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Culture Economie e Territori

SOMMARIO Rivista Quadrimestrale


Numero Venti, 2008

Focus: Antonio Gramsci

Pag. 03 Toglia tti e Gra msci di Giuseppe Vacca

Pag. 20 Gra msci e Ma cchia velli di Francesca Izzo

Pag. 28 Gra msci et de Benois di Michela Nacci

Pa g. 32 La “gra nde tra sforma zione”: i ra pporti tra Sta to ed economia nei “Qua derni del Ca rcere”
di Terenzio Maccabelli

Bordeline

Pag. 61 I mutui subprime e le a ttività preda torie del ca pita le fina nzia rio negli Sta ti Uniti
di Giordano Sivini

Il Faro

Pag. 74 Profili economici e professione: un percorso à rebours di Franco de Leonardis

Pag. 91 Pesca tori e donne per la sovra nità a limenta re di Mariarosa Dalla Costa

Pag. 105 Criptocristia nesimo in Kosovo nel XVIII secolo di Luca Maiocchi

LibriLibriLibri

Pag. 125 Presenta zione di Ugo Fabietti

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n.20 / 2008

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Giuseppe Va cca
Togliatti e Gramsci*

Focus: Antonio Gramsci

La relazione tra Togliatti e Gramsci assume una rilevanza storica significativa a I testi di Giuseppe Va cca ,
datare dal 1926 e si sviluppa lungo alcune direttrici agevolmente distinguibili: un Fra ncesca Izzo e
Michela Na cci sono sta ti
confronto politico intermittente ma sotteso da un ma instrea m ininterrotto; un presenta ti a l convegno su
rapporto personale attraversato dai problemi politici e umani del prigioniero; “Gra msci e la Filosofia .
l’attività di Togliatti editore degli scritti di Gramsci dopo la morte; l’interpreta- Convegno di studi a
zione del suo pensiero, soprattutto i Qua derni del ca rcere. Ci limiteremo a trat- setta nt’a nni da lla morte
(1937-2007)” tenuto a
teggiarne solo alcuni momenti, con particolare attenzione al rapporto fra la bio- Genova il 15-16 novembre
grafia politica e la biografia intellettuale di Gramsci, e al modo in cui Togliatti ne 2007.
gestì la delicata posizione di comunista eterodosso, incardinando sulla sua figu-
ra la tra dizione del comunismo italiano.

Divergenze e convergenze sulla «questione russa».

Com’è noto Gramsci fu arrestato subito dopo uno scontro molto aspro con
Togliatti sulla posizione da assumere nei confronti della costruzione del «sociali-
smo in un paese solo». Nuovi documenti, divenuti accessibili dopo il 1989, hanno
consentito di ricostruire in modo più preciso la dinamica e i motivi del conten-
dere presenti nel carteggio dell’ottobre 1926. La lettera che Gramsci indirizzò al
Comitato centrale del Partito comunista russo il 14 ottobre 1926, scritta a nome
dell’Esecutivo del Pcd’I, era diretta principalmente a Stalin, che, quanto meno
dall’inizio dell’anno, seguiva personalmente lo sviluppo dei rapporti fra il partito
italiano e quello russo (Cfr. Togliatti 1999, pp. 155-171 e 36-44). Infatti, l’amba-
sciatore sovietico a Roma Keržencev, col quale Gramsci intratteneva rapporti fre-
quenti e amichevoli, l’aveva preannunciata a Stalin fin dal 6 ottobre, su richiesta
dello stesso Gramsci (Pons 2004, p. 89, nota). Quando Togliatti, anche per con-
siglio di Bucharin, non trasmise la lettera di Gramsci, considerandola inopportu-
na, non assunse una decisione personale, ma informò l’esecutivo del Pcd’I delle
sue valutazioni sulla lettera e fu da esso autorizzato a sospenderne l’inoltro in
attesa dei chiarimenti che il partito italiano avrebbe ricevuto sulla «questione
russa» dall’inviato del Comintern alla riunione del suo Comitato centrale già con-
vocata per il primo novembre (Daniele 1999, pp. 413-419 e 428-434). In questa
riunione, svoltasi in assenza di Gramsci che non aveva potuto raggiungere la
località segreta in cui il Comitato centrale si teneva, la lettera fu archiviata e quin-
di non divenne mai un documento ufficiale del partito, anche se fu messa agli atti

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n.20 / 2008

come Gramsci aveva chiesto a Togliatti nella replica del 26 ottobre (Daniele
1999, p. 439). Ma l’attenzione va attirata soprattutto sui contenuti del carteggio
che, alla luce dello scontro in atto nei vertici del partito russo, consentono un’in-
terpretazione del conflitto fra Gramsci e Togliatti molto diversa da quella sedi-
mentata nella storiografia precedente. La ragione principale per cui la lettera
destò a Mosca il timore che il Pcd’I potesse schierarsi con Trockij era che in essa
Gramsci, pur aderendo alle posizioni della maggioranza, legava la costruzione
del socialismo in Urss alla capacità di continuare a essere un fattore propulsivo
della rivoluzione mondiale. In altri termini, il punto di contatto fra Gramsci e la
minoranza del Pcr capeggiata da Trockij era l’analisi della situazione mondiale
che entrambi ritenevano caratterizzata dalla possibilità di sviluppo di nuove rivo-
luzioni a breve in Europa. La materia del contendere riguardava la «stabilizzazio-
ne relativa» del capitalismo, categoria molto elastica e oscillante, che Gramsci, in
base agli sviluppi della situazione internazionale nel corso del 1926, aveva messo
radicalmente in discussione enfatizzando l’instabilità del capitalismo mondiale e
l’attualità della rivoluzione soprattutto in alcuni paesi periferici dell’Europa occi-
dentale e centrale (Gramsci 1971). Che fosse questo il punto nodale del dissen-
so fra il partito italiano e la maggioranza di quello russo, nella quale Stalin era
ormai la figura dominante, è chiarito dall’intervento di Togliatti sul rapporto di
Bucharin al VII Plenum del Comintern (novembre 1926): infatti Togliatti gli attri-
buiva il merito di aver fatto chiarezza sulla sconfitta storica subita dalla classe
operaia europea, diradando la prospettiva di una rivoluzione immediata. Il con-
fronto fra Togliatti e Gramsci continuava, quindi, a distanza, anche dopo l’arre-
sto di quest’ultimo. Esso appare ancor più evidente nell’intervento di Togliatti
sul rapporto di Stalin al medesimo Plenum. In questo Togliatti ricalcava persino
i passi della lettera di Gramsci che sottolineavano il legame imprescindibile fra la
costruzione del socialismo in Urss e la sua funzione propulsiva della rivoluzione
mondiale, ma, come già aveva fatto nella lettera a Gramsci del 18 ottobre, con-
futava la tesi che fosse necessario salvaguardare a ogni costo l’unità del gruppo
dirigente bolscevico. Dopo aver svolto un’aspra polemica contro Trockij e
Zinoviev, Togliatti ribadiva che il legame fra l’Urss e la rivoluzione mondiale era
garantito dalla linea politica del partito bolscevico, che era la linea della maggio-
ranza capeggiata da Stalin e Bucharin, mentre la minoranza contrapponeva al
1
(Toglia tti 1972, pp. 93-113). «socialismo in un paese solo» la prospettiva della «rivoluzione permanente» onde
Quella posizione venne ulte-
riormente sviluppa ta l’a nno
le due posizioni erano ormai inconciliabili. L’unità del gruppo dirigente bolsce-
dopo nella Direttiva per lo vico si era rotta una volta per sempre, ma la funzione mondiale dell’Urss non era
studio delle questioni russe, legata al consolidamento del potere sovietico e della sua statualità come si ravvi-
nella qua le Toglia tti rico- sava nella strategia di Stalin1. Come è stato acutamente osservato, è qui l’origine
struiva la linea genera le dei
bolscevichi fin da l 1905 per
dello stalinismo di Togliatti, ed è basato sul convincimento che la forza dell’Urss
dimostra re che, rea lizza ndo costituisse l’unica vera risorsa del comunismo internazionale e che Stalin avesse
l’egemonia del proleta ria to, la visione più lungimirante sul modo di consolidarla e guidarla (Pons 2007).
la Nep era in gra do di soste-
nere la «costruzione del
socia lismo in un pa ese solo» I sospetti di Gramsci sul comportamento di Togliatti
a nche se il gruppo dirigente
si era diviso; quindi la fun- Subito dopo l’arresto fu Gramsci a scegliere Piero Sraffa e Tatiana Schucht per
zione rivoluziona ria mon- tenere i contatti con il partito e con i familiari. Dell’assistenza economica e pro-
dia le dell’Urss era ga ra ntita .
(1972, pp. 172-189). cessuale si occupava il Centro interno del partito e con esso Gramsci comunica-

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Giuseppe Va cca Togliatti e Gramsci

va anche attraverso gli avvocati che ne curavano le vicende giudiziarie. Ma Sraffa,


che dalla fine del ‘27 viveva a Cambridge, dove, grazie all’amicizia di Keynes era
riparato in seguito alle persecuzioni fasciste, era il tramite ideale con il Centro
estero che Togliatti aveva raggiunto agli inizi del 1927. Sraffa era un comunista
non iscritto che però, grazie all’amicizia con Gramsci e con Togliatti, veniva con-
siderato dal partito un dirigente coperto. Inoltre, in virtù delle influenti relazioni
del padre Angelo e dello zio materno Mariano D’Amelio, senatore del regno e
primo presidente della Corte di Cassazione, egli poteva fornire un aiuto prezioso
al prigioniero per quanto riguardava la sua posizione processuale e le sue condi-
zioni carcerarie. Tania, a sua volta, essendo cittadina russa, era il canale ideale per
i rapporti con l’ambasciata sovietica. Iscritta al partito bolscevico dal 1927, gode-
va della protezione dell’ambasciata e al tempo stesso, come parente, poteva visi-
tare frequentemente il prigioniero e riferire al partito i colloqui avuti con lui.
Poco dopo la condanna di Gramsci Togliatti assunse personalmente la gestione
dei contatti con il detenuto che dalla fine del 1928 vennero organizzati attraver-
so il triangolo Gramsci-Tatiana-Sraffa. Il veicolo principale era la corrispondenza
indirizzata da Gramsci a Tania, che solitamente la trasmetteva in copia al Centro
estero del partito. Il corriere era Sraffa, che riceveva la corrispondenza in origi-
nale o in copia da Tania e la consegnava personalmente a Togliatti o a chi per lui,
passando per Parigi tre o quattro volte l’anno in occasione dei suoi soggiorni in
Italia dove solitamente trascorreva le vacanze con la famiglia. Ma Tania era anche
il tramite della corrispondenza fra Sraffa e Gramsci che aveva sia carattere per-
sonale, sia di intermediazione delle comunicazioni di Togliatti al prigioniero.
Infine, Tania trascriveva per Gramsci anche le lettere provenienti dalla famiglia
Schucht, delle quali anche il partito italiano era quindi informato attraverso la
corrispondenza di Gramsci con Tania e di Tania con Sraffa. Questo reticolo fati-
coso e complesso era necessario per consentire a Togliatti di gestire gli aspetti
politicamente più delicati della condizione del prigioniero. Nelle mani di
Mussolini Gramsci era oggetto di manovre e pressioni che si ripercuotevano
sulle sorti del partito. Inoltre, dall’ottobre ’26 agli occhi di Mosca era un comu-
nista eterodosso e lo sarebbe divenuto sempre più dopo il VI congresso del
Comintern e la «svolta» del 1930. Anche questo costituiva dunque un problema
complicato: le sue prese di posizione, il suo pensiero filtravano fuori del carcere
di Turi e in vario modo giungevano all’orecchio di Mosca, mentre, per il modo
in cui aveva schierato il partito con Stalin, Togliatti costituiva una garanzia di affi-
dabilità per l’Urss e di fatto aveva preso il posto di Gramsci. D’altro canto, pri-
gioniero e martire del fascismo, Gramsci era una risorsa straordinaria per il suo
partito, che soprattutto per questo non poteva essere colpito dal Comintern. Ma,
garantirne la figura di «capo della classe operaia italiana», consacrata da Togliatti
fin dai tempi del processo di Roma (Togliatti 1972a), e al tempo stesso schivare
i colpi che potevano abbattersi sul partito a causa della sua eterodossia costitui-
va un’impresa difficile e aleatoria, della quale si può avere un’idea ricordando
due episodi, del 1932 e del 1938: nell’«autobiografia» scritta per la sezione qua-
dri del Comintern nell’agosto del ‘32, diversamente da quanto aveva fatto nelle
biografie precedenti Togliatti, ricostruendo la propria carriera politica, arriva a
non menzionare mai il nome di Gramsci, al quale, del resto, dal giugno del ‘31 al
dicembre del ‘33 la stampa del partito non fa più alcun riferimento né politico né

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n.20 / 2008

2
(Agosti 1996, p. 144). teorico2. Per converso, quando la rivista di Tasca «Problemi della rivoluzione ita-
Si può supporre che ta le liana» nell’aprile del 1938 pubblicò la lettera di Gramsci al CC del Pcr dell’otto-
comporta mento sia sta to
origina to da lle a spre criti- bre ’26, creando una situazione di panico nel gruppo dirigente del partito italia-
che che il Comintern a veva no che era inquisito già da un anno dal Comintern per mancata vigilanza rivolu-
rivolto a Toglia tti per la sua zionaria e oscillazioni nella lotta contro il trockismo, fu Togliatti, di passaggio da
rela zione a l Congresso di Parigi nel settembre di quell’anno, ad evitare che la segreteria sconfessasse la let-
Colonia , da lla qua le tra spa -
riva che la sua a desione tera di Gramsci come Dozza e Di Vittorio avevano chiesto. «Non è consigliabile
a lla «svolta » non era piena - continuare a parlare di tutte queste cose del passato con questo metodo, egli
mente convinta (Pons 2007, disse. Sarebbe un errore negare la vita avvenire del partito su questa base. Le
pp. 199-200).
cose avvenute non si cancellano. Ma non si possono legare le cose dell’avvenire
a queste» (Agosti 1996, p. 214): egli aveva chiara la percezione che condannare
retrospettivamente Gramsci avrebbe lacerato e indebolito ulteriormente il parti-
to agli occhi di Stalin. Non a caso, intervenuta la morte di Gramsci nel pieno del
Grande Terrore, Togliatti aveva tentato subito, scrivendo a Dimitrov, di indurre
il Comintern a compiere un gesto oblativo dei dissidi trascorsi: proponeva di tra-
sferirne le ceneri a Mosca, ma a condizione che a Gramsci venissero tributati gli
onori di un «capo» mai sospettato di eterodossia (Vacca 1994, pp. 61-66).
I contatti con il prigioniero riguardarono fin dall’inizio anche la possibilità della
sua liberazione. I tentativi di liberare Gramsci attraverso uno scambio di prigio-
nieri fra il governo sovietico e il governo italiano sono ampiamente noti. Quello
su cui è opportuno soffermarsi in questa sede riguarda la complessa questione
della lettera di Grieco. La documentazione acquisita di recente, in parte ancora
inedita, ci consente di illuminare un complesso di problemi che hanno trava-
gliato a lungo gli storici. Il primo tentativo di liberazione di Gramsci fu imbastito
nell’estate del 1927 dal partito, su suggerimento dello stesso prigioniero proba-
bilmente a seguito di una visita di Sraffa al carcere di San Vittore avvenuta in ago-
sto. Esso fallì per il rifiuto opposto da Mussolini che seguiva personalmente la
vicenda giudiziaria di Gramsci. Il tramite fra Mussolini e Gramsci era il giudice
istruttore Enrico Macis, con il quale Gramsci ebbe diversi colloqui di contenuto
politico durante la detenzione a San Vittore. Da quanto egli riferì a Tatiana nei
colloqui svoltisi a Turi nel gennaio ’29 e nel gennaio ’33, attraverso il dialogo con
Macis Gramsci aveva avuto conferma che Mussolini avrebbe potuto anche libe-
rarlo se la richiesta gli fosse stata fatta dal governo sovietico in modo da far appa-
3
Le rela zioni di Ta nia a l rire la sua liberazione un gesto di liberalità, autonomo e gratuito3. Gramsci era
pa rtito sui colloqui con una preda preziosa nelle mani di Mussolini che se da un lato operava per fiac-
Gra msci a Turi sono in
Gra msci e Schucht (1997,
carne la fibra morale e indurlo a chiedere la grazia, dall’altro temeva che gli
pp. 1436-1463). morisse in carcere perché ciò avrebbe sollevato l’indignazione dell’opinione
pubblica internazionale in quanto Gramsci, al pari degli altri deputati comunisti
detenuti nelle carceri fasciste, era stato tratto in arresto in violazione dell’immu-
nità parlamentare prima ancora delle leggi speciali. D’altro canto, la peculiarità
dei comunisti rispetto alle altre forze antifasciste stava nel loro essere un termi-
nale del governo sovietico. Quindi come «capo» dei comunisti italiani Gramsci
poteva essere oggetto di scambio fra il governo sovietico e quello italiano in base
all’evolvere delle loro relazioni. La possibilità di essere liberato era dunque una
condizione permanente del prigioniero, al di là delle occasioni che originavano
i tentativi di scambiarlo.
Com’è noto, alla fine di marzo del ’28, a istruttoria ormai conclusa, il giudice

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Giuseppe Va cca Togliatti e Gramsci

Macis informò Gramsci dell’esistenza di una lettere scritta da Grieco a Basilea il


10 febbraio e spedita direttamente al carcere di San Vittore il 29 delle stesso
mese, da Mosca. Nell’illustrarla al prigioniero Macis insinuò il sospetto che i suoi
compagni preferissero tenerlo in galera e Gramsci condivise il suo commento,
denunciando poco dopo l’episodio alla moglie che all’epoca era ancora incarica-
ta dei rapporti fra il prigioniero e il partito (Gramsci 1965, p. 207; Schucht 1991,
p. 40). Sull’interpretazione di questa lettera si è accumulata una letteratura vizia-
ta da gravi lacune documentali in gran parte colmate solo di recente. I nuovi
documenti consentono di rileggere la lettera di Grieco in modo più perspicuo di
quanto non si sia fatto finora, di precisare le responsabilità che Gramsci imputa-
va a Togliatti e di inquadrare l’origine dell’inchiesta promossa dalle sorelle
Schucht a Mosca nel 1939 contro Togliatti e il partito italiano accusati di aver
sabotato la liberazione di Gramsci (Pons 2004).
La corrispondenza di Tatiana Schucht con i familiari recuperata nell’ultimo anno
e ancora inedita ci permette di chiarire l’accusa mossa da Gramsci a Togliatti a
proposito della lettera di Grieco. Se la si legge distinguendola dalle lettere che
nello stesso giorno questi aveva inviato a Terracini e Scoccimarro, acquista nuova
luce l’incipit che nelle altre due lettere non c’è. Infatti nelle prime righe della let-
tera, in maniera allusiva ma trasparente, Grieco comunicava a Gramsci che il par-
tito continuava a impegnarsi nel tentativo di liberarlo, che seguiva accuratamente
i contatti intercorrenti fra il governo sovietico e quello italiano a tal fine, e si
mostrava ottimista sul loro esito (Spriano 1977, pp. 129-131). Come Tania chiari-
sce inequivocabilmente nella corrispondenza con i familiari, per Gramsci conse-
gnare un tale documento nelle mani di Mussolini voleva dire inibirne la disponi-
bilità a liberarlo poiché dimostrava che il partito avrebbe potuto rivendicare l’ac-
cadimento come una sua vittoria (Rossi e Vacca 2007, pp. 86-87; Schucht 1991, p.
190). Esso non poteva ignorare che Mussolini avrebbe potuto acconsentire a uno
scambio solo a condizione che risultasse un atto unilaterale di liberalità. Dunque
la lettera di Grieco costituiva o una imperdonabile leggerezza, o un atto consape-
vole di sabotaggio. La cosa richiedeva un chiarimento e questo fu quanto Gramsci
chiese al partito nel colloquio con il fratello Gennaro, a Turi, nel giugno 1930, di
cui abbiamo pubblicato di recente il Rapporto scritto per Togliatti, rapporto del
quale si ignorava l’esistenza (Rossi e Vacca 2007, pp. 209-217).
La corrispondenza di Tania con Gramsci e con Sraffa, riletta alla luce dei nuovi
documenti, dimostra che sull’episodio Gramsci intendeva condurre un’inchiesta
nel pa rtito, dopo la sua liberazione. Verosimilmente egli attribuiva l’irresponsa-
bilità di quel gesto all’uso sconsideratamente propagandistico che il partito face-
va della sua condizione di prigioniero di Mussolini e questa condotta politica non
favoriva certo la possibilità della sua liberazione. I suoi sospetti divennero anco-
ra più gravi dopo la perquisizione dell’Ovra dell’estate del 1932 che mise fine al
carteggio su Croce. Infatti, dal comportamento degli agenti Gramsci ebbe la per-
cezione che i contenuti politici del carteggio, affidati ad un linguaggio metafori-
co o allusivo che solo Sraffa e Togliatti potevano decifrare, fossero trapelati per
errori o leggerezze commesse nella comunicazione interna dal gruppo dirigente
che egli sapeva essere infiltrabile dalle autorità fasciste Gramsci e Schucht 1997,
pp. 1044-1045). Dell’intenzione di promuovere un’inchiesta nel partito su epi-
sodi che chiamavano in causa sia i comportamenti dei massimi dirigenti, sia la

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n.20 / 2008

linea politica che ne facilitava gli errori, prima velatamente per lettera, poi attra-
verso i colloqui con Tania e con Sraffa, negli anni della detenzione a Turi, a
Formia e alla clinica Quisisana di Roma, Gramsci informò Togliatti e ne ebbe l’as-
senso (Vacca 1999, pp. 90-97). Infatti, quando, subito dopo la morte di Gramsci,
sentendosi investita del compito di dar seguito all’inchiesta da lui progettata
Tania si rivolse a Sraffa per decidere insieme a lui come agire, non chiedeva un
consiglio personale all’amico, ma istruzioni al partito sul modo di procedere per
dar seguito alla volontà del «capo» defunto. Il parere che Sraffa le diede di «lasciar
perdere» perché, «letta a mente fredda», la lettera di Grieco doveva considerarsi
nulla più che «una leggerezza dello scrivente», non era dunque un’opinione per-
sonale, ma un’indicazione del partito da lui interpellato (Spriano 1988, pp. 167-
170). L’affermazione di Sraffa aveva quindi anche il valore di un’autocritica di
Togliatti, con la quale evidentemente il partito riteneva di poter chiudere il caso.
Del resto, come abbiamo ricordato, si era nel pieno del Grande Terrore e
Gramsci ormai era morto: chi e come avrebbe potuto condurre l’inchiesta senza
4
Per la ricostruzione di esporre il partito al rischio di essere travolto?4.
tutta la vicenda connessa
a lla lettura di Grieco cfr.
Rossi e Va cca
La comunicazione politica col prigioniero
(2007, pp. 80-95).
Secondo una vulgata costruita massimamente su testimonianze tardive di diri-
genti comunisti e compagni di detenzione di Gramsci, egli si sarebbe sempre
rifiutato, una volta arrestato, di comunicare il suo pensiero politico al partito.
Questa interpretazione era favorita dal modo in cui fino al 1990 era stato utiliz-
zato l’epistolario di Gramsci. Com’è noto, erano state pubblicate in due succes-
sive edizioni solo le lettere che Gramsci aveva scritto dal carcere, mentre poco o
nessun rilievo si attribuiva alle lettere dei suoi corrispondenti. La situazione cam-
biò dopo la pubblicazione di Antigone e il prigioniero. Aldo Natoli (1990) aveva
studiato accuratamente la corrispondenza fra Gramsci e Tania, e il suo volume
evidenziava la rilevanza decisiva del loro carteggio per la ricostruzione della bio-
grafia politica, intellettuale e umana del prigioniero. A breve distanza di tempo
seguirono la pubblicazione delle lettere di Tania ai familiari e di quelle di Sraffa
a Tania per Gramsci (Sraffa 1991). Furono vinte, così, le resistenze alla pubblica-
zione dei carteggi motivate da una imperdonabile sottovalutazione della figura di
Tania tanto rispetto a Gramsci quanto rispetto a Sraffa, e nel 1997 uscì il ponde-
roso carteggio Gramsci-Tania corredato di un appartato critico particolarmente
accurato dovuto a Chiara Daniele (Gramsci e Schucht 1997). Infine, si avviava la
preparazione dei carteggi fra Gramsci e Giulia e fra Sraffa e Tania non ancora ulti-
mata, e cominciò il recupero della parte restante della corrispondenza di Tania
con la famiglia Schucht che nella prima donazione di Giuliano Gramsci, risalen-
te al 1989, si arrestava al 1934. Aveva inizio così una nuova stagione di studi che,
grazie ai nuovi documenti, viene ricostruendo la biografia politica e intellettuale
di Gramsci nel decennio 1926-1937, sviluppando e correggendo la ricerca pio-
nieristica avviata da Paolo Spriano (1977). Non è chi non veda quanto tale rico-
struzione sia indispensabile alla comprensione dei Qua derni del ca rcere che
finalmente vengono studiati dando rilievo alla diacronia delle note e alla rico-
struzione del «ritmo del pensiero in sviluppo». La saldatura fra teoria e biografia
getta nuova luce sulla riflessione di Gramsci e ha inaugurato una messe di nuove

8
Giuseppe Va cca Togliatti e Gramsci

ricerche, dalle quali emergono interpretazioni sempre più distanti dalla vulgata
originata dalla prima edizione dei Qua derni , l’edizione tematica Platone-
Togliatti del 1948-1951.
Ma, per tornare al nostro tema, oggi affiora con crescente evidenza che il con-
fronto di Togliatti con Gramsci non si sviluppò solo a distanza proseguendo la
collaborazione strettissima intercorsa fra loro nel 1919-1920 e 1924-1926, ma si
alimentò anche della conoscenza delle linee di sviluppo del suo pensiero negli
anni del carcere veicolate, fino al 1932, dalla corrispondenza di Gramsci con
Tania e negli anni della detenzione a Formia e a Roma dai colloqui saltuari, ma
prolungati e intensi, di Sraffa con il prigioniero5. Assume un particolare rilievo, in 5
Un resoconto viva ce degli
proposito, la decifrazione dei codici letterari attraverso cui avveniva la comuni- incontri di Sra ffa con
Gra msci nella clinica
cazione e, secondo una modalità specifica del pensiero gramsciano, i suoi con- Quisisa na è in una lettera
tenuti erano al tempo stesso teorici e storico-politici (Rossi e Vacca 2007, Cap. I). inedita di Ta nia a Giulia
Ci limiteremo a darne qualche esempio. del 24 ma rzo 1937, di pros-
Com’è noto, fin dagli esordi della corrispondenza con Tania Gramsci indicava sima pubblica zione. Si
veda inoltre la testimo-
come tema centrale del suo programma di ricerca il tema degli intellettuali. Non nia nza di Sra ffa in
è difficile capirne il significato politico anche perché è lo stesso Gramsci a forni- Spria no (1967).
re le chiavi per decifrarlo. Infatti, nella lettera del 19 marzo 1927, dopo aver indi-
cato al primo punto dei suoi propositi di ricerca il tema degli intellettuali italiani
dell’Ottocento, menzionava lo scritto sulla questione meridionale dell’estate nel
1926, ancora inedito ma noto a Tatiana, e dichiarava di voler «svolgere ampia-
mente la tesi che avevo allora sviluppato». Il tema ricorre con analoga centralità
nei successivi piani di ricerca esposti da Gramsci nella corrispondenza con
Tatiana e nella prima pagina del Quaderno 1, in cui Gramsci elenca gli «argo-
menti principali» ai quali intende dedicare le «note e appunti» che riempiranno i
quaderni. In questa sequenza assume particolare importanza la lettera a Tatiana
del 25 marzo 1929 che a nostro avviso è da considerare l’effettiva enunciazione
del programma di ricerca dei Qua derni . Gramsci era stato condannato da circa
un anno ad una lunga detenzione e quindi il suo futuro prossimo e remoto non
era più incerto. Inoltre, aveva ricevuto l’autorizzazione a scrivere e quindi pote-
va pianificare i suoi studi. Ma quella lettera è cruciale anche perché ad essa farà
riferimento Sraffa quando, sollecitato da Gramsci, comincerà a proporgli temi da
trattare nella corrispondenza, sui quali evidentemente Togliatti era interessato a
conoscere il pensiero di Gramsci (Gramsci e Schucht 1997, pp. XXVII – XXVIII;
Sraffa 1991, p. 15). E, non a caso, il tema più insistente riguardava appunto la sua
ricerca sugli intellettuali.
La questione si può riassumere nel modo seguente. Lo scritto sulla «quistione
meridionale» rappresenta un passaggio decisivo negli sviluppi del pensiero poli-
tico e filosofico di Gramsci in quanto introduce nello schema teorico del mate-
rialismo storico un primo abbozzo di teoria degli intellettuali. Essa avrà un gran-
de sviluppo nei Qua derni ma non possiamo riprenderlo in questa sede. Ci limi-
tiamo a sottolineare il suo nesso con l’elaborazione sia della teoria dell’egemo-
nia , sia della filosofia della pra xis che segnano la distanza del pensiero di
Gramsci in carcere da quello del decennio precedente. Ma quello su cui vorrei
attirare ora l’attenzione è il legame strettissimo fra lo scritto sulla «quistione
meridionale» e la lettera al CC del Pcr del 1926. Infatti, in essa l’«egemonia del
proletariato» scavalcava i confini dell’elaborazione leniniana per investire la natu-

9
n.20 / 2008

ra dello Stato sovietico e l’espansività internazionale del modello di socialismo


edificabile sulla base della Nep. Togliatti all’epoca non conosceva ancora lo scrit-
to sulla «quistione meridionale». Ma sicuramente in seguito esso fu oggetto di
riflessione e di approfondimento da parte di tutto il gruppo dirigente del partito
se, come testimoniò Giorgio Amendola nel 1967, alla sua pubblicazione su «Lo
Sta to Opera io», nel gennaio 1930, fece seguito un’ampia diffusione di un estrat-
to dattiloscritto che costituì «uno strumento di lavoro» per la formazione di qua-
dri del partito clandestino durante tutto il biennio 1930-1932 (Amendola 1976).
L’insistenza con cui Sraffa, che concordava con Togliatti i temi sui quali interpel-
lare Gramsci, richiese più volte di conoscere il pensiero da lui maturato nel frat-
tempo sugli intellettuali equivaleva, quindi, alla richiesta di conoscere dove era
giunta la riflessione di Gramsci sull’Urss, sulla politica e sullo Stato. E il prigio-
niero non esitò a riassumerla, nella lettera a Tania del 7 settembre 1931, in ter-
mini che meritano citazione:
Io estendo molto la nozione di intellettuale e non mi limito alla nozione corren-
te che si riferisce ai grandi intellettuali. Questo studio porta anche a certe deter-
minazioni del concetto di Stato che di solito è inteso come Società politica (o dit-
tatura o apparato coercitivo per conformare la massa popolare secondo il tipo di
produzione o l’economia di un momento dato) e non come equilibrio della
Società politica con la Società civile (o egemonia di un gruppo sociale sull’intie-
ra società nazionale attraverso le organizzazioni così dette private, come la chie-
sa, i sindacati, le scuole, ecc.) (Gramsci e Schucht 1997, p. 791).
Non è di poco significato che, rispondendo anche a questa lettera il 2 ottobre,
Sraffa scrivesse a Tania che essa «non richiedeva risposta» (Sraffa 1991, p. 36): mi
sembra evidente che alle implicazioni politiche di tale concezione, che toccava
sia la natura dell’Urss staliniana, sia il marxismo sovietico e la strategia del
Comintern e ne colpiva le fondamenta, Togliatti non potesse rispondere altri-
6
Sull’a na lisi dell’Urss menti che con un no comment 6 .
Sta linia na nei Qua derni Altro esempio significativo di comunicazione politica in codice è il carteggio
del ca rcere cfr. Va cca
(1999, pp. 207-228);
riguardante Croce, anch’esso sollecitato da Togliatti attraverso Sraffa, che si svi-
Benvenuti e Pons luppò, breve ma intenso, dal 18 aprile al 12 luglio 1932. Attraverso quelle lettere
(1999, pp. 33-124). Gramsci informava Togliatti dell’avanzamento dei suoi studi e della sua riflessio-
ne sul fascismo, sulla storia d’Italia, sulla socialdemocrazia e la cultura europea,
sullo stato del marxismo e su altri temi di grande rilevanza politica. Ma i suoi mes-
saggi riguardavano anche la fermezza della volontà di respingere qualunque ten-
tativo di indurlo a fare domanda di grazia, o la ricorrente richiesta di una inizia-
tiva dell’Urss per la sua liberazione. Su questi temi e sulla mancata liberazione
rinvio al già citato volume di Angelo Rossi e mio Gra msci tra Mussolini e Sta lin .
Nell’economia del discorso mi sembra utile tornare qui sull’atteggiamento di
Togliatti circa la liberazione del prigioniero. Com’è noto, fino all’autunno del
1932 egli era stato protagonista dei reiterati tentativi di scambiare Gramsci.
Anche in seguito ai loro fallimenti e ai sospetti accumulati da Gramsci sui com-
portamenti del Centro estero del partito, all’inizio del ’33 egli provò a mobilita-
re il governo sovietico attraverso l’ambasciata di Roma facendo chiedere da
Sraffa a Togliatti di tenere fuori il partito dalla questione. Dopo l’avvento al pote-
re di Hitler Gramsci prevedeva un ra pprochement fra Mosca e Roma, in virtù del
quale Stalin avrebbe potuto chiedere a Mussolini la sua liberazione come dimo-

10
Giuseppe Va cca Togliatti e Gramsci

strazione dei nuovi e amichevoli rapporti fra i due paesi. Nel volume menziona-
to abbiamo ricostruito le ragioni per cui anche questa iniziativa, che fino a otto-
bre 1933 sembrava molto promettente, si concluse con un nulla di fatto.
Richiamiamo l’episodio per sottolineare che Togliatti, dal canto suo, per tutto il
’33 e il ’34 continuò a suggerire a Gramsci di non fare affidamento sulle possibi-
lità di liberazione e di contare piuttosto su quello che il partito italiano gli pote-
va garantire: il massimo impegno per migliorare le sue condizioni carcerarie,
ottenere abbreviazioni della pena, accelerare la libertà condizionata e il trasferi-
mento in luoghi di pena che gli consentissero di potersi curare.

Togliatti editore delle Letter e e dei Qua der ni

Subito dopo la morte di Gramsci Tania chiese a Sraffa di «mettere in ordine i


manoscritti» dei Qua derni e di «mettere in valore ogni cosa, con l’aiuto di qual-
cuno di noi della famiglia». Inoltre, lo informava dell’intenzione di inviare attra-
verso il corriere diplomatico russo, i manoscritti a Giulia eseguendo il volere di
Nino perché Giulia li «ritirasse [evitando] qualsiasi perdita o intromissione di
chicchessia» (Sraffa 1991q, p. 260). Si può ritenere che quel «chicchessia» com-
prendesse anche Togliatti; infatti, dopo la morte di Gramsci partirono da Mosca
due iniziative distinte per il recupero dei Qua derni : l’una, di Giulia, mirava ad
entrare in possesso dei manoscritti; l’altra, di Togliatti, puntava ad assicurarli al
Comintern perché confluissero nell’archivio del partito e fosse il Comintern a
deciderne l’utilizzazione. Fu la sua linea a prevalere attraverso uno scontro aspro
e prolungato con le sorelle Schucht che fu risolto da Stalin, alla fine del 1940, con
l’affidamento a Togliatti della cura editoriale della «eredità letteraria» di Gramsci
(Vacca 2005, pp. 13-22).
Dalla primavera del ’38 la questione dei manoscritti di Gramsci entrò a far parte
dell’inchiesta che il Comintern conduceva già da un anno sul Centro estero del
partito italiano per le ragioni che abbiamo già ricordato. Per iniziativa delle sorel-
le Schucht si avviò quindi un’indagine sul partito italiano e su Togliatti accusati
di aver sabotato la liberazione di Gramsci e, dopo la sua morte, di ostacolare la
valorizzazione e la diffusione del suo pensiero. La vicenda sfociò in un vero e
proprio a ffa ire politico-poliziesco, ricostruito accuratamente da Silvio Pons sulla
base di una cospicua documentazione proveniente dal fondo della Segreteria di
Dimitrov recuperata a Mosca nel 2003 (Pons 2004). Occupandoci qui dell’attivi-
tà di Togliatti editore delle Lettere e dei Qua derni non occorre dire di più sulla
vicenda, se non per aggiungere un chiarimento essenziale sull’origine dell’a ffa i-
re, reso possibile dal recupero di nuovi documenti, in particolare di due lettere
inedite di Tania a Genia Schucht del 25 gennaio 1938 e di Genia a Tania del 16
febbraio successivo. Il nodo riguarda sempre la vexata quaestio della lettera di
Grieco. Lo scambio epistolare fra le due sorelle ci permette di chiarire il modo in
cui l’intenzione di Gramsci di avviare personalmente un’inchiesta sulla lettera di
Grieco nel partito una volta liberato, dopo la sua morte si trasformò in un vero
e proprio processo intentato da Giulia ed Eugenia Schucht contro Togliatti e
contro il partito italiano. L’inchiesta si concluse con la temporanea esclusione di
Togliatti dal vertice politico-decisionale del Comintern (Dimitrov 2000, p. 333)
nel quale fu reintegrato solo al momento dell’invasione hitleriana dell’Urss.

11
n.20 / 2008

Come abbiamo visto, poco dopo la morte di Gramsci Tatiana aveva interpellato
Sraffa circa il modo di condurre l’indagine sulla lettera di Grieco: la fine di
Gramsci era giunta improvvisa e lei si sentiva investita del compito di chiarire se
il partito fosse stato leale con lui (Spriano 1977 e 1988, p. 167). La risposta di
Sraffa la urtò profondamente e, quasi a preannunciare l’inchiesta promossa dalle
sorelle a Mosca dopo il suo rientro, Tania replicò piccata che non si trattava di
«scoprire se l’intenzione [di Grieco] poteva essere buona, mentre l’azione [era]
stata delittuosa», ma di «verificare con pazienza l’attività passata e presente di
colui che [aveva] ispirato la lettera», cioè di Togliatti (Spriano 1977 e 1988, pp.
171-2). Poco tempo dopo Tania informò Genia dello scontro epistolare avuto
con Sraffa e la investì del problema:
I miei rapporti fra compagni con Piero si sono guastati a causa della mia risposta
molto caustica alla sua lettera, in cui mi consigliava, per chiarire la faccenda, di
recarmi semplicemente dall’autore della lettera e chiedergli spiegazioni. In rispo-
sta mi sono permessa di osservare con durezza che così, senza dubbio, non si
sarebbe potuto scoprire niente, e che bisogna fare chiarezza non tanto per desi-
derio di vendetta o per qualsiasi altro sentimento basso, ma per un senso di
dovere di fronte alla necessità di smascherare uno per uno tutti i nemici del regi-
7
Lettera del 30 genna io me sovietico […]. Quando arriverò decideremo insieme come agire7.
1938, inedita , Fondo Genia le rispose il 16 febbraio:
Gra msci.
Hai veramente ragione tu: fare come Piero consiglia non è possibile e io penso
che non sia nemmeno il caso di consigliarsi con lui. Tutto deve concentrarsi qui
[…]. Ti chiedo fermamente: non cercare di chiarire qualche cosa là: qui tu
potrai essere di molto aiuto, soltanto qui il compito che ti sei posta potrà trova-
8
Lettera inedita , Fondo re una soluzione8.
Gra msci. Se la risposta di Tania a Sraffa mostra quanto ella fosse imbevuta della psicologia
del sospetto che caratterizzava il clima del Grande Terrore, la risposta di Genia
manifesta l’inclinazione ad esserne parte attiva, cioè a utilizzare i circuiti politico-
polizieschi della delazione accessibili alle sorelle Schucht come esse poi effetti-
vamente fecero nel 1939 e nel 1940. Ad ogni modo, lo scambio epistolare citato
documenta il modo in cui l’inchiesta che Gramsci si proponeva di condurre nel
partito dopo la sua morte divenne un’indagine del Comintern e dell’Nkvd sul
partito, trasformandosi nell’affare «politico-poliziesco Gramsci-Togliatti».
Ottenuto il via libera da Stalin, Togliatti si dedicò a preparare la pubblicazione
delle Lettere e dei Qua derni . Delle prime aveva già fatto un regesto e «un’ampia
scelta» negli anni precedenti (Daniele 2005, pp. 22-3). In seguito all’invasione
tedesca e al trasferimento del Comintern a Ufa, il suo lavoro proseguì a rilento e
riprese con lena dopo il rientro a Mosca nell’estate del ’43. Caduto il fascismo, la
preparazione delle Lettere fu intensificata in vista della pubblicazione in Italia. Si
può ritenere che alla sua partenza da Mosca, i primi di marzo del ’44, il lavoro
fosse già sostanzialmente ultimato e la scelta delle lettere da pubblicare fosse già
9
Lettera inedita , Fondo quella che vide la luce tre anni dopo9. Ma successivamente Togliatti si impegnò
Gra msci. a fondo nel recupero delle lettere che il partito non possedeva e seguì in prima
persona la lunga preparazione dell’«edizione aggiornata e accresciuta» che vide
la luce nel 1965, nove mesi dopo la sua morte.
Molto più complesso fu il lavoro di preparazione dei Qua derni . Avendolo rico-
struito dettagliatamente in altra sede mi limito qui a ricordare che, subito dopo

12
Giuseppe Va cca Togliatti e Gramsci

la morte di Gramsci, Togliatti chiese a Sraffa di «mettere per iscritto tutto quello
che Antonio» gli aveva comunicato «per la pubblicazione eventuale […] dei suoi
scritti» (Spriano 1988, p. 165) e che, secondo una testimonianza di Sraffa alla
Fubini risalente al 4 maggio 1965, egli aveva esposto «in una lettera tutto quello
che [aveva] appreso da Gramsci sui suoi scritti». Purtroppo la lettera non ci è per-
venuta e quindi non sappiamo né cosa pensava Gramsci della pubblicazione dei
Qua derni , né in che misura la collaborazione di Sraffa all’edizione Togliatti-
Platone, ampiamente documentata, sia stata decisiva nel determinarne i criteri e
il raggruppamento dei manoscritti (Daniele 2005, pp. 16-7). Sappiamo invece
che dallo studio approfondito di essi Togliatti si rese conto delle implicazioni
politiche che la loro pubblicazione comportava, onde il 25 aprile del 1941 scris-
se a Dimitrov:
I Quaderni di Gramsci, che io ho già quasi tutti accuratamente studiato, conten-
gono materiali che possono essere utilizzati solo dopo un’accurata elaborazione.
Senza tale trattamento il materiale non può essere utilizzato ed anzi alcune parti,
se fossero utilizzate nella forma in cui si trovano attualmente, potrebbero essere
non utili a l pa rtito (Daniele 2005, p. 25).
Questa lettera appare il vero incunabolo dell’edizione tematica del ’48-’51. Ciò
non toglie che Togliatti fosse del tutto avvertito della necessità di giungere a
un’edizione diacronica dei Qua derni . Il problema fu sollevato da Gastone
Manacorda nel primo convegno di studi gramsciani e Togliatti accolse la sua pro-
posta. Per suo impulso, quindi, si cominciò a studiare il progetto della nuova edi-
zione e all’incirca nel 1960-1961 fu avviata presso l’Istituto Gramsci la prepara-
zione dell’edizione cronologica, che vide la luce nel 1975. In fine, risale a
Togliatti anche l’idea di pubblicare tutto l’epistolario di Gramsci: lo testimonia la
sua lettera a Elsa Fubini del 13 gennaio 1964, nella quale scriveva: «Io posseggo
[…] le copie autentiche delle lettere [di Gramsci], fatte da Tania. Si tratta delle
copie ricevute da noi nella emigrazione e che servirono per le prime pubblica-
zioni. Forse è il momento di fare anche su queste copie un riscontro. Potresti tu
assumerti questo incarico? Dopo il riscontro io intendo passare queste copie
all’Istituto Gramsci, perché è male che siano presso di me. Inoltre sono in mio
possesso lettere autentiche di Tania ad Antonio. Anche di queste, del modo di
utilizzarle e conservarle dovremo parlarne» (Daniele 2005, p. 199).

L’interpretazione del pensiero di Gramsci dopo la guerra

Dal ritorno in Italia fino alla morte l’azione politica di Togliatti trasse ispirazione
e si sviluppò in un confronto continuo con il pensiero di Gramsci. Quindi la sua
interpretazione andrebbe correlata innanzitutto alla sua opera politica. É un lavo-
ro di grande lena, sul quale non vi sono state finora indagini adeguate. Pertanto
non vi accenneremo in questa sede, così come non toccheremo il tema dell’in-
terpretazione consegnata alla attività di editore. Non vi è maggiore interprete di
un grande pensatore di colui che ne è stato il primo editore. Questo principio
vale in particolar modo per Togliatti rispetto a Gramsci poiché questi non lasciò
«opere», ma scritti giornalistici, lettere, interventi politici e il grande zibaldone
dei manoscritti dei Qua derni . Fu dunque Togliatti a trasformare quegli scritti in
Opere, costruendo, per così dire, un «autore» quale Gramsci non aveva avuto

13
n.20 / 2008

modo di essere. Tuttavia anche il compito di commentare l’edizione togliattiana


dei Qua derni esorbita dai confini della relazione. Mi limiterò quindi a ripercor-
rere alcuni scritti di Togliatti su Gramsci, dai quali si può coglierne l’interpreta-
zione esplicita. Essi mostrano un’evoluzione scandita non solo dal tempo, ma
anche dalle circostanze politiche in cui Togliatti esplicò la sua interpretazione di
Gramsci per giustificare o far progredire l’azione del Pci in Italia e nell’arena
internazionale.
Togliatti diede l’annuncio dell’esistenza dei Qua derni del ca rcere il 30 aprile del
’44 in un articolo de “l’Unità”, non firmato, nel quale affermava che il loro «tema
principale» era una «storia degli intellettuali italiani» (Togliatti 2001, p. 94). Un
anno dopo, nel Discorso su Gra msci nei giorni della Libera zione, diede notizia
del loro rientro da Mosca e dell’imminente pubblicazione. Il discorso mostra una
conoscenza approfondita dei manoscritti e ruota intorno a due cardini che
avrebbero caratterizzato la proposta interpretativa e l’utilizzazione strategica dei
Qua derni da parte del Pci. Riprendendo l’affermazione che essi contenevano
soprattutto una storia degli intellettuali italiani, Togliatti anticipava l’idea che, dal
punto di vista storico, la nazione italiana fosse una realtà eminentemente cultu-
rale. Quel concetto ispirò la sua relazione al V Congresso del Pci, celebrato alla
fine di dicembre di quell’anno: secondo Togliatti, nel ruolo e nella funzione dei
ceti intellettuali Gramsci «riconosceva e affermava esistere il tessuto connettivo
della società italiana attraverso i secoli» (Togliatti 2001, p. 110; 1984, p. 183).
Pertanto il Pci non solo non poteva disinteressarsi di loro, ma intendeva anche
farne un cardine del rinnovamento della società italiana. A tal fine doveva scon-
figgere l’egemonia della cultura idealistica facendo dei Qua derni la base
dell’«anti Croce». Il discorso fu tenuto a Napoli e forse anche per questo Togliatti
metteva una particolare enfasi su questo punto. Ma, com’è noto, «l’anti Croce»
caratterizzò la politica culturale del Pci fino al 1956 (Liguori 1996, pp. 53-86).
Tuttavia, l’aspetto più importante di quella interpretazione risiede, a mio avviso,
in due criteri che ispirarono la costruzione del «partito nuovo»: la scelta del
metodo storico come base dell’autonomia culturale e della strategia politica del
partito; il disegno di un partito di massa di dimensioni inaudite, il tratto saliente
del quale non era tanto la rappresentatività sociale o la capacità di mobilitazione,
quanto l’azione politica volta a mutare molecolarmente i rapporti fra intellettua-
li e popolo (Togliatti 2001, pp. 110-2).
Il discorso pronunciato all’Università di Torino nell’aprile del 1949 è il primo in
cui Togliatti si sia espresso sul pensiero filosofico di Gramsci. É un testo raffina-
to ed evocativo, ricco di suggerimenti sulla formazione intellettuale del giovane
Gramsci di sapore anche autobiografico. In esso Togliatti traccia uno schema
delle correnti ideali presenti nell’Italia del primo Novecento, della crisi della cul-
tura positivistica e della rottura del rapporto fra il socialismo e gli intellettuali,
dell’impatto della Grande Guerra sulla cultura idealistica, dei contrasti fra Croce
e Gentile, e dell’affermarsi delle nuove correnti irrazionalistiche nella filosofia,
nell’arte e nella politica. Al centro del discorso, la frattura fra intellettuali e popo-
lo, generatrice della crisi della società italiana da cui sarebbe scaturito il fascismo.
É un affresco che riecheggia le note dei Qua derni e tornerà d’ora in poi, sostan-
zialmente immutato, nei più importanti scritti successivi su Gramsci e sulla sto-
ria della cultura italiana. Rispetto agli scritti precedenti, il Gramsci del 1919-1926

14
Giuseppe Va cca Togliatti e Gramsci

è collocato sullo sfondo e, d’ora in avanti, Togliatti porrà al centro dell’attenzio-


ne il Gramsci dei Qua derni . Con un understa tement tipico dei pochi riferimen-
ti al suo rapporto con Gramsci, Togliatti segnala l’importanza dell’azione da lui
svolta per metterne in salvo e pubblicarne i quaderni; inoltre propone come
chiave di lettura della revisione gramsciana del marxismo due canoni della filo-
sofia della praxis: il concetto di storicità delle ca tegorie e quello di rea ltà delle
ideologie (Togliatti 2001, pp. 131-50).
Ma, come abbiamo detto, l’interpretazione esplicita di Gramsci, in cui Togliatti si
cimenta nel corso degli anni, è fortemente condizionata dalle circostanze politi-
che e dal suo ruolo di leader del comunismo italiano e internazionale. Ecco, dun-
que, che nel periodo più acuto della guerra fredda, invitato da Casa Laterza a
tenere una conferenza su Gra msci, ideologo dell’a ntifa scismo (il 23 marzo 1952
a Bari), egli propone una lettura dell’analisi gramsciana del fascismo che fa della
crisi Matteotti il momento cruciale in cui l’interpretazione del fascismo e la stra-
tegia dell’antifascismo si fondono nella lotta del Pci per la creazione dello Stato
democratico. Piegato alle necessità di resistere alla doppia offensiva che si eser-
cita sulla «via italiana al socialismo», quella dell’«oltranzismo atlantico» e quella
del Cominform, Gramsci viene presentato come l’antesignano della strategia
democratica del Pci e il suo antifascismo viene definito una «dottrina del rinno-
vamento della nazione italiana» (Togliatti 2001, pp. 165, 166, 175-6, 178).
Il legame fra Gramsci e la «via italiana al socialismo» sarà ribadito anche in segui-
to per legittimare la continuità storica del partito dando luogo all’invenzione di
una tradizione (Togliatti 1966, II, pp. 183-90). Ma dal 1956 l’interpretazione del
suo pensiero si slarga e si arricchisce di temi e motivi più distanziati dall’utilizza-
zione politica immediata. Il suo percorso è iscritto nelle oscillazioni e negli aggiu-
stamenti con cui Togliatti fronteggia gli effetti dirompenti della crisi del ’56. Le
innovazioni introdotte nella strategia e nell’organizzazione del partito procedo-
no con cautela. Il paradigma è il «rinnovamento nella continuità» e Togliatti
schiera il partito su una interpretazione del XX Congresso del Pcus volta a valo-
rizzare la strategia democratica inaugurata nel ’44-’45, ma al tempo stesso a rin-
novare il mito dell’Urss enfatizzandone le capacità di autoriforma. Celebrando
Gramsci nel ventesimo anniversario della morte, Togliatti ne fa il precursore
delle «vie nazionali» e del XX Congresso. Ma va messo nel conto che il discorso
è pronunciato in una seduta congiunta del Comitato Centrale e della
Commissione Centrale di Controllo. Non devono quindi passare inosservate le
novità che, malgrado la circostanza, egli introduce nell’interpretazione di
Gramsci. La più significativa ci pare la periodizzazione dello svolgimento del suo
pensiero che colloca negli scritti del 1914-1918 i tratti originari del marxismo di
Gramsci per collegarli poi direttamente ai Qua derni come luogo del loro com-
piuto svolgimento. L’impianto della celebrazione è sotteso dalla presentazione
del XX Congresso come ritorno a Lenin per depurare il comunismo sovietico
dalle «deformazioni» staliniane. Tanto più significativo appare, quindi, il fatto
che, pur annettendo Gramsci all’operazione, Togliatti metta la sordina sugli anni
della sua più stretta adesione agli schemi del bolscevismo e faccia un salto dal
1918 al 1930. Il richiamo al leninismo di Gramsci mostra quindi una singolare
ambivalenza poiché, proprio sul punto di precipitazione del pensiero politico di
Lenin, la concezione del partito, Gramsci marcherebbe una novità con la conce-

15
n.20 / 2008

zione dell’«intellettuale collettivo». La formula evidenzia una significativa discon-


tinuità fra Gramsci e Lenin:
L’insegnamento di Gramsci a questo proposito si innesta direttamente in quello
di Lenin, ma ha una sua forma propria, originale, che gli è data dalla dottrina del
partito come intellettuale collettivo, e che tende ad essere una completa teoria
della politica (Togliatti 2001, pp. 207, 198-199, 204).
La formula è di Togliatti, non di Gramsci. Divenuta, da allora, il principale slogan
identitario del Pci, negli enunciati di Togliatti mira a distinguere partito e Stato,
criticando alla radice il modello bolscevico di «dittatura del proletariato».
Togliatti chiarirà ulteriormente il significato della sua formula in uno degli ultimi
scritti dedicati a Gramsci, la recensione all’antologia einaudiana de «L’Ordine
Nuovo» settimanale, curata da Paolo Spriano, del gennaio 1964. Il Pci era impe-
gnato ancora una volta in una lotta su due fronti: la ripresa vigorosa del pansin-
dacalismo alimentata anche dalle lotte operaie dei primi anni Sessanta e il peri-
colo di emarginazione originato dal centro-sinistra «organico». La cultura social-
democratica rilanciava l’accusa di «totalitarismo» alla concezione gramsciana del
partito. Per respingerla Togliatti ricorreva per la prima volta alle note dei
Qua derni dedicate alla critica del regime di partito unico perfezionatosi
nell’Urss staliniana. Al tempo stesso, per indicare il fondamento della distinzione
fra partito e Stato in Gramsci, commentava la formula dell’«intellettuale colletti-
vo» affermando che «il principe di Gramsci è la coscienza avanzata dell’umanità,
che vuole affermarsi come dirigente di tutto il processo della storia» (Togliatti
2001, pp. 301-4). Come dire che per Gramsci il partito politico è e deve rimane-
re un organismo della società civile, dove promuove la formazione di una «volon-
tà collettiva» che, per assolvere una funzione dirigente del processo storico,
attinge continuamente agli sviluppi dell’intelletto filosofico e scientifico mondia-
le. A sua volta il partito comunista è un organismo che, operando sul terreno
eminentemente nazionale e interpretandone i nessi con la storia internazionale,
concorre a guidare il processo di unificazione del genere umano che progredi-
sce attraverso gli sviluppi della cultura e della scienza.
Negli appunti per la relazione al primo convegno di studi gramsciani, che si svol-
se un anno dopo, quell’ambivalenza appare ancora più marcata. Lo sforzo di col-
locare i Qua derni nel solco del leninismo spinge Togliatti ad iscrivere la strate-
gia del «socialismo in un paese solo» nella categoria della «guerra di posizione»
per suggerire l’idea che, riconosciuta la sconfitta della classe operaia europea,
Gramsci in carcere aderisse tout court alla politica di Stalin. L’intento di nascon-
dere lo scontro del ’26 appare evidente. Al tempo stesso la declinazione del con-
cetto di egemonia non consente a Togliatti di ignorare che l’Urss staliniana è
catalogata da Gramsci come una «forma estrema di società politica», cioè di dit-
tatura basata sulla compressione della società civile. Appare evidente, quindi, il
tentativo di contenere le categorie più innovative dei Qua derni nei confini della
10
Sul va lore e i limiti critica dello stalinismo impostata nell’Intervista a «Nuovi Argomenti»10. Ciò non
dell’Intervista cfr. Va cca toglie che Togliatti introduca una innovazione metodologica fondamentale per il
(2006, pp. 101-108) e loro studio. L’edizione tematica e la limitazione dell’epistolario alle sole lettere
Spa gnolo
(2007, pp. 100-127). di Gramsci avevano generato una radicale scissione fra teoria e biografia nella
prima recezione del suo pensiero. Ora Togliatti ribaltava il paradigma e propo-
neva come solo criterio valido per lo studio dei Qua derni la ricostruzione più

16
Giuseppe Va cca Togliatti e Gramsci

accurata possibile della biografia politica di Gramsci anche negli anni della deten-
zione. Egli affermava che «l’unità della vita di Antonio Gramsci, il punto di par-
tenza e il punto di arrivo» era da ricercarsi «nella politica». Da questa affermazio-
ne Togliatti faceva discendere la proposta di una nuova ermeneutica dei
Qua derni :
Tutta l’opera scritta da Gramsci dovrebbe essere trattata partendo da [questa]
considerazione, ma è compito che potrà essere assolto soltanto da chi sia tanto
approfondito nella conoscenza dei momenti concreti della sua azione da rico-
noscere il modo come a questi momenti concreti aderisca ogni formulazione e
affermazione generale di dottrina.
Inoltre Togliatti aggiungeva di non escludere che «alcune note» dei Qua derni
«fossero dettate da preoccupazioni destate in lui da frammentarie notizie giun-
tegli circa l’orientamento e l’attività del partito comunista dopo il suo arresto»
(Togliatti 2001, pp. 213-5). Egli dunque suggeriva di indagare sui rapporti di
Gramsci col partito anche negli anni della detenzione e avanzava la proposta di
una nuova filologia che sarebbe stata in parte accolta solo venti anni dopo, da
Paolo Spriano, con la pubblicazione di Gra msci in ca rcere e il pa rtito.
La relazione che Togliatti tenne al primo convegno di studi gramsciani (gennaio
’58) ricalcava gli appunti preparatori e, in quanto discorso pubblico, dava ampio
spazio alla polemica contro le contestazioni neo-consiliari del «gramscismo» svi-
luppate dagli intellettuali raccolti intorno alla rivista «Ragionamenti» e contro
Rosario Romeo, che aveva addebitato a Gramsci una interpretazione del
Risorgimento come «rivoluzione agraria mancata»11. Come ha osservato Guido 11
Per la contestua lizza zione
Liguori, in quella sede Togliatti correggeva anche l’affermazione fatta negli del testo nel diba ttito su
Gra msci 1956-1958 cfr.
appunti precedenti che l’impostazione del saggio sulla «quistione meridionale» Liguori,
fosse di derivazione esclusivamente «leninista» e dava conto dell’influenza che la (1996, n. 7, pp. 91-107).
scuola economico-giuridica e soprattutto Salvemini avevano esercitato sulla for-
mazione del Gramsci «meridionalista» (Liguori 1996, p. 102). Ma forse il punto
più significativo della sua polemica era quello che riguardava Romeo. Togliatti
obiettava che nelle note sul Risorgimento Gramsci si era proposto di compren-
dere le ragioni per cui i moderati erano riusciti a imporre la loro egemonia ai
democratici e non di rimproverare loro di aver mancato il compito di promuo-
vere una riforma agraria radicale. Tuttavia evitava di menzionare il concetto di
«rivoluzione passiva», con il quale Gramsci aveva specificato la formazione dello
Stato unitario evidenziando il carattere duraturo del «blocco storico» risorgi-
mentale. É arduo pensare che quel concetto, complementare di quelli di «guer-
ra di posizione» e di «egemonia», gli sfuggisse. Si può affacciare l’ipotesi che egli
fosse consapevole del fatto che nello sviluppo dei Qua derni la nozione di «rivo-
luzione passiva» assumeva il carattere di una interpretazione di intere epoche
della storia mondiale e si estendeva anche all’epoca successiva alla Grande
Guerra e alla Rivoluzione d’ottobre. Essa dunque implicava un giudizio di subal-
ternità dell’Urss staliniana – in quanto forma «economico-corporativa» di «Stato
operaio» - (Vacca 1999, pp. 213-6) nella storia mondiale fra le due guerre.
Essendo la categoria basilare dell’ermeneutica storica dei Qua derni , una volta
tirato in ballo il concetto di «rivoluzione passiva» non avrebbe potuto restare con-
finato all’interpretazione del Risorgimento. Si può quindi pensare che Togliatti
lo tacesse di proposito per non consentire l’apertura di varchi pericolosi nello

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n.20 / 2008

schema del Gramsci «leninista» da lui foggiato nel ’56-’58. Infatti quattro anni
dopo, in una stagione caratterizzata da riflessioni molto più approfondite sulla
12
Sull’ultimo Toglia tti cfr. crisi del comunismo internazionale12, il concetto di «rivoluzione passiva» venne
Va cca (1991, l’ultimo ca pi- impiegato da Togliatti per sviluppare una replica compiuta alle posizioni di
tolo) e Spa gnolo (2007).
Rosario Romeo (Togliatti 1964).
In questa fase si colloca l’ultimo scritto di Togliatti su Gramsci, la recensione
all’antologia mondadoriana 2000 pa gine di Gra msci curata da Giansiro Ferrata e
Niccolò Gallo. Togliatti l’aveva incoraggiata e favorita anche con la pubblicazio-
ne, su «Rinascita», della lettera di Gramsci al CC del Pcr del 14 ottobre del 1926
(Daniele 2005, pp. 52-3). La recensione, significativamente intitolata Gra msci,
un uomo, apparve nel supplemento libri di «Paese Sera» il 19 giugno del 1964.
In essa Togliatti distingueva decisamente la figura di Gramsci dalla vicenda del
suo partito per indicare nella sua azione e nel suo pensiero un crocevia della cul-
tura mondiale «nel quale tutti i problemi del nostro tempo sono presenti e s’in-
trecciano» (Togliatti 2001, pp. 309-10). Alla fine del suo travagliato percorso, dun-
que, l’immagine di Gramsci che Togliatti proponeva era quella di un classico del
Novecento.

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19
Fra ncesca Izzo
Gramsci e Machiavelli

Focus: Antonio Gramsci

La prima metà del ‘900 può essere considerata un della genesi e della struttura dello Stato-nazione
nuovo “momento machiavelliano” per l’intenso moderno (dal declino degli istituti feudali del
interesse che molti intellettuali europei manifesta- Papato, dell’Impero e del Comune alla na ziona -
rono per il Segretario fiorentino, specie in lizza zione degli intellettuali) che Gramsci veniva
Germania e in Italia, dove “il problema della for- elaborando. E, per questa via, egli diviene un
mazione dello Stato si pose al centro della lotta modello, se non il modello, che si affianca a Lenin,
sociale e politica” (Paggi 1984, p. 388). del filosofo della prassi, ovvero dello scienziato
La crisi dello ius publicum europeum, esplosa con della politica che traduce in impulso all’azione la
la serie di eventi che si snodano dalla I guerra sua teoria e che trae dalla sua prassi concetti teori-
mondiale alla Rivoluzione d’ottobre, dalla avanzata ci. Al di là di rigorosi criteri storici e filologici,
dei fascismi alla fine dell’egemonia mondiale Gramsci concentra nell’opera del Segretario fio-
dell’Europa, riproponeva con urgenza il tema del- rentino la morfologia dell’intera epoca moderna, e
l’ordine politico, al di là della sua moderna incar- si ispira alle categorie machiavelliane per fissare gli
nazione nello Stato. E per questa via la lezione del elementi di una nuova fa se della modernità post-
Machiavelli, il primo teorico della politica dei sta tua le (il moderno Principe).
tempi nuovi, diveniva di stringente attualità, sotto La forte coloritura teorica della figura storica di
il duplice profilo della riconsiderazione della gene- Machiavelli non impedisce però a Gramsci di acco-
si della modernità e della natura e del destino della starsi alla sua opera così come in quel tornante
politica nel presente storico. della storia d’Europa veniva recepita e discussa.
Da Mosca a Croce, da Meinecke a Schmitt e a “Mi ha colpito il fatto come nessuno degli scrittori
Horkheimer, da Gentile a Mussolini, a Gobetti, per sul centenario abbia messo in relazione i libri del
non parlare della storiografia machiavelliana dei Machiavelli con lo sviluppo degli Stati in tutta
Russo, degli Ercole, degli Chabod, Machiavelli cir- Europa nello stesso periodo storico.Deviati dal
cola, dunque, nel pensiero europeo ed italiano, problema puramente moralistico del cosiddetto
come in pochi altri momenti storici. “machiavellismo” non hanno visto che il
Eppure non credo di sbagliare se, nel quadro di Machiavelli è stato il teorico degli Stati nazionali
questa diffusa presenza e rinnovato mito del retti a monarchia assoluta, cioè che egli, in Italia,
Segretario, considero il Machiavelli dei Qua derni teorizzava ciò che in Inghilterra era energicamente
del ca rcere un caso a sé. compiuto da Elisabetta, in Ispagna da Ferdinando
In nessuno dei tanti pensatori, che hanno stabilito il Cattolico, in Francia da Luigi XI e in Russia da
con la sua opera un intenso e diuturno scambio, si Ivan il Terribile, anche se egli non conobbe e non
può notare una incidenza così pervasiva ed essen- poté conoscere alcune di queste esperienze nazio-
ziale, come accade nell’opera di Gramsci. Nelle nali, che in realtà rappresentavano il problema sto-
note carcerarie la sua figura assurge a metafora rico dell’epoca che il Machiavelli ebbe la genialità

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Fra ncesca Izzo Gramsci e Machiavelli

di intuire e di esporre sistematicamente” (Lettera a condizione di permanente minorità.


