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MASSIMO FERRARI

Cassirer, Natorp e l’immagine di Platone

1. Platone a Marburgo: la tradizione dell’idealismo critico

In una lettera del 13 dicembre 1902 Ernst Cassirer


ringraziava il suo maestro Paul Natorp per il «bel rega-
lo» che gli aveva fatto inviandogli la Platons Ideenlehre,
di cui egli aveva subito iniziato la lettura concentrando-
si sulla parte conclusiva dedicata ai rapporti tra Platone
e Aristotele1. Non era certo la prima volta che Cassirer
aveva occasione di confrontarsi approfonditamente con
il Platone natorpiano. Già negli anni della formazione
marburghese Cassirer aveva seguito le lezioni sulla fi-
losofia antica e i seminari su Platone tenuti da Natorp
(ma pure da Hermann Cohen); e il 17 luglio 1899, in
occasione del cosiddetto rigorosum (l’esame orale che ac-
compagna la discussione della dissertazione finale), pro-
prio Natorp aveva interrogato Cassirer per saggiarne la
conoscenza del pensiero greco, dagli eleati ad Aristote-
le2. Non diversamente da quanto avverrà con altri espo-
nenti di rilievo della scuola di Marburgo (come Nicolai
Hartmann), anche nell’apprendistato filosofico di Cassi-
rer l’interesse per la filosofia antica, e soprattutto per la
teoria platonica delle idee, nasce dunque a stretto con-
tatto con l’interpretazione di Platone inaugurata dal sag-

1 Il testo della lettera di Cassirer è pubblicato in appendice al nostro

libro Il giovane Cassirer e la scuola di Marburgo, Milano, F. Angeli, 1988,


pp. 297-98.
2
Cfr. Il giovane Cassirer e la scuola di Marburgo, cit., pp. 126-27 e
129.

RIVISTA DI FILOSOFIA / vol. XCVI, n. 3, dicembre 2005


428 Massimo Ferrari

gio di Cohen su Platons Ideenlehre und die Mathematik


(1878) e culminata poi nel grande libro di Natorp, for-
se l’opera che meglio riassume – nella sua unilateralità,
ma pure nel fascino che resiste a distanza di un seco-
lo – l’orientamento storico-filosofico della più agguerrita
«scuola» di pensiero della Germania guglielmina3.
Negli anni del proprio esordio filosofico Cassirer
mostrava in effetti un debito profondo verso il Platone
neokantiano: un debito destinato a lasciare tracce con-
sistenti anche negli sviluppi successivi del suo pensiero,
ma che non sempre è stato colto nella sua importanza
al di là del carattere frammentario dei molti interventi
dedicati alla filosofia platonica nell’arco di oltre qua-
rant’anni4. In realtà, prima ancora dell’interpretazione
della filosofia platonica, Cassirer condivideva con Cohen
e Natorp la concezione tipicamente marburghese della
storia dell’idealismo critico, che culmina certamente con

3 Un’esauriente esposizione dell’interpretazione marburghese di Plato-

ne si deve a K.-H. Lembeck, Platon in Marburg. Platonrezeption und Phi-


losophiegeschichtsphilosophie bei Cohen und Natorp, Würzburg, Königshau-
sen & Neumann, 1994. Si vedano inoltre A. Laks, Platon entre Cohen et
Natorp: aspects de l’interprétation néokantienne des idées platoniciennes, in
L’école de Marbourg, a cura di F. Capeillères e J. Kahn, «Cahiers de phi-
losophie politique et juridique», n. 26, Caen, Presses Universitaires de
Caen, 1994, pp. 15-53 (ripreso, per la parte su Cohen, nel saggio Avant
Natorp. L’interprétation des idées platoniciennes chez H. Cohen, nel volume
Images de Platon et lectures de ses oeuvres. Les interprétations de Platon à
travers les siècles, a cura di A. Neschke-Hentschke, Louvain-Paris, Peeters,
1997, pp. 339-61), e H. Holzhey, Platon im Neukantianismus, in Platon in
der abendländischen Geistesgeschichte, a cura di T. Kobusch e B. Mojsisch,
Darmstadt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 1997, pp. 226-40. Importan-
te è ora lo studio di J. Servois, Paul Natorp et la théorie platonicienne des
idées, Lille, Presses Universitaires du Septentrion, 2004.
4 Un inventario di alcuni di questi interventi si deve allo studio, peral-

tro insufficiente, di N. Janz, Cassirer, double lecteur de Platon? L’historien


de la philosophie et l’épistemologie, nel volume Images de Platon et lectures
de ses oeuvres, cit., pp. 417-33. Si può ricordare che ancora nel suo ultimo
libro Cassirer si sofferma ampiamente su Platone, sul Platone «politico»,
per contestarne l’immagine di padre del totalitarismo o – per dirla con
Karl Popper – di nemico della «società aperta» (cfr. E. Cassirer, The Myth
of the State, New Haven – London, Yale University Press, 1946, pp. 61-77,
trad. it. di C. Pellizzi con il titolo Il mito dello stato, Milano, Longanesi,
1950, pp. 78-122).
Cassirer, Natorp e l’immagine di Platone 429

Kant, ma che conosce due tappe intermedie in Cartesio


e Leibniz e trova il suo autentico inizio appunto in Pla-
tone. Natorp aveva formulato con una certa enfasi una
siffatta convinzione nelle pagine di prefazione al suo li-
bro, affermando che l’idealismo di Platone è «spontaneo
(urwüchsig) e per così dire autoctono»: il che compor-
ta, secondo Natorp, che l’opera di Platone possa esse-
re considerata la migliore «introduzione all’idealismo»
e sia degna di essere celebrata come l’«atto di nascita
dell’idealismo nella storia dell’umanità»5. La continuità
della linea che da Platone arriva a Kant è del resto al
centro della ricostruzione della tradizione della filosofia
che ha alimentato la consapevolezza storica del neokanti-
smo marburghese già a partire dalle indagini su Kant di
Cohen6; e si tratta di un aspetto prontamente recepito
anche dal giovane Cassirer nella monografia sul «siste-
ma» di Leibniz, considerato come anello indispensabile
– insieme a Platone e Descartes, quest’ultimo oggetto, a
sua volta, della dissertazione portata a termine nel 1899
– della «preistoria della critica della ragione»7. Una
delle implicazioni più rilevanti di questa tesi storico-si-
stematica consiste nella visione, che Cassirer condivide
con Natorp, secondo la quale la storia della filosofia
dall’antichità a Kant può essere letta attraverso la «gi-
gantomachia» tra Platone e Aristotele, ovvero attraverso
la contrapposizione tra la «filosofia critica» del primo e
il «dogmatismo» del secondo, quasi si trattasse di due
figure fenomenologiche della storia dello spirito. Proprio

5 P. Natorp, Platos Ideenlehre. Eine Einführung in den Idealismus, 2a

ed. riveduta e accresciuta, Leipzig, Meiner, 1921, rist. Hamburg, Meiner,


1994, pp. VIII-IX.
6 Cfr. H. Cohen, Kants Theorie der Erfahrung, 2a ed. rielaborata, Ber-

lin, Dümmler, 1885, rist. in Werke, a cura dell’Hermann-Cohen-Archiv, vol.


I/1, Hildesheim, Olms, 1987, pp. 1-110 (sulla «fondazione della critica del-
la conoscenza» in Platone cfr. pp. 13-25).
7 Cfr. E. Cassirer, Leibniz’ System in seinen wissenschaftlichen Grundla-

gen, Marburg, Elwert, 1902, rist. in Gesammelte Werke. Hamburger Ausga-


be, vol. I, a cura di M. Simon, Hamburg, Meiner, 1998, pp. X e 3, trad. it.
di G.A. De Toni con il titolo Cartesio e Leibniz, Roma-Bari, Laterza, 1986,
pp. VIII e 3.
430 Massimo Ferrari

nelle sezioni del libro su Platone che Cassirer aveva let-


to con tanto interesse nel dicembre 1902, Natorp aveva
rivolto un’ampia attenzione a questa pars destruens della
sua interpretazione: impiegando ripetutamente il termine
«dogmatismo» per definire la posizione di Aristotele nei
confronti di Platone, Natorp si era impegnato a mostrare
come la filosofia aristotelica non fosse stata minimanente
in grado di comprendere l’idealismo platonico e avesse
in tal modo commesso un fatale errore. L’ingenuo «as-
solutismo» di Aristotele, in altre parole, aveva del tutto
disconosciuto la natura della legge come metodo ideale
su cui si fonda il processo della conoscenza scientifica,
e al tempo stesso si era limitato a concepire gli ogget-
ti della conoscenza come semplicemente dati, del tutto
indipendenti dal procedimento della loro «generazione»
(Erzeugung) in virtù delle funzioni pure del pensiero.
Per Natorp la critica aristotelica della teoria delle idee
costituiva la prova più evidente del sostanziale «sensua-
lismo» che contraddistingue la filosofia aristotelica e che
la pone in «contrasto radicale» con l’idealismo di Plato-
ne. Mentre Platone concepisce la validità dell’idea come
ipotesi che rende possibile la fondazione dell’esperienza,
Aristotele cade invece – secondo Natorp – in una visio-
ne ingenua del concetto, che attribuisce all’astrazione
la capacità di esaurire il dato anziché formarlo geneti-
camente8. Aristotele, insomma, può essere caratterizzato
come colui che rifugge dalla «giustificazione logica» dei
concetti fondamentali della conoscenza, che è invece al
centro della teoria platonica delle idee9.
In questa sede non si tratta di discutere la plausibi-
lità delle tesi di Natorp, quanto piuttosto di registrarne
l’incidenza sul «primo» Cassirer. Di particolare interes-

8Cfr. P. Natorp, Platos Ideenlehre, cit., pp. 384-88.


