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Band 1
≥
Walter de Gruyter · Berlin · New York
Democrito e l’Accademia
Studi sulla trasmissione dell’atomismo antico
da Aristotele a Simplicio
di
M. Laura Gemelli Marciano
≥
Walter de Gruyter · Berlin · New York
앪
앝 Gedruckt auf säurefreiem Papier,
das die US-ANSI-Norm über Haltbarkeit erfüllt.
ISBN 978-3-11-018542-3
쑔 Copyright 2007 by Walter de Gruyter GmbH & Co. KG, 10785 Berlin.
Dieses Werk einschließlich aller seiner Teile ist urheberrechtlich geschützt. Jede Verwertung
außerhalb der engen Grenzen des Urheberrechtsgesetzes ist ohne Zustimmung des Verlages
unzulässig und strafbar. Das gilt insbesondere für Vervielfältigungen, Übersetzungen, Mikro-
verfilmungen und die Einspeicherung und Verarbeitung in elektronischen Systemen.
Printed in Germany
Einbandgestaltung: Christopher Schneider, Berlin
Druck und buchbinderische Verarbeitung: Hubert & Co. GmbH & Co. KG, Göttingen
A Clarisse
Premessa
Introduzione
1. Considerazioni generali................................................................................... 1
2. Trasmissione e ricezione dell'atomismo antico
da Aristotele a Simplicio ..................................................................................... 4
2. 1. Democrito nella tradizione medica ............................................ 6
2. 2. Democrito nella tradizione bibliotecario-grammaticale ........ 10
2. 3. Democrito negli scrittori di trattati tecnici
e di storia naturale ............................................................................... 12
2. 4. Leucippo e Democrito nelle scuole filosofiche ...................... 13
3. Interpretazioni moderne dell'atomismo antico .......................................... 23
4. Democrito, l'Accademia e le interpretazioni dell'atomo........................... 29
5. Osservazioni metodologiche......................................................................... 34
1. Considerazioni generali
Il complesso di osservazioni e dottrine attribuite a Leucippo e Democrito
ha sofferto, forse più di altri, delle rielaborazioni e dei travisamenti della
trasmissione indiretta. La riemergenza in età ellenistica dell'atomismo nella
forma codificata da Epicuro ha contribuito in larga parte alla scomparsa
delle opere di questi autori dall'orizzonte dei dotti antichi. Il fatto poi che
nella biblioteca di Simplicio, la fonte più copiosa di citazioni letterali dei
presocratici, non si trovassero testi originali degli atomisti ha definitiva-
mente cancellato la possibilità di recuperarli. Di Leucippo non è rimasto
neppure un brandello1. Di Democrito, a fronte delle numerose gnomai
etiche, è sopravvissuta solo una manciata di frammenti fisici di cui è assai
difficile ricostruire il contesto. Tutto il resto sono resoconti mediati dalla
tradizione indiretta. Come è stato più volte sottolineato in questi ultimi
decenni negli studi sulla storiografia filosofica antica, gli interpreti antichi
non erano interessati ad una resa "alla lettera" degli autori di cui trattavano
le opinioni, ma ad un loro inserimento nella problematica di volta in volta
trattata secondo una certa ottica. E' sintomatico il fatto che Aristotele e
Teofrasto, coloro che hanno costituito il modello per questa storiografia
filosofica, raramente riportino citazioni letterali. I loro resoconti mirano
soprattutto a cogliere la diavnoia di quanto i loro predecessori hanno
detto, vale a dire ad estrapolare da testi talvolta oscuri e soprattutto nati in
un clima culturale diverso da quello dell'Atene del IV sec. a.C., quello che
essi hanno potuto comprendere nell'ottica del problema che stanno di-
scutendo. Questo è naturalmente gravido di conseguenze per la forma e
per il contenuto del resoconto stesso. L'immagine dell'atomismo antico
che ci rimandano Aristotele, Teofrasto e in generale le fonti antiche co-
stituisce dunque una visione filtrata da quelli che O'Brien ha indicato con
1 Quella che viene riportata da Stobeo 1,4,7c (67 B 2 DK; 22 L.) al Peri; nou' di Leucippo
(un'opera indicata invece come democritea nel catalogo di Trasillo) è sicuramente dovuta
ad una confusione di lemmi (la doxa precedente, quasi simile a questa, viene attribuita a
Parmenide e Democrito), cf. Diels 1879, 321 app. ad loc., Rohde 1881 [I, 1901, 249 n. 2].
2 Introduzione
Gli storici della filosofia tendono infatti a saltare il primo gradino dell'ana-
lisi, quello dell'empatia, del tentativo (per quanto difficile e limitato da
impedimenti oggettivi) di sintonizzarsi attivamente col contesto culturale
dell'autore esaminato, di capire quale mondo si nasconda al di là della
diavnoia che i vari interpreti antichi hanno attribuito alle sue affermazioni.
Come causa del rifiuto di penetrare in questa atmosfera viene general-
mente addotto il fatto che il materiale a disposizione per ricostruire il
contesto culturale dell'autore è scarso e parziale. Questo è vero solo in
parte. Spesso, anche quando c'è, si rifiuta insistentemente di prenderne
atto perché lo si giudica di scarso interesse filosofico4. In generale si ignora
la possibilità di aprire la prospettiva a testi di altro tipo, anche contempo-
ranei all'autore studiato, ad eventuali testimonianze storiche e archeologi-
che e si fa come se intorno a lui non ci fosse stata una vita sociale, politica
e un clima culturale specifico. Emarginare questo genere di ricerca dalla
storia della filosofia non è dunque una opzione giustificata dal taglio "filo-
sofico", ma una omissione che, oltre a perpetuare in modo irriflesso i
presupposti teorici su cui sono basati i giudizi e le analisi moderne, fa
perdere di vista le reali dimensioni della dottrina stessa.
La storia delle interpretazioni dell'atomismo antico da Aristotele fino
alla tarda antichità, per la natura stessa dei presupposti più o meno espli-
citati dagli autori, è dunque marcata dalla "traduzione anempatica" in cate-
gorie culturali eterogenee. Non si tratta qui di dare un giudizio di valore,
ma di riconoscere un dato di fatto che deve essere tenuto ben presente
all'atto della valutazione delle fonti. Anch'esse hanno bisogno di una con-
testualizzazione. Questo discorso vale non solo per i resoconti indiretti,
ma anche per le citazioni letterali. Anche queste si inseriscono in un con-
testo pre-supposto e vengono finalizzate alla dimostrazione di tesi diverse
da quella originaria. Dunque, laddove ci sono delle citazioni letterali o
presunte tali, in particolare negli autori tardi, non c'è necessariamente an-
4 Paradigmatica a questo proposito è la posizione di Barnes 1982, XVI: "In speaking sli-
ghtingly of history I had two specific things in mind—studies of the 'background' (econo-
mic, social, political) against which the Presocratics wrote, and studies of the network of
'influences' within which they carried on their researches. For I doubt the pertinence of
such background to our understanding of early Greek thought[…]. I am sceptical, too, of
claims to detect intellectual influences among the Presocratics. The little tufts of evidence
which bear upon the chronology of those early publications are, as I observed in more than
one connection, too few and too scanty to be woven into the sort of elegant tapestry which
we customarily embroider in writing the histories of modern philosophy. Much of the hi-
storical detail with which scolarship likes to deck out its studies is either merely impertinent
or grossly speculative". E' curioso osservare come proprio l'autore di una ricostruzione su
base analitica altamente speculativa del "pensiero" dei cosiddetti presocratici proietti questa
caratteristica sulle ricostruzioni del contesto storico-culturale di questi personaggi. Sull'in-
terpretazione decontestualizzata in particolare di Parmenide ed Empedocle, cf. Kingsley
1995a, 2002, 2003.
4 Introduzione
che una conoscenza diretta del testo integrale e, soprattutto, non c'è una
interpretazione neutrale. La citazione letterale, estrapolata già in origine
dal proprio contesto, si è spesso tramandata anche quando l'opera intera
non era più letta o era andata perduta5. La trasmissione all'interno di una
tradizione specifica ha giocato in alcuni casi un ruolo di primo piano e
talvolta si è imposta anche quando il citatore conosceva di prima mano i
testi: il famoso verso di Parmenide: ouj ga;r mhvpote tou't oujdamh'i ei\nai mh;
ejovnta (28 B 7,1 DK) citato in questa forma metricamente zoppicante da
Platone6, viene riprodotto tale e quale da Aristotele7 e da Simplicio che
pure riporta una porzione più ampia del testo parmenideo8. La presenza di
citazioni letterali non è dunque una prova inconfutabile della conoscenza
o dell'utilizzazione diretta da parte del citatore del testo integrale di un'o-
pera e tantomeno dell'intera produzione dell'autore citato e, soprattutto,
nasconde le stesse insidie del pre-giudizio e del pre-supposto della tra-
smissione indiretta.
Queste premesse sono indispensabili in quanto l'argomento discusso
nel presente lavoro è caratterizzato dal problema della trasmissione nella
sua più acuta ed estrema manifestazione, dunque può essere affrontato e
trattato solo attraverso una dettagliata analisi delle fonti, ma anche con lo
sguardo rivolto al contesto culturale del V sec. a.C. in cui Leucippo e De-
mocrito hanno vissuto e agito.
Leucippo era stato maestro dell'uno e modello per l'altro che lo aveva in
parte imitato10. Se Democrito nasce intorno al 460 a.C., la presunta data di
nascita di Leucippo dovrebbe cadere intorno al 500 a.C. e la sua attività
intorno agli anni '60 del V sec. a.C. Egli era dunque probabilmente un
contemporaneo di Anassagora e di Zenone e un poco più vecchio di Em-
pedocle e di Melisso. Epicuro e il suo discepolo Ermarco11 ne mettevano
tuttavia in dubbio l'esistenza e Trasillo inseriva nel catalogo delle opere di
Democrito anche il Mevga" diavkosmo". La questione della storicità di Leu-
cippo e della differenza fra le sue tesi e quelle democritee è stata molto
dibattuta alla fine del secolo scorso12. Oggi non è una priorità in quanto
non sembra possibile isolare l'uno dall'altro per lo meno per quanto ri-
guarda la concezione dell'atomo. Democrito si distingue piuttosto per una
vasta produzione libraria che abbraccia tutti i campi della polymathia del
suo tempo compresa la letteratura tecnica. Al di là delle possibilità di di-
stinzione delle dottrine vale però la pena tener conto di un fatto: se è Leu-
cippo il primo ad aver formulato l'ipotesi di un mondo fatto di "atomi",
l'atmosfera in cui egli l'ha sviluppata è quella degli anni '60 non degli anni
'20 del V sec. a.C. Difficilmente egli può aver tenuto conto degli scritti di
Zenone o di Melisso o di Anassagora. Si pone dunque il problema della
filiazione eleatica nella forma espressa da Aristotele e ripresa da Teofrasto.
Il fatto che di Leucippo sia rimasta una labile traccia anche nelle testimo-
nianze indirette è da imputare ad una specie di destino connaturato alla
storia stessa dell'atomismo: le versioni più recenti hanno infatti cancellato
quelle più antiche e l'avversione della grande maggioranza degli autori
antichi contro gli Epicurei ha fatto il resto. Democrito ha "riassorbito"
Leucippo, Epicuro ha praticamente eclissato ambedue e, a causa dell'osti-
lità verso le tesi atomistiche diffusa nelle scuole filosofiche e mediche di
età imperiale, sono spariti dall'orizzonte non solo i testi degli Epicurei e, in
parte, anche quelli del loro fondatore, ma anche quelli di medici che so-
stenevano tesi corpuscolariste come Erasistrato e Asclepiade. L'atomismo
accademico è, dal canto suo, naufragato molto presto sotto il peso del
giudizio aristotelico. Qui di seguito fornirò dunque una panoramica prin-
cipalmente della ricezione di Democrito in quanto Leucippo compare
solamente nella tradizione risalente a Teofrasto. Per il resto il suo nome è
veicolato da quello del suo più famoso successore.
Partendo da Aristotele, il primo che abbia trattato diffusamente degli
atomisti antichi, si possono distinguere grosso modo quattro filoni,
13 Non tutte quante le testimonianze su questo tema classificate da Diels e da altri come
spurie devono essere per forza tali. Se Democrito ha scritto opere di carattere medico spe-
cialistico come la Ihtrikh; gnwvmh non stupisce che egli abbia parlato delle malattie e di un
loro eventuale trattamento. Cf. su questo Gemelli Marciano 2007, 220-224.
14 Questo (e non ajpoplhxivh) è il termine riportato in tutte le fonti riconducibili ad una tradi-
zione medica. Il detto compare per lo più in contesti che sottolineano gli effetti negativi
dell'atto sessuale. Galeno, nei commenti al terzo e sesto libro delle Epidemie ne attribuisce la
citazione a Sabino, un medico vissuto nella prima metà del II sec. d.C. il quale utilizza
spesso un altro commentatore ippocratico, Rufo Efesio, a sua volta citatore di testimo-
nianze più antiche (cf. Deichgräber 1965, 29 n. 1.). Gal. In Hipp. Epid. III 1,4 (25,3 Wenke-
bach = XVII A,521 K.) (68 B 32 DK; 527 L.) sumbaivnei toi'" ojyimaqevsin ejnantiwvmata
levgein ajkaivrw" fluarou' sin. tiv" ga;r h\ n aj navgkh gravf ein Dhmovkriton me;n eijrhkev nai mi-
kra;n ejpilhyivan ei\ nai th; n sunousivan, Epivkouron de; mhdevpote me; n wjf elei'n ajfrodisivwn
crh'sin, ajgaphto; n dæ, eij mh; blavyeien… ejpi; ga;r tw'n ejx ajfrodisivwn ajmevtrwn noshsav ntwn
ejcrh'n eijrh'sqai tou;" lovgou", ouj k ejpi; tw'n ej nantivw" aujtoi'" diaithqevntwn. ajllæ o{mw" kai;
tau'tæ e[grayan oiJ peri; to;n Sabi'non, ouj k aijsqanovmenoi th'" ej nantiologiva" ª...º kai; tau'ta
gravfousin aujtoi; mnhmoneuvs ante" ej n th'i tw'n prokeimevnwn ej xhghvs ei Dhmokrivtou te kai;
Epikouvrou, mhdevpw mhde; n aj gaqo; n ejx ajfrodisivwn genevsqai faskov ntwn. Cf. Gal. In Hipp.
Epid. VI 3,12 (138,3 Wenkebach-Pfaff = XVII B,28 K.) A questa tradizione medica si rial-
lacciano anche gli autori latini che riportano il frammento. Così Plin. Nat. hist. 28,58; Gell.
Introduzione 7
19,2,8 che attribuisce la prima parte del detto a Ippocrate stesso. Cf. inoltre Stob. 3,6,28
che la riporta ad Erissimaco, il medico del Simposio platonico; Clem. Paed. 1,94; [Gal.] An
animal sit 5 (XIX,176 K). A questa citazione allude probabilmente anche il medico Zopiro
nelle Quaestiones convivales (653 Bss.) di Plutarco. La versione più precisa e più ampia veniva
invece riportata negli gnomologi. La lezione ajpoplhxivh si incontra infatti solo in Stob.
3,6,28 (xunousivh ajpoplhxivh smikrhv: ejxevssutai ga;r a[nqrwpo" ejx ajnqrwvp ou), in un conte-
sto etico, ed è sottesa alla citazione in Hippol. Ref. 8,14 che la attribuisce però all'eresiarca
Monoimo l'Arabo e la colloca sullo sfondo dell'interpretazione allegorica delle piaghe d'E-
gitto: Æa[nqrwpo" ãga;rà ejx ajnqrwvpou ejxevsãsÃutaiÆ, fhsivn, Ækai; ajpospa'tai, plhgh'i tini
merizovmeno"Æ. Anche costui potrebbe aver tratto la citazione da gnomologi. Sulla trasmis-
sione di questo frammento, cf. Gemelli Marciano 2007, 215-217.
