestia del suo
aveva gi indicato linno che Omero lev a Demetra, mondo ad averle suggerite, piuttosto la loro potenza che
concessa ai mortali ogni ricchezza. ha modellato, fin dagli inizi, il modo di vivere dellautore;
la cui virt maggiore stata di rimanere fedele alla sua vita
interiore, e dunque alle immagini che la fondavano e la-
66 francesco donfrancesco mario marcucci, limmagine necessaria 67

nimavano man mano che venivano affiorando. Cos non


stupisce che ad essere commossi da queste immagini siano
stati e siano coloro che ad esse almeno in parte somigliano
come del resto sempre accade con le vere immagini, che
sono specchio dellanima e per questo sono disposti ad
accoglierle, cio ad ascoltarle mentre risuonano in un loro
paese interiore. Non stupisce allora la comprensione di
Viani per il ragazzino che gli mostrava timido le sue prime
prove; cos come lapprezzamento di Morandi e lamore
di Montale per le opere del pittore ormai maturo.

Come avrebbero potuto nascere e vivere, quelle immagi-


ni, se Marcucci si fosse mescolato fra i frequentatori dei
circoli intellettuali, esposto alla pressione di teorie che
demolivano e riprogettavano il fare pittura, e non ne fos-
se invece rimasto lontano, preso dal decifrare le imma-
gini che lo raggiungevano dalla sua Viareggio marinara?

Sono le immagini che fondano unesistenza, e non vice-


versa, e scelgono non soltanto chi le renda vive e presen-
ti, ma anche chi sappia amarle, contemplarle e accordar-
si alla loro musica; e cos sentirsene riconosciuto. Sono
dunque le immagini che talvolta esigono unesistenza
Mario Marcucci, ritratto di Mario Tobino. appartata, in ascolto di voci trascurate, dimenticate, di-
sprezzate, represse da concezioni dellesistenza e dellar-
te che esse disturberebbero o incrinerebbero.

Ritornare, nella considerazione dellarte e pi in parti-


colare della pittura, alla nuda presenza delle immagini,
spogliate da quanto stato loro imposto per ridurle a
68 francesco donfrancesco mario marcucci, limmagine necessaria 69

mero segno di un divenire delle forme, a strumento di lora un che di monumentale, pur rimanendo piccole nel
una lotta per il prestigio e occasione di stilemi riconosci- formato, intime come sempre; sembrano leco di forme
bili come firme, divenuto ormai urgente e necessario. classiche della tradizione toscana, come se Marcucci vo-
Non so se si possa dire che Marcucci laveva capito; ma lesse affidarle ad essa per salvarle dal minacciato disfa-
certo aveva trovato, nel suo dipingere, una delle vie prin- cimento. Ma al disfacimento la sua pittura lo riconduce
cipali per attuare quel ritorno: la devozione alle appa- sempre, dopo una breve pausa che ha il sapore di unil-
renze del mondo, il mondo come ininterrotta relazione lusione: la costruzione precedente arretra sullo sfondo,
di particolari intessuti in un tutto, e dunque allunicit come una filigrana che attesti unorigine, unascendenza;
dei luoghi vissuta nel tempo dellanima. Che come dire mentre i colori velati, che inclinano a spengersi, le stesure
fedelt a un cosmo interiore, al suo lento configurarsi nel libere del pennello, che disfano le superfici e ne segnano
corso di unesistenza, intessuto danima e mondo. Ne lo smottamento, linstabilit, che fonda le immagini come
testimonianza, a noi direttamente accessibile, la prolife- ci che pi profondamente le costituisce, tutto rivela, nel
razione dimmagini sempre diverse anche per intensit, breve confine del quadro, che la durata cui si anela non
certamente che costituiscono linsieme della sua opera. data. Bisogna piuttosto volgersi al vuoto, per trovare
Quantunque si possano classificare nei generi tradiziona- nello sgretolamento delle forme, che il vuoto provoca,
li ritratto e autoritratto, natura morta, paesaggio, not- un paradossale sostegno: una luce, che non quella na-
turno, marina , ciascuna di esse, tuttavia, soprattutto la turale n la sua evocazione, ma che scava le forme dal
traccia di unepifania silente dellanima del mondo, non loro interno, le rende lievi, come veli che svelano mentre
nel suo subitaneo risplendere, ma nel suo inevitabile, im- rivestono; quella luce dellinvisibile vuoto che del vuoto
minente dileguare; il resto malinconico di una perdita, lirriducibile sostanza.
quello che rimane nel cuore di un amante.
Nei momenti in cui questo stato viene raggiunto, e non
A volte si ha limpressione di una lotta per conservare sono rari, limmaginazione lirica di Marcucci si illimpidi-
densit e consistenza allimmagine, quasi a negare, alle- sce, diviene pura, essenziale; e le sue immagini necessarie.
vento che essa rammemora, il suo volgersi al nulla; a ne- Come in questo ritratto di un amico, Mario Tobino, che
gare la certezza, concessa dalla malinconia, che dato di fin nelle crepe della tavoletta evoca la caducit imminen-
scorgere leterno soltanto nellimpermanenza di ci che te; mentre la luce carezza il volto destinato a scomparire,
viene al mondo; di pi, che leterno concesso a un figlio nel quale essa gi comincia a dissolversi. Allusione velata,
del tempo proprio lessere impermanente di ci che lo forse velata anche per il pittore, agli antichi ritratti del
costituisce e di ci che ama. Le immagini assumono al- Fayum.
La Madone de Foligno entre Louvre et Vatican
Marc Fumaroli

Le troisime voyage hors de Rome, depuis 1816 de La


Madone de Foligno (le premier lavait ramene du Louvre
au Vatican, le second, assez rcent, la fit accompagner Be-
not XVI Dresde, o elle tint quelques semaines com-
pagnie la Madone Sixtine) la conduite, ces temps-ci
tour tour lAmbrosienne de Milan, puis dans lglise
Santa Anna de Foligno, o ce tableau dautel avait rsid
jusquen 1797. Il semble que sa prsence ait fait de Foligno
un but de plerinage. Provisoirement ou dfinitivement?
Je ne sais. La nouvelle politique du directeur des muses
pontificaux, Antonio Paolucci, et de son ministre de la
culture, le cardinal Ravasi, est de faire voyager - hors
march - les saintes icnes du catholicisme, missionnaires
de la foi comme lont t nagure, pour Andr Malraux
ambassadeur de la grandeur franaise, les icnes laques du
Louvre: Vnus de Milo et Joconde.
Durant dix-neuf ans, de 1797 1816, La Madone de Foligno,
le premier tableau dautel que Raphal ait peint Rome et
dun de ses chefs-duvre les plus admirs, a t lune des
icnes laques du Louvre. Larme du Directoire lavait exp-
die Paris, avec tous les chefs-duvre antiques et modernes
saisis conformment aux clauses du trait de Tolentino.
Peinte sur bois, cette commande de Sigismondo deConti,
natif de Foligno, secrtaire de Jules II, avait trn Rome
72 marc fumaroli la madone de foligno entre louvre et vatican 73

pendant une quinzaine dannes sur le matre autel de Sainte


Marie dAra Coeli (1511-1565) au pied duquel ce prlat
avait souhait tre enseveli. Luvre de Raphal fut ensuite
transporte, peut-tre avec la dpouille de son commandi-
taire, dans lglise Sainte Anne du monastre des comtesses
de Foligno, petite ville dOmbrie. Cest l que les envoys
de Bonaparte, bien conseills par le peintre Jean Baptiste
Wicar, la trouvrent et sen emparrent, en 1797.
Grce la gravure et la copie, le chef-duvre de Raphal
tait alors clbrissime, tout particulirement en France.
Depuis la premire moiti du XVIIe sicle, Raphal (dont
lart tait trs bien reprsent ds le rgne de Franois 1er
dans les collections royales) tait tenu par Nicolas Pous-
sin, par ses amis Chantelou et Chambray et par leur patron
Richelieu, comme lApelle des Anciens grecs rapparu
parmi les modernes, Plus que jamais au XVIIIe sicle, Ra-
phal tait le modle imiter pour les peintres acadmiques
franais, si ceux-ci voulaient viter les dviations et la d-
cadence introduites en Italie (ou par sotte imitation, en
France) par Michel Ange, par les maniristes, puis par Ca-
ravage, dont Poussin avait crit quil tait n pour perdre
la peinture, puis par le got italianisant dit rocaille. Au-
jourdhui, dans une interview rcente, Antonio Paolucci
rfute tacitement cette ancienne thse annexionniste fran-
aise: loin dtre un Apelle ressuscit, Raphal est aux yeux
la source originale de toute la peinture moderne et chr-
tienne, Titien avant Titien, Caravage avant Caravage.
Mais au XVIIe et au XVIIIe sicles, dans la concurrence du
Raffaello Sanzio, Madonna di Foligno, Pinacoteca Vaticana, Citt del Vaticano
Paris des Bourbons avec la Rome des papes pour lhg-
monie dans les arts, Raphal, le Raphal romain, celui des
74 marc fumaroli la madone de foligno entre louvre et vatican 75

Stanze, de la Madone Sixtine, de la Transfiguration, de la III quittt le conseil des ministres et quil signt devant
Galate, a t malgr lui enrl, et pour longtemps encore, lui, sur le champ, linterdiction de procder ce sacrilge.
dans le parti de Paris. Pout toute la tradition acadmique Ingres oubliait un peu vite que la Madone de Foligno, sur
franaise, le divin Raphal a pass pour la pierre angu- le rapport alarm lInstitut dun autre lve de David,
laire manquante de la Renaissance des arts, larchtype du Franois-Ren Vincent, avait t sauve, in extremis en
peintre parfait, imit par Poussin et par Le Brun, mais ignor 1802, par son transfert du support original de bois, en voie
ou trahi par la plupart des coles italiennes, exception faite de pourriture, un support de toile. Les restaurateurs pa-
de Boulogne et de lhritage raphalite dAnnibal Carrache. risiens firent du beau travail. Restaur, le chef duvre en
Jacques Thuillier est all jusqu parler dun vritable 1816 ne regagna pas Foligno, mais fut install, avec moins
mariage entre le gnie de Raphal et celui de la France! de risques dhumidit, au Muse du Vatican.
Lorsquau dbut du XVIIIe sicle, le mauvais got La religion franaise de Raphal na pas survcu lim-
rocaille sembla tourner le dos Poussin, Le Sueur, pressionnisme ni aux coles avant-gardistes qui se sont
Le Brun et affoler les sages grottesques de Giovanni succdes de plus en plus vite Paris, puis New York.
da Udine, cest Raphal que la critique franaise invo- Les Goncourt, Huysmans et leurs successeurs moder-
qua pour sauver lart national menac de dcadence. nistes ont vomi, avec un incontestable succs Raphal et
la veille de la Rvolution, Raphal avait retrouv toute le Beau idal acadmique dont il avait pass si longtemps,
son autorit dAncien parmi les Modernes. Homme di- en France, pour le matre absolu.
vin!, scriait David. Quand la grande portraitiste Vi- Pour sauver Raphal de ce revirement franais, Antonio
ge Lebrun, voulut se peindre avec sa fille adore, David, Paolucci veut faire voir dans le peintre de la Madone de Fo-
alors son ami, lui conseilla de prendre la pose de la Vierge ligno un moderne davenir plutt quun Antique retrouv,
la chaise ou de la Vierge de Foligno. un symboliste religieux plutt quun doux embellisseur
En 1832, Balzac, le contraire dun jacobin, crivit de Ra- de la nature, lac et conventionnel. Regardons avec cet il
phal, dans Le Chef duvre inconnu, que, chez ce Matre, neuf la sainte conversation reprsente par Raphal dans
toute figure est un monde, un portrait dont le modle est la Madone de Foligno! Quelle trange attitude le peintre
apparu dans une vision sublime, teint de lumire, dsign au fils que sa mre voudrait protger! Le Christ-enfant se
par une voie intrieure, dpouill par un doigt cleste. contorsionne comme saisi de terreur. Dans les bras de la
Disciple intransigeant de David, le vieil Ingres, quand on Madone, il prfigure lattitude de rpulsion que, plusieurs
lui dit quon sapprtait au Louvre restaurer le chef dcennies plus tard, Caravage empruntera Raphal pour
duvre du Dieu sur la terre, le Saint Michel Archange reprsenter Le jeune garon mordu par un lzard de la
de Raphal, fona aux Tuileries. Il obtint que Napolon National Gallery de Londres, tableau lac sil en fut.
76 marc fumaroli

Or, dans le tableau dautel de Raphal (ce que ne montrent Montagna Sainte-Victoire
pas la plupart des photographies), une croix monastique Andrea Gigli
est brode sur le voile dont la Madone senveloppe. Cest
sur le tronc de cette croix, vue de profil, peine visible
pour le spectateur regardant den bas, que reposent dj un
pied de lenfant effray, tandis que la branche transversale
de la croix semble elle-mme lombre porte des bras de
Jsus, soulevs de crainte. Tout prend sens dans le tableau Come in tutte le dieci tele e i diciassette acquerelli che
ds qua t peru le double mouvement de lEnfant divin, Paul Czanne le dedic tra il 1904 e il 1906, la montagna
pouvant par lhorreur prvisible du sacrifice, mais ne se Sainte-Victoire confinata al terzo superiore del foglio.
refusant pas au futur supplice do dpend le salut de lhu- Collocata idealmente sullo sfondo, incombe invece ver-
manit. Un angelot tient une tablette nue: cest l o sera so lo spettatore. Non riuscendo a stabilirne le priorit,
grav lvangile de la Passion, A larrire plan, un paysage locchio afferra limmagine nella sua interezza trami-
urbain orageux, inspir de Dosso Dossi, se nimbe dun te una sequenza di scarti, analoghi a quelli che lhanno
arc en ciel de fin de tornade: il symbolise la Rsurrection prodotta: ogni pennellata suggerisce un piano connesso
qui suivra la Passion. Trois saints soutiennent le donateur, agli altri tramite aree bianche, e anche quando si aggrega
concentrant son attention sur le mystre de lIncarnation, in nodi pi densi, risultato di pi modulazioni di colo-
lov dans la vision.de la Madone et du Fils. Nous savons re, non assume funzione denotativa e si propone come
par ailleurs que le tableau tait aussi un ex-voto, destin pura indicazione di ritmi e direzioni. Tra leggerezza della
rendre grces lintercession de la Vierge, qui aurait par- componente aerea e rigore della struttura si genera una
gn de la foudre la demeure folignese de la famille Conti. tensione a rete che dispone linee e campi di forza, e
Ce sens terre terre nexclut nullement la profondeur rimanda ogni punto allaltro garantendone lequilibrio
thologique prte par Raphal ce retable. senza per fissarlo, e senza escluderne possibili ulteriori
Sans rien ter la beaut du tableau, sa relecture sym- vibrazioni. Movimenti spesso minimi e ripetitivi percor-
bolique la libre de son immobilit et de sa froideur rono la superficie scomponendo i volumi, rendendo in-
apparentes. Un suspens pathtique la fait frmir, et decidibili i luoghi, e articolando al loro posto un intrec-
leschatologie chrtienne de la Rdemption la pourvoit cio di sequenze ritmiche. La presenza dellintero priva
de la dimension temps, interdite, selon Lessing, la di rigidit, come se ogni elemento fosse sempre sul punto
reprsentation picturale. di muoversi verso tutti gli altri, a ci impedito solo dalla
trazione che gli altri vi esercitano. A stento percepibili i
78 andrea gigli montagna sainte-victoire 79

tratti di matita, limitati a sintetiche annotazioni su fianco


e sommit della montagna, i tocchi di colore consentono
molteplici esiti di moto da un piano allaltro, con frena-
te, accelerazioni o rallentamenti. Pur necessari e stabili,
i nessi che costruiscono limmagine sembrano cogliersi
nellattimo della loro emergenza e catturano lo spettato-
re senza imbrigliarlo, cos come il colore non lo irretisce,
limitandosi a spostarne lattenzione da un tocco allaltro:
lo sguardo scivola da un piano a quello adiacente, la sua
velocit aumenta, si spalanca una dimensione interiore
ariosa e senza confini.

Ai circa quaranta oli e altrettanti acquerelli a noi rimasti


in cui Paul Czanne raffigura la montagna Sainte-Victoi-
re, dovremmo aggiungere un imprecisato numero di stu- Paul Czanne, Montagna Sainte-Victoire, 1904-1906, Acquerello, 47,2 x 62,6 cm
Collezione Oskar Reinhardt, Winterthur, Svizzera
di, schizzi, opere perdute o distrutte: una impressionante
serie pittorica, su cui lecito continuare a interrogarsi.
Per rompere la gabbia della visione comune entro cui si
gi era, solida e compiuta nella struttura di un essere che
affollano forme transitorie, Czanne tenta ogni volta la
se , eterno, ma non appare perch giace nella regione
superficie del foglio o della tela, soglia dove qualcosa pu
infinita popolata da tutto ci che non percepiamo. E se
apparire o meno a seconda che di ogni pennellata di co-
latto del vedere (il mezzo che mi dato per essere as-
lore luna accostata e sovrapposta allaltra con metodo
sente da me stesso, secondo Merleau-Ponty) si sposta
implacabile venga sperimentata la natura necessaria o
entro il campo del veduto, si riconfigurano tutti i rappor-
aleatoria. Nel primo caso si instaureranno relazioni, nel
ti tra le parti di quel campo: non pi oggetti lanciati ac-
secondo i piani torneranno a essere irrelati come in ogni
canto ad altri, ma componenti dellEssere polimorfo di
apparenza. Questa cruciale linea di confine, cui il pittore
Merleau-Ponty, dalla cui unica dimensionalit vengono
si approssima con infinita pazienza, su cui qualcosa pu
prelevate tutte le possibili dimensioni, e che tutte le giu-
acquistare consistenza se legata da nessi, o svanire se ne
stifica senza essere espresso completamente da alcuna.
priva, appare analoga al cerchio dell'apparire di Ema-
nuele Severino: la cosa sembra affiorare da un di l dove
80 andrea gigli montagna sainte-victoire 81

Questa ricerca parte da una perdita. Lanziano Czanne in cui riposano, a noi nascoste. Qui non mostrano pi
risal ogni giorno gli stessi sentieri percorsi da ragazzo strutture fragili e cangianti, n relazioni computabili da
insieme agli amici pi cari, mile Zola e Jean-Baptistin unintelligenza organizzatrice: rientrano allora nell'appa-
Baille. Nella pura felicit di quei giorni lontanissimi rire, manifestandosi per questa volta con una struttura
dell'adolescenza ogni minimo segmento del visibile si altra, cogente e necessaria, e che quindi non pu che es-
disegnava da solo, con una compiutezza tanto assoluta sere, ed eternamente essere. Ognuna nella sua emergen-
quanto inattesa, e ne catturava ogni altro generando una za, cercata a lungo ma colta nell'istante. E molti possono
trama tanto necessaria quanto dolorosamente transito- essere questi istanti, uno per ogni volta che questo limite
ria, che incide in profondit, ma per nascondersi subi- avvicinato, che la barriera tentata. Je demeure sous le
to sotto la coltre delle immagini inutili e accessorie di coup de sensations, scriveva Czanne a mile Bernard
un'intera vita. Il nostos ai luoghi dellinfanzia impone di nel giugno del 1904. Una nuova sensazione colpir, e poi
penetrare quest'immagine remota e riportare in vita il un'altra e un'altra ancora, ognuno di questi affioramenti
perduto, ovvero il reale privato dei nessi e frammentato generando altrettante strutture e relazioni necessarie di
in schegge irrelate. Qualunque visione fugge disfacendo qui la serie pittorica, di qui le montagne Sainte-Victoire,
la propria trama, e perch le cose riaffiorino dalleternit potenzialmente infinite: punti naturali di confluenza di
in cui sono annidate bisogna che tornino a imporsi come ogni parte del paesaggio, come anime entro cui termini il
nellalba della percezione. Ogni pi piccolo frammento suo corso ogni giorno vissuto, ogni ora, ogni momento,
del concreto, se stato, ancora. Se ogni cosa sem- ogni cosa vista e sognata, ogni essere amato e ogni suono
bra emergere dal nulla, e nel nulla tornare, solo perch udito, tutto ci ch stato e non stato di un uomo. Ogni
in ogni istante esce dal cerchio dell'apparire, sostitui- frammento del reale scoperto nel punto esatto in cui non
ta da un altra che vi fa invece il suo ingresso. Generare ha nome, e solamente .
limmagine insostituibile, che viva in assoluta necessit e
compiutezza, il compito della pittura, ci che Czanne
chiamava ralisation. Un esercizio di incessante avvicina-
mento, inesausto e sempre incompleto.

Se la ricerca di Czanne si volge alle cose nellistante in


cui si generano nella percezione, prima di essere assunte
entro un sistema categoriale, in quel punto egli si spinge,
e ci spinge, fino a dove esse emergono dalla dimensione
Il giardino di Livia
Francesca Gorgoni

Il giardino della villa di Livia, a Roma, un dipinto sen-


za nome, che deriva il titolo dal luogo in cui stato rin-
venuto. Questo affresco di incomparabile bellezza stato
realizzato alla fine del I secolo per la casa romana di Livia,
dipinto in una sala sotterranea del tutto priva di luce e di
aria, che nascondeva questo grande paesaggio luminoso
realizzato a grandezza naturale e che rappresenta specie
animali e vegetali descritte nei minimi dettagli.
Il dipinto occupa le pareti di una grande sala: in primo pia-
no una ringhiera di canne leggera seguita da una seconda
in marmo rosa da cui si estende il giardino, animato da 23
specie vegetali e 69 diverse specie di uccelli. Sullo sfondo il
cielo turchese irradia un pulviscolo luminoso che scende
su tutto il passaggio, come se grani di pigmento si fossero
effusi per uno strano effetto dei materiali.
Alle origini pare fosse un ninfeo, e per tradizione giaceva
al di sotto della villa per essere il pi possibile a contatto
con le sorgenti. Le fonti dacqua prossime al dio e alle
ninfe alimentavano la vita naturale dellaffresco, e ne dis-
solvono le pareti sotto il pigmento.
Un giardino nascosto che si direbbe quasi fosse una di-
scesa iniziatica nelle profondit di ci che pi manife-
sto. E in effetti, seguendo la lettura pi consueta di queste
84 francesca gorgoni il giardino di livia 85

architetture, cosa pu esserci di pi iniziatico dellotium,


il riposo in cui il corpo si dispone ricettivo a un certo
modo della comprensione?
Lo spazio il risultato della prospettiva aerea, che una
caratteristica pittorica del secondo stile pompeiano, men-
tre larchitettura dellintero dipinto non data che dalla
natura stessa.

Tuttavia c qualcosa che si agita in questa natura perfetta


e pacifica. Forse lo stesso effetto magnetico del dipinto
dato da ci che spicca per la sua assenza, ma che si mostra
travestito in molti modi: lassoluta atemporalit che anima
l'intero paesaggio.
Viole, datteri, oleandri, allori, corbezzoli, erbe medicinali,
erbe aromatiche di differenti qualit stagionali crescono
all'unisono, contemplate in un apparire sincronico.
Il tempo interno al dipinto non esiste di per s, questa
intemporalit scavalca le pareti del giardino e invade lo
spazio.
Ma che cos questa diversa scansione? E in che modo
riguarda chi contempla le immagini? Le cime mosse dal
vento, i fiori che perdono i loro petali, il volo degli uccelli
o il loro sostare, narrano di un tempo visibile solo attra- Il giardino della villa di Livia, Roma

verso la disposizione di ci che anima i corpi.


Le molte mani che hanno pensato il paesaggio della villa
di Livia sono state prese dalla stessa impressione di un
ritmo interno allo spazio caratterizzato dal movimento
delle forme.
In un particolare, un ramo gettante sulla destra grava-
to di melograni maturi e il volo rapido delluccello, che
86 francesca gorgoni il giardino di livia 87

sfreccia al di sopra in direzione contraria, smuove le fo- tutta la vita, perch nei corpi, per natura, risiede il mi-
glie. Accelerer la loro caduta? Ci che la pittura prevede stero che ci concerne e ci chiama, come richiama il pit-
l'assenza di tempo ma la presenza di un ritmo, lo stesso tore allosservazione e lindividuo alla contemplazione.
ritmarsi con cui interno e esterno entrano ed escono, si Come guardare significa congiungersi, allora dipingere
contemplano lun laltro. unirsi col pennello a quel ritmo, poich la mano ap-
prende col palmo l'essenza delle cose.
Questo spazio luminoso e nascosto un simulacro del-
la natura che, inabissata e intemporale, sembra limma-
gine dell'eternit. Uneternit temuta, una eternit de-
siderata.
Si spesso parlato della particolare atmosfera che abita la
villa di Livia. E forse proprio in questo piano immagi-
nativo che ci conduce il giardino, allaccesso tra fisico e
metafisico, spaziale e intemporale. Nella natura delle cose,
il mistero e leternit della vita.
Allinizio del primo libro del De Rerum Natura Lu-
crezio enuncia quello che sar il tema di tutto il poema:
quello che mi accingo a esporti un sistema che pene-
tra lessenza stessa del cielo e degli di; voglio rivelarti
i princpi delle cose, mostrarti dove la natura attinge gli
elementi con cui crea, fa crescere e nutre tutte le cose e
dove nuovamente le riconduce dopo la morte e la disso-
luzione. In Lucrezio lo studio della natura un prin-
cipio che richiama non solamente allapprendimento di
una scienza, ma ha la forza di un principio etico. La
sapienza che deriva dallo studio della natura non solo
lesercizio di una scienza, e le specie di piante e anima-
li nel giardino non rientrano solo nel sapere botanico
e ornitologico. Davanti alla natura lindividuo tenta
di decifrare se stesso, e apre uno sguardo dinsieme su
Il tondo del Teatro Garibaldi di Modica
Paolo Nifos

Il Teatro Garibaldi di Modica unarchitettura, con ca-


ratteri stilistici neorinascimentali, realizzata in pi mo-
menti lungo il secolo XIX, sulla traiettoria culturale del
secolo che vede la costruzione di teatri dopera in tutta
lEuropa, un secolo in cui cominciano a manifestarsi le
esigenze culturali laiche e, nello specifico musicale, la
crescita esponenziale dellopera lirica.
Nella fisionomia architettonica attuale il Teatro fu
inaugurato nel 1857 con la messa in scena della Tra-
viata di Giuseppe Verdi. Dopo un restauro realizzato
negli anni Novanta del Novecento lamministrazione
comunale decide di integrare la componente pittori-
ca dellinterno affidando a Piero Guccione, nel 1998,
lincarico di realizzare il tondo della volta della sala.
Lidea nasce dagli interventi fatti da artisti del No-
vecento su teatri storici, in particolare dal plafond di
Marc Chagall per il teatro dellOpera di Parigi e dal
tondo per il teatro Vittorio Emanuele di Messina rea-
lizzato nel 1984 da Renato Guttuso con il tema della
leggenda di Colapesce. Tra gli ultimi mesi del 1988 e i
primi mesi del 1999, Guccione comincia a lavorare su
diversi studi, in cui il tema una scena della Norma
90 paolo nifos il tondo del teatro garibaldi di modica 91

di Vincenzo Bellini. Questa idea sar messa da parte


dallo stesso artista, che la riterr troppo soggettiva, e
troppo strettamente legata alla sua poetica. Abbando-
na, pertanto, il tema legato soltanto a un soggetto della
lirica, pensando invece di fare un omaggio alla citt di
Modica, alla musica lirica e in senso ampio alle arti.
Nel frattempo, dialogando con Franco Sarnari, pen-
ser di coinvolgerlo, insieme a Piero Roccasalva e Giu-
seppe Colombo, due giovani artisti modicani, volendo
dare allopera un significato legato anche alla creativit
di artisti della citt. Nella primavera del 1999 realiz-
zer dieci bozzetti su un nuovo tema. Questa volta
unimmagine della facciata della chiesa di San Giorgio
di Modica, con buona parte della scalinata in ombra,
cui fanno da quinte laterali il Palazzo Polara e il Pa-
lazzo Di Lorenzo (Tomasi Rosso), in un montaggio
immaginario; unarchitettura tra le pi suggestive e
scenografiche del tardobarocco europeo, unimmagi-
ne collocata nel tardo pomeriggio quando il sole co- Piero Guccione (con Franco Sarnari, Piero Roccasalva e Giuseppe Colombo), Teatro Garibaldi
di Modica, tondo della volta della sala
mincia a scendere, illuminando la facciata esposta ad
occidente e potenziando locra del calcare nel partito
centrale, con la torre campanaria che svetta verso lalto
osserver Guccione nonostante tutto una figura
nellazzurro del cielo, una preghiera coraggiosa a Dio
funerea, un narciso, certamente non uno spirito apol-
per la sua ardita altezza. Nei dieci bozzetti, lungo la
lineo, che con la mano indica i fiori dellibisco, fiori
scalinata disporr parecchi personaggi legati allopera
che di contro alla morte indicano sensualit; sulla de-
lirica (in uno se ne contano ben diciotto). Il bozzetto
stra, il riferimento il Macbeth, opera lirica di Giu-
definitivo ne vedr in tutto quindici: in primo piano
seppe Verdi con un libretto tratto dallomonima opera
Don Giovanni di Mozart il cui volto riprodurr il ri-
di William Shakespeare, un dramma ambientato nel
tratto del pi giovane dei pittori, Giuseppe Colombo.
Medioevo: liconografia echeggia la Scuola di Atene di
Il personaggio indossa un abito nero: Don Giovanni
92 paolo nifos il tondo del teatro garibaldi di modica 93

Raffaello, in particolare nel personaggio seduto lungo Strassburg, a sua volta ispirato dalla storia di Tristano
la scalinata che raffigura Eraclito col volto di Miche- raccontata in lingua francese da Tommaso di Bretagna
langelo, un omaggio del giovane Raffaello al grande nel XII secolo, una delle pi famose e struggenti sto-
artista. In secondo piano, a sinistra, Rinaldo e Armida rie damore medievali, amore travolgente, intenso, e
di Gluck, il racconto della maga Armida che sulle Iso- drammatico; il recupero figurativo rimanda al Bacio
le Fortunate seduce il crociato Rinaldo, il quale, sog- di Hayez, reso in modo espressionistico e munchiano.
giogato dalla maga, costretto a reggerle lo specchio Al centro due figuranti mentre salgono le scale.
mentre lei intenta a truccarsi; sotto i due personaggi
una mela potrebbe alludere alla tentazione di Adamo Il lavoro, un olio su tela (diametro metri 4,14), sotto la
ed Eva; liconografia recuperata da Giambattista Tie- guida di Guccione vedr impegnati i quattro artisti du-
polo: rispetto al dipinto del Tiepolo sar modificato il rante tutto il mese di agosto e i primi di settembre del
colore delle vesti che copriranno per intero le gambe 1999. Lopera sar firmata il 9 settembre 1999. I quattro
di Armida. A seguire, al centro, Messiah di Hndel, si dividono i compiti: Guccione e Colombo dipinge-
una delle opere corali pi apprezzate di tutta la musica ranno la facciata e tutta la parte superiore del dipinto, il
occidentale, la cui iconografia ripresa dalla figura che cielo, le architetture laterali; Guccione dipinger inoltre
sale la scalinata nella Scuola di Atene di Raffaello; solo Don Giovanni, Norma e Tristano e Isotta; Sarnari parte
che in Raffaello il personaggio indossa una veste verde della scalinata, oltre a Rinaldo e Armida, la mela e la
e una tunica bianca, mentre Guccione la realizza con lucertola; Colombo, oltre a parte della facciata, lavorer
la veste in ocra e la tunica gialla, colore della solarit; alla scala e realizzer gli ibischi, due gatti, due uccelli su
sulla destra Norma di Bellini, ispirata alla scultura raf- suggerimento di Sarnari; Roccasalva dipinger Macbeth
figurante Norma che affianca il monumento al Bellini e in parte il Messiah di Hndel, su cui interviene Guc-
realizzato da Giulio Monteverde in piazza Stesicoro cione. In fase esecutiva si aggiungeranno due putti sul
a Catania: la figura acquista consistenza e plasticit, lato destro e sul lato sinistro, un recupero formale dal
come se fosse in un suo spazio, con la luce lunare che tondo Doni di Michelangelo, dipinti sia come piacere
la colpisce; la sua ombra infatti e data dalla luna e non della citazione, presenze umane michelangiolesche, raf-
dal sole che viene da occidente; in terzo piano sulla figurate come larve, allo stato di abbozzo, sia perch
sinistra, Mos in Egitto di Rossini, un personaggio sol- nellassieme quei due spazi sarebbero rimasti vuoti. A
tanto evocato con la sua ombra, immobile, con un ba- conclusione, Franco Sarnari dipinge una colomba bian-
stone in mano; sulla destra Tristano e Isotta di Wagner, ca al centro tra la luce e lombra, unimmagine che fa
la cui trama basata sul poema Tristan di Gottfried von pensare alla colomba della pace di Picasso.
94 paolo nifos