Tania del 14-11-1927, LdC, 1965, pp. 145-6). Il processo si è pienamente manifestato quando,
Da questo fondamentale nodo interpretativo pren- da un lato, gli Stati Uniti sono intervenuti nel con-
de avvio la rielaborazione gramsciana del “proble- flitto intereuropeo e nelle decisioni sugli assetti
ma Machiavelli”. del dopoguerra e dall’altro si è consumato lo sci-
Nella sua critica del “machiavellismo”, ovvero della sma della Russia. Di fatto un frammento della civil-
riduzione di Machiavelli a teorico della Realpolitik e tà europea si separava violentemente sulla base
dello Stato-potenza, Gramsci si riallaccia alla inter- dell’assunto che la forma statuale non era più in
pretazione “democratica” di De Sanctis che fa del grado di espandere il suo principio ispiratore
Segretario l’eroe borghese della nazione moderna , democratico, e che non unificava più, anzi lacerava
e il creatore dello spirito moderno all’interno di e divideva la stessa umanità europea sino alla guer-
quel vero e proprio snodo ideologico rappresenta- ra e alla brutale dominazione.
to dal nesso Rinascimento-decadenza dell’Italia. Gramsci aveva profondamente introiettato questa
L’interpretazione di De Sanctis è nota: le grandi cesura storica, quando si era schierato, con la fon-
conquiste delle scienze e delle arti si accompagna- dazione del partito comunista e l’adesione
no ad una corruzione della coscienza morale, reli- all’Internazionale comunista, per lo scisma sovieti-
giosa e civile, il cui prototipo è “l’uomo del co e per l’affermazione di un diverso principio di
Guicciardini”. L’intellettuale borghese italiano era unificazione del mondo, contro la II Internazionale
preda, russoianamente, di uno scarto tra intelli- che rimaneva inscritta nella forma storica dello
genza e moralità; mentre Machiavelli si distingueva stato di cui invocava solo la riforma, ritenendolo
per l’utopistico tentativo di sottrarsi a questo desti- ancora veicolo e strumento di civiltà sul piano
no, per lo sforzo (vano) di voler unire ragione e mondiale. Ciò non toglie, però, che, fin dal ’26 e
passione, scienza e vita, allo scopo di edificare lo poi con sempre maggiore lucidità e consequenzia-
Stato italiano. lità, Gramsci considererà fallita quella rottura, dal
Gramsci rimane debitore dell’impianto desancti- momento che l’Ottobre era sfociato nella territo-
siano, ma, per il fatto stesso che la sua prospettiva rializzazione dei Soviet e nel ripiegamento
non ha più lo stato come unico orizzonte storico, dell’Internazionale Comunista a sola difesa degli
come era per De Sanctis, l’analitica muta profon- interessi statuali dell’URSS.
damente, determinando risultati che si riflettono Occorre tenere presente questo quadro dell’epoca
sullo stesso profilo di Machiavelli. e delle sue sfide per intendere la prospettiva stori-
In Gramsci, il tema Rinascimento - decadenza ita- ca nella quale Gramsci colloca la sua lettura di
liana - cosmopolitismo, fondamentale anche per Machiavelli, soprattutto per intendere la portata e
l’elaborazione del concetto di nazionale-popolare, i limiti del concetto di nazionale-popolare.
si inscrive in una visione che ha già metabolizzato Il processo di sviluppo dello Stato consiste, per
la crisi della forma statale. Egli stende le note dei Gramsci, nella na ziona lizza zione del territoria le,
Qua derni a partire dal dato acquisito che la scena ovvero in quel complesso di eventi che si conden-
mondiale non è più dominata dall’Europa e che gli sano, per un verso, nella rivoluzione scientifico-filo-
Stati Uniti e l’URSS ne sono divenuti i nuovi sog- sofica moderna che spezza il monopolio culturale
getti; anzi, la convinzione di Gramsci, espressa cosmopolitico della Chiesa cattolica e dell’umane-
nelle note più tarde, è che egemone sia l’america- simo imperiale e, per l’altro, nel diverso rapporto
nismo, la formazione economico-sociale capitali- tra città e campagna, che, con la iniziale formazione
stica più adeguata ad una civiltà democratica post- di un esercito non più mercenario, esprime la
statuale. nascita di un nuovo blocco storico urbano-rurale.
L’Europa ha perduto la sua egemonia e il suo La dimensione “territoriale”(nazionale-popola-
dominio, con la crisi del principio politico che l’ha re),propria dello Stato, è dunque frutto di due pro-
formata, lo Stato e che le ha consentito di conqui- cessi interconnessi ma distinti: l’uno è rappresen-
stare il mondo e di mantenerne gran parte in una tato dall’egemonia della città sulla campagna (dal

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n.20 / 2008

superamento della fase economico-corporativa del politica (Stati nazionali) e di formazione del blocco
comune medievale, per quanto riguarda la storia storico borghese che segna l’intera epoca moder-
particolare dell’Italia mentre, per quanto riguarda na, fino al pieno manifestarsi della sua crisi con la
il resto dell’Europa, dall’alleanza della corona con i Prima guerra mondiale.
ceti borghesi contro l’aristocrazia feudale); l’altro è Su questa base diventa possibile applicare il crite-
costituito dall’ “andata al popolo” dei ceti intellet- rio gnoseologico della traducibilità dei linguaggi
tuali, dal loro distacco dalle funzioni cosmopolite che Gramsci ricava dal Marx della Miseria della
dell’Impero e del Papato. L’andata al popolo coin- filosofia dove era utilizzato per dar conto della
cide con la Riforma religiosa e solo l’unione di reciproca implicazione della filosofia classica tede-
Riforma e Rinascimento costituisce il vero passag- sca e della rivoluzione francese e quindi della reci-
gio alla nuova epoca storica. proca convertibilità di filosofia e politica.
Nell’idea gramsciana di nazione la presenza del Grazie ad esso, Machiavelli diventa, nella lettura di
“religioso” viene dunque ad assumere un ruolo Gramsci, il filosofo che, dalle città-stato italiane in
essenziale, anzi ciò che le dà forma è proprio l’in- rovina, è in grado di enunciare i principi dell’auto-
contro tra il “filosofico” delle classi dirigenti intel- nomia della politica (sperando di applicarli anche
lettuali e il “religioso” popolare, un “religioso” che all’Italia), proprio perché in Francia, in Spagna ed
però sia stato percorso dall’anelito della libertà. Inghilterra una borghesia non economico-corpora-
Il pieno recupero della storicità di Machiavelli, in tiva ma egemonica stava praticamente costruendo
polemica con il machiavellismo, sfocia nella sua sti- un’istituzione sovrana, non più dipendente, come
lizzazione prototipica del processo di nazionalizza- le altre istituzioni feudali, dal Papato e dall’Impero.
zione e a Machiavelli, simbolo dello Stato-nazione, Gramsci vede nel Segretario fiorentino prendere
nei Qua derni Gramsci contrappone Cesare, figu- forma una nuova filosofia che nasce da un’integra-
ra, a propria volta, simbolo della tendenza cosmo- le autonomia della politica: il Principe machiavel-
politica , risultata poi storicamente vincente in liano è il Centauro, unione di forza e consenso, di
Italia. coercizione e di morale, di disciplina e religiosità.
Ma storicizzare l’opera machiavelliana, calandola La politica si presenta non come sfera distinta e
nell’epoca della formazione degli Stati nazionali, subordinata, ma come principio unitario di una
comporta fare i conti con lo scarto tra la folgoran- nuova concezione del mondo integralmente stori-
te modernità del suo pensiero e il contesto di ca. Ma nel momento stesso in cui riconosce in
decadenza e di crisi politica ed intellettuale nelle Machiavelli il primo filosofo della prassi, la figura
quali è piombata la penisola, la “corruttela italia- che anticipa come “politico in atto” Marx, egli indi-
na”. De Sanctis (ed anche Russo) legge questo ca l’incompiutezza, la fragilità della sua opera,
scarto nella tensione utopica che segnerebbe il incompiutezza e fragilità che sono di Machiavelli
Principe e Croce si appella all’estetismo machia- nella misura in cui sono di un’intera epoca storica.
velliano, al suo “amore dell’arte per l’arte”, mentre Sul terreno dell’immanenza, sul quale è costruito
Gramsci lo risolve nella visione unitaria della gene- lo Stato moderno, si è rivelato impossibile diffon-
si del “mercato determinato” e degli Stati naziona- dere la nuova cultura. Di qui, per Gramsci, la dege-
li, nel rapporto Italia e Europa. Il Machiavelli che nerazione dello Stato-nazione (strutturalmente
emerge dai Qua derni non ha il profilo né dell’uto- democratico) in Stato-potenza, sino al nazismo e al
pista, né dell’artista, bensì del teorico rea lista , fascismo che, nell’esplosione della crisi organica
dello scienziato della costituzione degli Stati asso- dello Stato, punta al “volontariato” della nazione
luti europei. per ricostituirne artificiosamente e autoritariamen-
Attraverso Machiavelli, Gramsci colloca la “quistio- te l’unità. Si è aperta, dunque, una più alta con-
ne della nazione italiana”, con sempre maggiore traddizione che il moderno Principe è chiamato ad
consapevolezza teorica e profondità analitica, nel affrontare. Il compito che gli si para dinnanzi
quadro di un’analisi differenziale del processo di richiede l’elaborazione di un’egemonia, sul piano
fusione tra economia (mercato capitalistico) e globale, della città sulla campagna (il moderno

22
Fra ncesca Izzo Gramsci e Machiavelli

cosmopolitismo connesso all’americanismo) e di Nel Q. 6 Gramsci espone i termini generali in cui si


una riforma intellettuale e morale ovvero un’etica manifesta la crisi:
conforme di massa, ciò che né lo Stato etico hege- “già oggi si verifica nel mondo moderno un feno-
liano ha potuto affrontare e neppure la “religione meno simile a quello del distacco tra “spirituale” e
della libertà” crociana. E che la chiusura territoria- “temporale” nel Medio Evo….gli intellettuali tradi-
le della rivoluzione dell’Urss staliniana ha lasciato zionali, staccandosi dal raggruppamento sociale al
sostanzialmente cadere. quale avevano dato finora la forma più alta e com-
Sollevando il tema, così denso, della riforma intel- prensiva e quindi la coscienza più vasta e perfetta
lettuale e morale di massa, Gramsci è ben consa- dello Stato moderno, in realtà compiono un atto di
pevole di affermare l’esistenza, nell’epoca post-sta- incalcolabile portata storica: segnano e sanzionano
tuale, di una questione religiosa irrisolta e di una la crisi statale nella sua forma decisiva”
lotta egemonica tra metafisica e storicismo sul ter- Il distacco degli intellettuali, principali agenti della
reno del “religioso”. nazionalizzazione del territoriale mediata dalla
Quindi, rispetto all’impianto desanctisiano, il tema forma dello stato, costituisce il segnale più eviden-
deca denza -cosmopolitismo è declinato con tut- te dello scollamento tra nazione e Stato e l’indice,
t’altra ottica. De Sanctis interpreta Machiavelli e la ancora disorganico e pulviscolare, di nuove possi-
storia d’Italia alla luce di una prospettiva storica bili aggregazioni.
nella quale lo Stato sovrano è ancora il soggetto La ricerca di Gramsci è orientata a cogliere queste
indiscusso della politica mondiale e il ritardo nella possibilità all’interno della contraddizione “fonda-
formazione dello Stato prolunga i suoi effetti nella mentale” che vede aprirsi negli sviluppi della crisi
debolezza del Regno d’Italia, nella scarsa autono- post-bellica.
mia della sua politica estera, nel deficit di sovrani- In un brano assai noto e analizzato di recente da
tà nei confronti delle grandi potenze europee. studiosi che ne hanno sottolineato l’ispirazione
Mentre in Gramsci , come si è già accennato, il originale nel contesto degli anni ’30, egli scrive
tema Rinascimento -decadenza italiana -cosmopo- “Tutto il dopoguerra è crisi…Per alcuni (e forse
litismo, è declinato in una forma che ha già scon- non a torto) la guerra stessa è una manifestazione
tato la crisi dello Stato. della crisi…Una delle contraddizioni fondamenta-
é vero che Machiavelli è innalzato a simbolo del li è questa: che mentre la vita economica ha come
nazionale-popolare, cioè del momento originario premessa necessaria l’internazionalismo o meglio
in cui si manifesta la radice democratica dello Stato il cosmopolitismo, la vita statale si è sempre più
territoriale. Ma nei Qua derni a Machiavelli si sviluppata nel senso del “nazionalismo”, “del basta-
accompagna e si contrappone la figura di Cesare, re a se stessi” ecc. Uno dei caratteri più appari-
incarnazione di un’altra epoca storica e della sua scenti della “attuale crisi” è nient’altro che l’esa-
articolazione cosmopolitica. Cesare è colui al quale sperazione dell’elemento nazionalistico( statale
risalire per intendere le radici profonde del desti- nazionalistico) nell’economia” (Q.15, pp.1755-6).
no cosmopolitico, di lunga durata, dell’Italia e del [Nota: Sull’originale posizione di Gramsci nel
ritardo e fragilità dello Stato unitario. Se per tutta panorama degli anni Trenta si è soffermato in
l’epoca moderna Machiavelli è l’incarnazione cate- diversi saggi M.Telò, tra i più recenti segnalo Note
gorica dello Stato-nazione, con lo sviluppo e l’uni- sul futuro…(1999), in particolare le pp.52-56.,
ficazione del mercato mondiale il suo posto viene mentre sul tema della crisi va visto G.Vacca
occupato da Cesare e dal cosmopolitismo di stam- (1999)].
po moderno. La tradizione italiana, che nella lunga fase storica
Nel cuore della crisi seguita alla I guerra mondiale, segnata dall’esclusivo dominio della forma statale,
il rapporto tra nazionale e cosmopolitico tende a aveva contribuito a relegare il paese ai margini
rovesciarsi poiché il quadro dell’epoca non è più dello sviluppo storico appare ora in singolare sin-
dominato dallo Stato nazione, quale soggetto tonia con la nuova struttura del mondo: nazione e
esclusivo dello sviluppo storico. cosmopolitismo non divergono più, anzi il cosmo-

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n.20 / 2008

politismo risulta essere una risorsa della nazione Russia dei Soviet, in una versione del cosmopoliti-
italiana nel nuovo contesto storico. smo che conservi in sé e sviluppi la radice demo-
“Il popolo italiano è quel popolo che “nazional- cratica dello Stato moderno.
mente” è più interessato ad una moderna forma di Un cosmopolitismo democratico, è questa, a mio
cosmopolitismo [in questa stesura del ’35 il termi- avviso, l’idea del comunismo che circola nei
ne cosmopolitismo sostituisce quello di “interna- Qua derni .
zionalismo”]… Collaborare a ricostruire il mondo
in modo unitario è nella tradizione del popolo ita- II)Machiavelli scienziato o uomo appassionato,
liano, della storia italiana… si può dimostrare che politico in atto?
Cesare è all’origine di questa tradizione… La “mis-
sione” del popolo italiano è nella ripresa del Si tratta del discusso rapporto dell’invocazione
cosmopolitismo romano e medioevale, ma nella finale con le restanti parti del Principe che allude
sua forma più moderna ed avanzata” (Q.19, p. al tema della relazione teoria -prassi , scienza
1988). –politica, per un verso, e per l’altro al nesso di
Ed ecco ritornare la figura di Cesare, non più sim- logica e passione e alla loro fusione nel “mito poli-
bolo della inadeguatezza dell’Italia a ricoprire il tico” e nel moderno Principe.
ruolo di un forte Stato nazionale europeo ma cifra “Il carattere fondamentale del Principe è quello di
simbolica di una nuova collocazione dell’Italia in un non essere una trattazione sistematica ma un libro
mondo aperto al cosmopolitismo. “vivente”, in cui l’ideologia politica e la scienza
La figura di Cesare incarna la doppia funzione del politica si fondono nella forma drammatica del
cosmopolitismo: da fenomeno negativo che aveva “mito”… Anche la chiusa del Principe è legata a
impedito il formarsi di un nesso nazionale-popola- questo carattere “mitico” del libro:dopo aver rap-
re in Italia, con la separazione delle funzioni intel- presentato il condottiero ideale il Machiavelli con
lettuali dalle masse popolari, il cosmopolitismo un passaggio di grande efficacia artistica , invoca il
diventa una risorsa perché consente di affrontare condottiero reale che storicamente lo imperso-
la contraddizione dell’epoca, racchiusa per ni:questa invocazione appassionata si riflette su
Gramsci nel contrasto tra un mercato mondiale tutto il libro conferendogli appunto il carattere
tendenzialmente unificato e dimensione statale drammatico” (Q. 13, p.1555).
nazionale della politica. A condizione però che sia Come è possibile questa unione, che suona “bla-
di tipo nuovo, che non smarrisca il lascito prezioso sfema” alle orecchie dei filosofi e degli scienziati
dello Stato nazionale, la grande eredità dell’epoca che, come Croce o Weber , ritengono che la scien-
moderna: il legame tra funzioni intellettuali e za e la politica si ispirino a “demoni” distinti e
popolo, la radice unificante di ragione e vita che è inconciliabili?
al cuore della modernità. Il cosmopolitismo libera- Nel cercare di definire la peculiare natura del
le -sia nella versione wilsoniana che lo affida alla Principe, Gramsci si rifà di nuovo al modello della
spontaneità del mercato che nella versione dei filosofia della prassi, ovvero al parallelo con Marx.
chierici europei a u dessus de la melée, per i quali Come Marx, Machiavelli fonde in sé e nella propria
vale l’unità dello spirito, della cultura al di sopra opera la passione, l’appartenenza ad una parte
delle divisioni delle masse irrazionali e facili preda politica, con la ragione, conoscenza obiettiva e
di ideologie “religiose” - risulta assolutamente ina- “spassionata” delle cause e degli effetti delle cose.
deguato ad affrontare il nodo storico della tenden- Questa giunzione è giustificata, nel caso del
ziale unificazione del mondo. Segretario, dall’essere egli il teorico dello Stato
L’originale sforzo teorico di Gramsci mira, in un allorché questo sta per divenire il soggetto di
quadro storico-concettuale dominato dal giudizio un’intera epoca storica, mentre, nel caso di Marx,
sull’americanismo in termini di rivoluzione passi- la giustificazione è data dal criterio della storicità
va, a ritradurre l’idea di comunismo e di interna- applicata alla stessa concezione materialistica della
zionalismo che era al fondo della sua adesione alla storia, da un atto di autostoricizzazione che

24
Fra ncesca Izzo Gramsci e Machiavelli

dovrebbe impedire ogni torsione ideologica e tota- na dell’uomo quale insieme dei rapporti sociali di
lizzante. produzione e di cui è parte essenziale la stessa teo-
Come Marx del Ma nifesto, Machiavelli ha scritto ria: conoscere in qualche modo è già intervenire,
un’opera scientifica, ma non “libresca”, program- modificandola, sulla realtà.
maticamente volta a mobilitare, a spingere all’azio- La chiave che consente a Gramsci di definire
ne; in essa è sviluppata un’analisi della realtà, non Machiavelli non un realista, un seguace della
puramente teoretica, ovvero contemplativa del Realpolitik, ma un filosofo della prassi è data,
dato obiettivo, bensì consapevolmente costruita appunto, dalla concezione storicistica o meglio dia-
sul presupposto della modificabilità dell’oggetto, lettica, della realtà, costituita da rapporti di forze
della sua trasformazione. Anche Machiavelli ha integralmente storiche, da cui è stata eliminata ogni
scritto un “manifesto di partito” minima traccia di trascendenza.
L’interpretazione della figura del Segretario come
“politico in atto” porta Gramsci ad approfondire, III) Gli interlocutori del Principe: il tiranno o il
in due paragrafi del Q.13 di grande rilevanza filo- popolo?
sofica, i fondamenti della sua interpretazione del
marxismo in termini di filosofia della prassi, ovve- A chi si rivolge Machiavelli con la sua opera?
ro della traducibilità di storia, filosofia e politica. Gramsci rifiuta innanzitutto la vulgata “progressi-
Gramsci può sostenere che Machiavelli è insieme sta” , “romantico-liberale” o anche “rivoluzionaria”
un teorico e un politico, uno scienziato politico che, considerando il Principe un’opera “obliqua”
(nesso teoria-prassi) in quanto fa valere, sul piano (Procacci 1965, p. 314), tendeva a privilegiare i
filosofico, una determinata concezione della realtà Discorsi e le Istorie fiorentine e a prospettare gli
che rifiuta la scissione(ribadita invece da Croce e altri scritti sotto una veste di satira disvelatrice
Weber) tra l’essere e il dover essere, tra fatto e delle infamie del potere.
valore. Nella visione che egli sinteticamente espo- Considera che Machiavelli abbia in mente un fine
ne la realtà (l’essere) non sussiste isolata nella sua schiettamente politico, educare chi non sa alle
obiettiva trascendenza(necessità), mentre il dover necessità del momento storico, che richiede la
essere si configura come la più o meno fondata mobilitazione di tutti i mezzi idonei al raggiungi-
opzione di valore del soggetto (libertà), assoluta- mento dell’altissimo fine dello Stato unitario nazio-
mente indipendente dalla costituzione obiettiva nale.
dell’oggetto conosciuto. Secondo le filosofie della Oltre a ciò, Machiavelli svela a chi non sa che la
scissione, si è tanto più liberi quanto più si pre- moltitudine non diventa Popolo senza l’intervento
scinde dai condizionamenti materiali e passionali. della forza, senza elementi di costrizione, svolgen-
Per Gramsci, al contrario, il nesso tra essere e do un’opera di critica dell’ideologia.
dover essere è dialettico e incardinato nella “strut- Sostanzialmente Gramsci ritiene che il Principe
tura” della realtà, e la libertà del soggetto è tanto costituisca un tassello della riforma intellettuale e
maggiore quanto più storicamente determinata. morale che deve accompagnare la nascita del
Attraverso Machiavelli, egli mette a punto uno nuovo ordine politico; questa riforma ha a suo
degli aspetti fondamentali della sua concezione centro l’idea della immanenza e, in particolare, l’i-
della filosofia della prassi, ricavato direttamente dea che la conservazione della vita e della libertà va
dalla rilettura delle Tesi su Feuerba ch,( interpreta- perseguita con mezzi esclusivamente mondani. Se
zione-trasformazione della realtà, rapporto tra è così, occorre saper accettare, acquisendo un ade-
oggettività e soggettività). Il politico in atto è il guato abito morale, la contingenza dei fini, il
vero filosofo in quanto coglie (e vi interviene) l’in- rischio della loro fallibilità, che spesso si paga al
tima natura della realtà, che non è un’oggettività prezzo di enormi perdite umane e di arresto o
trascendente ma “un rapporto di forze in continuo regressione sulla via dell’incivilimento progressivo
movimento e mutamento” che è l’espressione con dell’intera umanità.
cui Gramsci reinterpreta e dilata la formula marxia- é la totale immanenza dei fini, ovvero il fatto che

25
n.20 / 2008

solo la empirica verifica storica può accertarne la in una metafisica del fine, il criterio della storicità
giustezza, la loro corrispondenza al processo di va applicato anche ad essa:il fine del comunismo è
unificazione (riconoscimento reciproco della anch’esso sottoposto alle verifiche empiriche della
comune appartenenza al genere) ed incivilimento storia , non c’è nessun finalismo e garanzia, ester-
dell’umanità, che rende il problema dei mezzi così ni al concreto farsi della storia, che ne assicuri la
delicato. Tutti i mezzi sono leciti per raggiungere bontà e la giustezza. E’ anch’esso sottoposto alla
un certo fine, vale solo il criterio della loro ade- prova della storia e può fallire.
guatezza o non-adeguatezza, ma risulta poi diri- Affinché gli uomini accettino questo nucleo scon-
mente accertare se quel fine si è dimostrato stori- volgente della rivoluzione moderna occorre una
camente progressivo. riforma intellettuale e morale, che consiste in un
Nel caso di Machiavelli, poiché Gramsci valuta la duplice processo: profonda introiezione del prin-
creazione dello Stato moderno la più grande con- cipio dell’immanenza e innalzamento delle masse
quista della civiltà borghese-capitalistica, il fine a tale livello di coscienza, senza fratture tra intel-
risulta storicamente vincente, e quindi i mezzi pre- lettuali e popolo, senza doppia morale, una mora-
dicati sono giusti e santi. E chi non sa deve accet- le religiosa, affidata alle sirene della trascendenza
tare, se vuole quel fine, un “capo” che vuole e può (di Dio, della razza, della classe) per le masse ed
raggiungerlo perché conosce i mezzi e ha il corag- una morale della finitezza e responsabilità per i
gio di usarli, e condividere la responsabilità di quei pochi.
mezzi anche se sul piano della morale privata La coscienza diffusa di questo limite intrinseco,
prova repugnanza. che libera il politico da ogni teologia politica e filo-
Il partito, al posto del Principe, un organismo al sofia della storia, è interpretata e sviluppata dal
posto di un uomo significa un allargamento delle Moderno Principe .
possibilità che i mezzi siano adeguati al fine. Per il Il limite storico e filosofico il Machiavelli di
fine del comunismo, i mezzi devono essere demo- Gramsci lo incontra nella concezione della natura
cratici, per l’esistenza di una pluralità di soggetti e umana, quel residuo di trascendenza che rimane
opzioni su cui esercitare egemonia e non dominio. appiccicato al pensiero tutto mondano del
Siamo in un mondo globale, complesso e ricco di Fiorentino.
differenze. E ancor più c’è bisogno di sapere, di In effetti il postulato dell’immutabilità della natu-
prevedere, di conoscere per ridurre i rischi della ra umana fa sì che si stabilisca un’analogia tra sto-
decisione politica. ria e natura (anch’essa metafisicamente considera-
Il partito è il soggetto dell’epoca che si apre, un ta immutabile) e che i fini della politica si inscriva-
capo collettivo e democratico investito del compi- no in un disegno che li trascende costituito dai
to di creare una nuova etica e morale. cicli del tempo sempre identicamente ritornante
Al cuore della nuova filosofia dell’immanenza è della storia. Fare come Roma, per Machiavelli è
posta l’accettazione piena da parte del soggetto possibile perché esiste una identica natura umana
moderno che il regno dei fini non è garantito né da che costituisce la costante nel variare dei casi.
Dio, né dalla natura né dalla Storia con la maiusco- Così storia e natura umana si legano, determinan-
la, e che gli uomini ne sono il solo attore ed auto- do un residuo metafisico nell’impianto del suo
re responsabile, sebbene non abbiano il controllo pensiero, una dimensione trascendente, sottratta
pieno della realtà(l’insieme degli eventi e la loro all’azione degli uomini, che limita, per Gramsci, la
complessità che soverchia le capacità di analisi e forza della sua filosofia della prassi.
previsioni dei singoli e dei gruppi). La conseguenza decisiva che Gramsci trae dalla
Questo è l’insegnamento che si ricava da storicizzazione della natura umana è che fini e
Machiavelli, un insegnamento non ancora diventa- mezzi vanno adeguati alle trasformazioni degli
to senso comune. uomini, alle relazioni sociali ed è quindi ben possi-
La piena immanenza vale anche per la filosofia bile che i mezzi predicati da Machiavelli, per la
della prassi, che per Gramsci non può trasformarsi nascita dello Stato, non debbano assolutamente

26
Fra ncesca Izzo Gramsci e Machiavelli

essere gli stessi per il comunismo, tutt’altro. Riferimenti bibliografici


Per questo egli critica la scienza politica come stu-
dio dell’eterno utile, della violenza come istanza Gramsci, A. (1965), Lettere da l ca rcere, Torino
permanente del mondo e dell’uomo. La scienza Einaudi
politica è invece lo studio dei “rapporti di forza”, Gramsci, A. (1975), Qua derni del ca rcere, Torino,
della realtà come rapporto di forze e quindi desti- Einaudi
nata anch’ essa a cambiare. Così, se fino ad oggi, la Paggi, L. (1984), Le strategie del potere in Gramsci ,
scienza politica è consistita nello studio dei rap- Roma, Editori Riuniti
porti tra dominanti e dominati, tra chi governa e Procacci, G. (1965), Studi sulla fortuna del
chi è governato, non è detto che non possa muta- Ma chia velli ,Roma, Istituto storico italiano per
re questo rapporto e quindi mutare la ragion d’es- l’età moderna e contemporanea
sere di questo sapere. E, aggiunge Gramsci , già Telò, M. (1999), Note sul futuro dell’Occidente e
mettersi nella prospettiva che questo rapporto la teoria delle rela zioni interna ziona li in
possa cambiare, introduce nella realtà , nell’equili- Gra msci e il Novecento (a cura di G.Vacca), I,
brio dei rapporti delle forze, un elemento nuovo Roma, Carocci
destinato ad influenzare il corso stesso delle cose. Vacca, G. (1999) Appunta menti con Gra msci ,
Carocci, Roma

27
Michela Na cci
Gramsci e de Benoist

Focus: Antonio Gramsci

In che modo Alain de Benoist, creatore della avrebbe avuto anche una importante funzione
Nouvelle Droite e politologo di fama, scrittore pro- politica poiché avrebbe proposto la classe operaia
lifico sospeso tra Rivoluzione conservatrice e come possibile classe di governo, come classe
antioccidentalismo no-global, tra pre-moderno e alternativa rispetto a quella borghese)). La conqui-
oltre-moderno, può essere messo in relazione con sta del potere non si poneva dunque solo in ter-
Gramsci? La famiglia ideologica alla quale appartie- mini di lotta di classe, ma anche - soprattutto -
ne nonostante i suoi funambolismi è certamente come lotta di idee, di differenti visioni del mondo
lontana, perfino antitetica a quella gramsciana. e di differenti culture. Gramsci sottolineava dun-
Eppure, tra fine degli anni Settanta e inizio degli que l’importanza degli intellettuali: essi sono da
anni Ottanta, de Benoist “scopre” Gramsci, e – in sempre i mediatori e portano alla lotta politica
risposta alle difficoltà politiche del suo movimen- quell’elemento essenziale che è il consenso dal
to, difficoltà e forse ambiguità presenti fin dalla momento che, appunto, nella società non c’è
nascita - lancia quello che verrà definito il “gram- dominio bruto ma consenso all’esercizio del pote-
scismo di destra”. Che cosa scopre il francese nei re da parte di una classe. Sentiva anche la necessi-
Qua derni del ca rcere ? Vi trova soprattutto il con- tà di inserire organicamente gli intellettuali nella
cetto di egemonia. Com’è noto, Gramsci intende storia d’Italia creando per la prima volta il blocco
con egemonia un ruolo dominante all’interno storico che in Italia era mancato (rivoluzione man-
della società che non coincida direttamente con il cata), e attribuiva questo compito al partito della
dominio di classe: questo, da solo, non basta a una classe operaia.
classe per svolgere una funzione storica. La bor- Quando de Benoist fa la sua lettura di Gramsci che
ghesia, infatti, ha elaborato anche una cultura, una cosa lo colpisce? L’accentuazione dell’aspetto
ideologia, un progetto educativo, un carattere intellettuale, del ruolo e dell’importanza degli
nazionale (o meglio: nazional-popolare): tutto intellettuali e della cultura. La Nouvelle Droite
questo serve a forgiare gli uomini e le classi, cioè a infatti si poneva esplicitamente sul piano non poli-
svolgere un ruolo completo. Già prima del carcere, tico, ma metapolitico e per essa era essenziale la
Gramsci si pone il problema di una cultura che sia cultura e la formazione di cultura. Come la sua
propria della classe operaia: senza di essa la classe omologa italiana, ha sempre avuto una concezione
operaia potrà esercitare un ruolo importante nella quasi mitica della cultura secondo la quale dalla
società, ma mai quel ruolo dirigente che solo l’ela- cultura dipende totalmente la vera politica (che è
borazione di una sua cultura può permetterle di cosa diversa dalla politica dei politici). Ed è altresì
svolgere. Nel pensiero di Gramsci, questo è l’ac- sempre stata convinta della subordinazione dell’e-
centuazione – tipica in lui – del momento sovra- conomia (cosa inferiore) alla politica.
strutturale dell’azione politica, come mostra anche Per la Nouvelle Droite (e poi a ruota per la Nuova
l’idea di blocco storico: ((la cultura operaia infatti Destra di Marco Tarchi) l’incontro con Gramsci si

28
Michela Na cci Gramsci e de Benoist

traduce dunque in una maggiore consapevolezza no: Marx criticava Hegel? Sciocchezze! Bazzecole
di se stessi, di che cosa è e a che cosa può ambire filosofiche! Noi invece vogliamo dare senso al
il movimento che è stato creato da poco con qual- mondo! Peccato che ridare senso al mondo sia
che successo, molto rumore, qualche prezioso diventato con il passar degli anni un progetto ver-
apprezzamento in Francia anche da parte dell’esta- boso e inconsistente che si è accompagnato a car-
blishment culturale, in Italia anche da parte di riere accademiche molto tradizionali. Scriveva
qualche guru della sinistra (Vattimo, Cacciari). La ancora Tarchi: “Dalle nuove, imprevedibili interse-
Nouvelle Droite dà tanto risalto al gramscismo di zioni delle ideologie sfuggite alla tirannide dell’a-
destra proprio perché ne è illuminata sulla sua nonimato e dell’omologazione può forse nascere
essenza e le sue potenzialità: suo compito non è l’unica possibile reazione al fascino abbagliante
fare politica direttamente, è anzi accentuare la della decadenza, che pare avere ipnotizzato i
distanza dalla politica, e fare piuttosto azione intel- popoli d’Europa.” Esplicitando la posizione di de
lettuale a tutto campo, con libertà e curiosità, per- Benoist Tarchi mette in rilievo un elemento: il
fino con spregiudicatezza, andando addirittura a fatto che de Benoist di Gramsci abbia ripreso solo
pescare nel patrimonio intellettuale-ideologico l’idea di egemonia. Il ruolo della cultura e degli
della sinistra. Non deve lavorare con i politici o con intellettuali viene da de Benoist come da tutta la
le forze sociali, ma con e attraverso e su gli intel- Nuova Destra europea isolato da tutto il resto delle
lettuali. E attraverso questo avere una importanza sue concezioni: il ruolo organico dell’intellettuale,
politica ben più grande del fare politica da politici. il blocco storico, le vie nazionali alla rivoluzione,
In fondo erano già così, ma ora lo sapevano l’umanismo, l’accento sulla prassi. E viene fatto
meglio: Gramsci li rivelava a se stessi. giocare con concetti come: la decadenza
Nella Presentazione italiana di Le idee a posto dell’Occidente, la rivolta contro il mondo mercan-
Marco Tarchi scriveva: “Ecco dunque prender tile, la via europea allo sviluppo, l’anti-imperiali-
corpo il tanto, e spesso distortamente, evocato smo statunitense, la critica del pensiero liberale, il
‘gramscismo’ debenoistiano.” E spiegava che cosa rovesciamento dei valori borghesi, il differenziali-
è, dandone al tempo stesso una interpretazione smo, la concezione unitaria e identitaria delle cul-
molto netta: “Inteso come una specificazione della ture, la mancanza di senso del mondo moderno, la
scelta meta politica , come una proiezione di solitudine del cittadino globale (per citare
volontà e di principii nel cuore della società civile, Bauman), la critica del contratto sociale e dello
per influenzare mentalità e costumi, per vincere scambio, il rifiuto dell’homo oeconomicus e così
pregiudizi, per saldare un consenso in profondità via. Ed è chiaro che allora egemonia assume tut-
al progetto di rovesciamento dei valori oggi impo- t’altro significato rispetto a Gramsci: non la ricerca
sti dalla consuetudine e difesi dagli opinion del governo della società da parte di una conce-
ma kers.” Certo fa una certa impressione leggere la zione del mondo (oltre che di un partito e una
progettata egemonia gramsciana tradotta nei ter- classe), ma la creazione di una politica generata da
mini dell’inevitabile radicamento dell’individuo, una cultura, determinata da una classe di intellet-
del dare un senso antico al mondo moderno, del tuali liberi, voluta da volontà ferree e tempre d’ac-
sovvertire schelerianamente i valori, del costruire ciaio in lotta con il proprio tempo, inattuali e deci-
non un blocco storico ma una civiltà. Scriveva sive. In fondo, si esprimeva qui il sogno infantile
Tarchi che non si trattava di rimettere la dialettica (per citare Lenin ma anche Freud) di ogni intellet-
hegeliana sulle sue gambe: “Alla schermaglia filo- tuale. Proprio quello che Gramsci, nutrito a Croce
sofica con un autore (Hegel) e la sua scuola, qui si e positivisti, non poteva nemmeno concepire.
contrappone il progetto di rida re un senso a l Questo incontro fra de Benoist e Gramsci coincide
mondo: inedito nelle sue forme di espressione, con due fenomeni di rilievo. Il primo è la rinuncia
antico nelle radici.” È un procedimento tipico delle delle Nuove Destre a esercitare una vera, effettiva
nuove destre fino a oggi quello di superare sempre azione politica: all’inizio con i campi giovanili, le
in avanti gli autori o le correnti ideali che utilizza- riunioni, le discussioni semipubbliche, la vendita

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n.20 / 2008

di libri, in fondo avevano avuto l’idea di formare proprio subito quando viene in contatto con il
una classe politica; ora, nei primi anni ’80, era evi- pensiero di Gramsci. Ma forse questo non è poi
dente che ciò non era possibile. È il momento in troppo paradossale.
cui le ambizioni politiche vengono messe nel cas- Fino a quel momento in fondo de Benoist aveva
setto (prime fra tutte quelle assai istituzionali e trattato temi di destra con strumenti di destra: La
concrete di Tarchi), inaugurando quella linea che Rivoluzione conservatrice, la tradizione, Nietzsche,
è proseguita fino a oggi. un virulento antiamericanismo, il paganesimo. È
Il secondo fenomeno è la dinamica dei rapporti fra con Les idées à l’endroit (1980), (ma contiene
destra e sinistra non solo nel nostro paese: la crisi molti testi precedenti) che invece lo diventa meno,
della concezione assiale della politica messa in o lo diventa in un modo più accettabile in quegli
rilievo dalle Nuove Destre e allo stesso modo da anni e nei nostri: trasversale, sul piano della cultu-
una parte autorevole della sinistra intellettuale ha ra, nell’intreccio fra destra e sinistra. Ma tutto que-
fra i suoi esiti l’apertura del bagaglio intellettuale sto è stato reso possibile dal passaggio dal marxi-
proprio di ogni parte alla parte opposta. Mentre de smo, dall’attenzione per lo strutturale che ancora
Benoist scopre Gramsci e vi si riconosce, mentre occupava tanta parte della sinistra, al “sovrastrut-
Tarchi e de Benoist valorizzano e usano Lenin e turale” che è divenuto via via sempre più leggero e
Freud, Weber e Baudrillard, Mauss e Latouche, poi immateriale. Se il muro di Berlino non fosse
Habermas e Althusser, Simmel e Bauman, il dono caduto e il comunismo crollato, con l’effetto di dis-
e la critica della globalizzazione, la sinistra legge soluzione sulle convinzioni marxiste che conoscia-
avidamente Heidegger, Schmitt, Céline, Jünger, mo per averlo osservato in due decenni, tutto que-
Dumézil, Eliade, perfino Evola e Guénon, scopre sto non sarebbe stato possibile. Quello avvenuto
che il progresso è un’idea illusoria e la democrazia fra il 1980 e il 1989 è stato il primo spostamento di
un inganno o il governo dei peggiori, che la una lunga serie a catena alla fine della quale pos-
modernità è il totalitarismo dei temi moderni, in siamo leggere uomini della destra non istituziona-
uno scambio delle parti che - con motivazioni le (politica o metapolitica) che espongono le loro
diverse - è comune alla destra e alla sinistra (e que- idee o che conducono programmi televisivi, che
sto si diffonde dalle nuove destre alle destre e sini- scrivono con grande risalto presso editori storica-
stre tradizionali): se a sinistra si pensa infatti di mente di sinistra, (figlie di radicali che organizzano
capire meglio e in modo diverso dalle teorie politi- giornate dedicate alla famiglia), politici di sinistra
che conservatrici e reazionarie, di avere così una che si oppongono alle novità della scienza in mate-
lettura importante della modernità perché è una ria di concepimento artificiale o si richiamano
lettura radicalmente critica di modernità, secolariz- all’ordine naturale della società: fenomeni molto
zazione, democrazia, a destra si ritiene di poter uti- diversi ma pure svoltisi in parallelo allo sdogana-
lizzare autori importanti volgendoli alle proprie mento della destra post-fascista a opera – insieme
finalità. Del resto molti temi di quegli anni sono - di Mani pulite e Berlusconi (nascita di Forza
caratterizzati dalla trasversalità, non risultano cioè Italia). Non so dire se è stato un bene o un male,
caratterizzati come di destra o di sinistra: l’anti-glo- ma – come è noto – quel che è importante non è
balismo, il terzomondismo, l’ecologia, la critica ridere o piangere, ma comprendere: una cosa che
della modernità, l’analisi severa della democrazia, destra e sinistra istituzionali hanno evitato di fare
l’opposizione alla scienza e alla tecnica moderne, il per anni e che sono state trascinate a fare loro mal-
rifiuto del multiculturalismo e il pluralismo delle grado. Credo che il futuro ci riserberà un numero
culture, il comunitarismo, l’anti-individualismo, il sempre maggiore di temi trasversali (non mi piace
neo-paganesimo (di rerivazione nicciana, però sono il termine perché inflazionato ma non so trovarne
per l’umanismo, contro la lezione di Nietzsche), la un altro equivalente), come il clamore suscitato dal
distruzione di capitalismo e liberalismo. New Age ha mostrato. E credo che questo avverrà
È paradossale che de Benoist si allontani dalla poli- non solo su temi in fondo marginali come erano
tica, e con lui il movimento della Nouvelle Droite, quelli, ma su temi centrali per l’Occidente e tutti

30
Michela Na cci Gramsci e de Benoist

noi: l’identità, le radici, il confronto tra culture, il la politica e le istituzioni registrassero questo
posto del sacro nella civiltà, l’immagine mutamento (che non significa che le classi sono
dell’America, dell’individuo, del mercato, la cura finite, solo che sono cambiate, che non significa
per la Terra, l’atteggiamento verso la manipolazio- che non esistono più destra e sinistra, solo che
ne tecno-scientifica degli organismi viventi. È già destra e sinistra sono cambiate), poiché questo
molto difficile spiegare ai miei figli quando guar- mutamento ha conseguenze non secondarie per la
diamo un dibattito televisivo insieme chi è di politica e le stesse istituzioni.
destra e chi di sinistra: chissà se io stessa ci riusci-
rò in futuro? Sarebbe in ogni caso importante che mi.nacci@email.it

31
Terenzio Ma cca belli
La “grande trasformazione”: i rapporti tra Stato
ed economia nei “Quaderni del Carcere”*

Focus: Antonio Gramsci

1. Introduzione
La gra nde tra sforma zione è, come noto, il titolo di un famoso libro di Karl
* Devo un ringra zia mento Polanyi, pubblicato nel 1944. In questo poderoso affresco sulla storia economica
a R. Fa ucci, L. Michelini e delle società occidentali, Polanyi pone sotto la lente d’ingrandimento due deci-
G. Va cca per i preziosi sug- sivi processi storici: da una parte quello che portò il mercato a diventare il prin-
gerimenti. Una versione
più breve del presente sa g- cipale meccanismo di regolazione sociale e, dall’altra, gli esiti rovinosi cui con-
gio è in corso di pubblica - dusse questo processo. La storia del XIX secolo, secondo Polanyi, sarebbe attra-
zione nel volume di a tti del versata da una sorta di “duplice movimento”, che se da una parte spingeva il mer-
Convegno Gra msci nel suo cato ad estendersi sempre più capillarmente dall’altra generava “meccanismi di
tempo, Ca rocci, Roma ,
2008. difesa” della società volti ad arginare la diffusione dell’economia di mercato. Nel
I riferimenti a i Qua derni complesso si ebbero pertanto due “grandi trasformazioni” nelle società occiden-
del ca rcere, sempre a ll’edi- tali: la prima è quella iniziata con la rivoluzione industriale e conclusasi verso la
zione critica dell’Istituto
Gra msci a cura di V.
metà dell’Ottocento quando, con la completa mercificazione delle tre merci “fit-
Gerra ta na , Eina udi, tizie” (moneta, terra e lavoro), l’economia di mercato raggiunse il proprio apo-
Torino, 1975, 4 voll., sa ra n- geo; la seconda, avvenuta negli anni immediatamente successivi alla prima guer-
no di seguito indica ti con ra mondiale, è quella che vide svanire il sogno di una società governata esclusi-
la lettera Q., seguita da l-
l’indica zione del numero
vamente dal mercato, culminata nella crisi del ‘29. Per Polanyi, la netta separa-
di qua derno, da l numero zione tra Stato ed economia cui si arrivò nel secondo Ottocento fu pertanto un
di pa ra gra fo e da l titolo di evento eccezionale al quale la società rispose producendo anticorpi che riassor-
pa ra gra fo. bivano l’economia entro il gioco delle istituzioni. Taluni di questi anticorpi furo-
Il presente testo è sta too
presenta to a l Convegno di
no peraltro gli stessi che generarono il fenomeno dei fascismi (Polanyi 1974).
studi “Antonio Gra msci nel Se abbiamo richiamato queste celebri tesi non è perché sia nostra intenzione
suo tempo” tenuto a Ba ri e rileggere il pensiero di Gramsci attraverso il filtro delle idee di Polanyi. Più sem-
Turi il 13-15 dicembre plicemente perché riteniamo che l’immagine della “grande trasformazione” si
2007.
presti assai beni a riassumere il senso di molte riflessioni dei Qua derni dedicate
ai rapporti tra Stato ed economia. Riteniamo vi siano almeno tre motivi che giu-
stificano l’accostamento che abbiamo proposto tra Gramsci e Polanyi, nonostan-
te si tratti di autori quasi mai accomunati nelle storie del pensiero economico,
politico e sociale. Il primo motivo è che al pari della Gra nde tra sforma zione di

32
Terenzio Ma cca belli La “grande trasformazione”

Polanyi anche i Qua derni rappresentano un poderoso affresco storico che – pur
nella diversità della strumentazione concettuale e nella diversità dei fenomeni
messi a fuoco – descrivono il medesimo processo storico. Come ha scritto recen-
temente Alberto Burgio, nei Qua derni “è contenuto un gra nde libro di storia :
una storia dell’Occidente borghese, o, come Gramsci scrive più semplicemente,
del ‘mondo moderno’, una storia critica della modernizzazione europea” (Burgio
2002, p. 3). In secondo luogo, perché anche Gramsci individua delle cesure sto-
riche che presentano molte analogie con quelle individuate da Polanyi. Sulla
prima delle due “grandi trasformazioni”, le note di Gramsci non sono in verità
molto numerose (se pure di indubbio rilievo). Ben più consistenti quelle dedi-
cate ai mutamenti intervenuti dopo la prima guerra mondiale: anche agli occhi 1
Michelini a na lizza a d
di Gramsci si era infatti di fronte a una netta cesura storica, che si manifestava in esempio con gra nde cura
larga parte proprio sul terreno dei rapporti tra Stato ed economia. L’enfasi data l’editoria le del 9 febbra io
a questi mutamenti ci ha spinto a prendere a prestito l’immagine della “grande 1918, L’orga nizza zione
economica e il socia lismo,
trasformazione” che ci appare non solo evocativa ma assolutamente pertinente. qua le testo dove nel modo
Infine, c’è un ultimo elemento che a nostro parere giustifica la scelta del titolo, più esplicito emergono
che tocca da vicino la biografia intellettuale dell’intellettuale sardo. Come ha tema tiche destina te a dis-
recentemente osservato Luca Michelini, negli scritti pre-carcerari predomina una piega rsi in modo più com-
piuto nei Qua derni.
concezione dello Stato molto diversa da quella che troviamo nei Qua derni . Negli Nell’occa sione Gra msci sot-
scritti giovanili, l’orizzonte della riflessione gramsciana rimane a lungo circo- tolinea come la sepa ra zio-
scritto entro le coordinate della distinzione “politica-economia” propria della tra- ne teorica tra politica ed
economia sia da fa r risa li-
dizione liberale e, per certi versi, marxiana. In modo molto convincente re a d una “necessità empi-
Michelini individua quale punto focale della riflessione gramsciana la tesi della rica ”, “pra tica ”, quella di
“scissione tra economia e politica” come “intima necessità della civiltà capitalisti- “scindere provvisoria mente
ca” (Gramsci 1918, p. 21; Michelini 2008), debitrice tanto della tradizione marxi- l’unità a ttiva socia le per
meglio studia rla ” (cfr. L.
sta ma anche del liberismo italiano. Questa affermazione verrà non solo proble- Michelini 2008).
matizzata nei Qua derni ma addirittura rovesciata, allorché Gramsci comincerà a
riflettere sui mutamenti strutturali intervenuti nelle economie occidentali all’in- 2
Il discorso è na tura lmente
domani della guerra. Naturalmente anche negli scritti giovanili non mancano più genera le e rigua rda
non solta nto il problema
segnali che lasciano presagire le idee del Gramsci “maturo”1: è innegabile tutta- dei ra pporti tra Sta to ed
via che l’analisi dei rapporti tra Stato ed economia subisca un mutamento di pro- economia . Come sottoli-
spettiva tale da giustificare l’idea che la stessa biografia intellettuale di Gramsci nea to da Angelo Rossi e
sia attraversata da una sorta di “grande trasformazione”2. Giuseppe Va cca , “a lla fine
del ’30 la riflessione di
In questo scritto ci proponiamo pertanto di documentare il modo in cui Gramsci Gra msci sulla storia mon-
pose nei Qua derni del ca rcere il problema dei rapporti tra Stato ed economia. dia le, sulle crisi economi-
Nella prima parte discuteremo le tesi riguardanti la genesi dell’economia di mer- che, sull’Urss, sulla politica
cato e il suo “autonomizzarsi” rispetto alla sfera politica. Lo sfondo di queste del Co-mintern, l’‘a merica -
nismo’, l’evoluzione del
riflessioni è la metafora dello “Stato guardiano notturno” elaborata da Ferdinand fa scismo e la situa zione del
Lassalle ma che Gramsci contribu” a rivitalizzare. Come avremo modo di vedere, ma rxismo era ca mbia ta
per l’autore dei Qua derni la netta separazione tra Stato ed economia incarnata ra dica lmente. Il processo
di ma tura zione, sviluppa -
dall’immagine dello “Stato guardiano notturno” non fu affatto un approdo natu- tosi nel triennio preceden-
rale o un processo spontaneo, quanto piuttosto una scelta non meno artificiale te, era già sedimenta to
di quella di uno Stato interventista o protezionista. Ma fu comunque legittimo nella prima stesura dei
per gli economisti “postulare” quella distinzione. Affronteremo nel seguito il nuclei fonda menta li dei
Qua derni, che rivela un
dibattito degli anni Trenta sui rapporti tra Stato ed economia alimentato dall’a- vero e proprio muta mento
scesa del corporativismo fascista e a cui presero parte autori come Ugo Spirito, di pa ra digma ” (Rossi e
Rodolfo Benini e Luigi Einaudi. L’autore dei Qua derni avrà modo di appuntare Va cca 2007, p. 9).

33
n.20 / 2008

con molto interesse questo dibattito, mostrando peraltro di avere ormai matu-
rato una convinzione sui rapporti tra Stato ed economia molto diversa rispetto a
quella degli scritti giovanili. Passeremo poi a presentare le idee gramsciane sulla
crisi delle economie liberali e del mercato autoregolato da cui scaturirono due
tipi di risposte: una sul terreno strettamente economico (il fordismo letto da
Gramsci come fenomeno innovativo) e una sul terreno socio-politico (america-
nismo e fascismo). Proprio analizzando questi fenomeni si fa progressivamente
strada nel pensiero di Gramsci l’idea di una “grande trasformazione” nei rappor-
ti tra Stato ed economia. Nelle considerazioni conclusive accenneremo alla pro-
spettiva del superamento dello Stato (un nuovo stato guardiano notturno) che
prefigura Gramsci in alcune note dei Qua derni .
Il problema dei rapporti tra Stato ed economia non è evidentemente che un
3
capitolo del problema più generale dei rapporti tra struttura e sovrastruttura. Da
(Texier 1968, p. 72). Su questo punto di vista è noto che Gramsci sia stato tradizionalmente letto come
“Gra msci teorico delle
sovra strutture” e sul ruolo il teorico delle sovrastrutture e “cioè il teorico della scienza politica, dei rappor-
centra le che l’a na lisi della ti fra Stato e società civile, della lotta per l’egemonia e la conquista del potere,
società civile – intesa come del momento del consenso e di quello della forza, dei rapporti fra la storia etico-
momento “sovra struttura - politica e la storia economica-politica, il teorico, infine, della funzione degli intel-
le” – riveste nel sistema
gra m-scia no, si veda lettuali e del partito politico”3. Il bisogno di superare il rigido determinismo eco-
Bobbio (1976). nomico che caratterizzò buona parte del pensiero marxista di fine Otto e inizio
4
Novecento spinge in effetti Gramsci a riaprire una linea di ricerca tesa a rivaluta-
Ha scritto a l rigua rdo
Ba da loni che il progra m-
re l’importanza del momento etico e politico nel processo evolutivo delle socie-
ma di ricerca di Gra msci tà. La stessa storiografia ha per lungo tempo privilegiato questa chiave di lettura
non consiste “in una rimo- del pensiero gramsciano, fino forse ad eccedere sul lato opposto. Dimenticando,
zione del ruolo dell’econo- cioè, che pur ridimensionandone la portata, l’intellettuale sardo non giunge mai
mico come determina nte
in ultima ista nza , bens” in
a negare il ruolo decisivo svolto dal fattore 4
economico e strutturale nel condi-
un nuovo modo di conside- zionare l’evoluzione delle società umane . Non a caso si è assistito in questi ulti-
ra re il blocco tra struttura mi anni a una proliferazione di studi dedicati alla riflessione “economica” di
e sopra struttura ” Gramsci, pur nella consapevolezza che non si può, in termini propri, attribuire la
(Ba da loni 1977, p. 21).
qualifica di “economista” all’autore dei Qua derni 5. Anche in questo lavoro pro-
5
Si veda in proposito la porremo una lettura dell’opera di Gramsci nella quale cercheremo di mostrare
prefa zione di Giorgio come la riflessione sullo Stato sia strettamente legata ai mutamenti avvenuti sul
Lunghini a lla recente a nto- versante dell’economia reale (o strutturale) e la vicendevole relazione tra le due
logia gra mscia na di scritti
economici (Gra msci 1994). dimensioni.
Tra gli studi recenti sul
pensiero economico di 2. Lo Stato “guardiano notturno” e l’autonomia dell’economia
Gra msci, cfr. L. Ca va lla io
(1997).
Lo Stato “guardiano notturno” è senza dubbio una delle più fortunate metafore
6
Si veda a d esempio, tra i attraverso la quale la tradizione liberal-liberista ha tradotto la propria concezione
ta nti, lo stesso Nozick, che dello Stato. Anche nei dibattiti contemporanei che hanno quale sfondo l’idea
in Ana rchia , Sta to e Utopia
sottolinea come la sua teo-
dello “Stato minimo” tale immagine è frequentemente richiamata6, spesso tra-
ria dello “Sta to minimo” scurando, tuttavia, le origini e la fonte di tale metafora.
riprenda e a pprofondisca Negli anni in cui Gra msci redige le note dei Qua derni l’immagine dello Stato
la concezione dello “Sta to “guardiano notturno” era probabilmente ancora più diffusa, tanto da essere evo-
gua rdia no notturno” pro-
pria della “teoria politica
cata da Benito Mussolini, naturalmente con toni polemici, in un celebre discor-
cla ssica ” (cfr. Nozick 1988, so del 1929 alla prima assemblea quinquennale del Fascismo.
p. 28). “Per il Fascismo – osserva Mussolini – lo Stato non è il gua rdia no notturno, che

34
Terenzio Ma cca belli La “grande trasformazione”

si occupa soltanto della sicurezza personale dei cittadini; non è nemmeno un’or-
ganizzazione a fine puramente materiale, come quello di garantire un certo
benessere, una relativa pacifica convivenza sociale. nel qual caso a realizzarlo,
basterebbe un consiglio di amministrazione; non è nemmeno una creazione
politica pura, senza aderenze con la realtà mutevole e compressa della vita dei
singoli e di quella dei popoli. Lo Stato, così come il Fascismo lo concepisce e l’at-
tua, è il fatto spirituale e morale, poiché concreta l’organizzazione politica, giuri-
dica, economica della Nazione; e tale organizzazione è, nel suo sorgere e nel suo
sviluppo, una manifestazione dello spirito7.” 7
Mussolini (1934, p. 26)
Sono i primi germi di quella concezione dello Stato che di li a poco alimenterà (corsivo a ggiunto); Somma
(2005 p. 526).
la retorica dello Stato “corporativo” destinato a diventare l’asse centrale di tutta
la letteratura politica, economica e giuridica degli anni Trenta. Avremo modo di
tornare sul dibattito tra corporativisti ed economisti puri sul ruolo dello Stato
nell’economia, seguito con grande attenzione da Gramsci. Quanto è importante
ora sottolineare è l’immagine dello Stato “guardiano notturno” evocata da
Mussolini nel brano appena citato che fornirà stimoli allo stesso Gramsci per 8
Non sia mo riusciti a indi-
alcune annotazione dei Qua derni . vidua re la fonte precisa
Il concetto di Stato “gendarme” o “guardiano notturno” è discusso da Gramsci in della meta fora dello “Sta to
gua rdia no not-turno”.
modo esplicito soltanto in due paragrafi dei Qua derni (il primo dei quali ogget- Gerra ta na rima nda a
to di una duplice stesura); riferimenti indiretti o impliciti si possono comunque La ssa lle (1903, p. 30). In
trovare anche in altre annotazioni. Nel Quaderno 5, redatto tra il 1930 e il 1931, verità sembra che La ssa lle
Gramsci ricorre per la prima volta all’immagine dello Stato “gendarme o guar- si sia a vva lso di ta le espres-
sione per qua lifica re in
diano notturno” nell’ambito della rubrica denominata Nozioni enciclopediche, modo dispregia tivo la con-
frequentemente utilizzata dall’intellettuale sardo per fissare le coordinate gene- cezione libera le dello Sta to
rali di concetti ritenuti particolarmente rilevanti. Osserva nel merito che “lo Stato solo nel 1864, nella polemi-
“guardiano notturno” (veilleur de nuit) corrisponde all’italiano ‘lo Stato carabi- ca intra presa con Schulze
de Delizsch sul ruolo delle
niere’ cioè lo Stato le cui funzioni sono limitate alla sicurezza pubblica e al rispet- coopera tive (cfr., la tra du-
to delle leggi, mentre lo sviluppo civile è lasciato alle forze private, della società zione fra ncese del pa mph-
civile”. Si tratta come si vede della classica definizione di “stato minimo” della tra- let di La ssa lle, Monsieur
dizione liberale, in cui emergono due aspetti di rilievo: in primo luogo una decli- Ba stia t-Schulze de Delizsch,
le Julien de l’économie
nazione del concetto di “società civile” che non è quella propriamente gram- politque). Un cenno a que-
sciana, bensì quella più tradizionale (liberale ma anche per certi versi marxiana) sta espressione (presente
basata sulla netta distinzione tra sfera economica e sfera politica; in secondo a ddirittura nell’indice
somma rio del volume) si
luogo l’uso del termine francese – veilleur de nuit – che, a quanto pare, è la lin- trova nella storia del pen-
gua attraverso cui si è propagata la metafora dello Stato “guardiano notturno”. siero economico di riferi-
Questo nonostante sia stato con molta probabilità Lassalle a fare uso per la prima mento per Gra msci, cioè
volta di questa espressione, in una accezione, osserva Gramsci, che voleva avere Gide e Rist (1909, p. 503).
(Gra msci disponeva in ca r-
“un valore”8 ancora “più sarcastico” di quella di “Stato carabiniere” o di “Stato cere della quinta edizione
poliziotto” . dell’opera , pubblica ta nel
La riflessione di Gramsci prosegue menzionando le due principali concezioni 1929). Da segna la re il fa tto
antagoniste allo Stato liberale affermatesi nell’Ottocento: quella di derivazione che mentre nella prima ste-
sura Gra msci poneva in
filosofica-hegeliana dello “Stato etico”, centrata sulla “attività educativa e morale termini dubita tivi l’a ttribu-
dello Stato”, e quella “di origine economica” dello Stato interventista (o “inter- zione a La ssa lle di ta le
venzionista”, secondo il lessico gramsciano), alimentata dalle diverse “correnti espressione, nella riscrittu-
protezioniste”, le stesse che saranno destinate a confluire, sul finire ra della nota , come vedre-
mo, la cosa vie-ne a fferma -
dell’Ottocento e soprattutto nel primo Novecento, nei vari “nazionalismi econo- ta in modo perentorio.
mici”. Pur avendo matrici dottrinali diverse, “le due correnti” tendono comun-

35
n.20 / 2008

que frequentemente a convergere, anche se, puntualizza Gramsci, “la cosa non
è necessaria”.
Nel quadro appena delineato è evidente che il favore degli economisti liberali
vada pressoché unanimemente “per lo Stato veilleur de nuit”, mentre più com-
plesso appare l’orientamento dei filosofi, per alcuni dei quali, anche se di estra-
zione liberale, sono necessarie “distinzioni molto importanti”. Ancora più com-
plesso risulta l’orientamento del cattolicesimo, vero e proprio Giano bifronte nei
confronti dello Stato: i cattolici infatti “vorrebbero lo Stato intervenzionista a loro
favore” ma nel caso questo non avvenga, uno “Stato indifferente, perché se lo
9
Q. 5, §69, Nozioni enciclo- Stato non è favorevole, potrebbe aiutare i loro nemici”9.
pediche, pp. 603-604. La nota del Quaderno 5 appena descritta viene sensibilmente rielaborata da
Gramsci allorché decide di trascriverla anche nel Quaderno 26, in quella che è
probabilmente una delle sue ultime annotazioni. La nota non è più collocata
nella rubrica Nota zioni enciclopediche ma, a riprova del forte interesse per il
tema, posta espressamente sotto la voce Lo Sta to “veilleur de nuit”. Pur seguen-
do una articolazione degli argomenti che ricalca fedelmente quella della stesura
iniziale, la nota presenta varianti di assoluto rilievo. Gramsci sottolinea ora il fatto
come l’idea dello Stato minimo (“tutela dell’ordine pubblico” e “rispetto delle
leggi”) sia l’esito di un approccio “superficiale” al problema delle “funzioni dello
Stato”. Il limite maggiore deriva dall’ipotesi di una netta separazione tra società
civile e società politica oggetto, come noto, di un serio ripensamento da parte di
Gramsci. Allorché si parla di “Stato veilleur de nuit” – puntualizza l’autore dei
Qua derni – “non si insiste sul fatto che in questa forma di regime (che poi non
altro che, come ipotesi limite, sulla carta) la direzione dello sviluppo storico
appartiene alle forze private, alla società civile, che è anch’essa ‘Stato’, anzi è lo
10
Q. 26, §6, Lo Sta to “veil- Stato stesso”10. Siamo come si vede nel cuore della teoria politica gramsciana fon-
leur de nuit”, p. 2302.
data su una concezione “allargata” dello Stato (Buci-Glucksmann 1976, p. 65;
Liguori 2006, pp. 13-29) i cui elementi costituivi sono ta nto la “società politica”
qua nto la “società civile” e su cui avremo modo di tornare. Per ora è necessario
focalizzare due decisivi elementi: 1) lo Stato minimo è una “ipotesi limite”, esi-
stente solo astrattamente “sulla carta”; 2) lo Stato minimo è un “regime”, ossia
esito di una decisione politica.
Per quanto riguarda il discorso sulle correnti antagoniste a questa concezione
dello Stato, è interessante sottolineare il fatto che Gramsci rilevi l’emergere delle
prime embrionali forme di welfa re sta te che egli rubrica nella categoria del
paternalismo di Stato (oltre che di “classe”). Nella trascrizione definitiva, le con-
cezioni alternative allo “Stato guardiano notturno” diventano pertanto tre: oltre
allo “Stato etico” e allo “Stato intervenzionista” si collocano i prodromi dello
Stato sociale esemplificati da Bismark e Disraeli, mentre continua a essere rite-
nuta ambigua e in qualche modo a sé stante la concezione dei cattolici. Citando
per esteso l’autore dei Qua derni , il quadro complessivo risulta pertanto così
articolato:
“Nella polemica (del resto superficiale) sulle funzioni dello Stato (e si intende
dello Stato come organizzazione politico-giuridica in senso stretto), l’espressio-
ne di Stato veilleur de nuit corrisponde all’italiano di “Stato carabiniere” e vor-
rebbe significare uno Stato le cui funzioni solo limitate alla tutela dell’ordine
pubblico e del rispetto delle leggi. Pare che l’espressione “veilleur de nuit” che