15 La doxa sulla nutrizione dell'embrione attraverso piccole mammelle poste nell'utero viene
citata anonima in Arist. De gen. anim. B 4, 746a 19 (68 A 144 DK; 535 L.), ma attribuita a
Democrito da Ps.-Plut. 5,16, 907 D (68 A 144 DK; 536 L.), cf. [Gal.] Hist. Phil. 120. In P.
Flor. 115 B (Manetti 1985, 177) la stessa doxa è attribuita anche ad Alcmeone.
16 Cf. Soran. 3,4 (17,25 Bourguière-Gourevich = 105,1 Ilberg) (68 A 159 DK; 567a L.) che
critica l'eziologia democritea dell'infiammazione (flegmonhv) dal flegma (inteso evidente-
mente come elemento caldo, cf. anche Philol. 44 A 27 DK). A Sorano attinge Celio Aure-
liano quando attribuisce a Democrito la spiegazione dell'idrofobia come un'infiammazione
dei tendini e la rispettiva cura con decotto di origano (Acut. 3,14,112ss.). Questa testimo-
nianza è stata considerata spuria dal Diels e dagli altri editori senza una ragione precisa. Se
l'idrofobia come tale sembra essere stata riconosciuta solo alla fine dell'età repubblicana,
dal testo di Celio risulta chiaro che Democrito non si riferiva a questa malattia e alla sua te-
rapia, ma a due forme di spasmo come l'opistotono (Acut. 3,15,120) e l'emprostotono
(Acut. 3,14,112). Su questo, cf. Gemelli Marciano 2007, 221s.
17 Si trattava evidentemente di tendenze arcaizzanti che riprendevano in una certa ottica le
tematiche e gli autori presocratici. Anche Enesidemo, il fondatore del neopirronismo, si ri-
chiamava in molti punti ad Eraclito (cf. l'espressione di Sesto Aijnesivdhmo" kata; ÔHravklei-
ton, infra, n. 21).
18 Cic. Hort. Fr. 53 Straube-Zimmermann (Non. De comp. doctr. 418,13 Lindsay) Itaque tunc
Democriti manus urguebatur; est enim non magna.
19 Cic. Tusc. 1,34,82 (68 A 160 DK; 586 L.) Num igitur aliquis dolor aut omnino post mortem sensus
in corpore est? nemo id quidem dicit, etsi Democritum insimulat Epicurus, Democritii negant.
8 Introduzione
1980, 46, pone corpora come soggetto di faciant aggiungendo un complemento oggetto inesi-
stente nel testo latino (It is not illogical, says Asclepiades, that bodies with no quality should make up
the sensible world). Cf. su questo punto la critica a Gottschalk e la traduzione esatta del passo
di Stückelberger 1984, 109. Contro la svalutazione dei rapporti di Asclepiade con l'atomi-
smo anche Casadei 1997.
28 Walzer 1944; sulla presenza di Democrito nella medicina empirica, cf. anche Walzer 1932,
466ss.; Löbl 1976, 26ss.; 1987, 8ss.
29 Gal. De exper. med. 15,7, 114 Walzer (68 B 125 DK; 79-80 L.). Cf. su questo passo, Gemelli
Marciano 1998.
30 Gal. De exper. med. 9,5, 99 Walzer (68 A 171 DK Nachtr.; 558 L.) And in short, we find that
of the bulk of mankind each individual by making use of his frequent observations gains
knowledge not attained by another; for as Demokritos says, experience and vicissitudes
have taught men this, and it is from their wealth of experience that men have learned to
perform the things they do.
31 Cels. 2,6,13s. (68 A 160 DK; 586 L.) Illud interrogari me posse ab aliquo scio: si certa futurae mortis
indicia sunt, quomodo interdum deserti a medici convalescant? quosdamque fama prodiderit in ipsis funeri-
bus revixisse. Quin etiam uir iure magni nominis Democritus ne finitae quidem uitae satis certas notas esse
proposuit, quibus medici credidissent: adeo illud non reliquit, ut certa aliqua signa futurae mortis essent.
32 Su questo brano, v. infra, VI 3. 2. 3. Sul debito di Galeno nei confronti della tradizione
scettica, cf. Morel 1996, 375-91 e Gemelli Marciano 1998.
33 Cf. la critica al medico di età traianea Archigene per aver usato il termine in relazione alle
arterie piene di sangue in De dign. puls. 4,2 (VIII,931 K.) (68 A 46 DK) ejn touvtwi de; tw'i
lovgwi prw'ton tiv dhloi' to; nastotevr an ouj pavnu safw'" oi\da, dia; to; mhde; suv nhqe" ei\ nai
10 Introduzione
toi'" ”Ellhsin o[noma kata; tou' toiouvtou prav gmato" levgesqai. a[rton me; n gavr tina nasto; n
ejkavloun, ouj mh;n a[llo gev ti sw'ma pro;" auj tw'n ou{ tw" wjnomasmev non ejpivstamai. auj to;" de; oJ
Arcigevnh", dikaiovtaton ga;r th;n ej n toi'" oj novmasin aujtou' sunhvqeian par aujtou'
manqavnein, dokei' moi to; nasto; n ajnti; tou' plhvrou" oj nomav zein.
34 Callim. Fr. 456 Pfeiffer (Suda s.v. Kallivmaco") (68 A 31 DK; CXXIV L.). Questa formula-
zione ha creato difficoltà ad alcuni interpreti moderni e portato talvolta a tentativi di corre-
zione del testo. Oder 1890, 74 proponeva Pivnax tw'n Dhmokrivtou kai; glwssw'n suvntagma.
West 1969, 142 corregge glwssw'n in gnwmw'n con la motivazione che Democrito non era
famoso per le glosse, ma per le massime. Dato che dal IV sec. a.C. in poi si sarebbe diffuso
un gran numero di sentenze falsamente attribuite a Democrito, Callimaco avrebbe redatto
un inventario di quelle autentiche per mettere ordine in questa congerie. Il titolo dell'opera
viene tradotto generalmente Indice delle glosse e delle opere di Democrito (Diels-Kranz app. ad
loc.). Secondo questa traduzione, dunque, Callimaco avrebbe stilato, con l'elenco delle
glosse, anche quello di tutte le opere democritee. Cassio 1991, 11s., ha formulato invece l'i-
potesi che si trattasse di un elenco di glosse con il titolo delle rispettive opere da cui esse
erano tratte. Egli cita il parallelo di un glossario ippocratico di Glaucia, cui fa cenno Ero-
tiano (7,23 Nachmanson) compilato secondo questo criterio. Cf. anche O'Brien 1994,
699ss. L'ipotesi mi sembra verosimile in quanto anche le glosse di Antifonte Sofista ripor-
tate dai lessici sottendono un procedimento del genere (cf. 87 B 3-5, 11, 14-15, 17-19 al.
DK).
35 Cf. Schmid 1948, 245 n. 3.
36 Cf. Jacoby 1912.
Introduzione 11
37 Herodian. Peri; parwnuvmwn, 895,40 Lentz (68 A 32 DK; CXXV L.) ÔHghsiavnax gramma-
tiko;" gravya" Peri; th'" Dhmokrivtou levxew" biblivon e} n kai; Peri; poihtikw'n levxewn. h\ n de;
Trwiadeuv".
38 V. infra, 2. 4 n. 90.
39 Diog. Laert. 9,41 (68 A 1 DK; I, CXXVII L.) wJ" de; Qrasuvlo" ejn tw'i ejpigrafomevnwi Ta;
pro; th'" ajnagnwvsew" tw'n Dhmokrivtou biblivwn. Non ci sono testimonianze che possano far
risalire l'ordinamento tetralogico delle opere di Democrito ad un periodo anteriore, cf.
Mansfeld 1994, 101.
40 1987, 128.
41 Cf. Vetter 1936, 581.
42 L'attenzione di Bolo per Democrito in questo contesto non è così strana come si potrebbe
pensare se si tiene conto del fatto che la dottrina dei pori e degli effluvi, che caratterizza
gran parte delle eziologie democritee e in particolare la spiegazione dei sogni, delle appari-
zioni di fantasmi, del malocchio, sta alla base della magia, v. infra, VII 4.
43 Pitagorico: Suda s.v. Bw'lo" Mendhvsio". Democriteo: Schol. Nic. Ther. 764; Suda s.v. Bw'lo"
Dhmovkrito".
44 Cf. Kingsley 1995a, 326ss.
12 Introduzione
45 Una polemica contro questi autori in ambito medico, è evidente già nei trattati ippocratici
come ad esempio VM 20,1 (145,18 Jouanna = I,620 Littré) e Acut. 6,1 (38,11 Joly = II,238
Littré). Per quanto riguarda l'agricoltura se ne avvertono gli echi in Xen. Oec. 16 dove viene
loro rimproverato di trattare il tema da un punto di vista teorico, senza avere alcuna espe-
rienza pratica. Questa stessa obiezione sta alla base dell'ironica tirata socratica nel Lachete
platonico (183c-184a) contro il sofista Stesileo, che tiene conferenze dotte sull'oplomachia
e subisce una clamorosa smentita all'atto pratico quando tenta di usare (a sproposito) in
una battaglia navale una nuova arma. Nei Memorabili di Senofonte (3,1,1) Socrate ironizza
sul sofista Dionisodoro che insegna la tattica militare.
46 Cf. Oder 1890; Wellmann 1921. Cf. anche Hammer-Jensen 1924. Per una visione più
articolata del problema, cf. Sider 2002; Gemelli Marciano 2007, 224-228.
47 Cf. Vitruv. 7,pr. 11 (68 B 15b DK; 139, 160 L.); 9,5,4; 9,6,3 (68 B 14,1 DK; 424,1 L.). Alla
dossografia manualistica risale anche l'excursus sui principi di Vitruv. 2,2,1 Democritus quique
est eum secutus Epicurus atomos, quas nostri insecabilia corpora, nonnulli individua vocitaverunt; Pythago-
reorum vero disciplina adiecit ad aquam et ignem aera et terrenum. Ergo Democritus, etsi non proprie res
nominavit sed tantum individua corpora proposuit, ideo ea ipsa dixisse videtur, quod ea, cum sint disiun-
Introduzione 13
Anche Eliano (II sec. d.C.), che nelle Storie naturali riporta notizie piuttosto
dettagliate sulle cause di alcune caratteristiche di animali in diverse zone
climatiche48, difficilmente ha avuto accesso ai libri delle Aijtivai peri; zwviwn
(68 A 33 (VI) DK; CXV (VI) L = Diog. Laert. 9,47). e ha molto più
verosimilmente utilizzato materiale indiretto49.
cta, nec laeduntur nec interitionem recipiunt nec sectionibus dividuntur, sed sempiterno aevo perpetuo infi-
nitam retinent in se soliditatem. Il testo corrisponde grosso modo alla prima parte di Ps.-Plut.
1,3, 877 D, infra, VI 3. 2. 2. Alla letteratura pseudo-democritea è da riportarsi invece Vitruv.
9,14 (68 B 300,2 DK).
48 Aelian. Hist. nat. 12,17 (68 A 152 DK; 521 L.): perché ci sono più aborti nelle zone
meridionali che in quelle settentrionali del mondo. 12,16 (68 A 151 DK; 519, 545, 561 L.):
perché il cane e il maiale sono multipari. 12,18 (68 A 153 DK; 541 L.): perché ai cervi cre-
scono le corna. 12,19 (68 A 154 DK; 543 L.): perché i buoi arabi femmina hanno corna
sottili lunghe e storte. 12,20 (68 A 155 DK; 542 L.): spiegazione del fatto che ci sono tori
senza corna. Cf. inoltre 9,64 (68 A 155a DK; 554 L.): i pesci si nutrono dell'acqua dolce
che si trova nel mare. 5,39 (68 A 156 DK; 549 L.): il leone nasce con gli occhi aperti. In
quello che il Diels designa come Fr. 150a, Eliano cita in realtà Democrito solo come esem-
pio retorico di ricerca di cause e non come autore della doxa contenuta nel brano, Hist. nat.
6,60 (68 A 150a DK; 560 L.) ajlla; ei[te aijdw' famen ei[te fuvs ew" dw'ron ajpovrrhton, tau'ta
Dhmokrivtwi te kai; toi'" a[lloi" kataleivpwmen ejlev gcein te kai; ta;" aijtiva" levgein oi[esqai
iJkanoi'" uJp e;r tw'n aj tekmavrtwn te kai; ouj sumblhtw' n. Allo stesso modo procede Cicerone
in De orat. 2,58,235 (68 A 21 DK; LXI, 513 L.) Atque illud primum, quid sit ipse risus, quo pacto
concitetur, ubi sit, quo modo exsistat [...] viderit Democritus.
49 Cf. su questo Perilli 2007, 158s.
14 Introduzione
50 Eud. Fr. 75 Wehrli (Simpl. In Phys. 209a 18, 533,14) (251 L.).
51 Eud. Fr. 54a Wehrli (Simpl. In Phys. 196a 11, 330,14) (68 A 68 DK; 24, 99 L.), infra, VII 6.
1 n. 64. Cf. anche Fr. 54b Wehrli (Simpl. In Phys. 196b 10, 338,4).
52 Cic. Ac. 2,38,121 (68 A 80 DK; 26 L.). Per il testo e un esame più approfondito del passo,
v. infra, VI 3. 2. 1 n. 111.
53 Per le opere di Aristotele su Democrito, cf. Diog. Laert. 5,26s. (68 A 34 DK; CXVII L.).
Arist. Fr. 208 Rose (Simpl. In De cael. 279b 12, 294,33) (68 A 37 DK; 172, 197 L.). Per
quelle di Teofrasto, cf. Diog. Laert. 5,43; 49 (68 A 34 DK; CXVIII L.). Ovviamente Teo-
frasto faceva testo anche col De sensu e con la sua raccolta di Physikai (o Physikon) Doxai.
54 V. infra, VI 1.
Introduzione 15
55 Per una esaustiva trattazione della posizione degli Epicurei nei confronti degli atomisti
antichi rimando a Morel 1996, 249-355.
56 V. supra, n. 11.
57 Ep. Ep. 2,88 (67 A 24 DK; 383 L. comm.) kovs mo" ejs ti; periochv ti" oujranou' a[stra te kai;
gh'n kai; pav nta ta; fainovmena perievcousa, ajpotomh; n e[cousa ajpo; tou' ajp eivrou ª...º o{ti de;
kai; toiou'toi kovsmoi eijsi;n a[peiroi to; plh'qo", e[s ti katalabei' n, kai; o{ti kai; oJ toiou'to"
duvnatai kovsmo" giv nesqai kai; ej n kovsmwi kai; metakosmivwi o} levgomen metaxu; kovs mwn
diavsthma ej n polukev nwi tovpwi kai; oujk ejn megavlwi kai; eijlikrinei' kenw' i, kaqavper tinev"
fasin, ejpithdeivwn tinw' n spermavtwn rJ uev ntwn ajfæ eJ no;" kovsmou h] metakosmivou h] kai; ajpo;
pleiovnwn ª...º ouj ga;r ajqroismo;n dei' mov non genevsqai oujde; di'non ejn w|i ej ndevcetai kovs mon
givnesqai kenw'i kata; to; doxazovmenon ejx aj nav gkh", au[xesqaiv te, e{w" a]n eJtevrwi
proskrouvshi, kaqavper tw'n fusikw' n kaloumev nwn fhsiv ti". tou' to ga;r macovmenovn ejsti
toi'" fainomevnoi". Cf. su questo passo, Silvestre 1985, 125-29. Per Leucippo, cf. Diog.
Laert. 9,33 (67 A 1 DK; 382 L.) kovsmou" te ejk touvtou ajpeivrou" ei\nai kai; dialuvesqai eij"
tau'ta. giv nesqai de; tou; " kovs mou" ou{tw: fevresqai kata; ajpotomh; n ejk th' " ajp eivrou polla;
swvmata pantoi'a toi'" schv masin eij" mev ga kenov n, a{per ajqroisqevnta divnhn ajp ergavzesqai
mivan kaqæ h}n proskrouvonta kai; pantodapw' " kuklouvmena diakriv nesqai cwri;" ta; o{moia
pro;" ta; o{moia. ei\naiv te w{sper genevsei" kovsmou, ou{tw kai; aujxhvs ei" kai; fqivsei" kai;
fqora;" katav tina ajnavgkhn. Cf. anche Hippol. Ref. 1,12 (67 A 10 DK; 23, 291 L.). Una pa-
noramica dei passi di Epicuro riferentisi a Democrito in Gigante 1981, 50-62.