Nel voler trarre qualche considerazione sullassieme, ol- Lusure et lusage dUrsule
tre a quanto su esposto, si possono cogliere nei bozzetti Martin Rueff
e nellopera la complessit delle relazioni tra un luogo,
Modica e la sua chiesa madre di San Giorgio, i riman-
di ai grandi musicisti tra Settecento e Ottocento, quelli
letterari che dal Medioevo arrivano allOttocento, le ci-
tazioni dei grandi artisti, da Raffaello a Michelangelo, da
una luce
Caravaggio a Tiepolo, a Hayez, agli scultori meno noti ah certo non meno soave
di quella, ma suprema che si spande
Monteverde e Civiletti, in una contaminazione delle arti da un sole racchiuso dove fu divino
che vede coinvolta lintera Europa; si possono altres in- lUomo, su quellumile ora dellAve

dividuare alcune passioni musicali di Guccione e infine Pier Paolo Pasolini, La ricchezza, in La reli-
gione del mio tempo
si pu cogliere lo straordinario lavoro dei quattro artisti,
Guccione, Sarnari, Roccasalva e Colombo, che genero-
Comme tapies en silence, les images inventent le rap-
samente hanno realizzato unopera visionaria che si pone
port que nous entretiendrons avec elles. Cest leur puis-
tra presente e passato, luogo di sintesi di una cultura eu-
sance et leur secret.
ropea nel cuore del Mediterraneo.
Jignorais que le cycle peint Venise par Vittore Carpac-
cio entre 1490 et 1495 (ou 1499) pour lcole de Sainte
Ursule Venise non loin de Santa Maria Formosa allait
mimposer sa beaut et me demander dy rpondre. Cest
que le cycle dUrsule nest pas seulement la plus par-
faite synthse de lart de la Renaissance et dune beaut
comme attriste par tant dachvements et tant de grces.
Tout converge dans ces neuf panneaux: Sienne, Florence,
Mantoue mais Drer aussi. Tout est l, offert la consi-
dration, la contemplation et la mditation.
Mais il y a plus encore. Le cycle de Sainte Ursule offre
aussi un rcit de mystres.
A cela, deux raisons. Dabord lhistoire elle-mme est
singulire: une jeune vierge de Bretagne, enfarouche de
96 martin rueff lusure et lusage dursule 97

religion, quun prince dAngleterre veut pouser. Elle


accepte. Soit. Mais voil quelle impose des conditions
invraisemblables: outre la conversion de lpoux, elle
exige onze mille vierges avec elle (celles pour lesquelles
Apollinaire enlvera les points sur les i) et trois ans de
rgates, de vritables joutes nautiques, de traverses. Des
voyages tranges: Londres, Rome, Cologne. Et puis un
massacre pouvantable pour la palme du martyre. Attila
est l aussi. Sil avait su, dit la lgende, il et arrt cette
flche quinspecte la vierge de Caravage. Tant de rcits.
Et tant de tableaux aussi. Guy de Tervarent offre en 1931
une trs belle analyse de La lgende de Sainte Ursule
dans la littrature et lart du Moyen Age.
Mais il y a aussi lusure: lusage et lusure. Tout comme
le pome dHomre raconte au huitime sicle avant J-
sus-Christ une guerre survenue quatre sicles auparavant
et de la mme manire que cette trange reviviscence
offre nos modernes la trame o dire leur vie, le cycle de
Sainte Ursule tage les temps et ici encore, lhistoire du Vittore Carpaccio, Sogno di sant'Orsola, Venezia, Gallerie dell'Accademia

problme fait partie du problme. Lpisode historique


(qui voque sans doute la lutte des chrtiens pour impo- une lgende mdivale vieille de plusieurs sicles. Mieux,
ser leur religion sur celle des paens de Normandie) re- il la transpose Venise, cette ville qui, selon les mots de
monte une priode comprise entre 238 et 452. Il appar- Chateaubriand, ne connut point lidoltrie et chappa
tient la geste des rois de Bretagne. La lgende, bien plus aux hordes barbares. Le pinceau dlicat redit lhistoire
tardive, se rpand aux alentours de 975 avec la Passio fuit sauvage qui fait cailler le sang sur lpe une tte roule
tempore vetusto. La dcouverte en 1106 dune ncropole parmi les toffes chamarres. La civilisation des barca-
romaine prs de lglise de Cologne contribue la ren- rolles et des cortges chante lpope. Un peu comme si
forcer. Cest Voragine qui lui donne sa formule au 13me le Ronsard du Bocage royal, des Mascarades et des Car-
sicle dans La Lgende dore. Carpaccio peint Venise tels composait un pome sur des matires de Bretagne,
la fin du XVme sicle. Il raconte en pleine Renaissance
98 martin rueff lusure et lusage dursule 99

ou comme si la langue de Scve croisait celle de la Chan- Chez Carpaccio, loin que la convergence de la peinture,
son de Roland ou des romans de Chrtien de Troyes du thtre et de larchitecture asphyxie le regard ou
Dlie au Val tenebrus. vienne le commander, elle offre, dans les isolats mmes
Usures dUrsule. Ainsi Carpaccio confond les lieux et les o les jardins du dernier Moyen ge refleurissent par
temps mais situe Venise les limbes de son territoire fan- les scnes ares de la Renaissance, un espace de cir-
tastique: il en fait la capitale de ses deux royaumes. Cette culation ciel ouvert. Une scne claire o rincer nos
beaut dlie se situe sur des plages imprcises propices regards saturs de voir. Lhistoire de lart pose ainsi
au pome. Le tableau invente son terrain vague. linvention de Vittore Carpaccio dans le cycle dUrsule:
crer la scne o la thtralit du tableau et le caractre
Et aujourdhui? Que faire de tout cela maintenant? mimtique du spectacle se rencontrent. Venise se donne
Il ma sembl que le pome tait la rponse. La seule. en spectacle: got des momaria, amour des actions sa-
Mais je nai pas tent, comme Paul Louis Rossi nagure cres dfilant dans les rues. Procession, processions. La
doffrir une version intime du mythe (Le voyage de ville jouit travers ses cortges crmonieux. Carpaccio
Sainte Ursule, Gallimard, Paris 1973). Ou si peu. transforme ce thtre en tableau parce quil fait de son
Jai choisi la voie sans impatience de lekphrasis: le com- tableau une scne. Voil donc la scne de limage. Au
mentaire de tableau, la glose. Essayer de dire ce quil y temps des clips, des jeux vido, des pubs, des reality
a, ne pas passer ct. Dire ce qui est: on what there shows, quavons-nous faire de cette scne? Au moment
is. Panneau aprs panneau, en guise de pome, une ek- o la socit a sombr dans le spectacle, cest--dire o
phrasis lente. Un glorieux modle de la rnovation du la pellicule qui spare le monde vcu du monde repr-
genre se trouve dans le livre rcent de Jean Louis Sche- sent est devenue aussi fine quun cran, au moment,
fer, Lhostie profane (POL, Paris 2007) qui souvre par donc, o le beau concept de reality show montre le rel
la dclaration suivante: ce livre rpond une question tel quil ne pourrait jamais se donner dans la vie, le Cy-
que ma pose la clbre prdelle de Paolo Uccello. cle dUrsule cest le thtre qui sarrache au spectacle.
Mais pourquoi, mais pourquoi doncUrsule? Je lignore Nous voulons loffrir la socit du spectacle qui re-
en partie. Jespre seulement que lekphrasis servira, plonge le thtre dans le spectacle. Que nous enseigne-
sa manire, une rflexion sur les images qui entend re- t-elle? Au moins ceci: limage spare. Elle divise. Sa s-
fuser la dpossession de limaginaire opre par certains paration ne permet pas seulement le rve et le fantasme:
spectacles modernes. Ici le pome devrait servir ce que elle nous renvoie notre impuissance. Elle dlimite. La
Jacques Rancire vient dappeler le spectateur mancip. perspective, cette invention sublime des peintres, qui
permet de plonger au cur de lespace (une fentre, un
100 martin rueff lusure et lusage dursule 101

temple, une ventration au cur des viscres, disait un Linventeur fatigue: il sarrte en chemin comme un en-
de nos copains sur les bancs de lcole, dchanant la fant boudeur qui voit jusquo il peut compter et passe
colre de la professeur et la joie de nos rires) rapproche en rvant son pain au chocolat). Cest des pierres tom-
mesure quelle tient distance. bales de lager Ursulanus que proviennent les noms de
Tenir la distance: voici le pari des images gloses dUrsule. certains protagonistes du rcit lgendaire: parmi ceux-ci
Enfin, je ne voudrais pas omettre quUrsule est une se dtache lpitaphe dun jeune chrtien des premiers
sainte. Ici tout est us bien sr et il faut donc inventer sicles, mort lge de vingt-cinq ans, nomm Etherius,
une prosopope dmystifiante, un usage profanant, que la tradition identifiait au futur poux dUrsule.
une usure de plus. Les rvlations de Sainte Elisabeth, une mystique du
Il est frappant dabord que Carpaccio soit si conome 14me sicle, sont plus extraordinaires encore: elle croit
en croix et crucifix: ce cycle de Saintes nen comporte trs fort lhistoire dUrsule et absolument aux Onze
que fort peu. La magnificence semble sa seule religion, mille. Elle ne cesse dinventer des pisodes, des pas-
la beaut son sacre. trange pour une aventure tout en- sages, des courts circuits, des folies. Rien ne lembar-
tire consacre la conversion de paens. Gnie de Pa- rasse: la gographie et la chronologie ne lui psent pas.
solini voquant lautre lumire des fresques dArezzo: On ignore si Carpaccio connut ses lucubrations. Leurs
une lumire qui mane / dun soleil enferm o fut arts se correspondent. Ils ignorent toute coordonne.
divin / lHomme. Chez lun comme chez lautre lordre de la simultanit
Mais qui plus est, lhistoire dUrsule est elle-mme celle ninterdit pas la succession.
des usures et des usages: sa construction rpond des On retrouve ainsi la conjonction du texte et de limage
lois de collages, de bric--brac et dinventions. Jillustre. quvoque Philostrate, le matre ancien des ekphrasis:
La grande quantit dossements trouvs Cologne d- celui qui mprise la peinture fait injure la vrit, fait
clencha un trafic qui connut son paroxysme autour de injure aussi la science, celle qui se rattache aux potes
1183-1187, lorsque la certification des prsumes re- car cest un mme lan qui porte les deux vers les actes
liques, obligeant attribuer chacune delles un nom et les formes des hros, et il ne rend pas honneur la
et une biographie, poussa un clerc anonyme rdiger symtrie, grce laquelle lart se rattache au logos.
un catalogue, dans lequel les bollandistes les plus avi-
ss souponnrent une parodie, compile afin de dis- Usures? Mais le lecteur qui possde un ordinateur sait
crditer lengouement ursulien (sur les quelque 11.000 bien de quoi il sagit: enregistrer sous le nom.
et quelques personnages, le registre, auquel manque la
fin, parvient en recenser plus de neuf mille huit cents.
Il custode del mistero
Tommaso Scarponi

Gunon una volta scrisse che il Rinascimento segna di fat-


to, da ogni punto di vista, il compimento della rottura del
mondo occidentale con le proprie dottrine tradizionali.
Quando gli uomini vollero a tutti i costi convincersi che la
volta celeste sopra di loro non era dorata, quando lagire
dellartista trascese il mero lavoro, per divenire un indefinito
oltre dellergon fu allora, per Gunon, che lOccidente
sprofond in quella ragione priva di senso che dallalba del-
la modernit lo circonda e stringe come un cappio.
Distrutto lintero, ci si affann a scrutarne le scaglie, nel
tentativo di riconnetterle. Per questo la pittura oltrepass
lambito della tecnica, ed eredit dai grandi neoplatonici
medievali lindagine metafisica sulla Luce che aggioga
(come Heidegger amava tradurre) lEnte. Con il Beato
Angelico, Piero della Francesca e i loro eredi, la teoresi
neoplatonica rinascimentale tocc infatti i propri vertici
speculativi (assai pi che nelle pagine del Ficino, di Pico
e di Francesco Zorzi). Ed a partire dallattivit di questi
poeti che la pittura, proprio per il suo mettere in que-
stione la possibilit di dare figura alla Luce, divenne la
somma disciplina in grado di indagarla.
Questa straordinaria filosofia del linguaggio ebbe
i suoi esiti pi drammatici nelle opere pittoriche del
104 tommaso scarponi il custode del mistero 105

Giorgione. I motivi che animano questo artista sono


infatti squisitamente platonici: la potenza di Eros, les-
ser poetico di questi, il parlare della natura secondo il
mathema numerose e autorevoli fonti sostengono che
Giorgione am e pratic la musica fin da giovane, ed
possibile che questo abbia influito sul suo approccio
alla comprensione della realt, in forza della quale, se-
condo Andr Chastel, attu una simbolizzazione non
di una dottrina esoterica, ma della forza e della stra-
nezza stessa delle rivelazioni musicali, nella pi pura
effusione romantica; idea gi presente in Ruskin, che
nel quinto libro dei Modern Painters (1860) ricordava
quanto, in un soggiorno a Venezia, Giorgione lavesse
impressionato, tanto da sembrargli essere appartenuto
a una scuola di contemplazione astratta. (Inutile ricor-
dare lampia circolazione, allepoca, di dialoghi come
il Simposio e il Timeo; pi interessante sarebbe indaga-
re se e quanto Giorgione avesse letto Petrarca o avesse
eseguito sul suo liuto le musiche di Josquin des Prs).
Come per molti suoi contemporanei, possibile avvici-
narsi al cuore pulsante dellattivit di Giorgione a partire
dalle pagine dedicategli dal Vasari ne Le Vite de pi eccel-
lenti pittori, scultori, e architettori (1550, 1568). Ma que-
sta ricostruzione biografica presenta, a prima vista, una
contraddizione. Infatti, dopo aver parlato della dedizione
giovanile dellartista al disegno esclusivamente mimetico Giorgione, Cantore appassionato, Roma, Galleria Borghese

(egli, innamoratosi delle cose belle di lei [la natura], non


voleva mettere in opera cosa che egli dal vivo non ritra-
esse), lautore ricorda che dopo il fuoco terribilissimo
che divor il Fondaco de Tedeschi nel 1505, fu chiesto a
106 tommaso scarponi il custode del mistero 107

Giorgione di ridipingerlo, e messovi mano Giorgione, versi, irreparabilmente, entro i confini del giogo della
non pens se non a farvi figure a sua fantasia per mostrar Luce che sono i limiti del linguaggio stesso. Lautore,
larte, ch nel vero non si ritrova storie che abbino ordine nelle sue opere, non nasconde, come spesso si ipotizza-
o che rappresentino i fatti di nessuna persona segnalata, to, la verit del proprio messaggio: egli ha invece capito
o antica o moderna; et io per me non lho mai intese, n che qualora si tentasse di dire lIndicibile non si com-
anche, per dimanda che si sia fatta, ho trovato chi linten- pirebbe alcuna profanazione metafisica, ma si darebbe
da, perch dove una donna, dove un uomo in varie solo dimostrazione di non aver compreso lIndicibile in
attitudini, chi ha una testa di lione appresso, altra con un quanto tale (la Luce stessa). Giorgione rifiuta di esse-
angelo a guisa di Cupido, n si giudica quel che sia. Ad re esplicito perch ha compreso limpossibilit di dire il
unostinata volont di ritrarre parrebbe quindi opporsi dire stesso. La sua una pittura che non ambisce ad esse-
una fantasia libera dai vincoli del vero, autonoma e re un metalinguaggio capace di dar ragione della natura
imperscrutabile. Ma il segreto dellenigma-Giorgione dellente; ed per questo che le opere di Giorgione, come
sta proprio tra queste due facce della pittura, solo appa- la pi arbitraria fantasia, ritraendo la natura resistono ad
rentemente opposte. E quando Chastel, commentando ogni lettura che pensa se stessa in termini definitivi. Esse
La Vergine e il Bambino con san Francesco e san Liberale testimoniano la natura pi intima del mistero dellarmo-
(e, con essa, la produzione generale del pittore di Castel- nia del mondo: la sua inflessibilit al discorso. E come
franco), parlava di un rifiuto a essere espliciti, alludeva loracolo nelle parole del sapiente, questo parlare non
a quel segreto, a quel centro speculativo intorno al quale dice, ma accenna.
ruota tutta la forma mentis giorgionesca.
C un passo nel libro terzo de Lanima in cui Aristotele Fra le opere di Giorgione custodite nella Galleria Bor-
afferma che poich la vista il senso per eccellenza, la ghese di Roma, c una tela intitolata Cantore appassio-
fantasia [] ha preso il nome dalla luce [], nato. Dallincerta datazione (tra il 1508 e il 1510), essa
giacch senza la luce non possibile vedere. ( uno di tra le pi suggestive dellautore. In primo piano raffi-
quei casi straordinari in cui lo Stagirita si rivela una guida gurato, a mezzo busto, un uomo vestito di una camicia
insostituibile sulla via che porta al suo stesso maestro). bianca, scollata. Ha un manto appoggiato sulla spalla
Limmaginazione ha quindi nella Luce, in cui la natura si sinistra ed un grande cappello rosso ad ampie falde.
d alla vista, linizio e la fine delle sue possibilit. Ora, se Con la testa reclinata leggermente alla sua destra, e una
si accetta di intendere il Quinto della settima lettera pla- mano appoggiata sul petto, tiene la bocca leggermente
tonica come ci attraverso cui gli enti sono conoscibili aperta, trasportato dal canto. Alle sue spalle si scorge
e veri, ogni filosofia dovr prendere coscienza di muo- una seconda figura, pi piccola e sfocata: affiora pro-
108 tommaso scarponi il custode del mistero 109

prio da dietro il volto del cantore, indossa un cappello fatto lopera del suo essere vera. nello scandagliare le
identico al suo, ed ruotata verso il basso di novanta cromie e gli ambivalenti gesti tipici di Giorgione che
gradi. Molti interpreti hanno cercato di leggere questa possibile sentire quegli stessi atti e quegli stessi chiaro-
seconda piccola figura come un precedente abbozzo del scuri smorzati gettare lo sguardo sulla condizione esi-
soggetto, successivamente scartato dallautore. Occor- stenziale di ogni uomo. Ed questo sguardo lacerante,
re invece, al contrario, comprendere che a Giorgione percepito dallo spettatore nel suo pi inabissato fondo,
non interess affatto servirsi dellordinario linguaggio ove non vi sonda capace di far luce, a rendere Giorgio-
diretto; volle parlare attraverso simboli. Simbolo ci ne autentico iconografo. Lo sguardo del cantore appare
che non si esaurisce nellessere definito: inconsumabile infatti incredibilmente simile a quello del Salvatore di
parola partecipe delle cose eterne, questa la lingua che Rublv. Occhi dapprima diretti, cristallinamente chiari,
lartista deve voler parlare. che divengono, in un secondo momento, nebulosamente
Si tratta di cogliere la simbologia dellatto (o meglio, il ambigui, adornano entrambi i volti. Che un qualunque
fatto che ogni atto sia essenzialmente un simbolo), di nessuno sia accostato a Colui che e che, proprio
ci che, nellopera, dia-lgein con laltro che questo per questo, lunico a poter salvare non desti alcuno
altro sia, rispetto alla figura che agisce, unaltra entit scandalo: identico , infatti, il modo in cui i due guarda-
pittorica, sua pari, o lo spettatore, poco importa. Dav- no nellessere guardati. Lunica differenza sta nella com-
vero nelle opere di Giorgione c dialogo esse, anzi, piutezza, nella bellezza che costituisce licona perfetta.
sono dialogo, incarnano un dialogare ambivalente ed in- Che la pienezza dellicona risieda nella sua possibilit di
gannevole, eppure mai falso. I personaggi sono in base a redimere, di salvare, con il suo messaggio, e che le opere
ci che fanno. Mai come in questa declinazione dellarte di Giorgione appaiano, proprio per questo, come ico-
lessere ha significato fare. Ora, se lazione a far s che il ne a met, evidente; ma necessario comprendere che
personaggio sia, queste due dimensioni (lessere e il fare) lavventurarsi nella lettura di Giorgione, e quindi di ci
sono consustanziali e necessariamente indistinguibili; e che non si d come comprensibile dal principio, sia cosa
si finirebbe alla deriva nel momento in cui si avanzasse comunque giusta. Perch, come scrisse Simone Weil in
lipotesi secondo cui o lessere a determinare lazione, una straordinaria pagina dei suoi Quaderni, bello ci
o lazione a determinare lessere, e che questi due domini che di Dio manifesta lassenza. Ci che, concretamente,
non partecipino luno dellaltro, in egual misura. ri-vela lessere inattingibile del Verbo. Questa lessenza
Ed ecco la drammaticit di questo enigma: ogni azio- ultima dellicona, questo il mistero della Luce che Gior-
ne o atteggiamento sono parole doppie, nulla vi di gione, sfumando il confine incerto fra allegoria e simbo-
non-nascosto (a-ltheia); tuttavia, questo non priva af- lo, ha testimoniato fino alla fine.
Silvae
I latini chiamavano silva la materia, forse perch
in essa il pensiero si perde per ritrovarsi
La luce, la pittura
James Hillman e Francesco Donfrancesco

26 ottobre 2004

Caro Francesco,
mentre ero in Grecia ho letto la traduzione di due tuoi ar-
ticoli dei quali vorrei ringraziarti. Le traduzioni mi rendo-
no le tue idee molto pi chiare. Devo dire che hai fatto una
mossa estremamente interessante mettendo in relazione la
coppia nord-sud con la coppia sublime-bello, cosa che na-
turalmente implica la coppia spirito-anima.

Tu stai anche sviluppando unarea che la psicologia jun-


ghiana, a causa dello stesso Jung, ha lasciato piuttosto in-
colta o, peggio, abbandonata.

Inoltre, dato che lestetica in generale stata cos scar-


samente sviluppata nel pensiero junghiano, la Scuola di
Jung, sapendo di non essere una vera scienza, non ha tro-
vato dove altro andare se non verso lOriente e lo Spirito,
e verso un occultismo del S.

Quindi, aprire lestetica come stai facendo tu impor-


tante e spero che tu continui.
La mia unica difficolt sta nella tua metafisica della Luce.
114 james hillman e francesco donfrancesco la luce, la pittura 115

Forse una necessit neoplatonica: fare affidamento su


un principio trascendente al di l del mondo presente de-
gli oggetti e delle scene di questa terra. Io faccio del mio
meglio per alludere soltanto al metafisico, implicando un
al di l dellimmediato, ma evitando ogni suo positivi-
smo. La luce metafisica tende poi a influenzare lo stile
stesso della tua prosa, tanto che si portati a pensare che
la Luce sia pi misteriosa e importante del mondo in cui
si presenta, o del mondo da cui la deduci. Penso in parti-
colare a quello che scrivi a proposito di Abbati non c'
il pericolo qui, nelladorazione della luce, di virare verso
nord?

Grazie ancora per i tuoi articoli. Li dar al mio collega


che ora cura per me Spring Publications. Giuseppe Abbati, Chiostro. Olio su cartone, 18,3 x 25,2 cm

Un saluto affettuoso a Paola, cordialmente tuo


James

24 novembre 2004

Caro James,
la tua difficolt non mi stupisce, dal momento che ri-
guarda il punto pi difficile e controverso: lontologia
stessa della pittura, le immagini della pittura come cor-
pi di luce. Il fatto che si sia persa la consapevolezza di
questo suo fondamento ontologico allorigine della si-
stematica svalutazione della pittura, dalla fine degli anni Giorgio Morandi, Natura morta, 1949. Olio su tela, 30 x 40 cm
116 james hillman e francesco donfrancesco la luce, la pittura 117

Sessanta: persa progressivamente la luce (nel XX secolo),


la pittura aveva perso s stessa, era diventata superflua, e
di conseguenza ne veniva decretata la morte. Non il
colore, infatti, che fa la pittura, ma il suo trasfigurarsi in
luce. Questa per non in alcun senso metafisica. La
luce della pittura non si libera della materia, e non si libe-
ra dellombra da cui emana: si libera a poco a poco nella
materia stessa (lumen naturae?) e dalla materia irradia.
Non si tratta di adorare la luce, ma di contemplarne
lavvento, la sua aurora come immagine materiale, come
espressione del coniugarsi sensibile di anima e spirito,
della loro danza armoniosa nel mondo.

Quando invece la luce viene separata dai corpi che ne


risplendono, quando vengono dissolte le figure in cui si
manifestata, per raggiungere in tal modo la pura luce,
allora s che la luce diventa un oggetto, una trascen-
denza reificata. E si perde con la pittura anche la vera
trascendenza: rimane, alla fine, la commemorazione del
gesto elementare di stendere il colore su un muro: Marc
Rothko Di qui lentusiasmo di minimalisti e con-
Marc Rothko, Yellow Greens, 1953. Olio su tela, 195 x 172 cm
cettuali per Rothko, e la fine della pittura tanto pro-
clamata negli anni che cominciano emblematicamente
con il suo suicidio, nel 1970.

Smisi di dipingere nel 1977 (dipingevo la Rothko, e in


altro modo non sapevo farlo) quando mi resi conto che
la luce non poteva essere astratta dalle cose senza perder-
si, senza diventare finzione. La fedelt alle cose di que-
sto mondo, labbandono appassionato alla loro concreta
118 james hillman e francesco donfrancesco la luce, la pittura 119

la luce ha potere, in pittura, di unificare questi diversi


aspetti e di trasformarli in organismo vivente. Allora sol-
tanto possiamo parlare di bellezza: splendor formae.
La presenza che viene cos a nascere infatti la Ve-
nere in cui terra e cielo, tempo ed eterno, particolare e
archetipico si congiungono. Non un movimento di qui
verso lOltre infinito e irraggiungibile o la sua irruzio-
ne sconvolgente , ma ascesa e discesa che confluiscono
armoniosamente nella vita quotidiana e nellimmagine
materiale, come nel Canticum solis, il canto di fratello
sole di San Francesco, e nel neoplatonismo rinascimen-
tale, e come nella pittura per la prima volta in Giotto,
e come ancora pu avvenire. Confluiscono nelle nostre
anime mediterranee in una miscela che sembra difficile
cogliere per chi viene dal Nord, che tende a scomporre
ci che in noi unito e a interpretarlo alla luce della pro-
pria dissociazione

Pierluigi Isola, Ostia antica, 2006. Olio su tavola, 40 x 40 cm Il sublime, invece, ha generato la teosofia di Mondrian,
Kandinskij e Malevi il vero positivismo del metafi-
esistenza, era la condizione irrinunciabile della pittura, sico di cui tu mi hai scritto e ha prodotto Duchamp
perch non c luce se non come manifestazione, come e la morte dell'arte, sostituita da uninfinita partita a
corpo di luce. Le immagini della pittura sono presen- scacchi dellintelligenza che basta (cos crede) a se stessa.
za vivente, non hanno vita propria, se non le anima la Sarei molto contento se The Care of Art o Memory of In-
luce; ed a quella presenza che la pittura tende. Que- visible fossero pubblicati su Spring (ma il primo gi
sto non vuol dire che gli altri aspetti che costituiscono comparso negli Atti del Congresso di Cambridge e il se-
la forma della pittura non siano decisivi: volume, spazio, condo comparir in quelli del Congresso di Barcellona)
proporzione, ritmo; e che non siano importanti lespres- Un abbraccio affettuoso a te e a Margot.
sivit della rappresentazione e il racconto. Ma soltanto Francesco
120 james hillman e francesco donfrancesco la luce, la pittura 121

Monica Ferrando, Paesaggio invernale nella Tuscia, di pomeriggio, 2012. Olio su tela, 100 x 120 cm

Zoran Mui, Interno di cattedrale, 1984. Olio su tela

Mario Marcucci, Viareggio, 1952. Olio su tela, 33 x 41 cm


122 james hillman e francesco donfrancesco la luce, la pittura 123

Ruggero Savinio, La conversazione di Cuma, 1986. Olio su tela, 142 x 132 cm

Avigdor Arikha, Mirror in the Studio, 1987. Olio su tela, 162 x 130 cm

Boris Zaborov, Ragazza con berretto giallo, 2003. Acrilico su carta, 19,5 x 19 cm
Pittura o della servit volontaria
Clio Pizzingrilli

Non manca di suscitare una certa sorpresa il fatto che


Kleist, assiduo e attento frequentatore della pinacoteca
di Dresda, non prenda in considerazione le numerose
opere del Canaletto, ivi raccolte. Il pittore veneziano si
trasferisce nella citt sassone nel 1747 su invito dellE-
lettore Augusto III per rimanervi pi di quattro lustri.
Trascorsi quasi due secoli, dopo che la citt venne rasa
al suolo, nella notte fra il 13 e il 14 febbraio del 1945,
dal bombardamento condotto dalla Royal Air Force e
dalla United States Army Air Force, i dipinti del Cana-
letto si rivelarono preziosissimi, indispensabili per la sua
ricostruzione. Sorprendente, la constatazione, poich
noto che Kleist ebbe un distinto interesse per i dipinti
vedutisti, genere sviluppatosi nel XVIII secolo, per tutta
la pittura en plein air, l dove catturava una Begebenheit,
sia pure dissimulatamente. Ma, dal momento che lin-
tera drammaturgia di Kleist ispirata dallenigmaticit
dellavvenimento, devesi probabilmente a questa piega
ontologica, a questa modalit di esperire la realt il pre-
sunto disinteresse di Kleist per le vedute dresdiane del
Canaletto. Lavvicinamento di Kleist allarte non im-
mediatamente letterario, ma pittorico, e, nei viaggi che
comp attraverso lEuropa, egli pot visitare i maggiori
126 clio pizzingrilli pittura o della servit volontaria 127

musei. Il fondamento pittorico della sua drammaturgia


stato oggetto di studio di ricercatori scrupolosi1, i quali
hanno stabilito la peculiare, daltronde usuale in quel pe-
riodo, sensibilit di Kleist per la pittura allorigine della
decisione di diventare poeta, di modo che senza meno
dalla pittura che Kleist attinge i sembianti, le pose, le mo-
venze dei suoi eroi, delle sue eroine, la stessa maniera di
drammatizzazione Gernot Mller elabora la Magdale-
na di Vouet come paradigmatica della figura di Lisbeth,
la moglie di Kohlhaas2, ma soprattutto lelaborazione del
Gliedermann (neuro-spastos ordito dalla mano di un
invisibile neurostrophos) muove da dipinti a Kleist mol-
to noti, come Il pittore nel suo atelier di van Ostade; in
generale era invalso luso, nelle botteghe dei pittori, di Nicolas Poussin, Il Regno di Flora, 1631. Olio su tela, Dresda, Staatliche Kunstsammlungen

servirsi del manichino scolpito a partire dallet gotica3.


