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M.

Laura Gemelli Marciano


Democrito e l’Accademia
Studia Praesocratica

Herausgegeben von / Edited by


M. Laura Gemelli Marciano · Richard McKirahan
Oliver Primavesi · Christoph Riedweg
Gotthard Strohmaier · Georg Wöhrle

Band 1


Walter de Gruyter · Berlin · New York
Democrito e l’Accademia
Studi sulla trasmissione dell’atomismo antico
da Aristotele a Simplicio

di
M. Laura Gemelli Marciano


Walter de Gruyter · Berlin · New York

앝 Gedruckt auf säurefreiem Papier,
das die US-ANSI-Norm über Haltbarkeit erfüllt.

ISBN 978-3-11-018542-3

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A Clarisse
Premessa

Questo lavoro è la rielaborazione della mia Habilitationsschrift approvata


dalla Philosophische Fakultät I di Zurigo nel semestre estivo 1995. E' passato
da allora molto tempo. La ragione di questa lunga gestazione sta princi-
palmente nel fatto che, immediatamente dopo la libera docenza, mi sono
dedicata ad una edizione commentata di una larga scelta di frammenti dei
cosiddetti presocratici anch'essa in fase di pubblicazione. In ogni caso il
lavoro sulle fonti e i problemi che avevo allora impostato sono, a mio
avviso, a tutt'oggi estremamente attuali. Negli anni trascorsi dalla prima
stesura di questo testo la ricerca sull'atomismo antico, se si esclude lo stu-
dio di P.-M. Morel, Démocrite et la recherche des causes, Paris 1996, che però
coinvolge una tematica più ampia ed è condotto con metodi e scopi di-
versi rispetto a questo lavoro, non ha registrato grandi progressi per
quanto riguarda l'analisi delle fonti. La Quellenforschung sembra essere pas-
sata di moda soprattutto fra gli storici della filosofia. Eppure, proprio lo
studio dell'atomismo antico, che conosciamo in grandissima parte solo
attraverso la trasmissione indiretta, non può prescindere da una analisi
precisa e dettagliata dei contesti e delle tradizioni attraverso cui le testimo-
nianze sono state tramandate. Dato che spesso le dottrine di Democrito e
Leucippo vengono viste attraverso "gli occhiali aristotelici", ho cercato qui
innanzitutto di esaminare la fattura di questi "occhiali" e mi è sembrato di
poterne ricondurre in parte la fabbricazione anche più indietro, alla discus-
sione delle aporie eleatiche e alla formulazione delle tesi basilari dell'atomi-
smo nell'Accademia platonica. Da Aristotele ho preso poi le mosse per
individuare anche nella tradizione successiva diverse linee di trasmissione
che hanno generato una certa oscillazione nella definizione dell'indivisibi-
lità dell'atomo leucippeo e democriteo nelle fonti tarde. Lascio al lettore
più o meno benevolo il compito, certamente non facile, di seguire questi
percorsi e di trovarne eventualmente dei nuovi. Questa via comporta an-
che la formulazione di ipotesi, ma la ricerca sugli atomisti e sui presocratici
in genere è costellata di ipotesi e le varie teorie sull'indivisibilità dell'atomo
sviluppate da una certa tradizione esegetica moderna lo dimostrano am-
piamente. Se il lavoro di "scavo" da me fatto nella direzione della Quellen-
forschung e nel tentativo di ancorare l'atomismo antico al contesto culturale
del V sec. a.C. contribuirà a scardinare alcuni luoghi comuni, a far vacillare
VIII Premessa

delle sicurezze e a rimettere in moto una discussione costruttiva, lo scopo


sarà raggiunto al di là delle inevitabili critiche che ne seguiranno.
Desidero qui dunque ringraziare J. Barnes che, come relatore esterno
di questa tesi, è stato il primo a sollevare obiezioni costruttive, di cui
alcune mi hanno indotto a correzioni, altre mi hanno stimolato ad appro-
fondire ulteriormente la ricerca nella direzione da me imboccata. Nono-
stante il nostro metodo esegetico e la nostra interpretazione non solo
dell'atomismo, ma dei presocratici in genere divergano sostanzialmente nei
metodi e nei risultati, ho trovato in lui un interlocutore intelligente e di-
sponibile e uno stimolante dialettico.
La mia più grande riconoscenza va al mio maestro, Walter Burkert,
che ha ispirato, seguito e incoraggiato questo lavoro anche in momenti
estremamente difficili per la mia storia personale. Le conversazioni con lui
su questo e su altri temi della cultura antica sono per me, a tutt'oggi, una
sorgente inesauribile di arricchimento scientifico e personale.
Un ringraziamento infine a mio marito Dino, senza il cui costante
supporto questo libro non avrebbe potuto essere portato a termine, e
soprattutto a Clarisse che, irrompendo gioiosamente e talvolta con un
pizzico di impertinenza nel mio "spazio di ricerca", mi ha costantemente
ricordato che l'impegno scientifico non è produttivo e creativo se non è
ancorato ad una realtà viva e globale. A lei è dedicato questo libro.

Giubiasco, 20 Aprile 2007 M. Laura Gemelli Marciano


Indice
Premessa ............................................................................................................. VII

Introduzione
1. Considerazioni generali................................................................................... 1
2. Trasmissione e ricezione dell'atomismo antico
da Aristotele a Simplicio ..................................................................................... 4
2. 1. Democrito nella tradizione medica ............................................ 6
2. 2. Democrito nella tradizione bibliotecario-grammaticale ........ 10
2. 3. Democrito negli scrittori di trattati tecnici
e di storia naturale ............................................................................... 12
2. 4. Leucippo e Democrito nelle scuole filosofiche ...................... 13
3. Interpretazioni moderne dell'atomismo antico .......................................... 23
4. Democrito, l'Accademia e le interpretazioni dell'atomo........................... 29
5. Osservazioni metodologiche......................................................................... 34

Capitolo primo. Platone e Democrito


1. Considerazioni generali.................................................................................. 42
2. Democrito e Platone nella tradizione biografica ....................................... 47
3. Sintesi................................................................................................................ 58

Capitolo secondo. Principi corporei/ incorporei. Atomisti antichi,


Platone, Accademici, da Aristotele a Simplicio
1. Il compito del vero fisico............................................................................... 59
2. La gigantomachia del Sofista e lo schema principi corporei/ incorporei
in Aristotele.......................................................................................................... 61
3. Platone e Democrito in Teofrasto ............................................................... 65
4. La tradizione "diafonica": Accademici contro atomisti in
Sesto Empirico Adv. Math. 10,248-262 (121 L.)............................................. 68
4. 1. Autenticità della polemica antiatomista nell'excursus
di Sesto.................................................................................................... 74
4. 2. Senocrate "figlio dei Pitagorici" e la polemica antiatomista .. 79
4. 3. Una fonte scettica per Sesto ....................................................... 84
5. La tradizione "sinfonica" sui principi di Platone e Democrito................ 90
5. 1. Plutarco De prim. frig. 948 A-C (506 L.)..................................... 91
5. 2. Galeno e i principi di Platone:
PHP 8,3,1 (II,494,26 De Lacy = V,667 K.) ...................................... 92
X Indice

6. Simplicio sui principi di Democrito e Platone ........................................... 95


6. 1. Simpl. In Phys. 188a 17, 179,12 ................................................... 97
6. 2. Simpl. In Phys. 184b 15, 35,22ss.
(67 A 14 DK; 111, 247, 273 L.) ......................................................... 99
6. 3. Simpl. In De cael. 299a 2, 564,10-566,16
(68 A 120 DK; 171 L) ....................................................................... 102
7. Sintesi.............................................................................................................. 107

Capitolo terzo. Le origini dell'atomismo (De gen. et corr. A 8)


1. Considerazioni generali................................................................................ 109
2. Leucippo e gli "Eleati" ................................................................................. 110
2. 1. Il logos eleatico in Aristotele (De gen. et corr. A 8, 325a 2-23):
considerazioni generali ....................................................................... 111
2. 2. Gli strati del logos eleatico .......................................................... 118
2. 2. 1. Lo schema sofistico ........................................................118
2. 2. 2. Le problematiche accademiche del logos:
vuoto, contatto e divisione ......................................................... 122
3. Logoi eleatici nell'Accademia? ......................................................................127
3. 1. Il logos eleatico di Porfirio 135 F Smith
(Simpl. In Phys. 187a 1, 139,24)........................................................ 127
3. 2. "Concedere ai logoi". Aporie eleatiche e loro soluzione
(Arist. Phys. A 3, 187a 1) ................................................................... 133
4. I logoi di Leucippo: De gen. et corr. A 8, 325a 23-b 11
(67 A 7 DK; 146 L.)......................................................................................... 137
4. 1. La prima parte del logos di Leucippo
(De gen. et corr. A 8, 325a 23-30)........................................................ 140
4. 1. 1. Vuoto e movimento ....................................................... 141
4. 1. 2. Vuoto e non essere ......................................................... 143
4. 1. 3. Atomi e uno .....................................................................144
4. 2. Altre prospettive sul vuoto atomistico ...................................... 145
4. 2. 1. Vuoto e non essere: mh; ma'llon to; de;n h] to; mhdevn
(68 B 156 DK; 7, 78 L.)............................................................. 146
4. 2 .2. Vuoto e vuoti. Modalità e funzioni ............................. 152
4. 3. La seconda parte del resoconto aristotelico
(De gen. et corr. A 8, 325a 30-b 11) ............................................ 155
5. Atomisti ed Eleati in Teofrasto e nelle testimonianze tarde .................. 158
5. 1. Theophr. Fr. 229 FHS&G
(Simpl. In Phys. 184b 15, 28,4-15) (67 A 8 DK; 147 L.)............... 158
5. 2. Le testimonianze tarde sui rapporti degli atomisti con gli
Eleati ..................................................................................................... 161
6. Sintesi.............................................................................................................. 163
Indice XI

Capitolo quarto. La dimostrazione della necessità degli indivisibili


(De gen. et corr. A 2)
1. Considerazioni generali................................................................................ 165
2. Democrito e gli Accademici sugli indivisibili: il preambolo
aristotelico (De gen. et corr. A 2, 315b 28-316a 14) ........................................ 169
3. Le due parti del logos sugli indivisibili......................................................... 172
4. Il logos sugli indivisibili. Prima parte. Motivi accademici e
rielaborazioni aristoteliche ............................................................................... 173
4. 1. Divisione mentale e divisione reale
(De gen. et corr. A 2, 316a 15-29) ....................................................... 173
4. 2. Corpi e grandezze indivisibili ................................................... 176
4. 3. Punti, segatura e affezioni
(De gen. et corr. A 2, 316a 30-b 16) .................................................... 177
5. La seconda parte del logos. La dimostrazione "fisica" della
necessità degli indivisibili (De gen. et corr. A 2, 316b 18-35) ........................ 183
6. Sintesi.............................................................................................................. 186

Capitolo quinto. Atomi e minimi. Concetti accademici e


terminologia democritea in Aristotele
1. Minimo privo di parti come misura nell'Accademia ............................... 188
2. Atomi e minimi. L'interpretazione matematizzante
dell'atomo in Aristotele .................................................................................... 194
3. Terminologia accademica nelle denominazioni degli atomi in
Aristotele ............................................................................................................ 205
4. Terminologia atomista in Aristotele .......................................................... 211
5. Sintesi.............................................................................................................. 218

Capitolo sesto. L'indivisibilità dell'atomo di Leucippo e Democrito


nella dossografia tarda
1. Tradizione epicurea e peripatetica:
atomo indivisibile per la solidità ..................................................................... 220
2. Atomi privi di qualità e indivisibili per la solidità.
La tradizione stoicizzante: Accademia scettica e classificazioni
posidoniane ........................................................................................................ 224
2. 1. La critica all'atomo indivisibile e privo di qualità
nell'Accademia scettica....................................................................... 227
2. 1. 1. Cicerone. De natura deorum, Academica............................. 227
2. 1. 2. Plutarco. Contro Colote........................................................ 228
2. 2. La vulgata di matrice posidoniana ........................................ 231
3. Atomo indivisibile per la piccolezza e minimo fisico
negli autori tardi................................................................................................. 234
XII Indice

3. 1. Le premesse. Epicuro fra l'Accademia e Aristotele:


atomi solidi e minimi dell'atomo ...................................................... 235
3. 2. Epicuro contro atomisti antichi sull'indivisibilità dell'atomo
nella tradizione dossografica e negli autori di età imperiale ......... 243
3. 2. 1. Lattanzio........................................................................... 245
3. 2. 2. Pseudo-Plutarco .............................................................. 252
3. 2. 3. Galeno .............................................................................. 257
3. 2. 4. Teodoreto......................................................................... 261
3. 3. Minimo privo di parti ed epitomi dossografiche................... 264
3. 4. Atomo indivisibile per la piccolezza e privo di parti:
atomisti antichi, Aristotele, Epicuro
nei commentatori neoplatonici ......................................................... 266
4. Sintesi.............................................................................................................. 275

Capitolo settimo. L'atomismo antico e il suo contesto culturale


1. Costrizioni cosmiche e vulnerabilità dei corpi. Per una definizione
dei fondamenti eterni ...................................................................................... 278
2. Il grande vuoto: cosmologie orfiche ed embriologia nella cosmogonia
di Leucippo. Per una ridefinizione del vuoto atomistico............................ 284
3. Stavsi" e aggregazione: immagini socio-politiche nella cosmogonia
di Democrito...................................................................................................... 288
4. Effluvi, eidola e inalterabilità dell'atomo..................................................... 290
5. Atomi e pulviscolo: per una ridefinizione dell'atomo ............................. 292
6. Il metodo........................................................................................................ 296
6. 1. Il sostrato "tecnico" del "metodo" democriteo:
caso e causalità..................................................................................... 296
6. 2. La visione dell'invisibile............................................................. 298
6. 2. 1. Visualizzare l'invisibile: l'immagine analogica ............... 299
6. 2. 2. Riconoscere i segni:
i mediatori dell'invisibile e l'esercizio della gnwvmh..................... 305
6. 2. 3. La difficoltà dell'impresa: dichiarazioni "scettiche" e
ottimismo corporativo. Per una revisione dello "scetticismo"
democriteo ..................................................................................... 311
7. Democrito e il Corpus Hippocraticum............................................................ 313
8. Sintesi.............................................................................................................. 320

Sintesi generale .................................................................................................. 323

Bibliografia ......................................................................................................... 330


Indice dei passi .................................................................................................. 352
Introduzione

1. Considerazioni generali
Il complesso di osservazioni e dottrine attribuite a Leucippo e Democrito
ha sofferto, forse più di altri, delle rielaborazioni e dei travisamenti della
trasmissione indiretta. La riemergenza in età ellenistica dell'atomismo nella
forma codificata da Epicuro ha contribuito in larga parte alla scomparsa
delle opere di questi autori dall'orizzonte dei dotti antichi. Il fatto poi che
nella biblioteca di Simplicio, la fonte più copiosa di citazioni letterali dei
presocratici, non si trovassero testi originali degli atomisti ha definitiva-
mente cancellato la possibilità di recuperarli. Di Leucippo non è rimasto
neppure un brandello1. Di Democrito, a fronte delle numerose gnomai
etiche, è sopravvissuta solo una manciata di frammenti fisici di cui è assai
difficile ricostruire il contesto. Tutto il resto sono resoconti mediati dalla
tradizione indiretta. Come è stato più volte sottolineato in questi ultimi
decenni negli studi sulla storiografia filosofica antica, gli interpreti antichi
non erano interessati ad una resa "alla lettera" degli autori di cui trattavano
le opinioni, ma ad un loro inserimento nella problematica di volta in volta
trattata secondo una certa ottica. E' sintomatico il fatto che Aristotele e
Teofrasto, coloro che hanno costituito il modello per questa storiografia
filosofica, raramente riportino citazioni letterali. I loro resoconti mirano
soprattutto a cogliere la diavnoia di quanto i loro predecessori hanno
detto, vale a dire ad estrapolare da testi talvolta oscuri e soprattutto nati in
un clima culturale diverso da quello dell'Atene del IV sec. a.C., quello che
essi hanno potuto comprendere nell'ottica del problema che stanno di-
scutendo. Questo è naturalmente gravido di conseguenze per la forma e
per il contenuto del resoconto stesso. L'immagine dell'atomismo antico
che ci rimandano Aristotele, Teofrasto e in generale le fonti antiche co-
stituisce dunque una visione filtrata da quelli che O'Brien ha indicato con

1 Quella che viene riportata da Stobeo 1,4,7c (67 B 2 DK; 22 L.) al Peri; nou' di Leucippo
(un'opera indicata invece come democritea nel catalogo di Trasillo) è sicuramente dovuta
ad una confusione di lemmi (la doxa precedente, quasi simile a questa, viene attribuita a
Parmenide e Democrito), cf. Diels 1879, 321 app. ad loc., Rohde 1881 [I, 1901, 249 n. 2].
2 Introduzione

una espressione felice come pré-jugé (nel senso etimologico di "opinione


anteriore ad un giudizio", accettata senza essere sottoposta ad esame) e
pré-supposé ("trama concettuale implicita preesistente" che costituisce il
sistema di riferimento dell'esegeta e attraverso la quale viene filtrata ogni
notizia). Soprattutto quest'ultimo, agendo a livello subliminale, preclude
all'interprete la reale comprensione di ciò che non è conforme alla sua
cultura e alle sue forme di pensiero2.
Queste due categorie condizionano tuttavia non solo la trasmissione
antica, ma anche l'interpretazione moderna. Si tratta di un problema ri-
proposto sempre più frequentemente nella storia della filosofia degli ultimi
decenni, ma risolto a volte troppo sbrigativamente con l'affermazione che
ogni tentativo di interpretare la cultura del passato è comunque una co-
struzione basata su pre-giudizi e pre-supposti e che una interpretazione
"filosofica" deve estrarre quei "nuclei" di pensiero, quelle idee che, pur
non espresse nella forma che hanno assunto in epoche posteriori, hanno
avuto uno sviluppo produttivo per la storia della filosofia fino ai nostri
giorni3. E' opportuno fare qualche precisazione su questo punto perché
l'interpretazione dell'atomismo antico, da Aristotele in poi, ha sofferto più
di ogni altra delle conseguenze di questa prospettiva.
Il problema della "traduzione" da un sistema culturale all'altro e della
commensurabilità delle culture è un tema su cui gli antropologi discutono
da più di mezzo secolo passando attraverso posizioni perfettamente pa-
rallele a quelle sopra citate e riconoscendone i limiti e i pregi. Da queste
discussioni, però, essi hanno imparato a riflettere sui propri metodi e sui
propri presupposti traendone stimoli per allargare il loro orizzonte meto-
dologico. Così Tambiah (1993, 157) sintetizza il compito dell'antropologo
rispetto al problema della traduzione delle culture
La «traduzione delle culture» implica la cosiddetta «doppia soggettività», caratteri-
stica del modo in cui oggigiorno si praticano le scienze sociali, ma estranea alle
scienze fisiche. La doppia soggettività implica simpatia ed empatia oltre che di-
stanza e neutralità da parte di colui che osserva, analizza e interpreta i fenomeni
sociali: l'osservatore deve prima addentrarsi quanto più possibile «soggettiva-
mente» nella mente degli attori e comprenderne le intenzioni e le reazioni alla
luce delle loro categorie di significato, e dopo, o contemporaneamente, deve di-
stanziarsi da quei fenomeni e tradurli o disegnarli secondo il linguaggio comune e
le categorie occidentali, cosa che a sua volta favorisce un processo di autoanalisi,
attraverso cui approfondiamo la comprensione di noi stessi, delle nostre valuta-
zioni e dei nostri presupposti culturali.
Questa prospettiva mi sembra estremamente utile per definire anche un
metodo di approccio agli atomisti e ai cosiddetti presocratici in generale.