58 Ep. Ep. 2,42s.
16 Introduzione
59 Philod. Ad contubernales Fr. 111,166s. Angeli æprºosevªtºaxa ª---ºON uJmi'n ª---º.. KTAª..---º
perievstaªi---º. A. ª...... to; perºi; ªSwºkravtªou" tou' Arºistivppou ªkºai; Speuªsivppou toºu'
Plavtwno" ªejgkwvmionº kai; Aristotevªlou" ta;º Analutika; kai; ªta; Peri;º fuvsew", o{saper
ejªnekrivnºomenæ: ejpi; d Eujbouvlªou: æth;º n ejpistolh; n PROSDª....ºGOIS kai; tw'n Dhªmokrivºtou
tinav, oujc oi|on...
60 Philod. De libert. dicendi Fr. 20 Olivieri (68 A 34 DK; 36a L.) e[ti de; th;ªnº merizomevnhn
sungªnºwvªmºhn ejn oi|" dievp eson, wJ " e[ n te toi'" pro;" Dhmovkriton i{stat ai dia; tevlou" oJ
Epivkouro" kªai; pro; "º ÔHr akleivdhn ej n…
61 Per la critica al determinismo contenuto nel concetto di ajnavgkh contro coloro "che hanno
ricercato le cause" (oiJ d aijtiologhvsante"), cf. Long-Sedley 1987, II,20C, 107 (Ep. Peri;
fuvsew" [34. 30] Arr.) (68 A 69 DK; 36a L.).
62 Arist. Fr. 208 Rose (Simpl. In De cael. 279b 12, 295,18-20) (68 A 37 DK; 293 L.); Arist.
Phys. B 4, 196a 24ss. (68 A 69 DK; 18, 288 L.).
63 Diog. Laert. 10,2 (68 A 52 DK; XCV L.).
64 Diog. Laert. 10,24 (68 A 34 DK; CXXIII L.)
65 V. infra, VI 2. 1. 2.
Introduzione 17
66 Lucr. 5,621-37 (68 A 88 DK; 380 L.); cf. Diog. Laert. 9,33 (67 A 1 DK; 382, 389 L.); Ps.-
Plut. 2,15, 889 B (68 A 86 DK; 390 L.).
67 Lucr. 3,370 (68 A 108 DK; 454 L.). Sulle concezioni dei medici che, secondo Sesto, Adv.
Math. 7,349, seguivano Democrito nell'affermare che l'egemonico è sparso in tutto il corpo,
v. supra, n. 21 e 23. Lucrezio allude, fra l'altro, nei versi precedenti (350-69), alle teorie di
Stratone che in Sesto sono attribuite anche ad Enesidemo "secondo Eraclito". Lucrezio se-
gue nell'esposizione anche lo stesso ordine: teoria di Stratone (in Sesto di Enesidemo)-teo-
ria di Democrito (in Sesto "alcuni secondo Democrito"). Una sequenza simile si trova an-
che nel passo parallelo di Tertulliano (De an. 15,5), supra, n. 23. La doxa potrebbe risultare
dallo sviluppo di una osservazione aristotelica in De an. A 5, 409b 2-4 (ei[per gavr ejstin hJ
yuch; ej n panti; tw'/ aijsqanomevnwi swvmati, aj nagkai'on ej n tw'i aujtw'i duvo ei\nai swvmata, eij
sw'mav ti hJ yuchv).
68 P. Herc. 1428 fr. 16, cf. Henrichs 1975, 96-106.
69 Sull'etica, cf. Philod. De ira P. Herc. 182, col. XXIX,20 Indelli (68 B 143 DK; 64 L.); De
adulat. P. Herc. 1457, col. X (Crönert 1906, 130) (68 B 153 DK; 611 L.). La stessa citazione
compare anche in Plut. Reip. ger. praec. 821 A. Considerazioni sulla morte, in Philod. De
morte, P. Herc. 1050, col. XXIX,27-32 e col. XXXIX,9-15 Mekler (68 B 1a DK; 587 L.).
Sull'origine della musica, Philod. De mus. IV, P. Herc. 1497, col. XXXVI,87 Neubecker (68
B 144 DK; 568 L.). Cf. l'ultima lettura del papiro in Gigante-Indelli 1980, 451-66.
70 Così l'accusa di sovvertire la vita (Diog. Oenoand. Fr. 7 II Smith = 61 L.), corrisponde
quasi perfettamente a quella di Colote (Plut. Adv. Colot. 1109 A-1110 F); quella al moto
"costretto" degli atomi (Diog. Oenoand. Fr 54 II-III Smith = 68 A 50 DK; 39 L.), riecheg-
gia un frammento del Peri; fuvs ew" di Epicuro ([34.30] Arr.). L'accenno agli idoli che com-
paiono nei sogni (Diog. Oenoand. Fr. 10 I,4ss.; IV,10ss. Smith) corrisponde alla descri-
zione data da Plut. Quaest. conv. 734 F (68 A 77 DK; 476 L.).
18 Introduzione
78 Cf. Clem. Strom. 1,14,64,2 (67 A 4 DK; VIII, 152 L.); [Gal.] Hist. phil. 3 (67 A 5 DK; 152
L.); Eus. Praep. Ev. 14,17,10 (VIII L.); cf. anche 14,18,27 (LXXXIII, XCIV L.); Epiph. De
fide 15, 505,30 Holl (VIII L.).
79 Il carattere principalmente etico della filosofia di Pirrone viene ribadito con energia da
Görler 1994, 735ss.
80 Diog. Laert. 9,67 (XCII L.).
81 Pyrrh. T 1 Decleva Caizzi (Diog. Laert. 9,61) oujde;n ga;r e[fasken ou[te kalo;n ou[t aijscro;n
ou[te divkaion ou[ t a[dikon: kai; oJmoivw" ejpi; pav ntwn mhde;n ei\nai th'i ajlhqeivai, nov mwi de; kai;
e[qei pav nta tou; " ajnqrwvpou" pravttein: ouj ga;r ma'llon tovde h] tovde ei\nai e{ kaston.
82 Cf. Hirzel III, 1883, 14 n. 2; Decleva Caizzi 1981, 144; 1984, 16-19; Di Marco 1989, 218s.
83 Tim. Fr. 46 Di Marco (68 A 1 DK; LXXX L.).
84 Sulle immagini di Democrito, v. infra, cap. VII.
85 Decleva Caizzi 1984, 18; Di Marco 1989, 218.
86 Cf. Sedley 1992, 27-44; Gemelli Marciano 1998.
20 Introduzione
87 E' questo ad esempio il caso dell'incipit dell'opera democritea che compare solo in Sext.
Emp. Adv. Math. 7,264 e in Cic. Ac. 2,23,73 (68 B 165 DK; 63, 65 L.). Per altre citazioni
comuni, cf. Decleva Caizzi 1980; Gemelli Marciano 1998.
88 Diog. Laert. 9,72 (68 B 117 DK; 51 L.); Cic. Ac. 1,12,44 (59 A 95 DK; II, 58 L.). Su questo,
cf. Gemelli Marciano 1998.
89 Arist. Metaph. G 5, 1009b 11 h[toi oujqe;n ei\nai ajlhqe;" h] hJmi'n gæ a[dhlon.
90 Cf. soprattutto l'affinità della sequenza Democrito-Platone-Aristotele in Cic. De orat.
1,11,49 e Dionys. De comp. verb. 24 (68 A 34 DK; 827 L.); la coppia Democrito-Platone ri-
torna ancora in Cic. Orat. 20,67 (68 A 34 DK; 826 L.).
Introduzione 21
91 Anche a tanta distanza di tempo, sulle fonti di Cicerone rimane fondamentale e insuperata
nella sua globalità Hirzel I, 1877, 32-45 per le fonti accademiche del primo libro del De na-
tura Deorum e III, 1883, 251-341 per le fonti degli Academica.
92 La menzione di Leucippo è un'ulteriore indicazione in questo senso. Sulla provenienza
teofrastea delle doxai di Ac. 2,37,118, cf. Mansfeld 1989 [1990b, 238-63].
22 Introduzione
mente. Un fatto tuttavia è certo: egli riporta una gran quantità di citazioni
letterali non reperibili in altre fonti. Questo non basta comunque per af-
fermare che egli abbia sempre attinto agli originali democritei. Infatti i
relativi contesti permettono di ipotizzare non una, ma due modalità di
acquisizione dei testi:
1. Una consultazione diretta di opere democritee. Il fatto che non citi
mai titoli particolari non è in sé rilevante in quanto, anche per altri autori
presocratici egli riporta raramente l'indicazione dell'opera.
2. Una consultazione di fonti molto dettagliate che riportavano anche
citazioni letterali democritee soprattutto nel caso di oggetti specifici quali
ad esempio la demonologia93.
Plutarco riutilizza comunque più volte nelle sue opere, secondo la sua
normale prassi, le citazioni democritee creando dei "doppioni" diversa-
mente ricontestualizzati94 e rendendo difficile l'eventuale ricostruzione del
contesto originale. Egli si serve però anche di resoconti di matrice dosso-
grafica laddove espone sinteticamente i fondamenti della dottrina demo-
critea con relativa critica come nella Contro Colote95. In questo caso ripro-
duce un modello di esposizione e critica dell'atomismo corrente
nell'Accademia di mezzo. Le argomentazioni fornite da Plutarco com-
paiono infatti anche in Cicerone e, per accenni, in Sesto Empirico.
Dopo Plutarco e, in generale, dopo il I sec. d.C., nei primi decenni del
quale Trasillo redige il suo catalogo, difficilmente si possono trovare indizi
di una conoscenza diretta delle opere fisiche democritee. Gli autori dal I
sec. d.C. in poi fanno ricorso, per lo meno per illustrare la dottrina fisica, a
fonti indirette siano esse pure di pregevole fattura come quella di ascen-
denza teofrastea utilizzata da Diogene Laerzio per la sua esposizione della
cosmogonia leucippea. Quest'ultimo usa solo fonti di seconda e di terza
mano96 e così fanno anche gli autori cristiani Ippolito e Clemente97, per
in una serie di esemplificazioni del comune concetto dell'esistenza degli dèi. Il corrispettivo
esempio latino (versi di Ennio) di ciò che nel modello greco andava sotto il nome di De-
mocrito compare in Cic. De nat. deor. 2,2,4. Allo stesso modo la citazione riguardante l'ispi-
razione del poeta in Clem. Strom. 6,18,168 (68 B 18 DK; 574 L.) proviene molto probabil-
mente in ultima istanza dall'opera sullo stile di Democrito di Egesianatte. Una simile
rappresentazione si ritrova infatti anche in Cic. De orat. 2,46,194; De div. 1,37,80; Hor. Ep.
2,3,295-97 (68 B 17 DK; 574 L.). Clemente conosceva le massime etiche democritee attra-
verso gnomologi del tipo di quelli che si trovano in Stobeo con il quale talvolta concorda,
cf. e.g. Strom. 4,23,149,3; Stob. 2,31,65 (68 B 33 DK; 682 L.).
98 Una eccezione è Morel 1996 il quale, però, è interessato soprattutto al contesto più stretta-
mente filosofico delle fonti.
99 Cf. Salem 1996, che cerca per lo meno di storicizzare le testimonianze e di precisare le
relazioni delle opere democritee nella loro globalità con altri testi a loro contemporanei.
24 Introduzione
100 Cf. ad es. Makin 1993, 12 "What recommends the account that will be given of Democri-
tean atomism is charity. The indifference arguments which generate, and practically con-
stitute, the basic atomic theory are cogent and stimulating arguments, and one should so
interpret a philosopher as to attribute the more cogent and plausible positions to him". E'
ovvio che qui la "cogenza" e la "plausibilità" pre-supposte sono quelle codificate dalle cate-
gorie del pensiero filosofico moderno. Sui problemi sollevati da questa "concezione crite-
riologica della razionalità", cf. Putnam 1985, 120-123; Tambiah 1993, 166s.
101 Cf. Brandis I, 1862, 303ss.
102 Schleiermacher 1839, 19; 72; 74ss. L'opera fu pubblicata postuma da Ritter stesso.
103 Ritter, 1829, 567; cf. anche Brandis I, 1862, 319s.
104 Ritter 1829, 574.
105 Ritter 1829, 576ss.
106 Ritter 1829, 581 "Überblickt man diese ganze Lehre des Demokrit, so läßt sich das
Antiphilosophische seiner Bestrebung nicht leicht verkennen. Denn nicht nur hebt er die
Einheit der Welt, sondern auch die Einheit der Seele und des Bewußtseins auf. An die
Einheit der Wissenschaft ist dabei nicht zu denken; Alles löst sich ihm in die unbestimmte
Vielheit der Atome und in das Unermeßliche des Leeren auf".
107 Zeller 1844, 195-200.
108 Hegel 1996, 355ss.
109 Zeller si rivolgeva contro queste tesi già nel 1843 in un excursus sulle "storie della filosofia"
pubblicate negli ultimi 50 anni (Zeller 1910, 46s.) e riprendeva con maggior dovizia di ar-
Introduzione 25
gomentazioni la critica a Ritter nell'edizione preliminare della Philosophie der Griechen I, 1844,
198ss.; cf. anche Zeller-Nestle I, 2, 2, 1920, 1166ss.
110 Zeller-Nestle I, 2, 2, 1920, 1171 "Ebenso ist es schief, wenn man wegen der Vielheit der
Atome behauptet, es fehle diesem System gänzlich an Einheit. Fehlt seinem Prinzip auch
die Einheit der Zahl, so fehlt doch nicht die Einheit des Begriffs; indem es vielmehr der
Versuch macht, alles ohne Einmischung weiterer Voraussetzungen aus dem Grundgegen-
satz des Vollen und des Leeren zu erklären, so erweist es sich eben damit als das Erzeugnis
eines konsequenten, nach Einheit strebenden Denkens und Aristoteles ist in seinem rechte,
wenn er gerade seine Folgerichtigkeit und die Einheit seiner Prinzipien rühmt und ihm in
dieser Beziehung vor der weniger strengen empedokleischen Lehre den Vorzug gibt".
111 Zeller 1844, 213s. Sul passo, infra, cap. III.
112 Questa evoluzione si riscontra confrontando l'edizione preliminare del 1844 con le succes-
sive. Così se in Zeller 1844 l'influsso eracliteo è dato per sicuro (216 "Eben dieser Satz
(Das Ichts sei nicht mehr als das Nichts) ist es aber nun auch, durch den die Atomistik
auf's Bestimmteste auf Heraklit zurückweist [...] Wenn daher die Atomisten dem eleati-
schen Sein das Nichtsein eben in der Absicht zur Seite setzen, um dadurch das Werden
und die Bewegung möglich zu machen, so sind wir durch den innern Zusammenhang die-
ser Idee mit der Heraklitischen Philosophie genöthigt, auch einen geschichtlichen Einfluß
des letzteren auf die Entstehung des atomistischen Systems zu vermuthen"), molto più
cauta è la formulazione nella sesta edizione (1920, 1177 ob bei dem Widerspruch der Ato-
miker gegen die Eleaten der Einfluß des heraklitischen Systems mitwirkte, läßt sich nicht
sicher bestimmen") dove anche un influsso degli ionici viene messo in discussione (1181,
"von einem Einfluß der älteren ionischen Schule zeigen sich in der atomistischen Physik
vereinzelte Spuren").
26 Introduzione
122 Su una rappresentazione alternativa a quella del Parmenide platonico, attestata già dal IV
sec. a.C. e in Platone stesso, che vede Zenone disputare in utramque partem, v. infra, III 2. 1.
n. 24.
123 Alex. Metaph. 985b 19, 36,25 (123 L.). Per la discussione del passo, v. infra, VI 3. 1 n. 77.
Introduzione 29
124 Furley 1967, cap. VI; 1987, 124-127. Per la discussione dei passi di Arist. De cael. G 4 e
Simpl. In Phys. 231a 21, 925,10 (67 A 13 DK; 113 L.) in particolare, v. infra, VI 3. 4.