Altri studiosi Peter Gebhart, Jrg Traeger, Gisela Zick
ragionano sulle atmosfere rarefatte di Turner, intorno in quel periodo, godeva di una vasta popolarit, dunque
alla tragicit figurata su molteplici punti di fuga delle tuttaltro che inconsueto che Kleist vi si consacri con tale
opere storiche di David, sulle forme nude di Friedrich, Herzensergieung, effusione sentimentale; nella fatti-
in modo da dedurne una scrittura appannata e a un tem- specie, lattenzione da Kleist manifestata per la pittura en
po nitida, entzckt, incantata4, lavorata lungo tracciati plein air rifletteva la diffusione di un genere letterario, le-
narrativi rettilinei e trasversali. Si sa che la pittura, ancora pistolografia, pratica intimamente saldata al paesaggismo
e al vedutismo la fine del 700, linizio dell800 segna-
1
Hans Joachim Kreutzer, Die dichterische Entwicklung Heinrichs von Kleist. Untersuchun-
gen zu seinem Briefen und zu Chronologie und Aufbau seiner Werke, Kleist-Archiv Sembdner, no il culmine della forma epistolare in Germania, tanto
Heilbronn 2009; Walter Silz, Heinrich von Kleist in his Works and Literary Character, University
of Pennsylvania Press, Philadelphia 1961; Hilda Meldrum Brown, Zwischen Himmel und Erde. che si pu parlare di una vera e propria letter-mania;
Kleist and the Visual Arts, with Special Reference to Caspar David Friedrich, in German Life and
Letters XXXI, 2, 1978; Gernot Mller, Man mte auf dem Gemlde selbst stehen. Kleist und
del 1751 un trattato sul modo di comporre una lettera,
die bildende Kunst, Grancke Verlag, Tbingen 1995). presumibilmente familiare a Kleist5, scritto da Christian
2
G. Mller, Man mte auf dem Gemlde selbst stehen, cit., p. 11.
3
Avigdor Arikha, La pittura e lo sguardo, Neri Pozza, Vicenza 2016, p. 148.
4
Termine solitamente associato allentusiasmo mistico, ma che Kleist impiega riferito allo spetta-
tore che guarda uno spettacolo (Hilda Meldrum Brown, Heinrich von Kleist. The Ambiguity of Art 5
Certamente fu familiare a Goethe, che ne mise in pratica i principi nellepistolario con la
and the Necessity of Form, Clarendon Press, Oxford 1998, p. 8). sorella Cornelia e con lamico Behrisch (H. Meldrum Brown, ibid.).
128 clio pizzingrilli pittura o della servit volontaria 129

Frchtegott Gellert Briefe nebst einer praktischen Ab- procedimento eseguito dal Guckkster. Specificamente
handlung von dem guten Geschmack in Briefen6. La for- lapparecchio del Guckkasten presenta molte affinit con
ma-lettera sembra avere una contiguit con una macchina la scatola, di cui scrive il Signor Le Blond de Latour a un
assai notoria in quel periodo, il Guckkasten, sorta di dio- suo amico intorno alla procedura compositiva di Nicolas
rama che consentiva di riprodurre come su uno schermo Poussin Le Blond de Latour riferisce di una scatola
una immagine. Letteralmente il termine significa scatola dove Poussin disponeva i manichini Essa comportava
attraverso cui sbirciare, e in verit dovette godere di una unapertura attraverso la quale la composizione doveva
notevole popolarit anche in seguito allo statuto di meta- ricevere la vera illuminazione e una seconda, pi pic-
fora che gli conferirono nei loro scritti Lessing, Herder, cola, destinata allo sguardo8. La pittura prima, la scrit-
Goethe specificamente il giovane Goethe era convinto tura poi parola muta in attesa della voce messianica che
che Shakespeare si fosse servito di un dispositivo analo- la dir , destituendo il mondo, azzerandone i rumori, i
go, ci che altri definisce Rahmenschau7, vista racchiu- suoni, le tonalit, estinguendone le forme evenemenziali,
sa entro una cornice, per concepire i suoi drammi. Cos la stessa vitalit, espongono lopera darte in una mutezza
come il trattato di Gellert liberava lepistolografia dallo sublime e a un tempo terrifica, donde lo spettatore vie-
stile epistolare settecentesco affatto spersonalizzante il ne abbandonato al cospetto di rappresentazioni che non
linguaggio formale del Kanzleideutsch e, daltra parte, concedono altra stazione, se non quella dellattante, nella
la magniloquenza barocca , approntando una retorica quale pu ancora insorgere lanelito dellapocatastasi.
personale, smontata della pedanteria, delle trovate, del- Non esistono riscontri che Kleist abbia mai inteso intra-
le rigidit formulari, ugualmente il Guckkasten poneva prendere la carriera di pittore, ma daltra parte egli confe-
losservatore in un contatto diretto, inventivo con la re- risce senza meno alla pittura una dominanza, dalla quale
alt, che egli stesso, anzich assumere quale dato immo- trarr ispirazione per molte delle sue opere, per la model-
dificabile, attendeva a ricostituire attraverso il proprio latura dei suoi personaggi. certo la temperie del seco-
Ansatz. Questa nuova figura di epistolografo, in defini- lo che lo orienta in questo senso, gli studi di Wackenro-
tiva, esegue un procedimento non troppo difforme dal der e di Winckelmann che lo inducono a improntare una
drammaturgia sulle forme, sui modi della pittura, ma ci si
6
Kreutzer, a proposito della forma-lettera in Kleist, elabora la nozione di Konglomerat, domanda se una tale dominanza non debba interpretarsi
affermando la convinzione che le lettere contengano larvatamente tutte le modalit espressive,
tutti gli stilemi del poeta. alla stregua di una signoria dancella, quasi che, come
7
Cfr. August Langen, Anschauungsformen in der deutschen Dichtung des 18. Jahrhunderts.
Rahmenschau und Rationalismus, Nachdruck, Darmstadt 1968. Kleist parla di Fensterschau,
nei versi di Tasso dedicati alla bella cameriera, la pittura
dando conto della propria ossessione per le finestre ampie, attraverso le quali era aduso osservare
la vita di Dresda, per il cui mezzo immaginava le sue Inszenierungen (H. Meldrum Brown, Hein-
rich von Kleist. The Ambiguity of Art and the Necessity of Form, cit., p. 26). 8
Avigdor Arikha, La pittura e lo sguardo, cit., p. 151.
130 clio pizzingrilli pittura o della servit volontaria 131

subisca in fondo una sorte ausiliaria, cui daltronde stata pevolezza dellocchio che vede, del raggio visivo e della
ripetutamente ridotta e del tuo vago | Sembiante io s distanza tra locchio e loggetto11. Spiegelbildfunktion
mappago, | Che non disdegno signoria dancella. | Mentre della visione attiva, che rimotiva loggetto, lo dispone nella
teco ragiono; e tu cortese | Sguardi bassi e furtivi | Volgi prospettiva di una Materialisierungsutopie12.
in me, del tuo cor mute parole (Canzone XI). Gernot Ma in che rapporto debbono pensarsi oggetto e spazio
Mller, nel suo studio su Kleist e larte visiva, elabora la catturati da questo Versehen? Come si realizza lim Bild
nozione di Sehekult, per il cui tramite il poeta intende sein del guardatore, dopo che si disposto uno spazio
lapplicazione di una medesima legge per il mondo fisico scenico per il mezzo del Guckkasten? Due fatti, allincir-
e per il mondo morale il Talent des Wahrnehmens ca concomitanti, risalenti alla fine del secolo XVIII, con-
eo ipso Ttigkeit der Seele, al talento percettivo imma- testuali alla Kantkrise contingenza che evidentemente
nente lattivit dellanima9. Al contrario, il vedere cieco, il conferisce loro il carattere di svolta nel pensiero di Kleist ,
vedere con occhi morti paralizza ogni Findungspro- costituiscono una possibile approssimazione alle doman-
ze, il procedimento dellinventio la funzione speciale de: la frequentazione del laboratorio di Blank a Wrzburg
dellocchio, o meglio la sua qualit, d il senso di ci che e la visione di un dipinto di Breysig. Joseph Anton Bruno
per Kleist vuol dire Augenblick ovvero Physiognomie Blank fu naturalista e soprattutto mosaicista in modo del
des Augenblicks, immagine che spontaneamente viene tutto speciale; nel periodo trascorso a Wrzburg, Kleist
alla vista, e condensa un Lebensmoment, apprestando frequenta il suo gabinetto, dove ha modo di scoprire i pro-
quella che nel vocabolario leibniziano si direbbe una co- cedimenti della sua tecnica a mosaico o, per dire meglio,
gnitio clara confusa, un Versehen, un vedere anche travi- a frammenti13; presumibilmente l incomincia a prendere
sato, bench appercettivo10. Il Sehekult sembra avere una
simiglianza con la visione attiva concepita da Poussin, 11
A. Arikha, La pittura e lo sguardo, cit., p. 152.
Mller, Man mte auf dem Gemlde selbst stehen, cit., p. 24.
contrapposta alla visione passiva Ci sono due modi
12

13
C un monaco il quale ha impiegato il tempo, che gli lasciavano libero le ore canoniche e
di vedere gli oggetti: luno guardandoli semplicemente, e le messe, a preparare un raro gabinetto di scienze naturali professore di questa universit e si
chiama Blank ha messo insieme nel castello una notevole galleria di uccelli e muschi. Le piume
laltro considerandoli con attenzione cos, si pu dire degli uccelli sono state incollate, senza pelle, su pergamena, e cos messe in salvo dalle insidie degli
insetti. Perdonami questabbondanza di particolari. Penso di utilizzare in futuro per me queste
che il semplice aspetto unoperazione naturale e che quel carte. Gi soltanto lapparato notevole ed esige una diligenza quasi senza esempio. Vi sono in
molte vetrine, in speciali cassetti e armadi, piume di ogni specie, pelli, trucioli di legno, foglie,
che io invece chiamo prospetto una prerogativa del- muschi, polline, ragnatele, cannucce, lanugine, ali di farfalla ecc. ecc. esposti col massimo ordine.
Ma questa abbondanza di materiali variopinti ha condotto quelluomo ai trastulli. Ha fatto di
la ragione, e tale prerogativa dipende da tre cose: consa- pi che completare la sua galleria di uccelli e muschi. Con tutti questi materiali, senza usare altro
colore qualsiasi, ha dipinto paesaggi, mazzi di fiori, persone ecc. ecc. spesso con una somiglianza
da illudere, lacqua con la lanugine, il fogliame col muschio, la terra col polline, il cielo con la tela
di ragno, e sempre con la pi precisa variazione di luce e dombra (dalla lettera indirizzata a
9
G. Mller, Man mte auf dem Gemlde selbst stehen, cit., p. 21. Wilhelmine von Zenge, Wrzburg, datata 11 (e 12) settembre 1800 Heinrich von Kleist, Opere,
10
Ivi, p. 22. Sansoni, Firenze 1959, pp. 910-911, a cura di Leone Traverso).
132 clio pizzingrilli pittura o della servit volontaria 133

lo spazio, oltre che il proprio s entro questo spazio me-


desimo, nella misura in cui una tale macchinazione giun-
tatrice suscita in lui linventio o potenza di pensiero dif-
ferita lungo il discorso, verso una continuamente espansa
attualit. Johann Adam Breysig un pittore di scena, che
dipinge unopera intitolata Panorama der Stadt Rom, una
veduta delle rovine di Roma nel Gendarmenmarkt di Ber-
lino, dipinto di dimensioni notevoli Kleist affascinato
da questo quadro, fondamentalmente dalla impostazione
panoramica, o meglio panoramicata, affatto diversa dalle
Raffaello Sanzio, San Michele sconfigge Satana, Adriaen Van Ostade, Il pittore nel suo atelier,
Parigi, Museo del Louvre Dresda, Gemldegalerie
opere dei vedutisti o dei paesaggisti, che gli erano familiari.
Nella descrizione del dipinto, Kleist si sofferma anzitutto
sulletimologia del termine panorama panorama una
forma nella sua mente la possibilit di modellare una lette- parola greca La prima met della parola significa allin-
ratura secondo una tecnica analoga, e certo il futuro per- circa qualcosa come: da tutti i lati, tuttintorno; laltra met
sonaggio di Kunigunde ne sar lesempio pi enfatizzato significa pressappoco: vedere, da vedere, visto. Kleist
Kunigunde una formazione ermetica, ma non lo sono di coglie senza meno leffetto innovativo del dipinto per lo
meno Kthchen o Strahl o lo stesso Principe di Homburg. schema con cui eseguito trattasi di una operazione il-
Se si combina la lezione di Blank con la celebre immagi- lusionistica, agli effetti una macchina teatrale che induce
ne dellarco di Wrzburg, recante liscrizione Amicitae una forma nuova di percezione, connessa alla molteplici
Bonum14, si perviene facilmente alla conclusione che teorie illusionistiche diffuse nel XVIII secolo16. I due fatti
lAll-Aussicht composta di pezzi distinti, eppure com- deviano Kleist verso una concezione dellimmagine, della
messi qualcosa di molto simile alla posizione atomizzata sua percezione e rappresentazione, esperita come Bilder-
dellessere come separato e ricollegato, solo e non solo15 labyrinth. Posta la Prioritt des Bildes, Kleist dispiega
pensata da Simondon , donde il guardatore pu inferire la nozione di Emblematik, la figuratio, ma una Emble-
matik costituita attraverso una tecnica a mosaico o attra-
14
Clemens Heselhaus, in uno studio che rimonta agli anni 60 dello scorso secolo sul kleis- verso la tecnica panoramicata difforme dalla Emblematik
tische Paradoxe, conia la formula di paradosso metaforico, procedimento secondo cui, come
nel caso dellarco, lapparente fragilit di un ordine strutturale rivela un equilibrio interno, reso
dei dipinti che Kleist ammirava allo Zwinger o al Louvre
possibile dallinterazione di forze opposte (Brown, Heinrich von Kleist. The Ambiguity of Art
and the Necessity of Form cit., pp. 48-50).
15
Gilbert Simondon, Lindividuation psychique et collective, Aubier, Paris 1989, p. 105. 16
G. Mller, Man mte auf dem Gemlde selbst stehen, cit., pp. 93-96.
134 clio pizzingrilli pittura o della servit volontaria 135

essa gi subito un Verzeichnung, una alienazione pot inoltre conoscere i dipinti del pittore olandese Philips
descrittiva, uno smontaggio e successivo rimontaggio del Wouwerman, le cui opere erano in parte custodite nella
procedimento rappresentativo. Quali sono gli Origina- pinacoteca di Dresda e a Kassel. Rispetto a questi origina-
le der Verzeichnung? Sono i quadri di Claude Lorrain li, le figurazioni successive si presentano come una sorta
(Paesaggio con la fuga in Egitto, Staatliche Kunstsamm- di operazionismo decostruzionista, di tale maniera che la
lungen di Dresda), di Simon Vouet (Santa Maddalena stessa scrittura, in quanto posposta allimmagine, a questa
morente, Muse des Beaux Arts di Besanon), di Raffaello susseguente, deve s regredire allEmblematik, pu per
(San Michele sconfigge Satana, Louvre), di David Teniers farlo solamente attraverso una modalit di contraffazio-
(Danza di contadini davanti allosteria, Gemldegalerie ne18. Ma un simile procedimento doppiamente mimetico
di Kassel), di Nicolas Poussin (Il Regno di Flora, Staat- o, per dire meglio, decostruttivo dellimitazione che re-
liche Kunstsammlungen di Dresda), di Paolo Veronese gola la maniera delloriginale, in che modo pu costitui-
(La resurrezione di Cristo, Staatliche Kunstsammlungen re lo schema di una nuova Emblematik? In che senso si
di Dresda), di Adrian van Ostade (Il pittore nel suo atelier, deve intendere il panorama, lAll-Aussicht? Nel Prolog,
Staatliche Kunstsammlungen di Dresda), di Carlo Dolci scritto per la rivista Phbus, in cui espone il Gemlde-
(Santa Cecilia, Staatliche Kunstsammlungen di Dresda) gedicht come dichiarazione programmatica della poetica
e naturalmente i quadri di Caspar David Friedrich. Ma, che viene, Kleist fornisce una risposta cornuta.
attraverso gli studi di Wackenroder, Kleist pot conoscere
i dipinti del pittore bolognese Francesco Francia, e inda- Wettre hinein, o du, mit deinen flammenden Rossen,
Tuona, o tu, sui tuoi cavalli fiammeggianti,
gare il complesso rapporto di questi con Raffaello, per il
Phbus, Bringer des Tags, in den unendlichen Raum!
quale, in specie per la sua Madonna Sistina, Kleist nutr Febo, portatore del giorno, nellinfinito spazio!
un vero e proprio culto lungo lintero arco della sua vita17; Gib den Horen dich hin! Nicht um dich, neben, noch
rckwrts,

17
In una lettera indirizzata a Adolphine von Werdeck (Parigi e Francoforte-sul-Meno, 29 18
La scrittura, sistema di comunicazione frammentario, che ha perso la dicibilit, sembra
novembre 1801), Kleist scrive Ma ah, a Dresda cera un figura che mi avvinceva nella gal- ormai rimotivarsi solo attraverso la contraffazione Kleist, che ha un istinto infallibile, forse una
leria come un essere amato, adorato e ora posso ben capire il fervore della cavalleria antica, propensione indomabile per tutto ci che bizzarro, ne d una curiosa testimonianza quando si
di adorare figure di sogno come creature viventi. Parlavo della Madonna di Raffaello. Dovevo iscrive allUniversit di Lipsia col nome di Klingstedt (G. Mller, Man mte auf dem Gemlde
aggiungerlo? Lei dunque stata a Kassel, come vedo dalla Sua lettera. Allora non avr mancato di selbst stehen, cit., p. 87; p. 51), concordia discors del nome proprio. Di una tale inclinazione, i versi
vedere nella stanza del direttore Tischbein due dipinti appartenenti al suo fratello di Hannover, del Prolog costituiscono un chiaro esempio. Il Prolog a tutti gli effetti una contraffazione di una
che valgono quanto tutti i quadri del langravio: cio il San Giovanni di Raffaello e un Angelo poesia di Schiller, Die Knstler; alla sua maniera decostruzionista, osserva Mller (ivi, p. 145),
della Pace di Guido [Reni]. Son due pitture che si possono contemplare per ore con animo sempre Kleist si oppone a Schiller per smontarne la visione armonica il lemma Gleichma, larmonia
attento. Davanti a tali figure si sta come davanti a un tesoro di pensieri che spuntano in rigogliosa gi sempre compiuta dellartista, si deregolamenta nel Ma, ponderabile nella danza sulla terra
molteplicit al richiamo di unanima In un solo volto di Raffaello v maggiore copia di pensieri al cospetto dello Spher; lo Spher decostruzione dello Spheraug, locchio-speculatore
che in tutti i quadri della scuola francese presi insieme, e mentre si passa freddi davanti a quadri di dellartista lo spettatore qualunque, senza qualit, non, bisogna intendere, privo di vista, al
battaglie, la cui disposizione locchio afferra a stento, davanti a un volto ci si ferma a pensare contrario, paradossalmente, dotato di maggiore vista, in quanto, secondo la metafora kleistiana,
(Heinrich von Kleist, Opere cit., pp. 956-957). lidlos, privo di palpebre, condizione che per vanifica la decisione dello sguardo.
136 clio pizzingrilli pittura o della servit volontaria 137

Conscrati alle ore! Non su di te, n allindietro,


Vorwrts wende den Blick, wo das Geschwader sich regt!
Volgi in avanti lo sguardo, dove le moltitudini si destano!
Donnr einher, gleichviel, ob ber die Lnder der Menschen,
Non meno rimbomba, se anche sui territor degli uomini,
Achtlos, welchem du steigst, welchem Geschlecht du
versinkst,
Indifferente su quale generazione piombi, su quale infur,
Hier jetzt lenke, jetzt dort, so wie die Faust sich dir stellet,
Qui ora, l ora, cos come si volge il tuo pugno,
Weil die Kraft dich, der Kraft spielende bung erfreut.
Poi che la forza, della forza ludicro esercizio tinebria.
Fehlen nicht wirst du, du triffst, es ist der Tanz um die Erde,
Non mancherai di occorrere, tu, la danza sulla terra,
Und auch vom Wartturm entdeckt unten ein Spher das
Ma.
Caspar David Friedrich, Das grsse Gehege, Dresda, Gemldegalerie Alte Meister
E anche sotto uno spettatore inviene dal fastigio la misura.

che infatti ordisce il tutto. Colui che de superiore movet,


Il Vorwrtswenden, volgere avanti lo sguardo, latto
rappresentato nel frontespizio della rivista dalla mano di
del febeo auriga che ha di fronte il paesaggio, la veduta,
Hartmann, illustratore del Phbus, Febo nella posa
la figura, i quali infatti rappresentano la torma, le mol-
ripresa dal dipinto di Anton Raphael Mengs Der Parna,
titudini percettive; successivamente si avvia la danza, la
alla guida del carro del sole; colui che in inferiore grava lo
messa-in-scena della forza, cio la pratica del ludere ri-
spettatore. Ma lo spettatore, metamorfosato dal fastigatis-
ferimento al dipinto di Poussin, Il Regno di Flora, alla
simus locus, catturato in un panottico come nel dipinto
drammaturgia medesima , qualificata dal Wartturm, la
panoramicato di Breysig , nella spettacolarizzazione di
vista dallalto, quella che annulla e a un tempo mantiene
un ringfrmig Welt, quasi entro un processo di circo-
lo sguardo in avanti, dal momento che esso ora sussun-
lazione nel quale, a simiglianza della merce, percorre la
to nello sguardo veniente da sopra, da chi de superiore
serie complessiva delle sue metamorfosi serie senza ini-
movet, donde governa la Naturgesetzlichkeit che il
zio e senza fine19 di un cattivo infinito, oppure viene a un
Ma, per giungere in inferiore a uno spettatore, che cos
ordine utopico? , quegli, colui che ha smarrito la Gleich-
pu conoscerne il nomos Ma misura, composizione
migkeit, la corrispondenza indeclinabile con lUno, e
capace di istituire un ordine sulle cose, proporzione,
regola come potenza ordinatrice delle moltitudini, essa 19
Karl Marx, Per la critica delleconomia politica, Editori Riuniti, Roma 1974, pp. 71-73.
138 clio pizzingrilli pittura o della servit volontaria 139

ora pu solo andarne alla ricerca inquieta, colui che, come rimenti egli si interroga in maniera sarcastica sui possibi-
suggerisce Mller20, della stessa specie ovidiana della nin- li esiti di una tale pittura, laddove dovesse raffigurare un
fa Clizia, fatta girasole da Apollo per il suo tormentoso paesaggio brullo del Brandeburgo, con nullaltro che rovi
volgersi a spettare linavvicinabile dio, oppure riflette in e corvi ivi appollaiati a lisciarsi le penne21 Das groe Ge-
s la legge del movimento superiore attraverso un rispec- hege esattamente questo, percezione senza contenuto,
chiamento che placa le moltitudini, perequazione di forze che s conferisce un effetto ipnotico sul guardatore22, ma
contrastanti, Tanz um die Erde? Non interessante, in nella misura in cui costituisce la drammaturgia dello spa-
verit, quellarmonia che esita in una sorta di concordia zio vuoto, il cui ordine infinitamente ritratto descrive il
pattizia, e per nel Timeo si legge che nellimitazione del- territorio di un esilio.
le circolazioni ordinate del dio si compie un ordinamen-
to delle circolazioni non ordinate del pensiero questo
infine il processo della visione attiva e, nellAlcibiade
maggiore, che lo specchio pi bello il dio, nel cui rispec-
chiamento avviene la Aufklrung del s.
Nel 1832, un ventennio dopo la morte di Kleist, Friedrich
dipinge un paesaggio; lopera si intitola Das groe Gehe-
ge, quadro di modeste dimensioni custodito nella pinaco-
teca di Dresda, che rappresenta la parte occidentale della
stessa Dresda, una vasta pianura alluvionale dellElba, una
grande recinzione, verosimilmente adibita a riserva di cac-
cia, per meglio dire una barriera, nel senso di un pezzo di
mondo vuoto secato dal mondo pieno, una veduta priva
di vista. Se Kleist, nelle sue riflessioni sullopera di Fried-
rich, non manca di cogliere le nuove forme di illusionismo
di questa pittura di paesaggio, il minimalismo della rap-
presentazione, linquietudine dello spettatore che, anzich
restare inerte a contemplare limmagine dipinta, abban-
donato a s stesso a creare una prospettiva scomparsa; pa-
21
H. Meldrum Brown, Heinrich von Kleist. The Ambiguity of Art and the Necessity of Form,
cit., pp. 88-89.
20
Ivi, pp. 145-150. 22
G. Mller, Man mte auf dem Gemlde selbst stehen, cit., p. 213.
Considerazioni indiscrete sul volto
Andrea Fogli

Riportare al centro dellattenzione lessere vivente.


Ad incominciare dai piedi sporchi del pellegrino in pri-
mo piano su un altare del 600 alla Marina Abramovi
che ti fissa immobile e muta al Moma di New York.
Il volto ideale di dei, madonne, cristi e santi, cede il passo
e al suo posto subentra il volto reale, la bruta realt, lo-
rizzonte delle cose comuni. Questo sembra essere stato
il programma sia delle Neo-Avanguardie Caravaggesche
di Kounellis & C. che delle principali correnti artistiche
che dalla Pop Art in poi hanno in vario modo deificato
la realt quotidiana, anche se spesso solo attraverso il suo
duplicato mediatico.

C per qualcosa che non torna.


Le Neo-Avanguardie Caravaggesche, concettuali, pove-
riste e minimaliste come i loro epigoni contemporanei ,
hanno infatti affidato la raffigurazione dellessere umano
esclusivamente al calco e alla fotografia, o direttamente
al corpo vivo che anima le performance, ovvero a mecca-
nismi cosiddetti di presentazione pi che di rappre-
sentazione. A questo punto una domanda chiave sorge
spontanea, anche se quasi tutti cercano di rimuoverla:
perch i nostri puri Caravaggeschi contemporanei, tra
142 andrea fogli considerazioni indiscrete sul volto 143

cui stimati grandi artisti, hanno ritenuto non necessario, o


addirittura impossibile (storicamente), latto di dipingere
o modellare un volto? Perch il cavallo deve essere vivo
e non raffigurato? Perch, anzich dipingerlo, loggetto
deve essere live o unicamente fotografato?

Forse perch nonostante i proclami rivoluzionari e


la lodevole intenzione di riportare al centro lorizzonte
terrestre al di l di ogni deriva metafisica o religiosa, si
seguita la logica e i dettami di una societ di massa che
non distingue gli esseri umani dai beni di consumo che lo
circondano. Lapologia delloggetto e della materia tout
court, come lappiattimento Pop dellimmagine delluo-
mo al suo duplicato mediatico, ha infatti reificato e sper- Volto in argilla modellato sopra un teschio (Gerico 7000 a.C.)
sonalizzato soprattutto lessere umano, azzerando la sua
dimensione immaginativa, psichica e spirituale: di questo
si erano accorti persino i nostri cari neo-caravaggeschi Al contrario, quello che ritengo estremamente urgen-
che con Fabro negli anni 90 hanno esclamato arte tor- te oggi la rinascita di una prassi ancestrale e classica
na arte, senza peraltro riuscire a cogliere, come detto il dellarte: donare ai vivi (e ai morti) unimmagine viven-
centro del problema. te, un volto che non sia come quello fotografico un
frammento del reale, con il suo nome e la sua carta di
La logica in cui, anche inconsapevolmente, imprigiona- identit, ma unimmagine eletta e senza nome, un qual-
ta larte attuale, espressa chiaramente dal medium che cosa che io e te, mettendoci tra parentesi, possiamo rico-
oggi pervade la vita di ognuno, la fotografia, e in parti- noscere come terzo a tutti comune, come uno sguardo
colare dal suo uso o consumo distratto e vorace: limma- che oltrepassa la nostra mortalit.
gine fotografica anche con un selfie infatti sempre
rubata ad un vivo da un morto, da un essere che vive Ed qui il punto cruciale. Cavalli vivi, oggetti live,
accumulando o postando immagini che via via scivola- come limpressionante attivit catalogatoria della foto-
no nellindifferenza un pissoir pi che una fontana, con grafia (prassi quotidiana dominante nel web), rappresen-
buona pace di Marcel Duchamp. tano di fatto la resa ad un orizzonte materialistico, effi-
144 andrea fogli considerazioni indiscrete sul volto 145

mero pur se scientificamente oggettivo, in cui lanima


(o se preferite, la profonda dimensione psichica delluo-
mo) stata estromessa. E con lei anche ogni anelito alla
libert, sia sociale che personale: anelito che sempre il
segno di una differenza, di una frizione non solo tra lu-
mano e il contesto in cui abita, ma tra ci che vive den-
tro di noi e il destino mortale e corporeo. Puoi eliminare
Dio, le religioni, e pu anche essere un bene da un cer-
to punto di vista, ma c qualcosa di irriducibile che non
smetter di interrogarci ed agire dentro di noi.
Questa interrogazione e azione in parte attiva nei mi-
gliori dei nostri maestri Caravaggeschi: il prelievo
oggettuale, i materiali e le presenze live sono assunte
allinterno di una drammaturgia, di un rcit, che li tra-
M. Duchamp, Fontana, 1917, pissoir in ceramica
sporta in un contesto linguistico e formale, in quel ter-
zo livello che si pone oltre te e me, e ci parla come arte
salto umano oltre la pura esistenza. Discorso simile si court, ma nellidentificazione ed empatia tra ci che
potrebbe fare anche per varie esperienze dellarte astrat- viene raffigurato e la persona che losserva o lo evoca:
ta, da Malevi in poi, in cui il colore, la forma e la luce in questi casi limmagine non prelevata e rubata dalle-
sono dei medium che spostano la mente verso quellago- sterno ma si autogenera in noi in un processo avvincen-
gnato terzo livello, chiamato dai suprematisti quinta te di apparizioni e cancellazioni, in un processo dove
dimensione. Ma dobbiamo avere lonest e il coraggio ci che abbiamo tra le mani prende vita. Non si tratta
di riconoscere che entrambe queste riduzioni del terre- di quel processo di composizione adottato da astrattisti
no dazione artistico, passaggi a suo tempo necessari ed e Caravaggeschi contemporanei, ma di un processo di
estremi, lasciano irrisolto il problema della raffigurazio- generazione, che investe totalmente lartista e la sua di-
ne umana, della potenza insita nellatto di modellare e mensione umana.
generare dallinterno di noi limmagine delluomo. Il violino, se non c nessuno che lo suona, un semplice
oggetto.
La potenza obliata e rimossa della pittura, del disegno Tutto quello che accade quando larchetto tocca le corde
e della scultura, risiede non tanto nella mimesis tout unincredibile generazione umana.
146 andrea fogli

Lo stesso pu dirsi del calco di un volto: quando nel 2002 Il vortice e il vaso di Pandora
ho iniziato a trasformare una serie di calchi identici del Flavio Cuniberto
mio volto ho percepito chiaramente che non il calco, la
fotografia o la proposizione live di elementi esistenti, a
dire fedelmente delluomo e della vita. stato solo grazie
allintervento trasformativo dello scultore che luniforme
statico funereo calco ha potuto riprendere vita, rianimar-
si, scrollarsi di dosso la fissit cadaverica di una ripro- 1. Lo spettacolo del miracolo fiorentino arcinoto e
duzione meccanica del reale. stato necessario quindi arcistudiato. Non ci sarebbe alcun bisogno di rievocar-
riattivare proprio quellancestrale e classico processo di lo ancora una volta se non si intendesse sottolineare qui
rappresentazione, bistrattato dallintellettualismo e ideo- un aspetto del fenomeno che, per quanto evidente, non
logismo novecentesco che ha preferito andar per vie se- ha ancora ricevuto forse unattenzione adeguata. Questo
condarie, vie che hanno s ampliato il raggio despressio- aspetto appunto il tumultuoso dilagare delle immagini,
ne, ma hanno lasciato vuoto il centro che tuttora attende e meglio ancora delle forme-immagini, a partire dal 400
dessere realmente abitato e nuovamente esplorato. fiorentino. Due pietre miliari degli studi sul Rinascimen-
to come La civilt del Rinascimento in Italia (1860) di
Jakob Burckhardt e La rinascita del paganesimo antico
(1893-1920) di Aby Warburg non sarebbero venute alla
luce senza uno sguardo ipersensibile allelemento buli-
mico, dilagante, che contraddistingue la civilt fioren-
tina del 400. E probabilmente nessuno dei due avrebbe
rifiutato, in riferimento allesplosione rinascimentale,
limmagine del Vaso di Pandora. Sullo sfondo regolato,
codificato, sostanzialmente liturgico, della societ me-
dievale e della produzione medievale delle immagini, il
fenomeno fiorentino appare come laprirsi repentino di
un Vaso prima ermeticamente chiuso (nelle culture ico-
noclastiche) o dallapertura strettamente vigilata (come
nellarte medievale in genere). Quella che esce dal Vaso
una vis formativa polimorfa, capace di assumere tutte
148 flavio cuniberto il vortice e il vaso di pandora 149

le forme direbbe Platone o di farci credere che le


assume. Aperto il Vaso, le forme-immagini ne escono a
valanga, e, non pi richiuso, il Vaso continuer a generar-
le a un ritmo crescente, lungo tutto larco cui si accen-
nava dellet moderna e poi tecnologica, fino allattuale
vorticare globalizzato delle immagini nel Web1. il Vor-
tice delle immagini-apparenze.

