Caffè Merkaba un racconto di Ugo Pennacino-Torino-Italy 2018.
"Merkaba indica un campo di contro rotazione della luce che
comprende sia lo spirito Ka che il corpo Ba o la realtà: un veicolo spazio tempo." Vittorio Baccelli. "La scienza non è nient'altro che una perversione se non ha come suo fine ultimo il miglioramento delle condizioni dell'umanità." Nikola Tesla.
Non c'era alcuna possibilità di spegnersi e di andare
temporaneamente nel regno dei morti per un riposo di qualche ora. Il lavoro andava fatto e l'ultima telefonata del capo era stata quasi offensiva. Restava una settimana per consegnare la ricerca o avrei dovuto tornare ad iscrivermi nelle liste dei disoccupati. Tenendo presente il tempo che avrei impiegato per arrivare a pagare tutti i conti avrei fatto a meno di dormire. Avevo un contratto a Progetto come Ricercatore presso il Centro Studi sulle Nuove Religioni a Torino. E’ una piccola ma fornita Biblioteca privata vicino a Piazza Solferino, dotata di un piano terra dove sono ubicati gli uffici e di un sotterraneo dove sono custoditi 35.000 volumi e 200 riviste. All'ingresso sulla sinistra, il bagno molto confortevole con i suoi asciugamani in tessuto e le piastrelle immacolate. Dopo il piccolo vestibolo la scrivania circondata da archivi alti fino al soffitto di Luca il Bibliotecario, dallo sguardo severo ma sereno, che custodisce con competenza e professionalità scritti di religioni e culti misteriosi. La luce proviene dall'alta finestra, divisa a metà da un vetro opaco per garantire la privacy e inonda luminosa il ripiano della sua scrivania. Su un piccolo mobiletto il computer portatile acceso, la stampante digitale sul tavolo accanto ai tabulati, il fax sul davanzale e tra timbri e quotidiani, il telefono che riceve dai visitatori occasionali, la richiesta di prenotazione per accedere agli archivi. Sulla destra il salotto del dottor P.Z. direttore editoriale e conclude il piano terra, l'ufficio dal ricercato arredamento del dottor M.I. direttore del Centro ed autore di numerose pubblicazioni a carattere esoterico. Al sotterraneo si accede da una scala circolare che scende verso la luce al neon. Nell'ampia sala di lettura dal pavimento piastrellato perfettamente pulito, si trova la mia scrivania, con alle spalle scaffali in legno con riviste di culti contemporanei e locandine che invitano a convegni e manifestazioni. La luce arriva anche da piccole finestre luminose in alto sulla destra che danno sul marciapiede della strada. Ricoprono la parete di sinistra ed il fondo dell'ampia sala di lettura, gli alti archivi dai vetri opachi chiusi a chiave. Da un ingresso nascosto da una tenda in tessuto, si entra nella Biblioteca dove gli scaffali ruotano con manovelle girevoli aprendo o chiudendo i varchi per l'accesso alle opere. L'atmosfera è gelida come quella di un obitorio ed in quel freddo, lavoravano le mie modeste cellule grige scaldate dalla passione per il nuovo incarico. La ricerca che stavo effettuando riguardava un prete benedettino esorcista della provincia di Verona, padre Pellegrino Ernetti esperto in pre polifonia, dedito alla registrazione della voce dei defunti con il magnetofono e di don Luigi Borello della società di San Paolo laureato in fisica e dei loro studi sulla crono visione o la scienza per rivedere le immagini del passato. Ero stato selezionato per quell'incarico per la mia abilità nelle ricerche e perché ero stato preso per fame. Non riuscendo a lavorare anche nel weekend avvolto da una coperta, avevo scelto per terminare la relazione, una villetta a due piani al numero 7 di via Jardin Alpin a Meyrin in Svizzera, poco distante dal CERN dove è attivo il Large Hadron Collider,l’acceleratore di particelle, ospite di una amica che non voleva restare tale, ma che non ispirava al mio apparato genitale alcun interesse. Dai capelli vermigli e dagli occhi azzurri della stessa consistenza di quelli delle bambole, aveva un corpo che non lasciava nulla all'immaginazione ma era il suo modo di fare da infermiera per amor dell'arte che mi urtava profondamente. Era comunque gentile con la sua bellezza e la sua laurea in fisica e per questa sua cortesia l'avrei invitata a cena possibilmente a sue spese. Avevo cominciato le ricerche per la relazione due mesi fa, poi avevo fatto la prima stesura e l'avevo consegnata per la supervisione. Era stata approvata dal direttore ma la conclusione del capolavoro era ancora lontana. L'editore aveva le sue scadenze con i ritmi di mercato, ma cervello ed ispirazione si accendevano autonomamente e senza guardare il mio estratto conto. Attualmente la villa con il suo ampio giardino era abbandonata all'uso quotidiano e relegata al ruolo di sede per le conferenze a carattere scientifico. Dopo un breve viaggio in aereo da Milano che non mi aveva consentito un adeguato riposo, l'avevo raggiunta in taxi dall'aeroporto di Ginevra. Immersa in un parco privato aperto al pubblico durante l'estate, aveva viali ben curati con panchine per l'occasionale abbronzatura e cespugli fioriti di viole e ranuncoli. Ponti in legno attraversavano piccole cascate di acqua fresca che spandevano armoniosa serenità e graziosi laghetti dalle superfici trasparenti dove nuotavano pesci colorati, rallegravano il visitatore. Era arredata in maniera confortevole con i mobili in stile Liberty, di cui la maggior parte coperti da teli che non mi ero preso la briga di scostare. Stanze ampie con grandi finestre e corridoi, lasciavano respirare il lungo appartamento senza creare luoghi freddi o caldi ma garantivano un piacevole conforto anche grazie al riscaldamento autonomo. Il proprietario a me sconosciuto, aveva impreziosito le pareti di quadri di ogni dimensione. Cornici pregiate incorniciavano capolavori ad olio con la rinascita metafisica della pittura figurativa di Antonio Nunziante e la pittura astratta dagli orizzonti curvi, dell'inconscio e della visione di Mario Raciti e poi litografie ed acqueforti di autori contemporanei. Le pareti vuote avevano una tappezzeria dai colori