Beruflich Dokumente
Kultur Dokumente
GENIUS LOCI
A cura di
Silvia Pedone e Marco Tedeschini
MIMESIS
MIMESIS EDIZIONI (Milano – Udine)
www.mimesisedizioni.it
mimesis@mimesisedizioni.it
Isbn: 9788857540894
INTRODUZIONE 9
di Silvia Pedone e Marco Tedeschini
PER UN PAESAGGIO DEL TUTTO NUOVO E ALLO STESSO TEMPO ANTICO 367
di Franco Zagari
AUTORI 379
GENIUS, ANIMA, DAIMON E PROCREAZIONE.
ORIGINI DI UN CONCETTO
di Lorenzo Perilli
1.
Every being has its ‘genius’, its guardian spirit. This spirit gives life to people
and places, accompanies them from birth to death, and determines their charac-
ter … ancient man experienced his environment as a revelation of definite ‘ge-
nii’… [he] understood that it is an existential necessity to come to terms with
the ‘genius’ of the locality where his life takes place… The ‘genius’ thus cor-
responds to what a thing ‘is’, or what it ‘wants to be’. (Norberg-Schulz 1979b:
45)
Che il genius sia identificato con il serpente, e che ciò appaia rassicuran-
te, non sorprenderà chi consideri l’immaginario degli antichi legato a que-
2.
3 Si tratta del Papiro del Museo di Brooklyn n. 47.218.48 + 85, Trattato egiziano di
ofiologia, egregiamente edito, tradotto e annotato da Sauneron 1989.
246 Sensibilia 9 2015 - Genius loci
Il genius rientra, non v’è dubbio su questo, tra le più importanti e più an-
tiche componenti della religione di Roma4, e trova la rappresentazione più
efficace nei testi più tipicamente e sapidamente romani, quelle commedie
di Plauto che – siamo nel terzo secolo a.C., inizio del secondo, Plauto na-
sce intorno al 250: se si considera che la letteratura latina si fa iniziare con
il 240 (Livio Andronico), si vede come si tratti di testimonianze tanto più
preziose perché arcaiche – lo fanno esordire sul palcoscenico del teatro,
sempre accanto alla persona a cui si accompagna: di cui è appunto comes,
come in Orazio, tenuto magari per mano (teneo dextra Genium meum,
Plauto, Menaechmi, I 2 138-139), oppure felice all’aumentare della ric-
chezza (nunc et amico meo prosperabo, et Genio meo multa bona faciam –
per ora arricchirò il mio amico e farò del gran bene al mio Genio, Plauto,
Persa, II 3 263-264), o defraudato quando il denaro viene a mancare (ego-
met me defraudam, amicum meum Geniumque meum – o me sventurato,
con il mio amico e il mio Genio, Plauto, Aulularia, IV 9 724), coinvolto
quando qualcuno sa apprezzare il buon cibo (sapis multum ad Genium, che
si dovrà rendere con un banale ma non aggirabile «sai vivere bene, tu»,
Plauto, Persa, I 3 108), cercato quando si ha bisogno di un amico e sodale
(ecquis est qui mihi commostret Phaedromum, Genium meum? – qualcuno
sa dirmi dove trovare Fedromo, il mio Genio? Plauto, Curculio, II 3 301),
identificato con la natura dell’uomo e il suo destino (nam hic quidem me-
liorem Genium tuum non facies – qui non renderesti migliore il tuo Genio,
Plauto, Stichi, IV 2 622), e destinatario di sacrifici nel culto domestico,
come nei Captivi:
Genio suo ubi quando sacruficat, / ad rem divinam quibus est opus Samiis va-
sis utitur, / ne ipse Genius surripiat.
Se mai offre un sacrificio al suo Genio, per la cerimonia usa vasi di Samo per-
ché lo stesso Genio non se ne approprii. (II 2 291-3)
4 Riassumo qui le risultanze dei principali studi sul tema e delle testimonianze antiche.
L. Perilli - Genius, anima, daimon e procreazione 247
3.
Genius est deus, cuius in tutela ut quisque natus est vivit. Hic sive quod ut ge-
namur curat, sive quod una genitur nobiscum, sive etiam quod nos genitos sus-
cipit ac tutatur, certe a genendo genius appellatur.
Il genio è quel dio sotto la cui protezione ognuno vive una volta nato. Si
occupa del fatto che noi siamo generati, viene generato insieme con noi, ci
accoglie e protegge una volta generati; si chiama genius da generare. (Cen-
sorin. De die natali 3,1)
disgiunge dal mondo della vita, proseguendo il suo cammino, così come
l’anima – una concezione tipica di tutta la grecità, che ancora una volta si
può osservare magistralmente raffigurata da Platone. Attraverso il suo ge-
nius si maledice il nemico, per tuom te genium obsecro (è ancora Plauto,
Captivi, 977); come al genius, al δαίμων si rivolgono offerte votive. Il nes-
so con la grecità è innegabile.
