Beruflich Dokumente
Kultur Dokumente
da
I N ATA nali
AG azio
A IMP zi Red e.it
Z Z v i n
9 BO R. Ser edazio
d . - r 9
N. dr 7152
w.n
ww 011 51
tel.
doncarlo.qxd 20-04-2006 11:51 Pagina 10
Daniele Spini
sinteressato di questa moglie lontana e tanto piú vecchia, e aveva posto gli
occhi, in vista di un probabile terzo matrimonio, sulla sorellastra ed erede
di lei, Elisabetta, della quale peraltro nei momenti piú promettenti del ma-
trimonio con Maria aveva cercato di ottenere la decapitazione. Elisabetta
non volle nemmeno sentir parlare di questo matrimonio: Filippo e la Spa-
gna rimasero anzi i nemici piú acerrimi dell’Inghilterra, contro la quale la
potenza militare spagnola andò disastrosamente a scontrarsi nel 1588, con
la catastrofe dell’Invencible Armada.
Intanto Filippo nel 1559 si era presa una terza moglie, Elisabetta di Valois, fi-
glia del re di Francia Enrico II, e quattordicenne proprio come don Carlos, al
quale anzi in un primo momento era stata destinata. Sarebbero morti entram-
bi nel 1568, ad appena ventitré anni. Filippo visse ancora abbastanza da sep-
pellire nel 1580 una quarta moglie, Anna d’Austria, dalla quale però era riu-
scito finalmente ad avere un erede capace di sopravvivergli: Filippo III.
Nel 1598, al termine di oltre quarant’anni di regno complessivamente disa-
strosi, Filippo morí di gotta. Da vivo e da morto oltre che nella storia ebbe
un suo posto anche nell’immaginazione collettiva, come cupo simbolo di
un potere tirannico e spietato: re potentissimo e solo, rinchiuso a gestire il
suo regno nel palazzo-monastero dell’Escorial, poco piú vivo della lugubre
cripta che ne attendeva le spoglie mortali. Completava il quadro la figura di
don Carlos: erede debole, malato nell’anima come nel fisico, di un padre
dall’autorità terrificante, antieroe velleitario e isterico, sopraffatto da una
macchina sadica e implacabile. Il tocco finale giungeva dalla vicenda matri-
moniale: il passaggio di Elisabetta di Valois da sposa del figlio a moglie del
padre, secondo il consueto impiego delle adolescenti come merce di scam-
bio, pedine passive di disegni economici, dinastici o politici, poteva facil-
mente esser letto anche come crudele sottrazione di un possibile amore a
un giovane che all’improvviso si vedeva costretto a dibattersi fra la tenta-
zione di una passione incestuosa e lo strazio di una rinuncia. Sullo sfondo,
la vicenda delle Fiandre, vittime di un’oppressione non meno religiosa che
politica, capace di spargere su di esse un oceano di sangue e fuoco (ci sa-
rebbero voluti secoli prima che sull’onda della moda revisionista qualcuno
si mettesse in mente di rivalutare perfino l’Inquisizione spagnola). Ce n’era
di che alimentare romanzi e drammi teatrali, indubbiamente. Ecco dunque
una cospicua genealogia, aperta già nel 1672 da una Histoire de Dom Car-
los scritta da César Vichard, Abbé de Saint-Réal, proseguita quasi subito,
nel 1676 (non per caso in Inghilterra, che da lí a dieci anni si sarebbe ‘li-
berata’ degli Stuart ricorrendo a un re fiammingo, Guglielmo IV d’Orange)
da
I N ATA nali
AG azio
A IMP zi Red e.it
Z Z v i n
10 BO R. Ser edazio
d . - r 9
N. dr 7152
w.n
ww 011 51
tel.
doncarlo.qxd 20-04-2006 11:51 Pagina 11
G I NE E
A IR
IMMINSER
DA
da
I N ATA nali
AG azio
A IMP zi Red e.it
Z Z v i n
11 BO R. Ser edazio
d . - r 9
N. dr 7152
w.n
ww 011 51
tel.
doncarlo.qxd 20-04-2006 11:51 Pagina 12
Daniele Spini
G I NE E
A IR
IMMINSER
DA
da
I N ATA nali
AG azio
A IMP zi Red e.it
Z Z v i n
12 BO R. Ser edazio
d . - r 9
N. dr 7152
w.n
ww 011 51
tel.