9
P. Natorp, Platos Ideenlehre, cit., p. 395. Per parte sua già Cohen
aveva insistito sui limiti insuperabili del punto di vista «evoluzionistico» e
«sensualistico» di Aristotele, fondato sulla biologia e ignaro del ruolo cen-
trale che la matematica assume nella filosofia di Platone (cfr. Kants Theorie
der Erfahrung, cit., pp. 25-31).
Cassirer, Natorp e l’immagine di Platone 431

se è in questo senso la breve esposizione dello sviluppo


della filosofia antica che Cassirer inserisce nel 1906 nel-
l’introduzione al primo volume dell’Erkenntnisproblem
in der Philosophie und Wissenschaft der neueren Zeit, ma
che nella successiva edizione dell’opera (1910-1911) ver-
rà omessa e che, a quanto ci risulta, non è più stata ri-
stampata. Cassirer sostiene qui che la teoria della cono-
scenza di Aristotele si fonda sull’assunzione in base alla
quale «le cose [possiedono] un’esistenza esterna e auto-
noma»10; non diversamente da Natorp, anche Cassirer
rimprovera dunque ad Aristotele il «dogmatismo» che
lo conduce a concepire gli strumenti concettuali della
conoscenza come «potenze reali» incapaci – a dispetto
del ruolo autonomo attribuito alla logica formale – di
risolvere il problema del rapporto che intercorre tra la
materia della conoscenza e la forma della conoscenza11.
Si sarebbe tentati di pensare che queste osservazioni cri-
tiche siano riportabili a una sorta di «ortodossia» neo-
kantiana del giovane Cassirer; ma in realtà si tratta di
un tema destinato a rivestire un ruolo importante anche
nella riflessione successiva, come si può vedere dalla cri-
tica svolta in Substanzbegriff und Funktionsbegriff della
teoria dell’astrazione concettuale che comporta la messa
in questione dei concetti-genere della tradizione aristo-
telica12. Il primato della relazione rispetto agli elementi
della relazione costituisce invece, per Cassirer, il punto
decisivo di una teoria funzionale della formazione dei
concetti, che storicamente trova i suoi antesignani in
Platone, Descartes, Leibniz e Kant: in opposizione – an-

10 E. Cassirer, Das Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissen-

schaft der neueren Zeit, Berlin, Bruno Cassirer, vol. I, 1906, p. 45.
11 E. Cassirer, Das Erkenntnisproblem in der Philosohie und Wissen-

schaft der neueren Zeit, vol. I, cit., pp. 44, 46.


12 Cfr. E. Cassirer, Substanzbegriff und Funktionsbegriff. Untersuchungen

über die Grundfragen der Erkenntniskritik, Berlin, Bruno Cassirer, 1910,


rist. Darmstadt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 1994, pp. 4-11, trad. it.
di E. Arnaud con il titolo Sostanza e funzione. Ricerche sui problemi fonda-
mentali della critica della conoscenza, Firenze, La Nuova Italia, 1999, pp.
10-16.
432 Massimo Ferrari

cora una volta – all’impostazione del problema della co-


noscenza tipica di Aristotele13. La valutazione teorica è
in tal modo anche un criterio di selezione storica, che
conferma la validità della «linea» Platone-Kant e ripren-
de quanto Cassirer aveva già avuto modo di sottolineare
nel Leibniz’ System, dove il rapporto tra logica e mate-
matica in Leibniz era stato presentato come l’esempio
più positivo della funzione dell’idea in quanto ipotesi e
metodo di fondazione: tanto che Leibniz appariva, agli
occhi di Cassirer, come «la mediazione ideale tra Plato-
ne e Kant»14. In pieno accordo con Natorp15, si tratta
per Cassirer (ma in realtà non solo per il giovane Cas-
sirer) della fondamentale «condizionatezza del reale tra-
mite l’ideale», e più specificamente della trasformazione
della logica «da scienza delle “forme del pensiero”» in
una «scienza della conoscenza degli oggetti»: è questo il
marchio caratteristico del «platonismo» di Leibniz, che
fa di lui l’autentico padre dell’idealismo critico moder-
no, vale a dire dell’idealismo che si fonda sul ruolo cen-
trale della matematica come «mediazione tra i principi
ideali e la realtà della natura» sulla scorta della funzione
dell’ipotesi in quanto «garanzia e della certezza del pen-
siero». Ma come sarebbe possibile un siffatto idealismo,
sembra chiedersi Cassirer in piena fedeltà ai suoi maestri
marburghesi, se non vi fosse alle sue origini l’idealismo
«autoctono» di Platone16?

13 Si veda su questo punto E. Cassirer, Aristoteles und Kant, «Kant-

Studien», XVI, 1911, pp. 431-47, specialmente pp. 431-33.


14 E. Cassirer, Leibniz’ System, cit., p. 111, trad. it. cit., p. 90.
15 Cfr. P. Natorp, Platos Ideenlehre, cit., p. 439.
16
Cfr. Leibniz’ Szystem, cit., pp. 111-13, trad. it. cit., pp. 89-91, con il
richiamo al luogo classico del Fedone platonico (100a-1001e) sempre pre-
sente ai neokantiani di Marburgo. Sullo sfondo fondamentalmente platoni-
co del pensiero leibniziano si veda pure E. Cassirer, Einleitung, in G.W.
Leibniz, Neue Abhandlungen über den menschlichen Verstand, a cura di E.
Cassirer, Hamburg, Meiner, 1915, pp. IX-XIV, XVI, nonché E. Cassirer, Die
platonische Renaissance in England und die Schule von Cambridge, Leipzig,
Teubner, 1932, pp. 108-9, trad. it. di R. Salvini con il titolo La rinascenza
platonica in Inghilterra e la scuola di Cambridge, Firenze, La Nuova Italia,
1947, pp. 108-9.
Cassirer, Natorp e l’immagine di Platone 433

2. Platone tra Natorp e Cassirer

Dobbiamo così ritornare all’interpretazione della teo-


ria platonica delle idee che è al centro dell’elaborazio-
ne teorica e dell’indagine storica del neokantismo di
Marburgo. Come si è detto, alle origini di questa inter-
pretazione si colloca il saggio di Cohen, Platons Ideen-
lehre und die Mathematik, in cui vengono formulate per
la prima volta le celebri tesi relative al puro statuto di
«validità (Geltung)» dell’idea platonica e, soprattutto, al
suo qualificarsi come ipotesi, come «pungolo (Stachel)
della critica gnoseologica (erkenntnistheoretischer Kri-
tik)», e infine come autentico «luogo di nascita» dell’a
priori17. Con ciò Cohen non intendeva tanto identifica-
re l’idea con l’ipotesi scientifica (come spesso gli è sta-
to rimproverato), quanto individuare nel procedimen-
to matematico della formulazione dell’ipotesi il metodo
in base al quale è possibile mediare tra loro il dominio
dell’intelligibile e quello del sensibile, mettendo a punto
un modello epistemologico di fondazione dell’esperienza
attraverso le forme pure del pensiero. Una volta rico-
nosciuta «la sorprendente affinità di Platone con Kant»
nell’intendere il rapporto tra sensibilità e pensiero gra-
zie al medium della matematica, Cohen si impegna per-
tanto nella direzione di un’audace correzione platonica
dell’impostazione critica di Kant (e implicitamente della
maniera in cui Kant aveva preso le distanze dalle idee
platoniche nella Critica della ragion pura)18. «Come idea

17 Cfr. H. Cohen, Platons Ideenlehre und die Mathematik, Marburg,

Elwert, 1878, poi in Schriften zur Philosophie und Zeitgeschichte, a cura di


A. Görland e E. Cassirer, Berlin, Akademie Verlag, 1928, vol. I, pp. 336-
66. Sul Platone coheniano cfr. A. Poma, La filosofia critica di Hermann
Cohen, Milano, Mursia, 1988, pp. 32-48; P. Schultess, Platon: Geburtstätte
des Cohenschen Apriori?, in Philosophisches Denken – Politisches Wirken.
Hermann-Cohen-Kolloquium Marburg 1992, a cura di R. Brandt e F. Or-
lik, Hildesheim-Zürich-New York, Olms, 1993, pp. 55-75; A. Laks, Platon
entre Cohen et Natorp, cit., pp. 32-40; e infine K.-H. Lembeck, Platon in
Marburg, cit., pp. 80-100.
18 Cfr. H. Cohen, Kants Theorie der Erfahrung, cit., pp. 19-21.
434 Massimo Ferrari

– scrive Cohen nel suo stile poco accattivante – viene


concepito solo ciò che si può pensare come presupposto
sufficiente della legalità dell’essere, e tale presupposto
può acquisire la sua feconda esistenza solo nel collega-
mento metodico dei pensieri e ne è la loro radice»19.
Per parte sua, nella Platons Ideenlehre del 1903 Na-
torp dava a questa immagine della teoria platonica del-
le idee il sostegno di un’ampia ricerca testuale e la svi-
luppava in una versione ancora più radicale di quanto
non l’avesse presentata Cohen. Come avrebbe osservato
Martin Heidegger subito dopo la morte di Natorp, «ciò
che contraddistingue quest’opera è il livello della com-
prensione filosofica a cui essa aspira e che sviluppa con
un’unilateralità straordinaria. Questa “unilateralità” non
è però da intendersi come una pecca, bensì è precisa-
mente la prova dell’intensità con cui essa procede»20.
Prendendo le mosse dalla lettura dell’idea come ipotesi
Natorp sviluppa un’interpretazione complessiva dei dia-
loghi platonici, ma al tempo stesso delinea i tratti fon-
damentali della propria posizione teoretica intrecciando-
la con un sotterraneo confronto con la Logik der reinen
Erkenntnis di Cohen, vale a dire con la questione – de-
cisiva per la scuola di Marburgo nei primi anni del No-
vecento – dello statuto dell’«origine» del pensiero puro
e della struttura categoriale in cui si articola la sua atti-