intensi come il rosso vermiglione o il porpora per i salotti, piastrelle azzurro oltremare o blu cobalto per i bagni, ed il verde smeraldo per lo studio dove era aperto il mio portatile in attesa che terminassi di scrivere la pagina lasciata incompleta. Notte o giorno non era importante, data la mia abitudine di isolarmi dal resto del mondo chiudendo le persiane. Il problema era mantenermi sveglio e per evitare di sprofondare nelle tenebre dovevo trovare uno stimolante che potesse garantirmi un quarantotto ore di lavoro senza interruzioni. Avevo preso l'abitudine di bere del caffè solubile in confezioni giganti da supermercato e ne avevo portato una con me in valigia. Questi granellini mescolati con l'acqua calda, creavano una brodaglia nera come l'inchiostro che ingurgitavo come una cattiva medicina. La ragazza mi aveva fatto la spesa prima di lasciarmi le chiavi, spinta da una dichiarata simpatia per la mia persona e per la mia fame arretrata di lavoratore precario, ma non avevo ancora controllato l'inventario dei suoi acquisti. Era stata molto gentile anche con il suo invito di tenermi compagnia, ma una ventata di ormoni anche se molto apprezzata, mi avrebbe distolto dall'incarico che dovevo portare a termine. L'orologio sulla scrivania alle mie spalle segnava la mezzanotte e probabilmente la luce esterna che filtrava dalle persiane era quella della luna. Il piano terra era disabitato perché il proprietario era deceduto da tempo. Mentre la casa era stata ristrutturata al piano superiore, il piano terra aveva conservato le suppellettili originarie. Era appartenuto ad un veggente della loggia Lucifero, ex membro dell'Associazione Pitagorica Reghini, una confraternita che aveva le sue basi morali nell’anti cattolicesimo e nel paganesimo e definiva il cristianesimo: diabolico e nemico dello spirito. Linda la mia amica dai capelli rossi, mi aveva confessato che il proprietario del primo piano, dove mi trovavo attualmente, era un suo professore universitario con il quale aveva avuto una sfrenata relazione sentimentale che le aveva procurato le chiavi non soltanto del cuore ma anche di quella residenza, che utilizzava come luogo di appuntamenti clandestini. Un mese fa il professore era stato coinvolto in uno scandalo per presunte molestie sessuali con una sua allieva, dove la sua fantasia di vecchio satiro si era spinta troppo oltre. I giornali ne avevano parlato in terza pagina soffocati dai soliti scandali del politico di turno e dai furti autorizzati alla pubblica amministrazione ma la gogna mediatica, aveva costretto il professore docente di una cattedra in fisica teorica, a trasferirsi in un luogo solitario ed esotico dove l'estradizione non aveva alcun effetto. Gran Maestro della Fraternità di Urantia il cui scopo è trasmettere un insieme complesso di informazioni sulla storia degli universi e dei super universi che costituiscono il mondo, proponeva alle sue "allieve", una cosmogonia estremamente complicata che ruotava intorno a riti dionisiaci che scatenavano le fantasie più perverse. Tutti i locali erano disponibili a venire visitati, tranne uno chiuso a chiave, accanto alla porta della camera da letto che avrei lasciata inutilizzata. Lo stomaco mi ricordava che non avevo ancora ingurgitato cibi solidi ma avevo paura dell'effetto colpo di sonno. Il frigo era effettivamente dotato di ogni cibo che un single avrebbe potuto apprezzare, dalle cotolette surgelate alla macedonia sotto vuoto. Il problema restava il sonno, quel piacevole intorpidimento che mi avrebbe alleviato dai dolori articolari e dalle nevralgie bioculari causate dallo schermo del computer. Ma dovevo terminare il lavoro prima di finire il conto in banca. Chiusi la porta del frigo e mentre il mio cervello andava avanti con la stesura, mi diressi alla piccola porta dello studio che il proprietario assente a tempo indeterminato aveva lasciato incustodita. Era chiusa, senza chiavistelli e non presentava sistemi di allarme che se molestati avrebbero potuto svegliare il tranquillo riposo degli animali del parco. Una volta avevo rotto la chiave della porta d'ingresso del mio minuscolo appartamento e il conto senza fattura del fabbro per la sostituzione non richiesta di una serratura quasi nuova, mi aveva convinto a tenerne una copia sempre nella giacca. Doveva esserci un modo per poter entrare senza ricorrere ad un'ascia o all'esplosivo. Sicuramente il professore l'aveva riposta in un vaso o in un cassetto e quindi avrei passato il tempo in attesa dell'ispirazione in una solitaria caccia al tesoro. Dove poteva averla nascosta, tenendo presente che il locale era all'interno della casa e che quindi non era richiesta una particolare segretezza? Lasciai vagare lo sguardo per la stanza, dai mobili alla cristalliera, dai tappeti persiani ai quadri, fino alle foto di famiglia del professore che scrutavano annoiate il mio lavoro ancora incompiuto. Avevo sonno, ma le scariche di adrenalina per quella caccia notturna lo avevano allontanato temporaneamente. Portandomi dietro il portatile guardai in tutti i possibili nascondigli, battendo la zona come se avessi dovuto fare una ispezione di polizia. Avrei scelto una collocazione segreta ma di facile fruizione in modo da potermela ricordare anche dopo molto tempo. Infatti la copia della chiave era nel vaso delle finte e variopinte orchidee che ornavano in un nutrito mazzo, l'ingresso della camera da letto. L'orologio segnava le due, alle tre sarebbe stata l'ora del diavolo e magari la sua presenza mi avrebbe fatto compagnia. Aperta la pesante porta vidi un locale illuminato a giorno. Il laboratorio era ordinato, ampio ed attrezzato, l'intero arredamento stonava per la sua modernità con il resto della casa. Lungo le pareti correvano una serie di tubi luminescenti di luce rotante ed il soffitto ed il pavimento erano di metallo lucido perfettamente pulito. Un ronzio cupo in sottofondo come di una macchina in movimento era la colonna sonora. La parete di fronte presentava una vetrata spessa dove erano riposti