doncarlo.qxd 20-04-2006 11:51 Pagina 13
con Don Carlos, Prince of Spain di Thomas Otway, fino a giungere, pas-
sando per il Filippo di Vittorio Alfieri (1770) nel 1787 al momento piú alto
di questa vicenda letteraria, Don Carlos, ‘poema drammatico’ in cinque at-
ti di Friedrich Schiller. Un pilastro della letteratura e del teatro del primo
Romanticismo, nel quale sembra essersi specchiata, seppure su un piano
meno augusto per noi oggi, la versione francese della storia fornita nel
1846 dal dramma Philippe II roi d’Espagne di Eugène Cormon (pseudoni-
mo di Pierre-Étienne Piestre). Tutto ciò parallelamente a molte variazioni
letterarie e teatrali sul tema di una Fiandra in rivolta contro una Spagna as-
soluta cattolica e cupa, Egmont di Goethe in testa.
Nel 1850 Alphonse Royer e Gustave Vaëz, già autori per Verdi del libretto
di quella Jérusalem che aveva rielaborato e ampliato i Lombardi alla prima
crociata fino a trasformarli in grand-opéra, cercarono di coinvolgerlo in una
nuova collaborazione, proponendogli vari soggetti, fra i quali il Don Carlos
di Schiller. Non se ne fece niente. Verdi tornò all’Opéra solo nel 1855, con
I vespri siciliani, per poi tenersi a lungo alla larga dalla grande boutique,
come la chiamava lui con il disprezzo misto ad attrazione che contraddi-
stinse sempre i suoi rapporti con la cultura musicale e teatrale di Parigi.
Nel 1863, durante un soggiorno in Spagna, andò a visitare l’Escorial. Il suo
commento è perfettamente in linea con la ricezione tradizionale della figu-
ra di Filippo II e del suo tempo: «severo, terribile come il feroce sovrano
che l’ha costruito». Nel luglio 1865 il direttore dell’Opéra, Émile Perrin,
tornò alla carica, sottoponendogli fra gli altri progetti ancora una volta un
Don Carlos, nello scenario del drammaturgo François-Joseph Méry e del li-
brettista Camille Du Locle. La risposta di Verdi, per noi che conosciamo il
Don Carlo musicato da lui, è folgorante: «magnifico dramma, ma a cui
manca forse un po’ di spettacolo. Del resto ottima l’idea di far apparire
Carlo V, come ottima la scena a Fontainebleau. A me piacerebbe, come in
Schiller, una piccola scena tra Filippo e l’Inquisitore: e questo cieco e vec-
chissimo; Escudier ve ne dirà poi a voce il perché. Amerei inoltre un Duo
tra Filippo e Posa». L’accordo fu presto fatto. In novembre Verdi andò a Pa-
rigi, dove si trattenne fino al marzo dell’anno successivo, lavorando inten-
samente con i suoi librettisti: da ultimo con il solo Du Locle, poiché Méry
in febbraio fu messo fuori combattimento dalla malattia che l’avrebbe poi
portato alla tomba. Il lavoro proseguí a Sant’Agata, concludendosi nell’esta-
te del 1866 a Cauterets, una località termale dei Pirenei. Poi, a Parigi, si
aprí il lungo calvario delle prove, degli assestamenti, dei tagli, fino alla pri-
ma rappresentazione dell’11 marzo 1867.
da
I N ATA nali
AG azio
A IMP zi Red e.it
Z Z v i n
13 BO R. Ser edazio
d . - r 9
N. dr 7152
w.n
ww 011 51
tel.
doncarlo.qxd 20-04-2006 11:51 Pagina 14
Daniele Spini
da
I N ATA nali
AG azio
A IMP zi Red e.it
Z Z v i n
14 BO R. Ser edazio
d . - r 9
N. dr 7152
w.n
ww 011 51
tel.
doncarlo.qxd 20-04-2006 11:51 Pagina 15
da
I N ATA nali
AG azio
A IMP zi Red e.it
Z Z v i n
15 BO R. Ser edazio
d . - r 9
N. dr 7152
w.n
ww 011 51
tel.
doncarlo.qxd 20-04-2006 11:51 Pagina 16
Daniele Spini
rale dei papi, alla lunga e indecorosa storia delle censure imposte ai li-
bretti d’opera dai governi dell’Italia pre-unitaria). Si consolidò rapida-
mente una prassi esecutiva tendente a normalizzare Don Carlo riportan-
dolo ai termini tradizionali del melodramma nostrano, attraverso il ta-
glio del balletto e poi dell’intero Atto I. L’opera non sembrò tuttavia in-
contrare grande successo: lo parve confermare la prima rappresentazio-
ne a Napoli nel 1871, un mezzo fiasco di cui Verdi attribuí la colpa all’i-
nadeguatezza del San Carlo di fronte a una partitura cosí impegnativa.
