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Battista Mondin: +ANTROPOLOGIA DELLA VOCAZIONE da: Citth di vita, 42 (1987), pp. 5-12. CRISTIANA = Pura ragione e frutto della fede. # L'uo- mo, progetto aperto, = Il Nulla muto ed inerte. » Un orientamento inneto verso il divino, a L'lo attuale « Ifo ideale. Pua plone js Vocazione cristiana ¢ filosofia, a prima vista, sembrano due ‘uno cells fede. ond: totalmente diversi, senza punti di incontro (né al vertice né alla base); sembrano, ¢ realmente lo sono, pid Jontane tra di loro di quanto non Jo ‘sia a filosofia dalla religione, dalla mora- le, dalla politica. In effetti una (la filosofia) riguarda semplice- mente Ja ricerca e Ja contemplazione della veritA; Valtra (la vo- cazione cristiana) riguarda la sequela e Vassimilazione della Ve- rita, La prima & opera della pura ragione, Ia seconda & frutto della fede e dono della grazia. Anche gli specialisti delle due di- scipline sembrano convalidere tale distacco: ben di rado gli au- Batista Mondin 6 tori spitituali che si occupano della vocazione cristiana si inte- ressano di filosofia e, viceversa, & abbastanza rato che i filosofi affrontino il tema della vocazione. Eppure quello della vocazione @ un tema importante anche per Ia flosofia come mostrerd tra poco. Per questo motivo nel mio ultimo volume I valori fondamentali (Dino, Roma 1985) tra i valori_personalistici ho preso in considerazione anche la vocazione. D’altra parte l'interzogativo sull’uomo & fondamen- tale per chi voglia comprendere la vocazione cristiana. A detto interrogativo non si pud rispondere solo in termini di « scienze umane > in senso puramente empirico, da un lato, né secondo alcuni orientamenti esclusivamente fideistici di antropologia teo- logica, dall'altro. Occorre anche un’antropologia filosofica. Pur troppo é lo stesso linguaggio che spesso ci impedisce di scorgere Je implicazioni filosofiche della vocazione cristiana, proprio per- ché generalmente noi diamo un significato molto ristretto a que- sto termine: per « vocazione » noi intendiamo una disposizione, un habitus speciale, un carisma particolare e tendiamo a limi. tarlo alla sfera religiosa; cosi parliamo di vocazione sacerdotale, religiosa, missionaria; réramente di vocazione filosofica, artstica, letteraria, sportiva Invece la vocazione 8 un esistenziale, vale a dire & una qualith propria, una condizione specifica, una disposizione primaria del- Tuomo in quanto uomo. Pertanto la vocazione non @ un feno- meno occasionale, isolato, accidentale, secondatio, bens} univer- sale, profondo, costante, perenne, In effetti, ’uomo in quanto uomo non & soltanto un essere ragionevole, libero, socievole, simbolico, politico ece., ma @ anche, in forza della sua stessa na- tura, un interpellato, un chiamato. Diversamente dai sassi, dalle piante ¢ dagli animali, 'uomo possiede le condizioni ontologiche per avere una vocazione, per essere chiamato. Infatti luomo non un essere naturale benst culturale; non & totalmente pro- gettato e fabbricato dalla navura, ma in larga misura si progetta e si realizza da se stesso. Egli non ® solo attefice di strumenti di lavoro, di simboli, di codici giuridici, di monumenti d'arte, ma & anche artefice di se stesso. L’uomo & un progetto aperto, da definire © da realizzare; ed, inoltze, @ libero di scegliere il pro- MU Nile moto ed 7 Antropologie dela vocesione critians prio progetto. L’uomo & un progetto in espansione, che non esau- risce mai le proprie aspirazioni: si autotrascende, L'uomo, in quanto intelligente e libero, 2 git in condizione di essere chiamato, di essere interpellato; e poiché & una proget- tualita aperta, da definire, da coltivare avverte anche il bisogno di essere chiamato, Ma verso che cosa @ chiamato 'uomo? Qual & la sua vocazione e chi sono i chiamanti? Disparatissime sono le risposte dei flosofi a questi ardui intesrogativi. Per i filosofi greci il chiamante & il Fato, la Natura o il Logos; per i pensatori sristiani & Dio; per i filosofi moderni il chiamante si identifica © con fa Coscienza o con il Pensiezo, Ja Vita, la Ragione, i Valori ‘oppure, per qualcuno, col Nulla. Ovviamente a seconda del vol- to che si da al chiamante varia anche la natura, la qualitd della chiamata, della vocazione. La babele filosofica per quanto concerne le risposte agli inter- ogativi suddetti non ne sminuisce peraltro |’importanza, ma sug- getisce piuttosto di aprire Porecchio ¢ il cuore alVascolto, in quella direzione donde solamente pud provenire la risposta Gira ¢ defnitiva: Ia Parole di Dio. Ein tale contesto che acquista peso razionale la vocazione cristiane. Percid, ancor prima che sulla chiamata, sulla vocazione & necessario pronunciarsi sul chi mante. A chi si pud e si deve riconoscere in assoluto il ruolo di chiamante? Chi pud nel profondo del cuore dell’uomo rivolger- gli Ia parole e chiamatlo, e non chiamarlo pronunciando parole ineffabili ed incomprensibili, ma chiamarlo in modo tale da con- sentirgli di comprendere la via da seguire e il traguardo verso ‘cui incamminarsi? Questo ruolo del chiamante non pud competere al Nulla, an- che se oggi c’® tanta gente che ama