contenitori colorati in materiale plastico con etichette che indicavano il composto chimico. La stanza nel complesso era vuota ed avvolta in una strana luminescenza. La porta si era chiusa autonomamente alle spalle ma la chiave giaceva sicura in una delle mie tasche. Scorsi dei taccuini. Alcuni presentavano diagrammi indecifrabili, altri erano in lingua straniera. Poi c'era una pila di dvd con delle sedute di lavoro registrate e degli hard disk esterni per il lavoro di archiviazione dal computer. Un piccolo portatile su uno dei ripiani superiori riluceva nella sua custodia. Un frigo a scomparti e un piccolo fornello da cucina erano inglobati nella struttura. C'erano formule e citazioni da vecchi libri sui taccuini. Aveva anche gli ultimi testi di fisica quantistica sulla teoria delle stringhe e su quella degli universi multipli. La lettura si faceva interessante e più approfondivo perdendomi nelle citazioni e nei diagrammi di Feynman, più la mia curiosità si faceva appassionata. In uno dei cassetti c'era anche una biografia di Tesla e le sue teorie sui campi magnetici ed il capolavoro della dottoressa Lisa Randall sui "passaggi curvi": l'evoluzione di un mondo a geometria curva con il Bulk o volume pluridimensionale dove la teoria M o l'artefatto enigmatico, è potenzialmente in grado di fornire una struttura veramente completa sulle super stringhe, promuovendo la teoria delle stringhe a teoria quantistica della gravità. Un ampio quaderno presentava uno scritto sulla teoria di Ronald Mallet del flusso circolare di radiazione elettromagnetica in un anello laser. Con l'utilizzo dell'energia laser si è in grado di generare un intenso e continuo flusso di luce dove le curve temporali chiuse per la distorsione spazio tempo in un cilindro rotante, potrebbero condurre una ipotetica particella nucleare nel passato. La posizione nello spazio di un oggetto e la sua struttura non sono modificabili senza l'intervento di una energia fisica ben definita e per evitare l'enorme richiesta che non si sarebbe potuta generare nel laboratorio, il fascio di luce laser avrebbe dovuto passare attraverso una energia moltiplicante che ne diminuisse la velocità ed incrementasse la dispersione molecolare. Il fotone essendo privo di massa, per comunicare la carica elettromagnetica avrebbe interagito solo con oggetti elettricamente carichi o con le piccole scariche sinaptiche della mente. Il professore sembrava sicuro di riuscire ad attivare quella porzione del cervello che gran parte della razza umana mantiene ancora inutilizzata. Gli appunti si facevano sempre più criptici e così abbandonai la lettura. Era tutto molto pulito e l'ordine era chiaramente una sua qualità. Doveva viverci in quel laboratorio e se aveva come me il problema dell'ispirazione, sicuramente nel frigo avrebbe dovuto tenere dei generi di conforto. C'erano provette e contenitori in materiale plastico con sostanze scure ed etichettate con le marche dei principali caffè che rendevano il professore sicuramente un esperto in materia. Anche lui aveva il problema di come massimizzare il tempo per rendere ogni secondo altamente proficuo. Nel frigo c'era anche una agenda moak con indicate le miscele e le dosi da usare per ciascun preparato. Ma quale miscela sarebbe stata la più indicata per consentirmi di passare il weekend portando a termine il lavoro? Guardai l'intero elenco con la storia di ciascuna ed il composto chimico per realizzarla. Avevo soltanto l'imbarazzo della scelta e restava il fatto che il mio caffè solubile aveva come unica qualità quella di farmi correre in bagno. Presi la miscela Krono dall'elevatissimo profumo di fiori e miele seguito da una bella punta di frutta secca a nocciolo con note speziate di liquirizia, tabacco, rabarbaro con sentori di erbe aromatiche e di caramello e cereali e una punta balsamica di menta, anice ed erbe alpine e mi diressi al fornello usando la caffettiera che si trovava sul piccolo lavandino. Accesi il fornello sovrastato dal cupo ronzio dei generatori che respiravano come gigantesche cicale nel sottofondo. Dopo pochi minuti la miscela era pronta. La tazza risplendeva per le luci e per lo smalto del contenitore. Aveva un buon sapore. Intenso e penetrante e con un piacevole retrogusto amaro che sapeva di erbe esotiche come il peyote. Ripulito il lavello fin nei minimi particolari grazie alla calda intensità della luce, riposi la caffettiera nel cerchio lasciato dal suo proprietario. La luminosità era diventata particolarmente vibrante o forse era la bevanda che stava cominciando a fare il suo effetto. Sentivo un calore irradiarsi dappertutto e tenendo presente che il corpo è composto in maggior parte di liquidi, stavo per raggiungere un punto di piacevole ebollizione. Il cervello si accese e tornò l'ispirazione. Attivai il computer per terminare il lavoro che mi avrebbe garantito qualche mese di serenità economica. Mi sentivo rilassato come dopo un buon sonno ristoratore. Mi appoggiai su un supporto ribaltabile del laboratorio e continuai a scrivere la relazione. Guardai attraverso la vetrata, imprigionata in un cubo di plexiglass, la foto di un uomo sulla cinquantina in abiti datati che doveva essere il Veggente, circondato da un gruppo di signori vestiti di nero seduti in circolo davanti alla villa immersa nel parco. Ricordava la riunione di un convegno. Alle loro spalle un gruppo di trenta ragazze dall'aria stordita. La foto sembrava risalire ad un periodo del passato, prima della seconda grande guerra. Mi sentivo pieno di energia e l'orologio digitale da polso segnava le tre. L'ispirazione era tornata con un ritmo scandito dal metronomo cerebrale che indicava parola dopo parola il percorso da seguire. Un bagliore e la vista diventò intermittente come se fossi stato colpito da flash ripetuti. I colori si fecero più vividi e la stanza diventò trasparente. Il verde della parete ed il rosso dei tappeti della stanza accanto si fecero più brillanti e sembravano pulsare. Le immagini dei quadri diventarono come le teste