2. Il Rinascimento fiorentino sarebbe dunque linizio,


grandioso, di un processo di liberazione delle immagini
dai vecchi codici di cui la tarda modernit contemporanea
rappresenta (per ora) il punto darrivo? Certo linizio.
Ma lasciando ora da parte la quantit, leffetto-valanga
delle immagini liberate, torniamo a considerare la qualit,
il carattere di epifania metafisica che contraddistingue la
vis plastica, formativa, del 400 fiorentino. Se le immagini
fuggono en masse dal Vaso ormai aperto e il fenome-
no tuttora in corso la qualit artistica delle immagini
che popolano il microcosmo fiorentino nel corso del 400
ha sotto certi aspetti qualcosa di unico e di ineguagliato. Beato Angelico, Annunziata, 1436-1440. Detroit, Institute of Arts
E ritorniamo cos a quellaspetto elementare di cui si
parlato prima, al livello qualitativo di queste forme, che
con esiti molto inferiori: per far rinascere lAntico
non pu essere attribuito soltanto al ritorno dellAnti-
necessario recuperarne appunto il gesto interno, che non
co. Anche le botteghe etrusche imitano i vasi attici, ma
una questione di contenuti. Il logoro parallelo tra la
1
Il dotto bizantino Giovanni Tzetzes forse il primo autore post-classico a interpretare il Firenze medicea e lAtene del V secolo pu servire tuttal
mito come una teoria evolutiva della storia umana nel senso di un venire alla luce delle arti
con un connotato di ipertrofica raffinatezza: Lo stile di vita opulento consentito dalle arti
pi come punto dappoggio, quasi per non perdere le-
si diffuse; esib ci che era prima ignoto o difficile da procurarsi, rendendolo pubblico e a tutti quilibrio di fronte a una proliferazione di forme-immagi-
manifesto (Commento alle Opere e i giorni, 95; cfr. E. Panofsky, Il vaso di Pandora. I mutamenti
di un simbolo [1956], trad. it., Einaudi, Torino 1992, p. 133). Va da s che le arti sono qui le ni la cui formidabile abbondanza e la cui (spesso) super-
technai, a cominciare dalle arti meccaniche.
150 flavio cuniberto il vortice e il vaso di pandora 151

lativa qualit si accompagna a una mai vista disinvoltura dellonda, resta la natura propriamente metafisica a cui
nel plasmare i materiali pi diversi, nellimprimere forma si accennava prima: il manifestarsi sovrabbondante di
alla materia, compresa la materia cromatica delle tavole quellelemento che la filosofia greca chiama to kalon, e
dipinte e degli affreschi, o la materia monocroma dei di- che in traduzione perde gi molto della sua semantica
segni a sanguigna, a carboncino, o il materiale lapideo originaria, essendo to kalon la sfera di ci che risplende,
dei grandi cantieri architettonici, dai quali escono, come che rifulge, come una radiosit che non per emanata
spazi di inaudita eleganza, gli interni di San Lorenzo e di dalle cose stesse, ma che le cose gli oggetti accolgono
Santo Spirito, la Cappella de Pazzi, la corte di Palazzo come una irradiazione proveniente da altrove come una
Medici Riccardi, la facciata di Santa Maria Novella, il pri- qualit sostanziale, sottilmente affine al metallo chiama-
sma perfetto di Santa Maria delle Carceri a Prato, e poi to oro e che la lingua greca chiama chrysos, utilizzando
via via, allargandosi come unonda, il Palazzo di Urbino un radicale che lo stesso di Chronos, il dio delle messi
e quello di Gubbio, Santa Maria del Calcinaio a Corto- biondeggianti, e dellet, appunto, dellOro.
na e il Tempio della Consolazione a Todi, San Pietro in Nella metamorfosi dal religioso allestetico la vicenda del
Montorio a Roma e la cupola milanese di Santa Maria fondo-oro assume non a caso un significato pregnante.
delle Grazie, e ancora il San Sebastiano e il SantAndrea Nella pittura gotica e tardogotica il fondo-oro si conserva
di Mantova, e su un registro pi esotico Santa Maria come la visibilit materiale, materica, della Luce increata,
dei Miracoli o San Zaccaria a Venezia, fino al Palladio. per poi sparire gradualmente dalla superficie pittorica e
trasfondersi nella luce atmosferica della grande pittura di
paesaggio. Nella pittura senese il fondo-oro ha una persi-
3. Unonda? Difficile negare che il primo Rinascimen- stenza pi tenace. La grande Incoronazione della Vergine
to fiorentino sia qualcosa del genere. La domanda che (1455 ca.) di Giovanni di Paolo, ora al Metropolitan Mu-
cosa succede a Firenze? nei pochi decenni che vanno seum, documenta una persistenza residuale del fondo-oro
dalla Porta della Mandorla di Nanni di Banco (1414- (nella parte alta della tavola), e al tempo stesso il suo disse-
1421) alla morte di Lorenzo il Magnifico (1492) ha im- minarsi in un pulviscolo di tracce dorate dalle dorature
pegnato come si sa generazioni di studiosi, e non ne sontuose della stoffa damascata ai ricami sulla veste della
forniremo la bibliografia. Diremo semplicemente che Vergine, alle aureole, allo splendore dorato della cetra e
il Vaso di Pandora viene scoperchiato: la sindrome di dellorgano che sembrano trattenere la Luce nel momen-
Stendhal, che affligge tuttora i viaggiatori pi sensibili, to stesso della sua sparizione come elemento iconografico.
esposti a quel sovraccarico di forma, uneco di quellon-
data. Ma se la vertigine pu essere un effetto psicofisico
152 flavio cuniberto il vortice e il vaso di pandora 153

4. Questa natura epifanica dellarte rinascimentale, ancora nellet della Forma. Dopo la cesura ottocente-
primo-rinascimentale, pu assumere per un significato sca e con linvenzione delle nuove tecniche dellimma-
pi preciso proprio in rapporto agli sviluppi successivi, gine (dagherrotipo-fotografia-panopticum-cinemato-
che abbiamo riassunto nellimmagine del Vaso di Pando- grafo-televisione-web), il vorticare e leffetto-ammasso
ra e delleffetto-valanga che ne deriva. In rapporto cio a saranno due tra i fattori pi potenti della corsa delle
quel dilagare inarrestabile delle immagini che malgra- immagini, anche sul terreno pi meditato e distillato del-
do le censure iconoclaste della Riforma non conoscer la ricerca pittorica. Pochi episodi sono pi istruttivi al
poi alcuna tregua, fino a travolgere come unondata di riguardo della rapida evoluzione pittorica di Vasilij Kan-
piena le case private, i soggiorni domestici: prima abbel- dinskij: dove il mondo delle forme regolate, il mondo
liti come nellOlanda del secolo doro da quadri e della figura, viene immesso in una sorta di frullatore
quadretti di genere (nature morte, scene di caccia e di immaginario dal cui vortice emergeranno nei primi
banchetto, intimit borghesi o contadine), e poi domi- anni 20 nuove forme emulsionate, le forme astrat-
nati tre secoli pi tardi da uno schermo dispensatore te. Laccumulo pi o meno deformante delle forme, il
di fantasmi cangianti, fino ai miliardi di schermi pi o montaggio, il patchwork, sono tecniche comuni a buona
meno miniaturizzati da cui miliardi di immagini pi o parte delle Avanguardie storiche del 900: dalla Natura
meno in movimento occhieggiano senza sosta catturan- morta con tovaglia a quadri di Juan Gris, del 1915, ai col-
do e ipnotizzando miliardi di esseri umani soggiogati dal lages dadaisti, fino al dripping di Jackson Pollock o alle
sortilegio magnetico dellimmagine virtuale. Bagnanti di Ennio Morlotti (1956), dove vistoso lef-
Di questo avvitamento vorticoso delle forme-immagi- fetto-patchwork (come uno Zoffany svuotato di espliciti
ni che costituisce il retroterra, o la genealogia, dellat- contenuti figurativi). Fino al turbinare caotico-chiassoso
tuale vorticare tecnologico si potrebbero portare esem- della pop-art e al patchwork fantasmagorico, arlecchine-
pi infiniti. Quasi a caso: il gi citato Trionfo della Divina sco e tecnologico del Padiglione Zero allEXPO 2015.
Provvidenza di Pietro da Cortona (1633) a Palazzo Bar-
berini (horror vacui, limmagine dipinta invade linte-
ro soffitto del grande salone); la Tribuna degli Uffizi di 5. Si affaccia allora qui una cauta ipotesi: che il dilagare
Johann Zoffany, che segna (dopo qualche precedente delle immagini nella Firenze rinascimentale, per quanto
sei-settecentesco: Teniers, Watteau) il passaggio dal qua- febbrile, rappresenti non solo la prima fase del fenomeno
dro al meta-quadro, al quadro-catalogo, al quadro come moderno, ma una fase ancora regolata da una sorta di re-
museo portatile (1772-1778/89). Con i cieli vorticanti di gia oggettiva, che appunto la regia della Bellezza come
Pietro da Cortona e i meta-quadri di Zoffany siamo per elemento metafisico. La Bellezza, to kalon, assume cio
154 flavio cuniberto il vortice e il vaso di pandora 155

space dun matin. Poi la violenza del flusso incomincia


a travolgere quel Limite, proseguendo la sua corsa verso
ignoti destini. Sarebbe interessante, e forse non del tutto
illegittimo, domandarsi se a questa rottura dellincantesi-
mo sia possibile assegnare una data precisa (vari elemen-
ti suggeriscono che una prima rottura dellequilibrio si
produca verso la met degli anni 80). In ogni caso, leffu-
sione della Bellezza non si arresta solo perch lincantesi-
mo spezzato, n si pu dire che sia spezzato del tutto:
la grande civilt rinascimentale ha ancora un lungo tratto
davanti a s, e la grande stagione della Forma proseguir,
nellavvicendarsi degli stili, fino alle soglie dell800 (e oltre,
Milano, EXPO 2015, Padiglione Zero riaffiorando ostinata anche nelle sembianze pi s-figurate
dellarte contemporanea). Semplicemente, quella sostanza
in questa prospettiva una funzione che potremmo definire spirituale che il greco chiamava to kalon non pi in grado
catechontica. La funzione di trattenere lo sciame galop- di tenere sotto controllo il flusso delle forme-immagini.
pante delle immagini fuoriuscite dal Vaso dentro un Limi- La forza, la pura energia proliferante delle forme-immagi-
te che ne regoli lavanzata2. La Bellezza che si epifanizza ni, tender via via a prevalere sulla qualit spirituale della
nel microcosmo fiorentino produce una sorta di incante- forma, di mano in mano che la produzione delle immagini
simo che, senza fermare la Fuga delle Forme, la mantiene cresce e si velocizza nel Vortice moderno. In questo senso
per dentro una Misura, un Limite aureo, che impedisce se accettiamo questa ipotesi catechontica il secolo
a quel dinamismo di avanzare devastando, come un Attila fiorentino al tempo stesso linizio del Moderno (come
immaginale. Lincantesimo dura allo stato puro le- Rinascimento) ed lultimo secolo del Medioevo: non in
quanto et di mezzo, ma in quanto sistema governato da
2
Il Katchon la figura misteriosa a cui allude la Seconda Lettera di Paolo ai Tessalonicesi (2 una rete coerente e compatta di norme metafisiche. dun-
Ts, 2,7): variamente interpretata (potrebbe anche trattarsi di unistituzione storica, come lImpe-
ro), in ogni caso Colui che trattiene lazione del filius perditionis, lazione secondo Paolo que la Bellezza lultima dea ad uscire dal Vaso di Pandora:
gi presente e operante del Nemico, dellAnticristo. In quanto la trattiene, il Katchon ne ritar-
da la piena manifestazione, e con ci ritarda, nello stesso tempo, la Parousia, il secondo avvento finch non ne uscita, sorveglia e trattiene il guizzare del-
di Cristo. Il Katchon paolino la figura insomma che ritarda la fine dei tempi, rallentando il
processo degenerativo che corre verso quella fine. Qui ovviamente usiamo il termine in un senso
le forme-immagini, che sempre pi audaci fuggiranno dal
traslato, lontano dallintenzione originaria del passo paolino. Fra i contributi pi recenti sulla Vaso per riempire il mondo.
questione teologico-politica del Katchon paolino, cfr. M. Cacciari, Il potere che frena. Saggi
teologico-politici, Adelphi, Milano 2013.
156 flavio cuniberto il vortice e il vaso di pandora 157

6. vero che lo scoperchiarsi del Vaso sembra coin- riformulandolo in termini a-confessionali (anche quan-
cidere, storicamente, con la fine del monopolio reli- do, vedi oltre, il soggetto del dipinto rimane formalmen-
gioso nelle arti figurative e il graduale diffondersi di te una classica scena sacra).
temi profani. Sarebbe per un equivoco vedere nel
quasi-monopolio teologico-religioso sulle immagini
tipico dellet medievale leffetto di una censura ec- 7. In questo senso, conviene ribadirlo, la fisionomia
clesiastica nei confronti della sfera profana (qualcosa di propriamente spirituale (o metafisica) dellarte rinasci-
analogo al divieto biblico dellEden: non mangerai del mentale fiorentina e di tutte le forme darte che pi o
frutto proibito). In realt, nellorizzonte della societas meno direttamente ne derivano, da Urbino a Roma, da
christiana il profano non c (e se non c non pu ve- Venezia a Siena, da Ferrara a Perugia, ibridandosi con le
nire escluso). In altre parole, proprio il potenziale te- tradizioni locali nei vari rinascimenti eccentrici, non si
ofanico della cosa a legittimare la sua rappresentazione identifica affatto col contenuto religioso o devozionale
figurativa (cos nei bestiari, negli erbari, nei lapidari, e dellopera darte (che anzi retrocede, perde posizioni):
negli infiniti oggetti naturali che vengono assorbiti dal- una spiritualit che inerisce alla forma stessa dellopera,
la scena sacra). Se il dibattito bizantino sulliconocla- alla sua pura, luminosa, qualit formale (to kalon). Sta
stia metteva in questione la rappresentabilit del divino, qui, fra laltro, il grande equivoco savonaroliano: lidea
nellOccidente cristiano la questione si rovescia: perch di ripristinare una societas christiana sottratta alla demo-
nellOccidente cristiano proprio il divino ci che va nia idolatrica delle forme-immagini attaccando preci-
rappresentato, compreso lessere umano in quanto imago samente quella civilt formale che rappresentava di per
Dei e la natura in quanto liber naturae. Cos, laper- s il pi valido argine contro la potenzialit distruttri-
tura del Vaso di Pandora delle immagini non nasce dalla ce delle immagini stesse. Il rogo delle vanit la distru-
curiosit per ci-che-non--sacro, ossia per la natura zione degli oggetti immorali, libri e immagini, voluta
profana che linterpretazione classica, laica, del dal Savonarola nel 1495 anche il rogo delle Forme in
fenomeno rinascimentale , ma dalla tentazione di ve- precario equilibrio: illudendosi di sradicare limmorali-
dere nel mondo delle forme qualcosa di non-teofanico, t fiorentina, il frate romagnolo ne sradica il Katchon,
relegando lo spazio teofanico al dominio circoscritto facendosi complice di quelle forze che provvederanno a
della pittura devozionale. La grande pittura, nella sua scatenare, di l in poi, una demonia delle immagini tutto-
funzione rallentante (catechontica) mantiene il re- ra inarrestabile. (La grande arte, e naturalmente la poesia,
gime teofanico o sacrale dellimmagine sottraendolo al continueranno a svolgere un ruolo analogo, potremmo
serraglio ormai asfittico della pittura di devozione e ancora dire catechontico, ma su una scala locale, episo-
158 flavio cuniberto il vortice e il vaso di pandora 159

dica, come trapiantando il seme della Bellezza in nuove rizza tutto, e pretende anche per lultimo dei minori un
oasi, pi o meno limitate, nel deserto avanzante delle for- momento di gloria (o il serioso distacco dello sguardo
me-immagini in libera proliferazione). Il rogo fiorentino scientifico). Ma anche utilizzando il pi severo dei se-
delle vanit vorrebbe richiudere il Vaso con un tappo tacci critici, quante finestre albertiane si aprono invece, a
ermetico, non accorgendosi che la Bellezza provvedeva partire dal 400, su mondi mai visti, di una bellezza e di
gi da tempo a incantare la demonia delle immagini. una intensit rapinose? Che cosa mostra, o pretende
pur vero che la potenza delle forme-immagini finir per di mostrare, la Grande Arte, componendo figure su una
prendere il sopravvento3. scena fittizia, o su uno sfondo di paesaggio, o evocando
paesaggi, o semplici oggetti, e nature morte? Pretende
di mostrare il mondo-cos-com, solo visto con occhi
8. C, infine, un ultimo aspetto, che anche una visione pi attenti, meno frettolosi? Le finestre albertiane del-
panoramica e schematica non pu trascurare. Possiamo la Grande Arte, e qui in particolare della grande pittura,
qui limitarci alla pittura, perch questo, alla fine, il fe- sono spiragli che si aprono su un Paradiso anticipato.
nomeno pi pervasivo e imponente della nuova arte. Un
proliferare di forme-immagini che la bellezza ideale
trattiene in un primo tempo nelle sue maglie dorate, per 9. Dalla figura neotestamentaria del Katchon al tema clas-
poi svincolarsi e galoppare verso le magnifiche sorti sico del Paradiso (del Giardino, del Regno): siamo in pie-
dellimmagine tecnologica e vorticante. Prendiamo la fa- na teologia. Allo stesso modo in cui si acceso, nel 900,
mosa metafora albertiana del quadro come finestra. Il il dibattito sulla teologia politica, si potrebbe aprire un di-
moltiplicarsi delle opere su tavola o su tela, con le de- battito sulla teologia estetica: ossia sul significato intrin-
stinazioni pi varie, genera una galassia proliferante di secamente teologico dei fatti che appartengono alla storia
finestre albertiane: ma su cosa si aprono queste finestre? dellarte (come, in quel caso, dei fatti, delle istituzioni che
Si aprono, come si diceva, su tutto ci che raffigura- appartengono alla storia politica). Riepilogando: il molti-
bile e riproducibile, con risultati anche mediocri o sca- plicarsi delle forme-immagini genera un effetto-valanga
dentissimi: solo la mania archeologico-filologica tesau- che la bellezza ideale non pi in grado di controllare,
o per meglio dire controlla sempre meno. E tuttavia, nella
Riguardo allambiguo significato del movimento savonaroliano, Andr Chastel suggerisce
massa delle forme-immagini ormai indisciplinate si fa
3

che il ciclo orvietano di Luca Signorelli (1499-1504) sia da intendere precisamente come una
risposta polemica alla predicazione fiorentina del Savonarola, i cui seguaci nerovestiti appaiono,
nei celebri affreschi della Cappella di San Brizio, come le pattuglie infere dellAnticristo (cfr. A.
strada una variet stupefacente di vedute di finestre
Chastel, Art et humanisme Florence aux temps de Laurent le Magnifique, Presses Universitaires su un mondo che non certo il mondo dellapparenza fe-
de France, Paris 1959, p. 445; cfr. anche Id., LApocalypse en 1500: la fresque de lAntchrist la
chapelle Saint-Brice Orvieto, Humanisme et Renaissance, XIV, 1952, pp. 124-140). nomenica, il mondo cos-com, nel suo darsi immediato,
160 flavio cuniberto il vortice e il vaso di pandora 161

ma il mondo rettificato, restituito alla luce gloriosa del 10. Solo un esempio, scelto a caso: le famose sante di
primo giorno (o meglio dellUltimo Giorno). Un mondo Francisco Zurbaran (siamo intorno agli anni Trenta del
visto come intendeva Spinoza sub specie aeternitatis, secolo XVII) sono ancora, formalmente, dipinti di sog-
nel suo volto eterno: lo splendore dei tessuti, delle stoffe, getto religioso. Ma quel che vi di stupefacente in questa
degli incarnati, delle forme, dei paesaggi, degli edifici, degli figure femminili labito: la resa prodigiosa di quegli abi-
oggetti. Uno splendore profano? la categoria del pro- ti, di quelle ampie sottane dai colori sublimi, evocate con
fano del tutto inadeguata a quellaura di Regno antici- tale sartoriale perizia che sembra di percepirne il fruscio.
pato, di eschaton anticipato, che la grande pittura immette, La veste e il colore diventano, in Zurbaran, un supporto
mostrandolo, nellesperienza quotidiana. Alla vocazione meditativo che non ha pi alcun legame, se non formale,
metafisica della grande pittura (a cui si accennava prima) si col soggetto sacro del dipinto, perch il suo baricentro
associa cos una vocazione propriamente escatologica: che metafisico-sacrale si come diffuso, disseminato, nellin-
una vocazione ambigua, perch il Vaso di Pandora non tera superficia dipinta. Cos ad esempio la Santa Casilda
doveva aprirsi, le forme-immagini non dovevano sprigio- di Madrid non si limita a indossare una veste magnifi-
narsi a un ritmo cos forsennato (forse non dovevano spri- ca perch in qualche modo la sua veste: una veste di
gionarsi affatto). Quel che vi di anticipato, di frettolo- broccato con favolosi motivi ornamentali e di una tale
so, in questa visione del Regno, comporta un momento eleganza cromatica da suggerire che qui la pittura apre
di deformazione, che inerisce fatalmente alla fretta come lo spazio di unesperienza-limite, verso il fondo eterno
un marchio patologico. Eppure, una volta sprigionate, le del visibile. Che il soggetto raffigurato sia una santa,
forme-immagini affrettano, volandogli incontro, lUltimo quasi indifferente. Questa ridislocazione ottica tra il sog-
Giorno, come lo scaricarsi di una molla, di un orologio, getto del quadro e la sacralit diffusa appare ancora pi
e in questo affrettamento ne anticipano per lampi la luce straordinaria nel Cristo fanciullo contempla la corona di
gloriosa. Come sempre, lintelletto metafisicamente sano spine, ora a Cleveland. La scena sacra assume una fisio-
non si lascer sedurre, al punto da scambiare quei lampi nomia pacatamente domestica, da interno borghese (e
per la luce stessa, i frammenti visionari per il paesaggio. da dramma borghese: la madre angosciata). Di fatto, la
Sapr utilizzarli, come suggerisce Platone in tuttaltro con- vera scena sacra non lepisodio raffigurato, perch
testo, come supporti meditativi, per innalzarsi nel tempo lelemento sacrale o metafisico del quadro la sublime
giusto al grande mare del Bello. La pratica meditativa intensit visiva, cromatica degli oggetti: dal legno chiaro
della grande pittura ne riscatta lhybris escatologica, resti- e lucente dello scrittoio, alle rilegature dei libri, alla veste
tuendola a ci che essa : una anticipazione sacramentale panneggiata della Vergine, a quei panni bianchi e verde
del Regno. cupo del cesto in primo piano, dove proprio la stoffa ad
162 flavio cuniberto

Il blu di Giotto, una visita agli Scrovegni


Manuel Gualandi

Ma Padova [] soprattutto la Cappella degli Scrovegni, dove


Giotto dipinse gli affreschi della Vita di Maria, della Vita di Ges,
della Passione, Ascensione e Pentecoste, e un Giudizio universale.
[] In un mondo cos descritto, il divino si diffonde serenamente
sopra le cose e le vicissitudini terrestri, come una predestinazione
o una fatalit. [] Mentre percorrevo una prima, una seconda e
poi una terza volta la cappella, seguendo nellordine i tre cicli, mi
sovvenuto un pensiero che ancora oggi non riesco a esplicitare
o a esaminare. Pi che un pensiero stato un augurio: poter dor-
mire una notte l dentro, nella cappella, svegliarmi prima dellalba
e veder emergere dalloscurit, a poco a poco, come fantasmi, i
gruppi in processione, i gesti, i volti, quel colore turchino da mi-
niatura che devessere un segreto di Giotto perch non esiste in
altri pittori. Oppure non esiste finch guardo lui. Non si creda
che in me vi sia un qualche richiamo religioso che in tal modo si
manifesterebbe. Si tratta piuttosto, e assai terrestremente, di voler
sapere come possa nascere un mondo.
Jos Saramago

Jan Vermeer, Ragazza che dorme, 1656 ca (part.). New York, Metropolitan Museum
Una coppia sincontra dopo unassenza; SantAnna cin-
ge il volto del suo sposo, la mano destra dietro la nuca
assumere uno splendore glorioso, evocando se mai il delluomo, laltra dolcemente posata fra i riccioli della
panno candido ripiegato il candore abbagliante della barba, lo porta a s e poggia le labbra su quelle di lui,
Veste nuziale descritta da Teresa dAvila in una pagina nel pi consueto, femminile gesto di affettivit. In un al-
della Vida (ma questo non il tema del quadro: una tro riquadro un gruppo di donne, a lato della scena, pro-
concordanza di amorosi sensi). Nella pittura di Vermeer, rompe in un grido, il loro pianto inconsolabile, i volti
poco pi tardi, il nesso contenutistico si spezza: rimarr sfigurati dalle lacrime sono un coro della disperazione:
levocazione del tessuto nel suo materico splendore allo ecco le madri degli innocenti, eccone gli occhi, davan-
stato puro. ti a loro si consuma il sanguinario editto di Erode. Un
dolore vero, un altro, che pare persino pi straziante
164 manuel gualandi il blu di giotto, una visita agli scrovegni 165

quello disegnato sui volti degli angeli e delle altre figure


presenti sulla scena del Compianto. In piedi, al centro,
Giovanni: col corpo curvato in avanti, il pi giovane fra i
discepoli allarga le braccia in un gesto teatrale e non si d
pace; pi composta ma non meno sofferente Maria che
a terra sorregge il capo del figlio, non ancora rassegnata a
quellultimo congedo terreno. Come devessere sembra-
to reale sette secoli fa l'uomo figurato da Giotto e vero-
simile per il fedele la presenza di Dio; il Dio umanizzato
che sulle pareti dipinte vive, patisce, spira.

Che cosa rimane oggi della drammaticit e del senso di


devozione che queste scene dovevano suscitare negli oc-
chi delluomo pre-moderno? Cosa rimane della volont
di redenzione del committente e della istanza di salvez-
za cui tutto il ciclo padovano sappiamo essere dedicato?
Chi vi accede oggi lo fa attraverso unanticamera in cui
invitato ad attendere il proprio turno; questo purga-
torio ha la funzione o almeno laveva in origine, dopo
il delicato e lungo restauro operato negli anni Novanta
di uno spazio a temperatura controllata utile per pre-
servare gli affreschi da polveri e altre impurit portate
dallesterno. Filmati e ricostruzioni in computer grafica,
cuffiette e audio-guide sono ormai immancabili stampel-
le a disposizione del visitatore; sia esso curioso o con-
sapevole, ateo o devoto, istruito o da istruire. Ma chi
Giotto, affreschi della Cappella degli Scrovegni, Padova
Particolare da Incontro alla Porta dOro, dal ciclo Storie di Gioacchino e Anna
capace oggi di commuoversi davanti a Maria Maddalena
che tende le mani nel patetico e vano gesto di trattenere
Cristo? Chi arretra sgomento davanti alle spaventose fi-
gurine impalate, bruciate vive, amputate degli organi ge-
166 manuel gualandi il blu di giotto, una visita agli scrovegni 167

nitali, condannate alleterna gogna nel dantesco inferno lo stellato, un profondissimo blu forato da stelle in foglia
del Giudizio finale? Oggi che davanti alle immagini sacre d'oro, simbolo del regno celeste, promessa e ricompensa
le ginocchia non le pieghiamo pi ed esse non sono per il fedele meritorio o emendato dai peccati terreni. Le
pi fonte di rivelazione o supporto realistico per ci che vicende umane terrene, le tribolazioni, le sofferenze, ma
predicato con la parola, la storia dipinta, in passato mez- anche i vizi, lingiustizia, il dramma stesso della storia,
zo pi potente della parola stessa per indurre nel fedele tutto il brulicare di figure, siano esse di santi, di bestie,
un confacente atteggiamento di compunzione, non svol- di divinit in carne ed ossa, protagonisti o comparse di
ge pi questo compito. Per noi maratoneti del giudizio un racconto che ad ognuno gi noto e che al di l del
estetico in cosa consiste il coinvolgimento, quale la mera- fatto religioso mantiene il suo potere di significazione
viglia, oggi, davanti a Giotto? perch parla delluomo alluomo hanno come termine,
come ultima stazione, la fine della storia, il Giudizio fi-
Ritorno agli Scrovegni a distanza di anni e subito riaffio- nale, monito per i viventi e spartiacque fra la salvezza e
ra una mia prima impressione: nessuna riproduzione fo- la condanna eterne. Infine, in alto, su tutto su tutti il
tografica, nessuna ricostruzione virtuale pu restituirci regno celeste, che Giotto invera nel blu oltremarino, un
il senso dello spazio di cui si fa esperienza entrando qui. cielo vasto come un manto che tutto pacifica, unessenza
Un ambiente di rara proporzione e misura, quasi intimo, del divino che si diffonde serenamente sopra le cose e le
n costretto n dispersivo, a mezzo fra una chiesetta e vicissitudini terrestri.
una cappella privata con le pareti e la volta interamente
vestite con la pittura, ad occupare per intero il campo Il ritrovato naturalismo pittorico che Giotto deriva dallo
visivo. Il discorso pittorico si dipana con rimandi e salti studio della statuaria classica e dal confronto con la coeva
temporali fra i riquadri e il nostro sguardo si sposta da scultura di Nicola Pisano, o la modernit psicologica nei
una parete allaltra, da sinistra verso destra e viceversa volti ritratti tutti aspetti che costituiscono la cifra stessa
nellesercizio, non sempre agevole, di seguire lo svolgersi della rivoluzione giottesca sono parte della necessit di
della narrazione. Ledificio una scatola scenica affresca- rendere verosimile la scena rappresentata e di coinvolgere
ta e con un solo lato aperto, quello che ospita laltare. lo spettatore con gli espedienti retorici del pathos e delli-
Lintero ciclo giottesco si sviluppa in tre momenti chiave, dentificazione diretta. Oltre ai personaggi anche il paesag-
tre passaggi che sono sia logici che temporali: le storie di gio e le architetture raffigurate non sono vere nellaccezio-
Cristo e di Maria sulle pareti laterali e nellarco della fac- ne del termine che noi useremo secoli dopo per definire
ciata che apre sullaltare, il Giudizio Universale nella pa- la pittura cosiddetta realista, ma non di meno devono es-
rete di fondo e, in alto, nella doppia volta a botte, un cie- sere ritenute credibili per luomo del Trecento, sono l a
168 manuel gualandi il blu di giotto, una visita agli scrovegni 169

persuaderlo che ci che si sta svolgendo davanti ai suoi


occhi accaduto realmente, oppure accadr. Lambiente
dove si svolge lazione ha unimportanza comprimaria:
non ha soltanto funzione di quinta scenica, di fondale,
ma chiamato a dare verit allazione stessa, potenzian-
do lillusione e aprendo lo spazio. Uno spazio amplifica-
to dalluso del colore, una polifonia cromatica il cui tema
dominante lintenso blu che Giotto scelse per dipingere
le vesti pi preziose, di Cristo e di Maria, il cielo, lam-
pia volta celeste1. da qui che il blu sembra discendere Giotto, affreschi della Cappella degli Scrovegni, Padova

attraverso le cornici che delimitano e separano i riquadri


sottostanti, abbraccia tutte le scene e insieme le unifica; le sprovvisto di audio-guide e cuffiette, per chi si affida ai
stesse presenze umane e divine, gli spazi fisici e materiali propri occhi soltanto, non improbabile che la meraviglia
degli edifici e dei paesaggi si stagliano su quelle ampie e per quel blu suggerisca un terzo decisivo incontro: il blu
profonde campiture azzurre che per contrasto fanno ri- del cielo da simbolico pare farsi assoluto, il blu oltremarino,
saltare i volumi. Lo spazio-cielo non pi doro bizantino per profondit dello sguardo e per ampiezza di superficie,
ora un cielo reale, aria per il volo degli angeli, elemento fra diviene infinito, estensione non-misurabile, dimensione
gli elementi vitali. Risalendo con lo sguardo, nella volta, il filosofica dellimmateriale e del non-rappresentabile.
cielo da reale diviene simbolico: non pi teatro della sto-
ria, qui dimora del divino, un cielo oltre il visibile che il Due angeli in armatura, in alto, nella controfacciata,
pittore immagina e figura cosparso di stelle dorate. Per chi allestremit superiore del Giudizio Finale, sono impe-
gnati ad arrotolare lo spesso manto della volta celeste;
1
Azzurro oltramarino si un colore nobile, bello, perfettissimo oltre a tutti i colori; del dietro il sipario del cielo, teatro della finzione pittorica
quale non se ne potrebbe n dire n fare quello che non ne sia pi. E per la sua eccellenza ne voglio
parlare largo, e dimostrarti appieno come si fa. E attendici bene, per che ne porterai grande ono- che denuncia s stesso, la propria mise en scne, sintra-
re e utile. E di quel colore, con loro insieme (il quale fiorisce tutti i lavori di nostrarte), o vuoi
in muro, o vuoi in tavola, ogni cosa risprende. Cos Cennino Cennini nel suo Libro dellarte,
vede lannunciata Gerusalemme nuova: quel cielo si ar-
nella stessa Padova che vide Giotto impegnato un secolo prima, ci tramanda la pratica per ricavare rotola come un foglio di pergamena o, meglio, come un
dal prezioso minerale la polvere di lapislazzulo. In uso fin dagli Egizi insieme alla foglia doro,
stimatissimo per valorizzare dipinti o manufatti artistici e per evidenziare parti di essi cui si enorme arazzo oltre il quale la Luce. Da qui, da que-
intendeva conferire maggiore importanza e sontuosit. Nei contratti per lesecuzione di tavole
pittoriche e affreschi non raro appaia una differenziazione delle tinte in rapporto ai vari gradi di sti Angeli, e dal loro dialogo con uno spazio nuovo, una
devozione evocati dalle immagini del dipinto. Alla base del valore e della stima del quadro stava la
qualit dei materiali impiegati: solitamente le contrattazioni fra committente e pittore avvenivano nuova prospettiva, parte il racconto dellarte moderna
sul pagamento anticipato degli azzurri e degli ori.
(Quintavalle).
170 manuel gualandi

Il figurabile e il suo nomos


Monica Ferrando

artista colui che, innamorato della bellezza del mondo, sa trasfor-


mare lesperienza di questa caducit nellimmagine stessa del bene

Gianni Carchia, LEstetica antica

Roger Fry, in un breve saggio del 19191, elenca quattro tipi


fondamentali di visione. In un crescendo di attenzione
per lelemento astratto del visibile, troviamo la visione
pratica, informata dai bisogni elementari e destinata ad
orientare la vita quotidiana; la visione disinteressata, in
cui si spegne la funzione biologica ed incomincia a farsi
luce unattenzione curiosa per le cose; la visione este-
tica, volta al giudizio e alla valorizzazione di oggetti gi
in qualche modo ad essa predisposti; e la visione crea-
tiva, chiamata a superare i tre tipi precedenti. Egli asse-
gna a questo quarto tipo di visione un carattere sorgivo
e imprevedibile cui spetta quasi un elemento eroico.
Se cos non fosse dovremmo accettare immediatamente
lidea che la visione creativa sia tale solo perch riesce ad
Giotto, Giudizio Universale. Cappella degli Scrovegni, Padova. abolire i rapporti consueti tra le cose e ci vedremmo co-
stretti a considerarla un gesto di pura negazione. Sappia-

1
Roger Fry, La visione dellartista (Athenaeum, 1919), in Id., Visione e disegno, trad. e cura
di Electra Cannata, Minuziano, Milano 1947, pp. 81-86.
172 monica ferrando il figurabile e il suo nomos 173

mo, invece, che essa si distingue dalle precedenti in forza


di unattivit specifica, quella, precisamente, di scoprire
qualit nascoste presenti nel visibile e di renderle rilevan-
ti dal punto di vista artistico, riconoscendole una ad una,
chiamandole per nome, spiccandole dallindifferenza e
dallinsignificanza che le manteneva assopite, resusci-
tandole, addirittura, in taluni casi, da una condizione di
oblio e di inesistenza. Se di tale forza si vale il caratte- A sinistra: Hieronymus Bosch, Trittico del Giardi-
re della visione creativa, occorre chiedersi, innanzitutto, no delle Delizie, 1495-1505, Pannello centrale, part

non di che si tratta, non che cosa sia davvero, perch al- Sopra: douard Manet, Lasperge, 1880, olio su
tela, cm16,9x21,9
lora se ne dovrebbero determinare e riconoscere i fini e
ci sarebbe in contraddizione con quel carattere di disin-
teresse da cui essa costitutivamente ispirata, ma come to i riflettori estetici proprio in quanto valori e contenuti,
essa proceda. non gi come puri e semplici pretesti di visione. Ma non
Fry, che muove da posizioni antiromantiche, su questo cos: lapparenza pura qui infatti a liberarsi lasciando-
punto molto chiaro: non sono i contenuti ad attrar- si contemplare nella sua infinit di rapporti.
re nella dimensione creativa, non , cio, ladozione gi
Di preferenza lartista si volge a quegli oggetti che non posseggono per s
pronta di un sistema di valori a fornire la spinta iniziale stessi un forte richiamo estetico, ma gli possono piacere oggetti che lo at-
ma, al contrario, proprio ci che pi tende ad allonta- traggono per qualche stranezza od originalit di fo2287rma e di colore e gli
suggeriscono ritmi nuovi e complicati. Nella sua continua ed incessante pre-
narsi dal valore riconosciuto, come il brutto, linsignifi- occupazione dellapparenza, lartista capace di guardare oggetti che la visio-
cante, il banale, a rappresentare lattrattiva pi forte. Non ne estetica e perfino quella mossa dalla curiosit rifiuterebbero istintivamente
o non rileverebbero mai, data la poca probabilit di soddisfazione che essi
per nulla, infatti, egli qualifica la visione creativa come offrono. Ma lartista pu sempre trovare il tema dei suoi quadri nei luoghi pi
inaspettati. Oggetti delle epoche pi disprezzate, o che per luomo comune
la pi completa perversione dei doni di natura di cui si renda colpevole luomo, sono saturi di rapporti volgarissimi e ripugnanti, possono essere per lui di
richiedendo il pi assoluto distacco da tutti i significati e le implicazioni dellap- grande soddisfazione3.
parenza2.