naufragare nel dolce mare del Nulla e versa molto inchiostro per cantame le virti. Ma si tratta di vaniloquio e di stolti desideri, perché il Nulla, proprio perché tale, non pud compiere nessuna chiamata. I! Nulla assolutamente muto ed inerte, Non produce né materia né for- ma, come dice san Tommaso, né Iancia appelli o fornisce indica- zioni ai mortali. Neppure il Fato chiama; tutt'al pit impera, comanda con leggi inesorabili, La dove regna il Fato le vocazioni sono mera- Battista Morin 8 mente apparenti, perché ei pensa il Fato stesso a farle naufra- gare (come la vocazione della figlia di Agamennone al matri- monio). Tutte Je altre soluzioni (Natura, Logos, Essere, Ragione, Pen siero, Coscienza, Dio, Valori ecc.) possono essere elaborate in tal modo da fornire una risposta pid! o meno plausibile allinter- rogativo su chi pud svolgere il ruolo di chiamante. In breve, si pud dire che trattandosi di una vocazione, di una chiamata in- dirizzata ad una persona (e noi siamo tali), essa non pud venire che da una persona; ¢ poiché Ia chiamata & volta alla piena rea- lizzazione di noi stessi, cio’ della nostra progetrualiti, non pud venire che dalla Persona che ha disegnato e definito tale pro- gettualita, In definitive V'interpellante, il vocante non pud e- sere che Dio. Chiarite le prime due condizioni trascendentali della voce zione (il chiameto e il chiamante) ci resta da spiegare a terza Poggetto. A che cosa viene chiamato Puomo? Qual & Poggetto, i traguardo che fo interpella incessantemente, dal primo all'ul- timo istante della sua vite, nel profondo del suo essere. Le molteplici risposte esibite dai filosofi a questo interro- gativo si possono ridurre a tre, Je quali pits che nella sostanza differiscono nel modo, in quanto tutte sono d’accordo nel rico- noscere che l'oggetto, il traguardo verso cui 'uomo si sente in- timamente chiamato & Pautorealizzezione, la piena realizzazio- ne di se stesso. Ma tale realizzazione & concepita in tre modi dif- ferenti: 0 come persona singola 0 come essere sociale o come immagine di Dio, Tl primo modo da luogo all’autotrascendenza egocentrica, il secondo all’autotrascendenza socio-centrica 0 f- Tantropica ¢ il terzo all’autotrascendenza teocentrica. Se si analizzano accuratamente (come ho fatto nel volume L’uomo. Chi 2?) i merit di queste tre soluzioni si pud vedere cche solo quella teocentrica 2 capace di fornire una risposta ade guata al problema dell’autotrascendenza. Questa vale anche co- me soluzione per i problema dell’oggetto della chiamata: V'uni co oggetto che si adegua alla tensione di piena realizzazione di se stesso ® Dio. Il senso, il traguardo, l'oggetto ultimo di quel- Ia costante vocazione allautotrascendimento che I'uomo espert Un ovientamento 9 Antropalogie delle vocazione crstons sce in se stesso, posto fuori dell’uomo ¢ si trova in Dio, anzi & Dio stesso. Ha scritto egregiamente De Finance: «Ci che necessario riconoscere ® che lo slancio verso PIdeale non & possibile € non ha significato che a causa della presenza attraen- te ed aspirante dell'Ideale sussistente ¢, per dargli i] nome con cui lo invoca Ta coscienza religiosa, di Dio. E lui e lui solo —’Al- tro assoluto © cionondimeno Ja sorgente della mia ipseiti — cche pur dandomi a me stesso mi strappa al mio io; & la sua pre- senza che introduce in me un principio di tensione interiore e di oltrepassamento di me stesso »'. _ Analoga Vosservazione di Bernatd Lonergan: «La domanda intorno a Dio si trova entro Porizzonte dell'uomo. La soggetti vita trascendentale dell'uomo 2 mutilata 0 soppressa se questi non si protende verso Pintelligibile, V'incondizionato, il bene del valore, La portata non di cit che egli raggiunge, ma di cid verso cui tende é illimi itata. Entro il suo orizzonte si trova una re- gione per il divino, un santuario per una santita ultimale. Que- sto non pud essere ignorato. L’ateo lo potrd dichiarare vuoto. L’agnostico Potra insistere nell'asserire che Ja sua ricerca non & approdata a nessuna conclusione [...] Ma tutte queste nega. zioni presuppongono Ia scintilla entro la nostra argilla, il no- stro orientamento innato verso il divino »?. Sul tema della vocazione cristiana ¢ i suoi presupposti antro- pologici ha pubblicato uns monumentale ricerca Luigi Rulla, An- tropologia della vocazione cristiana. Basi Interdisciplinari (Piem- me, Casale Monferrato 1985). Scopo di questo prezioso lavo- ‘fo & quello di colmare un vuoto tuttora persistente nel mon- do della letteratura vocazionale, uno studio interdisciplinare di questa complessa realti. L’obiettivo & raggiunto integrando in modo convergente i contributi di quattro prospettive antropo- logiche: filosofica, psicologica, psicosociale e teologica. Il ten- tativo del Rulla, psicologo internazionalmente noto ed apprez- zato, risponde ad un'esigenza quanto mai sentita e di grande importanza per Ja vita della Chiese nel momento’ attuale per ché, come osserva |’Autore, « una istituzione che non cerca di elaborare una sua ptoptia visione antiopologica, finisce inevi tbilmente per accettame altre, specie quelle che sono pit di

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