Essendo il genius il principio capace di generazione presente nell’uomo,
la vita dell’uomo è detta avere inizio con l’ingresso del genius in lui; o an-
che, viceversa, l’ingresso del genius nell’uomo è detto avvenire al momen-
to della nascita: il principio generatore di chi nasce risiede infatti in colui
che genera, il padre, non in colui che è generato (si vedrà meglio il rilievo
di questa distinzione). Il genius opera anche nel godere della vita, ed è fe-
lice di chi sia propenso a spendere denaro (Plauto, Trucul., 183); ha un ruo-
lo nel preservare la vita, e in questo modo si spiega forse il fatto che esso
sia frequentissimamente collegato al cibo, come ancora nelle commedie di
Plauto ma anche ad esempio nella espressione homines geniales, che defi-
nisce non intelletti brillanti ma coloro che sono particolarmente pronti e di-
sposti ad invitandum et largius apparandum cibum (così il grammatico di
età ciceroniana Satra, citato da Nonio nel De compendiosa doctrina,
168,15).
Spirito vitale in ogni senso, il genius gioisce per tutte le forme di piace-
re che alimentano la vita. A lui è sacro perciò il letto nuziale, che di qui trae
il nome, lectus genialis: tutto ciò che viene alla vita deve avere il suo ge-
nio, ed è pertanto comprensibile che esso venga onorato proprio laddove si
prevede che abbia inizio la nuova esistenza dell’uomo, il letto nuziale ap-
punto. In assenza del marito (lontano o morto che fosse), il genio ne pren-
de il posto: e lo fa sotto forma di serpente, intorno e nel letto, unendosi alla
donna per concepire, come nel caso della nascita di Scipione Africano mi-
nore, il conquistatore di Cartagine. In altri casi, due sono i serpenti che ap-
paiono, dunque due genii, maschio e femmina, ancora sul letto, simboleg-
giando l’uomo e la donna. Si è pensato che per le donne fosse la Iuno a
prendere il posto che il genius ha per l’uomo: ma la distinzione non è così
rigida, non mancano eccezioni e specialmente nel periodo più antico il ge-
nius vale per entrambi i sessi. La Iuno ad ogni modo esiste, ed è di esclusi-
va pertinenza femminile (cfr. Plinio, Naturalis Historia, II 16), nominan-
dosi come la dea (Giunone) protettrice del matrimonio e del parto, e poi
anche dello Stato: la distinzione sarebbe allora tra il principio maschile,
che genera, e quello femminile, che riceve. In realtà, il genius si sottrae a
questo tipo di distinzione.
250 Sensibilia 9 2015 - Genius loci
4.
Su cui Servio commenta: nullus enim locus sine genio, qui per anguem
plerumque ostenditur, «non esiste luogo senza un suo genio, che quasi
sempre si mostra in forma di serpente» (V 95).
I serpenti venivano dipinti al fine di indicare la sacralità del luogo e pro-
teggerlo da tutto ciò che di impuro avrebbe potuto contaminarlo: forse il
più noto è il dipinto parietale di Ercolano (fig. 1) che raffigura il genius loci
in forma di serpente che si attorciglia intorno all’altare e mangia i frutti che
su di esso sono depositati come offerta, a fianco la didascalia di genius
huius loci montis:
cum portis, domibus, thermis, stabulis soleatis adsignare suos genios, perque
omnia membra urbis perque locos geniorum milia multa fingere, ne propria
vacat angulus ullus ab umbra.
e siete soliti assegnare a porti, case, terme, ricoveri i loro genii, e a creare mi-
gliaia e migliaia di genii per ogni parte della città e per ogni luogo, cosicché
neppure un angolino resti privo della propria ombra. (II 446-449)
5.
Si giunge così al punto in cui la filosofia inizia a giocare la sua parte. S’è
detto del δαίμων, che la filosofia e la teologia dei romani chiama genius, e
che lo stoicismo di età romana considerava la parte più elevata dell’uomo
e il suo spirito. Seneca – siamo dunque nel primo secolo d.C. – ricorda che
i nostri antenati che credevano (a quelle idee) erano Stoici; essi assegnarono a
ciascuno il suo genio e la sua iuno; (Epistole a Lucilio, XIX 1)
le idee in cui gli Stoici credevano erano quelle del popolo minuto, che cioè
unicuique nostrum paedagogum dari deum, non quidem ordinarium, sed hunc
inferioris notae ex eorum numero quos Ovidius ait ‘de plebe deos’,
ciascuno di noi abbia come guida e istruttore un dio, e non uno dei degli dei
veri e propri, ma uno di grado inferiore, di quelle che Ovidio chiama ‘divinità
plebee’. (Ibidem)
L. Perilli - Genius, anima, daimon e procreazione 253
Ebbene in un certo senso anche l’animo umano collocato nel corpo viene chia-
mato daimon … nella nostra lingua … si potrebbe chiamarlo genius, cioè dio,
che è l’anima di ciascuno e che, sebbene immortale, tuttavia in qualche modo
è generata insieme con l’uomo. (Apuleio, De deo Socratis, 45)
6.