Anche per questo Verdi seguí personalmente le riprese del dicembre
1872, per le quali realizzò una nuova versione del duetto tra Filippo e
Posa all’Atto II, confermando come i tagli apportati fra la generale e la
prima parigina lo avessero lasciato profondamente insoddisfatto, facen-
do ritoccare il testo relativo ad Antonio Ghislanzoni, il librettista di Ai-
da. Salvo questo cambiamento e un paio di tagli nel duetto Elisabetta -
Don Carlo all’Atto V, si trattava però sempre del Don Carlos di Parigi, in
cinque atti con ballabili: un grand-opéra tradotto in italiano.
Per Verdi si aprí quindi un periodo di apparente inazione. Il Quartetto,
scritto nel 1873 sempre a Napoli, è il segnale, mezzo scherzoso e mezzo
no, di una riflessione se non di una crisi addirittura. Il 22 maggio 1874
la prima esecuzione del Requiem in memoria di Manzoni, in cui sono
confluiti non solo il «Libera me» per Rossini ma anche un motivo del
duetto Filippo-Rodrigo nella versione napoletana, procura a Verdi sessan-
tunenne un successo aggiuntivo nella veste, tutta moderna ed europea,
del direttore d’orchestra. Poi è solo sotto questo aspetto, con le molte ri-
prese della Messa dirette in Italia e all’estero, che il mondo sembra desti-
nato a conoscerlo, per anni e anni.
Nel 1875 nella sua corrispondenza fa di nuovo capolino il Don Carlo: si
parla di darlo a Vienna, e per tutti è chiaro che cosí com’è la partitura è
troppo lunga e ingombrante, ma anche che non è tanto facile accorciarla
come tanti hanno provato a fare: «Trovo assai difficile farvi dei tagli, a me-
no di fare quanto si usa da molti maestri concertatori, che io chiamerei
scorticatori! Come capirete, io non devo e non voglio fare come costoro.
Per ridurre quest’opera a proporzioni piú ristrette, bisognerebbe aver tem-
po di studiarvi un po’ sopra e fare quanto feci per la Forza del Destino».
Che cosa togliesse a un Verdi ufficialmente inattivo il tempo di «studiare
un po’» sopra il Don Carlo è davvero difficile dire. Del resto quel che av-
venne poi di quest’opera sembra dimostrare che davvero non era solo que-
stione di tempo, e che anzi il tempo probabilmente non c’entrava affatto.
da
I N ATA nali
AG azio
A IMP zi Red e.it
Z Z v i n
16 BO R. Ser edazio
d . - r 9
N. dr 7152
w.n
ww 011 51
tel.
doncarlo.qxd 20-04-2006 11:51 Pagina 17
G I NE E
A IR
IMMINSER
DA
da
I N ATA nali
AG azio
A IMP zi Red e.it
Z Z v i n
17 BO R. Ser edazio
d . - r 9
N. dr 7152
w.n
ww 011 51
tel.
doncarlo.qxd 20-04-2006 11:51 Pagina 18
Daniele Spini
G I NE E
A IR
IMMINSER
DA
da
I N ATA nali
AG azio
A IMP zi Red e.it
Z Z v i n
18 BO R. Ser edazio
d . - r 9
N. dr 7152
w.n
ww 011 51
tel.
doncarlo.qxd 20-04-2006 11:51 Pagina 19
da
I N ATA nali
AG azio
A IMP zi Red e.it
Z Z v i n
19 BO R. Ser edazio
d . - r 9
N. dr 7152
w.n
ww 011 51
tel.
doncarlo.qxd 20-04-2006 11:51 Pagina 20
Daniele Spini
da
I N ATA nali
AG azio
A IMP zi Red e.it
Z Z v i n
20 BO R. Ser edazio
d . - r 9
N. dr 7152
w.n
ww 011 51
tel.
