RIVISTE & RIVISTE
Contro l’ovvietà & controcorrente
Il Dictionnaire des idées reçues
fu pubblicato postumo, nel 1913,
trentatré anni dopo la morte del-
l’autore (nientemeno che Gustave
Flaubert, l’autore di Madame Bo-
vary). Vi si trova tutto ciò che
avreste voluto sapere su come ge-
stire una conversazione senza dir
nulla, senza proferire altro che
delle ovvietà.
Ecco, idée reçue è l’ovvietà, è ciò
che si dà per scontato senza met-
terlo in questione, spesso senza
neppure pensarci su prima di di-
chiararsi (ovviamente) d’accordo
col proprio interlocutore. Se è ve-
ro (come non è vero) che «la si-
narchia governa segretamente il
mondo» e che esiste (come non
esiste) «una direzione occulta del-
la storia» (panzane che, in forma
di parodia, Umberto Eco sotto sot-
to spaccia per vere nel suo Pendo-
lo di Foucault), remare controcor-
rente vuol dire reagire, o cercare
di reagire, all’imposizione del ser-
vo arbitrio, e farlo in nome di una
piena e consapevole libertà di de-
cidere. Anche a costo di rimetterci
la pelle (lo insegna il caso di san
Tommaso Moro) per ribellarsi alla
capziosa ovvietà di uno «spirito
universale» che taluno, sulla falsa-
riga di Hegel e della sua Fenome-
nologia, crede onnipotente, in gra-
do di sussumere in sé i piccoli e
grandi eventi della storia.
Nel suo saggio Contro l’ovvietà
(Ares, Milano 2016, pp. 264, €
18), uscito da pochissimo, Massi-
mo Venuti, in forma spesso volu-
tamente polemica, ma con ele-
ganza e gran senso della sprezza-
tura, ci ripropone l’eterno quesito
della libertà creaturale. La libertà
di difendersi dalle pastoie del-
l’ovvietà ricalca lo schema kan-
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tiano dell’uomo libero in quanto
morale, in quanto in grado di sot-
trarsi all’arbitrio della natura. Ov-
vio (fin troppo) è dover ammette-
re che la Nona di Beethoven na-
sce sotto le ali della massoneria
viennese e con l’intento di cele-
brare la fratellanza tra i popoli.
Venuti, da filologo ma anche da
fine musicologo, smonta l’aned-
dotica corrente pezzo per pezzo,
facendo della Nona il parto di una
mente egotica e borderline, servi-
le nei confronti dei cortigiani
viennesi e, in breve, «umana,
molto umana». Venuti riconduce
nel mondo quanto il capriccio
delle mode relega nel limbo so-
vrastorico, metastorico anzi, dei
«valori»: egli mostra di ben sape-
re che questi ultimi esistono, è
chiaro, ma afferma che essi non
sono quelli che la miopia dei
mezzi di informazione identifica
e tramanda come tali. Tra il fon-
damento e il fondato, ossia il filo-
sofo che investiga il primo, egli
prende risolutamente le parti del
divino e dell’inconoscibile, impu-
tando alla filosofia un tradimento
che risale ai greci (di cui i dialo-
ghi platonici, il Cratilo e il Teete-
to soprattutto, rendono ampia te-
stimonianza).
Innervano questo saggio, dalla
prima pagina all’ultima, il dédain
supercilioso dell’iniziato, il critto-
gramma dell’alchimista inorridito
dall’umano, il contemptus mundi
dell’anacoreta. Si può anche non
amare questo libro, ma bisogna ri-
conoscere al suo autore una co-
erenza discorsiva che fila diritto
dall’inizio alla fine, a onta del suo
idioma talora ostico, o non sem-
pre e del tutto accessibile.
Venuti ci mette a parte di verità
per lo più sgradevoli, o difficili da
digerire, sia verità storiche sia
quelle imposteci dalla cronaca
corrente. Sulla descrizione del-
l’imperialismo sanguinario del
condottiero Giosuè – storicamen-
te corretta, ma una facile esca per
l’antisionismo dei nostri tempi –
non v’è nulla da eccepire. Resta
la sensazione penosa di un pugno
sferrato allo stomaco dei lettori
più impressionabili, sicché – get-
tando il suo sasso – Venuti rischia
una deriva di segno opposto a
quella da lui auspicata: la verità,
se troppo sgradevole, se pericolo-
sa, è più facilmente oggetto di ri-
mozione, la psicanalisi ce lo inse-
gna, che non di accoglimento.
«Uno dei testi più luminosi del
trito orizzonte editoriale italico»
lo ha definito La Voce del 9 luglio
di quest’anno. «Disorientante e
nel medesimo tempo utilmente
provocatorio», così Maurizio
Schoepflin su Toscana oggi del 4
settembre scorso. «Corrosivo e
corroborante», questi gli aggettivi
spesi da Davide Brullo sul Gior-
nale del 5 giugno di quest’anno.
Ben venga un saggio così, di
grande vigore espositivo e al tem-
po stesso ben informato, docu-
mentato in modo ferreo e al tem-
po stesso corredato da geniali in-
tuizioni per le quali non si può
che esser grati all’autore. Si con-
siglia, dopo averlo letto, di fare
una passeggiata all’aria aperta re-
spirando a pieni polmoni. Per no-
stra fortuna il mondo è, almeno
qualche volta, un po’ meno perfi-
do di come Venuti lo dipinge.