2 O'Brien 1982, 189s.


3 Cf. e.g. Makin 1993.
Introduzione 3

Gli storici della filosofia tendono infatti a saltare il primo gradino dell'ana-
lisi, quello dell'empatia, del tentativo (per quanto difficile e limitato da
impedimenti oggettivi) di sintonizzarsi attivamente col contesto culturale
dell'autore esaminato, di capire quale mondo si nasconda al di là della
diavnoia che i vari interpreti antichi hanno attribuito alle sue affermazioni.
Come causa del rifiuto di penetrare in questa atmosfera viene general-
mente addotto il fatto che il materiale a disposizione per ricostruire il
contesto culturale dell'autore è scarso e parziale. Questo è vero solo in
parte. Spesso, anche quando c'è, si rifiuta insistentemente di prenderne
atto perché lo si giudica di scarso interesse filosofico4. In generale si ignora
la possibilità di aprire la prospettiva a testi di altro tipo, anche contempo-
ranei all'autore studiato, ad eventuali testimonianze storiche e archeologi-
che e si fa come se intorno a lui non ci fosse stata una vita sociale, politica
e un clima culturale specifico. Emarginare questo genere di ricerca dalla
storia della filosofia non è dunque una opzione giustificata dal taglio "filo-
sofico", ma una omissione che, oltre a perpetuare in modo irriflesso i
presupposti teorici su cui sono basati i giudizi e le analisi moderne, fa
perdere di vista le reali dimensioni della dottrina stessa.
La storia delle interpretazioni dell'atomismo antico da Aristotele fino
alla tarda antichità, per la natura stessa dei presupposti più o meno espli-
citati dagli autori, è dunque marcata dalla "traduzione anempatica" in cate-
gorie culturali eterogenee. Non si tratta qui di dare un giudizio di valore,
ma di riconoscere un dato di fatto che deve essere tenuto ben presente
all'atto della valutazione delle fonti. Anch'esse hanno bisogno di una con-
testualizzazione. Questo discorso vale non solo per i resoconti indiretti,
ma anche per le citazioni letterali. Anche queste si inseriscono in un con-
testo pre-supposto e vengono finalizzate alla dimostrazione di tesi diverse
da quella originaria. Dunque, laddove ci sono delle citazioni letterali o
presunte tali, in particolare negli autori tardi, non c'è necessariamente an-

4 Paradigmatica a questo proposito è la posizione di Barnes 1982, XVI: "In speaking sli-
ghtingly of history I had two specific things in mind—studies of the 'background' (econo-
mic, social, political) against which the Presocratics wrote, and studies of the network of
'influences' within which they carried on their researches. For I doubt the pertinence of
such background to our understanding of early Greek thought[…]. I am sceptical, too, of
claims to detect intellectual influences among the Presocratics. The little tufts of evidence
which bear upon the chronology of those early publications are, as I observed in more than
one connection, too few and too scanty to be woven into the sort of elegant tapestry which
we customarily embroider in writing the histories of modern philosophy. Much of the hi-
storical detail with which scolarship likes to deck out its studies is either merely impertinent
or grossly speculative". E' curioso osservare come proprio l'autore di una ricostruzione su
base analitica altamente speculativa del "pensiero" dei cosiddetti presocratici proietti questa
caratteristica sulle ricostruzioni del contesto storico-culturale di questi personaggi. Sull'in-
terpretazione decontestualizzata in particolare di Parmenide ed Empedocle, cf. Kingsley
1995a, 2002, 2003.
4 Introduzione

che una conoscenza diretta del testo integrale e, soprattutto, non c'è una
interpretazione neutrale. La citazione letterale, estrapolata già in origine
dal proprio contesto, si è spesso tramandata anche quando l'opera intera
non era più letta o era andata perduta5. La trasmissione all'interno di una
tradizione specifica ha giocato in alcuni casi un ruolo di primo piano e
talvolta si è imposta anche quando il citatore conosceva di prima mano i
testi: il famoso verso di Parmenide: ouj ga;r mhvpote tou't oujdamh'i ei\nai mh;
ejovnta (28 B 7,1 DK) citato in questa forma metricamente zoppicante da
Platone6, viene riprodotto tale e quale da Aristotele7 e da Simplicio che
pure riporta una porzione più ampia del testo parmenideo8. La presenza di
citazioni letterali non è dunque una prova inconfutabile della conoscenza
o dell'utilizzazione diretta da parte del citatore del testo integrale di un'o-
pera e tantomeno dell'intera produzione dell'autore citato e, soprattutto,
nasconde le stesse insidie del pre-giudizio e del pre-supposto della tra-
smissione indiretta.
Queste premesse sono indispensabili in quanto l'argomento discusso
nel presente lavoro è caratterizzato dal problema della trasmissione nella
sua più acuta ed estrema manifestazione, dunque può essere affrontato e
trattato solo attraverso una dettagliata analisi delle fonti, ma anche con lo
sguardo rivolto al contesto culturale del V sec. a.C. in cui Leucippo e De-
mocrito hanno vissuto e agito.

2. Trasmissione e ricezione dell'atomismo antico


da Aristotele a Simplicio
Dal momento che la fisica leucippea e democritea si è trasmessa quasi
esclusivamente per via indiretta, si rende innanzitutto indispensabile una
breve panoramica sulla ricezione di Democrito e di Leucippo nell'antichità
per definire preliminarmente e brevemente i percorsi di questa trasmis-
sione. E' opportuno, però, premettere che Leucippo viene citato da solo
unicamente in alcuni passi di Aristotele e nei resoconti risalenti a Teofra-
sto. Quest'ultimo gli attribuiva il Mevga" diavkosmo"9 ritenendolo più antico
dei libri di Democrito e di Diogene di Apollonia; affermava infatti che

5 Cf. su questo Gemelli Marciano 1998.


6 Soph. 237a. La lezione tou'to damh'i che si legge nelle edizioni del Sofista è dovuta ad una
correzione operata dagli editori in base al testo del frammento in due codici di Simplicio, v.
infra, III 3. 2 n. 84.
7 Metaph. N 2, 1089a 3.
8 In Phys. 187a 1, 143,31. Per la discussione del passo, v. infra, III 3. 2 n. 84.
9 Diog. Laert. 9,46 (68 A 33 (III) DK; CXV (III) L.).
Introduzione 5

Leucippo era stato maestro dell'uno e modello per l'altro che lo aveva in
parte imitato10. Se Democrito nasce intorno al 460 a.C., la presunta data di
nascita di Leucippo dovrebbe cadere intorno al 500 a.C. e la sua attività
intorno agli anni '60 del V sec. a.C. Egli era dunque probabilmente un
contemporaneo di Anassagora e di Zenone e un poco più vecchio di Em-
pedocle e di Melisso. Epicuro e il suo discepolo Ermarco11 ne mettevano
tuttavia in dubbio l'esistenza e Trasillo inseriva nel catalogo delle opere di
Democrito anche il Mevga" diavkosmo". La questione della storicità di Leu-
cippo e della differenza fra le sue tesi e quelle democritee è stata molto
dibattuta alla fine del secolo scorso12. Oggi non è una priorità in quanto
non sembra possibile isolare l'uno dall'altro per lo meno per quanto ri-
guarda la concezione dell'atomo. Democrito si distingue piuttosto per una
vasta produzione libraria che abbraccia tutti i campi della polymathia del
suo tempo compresa la letteratura tecnica. Al di là delle possibilità di di-
stinzione delle dottrine vale però la pena tener conto di un fatto: se è Leu-
cippo il primo ad aver formulato l'ipotesi di un mondo fatto di "atomi",
l'atmosfera in cui egli l'ha sviluppata è quella degli anni '60 non degli anni
'20 del V sec. a.C. Difficilmente egli può aver tenuto conto degli scritti di
Zenone o di Melisso o di Anassagora. Si pone dunque il problema della
filiazione eleatica nella forma espressa da Aristotele e ripresa da Teofrasto.
Il fatto che di Leucippo sia rimasta una labile traccia anche nelle testimo-
nianze indirette è da imputare ad una specie di destino connaturato alla
storia stessa dell'atomismo: le versioni più recenti hanno infatti cancellato
quelle più antiche e l'avversione della grande maggioranza degli autori
antichi contro gli Epicurei ha fatto il resto. Democrito ha "riassorbito"
Leucippo, Epicuro ha praticamente eclissato ambedue e, a causa dell'osti-
lità verso le tesi atomistiche diffusa nelle scuole filosofiche e mediche di
età imperiale, sono spariti dall'orizzonte non solo i testi degli Epicurei e, in
parte, anche quelli del loro fondatore, ma anche quelli di medici che so-
stenevano tesi corpuscolariste come Erasistrato e Asclepiade. L'atomismo
accademico è, dal canto suo, naufragato molto presto sotto il peso del
giudizio aristotelico. Qui di seguito fornirò dunque una panoramica prin-
cipalmente della ricezione di Democrito in quanto Leucippo compare
solamente nella tradizione risalente a Teofrasto. Per il resto il suo nome è
veicolato da quello del suo più famoso successore.
Partendo da Aristotele, il primo che abbia trattato diffusamente degli
atomisti antichi, si possono distinguere grosso modo quattro filoni,

10 Theophr. 226 A FHS&G (Simpl. In Phys. 184b 15, 25,1).


11 Apollod. ap. Diog. Laert. 10,13 (67 A 2 DK; LXXV L.).
12 Ricordo qui solo come esempio la polemica fra Rohde 1881 [1901] e Diels 1881 [1969],
1887. Per una bibliografia e una discussione sulla questione, rimando ad Alfieri 1936, 8 n.
27; Guthrie, II, 1965, 382 n. 1.
6 Introduzione

ognuno dei quali mostra proprie peculiarità nella scelta, nell'interpreta-


zione e nella trasmissione dei testi:
1. La tradizione medica.
2. L'ambito bibliotecario-grammaticale.
3. L'ambito degli scrittori di storia naturale e di trattati tecnici.
4. Le scuole filosofiche.
Il nome di Leucippo compare unicamente nella tradizione filosofica,
mentre il protagonista nella altre tradizioni è Democrito autore anche di
un gran numero di scritti tecnici.

2. 1. Democrito nella tradizione medica

Democrito ha goduto, non solo come filosofo, ma soprattutto come au-


tore di scritti medici, di grande autorità nella tradizione medica fino all'età
imperiale e oltre, testimoniata anche dal fiorire di opere spurie e dalla leg-
genda del suo incontro con Ippocrate. L'interesse dei medici si appunta,
per ovvi motivi, principalmente sulle affermazioni democritee riguardanti
la biologia umana, le malattie e il loro trattamento13, ma talvolta, soprat-
tutto presso i medici di età ellenistica e imperiale, anche su più generali
affermazioni di carattere epistemologico e metodologico.
Citazioni e testimonianze indirette sulla biologia umana si sono
tramandate attraverso la tradizione medica come il detto, parzialmente
riportato da diversi autori di età imperiale a cominciare da Plinio, che
definisce l'atto sessuale una "piccola epilessia"14 e una doxa sulla nutrizione

13 Non tutte quante le testimonianze su questo tema classificate da Diels e da altri come
spurie devono essere per forza tali. Se Democrito ha scritto opere di carattere medico spe-
cialistico come la Ihtrikh; gnwvmh non stupisce che egli abbia parlato delle malattie e di un
loro eventuale trattamento. Cf. su questo Gemelli Marciano 2007, 220-224.
14 Questo (e non ajpoplhxivh) è il termine riportato in tutte le fonti riconducibili ad una tradi-
zione medica. Il detto compare per lo più in contesti che sottolineano gli effetti negativi
dell'atto sessuale. Galeno, nei commenti al terzo e sesto libro delle Epidemie ne attribuisce la
citazione a Sabino, un medico vissuto nella prima metà del II sec. d.C. il quale utilizza
spesso un altro commentatore ippocratico, Rufo Efesio, a sua volta citatore di testimo-
nianze più antiche (cf. Deichgräber 1965, 29 n. 1.). Gal. In Hipp. Epid. III 1,4 (25,3 Wenke-
bach = XVII A,521 K.) (68 B 32 DK; 527 L.) sumbaivnei toi'" ojyimaqevsin ejnantiwvmata
levgein ajkaivrw" fluarou' sin. tiv" ga;r h\ n aj navgkh gravf ein Dhmovkriton me;n eijrhkev nai mi-
kra;n ejpilhyivan ei\ nai th; n sunousivan, Epivkouron de; mhdevpote me; n wjf elei'n ajfrodisivwn
crh'sin, ajgaphto; n dæ, eij mh; blavyeien… ejpi; ga;r tw'n ejx ajfrodisivwn ajmevtrwn noshsav ntwn
ejcrh'n eijrh'sqai tou;" lovgou", ouj k ejpi; tw'n ej nantivw" aujtoi'" diaithqevntwn. ajllæ o{mw" kai;
tau'tæ e[grayan oiJ peri; to;n Sabi'non, ouj k aijsqanovmenoi th'" ej nantiologiva" ª...º kai; tau'ta
gravfousin aujtoi; mnhmoneuvs ante" ej n th'i tw'n prokeimevnwn ej xhghvs ei Dhmokrivtou te kai;
Epikouvrou, mhdevpw mhde; n aj gaqo; n ejx ajfrodisivwn genevsqai faskov ntwn. Cf. Gal. In Hipp.
Epid. VI 3,12 (138,3 Wenkebach-Pfaff = XVII B,28 K.) A questa tradizione medica si rial-
lacciano anche gli autori latini che riportano il frammento. Così Plin. Nat. hist. 28,58; Gell.
Introduzione 7

dell'embrione nell'utero15. Alcune affermazioni sulle cause delle malattie


sono state mediate da Sorano16.
Fra il I sec. a.C. e i primi anni del I sec. d.C., in un clima di recupero
degli antichi, Democrito ha avuto una reviviscenza in ambito medico fra
personaggi che in qualche modo a lui si richiamavano17. Cicerone nomina
dei non ben identificati Democritii in due passi. Dal primo si deduce solo
che si tratta di un gruppo ristretto18, nel secondo si accenna alla divergenza
fra costoro e gli Epicurei nell'interpretazione della dottrina di Democrito
su un tema tipicamente medico quale quello della persistenza della sensa-
zione e del dolore nei corpi morti19. "Democritei" compaiono anche in
una Quaestio convivalis di Plutarco ancora in relazione ad un argomento
medico come l'irrompere nel mondo di malattie prima sconosciute quali
l'idrofobia e l'elefantiasi. Dato che queste erano state trattate in particolare
da Temisone, allievo ribelle di Asclepiade e precursore della scuola meto-

19,2,8 che attribuisce la prima parte del detto a Ippocrate stesso. Cf. inoltre Stob. 3,6,28
che la riporta ad Erissimaco, il medico del Simposio platonico; Clem. Paed. 1,94; [Gal.] An
animal sit 5 (XIX,176 K). A questa citazione allude probabilmente anche il medico Zopiro
nelle Quaestiones convivales (653 Bss.) di Plutarco. La versione più precisa e più ampia veniva
invece riportata negli gnomologi. La lezione ajpoplhxivh si incontra infatti solo in Stob.
3,6,28 (xunousivh ajpoplhxivh smikrhv: ejxevssutai ga;r a[nqrwpo" ejx ajnqrwvp ou), in un conte-
sto etico, ed è sottesa alla citazione in Hippol. Ref. 8,14 che la attribuisce però all'eresiarca
Monoimo l'Arabo e la colloca sullo sfondo dell'interpretazione allegorica delle piaghe d'E-
gitto: Æa[nqrwpo" ãga;rà ejx ajnqrwvpou ejxevsãsÃutaiÆ, fhsivn, Ækai; ajpospa'tai, plhgh'i tini
merizovmeno"Æ. Anche costui potrebbe aver tratto la citazione da gnomologi. Sulla trasmis-
sione di questo frammento, cf. Gemelli Marciano 2007, 215-217.
15 La doxa sulla nutrizione dell'embrione attraverso piccole mammelle poste nell'utero viene
citata anonima in Arist. De gen. anim. B 4, 746a 19 (68 A 144 DK; 535 L.), ma attribuita a
Democrito da Ps.-Plut. 5,16, 907 D (68 A 144 DK; 536 L.), cf. [Gal.] Hist. Phil. 120. In P.
Flor. 115 B (Manetti 1985, 177) la stessa doxa è attribuita anche ad Alcmeone.
16 Cf. Soran. 3,4 (17,25 Bourguière-Gourevich = 105,1 Ilberg) (68 A 159 DK; 567a L.) che
critica l'eziologia democritea dell'infiammazione (flegmonhv) dal flegma (inteso evidente-
mente come elemento caldo, cf. anche Philol. 44 A 27 DK). A Sorano attinge Celio Aure-
liano quando attribuisce a Democrito la spiegazione dell'idrofobia come un'infiammazione
dei tendini e la rispettiva cura con decotto di origano (Acut. 3,14,112ss.). Questa testimo-
nianza è stata considerata spuria dal Diels e dagli altri editori senza una ragione precisa. Se
l'idrofobia come tale sembra essere stata riconosciuta solo alla fine dell'età repubblicana,
dal testo di Celio risulta chiaro che Democrito non si riferiva a questa malattia e alla sua te-
rapia, ma a due forme di spasmo come l'opistotono (Acut. 3,15,120) e l'emprostotono
(Acut. 3,14,112). Su questo, cf. Gemelli Marciano 2007, 221s.
17 Si trattava evidentemente di tendenze arcaizzanti che riprendevano in una certa ottica le
tematiche e gli autori presocratici. Anche Enesidemo, il fondatore del neopirronismo, si ri-
chiamava in molti punti ad Eraclito (cf. l'espressione di Sesto Aijnesivdhmo" kata; ÔHravklei-
ton, infra, n. 21).
18 Cic. Hort. Fr. 53 Straube-Zimmermann (Non. De comp. doctr. 418,13 Lindsay) Itaque tunc
Democriti manus urguebatur; est enim non magna.
19 Cic. Tusc. 1,34,82 (68 A 160 DK; 586 L.) Num igitur aliquis dolor aut omnino post mortem sensus
in corpore est? nemo id quidem dicit, etsi Democritum insimulat Epicurus, Democritii negant.
8 Introduzione

dica20 e dai suoi discepoli, siamo ricondotti ad un gruppo di medici vissuti


in età tardo-repubblicana e sotto il primo impero, collegato sì ad Ascle-
piade, ma anche critico nei suoi confronti, che si richiamava a Democrito.
Nella dossografia sull'egemonico riemergono ancora indizi che rimandano
allo stesso ambito. Sesto riferisce che "alcuni, secondo Democrito", soste-
nevano che la sede del pensiero era in tutto il corpo21. Questo contrasta
con la dossografia di matrice aeziana secondo cui Democrito situava l'e-
gemonico nel cervello22. Quella che Sesto riporta è in realtà una tradizione
interpretativa diversa, di ambito medico, che si ritrova anche in un passo
parallelo del De anima di Tertulliano. Quest'ultimo, che ha come fonte
Sorano, cita tuttavia al posto dei tine;" kata; Dhmovkriton di Sesto un nome
ben preciso, quello del medico Moschione datato fra il I sec. a.C. e il I sec.
d.C.23. Questo personaggio viene nominato da Galeno come il correttore
della definizione di sfugmov" di Asclepiade24 e altrove come autore di ri-
cette farmacologiche25. La denominazione "Democritei", sembra dunque
essere stata applicata a medici che, pur prendendone le distanze, si situa-
vano nell'orbita di Asclepiade 26, sostenitore di dottrine corpuscolari e sicu-
ramente simpatizzante dell'atomismo27.