Sar, allora, proprio in questa apertura avalutativa a gene-


Ci, per, indurrebbe a sospettare la presenza surrettizia
rarsi lo spazio fecondo in cui le differenze precostituite,
di quella componente romantica bandita dallinizio: in
le implicazioni ermeneutiche indotte dai valori storica-
questo caso, il brutto e linsignificante ricadrebbero sot-
2
Ivi, p. 85. 3
Ivi, p. 88.
174 monica ferrando il figurabile e il suo nomos 175

mente e visivamente acquisiti risultano privati dun trat- la pratica della composizione alla teoria speculativa nella
to di consistenza e di fascino lasciando apparire, quasi si scoperta della compresenza, nel pensiero artistico, di fa-
trattasse di un mondo rovesciato, quel che pareva re- colt sensoriali e razionali ugualmente attive), rappre-
legato per sempre alle ceneri delloccultamento. Ad uno sentato dai passi 393-401 del III libro della Repubblica.
sguardo capace di far saltare un ingranaggio tanto blin- Nelleducazione dei futuri custodi della citt giusta vie-
dato e sofisticato quale quello proprio delle consuetudini ne qui riconosciuto allarte, larte poetica, un valore for-
estetiche, dei diktat stilistici, della tirannia di un gusto in- mativo non soltanto per ci che riguarda i contenuti dei
dotto e quindi fatalmente improprio, come ha osservato discorsi, che sono religiosi (come parlare della morte?),
Avigdor Arikha4, si dovr necessariamente riconoscere il o politici (come parlare della giustizia?), ma anche per
possesso di una qualit, di un nomos, speciale, capace di quanto riguarda le loro forme. il problema del come,
accordare la molteplicit del visibile secondo le leggi di problema dellarte per eccellenza. Riconosciuta la bont
armonia e ritmo. di qualcosa, non la si potr imparare, cio rendersela pro-
pria, se non imitandola, cio assumendola anche secondo
Quel che si pu considerare, in proposito, uno dei testi il suo modo di apparire. Cos facendo si intender limi-
canonici che, nel corso della riflessione sulle arti, ha man- tazione in unaccezione in cui in gioco lo statuto onto-
tenuto valore orientativo e, in certa misura, interlocutorio logico dellapparire in quanto rende visibile e trasmis-
(basti pensare alle pagine di Gioseffo Zarlino nelle Insti- sibile una bont destinata altrimenti a restarne esclusa.
tutioni Harmoniche5 in cui si afferma la necessit di unire Sappiamo che Socrate, nel finale del Fedro (279c), chiede

4
Taste, subjective taste, and the right to have it, was recognized late. It is, no doubt, in so far de Franceschi, Venezia 1589, p. 3. La pagina rappresenta lincipit dellopera e non solo vi sono
it is tolerated, a phenomenon of high civilization. And yet, even though timeless in principle, sub- riassunti i propositi che in essa verranno perseguiti, ma vi si coglie un intento riformatore rivolto
jective taste is apparently always in peril. Whereas imposed or acquired taste is not. Not all civi- non soltanto alla musica, ma allimpostazione generale della pratica artistica che dovr elevarsi
lizations tolerated its bloom. Avigdor Arikha, Notes for a lecture, in Id., On Depiction. Selected alla considerazione dei propri principi e dunque farsi contemplativa. Zarlino, fautore di unar-
Writings on Art 1965-1994, Bellew Publishing, London 1995, p. 13; trad. it. Rotture stilistiche. monia bipolare destinata a porsi come alternativa rispetto alle modalit gregoriane, scopre,
Note per una conferenza a giovani artisti, in La pittura e lo sguardo, Neri Pozza, Milano 2016. nellaccordo dato dalla sovrapposizione di terze non solo un argomento a favore della semplicit
5
Hora perch ho inteso, che vi sono di molti, de quali parte per curiosit, e parte veramente del diatonismo contro i generi cosidetti innaturali come il cromatico e lenarmonico, ma anche
per volere imparare desiderano, che almeno si muova a mostrar loro la via del Componer musi- la coincidenza di razionalit e natura, di semplicit e bellezza. Scrive a questo proposito Giovanni
calmente con ordine bello e dotto e elegante; io ho preso fatica di scriver le presenti Institutioni, Guanti: Per Zarlino laccordo maggiore infatti bello e consonante proprio perch naturale,
raccogliendo diverse cose da i buoni Antichi; e ritrovandone ancora io molte di nuovo; per far cio perch esiste in natura, ed naturale perch perfettamente razionale (si noti in questo giu-
pruova, sio potessi peraventura esse atto satisfare in qualche parte cotal desiderio, e allob- dizio la coincidenza tipicamente rinascimentale tra natura, razionalit e bellezza). Oltre un secolo
bligo, che h lHuomo di giovare gli altri huomini. Ma vedendo, che si come chi vuol esser dopo verr la scala temperata, con la pi agevole suddivisione dellottava in dodici parti uguali,
buon pittore e nella Pittura acquistarsi gran fama; non abbastanza ladoprar vagamente i colori, ma rimane il fatto che quella zarliniana una scala pura, anzi la scala per antonomasia, perch
se dellOpera, chegli h fatto, non sa render salda ragione; cos colui, che desidera haver nome del tutto rispondente alle intonazioni della realt fisica; grazie a essa lesacordo guidoniano viene
di vero Musico, non bastante, e non apporta molta laude lhaver unite le consonanze, quando superato e lottava, con la sensibilit del settimo grado alterato attratto dalla tonica, diventa lhu-
egli non sappia dar conto di tale unione: per mi son posto a trattare insiememente di quelle cose, mus sul quale fiorir tutta la musica occidentale fino allinizio del XX secolo. Giovanni Guanti,
le quali e alla prattica, e alla Contemplativa di questa Scienza appartengono; fin che coloro, che Estetica musicale. La storia e le fonti, La Nuova Italia, Firenze 1999, pp. 106-107. Si veda anche,
ameranno desser nel numero de buoni Musici, possano (leggendo accuratamente lopera nostra) su questo tema: D.P. Walker, Studies in Musical Science in the Late Renaissance, The Warburg
render ragione de i loro componimenti. Gioseffo Zarlino, LIstitutioni Harmoniche, Francesco Institute, London 1978.
176 monica ferrando il figurabile e il suo nomos 177

che sia propiziata questa rispondenza non ad Apollo, il restituisce, lo stato naturale iniziale. Si tratta del ricono-
dio della apparenza impeccabile della techne, ma a Pan, il scimento del s come profondit plastica e rispecchiante,
dio dellapparenza ruvida della physis, secondo un chia- di cui lapprendimento dellarte un caso speciale. Qui,
sma dialettico che affonda nelle ardue strutture erotiche il grado massimo dellartificio, molto simile al proces-
di un apparire che pu disgiungersi dal sentire, con la so alchemico della transustanziazione, si muter nel suo
conseguenza che la seduzione esercitata sullamato si so- esatto contrario: la spontaneit, la naturalezza, la grazia.
stituisce alla sua imitazione, e lamore, invece di essere Tutti ricordano, a questo proposito, le pagine paradigma-
passione dellanima diviene azione del corpo: tiche di Valry su Degas, su come il rapimento delleser-
cizio, lintensit con cui viene perseguito, rappresentino
O caro Pan e voi altri di di questo luogo, concedetemi di diventare bello den-
tro, e che tutto ci che ho di fuori sia in accordo con ci che ho nellintimo. laccesso al divino paradigma tanto per la danzatrice
che per il pittore:
Un apparire emancipato dalla bellezza interiore genera
Grazia e poesia palese non sono i suoi oggetti. Le sue opere non cantano affatto.
seduzione in luogo di imitazione. Daltra parte, esso non Bisogna lasciare qualche posto al caso nel lavoro, se si vuole che certi incanti
, a rigore, vero apparire nella bellezza, ma solo lappari- agiscano, esaltino, simpadroniscano della tavolozza e della mano Ma lui, es-
senzialmente volontario, mai soddisfatto dei risultati di primo getto, dingegno
re parodico di una pseudo-bellezza. Questo spiega per- terribilmente armato per la critica e troppo nutrito dei maggiori maestri, non
ch sia proprio Pan, il dio del luogo, cio della difficile, sabbandona mai alla volutt naturale. Questo rigore mi piace. Ci sono persone
che non hanno la sensazione dagire, davere finito una qualunque cosa se non
selvaggia bellezza di physis, a venire invocato. Possiamo lhanno fatta contro se stessi. Sta forse qui il segreto degli uomini veramen-
formulare lidea di una bellezza della natura, bellezza che te virtuosi. [] Il lavoro, il disegno erano diventati in lui una passione, una
disciplina, loggetto duna mistica e di unetica che bastavano a s stesse, una
come ha recentemente mostrato Flavio Cuniberto6, cu- preoccupazione dominante che aboliva tutte le altre faccende, unoccasione di
stodisce lidea di paradiso, proprio perch facciamo an- problemi perpetui e precisi che lo liberava da ogni altra curiosit. Egli era e
voleva essere uno specialista, in un genere che pu elevarsi ad una sorta di uni-
che inconsapevolmente nostra lesigenza socratica di una versalit. A settantanni disse a Ernest Rouart: Bisogna avere unalta idea non
rispondenza, il pi possibile perfetta, tra stato interiore e di quello che si fatto, ma di quello che si potr fare un giorno; se no, non vale
la pena di lavorare7.
stato esteriore, di cui physis lesempio e la prova.
Limitazione come processo delicatissimo di autopoie- Occorre sottolineare come la sapienza cui si mira nel
si che molti secoli dopo si sarebbe potuto chiamare testo platonico non sia contaminata dai criteri totalitari
anche, con Foucault, cura di s, dove limitato rap- propri di unapparenza seduttiva ed emancipata. Infatti
presenta un punto di riferimento sorgivo capace di in- dovr essere imitato non colui che sappia rivestire ogni
formare di s limitante sostituisce, o forse addirittura
6
Flavio Cuniberto, Paesaggi del Regno. Dai luoghi francescani al luogo assoluto, Neri Pozza, 7
Paul Valry, Degas, Danza, Disegno, a cura di Beniamino Dal Fabro, Feltrinelli, Milano
Milano 2017 (prossima uscita) 1980, pp. 72-3; pp. 89-90.
178 monica ferrando il figurabile e il suo nomos 179

forma e imitare ogni cosa (397a), ma soltanto chi, con E certo larmonia e il ritmo devono pure corrispondere alle parole. E come no?
Ma tuttavia di lamentazioni e di piagnistei abbiamo asserito che nei discorsi non
pi austerit e meno diletto, ci fosse punto bisogno. Oh, no. Ebbene, quali sono le armonie lamentose?
Dimmelo; perch tu conosci la musica. Sono, disse, la lidia mista, la lidia acuta
imitasse la dizione della probit e dicesse le cose da dire in quelle forme che e altre dello stesso genere. Sicch, dissi io, queste sono da bandire? Giacch
abbiamo fissate per nmos fin da principio, quando abbiamo preso ad educare non si addicono neanche alle donne, che tengano al loro decoro, n tanto meno
i nostri guerrieri (398a). agli uomini. Senza dubbio. Ma certo lubriachezza e la mollezza e la pigrizia
son cose sconvenientissime a dei custodi. E come no? Ora quali tra le armo-
nie sono molli e conviviali? Certe armonie, disse, in tono ionico e lidio che da
Cosa significa, per, aver fissato per nomos eno- taluni sono chiamate flaccide. Di queste dunque, caro mio, mai possibile che
mothetesametha () i principi in base tu ti serva con dei guerrieri? Per nulla, disse; ma allora non ti rimangono, pare,
se non le armonie in tono dorico e frigio. Non conosco, dissi io, le armonie; ma
ai quali giudicare lopera dellarte in questione? Che essa lasciaci quellarmonia che possa imitare convenientemente le voci e gli accenti di
deve sottostare a quella tirannia estetica in cui solitamente un uomo che sia coraggioso in guerra come in ogni azione violenta, e che, tradito
dalla sorte o andando incontro a ferite o a morte o caduto in altra sventura, in
ben nascosto il nano della tirannia politica? Il problema tutti questi casi resista fermamente alla fortuna con animo saldo; e cos laltra di
del valore normativo nella forma della pratica artistica chi in unazione pacifica e non violenta, ma spontanea, o persuada qualcuno o lo
richieda di qualche cosa, sia un dio con la preghiera, sia un uomo con linsegna-
quindi tuttaltro che risolto. Si rimarrebbe infatti legati mento e lammonizione; ovvero al contrario dia retta a chi gli chieda alcunch o lo
alla visione corrente del platonismo, concentrata su un ammaestri o gli faccia mutare avviso, e che in seguito a ci, pur riuscendo in tutto,
non insuperbisca, ma si conduca con saggezza e con moderazione e si rassegni agli
ricorrente appello astratto e astorico a vincoli normati- eventi. Queste due armonie, luna violenta, laltra spontanea che, quali che siano,
vi, perdendo di vista il dettato platonico costantemente imitino nel miglior modo possibile le voci di sfortunati, di fortunati, di saggi, di
coraggiosi, queste armonie bisogna lasciarcele. (498d-399a)
orientato alla fonte del pensiero, dalla cui dinamica ogni
istanza di valore prende origine e al cui vaglio viene fat-
Come noto, questi passi sono stati fondamentali per le
ta incessantemente passare. Il testo platonico procede,
speculazioni musicali che avrebbero condotto, attraver-
infatti, allindagine ulteriore di questa scaturigine scen-
so linsegnamento di Zarlino, alla scoperta di quella nuo-
dendo ad analizzare le componenti essenziali dellarte
va sensibilit espressiva ispirata ad unidea di semplicit
poetica parole, armonia e ritmo (398a-400b) secon-
e naturalezza dellumano, i cui semi era stato il pensiero
do la variet delle harmoniai tradizionali coi loro relativi
greco a nascondere tra le sue pieghe. Da questa scoper-
nmoi. Non tutte, bench tradizionali e bench guidate
ta sarebbe sbocciato qualcosa di esteticamente inedito
da nmoi, saranno per accolte, ma soltanto quelle che
come la tradizione del melodramma e del bel canto, ac-
risponderanno a unesigenza che al pensiero appare buo-
cordo di espressione degli affetti e armonia delle sfere,
na. Armonia e ritmo dovranno infatti corrispondere
musica humana e musica mundana8, a sua volta soggetto
non alle parole in quanto tali, ma alle parole che espri-
al rischio di artificiosit e cristallizzazione. Questi passi,
mono e trasmettono qualcosa che sia degno, secondo
lelaborazione del pensiero, di imitazione. 8
Gioseffo Zarlino, Istitutioni Harmoniche, cit., pp. 384-388. Si veda anche: Claudio Gallico, Le-
stetica di Gioseffo Zarlino, Chigiana. Rassegna annuale di studi musicologici, n. s. 4, vol. xxiv..
180 monica ferrando il figurabile e il suo nomos 181

per, possono essere letti anche come paradigma dellin- cazione, analoga a quella precedentemente descritta in relazione agli di ed agli
eroi del mito10.
segnamento e dello statuto delle arti in genere, in parti-
colare (come in realt si cerc subito di fare) della pittu- Se, dunque, la sostanza fenomenica dellarte assegna di
ra9. la continuazione dello stesso testo platonico (Resp. fatto la mimesi alla sfera dellapparire e alla dimensione
401) ad additare questa via estendendo il modello appena sempre nuova e cangiante dellalterit, quanto pi questo
enunciato ad ogni arte: legame necessario con la contingenza viene riconosciuto
e sancito, tanto pi riesce a delinearsi, nella sua irriduci-
Orbene, non sono forse queste le qualit che i giovani devono procurare dacqui-
starsi, se vogliono adempiere la loro missione? Appunto queste. E, credo, ne bile purezza, il principio su cui la vivacit di tale dinamica
piena larte del dipingere ed ogni altra simile e ne piena larte del tessere e il artistica deve fondarsi. Si tratta del principio del giusto
ricamo e larchitettura e perfino la fabbricazione dogni suppellettile ed anche la
natura dei corpi nonch quella dei vegetali; giacch in tutte le cose c convenienza imitare, da intendersi non gi come restrizione censoria,
e sconvenienza. E mentre la sconvenienza e laritmia e la disarmonia sono sorelle finalizzata a scopi determinati, passibile di offrirsi anche
del cattivo modo di esprimersi e del cattivo carattere, le qualit contrarie, invece,
sono sorelle e imitazioni di unindole saggia e buona. Perfettamente, disse. come modello per strumentalizzazioni di vario tipo, ma
come via per attuare e cogliere, in una bellezza mai data
La ratio essendi dellarte colta quindi nellimitazione normativamente a priori eppure posta come condizione
come individuazione e appropriazione di ci che me- della festa della vita, le forme individuali e individuate del-
glio seguire questo il significato di dioktea (), la salvezza dellanima come processo di antropogenesi.
dal verbo dioko (), con cui si esprime il movimento Qui riposano, nella loro inscindibile unit dinamica, tanto
rapido e improvviso, dove intenzionale e non-intenzio- la ratio essendi che la ratio iudicandi dellarte. La distinzio-
nale si confondono, di una spinta, di uno slancio come di ne di due tipi di mimesi dunque fondamentale, perch
vento, di dardo, di plettro, di gioia, di inseguimento e di traccia il confine tra quanto destinato fatalmente a resta-
caccia. Si tratta di discernere via via la piega, i modi che re relegato entro la sfera dellautoconservazione, e quindi
questa spinta inarrestabile prende, le leggi formali a cui soggetto ai meccanismi della seduzione e dellapparenza
essa deve sottostare. Come ha osservato Gianni Carchia, emancipata, e quanto invece chiamato a oltrepassarla:
per Platone non si tratta di bandire la mimesi nel senso ristretto del termine, la non viene accettata, dunque, la mimesi come cedimento autoconservativo, la
mimesi rappresentativa, che consiste nel fare come qualcuno o qualcosa. Si mimesi propriamente animale e magica; in suo luogo, si affaccia lipotesi di
tratta di indirizzarla al bene, evitando che la si applichi a tutto ci che impedisce una mimesi pi alta, che ha il suo paradigma non nella salvezza del corpo, ma
alluomo la sua elevazione spirituale. Occorre unopera di selezione e di purifi- in quella dellanima11.

9
Esemplare in questo senso stata lopera e la riflessione teorica di Pietro Testa. Si veda
in proposito lo studio di Elizabeth Cropper, The Ideal of Painting. Pietro Testas Duesseldorf
Notebook, Princeton University Press, Princeton 1984; in particolare il cap. III, The Garden of 10
Gianni Carchia, Lestetica antica, Laterza, Roma-Bari 1999, p. 92.
Letters, e qui, per linfluenza di Zarlino sulla riflessione e sulla pratica pittoriche, le pp. 137-144. 11
Ivi, p. 93.
182 monica ferrando il figurabile e il suo nomos 183

Il riferimento ai passi della Repubblica consente di avvi- rarsi solo ed esclusivamente con lattivit di quel che, in
cinarsi ad un punto storicamente cruciale dellarte visi- effetti, dovrebbe essere il solo luogo deputato al com-
va e pittorica per coglierne i tratti paradigmatici, vale a mercio delle arti pittoriche col mondo visibile: locchio.
dire a quella nozione di visione che osserva, che con- Locchio, e dunque i fenomeni che dinnanzi ad esso si di-
templa, che crea Anschauendes Sehen, Kunstschoep- spiegano nella variet infinita ed imprevedibile del loro
ferisches Sehen individuata da Wihlelm Perpeet come darsi. Per questo non possibile parlare di categorie
il tratto nuovo e distintivo della pittura rinascimentale12. dei fenomeni, bens di caratteri, tratti distintivi. Che
Lorientamento di quelle pratiche artistiche sfociato in tutto linsieme del visibile, quale mondo dei fenomeni,
opere esemplari per le quali si anche usata la catego- fosse, nella pittura dei grandi maestri, concepito unita-
ria di classico era, come noto, caratterizzato da un riamente come natura, al di l delle limitazioni suc-
interesse esclusivo per il mondo fenomenico. Per la pri- cessive che vedranno larea semantica di questo termine
ma volta infatti, dopo secoli, larte plastica si apriva in in relazione a fenomeno naturale (Naturerscheinung)
maniera ideale e programmatica allardua fenomenicit progressivamente restringersi, rendeva al senso della
del mondo, la cui straordinaria complessit spingeva ad vista ampia libert e licenza di spaziare nellindagine e
una progressiva emulazione. Considerata nel suo aspet- nella contemplazione delle differenze, facendo s che la
to atemporale punto di vista concesso dalla qualit di sfera dellapparire si dischiudesse come tale. Secondo
classico ad essa attribuita , questa via orientata allin- Perpeet questo regno delle differenze si pu riassumere
faticabile indagine del visibile, senza remore di sorta, non nel modo seguente: il non-isolamento, in quanto ogni
priva di rischi, come del resto sempre stato rischioso fenomeno in altro e rimanda sempre ad altro. Linsta-
rinunciare alla sicurezza di categorie artistiche indotte o bilit, perch, qualora venga isolato nella sua singolari-
imposte, si chiamino esse Ideologia o Moda13, per misu- t, non presenta una struttura permanente. La dovizia,
in s, di aspetti contrastanti. A questa frammentariet si
12
Wihlelm Perpeet, Das Kunstschoene. Sein Ursprung in der italienischen Renaissance, Alber,
Freiburg-Muenchen 1987, in partic., pp. 226-247. aggiunga il fatto che al fenomeno connessa una tem-
Scrive, a questo proposito, A. Arikha: Emanating from without, collective style rever-
poralit specifica per cui ogni fenomeno non pu che
13

berates like a tune to a dance. Fashion evolves by excluding those who are inattentive to it and
including those who consent to it. But it wears away as soon as it is imposed. In a way, fashions
antinomy is permanence, which is the artists highest ambition. It is qualitative permanence that
mostrarsi in un suo incessante trascorrere14. Misurarsi
enables a work of art to reverberate through time. Not its momentary spark. However, the in- con le forme dellapparire doveva dunque significare
crease of mediation contributes to enhance the spark and obscures the permanent qualities. We
are now in the midst of a period without precedent in history: difference, which is the root of per larte visiva rispondere ad un compito virtualmen-
identity, seems to be in peril. Although all is open, and maybe because it is so, all seems closed.
Furthermore, and because of this peril, qualitative differences seem to dim, and with them the te infinito, allo stesso modo in cui infinita la fonte,
difference between viewing pictures under natural or artificial light, between an original and its
reproduction, between painting and poster, genuine and fake, art and rubbish seems to vanish.
A. Arikha, Notes for a lecture, in Id., On Depiction, cit., p. 13; trad. it. Rotture stilistiche. Note per 14
Cfr. W. Perpeet, Das Kunstschoene, cit., pp. 231-233.
una conferenza a giovani artisti, cit., in La pittura e lo sguardo, cit.
184 monica ferrando il figurabile e il suo nomos 185

locchio, a cui essa, per assolvere questo compito, attin- toccare; che rifiuta la visione distaccata, non compromessa
ge. Si capisce come questo tipo di visione, impegnata a con il corpo proprio perch esso espone nuovamente il
tradurre un visibile cangiante e sovrabbondante entro corpo nel suo essere spirituale. Non si pu infatti dimenti-
le forme della techne, coinvolga, nellintensit divoran- care che il disegno, pur nella funzione squisitamente tattile
te che dallinterno la spinge, non soltanto locchio, ma che il Rinascimento gli assegna, nel contempo disegno
anche la mano, organo parimenti necessario a captare, interiore, idea, armonia e ordine interno entro cui orga-
sentire, rendere il fenomeno. Daltra parte, per assol- nizzare le forme fenomeniche. La difficolt di compren-
vere un compito che per la complessit cui esposto dere e tenere insieme questa polarit in direzione di una
non cos dissimile dalleterno scacco dellesperienza condizione mediale che potremmo chiamare il figurabile,
del sublime, lazione complice di mano e di sguardo si che non appartiene in proprio n al pittore n alla cosa,
rivela non solo praticamente, ma epistemologicamente ma si genera come da s a condizione di essere alla festa di
necessaria. Si tratta infatti di trasformare i caratteri mo- Afrodite, ha dato luogo a singolari fraintendimenti, il cui
bili ed evanescenti del contingente in strutture stabili ed compendio la nota formula di un Raffaello ugualmente
ordinate (secondo, beninteso, un ordine che non mai grande anche senza mani. Qui si annida in realt il sogno
a priori), senza tradirne15 lessenza costitutiva di appa- romantico di unarte dallo sguardo onnipotente e disin-
renza. In una lettera a Christian Dietrich von Buttel, carnato in grado di accedere direttamente allinvisibile tra-
Goethe sembra teorizzare questa necessit di un coin- endolo con divina autorit dalla cosa visibile senza servirsi
volgimento integrale delle facolt nella loro prensile at- di alcun mezzo materiale, ma limitandosi ad esercitare la
titudine verso lesterno: potenza dello sguardo. Giuseppe Di Napoli, nelle pagine
dedicate a Caspar David Friedrich di un libro recentissi-
Guardare, sapere, presagire, credere, e come si chiamano tutte quelle antenne
con le quali luomo procede a tentoni nelluniverso, devono proprio agire stret- mo, penetra nellinvisibile che la pittura del maestro tede-
tamente unite se vogliamo adempiere al nostro importante, ancorch difficile, sco riesce ad evocare nellal di qua e nellal di l dellocchio
compito16.
fisico, reale e rappresentato, ravvisando nello sguardo, pi
Il compito pi difficile che ci sia al mondo era, secondo che nella mano, la sua chiave daccesso18. Che la pittura
Bernard Berenson17, questo vedere pittorico che anche un romantica avesse presentito per tempo quel processo di
smaterializzazione del reale cui il tardo-moderno tecno-
15
Si veda ancora, su questo punto, G. Carchia, Lestetica antica, cit., pp. 99-101.
logico sarebbe andato incontro un dato di cui siamo ben
16
Schauen, wissen, ahnen, glauben und wie die Fuehlhoerner alle heissen, mit denen der Mensch
ins Universum tastet, muessen denn doch eigentlich zsammenwirken, wenn wir unsern wichtigen,
lungi dallaver afferrato pienamente la portata teorica. Fie-
obgleich schweren beruf erfuellen wollen. Goethe, Briefe 1814-1832, a cura di Ernst Beutler, Bd. 21,
Artemis, Zrich 1951, Nr. 531, p. 741; cit. Da da W. Perpeet, Das Kunstschoene, cit., p. 237.
17
Bernard Berenson, I pittori italiani del Rinascimento, Sansoni, Firenze, 1965. 18
Giuseppe Di Napoli, Nellocchio del pittore, Einaudi, Torino 2016, pp. 162-192.
186 monica ferrando il figurabile e il suo nomos 187

dler, il filosofo della visione tattile e dellimportanza della Come si vede da queste notazioni, si tratta di unope-
materia della pittura, grande amico di Hans von Mares, razione che esige limpiego di unenergia capace di pie-
ha parole molto chiare a questo proposito. Egli avverte in- garsi docilmente ad unistanza formale, ma in modo che
fatti come sia da tenere costantemente presente il fatto che la tensione e lintensit che ci comporta restino visibili.
Quel che apparir non sar pi, allora, soltanto unim-
nella realizzazione di unopera darte visiva non soltanto locchio ad essere
attivo: gli organi di senso si aiutano lun laltro e il senso del tatto si rivela in- magine priva di legami con ci che lha generata, ma, ap-
dispensabile per la realizzazione di ci che noi chiamiamo, a buon diritto, una punto, un dipinto, sempre ancora palpitante della tem-
vera rappresentazione visiva19.
poralit fenomenica del gesto che lo ha tracciato e della
illuminante, a questo proposito, la testimonianza di forza atemporale propria della spinta formale che lo ha
Degas raccolta da Valry: preteso. Come osserva Avigdor Arikha,
in pittura, vedere solo limmagine e non invece la sua articolazione significa privarsi
Vi unimmensa differenza tra il vedere una cosa senza matita in mano e il ve- dellemozione pittorica. Questo perch il verbo del dipinto larticolazione, e non
derla mentre la si disegna. O meglio, sono due cose assai differenti che si vedo- il suo soggetto. Senza verbo il soggetto non sar che immagine morta. Il dipinto
no. Anche loggetto pi familiare ai nostri occhi diventa tuttaltro, se ci si mette possiede dunque due facce: la pittura e limmagine. Limmagine ricorda, la pittura
a disegnarlo: ci accorgiamo che lo si ignorava, che non lo si era mai veramente rivela. La sola immagine rinvia allinformazione, come unagenda. Al contrario, le-
veduto. Sino ad allora locchio non era servito che come intermediario. Ci face- sperienza visuale procurata dalla percezione dei sensi riveler la pittura entro la sua
va parlare, pensare; guidava i nostri passi, i nostri generici movimenti; talvolta dimensione intemporale ed unica al tempo stesso: il suo tocco, il suo ritmo, il suo
svegliava i nostri sentimenti. Ci rapiva anche, ma sempre per mezzo di effetti, cromatismo, il dispiegarsi delle forme, dello spazio e, soprattutto, la sua velocit. La
di conseguenze o di risonanze della sua visione, che le si sostituivano e pertanto velocit la traccia dellenergia creatrice dellartista, del suo soffio. questa velocit
labolivano nel momento stesso di goderne. Ma il disegno dal vero dun oggetto che distingue gli artisti, essa a far s che forme e colori riverberino. Da questo
conferisce allocchio un certo comando alimentato dalla nostra volont. Bisogna punto di vista non vi differenza tra la percezione giusta di un quadro di Raffaello,
qui volere per vedere e una tale vista voluta ha il disegno per scopo e insieme di Matisse o di Mondrian. Nei tre casi, il metalinguaggio e la velocit (diversa per
per mezzo. Non posso precisare la mia percezione duna cosa senza disegnarla ciascun pittore) a costituirne il motore21.
virtualmente, e non posso disegnare questa cosa senza unattenzione volontaria
che trasforma notevolmente quello che prima avevo creduto di percepire e di
ben conoscere. Mi accorgo che non conoscevo affatto quello che conoscevo La visione pittorica cos intesa sar allora una visione
[]. Una volont che duri essenziale per il disegno, il quale infatti esige la col-
laborazione dapparati indipendenti, i quali non chiedono se non di riprendere
capace di entrare in contatto diretto e partecipe con il
la libert degli automatismi che gli sono propri. Locchio vuole errare, come la visibile che la provoca e solo a questa condizione riu-
mano arrotondare, prendere per la tangente. Per assicurare la libert del dise-
gno, con la quale potr compiersi la volont del disegnatore, bisogna venire a
scir davvero a penetrare nel fenomeno e a costringere
capo delle libert locali. una questione di governo []. Per rendere la mano ad una risposta formale il suo proteico negarsi. In questa
libera nel senso dellocchio bisogna toglierle la libert nel senso dei muscoli; in
particolare, renderla arrendevole a tracciare in qualunque direzione, cosa che
lotta piena di tensione la posta in gioco, apparentemente
non le aggrada. Giotto delineava un puro cerchio col pennello, e nei due sensi20. insignificante e gratuita, si riveste di un significato sacra-