19 H. Cohen, Platons Ideenlehre und die Mathematik, cit., p. 362. Su

questo passo e sulle sue implicazioni per il successivo sviluppo della «lo-
gica della conoscenza» di Cohen nel senso dell’«assenza di un fondamento
metafisico del pensiero puro» cfr. H. Holzhey, Platon im Neukantianismus,
cit., pp. 233-35. Sull’idea platonica come «fondazione» (Grundlegung o ipo-
tesi) anziché come «fondamento» cfr. anche H. Cohen, Kants Theorie der
Erfahrung, cit., p. 22. A. Laks, in Platon entre Cohen et Natorp, cit., p. 39,
muove invece a Cohen l’obiezione standard: «l’interpretazione [coheniana]
sembra sacrificare non solo l’oggettività dell’idea platonica, ma la sua im-
mutabilità: l’ipotesi scientifica nell’accezione di Cohen è in effetti per defi-
nizione rivedibile in funzione dei dati presi in considerazione e dell’evolu-
zione dei quadri di riferimento teorici».
20 M. Heidegger, Platons Sophistes (Marburger Vorlesung Winterseme-

ster 1924/25), in Gesamtausgabe, vol. XIX, a cura di I. Schüßler, Frankfurt


a. M., Klostermann, 1992, p. 1.
Cassirer, Natorp e l’immagine di Platone 435

vità generatrice entro il processo della conoscenza, al di


là del dualismo kantiano tra sensibilità e intelletto ormai
risolto a tutto vantaggio della spontaneità di quest’ulti-
mo21. Da un lato Natorp sottolinea dunque che l’idea è
ipotesi nel senso che il principio della conoscenza non è
mai empirico, ma puramente logico; l’idea come ipote-
si si qualifica come la fondazione metodica nei confronti
dell’esperienza sempre mutevole e mai conclusa: «i “fat-
ti” stessi sono giustificati come veri solo tramite la fon-
dazione nelle posizioni fondamentali [del pensiero], nei
“principi” logici»22. Dall’altro lato Natorp si preoccupa
di svolgere, partendo da questo «dogma» marburghese,
una teoria del pensiero puro che si fonda sulla dialettica
platonica per mettere a fuoco la natura del pensiero in
quanto attività del puro «porre» (Setzen), ossia – a dif-
ferenza dell’«origine» nell’accezione di Cohen – come
compagine di relazioni che si fondano sull’«unità sinte-
tica originaria» del pensiero puro. Attraverso i dialoghi
platonici Natorp dà così voce alla sua propria filosofia,
«traducendo» Platone nel linguaggio marburghese e, per
converso, conferendo al neokantismo un volto che evo-
ca quello di Platone. Per Natorp, in particolare, si tratta
di porre al centro l’infinito processo di determinazione
dell’oggetto della conoscenza attraverso le funzioni legali
del pensiero nel suo incessante movimento23; e la base
di una tale impostazione sembra a Natorp presente nel
Sofista, in cui Platone avrebbe gettato una luce sorpren-
dentemente moderna sulla continuità logica del pensiero,
sulla sua articolazione categoriale e infine sul «rapporto
delle pure determinazioni ideali con la x della conoscen-
za»24. Nonostante la sua perizia filologica e un’esemplare

21 Si veda la recensione rimasta inedita della Logik der reinen Erkennt-

nis di Cohen che Natorp compose nel 1902, pubblicata per la prima volta
in H. Holzhey, Cohen und Natorp, vol. II: Der Marburger Neukantianismus
in Quellen, Basel-Stuttgart, Schwabe & Co., 1986, pp. 5-40.
22 P. Natorp, Platos Ideenlehre, cit., p. 154.
23 P. Natorp, Platos Ideenlehre, cit., p. 407.
24 P. Natorp, Platos Ideenlehre, cit., pp. 281-99.
436 Massimo Ferrari

capacità di seguire il pensiero di Platone in tutte le più


sottili distinzioni, l’intenzione di Natorp non è dunque
quella di scrivere un’opera dotta su Platone, e nemmeno
di leggere Platone come se già fosse Kant, quanto quel-
la di mettere a punto la struttura teorica di quell’attività
«generatrice» del pensiero che è al centro della sua filo-
sofia della conoscenza e che troverà la sua espressione
più compiuta, dopo la discussione critica della Logik di
Cohen, nel volume Die logischen Grundlagen der exakten
Wissenschaften del 191025.
Questa immagine di Platone ha esercitato un’influenza
profonda anche su Cassirer26, ed è divenuta una sorta di
filtro attraverso il quale può essere illuminata l’evoluzio-
ne del problema della conoscenza nell’età moderna, se-
condo quanto aveva già suggerito Cohen sostenendo che
«per la prima volta nella storia, la teoria platonica delle
idee pone il problema della conoscenza»27. Del resto l’uti-
lizzazione del platonismo come categoria storico-episte-
mologica, già presente nel Leibniz’ System, documenta al

25
Questo aspetto è ben messo in luce da J. Servois, Paul Natorp et la
théorie platonicienne des Idées, cit., pp. 15-16, 67-71.
26 Cfr. ad esempio la Philosophie der symbolischen Formen, vol. III:

Phänomenologie der Erkenntnis, Berlin, Bruno Cassirer, 1929, rist. Darm-


stadt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 1990, pp. 355-58, trad. it. di E.
Arnaud con il titolo Filosofia delle forme simboliche, vol. III: Fenomenologia
della conoscenza, Firenze, La Nuova Italia, 1966, tomo 2, pp. 34-37.
27 H. Cohen, Platons Ideenlehre und die Mathematik, cit., p. 336. Si

veda in tal senso quanto Cassirer scrive a proposito del Fedone platonico
nella sezione dell’Erkenntnisproblem dedicata a Marsilio Ficino: «Il Fedone
contiene la più profonda e insieme la più vasta fondazione logica della teo-
ria delle idee che Platone abbia mai formulato. Per la prima volta il “pen-
siero puro” viene riconosciuto nella sua autonomia e nella sua forza e viene
separato da tutte le altre istanze psicologiche. L’idea dell’immortalità diven-
ta lo strumento per la scoperta dell’originarietà della funzione del pensie-
ro e per la sua netta distinzione dalla sensazione e dalla percezione» (Das
Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissenschaft der neueren Zeit, 2a
ed. riveduta, Berlin, Bruno Cassirer, 1910, rist. Darmstadt, Wissenschaftli-
che Buchgesellschaft, 1995, vol. I, pp. 89-90, trad. it. di A. Pasquinelli con
il titolo Storia della filosofia moderna, Torino, Einaudi, vol. I, 1952, p. 113
[traduzione modificata]). Di tenore non dissimile sono le considerazioni sul
Teeteto che si leggono in Substanzbegriff und Funktionsbegriff, cit., pp. 434-
36, trad. it. cit., pp. 432-34.
Cassirer, Natorp e l’immagine di Platone 437

tempo stesso la capacità di Cassirer di sfumare e di ar-


ricchire il profilo del Platone marburghese, lungo una li-
nea di ricerca che si affaccia sin dall’excursus sul pensie-
ro greco che compare nell’introduzione alla prima edi-
zione dell’Erkenntnsiproblem. La concisa presentazione
della teoria delle idee ruota qui sulla convinzione – del
tutto scontata per un marburghese – che essa rappresen-
ti il modello originario dell’indagine critica sul «sapere e
sui suoi fondamenti», che deve condurre alla «fondazio-
ne sistematica» dell’esperienza tramite la purezza ideale
dei logoi e in particolare sulla base dell’ipotesi mate-
matica. Tuttavia in questo contesto Cassirer rileva come
Platone – prima di tutto per gli inevitabili limiti del-
la scienza del suo tempo – non potesse pensare a una
scienza di ciò che è mutevole; e appunto per questo si
può meglio comprendere quanto avviene con la nascita
della scienza moderna, ai cui rappresentanti più illustri
come Galilei e Keplero è stato invece possibile «essere
al tempo stesso platonici in senso rigoroso e autentici
empiristi scientifici»28. Con questa annotazione Cassirer
sembra voler integrare l’interpretazione natorpiana del-
la teoria platonica dell’esperienza. Natorp riteneva che
soprattutto dal Parmenide potesse essere ricavata una
fondazione complessiva della possibilità dell’esperien-
za nel senso della problematica trascendentale del Kant
marburghese, dal momento che la posizione ideale delle
relazioni logiche e la correlazione che sussiste tra i puri
concetti del pensiero consentirebbero di «costituire»
l’oggetto dell’esperienza a partire dalle funzioni del pen-
siero stesso29. Ma dal punto di vista di Cassirer una tale
fondazione metodica dell’oggetto entro le maglie della
dialettica platonica non è ancora sufficiente a giustificare
la nascita della scienza matematica della natura nell’età
di Galilei: il platonismo «matematico» ne rappresenta

28 Das Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissenschaft der neue-

ren Zeit (1a edizione), cit., p. 43.