20 Sulle relazioni fra Temisone e Asclepiade, cf. Moog 1994, 102ss.


21 Sext. Emp. Adv. Math. 7,349 (68 A 197 DK; 456 L.) ajllæ oiJ me;n ejkto;" tou' swvmato" (scil.
th;n diavnoian ei\nai), wJ" Aijnhsivdhmo" kata; ÔHravkleiton, oiJ de; ejn o{lwi tw'i swvmati,
kaqavper tine;" kata; Dhmovkriton.
22 Theodoret. 5,22 (68 A 105 DK; 455 L.) ÔIppokravth" me;n ga;r kai; Dhmovkrito" kai; Plavtwn
ejn ejgkefavlwi tou'to iJdru'sqai. Cf. Ps.-Plut. 4,5, 899 A.
23 Tert. De an. 15,5 Ut neque extrinsecus agitari putes principale istud secundum Heraclitum, neque per
totum corpus ventilari secundum Moschionem. Cf. Waszink 1947, 227 ad loc.; Polito 1994, 454, in
base alla citazione di questo e di altri nomi di medici in Tertulliano-Sorano, ipotizza a
monte di Sorano e di Sesto dei Placita medici. Il tinev" di Sesto si spiegherebbe col fatto che
i nomi menzionati in quella sede erano conosciuti nell'ambito strettamente medico, ma non
dicevano nulla ai profani. Per una diversa interpretazione del passo di Tertulliano, Man-
sfeld 1990, 3165.
24 Gal. De diff. puls. 4,15 (VIII,758 K.).
25 Gal. De comp. med. sec. loc. 1,2 (XII,416 K.); 4,8 (XII,745 K.); 7,2 (XIII,30 K.); De comp. med.
per gen. 2,17 (XIII,537 K.) et al. Cf. anche Soran. 2,29 (II,41,37 Burguière-Gourevitch =
75,13 Ilberg); Plin. Nat. hist. 19,87. Su Moschione, cf. Deichgräber 1935, 349.
26 La cui morte si situa con una certa sicurezza nel 91 a.C., cf. Rawson 1982.
27 Sulla dottrina di Asclepiade e i suoi rapporti con l'atomismo, cf. Stückelberger 1984, 101-
13; per una interpretazione più strettamente medica di Asclepiade, Vallance 1990. Vallance
tende a separarlo nettamente dalla tradizione "filosofica" atomista e a porlo invece sulla
scia di Erasistrato. Sebbene questa visione sia in parte giustificata, egli tralascia il fatto che
in un passo fondamentale, citato da Celio Aureliano, Asclepiade difende espressamente
coloro che ponevano corpuscoli primi privi di qualità i quali non possono essere altro che
gli atomisti (Acut. 1,14,106 Nec, inquit, ratione carere videatur quod nullius faciant qualitatis cor-
pora). Faciant, che presuppone un soggetto plurale e traduce il verbo greco poiei'n, "assu-
mere", indica chiaramente che Asclepiade si riferisce a teorie di altri ("e non sembra essere
privo di logica, dice, che assumano corpi privi di qualità"). Vallance, seguendo Gottschalk
Introduzione 9

Una posizione particolare nella ricezione di Democrito, soprattutto per


quanto riguarda questioni di metodo, occupano i medici empirici che lo
citano come un'autorità contro gli avversari dogmatici. Galeno, nell'opera
Sulla medicina empirica, in gran parte perduta nell'originale greco, ma so-
pravvissuta in una traduzione araba28, riporta per lo meno due citazioni
letterali da Democrito: il famoso frammento sul giudizio dei sensi contro
la frhvn29 e un altro sul ruolo dell'esperienza nello sviluppo delle technai
conservato solo nella traduzione araba30. Il fatto che questi frammenti non
vengano citati da nessun'altra fonte costituisce un indizio forte per la con-
sultazione diretta da parte dei medici empirici di opere democritee. Dalla
cerchia empirica proviene forse anche una notizia riportata da Celso se-
condo cui, per Democrito, non sarebbe possibile stabilire con esattezza
quando veramente un corpo è morto. Il contesto, infatti rimanda ad una
impossibilità di prevedere in base a segni sicuri una morte imminente31.
È invece improbabile che Galeno, nonostante la sua erudizione,
avesse letto delle opere democritee innanzitutto perché le due citazioni
suddette, le uniche letterali da lui riportate, provengono dalla tradizione
empirica (è infatti un medico empirico che parla nel dialogo). Per il resto, i
vari riferimenti agli atomisti antichi disseminati nella sua opera, compreso
il lungo excursus del De elementis secundum Hippocratem32, sono basati sulla
rielaborazione di resoconti di varia provenienza. Galeno, inoltre, sembra
non conoscere un attributo originale dell'atomo come nastovn33, attestato

1980, 46, pone corpora come soggetto di faciant aggiungendo un complemento oggetto inesi-
stente nel testo latino (It is not illogical, says Asclepiades, that bodies with no quality should make up
the sensible world). Cf. su questo punto la critica a Gottschalk e la traduzione esatta del passo
di Stückelberger 1984, 109. Contro la svalutazione dei rapporti di Asclepiade con l'atomi-
smo anche Casadei 1997.
28 Walzer 1944; sulla presenza di Democrito nella medicina empirica, cf. anche Walzer 1932,
466ss.; Löbl 1976, 26ss.; 1987, 8ss.
29 Gal. De exper. med. 15,7, 114 Walzer (68 B 125 DK; 79-80 L.). Cf. su questo passo, Gemelli
Marciano 1998.
30 Gal. De exper. med. 9,5, 99 Walzer (68 A 171 DK Nachtr.; 558 L.) And in short, we find that
of the bulk of mankind each individual by making use of his frequent observations gains
knowledge not attained by another; for as Demokritos says, experience and vicissitudes
have taught men this, and it is from their wealth of experience that men have learned to
perform the things they do.
31 Cels. 2,6,13s. (68 A 160 DK; 586 L.) Illud interrogari me posse ab aliquo scio: si certa futurae mortis
indicia sunt, quomodo interdum deserti a medici convalescant? quosdamque fama prodiderit in ipsis funeri-
bus revixisse. Quin etiam uir iure magni nominis Democritus ne finitae quidem uitae satis certas notas esse
proposuit, quibus medici credidissent: adeo illud non reliquit, ut certa aliqua signa futurae mortis essent.
32 Su questo brano, v. infra, VI 3. 2. 3. Sul debito di Galeno nei confronti della tradizione
scettica, cf. Morel 1996, 375-91 e Gemelli Marciano 1998.
33 Cf. la critica al medico di età traianea Archigene per aver usato il termine in relazione alle
arterie piene di sangue in De dign. puls. 4,2 (VIII,931 K.) (68 A 46 DK) ejn touvtwi de; tw'i
lovgwi prw'ton tiv dhloi' to; nastotevr an ouj pavnu safw'" oi\da, dia; to; mhde; suv nhqe" ei\ nai
10 Introduzione

in Aristotele e ben documentato in tutta la dossografia di ascendenza


teofrastea.

2. 2. Democrito nella tradizione bibliotecario-grammaticale

L'ambito bibliotecario-grammaticale ha tramandato per lo più glosse in sé


scarsamente informative da un punto di vista "dottrinale", ma interessanti
perché, nella loro specificità, aprono uno spiraglio sullo stile di Demo-
crito, uno stile particolare, ricercato, talvolta criptico e vicino a quello di
sofisti come Antifonte, uno stile che, fuori dall'ambito in cui e per cui gli
scritti sono stati redatti, doveva risultare estremamente inusuale e ostico.
In effetti, già nel III sec. a.C. Callimaco aveva composto un Pivnax tw'n
Dhmokrivtou glwssw'n kai; suntagmavtwn34, un segno che i testi democritei
erano ai suoi tempi di difficile lettura anche per i dotti. A quest'opera ri-
salgono probabilmente in ultima analisi le glosse sparse riportate da Esi-
chio e dai grammatici35.
Sempre da notizie riguardanti la sfera bibliotecario-grammaticale in
senso lato si apprende che l'opera di Democrito era presente ancora alla
fine del II sec. a.C. in Asia Minore. Egesianatte, un grammatico
proveniente dalla Troade, che aveva esercitato funzioni di consigliere e
ambasciatore di Antioco III di Siria36, aveva redatto un'opera Sullo stile di

toi'" ”Ellhsin o[noma kata; tou' toiouvtou prav gmato" levgesqai. a[rton me; n gavr tina nasto; n
ejkavloun, ouj mh;n a[llo gev ti sw'ma pro;" auj tw'n ou{ tw" wjnomasmev non ejpivstamai. auj to;" de; oJ
Arcigevnh", dikaiovtaton ga;r th;n ej n toi'" oj novmasin aujtou' sunhvqeian par aujtou'
manqavnein, dokei' moi to; nasto; n ajnti; tou' plhvrou" oj nomav zein.
34 Callim. Fr. 456 Pfeiffer (Suda s.v. Kallivmaco") (68 A 31 DK; CXXIV L.). Questa formula-
zione ha creato difficoltà ad alcuni interpreti moderni e portato talvolta a tentativi di corre-
zione del testo. Oder 1890, 74 proponeva Pivnax tw'n Dhmokrivtou kai; glwssw'n suvntagma.
West 1969, 142 corregge glwssw'n in gnwmw'n con la motivazione che Democrito non era
famoso per le glosse, ma per le massime. Dato che dal IV sec. a.C. in poi si sarebbe diffuso
un gran numero di sentenze falsamente attribuite a Democrito, Callimaco avrebbe redatto
un inventario di quelle autentiche per mettere ordine in questa congerie. Il titolo dell'opera
viene tradotto generalmente Indice delle glosse e delle opere di Democrito (Diels-Kranz app. ad
loc.). Secondo questa traduzione, dunque, Callimaco avrebbe stilato, con l'elenco delle
glosse, anche quello di tutte le opere democritee. Cassio 1991, 11s., ha formulato invece l'i-
potesi che si trattasse di un elenco di glosse con il titolo delle rispettive opere da cui esse
erano tratte. Egli cita il parallelo di un glossario ippocratico di Glaucia, cui fa cenno Ero-
tiano (7,23 Nachmanson) compilato secondo questo criterio. Cf. anche O'Brien 1994,
699ss. L'ipotesi mi sembra verosimile in quanto anche le glosse di Antifonte Sofista ripor-
tate dai lessici sottendono un procedimento del genere (cf. 87 B 3-5, 11, 14-15, 17-19 al.
DK).
35 Cf. Schmid 1948, 245 n. 3.
36 Cf. Jacoby 1912.
Introduzione 11

Democrito37. A quest'opera, attraverso i manuali di retorica, fanno capo


probabilmente i giudizi sullo stile di Democrito che troviamo negli autori
posteriori quali Cicerone e Dionisio di Alicarnasso38.
All'età di Tiberio risale poi il grande catalogo delle opere democritee,
corredato di una introduzione e redatto da Trasillo per tetralogie sul mo-
dello di quello che egli aveva composto per Platone39. Il fatto che Trasillo
scrivesse un'introduzione alla lettura degli scritti di Democrito, testimonia
che tali opere nella sua cerchia e nel luogo in cui egli si trovava al mo-
mento della redazione del catalogo erano ancora lette. La difficoltà sta,
però, proprio nell'identificare questo luogo. Il Löbl40 dà per sicuro che
Trasillo abbia redatto il suo catalogo a Roma alla corte di Tiberio, ma non
c'è nessun indizio a supporto di questa ipotesi. Più interessante è invece
osservare da quale territorio l'astrologo-filosofo proviene e a quale tradi-
zione si riallaccia. Egli è infatti un egiziano di Alessandria41 che si ricono-
sce nella tradizione pitagorica con cui a più riprese collega anche Demo-
crito. Se si pensa inoltre che Trasillo è indovino e astrologo (caratteri tipici
della rinascita del pitagorismo in età repubblicana e imperiale), si può ca-
pire perché Democrito fosse così importante per lui e per quelli come lui.
Proprio in Egitto, qualche secolo prima, egli era stato l'autore di riferi-
mento per Bolo di Mende, autore di un'opera di carattere magico Sulle
simpatie e sulle antipatie42 e dei Cheirokmeta (Manufatti). Bolo viene definito
dalle fonti tarde, oltre che espressamente come "Democrito", anche come
un pitagorico43. Le due cose non si escludono44 visto che Democrito viene
più volte, dal V sec. a.C. in poi, messo in relazione col pitagorismo. È
possibile dunque che in Egitto, fra i neopitagorici platonizzanti per i quali
la magia era un elemento essenziale, il nome e le opere stesse di Demo-
crito assumessero una particolare rilevanza. Nella grande biblioteca di

37 Herodian. Peri; parwnuvmwn, 895,40 Lentz (68 A 32 DK; CXXV L.) ÔHghsiavnax gramma-
tiko;" gravya" Peri; th'" Dhmokrivtou levxew" biblivon e} n kai; Peri; poihtikw'n levxewn. h\ n de;
Trwiadeuv".
38 V. infra, 2. 4 n. 90.
39 Diog. Laert. 9,41 (68 A 1 DK; I, CXXVII L.) wJ" de; Qrasuvlo" ejn tw'i ejpigrafomevnwi Ta;
pro; th'" ajnagnwvsew" tw'n Dhmokrivtou biblivwn. Non ci sono testimonianze che possano far
risalire l'ordinamento tetralogico delle opere di Democrito ad un periodo anteriore, cf.
Mansfeld 1994, 101.
40 1987, 128.
41 Cf. Vetter 1936, 581.
42 L'attenzione di Bolo per Democrito in questo contesto non è così strana come si potrebbe
pensare se si tiene conto del fatto che la dottrina dei pori e degli effluvi, che caratterizza
gran parte delle eziologie democritee e in particolare la spiegazione dei sogni, delle appari-
zioni di fantasmi, del malocchio, sta alla base della magia, v. infra, VII 4.
43 Pitagorico: Suda s.v. Bw'lo" Mendhvsio". Democriteo: Schol. Nic. Ther. 764; Suda s.v. Bw'lo"
Dhmovkrito".
44 Cf. Kingsley 1995a, 326ss.
12 Introduzione

Alessandria queste ultime erano ancora presenti. In questo campo si pos-


sono naturalmente fare solo ipotesi, ma è probabile che Trasillo abbia
redatto il suo catalogo ad Alessandria in particolare per una cerchia di
filosofi pitagorizzanti che si interessavano a Democrito come autore-mo-
dello. Trasillo è comunque l'ultimo erudito del quale sia testimoniato un
interesse per l'intera opera democritea.

2. 3. Democrito negli scrittori di trattati tecnici e di storia naturale

Dal catalogo di Trasillo si può dedurre che Democrito fa parte di quel


gruppo di sophistai che nell'ultimo quarto del V sec. a.C. invadono il campo
delle technai scrivendo trattati teorici sui più svariati argomenti45. Delle sue
opere tecniche si è tuttavia conservato ben poco anche per una caratteri-
stica propria alla letteratura tecnica per cui generalmente i manuali più
recenti soppiantano quelli più antichi. A questo si aggiunge il problema
costituito dalla letteratura pseudo-democritea legata al nome di Bolo che
rende ardua la valutazione delle citazioni riportate da autori tardi. Così è
spesso difficile stabilire se e in che misura Columella, Plinio e i Geoponica
riportino materiale democriteo originale, anche se lo scetticismo della
filologia tedesca di fine '800-inizio '900 è sicuramente esagerato e determi-
nato in parte anche dal pregiudizio secondo cui un filosofo che si rispetti
non può scrivere di agricoltura46.
Per quanto riguarda gli autori latini di scritti tecnici si può osservare
che Vitruvio riporta alcune notizie su Democrito non presenti in altre
fonti. Tuttavia i suoi brevi accenni in cataloghi di autori che hanno trattato
un determinato tema, rivelano la loro provenienza da manuali tecnici e
non da letture dirette47.

45 Una polemica contro questi autori in ambito medico, è evidente già nei trattati ippocratici
come ad esempio VM 20,1 (145,18 Jouanna = I,620 Littré) e Acut. 6,1 (38,11 Joly = II,238
Littré). Per quanto riguarda l'agricoltura se ne avvertono gli echi in Xen. Oec. 16 dove viene
loro rimproverato di trattare il tema da un punto di vista teorico, senza avere alcuna espe-
rienza pratica. Questa stessa obiezione sta alla base dell'ironica tirata socratica nel Lachete
platonico (183c-184a) contro il sofista Stesileo, che tiene conferenze dotte sull'oplomachia
e subisce una clamorosa smentita all'atto pratico quando tenta di usare (a sproposito) in
una battaglia navale una nuova arma. Nei Memorabili di Senofonte (3,1,1) Socrate ironizza
sul sofista Dionisodoro che insegna la tattica militare.
46 Cf. Oder 1890; Wellmann 1921. Cf. anche Hammer-Jensen 1924. Per una visione più
articolata del problema, cf. Sider 2002; Gemelli Marciano 2007, 224-228.
47 Cf. Vitruv. 7,pr. 11 (68 B 15b DK; 139, 160 L.); 9,5,4; 9,6,3 (68 B 14,1 DK; 424,1 L.). Alla
dossografia manualistica risale anche l'excursus sui principi di Vitruv. 2,2,1 Democritus quique
est eum secutus Epicurus atomos, quas nostri insecabilia corpora, nonnulli individua vocitaverunt; Pythago-
reorum vero disciplina adiecit ad aquam et ignem aera et terrenum. Ergo Democritus, etsi non proprie res
nominavit sed tantum individua corpora proposuit, ideo ea ipsa dixisse videtur, quod ea, cum sint disiun-
Introduzione 13

Anche Eliano (II sec. d.C.), che nelle Storie naturali riporta notizie piuttosto
dettagliate sulle cause di alcune caratteristiche di animali in diverse zone
climatiche48, difficilmente ha avuto accesso ai libri delle Aijtivai peri; zwviwn
(68 A 33 (VI) DK; CXV (VI) L = Diog. Laert. 9,47). e ha molto più
verosimilmente utilizzato materiale indiretto49.