36
Terenzio Ma cca belli La “grande trasformazione”

dovrebbe avere un valore più sarcastico di “Stato carabiniere” o di “Stato poli-


ziotto”, sia di Lassalle. Il suo opposto dovrebbe essere lo “Stato etico” o lo “Stato
intervenzionista” in generale, ma ci sono differenze tra l’una e l’altra espressio-
ne: il concetto di Stato etico è di origine filosofica e intellettuale (propria degli
intellettuali: Hegel) e in verità potrebbe congiunta con quello di “Stato - veilleur
de nuit”, poiché si riferisce piuttosto all’attività, autonoma, educativa e morale
dello Stato laico in contrapposto al cosmopolitismo e all’ingerenza dell’organiz-
zazione religioso-ecclesiasistica come residuo medioevale; il concetto di “Stato
intervenzionista” è di origine economica ed è connesso, da una parte, alle cor-
renti protezionistiche o di nazionalismo economico e, dall’altra, al tentativo di far
assumere a un personale determinato, di origine terriera e feudale, la “protezio-
ne” delle classi lavoratrici contro gli eccessi del capitalismo (politica di Bismarck
e Disraeli). Queste diverse tendenze possono combinarsi in vario modo e di fatto
si sono combinate. Naturalmente i liberali [“economisti”] sono per lo “Stato -
veilleur de nuit” e vorrebbero che l’iniziativa storica fosse lasciata alla società
civile e alle diverse forze che vi pullulano con lo “Stato” guardiano della “lealtà
del gioco” e delle leggi di esso; gli intellettuali fanno distinzioni molto importanti
quando sono liberali e anche quando intervenzionisti (possono essere liberali
nel campo economico e intervenzionisti in quello culturale, ecc.). I cattolici vor-
rebbero lo Stato intervenzionista in loro completo favore; in mancanza di ciò, o
dove sono minoranza, domando lo Stato “indifferente”, perché non sostenga i
loro avversari11.” 11
Q. 26, §6, Lo Sta to
“veilleur de nuit”,
Molto più complessa la seconda ricorrenza della metafora dello Stato “guardiano pp. 2302-2303.
notturno” che troviamo nel Quaderno 6 in un paragrafo di nuovo espressamen-
te intitolato Sta to genda rme-gua rdia no notturno. La complessità del testo deri-
va dal fatto che non siamo di fronte a una annotazione di carattere esclusiva-
mente descrittivo, ma anche e soprattutto progettuale, dove vengono enucleati
alcuni dei concetti cardine della teoria politica gramsciana. In questi due para-
grafi emerge infatti non solo la nota questione del rapporto tra società civile e
società politica e la prospettiva di una riconciliazione delle due sfere nel conte-
sto di un nuovo modello statuale di “società regolata”, ma anche e soprattutto
l’utopia di una possibile estinzione dello Stato grazie al completo dispiegarsi di
una società di eguali. Lo Stato “guardiano notturno” diventa allora, paradossal-
mente, la cornice per un nuovo modello di organizzazione sociale che superi le
aporie dello Stato “corporativo”, dove ancora permane la “confusione tra socie-
tà civile e società politica”, e dove trovi pieno compimento il principio della
“libertà organica”12. 12
Q. 6, §88, Sta to genda r-
Su questo testo, così marcatamente orientato in senso progettuale, torneremo me-gua rdia no notturno,
pp. 763-764.
nella parte finale di questo scritto. La nostra attenzione è per il momento rivolta
a vagliare i modi in cui Gramsci descrive lo caratteristiche dello Stato “guardia-
no-notturno”, partendo da un’analisi dei testi che discutono le condizioni stori-
che che ne hanno permesso l’ascesa. Tra queste, fondamentale, è proprio quel-
la “scissione” tra politica ed economia che a lungo rimane l’orizzonte di riferi-
mento dello stesso Gramsci.
Luogo privilegiato per affrontare la questione sono quelle note dei Qua derni
che vertono sulle condizioni “oggettive” o “strutturali” che hanno permesso la
nascita della scienza economica. Seppure non sempre in maniera esplicita, anche

37
n.20 / 2008

in questi passi il problema del rapporto tra Stato ed economia emerge in modo
significativo. Proponendo un approccio che di nuovo presenta notevoli affinità
con lo schema polaniano basato sulla distinzione tra economia “sostanziale” ed
economia “formale”, Gramsci distingue la “vita economica” dalla “scienza econo-
mica”. Il fatto che tutte le società abbiano avuto una propria specifica forma di
“vita economica” non comporta che tutte possano essere studiate utilizzando gli
schemi concettuali della scienza economica quale si è costituita da Smith in poi.
“Non è da credere – osserva Gramsci – che essendo sempre esistita una “vita eco-
nomica” debba sempre essere esistita la possibilità di una “scienza economica”,
così come essendo sempre esistito un movimento degli astri è sempre esistita la
13
Q. 10, §57, Punti di medi- ‘possibilità’ di un’astronomia, anche se gli astronomi si chiamavano astrologi13.”
ta zione sull’economia , pp. Solo in una forma particolare l’economia “sostanziale” è stata oggetto di una
1350-1351.
scienza. Per Gramsci, infatti, “prima dell’affermarsi della classe borghese” l’eco-
14
Q. 10, §57, Punti di medi- nomia non si costituì come scienza, “non solo perchè mancavano gli scienziati,
ta zione sull’economia , p. ma perchè mancavano certe premesse che creavano quella certa ‘regolarità’ o
1350. quel certo ‘automatismo’ il cui studio dà origine appunto alla ricerca scientifi-
15
L’economia , come scien- ca”14. Con lo sviluppo e l’affermarsi delle relazioni mercantili, i fenomeni econo-
za , è sorta “nell’età moder- mici hanno assunto una dinamica propria, scorporata dalla sfera politica, e si
na , qua ndo il diffondersi sono pertanto create le condizioni per l’emergere di una autonoma economia
del sistema ca pita listico ha “formale” (per prendere ancora a prestito la terminologia polaniana). In modo
diffuso un tipo rela tiva -
mente omogeneo di uomo molto schematico, possiamo dire che queste condizioni sono per Gramsci
economico, cioè ha crea to sostanzialmente tre: 1) il diffondersi di un comportamento umano tipico e omo-
le condi-zioni rea li per cui geneo sintetizzabile nella formula del cosiddetto “homo oeconomicus”15; 2) l’af-
un’a stra zione scientifica
diventa rela tiva mente
fermarsi di una rete di scambi su scala mondiale e il conseguente formarsi di
meno a rbitra ria e generi- “regolarità” e “automatismi” nelle relazioni economiche16; 3) la scissione tra
ca mente va cua di qua nto società politica e società civile.
fosse prima possibile” (Q. Quest’ultimo è naturalmente il punto chiave del nostro discorso e anche il più
10, §37, Punti di medita zio-
ne per lo studio dell’econo-
complesso. Come abbiamo anticipato, Gramsci è rimasto infatti a lungo persua-
mia politica , pp. 1284- so dall’idea che la “scissione tra economia e politica” sia una “intima necessità
1285). della civiltà capitalistica”. Il fatto che questa scissione venga “problematizzata”
16
nei Qua derni , lascia aperto un interrogativo: siamo di fronte ad un radicale
“I principi rica rdia ni [...]
sono connessi a l sorgere
mutamento di prospettiva, in sostanza la presa d’atto di un’errata valutazione
della scienza economica teorica, o invece, al riconoscimento di una trasformazione strutturale che però
stessa , cioè a llo sviluppo non incrina il precedente giudizio storico? Come cercheremo d’argomentare, sia
della borghesia come cla sse l’uno che l’altra ipotesi sembrano avere un certo fondamento.
‘concreta mente mondia le’
e a l forma rsi quindi di un Appare infatti innegabile che anche agli occhi di Gramsci la definitiva afferma-
merca to mondia le già zione dell’economia di mercato abbia coinciso con il consolidarsi di una conce-
a bba sta nza ‘denso’ di zione dello Stato come “guardiano notturno” che altro non è che l’altra faccia
movimenti complessi” da della scissione tra politica ed economia. In un contesto di questo tipo, le teorie
cui “isola re e studia re delle
leggi di regola rità necessa - economiche liberali e lo stesso marxismo hanno legittimamente postulato l’esi-
rie” (Q. 10, §8, stenza di uno spazio economico autonomo, retto da leggi proprie e in parte indi-
Introduzione a llo studio pendenti dalla struttura giuridica statuale. Si tratta, per riprendere una celebre
della filosofia . Imma nenza
specula tiva e imma nenza
citazione dei Qua derni , di una corretta distinzione “metodica” legittimata dal
storicistica o rea listica , pp. concreto svolgimento degli avvenimenti storici. Su questo si basa tutta la rifles-
1247-1248). sione degli economisti classici, che appunto potevano prescindere dallo Stato,
ben consci tuttavia che lo Stato è un componente essenziale del “mercato deter-
minato”. Richiamandosi al solito Ricardo – come noto l’economista “classico”

38
Terenzio Ma cca belli La “grande trasformazione”

per eccellenza dei Qua derni – Gramsci scrive che se “si studia […] l’ipotesi
“economica” pura, come Ricardo probabilmente intendeva fare, non occorre
prescindere dagli “Stati” (dico apposta “Stati”) e dal monopolio “legale” della
proprietà? […] Questo problema è legato allo stesso problema fondamentale
della scienza economica “pura” cioè alla ricerca e alla identificazione di ciò che è
il concetto e il fatto economico, indipendentemente dai concetti e fatti di spet-
tanza delle altre scienze17.” 17
Q. 7, §42, Pa ra gone ellet-
Gramsci evidentemente allude in questo brano alla possibilità che la scienza eco- tico?, pp. 890-891.
nomica si separi legittimamente dalla scienza della politica o dalla filosofia mora-
le, separazione che effettivamente è avvenuta con Ricardo, accelerando un pro-
cesso che ancora all’epoca di Smith non era affatto scontato. Il concetto di Stato,
alla luce di questa svolta metodologica impressa da Ricardo, diventa per così dire
un dato esogeno, un “supposto che” dal quale l’economista può prescindere (il
che non significa però che “debba” dimenticarsene). Nella riscrittura del brano
appena citato, Gramsci elabora ulteriormente questo concetto, aggiungendo
puntualizzazioni di rilievo.
“Bisognerebbe studiare bene la teoria di Ricardo e specialmente la teoria di
Ricardo sullo Stato come agente economico, come la forza che tutela il diritto di
proprietà, cioè il monopolio dei mezzi di produzione. é certo che lo Stato ut sic
non produce la situazione economica, tuttavia si può parlare dello Stato come
agente economico in quanto appunto lo Stato è sinonimo di tale situazione”18. 18
Q. 10, §41, p. 1310.
Per esemplificare e per dare contenuto concreto alla propria riflessione, Gramsci
menziona il fenomeno delle Trade-Unions e i diversi rapporti di forza esistenti a
livello politico. é evidente che il “mercato determinato” di Ricardo scontava il
fatto che “i salariati non potevano coalizzarsi e far valere la forza della collettività
a ogni singolo individuo”, mentre i capitalisti potevano contare sulla “forza data
dall’insieme di una classe organizzata nello Stato, che aveva nel Parlamento la sua
Trade-Union”19. L’individuazione delle leggi che regolano il mercato del lavoro 19
Q. 10, § 41,
erano dunque l’esito di questa situazione creata “politicamente”, ma assunta pp. 1310-1311.
come un dato esogeno dagli economisti. L’acutezza di Gramsci su questo punto
è notevole, ed è davvero un peccato che non abbia portato fino in fondo il pro-
prio argomento ricordando come tutta la riflessione di Ricardo fosse finalizzata
all’abolizione delle “leggi dei grani”. Cos’erano queste se non una “situazione
economica” creata dallo Stato, grazie al prevalere in seno al parlamento britan-
nico di rapporti di forza ancora favorevoli alla proprietà fondiaria? é difficile pen-
sare a Ricardo come a un teorico dello Stato: ma la sua economica politica sta
tutta nell’aver mostrato comparativamente i diversi sentieri di sviluppo in pre-
senza o meno di leggi restrittive sull’importazione di grano. Nel far questo egli
assumeva come dato esterno la scelta politica di abrogare o mantenere le leggi
sui grani, mostrando semplicemente le diverse “leggi di tendenza” che scaturi-
vano dall’una o dall’altra situazione. Il suo metodo consisteva appunto nell’iso-
lare il momento economico, ossia nella elaborazione di una teoria, come scrive
Gramsci, “risultante dalla riduzione della società economica alla pura ‘economi-
cità’ cioè al massimo di determinazione del ‘libero gioco delle forze economi-
che’, in cui essendo l’ipotesi quella dell’homo oeconomicus non poteva non pre-
scindersi dalla forza data dall’insieme di una classe organizzata nello Stato”20. 20
Q. 10, §41, pp. 1310-1311.
Da questi brani appare innegabile la legittimazione scientifica data da Gramsci

39
n.20 / 2008

21
Proprio gra zie a questa alla separazione tra politica (o Stato) ed economia21. Anche il passo più volte cita-
sepa ra zione Gra msci deli- to dei Qua derni nel quale, sottolineando la natura “politica” del “libero merca-
nea nei Qua derni un’a na - to”, Gramsci sembrerebbe contraddire queste affermazioni, si presta in verità a
lisi socio-politica dello
Sta to non a ffa tto a ppia ttito
una lettura che non contrasta con quanto detto finora. Scrive l’autore dei
sull’idea di Sta to come Qua derni che
pure riflesso della struttura “L’impostazione del movimento del libero scambio si basa su un errore teorico
economica o come “comi- di cui non è difficile identificare l’origine pratica: sulla distinzione cioè tra socie-
ta to d’a ffa ri” della borghe-
sia . Sullo Sta to come “edu-
tà politica e società civile, che da distinzione metodica viene fatta diventare ed è
ca tore” e come strumento presentata come distinzione organica. Così si afferma che l’attività economica è
di inte-gra zione socia le dei propria della società civile e che lo Stato non deve intervenire nella sua regola-
ceti suba lterni, a spetto su mentazione. Ma siccome nella realtà effettuale società civile e Stato si identifica-
cui qui non ci soffermia -
mo, cfr. Fonta na (2002, pp.
no, è da fissare che anche il liberismo è una “regolamentazione” di carattere sta-
157-178) e sopra ttutto A. tale, introdotto e mantenuto per via legislativa e coercitiva: è un fatto di volontà
Burgio (2002), che nella consapevole dei propri fini e non l’espressione spontanea automatica del fatto
prima pa rte del volume si economico. Pertanto il liberalismo è un programma politico destinato a mutare,
sofferma sul modo in cui
Gra msci descrive l’a scesa in quanto trionfa il personale dirigente di uno Stato e il programma economico
della borghesia , il nuovo dello Stato stesso, cioè a mutare la distribuzione del reddito nazionale”22.
modello di Sta to che essa Molto si è discusso sul significato che avrebbe in questo brano il concetto di
inca rna e il nuovo a ssetto “società civile”, schiacciato per alcuni sull’idea propria della tradizione liberista
della società e dell’econo-
mia europea emerse da lle di una “società economica” distinta dalla “società politica”23. é innegabile tuttavia
ceneri dell’ordine feuda le. che agli occhi di Gramsci la scissione tra politica ed economia aveva una sua
22
legittimità metodologica nel momento di formazione e consolidamento del mer-
Q. 13, §18, Alcuni a spetti
teorici e pra tici dell’“eco-
cato capitalistico e che la stessa genesi della scienza economica sia avvenuta gra-
nomismo”, pp. 1589-1590. zie a quella scissione. Da un certo momento la scienza economica è diventata
La prima stesura di questo autonoma rispetto alla scienza politica, e questo ha fatto sì che la riflessione sullo
bra no si trova in Q. 4, § 38, Stato venisse demandata a quest’ultimo campo del sapere. Questo non significa
Ra pporti tra strutture e
superstrutture, p. 460,.
che gli economisti classici – e su questo Gramsci continuerà a insistere, anche
nella polemica degli anni trenta su cui ci soffermeremo più avanti – ritenessero
23
Cfr. Texier (1988, p. 80). irrilevante la funzione fondamentale dello Stato nel definire le condizioni del
In pa rte contra rio a questa “mercato determinato” attraverso la tutela dei diritti di proprietà. E che pertan-
lettura Liguori (xxxx p.
211).
to, mutamenti nei rapporti di forza politici avrebbero permesso mutamenti nel
problema fondamentale della scienza economica, ossia “la distribuzione del red-
24
Q. 4, §38, Ra pporti tra dito nazionale”.
strutture e superstrutture, La legittimazione della separazione tra politica ed economica rimane comunque
p. 460; Q. 13, § 18, Alcuni
a spetti teorici e pra tici soltanto “metodica” e non “organica”, che altrimenti avrebbe significato – come
dell’“economismo”, p. 1590. nei fatti è avvenuto – una ipostatizzazione ad esempio del concetto di “libero
Come noto per Gra msci il mercato”. Questo tipo di errore è proprio secondo Gramsci non solo del liberi-
sinda ca lismo teorico non è smo, ma anche del sindacalismo teorico e del materialismo meccanicistico vol-
che “un a spetto del liberi-
smo economico giustifica to gare, indirizzi come noto accomunati nella “categoria dell’economismo”24.
con a lcune a fferma zioni In sostanza, descrivendo il liberalismo come una “regolamentazione statale”, non
del ma teria lismo storico” diversa dal protezionismo o da qualsiasi altra forma di intervento statale (Texier
(Q. 4, §38, Ra pporti tra
strutture e superstrutture,
1988, p. 80), Gramsci sottolinea come lo sviluppo dell’economa di mercato non
p. 461). In termini genera li, sia stato affatto un processo spontaneo, quanto una scelta consapevole di natu-
la polemica di Gra msci è ra politica. Questo non ha comunque impedito che la scienza economica si for-
perta nto genera lmente masse assumendo come una dato esogeno il concetto di Stato e basasse le pro-
rivolta contro quelle “posi-
zioni che postula no, per
prie argomentazioni sull’ipotesi astratta di una separazione tra mondo economi-
ra gioni politiche co e mondo politico25. Questo processo – ed è qui la maggiore novità – non è

40
Terenzio Ma cca belli La “grande trasformazione”

tuttavia ritenuto irreversibile. Al contrario, vi sono molti segnali che mostrano (i liberisti) o per a bba gli
teorici (i sinda ca listi), il
come Gramsci maturi la convinzione che tale scissione sia da abbandonare dogma indiscutibile dell’a s-
(anche dal punto di vista “metodico”). L’interesse con cui segue il dibattito tra soluta e obiettiva a utono-
“corporativisti” ed economisti “puri” sul ruolo dello Stato è un primo segnale di mia della sfera dell’econo-
questo mutamento di prospettiva. mia , refra tta ria , per princi-
pio o costituzione na tura -
le, a qua lsia si intervento
3. Il ruolo dello Stato nell’economia: il dibattito degli anni trenta regola tore da pa rte della
società politica . Su questo
A partire dal 1930 il dibattito economico italiano è monopolizzato dalla sfida lan- fronte la critica di Gra msci
si scinde in due momenti:
ciata dai teorici del corporativismo contro la scienza economica ortodossa. l’uno orienta to a confuta re
Nonostante alcuni tentativi eclettici di conciliare i due approcci26, l’atteggiamen- la tesi dell’inopportunità o
to dei corporativisti è infatti generalmente di netta contrapposizione rispetto dell’illiceità dell’ingerenza
della politica negli a ffa ri
all’economia politica tradizionale (sia classica che neoclassica). Come noto, uno dell’economia ; l’a ltro, più
dei principali motivi di contrasto riguarda proprio il giudizio sul ruolo dello Stato in genera le, volto a conte-
nell’economia. sta re la tesi che nega la
Uno degli esponenti più rappresentativi dell’indirizzo corporativo è senza dub- possibilità (e a fferma l’inu-
tilità ) di ogni incidenza
bio Ugo Spirito. Filosofo di formazione e allievo di Gentile, Spirito fu protagoni- della sovra struttura (del-
sta tra la fine degli anni Venti e l’inizio del decennio successivo di uno “dei più l’a zione soggettiva ) nei
radicali e distruttivi attacchi che siano mai stati portati innanzi in Italia contro la confronti della struttura
scienza economica e i suoi cultori” (Santomassimo 1973, p. 67). Spirito era fau- economica . La polemica si
sviluppa , quindi, da un
tore di un radicale rinnovamento della scienza economica da realizzarsi abban- la to in chia ve a nti-ca pita li-
donando, da una parte, i principi dell’homo oeconomicus e, dall’altra, la conce- stica e, da ll’a ltro, in chia ve
zione agnostica dello Stato propria della tradizione liberale27. é significativo l’in- a ntimecca nicistica ” (Mura
teresse con cui Gramsci segue il dibattito alimentato dalle critiche di Spirito 1990, p. 79).
(Faucci 1990, p. 214), peraltro all’origine del suo crescente interesse per i temi 25
Specula re a l nostro a rgo-
economici28. Numerose annotazioni dei Qua derni vertono su Spirito e sul suo mento è la rivendica zione
tentativo di declinare in modo affatto nuovo il concetto di Stato. é anzi probabi- dell’a utonomia della “poli-
le che proprio le provocazioni dell’allievo di Gentile abbiano giocato un ruolo tica ”, come noto ispira ta
da lla lettura di
rilevante nel ripensamento compiuto da Gramsci sui rapporti tra Stato ed eco- Ma cchia velli, la qua le,
nomia. come sottolinea Femia ,
Gramsci appare attratto non solo dalla diatriba sulla legittimità della finzione del- “ma nifests its own princi-
ples a nd tendencies distinct
l’homo oeconomicus, ma anche e soprattutto dalla celebre polemica sul ruolo from those of economics”
dello Stato nell’economia29. Dopo avere ferocemente attaccato le premesse indi- (Femia 1983, pp. 337 e
vidualistiche della scienza economica, la critica di Spirito si era infatti concentra- 355).
ta sulla netta separazione tra Stato e individuo postulata dagli economisti libera- 26
Come quelli, a d esempio,
li. Ai suoi occhi, era propria questa separazione l’elemento distintivo dell’intera di Filippo Ca rli o di
tradizione liberal-liberista. Osserva Spirito che “liberale […] è chi ritiene l’indi- Ma ssimo Fovel.
viduo in tutto o in parte estraneo all’organismo statale e perciò soggetto di alcu-
27
ne azioni economiche estranee ai fini dello Stato: liberale, in altri termini, è Sulla figura di Spirito,
oltre a l la voro di
chiunque non giunga all’identificazione di individuo e Stato. In tale senso è chia- Sa ntoma ssimo già cita to,
ro che nessuno degli economisti [ortodossi] può sfuggire alla critica da me fatta” cfr. La na ro (1971, pp. 577-
(Spirito 1930, p. 195). 99); Perri e Pescia relli
Il giudizio di Gramsci su queste declamazioni di Spirito è come noto di totale dis- (1990, pp. 415-458).
credito. A essere prese di mira sono gli stessi presupposti filosofici da cui muove 28
Riprendo nel seguito
Spirito nel proprio tentativo di ridefinizione del concetto di Stato. In una nota a lcuni a spetti già discussi
del Qua derno 6, intitolata Pa ssa to e presente, Gramsci scrive infatti che: in T. Ma cca belli (1998).
“la concezione dello Stato nello Spirito non è molto chiara e rigorosa. Talvolta

41
n.20 / 2008

29
Su questa polemica , cfr. sembra sostenga addirittura che prima che egli diventasse “la filosofia”, nessuno
Fa ucci (1986, pp. 269-272); abbia capito nulla dello Stato e lo Stato non sia esistito o non fosse un “vero”
Sa ntoma ssino (1973, cit.,
pp. 100-101); Ca va lieri
Stato ecc. ma siccome vuol essere storicista, quando se ne ricorda, ammette che
(1994, pp. 33-35). anche nel passato sia esistito lo Stato, ma che ormai tutto è cambiato o lo Stato
(o il concetto dello Stato) è stato approfondito e posto su “ben altre” basi spe-
30
Q. 6, §82 Pa ssa to e pre- culative che nel passato e poiché “quanto più una scienza è speculativa tanto più
sente, p. 754.
è pratica”, così pare che queste basi speculative debbano ipso facto diventare
31
“L’esclusione da lle ma te- basi pratiche e tutta la costruzione reale dello Stato mutare perché lo Spirito ne
rie economiche, a lmeno ha mutato le basi speculative (naturalmente non lo Spirito uomo empirico, ma
da l punto di vista a cca de- Ugo Spirito-Filosofia)”30.
mico, sa rebbe dura ta fino
a l 1928, qua ndo fu chia - Se questi erano i fondamenti della critica di Spirito, per Gramsci era del tutto
ma to a d a ssumere la ca tte- legittimo il silenzio mantenuto fino a quel momento dagli economisti. Spirito
dra di economia politica riuscì comunque ad alimentare un dibattito che entrò nel vivo con gli interventi
a lla Sa pienza di Roma . Le di Rodolfo Benini e Luigi Einaudi, che accettarono di discutere le questioni poste
circosta nze nelle qua li era
ma tura to l’a vvicenda men- sul tappeto dall’allievo di Gentile (Faucci 1990, pp. 214-5). Con i loro interventi
to la scia va no supporre che essi contribuirono peraltro a delineare con più precisione i diversi fronti dottri-
il regime volesse fa r occu- nali. Spettava evidentemente a Einaudi la difesa d’ufficio “dei principi sommi”
pa re il posto a uno studio-
so più vicino a lle proprie
(Santomassimo 1973, p. 97) della scienza economica d’impronta liberale, mentre
esigenze rispetto a l liberi- in una posizione più difficilmente collocabile si poneva Benini. Già protagonista
sta Ricci. Nella prolusione sul finire dell’Ottocento del dibattito protezionismo-liberismo, Benini aveva poi
a l corso, letta il 12 genna io abbandonato la teoria economica, per dedicarsi alla statistica e alla demografia.
1929 e incentra ta sugli
effetti della diversa dota -
Nel 1928 rientra però tra i ranghi degli economisti, subentrando alla cattedra di
zione di fa ttori nello sca m- Umberto Ricci. Sin dagli esordi, l’approccio dello studioso cremonese alla scien-
bio, dopo a ver brevemente za economica si era rivelato molto distante dai canoni dell’ortodossia marginali-
fa tto cenno a lle circosta n- sta; il corporativismo non poteva che essere un approdo naturale per la sua eco-
ze del suo ritorno ma
sopra ttutto del suo a llonta -
nomia politica31. Come lo stesso Gramsci avrà modo di sottolineare, la posizione
na mento da gli studi econo- di Benini è tuttavia abbastanza peculiare: certamente contrario al marginalismo
mici, ria fferma va decisa - e al liberismo, lo studioso cremonese rimane comunque non facilmente inqua-
mente, a dista nza di un drabile anche nel panorama del corporativismo.
trentennio, tutti i ca pisa ldi
del proprio qua dro inter- L’intervento di Benini, come egli stesso riconosce, è principalmente dovuto alla
preta tivo” (F. Bientinesi). sollecitazione di Spirito affinché egli prenda posizione nel dibattito. Ma l’econo-
32
mista cremonese è costretto a riconoscere di non avere ancora maturato una
Sta to che a ppunto, conti- idea compiuta sull’argomento. Accetta comunque di intervenire, riconoscendo
nua va Benini, è “un pro-
duttore continuo di beni, un fondamento reale alle questioni sollevate da Spirito e condannando il silen-
servizi e ordina -menti zio fino ad ora mantenuto da molti economisti. La celebre affermazione di Benini
a venti ca ra ttere di stretta è che l’economia era ancora una “mezza scienza” per non essere riuscita a ricom-
complementa rità coi beni,
servizi e ordina menti del-
prendere nelle sue premesse, per una sorta di “ripugnanza” di32molti suoi culto-
l’inizia tiva priva ta ” ri, “il concetto dello Stato, quale fattore della produzione” . E soprattutto,
(Benini 1930, cit., aggiungeva Benini, l’economia si è fermata a metà strada per aver trascurato il
pp. 134-135). fatto che lo Stato è il principale regolare delle diverse forze economiche dei con-
33
Nel fa moso sa ggio del
traenti, l’istituzione cioè che sancisce, per usare le parole di Pantaleoni, le deci-
1901, Pa nta leoni discuteva sive “posizioni iniziali”33 dei soggetti economici.
proprio la meta fora a ttor- “Tutti veniamo al mondo con un patrimonio ereditato, – scrive Benini – che può
no a cui si era a nda ta con- variare da zero a qualche miliardo di nostra moneta; ci presentiamo alla carriera
solida ndo, nel corso
dell’Ottocento, la tra dizio-
della vita, come ad una gara di corsa, movendo da posizioni iniziali vantaggiose
ne del socia lismo libera le: o svantaggiose. La distribuzione dei corridori posti in partenza diversamente
l’imma gine della corsa avanzati rispetto al traguardo, non è peranco entrata nelle regole “sportive” ma

42
Terenzio Ma cca belli La “grande trasformazione”

certamente fa regola nel mondo economico. Anzi, il primo capitolo da scrivere “equa ”, cioè delle condizio-
in Economia – dopo la definizione e un po’ di nomenclatura – dovrebb’essere ni a ffinché la concorrenza
economica possa svolgersi
proprio quello delle posizioni iniziali più o meno avanzate (leggasi: distribuzio- se-condo le stesse moda lità
ne più o meno equa della proprietà ) che la sorte e la legge ci assegnano al delle competizioni sportive.
nostro nascere, perché da esse dipendono molte cose: educazione d’ambiente, Egli tra duceva il problema
modi di sentire riguardo al valore dei beni e dei servigi, professioni preferite, a vva lendosi dei concetti di
“posizioni inizia li” e “posi-
capacità di resistenza nei contratti, possibilità (grazie al diritto successorio e al zioni termina li” (cfr.
fenomeno dell’interesse del capitale) di far vivere una discendenza “infinita” su Pa nta leoni xxxx, pp. 333-
una quantità “finita” di ricchezza. E così via. Ond’è con meraviglia che vediamo 355). Pur ra f-figura ndo il
problema negli stessi termi-
gran parte degli economisti e l’autore stesso della felice similitudine “posizioni ni dei socia listi libera li,
iniziali” relegare la premesse in capitoli terminali dell’insegnamento o in separa- Pa nta leoni conda nna va
ta sede; insomma fare dell’Economia teorica una costruzione senza la chiave di tutta via in modo perento-
volta, che le è necessaria per reggersi in piedi in tutta la sua interezza” (Benini rio l’idea le dell’ugua glia n-
za di condizioni inizia li.
1930, p. 137).
Benini declinava in questo brano uno degli argomenti topici dell’intera tradizio- 34
Nella propria replica
ne del socialismo liberale, da Mill in poi caratterizzata dall’enfasi posta sulla dis- Spirito si limita va a d osser-
uguale distribuzione iniziale delle risorse economiche come condizione d’ingiu- va re che l’economia politi-
ca “non è ‘mezza scienza
stizia palese dell’economia capitalista (“ingiustizia” in senso liberale prima anco- nel significa to dimensivo
ra che socialista). Nonostante i trascorsi “radicali” di inizio secolo, Benini non dei termini’, va le a dire nel
pare in verità avere mai tradotto in chiave “politica” il proprio giudizio sulle dis- senso di essersi occupa ta
uguali posizioni alimentate dall’eredità patrimoniale, come invece avevano fatto, dell’individuo (una delle
componenti) e non dello
ad esempio, autori come Eugenio Rignano (1901) all’inizio secolo o Carlo Sta to (l’a ltra componente),
Rosselli nei primi scritti economici e negli scritti dell’esilio. Il giudizio non è ma mezza proprio nel
comunque estemporaneo, in quanto destinato a diventare una delle architravi significa to deteriore di
dell’economia politica di Benini. L’idea su cui egli continuamente insisterà è che scienza fonda ta su premes-
se erronee, e propria mente
gli economisti liberali non abbiamo mai saputo dare una adeguata collocazione sull’iposta si di un indivi-
al problema della disuguaglianza di condizioni iniziali dei soggetti economici, tra duo e di uno Sta to inconce-
le fonti principali delle disuguaglianze che si riproducono in ambito capitalistico. pibili”. Benini viene rim-
provera to di ra giona re
é certamente interessante il fatto che né Spirito34 né Einaudi35 si soffermino nelle a ncora secondo i precon-
rispettive repliche su questo passaggio, colto invece da Gramsci in tutte le sue cetti della scienza econo-
potenzialità. mica tra diziona le e di non
Nel commentare il dibattito, l’autore dei Qua derni cominciava innanzitutto sot- a vere compreso la necessi-
tà impellente di una sua
tolineando la sterilità della polemica. A pregiudicare il dialogo il fatto che gli eco- ra dica le rifonda zione.
nomisti (nel caso specifico Einuadi) e Spirito “si riferiscono a cose diverse e Anche integra ndo il ra gio-
usano linguaggi diversi”. Gli economisti, quando parlano dello Stato, pensano na mento economico con
“all’intervento governativo nei fatti economici” da due punti di vista: in primo l’ipotesi dello Sta to produt-
tore – continua va Spirito –
luogo “come regolatore ‘giuridico’ del mercato, cioè come la forza che dà al mer- si rima rrebbe pur sempre
cato determinato la forma legale, in cui tutti gli agenti economici si muovono a a ll’interno di una conce-
‘parità di condizioni giuridiche’”; in secondo luogo “all’intervento governativo zione dua listica
come creatore di privilegi economici, come perturbatore della concorrenza a dell’individuo e dello Sta to.
La costruzione del nuovo
favore di determinati gruppi”. Su un piano completamente differente si muove a ppa ra to teorico deve
Spirito, il quale non ha altro punto di riferimento che la sua immagine “specula- invece pre-supporre
tiva dello Stato, per cui l’individuo si identifica con lo Stato”36. Se questa è la fon- “l’immedesima zione a sso-
damentale “radice del dissenso”37 è impossibile che da essa possa scaturire un luta della vita dello Sta to
con quella dell’individuo”,
dialogo costruttivo38. unico “criterio” entro cui
Gramsci appare invece attratto dalle argomentazioni di Benini. Al dialogo tra muoversi per una rea le
sordi tra Spirito e Einaudi è sfuggito infatti “un terzo aspetto” del problema che “riforma della scienza

43
n.20 / 2008

economica ” (U. Spirito Benini diversamente è riuscito a cogliere con precisione:


1930, p. 148). è quello per cui, identificandosi lo Stato con un gruppo sociale, l’intervento sta-
35
L’intervento di Eina udi
tale non solo avviene nel modo accennato dall’Einaudi, o nel modo voluto dallo
a ppa re detta to da l deside- Spirito, ma è una condizione preliminare di ogni attività economica collettiva, è
rio di rispondere a Benini un elemento del mercato determinato, se non addirittura lo stesso mercato
più che da lle provoca zioni determinato, poiché è la stessa espressione politica-giuridica del fatto per cui
di Spirito. Einua di infa tti
dedica a mpio spa zio del
una determinata merce (il lavoro) è preliminarmente deprezzata, è messa in con-
proprio intervento per con- dizioni di inferiorità competitiva, e paga per tutto il sistema determinato. Questo
troba tte-re a ll’idea che tra punto è messo in luce dal Benini, e non si tratta certo di una scoperta; ma è inte-
gli economisti vi sia sta ta ressante che il Benini vi sia giunto e in che modo vi è giunto. Poiché il Benini vi
una “ripugna nza ” nei con-
fronti del concetto di “Sta to è giunto partendo da principi dell’economia classica, ciò che appunto irrita
produttore”. Secondo l’eco- l’Einaudi39.
nomista torinese, da Smith Gramsci sembra quindi apprezzare il tentativo compiuto da Benini di criticare la
in poi “a nche i liberisti più scienza economica dall’interno, muovendo cioè dai suoi stessi presupposti
impertinenti” si sono occu-
pa ti delle “funzioni econo- metodologici. Secondo l’autore dei Qua derni l’economista cremonese, nel sot-
miche a llo Sta to” (R. tolineare l’asimmetria dei rapporti di forza tra i soggetti economici, è riuscito a
Fa ucci 1986, p. 271). L’idea mettere opportunamente in evidenza la funzione dello Stato come “condizione
di un pregiudizio a ntista -
ta listico degli economisti,
preliminare di ogni attività economica collettiva”, cioè il suo ruolo decisivo nel
proviene, secondo Eina udi, rafforzare, ad esempio attraverso la legittimazione dei passaggi d’eredità, la
da lla forma in cui era no riproduzione di radicali disuguaglianze nei punti di partenza degli individui. Ma
scritti molti ma nua li di sto- soprattutto, sottolinea Gramsci, il risultato è tanto più importante tenendo conto
ria del pensiero economi-
co: pa rla ndo di interventi-
che Benini “vi è giunto partendo dai principi dell’economia classica”. Se Spirito
sti, protezionisti, liberisti, non è riuscito a comprendere che “l’economia classica” è la sola “storicista”, non-
ecc., questi storici “ha nno ostante “l’apparenza delle sue astrazioni e del suo linguaggio matematico”40 a
imma gina to di fa re una Benini va dato atto, invece, di aver compreso come anche gli strumenti e i con-
storia delle dottrine econo-
miche ed ha nno invece
cetti dell’economia politica classica siano in grado di assumere la funzione dello
scritto una storia dell’in- Stato all’interno del ragionamento economico, quale soggetto appunto che
fluenza che le idee filosofi- “interviene in ogni momento nella vita economica”. Un risultato di cui gli eco-
che correnti e le circosta n- nomisti classici erano perfettamente consci, se non altro per aver espressamen-
ze politiche, economiche
socia li esercita no sul pen- te riconosciuto che nel mercato capitalistico “ogni forma di proprietà è legata
siero degli economisti” (L. allo Stato” e che i meccanismi del mercato sono costituiti da “un tessuto conti-
Eina udi 1930, pp. 160-168). nuo di passaggi di proprietà”41.
Nessuno rilievo invece da Probabilmente Gramsci non aveva sottomano la Ricchezza delle Na zioni , che
pa rte di Eina udi sulla que-
stione principa le solleva ta avrebbe permesso ampi riscontri alle proprie convinzioni. Come noto, infatti,
da Benini, ossia sul fa tto Smith scriveva che “il governo civile, in quanto viene instaurato per la sicurezza
che l’economia a bbia eluso della proprietà, viene in realtà instaurato per la difesa dei ricchi contro i poveri,
il problema della “posizio-
ni inizia li” dei soggetti eco-
cioè di coloro che hanno qualche proprietà conto coloro che non ne hanno nes-
nomici. Forse memore di suna” (Smith 1976, p. 707), un’affermazione che collima perfettamente con le
questa polemica , Eina udi riflessioni dell’autore dei Qua derni . Anche agli occhi di Gramsci, in sostanza,
dedi-cherà invece a mpio l’intervento dello Stato non si manifesta “soltanto nella attribuzione di privilegi
spa zio a l tema della dis-
ugua glia nza dei punti di
economici, e soprattutto non si riduce a questa struttura giuridico-legale che è il
pa rtenza nelle Lezioni di correlato dello scambio di merci e che assicura il principio di uno scambio ‘ugua-
eco-nomia socia le, tenute le’. Questa struttura giuridica è reale, ma non deve far dimenticare che lo Stato,
negli a nni dell’esilio e pub- essendo la forza organizzata di un gruppo sociale, non si contenta di garantire
blica te nel 1944.
questa parità giuridico-formale fra coloro che scambiano, ma anche il monopo-
36
Q. 10, §20 Punti per lo lio delle condizioni oggettive della produzione (proprietà privata capitalistica).
studio dell’economia , pp. Lo scambio di merci nella società capitalistica è anche e soprattutto rapporto
1257-1258.

44
Terenzio Ma cca belli La “grande trasformazione”

37
salariale capitalista. é ciò che Benini ha messo in luce nel linguaggio dell’econo- Q. 6, §82 Pa ssa to e pre-
sente, p. 753.
mia politica classica” (Texier 1988, p. 19).
Indubbiamente queste considerazioni rivelano una maggiore complessità rispet- 38
Un’osserva zione che
to alla formula della scissione tra politica ed economia postulata dal giovane coglie con precisione lo
Gramsci. Non ne incrinano tuttavia in modo radicale la sostanza: esse sono in sta to d’a nimo dello stesso
Eina udi, se è vero che poco
qualche modo il presupposto, spesso dimenticato, della scissione tra politica ed tempo dopo scriverà a
economia realizzata dalla rivoluzione capitalista, da cui tuttavia si è potuto in Benedetto Croce di essersi
larga parte prescindere in quanto la dinamica della società civile (nel senso della pentito di a ver pa rtecipa to
struttura economica) ha guadagnato una propria autonomia grazie proprio a a una pole-mica che non
poteva trova re un comune
quella cornice giuridica che ha garantito la tutela dei diritti di proprietà e una terreno di confronto e di
sorta di neutralità (per quanto fittizia) dello Stato. La riflessione di Gramsci appa- dia logo (Fa ucci 1986, p.
re tuttavia fare un passo ulteriore, andando nella direzione di una maggiore con- 272).
sapevolezza del fatto che effettivamente qualcosa è cambiato nei rapporti tra 39
Q. 10, §20 Punti per lo
Stato ed economia. studio dell’economia ,
p. 1258.
4. La crisi delle economie liberali 40
Q. 8, §216, Noterelle di
economia . Ugo Spirito e C.,
Il tema della “crisi” è come noto centrale nell’elaborazione teorica dei Qua derni . p. 1077.
Di particolare rilievo ai fini del nostro discorso il fatto che la riflessione sulla crisi
41
spinga l’autore dei Qua derni a porre su basi affatto nuove il problema dei rap- Q. 6, §10 Pa ssa to e pre-
sente, p. 692.
porti tra Stato ed economia. Dietro la discussione tra Spirito, Einaudi e Benini
sulla funzione dello Stato si cela in effetti a parere di Gramsci uno dei più pro-
fondi mutamenti che stanno attraversando le società capitalistiche occidentali.
La guerra prima, e la crisi economica poi, hanno definitivamente rotto i fragili
equilibri dell’economia liberale ottocentesca. La “grande trasformazione”, per
riprendere la formula di Polaniy, sta ridisegnando i confini tra “politica” ed “eco-
nomia”. Quanto è in gioco è la rottura dei meccanismi di autoregolazione del
mercato che avevano sorretto gli equilibri economici e politici nel corso di tutto
l’Ottocento. La diagnosi di Gramsci non è per questo meno radicale di quella
avanzata dallo studioso ungherese: la civiltà del diciannovesimo secolo è di fron-
te a una “crisi” che affonda le sue radici nell’allentarsi della forza del mercato
autoregolato come chiave di volta del sistema istituzionale (Polanyi 1974).
Il primo aspetto da mettere in evidenza, per entrare nel vivo della riflessione
gramsciana, è il giudizio sulla radicalità del cambiamento in atto. Siamo cioè di
fronte a una nuova fase nella storia delle società industriali dovuta al coagularsi
di una serie di problemi che risalgono al secolo precedente ma che il primo con-
flitto mondiale contribuisce ad amplificare:
“[...] la guerra del 1914-1918 rappresenta una frattura storica, nel senso che tutta
una serie di questioni, che molecolarmente si accumulavano prima del 1914,
hanno fatto mucchio, modificando la struttura generale del processo preceden-
te: basti pensare all’importanza assunta dal fenomeno sindacale, termine gene-
rale in cui si assommano diversi problemi e processi di sviluppo di diversa impor-
tanza e significato (parlamentarismo, organizzazione industriale, democrazia,
liberismo), ma anche obiettivamente riflette il fatto che una nuova forza sociale 42
si è costituita, ha un peso non più trascurabile, ecc.”42. Q. 15, §59, Risorgimento
ita lia no, p. 1824.
Dal punto di vista politico e sociale, i motivi della crisi rimandano essenzialmen-
te all’esaurirsi della funzione propulsiva della democrazia borghese (o liberale).

45
n.20 / 2008

La lettura gramsciana in chiave progressiva dello Stato emerso dopo la rivoluzio-


ne industriale è stata sottolineata da Alberto Bugio, il quale ha tuttavia mostrato
come agli occhi di Gramsci questo stesso “Stato” sia entrano successivamente in
una fase involutiva. Tale dinamica regressiva ha assunto principalmente la forma
di una “chiusura castale”, una delle principali cause della “crisi organica” deli-
neata da Gramsci (Burgio 2002, pp. 136-7). Ciò si è tradotto in una miscela esplo-
siva con lo scoppio della grande guerra. Dal punto di vista economico, invece, la
diagnosi di Gramsci fa leva essenzialmente sulla dinamica del saggio di profitto e
sulle trasformazioni organizzative del capitalismo avanzato, aspetti questi che
discuteremo più in dettaglio nel prossimo paragrafo.
L’aspetto che ora vorremmo sottolineare è l’immagine generale della crisi che
Gramsci ci trasmette, che appare essere comune ad autori molto diversi tra loro:
non solo Karl Polanyi, ma ad esempio Oswald Spengler, o il teorico dei cicli eco-
nomici Kondrat’ev o ancora “le riflessioni di Trockij sulla dinamica delle rivolu-
zioni europee”. “Non è un caso se proprio alla fine della Prima guerra mondiale
vede la luce una serie di lavori che annunciano l’epilogo della civiltà occidenta-
le, analizzano la sincronia tra un’‘onda lunga’ dell’economia capitalista e la guer-
ra, o annunciano un nuovo ciclo di rivoluzioni” (Traverso 2007, p. 45). Gramsci
abbandonerà presto la visione “catastrofista” di queste dinamiche, elaborando
un nuovo apparato concettuale attraverso il quale leggere le risposte messe in
campo dalle società occidentali per far fronte a questi problemi (naturalmente
43
Come noto Gra msci alla luce del fallimento della rivoluzione socialista)43. Rimane comunque il fatto
a vvia nei Qua derni una che anche agli occhi di Gramsci nella prima guerra mondiale si “condensino” una
riela bora zione del lessico serie di mutamenti dirompenti “le cui premesse si sono accumulate, nella lunga
politico proprio a lla luce
delle tra sforma zioni strut-
durata, nel corso del secolo precedente” (Traverso 2007, p. 44).
tura li a vvenute sul terreno Come è stato osservato, nei Qua derni il fenomeno delle “crisi economiche” viene
dell’economia . Come sotto- in effetti ricompresso “nel concetto più generale di ‘crisi storiche’” (Rossi e Vacca
linea Burgio, “la porta ta 2007, p. 132). Pur non sottovalutando la depressione scoppiata col grande crollo
dei muta menti del qua dro
socia le e politico prodotti del 1929, egli ritiene che questa sia una manifestazione aggravata di una fase cri-
da lla modernizza zione è tica delle società capitalistiche già evidente, nei suoi tratti salienti, con la guerra
ta le da ri-chiedere un ra di- mondiale e il primo dopoguerra44. La crisi del 1929 non è pertanto interpretabile
ca le ripensa mento della nell’ambito delle tradizionali concezioni cicliche della dinamica capitalistica, cioè
strumenta zione a na litica
tra diziona le” (Burgio 2002, come congiuntura negativa superabile lasciando operare le stesse leggi del mer-
p. 34). cato. Gli avvenimenti degli anni trenta sono la testimonianza di una trasformazio-
44
ne ben più radicale, un processo irreversibile di cui è riduttivo porre l’inizio nel
M. Telò, Gra msci e il
nuovo ca pita lismo, “Critica
“crack” del 1929. In una nota del 1933, discutendo appunto le interpretazioni
ma rxista ”, n. 6, 1987, pp. della crisi, Gramsci pone espressamente il quesito “Quando è cominciata la crisi?”:
82-83. “Si può dire che della crisi come tale non vi è data d’inizio, ma solo di alcune
“manifestazioni” più clamorose che vengono identificate con la crisi, erronea-
mente e tendenziosamente. L’autunno del 1929 col crack della borsa di New
York è per alcuni l’inizio della crisi e si capisce per quelli che nell’americanismo
vogliono trovare l’origine e la causa della crisi. Ma gli eventi dell’autunno 1929 in
America sono appunto una delle clamorose manifestazioni dello svolgimento cri-
tico, nient’altro. Tutto il dopoguerra è in crisi, con tentativi di ovviarla, che volta
a volta hanno fortuna in questo o quel paese, nient’altro” (Q. 15, 95, Passato e
presente. La crisi, p. 1755- 1756).
Gli anni tra le due guerre sono quindi per Gramsci un periodo di crisi di lunga

46
Terenzio Ma cca belli La “grande trasformazione”

durata. Ed è questo il motivo per cui egli ricorre alla categoria di “crisi organica”
(o storica) criticando in modo severo i teorici della “crisi congiunturale”. La
depressione degli anni trenta non è unicamente dovuta alla crisi economica, per
quanto grave, ma rimanda a una dinamica “ben più antica, duratura e struttura-
le rispetto ai caratteri congiunturali della crisi del 1929” (Baratta 1987, p. 27).
Proprio per questi motivi, l’anacronismo della scienza economica ortodossa si
manifesta in tutta la sua gravità. A parere di Gramsci quasi tutti gli economisti di
estrazione liberale hanno sottovalutato la radicalità del cambiamento in atto. A
essere prese di mira sono soprattutto le diagnosi di Einaudi45, il quale non è 45
Cfr. Fa ucci (1986, p. 278).
riuscito a “cogliere i fattori di mutamento del ‘mercato determinato’”, ed è arri- Ricordia mo che per
Eina udi la crisi na sce da i
vato a confondere “i parametri con le variabili in movimento. Di qui l’erroneità cicli economici, che posso-
delle sue diagnosi della crisi (le sue riflessioni sul tema ‘suonano come arguzie no essere di lungo periodo
da rammollito’) e l’insufficienza delle terapie da lui caldeggiate”: (dovuti essenzia lmente a
“Einaudi ristampa brani di economisti di un secolo fa e non si accorge che il fa ttori moneta ri) o di breve
periodo (dovuti a gli errori
“mercato” è cambiato, che i “supposto che” non sono più quelli. La produzione previsiona li degli a genti
internazionale si è sviluppata su tale scala e il mercato è talmente divenuto com- economici). Questi ultimi
plesso, che certi ragionamenti appaiono infantili […] Einaudi non tiene conto si risolvono la scia ndo libe-
che sempre più la vita economica si è venuta incardinando su una serie di pro- ro sfogo a lle forze di mer-
ca to, ed è a ppunto questa
duzioni di grande massa e queste sono in crisi: controllare questa crisi è impos- la ricetta riba dita da
sibile appunto per la sua ampiezza e profondità, giunta a tale misura che la quan- Eina udi per la crisi degli
tità diviene qualità, cioè crisi orga nica e non più di congiuntura . Einaudi fa a nni trenta (Fa ucci 1986,
pp. 251-252).
ragionamenti appropriati per le crisi di congiuntura, perché vuol negare che esi-
sta una crisi organica, ma questa è “politica immediata”, non analisi scientifica, è
“volontà di credere”, “medicina per le anime” e ancora esercitata in modo pue-
rile e comico”46. 46
Q. 8, §216 Noterelle di
Decisivo dunque il concetto che attraversa l’intera riflessione economica di economia . Ugo Spirito e C,
pp. 1077-1078.
Gramsci, ossia il concetto di “mercato determinato”. E il mercato determinato
non è più quello prevalentemente concorrenziale del XIX secolo ma è diventato
quello oligopolistico e su grande scala della seconda rivoluzione industriale,
dove la chandleriana “mano visibile” ha sostituito la smithiana “mano invisibile”
(Chandler 1977); inoltre lo Stato non è più il “guardiano notturno” che vigila solo
per la tutela dei diritti di proprietà, ma è diventato un elemento che condiziona
fortemente lo svolgimento stesso dell’economia.

5. La risposta economica alla crisi: il “fordismo” come innovazione di


processo

Nel quadro di questo giudizio storico sulla crisi che attraversa le economie di
tutti i paesi industriali, Gramsci avvia la riflessione sul fordismo e sul taylorismo,
intesi come modelli di razionalizzazione dei metodi di lavoro il cui obiettivo è
appunto quello di superare la fase critica sopra delineata47. Ed è di rilievo l’ab- 47
Riprendo qui a lcuni
punti presenti in M. Guidi,
bozzo di analisi economica che Gramsci sviluppa nei Qua derni per spiegare il T. Ma cca belli, 1999.
fenomeno.
Quale che sia il significato che si vuole dare al termine economia , non si può
negare che le note del celebre Qua derno 22, intitolato America nismo e fordi-
smo, costituiscono una prova esemplare dell’importanza attribuita da Gramsci
allo studio dei fatti economici, nonché della loro rilevanza come momenti con-

47
n.20 / 2008

dizionanti la vita associata e civile. Come è noto, al centro delle riflessioni di


America nismo e fordismo troviamo il tentativo di interpretare i processi di rior-
ganizzazione del lavoro in atto nelle società industriali più avanzate (“fordismo”)
nell’ottica delle trasformazioni sociali ed umane imposte dalla razionalizzazione
48
(Dubla 1989, p. 71.) del mondo industriale (“americanismo”)48.
Gramsci prende in esame il fenomeno nelle sue più diverse manifestazioni, par-
tendo dai problemi interni alla fabbrica, discutendo le ripercussioni sociali, sot-
tolineando i mutamenti istituzionali (in particolare sul piano dei rapporti tra poli-
tica ed economia), per arrivare infine a interrogarsi sul nuovo ruolo egemonico
a livello internazionale degli Stati Uniti. Sul piano aziendale l’impronta del fordi-
smo è data dalla crescente meccanizzazione del processo produttivo e dalla con-
seguente organizzazione scientifica del lavoro (quella ad esempio realizzata con
il sistema “Taylor”, una delle prime soluzioni scientifiche espressamente finaliz-
zate alla razionalizzazione produttiva). Dirette conseguenze di tali soluzioni orga-
nizzative sono il rigido modello piramidale e gerarchico imposto dalla nuova
divisione del lavoro nonché il crescente distacco dell’operaio dalla produzione,
fenomeno quest’ultimo dovuto a una esasperata parcellizzazione delle operazio-
ni che annulla qualsiasi possibilità di controllo del lavoratore. A fronte della rigi-
da disciplina cui l’operaio va sempre più soggetto, si pone però il fenomeno
degli “alti salari” e quindi la possibilità di un elevamento del tenore di vita per
alcune frange di lavoratori. Tali mutamenti hanno poi decisive ripercussioni
anche fuori dalla fabbrica, arrivando a toccare anche gli ambiti più privati della
vita degli individui (ad esempio la sessualità). Il processo di razionalizzazione
produttiva investe quindi l’ambito dei rapporti tra economia e politica, che deri-
vano dal nuovo ruolo assunto dallo Stato come organismo di regolazione e di
intervento nell’economia e nella società. Questi, in estrema sintesi, i principali
elementi di un processo di trasformazione che, sebbene destinato a propagarsi
in tutta Europa, ha come proprio baricentro, nei primi decenni del Novecento,
la società e l’economia americana.
Come anticipato, Gramsci legge il fenomeno del fordismo alla luce della crisi
organica che ha investito le società liberali, cercando innanzitutto di ricondurre
le manifestazioni di tale crisi alle sue cause economiche, e non solo alle sue
manifestazioni sovrastrutturali e ideologiche. Ritiene infatti fondamentali
“questi tre punti: 1) che la crisi è un processo complicato; 2) che si inizia alme-
no con la guerra, se pure questa non ne è la prima manifestazione; 3) che la crisi
ha origini interne, nei modo di produzione e quindi di scambio, e non in fatti
49
Q. 15, §5, Pa ssa to e politici e giuridici, paiono i tre punti da chiarire con esattezza”49.
presente. La crisi, p. 1756. Gramsci non rinuncia a interrogarsi sulle “origini interne” della crisi, guardando
cioè più da vicino alle cause di natura economica che hanno portato alla esigen-
za di un radicale mutamento nei metodi e nell’organizzazione della produzione.
La questione è affrontata ricorrendo a tipiche categorie marxiane, in particolare
alle dinamiche sottostanti la legge tendenziale della caduta del saggio di profit-
to, abbozzando però anche una spiegazione delle risposte alla crisi che chiama
in causa le dinamiche innovative e dello sviluppo rese celebri da Schumpeter.
L’idea fondamentale è che il fordismo sia una strategia per uscire dalla crisi; crisi,
a sua volta, che è una diretta conseguenza dei meccanismi di accumulazione. I
processi di razionalizzazione non sono così che un mezzo per incidere sul plu-

48
Terenzio Ma cca belli La “grande trasformazione”

50
svalore relativo, secondo le modalità esposte da Marx nel libro III del Ca pita le: Q, 10, §36, Punti di riferi-
mento per un sa ggio su
“Tutta l’attività industriale di Henry Ford si può studiare da questo punto di vista: Croce, pp. 1281-1282.
una lotta continua, incessante per sfuggire alla legge della caduta del saggio di
profitto, mantenendo una posizione di superiorità sui concorrenti. Il Ford è 51
“Ta ylorismo e fordismo
dovuto uscire dal compromesso strettamente industriale della produzione per ra ppresenta no a gli occhi di
Gra msci la stra tegia più
organizzare anche i trasporti e la distribuzione della merce, determinando così orga nica e ‘scientifica ’ di
una distribuzione della massa del plusvalore più favorevole all’industriale pro- intensifica zione dei ritmi
duttore”50. produttivi, la più sistema ti-
L’analisi del fenomeno americano viene così agganciata ai cardini economici del ca risposta ‘soggettiva ’ evo-
ca ta da i mecca nismi
sistema teorico di Marx, al nucleo centrale della marxiana critica dell’economia ‘oggettivi’ da ll’a ccumula -
politica51. Lo sviluppo dell’organizzazione scientifica del lavoro, nelle sue varie zione del ca pita le”
forme di fordismo e taylorismo, viene infatti analizzato come tentativo attuato (Ia cchini 1987, p. 105).
dalle classi industriali di superare un’incombente crisi di redditività, da cui l’esi- 52
Q, 10, §41, p. 1313.
genza appunto di cercare soluzioni innovative sul fronte organizzativo. “La legge
tendenziale della caduta del saggio del profitto – osserva Gramsci – sarebbe 53
Q. 10, §33, Punti di riferi-
quindi la causa del progresso dei metodi di lavoro e di produzione e di modifi- mento per un sa ggio su
Croce, p. 1279.
cazione del tipo tradizionale dell’operaio”52, essendo queste ultime null’altro che Sull’interpreta zione gra m-
manifestazioni delle controtendenze sottostanti alla stessa dinamica del saggio di scia na della legge della
profitto. ca duta del sa ggio di profit-
Le considerazioni di Gramsci si pongono tra l’altro l’obiettivo di intervenire nella to si veda no le osserva zioni
di Piero Sra ffa , secondo cui
controversa questione della validità scientifica della legge marxiana della caduta l’a utore dei Qua derni,
del saggio di profitto e delle crisi che da questa sarebbero dovute scaturire. essendo costretto a cita re a
L’interpretazione corrente assegnava alla legge elaborata da Marx un rigido memoria le opere di Ma rx,
determinismo, tanto che da essa sarebbe dovuto scaturire un imminente e ine- sa rebbe incorso in a lcuni
errori (cfr. Ba da loni 1992,
vitabile crollo del sistema capitalistico. Tale interpretazione era stata fatta propria pp. 44-46). Il problema
sia dagli autori marxisti che da avversari del marxismo, che appunto adducevano degli eventua li errori inter-
il mancato crollo del capitalismo a prova lampante della falsità della legge. preta tivi di Gra msci non è
Gramsci tende invece a ridimensionare il determinismo associato alla legge della rileva nte a i fini della pre-
sente ricostruzione, che si
caduta del saggio di profitto, sottolineando il suo “aspetto contraddittorio” propone sola mente di
rispetto a “un’altra legge, quella della produzione del plusvalore relativo”. In altri mostra re lo stretto lega me
termini, l’introduzione di nuovi processi lavorativi più razionali contribuisce alla istituito nei Qua derni tra
la dina mica del profitto e
formazione di quello che Marx chiama il “plusvalore relativo”, mettendo in moto l’a vvento del fordismo.
le cosiddette cause controperanti alla caduta del saggio profitto. La crisi finale del
capitalismo avrebbe così potuto verificarsi solo se “la caduta del saggio del pro- 54
Si veda in proposito il
fitto” avesse prevalso sulla produzione di plusvalore relativo53, una tendenza, sa ggio di Croce del 1899
da l titolo Una obiezione
però, che proprio l’avvento del fordismo tendeva a rovesciare. a lla legge ma rxistica della
Su questo terreno nascono le famose critiche di Gramsci a Benedetto Croce, col- ca duta del sa ggio di profit-
pevole di avere contribuito a dare un immagine distorta della legge54. L’errore del to, ora in Croce (1978).
filosofo napoletano nascerebbe a parere di Gramsci proprio dal non avere inte- 55
“Il Croce presenta come
so il carattere contraddittorio e condizionale della legge e dall’aver dedotto la obbiezione a lla teoria espo-
prova della sua falsità dagli argomenti utilizzati dallo stesso Marx nel primo libro sta nel III volume quella
del Ca pita le55. La contraddizione è dovuta al fatto che “mentre da un lato il pro- pa rte di tra tta zione che è
gresso tecnico permette una dilatazione del plusvalore, dall’altro determina, per contenuta nel I volume,
cioè espone come obbiezio-
il cangiamento che introduce nella composizione del capitale, la caduta tenden- ne a lla legge tendenzia le
ziale del saggio di profitto”. L’idea presentata da Marx nel terzo libro, deve esse- della ca duta del sa ggio del
re pertanto interpretata partendo dal problema “impostato nel I libro della profitto la dimostra zione
Critica dell’economia politica , la dove si parla del plusvalore relativo e del pro- dell’esistenza di un plusva -
lore rela tivo, senza però

49
n.20 / 2008

ma i a ccenna re una sola gresso tecnico come causa appunto di plusvalore relativo”56.
volta a l volume I, come se Non è qui il caso di dilungarsi ulteriormente sulla interpretazione gramsciana
l’obbiezione fosse sca turita della legge tendenziale della caduta del profitto, se non per sottolineare lo stret-
da l suo cervello, o a ddirit-
tura fosse un porta to del
to legame posto nei Qua derni con il fenomeno del “fordismo”. L’affermarsi del
buon senso (tutta via occor- nuovo modello organizzativo non è infatti a parere di Gramsci che una delle
re rivedere i testi della dinamiche che meglio chiariscono la possibilità di sfuggire alla diminuzione del
Critica dell’Economia poli- profitto per mezzo di innovazioni che incidono sul plusvalore relativo, tanto che
tica prima di presenta re
questa critica a ll’obbiezio-
la legge tendenziale del profitto “dovrebbe essere studiata sulla base del taylori-
ne del Croce, ca utela che smo e del fordismo”. Questi sono infatti “due metodi di produzione e di lavoro”
d’a ltronde si rende neces- che nascono proprio dall’esigenza di superare “la legge tendenziale, eludendola
sa ria per tutte queste note, col moltiplicare le variabili” che possono frenare “l’aumento progressivo del
che sono sta te scritte in
gra ndissima pa rte fonda n- capitale costante”:
dosi sulla memoria ). In Le variabili sono queste (tra le più importanti, ma dai libri del Ford si potrebbe
ogni ca so è da fissa re che costruire un registro completo e molto interessante): 1) le macchine continua-
la quistione della legge ten- mente introdotte sono più perfette e raffinate; 2) i metalli più resistenti e di dura-
denzia le del sa g-gio del
profitto non può essere stu- ta maggiore; 3) si crea un tipo nuovo di operaio monopolizzato con gli alti sala-
dia ta sola mente sull’esposi- ri; 4) diminuzione dello scarto del materiale di fabbricazione; 4) utilizzazione
zione da ta da l III volume; sempre più vasta di sempre più numerosi sottoprodotti, cioè risparmio di scarti
questa tra tta zione è l’a spet- che prima erano necessari e che è stato reso possibile dalla grande ampiezza del-
to contra dditorio della
tra tta zione esposta nel I l’impresa; 6) utilizzazione dello scarto di energie caloriche: per esempio il calo-
volume, da cui non può re degli alti forni che prima si disperdeva nell’atmosfera viene immesso in tuba-
essere sta cca ta ” (Q. 10, §33, tura e riscalda gli ambienti d’abitazione, ecc.57.
Punti di riferimento per un
sa ggio su Croce, pp. 1278-
Il riferimento da parte di Gramsci al “monopolio” delle imprese che attuano con
1279). successo il modello organizzativo fordista si presta a ulteriori considerazioni. La
descrizione che troviamo nei Qua derni non solo infatti ricorre, come abbiamo
56
Q. 10, §33, Punti di riferi- illustrato, alle categorie marxiane, ma presenta per certi versi anche alcune ana-
mento per un sa ggio su
Croce, p. 1278.
logie con la teoria schumpeteriana dell’innovazione. L’applicazione dei metodi
organizzativi di Ford si può in effetti interpretare come un decisivo salto qualita-
57
Q. 10, §41, p. 1312. tivo nel processo di sviluppo economico dovuto all’introduzione di una innova-
zione, in questo caso di una fondamentale innovazione di processo. é emblema-
tica a questo proposito la critica gramsciana condotta nei confronti di Einaudi, il
quale riteneva come uniche innovazioni quelle di prodotto.
Tutto il processo di razionalizzazione – scrive Gramsci – non è che un processo
di “inventività”, di applicazioni di nuovi ritrovati tecnici e organizzativi. Pare che
l’Einaudi intenda per invenzioni solo quelle che portano all’introduzione di
nuovi tipi di merci, ma anche da questo punto di vista forse l’affermazione non
è esatta. In realtà però le invenzioni essenziali sono quelle che determinano una
diminuzione dei costi, quindi allargano i mercati di consumo, unificano sempre
più vaste masse umane ecc.; da questo punto di vista quale periodo è stato più
58
Q. 15, §26, Noterelle di “inventivo” di quello della razionalizzazione?58.
economia politica , p. 1782- Il fordismo è pertanto a parere di Gramsci una innovazione di processo a tutti gli
1783).
effetti che segue le normali leggi dello sviluppo economico. I produttori godono
inizialmente di un vantaggio competitivo che li porta a trovarsi in una situazione
assimilabile al monopolio, posizione che si rafforza nel momento in cui l’inno-
vazione organizzativa permette di passare da “un periodo di costi crescenti (cioè
59
Q. 10, §41, p. 1312. di caduta del saggio di profitto) a un periodo di costi decrescenti”59. Una delle
componente decisive di tale monopolio è costituita dai cosiddetti “alti salari” che

50
Terenzio Ma cca belli La “grande trasformazione”

le imprese “taylorizzate” devono pagare, “se vogliono formare una maestranza


selezionata e se vogliono contendere ai concorrenti gli operai più predisposti,
dal punto di vista psicotecnico, alle nuove forme di produzione e di lavoro”60. Le 60
Q. 10, §41, p. 1312.
industrie a cui si devono “l’iniziativa dei nuovi metodi tayloristici” godono per-
tanto di “profitti di monopolio” e conseguenti “salari di monopolio”61. 61
Q. 4, §52, America nismo
Come ogni innovazione, anche il modello fordista è però soggetto alle leggi della e fordismo, p. 493.
concorrenza e dello sviluppo economico. Alla rottura prodotta dall’imprendito-
re innovativo segue la fase imitativa e la diffusione su larga scala della stessa inno-
vazione. Se pertanto “l’industria americana ad altri salari” può sfruttare inizial-
mente “un monopolio dato dall’avere l’iniziativa dei nuovi metodi”, non può
impedire l’emulazione dei concorrenti. Il monopolio sarà così “necessariamente
prima limitato e poi distrutto dalla diffusione dei nuovi metodi sia nell’interno
degli S.U. sia all’esterno (cfr. il fenomeno giapponese dei bassi prezzi delle 62
Q. 22, §13, Gli a lti sa la ri,
merci) e coi vasti profitti spariranno gli alti salari”62. p. 2172.
Con questa descrizione dei meccanismi concorrenziali che stanno alla base tanto
della nascita del fordismo, in quanto fondamentale innovazione di processo, che
della sua successiva diffusione e propagazione, per effetto delle leggi dello svi-
luppo, siamo entrati nel cuore del celebre Qua derno 22, su cui dobbiamo ora sof-
fermarci per discutere le ripercussioni a livello di rapporti tra Stato ed economia.