liquide ed urlanti dei dipinti di Bacon ed il silenzio diventò assordante dallo scandire ritmico del respiro e dal ticchettio delle dita sulla tastiera. La testa era circondata da un cerchio di luce ed il mio volto pareva trasfigurato nello specchio della vetrata e ciascun poro brillava indipendente segnando i tratti somatici con impulsi luminosi come nella tecnica del puntinismo di Seurat. La mia figura si stava dissolvendo in particelle elettriche dai sapori impercettibili. Vedevo me stesso in piedi alla tastiera del computer, teso e concentrato a concludere il lavoro. Restai un tempo indefinibile nella luce bianca della pittura del soffitto contemplando questo fenomeno di bilocazione con lo spazio che diventava quadridimensionale. Nell'intensità cromo dinamica dello straordinario scenario da ipercubo che si stava componendo, non c'erano massa e gravità e le pareti diventarono cristalli, colorati in giallo e vermiglio di un delicato pastello prima poi accesi con tutta la rabbia del colore. Lo sguardo era tutto e come un occhio onnipotente, attraversava la campagna illuminata nel verde di un visore notturno e poi c'era il cielo immenso vuoto e profondo con il suo spazio scuro senza stelle che sovrastava il parco buio e gelido come il cuore di un cadavere. Il pavimento si lasciò attraversare e raggiunsi una dimensione olografica della realtà. Spirali azzurrate e stringhe eterotiche fluttuanti come increspature di luce nel tessuto del tempo, erano corde vibranti dai sapori tesi di un vigore ibrido. Il liquido che avevo bevuto con il suo gusto estremo, aveva causato un mutamento strutturale ampliando facoltà chiaramente occulte. Mentre in alto, restavo nel presente, appoggiato in piedi al supporto ribaltabile del laboratorio a terminare la mia opera sperando in un capolavoro degno di un aumento, in basso sembravo seduto su una poltrona di pelle in un piccolo stanzino. Un calendario da muro citava il 1940 ed ero sicuro di trovarmi al piano inferiore della residenza dove si svolgevano le conferenze. L'illuminazione era garantita dai crepitii elettrici per la gravità statica e dai leggeri bagliori delle radiazioni ultraviolette dovute al trasferimento. Il ripostiglio della servitù dove ero finito, rivelava degli scaffali di coperte, tovaglie ed attrezzi per le pulizie. La mia consistenza era diafana e trasparente. Non mi riflettevo negli specchi e avevo solo un contorno evanescente di luce azzurrata. Attraversai la porta del ripostiglio e mi trovai in una sala immensa. Stucchi al soffitto con ritratti ad ovale sulle porte, lampadari di cristallo spenti ma tintinnanti per le gocce in vetro di Murano sospese al vento della notte che proveniva dalle ampie finestre. Ritratti appesi di nobili di altri tempi che mi fissavano austeri e poi odalische nude adagiate su morbidi cuscini che fissavano provocanti il visitatore. L'intera sala aveva dei tavoli addossati alle pareti rivestite in legno, ricoperte di tovaglie rosse dai bordi in pizzo. Al centro piccoli tavoli circolari con drappi del medesimo colore, la dividevano da una libreria alta fino al soffitto piena di volumi, che veniva riflessa dai numerosi specchi di circa tre metri che moltiplicavano la luce di alte candele come ceri da funzione liturgica. C'era anche un pianoforte a muro chiuso con ai lati appliques spente, ma tutto intorno nell'aria arrivava da lontano una musica di canti sommessi al suono di flauti, che faceva risorgere dal silenzio sensazioni di piacevole attesa. La luce si era fatta più evidente nell'architrave della porta principale ed era apparsa una fanciulla nuda con un mantello nero sulle spalle che lasciava intravedere il rosso della fodera. Era sorridente e bella e bianca dove il nero era l'inchiostro di un calamaio proibito. Alla testa di un gruppo di coetanee dagli sguardi fissi segnava il passo. Il gruppo danzava e sembrava celebrare un rito millenario per risvegliare desideri che la notte e l'oscurità portano in sogno. Cercai di portarmi all'estremità della sala e di nascondere i miei contorni luminescenti tra i panneggi delle tende che ornavano le alte finestre. Le ragazze non erano sole ma seguite da uomini in abiti scuri di buon taglio. Non sembravano vedermi e la mia fisicità apparente poteva venire attraversata da sguardi ed oggetti senza subire ferita. Due ragazze ogni dieci portavano alti stendardi rossi con simboli massonici ricamati in oro che oscillavano come bandiere al ritmo della danza che attraversava il salone, in un girotondo gioioso di seni oscillanti e di gambe snelle. Gli uomini si sedettero attorno ai tavolini al centro della sala mentre intorno le giovani adolescenti continuavano a danzare. L'orchestra dei flauti a sette canne erano le ultime sei ragazze che suonavano ritmando sul posto, la danza delle compagne. Il lungo tavolo e la sua superficie in legno pregiato, diventarono l'altare per una rappresentazione pagana, sotto lo sguardo di una figura alta ed intensa che doveva essere il proprietario. Il Veggente doveva celebrare qualche rito a me sconosciuto e rimasi a guardarlo mentre dirigeva la rappresentazione dal profumo dionisiaco, come un sapiente regista. Osservava ammirato e compiaciuto, accarezzando due fanciulle alte dai capelli neri, vestite da simbolici drappi trasparenti. Le sue mani anziane ed esperte, praticavano languide carezze sulle sporgenze tornite e disponibili. Lentamente la danza arrivò alla sua conclusione fino a quando ad ogni tavolo due ragazze erano accanto a ciascun membro. Il soffitto trasparente continuava a rilevare la stanza al piano superiore e la mia figura concentrata al computer nella luce pulsante del viaggio temporale. Nell'appartamento sottostante restavo spettatore di quel sabba gioioso mentre il tempo viaggiava fermo in quella iper dimensione di presente e passato. Le ragazze lasciarono cadere a terra i loro mantelli ed appoggiarono gli stendardi alle pareti della sala e poi con gli abiti, restarono a terra gli ultimi pudori. Rimasi a guardare quello spettacolo dal vivo che