29 Cfr. P. Natorp, Platos Ideenlehre, cit., pp. 242-47, 272.
438 Massimo Ferrari

certo un presupposto, ma non ne è l’unica condizione.


Come Cassirer scrive nel capitolo dell’Erkenntnisproblem
su Galilei, «l’ideale platonico della conoscenza è valido
anche per lui: può essere oggetto di scienza solo ciò che
si conserva in durevole unità. Ma se tale idea trovava
per Platone la sua piena conferma unicamente e soltan-
to nella matematica, ora tale esigenza viene rivolta diret-
tamente e più rigorosamente agli oggetti fisici»30.
Nonostante che nella concezione platonica la mate-
matica costituisca il termine medio tra le idee e le cose
sensibili31, il platonismo galileiano si presenta piutto-
sto come un «platonismo fisico»: se la fisica galileiana
– Cassirer lo ribadirà ancora nel 1940 – poteva sorge-
re soltanto sul terreno del platonismo matematico, non
per questo può essere oscurata la grande novità appor-
tata da Galilei nel superamento della frattura platonica
tra il dominio intelligibile dell’aritmetica e della geome-
tria e quello della natura come complesso degli oggetti
empirici: «Questo è ancor sempre platonismo, ma è cer-
tamente un platonismo che per così dire ha mutato di
segno: ora la teoria di Platone non comporta più alcuna
contrapposizione nei confronti dei compiti e degli ideali
della conoscenza scientifica, ma è piuttosto in grado di
diventare uno dei più potenti impulsi per tale conoscen-
za»32. La ricostruzione di un capitolo cruciale della sto-
ria della scienza e delle sue implicazioni epistemologiche
consente così a Cassirer di mostrare la peculiarità del

30Das Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissenschaft der neue-


ren Zeit, vol. I, cit., p. 389, trad. it. cit., vol. I, p. 433 (traduzione modifi-
cata).
31 Cfr. E. Cassirer, Substanzbegriff und Funktionsbegriff, cit., p. 177,

trad. it. cit., p. 183.


32 E. Cassirer, Mathematische Mystik und mathematische Naturwissen-

schaft. Betrachtungen zur Entstehungsgeschichte der exakten Wissenschaft,


«Lychnos», 1940, pp. 248-65 (il passo citato è a p. 258). Cfr. inoltre E.
Cassirer, Galileo’s Platonism, in Studies and Essays in the History of Scien-
ce Offered in Homage to George Sarton, a cura di M.F. Ashley Montague,
New York, H. Schumann, 1946, pp. 276-97, trad. it. di F. Federici con il
titolo Il platonismo di Galileo, in Dall’Umanesimo all’Illuminismo, a cura di
P.O. Kristeller, Firenze, La Nuova Italia, 1967, pp. 193-220.
Cassirer, Natorp e l’immagine di Platone 439

concetto moderno di esperienza scientifica e di collocar-


ne la struttura matematica nel quadro dell’influsso deci-
sivo del platonismo, correggendo e approfondendo an-
che sotto il profilo storico il quadro fornito da Natorp
in un suo lavoro per certi versi «pioneristico»33. Senza
dubbio Cassirer rimane convinto che Galilei abbia «get-
tato un ponte tra Platone e Kant»34; eppure nemmeno
la perdurante fedeltà alla concezione marburghese della
storia dell’idealismo inaugurata da Platone35 gli impedi-
sce di aprire prospettive diverse nella visione teleologica
della storia della ragion pura cara ai neokantiani, come
avviene ad esempio per quanto riguarda il ruolo dell’ari-
stotelismo padovano e delle dispute sul metodo nel pro-
cesso di formazione del moderno spirito scientifico nel
secolo XVI36.
Il quadro storico ed epistemologico in cui Cassirer
riprende e corregge l’immagine marburghese di Plato-
ne non sembra dunque escludere una progressiva cor-
rezione dell’interpretazione sistematica di Natorp: tanto
che, formulando un’obiezione che non rende certo giu-
stizia a Natorp, egli arriverà addirittura ad accusarlo,

33 Cfr. P. Natorp, Galilei als Philosoph. Eine Skizze, «Philosophische


Monatshefte», XVIII, 1882, pp. 193-229.
34 E. Cassirer, Die Antike und die Entstehung der exakten Wissenschaft,

«Die Antike», XIII, 1932, p. 298.


35 Ancora alla fine degli anni ’30 Cassirer osservava che «Platone ri-

mane pur sempre a questo riguardo il grande modello e il grande esempio


non solo per Descartes e Leibniz, ma pure per Keplero e Galilei» (Nach-
gelassene Manuskripte und Texte, vol. II: Ziele und Wege der Wirklichkeits-
erkenntnis, a cura di K.Ch. Köhnke e J.M. Krois, Hamburg, Meiner, 1999,
p. 34).
36 Cfr. Das Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissenschaft der

neueren Zeit, vol. I, cit., pp. 117-52, trad. it. cit., vol. I, pp. 143-80. Sui
risultati cui perviene Cassirer e sui suoi meriti in questo ambito di indagini
si rimanda a F. Volpi, Cassirer und die “Schule von Padua”, in Kulturkritik
nach Ernst Cassirer, a cura di E. Rudolph e B.-O. Küppers, Hamburg, Mei-
ner, 1995, pp. 245-54. Per una valutazione critica del «platonismo» come
categoria epistemologica atta a interpretare le origini della scienza moderna
cfr. inoltre il saggio di M. Fichant, Ernst Cassirer et les commencements de
la science classique, in Ernst Cassirer. De Marbourg à New York, a cura di J.
Seidengart, Paris, Cerf, 1990, pp. 117-40.
440 Massimo Ferrari

in alcuni testi inediti recentemente pubblicati, di aver


«avvolto l’opera di Platone in un’atmosfera kantiana»37.
D’altra parte il distacco di Cassirer da Natorp si chiari-
sce meglio se si tiene presente l’evoluzione, o meglio la
trasformazione, della lettura di Platone che caratterizza
il Natorp dei primissimi anni ’20, nel momento in cui
– come vedremo – anche Cassirer ritorna ripetutamente
sulla filosofia platonica. Nel Metakritischer Anhang che,
con il sottotitolo Logos-Psyche-Eros, chiude la seconda
edizione della Platos Ideenlehre (1921), Natorp dichiara
di non volersi più considerare come interprete kantiano
o marburghese del platonismo, bensì come rappresentan-
te dell’«eterno intemporale» della filosofia, ovvero della
filosofia come «tensione verso quell’“Uno”» già presa-
gito da Eraclito come unità del molteplice e, al tempo
stesso, come molteplicità dell’uno38. Lo sfondo teorico

37 Cfr. E. Cassirer, Nachgelassene Manuskripte und Texte, vol. III:

Geschichte. Mythos. Mit Beilagen: Biologie, Ethik, Form, Kategorienlehre,


Kunst, Organologie, Sinn, Sprache, Zeit, a cura di Ch. Köhnke, H. Kopp-
Oberstebrink e R. Kramme, Hamburg, Meiner, 2002, pp. 124-25. In questi
appunti, che risalgono al periodo 1936-40, Cassirer sottolinea come Natorp
– distinguendosi dalla trattazione della storia della filosofia in chiave bio-
grafico-culturale promossa da Wilhelm Dilthey – abbia gettato un ponte
tra Platone e Kant «senza curarsi dei motivi completamente diversi da cui
sorgono in Platone e in Kant» le idee intese come leggi del pensiero (p.
124). Ancor più chiaramente Cassirer aggiunge: «L’esposizione di Natorp
della teoria delle idee di Platone non è affatto “falsa” [,] essa ci ha fatto
vedere aspetti essenziali che in precedenza non erano stati scorti con tan-
ta nettezza; ma essa ha sacrificato interamente l’“atmosfera” platonica e ha
avvolto l’opera di Platone in un’atmosfera kantiana» (p. 125). Sulla base di
queste annotazioni critiche si comprende anche un accenno svolto più tardi
nell’Essay on Man, dove Cassirer ripercorre brevemente la storia delle in-
terpretazioni di Platone e, senza citare il nome di Natorp, con intenzione
sottilmente polemica a un certo punto scrive: «qualche decennio fa ci era
stato presentato perfino un Platone kantiano» (An Essay on Man. An Intro-
duction to a Philosophy of Human Culture, New Haven and London, Yale
University Press, 1944, 2a edizione 1972, p. 180, trad. it. di C. d’Altavilla
con il titolo Saggio sull’uomo, Roma, Armando, 1968, p. 304).
38 P. Natorp, Platos Ideenlehre, cit., pp. 460-62. Il clima culturale in

cui si colloca il tardo «platonismo» di Natorp è messo bene a fuoco dallo


stesso Natorp nella conferenza Student und Weltanschauung, Jena, Diede-
richs, 1918, p. 7: «Mi chiedevo: che cosa fai per tutto il tempo? Ti può
davvero bastare, può bastare a coloro su cui vuoi esercitare la tua influen-
za? Teoria della conoscenza, sempre di nuovo teoria della conoscenza, Pla-
Cassirer, Natorp e l’immagine di Platone 441