7.
esso è per noi l’interprete di ciò che viene dall’aria, se è sano. L’aria fornisce la
facoltà di pensare; gli occhi, le orecchie, la lingua, le mani e i piedi svolgono
ciò che il cervello conosce. La facoltà di pensare infatti è in tutto il corpo, fino
a che in esso vi sia aria, ma il cervello è il messaggero per l’intelligenza. (Ivi:
cap. 19)
Bisogna sapere che è dal cervello, e solo dal cervello, che derivano il piacere,
la gioia, il riso, così come il dispiacere, il dolore, la sofferenza e le lacrime. At-
traverso di esso noi soprattutto pensiamo, vediamo, udiamo, e distinguiamo il
brutto dal bello, il cattivo dal buono, il piacevole dallo sgradevole … Esso ci
rende folli o deliranti, ci ispira terrore e paura, di notte o di giorno, porta inson-
nia, errori inopportuni, ansie senza motivo … Tutte queste cose ci derivano dal
cervello, quando non è sano. (Ivi: cap. 17)
Il tradizionale ruolo del cuore è negato, e così quello delle phrenes, che
non sarebbero allora connesse con il pensiero (phronesis), nonostante il
nome, che è scorretto:
Alcuni affermano che il cuore è l’organo con cui pensiamo, e che esso perce-
pisce dolore e paura: ma non è così. Esso, come il diaframma (phrenes), ha
soltanto delle contrazioni… Le phrenes hanno un nome improprio, acquisito
per caso e per l’uso, ma che non corrisponde alla realtà: io davvero non so
quale sia il potere delle phrenes per la facoltà di pensare e per l’intelligenza.
(Ivi: cap. 20)
Quando allora nel mondo romano al morbo tipico del cervello, l’epiles-
sia, oggetto del citato De morbo sacro, viene assegnato il nome di morbus
comitialis, è da chiedersi se davvero l’etimologia già antica, quanto corri-
va, sia convincente. Essa vuole che tale nome derivasse dal fatto che quan-
do si verificava un attacco nel corso di una seduta pubblica – i comitia – la
seduta veniva sospesa, essendo l’attacco epilettico un segno di cattivo au-
spicio, che richiedeva purificazione, o comunque impediva di continuare.
Piuttosto, e sia pure paretimologicamente (o forse no?), si potrebbe vedere
nel morbus comitialis la malattia del comes, di quel compagno insediatosi
nella testa e nel cervello, di quel genius che si manifesta ora con un inno-
cuo starnuto, ora con manifestazioni più violente e altrettanto incontrolla-
bili come sono gli attacchi che aggrediscono chi è sopraffatto, perché pos-
seduto da una forza interiore su cui non è in grado di esercitare alcun
controllo: l’epilettico appunto, dal greco ἐπι–λαμβάνειν, dove il verbo
λαμβάνειν è afferrare, tenere stretto, e il preverbo ἐπι- esprime l’insepara-
bile prossimità, ora innocua, ora aggressiva, comunque senza rimedio né
via di scampo. L’epilessia reca infatti con se un rischio di infertilità, la-
sciando intendere un qualche coinvolgimento del principio generativo nel-
la malattia.
L. Perilli - Genius, anima, daimon e procreazione 259
La collocazione nella testa chiude dunque il cerchio: lì, nella sede della
potenza generativa (cerebrum), risiede la personalità, il carattere, la speci-
fica identità dell’individuo: il genius. Con l’uomo nasce, cresce, ad esso si
accompagna: e sotto forma di testa, o di stella chiomata, gli sopravvive.
Bibliografia
Fonti
Apuleio
De deo Socratis, in Apologia. Florida. De Deo Socratis, ed. by Ch. P. Jones,
HUP, Cambridge (Ma) 2017
Aristofane
Plutus, in Aristofane, Le commedie, a c. di B. Marzullo, Newton, Roma 2003
Basilio di Cesarea
Contro Eunomio, Città Nuova, Roma 2007
Censorino
De die natali liber ad Q. Caerellium, a c. di C. Rapisarda, Bologna, Pàtron
1990
Festo S. P.