125 Calogero I, 1967, 432; Baldes 1972, 16, 38, 43ss.; lo stesso Furley 1987, 130 sembra venti-
lare un'ipotesi di questo tipo per risolvere i problemi del rapporto con la matematica.
126 Mau 1954, 22ss.
127 Cf. Makin 1989; 1993, 54-62; Lewis 1998.
30 Introduzione
132 Questo assunto, fondamentale delle opere di Eusebio e Teodoreto, giustifica la dovizia di
informazioni sulle opinioni dei filosofi greci da loro offerta. Cf. Diels 1879, 47. Sull'uso
della diaphonia presso gli autori cristiani finalizzato alla confutazione delle dottrine pagane,
cf. Riedweg 1994, VI 3 con abbondante esemplificazione.
133 Ancora negli studi più recenti (cf. e.g. Löbl 1976, 1987, Nicolau 1994, Makin 1993, 49-53)
si continua sorprendentemente ad utilizzare ad esempio il Filopono nel quale non c'è la
minima traccia di contatto diretto coi testi non solo degli atomisti, ma neppure degli altri
presocratici più citati come Empedocle. Sullo scarso valore delle testimonianze del Filo-
pono in relazione all'indivisibilità dell'atomo, cf. anche Bodnár 1998. Simplicio poi conti-
nua a fare testo, cf. Makin 1993, Lewis 1998, Hasper 2002.
Introduzione 33
134 Cf. e.g. le dichiarazioni Simplicio nel suo commento alle Categorie (Prooem. 3,4 ejgw; ga;r
ejnevtucon me; n kaiv tisi tw'n eijrhmev nwn suggrav mmasin, ejpimelevsteron de; wJ" oi|ov" te h\ n toi'"
Iamblivcou parakolouqw'n ajpegrayavmhn, kai; aujth'i pollacou' th'i levxei tou' filosovfou
crhsavmeno"), su cui ha attirato l'attenzione Dillon 1998, 175. Simplicio continua affer-
mando che il suo scopo è quello di riassumere le opere dei suoi predecessori per comuni-
carne il contenuto anche a coloro che non sono in grado di leggerle per esteso. Sul metodo
di Simplicio, cf. anche Hadot 1987 e 2002.
135 Dillon 1998, 176.
34 Introduzione
5. Osservazioni metodologiche
Dato che alcuni problemi e concetti più generali concernenti la trasmis-
sione e l'interpretazione delle dottrine degli antichi e altri riguardanti più
specificamente l'atomismo sono stati e sono tuttora oggetto di discussione
e ridefinizione, ritengo opportuno fare alcune precisazioni sull'approccio e
la terminologia adottata nel presente studio.
Un punto fondamentale da chiarire poiché spesso, soprattutto in que-
sti ultimi anni, ha costituito un nodo cruciale e dibattuto nell'ambito del-
l'interpretazione dei presocratici e sul quale a mio parere vige attualmente
una certa confusione è la legittimità di un certo approccio "filosofico", in
particolare analitico, a questi autori. E' un problema antico che risale so-
prattutto ad Aristotele al quale più o meno consciamente si richiamano
tutti i difensori della tesi secondo cui i presocratici sono "filosofi" e come
tali vanno interpretati. Rimane tuttavia da definire se essi debbano consi-
derarsi "filosofi" nel senso moderno, cioè personaggi dediti alla discus-
sione speculativa e lontani dalle "cure" pratiche e se debbano quindi rien-
trare a questo punto in una storia della filosofia che si ostina a considerare
tale solo la discussione di questioni teoriche, o se invece si tratti di sapienti
radicati nel loro contesto culturale che li influenza e che essi stessi influen-
zano attivamente e dunque siano "filosofi" nel senso etimologico di
"amanti della sofiva" con tutte le connotazioni pratiche che questo ter-
mine comporta. E' questo infatti il nodo cruciale passato sotto silenzio
nell'approccio esclusivamente filosofico. Si deve dunque essere ben consci
del fatto che i loro testi sono stati, da Aristotele in poi, estrapolati a pia-
cere dal loro contesto culturale e continuamente riusati e manipolati ai fini
della discussione dialettica o della dimostrazione di determinate teorie o
della ricostruzione di un albero genealogico delle scuole filosofiche senza
alcuna considerazione per la loro diversità intrinseca e per il loro contesto
specifico. Essi sono stati per così dire "travolti dalla filosofia" e da testi
estremamente diversi fra loro per origine, scopi e destinazione pratica,
sono diventati appunto esercizi speculativi di personaggi che, come mo-
derni accademici, discutono fra loro più o meno a distanza di questioni
teoriche. Se questa immagine può attagliarsi alle scuole filosofiche elleni-
stiche (ma anche qui ci sarebbero da fare dei distinguo), è assolutamente
priva di fondamento per i presocratici, ma viene continuamente riproposta
nell'approccio filosofico analitico che può così prescindere dall'analisi
Introduzione 35
globale delle fonti e della tradizione indiretta, dall'esame di una più vasta
gamma di testimonianze di diverso genere fuori dell'ambito strettamente
filosofico, dal tentativo di ancorare i frammenti e le testimonianze ad un
contesto storico. La giustificazione generalmente fornita per questo tipo di
interpretazione è che in ogni caso non si può arrivare ad una ricostruzione
esatta del pensiero di questi autori e che dunque è legittimo spiegarli con
concetti a noi familiari per poterli comprendere (la cosiddetta "rational
reconstruction"136 ), ma su questo punto valgono le osservazioni fatte
all'inizio di questo capitolo. Questo tipo di approccio alla cultura antica, se
nell'immediato sembra produttivo e gratificante, a lungo termine non può
che portare alla cancellazione di ogni traccia delle dottrine originali. L'in-
terpretazione moderna di Democrito, condotta su questa linea, ha con-
dotto non solo a durissimi giudizi etici e filosofici e a successivi tentativi
altrettanto anacronistici di "salvataggio"137 , ma anche al rigetto e all'emargi-
nazione sistematica di aspetti importanti della sua opera quali quello "tec-
nico", un fatto che si è ripercosso anche sull'interpretazione della dottrina
dell'atomo. In questo lavoro ho quindi cercato, con tutti i limiti e le possi-
bilità di errore connaturati ad una ricerca a vasto raggio su un campo dis-
seminato di rovine, di affrontare l'analisi delle fonti antiche sull'indivisibi-
lità dell'atomo e di contestualizzarle ogni volta nell'ambito da cui esse
provengono.
Per tutto quanto ho ora esposto e nonostante ormai sia divenuto un
topos nella Sekundärliteratur sugli atomisti precisare tutte le possibili sfu-
mature del termine indivisibilità, ho deciso deliberatamente di tralasciare
questo tema non solo perché altri lo hanno già fatto138 , ma soprattutto
perché, in relazione all'atomismo antico, si tratta, a mio avviso, di distin-
zioni prive di qualsiasi fondamento storico139 . Rimando per questo alla
lettura del capitolo conclusivo in cui ho cercato brevemente di contestua-
lizzare le dottrine degli atomisti nell'atmosfera culturale del V sec. a.C.
sottolineandone in particolare il rapporto con la medicina e rivalutando
anche aspetti stilistici e testimonianze generalmente trascurate. In questo
contesto le speculazioni moderne sull'indivisibilità dell'atomo risultano
140 Cf. un excursus sugli usi moderni impropri del termine in Runia 1999, 33s.
141 Mansfeld 1999, 19.
142 Cui, secondo Mansfeld 1999, 19 e Runia 1999, 52 non si dovrebbe applicare questa "eti-
chetta".
143 Nel caso specifico di Democrito, cf. Gemelli Marciano 1998.
144 V. infra, III 2. 2. 1.
145 Cf. von Kienle 1961, Cambiano 1986, Mansfeld 1986 [1990b, 22-83].
Introduzione 37
146 Sulla necessità pratica dell'uso più ampio della denominazione di "dossografia", cf. Van der
Eijk 1999, 21s.
147 Sulla necessità di redigere tali appunti subordinatamente alla trattazione dei singoli pro-
blemi, cf. Top. 105b 12 e Mansfeld 1992b, 332.
148 Cf. in particolare le concordanze fra Arist. Fr. 208 Rose e De gen. et corr. A 8, infra, III 4. 3.
38 Introduzione
149 Cf. Mansfeld 1999, 29 il quale utilizza, per l'interpretazione data dai singoli autori all'in-
terno di una tradizione, il termine "ricezione". Per la discussione sui termini "fonte" e "tra-
dizione" in relazione a Plotino, cf. Harder 1957.
150 Se Arcesilao abbia posto per iscritto delle opere filosofiche, risulta ancora poco chiaro dalle
testimonianze, cf. Görler 1994, 786s.
Introduzione 39
151 Cf. Plut. De comm. not. 1079 E (68 B 155 DK; 126 L.); Archim. Mech. II,428,26 Heiberg (68
B 155 DK app.; 125 L.).
40 Introduzione
154 Nello Stobeo, come lo stesso Diels 1879, 56 osservava, il carattere antologico richiede una
strutturazione completamente diversa. Cf. Mansfeld-Runia 1997, cap. IV.
Capitolo primo
Platone e Democrito
1. Considerazioni generali
L'interrogativo sulla presenza di Democrito nell'Accademia si pone presso
le fonti più antiche nella forma del rapporto Platone/ Democrito. Cono-
sceva Platone Democrito e, se sì, perché non lo ha mai nominato? Platone
è, in generale, piuttosto parco di riferimenti diretti ad autori specifici e in
questo segue una prassi già consolidata negli autori del V sec. a.C.1 Inoltre,
frequentemente, critica un'idea diffusa sotto la quale raggruppa più autori
perché, in un contesto dialettico, sono più importanti le idee che le per-
sone2.
Quello di Democrito (o Leucippo), tuttavia, sarebbe per Platone
stesso un caso estremo. Egli infatti nomina Eraclito, Empedocle, Anassa-
gora, Parmenide, Zenone, Melisso, i Sofisti, ma non Democrito. Platone,
comunque, non menziona mai neppure Diogene di Apollonia che, se-
condo gli interpreti moderni, avrebbe goduto di una grande fama ad
Atene tanto da essere addirittura il bersaglio delle allusioni di Aristofane
nelle Nuvole3. Ora, nessuno degli antichi, si è mai chiesto perché Platone
non nomini mai Diogene4. Il fatto quindi che il quesito nelle fonti antiche
sia stato posto solo in relazione a Democrito, che Aristotele contrappone
spesso a Platone e agli Accademici, è un indizio per scoprire l'ambiente in
1 Erodoto, ad esempio, fa riferimento esplicito all'opera di Ecateo solo due volte (2,143;
6,137), pur alludendo spesso polemicamente a lui. Diogene di Apollonia menzionava gene-
ricamente dei Sophistai. Gli autori ippocratici sono anch'essi estremamente vaghi sull'iden-
tità dei loro avversari e solo raramente fanno dei nomi.
2 Cf. Cambiano1986, 69ss. Su questo procedimento dialettico, v. infra, III 2. 2. 1.
3 Questa opinione corrente va comunque ridimensionata in quanto le allusioni di Aristofane
potrebbero riguardare un'ampia gamma di personaggi che sostenevano teorie simili a quelle
di Diogene, cf. Orelli 1996, 94-109.
4 Fra i moderni solo Steckel 1970, 194s. rileva questo fatto.
Capitolo primo 43
cui esso si è originato. Un interrogativo che suona come una chiara pole-
mica nei confronti di Platone si adatta perfettamente all'atmosfera del
primo Peripato e in particolare alla vena antiplatonica che ne attraversa la
storiografia. In questa prospettiva si inquadra il resoconto di Diogene
Laerzio (9,40) risalente nel suo complesso ad Aristosseno: Platone non
nomina l'Abderita, in quanto era cosciente di non poter competere col
migliore dei filosofi5. Sul resoconto di Aristosseno tornerò comunque
diffusamente in seguito. Per ora mi limito a segnalare che il problema del
silenzio di Platone era già stato sollevato nell'antichità e che si è di volta in
volta riproposto fino ai giorni nostri.
Fra i moderni, Gigon (1972) ha avanzato l'ipotesi che Platone non
parli di Democrito in quanto Socrate, il protagonista dei suoi dialoghi, non
lo conosceva. Tuttavia le opere nelle quali si sono ravvisate allusioni alla
fisica democritea, sono, oltre al Cratilo e al Teeteto, anche il Sofista e il Timeo
dove il protagonista non è più Socrate. Secondo un articolo della Ham-
mer-Jensen divenuto famoso, il Timeo rivelerebbe una recente acquisizione
da parte di Platone di teorie che Aristotele attribuisce anche agli atomisti,
ma si distinguerebbe soprattutto per una valutazione diversa delle con-
cause rispetto al Fedone. Nel Timeo Platone avrebbe accettato anche una
spiegazione meccanicistica della formazione del mondo legata all'ananke,
pur subordinandola alla causa finale; il mondo si svilupperebbe infatti
inizialmente in modo del tutto meccanico senza l'intervento del dio6. A
parte le difficoltà di interpretazione della cosmogonia del Timeo (che dagli
allievi di Platone in poi è sempre risultata enigmatica), c'è tuttavia da os-
servare che la cosiddetta concausa non è rigettata neppure nel Fedone dove
(99a), come nel Timeo (46d), si afferma che essa può essere considerata
solo "ciò senza il quale", cioè una condizione necessaria, ma non una vera
causa. Sulla scia della Hammer-Jensen molti hanno ipotizzato che nel
Timeo Platone non solo abbia preso le mosse dall'atomismo di Democrito,
ma vi alluda criticamente7. Secondo Eva Sachs8 la critica alla dottrina dei
quattro elementi in Ti. 48b-c sarebbe rivolta espressamente contro Demo-
crito. Siccome in realtà la dottrina atomista diverge notevolmente da
quella criticata da Platone, la Sachs era necessariamente costretta, per sal-
vare l'ipotesi, ad attribuire forzatamente agli atomisti una dottrina dei
quattro elementi mutuata da Empedocle e inserita come un corpo estraneo
in quella atomista. Tutto questo sarebbe deducibile:
Per quanto riguarda altri dialoghi, Haag16 ha, ad esempio, voluto vedere in
certe etimologie del Cratilo e in una certa metodologia di scomposizione e
di analisi delle parole, l'influsso di una concezione atomista. Platone
l'avrebbe solo riecheggiata, ma non affrontata direttamente in quanto egli
si rivolgeva a dei lettori che non conoscevano i testi democritei, ma solo
quelli di Anassagora e di quegli "Eraclitei" che ad Atene andavano per la
maggiore. Singoli accenni come l'accusa contro Anassagora di aver
utilizzato delle teorie astronomiche antiche, la stessa che Apollodoro attri-
buiva a Democrito17, o l'etimologia di gunhv come gonhv (Crat. 414a), che è
anche democritea18, sono sì interessanti, ma rimandano probabilmente a
opinioni diffuse e non attribuibili specificamente ad un solo autore. Haag,
seguito poi da altri19, vedeva un'allusione a Democrito anche nella teoria
dei komyovteroi del Teeteto (156a), secondo cui le sensazioni non hanno
una loro essenza specifica, ma sono il prodotto temporaneo dell'incontro
di due dunavmei" provenienti rispettivamente dall'oggetto sensibile e dal
soggetto senziente. Haag vedeva una conferma nel fatto che ai sostenitori
di queste tesi viene attribuita una concezione corpuscolarista. Tutto:
l'uomo, la pietra e ogni essere vivente, sarebbe costituito da aggregati. A
prescindere dal fatto che le teorie esposte nel passo sembrano avvicinarsi
maggiormente a quelle dei cirenaici20, si potrebbe obiettare che, se c'è una
allusione a Democrito nel Teeteto, non è da individuarsi nelle tesi dei kom-
yovteroi, bensì in quelle di coloro che considerano sostanze solo i corpi e
ciò che si può afferrare con le mani21. Tali individui vengono infatti desi-
gnati con termini che sembrano ricordare le proprietà degli atomi demo-
critei: sklhroi; kai; ajntivtupoi. Richiama ancora le cosmogonie atomiste
che fanno nascere il mondo ajpo; taujtomavtou l'affermazione ironica di
Teodoro secondo cui i cosiddetti Eraclitei non sono allievi di nessuno,
"ma spuntano spontaneamente da dove capita" (180c ajll aujtovmatoi
ajnafuvontai oJpovq en a]n tuvchi). Tuttavia la caratterizzazione di costoro
come "ispirati" e critici gli uni nei confronti degli altri fa pensare piuttosto
ai dibattiti sofistici e all'immagine degli agoni retorici descritti nell'Encomio
di Elena di Gorgia22 che agli atomisti. L'allusione sembra coinvolgere più
16 Haag 1933.
17 Apollod. ap. Diog. Laert. 9,34s. (68 B 5 DK; 159 L.).
18 68 B 122a DK; 567 L.