della nuova vis ermeneutica di Natorp è da individuar-


si nel tentativo – perseguito a partire dal 1914 circa e
dopo l’interruzione del progetto disegnato nel primo vo-
lume dell’Allgemeine Psychologie (1912) – di costruire una
«logica generale» in cui venga radicalizzata la questione
dell’origine posta da Cohen: nel senso di un’apertura ver-
so l’unità ultima sovraordinata alla correlazione tra sog-
gettivo e oggettivo, verso l’unità originaria di pensiero ed
essere che solo così fonda ogni possibile correlazione, in
primo luogo la stessa correlazione tra la sfera delle ogget-
tivazioni nelle forme del sapere e la sfera psichica della
pura soggettività39. L’unità di cui parla Natorp è l’unità di
logos e psyche, di logos e vita: è l’ineffabile, semplice «vi
è» (es gibt) in cui riluce la luce originaria e da cui sor-
ge la finitezza; ed è l’esito inevitabile, per Natorp, a cui
deve condurre il tema dell’«origine» al centro del neo-
kantismo di Marburgo nella sua fase più matura. Ma le
implicazioni di questa nuova accezione dell’origine sono
ben diverse dall’impostazione di Cohen: «l’origine – dice
Natorp, sempre più propenso a una sorta di stupore mi-
stico – è l’eterno prodigio»40, in cui si svelano la vita e
il concreto nella loro assoluta originarietà e che in realtà
coincide, in quanto fondamento ultimo, con l’epékeina
platonica, con l’idea dell’idea, con il logos come logos di
tutti i logoi41. In questo contesto all’idea come ipotesi e
come metodo per la fondazione della conoscenza viene

tone e Kant, Kant e Platone […] Questo è il tuo mondo! Questo si chia-
ma un mondo! Il tuo operare accademico così limitato […], questo lavoro
affannoso e incessante è davvero degno di una vita intera?».
39 Questa fase di trasformazione del pensiero di Natorp è già docu-

mentata dall’opuscolo Über Platos Ideenlehre, Berlin, Reuther & Reichard,


1914, pp. 24-25, in cui egli tra l’altro affronta il rapporto tra Logos e
Psyche; ma cfr. anche p. 25: «il pensiero, ogni pensiero si esprime in un
“vi è”; il pensiero, in base al suo significato complessivo, è quindi in ogni
caso posizione di un essere».
40
P. Natorp, Philosophische Systematik, a cura di H. Knittermeyer,
Hamburg, Meiner, 2000, p. 33.
41 Cfr. P. Natorp, Platos Ideenlehre, cit., pp. 467-68. Cfr. anche P. Na-

torp, Selbstdarstellung, in Die Philosophie der Gegenwart in Selbstdarstellun-


gen, a cura di R. Schmidt, Leipzig, Meiner, 1921, vol. I, p. 171.
442 Massimo Ferrari

attribuita una funzione diversa rispetto a quella accredi-


tata dalla versione del «platonismo» marburghese. Come
è stato osservato giustamente, in Cohen «il concetto di
“origine” […] non è inteso nel senso di un fondamen-
to assoluto, bensì viene espressamente determinato come
fondazione, come ipotesi»42; Natorp sembra invece nu-
trire una preoccupazione ben diversa, seppure formulata
ancora con gli strumenti concettuali della tradizione neo-
kantiana. «L’idea rimane “ipotesi”. Ma qual è il senso
preciso dell’ipotesi? Delimitazione (Abgrenzung)», e cioè
delimitazione «di un unico raggio dall’infinita pienezza
della luce». L’origine – diversamente dall’interpretazione
coheniana – non è più quindi l’idea come ipotesi, bensì
l’unità ultima, l’anupótheton43. E non per nulla Natorp
sembra ora rivedere il rapporto tra Platone e Kant, per
presentarlo in una nuova luce: non è più l’originarietà
metodica dell’idea, bensì è l’epékeina platonica a rap-
presentare l’autentico inizio della filosofia trascendenta-
le44. Come scriverà nella postuma Philosophische Syste-
matik, «il trascendentale di Kant affonda totalmente le
sue radici nell’epékeina di Platone»45; ma lo slittamento
di questa «ardita e ambigua espressione» platonica dal
piano regolativo dell’etica, su cui aveva insistito Cohen
sin dal 1877, al piano costitutivo del nesso originario tra
pensiero ed essere è la spia ormai di una svolta, che si
colloca al limite estremo tra la radicalizzazione dell’inter-
pretazione di Platone promossa dalla scuola di Marbur-
go e il suo superamento in una direzione «ontologica»46.

42 G. Edel, Kantianismus oder Platonismus? Hypothesis als Grundbegriff

der Philosophie Cohens, in I filosofi della scuola di Marburgo, fascicolo speciale


de «Il Cannocchiale», a cura di B. Antomarini, gennaio-agosto 1991, p. 81.
43 Cfr. P. Natorp, Platos Ideenlehre, cit., p. 469. Cfr. inoltre H. Holz-

hey, Platon im Neukantianismus, cit., p. 237: «diversamente da Cohen, Na-


torp non ha alcun problema con l’“anupótheton”» (su questo punto insiste
anche A. Poma, L’idea del bene in Platone nella differente interpretazione di
Cohen e Natorp, in I filosofi della scuola di Marburgo, cit., pp. 377-78).
44 P. Natorp, Platos Ideenlehre, cit., p. 463.
45
Cfr. P. Natorp, Philosophische Systematik, cit., p. 70.
46 Cfr. H. Cohen, Kants Begründung der Ethik, Berlin, Dümmler, 1877,

pp. 1-2, trad. it. di G. Gigliotti (condotta però sulla seconda edizione del
Cassirer, Natorp e l’immagine di Platone 443

3. Una nuova immagine di Platone

L’immagine cassireriana di Platone assume invece, in


quegli stessi anni, contorni decisamente diversi. Tra il
1922 e il 1925 Cassirer dedica a Platone, oltre a una
parte del suo insegnamento accademico47, una serie di
contributi che spaziano dal saggio su Goethe e Platone
(1922) alla conferenza tenuta alla Bibliothek Warburg
su Eidos und Eidolon (pubblicata nel 1923), per arriva-
re all’ampia esposizione della storia del pensiero greco
da Talete a Platone composta per il Lehrbuch der Philo-
sophie curato da Max Dessoir (1925). Certamente Cas-
sirer è ancora fedele al pathos dell’interpretazione mar-
burghese: non a caso dichiara non solo di considerare
l’intera storia della filosofia greca come la «storia del
logos che trova se stesso», ma di affrontare i problemi
sistematici del pensiero di Platone sulla base del «fon-
damentale scritto» di Cohen e dagli svolgimenti che ne
aveva dato Natorp48. Anche nelle pagine introduttive al
primo volume della Philosophie der symbolischen Formen
egli si richiama a Platone e, citando il Sofista (243c-244a:
un luogo che Heidegger, con altre implicazioni, sceglierà
come exergo di Sein und Zeit) sostiene che il significato
autentico del concetto platonico di essere si rivela solo
affrontando il problema del suo principio ideale: «solo
là dove l’essere assume il significato nettamente deter-

1910) con il titolo La fondazione kantiana dell’etica, Lecce, Milella, 1983,


p. 12. Sulla fase ultima del pensiero di Natorp ci sia consentito rinviare al
nostro studio Neokantismo e ontologia, «Rivista di estetica», XLIII, 2003,
specialmente pp. 95-98.
47
Cassirer ne parla in una lettera a Natorp del 9 settembre 1920, con-
servata nel Nachlaß di Natorp presso l’Universitätsbibliothek di Marburgo
con segnatura UB, 831/664.
48 Cfr. E. Cassirer, Die Philosophie der Griechen von den Anfängen bis

Platon, in Lehrbuch der Philosophie, a cura di M. Dessoir, vol. I: Die Ge-


schichte der Philosophie, Berlin, Ullstein, 1925, pp. 7-138, ora in Gesammel-
te Werke, vol. XVI: Aufsätze und kleine Schriften 1922-1926, a cura di J.
Clemens, Hamburg, Meiner, 2003, pp. 400-62 (da cui citiamo: i passi citati
sono a pp. 313, 401 n. 188), trad. it. di G.A. De Toni con il titolo Da Ta-
lete a Platone, Roma-Bari, Laterza, 1984, pp. 13, 101 n. 1.
444 Massimo Ferrari

minato di problema il pensiero assume il significato e il


valore nettamente determinati di principio»49. All’interno
di questa prospettiva Cassirer sottolinea però che il ruo-
lo svolto dai principi nel porre il problema dell’essere, o
meglio del «senso» dell’essere, coincide con la funzione
del significato in generale, giacché l’origine della filosofia
platonica e il suo superamento del pensiero presocratico
consistono nella trasformazione del problema dell’essere
nel problema del significato dell’essere. La riflessione di
Platone non si dirige alle cose o all’essere in sé, ma alla
«possibilità del significare (Möglichkeit des Bedeutens)»,
al «cosmo dei significati»: il passaggio dal problema del-
l’essere al problema del significato costituisce pertanto il
fondamento della teoria delle idee, essendo le idee quel-
le «strutture (Gebilde)» che «non sono dotate di alcuna
esistenza immediata, ma che invece fondano ogni esi-
stenza fenomenica»50. Il paradigma della conoscenza che
era stato determinante per l’interpretazione marburghese
di Platone viene così relativizzato e risolto nel paradig-
ma più generale del «significato», estensibile alle diverse
forme della cultura e dell’espressione simbolica. In que-
sto senso Cassirer vede nel bene supremo platonico la
meta di un processo progressivo dello spirito, che pren-
de le mosse dalla «forma fondamentale del sapere, dalla
forma dell’agire etico» e infine da ogni forma «di atti-
vità formatrice»51: lo sfondo di una siffatta rilettura del

49 E. Cassirer, Philosophie der symbolischen Formen, vol. I: Die Spra-

che, Berlin, Bruno Cassirer 1923, rist. Darmstadt, Wissenschaftliche Bu-


chgesellschaft, 1988, p. 4, trad. it. di E. Arnaud con il titolo Filosofia
delle forme simboliche, vol. I: Il linguaggio, Firenze, La Nuova Italia,
1976, pp. 4-5. Poco sopra Cassirer annota: «Il grande apporto sistema-
tico e storico [della teoria platonica delle idee] è costituito dal fatto
che in essa l’essenziale presupposto spirituale di ogni comprensione e di
ogni spiegazione filosofica del mondo appare per la prima volta in forma
esplicita».
50
E. Cassirer, Die Philosophie der Griechen von den Anfängen bis Pla-
ton, cit., pp. 404, 422, 427, trad. it. cit., pp. 104, 121, 126 (traduzione mo-
dificata).
51 E. Cassirer, Die Philosophie der Griechen von den Anfängen bis Pla-

ton, cit., p. 462, trad. it. cit., p. 158 (traduzione modificata).