19
Konrad Fiedler, Schriften zur Kunst, a cura di G. Boehm, Mnchen 1971, Bd. 2, p. 41. 21
Avigdor Arikha, Le peintre, lil et la main, Le Monde des Dbats, novembre 1999; trad.
20
Paul Valry, Degas Danza Disegno, cit., pp. 56-57. it. Il pittore, locchio e la mano, in La pittura e lo sguardo, cit.
188 monica ferrando il figurabile e il suo nomos 189

le, allorch si tratta di strappare alla caducit, alla morte quella fantastica? Possiamo rispondere a questa doman-
che insidia ogni frammento del visibile, se non la perma- da affermando che si tratta precisamente di ci che pu
nenza, almeno lidea viva di essa, la sua promessa, quella varcare la soglia dellimmagine senza perdere lo statuto
scintilla pulchritudinis per lo pi occultata che ne assicura ontologico originario che connette limmagine allessere
la durata, tanto nellanima, con il ricordo, che nella ma- di cui immagine. Si potrebbe certo obiettare che lim-
teria inerte, con la pittura. Gi il Timeo (26c), nel vivido magine ha lessere alla stregua di qualunque altra cosa:
racconto che della storia di Atlantide udita da bambino ma si dovrebbe allora rispondere che lessere dellimma-
il vecchio Crizia fa a Socrate, aveva associato i due sup- gine dipende da quello di cui immagine, a meno di non
porti, la memoria e la pittura. Che il pittore sia colui che, assumere come veritiera solo unimmagine che si limita a
al pari della memoria, capta il segreto anelito alla durata rispecchiare s stessa come uno specchio posto dinnan-
insito in ogni aspetto del visibile? Qual , per, lope- zi ad un altro specchio, senza possibilit di rispecchiare
razione in grado di accogliere e portare a buon fine, nel nientaltro. Ma avremmo in tal caso unimmagine privata
regno di un visibile duraturo, lanelito che abita tanto la della sua prerogativa. Il suo statuto ontologico sarebbe
caduca apparenza delle cose che la visione metafisica? in tal modo la sua negazione.
Il Cristianesimo, molti secoli prima della fotografia,
Una volta abbandonate le guide omologanti della con- aveva conferito grande importanza alle immagini per
venzione e del gusto generalizzato, che trattengono ai la diffusione del Vangelo, mostrando di comprenderne
due estremi, rispettivamente, della libert creativa pro- limportanza, e i rischi, molto pi profondamente degli
grammatica verso mondi linguistici autoreferenziali, o iconoclasti di cui, col Secondo Concilio di Nicea (787)
del cedimento mimetico indiscriminato verso la poli- avr definitivamente ragione. A differenza di quanto era
tropia () dellapparenza, quel che si apre accaduto nel mondo antico, dove lo statuto ontologico
un vasto spazio mediale in cui risultano irriconoscibili dellimmagine artistica era regolato dal modo in cui an-
e vengono meno le istanze di un soggetto attivo e di dava intesa e praticata la mimesi, la pittura cristiana gi ai
un oggetto passivo. Viene, in altre parole, superato suoi albori non ritiene di potersi fidare ciecamente della
quel carattere illusorio della mimesi fantastica (phantas- techne pittorica affidando ai pittori la delicata modali-
tike mimesis) che, nel Sofista platonico (236c), indicava t dellapparire divino. Per questo essa porr le imma-
il meccanismo reificante dellapparenza emancipata da gini acheropite a inarrivabile modello e sigillo dei suoi
ci che deve limitarsi a lasciar apparire. Cos, per, quel successivi sviluppi: saranno queste, infatti, trasmesse di-
che deve apparire nella luce del visibile e non pu far- rettamente dalla divinit, a rappresentare la garanzia del
lo se non nel medio di una certa mimesi, che non rapporto che la pittura si appresta a stabilire con lesse-
190 monica ferrando il figurabile e il suo nomos 191

re trascendente di cui dipinger le porte regali. E questo evitato di fare i conti con la mediazione diacronica della
rapporto sar pensato e provato, proprio e anche grazie materiale contingenza.
allimmagine, come indissolubile. Da allora, le immagini A compiere il gesto di questa mediazione materiale, in
cristiane recano la traccia di quella segnatura storico-teo- pittura, la mano. Mano che non fornisce, vero, alcuna
logica che quelle immagini iniziatrici esibivano. garanzia a priori di riuscita. La mano, infatti, come lerro-
Limmagine fotografica , in quanto tale, destinata a inve- re, umana. In Paolo troviamo unaffermazione straordi-
rare lo stesso schema ma, dovendolo ripetere in un con- naria a questo proposito, su cui, proprio nei fasti indiscus-
testo profano, anche costretta a scivolare, suo malgra- si dellera digitale, non si dovrebbe cessare di riflettere:
do, nella parodia. Le immagini fotografiche si valgono Non pu locchio dire alla mano: non ho bisogno di
infatti, a garanzia della loro autenticit, di una segnatura te (I Cor 12, 21). Da parte sua, la pittura sembra fatta
storico-tecnologica che costituisce parte del loro pre- apposta per accogliere e fare propria questa ammonizio-
gio. Entrambi i tipi di immagini, quelle cristiane e quelle ne. Non rimasta che la pittura, infatti, a conservare alla
fotografiche, fanno riposare il loro statuto ontologico, mano il suo ruolo di indispensabile partner dellocchio. In
cio il nesso sostanziale allessere di cui sono immagi- pittura proprio la mano infatti, col suo gesto, a dischiu-
ne, sullirreversibilit di un evento accaduto nel tempo, dere lo spazio della mediazione in cui nulla garantito
l limpressione acheropita del divino, qui limpressione perch tutto potenza e in potenziale rapporto. Si tratta,
ugualmente acheropita dellistante. per, di una potenza che si esplica nella contingenza della
Ci si chiede, ora, se la presenza di questo nesso sostan- materia, i cui limiti si possono negare, emulando unopera
ziale non sia, invece, unesigenza che deve essere costan- di magia o invece ammettere, compiendo buona pittura.
temente invocata di volta in volta. Sappiamo che, a diffe- La pittura pu cio scegliere di seguire la mimesi fantasti-
renza del pittore, n liconografo n il fotografo, a patto ca propria dellimmagine emancipata, oppure scegliere la
di aver rispettato tutte le regole, ascetiche e tecniche, pre- mimesi icastica, dellimmagine dipendente. A differenza
viste per il buon esito della loro opera, possono avere il dellimmagine emancipata, che espone solo s stessa sigil-
minimo dubbio sul valore di verit delle loro immagini. lata in una trasparenza autoreferenziale, le grandi icone e
Luno e laltro traggono infatti questa incrollabile certez- le grandi fotografie, oltre che la grande pittura, mostrano
za dallimmediatezza magica di un gesto assoluto, l come solo limmagine dipendente sappia aprirsi, renden-
lirripetibile impressione del volto santo sul panno della do visibile, senza negarsi in una falsa trasparenza, ci di
Veronica in una perfetta sincronia e compresenza di cor- cui sono immagine.
po e immagine; qui lirripetibile impressione dellistante La pittura ha dato alla luce immagini attraverso le qua-
nel dispositivo fotografico. Sia luno che laltro hanno li abbiamo potuto accedere a mondi altrimenti ignoti.
192 monica ferrando il figurabile e il suo nomos 193

Ignoti sul piano visivo non perch strani, irreali, nulla di sbagliato, nulla di pretenzioso? La chiameremo,
fantastici, ma in quanto ancora assenti dalla nostra re- sempre sulla scorta del Sofista (236c), mimesi icastica.
alt mentale. Non ancora metafisicamente intuiti e rag- Quel tipo di mimesi che accetta di produrre non altro
giunti. Potremmo infatti assegnare allambito dellimma- che unimmagine e, di conseguenza, non si discosta dallo
gine che si spaccia per ci che non , cio mera immagine statuto di verit che ad essa compete. Inoltre, grazie al
prodotta dalla mimesi fantastica, il Giardino delle delizie lavoro della mano, che non impugna la fatata bacchet-
di Hieronymus Bosch o lAgnello mistico di Hubert e ta magica di un dispositivo, bens il banale pennello, la
Jan van Eyck? Dovremmo sentirci di affermare che il pittura produce un tipo di immagine che reca i segni del
loro statuto fittizio, che si tratta di immagini dipinte suo affiorare diacronico nel mondo materiale ed effime-
con tanta cura solo per rendere pi credibili possibili re- ro delle apparenze. Meno effimera di quelle degli oggetti
alt metafisiche di cui non possiamo affermare lesisten- a cui si applica nei pochi istanti di visibilit loro concessa
za. In questo caso non ci resterebbe che considerarli og- dal tempo; e pi effimera, probabilmente, di quelli ap-
getti estetici di straordinaria e incomparabile fattura ma parsi alle visioni metafisiche che solo essa peraltro poteva
pur sempre legati allepoca che li ha visti sorgere; quindi e pu rendere visibili. Si potrebbe giungere allora ad af-
prodigarci per la loro conservazione e per la loro cono- fermare che la pittura, esercitando la mimesi icastica che
scenza in quanto documenti preziosi di unet trascorsa. quella che la ncora saldamente al piano dellimmagine
Non cos facile, come ci dimostrano non solo le folle di materiale, il medio elettivo di un carattere ontologico
visitatori in adorazione, che al Prado come nella chiesa di altrimenti inattingibile e ignoto. Potremmo chiamare
S. Bavone a Gand si avvicendano senza sosta dinnanzi ai questo carattere ontologico il figurabile.
due capolavori, ma lintenso stupore che coglie ciascuno Se allinizio di questa riflessione avevamo trovato nel
di essi. Allo stesso modo, anche se in un senso apparente- III libro della Repubblica, invece di una condanna del-
mente pi semplice, non possiamo inscrivere nellambito la pittura come mimesi, la sua salvazione come techne
della mimesi fantastica lAsparago di Manet e le Pesche soggetta, come ogni techne, ad un suo preciso nmos,
di Bonnard. La stessa pittura ha reso limmagine dellap- cio a insiemi di regole interne costantemente vaglia-
parire quotidiano di due oggetti nella luce che loro ap- te dal pensiero ma mai smentite come tali, ricorderemo
partenuta per pochi isanti, cos come ha reso limmagine che gli esempi che Platone offriva venivano dalla musi-
dellapparire metafisico di due mondi nella mente che li ca. Ci alludeva al fatto, confermato peraltro nei Nmoi,
ha ospitati. Come chiamiamo la straordinaria coerenza che il nmos cui troppo precipitosamente si conferisce
interna che fa s che non vi sia, in ciascuno degli esempi significato di legge, in Platone da intendersi in modo
che abbiamo scelto, nulla di esagerato, nulla di gratuito, ancora indissolubile dal suo significato originario, che
194 monica ferrando

quello di canto. In particolare, come un frammento di Naturalezza del poeta: Don Milani e Mario Luzi
Alcmane attesta in maniera inequivocabile, canto degli Tratto da: Fabio Milana, Don Milani scrittore: appunti
uccelli, la prima occorrenza nelle lingue occidentali in
cui questa parola pu essere intesa anche come legge.
La spontaneit di questo canto fa s che nellarte non vi
possa essere legge senza grazia, gratuit, charis, cio
de-soggettivata, spersonalizzata felicit di esecuzione.
Come canta lusignolo e come il melo produce le mele, Viene qui opportuno ricordare una testimonianza di Mi-
cos si comporta la techne pittorica, non generata da al- chele Ranchetti sul giovanissimo Milani, aspirante pit-
cuna necessit materiale primaria, ma spinta da una, se tore a Firenze tra 42 e 43, nella fase cio che precede
cos si pu dire, necessit gratuita. immediatamente l'entrata in seminario:

Era venuto a trovarmi perch sapeva che anch'io volevo


fare il pittore o essere pittore. Gli mostrai i miei disegni,
e qualche quadro. Fu spietato, ma non perch li ritenesse
brutti o non riusciti, goffi o altro, ma, al contrario, perch li
giudicava [] espressione di un talento forse originale. Per
Milani, in quella occasione, ma direi anche dopo, lorigina-
lit, il gusto, la bravura, la personalit, il tentativo di espri-
mere il proprio carattere, la ricerca di uno stile erano tutti
errori da evitare come la peste, da combattere [] Era-
no i colori la caratteristica [dei suoi] dipinti, molto simili a
quelli del suo maestro Staude, paesaggi soleggiati, realistici,
tra Morandi, Telemaco Signorini, Czanne, ma senza stile,
senza caratteristiche peculiari, come se la pittura dovesse
solo servire a riprodurre la natura cos come essa , senza
varianti o interpretazioni. Naturalmente Lorenzo sapeva
benissimo di voler praticare un'astrazione, ma questo era
il suo proposito, di annullare cio tutto ci che singolare, e
in quanto tale si contrappone o si sostituisce al vero.
196 fabio milana la naturalezza del poeta 197

Da questa testimonianza, molto preziosa ma anche mol- pensieri del poeta sta evidentemente come un miraggio
to retrospettiva, e forse non del tutto indipendente da o unallucinazione unopera che appaia come una pura
quanto verificatosi nei cinquanta anni di distanza dalle- determinazione, unoperazione logica o, se volete, mate-
vento rammemorato, emergerebbero comunque una matica inevitabile e che possa sembrare fatta da chiunque
ispirazione originaria e una lunga coerenza, ad accentua- altro e anzi, per meglio dire, neppure fatta, ma esistente
re il carattere di consapevolezza programmatica delle- in natura.
spressione in Milani, e deporre a favore della presenza
di un preciso Kunstwollen nel retropalco della sua scrit- un testo del 1951, la abbastanza nota Naturalezza del
tura. Ora, tutto ci potrebbe considerarsi in definitiva poeta di Mario Luzi.
abbastanza ovvio: il carattere dimissionario dello scritto-
re Milani sarebbe una manifestazione di s al quadrato.
Ma quello che importa qui sottolineare come in questo
senso Milani non sia isolato, o controcorrente, e insom-
ma provocatorio. Si considerino ad esempio le seguenti
affermazioni:

Larte del grande poeta non ha alcuno dei segni esteriori


di quella che noi chiamiamo volgarmente originalit; di
quella originalit, intendo, che rileva dal temperamen-
to e dall'indole percettiva e intellettiva del suo apparato
psichico e che tutto sommato una violenza, una parzia-
lit; la voce del vero poeta d sempre limpressione duna
voce perpetua che ricomincia miracolosamente a parlare
in quel punto. E quanto alloriginalit vera, essa risiede
naturalmente un po pi nel profondo che nei toni acci-
dentali di una personalit tipica. Sar perch di questo si
abusato in questi cinquantanni, sar perch nel senso
dellespressione tipica individuale si esasperato il talento
di alcune generazioni, che oggi loriginalit cos intesa
la cosa meno originale del mondo. E dire che in cima ai
Interno datelier
Lo studio di un pittore si apre.
Come lui ha dissipato ogni pretesa di segretezza, cos noi, entrando
nel suo studio, dissipiamo ogni pretesa di conoscenza
Latelier di Avigdor Arikha
Monica Ferrando

Si apre con questo numero la rubrica Interno datelier,


che ci far entrare nello studio di un pittore del nostro
tempo. Ci si pu chiedere, visto che lo studio come tale
non tanto destinato ad accogliere gli altri, quanto piut-
tosto a escluderli, se non si tratti di un ingresso fortuito
o, peggio, di unirruzione indebita. Il motivo di interesse
di uno studio di pittore, per, sta proprio nel suo statuto
di mondo a parte, sciolto dagli ormeggi del mondo reale
alla volta di un nessun-dove di cui i quadri segnalano via
via la posizione e, quando risulta conoscibile, la rotta.
Vi sono stati studi, come quello di Gianfranco Ferroni,
in cui a nessuno era concesso di entrare e studi, come
quello di Avigdor Arikha, con cui la rubrica esordisce, in
assoluta continuit con il salotto e la conversazione degli
amici. Linteresse a penetrare nella stanza segreta, che re-
sta tale anche quando aperta e praticabile e non perde il
suo senso di hortus conclusus anche quando spalancata
dalla pittura, risulta ugualmente irresistibile.
Forse di unidea arcana e pregnante di luogo ci di cui
desideriamo fare esperienza. Nello studio, infatti, dove
molto si pensato, sperimentato, sognato, sofferto e
gioito, ogni connotazione venale e utilitaristica sospe-
sa. I fini che vi vengono perseguiti, di cui qui vediamo i
202 monica ferrando interno datelier 203

mezzi concreti, non appartengono al mondo: il mondo


non ne ha bisogno. Eppure, paradossalmente, proprio
qui, nel regno delle tecniche, dei materiali e delle speri-
mentazioni, degli odori intensi e dello sporco incrostato
di uno spazio che Giorgio de Chirico chiamava cuci-
na, che laura bandita dal mondo e dalle sue tecnolo-
gie si rifugiata. qui che gli oggetti, gli spazi, la luce
si rivelano come la sommessa articolazione di unattesa
e la circospetta disposizione di una potenza. qui che
la memoria, pi che altrove, di casa, dettandone con-
suetudini e rivoluzioni. Per questo ogni studio come
attraversato costantemente da un vento che conosce tan-
to la linda cameretta dellAnnunziata del 400 italiano e
fiammingo, intenta al leggo e al cestino del cucito, che
lantro tenebroso dove una folla di bohmiens convo-
Avigdor Arikha, Tavolo di vetro in biblioteca, 28 dicembre 2003. Olio su tela, cm 65 x 81,
cata intorno al quadro del pittore, il luminoso paesaggio coll. priv.
dellAtelier di Courbet. Luogo dei luoghi e luogo della
potenza, lo studio di pittura dunque limmagine di una
del pittore, che gli spazi e gli oggetti da lui a lungo utiliz-
uscita dal mondo, di una rinuncia che coincide con un
zati in qualche modo smentiscono, lasciandoci a poco a
amore incondizionato per il suo oggetto. Kafka, in una
poco ancora percepire la presenza viva di quello sguardo.
delle sue Considerazioni, ne aveva trascritto la formula
Da pochi anni scomparso, Arikha non solo aveva abitato
inconfessabile: Chi rinuncia al mondo deve amare tutti
questa stanza con lintensit dirompente della sua pittura,
gli uomini, perch rinuncia anche al loro mondo. Co-
ma laveva anche pi e pi volte dipinta. Vediamo infatti
mincia perci a intravedere la vera natura umana che, a
quadri sovrapporsi ad immagini degli stessi angoli e og-
condizione di avere la sua stessa dignit, non si pu fare
getti. Diverr chiaro visivamente ci che nei suoi saggi egli
altro che amare.
aveva varie volte affermato: la differenza irriducibile tra
immagine e pittura. Luna guidata dal riconoscimento e
Le immagini che seguono, scattate nello studio di Avig-
dalla lettura, laltra dalla visione e dallemozione. Luna
dor Arikha a Parigi in Square Port Royal nella primave-
dalla parte del segno e del linguaggio, laltra da quella del
ra del 2013, si rivolgono innanzitutto a unassenza, quella
204 monica ferrando interno datelier 205

significante e del gesto che, nelle immagini dello studio e ebraico, come lui lo chiamava che percorreva queste
dei libri, mirano ad incrociarsi in un chiasma indissolubile. due stanze. Nella stanza della pittura due erano i caval-
Limmagine che vediamo apparire dal quadro quella letti a cui il pittore, che terminava un quadro nello stesso
della sua biblioteca-salotto, che Arikha vedeva dallo stu- giorno in cui lo aveva incominciato, lavorava con impe-
dio di pittura vero e proprio. Se aguzziamo la vista no- to indomabile. Alle pareti ancora possiamo vedere alcu-
tiamo le stesse copertine, tanto nel quadro che nellim- ni dei quadri dipinti con laiuto di questi eloquenti ed
magine. Le porte spalancate che la fotografia restituisce equini supporti.
sono quelle che lasciavano in perenne comunicazione i Esposto al Nord della leggendaria luce di Parigi, che non
due ambienti. Gli spazi, infatti, comunicavano senza so- altera i colori e soprattutto mantiene le nuances, a diffe-
luzione di continuit ed era straordinario, per gli amici renza della luce dello studio di Gerusalemme dove, dice-
che vi venivano accolti, commentare lultimo quadro sul va, la solarit quasi le annullava nel contrasto con le om-
cavalletto per poi passare a considerare il contenuto di bre nettissime, lo studio di Arikha ha accolto il visibile
un libro estratto con entusiasmo dallo scaffale. traducendolo nella logica invisibile del suo sguardo. Pein-
Ora che Avigdor Arikha se n andato, la sua musa ture et rgard, La pittura e lo sguardo, come si intitola la
poetessa Anne Atik a trasmettere il fervore dvekut in sua raccolta di scritti sulla pittura, mostra come non possa
206 monica ferrando interno datelier 207

esservi vero sguardo senza pittura. Come far il mondo a Vederne una soltanto fa calare le tenebre sullaltra. Questo
guardare s stesso quando la pittura sar abolita? vuol dire che la pittura non si vede con lo stesso sguardo
Accanto a statuette di idoli africani, il quadro che rappre- che si applica allimmagine. Lo sguardo sbagliato sostitu-
senta Anne seduta sopra un tappeto con una grande stella isce la lettura alla vista e fa di una fonte demozione un
nera al centro ripete lo stesso tacito rituale di immagine sistema di segni. Spegne la pittura e risveglia limmagine.
di divinit attenta e silente nel vegliare la gestazione del
visibile dato alla luce della pittura. Larco della grande ve- Carte ammonticchiate in cartelline. Rose spuntate dai
trata ricorda luscita dalla caverna platonica, dove le im- pastelli sul secondo cavalletto. Il visibile provocava, ogni
magini proiettate sulle pareti oscure erano scambiate per santo giorno, con la sua forza inesorabile, i suoi colori
la realt. Arikha aveva colto il rischio della contemporanea irresistibili. Qui dentro, se tendiamo lorecchio, avver-
riduzione della pittura alla significazione che da sempre tiamo ancora il delicato sfregamento delle setole fini sulla
domina nella caverna. Come scriveva gi nel saggio Pittu- tela; il loro movimento risoluto. Lassenza di pentimenti.
ra e sguardo, del 1965: La pittura visibile al di l della Arikha stato anche un grande incisore. famoso il suo
significazione. Limmagine non visibile che attraverso la uso della puntasecca, che non ammette ripensamenti e
significazione. La pittura rivela. Limmagine fa ricordare. che lui sapeva maneggiare con la stessa delicatezza di
Le due facce del quadro sono, cos, opposte luna allaltra. Rembrandt. Nello studio possiamo ancora osservare il
208 monica ferrando interno datelier 209

torchio che usava: fatichiamo a parlare al passato perch


tutto sembra ancora vivo e pronto alluso.

Alle pareti vediamo alcuni esempi di questo lavoro in-


tenso e accurato: ritratti delle figlie bambine, degli amici,
paesaggi del monte Sion Come un antico maestro, il
confronto col visibile doveva passare per una conoscen-
za impeccabile delle tecniche con le quali esso poteva tra-
smettere tutta la sua momentanea intensit vitale ad un
foglio di carta, ad una traccia dinchiostro. Il concerto
serrato di occhio e mano non lasciava che la vita se ne
andasse per sempre, ma sapeva come fare a trattenerla.
Cos la techne pittorica se non questo?

N mestiere n magia: la pittura un terzo tra questi due


estremi del lavoro fine a s stesso e della sua improbabi-
le negazione. Nello studio di Arikha tutto avveniva per
via di un soffio che animava questo spazio, passava tra
occhio e mano facendo una spola che Beckett, il grande
amico di Anne e di Avigdor, aveva a suo tempo descritto
in maniera definitiva. Quando il confronto con la pittura
dei grandi maestri era divenuto, per il gi famoso pittore
astratto Arikha, una questione vitale e non pi aggirabile,
Avigdor Arikha, Parete dello studio, 26 agosto 1987. Olio su tela, 100 x 81 cm, coll. priv.
egli non aveva esitato a buttare allaria tutto il lavoro fat-
to fino a quel momento e a cambiare modo di dipingere.
Ma soprattutto di guardare. Aveva incominciato a guar- nelloccidente trionfale e tecnologico. La luce sempre la
dare fuori, le cose intorno, il mondo degli altri oltre che stessa. La mano e locchio delluomo, anche. Beckett, che
s stesso. Cera poi quella gran differenza? Fuori, la luce non era modernista ma un moderno autentico, laveva ca-
la stessa. Tutto sta nel saperla cogliere. I grandi maestri ci pito e non aveva esitato ad incoraggiare lamico sulla via
erano riusciti. Sarebbe stato possibile riuscirci anche ora, della tradizione.
210 monica ferrando interno datelier 211

Ma la tradizione non mai stata data una volta per tutte,


unintensit di trasmissione sempre ancora da afferrare
e, prima ancora, da scorgere.

Un pomeriggio di domenica, il discorso tocc la pittu-


ra cinese, di cui lui era stato insignito maestro allac-
cademia di Shangai. In quelloccasione ebbe un curioso
moto di disappunto quando qualcuno dei presenti sem-
brava non avesse dato la giusta importanza alla presen-
za del chi in pittura. Il soffio vitale, che i cinesi hanno
considerato giustamente la fonte di ogni cosa giusta in
arte perch dotato di spontaneit assoluta nel suo accor-
do con il ritmo incessante e immutabile della natura, era
per Arikha, anche la spinta segreta della pittura e il suo
termine ultimo. Ci che la collegava impercettibilmente
alla natura nella sua totalit e la liberava dalla storia, di
cui la pittura conosce, per cos dire, i retroscena. Il soffio
ricollega virtualmente ogni quadro alla prima linea mai
dipinta e, se il quadro lo accoglie, la pittura concepisce la
vita. Lultimo quadro dipinto da Arikha stata una don-
na incinta, la figlia Noga, come mostra questa fotografia
scattata nello studio che ormai conosciamo.
La mano pensante
Nelle arti plastiche,
la mano accoglie il pensiero che la fa danzare

La mano pensante
Sur la calligraphie islamique
Ahmet Soysal

La calligraphie islamique art de lcriture se servant des


lettres de lalphabet arabe et rpandu dans tout le champ
de civilisation de lIslam nest pas dun accs thorique
facile. Elle sest ordinairement nomme husn-i-hat, ce qui
signifie littralement la belle ligne, le mot ligne dsignant
lcriture, au sens matriel du terme. La plus grande dif-
ficult concernant cet art est celle de son double statut,
esthtique aussi bien que religieux. Elle tient avant tout
ce que ce statut na pas t explicit par les thoriciens
et a fortiori par les historiens. Les explications courantes
de la calligraphie demeurent en effet au stade du recen-
sement formel, de la chronologie et de la rpartition des
coles. Que le statut de cet art soit rest implicite, cela
doit bien avoir ses raisons. La premire de ces raisons
nous semble tre la profondeur mme de lessence de la
calligraphie. Profondeur abyssale en ce quelle plonge au
cur du problme du sens et de celui de la reprsenta-
tion. Nous ne pouvons ici queffleurer ce quil en est de
cette profondeur.
Premirement, il faut indiquer que cet art sinscrit dans
un espace culturel dans lequel la lettre (harf) com-
mencer par sa dtermination vocale, et ensuite dans sa
configuration formelle, est considre comme dorigine
216 ahmet soysal sur la calligraphie islamique 217

divine. Par consquent, crire consiste juxtaposer des


signes crs dans lentendement divin. Or, crire la pa-
role mme de Dieu, telle quelle sest confie au Livre
(Coran), constituera une pratique redoublant cet ancrage
dans le divin: non seulement les signes formels mais le
sens mme quils vhiculent renverront lorigine divine.
Ainsi, en tant que la calligraphie islamique est dabord
lart de transcrire la parole de Dieu, son fondement re-
ligieux savre clairement. Dans cette calligraphie, aussi
bien le formel que le significatif dsignent Dieu.
Avec ce statut hautement religieux sarticule le statut
esthtique, dune manire extrmement subtile, cest--
dire nuance. Cest dans cette articulation que se dfinit
la notion de beaut, rattache cet art dans sa dnomi-
nation mme. En calligraphie, le beau est quelque chose
qui doit tre uvr, cest--dire doit tre le rsultat dun
processus dactualisation de ce qui demeure dans la pure
virtualit celle du divin en loccurence. Le beau qui est
uvrer est un beau qui est rechercher. Leffort ar-
tistique de la calligraphie est une recherche: celle de la
plus parfaite actualisation dun virtuel divin. Mais cette
recherche formelle mme se doit de concider avec la re-
prsentation du sens de la parole divine. Si lon peut par-
ler de reprsentation, propos de la calligraphie, ce nest
nullement de la reprsentation qui figure un objet natu-
rel ou imaginaire quil sagit. Reprsenter en calligraphie
Alphabet avec mesures pointilles, en calligraphie "sulus". Dbut 20me sicle. Halim zyazc signifie donner la configuration visuelle la plus propre
laisser sentendre intrieurement, dans la lecture, la pa-
role divine. Le prsuppos de cette conception est: plus
parfaite (cest--dire belle) est lactualisation du formel
218 ahmet soysal sur la calligraphie islamique 219

dessence divine, plus manifeste (aussi bien plus claire) ser cette premire: il sagira de dployer lcriture dans
sera le sens divin. Le beau a ainsi la fonction de prsenter lespace architectural, donc extrieur celui du livre, ce
sous le jour le plus clair (le plus appropri) le parole de qui reviendra amplifier ses proportions et inventer
Dieu, dans son sens. de nouvelles formes de composition destines agir sur
cette logique esthtico-religieuse sajoute une nuance la vue dun spectateur mobile. Les trois intermdiaires
pratique fondamentale. Le travail calligraphique, origi- originels se transformeront: les lettres deviendront le
nellement, consiste dans le dploiement de trois inter- plus souvent des reliefs de pierre sur les faades des mos-
mdiaires matriels: la crayon (kalam) (roseau taill), ques, des fontaines et sur les pierres tombales. Cette
lencre et le support (au dbut peau, ensuite papier). Ces amplification vaudra galement dans des productions
trois intermdiaires originels dsignent une modestie des calligraphiques prservant lusage des intermdiaires ori-
moyens dont la raison dtre est en liaison directe avec ginels. Dans celles-ci le pigment jaune prendra souvent
lessence de la calligraphie. La double origine divine, la place de lencre, entranant du mme coup, par sou-
celle des lettres et celle du sens, en tant que spirituelle, ci de contraste, la transformation du fond en noir. Ain-
ne peut tre conue que comme purement immatrielle. si prendra naissance, ct de la calligraphie livresque,
Or, lactualisation des lettres virtuelles ainsi que la m- ce quil est convenu dappeler la grande calligraphie
diation scripturale du sens, dans leur concidence, sup- (djel). Techniquement, celle-ci se fonde dans un travail
posent un incontournable procs de matrialisation de original sur du papier souvent trs fin et transparent, qui
ce qui est dessence spirituelle. crire, en calligraphie, est constituera le modle, avec le contour des lettres perc
par consquent incarner le spirituel. Or, conformment de petits trous afin quune poudre ( base de charbon)
lorigine spirituelle, cette matrialisation-incarnation se qui y sera rpandue puisse en permettre la reproduction
doit dtre le plus proche possible de limmatriel origi- sur un support plac en dessous. Dans le cas de la calli-
naire. Elle se doit donc dtre modeste: proche, par lem- graphie architecturale, ce sera ds lors au matre-tailleur
ploi des matriaux les plus tnus, de labsence de matire; de pierres de faonner les reliefs reproduisant le moule.
cest--dire lgre, are, baignant dans le vide du papier. La grande calligraphie suppose une problmatique se
La belle criture, dans son essence modeste, est diffrenciant de celle de la calligraphie livresque. Elle est
dabord un art livresque. Le Livre (Coran) dans son in- ornementale au sens architectural, se destinant, comme
tgralit ou du Livre des parties dtaches, sourates, ver- on la soulign, davantage au regard qu la lecture. Elle
sets (yets) pourront faire lobjet de cet art, inscrits sur peut prendre des allures monumentales. Elle adopte sou-
peau, et plus gnralement sur papier. Or, une autre exi- vent la forme de lenchevtrement des lignes lire. Cet
gence de la culture religieuse viendra trs tt se superpo- enchevtrement est parfois trs complexe et guid par un
220 ahmet soysal sur la calligraphie islamique 221

pur souci esthtique o il sagit dinventer une cration celle, marginale, de la miniature, art lui-mme livresque
plurilinaire, analogue en un sens la polyphonie mais rserv lillustration de rares livres destins aux
telle quelle se dploie dans la fugue musicale. De grands palais. Il faut galement noter quautour de la calligra-
calligraphes ottomans-turcs comme Mustafa Rakm, Ye- phie se sont dvelopps dautres arts du livre, qui en
sarizade (18. 19. sicles), Kazasker Mustafa zzet (19. sont les auxiliaires: lart de lornementation (tezhip), lart
sicle), Halim zyazc (20. sicle) ont brill dans les du papier marbr (ebru), lart de lencadrement (trac de
deux formes la fois. cadres: cedvel). Mais comme on la vu plus haut, la calli-
Or, ce quil ne faut pas manquer de noter, cest que, graphie ne peut tre rduite son fondement livresque.
travers sa diffrence, la grande calligraphie renvoie Une deuxime mprise consiste dans la manire dabor-
comme son origine la calligraphie livresque et aux der lhistoire de la calligraphie. Cette mprise est plus
fondements de celle-ci. Ce dont il sagit, dans la grande proprement dorigine occidentale. Elle est assez ana-
calligraphie nest quune espce de projection de la cal- logue la mprise qui concerne le domaine musical. On
ligraphie premire, projection dont les modalits sont considre calligraphie et musique comme des arts tra-
dictes par les ncessits ( la fois phnomnologiques, ditionnels qui nauraient pas connu un rel dveloppe-
religieuses et esthtiques) de la mise en espace. Que dans ment historique et dont les crateurs renomms nau-
cette projection les enjeux artistiques varient ne doit pas raient fait que rpter, en les variant peine, les rgles
faire oublier cette relation au fondement livresque. Ain- immuables. En somme, on dnie lhistoricit de ces deux
si, la grande calligraphie vaut comme la calligraphie arts, et, travers leur historicit, la singularit de leurs
livresque; en elle est cense vibrer la modeste essence de crateurs. Or, un regard objectif et responsable impose
lcriture premire dans sa confrontation avec la parole de prendre en considration laspect historique de ces
divine. Autrement dit, le regard qui fait face une grande arts et de sarrter sur les artistes marquants, les coles,
calligraphie sous-entend lessence de la belle-criture. Ce les rvolutions stylistiques. Exactement comme on le fait
qui ne lempche pas de se livrer aux joies nouvelles que pour la peinture et la musique occidentales.
lui procure la transformation des moyens. Une troisime mprise consiste amalgamer la calligra-
On commet dhabitude plusieurs mprises au sujet de la phie islamique avec les arts visuels de toute espce, pour
calligraphie islamique. La premire consiste minimiser en faire un art visuel parmi les autres cest--dire en fait
son importance dans la hirarchie des arts. Dans un es- comme un autre se distinguant par ses seules possibilits
pace culturel o la reprsentation figurative est frappe non-figuratives, lesquelles dailleurs seraient susceptibles
dune interdiction religieuse, la calligraphie est le premier de se combiner, travers des mlanges plus ou moins
des arts visuels. Son importance ne peut tre compare modernes, avec des possibilits techniques et formelles
222 ahmet soysal sur la calligraphie islamique 223

empruntes dautres arts visuels ( commencer par la


peinture). Ce mode de rduction de la calligraphie a t le
fait dartistes contemporains qui, par souci doriginalit et
afin soi-disant dtablir des ponts entre les cultures, ont
eu recours a une utilisation valant comme un dtourne-
ment des formes calligraphiques. Cest l une mprise
totale sur lessence de la calligraphie islamique, due la
fois une ignorance et un opportunisme.
Une quatrime mprise serait de considrer que cet art
continue de spanouir comme il la fait au cours de sa
longue histoire. Justement, propos de cette histoire, il Fragment de calligraphie-moule, fin 19me sicle, attribu Sami Efendi
ne faut pas omettre de souligner la grande suprmatie ot-
tomane-turque jusqu nos jours, partir de la seconde
moiti de 15me sicle. Or, avec le changement de lalpha- retour; et avec cette conscience a disparu la tension spi-
bet turc, en 1928, une coupure est intervenue dans lhis- rituelle qui rgissait des uvres la fois dpositaires de
toire de la calligraphie, en ce quelle en a affect le centre lhistoire et sinscrivant dans un prsent vivant ouvert
historique, cest--dire le lieu dun panouissement de lavenir dune civilisation encore pleine de ses ressources.
prs de cinq sicles. Les grands calligraphes vivants de
lpoque ont tant bien que mal continu uvrer, cer-
tains dentre eux se dplaant dans des pays arabes pour
former des disciples. Et il est vrai que dans les nouveaux
tats nationaux du monde arabe et dautres pays de lIs-
lam la calligraphie a continu et continue de rayonner
mais rien nest et ne sera plus comme avant. Avec la cou-
pure moderne, quelque chose sest dfinitivement arr-
t. Le niveau technique atteint par les calligraphes dau-
jourdhui nest certes pas dun niveau infrieur ce quil
tait dans le pass, mais la conscience historique dap-
partenir une ligne de matres uvrant dans le champ
de lart majeur dune civilisation a disparu sans espoir de
Pensieri della mano di Tullio Pericoli
Monica Ferrando

La via alla pittura che descrivono i pittori spesso ha nel


disegno il suo punto di partenza. Ci non toglie che il di-
segno sia stato di volta in volta inteso in modo assai di-
verso. Klee e Kandinsy, prendendo alla lettera lidea del
disegno come punto di partenza ritengono per esempio
che linizio di tutto coincida, secondo un criterio geome-
trico-spaziale, con il punto che muovendosi genera la linea
e il movimento di questa, a sua volta, il piano. Federico
Zuccari, attribuendo invece unimportanza decisiva alla-
spetto ideativo e progettuale insito nel disegno, col concet-
to di disegno interno lo identificava con lidea. Tra que-
sti due estremi si apre una sfera intermedia, difficilmente
definibile e in cui giocano vari fattori. Sappiamo da Paul
Valry che Edgar Degas non considerava il disegno se non
con una matita in mano, come unattivit che impegnava
simultaneamente locchio la mente e il corpo. Se le prime
due concezioni del disegno non richiedono, per attuarsi,
la pratica artistica del disegno vero e proprio, la terza,
invece, la richiede eccome. Inserita tra una logica oggettiva
di geometria poetica e una logica soggettiva di metafisica
poetica, questa terza via al disegno, non meno poetica,
non n oggettiva n soggettiva, non presuppone n uno
spazio-tempo da interpretare artisticamente, n uno spa-
226 monica ferrando pensieri della mano di tullio pericoli 227

In un volume apparso nel 2014 e intitolato Pensieri del-


la mano, lartista, conversando con Domenico Rosa,
descrive il disegno a partire dalla sua mano. La scelta di
considerare la mano fonte originaria del disegno percor-
re, come una linea di Klee, lintero libro, inaugurando
uno spazio logico e immaginativo tutto da decifrare.
Vedo affiorare un metodo, il metodo della mia mano, di cui non sapevo niente.
Non ne sospettavo nemmeno lesistenza. Allora mi accorgo che la mano non agi-
sce per puro istinto, che il gesto casuale, puro, non esiste. Che nella mano c una
sapienza, e insieme, a volte, il peso della sapienza.