6. Le risposte politiche alla crisi: l’americanismo, il fascismo e il nuovo


ruolo dello Stato

L’enfasi che abbiamo posto sull’analisi strutturale dei Qua derni non deve fare
dimenticare che l’interesse di Gramsci va bene al di là dei fattori puramente eco-
nomici sottostanti l’avvento del fordismo. La riorganizzazione dei metodi di lavo- 63
Q. 22, §11,
ro non può che investire direttamente la società nel suo complesso: da un lato Razionalizzazione della
attraverso la formazione di una nuova coscienza sociale nella classe lavoratrice; produzione e del lavoro, p.
2164. Ha scritto al riguardo
dall’altro attraverso la creazione di un nuovo assetto istituzionale delle società Catone che il nesso strettissi-
industriali più avanzate. Egli dedica per questo tutta la propria attenzione al mo istituito da Grasmci tra
mutamento culturale provocato dalla ristrutturazione del processo di lavoro, in il “modo di vivere, pensare,
quanto persuaso che nessuna crisi è risolutiva sul solo terreno economico (Tosel sentire la vita” e la struttu-
ra dell’economia si traduce
1987, p. 238). Gramsci giunge perciò a interrogarsi su quanto i cambiamenti in “una teoria della com-
delle struttura economica (i nuovi tipi di produzione sviluppati dal fordismo) plessità del modo di produ-
abbiano inciso sulla sovrastruttura, cioè sulla dimensione storico-istituzionale e zione che, poggiando sulla
sulle forme della vita sociale. Il presupposto da cui muove è che “i nuovi meto- fondamentalità del modo
materiale di produrre e dei
di di lavoro sono indissolubili da un determinato modo di vivere, di pensare, di rapporti di produzione
sentire la vita: non si possono ottenere successi in un campo senza ottenere (dunque del modo di pro-
risultati tangibili nell’altro”63. La questione si traduce pertanto in una sorta di giu- duzione in senso propria-
dizio critico sul senso delle trasformazioni operate dal fordismo, al fine di valu- mente marxiano)”, arriva
ad “abbozzare un’analisi
tare se questo possa essere giudicato un progresso o una involuzione delle socie- spietatamente, freddamen-
tà industriali. te, materialistica – nel
Il punto di partenza non può che essere la prima stesura del paragrafo 72 del senso del materialismo
Quaderno 9 dove Gramsci si interroga sulla possibilità che gli alti salari compen- marxiano – del ‘modo di
vivere, pensare, sentire la
sino i gravi sacrifici imposti alla classe lavoratrice, nei termini del maggiore e più vita’ indotto dall’introdu-
gravoso “consumo di forze” associato ai nuovi modelli organizzativi: il problema zione del fordismo” (Catone
è “se il tipo di industria e di organizzazione della produzione proprio del Ford 1987, pp. 57-58).

51
n.20 / 2008

sia ‘razionale’, possa e debba cioè generalizzarsi, o se invece si tratta di un feno-


64
Q. 9, p. 1143. meno morboso da combattere con la forza sindacale e con la legislazione”64. Così
65
formulata in prima stesura nel 1932, la domanda non è seguita nell’occasione da
Q. 22, pp. 2173-2174.
Notevole a ttenzione a lla
una esplicita presa di posizione da parte di Gramsci. Bisognerà attendere il 1934,
doppia stesura di questo quando viene redatto il Qua derno 22 su America nismo e Fordismo, perché il
bra no si trova in quesito, nell’essere riproposto in forma immutata, venga questa volta fatto segui-
Ma na corda re da una risposta molto emblematica:
(1987, pp. 177-180).
“Pare di poter rispondere che il metodo Ford è “razionale”, cioè deve generaliz-
66
Cfr. in proposito Burgio zarsi, ma che perciò sia necessario un processo lungo, in cui avvenga un muta-
(2002, p. 212): “Gra msci mento delle condizioni sociali e un mutamento dei consumi e delle abitudini
non ha remore nel porre in individuali, ciò che non può avvenire con la sola “coercizione”, ma solo con un
rilievo quelle che gli
a ppa iono ca ra tteristiche contemperamento della coazione (autodisciplina) e della persuasione, sotto
progressive del ‘rivolgimen- forma anche di alti salari, cioè di possibilità di miglior tenore di vita, o forse, più
to’ economico-socia le in esattamente, di possibilità di realizzare il tenore di vita adeguato ai nuovi modi
corso negli Sta ti Uniti e nel
formula re, in ba se a d esse,
di produzione e di lavoro, che domandano un particolare dispendio di energie
giudizi a nche decisa mente muscolari e nervose”65.
positivi”. Queste parole dischiudono al lettore dei Qua derni la sostanziale accettazione e
67
la conseguente valutazione “positiva” del fordismo da parte di Gramsci66. Egli è
L’America, osserva
Gramsci, possiede una
naturalmente perfettamente consapevole dello spazio sempre più vasto che il
“composizione demografica lavoro alienato viene in tal modo a ricoprire, ma non per questo decide di com-
razionale”, nel senso che battere sul piano culturale l’affermazione del nuovo modello organizzativo.
“non esistono classi nume- Come ha osservato Battini, non sono mai in discussione nei Qua derni il taylori-
rose senza una funzione
essenziale nel mondo pro-
smo e l’automazione, “ma solamente i rapporti sociali che ne bloccano un uso
duttivo, cioè classi assoluta- controllato e socialmente ragionevole” (Battini 1988, p. 195). Non bisogna evi-
mente parassitarie. La ‘tra- dentemente dimenticare che il giudizio positivo di Gramsci non va disgiunto dal-
dizione’, la ‘civiltà’ europea l’orizzonte politico di riferimento, che è ovviamente la trasformazione in senso
è invece proprio caratteriz-
zata dall’esistenza di classi socialista dell’economia. In effetti, come sottolinea Baratta, “la risposta positiva
simili, create dalla ‘ricchez- alla domanda del Qua derno 9, che coinvolge l’integrità e la psicofisica degli ope-
za’ e ‘complessità’ della sto- rai, implica uno sguardo rivolto oltre lo sviluppo del capitalismo” (Baratta 1987,
ria passata che ha lasciato p. 26). Tuttavia le argomentazioni gramsciane affrontano il problema anche indi-
un mucchio di sedimenta-
zioni passive attraverso i pendentemente dalla concreta possibilità che tale transizione si possa compiere
fenomeni di saturazione e in tempi brevi, e mantengono comunque una valutazione positiva del fenomeno
fossilizzazione del persona- apparentemente anche in un orizzonte capitalistico. In modo schematico, pos-
le statale e degli intellettua-
li, del clero e della proprie-
siamo individuare tre argomenti decisivi che sorreggono il giudizio “positivo” di
tà terriera, del commercio Gramsci sul fordismo.
di rapina e dell’esercito Il primo concerne la fenomenologia sociale entro cui ha trovato affermazione il
prima professionale poi di fordismo, che secondo la terminologia in voga nei primi decenni del Novecento
leva, ma professionale per
l’ufficialità. Si può anzi dire
veniva appunto denominato “americanismo”. Questo termine veniva usato in
che quanto più è vetusta è senso dispregiativo, soprattutto da parte di quei ceti che ancora si opponevano
la storia di un paese, e alla piena affermazione della società industriale. L’America – l’americanismo – è
tanto più numerose e gra- appunto l’espressione di un paese che sebbene non abbia il vantaggio di una mil-
vose sono queste sedimenta-
zioni di masse fannullone e
lenaria tradizione culturale alle spalle non ha nemmeno, tuttavia, lo svantaggio
inutili, che vivono del che questa stessa tradizione ha creato: residui feudali, ceti improduttivi, forte
‘patrimonio’ degli ‘avi’, di apparato ecclesiastico, ecc. L’affermazione del fordismo è quindi un momento
questi pensionati della sto- risolutivo, ritiene Gramsci, per modernizzare la cosiddetta “composizione demo-
ria economica” (Q. 22, §2,
Razionalizzazione della grafica della società” europea, nella direzione di una definitiva affermazione delle
composizione demografica, componenti “produttivistiche”67. I ceti eredi delle tradizioni della vecchia Europa,
p. 2141).

52
Terenzio Ma cca belli La “grande trasformazione”

nel momento in cui denigravano la nuova fase industriale di inizio secolo bol-
landola appunto con l’epiteto di “americanismo”, stavano in verità recitando il
loro canto del cigno. Ma era pur sempre una presenza ancora ingombrante quel-
la dei ceti tradizionali, che ostacolavano in qualche modo una completa moder-
nizzazione sociale e produttiva. é esattamente su questo terreno che si misura il
68
vantaggio dell’America, la cui struttura sociale si prestava più facilmente ad assi- Cfr. Q. 22, §2,
milare le trasformazioni associate al fordismo68. Ra ziona lizza zione della
composizione demogra fica ,
Il secondo elemento che sostiene il giudizio positivo del fordismo è uno dei più pp. 2142-2147.
controversi, in quanto legato al problema del “nuovo tipo umano”, alla “discipli-
69
na” e all’immagine del “gorilla ammaestrato” dietro i quali Gramsci legge ten- Si ricorda no qui a lcuni
tra i giudizi più severi su
denze “progressive” nei metodo di razionalizzazione del lavoro di fabbrica. Si Gra msci, a comincia re da
tratta come noto di una complessa linea di ricerca su cui convergono diversi Asor Rosa , secondo cui i
piani della riflessione di Gramsci, da quello pedagogico (Manacorda 1987; giudizio positivi che si leg-
Ricuperati 1997) a quello scientifico e tecnologico (Lefons 1978, p. 125), a testi- gono nei Qua derni sull’a -
merica nismo na scono da
monianza della predilezione di un approccio metodologico teso a fare interagire “un a tta rda mento di
i piani dell’“economia”, della “politica” e della “cultura”. Vi accenniamo qui sol- Gra msci sulle posizioni teo-
tanto brevemente, per ricordare che il momento più delicato e critico è quello riche che furono proprie
della “disciplina”, dello sforzo che bisogna compiere per acquisire una piena della terza Interna ziona le,
e che lo porta rono a perse-
padronanza e capacità di eseguire dei gesto meccanico. Superata queste fase dif- guire l’etica della produtti-
ficile e impegnativa, Gramsci non sembra però avere dubbi sulle possibilità di vità e della dignità del
liberazione che essa dischiude. Rimane comunque aperto il problema fonda- la voro”; di Alfredo Sa lsa no,
mentale: possiede il modello fordista le stesse prerogative positive nel momen- che rimprovera l’intellet-
tua le sa rdo di a vere eluso
to in cui si allontana la prospettiva della transizione socialista? La “persuasione” il problema fonda menta le
e “l’autodisciplina” che proviene dal basso può svolgere un ruolo anche nell’am- a cui il fordismo a priva le
bito di un’organizzazione capitalistica del lavoro? Sono domande a cui pare diffi- porte, cioè la modernizza -
cile rispondere e che, non a caso, hanno provocato notevoli divergenze tra gli zione ca pita listica di sta m-
po ma na geria le e l’a ffer-
interpreti di Gramsci. Se da una parte si è accettato in toto e in modo acritico la ma zione di un “corpora ti-
prospettiva gramsciana sulle valenze progressive del fordismo, dall’altro non vismo tecnocra tico” (tra -
sono mancate feroci critiche indirizzate all’autore dei Qua derni 69. scura to nei Qua derni pri-
vilegia ndo, a nche nelle
Il terzo motivo per cui Gramsci guarda “positivamente” all’americanismo e al for- note di America nismo e
dismo è quello che più direttamente riguarda il nostro discorso, in quanto verte fordismo, il tema del “cor-
sull’emergere del nuovo quadro istituzionale entro cui si vanno ridefinendo i pora tivismo di Sta to” (cfr.
rapporti tra Stato e mercato. Nella fase precedente la grande crisi mondiale, la Sa lsa no 1988); o a ncora di
Pino Ferra ris, secondo cui
razionalizzazione americana è ancora caratterizzata dall’assenza dell’iniziativa sta- Gra msci, oltre a non a vere
tale ed è ancora governata dallo “spontaneismo” delle forze economiche. Il tipo sa puto chia rire il ra pporto
di tipo di Stato in cui prende corpo l’Americanismo è in effetti lo “Stato liberale”. tra a liena zione opera ia e
é tuttavia questa stessa cornice istituzionale, così favorevole alla concorrenza e al orga -nizza zione ca pita listi-
ca del la voro non a vrebbe
libero mercato, che genera spontaneamente il fenomeno delle concentrazioni neppure «colto il nesso pro-
industriali e quindi dei monopoli. duzione sta nda rdizza ta –
“Lo Stato è lo Stato liberale, non nel senso del liberismo doganale, ma nel senso a lti sa la ri – consumismo
più essenziale della libera iniziativa e dell’individualismo economico, giunto con di ma ssa » e la “porta ta sto-
rica » dei «processi di buro-
mezzi spontanei, per lo stesso sviluppo storico, al regime dei monopoli”70. cra tizza zione» insiti nella
Tale situazione viene però considerata da Gramsci come provvisoria, tipica della «gra nde impresa ta yloriz-
fase precedente il 1929. Egli prefigura infatti, “anche per la società americana, un za ta ” (cfr. Ferra rsi 1987,
periodo successivo di iniziativa dello Stato al livello della società civile”, altrimen- pp. 226-227).
ti incapace di recepire e di adattarsi alle nuove esigenze dell’americanismo. “La 70
Q. 1, §135,
razionalizzazione della vita sociale e morale e dell’istintualità delle masse non può America nismo, p. 125.

53
n.20 / 2008

71
“Ed ecco la lotta contro essere affidata alla sola iniziativa dei gruppi industriali, ma impone la formazione
l’alcool, l’agente più perico- di una ideologia statale di tipo nuovo adeguata alle necessità imposte dal nuovo
loso di distruzione delle
forze di lavoro, che diventa
industrialismo” (Battini 1977, vol. II, p. 321). In questi termini vanno intese le “ini-
funzione di Stato. é possibi- ziative ‘puritane’” ad opera dello Stato, che hanno “il fine di conservare, fuori dal
le che anche altre lotte lavoro, un certo equilibrio psico-fisico che impedisca il collasso fisiologico del
‘puritane’ divengano fun- lavoratore, spremuto dal nuovo metodo di produzione”71. Il problema sottolinea-
zione di Stato, se l’iniziativa
privata degli industriali si
to da Gramci è dunque l’organizzazione dello Stato e l’ampliamento delle sue fun-
dimostra insufficiente o si zioni. Nel quadro di una nuova struttura economica, di cui lo Stato è parte inte-
scatena una crisi di mora- grante, il compito essenziale che questi deve realizzare consiste nell’adeguare il
lità troppo profonda ed più rapidamente possibile le norme etiche alla esigenze della produzione.
estesa nelle masse lavoratri-
ci, ciò che potrebbe avveni-
Ma l’espansione dei limiti dello Stato non riguarda solamente l’adeguamento del
re in conseguenza di una “modo di vita” alla razionalizzazione del processo produttivo. Nelle note di
crisi lunga ed estesa di dis- America nismo e fordismo Gramsci avvia un’analisi della nuova fase di sviluppo
occupazione. Quistione dell’economia statunitense e, più in generale, delle economie capitalistiche del-
legata a quella dell’alcool è
l’altra sessuale: l’abuso e l’occidente, caratterizzate dall’ampliamento dell’intervento statale a sostegno
l’irregolarità delle funzioni delle dinamiche di mercato e per il controllo delle dinamiche sociali. Siamo cioè
sessuali è, dopo l’alcooli- in presenza per Gramsci di un mutamento profondo nel rapporto tra politica ed
smo, il nemico più pericolo- economia, dovuto all’infrangersi della tradizionale separazione delle sfere di
so delle energie nervose ed è
osservazione comune che il competenza rispettivamente dello Stato e del mercato. “Tutta la riflessione su
lavoro ‘ossessionante’ pro- America nismo e fordismo, nelle sue varie stratificazioni, converge intorno a un
voco depravazione alcooli- punto centrale, che è nell’innervarsi sempre più stretto dello Stato nella forma-
ca e sessuale. I tentativi fatti
dal Ford di intervenire con
zione sociale capitalistica e nell’ampliarsi delle sue basi politiche di massa in
un corpo di ispettori, nella parallelo al crescere delle strutture organizzative del capitale finanziario” (De
vita privata dei suoi dipen- Giovanni 1977, vol. I, pp. 230-1). I mutamenti legati alla nascita del fordismo si
denti e controllare come vanno dunque strettamente intrecciando con lo sviluppo delle politiche econo-
spendevano i loro salari e
come vivevano, è un indi-
miche statali, segni inequivocabili di una “grande trasformazione” orientata dalla
zio di queste tendenze necessità di pervenire a una economia di tipo programmatico:
ancora ‘private’ o latenti, “Si può genericamente dire che l’americanismo e il fordismo risultano dalla
che possono diventare a un necessità immanente di giungere all’organizzazione di un economia program-
certo punto, ideologia stata-
le, innestandosi nel purita-
matica e che i vari problemi esaminati dovrebbero essere gli anelli della catena
nesimo tradizionale presen- che segnano il passaggio appunto dal vecchio individualismo economico all’e-
tandosi cioè come un rico- conomia programmatica”72.
noscimento della morale La diffusione della politica anche nei meandri dell’economia, che Gramsci guar-
dei pionieri, del ‘vero’ ame-
ricanismo, ecc.” (Q. 22, pp. da come tratto tipico della società europea e americana a partire dagli avveni-
2166-2167). menti che seguono la grande guerra, è perciò l’elemento caratteristico di una
72
nuova situazione storica, entro la quale l’economia deve essere, almeno in parte,
Q. 22, §1, p. 2139. Negli diretta (Badaloni 1981, vol. III, t. 2, p. 338). Inserite nel quadro dei radicali muta-
a nni trenta , il termine
“economia progra mma ti- menti avvenuti nelle società occidentali le provocazioni di Spirito possono allo-
ca ” è a mpia mente usa to in ra nascondere esigenze reali. Nella ultima replica a Benini ed Einaudi l’allievo di
Ita lia , oltre che da Ugo Gentile aveva infatti affermato che “il primo quesito a cui rispondere deve for-
Spirito, a cui Gra msci,
come a bbia mo visto nel
mularsi propriamente così: – qual era il concetto, e quindi la realtà, dello Stato
pa ra gra fo prece-dente, quando si compì la sistemazione classica della scienza economica e quale tra-
dedica numerose note dei sformazione esso ha subito durante il secolo XX? Non rispondere a tale quesito,
Qua derni, a nche da l grup- o ignorare la sua imprescindibilità, significa rendere inutile e assurda ogni solu-
po che ruota a ttorno a
Botta i e a lla Scuola di
zione dei problemi relativi all’azione dello Stato: ma, intanto, rispondervi signifi-
studi corpora tivi di Pisa . ca trascendere la presunta economia pura e affacciarci in quel più grande campo
della storia, dal quale l’Einaudi pretende ritrarsi” (Spirito 1930, p. 173).

54
Terenzio Ma cca belli La “grande trasformazione”

73
Se le declamazioni sull’identità tra individuo e Stato sono severamente criticate Questi a spetti sono a d
esempio colti da Gra msci
da Gramsci, l’interrogativo sulle trasformazioni subite dal concetto di Stato in una riflessione sul ruolo
“durante il secolo XX” viene preso molto seriamente. Le questioni sollevate da a ssunto da llo Sta to – negli
Spirito assumono allora una valenza diversa se lette alla luce degli effettivi muta- a nni della gra nde crisi –
menti in atto nelle economie industriali, ed è per questo che le farraginose elu- come punto di concentra -
zione del rispa rmio delle
cubrazioni di Spirito sono giudicato pur sempre il “segno dei tempi”, espressio- ma sse: “Si può dire che la
ne di condizioni storiche “in via di sviluppo”. E se di fronte a questi mutamenti ma ssa dei rispa rmia tori
Spirito “annega la realtà economica in un diluvio di parole e di astrazioni”, vuole rompere ogni lega me
Einaudi e in generale gli economisti liberali non sanno contrapporre altro che diretto con l’insieme del
sistema ca pita listico priva -
un’immagine fossilizzata dell’economia politica. to, ma non rifiuta la sua
Per Gramsci la struttura economica ha assunto una fenomenologia decisamente fiducia a llo Sta to: vuole
più complessa, in quanto lo Stato è diventato un elemento importante e non più pa rtecipa re a lla a ttività
eco-nomica , ma a ttra verso
trascurabile nella sfera economica73. Ecco allora che Gramsci arriva a porre la lo Sta to, che ga ra ntisca un
questione tanto caldeggiata da Spirito: “Può lo Stato disinteressarsi dell’organiz- interesse modico ma sicu-
zazione della produzione e dello scambio? Lasciarla, come prima, all’iniziativa ro. Lo Sta to viene così a d
della concorrenza e all’iniziativa privata?”74. Vi è nei fatti una crescente interse- essere investito di una fun-
zione di prim’ordine nel
zione tra le attività dello Stato e la dinamica dell’economia che pone ormai in ter- sistema ca pita listico, come
mini nuovi il problema, anche sul piano teorico. Riferendosi probabilmente pro- a zienda (holding sta ta le)
prio alla relazione di Spirito al convegno di Ferrara, Gramsci osserva che la che concentra il rispa rmio
“nazionalizzazione delle perdite e dei deficit industriali” – dovuta al fenomeno da porre a disposizione
dell’industria e della a ttivi-
dei salvataggi delle grandi imprese in difficoltà – è un chiaro segno dei mutati tà priva ta , come investitore
rapporti tra Stato ed economia. “Da questo complesso di esigenze, non sempre a medio e a lungo termine”
confessate, nasce la giustificazione storica delle così dette tendenze corporative, (Q. 22, §14 Azioni, obbliga -
che si manifestano prevalentemente come esaltazione dello Stato e come diffi- zioni, titoli di Sta to, pp.
2175-2176).
denza e avversione alle forme tradizionali del capitalismo”. Gramsci sottolinea al
riguardo alcuni degli “elementi più organici ed essenziali” che “conducono all’in- 74
Q. 22, §14 Azioni, obbli-
tervento statale, o lo giustificano teoricamente: l’aggravarsi dei regimi doganali e ga zioni, titoli di Sta to, p.
delle tendenze autarchiche, i premi, il dumping, i salvataggi delle grandi impre- 2176.
se in via di fallimento o pericolanti” (appunto la “nazionalizzazione delle perdite 75
Q. 22, §14 Azioni, obbli-
e dei deficit industriali” discussi da Spirito)75. ga zioni, titoli di Sta to, pp.
Sono appunto questi motivi che spingono Gramsci non certo ad avallare ma in 2176-2177.
qualche modo a legittimare le istanze di rinnovamento del sapere economico 76
Q. 8, §216 Noterelle di
propugnate da Spirito e dal suo sodale Arnaldo Volpicelli. La formula “economia economia . Ugo Spirito e C,
secondo un piano” propugnata dai sostenitori dell’indirizzo corporativo è anco- p. 1077.
ra velleitaria, ancorata com’è ad un linguaggio “puramente verbale” e privo di 77
I limiti della soluzione
riscontro sul terreno reale; ma è comunque giudicata come “espressione ancora corpora tivo sono comun-
‘utopistica’ di condizioni in via di sviluppo”76, che riflette una trasformazione que per Gra msci del tutto
della struttura economica di cui Spirito e Volpicelli hanno compreso la portata pa lesi. Fa r pa ssa re l’orga -
più di molti economisti puri. nizza zione corpora tiva
come un supera mento del
In questo contesto prende corpo l’idea che il fascismo sia stato anche una delle ca pita lismo significa
risposte alla crisi del mercato autoregolato77. Se il “fordismo” era stato essenzial- dimentica re che “tra la
mente una risposta economica – pur con tutte le conseguenze che abbiamo dis- struttura economica e lo
cusso anche a livello sovrastrutturale – il fascismo era stata una risposta politica, Sta to con la sua legisla zio-
ne e la sua coercizione sta
che tuttavia sotto la pressione dei mutamenti strutturali stava incidendo, o per lo la società civi-le, e questa
meno cercava di incidere, anche sull’organizzazione dell’economia. deve essere ra dica lmente
Americanismo e fordismo, da un lato, e fascismo, dall’altro, diventano pertanto tra sforma ta in concreto e
agli occhi di Gramsci due modelli idealtipici – appartenenti al genere delle “rivo- non solo sulla ca rta della

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n.20 / 2008

legge e dei libri degli scien- luzioni passive” – che preludono le trasformazioni verso forme di “economia
zia ti”. Se quindi è vero che programmatica”. Come noto, il giudizio sul fascismo come “rivoluzione passiva”
“lo Sta to è lo strumento per è l’esito di un travagliato processo intellettuale. Nelle prime note dei Qua derni
a degua re la società civile
a lla struttura economia ” è Gramsci descriveva ancora il fascismo (e il corporativismo) come fenomeni che
comunque necessa rio che hanno “avuto origine di polizia economica, non di rivoluzione economica”78,
“lo Sta to ‘voglia ’ fa r ciò, aggiungendo tuttavia, quasi a prefigurare il giudizio più maturo cui perverrà
che cioè a gui-da re lo Sta to
sia no i ra ppresenta nti del
poco tempo dopo, che “gli uomini senza volerlo [ubbidiscono] agli imperativi
muta mento a vvenuto nella della storia”: il “rivolgimento” fascista si iscriveva in questo senso entro la corni-
struttura economica ” (Q. ce dell’americanismo. Solo però nel Qua derno 22 il fascismo “si configura sta-
10, §15, Noterelle di econo- bilmente” agli occhi di Gramsci “come rivoluzione passiva”.
mia , pp. 1253-1254). Il cor-
pora tivismo non ha a ffa tto
“Non sarebbe il fascismo la forma di “rivoluzione passiva” propria del secolo XX
a nnulla to l’orga nizza zione come il liberismo lo è stato del secolo IX? […] Si potrebbe così concepire: la
ca pita listica della produ- rivoluzione passiva si verificherebbe nel fatto di trasformare la struttura econo-
zione, che continua a d mica “riformisticamente” da individualistica a economia secondo un piano (eco-
essere sorretta da lla logica
del pro-fitto e dell’a ccumu-
nomia diretta)”79.
la zione (Cfr. Rossi e Va cca La crisi dell’economia liberale ha partorito il fascismo, una delle forme in cui la
2007, pp. 135-143). società ha reagito al predominio ottocentesco del mercato. La trasformazione
78
dello Stato si inserisca dunque in un discorso molto articolato e complesso che
Q. 1, §135,
America nismo, p. 124. ruota attorno alla crisi dell’economia liberale, al fallimento delle rivoluzione in
Nella nota , intitola ta Occidente, ai fenomeni dell’americanismo e del fordismo, alla genesi del fasci-
America nismo, Gra msci smo e infine alle rappresentazioni dottrinali dello Stato da parte degli intellet-
discute il libro di Fovel tuali80. Questi fenomeni racchiudono il senso della “grande trasformazione” indi-
Economia e corpora tivi-
smo e la recensione fa tta ne viduata da Gramsci. La posta in gioco è il collasso, supposto definitivo, della
da Pa gni (cfr. Voza xxxx, decantata autonomia delle leggi economiche. Il fordismo, frutto degli stessi auto-
p. 201). matismi del mercato, apre in verità le porte a una rivincita del momento “politi-
79
Come ha sottolinea to
co” che, dopo essersi ritratto nel corso dell’Ottocento per lasciare libero sfogo
Pa squa le Voza , a ttra verso alle leggi di mercato, riacquista una decisiva priorità funzionale, anche nella sfera
il concetto di “rivoluzione dell’organizzazione economica.
pa ssiva ” Gra m-sci intende Vi sono dunque tutti gli elementi per completare il quadro sul complessivo
ca ra tterizza te la “nuova
morfologia ” dei processi
mutamento intervenuto nella concezione dello Stato. Come sottolineato dalla
economici, politici e socia li storiografia, questo mutamento è avvenuto sotto il segno di un progressivo
successi-vi a l primo conflit- “allargamento” semantico. La prima fonte di questo allargamento è di tipo “cul-
to mondia le e a “quella che turale” e discende dalla nozione di “intellettuali” che costruisce uno dei punti
si può considera re l’ultima
guerra di movimento, va -le
cardine della riflessione gramsciana. Angelo Rossi e Giuseppe Vacca hanno
a dire la Rivoluzione recentemente attirato l’attenzione su una lettera a Tania nel quale Gramsci, nel
d’ottobre” (Voza xxxx, ribadire il proprio interesse per una storia degli intellettuali italiani, sottolineava
pp. 202-203). come a questo fosse associata l’esigenza di “approfondire il concetto di Stato”. E
80
Cfr. Q. 1, §150, La conce- di conseguenza, mano a mano che il concetto sempre più ampio di intellettuali
zione dello Sta to secondo prendeva corpo, anche il corrispondente concetto di Stato risultava “allargato”81.
la produttività [funzione] La seconda fonte dell’allargamento semantico che abbiamo discusso in queste
delle cla ssi socia li, pp. 132- pagine nasce invece sul terreno economico, in particolare dai mutamenti avve-
133: “Si può dire questo:
essendo lo Sta to la cornice nuti sul terreno delle relazioni tra politica ed economia.
concreta di un mondo pro-
dut-tivo, ed essendo gli 5. Considerazioni conclusive: oltre lo Stato?
intellettua li l’elemento
socia le che si identifica
meglio col persona le gover- Nell’excursus proposto in queste pagine si è cercato di mostrare la crescente
na -tivo, è proprio della complessità con cui l’autore dei Qua derni ha affrontato il problema dei rappor-

56
Terenzio Ma cca belli La “grande trasformazione”

ti tra Stato ed economia. Partito dall’idea della necessaria “scissione” tra momen- funzione degli intellettua li
to economico e momento politico Gramsci è giunto a una revisione quasi totale porre lo Sta to come un a sso-
luto: così è concepita come
di questo approccio. Gramsci ha innanzitutto proceduto a rielaborare il concet- a ssoluta la loro funzione
to di Stato, attraverso quel metodo dell’allargamento semantico ampiamente sot- storica , è ra ziona lizza ta la
tolineato dalla critica gramsciana. A ciò si deve tuttavia aggiungere che lo stesso loro esistenza ”.
concetto di “economia” – e il suo correlato di “società civile” – hanno subito lo 81
“Io estendo molto la nozio-
stesso trattamento. L’esito di tutto questo è che Gramsci – anche se non lo dice ne di intellettuale e non mi
esplicitamente – mette in seria discussione quella specializzazione disciplinare limito alla nozione corrente
avvenuta nella scienze sociali che ha condotto alla netta separazione dei piani che si riferisce ai grandi
intellettuali. Questo studio
dell’economia, della società e della politica. Una specializzazione che, in nuce porta anche a certe determi-
negli economisti classici, aveva una sua legittimazione, venuta meno a seguito nazioni del concetto di Stato
delle trasformazioni strutturali avvenute nei primi decenni del Novecento. Che che di solito è inteso come
questa non sia astratta elucubrazione “metodologica” è provato dal concreto società politica (o dittatura o
apparato coercitivo per con-
procedere di Gramsci nell’analisti del “fordismo”, dove ha attuato un metodo formare la massa popolare
d’indagine volto a mettere in rilievo la forte interdipendenza tra fenomeni eco- secondo il tipo di produzione
nomici, sociali e politici. E anche nell’analisi del fascismo Gramsci ha posto le o l’economia di un momento
basi di un approccio teorico in cui vengono ridisegnati i rapporti tra politica ed dato) e non come equilibrio
della società politica con la
economia, che diventano parte di un “tutto” culturale (Adamson 1980, p. 630). società civile (o egemonia
L’interrogativo sul piano delle ripercussioni politiche (nel senso degli obiettivi d’un gruppo sociale sull’inte-
politici) esula dai compiti che ci siamo prefissi. Un cenno conclusivo è comun- ra società nazionale esercita-
que doveroso, se non altro per il fatto che qualsiasi discussione su Gramsci e lo ta attraverso le organizzazio-
ni cosiddette private, come la
Stato, ancorché da un visuale di storia del pensiero economico, non può pre- chiesa, i sindacati, le scuole,
scindere dal ricordare che la riflessione gramsciana si situa nella tradizione mar- ecc.) e appunto nella società
xista che prefigura l’estinzione dello Stato quale orizzonte ultimo dell’azione civile operano gli intellettuali”
politica. Ed è doveroso richiamare questo aspetto perché ritorna in questo con- (cit. Rossi e Vacca 2007, p. 47)
testo l’immagine dello Stato da cui siamo partiti, ossia quella dello “Stato guar-
diano notturno”.
Da questo punto di vista, il punto chiave è quella concezione “allargata” dello
Stato cui abbiamo accennato nel quale “entrano elementi che sono da riportare
alla nozione di società civile (nel senso, si potrebbe dire, che Stato = società poli-
tica + società civile, cioè egemonia corazzata di coercizione)”. Il cuore del dis-
corso verte sulla possibilità di superare il momento della coercizione, cosa che a
parere di Gramsci potrà realizzarsi solo nel momento in cui si andranno affer-
mando “elementi sempre più cospicui di società regolata (o Stato etico o socie-
tà civile)”. L’autodisciplina dovrebbe allora sostituire la coercizione, secondo
modalità che non sembrano affatto semplici. Ma il punto che vorremmo sottoli-
neare è appunto il paradosso di uno “Stato senza Stato” per descrive il quale
Gramsci non può fare a meno di ricorrere all’immagine dello “Stato gendarme-
guardiano notturno” che, dal punto di vista dottrinario, si carica di motivi pro-
gettuali che gli sono del tutto estranei. L’orizzonte dello Stato guardiano-nottur-
nio che invera l’ideale socialista della “libertà organica” è paradossale non solo se
visto nell’ottica della tradizione liberale, ma anche pensando all’inventore di tale
espressione, cioè Lassalle, secondo Gramsci “uno statalista dogmatico e non dia-
lettico”. Ma agli occhi di Gramsci è questa la sola concezione dello Stato in grado
di superare “le estreme fasi ‘corporative-economiche’”:
“Nella dottrina dello Stato > società regolata, da una fase in cui Stato sarà ugua-
le Governo, e Stato si identificherà con società civile, si dovrà passare a una fase

57
n.20 / 2008

di Stato-guardiano notturno, cioè di una organizzazione coercitiva che tutelerà


lo sviluppo degli elementi di società regolata in continuo incremento, e pertan-
82
Q. 6, §88, Sta to genda rme
to riducente gradatamente i suoi interventi autoritari e coattivi. Né ciò può far
- gua rdia no notturno, pp. pensare a un nuovo “liberalismo”, sebbene sia per essere l’inizio di un’era di
763-764. libertà organica82.
83
La dimensione “utopica” che caratterizza questa prospettiva politica è ben pre-
Sul concetto di egua glia n-
za in Gra msci, in verità
sente a Gramsci, come egli stesso tiene a sottolineare: il superamento del
non a lieno da difficoltà momento coercitivo richiede l’avverarsi di una condizione che tutti gli scienziati
interpreta tive, si veda politici hanno sempre assunto come ipotesi del loro ragionamento, senza la
Revelli (1988). quale non sarebbe concepibile la teoria dello “stato senza Stato”. Ma nel fare ciò
84
Sulle ma trici a ristoteliche
non si discostavano dalla “pura scienza” – ossia dalla “pura utopia” – basandosi
della concezione gra mscia - “sul presupposto che tutti gli uomini sono realmente uguali e quindi ugualmen-
na dello Sta to e della te ragionevoli e uguali, cioè passibili di accettare la legge spontaneamente, libe-
“società regola ta ”, cfr. ramente e non per coercizione, come imposta da altra classe, come cosa esterna
Fontana (2002, pp. 157-178).
alla coscienza”.
85
é da nota re […] la con- Ma la condizione della libertà “organica” è da realizzarsi anche e soprattutto sul
fusione tra il concetto di terreno economico, attuando una maggiore uguaglianza materiale tra gli indivi-
Sta to-cla sse e il concetto di dui. Questa idea viene sottolineata anche nelle critiche all’idee di Spirito sulla
società regola ta . […]
Finché esiste lo Sta to-cla sse “società regolata”, che rimane puro “verbalismo” se non accompagnata da una
non può esistere la società radicale mutamento nei rapporti economici e sociali. Il superamento della coer-
regola ta , a ltro che per cizione e l’avvento dell’autodisciplina necessitano dunque una maggiore egua -
meta fora , cioè solo nel
senso che a nche lo Sta to-
glia nza economica. Solo in questo modo è possibile dare contenuto anche all’e-
cla sse è una società regola - guaglianza politica, altrimenti destinata a rimanere un vuoto principio formale83.
ta . Gli utopisti, in qua nto La “società regolata” di Gramsci84 e l’estinzione dello Stato potrà dunque avve-
esprimeva no una critica rarsi solo nel momento in cui si infrangeranno i legami gerarchici tra le classi85.
della società esistente a l
loro tempo, comprendeva -
no benissimo che lo Sta to- Riferimenti bibliografici
cla sse non poteva essere la
società regola ta , ta nto è W. L. Adamson, Gra msci’s Interpreta tion of Fa scism, “Journal of the History of
vero che nei tipi di società Ideas”, vol. 41, n. 4, Oct., 1980
ra ppresenta ti da lle diverse
utopie, s’introduce l’ugua -
N. Badaloni, Libertà individua le e uomo collettivo in Gra msci , in Ferri (1977)
glia nza economica come N. Badaloni, Gra msci: la filosofia della pra ssi come previsione, in Storia del ma r-
ba se necessa ria della rifor- xismo, Einaudi, Torino, 1981, vol. III, t. 2,
ma progetta ta : ora in que- N. Badaloni, Due ma noscritti inediti di Sra ffa su Gra msci , “Critica Marxista”, n. 6,
sto gli utopisti non era no 1992
utopisti, ma concreti scien- G. Baratta, A. Catone (a cura di), Modern Times. Gra msci e la critica dell’a meri-
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da to da l fa tto che riteneva - (a cura di), Teoria politica e società industria le. Ripensa re Gra msci , Boringhieri,
no si potesse introdurre l’u- Torino, 1988
gua glia nza economica con M. Battini, Alcune osserva zioni su “America nismo e fordismo”, in Ferri (1977)
leggi a rbitra rie, con un a tto
di volontà , ecc. Rima ne
R. Benini, L’ordina mento corpora tivo della na zione e l’insegna mento
però esa tta mente il concet- dell’Economia politica . Lettera a perta di Rodolfo Benini a l Prof. Ugo Spirito,
to […] che non può esistere “Nuovi studi di diritto, economia e politica”, vol. III, fasc. 1, 1930, in U. Spirito
ugua glia nza politica com- (1930)
pleta e perfetta senza ugua - N. Bobbio, Gra msci e la concezione della società civile, Feltrinelli, Milano, 1976
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60
Giorda no Sivini
I mutui subprime e le attività predatorie
del capitale finanziario negli Stati Uniti

Borderline

Negli Stati Uniti ci sono milioni di famiglie che vengono espropriate della casa
perché non sono in grado di pagare le rate di mutui garantiti da ipoteche immo-
biliari. I mutui sono stati trasformati in titoli finanziari mediante la cartolarizza-
zione. Con questa trasformazione, i costi sostenuti dai mutuatari alimentano flus-
si di cassa che remunerano i detentori dei titoli e gli intermediari finanziari che
li hanno creati e che li gestiscono. Quando una parte consistente di mutuatari si
è trovata nella condizione di non poter rimborsare i prestiti, i flussi di cassa si
sono inariditi ed i titoli hanno perso valore. Per la posizione che avevano sul mer-
cato finanziario, il loro crollo ha provocato effetti domino. Il mondo della finan-
za è stato investito da una generale crisi di fiducia, che ha inceppato i rapporti
tra gli istituti finanziari e provocato perdite ingenti.
Un’ampia pubblicistica si è occupata e si occupa delle insolvenze dei mutuatari
e delle espropriazioni delle case. Mette in evidenza che i sottoscrittori dei mutui
sono stati vittime di mediatori e di agenzie che ricorrevano a pratiche comune-
mente definite predatorie, ingannando i clienti con offerte apparentemente con-
venienti. A queste pratiche fa risalire sia gli alti costi dei mutui subprime, sia l’e-
levato livello di insolvenze. Una parte della pubblicistica riconosce anche che le
pratiche predatorie si sono generalizzate per la facilità con cui i mutui subprime
sono stati acquistati da chi aveva interesse a trasformarli in titoli.
In questo lavoro affronto un problema che è stato trascurato. La trasformazione
dei mutui in titoli ha contribuito a far lievitare i costi adossati ai mutuatari. Sono
serviti a remunerare gli intermediari finanziari intervenuti nel processo di carto-
larizzazione; a coprire i rischi di insolvenza ai livelli che le agenzie di rating rite-
nevano adeguati; e, soprattutto, a rendere più appetibili i titoli rispetto ad altri
trattati sul mercato finanziario.
Per analizzare questo aspetto della crisi dei subprime, nei primi paragrafi del
lavoro mi soffermo sul sistema di a pa rtheid finanziaria, che assoggetta i consu-
matori americani con una incerta credit history a condizioni di credito gravose;
accenno alla situazione di milioni di famiglie costrette a subire l’espropriazione
delle case; descrivo le pratiche predatorie che le hanno indotte a sottoscrivere i
mutui. Nei paragrafi successivi esamino gli strumenti finanziari messi in atto dalle
grandi banche di Wall Street per realizzare utili basati sui flussi di cassa dei mutui;

61
infine metto in evidenza come siano stati imposti ai mutuatari costi crescenti al
fine di rendere i titoli più attrattivi per investitori e speculatori.
Nelle conclusioni faccio riferimento all’interpretazione di alcuni economisti che,
sulla scorta del pensiero di Minsky, guardano alla crisi del circuito finanziario dei
subprime come ad un ponzi scheme, che, per eccesso di speculazione, finisce
col svalorizzare il capitale finanziario. Rilevo che questa, come altre interpreta-
zioni tutte interne alla logica della finanza, trascura il problema del rapporto tra
il capitale e l’economia reale. Avanzo la tesi che quello dei mutui subprime è da
considerare un caso paradigmatico del modo in cui, secondo la tesi di Harvey e
Arrighi, il capitale finanziario realizza l’accumulazione attraverso la spoliazione di
ricchezza sociale.

L’ a pa r theid finanziario

“Nel nostro paese abbiamo una fina ncia l a pa rtheid“, dice William Brennan,
avvocato specializzato in abusi sui mutui, riferendosi ai mutuatari subprime. “E’
gente di basso reddito, spesso minoranze etniche oberate da iniqui tassi di inte-
1
T.L. O'Brien, “Lowering resse”1. Al mercato dei subprime è costretto chi ha una ba d credit history, una
the Credit Fence; Big storia che viene espressa sinteticamente da un FICO credit score. Il punteggio
Pla yers Are Jumping Into deriva dalla valutazione di dati che compaiono sulla scheda personale di ogni
Risky Loa n Business”, New
York Times (NYT), consumatore americano, e sono riferiti alla loro situazione debitoria.
December 13, 1997. Tre grandi organizzazioni - Transunion, Experian, ed Equifax - raccolgono da
molteplici fonti (depositi bancari, istituti che gestiscono carte di credito, assicu-
razioni, enti che erogano servizi) le informazioni sui redditi, sui debiti, sui paga-
menti; stilano con frequenza mensile rapporti individuali; e, mediante modelli
matematici messi a punto da una società specializzata, assegnano ad ogni con-
sumatore un punteggio, appunto il FICO score. Per la sua determinazione, le
informazioni vengono pesate. Su un valore massimo di 900 scores la puntualità
nei pagamenti pesa fino al 35 per cento, il rispetto dei limiti di credito fino al 30
per cento, l’ampiezza temporale della storia dei crediti fino al 15 per cento, la
quantità di canali di credito e i tipi di credito ciascuno fino al 10 per cento.
Il FICO score definisce il rischio di credito di ciascun consumatore, ed in base ad
esso vengono definite le condizioni a lui applicate per qualsiasi finanziamento,
dall’acquisto di un’automobile, al prestito personale, al mutuo sulla casa.
Ciascuno ha diritto di conoscere il proprio indice rivolgendosi alle organizzazio-
ni che lo produce; in realtà pochi lo sanno o lo fanno.
Se il punteggio varia tra 900 e 700, al consumatore che ha bisogno di credito ven-
gono applicate condizioni “prime” o “A”; nel caso del mutuo immobiliare, un
buon tasso fisso, sempre che disponga di una adeguata copertura ipotecaria e di
un appropriato rapporto tra reddito e rata di mutuo. Le condizioni si fanno via
via più gravose quando il punteggio si abbassa; con meno di 640-620 gli vengo-
no attribuite condizioni “subprime” o “B”. Se ha avuto difficoltà a rispettare le
scadenze nei rimborsi, o ha dovuto ricorrere a una pluralità di prestiti per farvi
fronte, ne paga dunque le conseguenze, indipendentemente dalle cause all’ori-
gine di questi comportamenti, il più delle volte eventi inattesi e non voluti.
Il consumatore che non ha un conto in banca finisce, in quanto privo di una cre-
dit history, in una sottospecie dei subprime, l’Alternative-A, correntemente Alt-A.

62
Giorda no Sivini I mutui subprime e le attività predatorie

I mutui per l’acquisto e la ristrutturazione della casa sono deducibili dalle tasse,
ma quelli immobiliari subprime sono serviti a questo scopo solo in piccola parte.
“Molte famiglie di medio e basso reddito hanno pensato che indebitarsi con le
proprie case è una maniera sensata per riempire i buchi dei bilanci familiari, e, in
maniera senza precedenti, sono ricorse ad ipotecarle per avere soldi o rifinan-
ziare debiti”2. La spinta ai consumi attraverso l’indebitamento è una costante del- 2
E. Schloemer, W. Li, K.
l’economia statunitense, e l’indebitamento coperto dal mutuo sulla casa era Ernst, K. Keest, Losing
Ground: Foreclosures in
anche in passato abbastanza diffuso3. Una campagna pubblicitaria, via tv e ma il the Subprime Ma rket a nd
spam, ha sollecitato ad accendere mutui ipotecari per far fronte a consumi, inve- Their Cost to Homeowners,
stimenti e debiti da carte di credito, nonostante fosse evidente che “con un debi- Center for Responsible
to derivante dall’utilizzazione della credit card si può arrivare al fallimento, men- Lending, December 2006.
tre con il mutuo immobiliare si può perdere la casa, proprio come spesso accade”4. 3
P. Jorion, “Misère de
l’Eta t-Providence a ux
“Il sogno a mer ica no pignor a to” 5 Eta ts-Unis: l’exemple de la
politique a mérica ine du
logement“, L’Homme et la
Nel 2007 sono state registrate 2,2 milioni di azioni legali contro proprietari di société, 163-164, 2007.
case che non avevano fatto fronte ai debiti contratti con mutui immobiliari. Nel
4
2006 le azioni erano state 1,3 milioni, nell’anno precedente 0,9; nel 2004 0,7; nel M. Moss, “Era se Debt Now.
(Lose Your House La ter.)”,
1993 solo 0,4. Questi dati non si riferiscono ad azioni direttamente finalizzate NYT, October 10, 2004.
all’espropriazione di case, bensì a notifiche di insolvenze, pignoramenti, aste e
cessioni ai creditori; più azioni, dunque, che possono riguardare uno stesso 5
F. Fessenden,
mutuo. I mutuatari colpiti sono stati 1,3 milioni nel 2007, con un aumento del 75 “The America n Drea m
Foreclosed”, NYT, 14
per cento rispetto all’anno precedente; negli ultimi due anni, dunque, più di 2,2 ottobre 2007.
milioni; altri due milioni – secondo recenti stime - non si troveranno in stato di
insolvenza nel 2008 e 2009, sui tre milioni e mezzo che si stanno dibattendo in
6
debiti superiori al valore della casa6. Volunta ry Loa n
Modifica tion, Center for
Questi dati si riferiscono a tutti i mutui immobiliari, ma un peso determinante Responsible Lending,
nella diffusione delle procedure legate all’insolvenza l’hanno i mutui subprime, Ja nua ry 30, 2008.
accordati a persone in condizioni economiche precarie, che spesso già stavano
subendo le conseguenze di crisi localizzate. Una analisi, peraltro riferita agli anni
precedenti alla crisi, dal 1999 al 2005, mette in evidenza che, tra le cause di insol-
venza, la principale (41,5 per cento) è riconducibile alla contrazione del reddito 7
Sta tement of J. M. Robbins,
familiare dovuta alla perdita di un posto di lavoro; pesano poi (38,4 per cento) Cha irma n of the Mortga ge
altri eventi inattesi: dalla rottura delle relazioni familiari, alle malattie, ai decessi7. Ba nkers Associa tion, before
Le conseguenze dell’espropriazione della casa sono drammatiche. “La perdita the US House Committee on
Fina ncia l Services, on
non riguarda solo il posto in cui si vive e, con esso, di una parte significativa della “Subprime Preda tory
propria ricchezza; riduce anche le capacità di contrarre nuovi prestiti e impedi- Lending”, Ma rch 27, 2007.
sce l’acquisto e persino l’affitto di una nuova abitazione”8.
8
La crisi si manifesta in forme più acute nelle aree in cui le minoranze nere ed Sheltering Neighborhoods
from the Subprime
ispaniche hanno maggior peso, e in genere nei quartieri popolari, ma si sta Foreclosure Storm, Joint
estendendo anche al ceto medio. Tra le aree metropolitane è in testa, per nume- Economic Committee
ro di azioni legali, Detroit. Dal 2001 al 2006 aveva perso oltre 130 mila posti di Specia l Report, 2007.
lavoro, e nel 2007 cinque famiglie su cento sono state coinvolte nei pignora- 9
Rea ltyTra c Yea r-End 2007,
menti, altre tre nel 20069. Metropolita n Foreclosure
Quando le famiglie espropriate sono costrette ad abbandonare le case, queste, Ma rket Report, Februa ry
sempre più spesso invendute, rimangono abbandonate, e tutto il quartiere si 13, 2008.
deteriora. A Cleveland dove sono state cacciate 14 mila famiglie, molti edifici non

63
n.20 / 2008

più occupati sono stati demoliti per prevenire il diffondersi di atti vandalici e di
10
C. Ma a g, “Clevela nd Sues incendi dolosi10. I costi gravano su chi resta; e se, le tasse sulla proprietà immo-
21 Lenders Over Subprime biliare non aumentano in proporzione alle spese di intervento, diminuiscono i
Mortga ges”, NYT, Ja nua ry
12, 2008. servizi pubblici, cresce l’insicurezza, cala il valore degli immobili; chi se ne vor-
rebbe andare non riesce a venderli. I servizi commerciali si contraggono, e si
moltiplicano altri tipi di insolvenze, in particolare relative all’uso delle carte di
credito.
I sindaci di Cleveland e di Baltimora sono stati i primi a reagire, chiamando in
causa, sul piano giudiziario, chi ritenevano all’origine della situazione. Cleveland
ha denunciato ventuno grandi finanziarie per le responsabilità che avrebbero
avuto nella concessione di prestiti ipotecari a condizioni esose; Baltimora si è
limitata ad agire contro un istituto locale accusato di pratiche predatorie.
Iniziative di questo tipo si stanno diffondendo, e crescono anche le cla ss a ctions
(116 nel 2006 e 166 nel 2007) di mutuatari contro società che hanno operato nel
mercato primario, anche se, a seguito della crisi, molte sono già fallite.
L’alto tasso di espropriazioni non è il prezzo pagato per consentire a strati socia-
li meno abbienti di accedere alla proprietà della casa, come voleva la retorica
della ownership society di Bush. Il numero di case espropriate è infatti più alto
di quelle acquistate. Il calcolo, non contestato, è stato fatto alla fine del 2006 dal
Center for Subprime Lending, una organizzazione nata per la tutela dei mutuata-
ri; e da allora la situazione è peggiorata. Tra il 1998 e il 2006 circa 1,4 milioni di
mutuatari subprime avevano acquistato per la prima volta una casa, ma nello stes-
11
Testimony of M. D. so periodo altre 2,4 milioni l’avevano persa od erano in procinto di perderla11.
Ca lhoun, Center for
Responsible Lending, before
the US House Committee on
Le pr a tiche pr eda tor ie
Fina ncia l Services, on
“Subprime Preda tory “I mutui subprime si sono propagati come una corsa all’oro, dove l’oro era la ric-
Lending”, Ma rch 27,2007: chezza investita nella proprietà della casa. Una corsa determinata dal collasso
delle regole di sottoscrizione dei mutui. Per essere chiari, queste regole sono
12
I. Ackelsberg, Esquire, state travolte dalla caccia al profitto ad ogni costo”12. Negli anni ‘90 il valore com-
Written Sta tement before
the U.S. Sena te Committee
plessivo dei mutui negli Stati Uniti si aggirava sui mille miliardi di dollari; si è mol-
on Ba nking, Housing a nd tiplicato per quattro tra il 2001 e il 2003; poi si è assestato attorno a 3 mila miliar-
Urba n Affa irs, on di. I mutui subprime sono progressivamente cresciuti. Erano, in valore sul tota-
“Mortga ge Ma rket Turmoil: le dei mutui immobiliari, il 5 per cento nel 1994, 9 nel 1996, 13 nel 1999; hanno
Ca uses a nd Consequences”,
Ma rch 21, 2007
superato il 20 per cento nel 2006; in quantità intorno al milione all’anno fino al
2002, un milione e mezzo nel 2003, due milioni e duecento mila nel 2004, tre
milioni e 300 mila nei due anni successivi.
Quelli finalizzati al primo acquisto di una casa sono cresciuti percentualmente
dall’8 all’11 del totale dei subprime negli ultimi cinque anni; gli altri sono serviti
per rifinanziare debiti preesistenti, ristrutturare, sostenere consumi e costi
imprevisti. Il rifinanziamento di mutui già coperti da ipoteca era stato possibile
tra il 2001 e il 2005, quando, per il valore delle case sempre crescente, l’accre-
sciuto valore dell’immobile garantiva il nuovo prestito. Quando nel 2006 la ten-
denza del mercato immobiliare si è invertita, il rifinanziamento ha cessato di
essere una opzione.
Con l’aumento dei tassi di interesse deciso dalla Federal Reserve nel 2004 la sot-
toscrizione di mutui a tasso fisso è andata rallentando. Mediatori e agenzie di cre-

64
Giorda no Sivini I mutui subprime e le attività predatorie

dito sono stati allora spinti ad impegnarsi sempre più sul ‘mercato emergente’
dei subprime, adattando la propria offerta alle condizioni di gente economica-
mente in difficoltà, rendendola così semplice da attrarre anche persone che
avrebbero potuto aspirare a mutui a tasso fisso13. 13
Sul fenomeno dei mutui
Sono stati aggirati i vincoli posti a garanzia della capacità di rimborso dei mutua- subprime sottoscritti da
persone con buone credit
tari. Nelle richieste di mutuo non c’è stato più bisogno di documentare il reddi- histories cfr. R. Brooks, R.
to. Questi ‘sta ted income’ loa ns, definiti anche ‘lia rs loa ns’, riguardavano nel Simon, “As Housing
2006 più del 50 per cento dei mutui subprime. C’erano persino i ‘nina ’ loa ns, Boomed, Industry Pushed
una abbreviazione per ‘no income, no a ssets‘, che prescindevano dall’indicazio- Loa ns to a Broa der
Ma rket”, Wa ll Street
ne del valore dell’immobile. Oltre diecimila periti che avrebbero dovuto atte- Journa l, December 5, 2007.
starlo hanno sottoscritto una petizione diretta alle autorità federali di controllo
per denunciare di essere stati sottoposti a minacce quando avevano rifiutato di
gonfiare i valori degli immobili ai livelli richiesti dalle agenzie di credito.
Rimossi i vincoli relativi al reddito e al valore della proprietà immobiliare, coloro
che aspiravano al mutuo venivano convinti con proposte di pagamenti facilitati e
promesse di futuri rifinanziamenti a condizioni migliori. Il sistema più diffuso - il
91 per cento dei casi nel 2006 - è stato quello dei mutui a tasso variabile (ARMs,
Adjusta ble Ra te Mortga ges), tre quarti dei quali hybrids in quanto le prime due
(2/28 ARMs) o tre annualità (3/27 ARMs) erano a tasso fisso; nelle annualità suc-
cessive scattava il tasso di interesse variabile. I Pa y Option ARM loa ns prevede-
vano rate inferiori al rimborso degli interessi, e producevano un progressivo
aumento del debito. Con i mutui ba lloon si pagavano solo gli interessi, mentre
alla chiusura il mutuatario doveva rimborsare l’intero debito principale - il ba l-
loon , appunto - o, in alternativa, accendere un nuovo mutuo o farsi espropriare
l’abitazione.
Spesso veniva contrattualmente limitata la possibilità di ricorso dei mutuatari
all’autorità giudiziaria; erano imposte condizioni onerose per i ritardi nei paga-
menti, e penalità per l’estinzione anticipata del mutuo, rendendo quindi più
costoso il rifinanziamento prima della scadenza. Le tasse e i costi di assicurazione
non venivano inclusi nei contratti e fatti pagare a parte dopo la sottoscrizione.
I mediatori erano stati estremamente attivi nell’approfittare dell’ampio ventaglio
di soluzioni che potevano offrire. “Passavano di casa in casa. Bussavano.
Lasciavano lettere nelle cassette postali, chiamavano al telefono… Erano dap-
pertutto”14. In parte erano operatori indipendenti, in parte rappresentanti di 14
N. D. Schwa rtz,”Ca n the
agenzie di credito, banche e assicurazioni locali, aumentate da 30 a 53 mila tra il Mortga ge Crisis Swa llow a
Town?”, NYT, September 2,
2000 e il 2004. Questa rete diffusa faceva capo ad un numero ristretto di società 2007.
che operavano all’ingrosso, dando indicazioni sulle condizioni generali minime
di sottoscrizione. Quasi i quattro quinti dei mutui subprime sono passati da que-
sti grossisti. Nessuno era soggetto a controlli pubblici.
Lou Barnes, proprietario di una piccola banca nel Colorado, che da decenni si
occupava di mutui, ricorda che dalla metà degli anni ’90 per chiudere un con-
tratto non si chiedeva più di documentare il reddito, ma si stava attenti a non
dare crediti superiori al 70 per cento del valore dell’immobile. Poi i grossisti
hanno fatto pressione per moltiplicare i mutui. “Un giorno è arrivata una mail 15
che diceva: compriamo mutui senza documentazione al 95 per cento del rap- D. Schechter, “Subprime
or Subcrime? Time to inve-
porto tra prestito e valore dell’immobile, una cosa che non avevo mai visto. Non stiga te a nd Prosecute”,
passò molto tempo e la mail disse cento per cento”15. www.zma g.org.