Cassirer, Natorp e l’immagine di Platone 445

pensiero di Platone è ormai la filosofia delle forme sim-


boliche e, in particolare, la considerazione del linguag-
gio come irrinunciabile mezzo espressivo del pensiero e
dell’attività spirituale.
Nel corso dei primi anni ’20 Cassirer si confronta
dunque con la teoria platonica delle idee entro un qua-
dro teorico più complesso rispetto a quello precedente
incentrato sul problema della conoscenza (anche se ciò
non significa affatto che egli ridimensioni il contributo
determinante del platonismo alla nascita della scienza
moderna della natura)52. Tuttavia il mutamento di pro-
spettiva ha ben poco in comune con l’aspirazione del-
l’ultimo Natorp a una «fondazione ultima», all’unità ori-
ginaria in cui tutto è racchiuso. Al contrario, Cassirer si
rivolge ora a Platone collocandosi saldamente all’interno
dell’orizzonte della filosofia della cultura e della «storia
dello spirito», com’è documentato dall’elegante saggio
su Eidos und Eidolon. Das Problem des Schönen und der
Kunst in Platons Dialogen concepito in stretto rapporto
con l’ambiente della Bibliothek Warburg amburghese,
che per tanti versi è intrecciata con l’avventura intellet-
tuale di Cassirer nel sondare la molteplicità delle forme
espressive, la storia dell’arte e delle religioni, le soprav-
vivenze astrologiche, il mito e il pensiero scientifico: in
breve, la cultura umana come complesso di simboli da
decifrare53.
Il problema sul quale Cassirer intende gettar luce è
il «paradosso» determinato della concezione platonica
che, pur negando all’estetica «un essere proprio e au-
tonomo, equiparato ad altri ambiti», ha tuttavia eserci-
tato una straordinaria influenza sul successivo sviluppo

52 Si veda ad esempio Individuum und Kosmos in der Philosophie der

Renaissance, Leipzig, Teubner, 1927, rist. Darmstadt, Wissenschaftliche


Buchgesellschaft, 1987, pp. 175-78, trad. it. di F. Federici con il titolo In-
dividuo e cosmo nella filosofia del Rinascimento, Firenze, La Nuova Italia,
1935, pp. 262-66.
53 Mi permetto di rinviare per questo aspetto al mio libro Ernst Cas-

sirer. Dalla scuola di Marburgo alla filosofia della cultura, Firenze, Olschki,
1996, pp. 215-54.
446 Massimo Ferrari

dell’estetica54. Si tratta di un nodo, storico e teorico al


tempo stesso, che sarà all’origine dell’importante studio
di Erwin Panofsky su Idea, uscito nel 1924 sempre nel-
l’ambito delle pubblicazioni della Bibliothek Warburg e
rivolto a completare e a estendere la ricerca di Cassi-
rer55. Per parte sua Cassirer si concentra esclusivamente
sull’analisi del problema del bello nei dialoghi di Plato-
ne, per mostrare in qual modo venga svolto il duplice
tema della separazione tra idea e manifestazione sensibi-
le da un lato e della loro connessione dall’altro. «Non
si comprende il senso sistematico della separazione, del
korismós – afferma Cassirer – se non grazie al senso
della partecipazione, della métexis»56. La tensione e, in
qualche misura, la polarità «tragica» tra questi due mo-
menti non impedisce dunque che nel pensiero platonico
avvenga «la progressiva riconciliazione del regno della
natura con il regno delle pure forme»57. Per Cassirer si
tratta allora di mostrare come anche nell’attività artistica
questa tensione tra eidos e eidolon possa essere ridimen-
sionata, in modo da trovare una mediazione e un punto
di incontro tra la rappresentazione sempre inadeguata
dell’idea del bello e l’espressione artistica tramite simbo-
li: anche nell’arte, infatti, non domina soltanto la sem-
plice mimesis, ma pure «una funzione autenticamente
creativa», una forma autonoma di «rappresentazione for-

54 Cfr. E. Cassirer, Eidos und Eidolon. Das Problem des Schönen und

der Kunst in Platons Dialogen, «Vorträge der Bibliothek Warburg», II,


1922-1923, pp. 1-27, ora in Gesammelte Werke, vol. XVI, cit., pp. 135-63
(il passo citato è a pp. 137-38), trad. it. di A. Pinotti con il titolo Eidos e
eidolon. Il problema del bello e dell’arte nei dialoghi di Platone, con postil-
le di M. Carbone, R. Pettoello e F. Trabattoni, Milano, Edizioni Libreria
Cortina, 1998, pp. 12-13. Stranamente questo lavoro di Cassirer è ignorato
nella panoramica – per altro assai lacunosa, almeno per quanto riguarda la
scuola di Marburgo – offerta da A. Zadro, Platone nel Novecento, Roma-
Bari, Laterza, 1987, pp. 50-62.
55 Cfr. E. Panofsky, Idea. Ein Beitrag zur Begriffsgeschichte der älteren

Kunsttheorie, «Studien der Bibliothek Warburg», vol. V, Leipzig, Teubner,


1924, trad. it. di E. Cione con il titolo Idea. Contributo alla storia dell’este-
tica, 2a ed. riveduta, Firenze, La Nuova Italia, 1996.
56 E. Cassirer, Eidos und Eidolon, cit., p. 145, trad. it. cit., p. 23.
57 Ibidem, trad. it. cit., p. 24.
Cassirer, Natorp e l’immagine di Platone 447

matrice»58. Tutto ciò comporta una conseguenza di ca-


rattere più generale, che va al di là dello status dell’arte
dal punto di vista platonico: in fondo è lo stesso eser-
cizio filosofico per eccellenza, l’esercizio della dialettica,
che tanto nel Fedro quanto nel Timeo sembra rinviare a
un tipo molto particolare di arte, l’arte del discorso mi-
tico. Il discorso mitico non è semplice illusione, ma è
un mezzo necessario per rendere visibile e comunicabile
il vero nell’immagine, nel verosimile; ed è la formulazio-
ne linguistica delle conoscenze ultime a impedire anche
al dialettico – sostiene Cassirer proponendo un’acuta in-
terpretazione della Settima lettera (342a-344d) – di «an-
dare oltre l’ambito della mediatezza, dunque oltre l’am-
bito della mimesis, se si prende questo concetto nel suo
senso più ampio»59. In tal modo Cassirer sembra ritene-
re che l’intera filosofia di Platone sia necessariamente, e
nell’accezione più larga del termine, una dottrina scritta,
per la quale il ricorso all’espressione simbolica e all’im-
magine non è occasionale, ma inevitabile nella misura in
cui si tratta di un medium specificamente umano60: la
polarità tra eidos e eidolon, se per un verso è costitutiva
del pensiero platonico, per un altro verso contiene inve-
ce in se stessa le premesse della sua risoluzione.
Da questo contesto nasce anche un secondo aspetto
rilevante del Platone cassireriano di questi anni, vale a
dire il ruolo sempre più determinante che assume per
l’interpretazione della teoria delle idee il concetto di for-
ma. Tra le molte suggestioni che confluiscono nella no-
zione cassireriana di forma vi è senza dubbio anche la
morfologia di Goethe, che in questo caso diventa una
sorta di lente attraverso la quale prendere in esame lo
stesso pensiero platonico e completarlo, ma anche tra-
sformarlo, alla luce della «correlazione indissolubile»
tra ragione e divenire. L’idealismo platonico si apre così

58
E. Cassirer, Eidos und Eidolon, cit., p. 163, trad. it. cit., p. 47 (tra-
duzione modificata).
59 E. Cassirer, Eidos und Eidolon, cit., p. 161, trad. it. cit., p. 44.
60
E. Cassirer, Eidos und Eidolon, cit., pp. 160-61, trad. it. cit., p. 45.
448 Massimo Ferrari

non solo alla dimensione simbolica, ma viene messo


a confronto con l’incessante mobilità delle forme del-
la cultura alla ricerca di una conciliazione tra l’antico e
il moderno61. «Il divenire, che per Platone indica il li-
mite della conoscenza – scrive Cassirer nel saggio Goe-
the und Platon (la cui prima edizione è del 1922) – si
trasforma in Goethe in un presupposto e in una forma
della conoscenza»62. Platone, secondo Cassirer, cerca di
superare questa limitazione quando prende in considera-
zione la métexis, ovvero la mediazione tra il mondo del
divenire e il mondo dell’essere sulla base dell’elemento
matematico; Goethe, per parte sua, è invece proteso a
non trasformare i fenomeni in leggi matematiche, ben-
sì a rinvenire una legge che non sia affatto separata dai
fenomeni63. Il senso dell’alternativa diventa comprensibi-
le nella particolare prospettiva adottata qui da Cassirer,
che cerca di ripensare la differenza tra Platone e Goethe
e di renderla feconda nel quadro di una «filosofia della
forma». Se la considerazione goethiana della natura sfo-
cia in un’idea omnicomprensiva di vita, risulta evidente
in che cosa consista «la principale e più caratteristica
differenza spirituale tra il concetto di forma di Goethe e
quello di Platone»: essa risiede nel contrasto tra i pro-
cedimenti logici del pensiero puro che Platone chiama
diairesis e sunagoghé e «l’eterna sistole e diastole della
vita» di cui parla Goethe64. Ma il movimento pendola-