19 Haag 1933, 60ss. Su questa linea anche Guthrie V, 1978, 78.
20 Cf. Natorp 1884, 24s. n. 1. Zeller, scettico su questo punto dalla prima alla quarta edizione
della sua Philosophie der Griechen, nella quinta edizione del 1892 (I. 2, 1098) accetta anch'egli
questa tesi. Per una storia di questa interpretazione e di quella contraria che invece nega il
riferimento ad Aristippo e ai Cirenaici, cf. Giannantoni 1968, 129-45. Cf. anche Friedlän-
der, III, 1975, 144.
21 Theaet. 155e. Si tratta di una tesi sostenuta a suo tempo da Duemmler 1882, 58.
22 82 B 11 (13) DK.
46 Platone e Democrito
23 Friedländer III, 1975, 144 sostiene una posizione estrema, secondo cui Platone non solo
non vorrebbe alludere a nessuna dottrina specifica, ma si costruirebbe un avversario non
filosofo con cui è impossibile ogni forma di discussione. Se tuttavia le posizioni descritte
da Platone si avvicinano in qualche modo alla tendenza eracliteggiante, è piuttosto impro-
babile che egli voglia dirigersi semplicemente contro un "non filosofo". Inoltre risulta
chiaro da Theaet. 152d che Platone cerca di inglobare sotto la denominazione di Eraclitei il
maggior numero possibile di predecessori: tutti i sapienti, tranne Parmenide, sarebbero in-
fatti d'accordo sul fatto che tutto diviene e nulla è mai. In questa schiera vengono annove-
rati non solo Protagora ed Eraclito, ma anche Omero ed Epicarmo.
24 Phaedr. 251c ejkei'qen mevrh ejpiovnta kai; rJevo nt—a} dia; dh; tau'ta i{mero" kalei'tai.
25 82 B 11 (8) DK lovgo" dunavsth" mevga" ejstivn, o}" smikrotavtwi swvmati kai; ajf anestavtwi
qeiovtata e[rga ajpotelei'.
26 In ogni caso difficilmente cade dopo il 415 a.C. in quanto le Troiane di Euripide, rappresen-
tate in quell'anno, ne presuppongono la conoscenza.
27 Cf. Mazzara 1984, 133.
28 Per la bibliografia su questo punto, cf. Ferwerda 1972, 359 n. 1 che accetta l'ipotesi di
un'influenza indiretta delle tesi atomiste su Platone.
29 Cf. Sinnige 1968, 199, il commento ad loc. di England 1921 e Tate 1936, 48-54. Anche
Furley 1987, 173 sottolinea la difficoltà di individuare gli atomisti come obiettivo dell'at-
tacco platonico. Una pluralità di personaggi fra cui, ma con molte riserve, potrebbe essere
compreso anche Democrito, indica Zeppi, 1989, 209-214.
Capitolo primo 47
30 Questa è anche la conclusione di Sinnige 1968, 187. Ferwerda 1972, 359 giudica molto
probabile la conoscenza degli atomisti da parte di Platone nonostante riconosca che nei
dialoghi platonici non si incontrano sicure allusioni. Cf. ora per una posizione critica e bi-
lanciata nei confronti delle presunte allusioni platoniche a dottrine democritee Morel 2003.
31 Un esempio tipico di questo scetticismo che riduce tutta la tradizione aneddotica sui rap-
porti Socrate/ Democrito e Platone/ Democrito ad un gioco di deduzioni di Diogene
Laerzio o a semplici topoi biografici è Chitwood 2004, 100-102.
32 Dem. Magn. ap. Diog. Laert. 9,36 (68 B 116 DK; XXIV L.).
33 [Pl.] Amat. 136a.
34 Thrasyll. ap. Diog. Laert. 9,37 (68 A 1 DK; 493a L.). In realtà Socrate nel dialogo si rivolge
ad un giovane ateniese che si atteggia a filosofo polymathes e mette in discussione proprio
attraverso la similitudine col pentatleta la concezione della filosofia come polymathia.
48 Platone e Democrito
35 Dem. Phaler. Fr. 93 Wehrli (Diog. Laert. 9,37) (68 A 1 DK; XXV, 493a L.).
36 Aristosseno aveva fornito di Socrate un quadro non propriamente edificante descrivendolo
come incontinente, collerico e ignorante, cf. Fr. 52b; 54a-b; 56 Wehrli.
37 Cic. Tusc. 5,36,104 (68 B 116 DK; XXIV L.); Val. Max. 7,7 ext. 4 (68 A 11 DK; XXIV L.);
cf. anche l'allusione anonima in Antonin. 7,67 livan ejndevcetai qei'on a[ndra genevsqai kai;
uJpo; mhdeno;" gnwrisqh'nai.
38 Gigon 1972, 155 sostiene che Demetrio Falereo o non conosceva la presunta frase di
Democrito, o la emarginava come invenzione. Il fatto che Demetrio negasse la presenza di
Democrito ad Atene proprio nell'Apologia di Socrate rende tuttavia più probabile la seconda
soluzione. Non solo egli conosceva la frase, ma sapeva che era finalizzata ad una svaluta-
zione della figura di Socrate.
Capitolo primo 49
39 Il valore ipotetico di ei[per è stato messo ultimamente in dubbio da Mansfeld 1994, 100 il
quale traduce con "because". Cf. tuttavia le convincenti controargomentazioni di Tarrant
1995, 150s.
40 Aristox. Fr. 131 Wehrli (Diog. Laert. 9,40) (68 A 1 DK; LXXX L.) Aristovxeno" dæ ejn toi'"
ÔIstorikoi'" uJpomnhvmasiv fhsi Plav twna qelh's ai sumflevxai ta; Dhmokrivtou suggravmmata,
oJpovsa ejdunhvqh sunagagei' n, Amuvklan de; kai; Kleinivan tou; " Puqagorikou;" kwlu's ai
aujtov n, wJ" oujde; n o[felo": para; polloi'" ga;r ei\nai h[dh ta; bibliva. kai; dh'lon dev: pav ntwn ga;r
scedo;n tw'n ajrcaivwn memnhmev no" oJ Plav twn oujd amou' Dhmokrivtou diamnhmoneuvei, ajllæ
oujdæ e[ nqæ aj nteipei' n ti aujtw'i devoi, dh'lonãovtià eijdw;" wJ" pro; " to;n a[riston auj tw'i tw'n filo-
sovfwn ãoJ ajgw; nà e[soito. Accetto il testo canonico, mantenuto anche nell'ultima edizione di
Diogene Laerzio del Marcovich, che presenta alcune correzioni, ma necessarie, contro l'in-
verosimile mantenimento del testo dei Mss. proposto da Bollack 1967, 243s. (dh'lon eijdw;"
wJ" pro;" to; n a[riston ou{tw tw'n filosovfwn e[soito. Sachant de toute évidence que quand il répon-
dait au meilleur, il serait de cette manière parmi les philosophes).
41 1972, 153s.
42 Wehrli 1967, II, ad loc., 87; Bollack 1967, 243s.
50 Platone e Democrito
quello subito dalla loro setta43. Gigon lascia in sospeso la questione dichia-
rando enigmatica la loro presenza.
Il problema sintattico e quello della coerenza contenutistica dell'aned-
doto possono essere chiariti attraverso il confronto con altri passi di Dio-
gene Laerzio. In un passo della vita di Platone ricompare infatti il quesito
del perché il filosofo non abbia menzionato Democrito. Il brano offre una
lista di "invenzioni" platoniche: Platone è stato il primo ad aver introdotto
nella filosofia il metodo dialettico, il primo ad aver usato termini specifici
come "elemento", "qualità", "dialettica", il primo ad aver studiato le po-
tenzialità della grammatica e, avendo egli per primo parlato contro quasi
tutti i suoi predecessori, ci si chiede perché non abbia ricordato Demo-
crito44. Questa lista risale a Favorino (II sec. d.C.), ma non è certamente
inventata da lui perché una variante della stessa viene riportata anche dal-
l'autore dei Prolegomena alla filosofia platonica45 e singole "invenzioni"
platoniche sono nominate anche da altri46. Favorino si è rifatto verosimil-
mente ai Peripatetici di cui, a detta di Plutarco47, era un fervido
ammiratore. L'immagine di Platone come prw'to" euJrethv" e "rinnovatore"
della filosofia circolava infatti sicuramente in ambito peripatetico, ma era
seguita talvolta da un giudizio negativo. Mentre infatti Eudemo aveva
attribuito a Platone l'introduzione di stoicei'on come termine tecnico per
"elemento", la fondazione di una nuova astronomia e, probabilmente,
anche di una nuova matematica48, Dicearco lo aveva definito nel con-
tempo rinnovatore e distruttore della filosofia in quanto, con il suo stile
raffinato, avrebbe creato una "moda" (la forma del dialogo) che allonta-
nava dalla vera filosofia (le ricerche specialistiche del Peripato)49. I
Peripatetici accettavano evidentemente alcuni assunti sviluppati dagli al-
lievi di Platone sulle innovazioni del maestro, ma ne mettevano in luce
43 Wehrli 1967, II, ad loc. 87; Bollack 1967, 242s. Wehrli si limita a formulare l'ipotesi, Bol-
lack interpreta invece sunagagei'n come "comprare" forzando il testo. La storia sarebbe
collegata con quella del famoso plagio del libro di Filolao, cf. Burkert 1972, 223ss.
44 Diog. Laert. 3,24 (LXXX L.) prw'tov" te ajnteirhkw;" scedo;n a{pasi toi'" pro; aujtou',
zhtei'tai dia; tiv mh; ejmnhmov neuse Dhmokrivtou.
45 Anon. Proleg. 5,1-46.
46 Cf. Barigazzi 1966, 219-20; Riginos 1976, 188.
47 Quaest. conv. 734 F.
48 Per il primo punto, cf. Eudem. Fr. 31 Wehrli, Burkert 1958, 174. Per l'astronomia, Eudem.
Fr. 148 Wehrli. Per la matematica, Eudem. Fr. 133 Wehrli. In Index Acad. P. Herc. 1021,
col. Y, nel quale Platone viene presentato come l'ispiratore di tutti i progressi compiuti
dalla matematica nell'Accademia, sono state fatte ipotesi diverse sulle fonti, ma il paralleli-
smo con la funzione attribuita a Platone da Eudemo nello sviluppo dell'astronomia ha fatto
propendere Gaiser 1988, 347 per Eudemo mediato da Dicearco. Cf. anche Dorandi 1991,
207s.
49 Ap. Philod., Index Acad. P. Herc. 1021, col. I. Che il testo riporti le parole di Dicearco ha
sostenuto Gaiser 1988, 314; cf. anche le considerazioni di Burkert 1993, 25s.
Capitolo primo 51
50 Diog. Laert. 9,39 (FGrHist 508 F 14) ejlqovnta dhv fhsin (scil. oJ Antisqevnh") aujto;n ejk th'"
ajpodhmiva" tapeinovtata diav gein, a{te pa'san th; n ouj sivan katanalwkovta: trevfesqaiv te dia;
th;n ajporivan ajpo; tajdelfou' Damavsou. wJ" de; proeipwvn tina tw'n mellovntwn eujdokivmhse,
loipo;n ejnqevo u dovxh" para; toi'" pleivstoi" hjxiwvqh.
51 Per Protagora, cf. Sext. Emp. Adv. Math. 9,56 (80 A 12 DK). Per Crizia, cf. Sext. Emp.
Adv. Math. 9,54 con la citazione dei versi del Sisifo (88 B 25 DK). Per Prodico Sext. Emp.
Adv. Math. 9,51; cf. anche 9,18 (84 B 5 DK). Queste accuse di empietà sono comunque
nella maggioranza dei casi un topos letterario.
52 Platone e Democrito
sono invece buone ragioni per riportarlo nella sua globalità ad Aristos-
seno.
Se tutto il resoconto risale a lui, il fatto che Democrito sia assente dal-
l'opera platonica, porta ad escludere il motivo del plagio52 come movente
del desiderio di Platone di bruciarne i libri. Il tono antiplatonico del brano
e la ricezione aristotelica di Democrito in funzione antiplatonica e antiac-
cademica suggeriscono invece un'altro motivo: Platone vuole toglierli dalla
circolazione perché li avverte come un pericolo per il suo prestigio anche
e soprattutto all'interno della sua scuola.
Un punto fondamentale per la comprensione e la contestualizzazione
del racconto è costituito dall'enigmatica figura dei due "Pitagorici" i cui
nomi non sono fatti a caso. Clinia è un personaggio citato anche altrove
da Aristosseno come modello di vita pitagorica53 e Amicla, soprattutto,
non è un pitagorico qualsiasi, ma uno dei fedelissimi discepoli di Platone.
Amicla di Eraclea nel Ponto era annoverato da Eudemo54, fra quei plato-
nici che avevano portato la geometria ad una maggiore perfezione. Una
variante del nome, “Amuklo", dovuta probabilmente ad una corruttela del
testo, ma con la stessa indicazione toponomastica, ÔHraklewvth", si trova
nel catalogo dei discepoli di Platone in Diogene Laerzio (3,46). Amicla
compare inoltre come fedele discepolo del vecchio Platone, accanto a
Speusippo e Senocrate, in un aneddoto di parte accademica nel quale
viene sottolineata l'arroganza di Aristotele e i suoi tentativi di mettere in
difficoltà il vecchio maestro, rintuzzati poi da Senocrate. Aristotele non
era amato da Platone per il suo comportamento e la sua eleganza troppo
raffinata e disdicevole per un filosofo. Il maestro quindi gli preferiva
Speusippo, Senocrate e Amicla. Durante un'assenza di Senocrate ed es-
sendo Speusippo malato e impossibilitato ad accompagnarlo, Platone uscì
nel peripato esterno della scuola senza i discepoli più fedeli. Aveva già
ottant'anni e una memoria ormai piuttosto labile. Aristotele gli si fece
incontro e, postoglisi dinanzi, cominciò a tendergli dei trabocchetti e a
porgli delle domande con un ben determinato intento confutatorio. Pla-
tone, comprendendone lo scopo, si ritirò all'interno. Quando Senocrate
ritornò, non lo trovò più ad insegnare nel peripato dove l'aveva lasciato; al
suo posto c'erano Aristotele e i suoi seguaci. Senocrate notò che quest'ul-
52 Accuse così velate non sono, del resto, nello stile di Aristosseno, il quale rinfacciava aperta-
mente a Platone di aver copiato di sana pianta la Repubblica dagli Antilogici di Protagora (Fr.
67 Wehrli).
53 Aristox. Fr. 30 Wehrli, da Spintaro che aveva conosciuto direttamente anche Socrate (Fr.
54a Wehrli). Clinia è menzionato anche da un altro peripatetico, Chamaileon (Fr. 4 Wehrli).
54 Eudem. Fr. 133 Wehrli che lo designa specificamente come ei|" tw'n Plavtwno" eJtaivrwn
distinguendolo ad esempio da Menecmo, allievo di Eudosso, che aveva solo "frequentato"
Platone (Plavtwni suggegonwv").
Capitolo primo 53
55 Ael. Var. hist. 3,19 (Xenocr. Fr. 11 IP; Arist. T 36 Düring). Sulla correlazione di questo
passo con quella serie di rappresentazioni dell'Accademia negli ultimi anni della vita di
Platone che compaiono nell'Index Academicorum e che risalgono alla generazione degli im-
mediati allievi di Platone o di Aristotele, cf. Burkert 1993, 18ss.