I misteri
della mente
Proseguiamo sulla falsariga me-
desima, parlando di creatività
nell’arte e nella scienza. Per farlo
occorre «remare contro», per far-
lo occorre ergersi o a campioni
della verità, allorché quest’ultima
è inoppugnabile, o ad avvocati di
un relativismo senza fondo, quan-
do arrivare alla prima ci è impos-
sibile. Per farlo, occorre pensare e
agire controcorrente. Se van
Gogh non avesse dipinto i suoi
quadri in essi profondendo uno
sguardo diverso da quello dei
suoi contemporanei, ma applican-
do a essi il metro e la misura del-
lo sguardo corrente, egli non
avrebbe potuto lasciarci alcun ca-
polavoro degno di questo nome.
«Pensare controcorrente» è il tito-
lo di copertina di uno degli ultimi
numeri (del giugno di quest’anno,
per la precisione) del mensile
Mente & cervello. Il quale, assi-
cura il claim presente in rete, «ti
accompagna alla scoperta degli
incredibili misteri dell’intelligen-
za, della psicologia e della mente
umana. Ogni mese tanti imperdi-
bili approfondimenti per capire
nei dettagli il nostro modo di pen-
sare». Fondato nel 2003 come
progetto parallelo alla rivista Le
Scienze, fino al 2006 ha avuto una
periodicità bimestrale diventan-
do, successivamente, mensile. Vi
collaborano alcune firme illustri
come Vittorino Andreoli, Simona
Argentieri, il neuroscienziato Al-
berto Oliverio e il criminologo
Massimo Picozzi. Ogni numero
di questa bella e importante rivi-
sta nasce all’insegna di un tema
monografico: a quest’ultimo è de-
dicata metà della foliazione del-
l’intero mensile.
Che cosa vuol dire pensare con-
trocorrente? Vuol dire «non la-
sciarsi influenzare da emozioni e
pregiudizi». Che è anche «il se-
greto del libero pensiero», un se-
greto che, afferma Marco Catta-
neo, che del mensile è il direttore,
«si può conquistare allenando il
cervello». In sintesi, prosegue e
conclude Cattaneo, «bisogna es-
sere capaci di spogliarsi proprio
di ciò di cui siamo intimamente
convinti, sviluppando un senso
critico sincero e feroce. Non nei
confronti di ciò che credono gli
altri. Ma di ciò in cui crediamo
noi» (M. Cattaneo, «Il senso criti-
co come antidoto ai nostri pregiu-
dizi», editoriale, Mente & cervel-
lo, n. 138, giugno 2016, p. 3).
Ora, un dubbio sorge in noi. Ce
lo immaginiamo Michelangelo,
quello impersonato da uno splen-
dido e volitivo Charlton Heston
in stato di grazia, quello che
prende vita nel film Il tormento e
l’estasi, dar prima battaglia al
suo illustre mecenate, papa Giu-
lio II, e poi, preso da rimorso,
tornare nel gregge ut baculus, ut
cadaver? Impossibile. La forza
del genio sta proprio nella sua
coerente riottosità, nella sua fi-
siologica impossibilità di pratica-
re fino in fondo la virtù dell’au-
tocritica che tanto piace a Catta-
neo. Ma distinguiamo. Dapprima,
per una prima fase del processo
creativo, occorre davvero farsi
inermi davanti alla verità, prati-
cando in tutta la sua estensione
l’esercizio dell’aporia. Occorre
non sapere più, rinunciando a
pensare «così come pensa il resto
del gregge». Poi però – e questo
Cattaneo non lo dice – occorre ar-
mare la proprio mano e, come
Giosuè, dar battaglia, combattere
e morire, se occorre, per un’idea.
Sia essa la più geniale intuizione
fra quelle che l’umanità ricordi o
anche solo un trito e banale pre-
giudizio. L’importante è crederci.
Diremo allora così. Per farsi por-
tatori di un’innovazione forte-
mente creativa e di grande valore
nei campi più svariati, il fatto di
pensare controcorrente non ba-
sta, esso potrà tutt’al più configu-
rare una condizione preliminare
(anche i pazzi pensano controcor-
rente, ma non per questo il loro
pensiero va imitato o, peggio,
messo in pratica). Si tratta, in-
somma, di una semplice conditio
sine qua non, e non certo di una
garanzia. Il genio pensa sempre a
modo suo, ma il fatto di pensare a
modo proprio, ripudiando la ten-
tazione dell’ovvietà, macilenta e
putrida come un frutto vizzo e
pendulo, ancora non costituisce
un segno di grandezza. Ne è, per
così dire, il marchio di garanzia.
Ma il solo marchio, come ben
sanno le casalinghe, è ancora ben
lontano dal fare la qualità di un
prodotto.
Carlo Alessandro Landini
Un numero di Mente & cervello costa €
6,00. L’abbonamento annuo costa € 57,00
anziché € 72,00 sfruttando l’offerta pro-
mozionale in rete. Per abbonarsi conviene
scrivere una mail all’indirizzo di posta
elettronica seguente: abbonamentiscien-
ze@somedia.it, oppure chiamare il nume-
ro (a pagamento) 199.78.72.78.
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