61 Cfr. in proposito E. Rudolph, Ernst Cassirer im Kontext, Tübingen,

Mohr, 2003, p. 245, che giustamente sottolinea come la nozione di simbolo


assuma un ruolo centrale nell’interpetazione cassireriana di Platone.
62
E. Cassirer, Goethe und die geschichtliche Welt, Berlin, Bruno Cas-
sirer, 1932, rist. a cura di R.A. Bast, Hamburg, Meiner, 1995, pp. 114-15,
trad. it. di R. Pettoello con il titolo Goethe e il mondo storico, Brescia,
Morcelliana, 1995, p. 137. L’importanza di Goethe per la filosofia matura di
Cassirer è ampiamente documentata dagli studi raccolti nel volume Cassirer
und Goethe. Neue Aspekte einer philosophisch-literarischen Wahlverwandt-
schaft, a cura di B. Naumann e B. Recki, Berlin, Akademie Verlag, 2002.
63 E. Cassirer, Goethe und die geschichtliche Welt, cit., pp. 134 e 140,

trad. it. cit., pp. 154 e 159.


64 E. Cassirer, Goethe und die geschichtliche Welt, cit., pp. 116, 145,

trad. it. cit., pp. 138, 162.


Cassirer, Natorp e l’immagine di Platone 449

re della vita è anche il nodo cruciale della filosofia della


cultura di Cassirer, che esplicitamente vuole essere una
morfologia nel senso goethiano, una «teoria delle forme
dello spirito (Formenlehre des Geistes)»65. Per una filo-
sofia così intesa, infatti, il concetto di tipicamente mar-
burghese di legge non è più sufficiente, perché occorre
piuttosto rivolgersi all’energia creatrice dell’uomo e alla
sua capacità di dar vita a un universo di simboli, in cui
si esprime un contenuto spirituale attraverso le forme
che sono a fondamento di ogni tipo di esperienza del
mondo.
Due aspetti sembrano così emergere con particolare
rilievo dall’utilizzazione del concetto di forma nell’inter-
pretazione cassireriana di Platone. Da un lato si tratta
di accogliere l’obiezione che Natorp aveva formulato nei
confronti della fenomenologia di Husserl, ancora troppo
vincolata a un platonismo «rigido» e condizionato fon-
damentalmente dall’impostazione aristotelica, laddove in-
vece il platonismo autentico ha già superato questo limi-
te postulando il movimento e la continuità delle idee en-
tro il processo della conoscenza66. Cassirer sembra per-
fettamente in sintonia con questa posizione di Natorp e
ne condivide l’invito alla dinamicizzazione dell’eidos, per
considerarlo alla luce del «movimento spirituale» che lo
orienta67; e tuttavia egli mira al tempo stesso a un am-

65 E. Cassirer, Philosophie der symbolischen Formen, vol. I, cit., p. V,

trad. it. cit., p. XI.


66 Cfr. P. Natorp, Husserls “Ideen zu einer reinen Phänomenologie”,

«Logos», VII, 1917/1918, pp. 224-46, raccolto anche nel volume Husserl,
a cura di H. Noack, Darmstadt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 1973,
pp. 36-60 (il passo citato è a p. 44). Su Natorp, Husserl e Platone si veda
Ch. Möckel, Platon als «Gewährsmann» Husserls? Zur Platonrezeption im
Husserlschen Werk, «Recherches husserliennes», XII, 1999, pp. 77-111, ora
nel suo volume Phänomenologie. Probleme, Bezugnahmen und Interpretatio-
nen, Berlin, Logos Verlag, 2003, pp. 81-101.
67 Cfr. E. Cassirer, Die Philosophie der Griechen von den Anfängen bis

Platon, cit., p. 457, trad. it. cit., p. 153 (dove però Cassirer sembra scor-
darsi della distinzione che già Cohen aveva proposto tra eidos e idea pro-
prio al fine di opporre alla staticità del primo il carattere plastico di que-
st’ultima).
450 Massimo Ferrari

pliamento significativo della prospettiva originaria di Na-


torp. Non si tratta soltanto della dinamicizzazione delle
idee platoniche, ma di rivedere – a partire dalla proble-
matica della Philosophie der symbolischen Formen – ciò
che Natorp aveva affermato commentando il Menone:
perché se è vero che «la forma della conoscenza» è la
«conformità a una legge (Gesetzlichkeit)»68, il modello
epistemologico della legge non ha una validità estensibile
ad altri ambiti della cultura come il linguaggio, il mito o
la religione. Nel terzo volume della Philosophie der sym-
bolischen Formen Cassirer intreccia a questo proposito
un dialogo critico con Natorp, in particolare con il Na-
torp della Allgemeine Psychologie, proprio nella convin-
zione che un regno di leggi che dovrebbe abbracciare
l’intera cultura non sia plausibile, dal momento che le
«oggettivazioni» di cui consiste la cultura sono piuttosto
strutture o forme oggettive di determinazione «in nessu-
na maniera» riconducibili sotto il concetto di legge69. Si
chiarisce in tal modo ciò che distingue l’interpretazione
cassireriana di Platone da quella di Natorp: si tratta non
già di una questione storico-filologica, bensì di una que-
stione teorica, che investe la struttura della filosofia del-
le formazioni simboliche e, in particolare, l’impossibilità
di dedurre le forme simboliche dalla «legge originaria
del logico» che Natorp credeva di poter individuare sul-
la base della teoria platonica delle idee70. E tanto meno
68
P. Natorp, Platos Ideenlehre, cit., p. 29.
69
Cfr. E. Cassirer, Philosophie der symbolischen Formen, vol. III, cit.,
p. 66, trad. it. cit., vol. III/1, p. 74. Sul concetto di forma vale la pena di
ricordare due interessanti luoghi nelle pagine dell’ultimo Natorp. Nel libro
del 1918 sulla «missione» della cultura tedesca Natorp osserva che il me-
rito principale dei greci sarebbe quello di aver inteso la forma come «as-
solutamente vitale, energetica, come movimento libero, ritmico, che scorre
a partire dalle leggi vitali proprie del mondo organico» (Deutscher Weltbe-
ruf, vol. I: Die Weltalter des Geistes, Jena, Diederichs, 1918, p. 63). Altro-
ve, riferendosi implicitamente alla coppia libertà-forma di Cassirer, Natorp
richiama invece l’attenzione sul fatto che il concetto di forma unitamente
a quello di libertà non possono essere considerati come «ciò che vi è di
ultimo»: «al di sopra» di essi vi è ancora «qualcos’altro» (Philosophische
Systematik, cit., p. 38).
70 Cfr. P. Natorp, Platos Ideenlehre, cit., p. 328.
Cassirer, Natorp e l’immagine di Platone 451

una filosofia della cultura nel senso di Cassirer sembra


conciliabile con il «fondamentalismo» filosofico che Na-
torp delinea nell’«appendice metacritica» alla Platons
Ideenlehre, in cui egli sottolinea come l’accesso adegua-
to alla filosofia platonica – ma in realtà alla filosofia qua
talis – sia rinvenibile solo in «ciò che infine non può
essere detto», nell’epékeina, nell’unità ultima di agathon,
kalon e sophon71.
Queste due immagini della filosofia platonica coinvol-
gono – ed è questo il secondo aspetto – anche il desti-
no dell’interpretazione marburghese di Platone o, se si
vuole, il destino del platonismo «trascendentale» entro
lo sviluppo della tradizione neokantiana72. Colpisce sen-
za dubbio che nell’ultima fase della sua filosofia Natorp
non solo trasformi Platone in una direzione che sembra
neoplatonica73, ma giunga a considerare lo stesso Aristo-
tele come una fonte dell’esito «onto-logico» a cui egli
approda. Ora si tratta infatti, per Natorp, di concepi-
re la filosofia come philosophia prima e di vedere il suo
problema principale nella questione dell’ente in quanto
essente o, come dice Natorp, nella questione «pura e
semplice dell’essere», di ciò che è anteriore a ogni se-
parazione tra soggetto e oggetto, ma anche tra essere e
pensiero74. Il rapporto dell’ultimo Natorp con l’ontolo-
gia aristotelica meriterebbe di essere indagato in detta-
glio, tenendo conto anche suoi saggi sulla metafisica di
Aristotele risalenti a quasi un quarantennio prima75; ma

71 Cfr. P. Natorp, Platos Ideenlehre, cit., p. 465.


72 A questo riguardo si potrebbe riprendere quanto Laks ha osservato
a proposito di Cohen e Natorp, estendendolo a Cassirer e Natorp: «Pla-
tone è diventato la linea di divisione non tra il neokantismo e ciò che gli
è estraneo, ma tra due versioni del neokantismo» (Platon entre Cohen et
Natorp, cit., p. 53).
73 Cfr. in proposito K.-H. Lembeck, Platon in Marburg, cit., pp. 313-

22.
74 Cfr. P. Natorp, Vorlesungen über praktische Philosophie, Erlangen,

Verlag der philosophischen Akademie, 1925, pp. 5-7.


