Nuova Umanità DEL TRADURRE XXXV (2013/2) 206, pp. 175-176
INTRODUZIONE AL FOCUS SU: L’ESPERIENZA DEL
TRADURRE
A.M.B.
I due articoli che compongono il Focus, L’esperienza della tra-
duzione. Verso un’ermeneutica dell’ospitalità e della reciprocità, di María José Iglesias e Tradurre un testo mistico, di Philipp Kung-Tze Hu, hanno in comune lo studio di un tema classico nelle relazioni tra le culture: come accostarsi all’altro, allo straniero, al diverso, senza ridurlo a se stessi? Il problema non è di facile soluzione, perché tradurre significa dire ciò che l’altro dice, ma usando parole che non sono sue. Per misurare la difficoltà di questo tentativo, è sufficiente pro- vare, tra amici che parlino la stessa lingua, a leggere il testo che uno di loro ha scritto, cercando poi di ridirlo usando parole diverse, cioè sinonimi o parafrasi. Provare per credere: molto difficilmente i due discorsi riusciranno a dire le stesse cose. Immaginiamoci le difficoltà che si incontrano quando le lingue sono diverse e quando non si è nemmeno amici, nel senso che non si appartiene allo stesso contesto culturale e sociale. Iglesias e Hu sostengono che la traduzione non è una missione impossibile, che l’umanità comune ad entrambi, l’autore e il traduttore, certamente consente di provarci e, ad alcune condizioni, di riuscirci. María José Iglesias affronta il tema della traduzione prevalente- mente nel suo aspetto filosofico. In questa prospettiva, il problema della traduzione parte dal fatto che la pluralità culturale e linguisti- ca è irriducibile ma che, allo stesso tempo, offre l’occasione di una reciproca comprensione. A partire dall’ermeneutica di Paul Ri- coeur, Hans-Georg Gadamer e Antoine Berman, l’Autrice riflette sull’esperienza che deriva dall’esercizio di questa antica disciplina: 176 A.M.B.
un’esperienza che consiste innanzitutto in un incontro profondo
con l’alterità. L’Autrice sviluppa l’idea di una “ospitalità linguisti- ca”, che costituisce una concreta applicazione della “Regola d’o- ro”; essa è resa possibile dalle intuizioni offerte dalla spiritualità di Chiara Lubich riguardanti l’accoglienza dell’altro, accuratamente mediate e portate nell’ambito della disciplina della traduzione. Philipp Kung-Tze Hu, invece, affronta l’argomento attraverso l’analisi di un caso, consistente nella traduzione di un testo in una lingua appartenente ad una cultura radicalmente diversa da quella nella quale è stato scritto. Il documento preso in esame è un testo mistico di Chiara Lubich, scritto nel contesto della cultura cattoli- ca europea, che viene tradotto in cinese. Secondo l’Autore, lungo tutte le diverse fasi dell’esperienza, dalla comprensione del testo da parte del traduttore, alla traduzione, fino alla lettura e com- prensione del testo da parte dei lettori finali, due elementi vengo- no in evidenza come essenziali. In primo luogo, lo “svuotamento” di sé, per poter accogliere i contenuti dell’esperienza comunicata; secondariamente, la capacità di creare in se stessi un “ambiente” spirituale corrispondente a quello nel quale il testo è stato creato. Questi due elementi indicano, seppure in maniera non ancora svi- luppata, una possibilità metodologica. Per questo, l’Autore ritiene che la stessa procedura possa essere utilizzata nella traduzione di alcuni testi cinesi che sono considerati mistici, come quelli di Lao- zi ed altri, nelle lingue occidentali. Da entrambi gli articoli dunque, in modi diversi, emerge il ruo- lo rilevante che alcune risorse spirituali, attivabili nel traduttore come nel lettore, assumono nella comprensione di un testo “altro”.