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Lezione – 10.12.

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La vita presente come vita già escatologica. Viviamo già qui il senso della morte, del giudizio,
portando il giudizio della croce, e già in questa vita viviamo la beatitudine, nella sofferenza e
unione con Dio o nella lontananza.

Sorella Morte corporale: inizio di Vita vera


Questo linguaggio di sapore francescano, questa espressione, potrebbe portare un inganno.
Quasi come se la morte fosse necessaria per entrare nella vita vera.

Per vita vera intendiamo una vita che non finisce, non più soggetta al tempo. In questo senso la
morte per il cristiano no né più una sciagura, ma è vissuta nella speranza perché è un incontro
con Gesù. Il giorno della propria morte è il giorno più importante della propria vita. Il giorno della
mia morte è il giorno più bello della mia vita. Perché è l’incontro con Gesù.

Stupisce dire che il giorno della morte è il giorno più importante della vita. Però, per il credente
la morte è l’incontro pieno con l’Amore, senza più veli, senza ostacoli. La morte cristianamente
intesa fa parte della vita. È l’incontro con Gesù che si è cercato in vita. È la pace non come un
Nirvana, uno stato etereo, ma una comunione di Amore che continua, una comunione di amore
capace di dare forza alla vita di chi ancora rimane. Il cristiano è chiamato a vivere in Cristo e
vivere la morte non come un bene in se stesso, ma il cristiano sa che il Cristo ha dato significato
anche alla morte.

La dialettica vita – morte fa parte dell’esistenza, è connaturale. Non si capisce il senso della vita
se non si accetta questa dinamica, della morte come una delle possibilità della vita. Non è
soltanto un dato biologico da scacciare, ma un dato da includere. Questa dialettica ce lo dice
anche la nostra interiorità. Ogni evoluzione spirituale dell’uomo avviene tramite qualcosa che
muore e qualcosa che viene alla vita. Anche il feto, muore ad una condizione e nasce ad un’altra.

Lettura prima pagina della scheda…

La pastorale deve riflettere sulla vita-morte come qualcosa che sta insieme. La società
occidentale ci porta a pensare che la morte è qualcosa da rimuovere. Comunque, si vivi meglio
quando si è consapevole che la morte fa parte del gioco della vita. E che rappresenta l’incontro
all’ultima ora con il Signore. Si devi vivere la vita nella consapevolezza di non arrivare impreparati
all’incontro con Cristo. Questo è un tema che la pastorale devi ricuperare.

Per la fede cristiana la morte va interpretata secondo un dato biologico ben preciso guardando
la morte di Gesù: un passaggio da questo mondo alla vita eterna. Una morte che libera dalla
corruzione fisica e morale. Gesù ha cambiato il destino della morte, da fattore negativo Gesù
l’ha resa manifestazione di amore. Potremo dire che la morte di Gesù è la maturazione piena
della sua esistenza, e non tragico destino. Gesù ha vissuto profondamente il momento della
morte ed è risultato vincitore. Allora la morte del cristiano assume una dimensione totalmente
nuova. Cioè, la morte in Cristo è un passaggio alla vita piena e vera. Vera nel senso che si
manifesta pienamente nel suo significato. È passaggio alla vita eterna che era già cominciata.

Alla luce di Cristo la morte dell’uomo ormai è diventata una tappa nel cammino verso il Padre,
all’abbraccio della Trinità. L’abbraccio nell’amore trinitario ce lo ha insegnato Gesù che come
mediatore ha dato un senso nuovo alla vita, perché non solo ha vinto il morire, ma ha trionfato
sulla morte. Ha sconfitto la morte. Perché c’è differenza tra il morire e la morte.
Vedere Testo – scheda – p. 2. Bonhoeffer – solo Gesù poteva vincere la morte: si chiama
risurrezione questa vittoria.

L’evento della morte e risurrezione di Gesù evangelizza il nostro morire e la nostra morte. Oggi
posso non avere più paura della morte.

Potremo dire che nella teologia contemporanea vi è uno sforzo molto forte per riflettere sulla
morte come evento pasquale. Molti sforzi della teologia contemporanea sono andati sui
problemi dell’atto della morte come incontro con Cristo. Cosa succede quando si muore? Cosa
vuol dire che in quel attimo si si trova di fronte all’abbraccio della Trinità?

Queste problematiche sono anche state sollecitate da motivi pastorali molti forti, per es. la
morte improvvisa. Disastri repentini. Le violenze inaudite… guerre… ecc. Si è registrata nella
riflessione teologica il fato di interpretare l’atto, il momento della morte, come il più importanti
della vita. Il momento nel quale l’uomo si trova illuminato per prendere una decisione finale e
definitiva. Un’ultima decisione. Una ulteriore occasione dell’uomo impreparato che si
troverebbe come di fronte all’amore misericordioso del Padre. Per dire il Si o il No definitivo.