56 Per ulteriori aneddoti biografici sui rapporti fra Platone e Aristotele, cf. Düring 1957;
Swift-Riginos 1976.
54 Platone e Democrito
57 Diog. Laert. 9,38 (68 A 1 DK; XVII, 154 L.). La notizia di Duride di Samo (FGrHist 76 F
23; 154 L.), secondo cui Democrito era allievo di Arimnesto figlio di Pitagora è da spiegarsi
probabilmente come un tentativo di individuazione di questo generico pitagorico cui allude
Glauco.
58 51 1 DK (Hippol. Ref. 1,15); 51 2 DK (Aet. 1,3,19 [Stob. 1,10,16a]); 51 4 DK (Aet. 2,3,3 [Stob.
1,21, 6a]).
59 Metaph. A 6, 987b 10ss.
60 Cf. Annas 1976, 154 con riferimenti bibliografici.
Capitolo primo 55
partecipazione dei sensibili alle idee e l'idea del numero come principio. In
questo contesto non compare nessuna menzione di Democrito o di Leu-
cippo, anzi, poco prima, Aristotele sottolinea come solo i Pitagorici, fra i
presocratici, abbiano "cominciato a parlare di essenza e a definirla" anche
se lo hanno fatto in maniera troppo semplicistica61. Egli utilizza qui,
soprattutto per sottolineare la dipendenza di Platone dai Pitagorici, uno
schema canonico, probabilmente già accademico, concepito per presen-
tare la dottrina platonica come compendio e culmine di tutte le ricerche
precedenti62. Il fatto che Democrito non compaia affatto, significa che
Aristotele non vedeva fra la dottrina democritea e quella platonica alcun
rapporto genetico né tantomeno un influsso diretto dell'una sull'altra,
influsso che invece egli espressamente ribadiva nel caso dei Pitagorici.
In Metaph. M 4, 1078b 12ss. Aristotele ripropone lo stesso schema per
giustificare la nascita della dottrina delle idee. Questa ha le sue radici nella
fusione della dottrina eraclitea del continuo scorrere del sensibile e del-
l'impossibilità di averne conoscenza con quella socratica della definizione
dell'universale ricercata attraverso la dialettica. Fra i fisici Democrito (con
il tentativo di definizione del caldo e del freddo) e, prima di lui, i Pitagorici
(definendo alcuni concetti per mezzo di numeri) avrebbero solo sfiorato
in qualche modo il problema della definizione dell'essenza63. Si tratta di
una seconda fase di sviluppo dello schema, come si può dedurre dal ri-
chiamo alla precedenza dei Pitagorici su Democrito nella definizione del-
l'essenza. Quest'ultimo viene dunque inserito in uno schema già preesi-
stente, ma in una prospettiva ben lontana da una parentela genetica.
La stessa tipologia del confronto a posteriori, con gradazioni che
vanno dal parallelismo neutrale all'utilizzazione polemica della dottrina
atomista contro quella platonica, si incontra costantemente nell'opera
aristotelica. Mi limiterò a far riferimento ai brani senza affrontare la spi-
nosa questione della differenza fra Leucippo e Democrito che porterebbe
troppo lontano dal tema centrale. Si può qui solamente osservare che, in
effetti, il nome di Leucippo compare senza quello di Democrito per lo
meno in un testo considerato molto antico come il libro L della Metafisica.
Il confronto è neutrale, Leucippo e Platone si trovano appaiati e posti
61 Metaph. A 5, 987a 20-21 peri; tou' tiv ejstin h[rxanto me;n levgein kai; oJrivzesqai, livan d
aJplw'" ejpragmateuvqhsan.
62 Lo schema presenta infatti la dialettica platonica come sintesi e superamento delle ricerche
precedenti distinte in fisica ed etica, uno schema che persiste nella tradizione platonica e
che ritroviamo nella vita di Platone di Diogene Laerzio (3,56) ou{tw" kai; th'" filosofiva" oJ
lovgo" provteron me;n h\n monoeidh;" wJ " oJ fusikov", deuvteron de; Swkravth" prosevqhke to; n
hjqikovn, trivton de; Plav twn to;n dialektiko; n kai; ejtelesiouvr ghse th;n filosofivan.
63 Metaph. M 4, 1078b 19 tw'n mevn ga;r fusikw'n ejpi; mikro;n Dhmovkrito" h{yato movnon kai;
wJrivsatov pw" to; qermo;n kai; to; yucrovn: oiJ de; Puqagovr eioi provteron periv tinwn ojlivgwn,
w|n tou;" lovgou" eij" tou; " ajriqmou;" aj nh'pton, oi|on tiv ejsti kairo;" h] to; divkaion h] gav mo".
56 Platone e Democrito
sullo stesso piano per aver assunto l'eternità del movimento64 (Aristotele si
riferisce qui al movimento disordinato della Chora nel Timeo65). Il solo Leu-
cippo come rappresentante dell'atomismo compare un'altra volta nell'o-
pera aristotelica e precisamente in De generatione et corruptione A 866, che
verrà esaminato dettagliatamente nel terzo capitolo. In questo testo, che si
inserisce nella trattazione dell'agire e del patire, Aristotele sottolinea, senza
commenti particolarmente polemici, le similarità e le differenze fra la dot-
trina dei triangoli e quella dei corpi indivisibili. Platone si differenzia da
Leucippo per il fatto che pone come indivisibili delle superfici invece che
dei solidi, e perché assume forme prime limitate invece che infinite e am-
mette inoltre che la generazione e la separazione avvengano solo attra-
verso il contatto mentre Leucippo le fa avvenire attraverso il contatto e il
vuoto (325b 25-33)67. Per il resto ambedue pongono dei principi indivisi-
bili e definiti dalla forma.
Più apertamente polemici sono invece altri confronti riguardanti i
principi del mondo sensibile come in De gen. et corr. A 2. Qui infatti Ari-
stotele prende posizione, pur rilevandone l'incongruenza, a favore delle
tesi degli atomisti contro Platone. La divisione fino alle superfici è assurda,
quella fino ai corpi, pur essendo anch'essa poco conforme a ragione, ha
comunque il merito di giustificare la genesi e il cambiamento ipotizzando
delle differenze di figura di posizione e di ordine dei corpuscoli. Invece
quelli che mettono insieme dei triangoli possono ottenere solo dei solidi,
ma non dei corpi in quanto questi enti matematici non possono generare
alcuna affezione tipica del corpo. Rispetto all'altro passo, compare qui
anche Democrito che viene nominato addirittura prima di Leucippo. Al di
là delle differenze di tono, è comunque comune ad ambedue i brani il
confronto tipologico e non genetico delle tesi atomiste con quelle del
Timeo. Il tono di crescente polemica in questi brani del De generatione et
corruptione denota un dibattito sempre più acceso e ruotante intorno alle
dottrine del Timeo, o meglio, intorno all'interpretazione che di questo dia-
logo davano gli allievi di Platone. Quest'ultimo, infatti, non ha mai parlato
di triangoli indivisibili come invece costantemente si afferma nel De genera-
tione et corruptione e come interpretavano anche gli altri allievi di Platone. Se
inoltre Aristotele sottolinea con insistenza la superiorità delle dottrine
68 Arist. De cael. G 4, 303a 9-11 (67 A 15 DK; 109, 174 L.) trovpon gavr tina kai; ou|toi pavnta
ta; o[ nta poiou'sin ajriqmou; " kai; ejx ajriqmw' n: kai; ga;r eij mh; safw' " dhlou'sin, o{mw" tou'to
bouvlontai lev gein.
69 Su questo brano, v. infra, VII 5.
70 68 A 34 DK; CXIX L.
58 Platone e Democrito
3. Sintesi
L'aneddoto di Aristosseno e i brani aristotelici ora esaminati forniscono in
qualche modo degli indizi per porre l'entrata dell'atomismo nell'Accademia
durante gli ultimi anni della vita di Platone. Leucippo e Democrito sono
stati recepiti e discussi dai suoi allievi "pitagorizzanti" e da Aristotele.
Quest'ultimo in particolare se ne è servito per polemizzare contro il mae-
stro. Da questa atmosfera scaturisce l'aneddoto di Aristosseno sul deside-
rio di Platone di bruciare quei libri la cui diffusione avrebbe potuto infe-
rire un duro colpo al suo prestigio. Posto che comunque per lo meno gli
allievi pitagorizzanti di Platone devono aver conosciuto le dottrine atomi-
ste, come i criptici accenni aristotelici e l'aneddoto del salvataggio dei libri
di Democrito da parte dei "Pitagorici" sembra indicare, il problema è
quello di stabilire se, nell'ambito della ricezione dell'atomismo antico, da
Aristotele in poi, si possa ritrovare qualche traccia di una "lettura" acca-
demica degli atomisti. Questo è possibile per lo meno riguardo alla querelle
sui principi corporei o incorporei, impostata nel Sofista platonico, e pre-
sentata da Aristotele come dibattito fra Accademici e materialisti fra i quali
sono talvolta compresi anche gli atomisti. Lo stesso confronto riemerge in
Sesto Empirico, in un passo che riporta sicuramente anche dottrine acca-
demiche71, nella forma di una diaphonia fra gli "eredi dei Pitagorici", vale a
dire gli Accademici, e i sostenitori di dottrine corpuscolari, in particolare,
gli atomisti. Dalla critica alle dottrine che pongono come principi dei
corpi, ancorché invisibili, gli Accademici partono per ribadire la superio-
rità dei principi incorporei. Questo aspetto della ricezione di Democrito
verrà trattato nel capitolo successivo.
1 Sulla stretta correlazione fra l'ambito di ricerca e i suoi principi e sulla conseguente diffe-
renziazione negli obiettivi e nei metodi, cf. Wieland 1970, 52-58.
2 Cf. e.g. Phys. A 2, 184b 25s.
60 Principi corporei/ incorporei
3 Metaph. A 9, 992a 24-29 o{lw" de; zhtouvsh" th'" sofiva" peri; tw'n fanerw'n to; ai[tion, tou'to
me;n eijavkamen (oujqe; n ga;r levgomen peri; th'" aijtiva" o{qen hJ ajrch; th'" metabolh'"), th; n d
oujsivan oijovmenoi levgein aujtw' n eJ tevr a" me;n oujsiva" ei\naiv famen, o{pw" d ejkei'nai touvtwn
oujsivai, dia; kenh'" lev gomen: to; ga;r metevc ein, w{sper kai; provteron ei[pomen, oujqev n ejstin.
ª...º ajlla; gevgone ta; maqhvmata toi'" nu' n hJ filosofiva, faskov ntwn a[llwn cavrin aujta; dei'n
pragmateuvesqai.
4 Metaph. A 9, 992b 18-993a 10.
5 Phys. B 2, 193b 22-37.
6 De cael. G 7, 306a 5-26.
7 Ti. 51e-52a touvtwn de; ou{tw" ejcovntwn oJmologhtevo n e}n me;n ei\nai to; kata; taujta; ei\do"
e[con, ajgevnnhton kai; ajnwvl eqron, ou[te eij" eJ auto; eijsdecov menon a[llo a[l loqen ou[te aujto;
Capitolo secondo 61
metodo di ricerca dei fisici che si arresta ai principi corporei per rivolgersi
invece a quelle che sono le vere cause prime del reale, incorporee e intel-
legibili8. I fisici si arrestano al mondo del divenire, ma non raggiungono la
conoscenza vera che si può acquisire solo studiando le cose eterne e
prime in se stesse9. Questo ha come conseguenza anche la totale svaluta-
zione dell'aspetto empirico delle scienze in quanto l'empiria opera su sin-
goli oggetti corporei, in sé non conoscibili con sicurezza, senza astrarne le
forme eterne. Il vero geometra non studierebbe mai seriamente per sco-
prirvi i concetti geometrici disegni anche bellissimi fatti da un pittore
espertissimo così come il vero astronomo non studia i movimenti degli
astri reali nella loro corporeità, ma coglie teoricamente i rapporti numerici
fra questi astri e i fra i loro movimenti. Per Platone, dunque, bisogna pro-
cedere non con l'osservazione, ma formulando dei problemi e lasciar per-
dere sia le figure geometriche reali, che i corpi celesti reali se vogliamo far
funzionare davvero l'elemento intelligente dell'anima10.
In questa tensione fra il superamento della fisica da parte di Platone e
degli Accademici e il ritorno alla fisica su altre basi rispetto a quelle dei
filosofi della natura da parte di Aristotele si colloca il dibattito sugli atomi-
sti antichi.
eij" a[llo poi ijovn, ajovraton de; kai; a[llw" aj naivsqhton, tou' to o} dh; novhsi" ei[lhcen ejpisko-
pei'n: to; de; oJmwvnumon o{moiovn te ejkeivnwi deuvteron, aijsqhtovn, gennhtov n, peforhmev non aj ei;,
gignovmenovn te e[ n tini tovpwi kai; pavlin ejkei'qen ajpolluvmenon, dovxhi met ai[sqhvsew" pe-
rilhptovn. Cf. anche Resp. 524c-d.
8 Ti. 46d; 48a-b; 68e.
9 Phil. 58c-59b.
10 Resp. 529d-530c.
62 Principi corporei/ incorporei
guardando dall'alto in basso chi affermasse che qualcos'altro che non ha corpo è,
senza voler ascoltare null'altro — Teet. Parli sicuramente di uomini tremendi; in-
fatti anch'io ho già avuto occasione di incontrarne numerosi— Str. Per questo i
loro oppositori nel dibattito si difendono assai prudentemente dall'alto, da una
certa zona dell'invisibile, incalzandoli col dire che la vera essenza sono certe
forme intellegibili e incorporee e, facendo a pezzettini nelle loro argomentazioni i
corpi di quegli altri e quella che loro chiamano verità, li definiscono un divenire
incessante invece che un'essenza. Riguardo a queste cose c'è sempre stata fra gli
uni e gli altri, o Teeteto, un'accanita battaglia11.
Chi si debba identificare nei due gruppi è stato oggetto di infinite conget-
ture12. In ogni caso l'opposizione fra coloro che ammettono solo essenze
corporee e coloro che, al contrario, assumono come essenze forme incor-
poree è una novità introdotta da Platone accanto a schemi oppositivi
preesistenti e da lui stesso utilizzati13 e si inserisce nel quadro più generale
della ricerca dei principi ultimi del reale. In questo contesto tutti i fisici
sono coinvolti nella denominazione di materialisti in quanto il campo
comune della loro scienza è quello della natura e del sensibile e quindi dei
corpi, un modello superato solo da Platone e dai suoi allievi. Che la tipo-
logia dei materialisti fosse una struttura generica e aperta, passibile di rice-
vere qualsiasi contenuto a seconda della discussione e del contesto è di-
mostrato dal fatto che in Aristotele l'identità dei sostenitori di principi
corporei varia da testo a testo proprio perché tutti i cosiddetti "filosofi
della natura" vengono considerati "materialisti"14. La tipologia dei sosteni-
11 Soph. 246a XE. kai; mh;n e[oikev ge ejn aujtoi'" gigantomaciva ti" ei\nai dia; th;n ajmfisbhvthsin
peri; th'" oujsiva" pro;" ajllhvlou". ª...º oiJ me; n eij" gh' n ejx oujranou' kai; tou' ajoravtou pav nta
e{lkousi, tai'" cersi;n ajtecnw'" pevtra" kai; dru'" perilambav nonte". tw' n ga;r toiouvtwn
ejfaptovmenoi pavntwn diiscurivzontai tou'to ei\nai movnon o} parevc ei prosbolh;n kai; ejpafhv n
tina, tauj to;n sw'ma kai; oujsivan oJrizovmenoi, tw' n de; a[llwn ei[ tiv" ãtià fhvsei mh; sw'ma e[con
ei\nai, katafronou'nte" to; paravpan kai; oujde; n ejqevlonte" a[llo ajkouv ein. QEAI. h\ deinou;"
ei[rhka" a[ ndra": h[dh ga;r kai; ej gw; touvtwn sucnoi'" prosevtucon. XE. toigarou' n oiJ pro;"
aujtou;" ajmfisbhtou' nte" mavla eujl abw' " a[ nwqen ej x ajoravtou poqe; n ajmuvnontai, nohta; a{tta
kai; ajswv mata ei[dh biazovmenoi th; n ajlhqinh; n oujsivan ei\nai: ta; de; ejkeiv nwn swvmata kai; th;n
legomev nhn uJp auj tw'n ajlhvqeian kata; smikra; diaqrauvo nte" ej n toi'" lovgoi" gevnesin aj nt
oujsiva" feromev nhn tina; prosagoreuvousin. ej n mevswi de; peri; tau'ta a[pleto" aj mfotevrwn
mavch ti", w\ Qeaivthte, aj ei; sunevs thken. Per la definizione dei materialisti come "non ini-
ziati, uomini rozzi, duri e resistenti" i quali danno il nome di ousia solo a ciò che è corpo,
cf. anche Theaet. 155e.