2. 4. Leucippo e Democrito nelle scuole filosofiche

Per il tema trattato in questo lavoro, in particolare la tradizione sull'atomo,


ci si può avvalere solo in maniera indiretta ed episodica delle fonti cui ho
finora accennato. Le peculiarità dell'atomo sono descritte infatti princi-
palmente nelle testimonianze che fanno capo alle diverse scuole filosofi-
che, un fatto che pone serie ipoteche sulla possibilità di avere un quadro
chiaro e incontrovertibile dei fondamenti stessi della dottrina. Infatti le
teorie degli atomisti hanno subito i più profondi rimaneggiamenti proprio
nell'ambito della tradizione filosofica. Se si escludono gli scarsi frammenti
riguardanti la gnoseologia, ci si trova infatti di fronte ad una trasmissione
indiretta che si estende da Aristotele e Teofrasto fino ai commentatori
neoplatonici di Aristotele.
Lasciando per ora da parte le interpretazioni di Democrito nell'Acca-
demia e nel primo Peripato, tema che costituisce l'oggetto principale di
questo studio, cercherò qui di seguito di tracciare un breve schizzo della
ricezione degli atomisti nell'ambito delle scuole filosofiche dall'età elleni-
stica in poi. Si tratta ovviamente non di un esame esaustivo, ma di una
panoramica globale offerta a titolo di orientamento.

cta, nec laeduntur nec interitionem recipiunt nec sectionibus dividuntur, sed sempiterno aevo perpetuo infi-
nitam retinent in se soliditatem. Il testo corrisponde grosso modo alla prima parte di Ps.-Plut.
1,3, 877 D, infra, VI 3. 2. 2. Alla letteratura pseudo-democritea è da riportarsi invece Vitruv.
9,14 (68 B 300,2 DK).
48 Aelian. Hist. nat. 12,17 (68 A 152 DK; 521 L.): perché ci sono più aborti nelle zone
meridionali che in quelle settentrionali del mondo. 12,16 (68 A 151 DK; 519, 545, 561 L.):
perché il cane e il maiale sono multipari. 12,18 (68 A 153 DK; 541 L.): perché ai cervi cre-
scono le corna. 12,19 (68 A 154 DK; 543 L.): perché i buoi arabi femmina hanno corna
sottili lunghe e storte. 12,20 (68 A 155 DK; 542 L.): spiegazione del fatto che ci sono tori
senza corna. Cf. inoltre 9,64 (68 A 155a DK; 554 L.): i pesci si nutrono dell'acqua dolce
che si trova nel mare. 5,39 (68 A 156 DK; 549 L.): il leone nasce con gli occhi aperti. In
quello che il Diels designa come Fr. 150a, Eliano cita in realtà Democrito solo come esem-
pio retorico di ricerca di cause e non come autore della doxa contenuta nel brano, Hist. nat.
6,60 (68 A 150a DK; 560 L.) ajlla; ei[te aijdw' famen ei[te fuvs ew" dw'ron ajpovrrhton, tau'ta
Dhmokrivtwi te kai; toi'" a[lloi" kataleivpwmen ejlev gcein te kai; ta;" aijtiva" levgein oi[esqai
iJkanoi'" uJp e;r tw'n aj tekmavrtwn te kai; ouj sumblhtw' n. Allo stesso modo procede Cicerone
in De orat. 2,58,235 (68 A 21 DK; LXI, 513 L.) Atque illud primum, quid sit ipse risus, quo pacto
concitetur, ubi sit, quo modo exsistat [...] viderit Democritus.
49 Cf. su questo Perilli 2007, 158s.
14 Introduzione

Nel Peripato Democrito ha suscitato un particolare interesse soprattutto


nelle prime due generazioni di aristotelici. Oltre a Teofrasto, anche l'altro
allievo di Aristotele, Eudemo di Rodi, aveva sicuramente letto Democrito
seguendo le linee interpretative del maestro. Simplicio cita direttamente le
sue parole per lo meno su due questioni: la critica al vuoto democriteo, da
lui interpretato come causa del movimento50, e la discussione sul ruolo
della tuvch. Soprattutto riguardo a questo secondo punto, Eudemo sembra
aver avuto davanti un testo specifico democriteo. Riferisce infatti un logos,
non altrimenti attestato, che eliminerebbe la funzione della tuvch51. Come
già Aristotele e Teofrasto, anche Eudemo preferisce la parafrasi alle cita-
zioni letterali. Democrito è sicuramente conosciuto anche da Stratone
(attraverso di lui i suoi scritti potrebbero essere arrivati alla biblioteca di
Alessandria) il quale aveva ammesso, come gli atomisti e contrariamente
all'aristotelismo ortodosso, un vuoto interno ai corpi. Stratone aveva co-
munque aspramente criticato la dottrina delle forme atomiche quali quelle
ad amo e ad uncino definendola come "sogni di un Democrito non mae-
stro, ma visionario"52. Dopo di lui non si hanno più tracce di una discus-
sione o di una acquisizione di dottrine democritee nel Peripato. E' piutto-
sto verosimile che, in generale, da questo momento in poi, l'interesse per
Democrito cadesse progressivamente, soppiantato dalle discussioni sul-
l'atomismo epicureo. La difficoltà di lettura dei testi, di cui proprio nel III
sec. a.C. si cominciavano a redigere le glosse, e le opere di Aristotele e di
Teofrasto su Democrito, più semplici e di più agevole consultazione,
contribuivano ovviamente all'oblio53. Per trovare menzioni di Democrito
fra i Peripatetici bisogna scendere fino ad Alessandro di Afrodisia il quale,
però, non ha letto nulla degli atomisti antichi. Non solo egli non riporta
alcuna citazione diretta, ma, o si serve unicamente di materiale di scuola
(dal quale non sono assenti talvolta sovrapposizioni fra atomismo demo-
criteo ed epicureo54), o si limita a parafrasi dei testi aristotelici nei quali
viene nominato Democrito. Dunque, nel Peripato, dal III sec. a.C. in poi
non è più documentabile una lettura diretta delle opere democritee.
L'Epicureismo è stato determinante non tanto per la trasmissione di
testi, quanto soprattutto per l'interpretazione delle dottrine di Democrito.

50 Eud. Fr. 75 Wehrli (Simpl. In Phys. 209a 18, 533,14) (251 L.).
51 Eud. Fr. 54a Wehrli (Simpl. In Phys. 196a 11, 330,14) (68 A 68 DK; 24, 99 L.), infra, VII 6.
1 n. 64. Cf. anche Fr. 54b Wehrli (Simpl. In Phys. 196b 10, 338,4).
52 Cic. Ac. 2,38,121 (68 A 80 DK; 26 L.). Per il testo e un esame più approfondito del passo,
v. infra, VI 3. 2. 1 n. 111.
53 Per le opere di Aristotele su Democrito, cf. Diog. Laert. 5,26s. (68 A 34 DK; CXVII L.).
Arist. Fr. 208 Rose (Simpl. In De cael. 279b 12, 294,33) (68 A 37 DK; 172, 197 L.). Per
quelle di Teofrasto, cf. Diog. Laert. 5,43; 49 (68 A 34 DK; CXVIII L.). Ovviamente Teo-
frasto faceva testo anche col De sensu e con la sua raccolta di Physikai (o Physikon) Doxai.
54 V. infra, VI 1.
Introduzione 15

Dall'epoca di Epicuro infatti, inevitabilmente, l'atomismo antico si è tro-


vato ad essere veicolato, in positivo e in negativo, dalla forma moderna e
dominante dell'atomismo epicureo. Contrapposto o assimilato a quest'ul-
timo, non ha più avuto una vita autonoma né rappresentato un oggetto di
interesse primario. Ma qual è il ruolo giocato da Epicuro stesso e dalla sua
scuola nella lettura e nella trasmissione dei testi e delle dottrine degli ato-
misti antichi? Da quanto è rimasto, non sembra che gli Epicurei abbiano
contribuito molto alla diffusione delle teorie dei loro antenati dottrinali,
anzi, semmai si sono distinti per un atteggiamento critico nei loro con-
fronti55. Epicuro, come si è visto, aveva, con il suo discepolo Ermarco,
negato l'esistenza di Leucippo56. Con questa presa di posizione, una fra le
tante destinate a suscitare scandalo, Epicuro rispondeva probabilmente a
Teofrasto che aveva attribuito a Leucippo il Mevga" diavkosmo". Nell'Epi-
stola a Pitocle ci sono comunque chiare allusioni anonime alla cosmogonia
di Leucippo, in particolare al "grande vuoto", al vortice cosmico,
all'ajnavgkh, alla fine dei mondi. Dato che le espressioni caratteristiche della
cosmogonia di Leucippo di ascendenza teofrastea sono tutte presenti nel
passo epicureo57, non si può stabilire con sicurezza se Epicuro si riferisse
al testo originale o al resoconto che ne aveva dato Teofrasto. Allo stesso
modo la critica all'infinità delle forme atomiche58 lascia aperta sia la
possibilità di una conoscenza diretta, sia quella della consultazione delle
opere di Aristotele e Teofrasto, sia ambedue. Alcune testimonianze dei
papiri ercolanesi sembrerebbero indicare che Democrito era presente nella
biblioteca di Epicuro. In un'opera di Filodemo infatti si menziona la ri-

55 Per una esaustiva trattazione della posizione degli Epicurei nei confronti degli atomisti
antichi rimando a Morel 1996, 249-355.
56 V. supra, n. 11.
57 Ep. Ep. 2,88 (67 A 24 DK; 383 L. comm.) kovs mo" ejs ti; periochv ti" oujranou' a[stra te kai;
gh'n kai; pav nta ta; fainovmena perievcousa, ajpotomh; n e[cousa ajpo; tou' ajp eivrou ª...º o{ti de;
kai; toiou'toi kovsmoi eijsi;n a[peiroi to; plh'qo", e[s ti katalabei' n, kai; o{ti kai; oJ toiou'to"
duvnatai kovsmo" giv nesqai kai; ej n kovsmwi kai; metakosmivwi o} levgomen metaxu; kovs mwn
diavsthma ej n polukev nwi tovpwi kai; oujk ejn megavlwi kai; eijlikrinei' kenw' i, kaqavper tinev"
fasin, ejpithdeivwn tinw' n spermavtwn rJ uev ntwn ajfæ eJ no;" kovsmou h] metakosmivou h] kai; ajpo;
pleiovnwn ª...º ouj ga;r ajqroismo;n dei' mov non genevsqai oujde; di'non ejn w|i ej ndevcetai kovs mon
givnesqai kenw'i kata; to; doxazovmenon ejx aj nav gkh", au[xesqaiv te, e{w" a]n eJtevrwi
proskrouvshi, kaqavper tw'n fusikw' n kaloumev nwn fhsiv ti". tou' to ga;r macovmenovn ejsti
toi'" fainomevnoi". Cf. su questo passo, Silvestre 1985, 125-29. Per Leucippo, cf. Diog.
Laert. 9,33 (67 A 1 DK; 382 L.) kovsmou" te ejk touvtou ajpeivrou" ei\nai kai; dialuvesqai eij"
tau'ta. giv nesqai de; tou; " kovs mou" ou{tw: fevresqai kata; ajpotomh; n ejk th' " ajp eivrou polla;
swvmata pantoi'a toi'" schv masin eij" mev ga kenov n, a{per ajqroisqevnta divnhn ajp ergavzesqai
mivan kaqæ h}n proskrouvonta kai; pantodapw' " kuklouvmena diakriv nesqai cwri;" ta; o{moia
pro;" ta; o{moia. ei\naiv te w{sper genevsei" kovsmou, ou{tw kai; aujxhvs ei" kai; fqivsei" kai;
fqora;" katav tina ajnavgkhn. Cf. anche Hippol. Ref. 1,12 (67 A 10 DK; 23, 291 L.). Una pa-
noramica dei passi di Epicuro riferentisi a Democrito in Gigante 1981, 50-62.
58 Ep. Ep. 2,42s.
16 Introduzione

chiesta di Epicuro ad un discepolo di testi di Democrito59. Lo stato estre-


mamente lacunoso del papiro impedisce però di sapere di quali libri si
trattasse. In un'altra opera, Filodemo accenna ad uno scritto di Epicuro
contro Democrito, ma anche qui il testo non fornisce ulteriori chiari-
menti60. Nei frammenti dal Peri; fuvsew" di Epicuro non ci sono menzioni
dirette degli atomisti antichi, ma piuttosto una critica al presunto determi-
nismo democriteo61. Anche queste allusioni, tuttavia, non dicono nulla di
certo sulla consultazione delle opere originali in quanto si tratta di punti
trattati diffusamente nei testi aristotelici62 che Epicuro sicuramente aveva
presenti. Insomma, se Epicuro aveva letto le opere degli atomisti antichi e
anzi, come gli aneddoti biografici vogliono far credere, era stato spinto alla
filosofia dai libri di Democrito63, la sua critica segue le linee delle esposi-
zioni aristoteliche e teofrastee e non aggiunge nessuna informazione sup-
plementare a quanto già detto dai due Peripatetici.
Per quanto riguarda gli allievi di Epicuro, a Metrodoro di Lampsaco
viene attribuita un'opera contro Democrito64. Essendo un trattato ad
hominem, è probabile che egli conoscesse gli scritti di prima mano, ma an-
che qui non c'è nulla che lo testifichi. Diverso è il discorso per Colote,
l'altro allievo di Epicuro che aveva attaccato Democrito. Le sue citazioni
democritee hanno infatti tutta l'aria di essere di seconda mano e la sua
interpretazione ha buone probabilità di essere basata sull'immagine del
Democrito scettico che circolava anche nell'Accademia di Arcesilao65.
Plutarco, nell'opera Contro Colote, forse con una esagerazione retorica, ma
da tenere pur sempre in considerazione, gli rimprovera proprio di non
aver mai letto i libri di Democrito.
Dall'epicureismo tardo, dal I sec. a.C. in poi, non vengono testimo-
nianze tali da far propendere per una consultazione diretta dei testi piutto-
sto che per una conoscenza di tipo manualistico. Tracce di questa manua-

59 Philod. Ad contubernales Fr. 111,166s. Angeli æprºosevªtºaxa ª---ºON uJmi'n ª---º.. KTAª..---º
perievstaªi---º. A. ª...... to; perºi; ªSwºkravtªou" tou' Arºistivppou ªkºai; Speuªsivppou toºu'
Plavtwno" ªejgkwvmionº kai; Aristotevªlou" ta;º Analutika; kai; ªta; Peri;º fuvsew", o{saper
ejªnekrivnºomenæ: ejpi; d Eujbouvlªou: æth;º n ejpistolh; n PROSDª....ºGOIS kai; tw'n Dhªmokrivºtou
tinav, oujc oi|on...
60 Philod. De libert. dicendi Fr. 20 Olivieri (68 A 34 DK; 36a L.) e[ti de; th;ªnº merizomevnhn
sungªnºwvªmºhn ejn oi|" dievp eson, wJ " e[ n te toi'" pro;" Dhmovkriton i{stat ai dia; tevlou" oJ
Epivkouro" kªai; pro; "º ÔHr akleivdhn ej n…
61 Per la critica al determinismo contenuto nel concetto di ajnavgkh contro coloro "che hanno
ricercato le cause" (oiJ d aijtiologhvsante"), cf. Long-Sedley 1987, II,20C, 107 (Ep. Peri;
fuvsew" [34. 30] Arr.) (68 A 69 DK; 36a L.).
62 Arist. Fr. 208 Rose (Simpl. In De cael. 279b 12, 295,18-20) (68 A 37 DK; 293 L.); Arist.
Phys. B 4, 196a 24ss. (68 A 69 DK; 18, 288 L.).
63 Diog. Laert. 10,2 (68 A 52 DK; XCV L.).
64 Diog. Laert. 10,24 (68 A 34 DK; CXXIII L.)
65 V. infra, VI 2. 1. 2.
Introduzione 17

listica scolastica di ambito epicureo o di altra provenienza si ritrovano in


Lucrezio. Egli cita Democrito espressamente solo due volte: sul corso e la
posizione delle stelle, e sulla posizione dei corpuscoli dell'anima alternati a
quelli del corpo. Le notizie sull'astronomia corrispondono a quelle del
resoconto di Diogene Laerzio su Leucippo e di Pseudo-Plutarco66. La doxa
sull'anima non è pervenuta attraverso altre fonti, ma potrebbe derivare
anche da materiale dossografico di ambito medico data la brevità e lo stile
dell'accenno67. Filodemo è l'unico epicureo attraverso cui conosciamo
citazioni dirette da Democrito. La doxa sull'origine della credenza negli dèi
contenuta nel De pietate è tuttavia chiaramente di matrice dossografica in
quanto corrisponde a Sext. Emp. Adv. Math. 9,24 (68 A 75 DK; 581 L.)68,
negli altri casi si tratta di excerpta che non riguardano la dottrina fisica,
bensì la sfera etica e l'origine della musica69. D'altra parte nei titoli della
biblioteca ercolanese non compaiono opere dell'Abderita. Evidentemente
la scuola epicurea era concentrata soprattutto sul proprio atomismo e
riteneva ormai superato quello antico, atteggiamento, del resto, condiviso
anche dalle altre scuole filosofiche. Diogene di Enoanda riporta anch'egli
delle doxai di Democrito derivate comunque da una trasmissione indiretta
interna alla tradizione epicurea, ma nulla più70.
Nel complesso si può quindi concludere che la lettura diretta delle
opere fisiche democritee e leucippee da parte di Epicuro è probabile, ma

66 Lucr. 5,621-37 (68 A 88 DK; 380 L.); cf. Diog. Laert. 9,33 (67 A 1 DK; 382, 389 L.); Ps.-
Plut. 2,15, 889 B (68 A 86 DK; 390 L.).
67 Lucr. 3,370 (68 A 108 DK; 454 L.). Sulle concezioni dei medici che, secondo Sesto, Adv.
Math. 7,349, seguivano Democrito nell'affermare che l'egemonico è sparso in tutto il corpo,
v. supra, n. 21 e 23. Lucrezio allude, fra l'altro, nei versi precedenti (350-69), alle teorie di
Stratone che in Sesto sono attribuite anche ad Enesidemo "secondo Eraclito". Lucrezio se-
gue nell'esposizione anche lo stesso ordine: teoria di Stratone (in Sesto di Enesidemo)-teo-
ria di Democrito (in Sesto "alcuni secondo Democrito"). Una sequenza simile si trova an-
che nel passo parallelo di Tertulliano (De an. 15,5), supra, n. 23. La doxa potrebbe risultare
dallo sviluppo di una osservazione aristotelica in De an. A 5, 409b 2-4 (ei[per gavr ejstin hJ
yuch; ej n panti; tw'/ aijsqanomevnwi swvmati, aj nagkai'on ej n tw'i aujtw'i duvo ei\nai swvmata, eij
sw'mav ti hJ yuchv).
68 P. Herc. 1428 fr. 16, cf. Henrichs 1975, 96-106.
69 Sull'etica, cf. Philod. De ira P. Herc. 182, col. XXIX,20 Indelli (68 B 143 DK; 64 L.); De
adulat. P. Herc. 1457, col. X (Crönert 1906, 130) (68 B 153 DK; 611 L.). La stessa citazione
compare anche in Plut. Reip. ger. praec. 821 A. Considerazioni sulla morte, in Philod. De
morte, P. Herc. 1050, col. XXIX,27-32 e col. XXXIX,9-15 Mekler (68 B 1a DK; 587 L.).
Sull'origine della musica, Philod. De mus. IV, P. Herc. 1497, col. XXXVI,87 Neubecker (68
B 144 DK; 568 L.). Cf. l'ultima lettura del papiro in Gigante-Indelli 1980, 451-66.
70 Così l'accusa di sovvertire la vita (Diog. Oenoand. Fr. 7 II Smith = 61 L.), corrisponde
quasi perfettamente a quella di Colote (Plut. Adv. Colot. 1109 A-1110 F); quella al moto
"costretto" degli atomi (Diog. Oenoand. Fr 54 II-III Smith = 68 A 50 DK; 39 L.), riecheg-
gia un frammento del Peri; fuvs ew" di Epicuro ([34.30] Arr.). L'accenno agli idoli che com-
paiono nei sogni (Diog. Oenoand. Fr. 10 I,4ss.; IV,10ss. Smith) corrisponde alla descri-
zione data da Plut. Quaest. conv. 734 F (68 A 77 DK; 476 L.).
18 Introduzione

non produce in ogni caso informazioni di particolare rilievo. La sua


scuola, invece, sembra aver vissuto piuttosto, a parte qualche rara ecce-
zione, di una trasmissione interna indiretta o mediata da altre scuole.
Per quanto riguarda lo stoicismo antico è pervenuto solo un titolo di
un'opera di Cleante Contro Democrito71. Un allievo suo e di Zenone, Sfero,
aveva scritto contro gli atomi e gli ei[dwla72, ma il titolo non lascia capire
se si dirigesse contro Epicuro o contro Democrito. Nella lunga lista delle
opere di Crisippo, non compare invece nulla che abbia a che fare con
l'atomismo antico, ma sappiamo, attraverso Plutarco, che Crisippo aveva
per lo meno discusso un paradosso democriteo, il cosiddetto dilemma del
cono73. E' evidente che comunque l'interesse degli Stoici doveva essersi
concentrato soprattutto sull'atomismo epicureo a loro contemporaneo
dalla cui ottica probabilmente veniva giudicato anche quello antico: le
critiche fondamentali agli atomi di Epicuro (mancanza di un principio
attivo e ordinatore e discontinuità di una materia "passiva"74) erano valide
anche per quelli di Democrito. Questa tendenza assimilatrice delle due
dottrine è poi quella dominante nella dossografia tarda.
Fondamentali per la trasmissione di notizie dirette e indirette su De-
mocrito è stato sicuramente Posidonio. Attraverso di lui si sono traman-
dati tre tipi di informazioni:
1. citazioni più o meno rimaneggiate75,
2. doxai su argomenti specifici, in particolare sull'astronomia e le que-
stioni naturali76,
3. schemi dossografici nei quali le concezioni atomiste rientrano in un
quadro più generale e classificatorio dei vari tipi di corpuscolarismo77.