Pericoli riconosce dunque alla mano una sua propria au-


tonomia, che lui chiama sapienza perch la mano cu-
stodisce, di fatto, il codice primordiale dellumano. il
gesto di disegnare, ogni volta che si produce, nel suo sem-
plice atto, al di l di ogni ritualit e intenzione, a esibir-
ne la persistenza. Questo un fatto incontestabile su cui
occorre riflettere perch induce a tenere costantemente
presenti origini altrimenti sepolte in un passato preteso
irrevocabile. Pericoli, artista del segno la cui modernit
Tullio Pericoli, Robinson nella caverna, 1984. Acquerello e china su carta
indiscutibile, espone con una lucidit disincantata, che
ricorda Beckett, quellinsorgenza della preistoria che
zio metafisico da cui attingere larte ma, piuttosto, il venir si d ogni qualvolta ci imbattiamo nel passato, se vero,
meno dei due versanti contrapposti a favore di un unico com stato suggerito, che larcheologia la sola via di
flusso, il cui misterioso procedere tuttaltro che facile da accesso al presente. Nel disegno ne abbiamo una prova
seguire. Tullio Pericoli, da sempre in viaggio nellampia costante. nel disegno, infatti, che il passato filogenetico
corrente e negli affascinanti ruscelli in cui la grafica si ra- diventa attuale perch, nel suo retaggio di indistruttibile
mifica, come il finale della Confessione creatrice di Klee resto del primo passo compiuto dallumano, si ripete un
invita a pensare limprevedibile lavoro del segno, vi appare gesto originario i cui effetti istantanei si sono depositati
come una guida preziosa e provvidenziale. nella coscienza dellumanit da decine di migliaia di anni.
Tale gesto non cessa di riflettersi e riprodursi nellonto-
228 monica ferrando pensieri della mano di tullio pericoli 229

genesi. Lo stupore di Pericoli nel registrare lentusiasmo La mano si impone incontestabilmente come il medio
che il figlio Matteo manifestava ogni volta che lo vedeva capace di trasferire quella cosa mentale che anche il di-
tracciare una linea coglie la straordinaria rilevanza che segno nel campo di intesit fisica del corpo e della su-
questo contatto istituisce attraverso il tempo, in cui la perficie materiale, ma anche di trasmettere lenergia cos
specie umana non fa che riconoscere sempre ancora li- visivamente dispiegata di nuovo allocchio e alla mente,
stante del suo sorgere. in uno scambio continuo e fecondo:

Quando era piccolo, non aveva pi di due anni, Matteo voleva sempre che gli una sorta di rapidissimo dialogo con me stesso; mi rendo conto che dal momen-
facessi dei disegni. Ma non erano tanto le figure ad attrarlo, quanto il puro gesto to in cui appoggio la mano sul foglio e comincia il contatto con quella superficie,
della mano o, meglio la punta della matita che tracciava un segno. Vedere quel intraprendo il cammino. Ma non solo il cammino della linea che traccio con
filo di grafite che usciva dalla mia matita, dalle mie dita e dalla mia mano era uno la mano, qualcosa di pi, perch, tutto sommato quella linea sono io. Quin-
spettacolo che scatenava la sua gioia. E rideva irrefrenabilmente, di pura felicit di sono io che avanzo in un territorio sconosciuto, essendomi prefissato un
davanti a un evento che lo faceva letteralmente godere. Una scena che mi riporta tracciato, seguendo un impulso e unintenzione che non vorrei a nessun costo
a qualcosa di primordiale, allapparizione della linea, della prima linea tracciata abbandonare. una piccola avventura verso una meta che non sempre so quale
dalluomo. E oggi, dopo tanti anni, mi fa riflettere su quanto profondamente sar, e ogni volta si rinnova la sorpresa degli eventi imprevisti, degli ostacoli,
questo gesto si sia inciso nel nostro essere. ma anche delle scoperte. Incontri che lungo il percorso possono risultare anche
entusiasmanti. Poi ci sono gli smacchi, le sconfitte, gli errori, quelli che Francis
Bacon chiama incidenti, e ogni tanto, anzi spesso, si scopre che contengono
Questa consapevolezza sapientemente messa in parole fa le ricchezze della novit non prevista. come prendere da uno scaffale un libro
s che Pericoli tragga dallatto del disegno prodotto dalla sbagliato che, a sfogliarlo, si rivela pi interessante di quello che cercavamo.
mano conseguenze impensate non solo rispetto allo spa-
zio che questo gesto inaugura, ma anche rispetto al tempo, Sorta di compendio della vita e del suo errare nello spazio
che si dilata e dispone secondo una logica esorbitante. esiguo ad esso riservato, in cui lessere e il gesto diven-
tano tuttuno, il disegno restituisce quel sapore origina-
Dallattimo in cui tocchi una superficie e cominci a tracciare un segno, il tempo
come subisse un rallentamento, un enorme rallentamento. Tra linizio e la fine rio della linea che la sapienza dellarte non solo non ha
di un segno pu esserci uno spazio di tempo lunghissimo. nascosto, ma lunica ancora a rivelare. Proprio perch
questo il suo autentico atto di nascita: di qualcosa che
Cosa succede in questo tempo che sfugge ad ogni cro- in natura non esiste:
nologia? Segni casuali hanno disseminato uno spazio di
possibilit che ancora non dischiudono alcun ritmo di in natura non esiste la linea che contorna e definisce le cose. Linvenzione della
linea credo sia stato uno degli avvenimenti pi sconvolgenti per lumanit, per-
crescita, fino a che ch delineare su un muro il profilo di un animale un salto mentale vertiginoso.
Sia per il primo uomo che lo ha fatto, sia per il primo che lo ha visto fare. Deve
ricompare la mano e il dialogo con lei, e lo sforzo principale diventa riuscire a essere stato uno choc fortissimo. Di colpo cambiava il suo modo di vedere il
guidarla in modo da farle fare quel tipo di curva o di rettilineo, da farle trasfor- mondo, che da quel momento sentiva nelle sue mani. Quel gesto stato impor-
mare la cosa intravista in cosa disegnabile. tate quanto linvenzione della ruota o del fuoco.
230 monica ferrando pensieri della mano di tullio pericoli 231

Cueva de las manos, Santa Cruz, Argentina

Mi piacerebbe sapere cosa pensa di s e del suo futuro, dove immagina che
andranno a finire conoscenza e talenti accumulati in tanti secoli e millenni.
Quale sar la sua sorte fisica, il suo prossimo ruolo, dopo la sua lunga storia
di insostituibile alleata della vita dellhomo faber. Forse anche nellarte non
servir pi. Forse avremo immagini fredde, vitree, prive di quel condutto-
re calorico che la mano, che finora ha unito la superficie allattrezzo, al
braccio e al nostro corpo. La nostra fantasia non sentir pi il fruscio della
pittura, del pennello che sfiora una tela, della matita che traccia linee su un
foglio di carta. Guardo la mia mano e la vedo come un disegno di Leonardo.
Una macchina bella e perfetta che riesce ancora a stupirci per la ricchezza
delle sue capacit e per la meraviglia dei suoi congegni.

Tullio Pericoli, Giovanni Testori, 1990, olio e matite su tela

La sapienza dellarte forse sapersi mantenere sempre


vicini a questa origine. Il solo fatto di evocarla significa
non separarsi mai dallo stupore infantile, che ne costi-
tuisce, alla fine, forse lunica ragion dessere. Quando la
mano non sapr pi ripetere il gesto generativo del segno
inaugurando quel mondo parallelo mimetico e vivo che
il di-segno, forse anche linfanzia avr perso lo stupore.
Pericoli si rivolge alla sua mano non senza apprensione:
Piccolo esercizio
Francesca Gorgoni

Cos Anonima intitola il suo acquarello: un delicato


filo di lunghi caseggiati bianchi, gialli, indaco e azzurri.
Quasi trasparenti e vaghi, i colori, sulla carta bianca, non
sono decisi, e sembrano avvolti da una luce subacquea.
Si intuisce la riva di un bordo dacqua, un clima freddo;
e infatti dopo qualche minuto, arriva il messaggio che d
un nome alla visione: Danzica. Anonima ha una mano
tutta sua, una idea della pittura e una pratica, molto di-
versa da quella di Mario Pi, che poche ore prima aveva
pubblicato la sua presa notturna di Piazza della Loggia,
un acquerello fatto su carta arches satin 36/51.
La piazza bianco-nera luminosa nonostante i grigi.
Dal disegno traspare un senso di intimit profonda con
quella visione. E anche qualcun altro laveva sentita, e
infatti, tra i commenti a Mario Pi, Susanne posta la stes-
sa piazza, presa in una vertiginosa versione estiva inon-
data di sole, mattutina, vestita di gessetti gialli, arancio e
terra di Siena. Susanne una sketcher irlandese, e questa
forse la visione di un passaggio durante il suo viaggio
in Italia. Tra i due nasce tutta una conversazione in una
lingua poliedrica fatta di inglese per i colori e le tecni-
che, francese per i nomi dei cahiers, tedesca per quelli
delle matite.
234 francesca gorgoni piccolo esercizio 235

riflessi nelle mani dei disegni emersi da trasfigurazioni e


mutamenti di luoghi simili, ritratti di citt, paesaggi, luo-
ghi, che hanno ispirato lo schizzo, un segno sulla carta,
la penna, il colore e che hanno in comune una passione
per la visione.
Questi sono i momenti tracciati dagli Urban sketchers,
disegnatori di strada che aderiscono a un progetto col-
lettivo che sta prendendo dimensioni sempre pi ampie,
nato a Seattle nel 2007. Lintento quello di dipingere
liberamente e condividere le visioni del mondo di chiun-
que voglia disegnarne un pezzo un istante un momento
della vita di citt. Una partecipazione di visioni. Piccoli
gruppi estemporanei si incontrano, a una data, a uno-
ra precisa, per disegnare insieme e solitari, in uno spazio
urbano. La mano coglie il momento, la luce, la vita che
accade in quel luogo, una finestra su un momento di vite,
uguali ma diverse, di citt lontane ma improvvisamente
Anonima, Danzica, Acquerello su carta molto vicine. Il manifesto, formatosi negli anni ma idea-
to da Gabriel C., segue otto punti principali:
Intanto, da Shanghai, un turbine di biciclette in corsa in-
1. Disegniamo sul posto, allaperto o al chiuso, cattu-
vestono la penna di Cheng Su, autore dello schizzo su un
rando ci che vediamo con la diretta osservazione.
foglio di carta a righe dei quaderni di scuola.
2. I nostri disegni raccontano la storia di ci che ci cir-
Qualche ora dopo, Or B, posta il suo my first time: wa-
conda, dei luoghi in cui viviamo e di quelli dove viag-
tercolor and pencil, before and after; una teoria di foto
giamo.
che ci portano alla genesi di un disegno. Non c nome
3. I nostri disegni sono una registrazione del tempo e
ma chi conosce la citt riconosce il mulino di un antico
dello spazio
quartiere davanti alle mura della citt vecchia di Gerusa-
4. Siamo fedeli alle scene che osserviamo.
lemme. E cos si susseguono commenti e nuovi disegni di
5. Utilizziamo ogni genere di strumento e preserviamo
Miguel, Nili, Roberta, Clary e vaghi nomi i cui volti sono
il nostro stile individuale.
236 francesca gorgoni piccolo esercizio 237

6. Ci sosteniamo a vicenda e disegniamo insieme. Non ricordo il nome dei miei ultimi compagni, ma ri-
7. Condividiamo i nostri disegni online. cordo il loro disegno, il viso concentrato, immerso nella
8. Mostriamo il mondo, un disegno alla volta. forma e poi il risultato della giornata.
Subito qualcuno prende le foto, foto ricordo, foto per il
Si sceglie un angolo di strada, un panorama, una piccola sito, e linesorabile accade, la vita individuale delle forme
via, un parco, un mercato, e i disegni che ne emergono si inizia il suo corso, ed ecco i nostri disegni, con un click,
aprono come tante finestre sul medesimo soggetto reso dispersi su facebook, moderna cueva de las manos, dove
unico e irripetibile dal filtro di quella mano, quello sguar- la vita si riassume in un profilo, in un segno sul muro,
do e quelle tecniche, ognuno la sua, ognuno che esprime sulla carta o sul regno virtuale.
una radicale autonomia condivisa.
I gruppi che si formano cambiano continuamente. Ci si Urban sketchers,
incontra, ci si conosce. Si siede nello stesso posto per tre/ http://www.urbansketchers.org/
quattro ore. La passione per il mondo che il disegno pro-
cura, rende subito amici.
Tutto molto momentaneo. Oggi ci si vede ma poi
chiss, ci si incontrer di nuovo fra un mese o due.
Tutto molto urbano, molto moderno, ma le ore di
pittura sono come un freno allistantismo del click in
cui precipita la vita. Tutto viene frenato bruscamente
dalla mano che segue le tracce, le coglie, le turba, le
cancella, e dallocchio che vede, rivede e scopre. Il di-
segno, la pittura, i colori, dilatano il tempo. Il fruscio
della matita sulla carta, come un mantra, apre la mente
alla materia, e la mano scava nei lineamenti dei corpi
alla ricerca di quel che fa della cosa, appunto, una trac-
cia del mondo.
Poi, una battuta rompe il silenzio. Qualche chiacchiera,
ci si alza per sciogliere le gambe, le braccia, il collo, si
cerca un posto migliore, e mentre si vaga, lo sguardo si
posa sul disegno dellaltro.
A libri aperti
Cosa sono certi libri se non scrigni.
Aprirli per la prima volta, oppure dopo molto tempo riaprirli.
Tenerli bene aperti come gli occhi.

A libri aperti
Evgenij Trubeckoij, Contemplazione nel colore
Emanuele Dattilo

Qualche anno prima che Pavel Florenskij pubblicasse il


suo testo, divenuto giustamente famoso, sulle icone, un
altro, pi oscuro teologo tentava il primo avvicinamento
teorico al fenomeno metafisico, ancor prima che pitto-
rico e teologico, dellicona russa. Cento anni fa, infatti,
tra il 1915 e il 1918, nel clima sconvolto dalla rivoluzione
russa, venivano pronunciate le conferenze contenute nel
libro che oggi apriamo, in unatmosfera spirituale segna-
ta profondamente dalla riflessione teologica di Vladimir
Soloviev e dei suoi seguaci.
I testi di Evgenij Trubeckoij (1862-1920) sulle icone rus-
se racchiudono una meditazione sulla natura teologica dei
colori. La profonda intuizione che governa questi scritti,
infatti, che al centro della pittura di icone sacre ma po-
tremmo dirlo della pittura in generale non vi sia la rappre-
sentazione di alcuni soggetti edificanti, il cui svolgimento
mostra la vita divina sulla terra. Il disegno, schematico e
conforme, solamente il fiore superficiale dellevento ico-
nografico. Non ci che accade e che viene rappresentato,
a donare alle icone russe la loro speciale funzione spiritua-
le, bens il colore di ci che accade. Il colore levento, ci
che fa trapassare e fa comunicare il divino e lumano. at-
traverso i colori, dice Trubeckoij, che il pittore sa rendere
242 emanuele dattilo evgenij trubeckoij, contemplazione nel colore 243

la differenza tra il mondo umano e il mondo sovrumano.


La vita degli uomini e la vita dei santi la stessa vita, ma
con diverse sfumature cromatiche.
Sappiamo che le Vergini che contempliamo nelle icone
non erano ritratte dal vivo, con dei modelli. La loro fi-
sionomia geometrica, astratta, non doveva indulgere ad
alcun realismo. Lambizione degli iconografi, come degli
agiografi, era quella di mostrare le personalit dei santi in
forme totalmente spoglie dei tratti individuali, soggettivi,
e di restituire cos la forma gloriosa e reale, mondata di
ogni scoria e impurit. Possiamo riconoscere ci che acca-
de nelle icone, ma non riconoscerci in esse. Ci possibile,
per un paradosso, proprio attraverso lutilizzo del colo-
re, ossia di quella intensit pittorica che noi consideriamo
abitualmente, a torto, strettamente legata alla dimensione
emotiva e psicologica. Il colore rappresenta una forza li-
mite della pittura, attraverso cui essa attrae le diverse scene
che rappresenta verso la luminosa vita divina.
In questo senso va compresa anche la centralit, nelle
icone, della presenza delloro. Lidea di assist che permea
tutta liconografia russa, e che Trubeckoij definisce le-
terea, aerea ragnatela di sottili raggi dorati che proven-
gono dalla Divinit e con il luccichio illuminano tutte le
cose circostanti, vuole proprio mostrare questa comu-
nicazione tra i colori, la loro vita preesistente nella pura
potenza della luce solare. Pare quasi che liconografo
con mistica intuizione abbia indovinato il segreto dello
spettro solare, scoperto parecchi secoli pi tardi; pare
che abbia sentito i colori dellarcobaleno come rifrazioni
policrome dellunico raggio solare della vita divina.
244 emanuele dattilo evgenij trubeckoij, contemplazione nel colore 245

Se sviluppiamo lintuizione di Trubeckoij possiamo for-


se giungere al senso mistico e panteistico che racchiuso
nella sua dottrina ortodossa. Pensare il mondo identico
alla divinit, ossia spogliato delle diverse rappresentazio-
ni con cui gli uomini diversamente lo coprono, vuol dire
contemplare le forme plastiche nella loro variopinta es-
senza cromatica, ossia contemplare nel colore.
Giorgio Agamben, Archeologia dellopera darte, in
Id., Archeologia dellopera, Mendrisio Academy Press,
Mendrisio 2013
Monica Ferrando

Se assolutamente vero, soprattutto per gli Europei, che


il tentativo di comprensione del presente costringe a in-
terrogare il passato, ed questo, sul piano epistemologi-
co e sulla scorta di Foucault, quel che Agamben intende
propriamente per archeologia, vero anche che la fra-
zione di passato che ci apprestiamo a interrogare dipende
necessariamente dal tipo di presente da cui prendiamo le
mosse. , in altre parole, inevitabile, riandando al passato
sul mezzo dellArte, trovare Aristotele al capolinea. Sof-
fermarsi, come fa Agamben, sul concetto di entelechia da
cui i technitai gli artisti nel senso generico di artigiani
sarebbero fatalmente esclusi. Riflettere sul concetto di
un ergon opera in cui sfocia lenergheia, latto che lo
ha prodotto. Rilevare, come non manca di fare Aristo-
tele, che non questa la sorte del teoreta, e nemmeno
delluomo in generale, secondo unosservazione lasciata
cadere dallo Stagirita, ma fatta propria da Agamben nella
conclusione del suo saggio.
Secondo Aristotele a differenza del technites, dellope-
raio, ancora non retribuito a ore di lavoro ma sempre a
cottimo, cio a quantit di prodotto lavorato, di opera
prestata, e quindi gi da sempre estraniato dal suo lavoro
, il teoreta (o il politico) possiede in s stesso lentelechia
248 monica ferrando giorgio agamben, archeologia dellopera darte 249

del suo fare e agire. Il fortunato, luomo dabbene, il filo-


sofo, non si reifica infatti in unopera. Non c da stupirsi
che, se queste erano le premesse potevano anche non
essere queste , sarebbe prima o poi giunta unepoca, la
nostra, in cui anche il technites, o almeno una parte privi-
legiata di technitai, mancato lobiettivo della rivoluzione
proletaria, avrebbe afferrato almeno quello dellemanci-
pazione culturale. Con un nome, quello di artista, lu-
cidato e rimesso a nuovo dal Romanticismo e dalla sua
attitudine a pensarsi come et dello spirito, egli avrebbe,
e a ragione, preteso lo stesso vantaggio del teoreta. Per-
ch no? Come non pensare che lerede di Michelangelo e
di Leonardo, secondo levoluzione dellarte figurativa ri-
costruita da discipline quali la storia dellarte e lestetica,
non potesse godere del prestigio riservato ai filosofi? E
non era stato il loro geniale emulo, Raffaello, a dipingere
la Scuola di Atene?

Muovendo da questo propileo che da una certa Atene ar-


riva diretto allarte contemporanea, Agamben non pote-
va non incontrare, come si detto, Aristotele. Larte con-
temporanea, che egli chiama macchina artistica, viene
definita qualcosa come un nodo borromeo, cio en-
tit indissolubile, tra ergon-opera, energheia-operazione
creativa, e artista. Questa prospettiva registra un corto-
circuito, peraltro legittimo dato il ruolo del pensiero ari-
stotelico nella costituzione delloccidente, tra il filosofo
del IV secolo e il tardo moderno. Quel che ora residuo
accidentale, cio lopera, rispetto alla figura dellartista
che pu finalmente considersi teoreta, era in Grecia lar-
250 monica ferrando giorgio agamben, archeologia dellopera darte 251

a questa parte, la nota diagnosi infausta, commutata poi


in terapia intensiva sine die.

Se, per, non parlassimo di Arte ma, piuttosto di


Arti? Se dessimo per persa e inconsistente la figura
dellartista ci ha stufato, si d troppe arie e per cosa,
poi? e non nemmeno un vero filosofo, ma uno che fa
loro da fastidiosa zecca o, se famoso, da mondano or-
namento ?
Muovendo dalle Arti, invece che dallArte, la abban-
doniamo al suo destino di morte. Naufragio con spetta-
tore? Non amiamo questo genere di spettacoli, in verit.
Duchamp, in qualche modo un asceta, certamente non un
artista (p. 26), che Agamben associa, con un parallelo ge-
tista rispetto alla sua opera: mentre in Grecia lartista niale, allideatore del movimento liturgico di Maria Laach,
una sorta di residuo imbarazzante o un presupposto Odo Casel, ha reso questa morte un evento ricorrente e
dellopera, nella modernit lopera in qualche modo trionfale, fin troppo simile alla messa cristiana, se in un
un residuo imbarazzante dellattivit creativa e del genio certo modo. Alla celebrazione di questa morte fondativa,
dellartista (p. 22). Loperazione archeologica eseguita come molti secoli fa al sacrificio di Cristo ma ora, secon-
da Agamben certamente corretta, ma essa dipende dal do il noto paradigma marxiano, in uninvolontaria parodia
punto di partenza prescelto. Considerare unico punto laica , si erigono cattedrali firmate da architetti di grido: i
di partenza possibile, per riflettere sullattuale problema musei. Non vi alcuna contraddizione. Una necessit sto-
dellopera, lArte detta contemporanea significa, per, rico-teologica che nulla ha a che fare con il granello di sena-
quasi ammettere che oggi non vi siano altri modi possi- pe del Regno impone la parodica duplicazione di s stessa.
bili di intendere lArte, e anche questa considerazione
assolutamente corretta. LArte il prodotto di une- Se, per, non parlassimo pi di Arte ne abbiamo par-
voluzione culturale che ha nellidea dellatto di un Dio lato anche troppo ma tornassimo a parlare di Arti,
creatore anche il suo atto di nascita. Hegel ha tratto da sfidando un anacronismo forse solo apparente, chi tro-
questo assunto, che ha informato lArte da duemila anni verebbe il nostro gesto acheologico a risponderci dal
passato? Non certo Aristotele, non solo Aristotele.
252 monica ferrando giorgio agamben, archeologia dellopera darte 253

Platone, per esempio, preferisce alla parola technites, Vediamo dunque come nel mondo antico era leccellenza
che certo qualche volta usa in senso generico, le parole dellopera pittorica a fare il pittore, e viceversa, in una
che indicano esattamente larte in questione: il falegna- coappartenenza che smentiva la riflessione aristotelica
me, il calzolaio, lo scultore, il pittore. Quando parla dei sullentelechia, fatalmente separata dal pittore relegato
pittori, poi, usa una parola su cui si dovrebbe riflette- dufficio alla sfera extracontemplativa. Altrimenti per-
re: li chiama zographoi, che si potrebbe tradurre con ch Platone avrebbe deciso di conferire proprio ai pittori
scrittori della zo, della vita naturale. forse per que- il compito di tracciare il disegno della citt perfetta in
sto che le loro opere non sembrano immediatamente e quanto riconosciuti capaci di cogliere i tratti del modello
irrevocabilmente afflitte da quel limite ontologico rile- divino?
vato da Aristotele e lamentato dai suoi esegeti rinasci-
E ora immagina che la gente si accorga che noi le diciamo la verit sui filosofi:
mentali, a cui il punto di riferimento rappresentato da credi che possa continuare a guardarli con ostilit, e ostinarsi a non credere
un Dio creatore era assai pi utile. Innumerevoli sono alle nostre parole, quando diciamo loro che nessuno stato potr mai giungere a
condizione felice, se a tracciare il disegno non saranno proprio quei pittori che
i luoghi, nellopera di Platone, in cui il filosofo parla sono capaci di cogliere i tratti del modello divino? (Resp., 501d)
della pittura. Nel Sofista, ad esempio, entra addirittura
nel delicatissimo merito della mimesi, distinguendone Forse, per cogliere i tratti del modello divino occorre
due tipi, la fantastica e licastica, di cui uno solo, lica- anche cogliere la possibilit di una vita che, mantenen-
stica, soddisfacente. Se leggiamo il libro XXV della dosi costantemente in relazione con una pratica (p. 28),
Storia Naturale di Plinio, dedicato alla pittura, ci ac- diventi forma-di-vita. Se, in mancanza di unopera in cui
corgiamo come opera e pittore formino ununit in cui svanire, il technites contemporaneo non mira ad altro, in-
poiesis e contemplazione intellettuale sono inscindibili. vece, che a esibire la sua vita, questa , daltra parte, lunica
Limpressione confermata dal racconto di Luciano a rivoluzione concessa, anzi benedetta, dallo stato consen-
proposito di un singolo quadro di Zeusi (il pittore del ziente e coadiuvante. Che vi sia ancora una dimensione
V secolo citato da Socrate col nome di Zeusippo nel suo spirituale possibile per chi si dedica non allarte, ma ad
colloquio con Protagora nel dialogo platonico omoni- unarte resta un mistero, non nel senso liturgico di Casel,
mo), dove vediamo il pittore dare in escandescenze nei ma nel senso ricordato da Agamben: nulla di meno che
confronti di osservatori che, nel concentrarsi solo ed la sua felicit (p. 28). A generare questa strana felicit, e
esclusivamente sulla sorprendente originalit dellin- a custodirla e trasmetterla ad altri, non che lopera.
venzione, dimenticano completamente di considerare
lesecuzione, altrettanto eccelsa, della sua opera.
Giuseppe Di Napoli, Nellocchio del pittore. La visione
svelata nellarte, Einaudi, Torino 2016
Monica Ferrando

Se si osa ignorare il contemporaneo imperativo estetico


per concentrare lo sguardo su quanto importa davvero
della pittura, ci si ritrova tra le mani questo libro. Lau-
tore, Giuseppe Di Napoli, che affronta il discorso tanto
sul piano tecnico quanto su quello teorico e filosofico, in
un arco che va da Giovanni da Milano a Shitao, inizia e
conclude con Czanne la sua ricerca. Se ci non sorpren-
de, data la mole di studi e riflessioni sul maestro di Aix,
qui la scelta risponde ad unesigenza di chiarezza, forse
mai veramente raggiunta, intorno alle scoperte compiute
dal pittore provenzale in anticipo sul (e in contrasto col)
suo tempo. Sappiamo infatti come Czanne, deluso dal
modo in cui i suoi contemporanei giudicavano questar-
te, avesse scelto di concentrarsi sullocchio e sulla sen-
sazione di colore che esso produceva per poi riversarla,
transustanziata, in pittura. Non poteva essere che Cz-
anne, quindi, a segnare linizio e la fine di una trattazione
che, toccando momenti salienti della pittura da occidente
a oriente, dedicata proprio allocchio e alle vie che per-
corre larte, di cui esso il mezzo privilegiato e il reale
destinatario.
Si tratta di ritrovare il visibile, cosa non certo scontata
ma decisamente precaria in unepoca di generale perdita
256 monica ferrando giuseppe di napoli, nellocchio del pittore 257

dei sensi, come Ivan Illich chiama una condizione di cui


locchio in primis, asservito in misura crescente a mo-
dalit passive di visione, a fare le spese. Pure, in queste
pagine, non vi nulla di allarmistico in tal senso: viene
anzi considerato come elemento da elaborare in vista di
una pittura radicata nello sguardo anche il mutamento
indotto dalle contemporanee consuetudini percettive. La
sottile sapienza tecnica e storico artistica che vi si dispie-
ga, pur esercitata di preferenza su pittori come Turner, o
su capolavori come Le filatrici di Velzquez mai vera-
mente compresi n dal loro tempo n dal nostro , pu
permettersi di evitare ogni geremiade. Risulta implicito
il fatto che la comune capacit di vedere, al di l dello (e
senza lintroduzione allo) sguardo tacitamente impartito
dalla pittura dei grandi maestri, sconta una insormon-
Il pittore cieco verso particolari colori. Questo non soltanto un difetto. In
tabile carenza. Allo sguardo comune, velato e poco in- virt di questo accostamento e di questa semplificazione, egli vede dentro alle
cline ad esercitarsi sui valori pittorici, occorre una scrit- cose armonie cromatiche che posseggono un grande fascino e possono costitu-
ire un arricchimento della natura. (pp. XVI-XVII)
tura poetica e dosservazione come questa, non lontana
da quella praticata da Avigdor Arikha, capace di rivelare Si tratta di riconnettersi al visibile e lo si pu fare sol-
profondit visive destinate a restare altrimenti irrepara- tanto in questo modo:
bilmente nascoste.
Certo, tornare a prendere sul serio locchio come oc- Il visibile, come il dicibile, una delle forme sensibili essenziali alla nostra esi-
stenza; insostituibile, oltre che irriducibile, esso fornisce alla nostra facolt vi-
chio del pittore non significa stabilire una gerarchia, siva tutto ci che si pone a distanza nel nostro intorno, e che altrimenti rimar-
quanto piuttosto scegliere di tralasciare lattuale occhio rebbe inafferrabile nella sua immanente realt. Tuttavia, pur non necessitando
di rinviare ad altro da s, non esauribile, n identificabile con la dimensione
tecnologico-teologico proprio dellobbiettivo, che tutto sensibile con la quale si manifesta, giacch al di qua (nel suo interno) e al di
vede fin nei minimi particolari, per rivolgersi piuttosto l (nel suo esterno) di ogni sua manifestazione attuale risuona il senso sempre
altro e ulteriore, altrimenti impercettibile, della sua ineffabile trascendenza, che
ad un occhio inattuale. Questa la via che, sulla scorta consegna allo sguardo umano la possibilit, o il destino, di poter essere estra-
di Nietzsche, lA. percorre. Nella pagina di Aurora che neo al suo sensorio, scongiurando la tentazione di ridurre linfinita visibilit del
mondo alla limitatezza della sua visibilit. Lintento di questo testo quello di
egli apre si dice: portare il lettore a guardare le cose con gli occhi dei pittori, al fine di fargli com-
prendere meglio la loro personale poetica, ma anche di fargli fare lesperienza di
258 monica ferrando giuseppe di napoli, nellocchio del pittore 259

vedere attraverso limmagine dipinta quegli aspetti e propriet che abitualmente


non vede affatto o che ignora possano trovarsi in quelle cose (p. XVII).