12 Cf. in particolare la lista fornita da Diès 1925, 291-293; Friedländer III, 1975, 476 n. 44.
Ambedue sono però convinti dell'impossibilità di individuare l'identità di questo gruppo e
sottolineano il carattere generalizzante della descrizione platonica. Questa ipotesi è con-
fermata a mio parere dall'affermazione di Teeteto di avere incontrato spesso individui
come i materialisti descritti dallo straniero.
13 Sui modelli "dossografici" preplatonici utilizzati poi anche da Aristotele, cf. von Kienle
1961, 38-57; Mansfeld 1986 [1990b, 22-83].
14 In Metaph. A 5, 987a 3-5 i sostenitori di principi corporei sono in generale "i primi filosofi",
in G 5, 1010a 1-3 tutti i presocratici fino ad Omero. In De cael. G 1, 298b 15-26 rientrano in
Capitolo secondo 63
questa categoria anche Parmenide e Melisso pur avendo essi attribuito ai sensibili caratteri-
stiche tipiche degli enti eterni. In Phys. D 6, 213a 19ss. sono gli "uomini comuni" a soste-
nere che gli enti veri sono solo corpi.
15 Sulle varie identificazioni degli amici delle forme, cf. Diès 1925, 292 n. 1 e Friedländer III,
1975, 476 n. 44.
16 Metaph. B 5, 1001b 32-1002a 12 a} de; mavlist a]n dovxeie shmaivnein oujsivan, u{dwr kai; gh'
kai; pu'r kai; ajhvr, ej x w|n ta; suv nqeta swvmata sunevs thke, touvtwn qermovthte" me;n kai; yu-
crovthte" kai; ta; toiau'ta pavqh, oujk oujsiv ai, to; de; sw'ma to; tau' ta peponqo;" movnon uJpo-
mevnei wJ" o[ n ti kai; oujsiv a ti" ou\sa. ajlla; mh; n tov ge sw'ma h|tton oujsiva th' " ejpifaneiva", kai;
au{th th' " grammh' ", kai; au{th th'" monavdo" kai; th' " stigmh' ": touvtoi" ga;r w{ ristai to; sw'ma,
kai; ta; me; n a[neu swvmato" ejndev cesqai dokei' ei\nai to; de; sw' ma a[ neu touvtwn ajduv naton.
diovper oiJ me;n polloi; kai; oiJ provteron th; n oujsivan kai; to; o]n w[ionto to; sw'ma ei\nai ta; de;
a[lla touvtou pavqh, w{ ste kai; ta; " ajrca; " ta;" tw'n swmavtwn tw' n o[ntwn ei\ nai ajrcav ": oiJ d
u{steroi kai; sofwvteroi touvtwn ei\ nai dovxante" ajriqmouv".
17 Sulla definizione democritea della "sostanza", cf. Arist. Metaph. M 4, 1078b 19-21 (68 A 36
DK; 99, 171 L.), supra, I 2 n. 63; Theophr. ap. Simpl. In de cael. 299a 2, 564,24 (68 A 120
DK; 171 L.), infra, 6. 3 n. 137.
64 Principi corporei/ incorporei
fasi; fuvsin, ta; de; a[lla ejcovmena, gramma;" kai; ejpivpeda, mevcri pro;" th;n tou' oujranou'
oujsivan kai; ta; aijsqhtav.
22 Fr. 208 Rose (Simpl. In De cael. 279 b 12, 295,1-2) (68 A 37 DK; 172 L.) Dhmovkrito"
hJgei'tai th;n tw'n ajidivwn fuvsin ei\ nai mikra;" oujsiva" plhvqo" ajpeivrou".
23 De sens. 60 (68 A 135 DK; 71 L.) Dhmovkrito" kai; Plavtwn ejpi; plei'stovn eijsin hJmmevnoi,
kaq e{kaston ga;r ajforivzousi: plh;n oJ me;n oujk ajposterw'n tw'n aijsqhtw'n th; n fuvsin,
Dhmovkrito" de; pav nta pavqh th' " aijsqhvsew" poiw'n.
66 Principi corporei/ incorporei
scopi. In questa maniera Teofrasto pone sullo stesso piano le loro dottrine
e le accomuna nella critica. Altrove egli accennava, sulla scia di Aristotele,
a coloro che, considerando semplici affezioni le quattro qualità fonda-
mentali, proseguivano la ricerca al di là di queste fino alle cause prime24.
Platone è il primo referente, ma Democrito, che aveva cercato di definire
"la sostanza del caldo e del freddo"25, veniva in una certa misura inglobato
nello schema. Teofrasto riteneva tuttavia superfluo ricercare la causa di
questi fenomeni fisici e, altrove, criticava proprio per questo Platone so-
stenendo che è ridicolo domandarsi perché il fuoco brucia e la neve raf-
fredda26. Lo schema teofrasteo nel quale Platone e Democrito vengono
posti in maniera neutrale sullo stesso piano e criticati conseguentemente
per aver ricercato ulteriori cause delle qualità fondamentali determina poi
gran parte della tradizione posteriore.
Il quadro finora delineato, soprattutto attraverso Aristotele, con ri-
scontri nei testi platonici e con uno sguardo alla posizione di Teofrasto ci
offre dunque sostanzialmente tre modelli di confronto fra Platone/ Acca-
demici e gli atomisti.
1. Lo schema apertamente polemico di Aristotele che vede in Platone
e negli Accademici coloro che trattano la fisica coi logoi e assumono quindi
principi inadeguati per quest'ambito. Egli utilizza all'occasione le dottrine
atomiste in funzione antiplatonica e antiaccademica sottolineandone la
superiorità nel campo della ricerca fisica. Il confronto verte comunque
principalmente sulle dottrine del Timeo reinterpretate dagli allievi e, in
misura minore, su quella delle idee-numero. L'utilizzazione polemica delle
teorie atomiste contro Platone e gli Accademici da parte di Aristotele va
inquadrata nel contesto più vasto della concorrenza fra le due scuole:
dall'altra parte probabilmente, come si può dedurre dagli accenni aristote-
lici stessi, gli Accademici cercavano di dimostrare la superiorità delle loro
tesi su tutte quelle che ponevano principi corporei, in particolare l'atomi-
smo.
2. Il secondo modello di confronto consiste nell'opposizione critica
degli Accademici a tutte le dottrine materialiste, già adombrata nella gi-
gantomachia del Sofista. L'atomismo, in particolare, che poneva il corpo in
24 Theophr. De igne 7-8 ajlla; ga;r tau'ta e[oiken eij" meivzw tina; skevyin ejkfevrein hJma'" tw'n
uJpokeimev nwn, h} zhtei' ta; " prwvta" aijtiva". faiv netai ga;r ou{ tw lambavnousi to; qermo;n kai;
to; yucro;n w{sper pavqh tinw'n ei\nai kai; oujk ajrcai; kai; dunav mei".
25 Arist. Metaph. M 4, 1078b 19-21 (68 A 36 DK; 99, 171 L.), supra, I 2 n. 63; per l'opinione di
Teofrasto, cf. Simpl. In De cael. 299a 2, 564,24, infra, n. 137.
26 Theophr. Fr. 159 FHS&G (Procl. In Tim. II,120,18-22) toiau'ta me;n oJ Qeovfrasto" ejpiti-
ma'i tw'i Plav twni peri; th'sde th' " yucogoniva", oujde; ejpi; tw'n fusikw' n pav ntwn levgwn dei'n
hJma'" ejpizhtei'n to; dia; tiv: geloi'on gavr fhsin ajporei' n, dia; tiv kaivei to; pu'r kai; dia; tiv yuvc ei
hJ ciwvn.
Capitolo secondo 67
28 Sext. Emp. Adv. Math. 10,262s. kai; o{ti tai'" ajlhqeivai" au|taiv eijsin tw'n o{lwn ajrcaiv,
poikivlw" oiJ Puqagorikoi; didavskousin.
29 Cf. Hermod. Fr. 7 IP. Per i rapporti fra i due testi, cf. Heinze 1892, 38ss.; Wilpert 1941,
230; De Vogel 1949, 205ss.; Theiler 1964, 92; Krämer 1959, 284; Isnardi Parente 1979,
108s.; 1982 440s.
30 Cf. Burkert 1972, 54ss. La teoria della rJuvsi" del punto riportata nei § 281-283 era stata
comunque per lo meno sicuramente trattata e difesa anche da Eratostene (Sext. Emp. Adv.
Math. 3,28). Cf. Isnardi Parente 1992, 159-163.
Capitolo secondo 69
trodotto nella discussione sul tema del tempo trattato poco prima perché,
come osserva Sesto, è con i numeri che si misura il tempo31.
Egli passa poi ad una considerazione generale sull'importanza dei nu-
meri nella fisica dei "Pitagorici"
Dopo aver portato a termine l'esame di quel tema [il tempo], riteniamo oppor-
tuno fare un resoconto anche su questo [il numero], soprattutto perché i più sa-
pienti fra i fisici hanno attribuito ai numeri una tale importanza da farne i principi
e gli elementi di tutte le cose. Costoro sono i seguaci di Pitagora di Samo. Quelli
che filosofano veramente —essi dicono— sono simili a quelli che studiano il di-
scorso. Come infatti questi ultimi esaminano prima le parole (infatti il discorso è
composto da parole) e, poiché le parole sono composte da sillabe, esaminano
prima ancora le sillabe, siccome però le sillabe si risolvono nelle lettere della lin-
gua scritta, studiano ancor prima queste ultime, così —dicono i Pitagorici— i
veri fisici, quando ricercano i principi del tutto, devono in primo luogo esaminare
in quali elementi il tutto si scompone32.
Carattere distintivo di questa introduzione è la definizione dei Pitagorici
come "i più sapienti fra i fisici" che non si ritrova in nessun altro dei passi
paralleli di Sesto, né in Pyrrh. hyp. 3,151, né in Adv. Math. 7,93ss., né in
Adv. Math. 4,2ss. né è corrente nella tradizione tarda anche di ascendenza
neopitagorica. Questo giudizio, che riecheggia in certo modo quello del
Filebo (16c-e) sui saggi antichi che hanno elaborato la dottrina dei numeri
come intermedi fra l'uno e l'infinito, risale dunque ad un ambito platonico
che si poneva come alternativo alla concezione aristotelica del fisico: i
migliori fisici non sono quelli che si occupano dei fenomeni, ma quelli che
hanno scomposto il tutto fino ai suoi principi ultimi, i numeri. Di ascen-
denza platonica, sebbene mediata, è anche l'analisi grammaticale come
modello della scomposizione del mondo fino agli elementi primi33.
Di ben altro tenore è l'introduzione parallela di Pyrrh. hyp. 3,151. Qui
si passa ex abrupto dalla dichiarazione che l'estremismo dei dogmatici sui
numeri ha sollevato le critiche degli scettici, al semplice accenno al fatto
34 Sext. Emp. Pyrrh. hyp. 3,151 ejp ei; oJ crovno" dokei' mh; a[neu ajriqmou' qewrei'sqai, oujk a]n ei[h
a[topon kai; peri; ajriqmou' bracev a diexelqei'n. o{son me; n ga;r ejpi; th'i sunhqeivai kai; ajdo-
xavstw" ajriqmei'n tiv famen kai; ajriqmo;n ei\ naiv ti aj kouvomen: hJ de; tw'n dogmatikw' n perier-
giva kai; to;n kata; touv tou kekiv nhke lovgon. aujtivka gou'n oiJ ajpo; tou' Puqagovrou kai; stoi-
cei'a tou' kovs mou tou;" ajriqmou; " ei\ nai levgousin.
35 Adv. Math. 10,250s. to; me;n ou\n fainomevnhn ei\nai levgein th;n tw'n o{lwn ajrch;n ajfusikovn
pw" ejstivn: pa' n ga;r to; fainovmenon ejx ajf anw'n ojfeivlei sunivstasqai, to; d e[k tinwn su-
nestw; " oujk e[stin ajrchv, ajlla; to; ej keivnou aujtou' sustatikov n. o{qen kai; ta; fainovmena ouj
rJhtevon ajrca;" ei\ nai tw'n o{lwn, ajlla; ta; sustatika; tw'n fainomevnwn, a{p er oujkevti h\n fai-
novmena. toivnun ajdhvlou" kai; ajfanei' " uJpevqento ta;" tw'n o[ntwn ajrcav" kai; ouj koinw' ".
36 L'assegnazione ai dogmatici di un passaggio non motivato dai fenomeni alle loro cause
nascoste è un procedimento tipico anche dei medici empirici, cf. Gal. De exper. med. 24,3,
133s.; 25,2, 136 Walzer.
37 Pyrrh. hyp. 3,152 fasi; gou'n, o{ti ta; fainovmena e[k tino" sunevsthken, aJpla' de; ei\nai dei' ta;
stoicei'a: a[dhla a[ra ejsti; ta; stoicei'a.
Capitolo secondo 71
sono parole, così anche gli elementi del corpo non sono corpi; ma devono essere
o corpi o incorporei, perciò certamente sono incorporei. E non è ammissibile
dire che gli atomi si trovano ad essere eterni e che, per questo, essi possono es-
sere principi di tutto pur essendo corporei. In primo luogo, infatti, anche coloro
che assumono come elementi le omeomerie e le "masse" e i minimi privi di parti
assegnano loro una esistenza eterna, talché gli atomi non sono più elementi di
questi. Secondariamente, si ammetta pure che gli atomi siano veramente eterni;
tuttavia, come coloro che ammettono che il cosmo sia ingenerato ed eterno, non
di meno ricercano con la mente i primi principi che lo compongono, così anche
noi, dicono i fisici Pitagorici, cerchiamo con la mente da quali principi sono
composti questi corpi eterni e visibili con la ragione. Dunque le loro componenti
saranno o corpi o incorporei. Ma non potremmo dire che sono corpi, poiché bi-
sognerebbe porre come componenti di quelli dei corpi e così, procedendo la
mente all'infinito, il tutto sarebbe privo di principio 38.
Questo brano, al di là dei rimaneggiamenti, contiene le linee generali di
quella che doveva essere una argomentazione originaria dei "Pitagorici".