Questa tesi si è fatta all’allargo nell’ultime decade. La tesi dell’opzione finale. Logicamente si
presenta nei diversi autori con sfumature diverse. Secondo questa spiegazione teologica,
nell’istante della morte la creatura prenderebbe in mano la propria esistenza in piena libertà. In
questo momento finale che si farebbe l’esperienza di un’offerta di grazia suprema. In questo
incontro finale in cui Gesù consegnerà il Regno al Padre, accadrà una situazione giudiziale della
propria vita personale. Giudiziale nel senso che in questo momento finale emerge quello che
l’uomo è e quello che aveva dovuto essere. Questa situazione, adesso, in modo definitivo si apre
sull’eternità. Ciò che succederà nell’eternità non sarà che lo sviluppo di quello che si sperimenta
nel momento della morte. Il mio sì o il mio no avrà un valore eterno. Ricevo come una luce che
mi rischiara, mi “giudica” e mi mostra quello che per l’eternità voglio essere. Un supremo
momento di scelta.

Nasce subito una questione: ma l’orientamento precedente della mia vita, conta o è indifferente
rispetto a questo incontro di fede finale con il Signore? Quello che sono stato potrà emergere in
modo pieno in quel momento? O sarà qualcosa di totalmente nuovo, quella mia decisione in
quel momento? Il mio Si a Cristo, in tutta la mia vita, avrà qualche valore in quel momento?

2ª Ora

La teoria dell’opzione ultima nasce come obiettivo di considerare la morte non come fine, ma
come pienezza. La morte come compimento del processo personale di crescita umana. La morte
come momento di massima personalizzazione. La morte è il proiettarsi nell’eternità di tutta
l’esperienza positiva del tempo. La morte è il momento per eccellenza della vita dell’uomo. È il
momento di sintesi di tutto il nostro passato di libertà. In questo senso possiamo parlare di una
dimensione pienamente antropologica della morte.

Di qui nasce una domanda: questo momento di massima personalizzazione appartiene a questo
momento di passaggio, o è un momento che appartiene a tutta l’eternità. Un momento che
appartiene al tempo o all’eternità? La teologia contemporanea quando parla di opzione finale
vuole dare una risposta a tutte queste domande, una risposta positiva. La morte come momento
di sintetizzare tutta la nostra vita e dire Si o No alla grazia divina.

La tesi centrale sarebbe questa: che il momento finale sarebbe l’ultima opzione dell’uomo.
Questo momento di passaggio è quello nel quale l’uomo genera a se stesso nel senso
escatologico. Il momento della morte è davvero il dies natalis. Perché li avviene una seconda
generazione. La morte è come un prendersi radicalmente in mano, un generarsi a se stesso. Che
è in accordo con la sua vita interiore. Che si ratificherà con la sua vita anteriore.

Dies Natalis, giorno dell’autentica nascita. Li la libertà viene alla luce totalmente. Li si dà il Si
eterno. Siamo persone perfettamente libere quando nasciamo alla vita in Cristo. La morte
diventa il motivo sommo del supremo incontro con Dio. Allora, in questa teoria diventa molto
importante il momento di passaggio tra tempo e l’eternità. Un Sì che non sarà più soggetto a
mutazione. Un Sì che sarà eterno. Un passaggio decisivo. Radicarsi in Dio e vivere questo
passaggio un stare per sempre con Lui. In questo momento si incontrano la Suprema Libertà
dell’uomo…

La morte ci apre all’incontro con il Signore. Diventa il momento conclusivo di tutta la mia
esperienza umana. È il luogo supremo della decisione che mi porta la salvezza o la dannazione.
La morte da vero è l’occasione dell’incontro supremo con Cristo. Nella morte si esprime una
situazione giudiziale. Però non in senso forense. Non è un giudizio dall’esterno, ma un giudizio
dall’interno. Nel momento della morte come passaggio ci troviamo davanti all’amore divino, di
Gesù che ci vuole donare questo amore.

Vediamo ora criticamente questa teoria. Come interpretarla.

Le domande critiche: se in quel momento il corpo si è distaccato dell’anima, muore, come posso
essere io totalmente libero di fare una scelta quando manca un aspetto fondamentale del mio
io? Si pensa che nell’atto della morte venga a mancare l’integralità dell’essere umano. Come
fare una scelta personale se manca uno aspetto della mia persona? L’incontro che ho con il
Signore è del mio Io al di là della mia fisicità. Il mio io vive.

L’obiezione che viene fatta, di questa non perfetta personalizzazione, per mancanza di una parte
e della persona, non regge. L’anima come forma del corpo manifesta tutto il mio IO, che si apre
a Dio e si presenta davanti a Lui.

Un’altra obiezione: se l’opzione finale è un modo di dire un Si definitivo a Dio, allora gli altri sì
che ho detto in vita ha poca importanza, non sono determinanti? Se quel Sì finale supplisce
tutto? Allora che senso ha tutta la mia vita? È quello l’unico momento della verità? Gli atti umani
hanno qualche importanza? Non finisce per svalutare il contenuto della vita presente?

Se l’opzione finale considera soltanto l’ultimo momento, se ci fosse questo iato, questa teoria
teologica sarebbe molto debole. Ma se questo momento è preparato da una libertà che ha
regolato tutta la mia vita, allora sì. La morte come ricapitolazione di tutta la vita personale. Nel
momento della morte non siamo davanti ad un atto totalmente nuovo. L’ultimo tocco ad un
quadro, ma che può portare elementi nuovi. L’ultimo tocco della grazia. Però quel momento
finale è irrevocabile, definitivo, questa è la differenza degli altri momenti della mia vita, dove c’è
il sì e il no, potendo cambiare. Nel momento finale ci sarà una irrevocabilità.

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