De verborum significato quae supersunt cum Pauli epitome, ed. W. M. Lind-
say, Teubner, Lipsia 1913
Ippocrate
La malattia sacra, ed. a c. di A. Roselli, Marsilio, Venezia 20012
Isocrate
Evagoras, in id., Discours. Panégyrique, Plataïque, A Nicoclès, Nicoclès,
Evagoras, Archidamos, éd. par G. Mathieu, É. Brémond, Les Belles
Lettres, Paris 1938
Livio T.
Ab Urbe condita, III, libri XXI-XXV, ed. by C. Flamstead Walters, R. S.
Conway, Clarendon, Oxford 1967
260 Sensibilia 9 2015 - Genius loci
Maccio Plauto T.
Tutte le commedie, a c. di E. Paratore, Newton, Roma 1984
Nonio Marcello
De compendiosa doctrina per litteras ad filium, ed. W. M. Lindsay, Teubner,
Lipisa 1903
Orazio Flacco Q.
Epistolarum libri, ed. by E. C. Wickham, Clarendon, Oxford 1963
Platone
Phaedo (Fedone), in Platonis Opera, I, ed. by J. Burnet, Clarendon, Oxford 1961
Plinio Secundo C.
Naturalis Historia, hrsg. v. C. Mayhoff, I-II, Teubner, Lipsia 1875
Prudenzio
Contra Symmachum, in Prudence, III, éd. M. Lavarenne, Les Belles Lettres,
Paris 1948, pp. 132-196
Seneca L. A.
Ad Lucilium Epistulae Morales (Lettere a Lucilio), I-II, intr. di L. Canali, trad.
di G. Monti, Rizzoli, Milano 1974
Servio M. O.
In Virgilii Aeneidos, in Commentarii in Virgilium Serviani, I, hrsg. v. H. A.
Lion, Vandenhoeck-Ruprecht, Göttingen 1876
In Virgilii Georgicon, in Commentarii in Virgilium Serviani, II, hrsg. v. H. A.
Lion, Vandenhoeck-Ruprecht, Göttingen 1876
Svetonio Tranquillo G.
Divus Iulius, in De vita Caesarum, hrsg. v. M. Ihm (ed. minor), Teubner, Lip-
sia 1908, pp. 1-45
Varrone M. T.
Antiquitates rerum divinarum, hrsg. v. B. Carauns, 1, Die Fragmente, Steiner,
Wiesbaden 1976
Virgilio Marone P.
Aeneis (Eneide), ed. a c. di E. Paratore, trad. di L. Canali, Mondadori Fonda-
zione Valla, Milano 2012 (9a ed.)
L. Perilli - Genius, anima, daimon e procreazione 261
Letteratura
Birt Th.
1890 Genius, in W. H. Roscher, Ausführliches Lexikon der griechischen und
römischen Mythologie, Teubner, Leipzig 1884-1937, pp. 1613-1625
Fuchs W.
1960, Genio, in Enciclopedia dell’arte antica, Treccani, Roma, s.v.
Hild J. A.
1896 Genius, in Ch. Daremberg, E. Saglio (éds.), Dictionnaire des Antiquités
grecques et latines, II 2, Hachette, Paris, pp. 1488-1499
Lesky E.
1951 Die Zeugungs- und Vererbungslehre der Antike und ihr Nachwirken,
«Akademie der Wissenschaften und der Literatur zu Mainz: Abhandlungen
der geistes- und sozialwissenschaftlichen Klasse», 1950, 19, pp. 1-201
Norberg-Schulz C.
1979 Genius Loci: towards a phenomenology of architecture, Rizzoli, New
York 1980
1979b Kahn, Heidegger and the language of architecture, «Oppositions» 18,
pp. 29-47
Onians R. B.
1951 Le origini del pensiero europeo, a c. di L. Perilli, Adelphi, Milano 20022
Otto W. F.
1912 Genius, in Realencylopädie der classischen Altertumswissenschaft, VII, s.v.
Reza Shirazi M.
2008 ‘Genius Loci’, phenomenology from without, «Theory of Interpretation»,
12, 2, www.cloud-cuckoo.net/journal1996-2013/inhalt/en/issue/is-
sues/207/Shirazi/shirazi.php (ultimo accesso: 15.01.2017)
Rose V.
1923 On the Original Significance of the Genius, «Classical Quarterly» 17, pp.
57-60
Rykwert J.
1963 L‘idea di città, a c. di G. Scattone, Adelphi, Milano 20022
Sauneron S. (éd.)
1985 Un traité égyptien d’ophiologie: papyrus du Brooklyn Museum n.
47.218.48 et 8 85, Institut Français d’Archéologie Orientale, Le Caire
1989
Ukert F. A.
1850 Über Dämonen, Heroen und Genien, Weidmann, Leipzig
Wissowa G.
1902 Religion und Kult der Römer, Beck, München