71 SVF I 481, 107,1.


72 SVF I 620, 139,25.
73 Plut. De comm. not. 1079 E (68 B 155 DK; 287a L.).
74 Su questo punto, v. infra, VI 2.
75 Tali sono quella sull'attrazione dei simili conservata da Sext. Emp. Adv. Math. 7,116-118
(68 B 164 DK; 11, 316 L.), cf. anche Ps.-Plut. 4,19, 902 C-D (68 A 128 DK; 11, 316, 491
L.), l'esempio dei vasi di vetro e di bronzo in Sen. Nat. quaest. 4,9,1, una testimonianza non
riportata né da Diels-Kranz né da Lur'e, ma segnalata da Stückelberger (1990, 2576), v. an-
che infra, VII 6. 2. 1 n. 88. Per le affermazioni sugli ei[dwla che si ritrovano in diversi autori
di età imperiale, infra, VII 4.
76 In quest'ultimo ambito rientrano gli excursus piuttosto ampi che si incontrano nelle Natura-
les quaestiones di Seneca come la descrizione dei venti e dei terremoti in Nat. quaest. 5,2 (68 A
93a DK; 12, 371 L.) e, rispettivamente, 6,20 (68 A 98 DK; 414 L.), una doxa democritea
sulla via lattea (F 130 E.-K. = Macr. Somn. 1,15,6, infra, VII 6. 2. 1 n. 87) non presente nelle
raccolte di frammenti del Diels e del Lur'e, e probabilmente anche una doxa sulla spiega-
zione dei terremoti riportata in un commento di Olimpiodoro ai Meteorologica aristotelici,
diverso da quello greco e tramandato solo in arabo (Badawi 1971, 133s.; traduzione in
Strohmaier 1998, 363, v. infra, VII 6. 2. 1 n. 84).
77 V. infra, VI 2. 2.
Introduzione 19

Un particolare interesse nell'ambito del tema dell'atomo riveste la tra-


dizione scettica nei suoi due filoni ben distinti, ma spesso confluenti e
intersecantisi nelle testimonianze antiche: scetticismo pirroniano e neopir-
roniano (da Timone ad Enesidemo fino a Sesto Empirico) e scetticismo
dell'Accademia di mezzo nelle sue varie gradazioni fino ad Antioco. Nelle
successioni dei filosofi Pirrone è posto spesso in stretta relazione con
Democrito attraverso la linea Anassarco-Metrodoro di Chio78. Pirrone non
ha però scritto nulla e sembra fosse interessato soprattutto all'etica79. Dun-
que la notizia di un allievo, secondo cui egli apprezzava molto Demo-
crito80, potrebbe riferirsi ad opere etiche di quest'ultimo. Il detto "nulla è
in verità, ma gli uomini agiscono per consuetudine e secondo un costume
stabilito"81 sembra comunque riecheggiare la famosa massima democritea
"novmwi glukuv..."82. Il suo allievo Timone dedica a Democrito alcuni versi
dei Silloi chiamandolo, oltre che "sapientissimo" (perivfrona), anche "pa-
store di discorsi" (poimevna muvq wn) e "ciarlone dal pensiero ambiguo"
(ajmfivnoon lesch'na)83. Timone potrebbe alludere con queste definizioni
alla polymathia, al carattere narrativo ed evocativo del linguaggio84, alla
enorme produzione libraria di Democrito e a quella sua presunta ambi-
guità rispetto al problema della conoscenza delineata nelle opere aristoteli-
che e in Teofrasto85. Nell'ambito del neopirronismo abbiamo infine la
testimonianza di Sesto Empirico la cui posizione esemplifica tra l'altro
quanto si diceva sul valore delle citazioni letterali per determinare la cono-
scenza di prima mano di un autore. Per quanto infatti egli riporti un di-
screto numero di citazioni altrimenti sconosciute, col titolo delle opere da
cui sono tratte, Sesto non ha letto nulla di Democrito. Nel caso ad esem-
pio dell'ampio frammento riportato in Adv. Math. 7,135 si rifà ad una
fonte intermedia86. Per altre citazioni, che si incontrano anche in autori

78 Cf. Clem. Strom. 1,14,64,2 (67 A 4 DK; VIII, 152 L.); [Gal.] Hist. phil. 3 (67 A 5 DK; 152
L.); Eus. Praep. Ev. 14,17,10 (VIII L.); cf. anche 14,18,27 (LXXXIII, XCIV L.); Epiph. De
fide 15, 505,30 Holl (VIII L.).
79 Il carattere principalmente etico della filosofia di Pirrone viene ribadito con energia da
Görler 1994, 735ss.
80 Diog. Laert. 9,67 (XCII L.).
81 Pyrrh. T 1 Decleva Caizzi (Diog. Laert. 9,61) oujde;n ga;r e[fasken ou[te kalo;n ou[t aijscro;n
ou[te divkaion ou[ t a[dikon: kai; oJmoivw" ejpi; pav ntwn mhde;n ei\nai th'i ajlhqeivai, nov mwi de; kai;
e[qei pav nta tou; " ajnqrwvpou" pravttein: ouj ga;r ma'llon tovde h] tovde ei\nai e{ kaston.
82 Cf. Hirzel III, 1883, 14 n. 2; Decleva Caizzi 1981, 144; 1984, 16-19; Di Marco 1989, 218s.
83 Tim. Fr. 46 Di Marco (68 A 1 DK; LXXX L.).
84 Sulle immagini di Democrito, v. infra, cap. VII.
85 Decleva Caizzi 1984, 18; Di Marco 1989, 218.
86 Cf. Sedley 1992, 27-44; Gemelli Marciano 1998.
20 Introduzione

come Cicerone, si serve di materiale proveniente dall'Accademia scettica87,


per le interpretazioni e le doxai democritee fa capo, oltre che a quest'ul-
tima, a Posidonio, alla tradizione epicurea e ai medici empirici.
L'immagine completamente scettica di Democrito, tuttavia, più che
dal pirronismo, viene mediata dall'Accademia scettica di Arcesilao. Come
di tutti i predecessori, anche di Democrito, Arcesilao forniva questa
visione estrapolando verosimilmente dal contesto alcune massime
interpretabili secondo i suoi scopi. A lui risale sicuramente una sequenza
di due citazioni, la famosa massima "novmwi glukuv..." e quella altrettanto
famosa "ejn buqw'i...", riportate da Diogene Laerzio come esempi di
interpretazioni scettiche di Democrito. Le stesse due frasi, infatti,
compaiono rispettivamente in parafrasi e in traduzione letterale negli
Academica di Cicerone: Arcesilao avrebbe dichiarato di seguire, nella sua
professione di scetticismo, non solo Socrate, ma anche presocratici come
Empedocle, Anassagora, Democrito88. Ad Arcesilao non si può attribuire
una trattazione globale dell'atomismo in quanto, al di fuori di questi
frammenti gnoseologici, non ci è rimasta nessun'altra testimonianza, ma è
verosimile che egli avesse conoscenza diretta delle opere di Democrito per
poterne fare degli excerpta. Al contesto della sentenza "ejn buqw'i…" allude
infatti anche Aristotele nel libro G della Metafisica89. La presenza di
Democrito nell'Accademia di mezzo da Carneade fino ad Antioco è
deducibile con sicurezza soprattutto dalle opere ciceroniane. Cicerone,
nelle vesti di Accademico, o per bocca di un Accademico, cita più volte
Democrito, spesso esprimendo un giudizio positivo e contrapponendolo
ad Epicuro, ma talvolta anche pronunciandosi criticamente sulle sue teorie
proprio per la loro affinità con quelle epicuree. Importante è anche il fatto
che Cicerone nomina più di una volta insieme a Democrito anche
Leucippo, cosa non frequente nelle testimonianze postteofrastee.
Cicerone, tuttavia, non ha sicuramente letto i libri di Democrito. Le sue
osservazioni sullo stile, che a prima vista potrebbero fa pensare ad una
conoscenza diretta, erano luoghi comuni nella retorica90 e risalivano
probabilmente all'opera sullo stile di Democrito di Egesianatte. La sua
conoscenza degli atomisti antichi si basa per lo più su materiale

87 E' questo ad esempio il caso dell'incipit dell'opera democritea che compare solo in Sext.
Emp. Adv. Math. 7,264 e in Cic. Ac. 2,23,73 (68 B 165 DK; 63, 65 L.). Per altre citazioni
comuni, cf. Decleva Caizzi 1980; Gemelli Marciano 1998.
88 Diog. Laert. 9,72 (68 B 117 DK; 51 L.); Cic. Ac. 1,12,44 (59 A 95 DK; II, 58 L.). Su questo,
cf. Gemelli Marciano 1998.
89 Arist. Metaph. G 5, 1009b 11 h[toi oujqe;n ei\nai ajlhqe;" h] hJmi'n gæ a[dhlon.
90 Cf. soprattutto l'affinità della sequenza Democrito-Platone-Aristotele in Cic. De orat.
1,11,49 e Dionys. De comp. verb. 24 (68 A 34 DK; 827 L.); la coppia Democrito-Platone ri-
torna ancora in Cic. Orat. 20,67 (68 A 34 DK; 826 L.).
Introduzione 21

dossografico scolastico interno all'Accademia91. Dai testi ciceroniani


emerge soprattutto un interesse strumentale alle dottrine fisiche
democritee in contesti critici dell'epicureismo e in excursus dossografici più
generali atti a giustificare una attitudine scettica nei confronti delle varie
scuole filosofiche. Per quanto riguarda il primo tipo di contesto gli accenni
ciceroniani si possono sostanzialmente ordinare in due gruppi principali:
1. critica globale ai principi atomistici e relativa assimilazione di De-
mocrito ad Epicuro,
2. critica specifica all'atomismo epicureo in cui, per contrasto, viene
valutata positivamente la dottrina democritea.
Nel primo gruppo rientrano le critiche agli atomi impassibili e privi di
qualità, alla possibilità di un arresto della divisione in un corpo per sua
stessa natura divisibile all'infinito, alle forme atomiche e ad un cosmo
governato dal caso. La confutazione attinge ad argomentazioni di diversa
provenienza sia stoica che peripatetica. Nei testi del secondo gruppo viene
sottolineata invece la superiorità delle tesi democritee e vengono confutate
le eventuali obiezioni di parte epicurea a queste ultime. Un esempio è la
trattazione della teoria epicurea del clinamen, presentata nel De fato (10,22)
non come un miglioramento, ma come un peggioramento della dottrina
democritea. Ambedue i tipi di testo rientrano comunque in sequenze dia-
lettiche di ampio respiro che si servono di tesi e controtesi tipiche del
modo di argomentare accademico. Un secondo tipo di contesto è costi-
tuito dall'excursus dossografico di Ac. 2,37,118 risalente in ultima analisi
all'opera teofrastea92 e rimaneggiato in versione accademica (per sottoline-
are il disaccordo fra i filosofi e quindi l'impossibilità di aderire ad una o ad
un'altra tesi dogmatica). Gli Accademici scettici hanno comunque usato
una pluralità di schemi interpretativi e confutativi a seconda della necessità
del contesto. All'occasione si sono serviti anche, cambiando loro di segno,
delle polemiche epicuree contro l'atomismo antico e di quelle di matrice
stoica contro la dottrina atomistica in generale.
Se Cicerone riflette per lo più una rappresentazione manualistica e
scolastica dell'atomismo antico, la conoscenza diretta delle opere fisiche di
Democrito nei filosofi vissuti dopo il I sec. a.C., è piuttosto desolante.
L'immagine che ci restituiscono le fonti antiche è quella di un'assoluta
preponderanza della tradizione indiretta anche laddove ci sono citazioni
letterali. Forse un'unica eccezione è costituita da Plutarco. La sua cono-
scenza diretta di Democrito è una vexata quaestio mai risolta definitiva-

91 Anche a tanta distanza di tempo, sulle fonti di Cicerone rimane fondamentale e insuperata
nella sua globalità Hirzel I, 1877, 32-45 per le fonti accademiche del primo libro del De na-
tura Deorum e III, 1883, 251-341 per le fonti degli Academica.
92 La menzione di Leucippo è un'ulteriore indicazione in questo senso. Sulla provenienza
teofrastea delle doxai di Ac. 2,37,118, cf. Mansfeld 1989 [1990b, 238-63].
22 Introduzione

mente. Un fatto tuttavia è certo: egli riporta una gran quantità di citazioni
letterali non reperibili in altre fonti. Questo non basta comunque per af-
fermare che egli abbia sempre attinto agli originali democritei. Infatti i
relativi contesti permettono di ipotizzare non una, ma due modalità di
acquisizione dei testi:
1. Una consultazione diretta di opere democritee. Il fatto che non citi
mai titoli particolari non è in sé rilevante in quanto, anche per altri autori
presocratici egli riporta raramente l'indicazione dell'opera.
2. Una consultazione di fonti molto dettagliate che riportavano anche
citazioni letterali democritee soprattutto nel caso di oggetti specifici quali
ad esempio la demonologia93.
Plutarco riutilizza comunque più volte nelle sue opere, secondo la sua
normale prassi, le citazioni democritee creando dei "doppioni" diversa-
mente ricontestualizzati94 e rendendo difficile l'eventuale ricostruzione del
contesto originale. Egli si serve però anche di resoconti di matrice dosso-
grafica laddove espone sinteticamente i fondamenti della dottrina demo-
critea con relativa critica come nella Contro Colote95. In questo caso ripro-
duce un modello di esposizione e critica dell'atomismo corrente
nell'Accademia di mezzo. Le argomentazioni fornite da Plutarco com-
paiono infatti anche in Cicerone e, per accenni, in Sesto Empirico.
Dopo Plutarco e, in generale, dopo il I sec. d.C., nei primi decenni del
quale Trasillo redige il suo catalogo, difficilmente si possono trovare indizi
di una conoscenza diretta delle opere fisiche democritee. Gli autori dal I
sec. d.C. in poi fanno ricorso, per lo meno per illustrare la dottrina fisica, a
fonti indirette siano esse pure di pregevole fattura come quella di ascen-
denza teofrastea utilizzata da Diogene Laerzio per la sua esposizione della
cosmogonia leucippea. Quest'ultimo usa solo fonti di seconda e di terza
mano96 e così fanno anche gli autori cristiani Ippolito e Clemente97, per

93 Secondo Hershbell 1982, 94 apparterebbero a questo gruppo anche le citazioni delle


Quaestiones convivales. Per il problema della presenza di Democrito nel De tranquillitate animi e
in altre opere etiche, cf. Id., 84-89 con bibliografia in n. 3.
94 Cf. ad es. la citazione sul cordone ombelicale in due contesti diversi: embriologico, vicino
probabilmente all'originale, De amore prol. 495 E (68 B 148 DK; 537 L.) e cosmogonico, ma
riportato come citazione dotta e senza nominare Democrito, De fort. Rom. 317 A (68 B 148
DK; 537 L.). Sulle modalità di citazione di Plutarco, cf. Kidd 1998.
95 Lo stile dossografico di Adv. Colot. 1110 F (68 A 57 DK; 179 L.) è indubitabile per le
numerose concordanze con altri resoconti che si incontrano negli autori tardi quali ad
esempio Pseudo-Plutarco e Galeno. Su questo brano, v. infra, VI 2. 1. 2.
96 Le scarse e incomplete citazioni letterali sono di provenienza scettica, cf. Gemelli Marciano
1998.
97 Le due uniche citazioni letterali riguardanti, una la fisiologia umana, l'altra la concezione
degli dèi che troviamo in Clemente provengono, una da una tradizione di tipo medico pre-
sente anche in altri autori (v. supra, n. 14), l'altra, pur essendo attribuita in questi termini a
Democrito solo da Clemente Protr. 6,68,5; Strom. 5,14,101,4 (68 B 30 DK; 580 L.), si ritrova
Introduzione 23

non parlare poi dei commentatori tardi di Aristotele cui si accennerà in


seguito. In pratica, dopo Plutarco, le opere fisiche originali di Democrito
sembrano essere sparite dall'orizzonte dei dotti.