65
n.20 / 2008

I mediatori che facevano sottoscrivere mutui più onerosi del necessario veniva-
no premiati. “Gli interessi dei finanziatori e degli agenti erano allineati, nel senso
che entrambi potevano beneficiare finanziariamente del collocamento di presti-
16
W. Apga r, A. Bendimera d, ti fatti a condizioni più elevate di quelle suggerite nei prontuari”16. In media su
R. S. Essene, Mortga ge un subprime il mediatore riceveva una commissione pari al 1,88 per cento del
Ma rket Cha nnels a nd Fa ir
Lending: An Ana lysis of
valore del mutuo, contro l’1,48 di quella per un mutuo normale. Una delle
HMDA Da ta , Joint Center imprese più attive, la Century Financial Corporation, garantiva ai mediatori un
for Housing Studies, premio pari al 2 per cento del valore del mutuo se gli interessi applicati ai mutua-
Ha rva rd University, April tari erano dell’1,25 per cento più alti della norma17. Nella prospettiva della carto-
25, 2007.
larizzazione, mutui a costi elevati rendevano di più quando venivano venduti sul
17
R. Brooks, R. Simon, cit. mercato secondario.
“Preserving the American Dream” è il titolo della sessione della commissione del
Senato in cui sono state raccolte alcune testimonianze di gente travolta da prati-
18
Testimony before the U.S. che predatorie. Tra queste, Delores King18. “Abito nel South Side di Chicago, in
Sena te Committee on una casa che possiedo da 36 anni. Ero impiegata amministrativa; ho lavorato per
Ba nking, Housing a nd
Urba n Affa irs, on 23 anni nella Chicago School of Optometry. Sfortunatamente nel 2004 sono stata
“Preserving the America n vittima di una truffa che mi è costata tre mila dollari. Per farvi fronte ho deciso di
Drea m: Preda tory Lending rifinanziare il mio mutuo (...). Nel febbraio 2005 ho ricevuto un messaggio tele-
Pra ctices a nd Home
Foreclosures”, Februa ry 7,
fonico da un certo Chad, un mediatore che lavorava per conto della Advantage
2007. Mortgage Consulting. Mi disse che me ne avrebbe procurato rapidamente uno;
un buon mutuo adatto alla mia situazione. (...) Mi ha portato a casa il contratto
e mi ha fatto firmare pagine e pagine di documenti. Mi ha fatto fretta, senza spie-
garmi niente. Non mi ha detto che era un mutuo strano, non usuale. Non mi ha
neppure lasciato le copie che avevo firmato; più tardi ho dovuto richiederle alla
società per cui lavorava. Quando avevo accettato il mutuo, Chad mi aveva detto
che era a tasso variabile, che l’interesse iniziale era solo dell’1,45 per cento; che
la rata regolare sarebbe stata intorno al 6 per cento, e il pagamento mensile intor-
no a 800 dollari (...). Credevo che l’ammontare da pagare sarebbe aumentato un
poco alla volta; non avevo idea che sarebbe esploso, come è successo, dopo soli
soli due anni (...). All’inizio pagavo 832 dollari al mese, comprese le tasse e l’as-
sicurazione. Ora 1.488 dollari. E’ più del mio intero reddito mensile. Per farvi
fronte mi sono fatta aiutare da familiari e amici, ma adesso mi è impossibile con-
tinuare. Il mese scorso ho versato solo 1.200 dollari. Finirò sulla strada se qual-
che cosa non cambia, e presto”.
Jacqueline Cila di Lond Island, divorziata, con un figlio di sette anni, ha raccon-
tato al New York Times una storia analoga, e sulla stampa se ne sono lette tante
di simili. Aveva, come al solito, spedito due mila dollari per la rata di mutuo, ma
all’indomani aveva ricevuto un avviso che l’informava che era inadempiente:
avrebbe dovuto pagare 2.798 dollari, perchè il tasso era aumentato. Al mutuo era
ricorsa per rifinanziare uno acceso nel 1997. “Lo feci tramite l’amico di un amico,
e non portai con me un avvocato. Chiesi: ‘E’ un mutuo a tasso fisso?’ Mi rispo-
19
F. Fessenden, cit. sero ‘Si’. Non avevo capito che era fisso solo per due anni”19.
La casistica relativa alle condizioni contrattuali è molto ricca, riferita al compor-
tamento dei mediatori, che hanno guadagnato sui contratti in maniera più che
proporzionale al loro valore, approfittando - liberi da rischi - dello stato di biso-
gno dei mutuatari e dell’incapacità di capire che cosa sottoscrivevano. “Prima
che concludessimo il contratto - ha riferito la signora Amy Womble alla commis-

66
Giorda no Sivini I mutui subprime e le attività predatorie

sione del Senato - il mediatore era stato molto gentile, ed era sembrato vera-
mente attento ad aiutarmi. Una volta firmato, è sparito. Per cinque mesi non ha
neppure risposto alle mie telefonate, e non mi ha mai fornito l’aiuto promesso
per farmi abbassare la rata mensile che dovevo pagare”20. 20
Testimony of Ms. Amy
La proliferazione di pratiche predatorie era stata segnalata molto prima che Womble, Consumer from
Pittsboro, North Ca rolina ,
esplodesse la crisi. L’aumento dei casi di insolvenza e dei pignoramenti aveva before the U.S. Sena te
suscitato già nei primi anni del 2000 un movimento in difesa delle categorie più Committee on Ba nking,
deboli, anziani, donne, ispanici e afroamericani. Alan Greenspan, governatore Housing a nd Urba n Affa irs,
della Federal Reserve, era stato messo sull’avviso per le conseguenze che stava- on “Preserving the
America n Drea m:
no producendo i mutui subprime, ma si era corazzato dietro il principio del libe- Preda tory Lending
ro mercato21. L’Office of the Controller of the Currency, competente per le atti- Pra ctices a nd Home
vità degli istituti bancari operanti a livello federale, aveva impedito che fossero Foreclosures”, Februa ry 7,
perseguite le loro filiali locali negli Stati che avevano adottato leggi contro le pra- 2007.
tiche predatorie. Al procuratore generale di New York che considerava “abomi- 21
P. Krugma n, "A
nevole” questa insensibilità verso persone vulnerabili, il Controller aveva rispo- Ca ta strophe Foretold", NYT,
sto che le leggi avrebbero avuto ripercussioni negative sul mercato secondario22. October 26, 2007.
Nel 2001 erano state avanzate proposte per aumentare i controlli sulla conces- 22
D. Hevesi, “Residentia l
sione dei mutui, ma si erano scontrate con il fatto che il Governo e la Federal Rea l Esta te; Loser US
Reserve erano determinati ad evitare ostacoli ad ‘innovazioni finanziarie’ che, Lending Rules Are
estendendo la proprietà della casa, avrebbero contribuito a realizzare la owners- Protested”, NYT, April 2,
2004.
hip society predicata dal Presidente Bush. Per la diffusione dei mutui 2/28 e 3/27
ARMs si era impegnato lo stesso Alan Greenspan. In un discorso alla National 23
Il rilievo sul comporta -
Credit Union Administration aveva sostenuto che i consumatori americani trae- mento di Greenspa n è sta to
vano benefici dall’offerta di prodotti alternativi ai tradizionali mutui a tasso fisso. fa tto da l sena tore C. J.
Dodd, Cha irma n, nell’in-
Lo aveva fatto nel febbraio 2004, poco prima di portare i tassi di interesse, in suc- tervento introduttivo a l
cessione, dall’1 al 5,25 per cento23. U.S. Sena te Committee on
Da un punto di vista opposto, nel marzo 2002, in un’intervista al New York Times Ba nking, Housing a nd
che si stava occupando delle pratiche predatorie, la direttrice di un’organizza- Urba n Affa irs on “Mortga ge
Ma rket Turmoil: Ca uses
zione non profit aveva chiarito: “Sul terreno non c’è solo un mediatore o un pre- a nd Consequences”, Ma rch
statore canaglia. C’è molto di più, incorporato in tutto l’apparato finanziario 21, 2007.
(…). Le banche di investimento e di assicurazione di Wall Street hanno trovato
la strada per trar profitto da questo segmento di mercato (...). Senza il mercato
secondario, senza la cartolarizzazione, non si avrebbe questa proliferazione di
attività predatorie”24. 24
D. Hevesi, “A Wilder Loa n
Pool Dra ws More Sha rks”,
NYT, Ma rch 24, 2002.
I ma ghi della fina nza e lo tsuna mi

In cima alla piramide dei mediatori, delle agenzie di credito e dei grossisti stan-
no 25 grandi istituzioni bancarie che nel 2005 avevano raccolto l’85 per cento dei
3,1 milioni di dollari di mutui. Il resto era stato trattato da poche altre società che
si occupavano a livello nazionale solo o prevalentemente del credito immobilia-
re. A questo capitale finanziario concentrato interessava che si facessero mutui,
indipendentemente dalle condizioni contrattuali. “Predisponendo i mutui per
venderli rapidamente non si prestava attenzione al fatto che venissero rimborsa- 25
F. Norris, “A Ba d Loa n by
ti. I maghi della finanza rendevano facile il trasferimento dei rischi”25. Any Other Na me”, NYT,
Con la cartolarizzazione, mutui provenienti da molte fonti venivano assemblati November 23, 2007.
per dar luogo a titoli che venivano venduti agli investitori. Ciascun titolo era giu-

67
n.20 / 2008

ridicamente separato dagli altri, e, a sua volta, separato dall’insieme dei mutui di
cui era costituito. Non era vincolato ad essi se non per il flusso di cassa che da
26
D. Berenba um, Executive essi derivava. “Nessuno è responsabile quando lo tsunami colpisce i mutuatari”26,
Vice President of the era la prospettiva in cui operava il capitale finanziario. Tra il 2001 e il 2006 la
Na tiona l Community
Reinvestment Coa lition,
quantità cartolarizzata aumentò dal 50 all’80 per cento del totale dei mutui sub-
Testimony before the Sena te prime, e il valore dei titoli subprime passò da 95 a 483 miliardi di dollari, cioè dal
Sub-Committee on Housing, 43 al 71 per cento del totale dei titoli basati su questi mutui.
Tra nsporta tion a nd La cartolarizzazione dei mutui immobiliari era stata inventata negli Stati Uniti nel
Community Development,
on “Ending Mortga ge 1977. Nel 1985 era stata estesa ai prestiti per l’acquisto di automobili, nel 1986 a
Abuse: Sa fegua rding quelli coperti dalle carte di credito, poi ad altre attività. Il primo a realizzare la
Homebuyers”, June 26, cartolarizzazione era stato Freddie Mac, insieme con la Bank of America e con
2007. Salomon Brother, per liberarsi degli immobilizzi derivanti da mutui acquistati
che, in mancanza di uno sbocco, era obbligata a detenere in portafoglio. Questa
era la funzione per cui la società era stata creata nel 1970 da una costola di Fannie
Mae, che, con lo stesso obiettivo, era stata costituita nel 1939 come agenzia
governativa. Entrambe dovevano acquistare mutui immobiliari da coloro che
erogavano i crediti, per liberarli dall’esposizione finanziaria, fornendo la liquidi-
tà necessaria per espandere l’attività.
Fannie Mae e Freddie Mac, in concorrenza tra loro, sono - una dal 1968, l’altra
dalla fondazione nel 1970 - società per azioni quotate in borsa. Per la funzione
pubblica di sostenere la diffusione della proprietà immobiliare vengono tuttora
considerate Government-Sponsored Enterprises; nei loro consigli di ammini-
strazione siedono persone nominate direttamente dal Presidente degli Stati
27
In origine Fa nni Ma e e Uniti27. Entrambe - dovendo, per i mutui che si accollavano, ottenere la garanzia
Freddie Ma c era no solo di una agenzia federale - hanno per lungo tempo dettato le condizioni della loro
nomignoli con cui la gente
pronuncia va gli a cronimi
erogazione. Dovevano essere conforming mortga ges, per mutuatari che davano
delle due società - rispetti- garanzie oggettive di solvibilità e che sottoponevano ad ipoteca immobili di valo-
va mente FNMA (Federa l re sensibilmente inferiore al prestito erogato, stipulando in certi casi assicura-
Na tiona l Mortga ge zioni accessorie.
Associa tion) e FHLMC
(Federa l Home Loa n
Fannie Mae e Freddie Mac fino agli anni ’90 avevano in portafoglio quasi la metà
Mortga ge Corpora tion) - del totale dei mutui. Banche ed istituti finanziari che operavano in concorrenza
ma divennero ta nto popo- adottavano standard contrattuali non dissimili. Prima della cartolarizzazione, gli
la ri che furono a dotta ti utili derivavano, per tutti, dall’oculata gestione dei flussi di cassa derivanti dai
ufficia lmente.
mutui acquistati sul mercato primario e detenuti in portafoglio.
Dal sistema “origina te a nd hold” - finanziare e tenere in portafoglio - si era pas-
sati per i mutui ‘conformi’, la grande maggioranza, al sistema “origina te a nd sell”-
finanziare e vendere sul mercato secondario, per lo più a Fannie Mae e a Freddie
Mac. Con l’avvento della cartolarizzazione si è andato generalizzando il sistema
“origina te to distribute”, allungando i passaggi sul mercato secondario. Questo
sistema si è diffuso dopo il 1999 quando una legge statunitense ha consentito alle
banche di deposito di competere con altri istituti finanziari già liberi da controlli,
ricorrendo anche ad operazioni fuori bilancio attraverso proprie collegate.
Nel processo di cartolarizzazione dei mutui intervengono in sequenza diversi
operatori, nel mercato primario e in quello secondario, ciascuno dei quali trae
ricavi dalla funzione che svolge. La sequenza inizia sul mercato primario con il
mediatore, il broker , che materialmente interagisce con il mutuatario nella defi-
nizione del prestito coperto da garanzie ipotecarie. Il più delle volte lavora per

68
Giorda no Sivini I mutui subprime e le attività predatorie

28
una banca o una agenzia finanziaria locale. Questa, definita origina tor, eroga il K. C. Engel, P. A. McCoy,
“Turning a Blind Eye: Wa ll
denaro al mutuatario, e registra il proprio diritto - garantito da ipoteca - a riaver- Street Fina nce of Preda tory
lo con gli interessi, secondo le condizioni contrattuali. Cede poi il mutuo all’e- Lending”, Fordha m La w
ventuale grossista, e questo ad un a ggrega tor che opera sul mercato secondario Review, vol. 75, 2007, p. 127
e che lo assembla insieme a tanti altri di diversa provenienza. L’a ggrega tor è una 29
C. L. Peterson, Associa te
società o un consorzio, il più delle volte legato ad una delle grandi istituzioni Professor of La w, University
finanziarie di Wall Street, costituito per gestire queste attività fuori bilancio al of Florida , Written
riparo di responsabilità giuridiche28, e che per questo viene definito specia l pur- Testimony before the U.S.
Sena te Subcommittee on
pose vehicle o entity. Securities, Insura nce, a nd
Con l’assemblaggio i mutui sono raccolti in pacchetti, pools, corrispondenti a Investment on “Subprime
titoli RMBS (Residentia l Mortga ge Ba cked Securities). Ciascun pool è suddiviso Mortga ge Ma rket Turmoil:
gerachicamente in più strips o tra nches, tecnicamente denominate senior , mez- Exa mining the Role of
Securitiza tion”, April 17,
za nine ed equity. I flussi di cassa generati dai mutui remunerano i titoli secon- 2007.
do un ordine di priorità che va dalle tra nches senior - quelle con rischi più bassi
30
- via via a quelle subordinate, così che le eventuali insolvenze dei mutuatari si V. Ba ja j, “For Some
riflettono in ordine inverso a partire dalle ultime, più rischiose. Subprime Borrowers, Few
Good Choices”, NYT, Ma rch
Ultimo elemento della catena di operatori nel sistema di cartolarizzazione è il 22, 2007.
ma ster servicer , solitamente delegato dall’a ggrega tor alla raccolta delle rate di
31
mutuo e alle procedure di esecuzione in caso di insolvenze, nonchè alla distri- Sulla problema tica delle
va luta zioni cfr. J. C. Coffee
buzione dei flussi di cassa ai detentori dei titoli. E’ una attività che le economie Jr., “The Role a nd Impa ct of
di scala rende altamente concentrata, anche se, tenendo conto della distribuzio- Credit Ra ting Agencies on
ne geografica dei mutui, viene subappaltata a diversi servicers, non di rado con- the Subprime Credit
trattualmente obbligati a detenere titoli ad alto rischio “per indurli ad essere Ma rkets”, before the Sena te
Ba nking Committee,
aggressivi nella raccolta dei pagamenti”29. Valutati in rapporto alla loro efficacia, September 26, 2007.
vengono spesso cambiati, così che i mutuatari, nel corso della gestione dei
32
mutui, restano sovente senza referenti stabili. I servicers, d’altra parte, devono L. Ra nda ll Wra y, Lessons
from the Subprime
seguire le procedure incluse nella documentazione della cartolarizzazione, che Meltdown, Levy Economics
di solito limitano la possibilità di modificare i termini del contratto di mutuo. Institute, Working Pa per
“Molti servicers non vogliono discutere di modificarli prima che siano passati no. 522, 2007.
almeno tre mesi dall’insolvenza, quando ormai tanti mutuatari sono in gravi dif- 33
K. Eggert, Professor of
ficoltà finanziarie; per di più non vogliono o non possono fare cambiamenti”30. Law, before the
Nell’assemblaggio dei mutui gli a ggrega tors lavorano con una agenzia di rating, Subcommittee on Securities,
che determina le condizioni per assegnare ai titoli quella valutazione di basso Insurance, and Investments
rischio che per legge devono avere per essere detenuti in portafoglio da alcune on “Subprime Mortgage
Market Turmoil: Examining
categorie di investitori istituzionali come i fondi pensione. Moody’s, Standard & the Role of Securitiza tion”,
Poor’s, e Fitch sono le agenzie di rating che dominano anche il mercato delle car- April 17, 2007. Le a utorità
tolarizzazioni anche se la loro funzione originaria riguarda la valutazione dei giudizia rie di Connecticut,
New York e Ohio sta nno
rischi di impresa31. I loro introiti dipendono dalla quantità di operazioni di carto- inda ga ndo se le tre a genzie
larizzazione a cui partecipano, in quanto è l’a ggrega tor che le sceglie e le paga. si sia no impegna te in pra ti-
Considerando che per queste attività ricevevano “commissioni circa il doppio di che a nticompetitive e se i
quelle ottenute per valutare i titoli delle imprese”32, le agenzie di rating avevano ra tings sia no sta ti influen-
za ti da lle società che li
interesse a concentrarsi “eccessivamente” sulla quantità - piuttosto che sulla qua- richiedeva no: cfr. L.
lità - di mutui cartolarizzati33, giungendo persino a cercare di ostacolare l’appro- Browning, “Connecticut
vazione di leggi statali contro le pratiche predatorie, minacciando di non opera- Investiga tes Ma jor Debt-
Ra ting Agencies”, NYT,
re più in quegli stati che le avessero adottate34. October 27, 2007.
Sulla valutazione dei livelli di rischio influisce l’esistenza di strumenti cuscinetto,
che hanno la funzione di proteggere le tra nches senior dai rischi. Lo strumento 34
K. Eggert, cit.

69
n.20 / 2008

più importante è costituito dalla stessa suddivisione del pool in tra nches, in
quanto quelle subordinate proteggono le senior. L’agenzia di rating agisce su
questa suddivisione. Altri strumenti, su cui essa può esercitare il controllo, sono
l’overcolla tera liza tion , quando nel pool viene compresa una quantità aggiunti-
va di mutui per supplire ai flussi di cassa di quelli eventualmente insolventi; il
credit enha ncement che fa intervenire garanzie di tipo assicurativo; l’excess
sprea d, dato dalla differenza tra l’ammontare dell’interesse pagato sui mutui e
l’ammontare dell’interesse trasferito ai detentori di titoli, trattenuta per com-
pensare le eventuali insolvenze.
Alla protezione dal rischio ha concorso anche, in termini generali, l’andamento
positivo del mercato delle abitazioni e la continua crescita del loro valore fino al
2004. Gli investitori potevano alimentare il flusso di cassa dei titoli contando sia
sul rifinanziamento dei debiti, sia sul recupero dei crediti mediante l’espropria-
zione e la vendita degli immobili dei mutuatari insolventi.
Il sistema “origina te to distribute” ha frammentato il rapporto di credito, che un
tempo si svolgeva tra due parti - il creditore e il debitore, o tre - quando interve-
niva anche un acquirente esterno come Freddie Mae o Fannie Mac. Le banche
che erogavano i mutui e li tenevano nel portafoglio erano interessate a monito-
rare i debitori e ad evitare le insolvenze. Con la cartolarizzazione, il monitorag-
gio si è spostato dalla banca alle agenzie di rating, dal singolo mutuo ai pools di
mutui, dalla solvibilità dei mutuatari al rischio degli investitori. In questa situa-
zione le banche che erogano i mutui “non hanno alcun interesse per la valuta-
zione del rischio di credito, dal momento che gli interessi e il debito principale
35
J. Kregel, Minsky’s vanno rimborsati agli acquirenti finali dei titoli”35. Sono questi, del resto, che reg-
Cushions of Sa fety: Systemic gono il circuito complessivo dei mutui dal momento che a fronte dei titoli che
Risk a nd the Crisis in the
U.S. Subprime Mortga ge
acquistano forniscono soldi che arrivano agli origina tors che fanno nuovi mutui.
Ma rkets, Public Policy Brief Nei passaggi intermedi dai detentori dei titoli ai mutuatari e viceversa tutti gli
Series, Levy Economics operatori vivono di commissioni, rapportate alle funzioni che svolgono - dai
Institute, 2008, p. 11. mediatori, alle agenzie locali che erogano i crediti, alle società cui i grandi istitu-
ti finanziari demandano le funzioni di assemblaggio dei mutui, ai servicers.

Il “pr ezzo a ppr opr ia to”

“I titoli subprime erano particolarmente appetiti, perchè gli alti interessi che i
mutuatari pagavano li rendevano più remunerativi dei prime, pur tenendo conto
36
V. Ba ja j, R. Nixon, dei maggiori rischi”36. In una situazione di grande liquidità, la loro emissione con-
“Subprime Loa ns Going
From Boon to Housing
sentiva di rastrellare sempre nuovi fondi per accendere nuovi mutui. Il circuito
Ba ne”, NYT, December 6, era alimentato da investitori istituzionali e da hedge funds, interessati rispettiva-
2006. mente soprattutto alle tra nches estreme dei pools. L’attività era orchestrata dalle
37
grandi banche di Wall Street, impegnate anche ad erogare prestiti agli investito-
J. C. Duga n, Comptroller
of the Currency, Testimony
ri, e ad investire esse stesse in questi titoli per utilizzarli come attività sottostan-
before the Committee on ti altri strumenti finanziari. In particolare ne avevano fatto ampio uso per mobi-
Fina ncia l Services of the US litare su scala internazionale nuovi capitali emettendo carta commerciale garan-
House of Representa tives, tita dai titoli RMBS (a sset-ba cked commercia l pa per )37.
on “Recent Events in the
Credit a nd Mortga ge
Carta commerciale è una lettera con cui l’emittente riconosce il debito contrat-
Ma rkets” September 5, to con un investitore. Per il primo è uno strumento per finanziarsi, per il secon-
2007. do per gestire la propria liquidità con un buon rendimento di breve periodo che

70
Giorda no Sivini I mutui subprime e le attività predatorie

l’emittente gli assicura38. Le grandi banche avevano costituito società, tecnica- 38


La ca rta commercia -
mente definite structured investment vehicles, per gestire fuori bilancio anche le ha una dura ta ma s-
sima di 270 giorni ed è
queste operazioni. Guadagnavano dalla differenza tra il tasso a breve del denaro rinnovabile.
preso a prestito contro a sset-ba cked commercia l pa per e il tasso a lungo più
alto dei titoli39, e investivano il guadagno in nuovi titoli RMBS utilizzati per l’e- 39
G. Morenson, J.
missione di altra carta commerciale. Anderson, “Subprime
Problems Sprea d Into
I circuiti di produzione di titoli cartolarizzati e di carta commerciale sono entra- Commercia l Loa ns”,
ti in crisi quando la rovina di milioni di mutuatari ha alterato gli attesi flussi di NYT, August 15, 2007.
cassa dei titoli, facendo saltare i cuscinetti che li proteggevano dalle insolvenze.
Il sistema “ha funzionato bene finchè i titoli erano considerati sicuri e liquidi, il
che assicurava che anche la carta commerciale e gli altri titoli emessi per finan- 40
L. R. Wra y, cit., p.13.
ziare i loro acquisti erano sicuri e liquidi”40. Poi c’è stato il crollo, che con un effet-
to domino ha investito altri titoli e più in generale i rapporti fiduciari tra i prin-
cipali operatori finanziari.
La crisi dei subprime si è imposta all’attenzione dei media e della politica non per
i disastri sociali che il sistema stava già da tempo producendo, ma per la consta-
tazione che erano venute meno le capacità di previsione e di tolleranza dei rischi.
Prima di allora il capitale finanziario si era garantito utili ingenti con gli esorbi-
tanti costi fatti gravare sui mutuatari. Chi erogava i prestiti “era incentivato a cari- 41
K. C. Engel, P. A.
care tassi di interesse più alti, e oneri nel caso di rimborsi anticipati, perché que- McCoy, cit, , p. 122.
ste condizioni generavano prezzi maggiori quando i mutui venivano venduti”41. 42
E gli investitori in titoli subprime, che beneficiavano dei flussi di cassa dei mutui, Ivi.
“facevano pressioni per imporre costi più alti ai mutuatari”42. 43
K. Eggert, cit.
“Anche prima della crisi dei subprime la cartolarizzazione aveva consentito che
si verificassero insolvenze e pignoramenti, che molti consideravano eccessivi e 44
Assignee Lia bility,
pericolosi. Però, dal momento che coloro che assemblavano i mutui erano stati Center for Responsible
capaci di valutare e distribuire questi rischi, e la domanda aveva fatto aumentare Lending, November 2,
2007.
i tassi di interesse in maniera da giustificarli, le insolvenze ed i pignoramenti
erano stati accettati, anno dopo anno, senza che la reputazione e le finanze delle 45
K. C. Engel, P. A.
banche venissero danneggiate”43. Oltretutto, le azioni legali contro brockers e McCoy, cit, , p. 119.
origina tors tentate dai mutuatari, non interrompevano le procedure di pignora- 46
Ivi.
mento e di espropriazione avviate da chi aveva acquistato e deteneva i titoli in
buona fede44. 47
S. C. Ba ir, Cha irma n
La generalizzazione delle pratiche predatorie aveva fatto lievitare i tassi di inte- of Federa l Deposit
resse applicati ai mutui, perchè le agenzie di rating avevano preteso una miglio- Insura nce Co., on
"Subprime a nd
re protezione degli investitori45. Ciononostante, circa la metà dei punti percen- Preda tory Lending",
tuali in più imposti ai mutuatari subprime rispetto ai tassi di interesse dei mutui before the
conformi non era giustificato dal maggior rischio46. Su un campione di mutui sub- Subcommittee on
prime 2/28, i tassi di interesse per i primi due anni erano quasi eguali a quelli dei Fina ncia l Institutions
a nd Consumer Credit,
mutui a tasso fisso, al quarto anno il divario era prossimo ai 4 punti percentuali47. US House of
Le penalità per il rimborso anticipato del debito erano applicate al 70 per cento Representa tives, Ma rch
dei mutui subprime contro il 2 per cento dei mutui conformi48. 27, 2007.
Nel sistema di a pa rtheid finanziario, le persone già in difficoltà, segnate dallo 48
J. Hightower,
stigma del credit score basso, dovevano dunque sopportare oneri crescenti al “Subprime Loa ns =
fine di aumentare la redditività dei titoli cartolarizzati. Gli interessi che i mutua- Primetime for Va mpire
tari pagavano coprivano i costi dei cuscinetti, remuneravano gli intermediari, Lenders”,
www.zma g.org.
davano ai titoli una redditività appetibile, e, alla carta commerciale garantita dai

71
n.20 / 2008

titoli una straordinaria capacità di circolazione. “Un tempo ai richiedenti margi-


nali era semplicemente negato il credito, mentre ora chi lo eroga può giudicare
in maniera efficiente il rischio, e dargli un prezzo appropriato”, aveva rilevato con
soddisfazione Alan Greenspan nella primavera del 2005. Col termine “prezzo
appropriato” si riferiva a questi costi imposti ai mutuatari. “Questo miglioramen-
to - aveva infatti aggiunto - ha portato alla rapida crescita dei mutui immobiliari
49
Cita to da C. Bloice, subprime”49.
“We’re a n ‘Emerging
Ma rket’ in Big
Trouble”,
‘P onzifica tion’ e ‘dispossession’
www.zma g.org.
Quando il circuito della cartolarizzazione si è bloccato, e la crisi dei subprime è
sprofondata nella catastrofe finanziaria, nel mondo dell’economia e della finanza
sono state riconsiderate le tesi di Hyman Minsky, secondo il quale nei periodi di
stabilità e di liquidità l’economia diventa fragile a causa di attività speculative che,
50
Cfr. H. Minsky, in mancanza di regolamentazioni, arrivano a livelli incontenibili50. Gli operatori
Potrebbe ripetersi? prendono a prestito più di quanto possono restituire e alimentano bolle che
Insta bilità e fina nza scoppiano quando, nell’impossibilità di indebitarsi ulteriormente, sono costretti
dopo la crisi del ’29,
Torino Eina udi, 1984 a passare da comportamenti speculativi a comportamenti “ponzi”, liquidando le
proprie attività51. Le grandi crisi finanziarie hanno quindi, secondo Minsky, cause
51
La posizione di endogene, dovute alla generalizzazione dei processi di ponzifica tion .
Minsky è sintetizza ta
in P. Ma Culley, “The
Il sistema dei subprime viene considerato un “ponzi scheme”, prodotto dalla fre-
Pla nkton Theory Meets nesia speculativa delle banche di Wall Street, che le ha indotte a sottovalutare le
Minsky”, Pimco Bonds, capacità dei cuscinetti posti a copertura dei rischi legati ai titoli cartolarizzati. I
Ma rch 2007, cuscinetti hanno funzionato finchè l’aumento dei prezzi delle case è stato soste-
www.Pimco.com.
nuto dalla domanda di nuovi mutui, e finchè la moltiplicazione dei mutui e il loro
rifinanziamento ha supplito alle difficoltà di quei mutuatari che non riuscivano a
52
J. Kregel, cit., p.14; L. far fronte ai debiti52.
R. Wra y, cit., pp. 23-25. Sarebbe stato possibile neutralizzare i processi dell’economia reale con un diver-
so approccio al problema dei rischi finanziari? Non pochi osservatori, soprattut-
to quelli che attribuiscono alle agenzie di rating le principali responsabilità, sem-
brano dare una risposta positiva, ma la danno eludendo i problemi sociali con-
nessi con l’attività speculativa.
Il richiamo di Minsky a quel grande truffatore che è stato Charles Ponzi è meta-
53
Cfr. M. Zuckoff, forico. Ponzi è entrato nella storia per aver pagato elevati interessi sui depositi
Ponzi’s Scheme: The con i soldi derivanti da sempre nuovi depositi di gente attratta da alti interessi;
True History of a più volte perseguito e condannato per vicende di questo tipo, è morto in pover-
Fina ncia l Legend, New
York, Ra ndom House,
tà53. Quel che conta per Minsky è che, in un’economia non regolata, la voracità
2005. della speculazione porta il capitale finanziario alla rovina. Il suo campo di inte-
resse riguarda la finanza, e si ferma ad essa. I truffati da Ponzi, e la gente indebi-
54
D. Ha rvey, La guerra tata con i mutui subprime restano fuori.
perpetua . Ana lisi del
nuovo imperia lismo, Il
Le attività sottostanti ai titoli finanziari hanno però la concretezza dei mutui e dei
Sa ggia tore, 2006. mutuatari. Si constata allora che il sistema speculativo si blocca per l’impossibili-
55
tà del capitale finanziario di speculare indefinitamente drenando ricchezza socia-
G. Arrighi, Hegemony le. I redditi stremati dagli interessi imposti da Wall Street cessano di alimentare,
Unra velling, 1 e 2, New
Left Review, nn. 32 e ai livelli attesi, il flusso di cassa dei titoli cartolarizzati, e il crollo del mercato
33, 2005. immobiliare porta alla distruzione della ricchezza congelata nelle ipoteche.
Con Harvey54 e Arrighi55 si guarda, diversamente da Minsky, al rapporto tra eco-

72
Giorda no Sivini I mutui subprime e le attività predatorie

nomia materiale e capitale finanziario. La ricerca di condizioni di profittabilità lo


porta storicamente a fissarsi laddove trova adeguate condizioni produttive,
immediate o differite nel tempo, oppure ad appropriarsi di risorse materiali
mediante processi di spoliazione di beni collettivi, proprietà pubbliche, capitali
nazionali.
Accumulazione per spoliazione (a ccumula tion by dispossession ), scrive Harvey,
“è liberare un insieme di risorse (inclusa la forza lavoro) a costi molto bassi o
nulli, così che il surplus di capitale possa impadronirsene e utilizzarlo immedia-
tamente a fini di profitto”56. 56
Cit., p. 178.
Dispossession è stato tradotto dall’inglese con espropriazione57. Harvey e Arrighi 57
guardando ai processi di dispossession non si curano di fare una distinzione tra i “Accumula zione per
espropria zione” è il titolo
contesti in cui sono prodotti, legittimando l’utilizzazione generica del termine di un pa ra gra fo del libro
italiano espropriazione58. Per interpretare il fenomeno dei subprime è invece di Ha rvey, cit., p. 122.
necessario qualificare la dispossession rispetto al modo specifico con cui il capi- 58
D. Ha rvey, cit., pp. 178-
tale finanziario entra in rapporto con l’economia reale. Nell’accumulazione ori- 9; G. Arrighi, I, cit., p. 44.
ginaria, si impone come denaro, nella forma di merci che disgregano le relazio-
ni produttive precapitalistiche. E’ la situazione classica di una espropriazione
delle condizioni di esistenza che crea proletarizzazione, per valorizzare produtti-
vamente il capitale e produrre nuova ricchezza sociale.
Nella situazione attuale l’accumulazione originaria è, però, marginale. Il capitale
finanziario si impone invece come denaro che, con la mediazione di strumenti
finanziari, si appropria di ricchezza sociale. Non agisce in vista di una valorizza-
zione produttiva delle risorse appropriate, ma per un aumento del suo proprio
valore. Con gli eccessi speculativi, come rileva Minsky, si autodistrugge.
Dispossession qualifica quindi le pratiche predatorie del capitale finanziario fina-
lizzate alla spoliazione - non all’espropriazione - delle risorse che qualificano le
attuali condizioni di esistenza, procurando crescente povertà. “Per il capitale in
cerca di flussi di reddito stabile - osserva Chesnais59 - non ci sono investimenti 59
F. Chesna is, La fina nce
migliori delle industrie di servizio pubbliche privatizzate perchè le famiglie si mondia lisée, Pa ris,
sono abituate al gas, all’elettricità ecc. Sono fonti di profitti regolari e sicuri, tanto La Découverte, 2004,
pp. 44-5.
più che lo stato vi ha fatto importanti investimenti. Analogamente, con la priva-
tizzazione delle pensioni somme molto elevate non sono più sottratte ai merca-
ti finanziari”. Sono esempi, tra i tanti, di modalità di accumulazione per spolia-
zione. Questo lavoro sui subprime vuole essere un contributo puntuale in que-
sta prospettiva interpretativa.

* Professore ordinario di Sociologia politica, Facoltà di Economia, Università


della Calabria (sivini@unical.it)

73
Fra nco de Leona rdis
Profili economici e professione:
un percorso à rebours1

Il Faro Alla memoria del dott. Lorenzo Cuneo

P r emessa
Testo della rela zione I miei primi anni di formazione universitaria alla Facoltà di Economia e
tenuta nel corso del Commercio a Genova2 (ora di Economia), fra il finire degli anni 50 e l’inizio degli
convegno presso la Società
di Letture e Conversa zioni anni 60 furono fortemente improntati dalla divulgazione e, quindi, dallo studio
Scientifiche sul tema di testi di Economia Politica, Statistica e Matematica, discipline convergenti e
"Vilfredo Pareto -Genova lo sistemiche per comprendere quella magmatica realtà che i fatti e gli atti econo-
ricorda" Genova , mici ci ripropongono in ogni istante della nostra vita.
pa la zzo Duca le -
27/28 novembre 2006.
La teoria economica si limita all’analisi dei fatti economici, al comportamento
individuale edonistico e si sviluppa indagando sul mondo delle ideologie , dei
1
J.K. Huysma ns, a utore di valori e delle passioni3.
A rebours tra dotto in ita lia - Nell'apparente inconciliabile difformità fra tendenza al perfezionamento teoreti-
no da llo scrittore ligure
Ca millo Sba rba ro, col tito-
co della scienza economica e il sapere istintivo degli operatori economici sta pro-
lo emblema tico prio la funzione professionale. L’esperienza diretta degli affari in cui convergono
Controcorrente. i desideri degli individui per perseguire l'interesse di massimizzare le proprie uti-
2
lità, di agire razionalmente calcolando i rapporti costi benefici, è il fondamento
Gli a ntecedenti delle per la conoscenza del mercato, il quale altro non è che un insieme di forze mec-
Fa coltà di Economia sono
da ritrova rsi nella Scuola caniche e la scienza economica studia il bilanciamento di queste come le leve nel
Superiore di Commercio, la caso della meccanica. Gli aspetti reali del mercato sono il riferimento a cui le
prima delle qua li in astratte forme in cui si articolano le mutevoli leggi economiche e sono al con-
Europa sorse a d Anversa tempo il campo di osservazione dei comportamenti degli individui.
nel 1852 con una orga niz-
za zione dida ttica ed un
L’impostazione professionale in definitiva non può fare a meno di criteri di astra-
progra mma di studi che zione utili alla selezione dei fatti.
univa la ba se teorica con E questo è il mondo vissuto concretamente nelle diverse prassi professionali.
elementi di a pplica zione Percorso a rébours per verificare e constatare quale rilievo hanno avuto nella for-
pra tica . Un secondo model-
lo sorge a Venezia nel 1877
mazione gli studi delle dottrine economiche. Chi nella realtà professionale non
con ca ra tteristiche più si è confrontato con i mercati, i prezzi, le aziende, la finanza, le imposte? Chi non
scientifiche. Nel 1881 a ha, con indipendenza di giudizio e spirito di verità analizzato e proposto solu-
Fila delfia (Università della zioni che tenessero conto della caratterialità, delle debolezze o certezze dei sog-
Pennsylva nia ) viene fonda - getti clienti? Mi ricordo di un imprenditore che volle costituire un negozio per
ta la più a ntica fa coltà
commercia le a merica na , introdurre la moda di certi abbigliamenti maschili in una località turistica che
la Whorton School of oggettivamente si presentava avulsa da questa propensione particolare ai consu-
Fina nce a nd Commerce; mi di quei capi di abbigliamento. Ebbene, passato il tempo di start–up, questa
a d essa seguono a ltre attività divenne il fulcro che valorizzò un’intera località. Il cliente, aggiungo, fu

74
Fra nco de Leona rdis Profili economici e professione: un percorso à rebours

compreso dal professionista, pur enunciando perplessità, vincoli e rischi. istituzioni simili: nel 1898
a Berkeley e a Chica go; tra
Per questa ragione ho accettato di dare un contributo a questo convegno sul il 1900 e il 1905 nelle
Pareto. Articolerei l'intervento ripercorrendo studi economici e adattandoli alla Università dell’ Illinois, del
particolare “forma mentis” di un professionista al fine di contribuire ad una Vermont e del Wisconsin;
migliore comprensione dei gradi di utilità che questa scienza ci può offrire e in corsi specia li di commercio
vengono successiva mente
oggi troppo lesionata dalle attuali prassi legislative. istituiti a New York. A pa r-
Dopo alcuni richiami alla genealogia di Vilfredo Pareto ed una sintesi del Pareto tire da l fine ‘800 primi ‘900
all'inizio della sua attività quale economista di impresa, ripercorrerò in breve in tutta Europa si forma no
alcuni concetti che lo contraddistinguono quale economista e sociologo. Quale presso le università Scuole
economista mi è sembrato altresì opportuno riprendere gli insegnamenti di due Superiori di Commercio. A
Ba ri da l 1882 è a ttiva una
autori Adamo Smith e Luigi Einaudi, distanti nel tempo ma di viva attualità per i Scuola di Commercio con
temi che possono riproporsi oggi, come quello del lavoro; quale sociologo si è Ba nco Modello e diviene
accennato al tema delle scienze cognitive, neuroscienze applicate al comporta- Scuola Superiore di
mento economico. La parte finale dell'intervento è dedicata all'economia finan- Commercio nel 1886. La
Scuola Superiore
ziaria, richiamando la Scuola di Scienza delle Finanze ed i contributi principali d’Applica zione di Studi
dati allo sviluppo della finanza pubblica in Italia verificando nell'attualità l'assen- Commercia li di Genova
za di linee guida che armonizzino i cicli economici e sviluppi normativi. viene fonda ta con R.D. 22
Pareto non ebbe da Genova, a partire dagli anni 70, quella continuità di studi che ma ggio 1884 e inizia i pro-
pri corsi il 29 novembre
altrove in sede internazionale gli fu riconosciuta. Nel 1973 a Roma, all’Accademia 1886. Un modello più com-
Nazionale dei Lincei si tenne un convegno internazionale al cui parteciparono plesso e più evoluto sorge a
studiosi di tutto il mondo. Ancor prima nel lontano 1960 fu tenuta la Mila no nel 1902: l’istituto
Celebrazione Franco – italiana di Vilfredo Pareto (a Parigi il 30 settembre 1960) Superiore Commercia le
promossa e sostenuta dall’allora ordinario della cattedra di Economia Luigi Bocconi che ottiene
da l Ministero nel 1906 il
all’Università di Genova Prof. Eraldo Fossati, tenace cultore della scienza econo- diritto di concedere la la u-
mica con particolarissimo riguardo al Vilfredo Pareto nel nome del quale fondò rea e il titolo di dottore in
il Laboratorio di Economia che la tradizione non riuscì a mantenere4. Scienze Economiche e
Commerciali; (Luigi
Bocconi deceduto nel 1896
La genea logia e a lcune a nnota zioni dei fa milia r i. nella battaglia di Adua,
figlio di Ferdinando
La sua discendenza risale come gruppo familiare Pareto ad un certo Antonio Bocconi, (1836-1908), vendi-
registrato in un atto notarile del 1267. Nel 1307 Ba rtolomeo e Angelo vennero tore ambulante di tessuti,
poi titolare di un piccolo
sepolti nella cattedrale di S. Lorenzo. negozio in via s. Redegonda
Ai Pareto appartenne Gio Benedetto contadino della Valpolcevera che il 29 ago- a Milano e nel 1889 inau-
sto 1490 asserì di aver assistito all’apparizione della Madonna sul monte Figogna. gurò, insieme al fratello
Nel 1727 Gio Lorenzo Ba rtolomeo originario della Fontanabuona, ricco com- Luigi, il primo grande
merciante di grani ottenne l’iscrizione nel Libro d’Oro della nobiltà genovese col magazzino italiano deno-
minato prima Magazzini
titolo trasmissibile di marchese. Uno dei suoi nipoti Lorenzo Antonio (1737- Bocconi in seguito Alle città
1802) sposò Angela Balbi e dalla loro unione nacquero sei figli: di Italia divenendo infine
- Il primogenito Gio Benedetto (1768-1831) nonno paterno di Vilfredo, fu elevato la Rinascente). Gli Istituti
da Napoleone alla baronia imperiale nel 1811. Ebbe due figli, Domenico e Raffaele. Superiori di Commercio
sono i centri di formazione
Domenico Pareto (1804-1898) zio di Vilfredo fu diplomatico per molti anni pres- di una composita classe
so l’ambasciata di Russia. Raffaele Pareto (1812-1882) padre di Vilfredo, sposò dirigente economica-tecni-
Marie Méténier ( 1813-1889 ) ed ebbe tre figli, Aurelia, Cristina e Vilfredo che nac- ca con l’apporto di un
que a Parigi il 15 luglio 1848. Raffaele si trasferì a Genova nel 1852 e fu incaricato corpo docente specialistico.
Tra i fondatori delle tre più
dell’insegnamento del francese nella Regia Scuola di Marina, fino al 1859 anno in antiche scuole italiane
cui venne nominato docente di agricoltura e contabilità nell’Istituto Tecnico Leardi rammentiamo i Direttori
di Casale Monferrato. Nel 1861 Francesco de Sanctis, (ministro dell’educazione Francesco Ferrara
pubblica dell’ultimo Gabinetto Cavour) gli conferì la laurea ad honorem in inge- (1810-1900) a Venezia,
(la prima scuola

75
n.20 / 2008

del genere in Ita lia fonda - gneria quale riconoscimento del valore scientifico delle sue pubblicazioni e dei
ta con R.D. 6/08/1868 )
Ma ffeo Pa nta leoni (1857 -
lavori di idraulica realizzati soprattutto in Francia. Nel 1862 si trasferì a Torino e il
1924) a Ba ri e Ja copo ministro Gioacchino Napoleone Pepoli lo nominò Reggente di Divisione nella
Virgilio (1834-1891) a sezione delle bonifiche ed irrigazione del Ministero dell’Agricoltura Industria e
Genova . A Genova la Commercio. Nel 1864 si trasferì a Firenze ove diresse la rivista “Giornale
Scuola Superiore diviene
nel 1913 Istituto Superiore
dell’Ingegnere, Architetto e Agronomo” e nel 1877 a Roma dove concluse la sua
di Scienze Economiche e carriera col grado di Ispettore di prima classe del Corpo Reale del Genio Civile.
Commercia li e si tra sforma - Giovanni Agostino Placido Vincenzo Maria (1773-1829) studioso di matemati-
in Fa coltà di Economia e ca ed economista, intellettuale a favore dei rivoluzionari francesi fece parte fino al
Commercio dell’Università 1802 della Commissione di Governo della Repubblica Ligure presieduta dal consi-
degli Studi di Genova nel
1936. (Cfr. Da lla Scuola gliere di stato, generale Giovanni Francesco Déjan con funzioni di amministratore
Superiore di Commercio delle pubbliche finanze redigendo relazioni ufficiali in difesa degli interessi geno-
a lla Fa coltà di Economia , vesi e inviate ai ministri centrali di Parigi; secondo il Girolamo Serra se queste rela-
a cura di Pa ola Ma ssa zioni fossero raccolte in volume costituirebbero un trattato di finanza applicata.
Piergiova nni, Genova ,
1992, pp 15-23).
Alla caduta di Napoleone, su designazione dei genovesi iniziò una strenue lotta per
l’autonomia ma inutilmente in quanto in sede internazionale venne stabilito il defi-
3
Autori va ri, Vilfredo nitivo rientro negli Stati Sardi. Lasciò diverse memorie e le “Considerazioni sulle
Pa reto (1848- 1923). cagioni della ricchezza dei genovesi nel XII, XIII, XIV secolo”5.
L’uomo e lo scienzia to, a
cura di Ga vino Ma nca ,
- Lorenzo Pa reto (1800-1865) geologo prese parte alla vita politica sollevando nel
Mila no, Libri Schewiller, 1847 il popolo genovese per far decidere Carlo Alberto alle riforme. La sua vita
2002, p.14. battagliera si può compendiare in un documento rivelatore e precisamente il dis-
4
corso che pronunciò al Parlamento italiano il 15 gennaio 1862 constatando l’a-
Celebra zione buso dei decreti legge: “si dirà che lo Stato non è più il dispotismo di uno solo,
Fra nco-ita lia na di Vilfredo
Pa reto ( Pa rigi 30 – 09- ma ch’è il dispotismo ministeriale tinto di una logora vernice di parlamentarismo
1960) , Mila no, Giuffrè e guai, ripeto,se questa idea si ingenera nel paese!”.
Editore, 1960. - Gli altri figli furono Ma ria Teresa ( nata nel 1785), Luigi Nicolò ( nato ne 1784)
5
e Teresa Bia nca Ca milla ( nata nel 1787).
In Memorie
dell’ Acca demia di Scienze,
Lo zio di Vilfredo Pareto, Da ma so, (1801-1862) letterato e studioso di letteratu-
lettere ed Arti di Genova , ra inglese fu amico di Mazzini e patì con altri patrioti il carcere.
Genova , 1814, III, Ga eta no Pa reto( 1803-1894), cugino di Vilfredo fu grande viaggiatore e parteci-
pp.225-244. pò alle cinque giornate di Milano.
- Ernesto Pa reto (1818- 1893) rivoluzionario mazziniano, ospitò il grande patrio-
ta. La moglie inglese Costanza Fitzgerald Wright fu anch’essa una pericolosa rivo-
luzionaria.
6
L’8 genna io 1873 tiene a
Genova una conferenza P a r eto, economista d’impr esa .
sul sistema elettora le pro-
porziona le e la città lo
rivedrà a lla Società di Una prima osservazione può riguardare Vilfredo Pareto quale economista di
Letture e conversa zioni impresa per circa venti anni; egli appartiene a quella élite degli ingegneri mate-
scientifiche di Genova per matici fulcro dell’incipiente processo di industrializzazione. Nel 1861 è assunto
un Discorso sul risca tto
delle ferrovie in
come ingegnere alla Società Anonima delle Stra de Ferra te. Entra nel novembre
L’Economista , 14 febbra io del 18736 nella Società per l’Industria del Ferro, settore (insieme a quello del-
1876, pp 165-167 e p.169; 20 l’acciaio) che soffriva di arretratezza rispetto ad un più esteso mercato interna-
febbra io 1876 pp. 201-203. zionale. Per Pareto furono anni di sacrificio in un contesto pionieristico della
Nel ma rzo del 1898
Vilfredo Pa reto è di nuovo
nascente industrializzazione; un esempio significativo è costituito dalle doglian-
a Genova per riscuotere ze dei produttori sulla mancanza del carbone necessario al processo di trasfor-
una grossa eredità dello mazione. “Se non ci è, andate a prenderlo dove si trova” profetiche parole del
zio Domenico. Pareto che anticipavano i processi di integrazione verticale delle aziende mani-

76
Fra nco de Leona rdis Profili economici e professione: un percorso à rebours

fatturiere del tipo, realizzati nel settore siderurgico dal progetto dell’ing. Oscar
Sinigaglia7 (1877-1963) che prevedeva la realizzazione di stabilimenti siderurgici 7
Osca r Siniga glia , Alcune
sul mare in quanto ricettivi di carbone e minerali provenienti dall’estero. note sulla siderurgia
ita lia na , Roma , Tipogra fia
Il trasporto marittimo veniva così integrato al processo produttivo: le cosiddette del Sena to, 1946.
flotte industriali. Sulla figura di Osca r
Quel progetto iniziale della Società per l’Industria del Ferro fu un concreto Siniga glia cfr. Osca r
esempio di business- plan che richiedeva una adeguata immissione di capitali e Siniga glia , Sta bilimento
tipogra fico Iulia , Roma
quindi una valutazione fra costi di impianto e di gestione attesi con fonti di finan- 1962.
ziamento costituiti da capitali di rischio. Purtroppo quel progetto iniziale non
trovò riscontro e il Pareto cercò di dare concreti indirizzi per una prospettiva
industriale. Nel dicembre 1878 viene nominato Direttore Generale8 in una situa- 8
Ilva Altiforni e a ccia ierie
zione precaria sia finanziaria che economica. Il possibile risanamento passò attra- d’Ita lia 1897-1947,
Berga mo, I.I.A.G.,1948,
verso la Banca Generale che partecipò alla costituzione della Società delle p. 271.
Ferriere Ita lia ne, dando inizio nel 1880 ad un nuovo ciclo per l’industria side- La Società “Ilva Alti forni” e
rurgica in Valdarno. Pareto restò fino al 28 maggio 1890 e venne “esonerato” dal- “Accia ierie d’Ita lia ” , deno-
l’incarico. La conclusione di questo periodo si può definire non certamente ade- mina zione a ssunta nel
1918 deriva va
guata ai sacrifici profusi9. da ll’a ssorbimento di un
Per Pareto la lunga esperienza aziendale, con ragionevole certezza, fu la fonte alla gruppo di società cui
quale attinse quei materiali grezzi che levigò per pervenire all’elaborazione delle a ppa rteneva no i ma ggiori
analisi economiche successive che lo portarono alla teorizzazione economica sta bilimenti siderurgici
dell’equilibrio, dell’ottimo paretiano e della distribuzione dei redditi. ita lia ni e precisa mente le
Società a nonime “Ferriere
Ita lia ne”, fonda ta a Roma
P a r eto, economista e sociologo. nel 1880, “Ligure
meta llurgica ”, fonda ta a
Una lettura di Vilfredo Pareto, nel contesto della intera dottrina economica, rive- Genova nel 1890, “Elba di
Miniere e di Alti forni”
la che è irrazionale la ricerca di leggi economiche assolute e invita ad esaminare fonda ta a Genova nel 1899,
invece il comportamento sociale in cui i singoli individui non soggiacciono a “Siderurgica di Sa vona ”
schemi preordinati né a strumenti di costrizione totalitaria sotto false apparenze fonda ta a Mila no nel 1900
di una inesistente eguaglianza sotto questi profili. e infine l’ “Ilva ” fonda ta a
Genova nel 1905.
L’inizio del Cours d’économie politique pubblicato presso l’editore F. Rouge in
due volumi a Losanna nel 1896 - 1897 e tradotto da Renzo Fubini nel 1942 per 9
Autori va ri, Vilfredo
l’edizione Einaudi è al proposito significativo: “la scienza di cui intraprendiamo Pa reto (1848- 1923).
lo studio è una scienza naturale come la psicologia, la fisiologia, la chimica L’uomo e lo scienzia to, a
ecc..Come tale non ha da darci precetti”. I due tomi si compongono di due parti: cura di Ga vino Ma nca ,
Mila no, Libri Schewiller,
la prima “ Principes d’économie politique pure”, la seconda “Economie politique 2002.
appliquée”, quest’ultima si suddivide a sua volta in tre libri, il primo dedicato ai
capitali (personali , mobiliari, immobiliari), il secondo al funzionamento dell’or-
ganismo economico (produzione, commercio, crisi economiche), il terzo è sulla
ripartizione e il consumo delle ricchezze.
Pareto, pur divergendo dal Walras nella formulazione di idee sociali, il primo
convinto liberale e successivamente scettico di ogni dottrina sociale, il secondo
propugnatore di riforme sociali, furono entrambi i fondatori della teoria dell’e-
quilibrio economico generale.
Pareto definisce questi sistemi “reali” i quali deviano rispetto alle matrici origi-
nali. Tra le matrici originali e i sistemi reali si manifestano quelle azioni non logi-
che (verità soggettive) che differiscono secondo intensità di azione dalle verità
oggettive. E’ per questa via che Vilfredo Pareto impegna le sue forze nel Tra tta to
di sociologia genera le. In esso vi è l’analisi del contrasto fra la scienza logico-spe-

77
n.20 / 2008

rimentale e l’operare, la distinzione fra il valore sperimentale di una concezione


e la sua utilità sociale, la distinzione fra la massima utilità di una collettività e per
una collettività. Giustapposizione fra azione logica e non logica. Le azioni logiche
sono le azioni in cui esiste un legame tra mezzi impiegati e scopo fissato; tale
relazione non esiste nelle azioni non logiche. Pareto definisce “residui” gli sche-
mi che permettono di esprimere gli atti come parte costante di una azione men-
tre sono “derivati” le sue parti variabili. I residui non esistono nella realtà ogget-
tiva ma hanno una esistenza soggettiva legati agli individui che le generano.
L’idea che l’equilibrio concorrenziale determini uno stato ottimale per l’economia
è assimilabile all’immagine di A. Smith della “mano invisibile”. L’ottimo economi-
co attiene a proprietà di efficienza allocativa e non riguarda la distribuzione della
ricchezza fra gli individui. Pareto distingue fra “massimo di ofemilità per la collet-
tività” (nozione economica di ottimalità paretiana) e “massimo di utilità della col-
lettività” che Pareto attribuisce alla sociologia. Pareto per questa via dette origine
allo studio sulla distribuzione dei redditi che in buona sostanza evidenzia come,
su base statistica, i redditi percepiti dai ricchi risultano più elevati di quanto acca-
drebbe se il reddito fosse distribuito secondo la normalità gaussiana. Non è forse
di questi giorni la asserita disparità esistente fra la curva dei redditi reali con quel-
la dei redditi fiscali?. Pareto parla di eterogeneità sociale per cui la distribuzione è
riferibile a gruppi di individui secondo la casualità, determinando una eteroge-
neità della distribuzione, senza tuttavia specificare la ratio della diversa qualità
reddituale dei gruppi di individui. In definitiva Pareto era insoddisfatto della teo-
ria economica, non per mancanze delle sue teorie, ma per la natura della stessa
economia, scienza evolutiva che suggeriva approfondimenti sociologici. Il per-
corso dall’economia alla sociologia origina dalla distinzione fra azioni logiche e
azioni non logiche e nella convinzione che, per il più degli uomini, la seconda
categoria è di gran lunga maggiore della prima: “gli uomini, in genere, compiono
azioni non logiche e credono e vogliono far credere che sono azioni logiche”.
Samuelson ha osservato molto acutamente che la sociologia si muove nella
“penombra delle utilità”.
Si è così sviluppato, in sintesi, il passaggio dalla teoria pura dell’equilibrio eco-
nomico alla teoria dinamica dell’equilibrio sociale.
L’insegnamento di economia politica a Losanna, succedendo alla cattedra del
Walras, a partire dal luglio 1893, rappresenta per il Pareto il suo convincimento
che l’Italia non poteva ospitare l’espressione del proprio pensiero libero e spre-
10
Cfr. Vilfredo Pa reto, giudicato. Così scrive all’amico Placci il 28 maggio 189410: “Puoi tu , vivendo come
Crona che ita lia ne, a cura fai , scrivere senza riguardi e chiamare pane il pane?. Questo non lo so. Per me
di Ca rlo Monga rdini,
Brescia , Morcellia na ,
ho eletto di vivere a Losanna appunto per non avere nessun vincolo, fuorchè
1965, pp.32-33. quello strettissimo di cercare con ogni cura il vero. Anche in Italia scrivevo assai
Ra ccolta di a rticoli liberamente, ma pure alcune volte mi accadde di tacere qualche verità, cedendo
pubblica ti da l Pa reto sul a considerazioni di un falso amore patrio”.
Giorna le degli economisti Pareto fu un instancabile sostenitore della libertà economica ed espresse conti-
da l 1891 e da l 1893 a l
1897. nuamente il suo pensiero negli articoli che scrisse in diversi giornali del tempo,
in primo luogo, sul Giorna le degli economisti . Altri economisti perseguirono il
concetto di un'economia libera; in questo breve intervento mi riferirò ad Adamo
Smith e Luigi Einaudi, i quali in diversi periodi storici e in diverse forme affer-
mavano la natura libera dell'economia.

78
Fra nco de Leona rdis Profili economici e professione: un percorso à rebours

Liber tà economica – Ada mo Smith – Vilfr edo P a r eto – Luigi Eina udi.

Il significato delle teorie liberiste di Adamo Smith (1723-1790) ha subito muta-


menti per due ragioni: la prima è l'avvenuto intervento nei mercati del potere dei
managers che tradizionalmente hanno il ruolo di programmare, costruire il mer-
cato e di minimizzarne i rischi. L’attribuzione dell’autonomia per i managers
costituisce il presupposto per lo stimolo al rischio e ciò porta l’impresa ad un
percorso innovativo.
La seconda è il rapporto tra pubblico e privato. Il pensiero di Smith tende ad
affermare che Stato e mercato si escludono reciprocamente; la storia delle socie-
tà capitalistiche moderne è improntata a due fenomeni contrapposti: la pubbli-
cizzazione del privato e la privatizzazione del pubblico. Per Smith il mercato è il
meccanismo spontaneo di formazione delle ricchezze nel quale le situazioni non
hanno ruoli, per il capitalismo moderno il problema è trasformare il mercato in
una istituzione trasparente11. 11
Piero Ba ira ti,
La filosofia di Adamo Smith, come si riceve dai suoi due testi, La teoria dei sen- Il ca pita lismo fa i conti
timenti mora li(1759) e L’inda gine sulla na tura e ca usa della ricchezza delle con Smith, in Il Sole 24 ore
del 17-07-1990.
nazioni (1776) risale agli stoici e agli epicurei rafforzata dalle teorie di
Bacone(1561- 1626), Hobbes(1588-1679), Locke (1632-1704) e dei Fisiocratici.
L’essenza delle sue teorie si compendia sulla superiorità di ciò che è spontaneo
sopra la legge fatta dall’uomo12; quello che in Pareto viene definito comporta- 12
Giova nni Ma la godi,
mento costante in quanto derivato dalla natura: ciò che è variabile è una testi- La beneficenza della
na tura cura i ma li
monianza delle diversità. dell’istituzione, in
Scopo principale dell’analisi di Smith era quella di dimostrare che il lavoro è il vero Il Sole 24 ore del 17-7-1990.
creatore del valore, che la divisione del lavoro è il mezzo che può rendere il lavo-
ro stesso più produttivo (e quindi capace di creare maggior valore) e il mercato il
mezzo per rendere possibile la divisione del lavoro e determinarne la portata.

Sulla pr eca r ietà del la vor o.