andava con i suoi sospiri, a sommergere l'ondata giocosa dei flauti che ritmava gli incontri dalle molteplici posture. Il rito si stava concludendo per il lento scandire dei ritmi della passione e della musica che sembrava rallentare la scena per cercare di allontanare il momento dell'estasi. Il mio orologio segnava sempre le tre di notte ma ore sembravano trascorse. La stanza si stava svuotando e gli adoratori del culto esoterico, andavano ricomponendosi nella serietà dei loro abiti austeri. Le fanciulle restarono a giocare nude in una sala, correndo a piedi nudi sulla superficie grigia di cenere che ricopriva il pavimento come polvere di ali di angeli decaduti e la luce del camino fiammeggiante coloriva i corpi di una passione ardente ormai sopita. Gli uomini dopo essersi rivestiti restarono seduti ai tavolini e cominciarono a bere da caraffe colorate in un allegro convivio. Il Veggente come un figlio del Sole, nudo e avvolto da una toga rosso porpora, beveva e rideva partecipando con gusto alle celebrazioni. L'estasi filosofica era un rito esoterico accessibile a pochi. Segreto o incomunicabile al volgo. Metafisico perché si sviluppava negli stati superiori della coscienza. Lo scopo era unico: raggiungere la conoscenza, l'immortalità, la beatitudine, la perfezione dove l'anima si immerge per sette eternità attraversando la Nona Porta. Sic Luceat Lux. Mentre la celebrazione sembrava giungere alla sua conclusione mi chiedevo dove si fosse nascosto il professore. Non era all'estero per qualche viaggio di affari ma sicuramente trasferito, in questa nuova dimensione. La casa era grande ed il suono era la compagnia delle risa delle fanciulle ed il brusio delle voci ed il tintinnio dei bicchieri. Dietro una porta si sentiva un rumore come di legno contro legno e le grida soffocate di una ragazza. La visione olografica della mia mente superò la concentrazione degli atomi della porta e trovai il professore e l'allieva in un gioco di incroci e di scambi che non aveva nulla di culturale. La tridimensionalità del vecchio che avevo riconosciuto da una foto sullo scrittoio dello studio al piano superiore, aveva qualcosa di brillante. Un alone selvaggio di luce che si irradiava in corpuscoli luminescenti e aggrediva la stanza con contrasti di luce che cangiavano il colore delle tappezzerie damascate. Ammirava se stesso riflesso nello specchio della sala, mentre introduceva con violenza quella parte turgida dal desiderio e dal viagra in orifizi ancora incontaminati. I suoi occhi saettavano demoniaci nella sua contemplazione. I capelli grigi con una traccia di biondo erano radi e scompigliati dallo sforzo ed il corpo accuratamente depilato imperlato da rivoli di sudore. Con un sorriso di compiacimento ghignava beffardo mentre accompagnava il movimento ritmico delle anche schiaffeggiando la ragazza sul volto ed incitandola a non terminare precocemente quell'estasi a lungo desiderata. La ragazza dal corpo sinuoso e bianco come una lastra di ghiaccio caldo, cercava di divincolarsi e di fuggire alla presa. Il professore si era fermato e con uno schiaffo era riuscito a provocare un grido nella giovane, causando l'apertura della bocca che ora veniva riempita da un desiderio caldo e gelatinoso. Con un calcio l'allontanò da se e rimase a guardasi esausto ma felice nello specchio. C'era riuscito. Era arrivato dove voleva. In quella dimensione temporale delimitata dal cerchio di luce, dove atomi impalpabili eccitavano lo stesso spazio, lasciando sempre rinnovato nel tempo quel piacere che sarebbe andato perduto. Il suo sguardo diventò più attento, non hai lamenti della ragazza che non era abituata ad un simile trattamento, ma alla mia immagine che si era delineata nello specchio. La mia improvvisa fisicità dovuta al meccanismo di Higgs per cui le particelle acquisiscono massa ed i miei abiti confortevoli, lo avevano fatto sussultare. Una simile modernità era ancora lontana dalla mente degli stilisti di quell'epoca. Raccolse i suoi vestiti appoggiati sulla sedia spintonando la ragazza verso l'uscita. Mi rivolse un sorriso seccato e con un cenno del capo mi invitò ad avvicinarmi. Era stupito della mia presenza e che avessi scoperto il segreto della sua sparizione. Gli raccontai degli eventi generati dal caso e da una notte di lavoro, dove il caffè dalla sua curiosa miscela era diventato l'elemento catalizzatore. Ci sedemmo entrambi esausti dall'esperienza di una notte insonne. Nella cornice della fotografia che aveva imprigionato poi nel plexiglass, aveva trovato le indicazioni lasciate dal Veggente per trovare il volumetto di ricette. Aveva seguito le sue indicazioni fino a trovare la giusta miscela che consentiva di trasformare la mente umana in una macchina del tempo e di proiettarla nel periodo voluto. Il periodo che aveva scelto era il giorno della celebrazione di un rito massonico e propiziatorio di quell'estate del 1940 che lo avrebbe messo sullo stesso livello temporale del proprietario della villa. Ci aveva messo un anno a costruire l'impianto utilizzando i fondi deviati da una ricerca sperimentale e la scoperta della miscela di caffè aveva fatto il resto. Esausto ma felice di quel selvaggio accoppiamento aveva cercato di darmi una spiegazione scientifica della mia presenza in quella dimensione, ma la mia cultura letteraria era riuscita ad afferrare soltanto poche nozioni, al torrente di informazioni scientifiche che era riuscito a trasmettermi tra un respiro di affanno e l'altro. La sola differenza tra i mondi dimensionali è la loro lunghezza d'onda. Questa è la chiave dell'intero universo. Quello che faceva questa miscela era innescare un processo per mutare con l'utilizzo dell'anello laser, la lunghezza d'onda. Lo spazio è un pieno continuo nel quale non è possibile esista il vuoto. Ogni volta che i suoni o le immagini di un avvenimento colpiscono la materia vengono trasformati in energia statica che possono in determinate condizioni venire resuscitati e rivissuti. Il Big Bang è stato l'origine non solo di questo