3. Interpretazioni moderne dell'atomismo antico


Dalla mappa fin qui tracciata risulta anche troppo evidente come la tra-
smissione delle dottrine democritee abbia sofferto dei pre-giudizi e dei
pre-supposti delle fonti antiche tanto da rendere estremamente arduo
qualsiasi tentativo di interpretazione. Chi cerca di comprendere i fonda-
menti dell'atomismo antico deve dunque non solo destreggiarsi fra le varie
tendenze della trasmissione indiretta, ma anche spingersi al di là dell'am-
bito ristretto delle scuole filosofiche dal IV sec. a.C. in poi per ricostruire,
nei limiti del possibile, l'atmosfera e il contesto in cui Leucippo e Demo-
crito hanno vissuto.
Le ipotesi sulla natura del cosiddetto atomo e, più in generale, sul ca-
rattere delle dottrine di Leucippo e Democrito dall'ottocento ad oggi sono
caratterizzate da un approccio teorico-ideologico oscillante continuamente
fra due poli opposti: fisica o ontologia in qualche modo già condizionata
dalla matematica, empiria o deduttivismo, dottrina di matrice eleatica o
radicata nella filosofia della natura della Ionia? Ciò che colpisce è proprio
la scarsa attenzione ai due punti succitati: all'analisi delle fonti che veico-
lano la visione dell'atomismo98 e alla realtà storico-culturale in cui gli
atomisti antichi hanno vissuto e operato. La preoccupazione principale
degli interpreti, a parte rare eccezioni99, sembra quella di "salvarli" da ac-
cuse di materialismo e di superficialità etica e filosofica (come la maggior
parte degli storici della filosofia di fine-ottocento) o di scarsa coerenza

in una serie di esemplificazioni del comune concetto dell'esistenza degli dèi. Il corrispettivo
esempio latino (versi di Ennio) di ciò che nel modello greco andava sotto il nome di De-
mocrito compare in Cic. De nat. deor. 2,2,4. Allo stesso modo la citazione riguardante l'ispi-
razione del poeta in Clem. Strom. 6,18,168 (68 B 18 DK; 574 L.) proviene molto probabil-
mente in ultima istanza dall'opera sullo stile di Democrito di Egesianatte. Una simile
rappresentazione si ritrova infatti anche in Cic. De orat. 2,46,194; De div. 1,37,80; Hor. Ep.
2,3,295-97 (68 B 17 DK; 574 L.). Clemente conosceva le massime etiche democritee attra-
verso gnomologi del tipo di quelli che si trovano in Stobeo con il quale talvolta concorda,
cf. e.g. Strom. 4,23,149,3; Stob. 2,31,65 (68 B 33 DK; 682 L.).
98 Una eccezione è Morel 1996 il quale, però, è interessato soprattutto al contesto più stretta-
mente filosofico delle fonti.
99 Cf. Salem 1996, che cerca per lo meno di storicizzare le testimonianze e di precisare le
relazioni delle opere democritee nella loro globalità con altri testi a loro contemporanei.
24 Introduzione

logica (prevalente invece negli interpreti del novecento in particolare di


area anglosassone100 ).
La critica del primo ottocento, i cui rappresentanti di spicco sono l'al-
lievo di Schleiermacher, Ritter, e Brandis, interpretava l'atomismo soprat-
tutto come una teoria materialista e meccanicista legata alla rappresenta-
zione del mondo dei cosiddetti ionici e in stretta correlazione/
opposizione con le dottrine anassagoree101 . Ritter, sulla scia del suo mae-
stro102 , ne dava un giudizio estremamente negativo considerandolo una
forma di sofistica che non andava a fondo di nessun problema, che aveva
rifiutato di porsi domande sull'origine del movimento103 , ridotto i feno-
meni spirituali a fatti corporei104 e negato la possibilità di conoscenza e
quindi di scienza105 . Insomma l'atomismo era una teoria antifilosofica che
negava l'unità e dissolveva tutto nell'infinita molteplicità degli atomi e
nell'infinità del vuoto106 . Questa visione prevalente ai tempi dell'edizione
preliminare dell'opera zelleriana107 scaricava sull'atomismo un pre-giudizio
etico e di merito derivato da considerazioni completamente anacronisti-
che. Sul versante opposto stava l'autorevole interpretazione di Hegel che
nelle sue Vorlesungen über die Geschichte der Philosophie, pubblicate postume,
aveva visto nell'atomo non un'entità fisica, ma piuttosto l'unità astratta, il
tentativo di determinazione dell'assoluto108 . Proprio a questa visione hege-
liana dell'atomo come uno si riallacciava Zeller nella sua rivalutazione
dell'atomismo soprattutto contro Ritter109 . Egli insisteva in particolare su
due punti strettamente connessi e non scevri anch'essi da pre-supposti:

100 Cf. ad es. Makin 1993, 12 "What recommends the account that will be given of Democri-
tean atomism is charity. The indifference arguments which generate, and practically con-
stitute, the basic atomic theory are cogent and stimulating arguments, and one should so
interpret a philosopher as to attribute the more cogent and plausible positions to him". E'
ovvio che qui la "cogenza" e la "plausibilità" pre-supposte sono quelle codificate dalle cate-
gorie del pensiero filosofico moderno. Sui problemi sollevati da questa "concezione crite-
riologica della razionalità", cf. Putnam 1985, 120-123; Tambiah 1993, 166s.
101 Cf. Brandis I, 1862, 303ss.
102 Schleiermacher 1839, 19; 72; 74ss. L'opera fu pubblicata postuma da Ritter stesso.
103 Ritter, 1829, 567; cf. anche Brandis I, 1862, 319s.
104 Ritter 1829, 574.
105 Ritter 1829, 576ss.
106 Ritter 1829, 581 "Überblickt man diese ganze Lehre des Demokrit, so läßt sich das
Antiphilosophische seiner Bestrebung nicht leicht verkennen. Denn nicht nur hebt er die
Einheit der Welt, sondern auch die Einheit der Seele und des Bewußtseins auf. An die
Einheit der Wissenschaft ist dabei nicht zu denken; Alles löst sich ihm in die unbestimmte
Vielheit der Atome und in das Unermeßliche des Leeren auf".
107 Zeller 1844, 195-200.
108 Hegel 1996, 355ss.
109 Zeller si rivolgeva contro queste tesi già nel 1843 in un excursus sulle "storie della filosofia"
pubblicate negli ultimi 50 anni (Zeller 1910, 46s.) e riprendeva con maggior dovizia di ar-
Introduzione 25

1. Da una parte sul fatto che l'atomismo come dottrina materialistica,


per una specie di necessità storica dello sviluppo dello spirito, non poteva
derivare dalla dottrina anassagorea che poneva invece un principio spiri-
tuale (il Nous) al di fuori della materia sviluppando un primo nucleo di
concezione teleologica del mondo. Anassagora "doveva", secondo lo
schema evoluzionistico hegeliano, essere anche cronologicamente poste-
riore agli atomisti. Per questo Zeller si schierava a favore della cronologia
bassa di Leucippo: non era Anassagora ad aver influenzato gli atomisti,
bensì il contrario. Conseguentemente, nella Philosophie der Griechen, que-
st'ultimo veniva trattato dopo Leucippo e Democrito.
2. Dall'altra sul fatto che l'atomismo, pur essendo una dottrina mate-
rialista, era radicato nella dottrina eleatica sulla cui scia aveva posto il pro-
blema dell'uno110 . A questo proposito Zeller portava in primo piano la
testimonianza aristotelica di De generatione et corruptione A 8 secondo cui
l'atomismo deriverebbe dalla accettazione/ correzione di tesi eleatiche 111
ed enfatizzava poi sempre più nelle successive edizioni della Philosophie der
Griechen questa dipendenza a scapito della presunta ascendenza eraclitea112 .
In questo modo cercava di liberare l'atomismo dal pregiudizio etico con-
tro materialismo e sofistica diffuso ai suoi tempi, senza tuttavia staccarsi
egli stesso da una visione che valutava positivamente soprattutto le dot-
trine nelle quali si potesse intravvedere in qualche modo una teorizzazione
dell'unità e una preminenza dello spirito sulla materia.

gomentazioni la critica a Ritter nell'edizione preliminare della Philosophie der Griechen I, 1844,
198ss.; cf. anche Zeller-Nestle I, 2, 2, 1920, 1166ss.
110 Zeller-Nestle I, 2, 2, 1920, 1171 "Ebenso ist es schief, wenn man wegen der Vielheit der
Atome behauptet, es fehle diesem System gänzlich an Einheit. Fehlt seinem Prinzip auch
die Einheit der Zahl, so fehlt doch nicht die Einheit des Begriffs; indem es vielmehr der
Versuch macht, alles ohne Einmischung weiterer Voraussetzungen aus dem Grundgegen-
satz des Vollen und des Leeren zu erklären, so erweist es sich eben damit als das Erzeugnis
eines konsequenten, nach Einheit strebenden Denkens und Aristoteles ist in seinem rechte,
wenn er gerade seine Folgerichtigkeit und die Einheit seiner Prinzipien rühmt und ihm in
dieser Beziehung vor der weniger strengen empedokleischen Lehre den Vorzug gibt".
111 Zeller 1844, 213s. Sul passo, infra, cap. III.
112 Questa evoluzione si riscontra confrontando l'edizione preliminare del 1844 con le succes-
sive. Così se in Zeller 1844 l'influsso eracliteo è dato per sicuro (216 "Eben dieser Satz
(Das Ichts sei nicht mehr als das Nichts) ist es aber nun auch, durch den die Atomistik
auf's Bestimmteste auf Heraklit zurückweist [...] Wenn daher die Atomisten dem eleati-
schen Sein das Nichtsein eben in der Absicht zur Seite setzen, um dadurch das Werden
und die Bewegung möglich zu machen, so sind wir durch den innern Zusammenhang die-
ser Idee mit der Heraklitischen Philosophie genöthigt, auch einen geschichtlichen Einfluß
des letzteren auf die Entstehung des atomistischen Systems zu vermuthen"), molto più
cauta è la formulazione nella sesta edizione (1920, 1177 ob bei dem Widerspruch der Ato-
miker gegen die Eleaten der Einfluß des heraklitischen Systems mitwirkte, läßt sich nicht
sicher bestimmen") dove anche un influsso degli ionici viene messo in discussione (1181,
"von einem Einfluß der älteren ionischen Schule zeigen sich in der atomistischen Physik
vereinzelte Spuren").
26 Introduzione

Mentre Zeller rielaborava le diverse edizioni della sua monumentale opera,


le tesi di un atomismo radicato nella filosofia anassagorea venivano riprese
dalla critica positivista, da Gomperz nei suoi Griechische Denker, la cui
prima edizione era comparsa nel 1896, e da Brieger113 . Gomperz attribuiva
congiuntamente a Parmenide e a Leucippo il riconoscimento della
"costanza qualitativa" della materia, ma metteva in guardia dal sopravva-
lutare i punti di contatto fra gli atomisti e gli Eleati114 in quanto questi
ultimi avevano risolutamente negato quello che per gli altri era un postu-
lato fondamentale e cioè il movimento. Gomperz vedeva piuttosto le
radici dell'atomismo nelle dottrine ioniche e in Anassagora. Allo stesso
modo Brieger sottolineava in particolare come i presupposti dell'atomismo
fossero contenuti nelle tesi anassagoree dell'eternità e dell'infinità dei semi
(che egli interpretava tuttavia come corpuscoli), della generazione e della
dissoluzione per composizione e scomposizione, dell'affermazione impli-
cita che nulla nasce dal nulla115 .
Il problema delle origini dell'atomismo ha cessato di essere tale nel
momento in cui sono venute meno le ragioni storiche per cui era stato
posto e la visione zelleriana è stata accolta quasi come un dogma. Se si
eccettua uno studio di Sinnige che ha discusso le testimonianze aristoteli-
che alla maniera chernissiana riportando alla Ionia e ad Anassagora le
radici dell'atomismo e riferendo eventuali echi eleatici alla mediazione di
quest'ultimo116 , la rappresentazione eleatizzante trasmessa soprattutto da
Aristotele o da quello che di Aristotele si è voluto interpretare come tale,
si è imposta in maniera indiscussa a cominciare dal Bailey che nel suo
Greek Atomists and Epicurus, faceva di Leucippo un allievo degli Eleati.
Sempre sulla scia di questa tendenza, ma con una ulteriore spinta verso
una ontologizzazione e una rappresentazione matematizzante della dot-
trina atomista, si è posto l'Alfieri il quale, fortemente influenzato dal giu-
dizio hegeliano, ha sovrapposto un assunto metodologico, di tipo hege-
liano appunto, alle testimonianze reali sull'atomismo. Egli dichiarava
apertamente che si devono ricercare, al di là delle testimonianze dossogra-
fiche, i presupposti logici della dottrina atomista per non sminuirne il
valore speculativo117 . La preoccupazione, già zelleriana, per eventuali criti-
che ad un atomismo empirico determina tutta l'interpretazione alfieriana la
quale fa di Leucippo e Democrito dei platonici ante litteram, sostenitori di

113 Brieger 1901, 161-186.


114 Gomperz 1922, 288: "Verkehrt aber ist es, aus den sonstigen Berührungen der beiden
Lehren (scil. des Leukipp und des Parmenides) auf die Abhängigkeit der einen von der an-
deren zu schliessen".
115 Brieger 1901, 179.
116 Sinnige 1968, 138-71.
117 Alfieri 1979, 15.
Introduzione 27

una dottrina di matrice eleatica matematizzante, radicata negli assunti del


pitagorismo (o piuttosto in quelli che Alfieri riteneva tali). A queste radici
matematiche risalirebbero la valutazione positiva del non essere come
spazio e della molteplicità. Ancora al pitagorismo sarebbe da ricondurre il
carattere dell'atomo concepito come unità aritmetica e forma geometrica
astratta. In pratica Alfieri trasponeva esplicitamente118 agli atomisti le ori-
gini della filosofia platonica: Platone avrebbe solamente sviluppato un
maggior interesse per l'intellegibile, gli atomisti per il sensibile, l'uno e gli
altri, però, avrebbero individuato nelle forme matematiche degli enti in-
termedi. A prescindere dal carattere teorico astratto della matematica de-
mocritea, tutto da dimostrare, l'interpretazione dell'Alfieri è il risultato più
evidente della persistenza nei secoli dei pre-supposti che avevano origi-
nato anche una certa rappresentazione aristotelica dell'atomismo, e cioè la
problematica dell'infinita divisibilità e degli indivisibili e i relativi concetti
elaborati in questo ambito da Platone e dall'Accademia. Rispetto comun-
que ad Aristotele, che forniva anche una immagine alternativa e una rap-
presentazione fisica dell'atomismo, Alfieri prescindeva metodologica-
mente proprio da quelle testimonianze che presentano una dottrina fisica
e non matematica come egli la intendeva.
Dipendenza dagli Eleati e anticipazione di dottrine accademiche119 ed
Epicuree costituiscono in sintesi l'interpretazione dell'atomismo fornita da
Lur'e le cui tesi sono state comunque ampiamente confutate già da Mau e
Furley. Lur'e ha il merito di aver raccolto finora la più grande congerie di
testimonianze sull'atomismo, ma il suo principale difetto metodologico
consiste nell'utilizzazione acritica delle fonti120 .
Se Alfieri e Lur'e costituiscono portano all'estremo la platonizzazione
dell'atomismo, altri interpreti come Furley (1967; 1987), pur accettando le
tesi della derivazione dall'eleatismo, individuano anche i problemi che ne
scaturiscono, in particolare la difficoltà di definire il tipo di indivisibilità
dell'atomo e la sua specifica relazione con i paradossi zenoniani.
Una linea interpretativa di area anglosassone si è, in questo ultimo de-
cennio, affannata a "salvare" la reputazione di Democrito come filosofo 121
proprio basandosi sulle presunte risposte ai paradossi zenoniani e svilup-
pando brillanti ipotesi che tuttavia fanno sparire completamente dall'oriz-

118 Alfieri 1979, 50.


119 Fino all'assurdità di anticipare a Democrito la successione punto-linea-superficie-solido,
testimoniata solo per la scuola platonica e di vedere anche una critica all'atomismo antico
nel trattato De lineis. Cf. Lur'e 1932, 148ss.; 1970, 333.
120 Lur'e attribuisce ad esempio lo stesso valore ad Aristotele e ai suoi commentatori neoplato-
nici. Il suo esempio è stato seguito anche in alcune dissertazioni più recenti sull'atomismo,
in particolare Löbl 1976 (cf. anche 1987) e Nikolau 1998.
121 Cf. Makin 1993, supra, n. 100.
28 Introduzione

zonte il contesto in cui Democrito ha vissuto e il sostrato della trasmis-


sione delle sue dottrine. A monte del rapporto Democrito-Zenone c'è
naturalmente l'ulteriore problema della definizione dei paradossi, della
loro funzione e della posizione stessa di Zenone nel suo contesto storico-
culturale. Negli studi moderni egli viene infatti interpretato secondo l'im-
magine canonica tramandata da Platone nel Parmenide, quella di un allievo
che ha cercato di dimostrare per altra via l'assunto del suo maestro se-
condo cui l'essere è uno. In realtà questa rappresentazione, predominante
nella storiografia filosofica antica, ha completamente isolato questa figura
dal suo contesto storico-culturale. Sebbene non sia questo il luogo di rive-
dere la tradizione su Zenone, è opportuno sottolineare che, quando si
parla di una "reazione" democritea ai paradossi, si deve tener presente che
Democrito, se mai li ha presi in considerazione, potrebbe averne avuto
anche una percezione diversa da quella platonica122 . I paradossi zenoniani
risultano in effetti molto meno matematizzanti e astratti se liberati dal
carico concettuale delle interpretazioni seriori e visti come una strategia
pratica tesa a distruggere gli automatismi mentali. In ogni caso sia il vero
Zenone che il vero Democrito potevano essere anche diversi dalla rappre-
sentazione che ne dà la tradizione platonica e rispettivamente aristotelico-
teofrastea.
L'inserimento dell'atomismo nell'ambito della problematica degli indi-
visibili conduce comunque ad un ulteriore dilemma, sempre dibattuto, ma
mai risolto completamente e cioè quello della natura dell'atomo. Si tratta,
anche in questo caso, di una vecchia questione presente nella tradizione
antica in descrizioni del tutto contrastanti che hanno generato, a seconda
del peso maggiore assegnato all'uno o all'altro testo, interpretazioni del
tutto divergenti. Una soluzione palesemente anacronistica è quella di Lur'e
che ha interpretato l'atomo democriteo come un indivisibile fisico delimi-
tato a sua volta da minimi privi di parti come quello epicureo. Lur'e si
appoggia in particolare su un passo di Alessandro di Afrodisia123 adattando
altre testimonianze a questo schema e attribuendo errori di interpretazione
ai numerosi testi che contraddicono questa visione.
Per il resto, l'interpretazione dell'atomo degli atomisti antichi è oscil-
lante a seconda della valutazione delle fonti. Alcuni interpreti vedono
l'atomo come un indivisibile assoluto in quanto solo così potrebbe costi-
tuire una soluzione del paradosso zenoniano. A conferma di questa tesi
citano il rimprovero di Aristotele agli atomisti di essere andati contro i
principi della matematica e altri testi tardi che attribuiscono loro specifi-

122 Su una rappresentazione alternativa a quella del Parmenide platonico, attestata già dal IV
sec. a.C. e in Platone stesso, che vede Zenone disputare in utramque partem, v. infra, III 2. 1.
n. 24.
123 Alex. Metaph. 985b 19, 36,25 (123 L.). Per la discussione del passo, v. infra, VI 3. 1 n. 77.
Introduzione 29

camente dei minimi privi di parti124 . Indivisibilità fisica, ma non teoretica


gli viene attribuita da coloro che ritengono invece il problema dell'indivi-
sibilità matematica estraneo alla prospettiva fisica democritea che separa
nettamente la fisica dalla geometria125 . Mau faceva dell'atomo democriteo
un minimo-misura variabile a seconda dell'ordine delle grandezze126 . Una
tendenza impostasi in area anglosassone negli anni novanta punta invece il
dito sull'inadeguatezza di queste interpretazioni giudicando il dibattito
sull'indivisibilità fisica e teoretica un falso problema. L'indivisibilità sa-
rebbe giustificata non in base ad un argomento fisico, ma in base ad un
argomento "filosofico" di matrice eleatica quale quello dell'omogeneità
dell'atomo che risponderebbe ai requisiti posti dall'argomento dell'indiffe-
renza: non c'è ragione che un atomo sia divisibile più in un punto che in
un altro127 .