I quadri vengono cos sottratti allindebito statuto di oggetti


passivi per accedere a quello di mezzi per vedere. Potrem-
mo scorgere qui, anche se lA. non lo dice espressamente, un
riferimento a quella nozione tradizionale di soglia, porta
regale, statuto attivo dellimmagine dipinta, da cui ha preso
le mosse tutta la pittura occidentale. Se allora si trattava di
vedere un oltremondo invisibile e loperazione riusciva, se
pensiamo per esempio alle Apocalissi di Beatus, alle visioni
dipinte sulla scorta di Hildegarde von Bingen, agli Angeli
di Rublv , ora si tratta almeno di vedere davvero il mon-
do visibile che, pur nella sua variet infinita, troppo spesso
coincide, per lo sguardo normale, con la visione utilitaristi-
ca del predatore. Cosa vede, invece, lo sguardo del pittore?
Lo sguardo del pittore non vede le cose, ma lo sguardo che questo filo poetico a liberare Czanne dallombra che il
su di esse si posa. Locchio della mente e locchio fisiolo- cubismo vi aveva proiettato obbligando a comprederlo
gico fanno, nel pittore, tuttuno. in sua funzione. Lungi dallessere una anticipazione del
Aprendo questo libro alle pagine dedicate a Czanne, cubismo, la famosa lettera del 15 aprile 1904 ad mile
ancora una volta sperimentiamo la rara capacit di evi- Bernard, scritta da Czanne nellultimo periodo, tutto
tare la riduzione della pittura a paradigma conoscitivo. dedicato alla Sainte Victoire, rivela piuttosto la parteci-
I tredici paragrafi che articolano lultimo capitolo, inti- pazione al giovane allievo di quella solitudine e incertez-
tolato Lo sguardo concentrico, hanno eletto a guida una za propria di chi non cessa di apprendere.
visione poetica. La fulminante intuizione di Alfonso curioso, oltre che emblematico, il fatto che nella lettera Czanne parli di coni,
Gatto locchio di Czanne un occhio che vede dentro sfere e cilindri e non menzioni per nulla i cubi, ma soltanto quelle forme che
permettono di esercitarsi nel modellato continuo e sono proprio il contrario del
il suo vedere (p. 265) quella stessa che aveva inaugu- cubismo, come sottolinea Kenneth Clark (p. 246).
rato il percorso nellocchio del pittore: la pittura in-
nanzitutto, ed essenzialmente, unintensa attivit visiva: Che non si trattasse dellinvenzione di una chiave sti-
il pittore mentre dipinge non altro che un occhio che listica, bens della rivelazione della visione assoluta,
vede dentro il suo vedere (p. XVIII). la presenza di
260 monica ferrando

del raggiungimento di uno stadio oggettivo dinfanzia


visiva, il punto in cui locchio acquisisce la sensibilit
e la semplicit di vedere come chi appena nato (p.
272), costituisce la messa a fuoco sulla pittura del mae-
stro di Aix. dunque possibile che la pittura inauguri
uno sguardo capace di liberarci di ogni storia? di ogni
psicologia? perfino di ogni memoria (perch qui che si
annidano i clichs percettivi che ci impediscono di vedere
davvero il mondo sub specie infinitatis)? Questo libro di-
mostra che possibile , e proprio perch ogni vera storia,
o psicologia o memoria coincidono con quella dimensio-
ne compiutamente vitale e dinamica che fa dellocchio,
come delluniverso, una fonte infinita. E di cosa locchio
fonte infinita? Di colore:
Per quanto locchio del pittore sia acuto e dilatato, la sua visione destinata a
non finire mai, a continuare allinfinito, perch infiniti sono i colori della natura:
il colore il luogo in cui il nostro cervello e luniverso si incontrano, aveva
prefigurato Czanne (p. 307).
Alla prima
Come quando si dipinge giusto e senza alcun disegno.
La visita a una mostra un gesto gratuito:
ammirazione e reciprocit giuste e improvvise
Realistas de Madrid, Museo Thyssen-Bornemisza,
Madrid (9 febbraio 22 maggio 2016)
Giorgio Agamben

La mostra che si tenuta lo scorso anno al museo Thys-


sen-Bornemisza di Madrid ha segnato una data impor-
tante nella storia della pittura del nostro tempo, fra
laltro anche perch impone di revocare in questione il
singolare monopolio che una diffusa tendenza muse-
ografica pretende di avere sul sintagma arte contem-
poranea. Le opere dei sette pittori e scultori esposte
nella mostra coprono, infatti, un periodo che va dalla
fine degli anni Cinquanta del Novecento fino ad oggi
e sono pertanto senza possibile dubbio contempora-
nee. Altrettanto indubitabile che si tratti di un gruppo
nel senso proprio del termine: amicizia e solidariet di
formazione e di intenti legano fin dallinizio le quattro
donne (Isabel Quintanilla, Amalia Avia, Maria Moreno
e Esperanza Parada) e i tre uomini (Antonio, Francisco
e Julio Lpez) in unintimit cos stretta, che difficile
trovarne lequivalente in tutta larte del Novecento. E,
tuttavia, proprio per questo essi hanno sempre declina-
to ogni intento strategico di gruppo. Eravamo ami-
ci, e questo bastava, anche se lamicizia a volte era cos
intensa da trasformarsi in amore: quattro di loro (Isabel
Quintanilla e Francisco Lpez che ho conosciuto a
Roma allAccademia di Spagna allinizio degli anni Ses-
266 giorgio agamben realistas de madrid 267

ce ne fosse bisogno, che il vocabolario della critica darte


del nostro tempo dovr prima o poi subire una drastica
revisione; tuttavia, i termini realidad, che ricordo di aver
sentito sillabare da Francisco Lopez mentre modellava
nella creta le sue sculture, e forma real, con cui Anto-
nio Lopez nomina loggetto della sua pittura, designano
certamente la stella polare su cui questi artisti orientano
tenacemente il loro sguardo.
Francisco Calvo Serraler, nel catalogo della mostra, os-
serva che il realismo, che comincia nella met del XIX
secolo e continua ancora oggi, forse il movimento di
avanguardia pi duraturo del nostro tempo. La parola
realismo ha per senso solo se si precisa che cosa sin-
tenda per realt che cosa, in particolare, questi artisti
abbiano in mente quando parlano di realidad. Una pri-
ma indicazione per una risposta pu essere offerta dalla
frequenza con cui, a tema delle loro tele, essi eleggono
disegni, sculture, porte e, soprattutto, finestre si pensi,
fra laltro, alla stupenda Noche (1995), alla Puerta roja
(1978), a El atardecer en el studio (1975) e a La venta-
na (1970) di Isabel Quintanilla, a La cocina de Tomelloso
(1972) di Maria Moreno, alla Ventana de noche (1972)
Isabel Quintanilla, La noche, 1995. Olio su tela incollata su tavola, 130 x 110 cm, Museo de Arte
Contemporneo de Madrid di Francisco Lpez, oppure al Quarto de bao (1973)
di Antonio Lpez.. stato opportunamente ricordato
santa , Antonio Lpez e Maria Moreno) si sono legati dallo stesso Serraler che lequiparazione del quadro
in matrimonio. a una finestra dalla quale si contempla la realt risale a
La rubrica realisti di Madrid, che fornisce il titolo alla Leon Battista Alberti (De pictura, I, 19). Tanto pi sin-
mostra, suona forse incongrua (come se si intitolasse re- golare che proprio questa finestra diventi qui loggetto
alisti veneziani una mostra che raccogliesse quadri di della visione del pittore, quasi che non si trattasse per lui
Bellini, Tiziano e Giorgione) e prova ancora una volta, se di rappresentare direttamente la realt, ma innanzitutto la
268 giorgio agamben realistas de madrid 269

stessa pittura. La speciale patente di modernit di questi


artisti non consiste quindi soltanto nellaver richiamato
in vita quella finestra albertiana che larte moderna ave-
va inteso escludere dalla pittura; piuttosto, facendone il
tema delle loro tele, essi lhanno messa in questione con
molta pi radicalit delle avanguardie di cui erano con-
temporanei. La realt questo il loro messaggio non
ci che la finestra della pittura rappresenta: reale solo la
coincidenza di pittura e realt sulla superficie della tela.
Per questo, con una singolare inversione, la finestra che
essi rappresentano non apre sulla luce e sul mondo visibi-
le, ma come nella Noche di Quintanilla e nella Ventana
di Noche di Francisco Lpez sulla tenebra della notte.
A ragione Guillermo Solana nella sua introduzione parla
di un arte de los umbrales, unarte delle soglie: come una
icona bizantina rovesciata, la tela qui la soglia che met-
te in comunicazione due mondi incommensurabili che
non sono pi il terreno e il divino, il typos e il prototypos,
ma larte stessa e la stessa realt.

Francisco Lpez, Ventana de noche, 1972. Matita su carta, 102 x 73 cm, Coleccin Banco de
Espaa
Paul Nash, Tate Britain 26 October - 5 March, 2017
Clare E. L. Guest

The English landscape painter Paul Nash (1889-1946)


is known as a visionary landscape artist, in the tra-
dition of Samuel Palmer and as a proponent of Mod-
ernism. This major exhibition gives an overview of
Nashs career, from early Romantic influences to war
artist to the impact of a series of European artists and
movements. It also contains representative selections of
Nashs graphic and photographic work and his activi-
ties as book illustrator and designer.
Nash was a skilled and authoritative writer and excerpts
from his literary works (mostly short articles for the main-
stream media) provide the narrative voice for the exhibition,
which follows a chronological development. This gives an
organic sense of continuity and evolution as we see him
working through various techniques and movements to
deepen his central concern with presence in landscape. The
overall impression is of a sustained essai, as Nash moved
from largely literary influences of the visionary Romantics
(Wordsworth, Blake, Yeats) to juxtapositions of architec-
tonic and organic objects to metamorphic assemblages. His
best work was in landscape, and his engagement with De
Chirico, abstraction and, in particular, surrealism, served to
deepen his preoccupation with the life of the inanimate.
272 clare e. l. guest paul nash, tate britain 26 october 5 march, 2017 273

for the dead in Urne Buriall from illustration into a se-


ries of images, sculpture and reflections on aviaries,
or airy habitations of the dead. The aerial bombing of
World War II which dominated his work as war artist,
developed these reflections and they culminated with his
enigmatic meditations on death as the only solution to
this problem of how to be able to fly.
Nashs art could be uneven; he eschewed figural rep-
resentation, instead deploying objects as actors in his
landscapes and his cubist still lives verge on exercises.
His strength was imaginative, not scenic, and the exhi-
bition follows his attempts to give words and form to
Paul Nash, Pillar and Moon, 1932-34. Oil on canvas, 50 x 76 cm, Tate Gallery
intuitions and thereby evolve them. As a critic, Nash was
an apologist for Modernism and spent much energy in
promoting the European avant-garde to the British pub-
From his beginnings, Nash appears as an artist with a lic through journalism and exhibitions; this public side
focused project which his artistic works sought to figure of his activity included design production. In his own
and writings to describe. This distinguishes him from work, he assimilated and transformed elements, most
the opportunism of Modernist style-shifting and from significantly Andr Bretons objet trouv, which he fed
the laconic character of the conceptual. His attention to into his meditation on nature. Thus he regarded surre-
the relationship of verbal and pictorial expression meant alism as a continuation to the exploration of nature ani-
that he was a successful illustrator, who used his texts mated in the English literary Romanticism of Coleridge
as seed-ideas which evolved far beyond specific illustra- and Wordsworth. Modernism offered Nash formal tech-
tion tasks. The Urne Buriall and Gardens of Cyrus of the niques experimentation with forms in space, oneiric
English Baroque polymath Sir Thomas Browne, which juxtapositions which liberated depiction from verisi-
Nash selected for illustration in 1931, shaped his work militude and made it instead the expressive medium for
for years in its structures of meditation as much as in its his visionary task. The intuitive core of this task remained
themes of death, immortality and Platonic affirmation consistent, strengthening as Nash put deeper roots into
of the universality and transcendent reality of geometric the landscape, moving in the 1930s from object person-
order. Nash carried Brownes discussion of mansions
274 clare e. l. guest

ages to paintings of ancient stone circles and megaliths La pittura tra cinema e chiesa. Edward Hopper e
of the South of England as imaginative events. From Ettore de Conciliis a Roma, gennaio 2017
these Neolithic monuments, Nash turned in his last years Monica Ferrando
to landscapes marking seasonal cycles (equinox, solstice
and lunar cycle), imbued with ritual significance through
his reading of Frazers Golden Bough.
Nash wrote that the pictures appeal is not only to the
sense of sight but to the whole experience stored in our
being (Nature, Life and Art, 1931). Nashs ability lay in La mostra di Hopper al Vittoriale, nellassolato inverno
creating artworks which, like symbolic tokens, point to romano 2017, una celebrazione laica della luce del sole.
fulfilment within the imagination as it works upon ques- Cerchiamo di ignorare, se ci riusciamo, gli orpelli inte-
tions of orientation to, and presence in nature. His most rattivi dettati da una malcelata sfiducia verso la pittura,
successful public work, Totes Meer, showing a dead ritenuta incapace di farsi spettacolo. Banco di prova im-
sea of wrecked German planes, was thus recognised by plicito ed esito finale della mostra il cinema. Che
Kenneth Clark as a new form of allegorical painting. il cinema sia interattivo e non ce ne siamo mai accorti?
This exhibition is so satisfying an experience because the pur vero che il pittore americano allatelier alternava
spectator is not a consumer of prestige artefacts, nor an le sale di proiezione. Ma questo certo non basta a giu-
object of provocation or bafflement but a sharer in an stificare il ruolo che qui viene assegnato allo schermo:
intelligent and intuitive process of poiesis poetry as incarnare unidea di verit visibile che mira a insinuar-
making. si nella pittura per compiervi unoperazione chirurgica
di adattamento. Non si tratta di una metafora peregrina,
ma della semplice lettura di una allegoria involontaria.
Al fotogramma ingrandito di un quadro straordinario
Second Story Sunlight, 1960 stata asportata la prima
figura di sinistra, la donna anziana seduta con aria ma-
linconica e sognante. Perch? Per fare spazio allombra
del visitatore di passaggio, che solo a malapena si accorge
di essersi introdotto come un nero fantasma in questa
scena di pura solarit. Evidentemente oggi la pittura, per
definizione ferma e materica, necessita, almeno agli occhi
276 monica ferrando la pittura tra cinema e chiesa 277

dei curatori, di trovate che la rendano mobile e luminosa


come non sa essere. Trovate come quella di indurre visi-
tatori ritenuti insofferenti della passivit contemplativa
imposta dai quadri, a ricalcarne le immagini con laiuto
di piani luminosi. I risultati dei sono capace anchio
varranno a dimostrazione ludica e immediata del poten-
ziale interattivo insito nei quadri. Sarebbe come proporre
al lettore del Processo di provarci anche lui, con i dovuti
accorgimenti, a scrivere qualcosa di simile.
La pittura non spettacolo. Meno che mai la pittura di
questo maestro americano nato un anno prima di Kafka
(1882) e che nel 1907, lanno delle Demoiselles, dipingeva
ancora, incurante e imperdonabile, la luce strepitosa del-
la ville lumire da angolazioni che gli Impressionisti si
erano lasciati sfuggire.
Dopo il cinema, Hopper tornava nel suo atelier. A volte il Edward Hopper, Second story sunlight, 1960. Olio su tela, 100 x 130 cm

suo atelier coincideva con il plein air di Cape Cod, oppu-


re con stanze di motel in cui il sole una cosa triste perch
mette a nudo con selvaggia imparzialit la tristezza degli
esseri umani. Abitano stanze, sotto tetti color cenere, che
sembrano confezioni e vetrine, non pi nascondigli e di-
more. Vivono in case dove essere felici difficile, forse
impossibile ,ma, in compenso, lo anche essere del tutto
infelici. La luce naturale sovrana di orizzonti sconfinati
congiunti a cieli altrettanto sconfinati dipinta da Hop-
per ormai lontana dagli umani; quando si avvicina loro
come se li importunasse col suo alito di libert oltreu-
mana. Gli umani sono molto pi a loro agio nelle camere
e nei locali illuminati dalla luce elettrica, in cui i corpi
assomigliano alle ombre del cinematografo piuttosto che Edward Hopper, Gas, 1940. Olio su tela, 66 x 102 cm
278 monica ferrando la pittura tra cinema e chiesa 279

a quelli incarnati dal sangue o dal pennello di molti seco-


li prima. Il mondo di Hopper non un mondo umano,
ma un mondo antropizzato. Come recita Gas, del 1940,
assente dalla mostra. Il famoso distributore di benzina
sperduto nel nulla dove un piccolo Pegaso on the road
raggiungerebbe di slancio i destrieri degli Apaches oltre
la foresta buia e fosca se il rosso dei macchinari e il suo
stesso rosso pubblicitario non fermassero la scena allo
stop, nella sosta forzata di un rifornimento che potrebbe
anche essere, immeritata come la grazia, la poesia.
Ettore de Conciliis, Intensit dei riflessi, 2008. Olio su tela, 65 x 105 cm
Lasciati i quadri di Hopper ripartirsi equanimi tra lux e
lumen, e uscendo verso i Fori fino al Carcere Mamertino
per una via antica che ignora stranamente ogni clamore, alla sua destra, a far da contrappeso, il desiderio di pace
si passeggia senza meritarlo sub specie aeternitatis. Ma della gente comune. Grandi poeti tra loro e altre figure
questo il titolo di una mostra (a cura di Claudio Stri- controverse che avevano scandalizzato non erano al-
nati) che solo il piccolo cartello vicino allingresso di una tri gli scandali? la Chiesa. Ma qui, ora, la storia non
chiesa annuncia. San Giuseppe dei Falegnami. Nome di- appare. Forse, il passaggio di una imperscrutabile Cloud
messo e curioso. Entrare nella sacrestia, dove sono di- of Unknowing ha reso la luce della ribalta storica massa
sposti a semicerchio i quadri, quasi, per lombra avvol- dombra impenetrabile e lombra della meditazione con-
gente, come entrare in un antico laboratorio artigianale. templativa praticabile mistero della luce naturale. Nes-
Sotto affreschi cinquecenteschi che lievitano in scene suna storia umana, per quanto micidiale, riuscir mai a
animate, i dipinti di Ettore de Conciliis compongono un rinnegare la visione lucente del mondo visibile. Per molti
semicerchio di muta contemplazione. Cosa si contem- visitatori, se lo sanno, sar un enigma insolubile che un
pla? La natura e la sua luce. Non succede spesso, anzi pittore di storia e di quale storia entri nella natura da
quasi mai, che sia una chiesa a suggerirlo. Lautore dei testimone che ha sete di immergersi nei suoi silenzi spec-
supporti meditativi un artista che a ventanni era gi al chianti. la pittura a scioglierlo, mutando il falso oro del
lavoro nellaffresco di unabside ad Avellino per testimo- tempo con lacqua rigenerante dello sguardo. Sub specie
niare lo scempio del mondo allindomani di Auschwitz aeternitatis.
e Hiroshima. A reggerne il peso sulla bilancia della sto-
ria cera, nel mezzo, il Francesco di Cimabue, che teneva
Venezia: Titina Maselli
Monica Ferrando

Forse nessun pittore italiano del 900 ha preso di petto il


demone del moderno come Titina Maselli. Per unarte,
come la pittura, che sembrava fare tuttuno con la tradi-
zione antica, la modernit stata un turbine e un trauma.
Ad alcuni pittori sembrato ovvio sottomettere il demo-
ne educandolo al linguaggio della figura. Ad altri pi ov-
vio abbracciarlo educando invece s stessi al linguaggio
astratto della pittura pura. Ad altri ancora negare lindi-
scutibile autorit del demone in nome di una rischiosa
autonomia. Che il moderno lanciasse strutture percettive
inedite era unevidenza dirompente e provocatoria per i
pittori nati negli ultimi decenni dell800 e nei primi del
900. Avrebbero forse dovuto far finta di niente? Fingere
di non guardare nel vortice estetico ormai dispiega-
to da psicolanalisi, etnologia, cinema, pubblicit, nuovi
mezzi di trasporto, per non dover fare i conti con le im-
magini che questi, con una profusione di punti di vista
inediti, producevano e sollecitavano a non finire? Sareb-
be stato impossibile, e per una ragione molto semplice.
Quelle immagini piacevano tantissimo. Contenevano la
promessa di un mondo finalmente liberato dal vecchiu-
me di tradizioni fallite miseramente. Smentivano esteti-
camente quel mito di unEuropa culla dellarte e della ci-
282 monica ferrando venezia: titina maselli 283

amici e intellettuali nella Roma, nella NewYork e nella


Parigi del suo tempo, come questo gesto pieno di poten-
za sia potuto riuscire a protrarsi con unintensit e una
coerenza rimaste uniche. Come abbia potuto compiersi
senza tentennamenti e senza sbavature. Esso consisteva
troppo facile a dirsi nel con-tenere il moderno dentro
la pittura esibendo senza infingimenti la sua forzuta na-
tura di immagine. Del mondo divenuto immagine, este-
riorit dispiegata il cui unico senso svanire succedendo
velocemente a s stesso, sarebbe assurdo tionfalmente
bearsi. Cos come trincerarsi dietro uno sdegnoso e scan-
Titina Maselli, Metro, 1975. Olio su tela
dalizzato rifiuto. Latteggiamento giusto era, come loc-
cidente mitico aveva a suo tempo insegnato mediante lo
vilt che, a partire dalla fine della prima guerra mondiale scontro con i titani, misurarsi non sul piano della forza,
in poi, era gi stato smentito moralmente e politicamen- ma puntare sullintelligenza. Nel caso di Titina Maselli,
te. Come nelle favole, e come nei miti, latteggiamento sullintelligenza visiva.
pi giusto era certamente quello di misurarsi col demone Possiamo immaginare che un treno in corsa possa diven-
trattandolo semmai, sportivamente, alla pari. Senza in- tare pittura? Pittura che, come tale, sappia impadronirsi
terpretare, n abbracciare, n negare le sue immagini, ma di questa immagine inafferrabile facendone una cosa pro-
semplicemente dando prova di saperle prendere. Senza pria soggetta alle sue leggi? Chiss se Boccioni, nella sua
dimenticare che di immagini, alla fine, si trattava. Non meditazione sulla velocit, avrebbe mai avuto il coraggio
era certo una passeggiata, per. Era un ring. di concepire unopera cos straordinariamente sintetica
La mostra di Titina Maselli che si tiene a Venezia (Fonda- del destino di accelerazione che a un certo punto ha in-
zioone Querini Stampalia, dicembre 2016 - marzo 2017), vestito lumano in ogni sua pi intima struttura. Oppure,
curata da Chiara Bertola, la prova visiva di questo po- chiss se Duchamp, rinunciando ad ogni alchemico com-
deroso e brillante corpo a corpo con le immagini di cui piacimento sulla sostanza aurea in cui il moderno, rispec-
il moderno non smette di permeare la vita degli esseri chiandosi in s stesso, trasformava gli oggetti, avrebbe
umani da due secoli buoni, ormai. giusto chiedersi, mai tentato di rompere veramente lincantesimo. Questi
al di l di considerazioni circostanziate sul fascino reale artisti, e molti altri, sono stati pedine intelligenti dellau-
di questa figura di artista allinterno della sua cerchia di tonomizzazione dellimmagine con cui il moderno ha
284 monica ferrando venezia: titina maselli 285

allagato la coscienza estetica. Non ne sono stati, con il sembravano irrimediabilmente separate e de-generate.
rischio di perdere la partita, i giocatori. Si trattava di rompere lincantesimo con cui le immagi-
I calciatori e i boxeurs di Titina Maselli sono anche quin- ni del moderno mirano a soggiogare mente e sensibilit
di la pittrice stessa. Autrice di una pittura ontologica e alla logica ludica dellautoconsumazione, per restituirle
non mimetica, Maselli ha afferrato queste figure in una alla sostanza spirituale da cui ogni immagine proviene: la
griglia di riflessi che le rimanda direttamente al loro sta- contemplazione dello sguardo assorbito nel colore. Solo
tuto di immagine, reale o pubblicitaria che fosse. Esse un pittore poteva saper come fare. Questa volta quel pit-
descrivono infatti il piano su cui il pittore si doveva si tore stata Titina Maselli, una pittrice.
deve? misurare col moderno: il piano visivo. Come i
Prigioni di Michelangelo catafratti nella materia-forma
che solo lartista conosce intimamente, anche i calciatori
e boxeurs con cui Maselli si misura in ampi gesti pittorici
sono ancora intrappolati nella materia-forma dellimma-
gine da cui provengono che, ancora una volta, solo il
pittore a conoscere intimamente. Il pittore che interviene
in questa materia-forma dellimmagine trasformandola
in colore.
In uno scritto giovanile intitolato Larcobaleno, Benja-
min riconosce la dimensione ontologica del colore come
sostanza spirituale in cui ogni immagine trova concepi-
mento e trascendenza. nel colore infatti che ha sede
lalta fantasia e appare lessenza, propriamente spiritua-
le, dei sensi. Questo significa che limmagine tende infi-
ne al colore come al suo luogo metafisico; che destinata
a naufragare felicemente in esso perch i colori contem-
plano s stessi, in loro il puro vedere ed essi sono al
tempo stesso loggetto e lorgano che lo percepisce. Il
gesto imperioso che conduce le immagini nel regno del
colore il gesto pittorico per eccellenza perch le riporta,
senza abolirle, per cos dire a casa, nella fantasia da cui
Gli autori
Giorgio Agamben, filosofo e scrittore. Con Luomo senza contenuto (1970) per
primo aveva colto nellestetica moderna il rischio di disfacimento delle singole
arti a favore di unarte identificata con la critica. iniziatore di una filosofia po-
etica che dischiude una nuova idea di politica, come mostrano tutta la sua vasta
opera e alcuni dei suoi ultimi libri come Pulcinella, ovvero diverimento per li
regazzi (Nottetempo, Roma 2015) e Autoritratto nello studio (Nottetempo,
Milano 2017).

Ginevra Bompiani tra le maggiori scrittrici italiane. Autrice di Le specie del


sonno (1975), ha scritto romanzi, libri per bambini e saggi di teoria letteraria
tradotti in molte lingue. Ha fondato e diretto la casa editrice Nottetempo. At-
tualmente sta studiando il problema della giustizia e della guerra in relazione
alla grande narrazione religiosa dellOccidente. Il suo ultimo libro di narrativa
Melazeta (Nottetempo, Milano 2016).

Elenio Cicchini, nato a Isernia, ha vissuto a Berlino e Venezia. scrittore di


poesia e prosa filosofica. Ha redatto brevi commenti ai dialoghi platonici, saggi
sulla commedia e lanalogia. Fra i testi, di prossima pubblicazione, I mimi di
Sofrone e la filosofia platonica e Della schematologia. Su aspetto e carattere.

Flavio Cuniberto, filosofo, autore di una importante monografia su Jakob


Bhme, ha scritto saggi su Schlegel, sulla tradizione monoteista tra Oriente e
Occidente, sulla dialettica tra viaggio e luogo, sulla Germania come soglia te-
ologico-politica della modernit. Sono in via di pubblicazione due suoi libri:
Lenigma devoto. Miseria e grandezza del maestro di Raffaello (Morlacchi,
Perugia 2017) e I paesaggi del Regno. Dai luoghi francescani al luogo assoluto
(Neri Pozza, Milano 2017).

Emanule Dattilo, studia il panteismo e ha approfondito il problema della mate-


ria del pensiero nella filosofia medievale. Ha scritto un breve testo su David di
Dinant. Scrive anche di critica letteraria e di pittura.

Francesco Donfrancesco medico, psicoanalista, scrittore, fine interprete della


pittura e delle sue immagini. A partire dagli anni 80 cerca nella forma narrativa
290 gli autori gli autori 291

una cura dell'anima, al seguito del pensiero di James Hillman, che contribuisce di poesia ebraica sefardita, di teoria poetica arabo-ebraica tra Spagna, Provenza
a diffondere, con i suoi saggi e con lannuario Anima, fondato nel 1988, e il cui e Italia del 400, e di teoria della traduzione filosofico-letteraria. Sta lavorando
ultimo volume, del 2012, appunto dedicato a Hillman. I suoi ultimi libri sono alla traduzione italiana del poeta israeliano Nathan Alterman e al tema del rap-
Soul-making: interweaving art and analysis (Londra, 2009) e la trilogia: Una porto di somiglianza tra parola e pittura.
certa luce, Come ombra di foglie, Radure (Pananti, Firenze, 2013-2015-2017)
Manuel Gualandi, artista e professionista della comunicazione, dirige unagen-
Nicoletta Di Vita ha vissuto e studiato a Berlino e Parigi. Ricerca da qualche zia di pubblicit che ha fondato nel 2001 in provincia di Treviso. Per formazio-
tempo lorigine della filosofia nellinno antico. autrice di brevi testi saggistici ne culturale (e deformazione professionale) si sempre occupato dei proble-
dedicati allo studio del linguaggio e della voce, dellontologia stoica, della forma mi legati alle immagini, alla loro fruizione e al loro significato. Ha frequentato
della filosofia, apparsi su diverse riviste europee. Di recente, insieme a Elenio lAccademia di Belle Arti di Venezia e ha scritto il libro Atelier di Guccione
Cicchini, ha scritto un testo sullanalogia platonica e ha tradotto i frammenti Discorso sulla pittura (Umberto Allemandi Editore, Torino 2012).
del mimo antico.
Clare Guest, saggista e studiosa del Rinascimento, collabora con il Warburg
Monica Ferrando, pittrice, scrive di filosofia. Recentemente ha pubblicato Loro Institute di Londra. Ha pubblicato unopera sulla filosofia dellornamento: The
e le ombre (Quodlibet, Macerata 2015) e Il miracolo logico della pittura, in Avi- Understanding of Ornament in the Italian Renaissance (Brill, Leiden 2016);
gdor Arikha, La pittura e lo sguardo (Neri Pozza, Milano 2016). Negli ultimi e, con K. Christian e C. Wedepohl, The Afterlife of the Muses (Aragno, Tori-
anni ha lavorato a un libro sullArcadia antica come paradigma filosofico-poli- no 2014). Lavora attualmente a un insieme di saggi sulla storia dellarchitettura
tico. Sta illustrando a pastello, verso per verso, la prima ecloga delle Bucoliche come disciplina umanistica.
di Virgilio.
Fabio Milana vive e lavora a Piacenza. Si occupato di storia religiosa del No-
Andrea Fogli ha da sempre affiancato alla sua attivit artistica (scultura, dise- vecento in ambiti diversi (teologia, letteratura, politica, spiritualit). Lavora at-
gno, ma anche pittura e fotografia) una costante riflessione teorica e filosofica tualmente alledizione italiana delle Opere di Ivan Illich e ne sta ultimando la
che si sviluppata in saggi, articoli, diari e aforismi, ma anche in mostre te- prima ampia biografia della giovinezza.
matiche da lui ideate e curate. Tra i suoi libri segnaliamo Il diario delle ombre
(Kerber, Bielefeld 2006), Altre narrazioni (Odilon, Roma 2011) e il Diario dei Paolo Nifos, storico dellarte e studioso di arte del presepio, il critico che ha
59 grani dargilla dedicato alla serie di 59 volti in terracotta esposti il 25 aprile seguito dal suo nascere il Gruppo di Scicli, redigendo cataloghi delle mostre e
2016 a Porta San Paolo a Roma. scrivendo monografie su alcuni dei suoi esponenti. Autore del catalogo comple-
to dellopera grafica di Piero Guccione, interprete del maestro in relazione al
Marc Fumaroli, tra i maggiori storici e saggisti viventi. Studioso e interprete del genius loci siciliano. Suo ultimo libro Modica. Arte e architettura (DM Barone,
XVII secolo francese nei suoi aspetti di arte retorica, musicale, pittorica, poetica Catania 2015)
e politica, ha scritto anche libri indispensabili per la comprensione dellattuale
disagio della cultura europea, da Ltat culturel, essai sur une religion moderne Clio Pizzingrilli, scrittore, artista dellago e del pennello, regista teatrale e cu-
(Le Fallois, Parigi 1991) a Paris-NewYork-Paris.Voyage dans les arts et les ima- ratore, ha pubblicato numerose opere in cui la narrazione non si dissocia mai
ges (Fayard, Parigi 2009). dalla sensibilit politica e dalla ricerca poetica sulla lingua. Suoi ultimi libri sono
Persone del seguito (Cronopio, Napoli 2013) e Situs inuersus (Quodlibet, Ro-
Andrea Gigli ha frequentato lAccademia di Belle Arti di Firenze, si dedica- ma-Macerata 2015). Uscir tra breve presso Quodlibet un suo commento, con
to inizialmente alla pittura, quindi ha lavorato in teatro collaborando a regie e traduzione, della Ktchen von Heilbronn di Heinrich von Kleist.
traduzioni. medico, vive e lavora a Firenze. Ha pubblicato alcune raccolte di
poesia, scoprendo la possibilit di alternare riflessioni sul linguaggio poetico a Martin Rueff poeta, critico e traduttore. Ha tradotto in francese poeti e filoso-
meditazioni sull'inesauribile intreccio tra generazione di immagini e materia del fi italiani e ha pubblicato studi su Rousseau e Michel Deguy.
lavoro pittorico.
Tommaso Scarponi, nato ad Assisi, ha studiato pittura allIstituto statale darte
Francesca Gorgoni, studiosa di letteratura medievale in lingua araba ed ebraica, Bernardino di Betto di Perugia. Ha scritto una tesi sul problema del linguaggio
ha lavorato alla traduzione ebraica della Poetica di Aristotele. Ha scritto e scrive nel pensiero del giovane Benjamin. Si interessa di poesia, pittura e filosofia.
292 gli autori

Ahmet Soysal nato a Istanbul. Filosofo, ha fondato la rivista Beyaz (1982-


1995). Ha lavorato sulla fenomenologia e la storia della filosofia. I suoi ultimi
lavori trattano il problema della pulsione e dello spirito. Ha anche pubblicato
libri sullarte, la poesia e la calligrafia, sia in Turchia che in Francia. traduttore
in turco di Artaud, Bonnefoy e Andr du Bouchet; e in francese del poeta turco
Dalarca.

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