universo ma anche di tutti gli universi paralleli presenti in una diversa lunghezza d'onda. Il Super universo è una sfera in espansione con al centro il Big Bang. Le linee d'universo individuali si espandono in lunghezza ed in larghezza irradiando a partire dal centro. Ogni singolo evento su una linea d'universo ha infinite possibilità ed esiti. Nel cercare di immaginare un super universo con infinite possibilità è come una stanza con tanti specchi che riflettono altre stanze. La macchina della distorsione temporale permette di uscire da quella in cui ti trovi ed andare a quella accanto. La sorgente di energia che permette di distorcere la gravità deriva da due micro singolarità create con un impianto circolare. L'evento duale degli orizzonti e la loro massa viene manipolata iniettando elettroni sulla superficie delle rispettive ergo sfere e questo procedimento viene garantito dalle batterie di backup di una sottostazione al CERN che non vengono utilizzate durante i normali esperimenti ma delle quali si può accedere in maniera occulta grazie ad una autorizzazione falsificata. La misurazione della divergenza della linea d'universo è una osservazione variabile isolata nell'unità di distorsione come un sonar di gravità che mantiene costante le variabili di campo. L'unità di distorsione raggiunge il suo obiettivo di destinazione usando dei sensori di gravità molto sensibili e orologi atomici. Impostando una data, il sistema di controllo della sottostazione del CERN gestisce il campo gravitazionale e consente di raggiungere le coordinate prefissate. Il campo generato cattura le singolarità all'interno di un potente acceleratore di circa un teraelettronvolt di energia e la loro massa ed il loro movimento sono alterate per calibrare la misura della ergosfera per il trasferimento cellulare. Quello che viene creato nel nostro caso è un anello temporale in cui siamo sospesi sempre nello stesso spazio tempo alterando la funzione d'onda tridimensionale ed il principio antropico per cui noi viviamo in quell'universo la cui struttura sia compatibile con la nostra esistenza. In pratica erano sempre le tre del mattino di quella notte di luglio del 1940 e gli unici che sembravano consci della ripetitività degli eventi, eravamo io, il Veggente ed il Professore. Gli altri diventavano semplici pedine da poter usare a nostro piacimento. Il Professore sembrava contento di poter parlare con qualcuno di familiare e mi chiese se avevo conosciuto la sua studentessa dai capelli rossi. Fece degli apprezzamenti così toccanti che mi fecero capire che non era solo abile sui libri di fisica ma anche nei giochi sadomaso. La porta della sala si aprì e il Veggente che nel frattempo aveva indossato degli abiti più adatti al suo ruolo, entrò nella stanza. Il Professore fece le presentazioni e spiegò la mia presenza inopportuna. Il Veggente non sembrava infastidito, ma felice di poter condividere con me quella esperienza di una vita immortale. L'idea di rivivere all'infinito quell'evento non mi rendeva particolarmente felice. Il professore aveva programmato un anello laser che garantiva a chiunque avesse attraversato la stanza di restare per sempre in quella brana di sospensione temporale. Ero dunque sparito completamente dalla mia dimensione e non vi avrei fatto più ritorno o esisteva la possibilità di ritornare al mio lavoro e di rivedere le stelle? <Da quanto tempo è che va avanti questa storia?> gli chiesi. <Da circa un mese.> Rispose affabile. <Quindi è da un mese che si ripete sempre la stessa festa e da che ora a che ora?> < Da mezzanotte fino alle sei del mattino poi tutto ricomincia da capo. Naturalmente c'è la possibilità di apportare delle variabili pur rimanendo nella stessa costante spazio temporale.> Aggiunse il Professore pettinandosi la chioma di un biondo spento. <Se non avessimo programmato questo incontro sarei dovuto morire il prossimo mese di un male incurabile.> Continuò il Veggente cercando di spiegare la situazione. <Ho scelto questo momento sapendo che i gusti del Professore coincidevano con i miei!> Era tutto molto chiaro adesso ma mi stavo chiedendo come avrei fatto ad uscire da quella situazione abbastanza spiacevole. <Cerca di vederne i lati positivi.> Mi disse il Professore. <Puoi sempre divertirti quanto ti pare senza dover rendere conto a nessuno. Gli altri non sanno di questa loro condizione e possiamo manipolarli come vogliamo.> Per lui era un gioco e doveva anche essere l'unica soluzione ad una realtà che lo aveva emarginato per sempre con lo scandalo sessuale.< In questa dimensione temporale possiamo comportarci normalmente mangiando e bevendo o non è necessario?> Chiesi cercando di razionalizzare. <Puoi fare quello che vuoi.> Mi rispose il Veggente con un sorriso cercando di portarmi dalla loro parte. Mi era venuta fame così decisi di recarmi in cucina per fare uno spuntino. <Io vado a mangiare qualcosa.> Dissi alzandomi. <Voi continuate pure il vostro festino.> I due sembravano molto contenti della mia risposta e mi invitarono a partecipare. Li ringraziai scusandomi e mi diressi alle cucine della villa. Due ragazze nude stavano rincorrendosi tra loro lanciando acute grida di divertimento. La cucina era ampia. Padelle e casseruole erano appese vicino al forno ed una superficie di marmo lucido faceva da bancone. Seduta sul lavandino una ragazza nuda stava mangiando un frutto con fare sbarazzino. Mi diressi al frigo ignorandola come se fosse fatta di materia oscura. Mi salutò con un cenno della mano e mi invitò a gustare dell'uva. Rifiutai ed aperto il grosso frigo trovai all'interno tutto il necessario per aumentare il mio colesterolo. Ma in quella dimensione sarei potuto ingrassare? Tirai fuori un piatto di cacciagione già cominciata e mi sedetti al tavolo della servitù mentre la ragazza continuava a guardarmi. Era molto carina con quel bel corpo magro dai seni sodi e dalle lunghe gambe. Mangiai alcune fette di carne mentre la guardavo con compiaciuta insistenza. Non sembrava rendersi conto della situazione