4. Democrito, l'Accademia e le interpretazioni dell'atomo


Come si vede le ipotesi sui fondamenti dell'atomismo antico e sulla natura
dell'atomo sono numerose e partono comunque tutte dal pre-supposto
che specifici testi aristotelici o di autori tardi offrano una visione reale e
obiettiva dell'atomismo e delle sue radici. In tutti questi studi manca tutta-
via una decisa e radicale analisi delle fonti a cominciare dai vari passi ari-
stotelici per finire con gli autori neoplatonici. Tali testi vengono usati di
volta in volta per dimostrare l'una o l'altra tesi, ma mai sottoposte ad un'a-
nalisi critica globale.
Lo scopo primario di questo lavoro consiste invece principalmente
nell'esame e nella valutazione contestuale e sistematica delle fonti antiche
che permetta di individuare i pre-supposti di una certa interpretazione
unidirezionale delle dottrine di Leucippo e Democrito, limitata esclusiva-
mente alla considerazione dei rapporti con altre "filosofie" e all'inseri-
mento nella problematica degli indivisibili. Si tratta di un passaggio neces-
sario per ampliare la prospettiva sul contesto e la natura dell'atomismo ad
altri ambiti fuori di quello specificamente filosofico.
Uno dei lavori più importanti per un nuovo inquadramento della pro-
blematica dell'atomismo, non tanto perché tratti il tema specifico, quanto
per le indicazioni e gli spunti che offre, e che è incomprensibilmente pas-

124 Furley 1967, cap. VI; 1987, 124-127. Per la discussione dei passi di Arist. De cael. G 4 e
Simpl. In Phys. 231a 21, 925,10 (67 A 13 DK; 113 L.) in particolare, v. infra, VI 3. 4.
125 Calogero I, 1967, 432; Baldes 1972, 16, 38, 43ss.; lo stesso Furley 1987, 130 sembra venti-
lare un'ipotesi di questo tipo per risolvere i problemi del rapporto con la matematica.
126 Mau 1954, 22ss.
127 Cf. Makin 1989; 1993, 54-62; Lewis 1998.
30 Introduzione

sato quasi inosservato anche nelle interpretazioni più recenti, è il capitolo


su Democrito di Platonismus und hellenistische Philosophie di Hans Joachim
Krämer. Krämer individua molto chiaramente nelle polemiche di Aristo-
tele contro gli indivisibili accademici uno dei maggiori pre-supposti del-
l'inquadramento aristotelico dell'atomismo antico. L'atomismo accade-
mico, il cui rappresentante principale per la tradizione antica è Senocrate,
è stato in realtà sempre completamente trascurato negli studi sull'atomi-
smo antico (se si esclude un breve capitolo eminentemente descrittivo, ma
isolato, dedicatogli da Furley128 ). Eppure la tematica della divisibilità
all'infinito delle grandezze e degli indivisibili discussa nell'Accademia
fornisce ad Aristotele l'apparato concettuale per interpretare l'atomismo e
rappresenta il filtro culturale attraverso cui passano le sue letture non solo
degli atomisti, ma anche delle presunte teorie corpuscolariste dei preso-
cratici. E' infatti principalmente il confronto critico implicito o esplicito
con le dottrine accademiche a costituire il sottofondo di molti passi nei
quali Aristotele discute questi temi129 , confronto di cui egli spesso si serve
come di un'arma contro quelli che erano nel frattempo divenuti i suoi più
diretti avversari. Indizi presenti in allusioni aristoteliche e in testi più tardi,
combinati con aneddoti riguardanti la conoscenza di Democrito da parte
di Platone, portano a pensare che le teorie democritee fossero state inter-
pretate e discusse non tanto dal maestro quanto soprattutto dai suoi allievi
pitagorizzanti130 . Gli autori antichi riportano inoltre con sicurezza a Seno-
crate la discussione e la soluzione dei paradossi zenoniani con la dottrina
delle linee indivisibili. Si tratta proprio dello stesso punto da cui, secondo
l'interpretazione moderna di un passo di Aristotele (De gen. et corr. A 2),
avrebbe preso le mosse anche Democrito. Questa coincidenza e il fatto
che il passo aristotelico non attribuisce la dimostrazione della necessità
degli indivisibili specificamente a Democrito, ma si mantiene su formula-
zioni piuttosto vaghe, giustifica il sospetto che il pre-supposto della pro-
blematica trattata qui da Aristotele stia proprio nella discussione accade-
mica del paradosso cosiddetto "della dicotomia" di Zenone. In questo
sostrato interpretativo, nel quale anche Aristotele spesso si inserisce e del
quale utilizza i concetti, si devono dunque ricercare le radici di quella rap-
presentazione delle dottrine fisiche leucippee e democritee in una certa
prospettiva teorica (il vuoto come un altro dall'essere, l'atomo come un
minimo fisico assolutamente indivisibile) legata alla problematica dell'elea-
tismo. In questa ottica va rivista anche la trattazione aristotelica della na-
scita dell'atomismo di Leucippo come correzione di teorie eleatiche, ma su
128 Furley 1967, cap. VII.
129 Per il presunto corpuscolarismo di Empedocle, cf. Gemelli Marciano 1991a.
130 V. infra, I 2. Eraclide Pontico aveva scritto ben due opere su Democrito. Heraclid. Fr. 22
Wehrli (Diog. Laert. 5,86) Pro;" Dhmovkriton. Pro;" to;n Dhmovkriton ejxhghvsei" a .v
Introduzione 31

presupposti eleatici e la presentazione della dottrina dell'atomo come ri-


sposta alle aporie zenoniane. D'altra parte Aristotele e Teofrasto forni-
scono parallelamente anche un quadro dell'atomismo diverso dal prece-
dente, legato soprattutto a considerazioni eminentemente fisiche che sem-
bra talvolta entrare in collisione con l'altra rappresentazione. Si tratta in
realtà di contesti diversi in cui prevalgono interessi storico-descrittivi su
quelli argomentativi maggiormente sottoposti al condizionamento dell'ap-
parato concettuale corrente e dei fini stessi della dimostrazione.
L'immagine bifronte dell'atomismo antico si estende comunque attra-
verso la mediazione della dossografia e della tradizione di scuola per tutta
l'antichità rendendo difficile qualsiasi tentativo di interpretazione. Accanto
ad un atomo di Leucippo e Democrito solido e compatto come quello
epicureo (la rappresentazione nettamente prevalente), emerge qua e là un
minimo fisico indivisibile per la piccolezza e privo di parti contrapposto a
quello solido di Epicuro. Come sia stata mediata questa immagine, che nei
testi aristotelici si intravvede solo raramente in un sottofondo di allusioni,
rimane un problema. Si può stabilire invece, attraverso l'esame delle ca-
ratteristiche strutturali dei testi che presentano questa interpretazione del-
l'atomo, l'identità dei mediatori di questa visione "diafonica" dell'atomi-
smo. Jaap Mansfeld ha mostrato, per quanto riguarda la dossografia
sull'anima, che il tratto specifico della diaphonia, presente in alcuni testi
rimanda all'Accademia scettica131 . Lo stesso si può dire per i passi in cui
l'atomo indivisibile per la piccolezza e privo di parti di Leucippo (più ra-
ramente di Democrito), viene opposto a quello solido epicureo: è l'Acca-
demia scettica ad aver discusso e formulato in maniera dialettica la pro-
blematica dell'atomismo e ad aver propagato anche l'immagine bifronte
del rapporto fra le dottrine di Epicuro e quelle degli atomisti antichi sot-
tolineandone, a seconda del contesto, la sostanziale uguaglianza o l'aperto
dissenso. Questo procedimento, che ha disorientato gli esegeti moderni,
era tuttavia funzionale al metodo dialettico confutativo con cui l'Accade-
mia scettica affrontava le dottrine dei cosiddetti dogmatici. Nel momento
in cui si voleva mettere in rilievo la scarsa originalità di Epicuro, se ne
sottolineava la servile dipendenza da Democrito, quando invece si voleva
dimostrare che Epicuro aveva fatto peggio dei predecessori o che gli ato-
misti si contraddicevano l'un l'altro, si applicava lo schema della diaphonia.
Alcuni degli excursus delle fonti antiche impostati soprattutto su una critica
all'atomismo in genere hanno come modelli queste confutazioni. Ciò non
impedisce ovviamente che, per altri aspetti della dottrina atomista, autori
come Cicerone e Plutarco abbiano potuto servirsi anche di altre fonti. Gli
autori cristiani, spesso tralasciati e considerati di scarso rilievo negli studi

131 Mansfeld 1989a, 338-342; cf. anche 1990a, 3056-3229.


32 Introduzione

sull'atomismo, si sono abbondantemente serviti, ovviamente attraverso


mediazioni, della rappresentazione critica elaborata nell'Accademia scet-
tica. Per quanto arbitrarie e personali possano sembrare certe loro argo-
mentazioni, non si tratta affatto di critiche sviluppate individualmente, ma
di motivi dialettici risalenti all'uso dell'Accademia scettica di confutare le
dottrine dogmatiche mettendone in luce non solo la discordanza con altre,
ma anche le contraddizioni interne. Quest'uso si integrava perfettamente
con il fine degli scrittori ecclesiastici: l'annientamento della tradizione cul-
turale pagana. Dimostrando come quelli che i "gentili" stimavano filosofi
fossero una accolita sempre in disaccordo fra di loro e sostenessero delle
tesi apertamente contradditorie, essi minavano alle basi la credibilità della
cultura e dei valori pagani132 . Gli autori cristiani si dimostrano dunque
estremamente utili per chiarire certe oscurità di resoconti dossografici
facenti capo in definitiva alla stessa tradizione.
Una attenzione particolare è stata dedicata nel presente lavoro anche
ai commentatori aristotelici la cui utilizzazione ha portato ad interpreta-
zioni assolutamente discordanti. Essi sono stati spesso assunti come te-
stimonianze valide a tutti gli effetti per ricostruire una dottrina atomista
originaria, nonostante sia comunemente ammesso che nessuno di loro
aveva accesso diretto alle opere degli atomisti133 . Se è vero che Simplicio
conosceva di prima mano l'opera di Aristotele su Democrito, di cui riporta
l'unico frammento esistente, e le doxai di Teofrasto dalle quali verosimil-
mente attinge per il resoconto su Leucippo e Democrito, non è comunque
assolutamente scontato che se ne serva ogniqualvolta tratta dell'atomismo.
I commentatori, quando devono commentare uno specifico passo aristo-
telico, seguono spesso esegeti a loro vicini o si rifanno alla dossografia o a
tradizioni più antiche, ma non ai testi originali. Lo stesso Simplicio, l'unico
che conosce gran parte degli originali di prima mano, li cita solo in casi
particolari, quando cioè è in disaccordo con qualcuno dei suoi predeces-
sori sull'interpretazione di un determinato passo. Per quel che riguarda le
testimonianze di questi esegeti sull'atomismo antico, il panorama è com-
plesso e sconsolante: a fronte dell'ortodossia peripatetica e aristotelica
talvolta integrata con la tradizione epicurea di Alessandro, sta la volubilità

132 Questo assunto, fondamentale delle opere di Eusebio e Teodoreto, giustifica la dovizia di
informazioni sulle opinioni dei filosofi greci da loro offerta. Cf. Diels 1879, 47. Sull'uso
della diaphonia presso gli autori cristiani finalizzato alla confutazione delle dottrine pagane,
cf. Riedweg 1994, VI 3 con abbondante esemplificazione.
133 Ancora negli studi più recenti (cf. e.g. Löbl 1976, 1987, Nicolau 1994, Makin 1993, 49-53)
si continua sorprendentemente ad utilizzare ad esempio il Filopono nel quale non c'è la
minima traccia di contatto diretto coi testi non solo degli atomisti, ma neppure degli altri
presocratici più citati come Empedocle. Sullo scarso valore delle testimonianze del Filo-
pono in relazione all'indivisibilità dell'atomo, cf. anche Bodnár 1998. Simplicio poi conti-
nua a fare testo, cf. Makin 1993, Lewis 1998, Hasper 2002.
Introduzione 33

dei commentatori neoplatonici che, senza alcun problema, offrono esegesi


opposte in contesti diversi. Questo è tuttavia perfettamente comprensibile
alla luce della tradizione dei commenti neoplatonici ad Aristotele: talvolta
infatti i commentatori si rifanno ad Alessandro o a qualche altro peripate-
tico, talaltra utilizzano i testi dei loro predecessori neoplatonici quali Porfi-
rio e Giamblico creando nei moderni quell'impressione di "schizofrenia
esegetica" da cui scaturiscono rappresentazioni totalmente discordanti
dell'atomismo antico.
Qualcuno potrebbe obiettare che queste considerazioni rischiano di
offuscare l'immagine di Simplicio togliendogli ogni "originalità" e facen-
done un semplice compilatore, ma anche la difesa dell'"originalità" degli
autori antichi è in gran parte un bisogno derivato dai nostri pre-supposti
culturali. Oggi, essere "originali" significa distanziarsi dalla tradizione, dire
qualcosa che nessuno ha mai detto. Per i commentatori neoplatonici di
Aristotele, e non solo per loro, invece, la continuità con la tradizione, che
significa anche ripresa più o meno letterale di brani dei predecessori, è
fondamentale. Essi possono "aggiungere" qualcosa a quanto già detto o
anche talvolta esprimere posizioni differenti, ma il grosso del loro com-
mento è basato sugli insegnamenti dei "maestri"134 e sull'interpretazione
che costoro hanno dato dei singoli passi. Su questo punto è illuminante un
articolo di John Dillon che illustra in modo esemplare il tema dei "debiti"
dei commentatori neoplatonici soprattutto nei confronti di Giamblico.
Cercando di raccogliere i frammenti del perduto commento alle Categorie
aristoteliche di quest'ultimo, Dillon afferma di essere arrivato a questa
conclusione
that there is really no pressing need to collect the fragments of Iamblichus' lost
commentary on the Categories because after all it is not really lost; it is virtually all
still there, embedded in the amber of Simplicius135 .
Prescindendo dunque da giudizi di valore e tenendo conto di questa pecu-
liarità metodologica dei commentatori neoplatonici di Aristotele, si può
affermare che le loro testimonianze sugli atomisti antichi vanno esaminate
alla luce dei singoli contesti. Il risultato, come si vedrà, non è entusia-
smante: i testi dei commentatori, fuori dalle citazioni dirette da Aristotele
o Teofrasto, sono inutilizzabili per la ricostruzione delle dottrine atomisti-

134 Cf. e.g. le dichiarazioni Simplicio nel suo commento alle Categorie (Prooem. 3,4 ejgw; ga;r
ejnevtucon me; n kaiv tisi tw'n eijrhmev nwn suggrav mmasin, ejpimelevsteron de; wJ" oi|ov" te h\ n toi'"
Iamblivcou parakolouqw'n ajpegrayavmhn, kai; aujth'i pollacou' th'i levxei tou' filosovfou
crhsavmeno"), su cui ha attirato l'attenzione Dillon 1998, 175. Simplicio continua affer-
mando che il suo scopo è quello di riassumere le opere dei suoi predecessori per comuni-
carne il contenuto anche a coloro che non sono in grado di leggerle per esteso. Sul metodo
di Simplicio, cf. anche Hadot 1987 e 2002.
135 Dillon 1998, 176.
34 Introduzione

che originali. La delusione per l'esito è comunque compensata dalla con-


statazione che uno dei principali motivi di confusione e di infiniti dibattiti
è completamente privo di consistenza.

5. Osservazioni metodologiche
Dato che alcuni problemi e concetti più generali concernenti la trasmis-
sione e l'interpretazione delle dottrine degli antichi e altri riguardanti più
specificamente l'atomismo sono stati e sono tuttora oggetto di discussione
e ridefinizione, ritengo opportuno fare alcune precisazioni sull'approccio e
la terminologia adottata nel presente studio.
Un punto fondamentale da chiarire poiché spesso, soprattutto in que-
sti ultimi anni, ha costituito un nodo cruciale e dibattuto nell'ambito del-
l'interpretazione dei presocratici e sul quale a mio parere vige attualmente
una certa confusione è la legittimità di un certo approccio "filosofico", in
particolare analitico, a questi autori. E' un problema antico che risale so-
prattutto ad Aristotele al quale più o meno consciamente si richiamano
tutti i difensori della tesi secondo cui i presocratici sono "filosofi" e come
tali vanno interpretati. Rimane tuttavia da definire se essi debbano consi-
derarsi "filosofi" nel senso moderno, cioè personaggi dediti alla discus-
sione speculativa e lontani dalle "cure" pratiche e se debbano quindi rien-
trare a questo punto in una storia della filosofia che si ostina a considerare
tale solo la discussione di questioni teoriche, o se invece si tratti di sapienti
radicati nel loro contesto culturale che li influenza e che essi stessi influen-
zano attivamente e dunque siano "filosofi" nel senso etimologico di
"amanti della sofiva" con tutte le connotazioni pratiche che questo ter-
mine comporta. E' questo infatti il nodo cruciale passato sotto silenzio
nell'approccio esclusivamente filosofico. Si deve dunque essere ben consci
del fatto che i loro testi sono stati, da Aristotele in poi, estrapolati a pia-
cere dal loro contesto culturale e continuamente riusati e manipolati ai fini
della discussione dialettica o della dimostrazione di determinate teorie o
della ricostruzione di un albero genealogico delle scuole filosofiche senza
alcuna considerazione per la loro diversità intrinseca e per il loro contesto
specifico. Essi sono stati per così dire "travolti dalla filosofia" e da testi
estremamente diversi fra loro per origine, scopi e destinazione pratica,
sono diventati appunto esercizi speculativi di personaggi che, come mo-
derni accademici, discutono fra loro più o meno a distanza di questioni
teoriche. Se questa immagine può attagliarsi alle scuole filosofiche elleni-
stiche (ma anche qui ci sarebbero da fare dei distinguo), è assolutamente
priva di fondamento per i presocratici, ma viene continuamente riproposta
nell'approccio filosofico analitico che può così prescindere dall'analisi
Introduzione 35

globale delle fonti e della tradizione indiretta, dall'esame di una più vasta
gamma di testimonianze di diverso genere fuori dell'ambito strettamente
filosofico, dal tentativo di ancorare i frammenti e le testimonianze ad un
contesto storico. La giustificazione generalmente fornita per questo tipo di
interpretazione è che in ogni caso non si può arrivare ad una ricostruzione
esatta del pensiero di questi autori e che dunque è legittimo spiegarli con
concetti a noi familiari per poterli comprendere (la cosiddetta "rational
reconstruction"136 ), ma su questo punto valgono le osservazioni fatte
all'inizio di questo capitolo. Questo tipo di approccio alla cultura antica, se
nell'immediato sembra produttivo e gratificante, a lungo termine non può
che portare alla cancellazione di ogni traccia delle dottrine originali. L'in-
terpretazione moderna di Democrito, condotta su questa linea, ha con-
dotto non solo a durissimi giudizi etici e filosofici e a successivi tentativi
altrettanto anacronistici di "salvataggio"137 , ma anche al rigetto e all'emargi-
nazione sistematica di aspetti importanti della sua opera quali quello "tec-
nico", un fatto che si è ripercosso anche sull'interpretazione della dottrina
dell'atomo. In questo lavoro ho quindi cercato, con tutti i limiti e le possi-
bilità di errore connaturati ad una ricerca a vasto raggio su un campo dis-
seminato di rovine, di affrontare l'analisi delle fonti antiche sull'indivisibi-
lità dell'atomo e di contestualizzarle ogni volta nell'ambito da cui esse
provengono.
Per tutto quanto ho ora esposto e nonostante ormai sia divenuto un
topos nella Sekundärliteratur sugli atomisti precisare tutte le possibili sfu-
mature del termine indivisibilità, ho deciso deliberatamente di tralasciare
questo tema non solo perché altri lo hanno già fatto138 , ma soprattutto
perché, in relazione all'atomismo antico, si tratta, a mio avviso, di distin-
zioni prive di qualsiasi fondamento storico139 . Rimando per questo alla
lettura del capitolo conclusivo in cui ho cercato brevemente di contestua-
lizzare le dottrine degli atomisti nell'atmosfera culturale del V sec. a.C.
sottolineandone in particolare il rapporto con la medicina e rivalutando
anche aspetti stilistici e testimonianze generalmente trascurate. In questo
contesto le speculazioni moderne sull'indivisibilità dell'atomo risultano