doncarlo.qxd 20-04-2006 11:51 Pagina 21
nella versione 1881!). Nata francese, francese l’opera era sembrata voler
restare anche dopo interventi cosí massicci: ma trasformandosi sensibil-
mente da grand-opéra del Secondo Impero in opera moderna, e una volta
resa italiana in qualcosa di simile a quel ‘dramma lirico’ verso il quale
Boito stava portando Verdi con il progetto dell’Otello, che pure sembra
ripetere, in senso opposto l’itinerario Parigi-Milano percorso da Don Car-
lo attraverso i molti rifacimenti italiani.
Se questa versione, oltre che quella definitiva e piú autentica, sia anche
da considerarsi la migliore, è cosa ovviamente sottoposta al libero giudi-
zio di ognuno. Forse già all’epoca non tutti furono d’accordo, special-
mente per il taglio dell’atto di Fontainebleau, che sacrifica una musica
bellissima della quale gli atti superstiti mantengono echi eloquenti per
chi l’abbia appena udita, privi di significato per chi abbia seguito l’azio-
ne solo dal principio dell’ex Atto II, ora salito al rango di primo. Tant’è
vero che il 29 dicembre 1886 a Modena andò in scena (e fu poi edito an-
ch’esso da Ricordi) un Don Carlo italiano in cinque atti senza ballabili: i
quattro atti della versione di Milano (in tanta parte stilisticamente datati
1884), salva l’espunzione, o se vogliamo l’estrazione della romanza «Io la
vidi» preceduti dall’Atto I cosí com’era nel 1867, compresa la stesura ori-
ginaria della romanza stessa, che fra i pezzi di Verdi sembra quello desti-
nato all’esistenza piú peregrina e travagliata. Cosí, al pari di quanto suc-
cede per il Boris di Musorgskij, l’altro eccezionale, inesauribile work in
progress del teatro musicale ottocentesco, capita ormai spesso di assiste-
re non soltanto a esecuzioni – piú o meno integrali: ma questo è un pro-
blema connesso anzitutto alla consueta routine teatrale – della versione
di Milano o di quella di Modena, o magari anche della stesura rappresen-
tata a Parigi nel 1867, ma anche ad allestimenti che recuperano pezzi di
altre versioni, ivi comprese addirittura parti espunte durante le prove al-
l’Opéra. Quasi a ricordarci i molti ripensamenti, a volte perfino contrad-
dittori, di Verdi stesso. L’esecuzione che adesso Semyon Bychkov e il Tea-
tro Regio ci propongono aggiunge all’edizione di Milano due pezzi dell’o-
riginale parigino: una scena con coro di Elisabetta ed Eboli (in origine
subito prima del grande episodio danzato), posta in apertura dell’attuale
Atto II, e un episodio che subito dopo la morte di Rodrigo, nell’Atto III,
impegna Filippo, Carlo e un coro d’uomini prima che scoppi la sommos-
sa. Pochi minuti di musica in piú, un’occasione in piú per gettare un’oc-
chiata nell’officina di un Verdi inquieto ed esposto al dubbio come forse
mai in tutta la sua carriera.
da
I N ATA nali
AG azio
A IMP zi Red e.it
Z Z v i n
21 BO R. Ser edazio
d . - r 9
N. dr 7152
w.n
ww 011 51
tel.
doncarlo.qxd 20-04-2006 11:51 Pagina 22
Daniele Spini
da
I N ATA nali
AG azio
A IMP zi Red e.it
Z Z v i n
22 BO R. Ser edazio
d . - r 9
N. dr 7152
w.n
ww 011 51
tel.
doncarlo.qxd 20-04-2006 11:51 Pagina 23
G I NE E
A IR
IMMINSER
DA
da
I N ATA nali
AG azio
A IMP zi Red e.it
Z Z v i n
23 BO R. Ser edazio
d . - r 9
N. dr 7152
w.n
ww 011 51
tel.
doncarlo.qxd 20-04-2006 11:51 Pagina 24
G I NE E
A IR
IMMINSER
DA
da
I N ATA nali
AG azio
A IMP zi Red e.it
Z Z v i n
24 BO R. Ser edazio
d . - r 9
N. dr 7152
w.n
ww 011 51
tel.