Essi partivano dalla critica a coloro che ponevano principi corporei (esat-
tamente come gli Accademici di Aristotele), fossero essi pure invisibili,
sottolineando come l'eternità da loro attribuita a tali corpi fosse solo appa-
rente (in Aristotele Platone e i suoi allievi sottolineano che i loro principi
sono "più eterni" dei corpi39). La vera eternità e i veri principi si trovano
infatti negli incorporei cui si arriva attraverso un procedimento mentale
(kat ejpivnoian). Se inizialmente l'argomentazione sembra rivolta contro
tutte le dottrine atomiste e corpuscolariste, nella seconda parte è però
inequivocabilmente diretta contro gli atomisti che hanno posto gli atomi
corporei come sostanze eterne. I Pitagorici-Accademici prendono le di-
stanze da questi ultimi utilizzando un tipico argomento dialettico basato
38 Adv. Math. 10,252-256 oiJ ga;r ajtovmou" eijpovnte" h] oJmoiomereiva" h] o[gkou" h] koinw'" nohta;
swvmata pavntwn tw'n o[ ntwn a[rcein ph'i me; n katwvrqwsan, ph'i de; dievp eson. h|i me; n ga;r
ajdhvlou" ei\ nai nomivzousin ta;" ajrcav ", deov ntw" ajnastrevfontai, h|i de; swmatika;" uJpo-
tivqentai tauvta", diapivptousin. wJ " ga;r tw'n aijsqhtw'n swmavtwn prohgei'tai ta; nohta; kai;
a[dhla swvmata, ou{tw kai; tw' n nohtw' n swmavtwn a[rcein dei' ta; ajswvmata. kai; kata; lovgon:
wJ" ga;r ta; th' " levxew" stoicei'a oujk eijsi; levxei", ou{tw kai; ta; tw' n swmavtwn stoicei'a ouj k
e[sti swvmata: h[toi de; swvmata ojf eivlei tugcav nein h] ajswvmata: dio; pav ntw" ejsti;n ajswvmata.
kai; mh; n oujde; e[ nesti fav nai, o{ti aijwnivou" sumbev bhken ei\nai ta;" ajtov mou", kai; dia; tou' to
duvnasqai swmatika;" ou[sa" tw'n o{lwn a[rcein. prw'ton me;n ga;r kai; oiJ ta;" oJmoiomereiv a"
kai; oiJ tou;" o[gkou" kai; oiJ ta; ejl avcista kai; aj merh' lev gonte" ei\nai stoicei'a aijwvnion ajpo-
leivpousi touvtwn th; n uJpovstasin, w{ste mh; ma'llon ta; " ajtov mou" h] tau't ei\nai stoicei' a.
ei\ta kai; dedovsqw tai'" ajlhqeivai" aijw nivou" ei\ nai ta; " ajtovmou": ajl l o}n trovpon oiJ
ajgevnhton kai; aijwvnion ajpoleivponte" to;n kovsmon oujde; n h|tton pro;" ejpivnoian zhtou' si ta;"
prw'ton susthsamev na" aujto; n ajrcav ", ou{tw kai; hJmei'", fasi;n oiJ Puqagorikoi; tw'n fusikw'n
filosovfwn, kat ejpivnoian skeptovmeqa to; ejk tivnwn ta; aijwv nia tau'ta kai; lovgwi qewrhta;
sunevsthke swvmata. h[toi ou\n swvmatav ejsti ta; sustatika; aujtw' n h] ajswvmata. kai; swvmata
me;n oujk a]n ei[paimen, ejp ei; dehvsei kajkeivnwn swvmata levgein ei\nai sustatika; kai; ou{ tw"
eij" a[peiron probainouvsh" th'" ejpinoiv a" a[ narcon givnesqai to; pa'n.
39 Metaph. Z 2, 1028b 16ss., v. supra, n. 21.
72 Principi corporei/ incorporei
sulla scomposizione mentale dei composti nelle loro costituenti più sem-
plici. Come i sostenitori delle idee nel Sofista, essi "fanno in briciole nei
logoi" i corpi dei loro avversari e dimostrano che questi non sono vere
sostanze eterne, in quanto mentalmente possono sempre essere scomposti
in altri corpi in una infinita progressione che priva il tutto di un principio
e di un ordine (a[narcon givnesqai to; pa'n). E' un'immagine parallela a quella
della molteplicità senza l'uno fatta balenare da Platone nel Parmenide e
riemergente anche nelle presunte critiche degli Eleati ai pluralisti in De
generatione et corruptione A 8 di cui si parlerà nel terzo capitolo40.
Nel resoconto parallelo di Sesto in Pyrrh. hyp. 3,152 manca sia la critica
agli atomisti sia la conseguente spiegazione della sottrazione kat ejpivnoian
fino ai principi e rimane solo l'opposizione rigidamente binaria fra corpo-
reo e incorporeo nella forma tipica anche di altri passi dossografici di
Sesto e in generale di una certa tradizione sui principi: degli invisibili al-
cuni sono corporei (atomi, o[gkoi), altri incorporei (figure, idee, numeri).
Il brano di Sesto non riproduce comunque alla lettera il discorso dei
Pitagorici-Accademici come è evidente sia dallo stile che dagli incisi sparsi
qua e là. Uno di questi è il richiamo ad Epicuro al paragrafo 257. I "Pita-
gorici" concludono infatti la loro argomentazione contro i principi corpo-
rei ribadendo che l'unica possibile soluzione rimane quella di cercare dei
principi incorporei. A questo punto viene introdotta la seguente osserva-
zione completamente anacronistica in un discorso fatto da Pitagorici-Ac-
cademici:
Cosa che anche Epicuro ha ammesso, dicendo che il corpo è concepito per ag-
gregazione di figura, grandezza, solidità e peso41.
La proposizione relativa e per di più espressa all'aoristo segnala comunque
che si tratta di un inciso42. Il discorso dei Pitagorici-Accademici è infatti
condotto tutto al presente.
Che dunque i principi dei corpi visibili solo col pensiero debbano
essere degli incorporei è evidente, continua il testo, ma il solo fatto di
essere incorporei non li qualifica automaticamente come principi. Infatti
anche Platone ha riconosciuto che le idee, pur essendo incorporee e
preesistenti ai corpi, che si generano secondo il loro modello, non sono
principi in quanto ciascuna idea presa in sé è uno, ma in combinazione
con altre è due, tre o quattro; dunque esse sono governate dal numero43.
Nel resoconto parallelo degli Schizzi pirroniani mancano completamente le
osservazioni su Platone, le quali quindi risalgono con molta probabilità al
testo originario dei cosiddetti Pitagorici. Se Alessandro sosteneva che
Aristotele, nel Peri; tajgaqou', attribuiva a Platone il superamento della
dottrina delle idee verso i principi, uno e diade, Simplicio faceva risalire
questa notizia non solo al libello aristotelico, ma anche alle altre redazioni
della lezione platonica sia di Speusippo che di Senocrate e di altri allievi44.
Dunque questo passaggio dalle idee al numero si integra perfettamente
con l'ipotesi dell'utilizzazione di uno scritto degli allievi di Platone da parte
della tradizione cui la fonte di Sesto si richiama45.
Dopo l'accenno alla teoria platonica delle idee, i Pitagorici-Accademici
procedono ad esporre il passaggio dai corpi agli elementi incorporei fino
ai principi primi, l'uno e la diade indefinita:
e le figure solide, che hanno una natura incorporea, vengono pensate prima dei
corpi, ma ancora non sono i principi di tutte le cose; infatti nella rappresenta-
zione mentale vengono prima le superfici poiché i solidi sono formati da queste.
Ma neppure le superfici possono essere poste come principi di tutte le cose; in-
fatti ciascuna di esse a sua volta è composta da elementi che la precedono, le li-
nee, e le linee hanno come presupposti i numeri in quanto la figura composta di
tre linee si chiama triangolo e quella composta di quattro quadrangolo. E poiché
la semplice linea non viene pensata senza il numero, ma, condotta da un punto
all'altro, segue il due e tutti i numeri cadono anch'essi sotto l'uno (infatti la diade
è una diade e anche la triade è un uno e la decade è una somma di numeri). Pren-
dendo le mosse da queste considerazioni, Pitagora ha posto come principio delle
cose esistenti la monade per partecipazione alla quale ciascuna delle cose esistenti
si dice uno. E questa, pensata secondo l'identità con se stessa, viene pensata
come monade, aggiunta a se stessa secondo la diversità, costituisce la cosiddetta
diade indefinita in quanto non è nessuna delle diadi numerabili e definite, ma
tutte vengono pensate come tali per partecipazione a questa. Dunque due sono i
principi degli esseri: la prima monade, per partecipazione alla quale tutte le mo-
43 Adv. Math. 10,258 h[dh de; oujk ei[ tina proufevsthke tw'n swmavtwn ajs wvmata, tau't ejx
ajnavgkh" stoicei'av ej sti tw'n o[ntwn kai; prw'taiv tine" ajrcaiv. ijdou; ga;r kai; aiJ ijdevai ajswvma-
toi ou\sai kata; to; n Plav twna proufesta'si tw' n swmavtwn, kai; e{kaston tw'n ginomev nwn
pro;" auj ta; " giv netai: ajll ou[k eijsi tw'n o[ ntwn ajrcaiv, ejpeivper eJkavsth ijdev a kat ijdivan me; n
lambanomev nh e} n ei\nai levgetai, kata; suvllhyin de; eJ tevra" h] a[llwn duv o kai; trei'" kai;
tevssare", w{ste ei\naiv ti ejpanabebhko; " aujtw' n th'" uJpostavs ew", to; n ajriqmovn, ou| kata; me-
toch;n to; e} n h] ta; duvo h] ta; triv a h] ta; touvtwn e[ti pleivona ejpikathgorei'tai aujtw' n.
44 Xenocr. Fr. 98 IP (Simpl. In Phys. 187a 12, 151,6-11).
45 Gaiser 1968b, 66 emargina la notizia su Platone come aggiunta ellenistica. Se fosse tale,
non si capisce perché non dovrebbe comparire, per lo meno in accenno, anche nella ver-
sione degli Schizzi pirroniani.
74 Principi corporei/ incorporei
nadi numerabili sono pensate come monadi, e la diade indefinita, per partecipa-
zione alla quale le diadi definite sono diadi46.
Il resoconto è qui in alcuni punti sicuramente distorto in quanto la tetrade
nella dottrina delle idee-numero non ha come corrispettivo geometrico il
quadrangolo, ma la piramide e c'è una confusione fra la diade come primo
dei numeri e la diade-principio (v. infra), ma il procedimento di sottrazione
dal corpo alla linea riproduce quello che si trova anche in altre testimo-
nianze sulla dottrina delle idee-numero. Nel resoconto degli Schizzi ven-
gono assunti come principi incorporei, in sequenza, le figure, le idee e i
numeri47 senza alcun accenno al metodo di sottrazione, come se si trat-
tasse di entità a sé stanti.
Tra gli anni quaranta e cinquanta Paul Wilpert, nella sua opera di raccolta
di testimonianze sulla dottrina non scritta di Platone, aveva creduto di
individuare in questo brano di Sesto Empirico un frammento delle lezioni
Sul bene di Platone e ipotizzato conseguentemente una opposizione di
quest'ultimo a Democrito48. In seguito, tuttavia, anche chi ha riconosciuto
46 Adv. Math. 10,259-262 kai; ta; sterea; schvmata proepinoei'tai tw'n swmavtwn, ajswvmaton
e[conta th;n fuv sin: ajll ajnavpalin ouj k a[rcei tw'n pavntwn: proavgei ga;r kai; touvtwn kata;
th;n ejpivnoian ta; ejpivpeda schvmata dia; to; ejx ejkeiv nwn ta; sterea; sunivstasqai. ajlla; me;n
oujde; ta; ejpivpeda schvmata qeivh ti" a] n tw' n o[ ntwn stoicei'a: e{kaston ga;r aujtw'n pavlin ejk
proagovntwn suntivqetai tw'n grammw' n, kai; aiJ grammai; proepinooumevnou" e[cousi tou;"
ajriqmouv", parovson to; me; n ejk tw' n triw'n grammw'n trivgwnon kalei'tai kai; to; ej k tessavrwn
tetrav gwnon. kai; ejp ei; hJ aJplh' grammh; ouj cwri;" ajriqmou' nenovhtai, ajll ajpo; shmeivou ejpi;
shmei'on aj gomev nh e[cetai tw' n duei' n, oi{ te ajriqmoi; pav nte" kai; aujtoi; uJpo; to; e}n peptwv kasin
(kai; ga;r hJ dua;" miva ti" ejsti; duav ", kai; hJ tria; " e{ n ti ejstiv, triav ", kai; hJ deka; " e} n ajriqmou'
kefavl aion), e[nqen kinhqei;" oJ Puqagovra" ajrch; n e[fhsen ei\ nai tw' n o[ ntwn th; n monavd a, h|"
kata; metoch;n e{kaston tw' n o[ ntwn e}n levgetai: kai; tauvthn kat aujtovthta me; n eJauth'" no-
oumev nhn monavd a noei'sqai, ejpisunteqei's an d eJauth'i kaq eJterovthta ajp otelei'n th;n ka-
loumev nhn ajovriston duavda dia; to; mhdemiv an tw' n ajriqmhtw'n kai; wJrismevnwn duavdwn ei\ nai
ªth;n secl. Heintzº aujthv n, pavs a" de; kata; metoch;n aujth'" duavd a" nenoh'sqai, kaqw;" kai; ejpi;
th'" monavdo" ejlev gcousin: duvo ou\ n tw' n o[ ntwn ajrcaiv, h{ te prwvth monav ", h|" kata; metoch;n
pa'sai aiJ ajriqmhtai; monavde" noou'ntai monavde", kai; hJ ajovristo" duav", h|" kata; metoch;n aiJ
wJrismevnai duavde" eijsi; duavde".
47 Pyrrh. hyp. 3,152 tw'n de; ajdhvlwn ta; mevn ejsti swvmata, wJ" aiJ a[tomoi kai; oiJ o[gkoi, ta; de;
ajswvmata, wJ " schvmata kai; ijdev ai kai; ajriqmoiv. w| n ta; me;n swvmatav ej sti suv nqeta, sunestw'ta
e[k te mhv kou" kai; plavtou" kai; bavqou" kai; aj ntitupiva" h] kai; bavrou". ouj movnon a[ra a[dhla
ajlla; kai; ajswvvmatav ejsti ta; stoicei' a. ajlla; kai; tw'n ajswmavtwn e{kaston ejpiqewrouvmenon
e[cei to;n ajriqmovn: h] ga;r e{ n ejstin h] duvo h] pleivw. di w|n sunav getai o{ti ta; stoicei'a tw'n
o[ntwn eijsi;n oiJ a[dhloi kai; ajswv matoi kai; pa' sin ejpiqewrouvmenoi ajriqmoiv. kai; oujc aJplw'",
ajll h{ te mona;" kai; hJ kata; ejpisuv nqesin th'" monavdo" ginomev nh ajovristo" duav ", h| " kata;
metousiv an aiJ kata; mevro" givgnontai duavde" duavde".
48 Wilpert 1941, 229-248; 1949, 128ss.; 1950, 49-66.
Capitolo secondo 75
53 Su questa linea si pone la risposta data da Krämer 1964, 156ss. alle critiche rivoltegli da
Vlastos 1963, 644-648 il quale, adducendo l'argomento della rielaborazione tarda, negava la
possibilità di una eventuale presenza di materiale originale accademico nel brano. Ciò che
invece risulta più problematico della tesi di Krämer, come vedremo, è che il brano di Sesto
riporti effettiva dottrina platonica non filtrata dall'interpretazione degli allievi. Sull'amplifi-
cazione da parte della dossografia di problematiche e discussioni originarie, cf. Mansfeld
1992b e 2002 che tratta in particolare il materiale peripatetico.
54 Cf. e.g. quella fra Alessino il megarico e il suo contemporaneo Zenone stoico e degli stoici
successivi contro Alessino (Adv. Math. 9,108-110); fra Diogene di Babilonia e gli oppositori
di Zenone (9,133s.).
55 Metaph. A 9, 992a 24-29, v. supra, n. 3; cf. anche Phys. B 1, 193a 5ss.
Capitolo secondo 77
senza che possa mai venire dissolto"56. Tale esegesi dei principi empedo-
clei è tuttavia, molto probabilmente, già accademica e deriva da una rein-
terpretazione della dottrina empedoclea alla luce della teoria corpuscolare
di Eraclide Pontico. Egli aveva infatti assunto come componenti ultime
dei corpi piccole masse prive di connessioni al loro interno (a[narmoi
o[gkoi), e quindi ulteriormente scomponibili, separate da pori57. In Sesto i
"Pitagorici" fanno presente che l'assumere come principi dei corpi intelle-
gibili, siano essi atomi o corpuscoli ulteriormente divisibili come gli o[gkoi,
equivale ad una progressione all'infinito: in quanto corpi essi si possono
sempre immaginare composti di altri corpi senza poter arrivare ad un
principio ordinatore del tutto.
3. Il brano di Sesto si stacca da tutto il resto della tradizione dossogra-
fica tarda di marca teofrastea in quanto è l'unico non solo a presentare
una contrapposizione fra atomismo e dottrine "pitagoriche" dei principi,
superando lo schema della concordanza di fondo58, ma anche a confron-
tare gli atomi non con i triangoli del Timeo, bensì con la