Recenti articoli su quotidiani riportano che nella società italiana esiste troppa
precarietà del lavoro. Il problema a mio avviso va analizzato sotto diversi aspetti.
Non si può ignorare che in Italia i livelli di offerta di lavoro sono superiori alla
domanda di investimenti. Sotto questo profilo la storia economica anche recen-
te ci può dare utili indicazioni nel senso che ad investimenti durevoli corrispon-
de una minore precarietà del lavoro nel senso di una più stabile occupazione
presso la stessa azienda. Oggi i processi produttivi sono “volatili”, sia per effetto 13
La motiva zione del
della globalizzazione dei mercati sia per l'introduzione delle tecnologie dell'in- conferimento del premio è
formazione e del trattamento delle informazioni. Ne consegue che l'offerta di sta ta "For ha ving extended
the doma in of microecono-
lavoro deve poter seguire le linee di questa economia che definirei “sottile”. In mic a na lysis to a wide
tempi recenti il premio Nobel13 (1992) dell'economia Gary S. Becker, nato nel ra nge of huma n beha viour
1930, indica nel valore dell'uomo e quindi nel “ capitale umano” una possibile via a nd intera ction, including
di soluzione. L'istruzione e la formazione sono i più importanti investimenti nel nonma rket beha viour".
capitale umano. E' dimostrato statisticamente che i redditi delle persone più 14
Ga ry Becker,La urea to in
istruite sono mediamente quasi sempre superiori considerando altresì i costi per profitto, in Sole 24 ore del
l'istruzione. La correlazione è stata osservata in Paesi con culture e sistemi eco- 9-12-2001 (inserto della
nomici diversi14. domenica p. 1).
Le tesi di Becker e della Scuola di Chicago (che vede nel mercato lo strumento

79
n.20 / 2008

per risolvere la maggior parte dei problemi economici) erano già state intuite dal
Pareto che considerava il momento economico coesistere con le altre azioni del-
l'uomo. In occasione dei 100 anni di fondazione della Facoltà di Economia della
Sapienza di Roma, il Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, nato nel
1947, afferma nella sua “lectio magistralis”del 9/11/2006 che “l'istruzione è il fat-
tore più importante per la crescita” ed ancora “l'istruzione è una medicina poten-
te per avere maggiore partecipazione al mercato del lavoro, maggiore produtti-
vità, maggiore competitività. A parità di ogni altra circostanza, nel nostro Paese
la probabilità di partecipare al mercato del lavoro aumenta del 2,4% per ogni
anno di scuola frequentato (3,2% nelle regioni meridionali)”. Occorre attuare
forme di “finanziamento diretto agli studenti meritevoli e alle loro famiglie”. Il
riconoscimento del merito non è garanzia di equità ma, senza, la società è sicu-
ramente più iniqua.
Certo, dopo l'11 settembre 2001 si sono modificate molte strategie e comporta-
menti in campo economico e gli stessi economisti affermano non avere parame-
tri di riferimento.
Le economie occidentali dovranno considerare le variabili guerra e terrorismo.
Già il Borgatta, allievo di Einaudi, esponeva che: “la finanza della guerra totale
offre un modello più di ogni altro completo e fecondo di indagini analitiche dei
15
G. Borga tta , La fina nza fenomeni della finanza straordinaria”15.
di guerra e del dopoguer- Pochi giorni dopo l'attentato dell'11 settembre 2001, l'economista premio Nobel
ra , Alessa ndria ,
Sta bilimento Tipo
North16, nato nel 1920, in un'intervista di Mario Platero17 affermava che perdendo
Litogra fico Succ.Ga zzotti & alcune delle nostre libertà ci saranno anche delle conseguenze economiche sul
C., 1949, p. 125. piano dell'efficienza o per un utilizzo ottimale delle risorse e così via. Il nuovo
16
modello da cui assumere qualche indicazione deve includere sia variabili politiche
La motiva zione del con- che economiche e l'interazione fra mercato, ruolo dello Stato e della politica.
ferimento del premio è
sta ta "For ha ving renewed Ritornando ad Adamo Smith, l'altro suo concetto, legato pur sempre al lavoro, fu
resea rch in economic quello di considerare la ricchezza come un flusso invece che come un patrimo-
history by a pplying econo- nio inerte. A. Smith fornì una pesante critica delle assurdità a cui portava la seve-
mic theory a nd qua ntita ti- ra regolamentazione dell’attività economica sotto il sistema mercantilistico.
ve methods in order to
expla in economic a nd
Siamo nel 1776, anno della dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti
institutiona l cha nge". d’America, momento culminante e fondante per la definitiva condanna del siste-
ma coloniale dannoso sia alla madre patria che alle colonie. Smith credeva in ciò
17
D.North, Una nuova che è naturale contro ciò che è obbligatorio. Nella Theory of mora l sentiments
economia di guerra , in
Sole 24 ore, del 10 ottobre
aveva già trattato dell’azione umana provocata dal “amore del proprio vicino, il
2001. desiderio di essere liberi, il sentimento del possesso, l’abitudine al lavoro e la dis-
ponibilità agli scambi”. “Evitate ogni interferenza col libero gioco di queste forze
ed ogni individuo sarà condotto da una mano invisibile a favorire un obiettivo
che non rientrava nelle sue intenzioni”. Il Pareto conferma che l’uomo lasciato
libero troverà i mezzi per proteggere in maniera più o meno armoniosa i propri
interessi e quegli degli altri. Non è casuale la sua partecipazione, a Firenze, nel
1874 alla fondazione, con professori, uomini d’affari e politici libero scambisti,
18
Sull'opera , la vita e il della Società Ada mo Smith.
pensiero di F. Ferra ra cfr. Dal 1868 esisteva la Società di Economia Politica sui modelli francese e belga.
Ricca rdo Fa ucci, Presidente era Giovanni Arrivabene (1787-1881) , carbonaro del 1821, successi-
L'economista scomodo.
Vita e opere di Fra ncesco vamente economista a Bruxelles. Ricopriranno ruoli primari Ferrara (1810-1900),
Ferra ra , Pa lermo, Sellerio, Minghetti (1818-1886) e Scialoja (1856-1933). Francesco Ferrara18, non condivise
1995. in allora l'introduzione dell' insegnamento dell'economia negli istituti tecnici in

80
Fra nco de Leona rdis Profili economici e professione: un percorso à rebours

quanto la teoria economica è per sua natura complessa e controversa. Nel 1874
promosse la costituzione della Società Ada mo Smith.
La dissociazione del Ferrara dalla Società di Economia Politica è palese: il
31/03/1871 in una lettera che Ferrara scrisse a Jacopo Virgilio (1834-1891) si
legge “trovo nel fatto che non abbiano invitato lei al banchetto degli economisti
perché ella è economista e quella (leggi Società di Economia Politica ) è ormai
divenuta una società di faccendieri politici”.
Il 25 agosto 1874 scriveva ancora a Jacopo Virgilio allegando una copia dello statu-
to della Società Adamo Smith che annoverò la maggioranza dei professori di eco-
nomia. Sull'importanza della corrispondenza fra F.Ferrara e J. Virgilio nel processo
di formazione dell'insegnamento economico si auspica la pubblicazione. Sono gli
anni della rivoluzione marginalista in cui i padri Leon Walras (1834-1910) e Stanley
Jevons (1835-1882) ebbero a Genova in Gerolamo Boccardo (1829-1804) un vali-
do presentatore e in opposizione alle tesi del Ferrara. Questo genovese rappre-
sentante delle correnti eclettiche fu geografo, geologo, antropologo e sociologo19. 19
Cfr. Atti del convegno
Smith affermava: “non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del panet- 17-18 settembre 2004
“Gerola mo Bocca rdo
tiere che dobbiamo aspettarci il nostro pranzo ma dal loro amore per il proprio (1829-1904) tra scienza
interesse”. Nonostante la fiducia nel mercato Smith era ben conscio che “ i pro- economica e società
prietari terrieri amano mietere dove hanno seminato” e non escludeva l’esistenza civile”, Genova , 2004.
delle imprese pubbliche ( fornitura pubblica di infrastrutture, politica monetaria
del Governo, regolamentazione della tassazione come mezzo non solo per rastrel-
lare denaro ma anche per controllare certe attività e per tenere sotto controllo gli
obiettivi a lungo termine fuori dall’interesse del singolo limitato nel tempo.
La lezione durevole di A.Smith secondo Lord Roll of Ipsden nella conferenza “
Wea lth of Na tions 1990 ”, tenutesi ad Edimburgo nell’estate del 1990 per cele-
brarne il bicentenario della morte20 è così compendiata: 20
In Economia il testo
1) la scienza economica è una disciplina che anche i non specialisti devono sa cro è il suo, Estra tto della
rela zione di Lord Roll of
poter comprendere. Il rinchiudersi così frequente ai giorni nostri in una specia- Ipsden, in Il Sole 24 ore del
lizzazione sempre più ristretta espressa in complicate formule matematiche è 17-07-1990 p. 5.
sicuramente inferiore alla vasta analisi contenuta nella Wea lth of Na tions, con i
suoi intimi legami, con filosofia, morale, diritto, retorica. Un ritorno a questa con-
cezione della politica economica come parte di una cultura molto più vasta è
necessario da molto tempo.
2) E’ necessario attenersi alla virtù della libertà politica come fondamento di
ogni libertà, alla negazione dei privilegi accordati ad interessi particolari, al sag-
gio uso dei meccanismi di mercato per la allocazione delle risorse. Tutto questo
deve essere fatto nell’ambito della conservazione dei valori e nel raggiungimen-
to di obiettivi che attraverso il processo democratico possano essere accettati da
tutte le società. Dobbiamo riconoscere che affermare e conservare questi valori
obbliga spesso ad eludere le forze di mercato o a modificare in qualche misura i
risultati della loro libera azione.
A partire dal 1880 Pareto in particolare difende con numerosi scritti la libertà di
commercio contro l’attività dello Stato nelle attività economiche; evidenzia che
il miglioramento di vita della classe operaia passa attraverso l’aumento della pro-
duzione. E’ antiprotezionista e avversa le sovvenzioni statali alle industrie, lo
Stato burocrate e accentratore.
Più tardi Luigi Einaudi (1874-1961), in un testo ormai introvabile, ha svolto dei
saggi bibliografici e storici su economisti e dottrine economiche e notevole spa-

81
n.20 / 2008

zio è stato attribuito ad Adamo Smith quale bibliofilo al fine di desumerne il più
21
Luigi Eina udi, Sa ggi completamente possibile il pensiero21.
bibliogra fici e storici intor- Proprio recentemente le teorie liberiste di Luigi Einaudi, sia negli aspetti intuitivi
no a lle dottrine economi- che applicativi, sono state ricordate a Londra dal Governatore della Banca d’Italia22.
che, Roma , Edizione di
Storia e Lettera tura , 1953, Infatti, Luigi Einaudi fu per tre decenni corrispondente del “Economist” dall’Italia23.
pp.71-115. Il Governatore ricorda che Luigi Einaudi “vedeva con favore qualunque provvedi-
22
mento, regola o istituzione che fosse volta a promuovere la creatività umana; ma
Qua ndo Eina udi critica - qualsiasi istituto giuridico, o d’altra natura che rischiasse di bloccare deliberata-
va le trincee del merca to,
in Il Sole 24 ore, mercoledì
mente o meno l’evoluzione della società imbrigliando l’iniziativa umana, era per
18 ottobre 2006, p.11. lui occasione per le sue analisi accurate e pignole; sostenne e difese l’idea di un
sistema giuridico basato su poche, semplici leggi e la loro rigida applicazione”.
23
Gli scritti sono sta ti ra c- Particolare attenzione fu sempre data dall'Einaudi agli studi finanziari e in parti-
colti da lla pa ziente ricerca
di Roberto Ma rchiona tti,
colare monetari.
From our ita lia n corre- I tentativi della dottrina economica moderna di “spiegare” l’interesse e di com-
spondent, Luigi Eina udi’s prenderne gli effetti sono innumerevoli. I contributi possono essere ricondotti
a rticles in the Economist, alla “Teoria reale” e alla “Teoria monetaria”. Secondo la “Teoria reale” il tasso di
1908,-1946, voll. 2, Firenze, interesse reale è fissato dal calcolo degli individui che comparano il sacrificio
Leo S. Olschki Editore,
2000. reale dell’astenersi dal consumare oggi (risparmio) col beneficio atteso di con-
Gli a rticoli sumare di più e meglio domani (investimento). Manipolare il prezzo naturale del
a ppa rsi sull’Economist ra p- tasso d’interesse attraverso la politica monetaria è inopportuno e produce dis-
presenta no l'integra zione torsioni al limite inflazionistico o deflattivo. Secondo la “Teoria monetaria” l’in-
idea le degli otto volumi
delle Crona che economi-
teresse è determinato dalle forze che agitano i mercati della moneta, del credito,
che e politiche di un tren- delle valute e della finanza. La “Teoria reale” è suscettibile di verifica sul piano
tennio ( 1893-1925), statistico econometrico invece la “Teoria monetaria” non è suscettibile di imme-
Torino, Giulio Eina udi diata verifica econometrica. Gli effetti del tasso di interesse nel modello econo-
Editore,1964.
metrico proposto dalla Banca d'Italia rivelano che un tasso d’interesse più eleva-
to di un decimo (11% invece di 10%) implica dopo un anno più bassi livelli delle
variabili reali, come gli investimenti in macchine, (- 4,5%), la produzione com-
plessiva (-0,6%), l’occupazione (-0, 2%) e delle variabili monetarie come i prezzi
24
Sidney Homer,- Richa rd al consumo (- 0, 1% ) e i salari nominali (-0, 2%)24.
Sylla , Storia dei ta ssi La razionalità che è posta alla base delle scelte degli speculatori dei mercati della
d’interesse, presenta zione moneta e della finanza è più complessa: vi è qui un misto di calcoli e convenzio-
di PierLuigi Ciocca ,
Ca riplo, La terza ,
ni da cui le decisioni scaturiscono, per cui vi sono oggettive difficoltà di quanti-
1995, p. XII. ficazioni. Le difficoltà connesse alla valutazione delle cosiddette “attese dei mer-
cati valutari” riportano all'analisi dell'homo oeconomicus e alla sua irrealtà.
Si è avuta la conferma dalle teorie sociologiche come recentemente dalla psico-
logia e dagli studi sul cervello aprendo gli orizzonti agli studi di neuro economia.
Se la nostra mente fosse governata esclusivamente da processi di tipo riflessivo
e deliberato e il nostro cervello costituito dalla sola corteccia pre-frontale dove
hanno sede le attività cognitive superiori, allora l’economia tradizionale sarebbe
una buona teoria delle nostre scelte reali. La realtà ci impone di considerare che
la nostra economia emotiva è molto più ricca, estrosa e bizzarra, quello che il
Pareto definiva azioni - non logiche. Gli errori (e qui sarebbero interessanti le
definizioni stesse di errori) che gli individui commettono sono la regola e non
l'eccezione. Le illusioni cognitive sono indotte da processi automatici e sponta-
nei attraverso i quali decodifichiamo la realtà in maniera rapida e intuitiva ma
anche approssimativa e fuorviante.
Di fronte ad uno stesso problema può così accadere che si prendano decisioni

82
Fra nco de Leona rdis Profili economici e professione: un percorso à rebours

25
diametralmente opposte a seconda di come ce lo rappresentiamo o di come, Cfr. l'a rticolo di Ma tteo
Motterini,Cha rlie Brown
magari strumentalmente, ci viene presentato. L'incertezza è la costante in cui ven- decide così, in il Sole 24 ore
gono prese istante per istante le decisioni, ma non sempre queste sono le più del 16 ottobre 2006, p.36.
razionali. La nostra percezione sensoriale del rischio è volubile e noi intendiamo
26
dati, proporzioni, percentuali e statistiche in un modo che è influenzabile. La motiva zione del
conferimento del premio è
L'inadeguatezza della teoria economica che fa dipendere ogni decisione dal per- sta ta “"For ha ving
seguimento della massima utilità per chi le prende rivela che in realtà le nostre integra ted insights from
scelte necessitano analisi e interventi per una diversa interpretazione da parte di psychologica l resea rch into
psicologi cognitivi, neuroscienziati ed economisti sperimentali. La stupidità esiste economic science,
e gli errori che si compiono sono ricorrenti e prevedibili. Appartengono ad una especia lly concerning
huma n judgment a nd
logica diversa da quella matematica ma non per questo meno sistematici. Gli studi decision-ma king under
sulla neurobiologia della razionalità attraverso idonee sperimentazioni ci permet- uncerta inty”
tono di verificare l'attività cerebrale e di conseguenza ci suggeriscono che i nostri 27
processi decisionali sono la risultante di una continua negoziazione tra processi Cesa re Coscia ni,
Istituzione di Scienza
automatici e processi controllati; per rendere l'idea, tra ragione e sentimento25. delle Fina nze, Torino,
Lo studio delle scienze cognitive e di processi decisionali e di giudizio nelle Utet, 1961, prefa zione.
incertezze è oggetto delle ricerche di Daniel Kahneman26, recentemente a
28
Genova al Festival della Scienza, (nato nel 1934 e recente premio Nobel per l'e- “La scienza dell’econo-
mia politica come la cono-
conomia). scia mo in Inghilterra può
essere definita come la
Economia fina nzia r ia scienza degli a ffa ri (The
science of business) nella
La Scienza delle Finanze, o meglio, l’economia finanziaria è la disciplina che stu- forma che gli a ffa ri ha nno
nelle gra ndi comunità pro-
dia l’attività economica che si svolge nell’ambito degli assetti coercitivi in con- duttive e commercia li”. Cfr.
trapposto con l’Economia Politica che si occupa, invece, dell’attività economica Wa lter Ba gehot, Economic
che si svolge nell’ambito di quella contrattuale. Così Cesare Cosciani (1908-1985) Studies, in Collected works,
definiva la Scienza delle Finanze27. L'economia politica è più semplicemente la a cura di N. St. John Steva s,
The Economist, Londra
scienza degli affari28. 1978. L’Economist fu fonda -
Il contributo alla teoria della finanza pubblica fu dato da diversi economisti ita- to da Ja mes Wilson nel
liani guidati non da finalità predeterminate o principi immutabili, ma uniti nella 1843 e a ll’inizio fu un
tematica affrontata e negli strumenti utilizzati. L’intervento pubblico nell’econo- foglio rigida mente dottri-
na rio e fu lo strumento del
mia è stato da sempre analizzato a partire proprio da Adamo Smith e si com- la issez- fa ire
pendia nel livello di produzione di servizi da parte dello Stato per soddisfare nell’Inghilterra della metà
bisogni pubblici. La domanda che si sono posti i ricercatori e che è sempre di 800. L’Economist a vversò
attualità è quella di capire come mai i cittadini, a differenza di come agiscono per con la ma ssima intra nsi-
il soddisfacimento di altri loro bisogni, dimostrano rigidità nel pagare tali servizi genza (dura nte la direzio-
ne proprietà Wilson) tutti i
e pertanto si prefigura la necessità coercitiva del prelievo fiscale. E qui si innesta tenta tivi di riforma socia le
l’ulteriore domanda: qual è il livello di equità e neutralità affinché le imposte inci- nei qua li sono sta ti indivi-
dano in maniera conforme a diversi livelli di ricchezza e cioè non possano alte- dua ti i prodromi ottocente-
rare la distribuzione del reddito e l’allocazione delle risorse? Le domande esigo- schi del “Welfa re Sta te”. Per
Wilson il libero sca mbio
no riflessioni sulla natura dello Stato e sulla sua attività finanziaria e cioè a quali non era una dottrina eco-
limiti e a quali condizioni possa esercitare l’attività del prelievo dei tributi29. nomica ma una forma di
Le nozioni sull'a ttività fina nzia ria dello Sta to e sulle connessioni tra finanza religione che si esprimeva
pubblica e scienza economica, i rapporti tra analisi astratta e approssimazioni al nell’ordine na tura le che gli
uomini, a ttra verso le istitu-
concreto sono il campo di osservazione non solo dello studioso ma coinvolge il zioni da loro fonda te, non
giudizio sulla esperimentazione della prassi professionale colta nell'istante per la doveva no a ltera re; a sseri-
formulazione di un giudizio di valore tra variabili finanziarie connesse al prelievo va di a vere fiducia inta c-
dei tributi e le altre variabili soggettive e d'impresa . ca bile nell’opera di Ada mo
Smith.

83
n.20 / 2008

La direzione editoria le del Nella ricerca finanziaria lo Stato si presenta sia come un soggetto economico
foglio pa ssò nel 1861( dopo
la morte di Wilson nel
(interventi propriamente caratteristici del debito pubblico, delle partecipazioni
1860) a Wa lter Ba gehot finanziarie in settori denominati “di pubblico interesse”, che come soggetto
(sposò Eliza , una delle avente come attività propria quella intrinsecamente riferita alla teoria delle impo-
figlie di Wilson) che ma n- ste. Secondo una classificazione sulla natura dello Stato ricondotta a Nicolò
tenne fino a l 1877.
Ba gehot, interprete del
Bellanca30, lo Stato finanziario è riconducibile allo:
clima genera le della City, - Stato parassita quando è la conseguenza di gruppi di individui che “si impa-
non ebbe spunti ideologici droniscono della forza coercitiva e la utilizzano in difesa dei loro propri partico-
forti, bensì pra tica va le lari interessi che gabellano (con l'aiuto degli economisti e dei giuristi) come fini
virtù del compromesso. Sua dello Stato e interessi della collettività”;
fu l’opera Lomba rd street,
testo di indubbio fa scino - Stato tutore allorquando non si suppone più che “gli individui si muovano in
che Luigi Eina udi curò per conformità dei loro gusti, tali che ognuno sia più illuminato del compagno circa
la versione in qua rta serie i gusti propri;
della Biblioteca - Stato scambista di derivazione della teoria economica. Qui lo Stato è “ parago-
dell’Economista
dell’Unione Tipogra fico
nabile ad un privato come subietto di diritto e come subietto agente economico”;
Editrice Torinese (cfr. - Stato organicista o corporativo nel quale è assente la lotta tra gli individui in
Wa lter Ba gehot, Lomba rd quanto i singoli sono identificati nell'ente collettivo.
street, il merca to moneta - La ridefinizione dello Stato secondo Mauro Fasiani (1900-1950) è articolata, rifor-
rio inglese, tra duzione di
Luigi Eina udi, sa ggio intro-
mulando il processo finanziario in termini di azioni non logiche o meglio sulla
duttivo di Giuseppe Berta , prevalenza delle azioni non logiche su quelle logiche secondo la teoria del
Torino 1986). Pareto. Qualora le decisioni finanziarie delle classi elette mirino al proprio esclu-
29
sivo interesse di gruppo si ottiene il massimo di utilità per l'élite e si perviene allo
Un contributo qua le sa g- Stato monopolistico in cui si massimizza il dominio politico. Se la classe dirigen-
gio storico sulla scuola ita -
lia na di economia pubbli- te esercita il potere finanziario nell'interesse particolare di ciascun cittadino si
ca è sta to a ffronta to da perviene alla forma di Stato cooperativo con un massimo di utilità per l'intera
Nicolò Bella nca , La teoria collettività. Se la classe dirigente esercita il potere finanziario nell'interesse della
della Fina nza pubblica in collettività considerata unitariamente si raggiunge il massimo di utilità della col-
Ita lia , 1883-1946, Firenze,
Leo S. Olschki Editore,
lettività a cui corrisponde la forma di Stato tutorio. Nella realtà i tre casi limite
1993. sono intrecciati.
Il punto di riferimento dell'attività finanziaria dello Stato è la soddisfazione di
30
Nicolò Bella nca , op. cit., taluni tipi di bisogni . Secondo il Fasiani sono pubblici i bisogni a cui lo Stato
con riferimenti a lle opere
di A. De Viti de Ma rco, M.
provvede con l'attività finanziaria. La difficoltà nella classificazione dei bisogni
Pa nta leoni , pp. 29- 30. pubblici ha portato Luigi Einaudi ad affermare “in un tempo in cui tutto muta e
nessuno sa quali siano i servigi pubblici e a chi spettino e se spettino a qualche
31
Cfr. L. Eina udi Di a lcuni ordine di Stato o a nessuno di essi”31.
connota ti dello Sta to elen- La Scienza delle finanze considera l'a tto fina nzia rio come la risultante di un'at-
ca ti da i tra tta tisti fina nzia -
ri, in Rivista di diritto tività sia politica che economica. I concetti elaborati furono attinti da una trasla-
fina nzia rio e scienza delle zione delle elaborazioni di analisi economiche quali “ rendita del consumatore,
fina nze, dicembre 1942, razionalità delle scelte, coercizione, edonismo, individualismo sociologico, illu-
pa g. 48. sione finanziaria, azione non logica, élite, bisogni consolidati ecc.”.
La finanza pubblica consiste nel provvedere i mezzi per il conseguimento degli
scopi della vita collettiva. Qui si appalesa necessaria la distinzione fra collettivismo
e individualismo. La scuola austriaca (Carl Menger 1840-1921, Emil Sax 1845-1927)
fece una acuta osservazione sulla definizione di Collettivismo, per cui l'individuo
agisce “solo come membro del gruppo e in rapporto ad esso” e di Individualismo
in cui prevale la tendenza dell'uomo a foggiare la sua condotta “come emanazio-
32
Cfr. N. Bella nca , ne della sua personalità e della sua autonomia”. Queste due forze “agiscono con-
op. cit. , p. 51. temporaneamente in tutti gli uomini” e sono “ insite nella natura umana”32.

84
Fra nco de Leona rdis Profili economici e professione: un percorso à rebours

Carlo Angelo Conigliani (1868-1901) non condivise la distinzione tra egoismo


individuale o individualismo e egoismo di specie o collettivismo quali forze psi-
cologiche distinte. Il collettivismo per Conigliani rigetta il concetto edonistico
che è il principio unitario della scienza economica per sostituirlo con un con-
cetto dualistico egoismo individuale/egoismo di specie. Il Conigliani intravede
negli “ interessi di classe” non una forma di collettivismo ma “egoismi individua-
li propri e comuni a tutti gli individui componenti la classe”, ne consegue che il
bisogno pubblico è in corrispondenza con moventi individuali. In termini pare-
tiani, nell'esercizio dell'attività finanziaria i governanti tendono a massimizzare
l'ofemilità per la collettività tenendo conto più di vincoli riguardanti il consenso
politico dei governati che non la minimizzazione dei propri costi marginali33. 33
Cfr. N. Bella nca ,
Se al rapporto fra governanti e governati si applica il principio del minimo mezzo op. cit. , pp. 180-185.
con la legge dell'egemonia ne consegue che sono i governati a graduare i cosid-
detti bisogni pubblici e il sistema delle imposte assume natura politica; il
Conigliani definisce l'imposta come “un atto economico di coazione politica”,
mentre per l'Einaudi “l'imposta è quella quota che si dà allo Stato in relazione ai
servizi reali o immaginari che esso presta”.
Il potere fiscale, sostiene sempre il Conigliani, “è un fenomeno di psicologia col-
lettiva”. Esso ha dei costi politici costituiti dal grado di consenso. Se si forma il
convincimento che potere fiscale sia eccessivo rispetto alle economie individua-
li si ha una diminuzione dell'assoggezione morale dei cittadini34. 34
Cfr. N. Bella nca ,
Basti considerare attualmente la posizione dei governanti che utilizzano il pro- op. cit., pp 196-198.
cesso mediatico per creare consensi sulla politica fiscale (dicono i governanti: se
c'è qualcosa di errato negli attuali provvedimenti legislativi per l'esercizio finan-
ziario del 2007 ciò è dovuto ad un'errata comunicazione mediatica). La comuni-
35
cazione mediatica viene usata per creare diversivi alle reali necessità di risolvere Per comprendere il
i problemi attinenti più in generale l'economia italiana. Deviazione mediatica per problema fina nzia rio dello
Sta to che si a rticola va in
attivare consensi e convincimenti utili alla classe dominante politica. imposte contorte , intrica te
Amilcare Puviani35 si pone su una posizione diversa dal Conigliani in quanto il norme, procedure a mmini-
primo afferma che il pagamento delle imposte è frutto di una scelta volontaria e stra tive, Amilca re Puvia ni
i contribuenti sono in destinatari di illusione finanziaria; il secondo afferma che (1854-1907) nel 1897 ela bo-
rò un criterio interpreta ti-
le imposte sono pagate o per interesse politico o per forze egemonica dell'ideo- vo ba sa to sul concetto di
logia del consenso. “illusione fina nzia ria ”
Un sistema tributa rio richiede alcuni requisiti: ossia la ra ppresenta zione
a) l'equità nella ripartizione dei tributi per cui si assume il concetto del sacrifi- erronea che il soggetto è
indotto a forma rsi sui fa tti
cio uguale proporzionale per cui l'imposta deve incidere su ciascun contribuente fina nzia ri.
per un sacrificio di utilità proporzionale all'utilità totale che ottiene dal suo red- Per effetto dell’illusione, la
dito. Se l'utilità marginale fosse costante il principio implicherebbe un'imposta qua ntità , la qua lità ca use
proporzionale conseguendone che l'imposta progressiva suppone un'inclinazio- ed effetti delle spese e delle
ne decrescente della curva dell'utilità marginale; entra te pa iono a l contri-
buente diversi da quel che
b) la neutralità ossia la minimizzazione degli effetti distorsivi sull'allocazione effettiva mente sono. E’ il
privata delle risorse. I governanti il più delle volte hanno come obiettivo la non collega mento tra oggettiva
neutralità in quanto reputano non accettabili alcune scelte individuali; determina zione del tributo
c) l'efficacia macroeconomica quale contributo della politica tributaria alla sta- col “sentimento del contri-
buente”. Cfr. Amilca re
bilizzazione dell'economia; l'azione ha natura prevalentemente politica con il Puvia ni, Teoria dell'illusio-
fine ultimo di creare benessere sociale e quindi non solo economico. E qui le ne fina nzia ria , a cura di
risorse dell'Erario non sono costituite dalle sole imposte ma altresì dallo svilup- Fra nco Volpi, Mila no, Isedi,
po del debito pubblico. Lo Stato può sostituire a prelievi tributari obbligatori un 1973, p.27.

85
n.20 / 2008

mezzo non coercitivo di finanziamento, il quale in competizione con il debito


privato dipende dall'entità e dai caratteri dell'offerta del risparmio.
Sul lato delle spese, distinguendole tra spese produttive (destinate ad accresce-
re il reddito nazionale), spese redistributive (che trasferiscono le risorse da un
individuo ad un altro), spesa – prezzo (lo Stato paga il corrispettivo di una pre-
stazione) e spese sussidio (mero onere), esse conservano la natura economica
36
Cfr. N. Bella nca , dell'intervento36.
op. cit., pp. 208-213. Il problema dell'equilibrio finanziario, quale punto di ottimo collettivo, trova la
regola nel rendere uguali le utilità marginali ponderate dei beni privati e pubbli-
ci. La ripartizione del costo dei servizi pubblici avverrebbe in modo da mantene-
re in equilibrio i bilanci edonistici di tutti i contribuenti mentre la quantità com-
37
Cfr.N. Bella nca , plessiva dei servizi pubblici sarebbe sancita dalla regola del pareggio statale37.
op cit., p. 64. La natura del processo logico che porta alla legge di bilancio (oggi legge finan-
ziaria) altro non è che percorso di formazione della valutazione collettiva nella
finanza pubblica. Il Pantaleoni (1857-1924) indica una serie di enunciati a cui i
singoli ministeri si attengono per predisporre le voci di bilancio. Il Puviani nel-
l'opera sulla teoria delle illusioni nelle entrate pubbliche stigmatizza i rapporti tra
38
Al rigua rdo per i ra pporti finanza pubblica e morale38.
tra fina nza pubblica e Secondo il Pantaleoni l'equità vorrebbe che ciascun cittadino versasse al fisco in
mora le cfr lo studio di
Amedeo Fossa ti, Mora ls
quella proporzione del suo reddito nella quale consuma i beni pubblici. In que-
a nd public economics,. sto caso le imposte sarebbero dei prezzi economici. Di qui la diversificazione dei
The ca se for justice a nd concetti di capacità 1) di consumo ( prestazioni pubbliche richieste da chi non
equa lity, in Studi può sostenere le spese) 2) di domanda (corrispondente a effettività e solvibilità)
economici n. 83, 2004/2. 3) contributiva ( l'onere dei beni pubblici ricade maggiormente su chi può paga-
re per essi).
Con quest'ottica di riferimento la tassa assume il vero carattere di prezzo, l'im-
39
Cfr. N. Bella nca , posta no39.
op. cit., pp. 126-128. Nella formulazione della capacità contributiva (direi più correttamente capacità
di sostenibilità ) la teoria elaborata dalle scienze delle finanze riporta alcuni con-
cetti riferibili agli attuali sistemi tributari:
1) discriminazione quantitativa ( esenzione dei redditi minimi, il sacrificio tribu-
tario e l'uguaglianza dei sacrifici, classificazione delle imposte proporzionali, pro-
gressive, regressive, rapporti sacrifici uguali ad imposte eguali);
2) discriminazione qualitativa connessa alla diversa origine dei redditi (redditi di
capitale, di lavoro e misti e al loro trattamento fiscale);
40
3) ripartizione delle imposte (dirette e indirette ed accertamento delle medesime);
Ma uro Fasiani, Principi
di Scienza delle fina nze,
4) determinazione dei redditi imponibili40
Torino, Gia ppichelli edito- In Italia si è assistito negli ultimi venti anni ad una legislazione fiscale che mal si
re, 1941. adatta alla realtà e all’evoluzione dell’economia nell'ambito degli assetti istituzio-
nali del paese.
Nel Testo Unico delle Imposte dirette sulla base della delega contenuta nell’art.
63 della L. n.1 del 5 gennaio 1956, in linea generale coesistevano l’imposta domi-
nicale sui terreni, sul reddito agrario e sul reddito dei fabbricati, con l’imposta sui
redditi di ricchezza mobile, la quale si suddivideva in categoria A per i redditi di
capitale, categoria B (redditi alla cui produzione concorrevano insieme il capita-
le e il lavoro, come quelli derivati dall’esercizio di imprese commerciali ovvero
da attività commerciali o da operazioni speculative anche isolate), categoria C1,
redditi di lavoro autonomo delle persone fisiche (prodotti nell’esercizio di arti,

86
Fra nco de Leona rdis Profili economici e professione: un percorso à rebours

professioni e di imprese organizzate prevalentemente con il lavoro proprio del


contribuente e dei componenti della famiglia), categoria C2, redditi di lavoro
subordinato e assimilati. Alle singole categorie reddituali si applicavano aliquote
differenziate e progressive per classi di reddito ed inoltre al livello di reddito
complessivo netto delle persone fisiche oltre, in allora, la soglia di Lire 720.000
veniva applicata l’imposta complementare progressiva.
Ai soggetti tassabili in base al bilancio veniva applicata l’imposta sulle società
commisurata ad una aliquota proporzionale sulla base del reddito e del patri-
monio41. Negli scambi l’imposizione si concretizzava con l’applicazione dell’IGE 41
Filiberto De Angelis,
(Imposta Generale sull’Entrata42) istituita nel 1940 in sostituzione della vecchia Giuseppe Potenza , Angelo
imposta sugli scambi. Fu proprio il ministro Vanoni ad introdurre l’obbligo della Testa , Testo unico sulle
imposte dirette, Mila no,
dichiarazione unica annuale. Giuffrè Editore, 1960.
L’assetto dei tributi come delineato dall’economista Ezio Vanoni fu modificato
con la riforma contenuta nella delega legislativa di cui alla L. n. 825 del 9 ottobre 42
Ga eta no Sta mma ti,
1971 che si propose un autentico rinnovamento del sistema fiscale, nell’intento L’Imposta Genera le sull’
Entra ta , Torino, Utet, 1956.
di definire con assoluta certezza l’area contributiva nazionale e gli indici di capa-
cità contributiva dei singoli soggetti nonché di introdurre nuovi principi genera-
li di accertamento, sanzioni e contenzioso. L’obiettivo era quello di determinare:
basi imponibili certe, costituite dalle analitiche fonti di reddito alle quali applica-
re una tassazione unica ad aliquote progressive; effettiva capacità contributiva
del soggetto corrispondente ad un equo carico fiscale.
Alla riforma fu altresì demandata la sostituzione dell’Ige e delle imposte di con-
sumo con l’Iva a partire dal 1/1/1973. Nella riforma generale del 1971 fu dedica-
ta scarsa attenzione alla finanza locale poiché il legislatore delegante provvide
alla soppressione dei tributi locali sostituendoli con trasferimenti finanziari a
carico dello Stato e contributi commisurati agli importi dei tributi eliminati. In
breve con la riforma si preferì la centralizzazione della materia tributaria e finan-
ziaria che provocò distorsione nella domanda di risorse finanziarie locali con
conseguente alterazione dei bilanci degli enti locali, aggravata dalla entrata in
funzione delle Regioni, a partire dall’anno 1970.
Successivamente, a parte sporadici interventi, la legislazione tributaria è sempre
stata affidata a decreti legge o a provvedimenti contenuti principalmente nelle
leggi finanziarie annuali. Ne consegue che allo stato attuale la normativa tributaria
ha assunto tali complessità e prodotto macroscopiche inefficienze da compromet-
tere il sistema economico arrecando gradi crescenti di incertezza e di instabilità. Al
miglioramento delle analisi econometriche. utilizzando sofisticati metodi statistici
come la “cluster analysis” per cui vengono individuati modelli organizzativi carat-
terizzanti i diversi settori dell’economia, non corrisponde una reale certezza legis-
lativa che compendi i mutati e i mutevoli aspetti che gli stessi strumenti matema-
tici ci evidenziano. Lo Stato e gli Enti locali devono ridefinire il loro grado di inter-
vento nell’economia individuando quei settori strutturali che diversamente non
possano essere affidati alla privata iniziativa e conseguentemente riorganizzare con
una riforma di largo respiro l’assetto dell’imposizione per cui il cittadino o l’im-
presa acquisisca la consapevolezza di una corretta loro contribuzione per il soddi-
sfacimento di bisogni corrispondenti a servizi pubblici resi.
La mancanza di coordinamento, o meglio, di attuazione di una politica fiscale
adeguata alle reali necessità del bilancio dello Stato ha portato ad attuare negli
ultimi trentatrè anni provvedimenti chiamati “di condono”che hanno assunto o

87
n.20 / 2008

aspetti generali come nel 1973, nel 1982, nel 1992, nel 2002 e 2003 o specifici su
diverse tipologie di imposte e di adempimenti. Sul versante contributivo previ-
denziale i provvedimenti di condoni generali sono stati emanati nel 1983, nel
1988, nel 1990, nel 1991, nel 1994, nel 1996 e nel 1997.
Nell'attuale situazione politica in cui è stata approvata la legge del bilancio dello
Stato per l'anno 2007 ricollegata ai noti provvedimenti estivi, conosciuti come
Legge Bersani, non si può essere che fortemente critici in quanto sono proprio le
professioni economiche a ricevere l'impatto conseguente una mera burocratizza-
zione degli adempimenti e che sull'economia reale graveranno lo svolgimento
operativo delle attività economiche e professionali con aggravio di costi senza
alcun beneficio.
Un esempio di distorsione nelle informazioni riguardanti la distribuzione dei red-
diti (delle persone fisiche) e la loro destinazione è rappresentato dalla mancata
segmentazione nella dichiarazione annuale dei redditi finanziariamente percepiti
e dei costi sostenuti in termini di imposte pagate e contribuzione previdenziale,
assistenziale e antinfortunistica. Fra i costi per imposte pagate occorrerebbe altre-
sì evidenziare, oltre l'Ire, l'Irap per i professionisti, l'eventuale incidenza dell'Iva e
le addizionali, l'Ici, altresì diversi tipi di tasse e di diritti come la Tia, i diritti came-
rali, le tasse di pubblicità, l'imposta su bollo, la tassa di possesso ecc. Si perver-
rebbe così ad avere in un processo di reale trasparenza finanziaria alla conoscen-
za del proprio reddito spendibile e la quota di esso destinata alla contribuzione dei
servizi pubblici dello Stato e degli Enti locali.
Un'altra distorsione dell'attuale sistema impositivo è la tendenza a voler attuare
l'imposizione con velocità crescenti di acquisizione finanziaria delle entrate non
considerando, in special modo per le imprese, la diversa velocità di formazione del
reddito. In breve, la differenziazione tra ciclo finanziario dell'imposta e ciclo eco-
nomico di produzione è concausa di fasce di evasione ed elusione indotte dal
sistema dovute, si ripete, ad una mancata correlazione dei cicli finanziari a quelli
economici delle imprese.
Gli attuali provvedimenti previsti per combattere l'evasione non si muovono dal-
l'approfondimento della conoscenza delle cause che inducono il sistema ad avere
queste ampie fasce d'evasione. Non può risolvere certamente i problemi l'inseri-
mento in dichiarazione fiscale di una gran massa di dati relativi al contribuente e
sue parti correlate o corrispondenti che snaturano taluni istituti tipici che ho
richiamato nella presente relazione e che riguardano in buona sostanza l'effettivi-
tà del reddito da tassare.
Per le imprese, tre brevi considerazioni riguardanti la formazione dei redditi impo-
nibili: la prima riguarda le aliquote economiche o tecniche degli ammortamenti le
quali dovrebbero essere determinate o riviste annualmente con un provvedimento
unitario e chiaro, in secondo luogo i piani di ammortamento dovrebbero essere
impostati secondo metodi finanziari che includano nel costo sostenuto di un bene
ammortizzabile altresì gli interessi passivi che derivano figuratamente dall'impiego
normale dei capitali propri di rischio. Inoltre, per una corretta definizione degli
investimenti in beni ammortizzabili nel lungo periodo occorre considerare l'even-
tuale costo di sostituzione sulla base di coefficienti medi di svalutazione monetaria.
Da ultimo, considerare in quote di esenzione fiscale le parti del reddito reinvestite
in beni durevoli tenendo conto dell'applicazione della forza lavoro.
Ho terminato il mio percorso à rebours e posso concretamente affermare che gli
strumenti avuti nella formazione universitaria quali l'insegnamento in particolare

88
Fra nco de Leona rdis Profili economici e professione: un percorso à rebours

dell'economia e di scienza delle finanze nonché di statistica, di politica economica e


di diritto tributario permangono tuttora nell'indirizzo e nella prassi professionale.
Anzi, la pratica professionale necessita di un processo continuo di osmosi con l'in-
segnamento nelle Università di Economia. Senza tali strumenti non sarebbe possi-
bile lo svolgimento e la risoluzione dei casi che la professione ti impone e al con-
tempo tale consapevolezza contribuisce all'assunzione di quella funzione critica e
libera da pregiudizi che tanto caratterizzò l'opera di Vilfredo Pareto.
Bibliogr a fia
Memorie dell’ Accademia di Scienze, lettere ed Arti di Genova, III, Genova, 1814.
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Tipo Litografico Succ.Gazzotti & C., 1949.
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Ar ticoli
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Giovanni Malagodi, La beneficenza della na tura cura i ma li dell’istituzione, in Il
Sole 24 ore del 17-7-1990.

89
n.20 / 2008

Gary Becker, La urea to in profitto, in Sole 24 ore del 9-12-2001 ( inserto della
domenica p. 1).
D.North, Una nuova economia di guerra , in Sole 24 ore del 10 ottobre 2001.
Qua ndo Eina udi critica va le trincee del merca to, in Il Sole 24 ore del 18 ottobre
2006, p. 11.
In Economia il testo sa cro è il suo, Estratto della relazione di Lord Roll of Ipsden,
in Il Sole 24 ore del 17 luglio 1990 p. 5.
Matteo Motterini,Charlie Brown decide così, in il Sole 24 ore del 16 ottobre 2006, p.36.
Amedeo Fossati, Mora ls a nd public economic. The ca se for justice a nd equa lity,
in Studi economici n. 83, 2004/2.
Ringr a zia menti
Si ringrazia il Comune di Céligny per aver provveduto al reperimento della foto-
grafia della tomba di Vilfredo Pareto.

90
Ma ria rosa Da lla Costa
Pescatori e donne per la sovranità alimentare*

Il Faro

Da l Ker a la ...
*
Il movimento internazionale dei pescatori ha le sue origini nello stato del Kerala Rela zione tenuta a l
nel Sud dell’India negli anni ’70 del Novecento. Nel 1979 si formalizza la Kera la convegno interna ziona le
“Globa liza ciòn y desa rrollo
indipendent fishworkers’ federa tion , probabilmente il più grande sindacato del desigua l. El desa fio politico
Kerala non affiliato ad alcun partito politico. Va ricordato comunque che questo de los movimientos
stato fin dal 1957 aveva sempre avuto al governo una coalizione di sinistra o gui- suba lternos”, Universida d
data da un partito di sinistra che aveva portato avanti uno sviluppo corredato da Complutense, Foro
Complutense, Universida d
un buon sistema di welfare. Per cui la povertà che caratterizzava tante regioni Noma da , Ma drid,
dell’India qui era stata debellata e così pure l’analfabetismo. Il 100% della popo- 25-29 giugno 2007.
lazione risultava alfabetizzata. Tale eredità era talmente forte che avrebbe condi-
zionato anche il governo non di sinistra che sarebbe succeduto nei primi anni del
nuovo millennio1. 1
Fonda menta le in merito
l’a rticolo di G.
Ma dhusooda na n (2003) “Il
Quali erano le cause che avevano portato i pescatori ad organizzarsi? modello Kera la a lla prova
Era l’aver constatato e subito, così come era successo ai contadini con la dell’a mbienta lismo”, in
Rivoluzione verde, le false promesse di uno sviluppo industriale della pesca che CNS Ecologia Politica , n.3-
qui era segnato fondamentalmente dall’arrivo di grandi pescherecci con reti a 4, a gosto-dicembre 2003,
Anno XIII, fa scicolo 55-56.
strascico che rovinavano i fondali, nonché dalle cosiddette Rivoluzioni blu nel- L’a ttua le governo è nuova -
l’allevamento del pesce che, mentre promettevano di aumentare l’offerta di cibo, mente di sinistra .
distruggevano in realtà più risorse di quelle che producevano. Lo scenario già
visto in agricoltura si dischiudeva sulle onde del mare o nelle vasche degli alle-
vamenti blu. La vantata maggior produttività nascondeva costi economici, socia-
li, ambientali che la svuotavano di significato. Anzi la connotavano negativamen-
te poiché riduceva l’offerta dell’alimento pesce, distruggeva l’ecosistema,
distruggeva occupazione e possibilità di vita. Da qui un iniziare ad organizzarsi
per contrastare questi balzi tecnologici nel settore ittico puntando invece a sal-
vaguardare metodologie tradizionali e sostenibili di pesca e di allevamento, a
chiedere politiche che valorizzassero il mestiere di pescatore e lo corredassero
dei necessari diritti e garanzie. Ma soprattutto l’aver constatato le massicce
distruzioni di risorse, l’espulsione di popolazioni, le profonde iniquità e impos-
sibilità di sussistenza derivanti da questi più avanzati livelli di sviluppo, avrebbe
unito i pescatori del Kerala e di molte altre regioni dell’India e del mondo nella
causa comune di una sovra nità a limenta re fonda ta sul diritto per le comunità
di pescatori ad a ccedere a lle loro zone di pesca e fonti d’a cqua , potendole gesti-

91
n.20 / 2008

re, potendo esercitare il loro mestiere in un ra pporto orga nico con il manteni-
mento di quell’ecosistema che racchiudeva le loro risorse di lavoro e di vita.
Emergeva subito che difesa del lavoro non era solo difesa di un’a nonima pos-
sibilità di occupa zione, era difesa di un sistema di vita , di un contesto di rela -
zioni con la na tura e con gli uma ni che non si voleva abbandonare e da cui non
si accettava di essere espulsi. Diceva Thomas Kocherry leader storico del movi-
mento dei pescatori: “Per noi la pesca è un modo di vivere, non una mera fonte
2
Da l discorso tenuto a di reddito. Il mare è la nostra madre”2.
Oslo il 15 giugno del 1999
in occa sione del conferi-
mento del premio della
Ma r i vuoti
Fonda zione Sophia . La tra -
duzione ita lia na è riporta - Il primo evento che giunge a minare la parca vita delle comunità costiere del
ta in Da lla Costa (2005b, Kerala è la gra nde pesca mecca nizza ta con reti a stra scico che giunge nell’o-
pp. 82-83).
ceano indiano già negli a nni ’60 del secolo appena trascorso. I pescatori locali
che conducono la piccola pesca, mestiere fondamentale per le comunità costie-
re, ne constatano subito il danno nella diminuzione del loro pescato. Teniamo
presente che il 60% del miliardo di abitanti dell’India vive lungo le sue coste. Le
catture dei pescatori locali costituiscono circa il 30% del pescato complessivo
nazionale che ammonta a 3 milioni di tonnellate l’anno, ma loro rappresentano
3
(Da lla Costa 2005b, p. 96). tra l’80% e il 90% dei 10 milioni di lavoratori ittici di questo paese3 e dipendono
dal mare per la loro sussistenza. Mentre fino alla fine degli anni ’50 il tasso di cre-
scita del pescato nei mari dell’Asia meridionale era cresciuto del 5% all’anno
senza nuove tecnologie di cattura tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80
4
(Shiva 2001, p.48). in India il tasso scende al 2%4.
Nel mondo la grande pesca meccanizzata è contraddistinta da grandi sprechi. Si
calcola che lo scarto, cioè il pesce che viene ributtato in mare morto o morente
perché non rientra nelle specie selezionate per il mercato sia circa un terzo (cioè
27 milioni di tonnellate) del pescato complessivo. Ma quando si tratta di pesca-
re gamberi o gamberoni, pesca che avviene con la sciabica, speciale rete a stra-
scico per fondali bassi che ne vengono devastati, lo scarto può arrivare a 16 milio-
ni di tonnellate all’anno, in certe zone a 15 tonnellate per una tonnellata di gam-
beri pescati. Significativamente, nelle principali aree di pesca dei gamberi in
India, il pescato annuo di questo crostaceo è passato da 45.477 tonnellate nel
1973 a 14.582 nel 1979 e, fatto ancor più significativo, si esportano gamberi sem-
5
(Shiva 2001, p. 49). pre più giovani, il che è indice di sovrapesca5.
A livello globale secondo il rapporto della Fao Sofia 2002 il 47 % circa dei princi-
pali stock o gruppi di pesce sono completamente sfruttati e di conseguenza non
offrono molte speranze di nuove espansioni, il 18% è già supersfruttato, in con-
tinua diminuzione e senza prospettive di espansione, il 10% sta per esaurirsi.
6
(Ra pporto SOFIA 2002) Quindi solo il 25 % non è soggetto a cattura irrazionale.6
Anche nel settore della pesca, come in agricoltura, il rapporto Nord Sud ci
mostra una costruzione di abbondanza che da un lato è falsa per il Nord stesso
dall’altro è causa di una miseria sempre più larga per il Sud cui sottrae risorse
fondamentali per l’alimentazione. Secondo quanto denunciato da Thomas
Kocherry “Molti governi soprattutto del Nord sovvenzionano una pesca insoste-
nibile. Secondo dati della Fao ogni anno i governi pagano complessivamente 116
miliardi di dollari Usa per catturare l’equivalente in pesce di 70 miliardi di dolla-
ri. Nazioni sviluppate che hanno sovrasfruttato le loro acque, sono entrate nelle

92
Ma ria rosa Da lla Costa Pescatori e donne per la sovranità alimentare.

acque di paesi in via di sviluppo. L’Unione europea ha circa il 40% in più del
necessario di imbarcazioni per catturare pesce su base sostenibile. Le grandi flot-
tiglie da pesca industriali hanno rapinato tutti gli oceani. Sono diventate una
minaccia per i 100 milioni di pescatori e hanno connessioni organiche con la
monocoltura costiera dei gamberetti”7. 7
(Kocherry 1999)
La cattura globale di pesce per “l’avanzamento” delle tecniche di pesca e per la Kocherry (senza da ta )
possibilità di lavorare e congelare il pesce sui grandi pescherecci industriali è
passata dai 20 milioni di tonnellate circa degli anni ‘50 del Novecento ai 94,8
milioni di tonnellate dell’anno 2000. Ma proprio tale dimensione di cattura con
le modalità che la caratterizzano ha significato che lo sfruttamento del patrimo-
nio ittico ha superato la capacità riproduttiva degli stock. In alcuni casi li ha sem-
plicemente annientati. Davanti ai banchi di Terranova, luogo della pesca al mer-
luzzo sin dal Cinquecento, il mare è stato svuotato del prezioso pesce ed è rima-
sto vuoto. Neppure il divieto di pesca del governo canadese nel 1992 è riuscito
a mutare la situazione, attualmente invariata. Con la scomparsa del pesce sono
scomparsi 80.000 posti di lavoro nel settore ittico per uomini e donne.
Anche il settore del “migliora mento tecnologico”, in continuo sviluppo soprat-
tutto grazie alle sovvenzioni statali, contribuisce ad aumentare la pressione sul
mare. Queste sovvenzioni che dovrebbero creare posti di lavoro nelle zone
costiere povere favorendo lo sviluppo dell’attività di pesca, il più delle volte sono
invece impiegate in nuova tecnologia che incrementa l’overfishing. Secondo la
Banca mondiale tali sussidi ammonterebbero a un totale di 20 milia rdi di dol-
la ri l’anno8. 8
(Ca rbone 2002).
Le flotte europee sono di casa nei mari africani con conseguenze spesso deva-
stanti per le popolazioni del luogo. Gli accordi in tal senso tra Unione europea e
paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico sono numerosi. Significativo quello tra
Ue e Mauritania del 1° agosto del 2001 che prevede l’accesso alle acque con una
contropartita finanziaria di 430 milioni di euro. Dopo anni di pesca i timori per
le popolazioni locali sono molteplici9. L’Africa occidenta le come conseguenza di 9
(AA.VV. 2002a ).
anni di pesca europea ha perso la metà degli stock di pesce da fonda le, una cate-
goria che comprende le specie più pregia te dal punto di vista commerciale. A
Dakar in Senegal Daniel Pauly, un’autorità per gli studi sullo sfruttamento globa-
le delle risorse ittiche, dichiarava alla conferenza organizzata dal Wwf internatio-
nal nel 2002: “A causa dello sfruttamento non sostenibile delle risorse ittiche da
parte delle flotte straniere gli ecosistemi dell’Africa occidenta le si sono impove-
riti qua nto quelli del Nord Atla ntico, ma le conseguenze sullo sviluppo e sulla
sicurezza alimentare sono gravissime, ben peggiori di quelle che si possono veri-
10
ficare in Europa o in Nord America”10. La cattura eccessiva dei pescherecci dei (AA.VV. 2002)
paesi ricchi impoverisce le acque del Sud. Klaus Toepfer, direttore esecutivo
dell’Unep (United nations environmental programme, Programma delle nazioni
unite per l’ambiente), sottolinea: “In molte parti del mondo gli stock di pesce
sono in sofferenza da quando un numero eccessivo di pescherecci, che gode di
molti sussidi fina nzia ri , sta riducendo drasticamente il numero di pesci. Alcuni
paesi in via di sviluppo che hanno buone riserve ittiche hanno stipulato accordi
di pesca con paesi stranieri nella speranza di aumentare l’afflusso di valuta con
cui pagare i loro debiti e stimolare la crescita economica. Ma le nostre ricerche
indicano che se non vengono attivati dei rigorosi meccanismi di salvaguardia
questo può rivelarsi un errore pericoloso”11. E’ chiaro. Si ripropone la spira le di 11
(Ca rlini 2002)

93
n.20 / 2008

uno sviluppo estroverso, in nome del pagamento del debito, che produrrà altro
debito, con immediate e future conseguenze molto pesanti sulla popolazione a
cominciare dalla riduzione dei livelli di autosufficienza alimentare. Mentre il
pesce e il denaro andranno verso i paesi avanzati. Lungo le coste in molti paesi
il pesce a veva ra ppresenta to l’a pporto di proteine più sicuro e meno ca ro
rispetto a lla ca rne. Secondo i dati della Fao, il pesce, i molluschi e i crostacei
rappresentano il 29 per cento delle proteine animali consumate in Asia, il 19 per
12
(AA.VV. 1998) cento in Africa e l’8 per cento in America latina12. Oltre 200 milioni di persone nei
13
Pvs dipendono da questo prezioso alimento per la loro sopravvivenza13. Ma,
(Shiva 2001, p. 46)
quando il pesce entra nel mercato globale, a livello locale comincia a scarseggia-
re e a rincarare.

Va sche str a r ipa nti

L’a ltro grande evento che ha indotto pescatori e comunità costiere ad organiz-
zarsi in India, per collegarsi quindi coi pescatori di altri paesi del Sud e del Nord
del mondo, è stato l’avvento della cosiddetta prima Rivoluzione blu . Cioè l’ac-
quicoltura industriale, anzitutto di gamberetti. Questo allevamento si è installato
in molti paesi tropicali, non solo in India, e, nonostante i suoi consumatori si tro-
vino prevalentemente nei paesi avanzati, si situa di regola nei Pvs per il grande
impatto ambientale che ha. E’ detto industria “mordi e fuggi” perché, proprio la
devastazione dell’ecosistema che provoca, fa sì che spesso debba lasciare quel
luogo dopo averlo sfruttato, o debba lasciarlo a causa dello scoppiare di epide-
mie che colpiscono l’allevamento, o a causa della mutevolezza della richiesta di
mercato. Come la Rivoluzione verde anche la Rivoluzione blu si presentò con un
intento umanitario, questa volta coniugato ad uno ecologico: combattere la scar-
sità dell’offerta globale di cibo, fornendo, col pesce allevato, proteine alle popo-
lazioni povere, e ridurre la pressione sul mare. I motivi addotti erano evidente-
mente falsi poiché il prodotto, un cibo assolutamente voluttuario, non era desti-
nato ai poveri bensì a una clientela abbiente dei paesi avanzati; la pressione sul
mare non sarebbe stata ridotta bensì aumentata in quanto il cibo ittico necessa-
rio per l’allevamento dei gamberetti avrebbe dovuto essere prodotto con pesce
pescato in mare dai grandi pescherecci con reti a strascico, e si sarebbero distrut-
te più risorse di quelle che si sarebbero prodotte con l’allevamento. Si reputa
infatti che l’allevamento industriale di pesce necessiti in genere di catturare per
14
Così ritiene a nche l’eco- il cibo ittico il doppio in peso di quello che si produce14. Ma per alcune specie il
nomista Rosa mond Na ylor rapporto è più alto. Per produrre 3 chili di salmone con l’acquicoltura sono
della Sta nford University necessari 2,7 chili di mangime ittico per produrre i quali sono necessari 15 chili
secondo qua nto riferisce F.
Unga ro (2002) di pesce. Il che rappresenta un enorme spreco. In generale sono necessarie da 4
a 6 tonnellate di cibo ittico per ettaro. Ma dobbiamo computare anche il pesce
distrutto attraverso la devastazione operata nei fondali sui pesci giovani e le uova
per l’impiego delle reti a strascico nel catturare il pesce necessario alla produ-
zione del cibo ittico.
Circa un terzo del pesca to complessivo, e cioè 30 milioni di tonnella te, non
sono destina te a ll’a limenta zione uma na bensì a nutrire a nima li tra cui lo
stesso pesce di a lleva mento.
Ma oltre a questi costi nascosti l’acquicoltura industriale ne racchiude altri.
L’impianto consta in genere di grandi vasche di 2 metri di profondità per un etta-

94
Ma ria rosa Da lla Costa Pescatori e donne per la sovranità alimentare.

ro di superficie. La loro installazione comporta la distruzione delle foreste di


ma ngrovie che caratterizzano le coste dei paesi tropicali. Queste foreste hanno
varie ed importantissime funzioni. Tutelano la costa dall’erosione del terreno, la
difendono dagli uragani o da altre catastrofi naturali, costituiscono una preziosa
nursery per specie di pesci che nelle loro acque tranquille riescono ad affronta-
re l’iniziale periodo di vita prima di avventurarsi in mare, contribuendo con ciò
a salvaguardare la riserva ittica per i pescatori. I gamberetti devono essere alle-
vati in una combina zione di a cqua sa la ta e a cqua dolce che deve essere con-
tinuamente regolata ma le movimentazioni meccaniche e la crescita stessa dei
gamberi fanno sì che l’acqua si riversi nel territorio circostante sa linizza ndolo e
sa linizza ndo a nche le falde di acqua dolce dove il prelievo è stato eccessivo. Ma
con l’a cqua si riversano gli antibiotici, gli escrementi dei gamberi, il grande resi-
duo del cibo ittico di cui solo il 17% costituisce biomassa che viene utilizzata dai
gamberetti stessi. Anche sotto questo aspetto uno spreco totale. Con l’acqua
inoltre si riversano i detergenti quando si fanno le operazioni di pulizia. La com-
promissione del territorio, la sua salinizzazione e inquinamento chimico, rendo-
no impossibile la prosecuzione dell’agricoltura e arrivano a compromettere la
stessa pesca in mare poiché la prima fascia viene inquinata e i pesci tendono a
migrare più al largo aumentando la distanza che i pescatori devono affrontare
per il loro lavoro. Frequenti sono inoltre le morie di pesci.
Molte popolazioni devono la scia re il territorio sa linizza to e inquina to, ove
anche gli animali muoiono, in cerca di improbabili reinsediamenti rurali visto che
le terre da coltivare disponibili sono sempre meno. Questi allevamenti si sono
insediati in Ecuador, Bangladesh, Brasile, Cina, Filippine, Honduras, Indonesia,
Messico, Sri Lanka, Thainlandia e Viet Nam oltre che in India. Hanno visto lotte
e scontri sanguinosi, numerosissimi momenti di protesta. In 11 paesi sono stati
denunciati omicidi legati all’industria di gamberi. In India questa industria ha
attaccato i 7000 chilometri di coste di questo paese. Ma gli espulsi a causa di que-
ste installazioni quasi mai hanno territori dove ripristinare le loro economie.
L’alternativa sono la miseria, il degrado e la fame negli slums delle grandi città.
L’occupa zione creata da questi allevamenti è minima se confrontata all’occupa-
zione che distrugge. In Ecuador, ad esempio, un etta ro di foresta di mangrovie
riesce a garantire cibo e sussistenza a dieci fa miglie mentre un’industria di gam-
beretti di ben 110 etta ri dà lavoro solamente a 6 persone.
Negli allevamenti lavorano spesso donne e ba mbini , dalle otto alle dieci ore al
giorno in condizioni igienico sa nita rie disa strose, per cui sono soggetti a fre-
quenti patologie soprattutto dissenteria e malattie della pelle. Si riferiscono
anche casi di stupro sulle lavoratrici.
Anche le ore lega te a lle incombenze del la voro domestico nel territorio circo-
stante a umenta no. Bisognerà andare più lontanto per cercare legna da ardere e
acqua potabile15. 15
Per le informa zioni
La lavorazione stessa dei gamberetti in alcune aree ci presenta scenari infernali. complessive di cui subito
sopra vedi Shiva (2002, p.
Come nella Ma cha r Colony nella fisheries area a Karachi in Pakistan. Qui la lavo- 51 e segg.); Da lla Costa e
razione di questi crostacei è basata sullo sfruttamento intensivo dei bambini. Chilese (2005, p. 69);
Accovacciati in lunghe file sul pavimento bagnato e maleodorante, sgusciano mon- Sha na ha n (2003)
tagne di gamberetti per dodici ore al giorno sotto il controllo assillante dei sorve-
glianti. La paga è in base al numero di cestini di pesce lavorato riempiti. Chi in un
giorno arriva a prepararne 15 chili può avere due dollari. Per la posizione in cui

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n.20 / 2008

devono lavorare e per dover tenere le mani in acqua salata con il ghiaccio mischia-
16
(Da lla Costa e Chilese to ai gamberetti questi piccoli sono votati all’artrite alle dita e a danni alla schiena16.
2005, p. 69). La Banca mondiale ha sostenuto l’acquicoltura industriale fin dagli anni ’70 ed
17
(Brown senza da ta )
oggi è il settore a limenta re a più a lta crescita 17. Ma la costruzione delle vasche,
delle strade per trasportare il prodotto, delle infra strutture per la refrigerazione
e altro saranno in gran parte a ca rico dello sta to ospita nte che così si indebite-
rà ulteriormente nega ndo invece, come già abbiamo visto in agricoltura, il
sostegno ai pescatori locali, ad esempio per il carburante, e i servizi primari per
la popolazione. Nel 1991, dentro il nuovo quadro neoliberista che venne impo-
sto all’India, il governo costituì la Mped /(Marine products export development
authority, Agenzia per lo sviluppo delle esportazioni dei prodotti ittici) per soste-
nere ancora di più l’acquicoltura. Infatti l’Agenzia ha fornito assistenza tecnica e
sussidi significativi a tale settore nel paese. Nello stesso anno il governo autoriz-
zava la pesca d’alto mare.

Fr a nkenstein fish

Ma una seconda Rivoluzione sarebbe giunta a minacciare il mondo blu , la modi-


fica zione genetica del pesce. A volte si sarebbe proposta ancora con intenti uma-
nitari: evitare l’uso di antibiotici modificando geneticamente il pesce per ren-
derlo più resistente alle malattie. Altre volte la ragione sarebbe stata dichiarata-
mente commerciale. Particolarmente puntato il salmone atlantico: farlo crescere
più in fretta, 12-18 mesi al posto dei naturali 3 anni, e renderlo più resistente al
freddo. Ma l’ingeneria genetica che pretenderebbe aumentare l’offerta di pesce
rischia di distruggerla. Il pesce che deve crescere più in fretta può richiedere più
cibo, quello più resistente può distruggere le specie selvatiche. Le specie trans-
geniche di allevamento possono fuoriuscire, come spesso succede, dalle zone di
allevamento e incrociarsi con le altre specie con esiti imprevedibili sulle stesse e
sull’ecosistema. Comunque quando la natura viene forzata da un lato viene inde-
bolita dall’altro. Esiti del cosiddetto effetto Frankenstein sono stati ad esempio
quelli derivati dall’introduzione, fra il 1968 e il 1975, del gambero opossum in
diversi laghi a Nord del lago Flat Head nel Montana per accrescere le risorse ali-
mentari del salmone Kakonee. A mano a mano i gamberi divorarono tutto lo zoo-
plancton che costituiva una fonte alimentare importante per il salmone e la
pesca di questo pesce precipitò. Prima del 1985 il raccolto annuale del salmone
18
(Shiva 2002, pp. 60-61). era pari a 100.000 unità, nel 1987 era sceso a 600 unità18.

Altr a economia

Ma l’a lterna tiva per allevare pesce in modo sensato ed effettivamente produtti-
vo esisteva già da 500 a nni . E’ dal ‘500 infatti che l’India ha sistemi tradizionali
e sostenibili di acquicoltura che l’avevano resa il primo produttore mondiale di
gamberi. Tali sistemi, con modestissimo impatto ambientale, si coniugavano e si
alternavano con l’agricoltura ove questa era praticabile. Erano sistemi integrati di
acquicoltura e agricoltura. Tra i più conosciuti, il sistema bheri costituito da
va sche di dimensioni va ria bili , adottato in zone paludose e melmose, ad esem-
pio nel Bengala occidentale. Se è stagionale, si alleva pesce da novembre a
dicembre, in altri mesi il riso. Se è perenne, in quanto per l’alta salinità del ter-

96
Ma ria rosa Da lla Costa Pescatori e donne per la sovranità alimentare.

reno non può crescere il riso, si allevano gamberi e pesce tutto l’anno. In altre
zone come l’Orissa vicino agli estuari, alle spiagge e attorno ai laghi si usa il siste-
ma gheri . Si tratta di grandi stagni ove si fanno arrivare i pesci e i gamberi con le
maree e saranno le maree stesse a nutrirli mentre un sistema di piccole barriere
di bambù evita che fuoriescano in mare quando la marea si ritira. Grazie ad un
sistema di chiuse vengono poi catturati con le reti o con le mani. Ma soprattutto
questo sistema si a lterna con la coltivazione del gra no e con la coltivazione del
riso. Anzi quando questo viene tagliato una parte della spiga viene lasciata nel
terreno proprio per costituire cibo per il pesce. Altro sistema è il tha ppa l che
indica durante l’alta marea la ricerca con le mani dei gamberi, ostriche e altro
pesce che è stato spinto verso la spiaggia. Spesso la ricerca è aiutata dall’immer-
sione in acqua di una stuoia fatta con erba secca e piante di balsmo intrecciate
con chicci di riso che attraggono il pesce. Una volta catturato viene messo in reci-
pienti con acqua salata. Sono immagini che nel contempo danno l’idea dell’e-
strema semplicità ma anche produttività dei metodi usati, della loro sostenibi-
lità sotto tutti gli a spetti e della ricchezza dell’offerta del mare. Tali sistemi ave-
vano fornito di che vivere alle popolazioni costiere per secoli19. Quella ricchezza 19
(Shiva 2002, pp. 58-60).
è però quello che le metodologie della grande pesca industriale e dell’alleva-
mento industriale hanno pregiudicato e stanno pregiudicando sempre più.