75 Cfr. P. Natorp, Thema und Disposition der aristotelischen Metaphy-

sik, «Philosophische Monatshefte», XXIV, 1888, pp. 37-65, 540-74, e Über


Aristoteles Metaphysik, K 1-8, 1065a26, «Archiv für Geschichte der Philo-
452 Massimo Ferrari

è comunque significativo che alla fine del percorso del


«platonico» Natorp si intravveda l’ombra di Aristotele,
in un contesto che appare mutato rispetto alla sua rice-
zione tra la fine del secolo XIX e gli inizi del XX negli
ambienti neokantiani ancora sospettosi nei confronti del-
l’aristotelismo come supporto fondamentale della scola-
stica cattolica76.
Ancor più significativo è tuttavia che anche nel caso
di Cassirer emerga uno sfondo aristotelico, proprio in
virtù di quel concetto di forma che certo appartiene
– in primo luogo – alla strumentazione della filosofia di
Kant e che Cassirer reinterpreta come metodicamente
distinto dalla materia, la quale in realtà non è mai au-
tonoma rispetto al processo di formazione in cui essa
si struttura77. Eppure il fatto che Cassirer parli ripetu-
tamente – sebbene con una certa indeterminatezza – di
forma ed energheia, e che concepisca la forma come un
principio radicato nella vita dello spirito, sempre sogget-
to al mobile divenire in contrapposizione al mero ergón,
potrebbe suggerire l’ipotesi che in fondo anche Cassirer
non sia sfuggito a un curioso paradosso. Dietro le quin-
te della revisione del platonismo marburghese sembra
infatti affacciarsi un influsso sotterraneo, sebbene non
facile da documentare nel dettaglio, se non di Aristote-
le almeno della tradizione aristotelica, con la quale Cas-
sirer – eminente studioso della filosofia rinascimentale,
buon conoscitore dell’aristotelismo da Pomponazzi in
poi e, last, but not least, autore di lavori pioneristici su

sophie», I, 1888, pp. 178-93. Per una valutazione critica di questi contribu-
ti si veda E. Berti, Aristotele nel Novecento, Roma-Bari, Laterza, 1992, pp.
26-27, 64-65, 71-73, che prende in considerazione anche la loro possibile
influenza su Heidegger.
76 Su questo punto si veda il recente contributo di S. Poggi, Aristo-

te, le néo-kantisme et la philosophie catholique allemande au début du XXe


siècle, in Aristote au XIXe siècle, a cura di D. Thouard, Lille, Presses Uni-
versitaires du Septentrion, 2004, pp. 313-25 (che prende in esame anche il
libro del marburghese A. Görland, Aristoteles und Kant, Giessen, Töpel-
mann, 1909).
77 Cfr. E. Cassirer, Philosophie der symbolischen Formen, vol. III, cit.,

pp. 222-37, trad. it. cit., pp. 255-272.


Cassirer, Natorp e l’immagine di Platone 453

Leibniz – aveva senza dubbio un’ampia familiarità78. Per


quanto il discorso sulle fonti di un autore, e per di più
di un autore come Cassirer, sia sempre un discorso dif-
ficile, che può penalizzare e può premiare con una certa
arbitrarietà ora l’uno ora l’altro punto di riferimento, e
per quanto non si possa mai ridurre un filosofo di una
qualche statura alla sommatoria delle voci che lo han-
no stimolato, sembra difficile negare che proprio alla fi-
gura di Leibniz (ovviamente insieme a Kant, a Goethe
o a Wilhelm von Humboldt) spetti non solo un ruolo
preminente nell’itinerario di Cassirer, ma una funzione
mediatrice per la ricezione dell’aristotelismo o, più gene-
ricamente, di suggestioni ascrivibili alla tradizione aristo-
telica. A dispetto dell’immagine unilaterale cara ai mar-
burghesi del Leibniz «platonico», era in fondo tramite
la filosofia leibniziana – come ebbe a osservare Dietrich
Mahnke – che l’eredità aristotelica poteva subire un pro-
cesso di accentuata «dinamicizzazione», di cui Cassirer è
in qualche misura testimone e attore79.
Del resto, se Cassirer avesse dovuto dichiarare la sua
posizione nei confronti della scuola di Atene avrebbe pro-
babilmente risposto che si trattava di guardare sia verso
l’alto con Platone, sia verso il basso con Aristotele. Non
per nulla, concludendo nel 1918 la monografia su Kant,
Cassirer presentò il criticismo kantiano come una nuova
sintesi di due tipi fondamentalmente diversi di conside-
razione filosofica: l’una incarnata dallo «spirito beato (se-
liger Geist)» di Platone, l’altra dall’«operaio» Aristotele.
Il parallelo viene dalla Farbenlehre di Goethe e questa
fonte letteraria – come spesso accade in Cassirer – sem-
bra sostituire un argomento filosofico rigoroso; e tuttavia

78 Su questo aspetto, largamente trascurato dalla critica, cfr. E. Rudol-

ph, La résurgence de l’aristotélisme de la Renaissance dans la philosophie


politique de Cassirer, «Revue de métaphysique et de morale», XCVI, 1992,
pp. 479-90 (specialmente pp. 487-88).
79 Cfr. D. Mahnke, Leibnizens Synthese von Universalmathematik und

Individualmetaphysik, Halle, Niemeyer, 1925, rist. Stuttgart-Bad Canstatt,


Frommann, 1964, pp. 391-92.
454 Massimo Ferrari

il suo significato è perfettamente trasparente. Come ave-


va detto lo stesso Kant (che qui Cassirer ha tacitamente
presente80), la filosofia di Aristotele è «lavoro», quella di
Platone è «idealismo»; entrambe devono però convergere
in una visione della filosofia come riflessione sulla «strut-
turale legale» dell’esperienza o, in altri termini, sulla «fer-
tile bassura dell’esperienza» di cui parlava Kant nei Prole-
gomeni81. Proprio in questa visione d’insieme – la visione
di un idealismo che «lavora» sul terreno dell’esperienza
e delle forme del sapere – il platonismo di Cassirer ha
assunto via via un profilo nuovo e forse anche inatteso,
passando attraverso un arricchimento progressivo e una
revisione graduale dell’immagine di Platone che era sta-
ta caratteristica della scuola di Marburgo. La perdita di
acribia filologica e di compattezza sistematica è stata così
compensata dall’apertura di possibilità interpretative più
ampie, certamente più vicine a quella sensibilità stori-
co-culturale che contraddistingue inequivocabilmente il
peculiare kantismo di Cassirer. Si tratta di un punto ri-
levante non soltanto per la comprensione della filosofia
di Cassirer e della sua posizione nei confronti di Cohen
e Natorp, ma pure per la messa a fuoco della questione
– centrale per il neokantismo del primo Novecento – di
come ci si debba misurare con la Weltanschauung di Pla-
tone, nel tentativo di rinnovare il costante dialogo del
moderno con l’antico di cui è intessuta tanta parte della
tradizione filosofica82. Per dirla con le parole di Cassirer
nel 1906: «Il pensiero moderno continuerebbe ad offrirci
solo un quadro incompleto e frammentario se volessimo

80
Cfr. I. Kant, Vom einem neuerdings erhobenen vornehmen Ton in der
Philosophie, in Kants gesammelte Schriften, Berlin, Reimer, 1902 sgg., vol.
VIII, p. 393.
81 E. Cassirer, Kants Leben und Lehre, Berlin, Bruno Cassirer, 1918,

rist. Darmstadt, Wissenschaftliche Buchgesellschaft, 1975, pp. 445-48, trad.


it. di G.A. De Toni con il titolo Vita e dottrina di Kant, Firenze, La Nuova
Italia, 1977, pp. 495-98.
82 Cfr. ad esempio la monografia di W. Windelband, Platon, 5a ed. ri-

veduta, Stuttgart, Frommann, 1910.


Cassirer, Natorp e l’immagine di Platone 455

considerarlo del tutto sciolto dalle energie fondamentali e


dalle fonti della filosofia greca»83.

Summary. In his famous book on Plato’s theory of ideas (1903)


Paul Natorp developed a very influential interpretation of the Pla-
tonic philosophy. Together with Hermann Cohen’s essay about Pla-
to’s theory of knowledge (1878), the detailed analysis of Platonic
dialogues set forth by Natorp represents a milestone within the tra-
dition of Marburg Neokantianism, both from a systematic and from
a historical point of view. Ernst Cassirer was well acquainted with
this Neokantian interpretation of Plato, and from the start of his
philosophical career paid great attention to Plato’s influence on the
origins of modern science and philosophical thought. According to
the author of this paper, further developments of Cassirer’s reading
of the Platonic philosophy show nevertheless his increasing diffe-
rentiation from Cohen and Natorp. When Cassirer elaborated the
Philosophy of Symbolic Forms (1923-1929), he was no more satisfied
with the Marburg epistemological interpretation of Plato as well as
with the ontological rethinking of Plato’s thought put forth by Na-
torp in his late work. So a new image of the Platonic philosophy
emerges from Cassirer’s philosophy of culture and symbolical men-
tal activities; and this image involves at the same time a reformula-
tion of the Neokantian tradition.

83
E. Cassirer, Das Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissen-
schaft der neueren Zeit, vol. I, cit., p. 20 (abbiamo reso con il corsivo lo
spaziato del testo originale).

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