e del mio abbigliamento eccessivamente moderno. Arrivò un'altra ragazza bionda e minuta e si diresse verso la caraffa d'acqua bevendo dei lunghi sorsi. Mi sentivo sazio e felice. Mi alzai e guardai le due fanciulle nude che mi stavano sorridendo. Il mio orologio da polso segnava sempre le tre di notte. Ero stanco, frastornato dal loro profumo ormonale e piuttosto eccitato. Le ragazze mi guardarono ammiccanti. Poi più che il dolore della separazione dal mio mondo poté il digiuno. Dovevano essere passate delle ore o forse dei minuti o forse mi ero semplicemente spento dopo l'accoppiamento inusitato. Non mi era dato saperlo data l'inutilità del mio orologio digitale. La pendola dell'anticamera segnava invece la mezzanotte e di conseguenza il rito avrebbe dovuto ricominciare. Mi diressi nell'ampia sala e vidi arrivare la folla delle ragazze e dei gentiluomini con tanto di frac e cilindro. Il Veggente ed il Professore li stavano ricevendo con esagerata cortesia. <Ti sei divertito in cucina? Com'era la selvaggina?> Mi chiese ammiccando il Professore che salutava palpeggiando le ragazze che si sottraevano alle sue carezze lascive ridendo sguaiatamente. <Devo dire di aver fatto un pasto completo.> Risposi sorridendo e cercando di reggergli il gioco. Salutai anch'io i gentiluomini ritirando cappelli e cappotti come se fossi della servitù. Il Veggente stava dando delle disposizioni alle ragazze invitandole a spogliarsi nel vestibolo. Il rito della Mors Osculi o bacio della morte avrebbe avuto inizio tra poco. Il Professore intratteneva i fratres Lucis facendo battute piccanti ed invitando i signori ad entrare in sala in attesa delle ragazze. Le suonatrici del flauto di Pan cominciarono i loro esercizi di riscaldamento mentre le danzatrici indossavano nude i mantelli di color nero e porpora. Non mi rendevo ancora conto delle variabili che avevano messo in atto i due satiri ma la mia sensazione era che il rituale si stava sempre di più concentrando verso gli accoppiamenti sessuali che sul significato massonico dell'evento. Li lasciai ai loro divertimenti e mi recai nella stanza dove mi ero trasferito dal piano superiore in questo tempo circolare. Avevo lasciato il portatile sulla sedia e volevo vedere se per pura follia continuava a funzionare. Attraversai la sala principale ancora illuminata di corrente elettrica, mentre alcuni signori in frac avevano cominciato l'accensione delle candele. Entrai nello stanzino afferrai il computer, mi sedetti e lo accesi. Era partito grazie alla batteria che segnava una ricarica completa ma il segnale di Microsoft Edge non dava alcun collegamento. I flauti avevano cominciato a suonare la danza degli incontri per l'estasi filosofica e di conseguenza avevo del tempo da dedicare per trovare una soluzione. Uscito dallo stanzino vidi arrivare la prima ragazza nuda che non sembrava vedermi. Prima del rito erano state tutte drogate con una mistura di secrezioni sessuali ed allucinogeni chiamata Amrita. Attraversai il gruppo delle danzatrici, mentre fuori dalla sala i gentiluomini in silenzio, aspettavano ansiosi il momento del loro ingresso per partecipare alla messa rossa. Salutai con un cenno il Professore ed il Veggente che vedevo molto contenti di ritornare alla loro principale occupazione. Vagai per le sale ampie e spaziose e completamente deserte, fino a quando scorsi un ampio scalone che conduceva al piano superiore. A metà della scala c'era un intenso bagliore di luce liquida vibrante che rifletteva la sala come uno specchio distorto. Mi avvicinai indisturbato e mi sedetti con il portatile su uno dei gradini. C'era come un doppio riflesso. Il muro di luce opaca non poteva essere valicato ma potevo attraversare la prima cornice vibrante. Non potevo andare al piano superiore. Non potevo ritornare al mio tempo e mi chiedevo quanto ancora avrebbe fatto effetto la miscela di caffè sul mio organismo. Mentre ero perso in quella triste meditazione scorsi ai piedi della cornice di luce vibrante una presa elettrica. Il mio computer era dotato di una spina universale così effettuai il collegamento ed accesi il portatile. Sentii un grido. Non era di piacere e di felicità ma sembrava quello di un animale ferito. Lasciai il computer inserito e lo abbandonai temporaneamente. Le grida arrivavano da una delle stanze ed erano veramente strazianti. La porta della sala era chiusa così la buttai giù con un calcio. Il Professore era nudo e stava inchiodando una delle ragazze sul tavolo in mogano dopo averla legata. Aveva uno sguardo bestiale. Quando entrai stava per iniziare a sistemare i piedi in modo da consentire una posizione definitivamente stabile per il futuro accoppiamento. Lo colpii al viso poi ficcai un fazzoletto da tasca nella bocca della ragazza per cercare di avere un po' di silenzio. Il vecchio sembrava sorpreso. <Ma che diavolo ti prende! Ti rendi conto che fra qualche ora sarà tornata come prima!> Tornai a zittirlo poi cercai qualcosa per poter far leva sui chiodi e liberare la ragazza. <Non pensa di aver superato il limite? Dove vuole arrivare?> Mi guardò fisso con uno sguardo terribile. <Da nessuna parte. Sono già dove voglio essere e prima o poi anche tu dovrai adattarti!