Autor ga nizza r si

E’ di fronte alla massiva distruzione di risorse attuata dalla grande pesca mecca-
nizzata e dall’acquicoltura industriale, e alla conseguente impossibilità di sussi-
stenza ed espulsione di popolazioni che il movimento dei pescatori organizza
una serie di lotte e cresce puntando a collegare i pescatori di tutta l’India. Nel
1982 vi fu una scissione ma il nome e larghissima parte degli aderenti al sindaca-
to rimasero con Kocherry e ottennero dal governo la sospensione della pesca a
stra scico lungo le coste del Kera la dura nte il periodo monsonico della ripro-
duzione, da giugno a settembre. Più tardi questo movimento raggiunse effetti-
vamente una dimensione nazionale e assunse il nome di Na tiona l fishworkers
forum (Nff). Si propose quindi di costruire una rete mondiale. Organizzando
incontri e collegamenti con pescatori in lotta in altri paesi del mondo, tanto per
menzionarne alcuni, con pescatori del Madagascar, del Senegal, delle province
canadesi di Nuova Scozia e di Terranova, nel 1997, dopo aver lanciato 4 grandi
scioperi a livello nazionale che iniziano nel ’91 e sono sostenuti da forme molto
dure di lotta delle comunità costiere, con la conferenza di Nuova Delhi si costi-
tuiva come World forum of fish ha rvesters a nd fish workers. Ma sarebbe decol-
lato a livello veramente planetario con la conferenza di Loctudy, un paesino della
Bretagna in Francia nel 2000. Il movimento si dà uno sta tuto, una struttura orga -
nizza tiva , si ripropone di costruire a livello loca le a lterna tive a l ca pita lismo
attuando modelli di produzione e sociali che rispondano ai reali problemi delle
comunità locali, che favoriscano la decentralizzazione e l’autonomia, che siano
sostenibili per il mare e per quelli che ci vivono. Decide che il 21 novembre, data
eletta a giornata internazionale della pesca nella conferenza di Nuova Delhi del
1997, i forum continentali si impegneranno nell’organizzazione di manifestazio-
ni e scioperi per sensibilizzare tutti alle problematiche portate avanti dal movi-
mento dei pescatori. L’anno seguente, nel novembre 2001, il movimento decre-

97
n.20 / 2008

ta infatti uno sciopero globa le che coinvolge tutto il mondo della pesca e si
oppone alla depredazione dei mari. Ma a Loctudy un’altra scissione avrebbe visto
Kocherry alla guida di una nuova formazione, il World forum of fisher peoples cui
avrebbero aderito i delegati asiatici e la maggioranza di quelli africani mentre il
resto del movimento coordinato dal canadese François Poulin manteneva il
nome originario. L’anno precedente il movimento dei pescatori era giunto con
la Carovana del ’99 nei paesi europei ed era stato una componente molto impor-
tante nella manifestazione di Seattle. Nel ’99 aveva fatto conoscere ai cittadini dei
vari paesi europei la sua lotta contro i motopescherecci con reti giga nti in joint
venture con multinazionali straniere che mettevano a repentaglio la vita dei
pescatori e rovinavano il terreno di pesca. Aveva fatto conoscere la sua lotta con-
tro la gra nde pesca che distrugge la biodiversità biologica lungo la costa e al
largo. Aveva fatto conoscere ancora le lotte contro l’a cquicoltura industria le
portatrice di un impatto devastante e la violenza della repressione che dovevano
subire le popolazioni in lotta. Aveva dichiarato la sua volontà di costruire alter-
native locali su base sostenibile che rispondessero anzitutto ai bisogni delle
popolazioni costiere. Nel 2004 a l World socia l forum di Mumba y sceglie, come
molti altri movimenti, di non partecipare ma di costruire una presenza altra,
mentre decide come forma di protesta contro l’invasione dei motopescherecci
con reti a strascico di bloccare la stazione ferroviaria e portare avanti altre forme
di lotta. Va ancora ricordato che il movimento dei pescatori con altre compo-
nenti dei movimenti indiani aveva ottenuto nel 1996 la sentenza della Corte
Suprema che ordinava la rimozione entro il 31 marzo 1997 di tutti gli impianti di
acquicoltura, all’infuori di quelli tradizionali e tradizionali migliorati, da tutte le
coste indiane soggette a regolamentazione fino a una distanza dal mare di 500
metri e nei mille metri vicini ai laghi Chilika e Pullicat, zona umida di rilevanza
internazionale. Il verdetto della Corte non fu ma i osserva to da l governo che
anzi varò l’Acqua colture a uthority bill per legittimare l’allevameno dei gambe-
retti in tali aree e trasferendo la competenza in merito al Ministero dell’agricol-
tura mentre si stava e si sta ancora chiedendo di dare attuazione al Ma rine fis-
hing regula tion a ct del 1978 che era orientato a tutelare tre aspetti fondamen-
tali del mondo della pesca: la vita e l’economia dei pescatori tradizionali, la con-
servazione delle risorse ittiche, l’osservanza della legge e dell’ordine in mare.
Come dicevamo i gra ndi scioperi na ziona li degli a nni ’90 erano stati sostenu-
ti da lotte durissime delle comunità costiere che si erano concretizzate in scio-
peri della fame, sit-in, marce, blocchi delle autostrade, delle reti ferroviarie, degli
20
(Da lla Costa e Chilese areoporti, occupazione degli uffici governativi, dei porti20. Dopo tali eventi si era
2005, pa g. 80). Nel testo è formato il Comita to Mura ri con la partecipazione di 16 parlamentari, di tutti i
complessiva mente tra tteg- ministri organicamente collegati al settore per le acque marine e le acque inter-
gia to e a na lizza to il per-
corso del movimento dei
ne e di sei rappresentanti delle parti interessate. Ma le 24 raccomandazioni che
pesca tori. ne scaturirono, molto importanti, ufficialmente accettate dal governo, non ven-
nero mai osservate. Le lotte contro gli impianti industriali di acquicoltura o con-
tro la grande pesca si scontrano invece sempre con una dura repressione.
Il 2004 segna un’altra significativa tappa per il movimento dei pescatori che pren-
de contatto con l’Ilo (Interna tiona l la bour office) per arrivare a statuire assie-
me a tale ente, per la prima volta, delle regole riguardo al la voro informa le della
pesca . A partire dall’avere contratti scritti e la lista delle persone a bordo, dalla
necessità di avere documenti di identità e diritti riguardo al rimpatrio e al reclu-

98
Ma ria rosa Da lla Costa Pescatori e donne per la sovranità alimentare.

tamento, dalla nessità di avere leggi e regolamenti riguardo alla sistemazione a 21


(AA.VV. 2004)
bordo, al cibo, all’acqua potabile, dall’avere una normativa che assicuri le cure 22
mediche di primo soccorso e la dotazione di un kit di salvataggio in buono stato. (AA.VV. 2004a ). Va l la
pena di ricorda re, per
Si vuole avere una tutela previdenziale anzitutto come pensione, che si richiede a vere più chia ro il qua dro
dai 60 anni, e coperture assicurative tanto più necessarie visti i rischi del lavoro. dei soggetti interessa ti a
Si vuole avere una normativa che stabilisca un’età minima per il lavoro a bordo, ta li rivendica zioni, che
un minimo di ore di riposo in relazione alle ore di lavoro, si sottolinea la neces- secondo lo sta tuto del Wffp
i pesca tori che ha nno dirit-
sità di assicurare l’istruzione dei ragazzi anche proponendo degli orari flessibili to di divenire membri a tti-
poiché posticipare di anni il lavoro sulle imbarcazioni espone maggiormente al vi del Forum sono tutte le
rischio di soffrire il mal di mare e di non acquisire la necessaria confidenza con persone che pra tica no
l’ambiente marino. Altrettanto si richiede di stabilire un minimo salariale per chi diretta mente la pesca e nei
diversi pa esi a ppa rtengono
riceve una paga avendo particolare attenzione al lavoro migrante e dei tribali21. a lle seguenti ca tegorie:
Con il documento Towa rd a Fisheries policy in India 22 si avanzano una serie di ==> Persone che
altre richieste concernenti le condizioni di vita dei pescatori mentre si auspica la pra tica no la
messa a punto di una politica della pesca che tenga conto delle fondamentali esi- pesca di sussistenza ;
==> Pesca tori a rtigia ni;
genze della popolazioni costiere e del loro rapporto organico con le risorse ==> Comunità
alieutiche. Quindi si avanzano, in particolare nei confronti degli stati interessati a utoctone o
dalle attività di pesca, richieste che riguardano le condizioni di vita del villa g- a borigene che
gio, dalla drammatica necessità di spazio per costruire abitazioni, all’assicurare la pra tica no la pesca ;
==> Pesca tori costieri e
possibilità di cibo (fortemente pregiudicata, ricordiamo, dall’acquicoltura indu- continenta li
striale e dalla grande pesca), all’assicurare i fondamentali servizi come istruzio- tra diziona li;
ne, sanità, acqua potabile, e tutte le infrastrutture di cui un villlaggio necessita. ==> Pesca tori a utonomi
Altre richeste ancora riguardano le sovvenzioni per il combustibile necessario che pra tica no la
alle imbarcazioni, e forme di assicurazione e credito che garantirebbero maggior piccola pesca ;
==> Membri
sicurezza (oltre naturalmente alla pensione di cui abbiamo già detto). Ma proprio d’equipa ggio;
il dettato neoliberista nega il sovvenzionamento alla piccola pesca mentre inco- Inoltre: i membri d’equi-
raggia i grandi sovvenzionamenti alla grande pesca. pa ggio che a ppa rtengono a
Si ribadisce la necessità di continua re la lotta per avere una regolamentazione gruppi non nomina ti pre-
cedentemente, ma che
della pesca a partire dall’attuazione del Marine fishing regulation act opponen- a ttua lmente fa nno pa rte
dosi alla tendenza espressa dal governo di intensificare invece la capacità pro- delle orga nizza zioni defi-
duttiva di pesca. nite a l sottopa ra gra fo a )
dell’a rticolo 2 e cioè le
orga nizza zioni che condi-
Le donne e il ma r e vidono gli obiettivi dell’a r-
ticolo 1 dello sta tuto;
Il ruolo delle donne nel settore ittico è stato a lungo ignora to e sottostima to. In le orga nizza zioni popola ri
realtà il loro lavoro, che si concentra nell’attività di preparazione (ad esempio ra dica te nelle comunità di
pesca tori o che riuniscono
tagliare in filetti) e vendita del pesce, genera quel guadagno che a sua volta per- donne impegna te nella
mette ai mariti di pagare un equipaggio e di andare a pescare e nel contempo difesa della pesca ;
permette di sostenere le spese per la famiglia e per la comunità23. Pregiudicate i la vora tori del settore itti-
anch’esse nei loro mestieri dall’arrivo della grande pesca si sono organizzate in co la cui a ttività consiste
nella tra sforma zione, ven-
cooperative adottando forme di risparmio e credito che gli permettessero di affron- dita (a d eccezione dei
tare meglio l’attività di mercato. D’altronde l’organizzarsi in cooperative è stata la commercia nti) e tra sporto
forma di organizzazione fortemente sostenuta dal movimento dei pescatori. del pesce.
Fondamentale è stato il loro ruolo nelle lotte. Per cui anche nelle strutture orga- Per il complesso di queste
rivendica zioni vedi M.
nizzative che, a tutti i livelli, il movimento internazionale dei pescatori si è dato, Da lla Costa , M. Chilese, op.
si è stabilita l’assoluta paritarietà di rappresentanza fra uomini e donne. cit., pa g. 97 e segg. Lo sta tu-
In questa planetaria battaglia, di mare e di terra, che vede le ragioni del profitto to nella sua integrità è
distruggere la ragioni della vita, la voce e l’azione delle donne accanto a quella riporta to tra gli a llega ti
nello stesso testo.

99
n.20 / 2008

23
In Ca na da , negli Sta ti degli uomini è imprescindibile. Non a caso si è scritto più volte nei documenti
Uniti, in Gia ppone e in che segnano le tappe organizzative di questo movimento che d’ora innanzi si
Norvegia , dove la crisi ha abbandonerà qualunque discriminazione nei loro confronti. Nello statuto stilato
costretto i pesca tori a
ridurre l’equipa ggio, le a Loctudy al punto 3 dell’a rticolo 1 che definisce gli obiettivi del World forum
mogli ha nno dovuto inte- of fisher peoples viene enunciato l’obiettivo di riconoscere, sostenere e miglio-
gra rlo e la vora re sulle rare il ruolo della donna nella vita economica, politica e culturale delle comuni-
imba rca zioni (AA.VV. tà di pescatori”. E questo impegno corrisponde pienamente all’impegno assun-
1998).
to anche dalle organizzazioni contadine.
Significativamente alla conferenza di Nyeleni (Mali, febbraio 2007) a cui le reti
dei pescatori hanno partecipato assieme a quelle degli agricoltori, dei pastori e
di altre figure del mondo rurale, i lavori sono stati preceduti da una giorna ta di
discussione a l femminile, un Forum delle donne.

Sovr a nità a limenta r e e vita

Complessivamente il movimento interna ziona le dei pesca tori che abbiamo


considerato nel suo filone india no in quanto motore propulsore di un coordi-
namento fra pescatori con esigenze analoghe nel Sud e nel Nord del mondo, rap-
presenta un a ltro fonda menta le a nello di quella rete che si propone la sovra -
nità a limenta re assumendo che le fondamentali fonti della vita, come la terra e
il ma re, costituiscono beni comuni e come tali vanno gestiti. Per cui ne rivendi-
ca il diritto di accesso e gestione da parte di quelle comunità che producono il
cibo, in questo caso i pescatori, e lo producono con quelle modalità sostenibili
sotto ogni aspetto che ne permettono la rinnova bilità . Si tratta della rinnovabi-
lità del pa trimonio ittico, ma non solo. La concezione del mestiere di pescatore
infatti è inscritta in un ra pporto orga nico con l’ecosistema di cui si vuole man-
tenere la poliedricità di offerta (ambiente, clima, culture, altri beni che il mare e
il territorio costiero racchiudono). Come il contadino, secondo la concezione
dell’agricoltura contadina o della contadinità responsabile, è legato non solo alla
terra per ricavarne un prodotto ma al territorio, così il pescatore, nella conce-
zione della pesca portata avanti da questo movimento, è legato non solo al mare
per catturare o allevare pesce ma a quel contesto di risorse che danno possibili-
tà a un sistema di vita e che deve contribuire a salvaguardare. E’questo sistema
di vita e di riproduzione di vita infatti che si vuol mantenere, su cui si costrui-
sce il diritto di resistenza , di contro a quelle politiche di espulsione che il neoli-
berismo, ma anche il produttivismo industriale, promuovono sempre più con-
cependo il mondo solo come grande mercato da esportazione. Anche qui, come
abbiamo già visto in agricoltura, accettare queste politiche vorrebbe dire per i
piccoli pescatori e le comunità costiere che vivono della pesca accettare la loro
espulsione, la loro estinzione. Per l’umanità nel suo complesso accettare una
dipendenza sempre più forte dal denaro per l’acquisto di un prodotto ittico
sempre più caro se viene dal mare, oppure meno caro e più inquinato se viene
dall’ allevamento.
Di contro alla sistema tica guerra a lle economie di sussistenza , e a i criteri di
sostenibilità di cui sono portatrici, il movimento internazionale dei pescatori
vuole ma ntenere metodi di produzione che hanno concesso di vivere per mil-
lenni permettendo nel contempo di salvaguardare la rea le offerta di a bbon-
da nza che le risorse naturali e gli ecosistemi racchiudono.

100
Ma ria rosa Da lla Costa Pescatori e donne per la sovranità alimentare.

Altrettanto vuole mantenere il suo sa pere. E’significativo che in luoghi del Nord
come la Nuova Scozia, 150 pescatori della Baia di Fundy si siano uniti per auto-
gestire la loro pesca. Anziché ottenere un’assegnazione individuale di quote di
pesca dal governo federale hanno costituito il Fundy fixed gear council per auto-
gestire le loro quote complessive24 riconoscendo che di fronte a risorse limitate 24
(AA.VV. 1998)
un approccio comunitario sarebbe stato la miglior soluzione per amministrarle
bene. Oppure nelle Filippine l’associazione Agri-Aqua che vede assieme agricol-
tori e pescatori si è proposta la ricostruzione delle foreste di mangrovie ben
sapendo che senza quell’ecosistema non si può pensare di riavviare quell’eco- 25
nomia e quei mestieri25. (AA.VV. 1998). In Ita lia a
Monterosso in Liguria , c’è
In ogni articolazione del discorso emerge la dimensione della solida rietà , della a ncora qua lcuno che tiene
eticità , della responsa bilità , del senso del limite. Di contro alla smisura ta pesca viva l’a rte notturna della
che svuota il ma re negando il diritto di occupazione e vita a sempre più pesca- pesca delle a cciughe, u pa n
tori, e di contro agli insensa ti giochi fina nzia ri che la sostengono, questo movi- du ma “il pa ne del ma re”
come le chia ma no gli
mento difende la sensata e misurata pesca tradizionale che tiene conto anzitut- a nzia ni del luogo.
to dei bisogni delle comunità costiere ma in un rapporto di solidarietà con tutti Trent’a nni fa la pesca era
i pescatori del mondo di cui vuole rafforzare il diritto di continuare a lavorare e l’a ttività principa le del
a vivere. Ed altrettanto in un rapporto di solidarietà con il diritto al cibo, cibo posto. Oggi, invece, rima n-
gono sola mente due ba rche
sano e abbondante, di tutte le comunità del mondo. I pescatori del Wold forum che pesca no con la la mpa -
of fisher peoples infatti a Loctudy adottano il loro statuto: “...affermando che ra , torna ndo a riva a lle 4
l’Oceano è sorgente di vita, determinati ad assicurare l’inesauribilità della pesca o a lle 5 del ma ttino. Le dif-
e delle risorse marine per le genti di oggi e le generazioni future...”26. ficoltà non ma nca no e
a nche in questa loca lità si
Il movimento quindi porta avanti la sua a zione per la sovra nità a limenta re a cerca di ottenere un ma r-
partire dalla ricostituzione di livelli di a utosufficienza basati su un rapporto chio che riconosca la qua -
organico tra mestieri e risorse dell’ecosistema. Crede che la prima sicurezza ali- lità delle a cciughe, permet-
mentare derivi dal ripristino di questi modelli di produzione e di vita. Nega che tendo la sa la gione in loco
e a ssicura ndo così un futu-
la sicurezza alimentare risieda nella disponibilità di valuta pregiata sufficiente per ro a ll’orma i esigua comu-
“comperare” la sicurezza alimentare sui mercati internazionali ove i piccoli pro- nità di pesca tori. (Chilese
duttori del Sud non decidono il prezzo né delle esportazioni né delle importa- 2005, p. 59). A Ca mogli,
zioni. E ove dovremmo acquistare sempre più pesce inquinato di allevamento. vicino a Genova , una
Nega che la sicurezza alimentare possa derivare dalla graziosa concessione degli coopera tiva di pesca tori
usa una rete costruita
aiuti, da sempre strumento in mano ai governi più forti per condizionare i gover- diretta mente da loro in
ni più deboli. Crede che la sicurezza alimentare derivi dalla sovranità alimentare. fibra di cocco che a lla fine
Decide che le fonti e i cicli di riproduzione spontanea della vita non sono mer- dell’a nno viene la scia ta a l
cificabili e anzi costituiscono il grande bene comune da cui partire per ripristi- ma re come cibo per i pesci,
evita ndo così di a nda re a
nare economie che permettano di avere un qualche controllo sulle condizioni costituire a ltro rifiuto.
della propria vita.
26
Da l prea mbolo dello sta -
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Chilese (2005, p. 111).

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102
103
104
Luca Ma iocchi
Criptocristianesimo in Kosovo nel XVIII secolo

Il Faro

Nota: Al fine di rendere la lettura più agevole, utiliz- di Matija Mazarek – un prelato che fu a capo della
zeremo solamente il nome slavo (serbo, o macedone, diocesi per un periodo di tempo straordinaria-
nel caso di Skopje) delle località, eccettuata Zogaj, che mente lungo (1758-1808) – alla Congrega tio de
si trova attualmente in territorio albanese. é una scel- propa ga nda fide, un’istituzione creata dal
ta che tiene conto unicamente della maggiore familia- Vaticano nel 1622 con il compito di sostenere l’at-
rità che attualmente il pubblico italiano ha con le tività evangelica nel mondo.
denominazioni serbe delle località kosovare. Occorre innanzitutto identificare il territorio a cui si
riferiscono le osservazioni dell’arcivescovo e dei
Introduzione suoi parroci. Ai tempi di Mazarek la diocesi di
Skopje consisteva di otto parrocchie: da sud-est
é stato scritto molto sulla questione dell’identità verso nord-ovest Skopje, unita a Kratovo (chiamate
nazionale e religiosa nei Balcani: ne è stata sottoli- nei documenti “Scopia” e “Cratovo”); Skopska Crna
neata l’ossessiva affermazione che ha condotto Gora (“Montenegro” o “Zarnagora”), costituita dai
negli anni Novanta del secolo scorso a quella che quattro villaggi di Letnica, Sasare, Vrnez e
Predrag Matvejević chiama “malattia identitaria” Vrnavokolo; Janjevo (“Jagnevo”), luogo di residen-
(Matvejević 1996, pp. 65-73), ne è stato condanna- za dell’arcivescovo; Prizren (“Prizreno”); Zur
to l’uso strumentale e il suo accentuato aspetto di (“Sumbi”); Zogaj (“Sogagni”); Djakovica
contrapposizione con l’“altro”. Gli eventi degli ulti- (“Giacova”); Peć (“Pecchia”). . Ad esse si aggiunse
mi anni – e degli ultimi mesi – hanno fatto sì che una nona parrocchia, quella di Rogovo, nel 1763. Si
la regione balcanica venga considerata come il tratta, insomma, di una fascia di territorio che
campo di battaglia dove si scontrano identità copre gran parte dell’odierno stato indipendente
opposte e ben definite, anche se a volte dai confi- del Kosovo, delimitata a est dalla linea Janjevo-
ni artificialmente rigidi. Questo lavoro si propone Skopska Crna Gora, a ovest da Rogovo (nell’attua-
di aprire una finestra su un fenomeno sociologico le Montenegro) e da Zogaj (nell’attuale Albania), a
e politico della storia dei Balcani caratterizzato da nord dalla linea Peć-Priština e a sud dal triangolo
una tendenza opposta, che vede invece un’identi- formato da Zur, Skopje e Skopska Crna Gora
tà dai contorni sfocati, volutamente negata o
mimetizzata anziché portata con orgoglio o addi- 1.Chi sono i criptocristiani? Cenni storici
rittura imposta. I materiali documentali originali su sulla loro esistenza nella regione
cui si basa l’articolo sono tratti per lo più
dall’Archivio Storico della Congregazione per Nella relazione della sua prima visita generale della
Evangelizzazione dei Popoli e riguardano la dioce- diocesi, nel gennaio 1760, Mazarek riporta un epi-
si di Skopje nella seconda metà del XVIII secolo. Si sodio significativo, un esempio dei molti casi simi-
tratta principalmente delle relazioni inviate dal li che gli capiteranno nel corso del suo arcivesco-
clero cattolico della zona durante l’arcivescovato vato: “Nella medesima città [Djakovica], nell’atto,

105
n.20 / 2008

che cresimavo li ragazzi, si accostò, e si inginoc- all’Islam: si ha prova anche di un caso in cui i cat-
chiò un giovane albanese di 18 anni per esser cre- tolici ottomani non fingevano di essere musulma-
simato, ma tenendo la Fede occultam.te, ricercai ni, bensì si facevano passare per un’altra tipologia
da lui la protesta in presenza di tutto il popolo, e di cristiani vista con minor sospetto dalle autorità
rispondendo di non potersi astenere dall’esercizio ottomane. Nel 1769 si scriveva a Roma dalla Terra
di quelli atti vietati dalla Bolla di Felice Mem. Santa che in quei luoghi i cattolici armeni, i greco-
Benedetto XIV, rissolutam.te lo scacciai d’avanti, e ortodossi e i siro-ortodossi fingevano in pubblico
l’esclusi dal Sacramento della confirmazione, il di essere maroniti e frequentavano perfino le fun-
quale proruppe in dirottissimo pianto, ma non ardj zioni religiose di quella setta (Acta 139.333r-333v).
dalli Turchi fare la protesta. Di questa sorte di Il fenomeno della dissimulazione religiosa non è
gente, che sono occulti, e che non confessano la certo estraneo nemmeno alla tradizione storica
Fede palesam.te, ne li dà l’animo di osservare le occidentale. La conversione soltanto esteriore al
condizioni intimate nella constituzione di cristianesimo degli ebrei spagnoli e la finta fede
Benedetto XIV, già abbastanza hanno palesato li cattolica dei protestanti tedeschi del XVI secolo
miei prudenti antecessori all’E.E.V.V. Nulladimeno sono episodi che hanno moltissimo in comune
per sgravare la mia conscienza, ancor io voglio con il criptocristianesimo praticato sotto il domi-
dimostrare alla pietosa Madre l’infelicissimo stato nio turco.
di tale gente; e come per esser abbandonati da noi Nelle terre sottomesse alla potenza ottomana il
missionarj, assolutam.te abbracciano il primo episodio documentato di questa “tecnica”
Mahometismo, e questi tali ci portano un’incredi- sociale di autodifesa risale al 1330, all’invasione
bile odio, aversione, et esecrazione, e la più gran- ottomana di Nicea. Ne è una prova la richiesta fatta
de persecuzione da essi patiamo, che dalli veri, et dagli abitanti di quel luogo otto anni più tardi al
antichi Turchi” (SOCG 792.145v-146r). patriarca di Costantinopoli: i niceani pregavano di
Questo ragazzo albanese è un rappresentante di essere riammessi all’ortodossia, anche se non for-
una classe di credenti che fu per secoli il tormento malmente, spiegando di essersi convertiti in massa
della Chiesa cattolica e in seguito fu l’oggetto d’e- per paura nel primo periodo successivo all’invasio-
same di molti studiosi: i criptocristiani. Noti in area ne turca, ma di essere rimasti sempre intimamen-
albanese con il nome di la ra ma në (“screziati”) e te cristiani. La risposta del patriarca dice molto sul-
chiamati quasi sempre nei documenti vaticani “cri- l’atteggiamento differente delle autorità cattoliche
stiani occulti”, costoro mostravano tutti o quasi e ortodosse riguardo alla questione del criptocri-
tutti i comportamenti tipici dei musulmani (fre- stianesimo. In questo caso il capo della Chiesa
quentavano la moschea, facevano circoncidere i orientale replicò che una conversione pubblica
figli, mangiavano carne di venerdì, ecc.), ma in pri- sarebbe stata auspicabile, ma che un ritorno al
vato si attenevano alla religione cristiana. Questa Cristianesimo solo nella sfera privata era comun-
dicotomia tra la religione “pubblica”, quella musul- que accettato e senz’altro preferibile all’islamizza-
mana, e un’altra religione che veniva osservata uni- zione completa (Skendi 1967, pp. 228-229).
camente in privato non era un comportamento La prima reazione a questo problema da parte
esclusivo dei cattolici sudditi dell’impero ottoma- della Congregazione per la Propagazione della
no, ma riguardò anche gli ortodossi; né fu un feno- Fede è invece documentata nel 1628, quando i
meno che interessò solo i cristiani: esisteva anche primi rapporti dalle missioni in terra ottomana
una comunità ebraica nell’area di Buchara e in cominciarono a giungere a Roma. La risposta delle
Turkestan i cui membri professavano l’Islam solo autorità vaticane consistette in una severa proibi-
esteriormente (Babachanov 1951, pp. 162-165), zione a negare la fede cattolica, anche se ciò pote-
mentre è nota la presenza in Turchia almeno fino va costare la vita (Acta 1628.166r). Fin da subito la
al 1950 di un gruppo di ebrei dönme (convertiti), questione del criptocristianesimo si propose con
in apparenza fedeli all’Islam, ma in privato ancora particolare evidenza nelle regioni a popolazione
legati alla setta ebraica di Sabbatai Zevi (Didier albanese. Il Vaticano era a conoscenza della situa-
1981, p. 120). Non si simulava solo l’appartenenza zione delicata in quest’area perlomeno dal 1612,

106
Luca Ma iocchi Criptocristianesimo in Kosovo nel XVIII secolo

anno in cui all’arcivescovo di Bar venne impartito – evidentemente senza troppo successo –, egli
l’ordine di non concedere più i sacramenti ai cri- decise che il problema andava risolto una volta per
stiani convertiti che li richiedevano (SOCG tutte. Spedì una lettera circolare a tutto il clero di
Grecia.2.401r), anche se ci sono fondati sospetti “Servia, Macedonia e Albania”, annunciando un
che il clero locale cattolico fosse a conoscenza concilio generale per “proteggere e rafforzare la
della prassi criptocristiana già dalla seconda metà Fede in Albania, cancellare i vizi nocivi ed estirpa-
del XVI secolo (Zefi 2006, p. 138). Le condizioni re le cattive abitudini” (Gashi 1994, p. 53). Il conci-
divennero critiche un decennio dopo la ritirata lio si tenne nel 1703 ed è oggi noto come “Primo
austriaca del 1690. Nel marzo 1702 l’arcivescovo di Concilio Albanese”. Condannava aspramente ogni
Bar Vicko Zmajević scrisse a Roma che dopo la manifestazione nascosta della fede cattolica senza
guerra con l’impero austroungarico la Porta si era una dichiarazione pubblica e intendeva inoltre
resa conto della pericolosità di avere così tanti cri- porre fine alla diffusissima pratica di conferire i
stiani in una delicata zona di frontiera e aveva invia- sacramenti anche a coloro che non si professavano
to emissari nelle terre albanesi con il preciso com- apertamente cristiani (Gashi 1994, pp. 53-54;
pito di convertire i cattolici all’Islam. Non si tratta- Frazee 1983, p. 168; Skendi 1967, p. 237;
va però di un processo di conversione violenta, dal Stadtmüller 1956, pp. 68-91).
momento che lo stesso arcivescovo precisò che i Nonostante il suo carattere solenne, il Concilio
cattolici della zona avevano anche altre opzioni non sembra aver avuto un effetto immediato né in
oltre all’islamizzazione: potevano emigrare in Albania né nella diocesi di Skopje. Un ventennio
un’altra parte dell’impero ottomano, oppure sot- più tardi lo stesso Zmajević compì una visita delle
toporsi al pagamento annuo di “uno zechino per diocesi sotto il dominio ottomano e constatò con
testa” (la normale tassa pro capite sui non musul- disappunto che i criptocristiani venivano quasi
mani). Il risultato immediato, scriveva Zmajević, sempre ancora ammessi ai sacramenti. Inoltre il
era stato che molti cattolici albanesi della sua dio- numero dei “cristiani occulti” era aumentato di
cesi avevano attraversato il confine e si erano sta- molto per effetto della guerra turco-veneziana del
biliti in territorio veneziano, mentre circa 500 si 1715-1718 e del conseguente inasprimento dell’at-
erano convertiti (Bartl 1975-1979 I, p. 37). Le con- teggiamento ottomano nei confronti dei cristiani
seguenze di questa politica aumentarono in (Bartl 1975-1979 I, p. 117). Nel 1726 si comunicava
maniera esponenziale nei mesi successivi, con un nuovamente dall’Albania che il decreto con il quale
ritmo di conversioni davvero impressionante, se si proibiva ai cattolici albanesi di fingersi musulma-
consideriamo esatti i dati forniti dall’arcivescovo: ni davanti ai “turchi” era di difficile esecuzione e si
secondo una lettera dell’aprile 1702 il numero dei chiedevano istruzioni differenti (Acta 96.56r). La
convertiti era già salito a 1.000, in un’altra del relazione trasmessa a Roma nel 1743 dal nuovo
primo luglio dello stesso anno si parlava di 1.500 arcivescovo di Skopje, Nikolović dipinse un qua-
apostasie e appena tre giorni dopo, il 4 luglio, di dro della situazione nella sua missione che suscitò
circa 2.000 (Bartl 1975-1979 I, pp. 38-45). Il nume- grande allarme all’interno della Sacra
ro di islamizzati pare così essersi quadruplicato nel Congregazione. L’arcivescovo comincia con il dire
giro di soli quattro mesi. Anche a non voler crede- che all’interno del suo gregge di fedeli è opportu-
re alla precisione delle cifre di Zmajević, rimane il no operare una fondamentale distinzione tra cre-
fatto che l’ordine da Istanbul aveva avuto un effet- denti “occulti” e credenti “palesi”. Sembra anche
to dirompente per la Chiesa cattolica. alludere a un diverso grado di occultamento della
Fu proprio Vicko Zmajević, che evidentemente si fede all’interno della comunità stessa dei criptocri-
rendeva conto in prima persona della gravità del stiani, dal momento che dapprima afferma che l’a-
problema, il primo a decidersi a intraprendere desione alla fede cattolica viene mantenuta nell’as-
un’azione più decisa nei riguardi dei “cristiani soluta segretezza (“professano interiormente la
occulti”. Dopo che il suo parente e predecessore Fede Cristiana, ma tanto nascostamente, che tal-
Andrija Zmajević aveva emanato un decreto che volta il Padre non si palesa ai Figli, ne i Figli al
condannava i criptocristiani (Malcom 1999, p. 167) Padre, e nell’esterno si mostrano, e si fanno crede-

107
n.20 / 2008

re per Turchi”) (SC Servia I.317r), mentre solo servisse in tal caso di Prete catolico”) (Draganović
poche righe dopo parla di una fedeltà al cristiane- 1938, p. 14), ma, se pure una legge così ci fosse
simo pochissimo dissimulata, perlomeno tra le mai stata, i documenti in esame dimostrano che
mura domestiche (“nelle loro case professano la essa era assai poco rispettata.
Fede Cristiana, battezzano i loro Figli, ai quali con- Sebbene queste donne quasi sempre non si con-
tinuamente inculcano la costanza in simil Fede di vertissero all’Islam dopo il matrimonio, non assu-
Cristo”). La negazione pubblica della fede non era messero un nome musulmano e conservassero
l’unico aspetto di una situazione drammatica dal tutte le abitudini anche esteriori del cattolicesimo
punto di visto dell’ortodossia dottrinale: ai cripto- (messe, digiuni, confessioni, ecc.), esse venivano
cristiani venivano inoltre regolarmente sommini- comunque considerate dalle autorità ecclesiasti-
strati i sacramenti (SC Servia I.317v), i cadaveri dei che come viventi in stato di concubinato, dal
cattolici venivano lavati come nella tradizione momento che il loro matrimonio non aveva alcun
musulmana (SC Servia I.321v), le coppie cattoliche valore agli occhi della Chiesa cattolica. La questio-
si sposavano davanti al cad” prima che davanti al ne era stata già esaminata dal sinodo di Shkodër
prete (ciò per dare maggiore validità al contratto del 1678 e queste unioni erano già state dichiarate
ed evitare che le mogli venissero rapite) (SC Servia proibite (Zefi 2006, p. 153). Nikolović-Kazazi
I.319v), i matrimoni misti tra donne cattoliche e mostra tuttavia una notevole comprensione per la
uomini musulmani erano all’ordine del giorno (ve situazione difficile di queste credenti, le quali face-
ne erano anche tra uomini cattolici e donne vano il possibile per rimanere cristiane, ma trova-
musulmane, nonostante fossero proibiti dalla vano spesso l’ostacolo maggiore proprio nella
legge). Proprio la situazione delle donne era la più Chiesa alla quale si rivolgevano. Il clero della dio-
delicata. A detta di Nikolović-Kazazi, esse venivano cesi di Skopje, che comprendeva la situazione dif-
concesse ai musulmani per la paura dei padri di ficile di molte delle proprie fedeli, aveva deciso
essere riconosciuti come cristiani, oppure per autonomamente nel 1728 di riammettere ai sacra-
legami di amicizia o di interesse, oppure venivano menti le mogli cattoliche dei musulmani, come
semplicemente prese con la forza (SC Servia spiega l’arcivescovo: “A tali donne i Missionari non
I.318v). I casi di rapimento erano allora sorpren- amministrarono i Sagramenti sino all’anno 1728,
dentemente frequenti: nella parrocchia della perche le giudicavano come in Stato di
Skopska Crna Gora, ad esempio, tra la seconda Concubinato: ma molte di queste dopo avere
metà degli anni Settanta e la prima metà degli anni aspettato molti anni, vedendosi escluse dalla
Ottanta del XVIII secolo i musulmani albanesi Chiesa, per disperazione rinegavano la Fede” (SC
gestivano con una certa regolarità una sorta di Servia I.318v). Nikolović-Kazazi era ben cosciente
“racket” dei matrimoni, in base al quale, se un della reazione negativa che questo “lassismo”
padre cattolico voleva dare in sposa la figlia, dove- avrebbe provocato a Roma, tuttavia si spinse perfi-
va pagare perché questa non fosse rapita e data in no a proporre alla Congregazione di emanare un
sposa a chi decidevano i suoi rapitori, di solito a decreto che permettesse di amministrare i sacra-
musulmani (SOCG 847.604r; 859.465r-465v; menti a queste donne, il che andava apertamente
872.144v-146r). Il visitatore apostolico Pjetër contro le reiterate indicazioni del Vaticano. Motivò
Mazreku nella prima metà del XVII secolo scrisse la sua proposta facendo notare che questi legami
che i matrimoni misti tra membri di religioni diffe- matrimoniali interreligiosi non erano equivalenti al
renti erano proibiti e che il prete che avesse cele- concubinato, dal momento che erano stipulati con
brato un’unione di questo genere sarebbe stato dei contratti civili di matrimonio, per quanto
punito dalla legge ottomana (“Sarebbe di mala appartenenti a un sistema legislativo basato in gran
maniera castigato quel Prete, ch’hauesse ardire parte sulla dottrina coranica (SC Servia I.319r). In
d’assistere à un contratto matrimoniale fra Turco caso contrario, affermava, il pericolo immediato
et Christiana; poiché quando un Turco volesse era di perdere moltissime buone cattoliche che si
pigliar una Cristiana per forza ò per consenso di vedevano abbandonate dal clero. Il Vaticano non si
lei, meritaria pena capitale per legge Turchesca, si mostrò mai molto incline a queste concessioni,

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Luca Ma iocchi Criptocristianesimo in Kosovo nel XVIII secolo

neanche quando l’arcivescovo illustrò i casi di “cristiani occulti” non erano in alcun modo giusti-
donne per le quali il marito cattolico aveva accon- ficabili, dal momento che le tasse imposte dagli
sentito a sposarsi secondo il rito cattolico, in modo ottomani non erano poi così alte e che era noto
da non far perdere alla propria moglie la possibili- che la Porta garantiva una certa libertà religiosa.
tà di ricevere i sacramenti. Anche questa volta la Nel caso la pressione fiscale si rivelasse insosteni-
risposta da Roma fu no: la donna era comunque bile, il consiglio del Santo Uffizio era di emigrare
ritenuta indegna, in quanto compiva atti di forni- (Vienna 57.111r-118r; Zefi 2006, 166-169).
cazione con un “turco” (SC Servia I.446v). La descrizione di Nikolović-Kazazi delle ripetute
Più in generale, il pericolo di allontanarsi gradual- irregolarità dottrinali commesse nella diocesi di
mente dalla fede era corso anche dalle migliaia di Skopje giunse fino a papa Benedetto XIV, il quale
criptocristiani presenti nella diocesi. Nella sua rela- reagì immediatamente emanando il 2 febbraio
zione Nikolović-Kazazi cerca dapprima di difende- 1744 una lettera apostolica dal titolo Inter omni-
re l’operato dei suoi parroci (tra i cui quali figura gena s ca la mita tes (è la “Bolla di Felice Mem.
già anche Mazarek) nei loro confronti, trinceran- Benedetto XIV” citata da Mazarek). La lettera riba-
dosi dietro a una presunta vaghezza dei regola- diva in pratica le disposizioni del Concilio
menti. In seguito, pur con molto tatto, suggerisce Albanese, mettendo l’accento sull’interdizione dei
velatamente di permettere ai preti locali di conti- sacramenti per le donne sposate con musulmani,
nuare a seguire una linea morbida con i “cristiani anche nel caso in cui avessero mantenuta intatta la
occulti”, in modo da tenerli – per quanto solo a fede cattolica e fossero state riconosciute come
metà – nel campo cattolico e non lasciarli scivola- mogli legittime dallo Stato ottomano. Si ripeteva
re inevitabilmente verso la piena islamizzazione: inoltre la proibizione del battesimo per i figli di
“L’Esponente pertanto senza entrare a discutere, matrimoni interreligiosi, a meno che non fosse
se le d.te canoniche disposizioni [riguardanti i assicurato che i bambini avrebbero ricevuto un’e-
criptocristiani] siano chiare, o ambigue, rappre- ducazione cristiana (SC Servia I.362r-365r). Il
sentando lo Stato, e la prattica di quei Cristiani, e richiamo all’ordine da parte del Papa non poté
dei Sagri Ministri, poneva in considerazione, che venire ignorato dal clero di “Servia”: già in una rela-
non essendovi modo di ritrarre i detti Cristiani dal- zione del 1749 Nikolović-Kazazi dichiara che tutti i
l’indicato loro vivere, qualora gli si negassero i criptocristiani sono stati privati dei sacramenti
Sagramenti, e gli si dicessero di nulla giovargli tal “con eterna lor disperazione”, anche se, a dire la
professione di Fede, e gli si negasse l’applicazione verità, non dice che provvedimenti siano stati presi
delle Messe per l’anime dei loro Defonti, disperati per le altre irregolarità descritte nel rapporto del
si sarebbero affatto separati con le loro famiglie di 1743 (SOCG 741.43r). Ciononostante, le stesse
generazione in generazione dalla Fede Cattolica; indicazioni contro i “cristiani occulti” dovettero
onde in tale stato di cose chiedeva alla Santità essere ripetute nel 1754, nell’enciclica Quod pro-
Vostra un’ordine chiaro, e chiarissimo di non vincia le, specificando che era assolutamente proi-
ammettere tali Cristiani alla participazione de SS. bito abbandonare il proprio nome di battesimo
Sagramenti; poiché non emanando tal’ordine posi- per assumerne uno di origine araba, dunque
tivo, non permetterebbero i Sagri Operarj, che musulmano (Acta 133.319v-320r). Gli ordini da
tante migliaia d’Anime si allontanassero affatto Roma erano senz’altro chiari, ma nel caso della
dalla S. Fede, e le ammetterebbero ai SS. diocesi di Skopje caddero nel vuoto, dal momento
Sagramenti, come fin’a quel tempo avevano fatto” che fino all’avvento di Mazarek non ci fu nessun
(SC Servia I.317v-318r). Un simile atteggiamento arcivescovo in grado di imporne l’applicazione. La
comprensivo, di parziale giustificazione dei cripto- persona che ai tempi della pubblicazione della
cristiani, si era registrato negli anni immediata- Quod provincia le avrebbe dovuto assumersi quel
mente successivi al Concilio Albanese anche da compito era il predecessore di Mazarek, Toma
parte di vari vescovi presenti in zone abitate da Tomičić, il quale però non esercitò mai veramente
albanesi. Ad essi, però, il Santo Uffizio mandò due la propria autorità nella diocesi.
istruzioni, nel 1724 e nel 1730, sostenendo che i

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2.Mazarek e i “cristiani occulti” all’Islam tramite l’escamotage del criptocristianesi-


mo (“subito venuti disgraziati nella nostra Servia
Così, al momento del suo insediamento il giovane muttano li nomi, del resto desiderando di voler
arcivescovo Mazarek aveva l’onere di rimediare a mantenere con il cuore la Fede di Cristo, e quanto
una situazione sfuggita al controllo delle autorità sia possibile astenersi dalli esercizj turcheschi”).
religiose da più di un decennio. Non a caso la 3- Dopo qualche tempo i religiosi musulmani li
relazione della sua prima visita diocesana contiene costringono a convertirsi completamente.
ampi passaggi incentrati sul problema dei 4- Una volta convertiti, gli uomini tentano di isla-
criptocristiani. In uno di questi brani egli cerca di mizzare le proprie mogli e i propri figli.
dare una spiegazione puramente economica e
sociologica del fenomeno: “Il Regno di Servia per 2.1.La questione fisca le
esser un Paese fertilissimo, et abbondantissimo di Il primo punto introduce un problema fondamen-
frumenti, armenti, e di ogni altra cosa, perciò con- tale: la cizye, ovvero l’imposta sui cittadini maschi
tinuamente vengono molte familie cattoliche dalle non musulmani (zimmi ). Nel sistema ottomano
montagne di Albania, li quali per esser di natura ogni suddito di religione non islamica era tenuto al
calida, iraconda, e superba, facilissimi alli omicidj, pagamento di una somma forfettaria che nel corso
non sofrono di esser calpestati dalli Turchi, come dei secoli andò lievitando a volte in maniera molto
ci insegna il Santo Evangelio, non umiliandosi al brusca. Secondo studi recenti, al momento della
tributo ottomano, sempre di giorno, e di notte conquista turca dei Balcani questa tassa si presen-
vanno armati, per un minimo affronto di parole, e tò semplicemente come un prolungamento del-
di fatti si amazzano, perciò subito venuti disgrazia- l’imposta sul ricavato del contadino, la quale era
ti nella nostra Servia muttano li nomi, del resto applicata sul territorio già da lungo tempo.
desiderando di voler mantenere con il cuore la All’inizio della dominazione ottomana la cifra
Fede di Cristo, e quanto sia possibile astenersi dalli annua restò ferma sulla singola moneta d’oro pro
esercizj turcheschi. Ma li astuti turchi di Servia capite, nonostante secondo la legge shariatica gli
accorgendosi della loro astuzia, et insieme super- amministratori musulmani avessero il diritto di esi-
bia, subito li mandano il loro Hocia sforzandoli à gere fino a quattro monete d’oro (Minkov 2004, p.
circoncidersi, à biasimar la S. Fede, alzando il dito, 33). Sebbene il sistema legislativo ottomano fosse
li sforzano di venire ogni venerdì nelle loro ben lungi dall’essere un modello di tolleranza
Moschee ad esercitare quelli loro esercrandi Riti: verso i cristiani, la concezione della cizye non era
La onde facendosi li uomini turchi, per timore, ver- quella di un onere fiscale aggiuntivo per cittadini
gogna, e superbia, uno dall’altro pervertono anche “inferiori”, ma essa veniva piuttosto vista come una
lo loro mogli, e figlj, eccettuatene alcune buone tassa che compensava il servizio militare che i
vechierelle, le quali in nisun conto vogliono abban- rea ya cristiani, a differenza di quelli musulmani,
donar la S. Fede” (SOCG 792.146r). non erano tenuti a prestare (Jelavich 1983 I, p. 60).
Dunque Mazarek sembra inquadrare con precisio- Tuttavia, all’epoca di Mazarek la cizye era aumen-
ne chi sono i suoi fedeli che più spesso cadono tata esponenzialmente, tanto da diventare spesso
nella tentazione del criptocristianesimo: gli albane- un fardello insostenibile per i contadini cristiani. é
si che dalle zone montuose dell’Albania settentrio- dunque logico supporre che il desiderio di liberar-
nale (Malësi) scendono nelle pianure del Kosovo. si di questa tassa spingesse molti a convertirsi
Attenendosi all’analisi fornita dall’arcivescovo, il all’Islam. Secondo alcuni studiosi l’aumento della
loro processo di islamizzazione può brevemente cizye era uno strumento della politica di conver-
essere riassunto nei seguenti punti: sione messa in atto dalla Porta (Jelavich 1983 I, p.
81), mentre secondo altri la crescita di questa
1- I nuovi arrivati si rifiutano di pagare la cizye (la imposta era dovuta semplicemente al bisogno
tassa sui non-musulmani) a causa, dice Mazarek, immediato di denaro della macchina statale e
della loro natura arrogante. all’inflazione (Minkov 2004, pp. 95-96): lo Stato
2- Inizialmente si convertono solo esteriormente ottomano, infatti, non aveva nessun interesse a far

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Luca Ma iocchi Criptocristianesimo in Kosovo nel XVIII secolo

convertire i propri sudditi cristiani, dato che si (McGowan 1981, p. 68). Sebbene i documenti in
sarebbe così privato di una fetta importante delle nostro possesso non presentino prove sufficienti
proprie entrate in bilancio (nel 1527, cioè in un’e- per affermare che la mancanza di questo freno ini-
poca in cui la cizye era piuttosto ridotta, questa bitore abbia dato luogo a una sistematica campa-
tassa forniva il 42% delle entrate della parte euro- gna di islamizzazione forzata da parte delle autori-
pea dell’impero) (Castellan 1999, p. 143). Una tà territoriali, ciò non toglie che chi si occupava di
prova dello scontento dei governatori ottomani di riscuotere le tasse non si preoccupasse minima-
fronte alle conversioni all’Islam viene proprio dal mente di alleggerire la pressione sui cristiani per
Kosovo: nel 1706 da Istanbul vennero inviati firma- non perdere gli introiti della tassa sugli zimmi .
ni ai pascià di Scutari, Dukagjin e Prizren, con l’or- Dunque il desiderio di sottrarsi alla cizye rimane
dine di riscuotere la cizye dai cittadini cristiani; come motore principale dell’ondata di conversioni
poco dopo gli abitanti di Djakovica protestarono che decimò la popolazione cattolica del Kosovo a
perché il governatore di Prizren li minacciava partire dalla fine del XVI secolo. Ovviamente que-
dichiarando che era inutile che si convertissero sto fenomeno non interessò esclusivamente il
all’Islam per evitare di pagare le tasse, perché la Kosovo, ma è innegabile che fu particolarmente
cizye sarebbe stata richiesta anche ai nuovi musul- intenso nei territori abitati da albanesi. A questo
mani (Tričković 1989, p. 145). Dunque, perlomeno punto sorgono alcuni interrogativi: se la pressione
in quella regione, le autorità scoraggiavano l’isla- fiscale era identica per tutti i non musulmani in
mizzazione per motivi finanziari ed erano ben tutta la regione, perché i cattolici erano più pro-
coscienti del fatto che molto spesso ci si faceva pensi alla conversione rispetto agli ortodossi? E
musulmani soltanto per motivi economici e non per quale ragione i “vecchi” cattolici della diocesi
certo per intima convinzione. Già all’inizio del XVII accettavano di pagare la cizye pur di mantenere la
secolo il governatore di Dhurrës aveva reagito propria fede, mentre gli immigrati dal Malësi ten-
duramente a queste conversioni “interessate”, denzialmente si rifiutavano?
addirittura raddoppiando le tasse a un villaggio é stato fatto notare che gli ortodossi erano sotto-
che si era convertito in blocco per non pagare posti a un carico fiscale ancora maggiore rispetto ai
(Rački 1888, p. 106). é evidente che le autorità non cattolici, dal momento che, oltre alle tasse dovute
premevano per la conversione all’Islam, e questo, allo Stato ottomano, dovevano pagare anche le
più che per una filosofia politica di tolleranza, per imposte richieste dalle proprie autorità ecclesiasti-
una mera questione di contabilità. che (Minkov 2004, p. 95). In teoria, dunque, sareb-
Ad ogni modo, la situazione nel XVIII era profon- bero dovuti essere loro i primi a farsi musulmani.
damente cambiata: la frammentazione e il decen- Il ragionamento in termini economici è corretto,
tramento del potere ottomano avevano un effetto ma dalle testimonianze dei sacerdoti cattolici della
anche sulla tassazione. Il carico fiscale a cui era sot- diocesi di Skopje sembra emergere una presenza
toposto un contadino cristiano ai tempi dell’arci- incontestabilmente maggiore del clero ortodosso
vescovo Mazarek (escluse le tasse straordinarie in Kosovo, il che può aver significato per i fedeli
che ormai nel XVIII secolo erano diventate la ortodossi un maggior “ancoraggio” alla propria
norma) (İnalçık 1985, pp. 313-318) era diviso fede che può averli aiutati a resistere e a non con-
sostanzialmente in due: una parte al padrone della vertirsi. La forte presenza sul territorio dei preti e
terra, o meglio a colui il quale aveva il diritto alla dei vescovi ortodossi, inoltre, doveva garantire
riscossione delle tasse su di essa, che quasi sempre non solo una migliore assistenza spirituale per i
si identificava con il signore locale, e una parte fedeli, ma anche un peso e una protezione politica
direttamente all’erario statale (Pulaha 1988, p. maggiori, tanto più che il millet ortodosso, a diffe-
459). Di quest’ultima quota faceva parte la cizye. renza di quello cattolico, era ufficialmente ricono-
Ne risulta che i maggiorenti locali non avevano sciuto dalla Porta e dunque i suoi appartenenti
interesse a fare sì che i cristiani pagatori di cizye godevano di una posizione giuridica meglio defini-
restassero fedeli alla loro religione, dal momento ta di quella dei cattolici. In definitiva, non è errato
che ad essi non veniva in tasca un soldo supporre che perlomeno in Kosovo, dove la pre-

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senza del clero cattolico era molto poco ramificata, in tutta l’Albania subì molto presto un brusco crol-
gli ortodossi si trovassero in una posizione meno lo in seguito alla conquista ottomana, con un
esposta ai soprusi e alle tasse irregolari, o perlo- numero di conversioni paragonabile solo a quello
meno avessero l’appoggio di una comunità più della Bosnia, e tutto ciò nonostante la comunità
ampia. Questi fattori sociologici e politici possono cattolica albanese fosse in posizione migliore di
aver controbilanciato il maggior carico fiscale che altre per resistere, dati i suoi continui rapporti con
dovevano sostenere e dunque possono aver con- Ragusa, Venezia, Roma e Napoli (Zefi 2006, p. 96).
tribuito a ridurre il numero di conversioni dall’or- Presentiamo qui solo alcuni dati che forniscono
todossia all’Islam. Che gli ortodossi fossero meno un’idea dell’avanzata eccezionalmente rapida della
propensi ad abbracciare l’Islam era un fatto noto religione musulmana nelle terre albanesi. In que-
alla Congregazione, la quale scriveva a Mazarek ste zone il tasso di conversione all’Islam ebbe un
dicendo che i cattolici avrebbero dovuto essere incremento davvero impressionante nel corso dei
ancora più saldi nella fede degli “scismatici”, i secoli: secondo i dati del Vaticano tra il XVI e il
quali, a detta dei cardinali romani, non si converti- XVII secolo la percentuale degli albanesi islamizza-
vano mai (Urošević 1934, p. 166). ti non superava ancora il 30% (Zefi 2006, p. 69); nel
Per quanto riguarda l’evidente differenza che 1610 l’arcivescovo Marino Bizzi sostanzialmente
emerge dai rapporti di Mazarek tra cattolici “di vec- confermò questo dato, riferendo che gli albanesi
chia data” saldi nella fede e immigrati dalle diocesi cristiani erano dieci volte di più di quelli musulma-
albanesi che si convertivano immediatamente, par- ni (Rački 1888, p. 139). Il punto di svolta, il
tiremo dalla spiegazione data dallo stesso arcive- momento decisivo fu la guerra turco-veneziana del
scovo in relazione all’episodio del ragazzo cripto- 1645-1669, contemporaneamente alla quale si veri-
cristiano presentato all’inizio dell’articolo: “Il moti- ficarono persecuzioni ai danni degli albanesi catto-
vo perche si fanno così facilm.te li detti albanesi lici tali da fare scendere il loro numero totale da
turchi proviene, come dissi, dalla loro perversa, e 350.000 a 50.000 (Zefi 2006, p. 73). Alcuni vedono
superba natura, e non, perche non siano bene la spiegazione di questo crollo e della poca resi-
instruiti nella S. Fede, essendo bene imbevuti nella stenza all’islamizzazione nell’insufficiente presenza
Fede Cristiana” (SOCG 792.145v). L’individuare la del clero cattolico sul territorio: la mancanza di
causa dell’islamizzazione nel carattere e nel com- preti che agissero a sostegno dei fedeli avrebbe
portamento collettivo di un popolo sembra però allentato i legami tra la popolazione e la fede cat-
decisamente in contrasto con una motivazione tolica, rendendo così più facile il passaggio
economica piuttosto evidente: nel caso degli all’Islam (Zefi 2006, p. 100; Malcom 1999, p. 147).
immigrati dal Malësi la volontà di evitare le tasse Un’analisi differente, invece, viene proposta da
era senz’altro accresciuta dal fatto che gli abitanti Skender Rizaj, il quale spiega il gran numero di
di quella regione montuosa erano abituati fin dai conversioni in termini di “carattere popolare”: gli
primi tempi della conquista turca a subire una albanesi sono stati da sempre molto più attaccati
pressione fiscale davvero lieve, ed è quindi logico alla loro identità etnica (o addirittura nazionale)
supporre che la cizye o qualsiasi altra imposta che a quella religiosa; di conseguenza per loro
venisse loro richiesta sulla nuova terra dovesse “essere albanesi” riveste molta più importanza
apparire ai loro occhi come un intollerabile sopru- rispetto a “essere cattolici” (Rizaj 1985, pp. 129-
so (Pulaha 1988, p. 507). Eppure l’analisi di 130). Tanto più che gli albanesi, a differenza, ad
Mazarek, il quale altrove pur non trascura il lato esempio, dei serbi, non hanno mai avuto una chie-
economico, ha il merito di presentare anche l’a- sa nazionale che potesse fungere da polo identita-
spetto psico-sociologico della questione delle con- rio (Elsie 2004, p. 81). Dunque il cambio di fede
versioni “facili” degli albanesi. Anche gli slavi catto- non ha implicato per essi un senso di perdita di
lici erano oppressi dalla pressione fiscale, tuttavia identità, il che ha agevolato l’islamizzazione e l’ha
essi furono molto meno propensi alla conversione. resa assai meno scioccante che per gli slavi orto-
Questa differente “resistenza” religiosa dei due dossi (e anche, evidentemente, per gli slavi cattoli-
gruppi etnici è innegabile. In effetti il cattolicesimo ci). C’è da aggiungere che la forte struttura a clan

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Luca Ma iocchi Criptocristianesimo in Kosovo nel XVIII secolo

degli albanesi può avere giocato un ruolo di mica (il rifiuto di pagare le tasse sui non musulma-
coesione e di identificazione più significativo del ni) e quella psicologica (il poco attaccamento alla
sentimento di unità nazionale leggermente ana- religione). Ebbene, a giudizio dell’arcivescovo que-
cronistico a cui fa riferimento Rizaj. Nel corso sti due fattori insieme erano le cause fondamenta-
dell’Ottocento, infatti, di fronte al crescere delle li delle conversioni degli immigrati albanesi in
entità nazionali serba e greca, crebbero di forza Kosovo, uno visto come la conseguenza dell’altro
anche i legami tra le tribù albanesi di religioni dif- (“per esser di natura calida, iraconda, e superba
ferenti e scemarono i conflitti legati alla diversità [...] non sofrono di esser calpestati dalli Turchi,
delle fedi (Koliqi 1972, pp. 158-160). Questa inter- come ci insegna il Santo Evangelio, non umilian-
pretazione trova eco nella testimonianza della viag- dosi al tributo ottomano”).
giatrice inglese Georgine Muir Mackenzie, la quale,
passando per il Kosovo all’inizio degli anni ’60 del 2.2.Da “pa lesi” a “occulti”
XIX secolo, riporta l’episodio di un musulmano Per capire le dinamiche del passaggio dal cristiane-
albanese che intercede per un connazionale catto- simo al criptocristianesimo va fatta una distinzione
lico; ella sostiene che sia un fatto noto in quei luo- tra i concetti di “criptocristianesimo autentico” e
ghi che un albanese si schiera sempre dalla parte “conversione incompleta”. Il primo termine impli-
di un altro albanese, che abbia o meno la sua stes- ca il mantenimento di una separazione netta tra
sa religione (Muir Mackenzie 1877 II, p. 85). In Islam e religione cristiana (nella fattispecie, cattoli-
generale, la fede pare essere un elemento di ca): chi si converte è perfettamente conscio di
importanza minore per gli albanesi che per i loro stare semplicemente fingendo di essere musulma-
vicini slavi, anche se alcuni attriti tra vari gruppi no, mentre in privato mantiene la sua fede origi-
religiosi albanesi persistono tuttora e sembrano naria al riparo da ogni influenza o contaminazione
smentire parzialmente questa affermazione dottrinale; c’è la consapevolezza di stare mettendo
(Duijings 2000, pp. 158-164). in atto un semplice espediente che non andrà ad
La freddezza degli albanesi verso la religione è con- intaccare le convinzioni più profonde.
fermata dai documenti vaticani dell’epoca, in parti- “Conversione incompleta”, invece, significa un
colare per quanto riguarda proprio gli abitanti del passaggio da un’idea spuria e confusa di cristiane-
Malësi. L’arcivescovo di Shkodër nel 1784 scriveva: simo a una forma ugualmente inesatta di Islam,
“Generalmente il Clero, ed i Cattolici sono edifi- senza che avvenga alcun cambiamento sostanziale
canti, e fervorosi prescindendo dai Montagnoli nelle credenze religiose individuali: il processo di
[abitanti del Malësi] assai indifferenti agli Atti di conversione non si completa e il soggetto rimane
Religione” (Acta 156.190r). Nel caso del Kosovo “a metà strada” tra una religione e l’altra, accettan-
degli anni di Mazarek, l’ipotesi della scarsità di do pratiche e credenze di entrambe e spesso con-
sacerdoti albanesi come giustificazione per l’isla- fondendole e mescolandole. Questo processo è
mizzazione rapida degli immigrati dal Malësi regge ben descritto da P.F. Sugar, il quale, parlando della
poco: praticamente tutti i preti presenti nella dio- penetrazione della religione del conquistatore nei
cesi di Skopje erano albanesi, eccezion fatta per Balcani ottomani, scrive: “Ciò che ne emerse fu
l’arcivescovo stesso e per suo fratello Josip, dei una curiosa varietà di ‘Islam folclorico’ europeo, o
quali sappiamo con certezza che erano di lingua piuttosto balcanico, che includeva icone, il battesi-
madre slava. Né si può addurre una carenza di mo come prevenzione delle malattie mentali e
insegnamento dottrinale già nelle zone di prove- molte altre caratteristiche sostanzialmente non
nienza, dal momento che l’Albania settentrionale musulmane. Non era difficile per i cristiani che ave-
era relativamente ben fornita di clero cattolico e vano una fede superstiziosa e folclorica passare a
Mazarek specifica esplicitamente che i nuovi arri- una versione folclorica dell’Islam simile ma più
vati già avevano ricevuto un’adeguata assistenza sicura” (Sugar 1977, pp. 53-54). Più sicura, natural-
spirituale (“non, perche non siano bene instruiti mente, perché garantiva un migliore status sociale
nella S. Fede, essendo bene imbevuti nella Fede ed economico. Insomma, perché non convertirsi a
Cristiana”). Restano dunque la motivazione econo- una religione che sottrae al pagamento di una

