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Agostino,

ladro
Agostino ha sedici anni: una notte, insieme ad alcuni suoi compagni, ruba delle pere da un campo
vicino a quello dei suoi. Agostino ricorda il fatto per aprire una più profonda riflessione sul peccato
come defectus, venir meno alla legge di Dio e alla legge scritta nel cuore degli uomini.

[9.1] Furtum certe punit lex tua, Per certo la tua legge punisce il furto, o Signore, e la legge
Domine, et lex scripta in cordibus scritta nei cuori degli uomini, che neppure la stessa iniquità
hominum, quam ne ipsa quidem può cancellare: infatti quale ladro sopporta con animo
delet iniquitas: quis enim fur aequo giusto un furto? Neppure il ricco sopporta uno che è stato
animo furem patitur? Nec copiosus spinto dalla povertà. E io ho voluto fare il furto e l'ho fatto
adactum inopia. Et ego furtum senza essere spinto da alcuna indigenza se non dalla
facere volui, et feci nulla conpulsus mancanza e dal disprezzo del senso di giustizia e dalla
egestate nisi penuria et fastidio grandezza della (mia) iniquità. Infatti io rubai proprio ciò
iustitiae et sagina iniquitatis. Nam che avevo in abbondanza e di qualità molto migliore, e non
id furatus sum, quod mihi volevo quindi godere di quella cosa, che desideravo
abundabat et multa melius, nec ea attraverso il furto, ma del frutto stesso e del peccato.
re volebam frui, quam furto C'era un albero di pere nelle vicinanze della nostra vigna
appetebam, sed ipso furto et carico di frutti non allettanti né per aspetto, ne per sapore.
peccato. Noi, giovani scelleratissimi, ci dirigemmo per scuotere e
depredare quest'(albero) nel cuore della notte; fino ad
[2] Arbor erat pirus in vicinia allora avevamo protratto i nostri giochi nei cortili, secondo
nostrae vineae, pomis onusta, nec le nostre malsane abitudini, e portammo via da là dei
forma nec sapore inlecebrosis. Ad grandi carichi, non per i nostri banchetti, ma per gettarli ai
hanc excutiendam atque porci, anche se ne mangiammo qualcuna, purché facessimo
asportandam nequissimi1 ciò che tanto piaceva quanto non era lecito.
adulescentuli perreximus nocte
intempesta, quousque ludum de Ecco il mio cuore, Dio, eco il mio cuore, di cui hai avuto
pestilentiae more2 in areis3 pietà nel profondo abisso. Ecco, che il mio cuore ti dica che
produxeramus, et abstulimus inde cosa andavo a cercare lì, cosicché io ero cattivo nelle grazie
onera ingentia non ad nostras e la causa delle mie cattiverie non era altro se non la
epulas, sed vel proicienda porcis, cattiveria. (Questa) era brutta, ma io l'amai; amai morire,
etiamsi aliquid inde comedimus, amai il mio peccate, non amai ciò per cui venivo meno, ma
dum tamen fieret a nobis quod eo il mio stesso venir meno, turpe nell'anima e staccandomi
liberet, quo non liceret. dal tuo sostegno per cadere nella perdizione, aspirando non
a qualche cosa per vergogna, ma alla vergogna stessa.
(Confessiones II, 4, 9,1-2)

1. nequissimi: superlativo di nequam, aggettivo indeclinabile.
2. de pestilentiae more: “secondo una rovinosa abitudine”.
3. in areis: “nelle piazze”.

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