> Si era alzato ed era uscito nudo dalla stanza. Avevo liberato la ragazza facendo leva con una posata di robusto argento e le stavo bendando le mani con dei tovaglioli. La poverina mi guardava come un animale ferito e le scariche di adrenalina avevano ormai superato l'influenza delle droghe che avrebbero dovuta tenerla docile e remissiva. La portai in braccio in una delle camere da letto dopo averla stordita con una bottiglia di brandy. Uscito dalla stanza guardai il portatile sempre acceso e collegato alla presa, in tempo per sentire le grida festose delle ragazze tramutarsi in urla di paura e di dolore. In fondo al corridoio la luce crepitava di bagliori e le grida avevano sostituito i canti cerimoniali. Mi avvicinai lentamente alla sala ed alla sua luce fiammeggiante. Volevo scappare ma non riuscivo a muovermi. Lentamente avanzai e nell'architrave della porta cominciarono ad arrivare al mio cervello le prime inquadrature. Lo sguardo stentava a mettere a fuoco la pira che consumava con una fiamma selvaggia il corpo di una delle fanciulle, mentre le altre in preda al terrore, correvano nude inseguite da uomini nudi ed armati di coltelli e bastoni. Il Veggente ed il Professore erano in disparte coperti di sangue ed osservavano con compiacimento, l'orgia di sesso e di dolore che si stava consumando. Gli uomini dopo aver terminato il rito, avevano ricevuto l'ordine di eliminare le ragazze ed ognuno stava dando libero sfogo alla sua fantasia. Nella stanza c'era un forte odore di carne bruciata che l'incenso non poteva più soffocare. Il pavimento in legno era intriso di sangue ed anche le pareti presentavano schizzi arteriosi. Solo il soffitto con il suo cupo biancore stendeva un sudario di dolore sui resti delle povere fanciulle. Restai a guardare la scena per un tempo incalcolabile e provai orrore per quel mondo in cui il forte per la sua brama di potenza, di ricchezza e di piacere sessuale aveva diritto a ridurre ad un oggetto il più debole. Stavo sprofondando in un circuito temporale eterno senza più memoria, senza più colpa, senza più morale ed etica, dove la parola uomo o belva assumeva lo stesso significato. La pendola della sala segnava le ore sei. Mi sentivo stordito con la vista annebbiata. Poi fu un bagliore bianco ed i piccoli globi di luce azzurrata tornarono a formare l'immagine della sala del rito, spoglia e vuota nella penombra. Ora la pendola segnava di nuovo la mezzanotte. La palingenesi dell'anello laser avrebbe generato di nuovo l'evento della iniziazione della Mors Osculi. <Devi cercare anche tu di divertirti.> Disse il Professore battendomi una mano sulla spalla. <Ricordati che non puoi andare da nessuna parte.> Mi sorrise allegro nel suo abito scuro ed in compagnia del Veggente, tornò a ricevere gli ospiti che stavano arrivando. Gli uomini erano tornati a salutare e le ragazze festose a prepararsi per la cerimonia. Chiesi al Professore quanto sarebbe durato l'effetto della miscela e lui mi rispose con un sorriso sardonico che l'effetto sulle mie molecole era permanente e fino a quando il generatore di campo fosse stato acceso non sarei potuto tornare nel mio mondo. Il Veggente mi sorrise e mi invitò, se non ero interessato alle celebrazioni orgiastiche, ad usufruire dell'ampia e fornita biblioteca che avrei trovato poche stanze più avanti o della cucina con il suo frigo sempre pieno di gustose pietanze. Ringraziai entrambi e con una scusa mi diressi al portatile che avevo lasciato alla parete di luce liquida a metà delle scale. Avevo freddo e mi sentivo stanco non tanto fisicamente perché ad ogni riapertura del cerchio tornavo come prima, ma per l'esperienza mentale che si imprigionava nella mia memoria olografica aumentando la mia solitudine. Mi sedetti sulle scale e cercai di effettuare un collegamento Internet ma la frase “non sei connesso ed il Web non é lo stesso senza di te” si congelava sul desktop colorato che presentava una foto della mia attrice preferita sorridente e gioiosa. Ma non c'era alcuna gioia in quel luogo. Solo un dolore pulsante alle tempie per quella oscurità prolungata dei sentimenti e del cuore. Per quell'abisso immenso e vuoto che sembrava tornare all'infinito dove ogni desiderio sembrava diventato possibile. Il collegamento si verificò inspiegabile alle tre di una notte. La pagina di Google si era materializzata. I colori erano nitidi e non sembravano esserci dei rallentamenti. Cercai l'indirizzo email che aveva all'università la ragazza dai capelli rossi e lo trovai nell'elenco che avevo sul mio sito di posta elettronica. Le ho inviato questo racconto al sito lindapa@unimi.it. Essendo una blogger accanita forse riuscirò a trovarla on line nel campus della sua Università. Ho scritto anche al sito del Cern, Ti.Operation@cern.ch per avvisare i supervisori di fare un controllo sui picchi improvvisi di energia che si possono verificare dopo la mezzanotte. Ho inviato alla segreteria del caffè Moak questo racconto per sospendere la produzione della miscela Krono i cui componenti sono da loro prodotti, prima che finisca nei supermercati. Se leggete questo scritto dovete avvertire le Autorità di Pubblica Sicurezza di venire qui a Meyrin a spegnere l'interruttore generale della corrente elettrica per far cessare tutto e per farmi tornare a casa. La chiave della porta del laboratorio è nella mia tasca ma il Professore mi ha assicurato che basta interrompere l'energia per causarne l'apertura. Potete controllare la mia identità temporanea di lavoratore a Progetto scrivendo al cesnur_to@virgilio.it. Chiedete del Bibliotecario Luca che potrà garantire la mia seria professionalità e la fede sincera del mio cuore. Qui sono sempre le tre del mattino e tutto ricomincia come un nuovo inizio. Ho cercato di salvare alcune delle ragazze da un supplizio orribile ma tutto sembra inutile. Sono stanco ed ho paura di non poter resistere. Ho evitato che le ragazze venissero drogate ma dopo un breve conflitto sono diventate comunque prede degli uomini in nero. Ho provato a convincere gli uomini della sconsideratezza di quella celebrazione ma né il ricorso ad una morale sociale né quello ad una autorità religiosa o all'Onnipotente hanno sortito alcun effetto. Basta che avvertiate l'Autorità costituita e tutto questo sarà stato solo un lungo incubo. La batteria si sta scaricando e non sono sicuro di avere abbastanza energia per inviare questo racconto. Ogni notte alle tre sono qui, seduto ai piedi della scala, vicino alla luce in attesa del trasferimento. Dovete solo interrompere il generatore di corrente elettrica! Aiutatemi a tornare a casa! Aiutatemi a tornare al Purgatorio della mia vita quotidiana prima che l'Inferno di questa dimensione mi porti via per sempre. Il Ricercatore a Progetto.
N.B. Il racconto è frutto di fantasia e persone, cose, fatti o luoghi sono pura invenzione. Forse!