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tassa, se ciò non implica alcun mutamento signifi- turcheschi”), dall’altra parte i suoi rapporti succes-
cativo delle intime credenze religiose? sivi riguardanti questi nuovi islamizzati puntano
Una situazione parallela che esemplifica questi due decisamente verso la conversione incompleta.
diversi modi di seguire contemporaneamente due Dunque, almeno inizialmente, la dissimulazione
fedi è quella dei ma rra nos spagnoli. Anche nella della fede appare come pienamente consapevole,
Spagna che veniva gradualmente riconquistata agli con l’Islam e il cristianesimo che rimangono ben
arabi molti appartenenti a una comunità religiosa distinti all’interno delle rispettive aree “di compe-
minoritaria, quella ebraica, dissimulavano la pro- tenza”: la vita pubblica per l’Islam e quella privata
pria religione fingendosi convertiti al cristianesimo per la religione cristiana. Per quanto Mazarek
per ottenere un avanzamento sociale. Nel loro dichiarasse che i nuovi arrivati dall’Albania avevano
caso si è operata una distinzione teorica tra “bicon- inizialmente una fede cattolica incontaminata, for-
fessionalismo transitorio” e “biconfessionalismo mata secondo i dettami della Chiesa – dunque non
stabile”. Il primo nasce da uno stato confusionale una “variante folclorica” disordinata e superstizio-
che colpisce le classi più deboli; la separazione tra sa – è certo che, una volta convertitisi all’Islam, la
la sfera interiore e quella esteriore viene meno, il loro pratica della religione musulmana era molto
cristianesimo da osservare in pubblico e l’ebraismo simile a quella poco ortodossa descritta da Sugar
privato si confondono e il risultato è spesso la con- come “Islam folclorico”, con una commistione
versione totale, o quasi, al cristianesimo per moti- piuttosto caotica di elementi religiosi eterogenei.
vi di opportunità, pur senza avere piena coscienza A proposito dei musulmani albanesi è stato detto
del processo – è in sostanza una situazione simile che essi non rientravano perfettamente nell’idea di
alla conversione imperfetta. Nel biconfessionali- conversione incompleta, ma costituivano piuttosto
smo stabile, invece, le due fedi rimangono distinte una classe particolare, quella degli “opportunisti”,
all’interno dei loro ambiti, senza che ciò rappre- i quali non credono veramente in nessuno degli
senti l’anticamera della conversione interiore – in insegnamenti fondamentali né del cristianesimo
campo cristiano si potrebbe parlare in questo caso né della religione musulmana, ma piuttosto tendo-
di criptocristianesimo autentico (Didier 1981, pp. no ad accettare solo alcuni elementi superficiali di
81-82). é chiaro che per essere un vero criptocri- entrambe le fedi, scelti a seconda delle necessità
stiano che rifiuta interiormente la religione che immediate, sotto forma di superstizione. Sarebbe
professa esteriormente bisogna avere una forte così scorretto parlare in questo caso di conversio-
base dottrinale e filosofica. Nell’Occidente della ne incompleta, dal momento che l’islamizzazione
Riforma questa pratica ebbe una sua formulazione appare piuttosto come il risultato di un atteggia-
teorica nel nicodemismo predicato in Germania da mento di sostanziale indifferenza, o come conse-
Brunfels, secondo l’idea che Dio legge in ogni caso guenza del semplice desiderio di prendere il
nell’animo umano e dunque è lecito dissimulare e meglio da entrambe le fedi, senza sceglierne vera-
fingere di abbracciare un’altra religione quando mente una (Dawkins 1933, p. 270). La stessa opi-
non c’è più speranza, perché Dio saprà distingue- nione sulla spiritualità della popolazione albanese
re la fede che ognuno porta nel cuore (Ginzburg era condivisa dalla Muir Mackenzie, la quale nota-
1970, p. 68). va che la fede islamica degli albanesi convertiti era
I casi descritti da Mazarek sembrano a volte indica- frutto unicamente di interesse materiale, non
re una via di mezzo tra criptocristianesimo autenti- aveva un vero fondamento dottrinale e non costi-
co e conversione imperfetta, un cambiamento di tuiva un ostacolo insormontabile per un eventuale
religione che assume significati diversi con l’anda- ritorno al cristianesimo. La Mackenzie definiva il
re del tempo: mentre le parole dell’arcivescovo del credo degli albanesi “nessun credo a parte l’inte-
1760 sulla volontà degli immigrati albanesi di man- resse personale”, un’idea che solo per questioni di
tenersi cristiani fanno pensare a un caso di cripto- convenienza veniva chiamata “Islam” (Muir
cristianesimo autentico (si convertono “desideran- Mackenzie 1877 I, p. 226; II, p. 87). Anche il baro-
do di voler mantenere con il cuore la Fede di ne de Boislecomte, che nel 1834 visitò l’alta
Cristo, e quanto sia possibile astenersi dalli esercizj Albania e stese su di essa un lungo rapporto per il

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Luca Ma iocchi Criptocristianesimo in Kosovo nel XVIII secolo

governo francese, notò che il passaggio all’Islam in do gruppo, invece, sembrano essere sostanzial-
quelle terre era tutt’altro che sincero e che aveva mente areligiosi, dal momento che non abbraccia-
come motore principale l’interesse. Ad ogni modo, no formalmente nessuna delle due fedi; tanto è
aggiungeva, la religione musulmana che veniva lì vero che la comunità musulmana continua a con-
praticata era priva del carattere inclusivo e domi- siderarli come cristiani. Tuttavia, il fatto che questi
nante che aveva in altre parti dell’impero ottoma- individui adottino un nome musulmano e allo stes-
no (Turquie, pp. 187r-187v). Sostanzialmente dello so tempo si considerino cristiani pur senza rispet-
stesso parere era anche l’arcivescovo Mazarek, il tare i riti religiosi fa pensare a una certa noncuran-
quale scrisse in una lettera che i suoi diocesani za per le questioni di fede, il che ricorda allo stes-
albanesi non erano né cristiani, né musulmani, ma so tempo le tesi dell’opportunismo e della conver-
usavano le convinzioni religiose ora di una fede, sione imperfetta. Logoreci confessa che a queste
ora dell’altra, a seconda di come tornava loro persone sono sempre stati dati regolarmente i
comodo (SC Servia III.156v). sacramenti nella diocesi di Skopje, e spiega che ciò
Queste divisioni tra le diverse classi di criptocri- è stato fatto perché tutti costoro giurerebbero
stiani (autentici, convertiti imperfetti, opportuni- davanti alla giustizia turca di essere cristiani, se
sti) non sono solo distinzioni storiografiche scritte venisse loro posta una domanda esplicita. Questa
da studiosi vissuti secoli dopo gli anni in cui questi previsione del vicario lascia perplessi: non si vede,
problemi si presentavano. Ritroviamo più o meno infatti, quale sarebbe il senso dell’assumere un
gli stessi distinguo anche nei documenti del perio- nome musulmano per ragioni di opportunità, se
do in esame. La prima relazione di Mazarek non poi ci si confessasse cristiani di fronte alle autorità,
doveva avere lasciato le autorità vaticane troppo esponendosi così alla pressione fiscale e agli altri
tranquille, dal momento che nel 1762 giunse a svantaggi derivanti dall’essere un zimmi , senza
Roma il vicario dell’arcivescovo, Gjon Logoreci, considerare le pene derivanti dal fatto di figurare
presentando alle autorità due rapporti che aveva- come apostati dall’Islam. Una possibile spiegazio-
no come oggetto proprio i criptocristiani e la com- ne di questa strana affermazione è che Logoreci
mistione religiosa con le altre fedi, in risposta a cerchi in questo modo di giustificare la pratica
una precisa richiesta della Congregazione. In uno espressamente proibita dalla Sacra Congregazione
di questi rapporti Logoreci specifica che nella sua di concedere i sacramenti ai criptocristiani. Eppure,
diocesi esistono tre tipi differenti di “cristiani non è nemmeno da escludere che l’identità religio-
occulti”, termine con cui egli identifica tutti coloro sa di molti diocesani fosse così labile da mutare
che assumono un nome musulmano: molto facilmente a seconda delle influenze esterne,
a) battezzati, ma che osservano i riti islamici. e che dunque alcuni “cristiani occulti” potessero
b) battezzati, che non osservano i riti islamici né tornare ad essere “cristiani palesi” in circostanze
quelli cristiani. I musulmani sanno perfettamente particolari. Mazarek presenta tre esempi di gruppi
che non appartengono alla loro comunità e li chia- di famiglie di criptocristiani che egli riesce a con-
mano ka ur , “infedeli” (Logoreci traduce con “cri- vincere a tornare a professare apertamente il cri-
stiani”). stianesimo – o almeno riesce a strappare da essi
c) persone che di musulmano hanno solo il nome, una promessa in questo senso. In un caso, vicino a
mentre professano apertamente la fede cristiana, Zogaj, l’arcivescovo fa leva sull’interruzione dei
osservandone coscienziosamente i riti. Costoro sacramenti – il che sottintende che essi erano stati
sono riconosciuti come cristiani da tutti i musul- fino ad allora concessi regolarmente dal parroco
mani, comprese le autorità (SOCG 798.413r-414r). locale (SOCG 859.461r) – per fare ritornare la
Gli appartenenti al primo gruppo potrebbero esse- popolazione alla professione pubblica del cattolice-
re sinceramente convertiti all’Islam, ma potrebbe- simo, mentre negli altri due casi (ancora vicino a
ro anche essere criptocristiani autentici che limita- Zogaj e nei pressi di Djakovica) l’opera di convinci-
no l’osservanza della religione cattolica al privato e mento avviene in condizioni ancora più difficili, nei
pubblicamente si attengono scrupolosamente ai confronti di gruppi di persone che da decenni si
riti musulmani. Coloro che fanno parte del secon- erano formalmente allontanate dal cattolicesimo:

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“Qui voglio dimostrare alla Sacra Cong.ne qualm.te chiamare in un altro modo, aggiunge, sono banal-
in questa parochia [Zogaj] cinque case di grosse mente pratici: sono da sempre conosciuti da tutti –
famiglie, cattolici occulti, alli quali da ottanta anni in musulmani e non – con quel nome e sarebbe oltre-
quà mai sono stati amministrati li S.S. Sacramenti, modo scomodo cambiarlo (Acta 157.12r-12v).
perche professavano palesamente l’ottomanismo, Oltre a questi tre gruppi di criptocristiani Logoreci
ora in questi due giorni tanto io, quanto il mio presenta un caso interessante di dissimulazione
Vicario con amonizioni, con prediche, e con bene- religiosa talmente superficiale da poter essere defi-
dizioni, e con minacie per l’altra vita, li abbiamo nita “temporanea”: riferisce che alcuni mercanti
ridotti, e capacitati, che senza mantenere palese la cattolici palesi, i quali pagano regolarmente la
S. Fede, tutti si dannavano, onde per misericordia cizye, quando si devono recare a vendere i propri
di Dio si animarono, e convertirono tutti quanti prodotti nelle piazze adottano nomi musulmani
uomini, e donne, e vecchi con barba bianca, e mi unicamente per il periodo lavorativo. Il motivo è
promisero con pianto, e giuramento di mantenere “la tirannia e l’avaria del popolo” (SOCG 798.414r).
in avenire la Santa Fede palese avanti Governatori, Non è ben chiaro il significato di quest’ultima
e Giudici turchi etiam cum proprj sanguinis efusio- frase, ma pare di capire che il problema di questi
ne: Et io con allegrezza, e tenerezza li abbracciai, e mercanti non fossero i rapporti con le autorità
li promisi, che se il Governatore li angariarà con ottomane, bensì quelli con i loro clienti musulma-
gran estorsione di dennari, perche mantengono ni, i quali evidentemente compravano più volen-
palese la S. Fede di Cristo, di aiutarli con dennaro, tieri dai loro correligionari (o presunti tali) che dai
e con robba: se poi il Governatore li taglierà in cristiani. Il cambio di religione avviene in questo
odium fidei, mi dissero tutti li cattolici, felici noi se caso per motivi “professionali” e non ha assoluta-
averemo tal fortuna di essere martiri, e patire ogni mente alcuna implicazione dottrinale. Del resto, la
tormento per Gesu Christo!” (SOCG 872.139r-139v. necessità della finzione davanti alla maggioranza
L’episodio di Djakovica, al quale viene dato molto musulmana interessa perfino gli stessi preti della
meno spazio, si trova in SOCG 895.96v). Come si diocesi di Skopje, i quali quando viaggiano si vesto-
vede, l’affermazione di Logoreci, secondo la quale no in modo da spacciarsi per “Turchi, e Bravi del
anche i criptocattolici più “insospettabili” potevano Bassà, portando due, ò trè pistole, schioppo, e
tornare a dichiararsi pubblicamente cattolici, non è lunga spada, senza le quali insegne verrebbero spo-
poi così assurda. gliati, ed anche privati di vita dalla più vile Canaglia”
Per quanto riguarda i membri della terza classe di (SOCG 798.414v). Questo camuffamento, o perlo-
“cristiani occulti” (cattolici confessi, ma con nome meno questa cura nel non farsi riconoscere come
musulmano), il vicario specifica subito che si tratta sacerdoti, si ritrova anche spessissimo nelle relazio-
principalmente di donne con parenti musulmani, a ni delle visite diocesane di Mazarek, il quale teme
cui il nome di origine araba è stato imposto fin da costantemente di essere riconosciuto dai signori
piccole. Le autorità sanno perfettamente che esse turchi e di essere da loro sottoposto ad estorsioni
di musulmano hanno solo il nome, ma, essendo di denaro.
donne, la loro identità religiosa rimane un fatto pri-
vato di scarsissima rilevanza per lo Stato. Non sono 2.3.Da “occulti” a “ver i tur chi”
però solo le donne a trovarsi nella situazione para- Il terzo punto della tesi di Mazarek, quello secon-
dossale di osservare strettamente il cattolicesimo do cui il clero musulmano costringeva i criptocri-
pur portando un nome musulmano che in teoria le stiani albanesi a convertirsi completamente (“Ma li
allontana inesorabilmente dalla loro religione: in astuti turchi di Servia accorgendosi della loro astu-
una relazione del 1787 l’arcivescovo di Sapë, nel zia, et insieme superbia, subito li mandano il loro
nord dell’Albania, afferma che nella sua diocesi esi- Hocia sforzandoli à circoncidersi, à biasimar la S.
stono molti uomini con nomi di origine araba che Fede, alzando il dito, li sforzano di venire ogni
si dichiarano però apertamente cattolici e osserva- venerdì nelle loro Moschee ad esercitare quelli
no rigorosamente tutti i precetti religiosi dettati loro esercrandi Riti”), trova qualche riscontro nei
dalla Chiesa. I motivi per cui non decidono di farsi successivi rapporti dalla “Servia”. Logoreci accenna

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nel 1760 e nel 1762 a una pratica di convincimen- anziché cristiani, semplicemente per una questio-
to messa in atto dai capi della comunità religiosa ne di abitudine e a causa dei legami allentati con il
islamica nei confronti dei criptocristiani (SC Servia clero cattolico, senza che realmente cambiasse
I.595v; SOCG 798.414r). L’attività delle autorità alcunché di fondamentale nelle loro credenze e
religiose islamiche, come afferma l’arcivescovo, è nelle loro abitudini religiose. Lo stesso Mazarek
rivolta a coloro che si sono già formalmente con- ipotizza che il completamento della conversione
vertiti, mentre sembra che l’opera di proselitismo all’Islam sia piuttosto il risultato dell’abitudine e di
non tocchi o quasi cattolici confessi. Sembra anzi un processo lento e graduale, dal momento che
che le relazioni degli hoca siano migliori con i non all’interno della stessa relazione del 1760 poche
musulmani che con i nuovi islamizzati: “L’Hoccia pagine più avanti si legge: “Non avendo perche
padrone di questo contado [Janoš, nei pressi di visitarli li missionarj, si raffredano, e si vanno dis-
Djakovica], assai più ama, e si fida di questi buoni graziati imbevendo nelle favole, e bugie della setta
cattolici, perche li vede in ogni cosa sinceri, e fede- mahomettana scordandosi della S. Fede” (SOCG
lissimi come Iddio ci comanda, e dell’altre case 792.147v).
Turche, che qui sono molte, non li ama, ne si fida
affatto, perche in ogni cosa li trova ingannatori, e 2.4.Le divisioni r eligiose fa milia r i e la sepa -
falsari, conforme è stato il loro maledetto r a zione donne-uomini
Legislatore, Mohametto” (SOCG 895.97r). Chi invece giocava un ruolo primario nella diffu-
Nella storia sono rari i casi in cui i governatori del- sione dell’Islam, più che gli hoca , erano proprio i
l’impero ottomano costrinsero i zimmi a conver- suoi adepti meno entusiasti e più recenti, ossia i
tirsi all’Islam, e ciò sia – come abbiamo visto – per criptocristiani stessi. é contro di loro che Mazarek
questioni fiscali (per non privarsi di una fonte di punta l’indice nel quarto punto della sua tesi sulla
ingenti entrate), sia perché la conversione forzata progressiva islamizzazione dei cattolici (“La onde
è estranea alla dottrina musulmana, sia perché facendosi li uomini turchi, per timore, vergogna, e
un’islamizzazione violenta della popolazione sot- superbia, uno dall’altro pervertono anche le loro
tomessa avrebbe potuto causare un’instabilità mogli, e figlj”). Si tratta di un processo di proseliti-
insostenibile per un impero così vasto (McCarthy smo che avviene all’interno delle famiglie, per
2005, p. 125). Se pure in particolari contingenze vi motivi che spesso hanno poco a che fare con le
furono tentativi di conversioni di massa dei cristia- convinzioni religiose, e spesso crea delle profonde
ni, non risulta che essi siano mai partiti dal basso, spaccature in seno allo stesso nucleo familiare. Vi
dai capi religiosi locali, ma sembra più probabile sono parecchi esempi di questo tipo di “scisma”
che siano stati ordinati e diretti dall’alto, dalle familiare, soprattutto nei casi in cui il marito si con-
autorità statali, per calcolo politico. Le parole di verte all’Islam per questioni fiscali, mentre la
Mazarek sembrano voler alludere, più che a una moglie rimane cattolica e continua ad educare i
conversione vera a propria, a una spinta nei con- propri figli secondo i dettami della sua fede. Come
fronti dei “cristiani occulti” per il perfezionamento già era accaduto a Nikolović-Kazazi, anche a
nelle pratiche islamiche esteriori; ma l’affermazio- Mazarek si presenta il problema delle cattoliche
ne dell’arcivescovo, secondo cui queste pressioni sposate con musulmani. é principalmente a causa
da parte della comunità musulmana portavano alla di queste donne esposte al proselitismo islamico
fine i criptocristiani a diventare dei veri e propri dei mariti e dei familiari che il clero della diocesi di
musulmani toutcourt, è abbondantemente con- Skopje continua a tenere informata la Sacra
traddetta dalle sue stesse relazioni successive, che Congregazione sulla questione dei criptocristiani,
descrivono più volte le diffusissime irregolarità e le nonostante questo problema fosse già stato for-
abitudini sincretiche nella pratica quotidiana malmente risolto dalla lettera apostolica del 1744,
dell’Islam in Kosovo. Dai documenti esaminati dove si escludevano i “cristiani occulti” dalla parte-
appare molto più verosimile che i nuovi convertiti cipazione alla vita religiosa cattolica. Le donne cui
completassero la loro islamizzazione cominciando Mazarek e i suoi parroci vanno a fare visita si tro-
dopo qualche tempo a considerarsi musulmani vano intrappolate tra la riprovazione dei mariti

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convertiti, che vorrebbero musulmane anch’esse, vero che nel secondo paragrafo della già citata
e il distacco della Chiesa cattolica, che le conside- Enciclica Quod provincia le si nota che le conver-
ra mogli illegittime di infedeli. Eppure esse rap- sioni all’Islam avvengono non solo per non pagare
presentano spesso l’ultimo baluardo del cristiane- le tasse sui cristiani, ma anche, in alcuni casi, affin-
simo in un mare musulmano in continua espansio- ché i parenti già islamizzati non possano essere
ne. Va notato che il fatto che la popolazione fem- sospettati di apostasia dalla religione coranica e
minile fosse molto più restia di quella maschile ad quindi puniti dalle autorità giudiziarie ottomane
abbandonare la fede cattolica non è una caratteri- (“ut tam ipsi, quam eorum Parentes a mahumeta-
stica esclusivamente kosovara, bensì un fenomeno na secta apostatasse minime credantur, nec poenis
diffuso ovunque vi fosse la presenza di criptocri- in se inflictis multarentur”) (Acta 133.320r).
stiani sotto il dominio ottomano (Skendi 1967, p. A volte il conflitto tra chi si convertiva e chi rima-
236). La frattura religiosa all’interno della famiglia neva cristiano andava al di là del nucleo familiare e
segue quasi sempre la linea maschio-femmina, con più o meno con le stesse motivazioni si estendeva
il marito e i figli che si convertono all’Islam, men- a un’intera comunità. é il caso del villaggio di
tre la moglie e le figlie rimangono cristiane. é una Brasaljce, un piccolo centro nei pressi di Janjevo
situazione ammessa anche dalla legge islamica abitato nel 1777 da quindici famiglie islamizzate e
nella versione ottomana, secondo la quale i matri- una cristiana. Mazarek si sofferma a lodare la con-
moni misti tra musulmani e “infedeli” sono dotta irreprensibile di questo piccolo manipolo di
ammessi (solo in caso la moglie sia cristiana, non fedeli, soprattutto in considerazione del fatto che
viceversa), e i figli maschi della coppia devono le quindici “case turche” premono per la loro con-
obbligatoriamente essere cresciuti come musul- versione all’Islam (SOCG 847.609v). Qui possono
mani, mentre la religione delle figlie è lasciata alla entrare in gioco sia la sincera volontà di proseliti-
loro scelta personale (Minkov 2004, p. 89). Anche smo dei nuovi musulmani, sia il timore di essere
de Boislecomte, scrivendo delle peculiarità presi di mira dal fisco ottomano. Secondo la legge
dell’Islam nell’Albania settentrionale, narra di simi- ottomana, la quale a sua volta riprendeva il Nomos
li esempi di nuclei familiari divisi dalla religione Georgikos bizantino del VII secolo, ogni villaggio,
(Turquie, pp. 187v-188r). Questo fenomeno non in particolare uno di modeste dimensioni come
deve aver conosciuto interruzioni in Kosovo fino al Brasaljce, era considerato come una sola unità
Novecento, dal momento che almeno fino agli fiscale (a va rız ha ne) sia per quanto riguardava le
anni Cinquanta si ha notizia di famiglie i cui mem- imposte ordinarie (Castellan 1999, p. 150; İnalçık
bri professano religioni differenti (Duijings 2000, 1985, p. 134), sia – soprattutto a partire da dopo il
p. 13, nota 13). XVI secolo – nel caso delle frequentissime tasse
Dai documenti vaticani del XVIII secolo risulta che straordinarie (İnalçık 1993, p. 152). é dunque pro-
erano frequentissimi i casi in cui il marito o addi- babile che gli abitanti criptocristiani/musulmani di
rittura anche i figli maschi premevano per l’isla- Brasaljce temessero di essere considerati come
mizzazione completa di tutta la famiglia (SC Servia appartenenti a un villaggio cristiano a causa di
I.595v; SOCG 815.220r; SC Servia II.339r; Zefi 2006 quell’unica famiglia cattolica, il che poteva signifi-
134-135). Le ragioni di un conflitto tanto sorpren- care imposte più pesanti e una minore tutela di
dente tra gli abitanti di una stessa casa sono da fronte all’ingordigia degli esattori. Secondo la Muir
ricercare, più che in un sincero fervore religioso, Mackenzie, invece, la ragione per cui i nuovi isla-
nel desiderio dei criptocristiani o anche dei nuovi mizzati si adoperavano per la conversione dei loro
musulmani “sinceri” di apparire il più possibile cre- vicini era un’altra: “Una volta che alcune famiglie di
dibili o impeccabili davanti alla loro nuova comu- un villaggio divengono maomettane, non smetto-
nità religiosa. Avendo in mente questo obiettivo, di no di tormentare gli altri fino a quando non li
certo una moglie cristiana non aiutava. Questi deli- costringono a seguire il loro esempio, perché
cati rapporti familiari e queste considerazioni apparentemente niente dà più noia a un rinnegato
sociologiche, di immagine, furono intuite anche di una costanza maggiore della sua” (Muir
dagli stessi organi ecclesiastici cattolici, tanto è Mackenzie 1877 I, pp. 218-219). Le donne poteva-

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no essere per una famiglia di criptocristiani o di comunità religiosa, né all’altra: “é da compiangersi


neoconvertiti ciò che la casa cattolica di Brasaljce al sommo l’infelice stato delle donne in gran
era per il resto del villaggio: un danno per l’intera- numero state convertite dal mahometismo alla
zione sociale con l’esterno, un potenziale pericolo Fede di Cristo per lo passato, e battezzate occul-
o addirittura un motivo di vergogna. Tuttavia, va tam.te; et hora poveracie da noi abbandonate, le
aggiunto che così non era in tutti i casi, anzi: più quali prorompendo in sanguinose lacrime, e dispe-
spesso chi si convertiva – solo formalmente o rate ci maledicono continuam.te, dicendo come ci
meno – all’Islam lasciava che la moglie professasse ingannassimo noi misere abbandonare la setta di
la fede che preferiva. Già agli inizi del XVIII secolo Mahometto, quando poi siamo adesso scacciate
questo portò a un progressivo approfondirsi del dalli missionarj di Cristo, e con altre molte lamen-
solco tra uomini criptocristiani/musulmani e tazioni, le quali tanto ci infastidiscono e dispiaccio-
donne cattoliche, cosa che per una pura questione no, che molte volte tralasciamo, e sfugiamo di visi-
statistica aumentava la probabilità di matrimoni tare quelle, che palesam.te mantengono la Fede;
misti interreligiosi. Nel 1724 Petar Karadžić, uno attesoche appenna ci mettiamo à confessare una,
dei predecessori di Mazarek, chiese alla Sacra che è cattolica publicam.te, molte altre corrono, e
Congregazione il permesso di concedere i sacra- si mettono d’avanti inginocchioni à confessarsi,
menti alle donne albanesi che avevano sposato dei che sono occulte, e tanto ci molestano, pregano,
“rinnegati”, sottolineando che vi erano state adducono scuse, commovendoci à compassione, li
costrette appunto dalla scarsità di uomini cattolici amministriamo li sacramenti, battezando li loro
(Acta 94.242r). Nel corso del secolo divenne sem- figli, et alle volte confessandole con nostro gran-
pre più drammaticamente chiaro che la comunità dissimo scrupolo” (SOCG 792.147v).
cattolica nelle terre popolate dagli albanesi andava Abbiamo già accennato al fatto che le donne fosse-
sempre più configurandosi come una comunità a ro esenti dalla cizye, il che toglieva uno dei princi-
grande maggioranza femminile. Oltre a questo pali motivi alla conversione, ma vanno considerati
squilibrio, la sopravvivenza della religione cattolica anche altri fattori che hanno contribuito a fare di
nella regione veniva resa ancora più complicata esse il baluardo del cattolicesimo nell’area. Ad
dalla Inter omnigena s del 1744 che, come già esempio, le donne erano molto meno esposte
detto, allontanava dalla vita religiosa cattolica le degli uomini al contatto con la vita sociale della
fedeli sposate con dei musulmani convertiti, simu- comunità, specialmente le albanesi, per le quali la
latori o sinceri che fossero. Era inevitabile che il legge tradizionale, il Canone di Lek Dukagjin, pre-
punto di vista intransigente del Vaticano si scon- scriveva rapporti molto limitati con il mondo al di
trasse con i tentativi di accomodamento del clero fuori della famiglia (Malcom 1999, p. 49). é dunque
locale, il quale vedeva il proprio gregge assotti- possibile che intere zone di una parrocchia – spe-
gliarsi in maniera allarmante. Nel 1754 l’arcivesco- cialmente le aree rurali – siano state investite in
vo di Bar si trovò addirittura costretto a implorare pieno dall’ondata di islamizzazione, la quale ha
la Congregazione di concedergli di confessare le però lasciato una comunità cattolica a volte consi-
mogli dei “cristiani occulti”, poiché ormai quasi stente e totalmente femminile. Nella parrocchia di
tutto il sostentamento economico dei suoi preti Janjevo, ad esempio, quella in cui risiedeva lo stes-
derivava dalle offerte di costoro (SOCG 124.110r- so arcivescovo Mazarek, nel 1763 il parroco Pal
112r). Si legge poi una certa frustrazione nelle Zogaj comunicò che, al di fuori della città e a parte
parole della prima relazione di Mazarek, quando l’eccezione di Brasaljce, nell’intera parrocchia non
l’arcivescovo lascia intendere che le disposizioni era rimasto un solo cattolico uomo, ma unicamen-
della Inter omnigena s fanno più male che bene te donne (SC Servia II.35v). Pochi anni prima, nel
alla causa cattolica e afferma che perciò a volte egli 1760, si riferiva che la popolazione cattolica nei
le trasgredisce. Si riferisce in particolare alle donne dintorni di Janjevo ascendeva a circa 230 donne
riconvertite dal clero locale dall’Islam al cristianesi- (SOCG 792.151r), il che, tolte la cinquantina di
mo, le quali si trovano per le nuove direttive del anime – sia uomini che donne - di Brasaljce, indi-
Vaticano a non poter essere ammesse né a una ca uno “zoccolo” cattolico esclusivamente femmi-

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nile piuttosto significativo. Nelle campagne intor- ma parla solamente di atti religiosi tipici dell’Islam
no a Peć rimane sostanzialmente inalterato dal che prima di questa età non possono essere com-
1760 al 1772 un gruppo di donne credenti intorno piuti. Probabilmente il riferimento è alla ša ha da h,
alle duecento unità, delle quali nel 1779 si parla la professione di fede musulmana. Mazarek scrive
come di “alcune vecchie” (SOCG 792.144r; SC che in caso di morte di ragazzi al di sotto di questa
Servia II.166v, 340r). età, benché portino un nome musulmano, non
Il caso di Rogovo, invece, dimostra come fosse sussiste nemmeno l’obbligo della sepoltura secon-
sistematica la distinzione all’interno delle famiglie do il rito islamico (SOCG 792.149v).
tra chi si convertiva e chi continuava a professare il Va sottolineato che le divisioni religiose in famiglia
cristianesimo: nel 1767 si riferisce che nel villaggio non avvenivano sempre in maniera pacificamente
vivono 9 famiglie di cattolici confessi e 80 case di meccanica: in un rapporto del 1769 si legge che
“cristiani occulti”, all’interno delle quali i capifami- una donna cattolica giunge addirittura a uccidere il
glia si sono convertiti all’Islam, mentre le mogli e i proprio figlio maschio appena nato, una volta che
figli (maschi e femmine) sono rimasti apertamente il marito si converte all’Islam (SC Servia II.153r).
cattolici (SC Servia II.81v); l’anno dopo si scrive Inoltre, non in ogni caso gli uomini erano propen-
che la popolazione cattolica totale è di circa 300 si a cambiare religione a seconda della convenien-
persone, ma si ribadisce che i padroni di casa sono za, ma si trovavano a volte combattuti tra pulsioni
quasi tutti convertiti (SC Servia II.127v). La frattura differenti e in mezzo a conflitti familiari laceranti,
tra i sessi si verificava solamente con la maggiore come dimostra il caso di questa famiglia immigrata
età, ma spesso in maniera quasi automatica. Se è dal Malësi presumibilmente tra la fine degli anni
vero che nella maggioranza dei casi l’islamizzazio- Sessanta e l’inizio degli anni Settanta del XVIII
ne del capofamiglia bastava a fare in modo che l’in- secolo: “Anni sono essendo venuto un montagno-
tera casa venisse considerata musulmana ai fini lo da Pulati subito mutò nome e come mutò così
fiscali, d’altra parte le guerre con l’Austria e il anche si perdè morendo in disgrazia di Dio. Li di
costante bisogno di denaro dell’impero ottomano lui figli, e figlie procurassimo di tenere nella S.
avevano portato a un sostanziale cambiamento Fede tanto esso vivente, quanto dopo la di lui
anche nella riscossione delle imposte. Fino alla morte: così infatti successo, e fuor di trè che anco-
fine del XVII secolo la Porta aveva prelevato le ra sono vivi, gl’altri morirono cattolici; quando in
tasse secondo il sistema già noto della singola casa questi giovani il maggiore d’essi quasi pazzo ed
o addirittura del gruppo di case come unità fiscale; assai volubile in ogni affare perche non trovò
le tasse venivano dunque calcolate sulla base della donna Cattolica per marito ed essendo villano, e
fede del contribuente (il padrone di casa), il che volubile, disperato senza mia saputa, ed inaspetta-
lasciava a tutti gli altri una certa libertà religiosa. A tam.te rinegò pubblicam.te con mio sommo dis-
partire dal 1691, invece, Istanbul si era trovata nella piacere e delli due minori Fratelli, quali sono veri
necessità di raccogliere in fretta ingenti fondi per Cattolici e promettono d’essere, e di stare saldi
fronteggiare la Lega Santa ed aveva così deciso di avendo un particolare odio al rinegato, da cui si
passare al metodo shariatico di riscossione della sono subito divisi, quantunque fosse protetto il
cizye, il quale prevedeva che la responsabilità fisca- rinegato dell’Ottomani” (SC Servia II.300v). Va infi-
le fosse individuale e ricadesse su ogni maschio ne segnalato il caso curioso, esemplificativo di una
adulto, capofamiglia o meno (McGowan 1981, p. particolare confusione religiosa, di una coppia
81). In questo modo si accelerava la conversione mista (marito criptocristiano/musulmano e moglie
degli uomini cattolici, i quali a seconda del perio- cattolica) discesa nel 1792 a Djakovica dal Malësi:
do e del bisogno venivano considerati maggioren- l’uomo acconsente a sposarsi in segreto secondo il
ni ad età diverse e dovevano quindi convertirsi rito cattolico, ma è poi contrario al battesimo del
all’Islam per evitare di pagare la cizye. All’epoca figlio, che viene quindi portato di nascosto dalla
della prima visita diocesana di Mazarek (1760) l’età madre a ricevere il sacramento per mano del par-
limite sembra essere quindici anni, anche se l’arci- roco (SC Servia III.151r).
vescovo non fa accenno alla questione delle tasse,

120
Luca Ma iocchi Criptocristianesimo in Kosovo nel XVIII secolo

3.La “scomparsa” dei criptocristiani cristiani (SOCG 815.214v). Le loro pretese furono
respinte, ma il problema si ripresentò nei moltissi-
A partire dalla relazione di Mazarek del 1760 e da mi villaggi intorno a Prizren, dove la maggioranza
quella di Logoreci di due anni dopo il rapporto tra della popolazione si riteneva ancora cattolica, pur
clero cattolico e criptocristiani si fece ancora più avendo adottato da tempo nomi di origine araba.
complicato. Se da una parte il Vaticano, come In questo caso Mazarek evitò addirittura di visitare
abbiamo visto, manteneva una linea chiara e rigi- quei luoghi, sicuro che avrebbe ricevuto le mede-
damente stabilita, volta ad escludere i “cristiani sime richieste e che avrebbe di nuovo dovuto per
occulti”, i preti cattolici del luogo dovevano usare forza di cose opporre un analogo rifiuto, poiché
una certa diplomazia nei confronti di una speciale l’accontentare quelle persone sarebbe stato sola-
classe di credenti che si andava sempre di più mente, come egli si espresse, uno spreco di olio
ingrandendo e che era difficile ignorare. Il dilem- santo, date le proibizioni sempre più esplicite della
ma che dovevano fronteggiare i sacerdoti della Sacra Congregazione (SOCG 815.217v). Di nuovo
diocesi di Skopje è ben riassunto da Mazarek quan- venne portata all’attenzione del Vaticano la que-
do scrive, a proposito della sua prima visita gene- stione delle donne cattoliche sposate a uomini
rale, poche righe dopo aver presentato il caso del musulmani o criptocristiani, insistendo sul loro
giovane albanese che abbiamo riportato all’inizio stoicismo e perseveranza nel conservare la fede
di questo capitolo: “Se non li [ai criptocristiani] nonostante le pressioni dei familiari maschi
aministriamo li sacramenti si disperano affatto, e si (SOCG 815.220r). é da notare che questa volta,
adirano contro di noi, e si perdono infinite anime. contrariamente a quanto stabilivano i precedenti
Se poi li lusinghiamo, amministrandoli li sacra- decreti a proposito di queste credenti, le autorità
menti incorriamo nella scommunica dal sommo ecclesiastiche mostrarono una certa dose di com-
Pontefice: Io appogiato sopra la Bolla di Benedetto prensione per la loro difficile situazione. Nelle riso-
XIV hò proibito, che in nisun conto, e per niente luzioni relative alla seconda visita di Mazarek, che
tale gente siano compatita, e consolati con li sacra- fu esaminata dalla Congregazione nel 1766, si
menti, ma che vadano pur tutti, giache così voglio- legge un ordine piuttosto curioso: d’ora in avanti si
no, in perdizione, et in mal hora, e che noi missio- potranno concedere i sacramenti a queste fedeli, a
narj compiangendo dolorosam.te la loro perdita, patto che sia l’arcivescovo stesso ad amministrarli
soffriamo da essi gran persecuzioni, lamenti, e di nascosto, in modo che i parrochi continuino a
pianti, non potendo rimediarli, essendo così l’or- credere del tutto valide le indicazione del Concilio
dine di Gesu Cristo, e del suo vicario” (SOCG Albanese e della Inter Omnigena s (Acta 136.236r).
792.147r). Nonostante questo parziale “ammorbidimento”, i
Si trattava, insomma, di una coperta troppo corta: rapporti tra clero cattolico e criptocristiani rimase-
da una parte i preti rischiavano di attirarsi le ire dei ro tesi, tanto che qualche anno più tardi Ndre
criptocristiani e di perdere moltissime di queste Krasniq, parroco di Djakovica, scrisse di essere
anime in bilico tra cristianesimo e Islam; dall’altra stato addirittura minacciato di morte dai suoi par-
non potevano amministrare loro i Sacramenti rocchiani “occulti” per essersi rifiutato di battezza-
senza contravvenire alle disposizioni della Chiesa. re i loro figli, ai quali erano già stati attribuiti nomi
Le nuove notizie dalla diocesi di Skopje causarono musulmani (SC Servia II.149v). Nel 1773 Logoreci
un ulteriore giro di vite nei confronti del criptocri- affermò di essere solito concedere i sacramenti ai
stianesimo, creando altre difficoltà ai preti cattolici criptocristiani di Plava, contravvenendo aperta-
e suscitando ostilità nei loro confronti. Nella sua mente agli ordini della Sacra Congregazione (SC
successiva visita della diocesi, nel 1764, l’arcivesco- Servia II.216r), e il 31 gennaio 1774 il Vaticano si
vo passò per il villaggio di Lapušnik, non lontano ritrovò a dover emanare un nuovo decreto che per
da Janjevo, dove dovette affrontare le richieste di l’ennesima volta condannava coloro che si fingeva-
sacramenti da parte dei “cristiani occulti” locali, i no musulmani pur ritenendosi cattolici (Gashi
quali avevano nomi musulmani, ma non osservava- 1994, p. 57).
no affatto i riti islamici ed erano noti a tutti come Da allora in poi le tracce del contrasto tra il clero

121
n.20 / 2008

locale e i criptocristiani sembrano scomparire. nei confronti delle autorità vaticane, che non gio-
Ovviamente la ragione non è la scomparsa del pro- carono un ruolo passivo, ma addirittura uno attivo
blema: non tutti coloro che avevano credenze reli- in negativo, dando impulso alle conversioni dei
giose a metà tra l’Islam e il cattolicesimo si decide- criptocristiani. Tuttavia, sarebbe esagerato affer-
vano per una delle due fedi, ma fu piuttosto la mare che una linea più tollerante seguita dal
Chiesa che operò un taglio netto, escludendo gli Vaticano avrebbe potuto tenere i criptocristiani
indecisi e classificandoli come “infedeli” alla pari eternamente “sospesi” tra adesione esteriore
dei musulmani in tutto e per tutto. A proposito all’Islam e osservanza interiore del cattolicesimo,
dell’islamizzazione del Kosovo nel Settecento, non tanto perché l’occultamento della fede fosse
Radmila Tričković scrive che il clero cattolico sop- particolarmente difficile da mantenere, quanto
portava “pazientemente” che i suoi fedeli albanesi perché le pratiche cristiane osservate in questa
si facessero musulmani (Tričković 1989, p. 145). forma con il tempo venivano inevitabilmente a
Ciò non è vero, poiché abbiamo visto come il contaminarsi con elementi religiosi islamici.
Vaticano diede più volte battaglia a chi anche solo Dunque, già a partire dai primi anni dell’arcivesco-
si avvicinava all’Islam. é in quest’ottica che va inter- vato di Mazarek, i “cristiani occulti” non esistono
pretata la severità nell’escludere i criptocristiani più per la Chiesa, bensì sono considerati come
dalla vita religiosa: questo atteggiamento intransi- “infedeli” uguali agli altri, da trattare come tali. Con
gente doveva nelle intenzioni di Roma essere una ciò, ovviamente, non si eliminava il problema sul-
minaccia per coloro che non volevano professarsi l’atteggiamento da tenere nei confronti di queste
pubblicamente cristiani; lo scopo di una tale politi- persone, le quali continuavano a insistere presso i
ca era di riportare i “cristiani occulti” sulla retta via loro vecchi sacerdoti cattolici per ricevere servizi
e spingerli ad abbandonare quelle loro pratiche spirituali. Va considerato, oltretutto, che l’arrivo di
dottrinalmente assai poco corrette. Non si voleva nuova popolazione cattolica dalle diocesi albanesi
ridurre la comunità cattolica dell’area a un piccolo continuava a mantenere la questione attuale, dal
gruppo di puri votati al martirio, ma semplicemen- momento che all’immigrazione seguiva spessissi-
te richiamare all’ordine coloro che peccavano in mo e in tempi brevi la conversione formale
maniera così vistosa agli occhi delle autorità eccle- all’Islam, ma quasi sempre i nuovi arrivati deside-
siastiche, le quali probabilmente, dal loro osserva- ravano continuare ad essere trattati dal clero catto-
torio romano, faticavano a rendersi conto delle dif- lico come fedeli cristiani. Nel 1793, in corrispon-
ficoltà che si presentavano a un cristiano che vive- denza di una consistente ondata di immigrazione
va in una formazione statale islamica. D’altra parte, dall’Albania settentrionale, Mazarek chiese di
è innegabile che in termini pratici questa chiusura nuovo (invano) il permesso di poter amministrare
formale sortì un effetto non desiderato, tagliando i i sacramenti ai criptocristiani (SC Servia III.164v),
ponti tra una larga fetta di popolazione e la sua nonostante già da anni non parlasse più di questa
fede originaria. Un altro viaggiatore inglese, classe di credenti, ma solo di “turchi”, o di “rinne-
William Hobhouse, il quale attraversò il nord gati albanesi”. é l’ultimo accenno che l’arcivescovo
dell’Albania alla fine del primo decennio fa ai “cristiani occulti”, senza che ciò significhi che
dell’Ottocento, osservò che in quelle zone c’era tra i suoi rapporti con essi finirono allora. Le pretese
la popolazione un crescente sentimento anticleri- dei nuovi musulmani nei confronti dei sacerdoti
cale dovuto proprio all’insistenza dei preti nel fare cattolici e le manovre diplomatiche di questi ultimi
osservare troppo rigidamente i dettami della per non scontentare nessuno furono una costante
Chiesa (Frazee 1983, p. 239). di quegli anni. Ancora nel 1846 un successore di
Anche se è errato dire che il Vaticano non fece Mazarek riferisce che nella diocesi di Skopje un
nulla per contrastare le conversioni all’Islam nella terzo di coloro che si considerano cattolici è in
regione, di certo il tipo di opposizione che eserci- realtà costituito da criptocristiani, ossia, secondo la
tò finì involontariamente per favorire il processo di Chiesa, da “infedeli” (Zefi 2006, p. 140).
islamizzazione. Vista in questa luce, l’affermazione Un’ulteriore dimostrazione del fatto che la que-
di Tričković sembra addirittura troppo clemente stione dei criptocristiani non fosse affatto risolta è

122
Luca Ma iocchi Criptocristianesimo in Kosovo nel XVIII secolo

la necessità che il Vaticano sentì di riunire il nii gruppy evreev-musul’ma nov v Bucha re (tr. it.
Secondo Concilio Albanese nel 1871, ripetendo la Sulla questione dell’origine del gruppo di ebrei-
proibizione ai sacerdoti di battezzare i figli dei musulmani di Buchara), in Sovetskaja etnografija
musulmani e di concedere ai criptocristiani i sacra- 3, pp. 160-172;
menti (Zefi 2006, p. 174). Più o meno le stesse indi- Bartl P. (1975-1979) Quellen und Ma teria lien zur
cazioni vennero ripetute a parte all’arcivescovo di a lba nischen Geschichte im 17. und 18.
Skopje nel 1882 (Gasper 1986, p. 144) e nel 1895 si Ja hrhundert, Münich, Harrassowitz;
tenne il Terzo Concilio Albanese, l’ultimo. Le riso- Castellan G. (1999) Storia dei Ba lca ni. XIV-XX
luzioni di questo concilio, pur ripetendo in sostan- secolo, Lecce, Argo;
za le consuete proibizioni di seguire usi non cri- Dawkins R.M. (1933) The Crypto-Christia ns of
stiani e di assumere nomi di origine araba, presen- Turkey, in Byzantion VIII, pp. 263-276.
tano una novità piuttosto significativa: si cerca di Didier H. (1981) Le biconfessiona lisme en
favorire le riconversioni al cattolicesimo non pre- Espa gne, esquisse d’un itinera ire historique (I-
tendendo più, come stabiliva il Primo Concilio, che XVII siècles), in Islamochristiana 7, pp. 79-124;
i criptocristiani dichiarino la loro apostasia Draganović K. (1938) Izvješće a postolskog
dall’Islam di fronte alle autorità, pronti a sopporta- vizita tora Petra Ma sa rechija o prilika ma
re il martirio. Nel 1895, probabilmente ormai trop- ka toličkog na roda u Buga rskoj, Srbiji, Srijemu,
po tardi, la Chiesa fa così un passo in direzione dei Sla voniji i Bosni g. 1623. i 1624. (tr. it. Relazione
criptocristiani, dichiarandosi disposta a riaccoglier- del visitatore apostolico Pietro Masarechi sulle
li nuovamente nel suo seno a patto che essi si condizioni del popolo cattolico in Bulgaria, Serbia,
dichiarino veri cristiani davanti alla sola comunità Srem, Slavonia e Bosnia nel 1623 e 1624), in
cattolica riunita, e non più davanti ai governanti Starine XXXIX, pp. 1-48;
musulmani (Zefi 2006, pp. 176-177). Duijings G. (2000) Religion a nd the politics of
Una qualche forma di criptocristianesimo è esistita identity in Kosovo, London, Hurst & Co;
nella regione del Kosovo fino ad oggi, se è vero Elsie R. (2004) Historica l dictiona ry of Kosova ,
quanto scrive Ger Duijings all’inizio degli anni Lanham-Toronto-Oxford, The Scarecrow Press;
Novanta, ossia che in alcuni villaggi sperduti dell’a- Frazee C.A. (1983) Ca tholics a nd Sulta ns: the
rea della Skopska Crna Gora si trovano cattolici Church a nd the Ottoma n Empire 1453-1923,
che professano esteriormente l’Islam per motivi di London-New York, Cambridge University Press;
convenienza, per via di legami matrimoniali che li Gashi G.G. (1994) Ma rtirët shqipta rë gja të viteve
avvicinano a clan musulmani (Duijings 2000, pp. 1846-1848 (tr. it. Martiri albanesi negli anni 1846-
39-40). 1848) Ferizaj, Drita;
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n.20 / 2008

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124
Presentazione
LibriLibriLibri

UGO FABIETTI: Postfazione a: Roberto Malighetti, to dalla comunità antropologica di allora [Nota: in
Clifford Geertz. Il la voro dell’a ntropologo, Utet, realtà il primo libro di Geertz tradotto in italiano fu
Torino, 2008 Isla m. Ana lisi socio-cultura le dello sviluppo reli-
gioso in Ma rocco e in Indonesia , Brescia,
La pubblicazione di questo libro di Roberto Morcelliana 1973 (ed. or 1968). Il libro passò però
Malighetti sembra giungere quanto mai opportuna praticamente inosservato. In Italia Geertz comin-
nel momento attuale, in quanto Clifford Geertz è ciò ad essere preso in considerazione solo dopo la
scomparso lo scorso anno e la comunità degli pubblicazione del suo Interpreta zione di culture,
antropologi italiani sembra aver lasciato ad altri il Il Mulino, Bologna 1987]. La sua prospettiva erme-
compito di ricordarne e commentarne la figura neutica, e la concezione della “cultura come testo”
eminente, la complessità dell’ opera e la rilevanza che accompagnava quella prospettiva, erano inol-
del “vento interpretativo” da lui portato negli studi tre e forse soprattutto “disturbanti” per una comu-
antropologici. In Italia infatti della scomparsa di nità antropologica fortemente debitrice o di un
Geertz, a parte qualche noticina in riviste di secon- orientamento etnologico più o meno classico, o
daria importanza, sembra non essersi accorto nes- dell’affascinante (ma per altri versi anche “inquie-
suno, salvo i sociologi che, di fronte all’assentei- tante”) strutturalismo lévi-straussiano, o dello sto-
smo dei loro colleghi antropologi, hanno ritenuto ricismo di varia configurazione, da quello storicista
opportuno ricordarlo (a modo loro) su una accre- a quello marxista, più o meno ortodosso.
ditata rivista di... filosofia [Nota: Aut-Aut, n. 335 Col tempo tuttavia Geertz divenne, anche da noi,
luglio settembre 2007, con articoli di Alessandro un importante punto di riferimento per alcuni
Dal Lago, Pier Paolo Giglioli, Nadia Urbinati e antropologi (ma non solo) che, sebbene per moti-
un’intervista rilasciata dallo stesso Geertz del vi anche diametralmente opposti gli uni dagli altri,
2002]. Sede d’altronde quanto mai adeguata, per- si trovavano in quel momento in uno stato di
ché come è noto - e il libro di Malighetti ne è la più “indeterminatezza teorica”. Da Geertz, ovviamen-
ampia ed esplicita conferma - Geertz si ispira a, e al te, si imparò quanto fosse fondamentale la dimen-
tempo solleva, problemi a cui gli stessi filosofi non sione ermeneutica nella costruzione della rappre-
si sono certo mostrati insensibili. sentazione etnografica. Ma, come spesso accade,
Ma non ci si inganni. Clifford Geertz . Il la voro del- fu anche quella volta questione di imparare soprat-
l’a ntropologo non è un libro “scritto apposta”, tutto un nuovo linguaggio. Se posso citare il mio
cioè sull’onda del “vuoto” seguito alla scomparsa caso personale, direi che di Geertz mi coinvolse la
dell’illustre studioso nordamericano. Questo libro scrittura. Diretta, ironica, suadente e anche un po’
è invece la riproposizione, ampiamente rivista e complice, piuttosto lontana tanto da quella troppo
aggiornata, di un volume che lo stesso Malighetti rassicurante, forse perché fortemente “oggettiva”,
aveva pubblicato nell’ormai lontano 1991, quando dei classici, quanto da quella grondante esprit de
l’opera di Geertz, tra molte diffidenze e reticenze, géométrie di un Lévi-Strauss (Tristi tropici è, alme-
cominciava a essere conosciuta anche nel nostro no in parte, un’altra storia). Geertz sembrava
Paese. Quando i suoi lavori iniziarono a essere tra- coniugare al meglio la tradizione anglosassone
dotti in Italia nella seconda metà degli anni Ottanta (schiettezza nordamericana più ironia britannica)
(confermando il proverbiale ritardo con cui da noi con una densità argomentativa di matrice europea
molte discipline - purtroppo l’antropologia non è (senza essere un adepto, al contrario di molti suoi
l’unica - accolgono certe novità culturali), Geertz colleghi statunitensi, della cosiddetta French
fu infatti “capito poco”, più che veramente ignora- Theory). [Nota: Con l’espressione French Theory

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n.20 / 2008

si indica l’insieme, del tutto inorganico, delle sug- antropologi italiani, oltre al sottoscritto, siano stati
gestioni teoriche che, provenienti appunto dal “sollecitati” dal libro di Malighetti a cogliere in
lavoro di alcuni intellettuali francesi (Foucault, maniera più adeguata e articolata le connessioni
Derrida, Lyotard, Bourdieu, Baudrillard ecc.) sono tra la teoria etnografica dell’antropologo america-
state riprese negli Stati Uniti e utilizzate, a volte in no e alcuni aspetti della riflessione filosofica del
maniera discutibile, a sostegno di varie posizioni Novecento. Possiamo infatti affermare con relativa
nel campo delle scienze umane e degli studi post- sicurezza che il merito di questo libro è duplice: da
coloniali]. Quanto a me, ex-studente di filosofia ma un lato esso fu, per il pubblico italiano, un’eccel-
poco familiare con l’ermeneutica, ritrovai in lente “introduzione a Geertz” (non si fraintenda
Geertz quello “spessore” (le dimensioni del senso, però sul termine “introduzione” pensando che si
del significato) che l’antropologia, nelle sue varian- sia trattato di una “scorciatoia”); mentre, dall’altro
ti storiche, sembrava aver estromesso dal suo pro- lato, costituì il primo testo critico in assoluto, a
gramma. livello mondiale, sul lavoro dell’antropologo ame-
In Italia Geertz non ebbe inizialmente grande riso- ricano (come mi suggerisce il ricordo di un incon-
nanza perché cambiava improvvisamente le regole tro tra Malighetti e lo stesso Geertz). In quest’ulti-
del gioco a cui (ci) si era abituati. Egli induceva il ma accezione il libro - oggi potenziato in molte sue
sospetto che, benché sia sempre l’antropologo ad parti - “smonta e rimonta” la macchina teorica di
avere l’ultima parola (“cosa fa l’a ntropologo? scri- Geertz senza nulla concedere a tentazioni “storici-
ve...”) non è poi così ovvio pensare che tutto possa stiche” di sorta. A Malighetti non interessa infatti
risolversi in descrizione, comparazione e genera- distinguere Geertz da altri antropologi o accostar-
lizzazione, come invece l’intera storia dell’antropo- lo a “precursori” e a “successori”. Malighetti punta
logia precedente sembrava indicare. Il fatto che dritto al cuore del problema almeno nel senso che,
anche “gli altri” potessero produrre senso e signifi- nel momento stesso in cui delinea il retroterra epi-
cato (una cosa che per altro molti antropologi stemologico-filosofico di Geertz, ne osserva le rica-
prima di lui sapevano benissimo senza trarne però dute nella sua pratica etnografica.
le debite conseguenze), Geertz lo argomentò in Quanto la connessione tra teoria etnografica e pra-
maniera sottile, ricca di esemplificazioni etnografi- tica del campo sia al centro degli interessi di
che, credendo che bisognasse perseguire fino in Malighetti i lettori potrebbero d’altronde consta-
fondo il quanto mai enigmatico imperativo mali- tarlo leggendo un altro suo libro: Il Quilombo di
nowskiano: vedere le cose dal punto di vista dei Frecha l. Identità e la voro sul ca mpo in una
nativi. Enigmatico perché fino a Geertz non si comunità bra silia na di discendenti di schia vi
sapeva bene se l’antropologo dovesse far finta di (Malighetti, 2004). In questo lavoro sono infatti
mettersi nella testa del nativo, se dovesse dichiara- presenti molti spunti derivanti dall’opera geertzia-
tamente sostituirsi a lui, oppure imparare tutto ciò na, spunti grazie ai quali Malighetti ha potuto arti-
che un nativo sa “per essere come lui”. Geertz, che colare, in tutta autonomia e senza alcun “comples-
non ha mai amato le teorie chiuse, i sistemi e le so di dipendenza”, i principali nodi teorici svilup-
formule, pose infatti il problema in termini di pati dall’antropologo americano in relazione ad un
comunicazione. L’antropologia era infatti per contesto etnografico particolare. Dopo aver pub-
Geertz un “ampliamento del discorso umano”, un blicato il suo primo lavoro su Geertz Il filosofo e il
tentativo mai concluso di cogliere il modo in cui, confessore. Antropologia ed ermeneutica in
sul campo, si stabiliscono relazioni comunicative Clifford Geertz (1991), Malighetti ha infatti com-
capaci di far emergere oggetti nuovi di riflessione piuto ricerche in Brasile presso una comunità
per l’antropologia, una scienza, come lui amava impegnata da molti anni a rivendicare il legittimo
dire, “in divenire”. possesso di alcuni territori di fronte alle pretese
La prima versione di questo libro di Malighetti con- dei fa zenderos - e di conseguenza a riplasmare la
tribuì non poco, anche nel periodo in cui era in propria identità di fronte a questi ultimi e alla auto-
gestazione, a farmi cogliere alcuni aspetti impor- rità brasiliane. Il frutto di questa ricerca non è però
tanti del lavoro di Geertz. E credo che anche altri soltanto un resoconto particolareggiato dell’emer-

126
sione di una forma di identità collettiva come con- un nativo, in cui quest’ultimo chiedeva all’antro-
seguenza di lotta per vedere riconosciuti i propri pologo iperriflessivo implorandolo: “ma non si
diritti sulla terra; Il Quilombo di Frecha l è anche, e potrebbe parlare anche un po’ di me”?]. Ero deci-
forse soprattutto, un libro che pone problemi so a emanciparmi dalle pratiche confessionali che
metodologici cruciali per lo statuto scientifico delle non consideravo esperimenti compiutamente dia-
discipline antropologiche, interrogandosi conti- logici” (Malighetti, 2004, p. 70). Malighetti è infatti
nuamente sulle dinamiche della ricerca sul campo propenso a perseguire un modello di inchiesta che
e sulle condizioni della produzione di un sapere prenda sul serio l’invito ermeneutico di Geertz,
etnografico determinato dai modelli comunicativi invito a cui non sempre è facile, nota Malighetti,
tra l’etnografo e i suoi interlocutori. Riprendendo tenere fede. Nemmeno Geertz, e molti altri che a
Geertz, e ridiscutendone in maniera critica le posi- lui si sono ispirati, si sono rivelati sempre in grado
zioni espresse da quest’ultimo al riguardo, di spingersi molto più in là di alcune dichiarazioni
Malighetti problematizza in maniera decisa la que- d’intenti. Infatti, enunciare la necessità di una
stione del rapporto dell’antropologo con i suoi visione ermeneutica della ricerca sul campo, o
interlocutori. E’ in questo modo che Malighetti anche esplorarne teoricamente la “ineludibilità”,
rende manifesti i punti di vista e le narrazioni parti- non significa che per questo stesso fatto, tale
colari che si incontrano nell’intreccio dialogico, aspetto dell’etnografia risulterà a livello testuale.
così come le forme parziali in cui la memoria della Per questo Malighetti si interroga continuamente
comunità viene riattivata dagli individui nell’intento sui limiti dei vari modi di scrivere etnografia. Di
di fornire una rappresentazione identitaria stabile questi vari modi egli dice: “Nonostante la loro
del proprio villaggio. Nelle pagine de Il Quilombo apertura nello stile narrativo e sebbene avessero
possiamo infatti seguire l’intera “storia” senza mai reso l’io e l’altro, la cultura e i suoi interpreti, enti-
perdere contatto con la relazione che Malighetti tà meno sicure, rivelando lo status artificioso e
costruisce con i quilomboles e, tramite essa, con i contingente di ogni descrizione etnografica, ebbi
problemi metodologici ed epistemologici posti modo di constatare come tendessero a riprodurre
dalla ricerca etnografica in generale. forme di realismo e oggettivismo etnografico da
Contrariamente a quanto potrebbe pensare qual- cui cercavano, senza successo, di emanciparsi.
cuno sulla base di quanto ho appena detto, la pro- Riproducevano, così, il tradizionale dualismo fra
spettiva di Malighetti non è mai condizionata da soggetto e oggetto” (Malighetti, 2004, p.65). E
quello stile riflessivo che, sull’onda di certe sugge- poco più avanti aggiunge: “Le costruzione
stioni geertziane male interpretate - e senza che dell’Altro, le sue spiegazioni, sono considerate
Geertz ne sia stato per altro responsabile - hanno indipendenti e spontanee, elaborate in isolamento
puntato decisamente verso la dimensione intro- e non in risposta alle sollecitazioni dell’antropolo-
spettiva più che verso una vera ermeneutica. La go....Così, se il discorso di Rabinow determina
problematizzazione dell’Io sul campo non dovreb- un’irriducibile differenza fra il Sé e l’Altro, trala-
be infatti essere un’indagine sul Sé del ricercatore: sciando di indicare il processo attraverso il quale i
può anche esserlo naturalmente, ma a patto che significati sono prodotti, il modello di analisi di
tale problematizzazione sia prima di tutto la condi- Geertz fa emergere i significati ma non i soggetti”
zione dello svelamento delle procedure di costru- (Malighetti, 2004, p. 65). Ciò che non soddisfa
zione dell’oggetto del discorso scientifico. Malighetti, di questi approcci pur innegabilmente
“Intendevo - scrive infatti Malighetti - evitare l’or- “ermeneutici”, non è dunque l’impossibilità di
mai “aneddotica” critica di Sahlins agli approcci ottenere una perfetta immedesimazione o empatia
riflessivi, considerati incapaci - egli prosegue - di con l’Altro. Immedesimazione o empatia non sono
veicolare informazioni etnografiche che superasse- nemmeno troppo auspicabili perché, come tali,
ro la vita privata dell’antropologo [Nota: L’“aned- non comportano la possibilità che io possa far
dotica critica di Sahlins agli approcci riflessivi” a cui intendere a qualcun altro (per esempio il lettore
accenna Malighetti, si riferisce al fatto che Sahlins del mio resoconto etnografico) il grado della mia
mise in scena il buffo dialogo tra un antropologo e identificazione all’Altro. L’immedesimazione non

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comporta media zione. Invece la riflessività, intesa go statunitense. Mi sono soffermato sull’esperien-
nel senso di una interpretazione che si fonda su za etnografica di Malighetti per cercare di far com-
una “unità ermeneuticamente prodotta tra l’etno- prendere meglio, al lettore di questo libro su
grafo, in quanto soggetto di conoscenza, e la gente Geertz, come le problematiche in esso discusse
studiata in quanto oggetto di conoscenza” abbiano avuto, per quanto riguarda il suo autore,
Josephides, 1997, p. 17), può raggiungere lo una ricaduta concreta sul suo stesso lavoro di
scopo. Riflessività significa, in questo caso, sentire campo. Il che equivale, credo, a un invito: dopo
come l’altro, introducendo la dimensione della aver letto questo libro, il lettore prenda conoscen-
mediazione (come) che, per poter essere realizza- za del Il Quilombo di Frecha l, che dello studio su
ta, ha bisogno di esprimersi tramite figure retori- Geertz è, in un certo senso, un’ ideale, e al tempo
che [Nota: Per esempio tramite l’allegoria. Cfr. stesso critica, “applicazione etnografica”.
Fabietti, 1999, pp. 100-104]. In questo senso espe-
rienza e interpretazione non sono separabili, per- Riferimenti bibliografici
ché se è vero che nel testo etnografico e nel lavo-
ro teorico i due aspetti della ricerca sono distin- Aut-Aut, 2007, L’a ntropologia interpreta tiva di
guibili, nella situazione etnografica (il campo) essi Clifford Geertz, n. 335, Il Saggiatore, Milano, pp. 3-67.
appartengono allo stesso processo di conoscenza. Fabietti U. (1999), Antropologia cultura le.
E quest’ultimo, per quanto improntato a riflessivi- L’esperienza e l’interpreta zione, Laterza, Roma.
tà, quindi ad un riconoscimento del Soggetto (l’et- Geertz C. (1968), Isla m Observed. Religious
nografo) nella situazione da lui esperita, deve esse- Development in Morocco a nd Indonesia ,
re trasmesso, comunicato. University of Chicago Press, Chicago (trad. it.
Rovesciando l’idea di un Altro (il “nativo”) che dà Isla m. Ana lisi socio-cultura le dello sviluppo reli-
risposte a un Sé (l’antropologo), in quella di un Sé gioso in Ma rocco e in Indonesia , Morcelliana,
che è un tramite per la comprensione dell’Altro, Brescia, 1973).
passando insomma dall’ “osservazione (dell’Altro) Geertz C. (1973), The Interpreta tion of Culture,
partecipante a una osservazione della partecipa- Basic Books, New York (trad. it. Interpreta zione di
zione” (del Sé), Malighetti punta invece alla espli- culture, Il Mulino, Bologna, 1987).
citazione del modo in cui i suoi “resoconti e le Josephides L. (1997), “Representing the anthropo-
situazioni da essi analizzate si elaborano e si modi- logist’s predicament”, in A. James, J. Hockey e A.
ficano in un processo dialettico contestuale, all’in- Dawson (a cura di), After Wtiting Culture, London,
terno di un particolare spazio sociale da cui deri- Routledge 1997.
vano il loro consenso [Nota: L’espressione è di Lévi-Strauss C. (1955), Tristes Tropiques, Plon Paris
Barbara Tedlock (1991): “From participant obser- (tr. it., Tristi tropici , Il Saggiatore, Milano, 1960).
vation to the observation of participation: the Malighetti R. (1991), Il filosofo e il confessore.
emergence of narrative ethnography”]. Il campo Antropologia ed ermeneutica in Clifford Geertz
diventava così una working fiction (Geertz) in cui Malighetti R. (2004), Il Quilombo di Frecha l.
condividevo con i miei interlocutori un mondo di Identità e la voro sul ca mpo in una comunità
significati....” (Malighetti, 2004, p. 71). bra silia na di discendenti di schia vi , R. Cortina,
Mi sono soffermato sull’esperienza etnografica di Milano.
Malighetti con uno scopo ben preciso: cercare di Tedlock B. (1991), “From participant observation
far intendere come Clifford Geertz. Il la voro del- to the observation of participation: the emergence
l’a ntropologo non sia, nella storia del suo autore, of narrative ethnography”, in Journa l of
un puro esercizio di teoria né, tantomeno, di rico- Anthropologica Resea rch, 47, pp.69-94.
struzione storica della figura del grande antropolo-

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