136 Cf. Makin 1998 e Rorty 1984.


137 Makin 1993, 15 giustifica il suo uso di "analytic techniques" lontane dalla realtà storica dei
presocratici con il già citato principio della "charity", ma aggiunge che tuttavia i risultati di
questo procedimento non devono essere necessariamente "ahistorical". Egli però intende
per "storico" una "Entwicklungsgeschichte des Geistes" alla maniera zelleriana e si limita a
considerare come "evidenza storica" la testimonianza o il frammento in sé e per sé senza
alcuna correlazione con un contesto storico-culturale.
138 Cf. la discussione del termine in Barnes 1982, 50ss.; Lewis 1998, 6ss.; Makin 1979, 1993,
cap. III; Taylor 1999, 164-171.
139 Cf. anche Sorabji 1983, 354-357; Held 1998, 27.
36 Introduzione

estremamente lontane da una visione del mondo sostanzialmente ancorata


alla realtà socio-politica, ai fenomeni, ai corpi.
Un'altra precisazione va fatta riguardo all'impiego dei termini "dosso-
grafia" e "dossografico". Diels, che li ha coniati, si riferiva esclusivamente
alle raccolte di doxai facenti capo al cosiddetto Aezio e risalenti nel loro
nucleo originario alle Fusikai; dovxai di Teofrasto. Col tempo questi ter-
mini hanno assunto una connotazione più ampia con evidenti degenera-
zioni140 . Mansfeld 141 e Runia mettono in guardia dall'uso improprio di que-
sto termine estendendo la restrizione anche a quei testi contenenti sì passi
"dossografici", ma tali solo nella forma, non negli scopi. In un discorso
sulla trasmissione di dottrine specifiche rimane comunque, al di là delle
distinzioni concettuali, il problema di rendere questi passi immediata-
mente riconoscibili. Ed è per questo che, in maniera pur imprecisa, ma per
una questione di comodità, ho usato talvolta il termine "dossografico"
anche quei resoconti caratterizzati da uno stile dossografico come certi
brani di Cicerone, Plutarco e Sesto Empirico142 . Un ulteriore problema di
denominazione si presenta in relazione ad un altro tipo di testimonianze.
Ci sono infatti buone ragioni per credere che, accanto ad una trasmissione
compendiaria (la dossografia cioè in senso stretto), ci fosse, per lo meno
in alcune scuole filosofiche, la consuetudine di utilizzare repertori di cita-
zioni letterali su temi particolari. Questa tendenza è particolarmente evi-
dente nella trasmissione di citazioni sul tema della gnoseologia nella tradi-
zione scettica. Le stesse citazioni o gli stessi gruppi di citazioni letterali
dagli stessi autori si ripetono regolarmente nelle fonti riconducibili a que-
sto filone e riportabili in alcuni casi sicuramente al capostipite dell'Acca-
demia scettica, Arcesilao143 . Tali "repertori" non appartengono al genere
"dossografico" in senso stretto, ma presentano similitudini nella forma (in
quanto riportano, sebbene in forma letterale, dovxai su argomenti specifici)
e negli obiettivi (in quanto forniscono una panoramica generale delle opi-
nioni su determinati problemi). Gli studi moderni hanno inoltre eviden-
ziato l'importanza di rudimentali raccolte di opinioni, organizzate intorno
a temi-chiave quali il numero dei principi, circolanti in ambito sofistico già
prima di Platone144 e di cui quest'ultimo e Aristotele, si sono serviti
ampliandoli e adattandoli ai loro scopi145 . Mi sembra dunque che l'uso
ristretto della denominazione "dossografia" e "dossografico", invece di

140 Cf. un excursus sugli usi moderni impropri del termine in Runia 1999, 33s.
141 Mansfeld 1999, 19.
142 Cui, secondo Mansfeld 1999, 19 e Runia 1999, 52 non si dovrebbe applicare questa "eti-
chetta".
143 Nel caso specifico di Democrito, cf. Gemelli Marciano 1998.
144 V. infra, III 2. 2. 1.
145 Cf. von Kienle 1961, Cambiano 1986, Mansfeld 1986 [1990b, 22-83].
Introduzione 37

semplificare, complichi inutilmente il problema terminologico. Se ci può


essere accordo sul fatto che la dossografia come genere specifico è quella
teofrasteo-aeziana, è tuttavia anche innegabile che certi brani di stile dos-
sografico, con relative interpretazioni, nella letteratura filosofica o scienti-
fica fanno parte a pieno titolo di una trasmissione di doxai all'interno di
una tradizione e non sono semplici rimaneggiamenti dell'autore stesso di
materiale direttamente tratto da manuali come quello di Aezio146 . Per que-
sti motivi ho usato la denominazione resoconto dossografico in maniera
talvolta informale e in una accezione più vasta rispetto all'uso originale
dielsiano e a quello raccomandato da Mansfeld e Runia. Ho considerato
resoconti dossografici in senso lato anche dei brani di Aristotele, sia isolati
sia inseriti in contesti argomentativi, caratterizzati da uno stile "dossogra-
fico" vale a dire da una esposizione schematica, basata su concetti-chiave
(ad es. numero dei principi, carattere dei principi) nella quale prevalgono
interessi descrittivi. In pratica quegli appunti che Aristotele stendeva per
avere davanti a sé un panorama riassuntivo globale delle opinioni dei pre-
decessori su un determinato problema e dai quali attingeva di volta in
volta a seconda delle proprie esigenze147 . Che Aristotele disponesse, anche
nel caso di Democrito, di appunti di questo genere, lo si può dedurre dal
parallelismo di diversi passi descrittivi riguardanti le dottrine atomiste148 .
Nella tradizione tarda si fa poi strada anche una maniera diversa di
utilizzare i dati dossografici. Spesso infatti le informazioni sono organiz-
zate secondo schemi antilogici, vale a dire come doxai contrapposte tese a
dimostrare l'inconsistenza di tutte le opinioni dogmatiche. Si tratta del
metodo utilizzato nell'Accademia scettica e nel neopirronismo di cui si
trovano esempi numerosi in Cicerone e Sesto Empirico, ma anche negli
autori cristiani. In questo caso le doxai vengono usate in un contesto parti-
colare, talvolta organizzato in forma di dialogo, che implica, spesso in
maniera non facilmente distinguibile, interventi critici. In questi casi, le
singole opinioni degli antichi trascinano con sé anche il bagaglio critico e il
tutto diventa "repertorio" manualistico.
Ho impiegato con parsimonia anche il termine "fonte" nella sua acce-
zione tradizionale di testo identificabile con una certa sicurezza e ricopiato
in maniera più o meno fedele da un determinato autore. Ho fatto invece

146 Sulla necessità pratica dell'uso più ampio della denominazione di "dossografia", cf. Van der
Eijk 1999, 21s.
147 Sulla necessità di redigere tali appunti subordinatamente alla trattazione dei singoli pro-
blemi, cf. Top. 105b 12 e Mansfeld 1992b, 332.
148 Cf. in particolare le concordanze fra Arist. Fr. 208 Rose e De gen. et corr. A 8, infra, III 4. 3.
38 Introduzione

più spesso riferimento ad una "tradizione"149 . Questo perché, nella


maggioranza dei casi, i resoconti postteofrastei, generali o particolari, sulla
dottrina dell'atomo risalgono a schemi correnti nelle diverse scuole filoso-
fiche ellenistiche e tardo-ellenistiche, talché è impresa disperata stabilire
con precisione la "fonte". Si può invece, con un margine inferiore di arbi-
trarietà, parlare di "tradizione" intendendo con questo termine le tendenze
interpretative delle teorie democritee tipiche di singole scuole filosofiche o
di una specifica letteratura tecnica. In questo tipo di trasmissione rimane
aperto e fluttuante, spesso entro limiti non ben definibili, il gioco di inter-
scambio fra trasmissione orale e fissazione scritta di una determinata in-
terpretazione. Questo vale ad esempio per l'immagine di un Democrito
scettico cui è collegato un gruppo specifico di sentenze irradiate dalle
lezioni di Arcesilao150 , ma confluite poi nelle trattazioni di scuola da cui
attinge ad esempio Cicerone. Soprattutto risulta difficile stabilire delle
precise distinzioni fra trasmissione orale e scritta nell'ambito, peraltro
importante e indicativo, della critica sviluppata contro una determinata
doxa. Qui repertori argomentativi tramandatisi oralmente nell'esercizio
scolastico hanno avuto probabilmente la stessa efficacia e la stessa persi-
stenza di critiche fissate per iscritto. In questo caso, più importante della
determinazione della precisa provenienza della critica e della doxa che l'ha
generata, è l'individuazione della tendenza interpretativa da questa veico-
lata e, in termini più generali, la possibilità di risalire per lo meno ad una
scuola filosofica o ad una tradizione di altra provenienza. E' soprattutto
l'elemento di continuità nell'esegesi dei testi e degli autori antichi all'in-
terno delle scuole filosofiche e delle altre tradizioni a costituire il filo con-
duttore dell'interpretazione dei dati. Nel caso particolare delle testimo-
nianze sui fondamenti dell'atomismo antico, anche le rigide differenzia-
zioni fra citazione letterale, parafrasi, reminiscenza perdono facilmente il
loro valore funzionale. Si può comunque osservare che testi fondamentali
rimangono delle parafrasi quali quelle di Aristotele e di Teofrasto che,
nonostante i rimaneggiamenti, attingono direttamente agli originali.
Paradossalmente spesso le scarse citazioni letterali, quali quelle di Sesto
Empirico, Diogene Laerzio, Galeno ed altri, provengono da excerpta
conservatisi in una determinata tradizione di scuola o tramandatisi attra-
verso raccolte e, più che chiarificare, creano ulteriori complicazioni e pos-
sibilità di fraintendimento. La maggior parte del materiale è però costituito
da resoconti di seconda o di terza mano importanti per determinare il

149 Cf. Mansfeld 1999, 29 il quale utilizza, per l'interpretazione data dai singoli autori all'in-
terno di una tradizione, il termine "ricezione". Per la discussione sui termini "fonte" e "tra-
dizione" in relazione a Plotino, cf. Harder 1957.
150 Se Arcesilao abbia posto per iscritto delle opere filosofiche, risulta ancora poco chiaro dalle
testimonianze, cf. Görler 1994, 786s.
Introduzione 39

filone che li ha trasmessi, ma non fondamentali per risalire ad un nucleo


dottrinario originale.
Il presente lavoro è dedicato, per ragioni di economia e di unitarietà,
unicamente all'esame dei fondamenti e dell'origine della dottrina atomista
e tralascia volutamente un altro aspetto importante quale il tema della
conoscenza. Questo non solo investe una problematica che si allarga a
tutta la cultura del V sec. a.C., ma assume un suo carattere specifico anche
per ciò che concerne l'esame delle fonti e necessiterebbe di una trattazione
particolare. A questo aspetto ho dedicato comunque un piccolo spazio nel
capitolo conclusivo esaminando il cosiddetto "scetticismo" democriteo da
un'altra ottica, quella cioè delle strategie comunicative comuni anche ai
medici ippocratici.
Ho tralasciato altresì il problema specifico della matematica democri-
tea la cui discussione si basa soprattutto su testi generici o di difficile in-
terpretazione151 , dai quali poco di sicuro si può ricavare, o sui titoli delle
opere che presentano tutti i problemi dovuti alla catalogazione e alla tito-
lazione tarda e la cui lezione è talvolta controversa. Il problema rientra, a
mio avviso, nella questione generale della definizione della matematica del
V sec. a.C. il cui carattere di astrattezza e di sistematicità "scientifica" in
senso moderno non è assolutamente dimostrato. Del resto, se anche De-
mocrito fosse stato un buon matematico, ciò non deve necessariamente
aver influito sulla dottrina fisica; Senocrate, sostenitore delle linee indivisi-
bili, pur conoscendo gli assunti della matematica, ha ugualmente formu-
lato un'ipotesi considerata contraria a queste leggi. In secondo luogo il
problema del carattere matematico della dottrina democritea si pone solo
per chi parta dal presupposto che egli abbia veramente impostato la sua
teoria riflettendo sul problema astratto della divisibilità, presupposto ben
lungi dall'essere sicuro in quanto dipende in gran parte dall'interpretazione
del passo aristotelico di De gen. et corr. A 2 già citato precedentemente.
Questo lavoro affronta anche problematiche relative all'atomismo ac-
cademico, ma non può costituire uno studio specifico su di esso. Per que-
sta ragione, pur tenendo conto delle diverse tendenze interpretative, le ho
discusse dettagliatamente solo riguardo ai punti più direttamente significa-
tivi per le relazioni con l'atomismo antico, per il resto ho rimandato agli
studi specialistici. Per lo stesso motivo, ho lasciato ai margini la vexata
quaestio dell'attribuzione della dottrina delle linee indivisibili anche a Pla-
tone e in generale il problema della ungeschriebene Lehre e ho preferito se-
guire la tendenza esplicita delle fonti antiche che attribuisce sicuramente a
Senocrate la discussione delle aporie di Zenone e le linee indivisibili. In

151 Cf. Plut. De comm. not. 1079 E (68 B 155 DK; 126 L.); Archim. Mech. II,428,26 Heiberg (68
B 155 DK app.; 125 L.).
40 Introduzione

effetti, l'unico brano in cui sia menzionata esplicitamente una posizione


critica dell'Accademia nei confronti degli atomisti152 , sembra piuttosto da
ricondursi a Senocrate che a Platone.
Un particolare ruolo di chiarificazione dei presupposti e delle meto-
dologie dell'atomismo acquistano nell'ambito del presente studio i con-
fronti con i testi ippocratici. Nonostante la datazione controversa, se-
condo le edizioni recenti di alcuni trattati, sembra ormai assodato che i più
antichi si situino fra la seconda metà del V e la prima metà del IV sec. a.C.
e sono quindi grosso modo contemporanei a Democrito. Il principio se-
condo cui ho utilizzato questi testi è tuttavia in certo modo indipendente
dal problema cronologico in senso stretto. Non mi sono infatti, se non in
un caso specifico, soffermata su presunti echi più o meno diretti di dot-
trine democritee nel corpus secondo una metodologia invalsa fra gli storici
della filosofia, quanto piuttosto sul confronto neutro di tematiche e me-
todi, non necessariamente correlati, ma scaturenti da un fondo di cultura e
di esperienza comuni.
A differenza di quanto è stato fatto in molti studi sull'atomismo an-
tico, ho utilizzato solo marginalmente, e in casi specifici, finalizzati ad una
interpretazione delle fonti antiche, i testi epicurei e lucreziani nei quali è
sempre difficile stabilire i confini fra il riproduttivo e l'esegetico. Per
quanto riguarda in particolare l'interpretazione di Epicuro dell'atomismo
antico, ho cercato soprattutto di individuare una via alternativa: ho infatti
collegato la rivalutazione da parte di Epicuro delle dottrine democritee
all'interazione fra le critiche accademiche a quelle teorie da una parte, e la
sistematica utilizzazione in funzione antiaccademica da parte di Aristotele
dall'altra, e non alle critiche aristoteliche all'atomismo antico come vuole la
tradizione dall'antichità ad oggi. La trattazione di Epicuro sotto questo
aspetto non vuole essere un'analisi esauriente né una presa di posizione
definitiva, ma uno spunto funzionale alla ricostruzione della trasmissione
dell'atomismo antico, e come tale va valutata.
Per quanto riguarda l'ambito della dossografia in senso stretto, ho te-
nuto conto dell'interrogativo che oggi, sempre più frequentemente si pone
sulla validità oggettiva delle classificazioni dielsiane153 . Se nessuno
misconosce il grande valore dei Doxographi graeci del Diels, molti sono
dell'avviso che comunque vadano rivisti i presupposti che hanno guidato
le sue ricostruzioni in particolare quella del cosiddetto Aezio attraverso il
confronto fra i testi dello Pseudo-Plutarco e di Stobeo. Tali testi spesso
coincidono perfettamente, ma talvolta sono anche piuttosto diversi so-

152 Sext. Emp. Adv. Math. 10,248ss., v. infra, II 4.


153 Cf. Kingsley 1994, 235 n. 3; Mansfeld-Runia 1997.
Introduzione 41

prattutto nell'ordinamento delle voci154 e nell'espressione stessa di determi-


nate doxai. Diels ha spesso uniformato intervenendo sull'uno o sull'altro
testo ed eliminando così delle differenze che hanno ragione di esistere non
solo per la distanza cronologica fra un testo e l'altro, ma anche per la loro
diversità strutturale. Nel presente lavoro ho fatto riferimento separata-
mente ai due testi rilevandone l'identità, ma indicandone anche all'occa-
sione, le differenze funzionali. Allo stesso modo ho citato separatamente il
testo di Teodoreto che nei Doxographi graeci compare sempre in nota e in
subordine ai due autori precedenti. Per lo Pseudo-Plutarco ho riportato le
varianti della versione eusebiana solo nel caso in cui questo era necessario
al chiarimento testuale, per il resto ho seguito la lettura fornita da Diels
indicando le eventuali deviazioni. Ho fatto talvolta ricorso, ma solo limi-
tatamente, anche alla versione araba dello Pseudo-Plutarco nella tradu-
zione tedesca di Daiber 1980. I frammenti e le testimonianze sono stati
citati secondo le edizioni di Diels-Kranz 1952 (DK) e Lur'e 1970 (L.).
Laddove compaia solo l'indicazione di quest'ultima edizione, significa che
la testimonianza manca nell'altra.

154 Nello Stobeo, come lo stesso Diels 1879, 56 osservava, il carattere antologico richiede una
strutturazione completamente diversa. Cf. Mansfeld-Runia 1997, cap. IV.
Capitolo primo

Platone e Democrito

1. Considerazioni generali
L'interrogativo sulla presenza di Democrito nell'Accademia si pone presso
le fonti più antiche nella forma del rapporto Platone/ Democrito. Cono-
sceva Platone Democrito e, se sì, perché non lo ha mai nominato? Platone
è, in generale, piuttosto parco di riferimenti diretti ad autori specifici e in
questo segue una prassi già consolidata negli autori del V sec. a.C.1 Inoltre,
frequentemente, critica un'idea diffusa sotto la quale raggruppa più autori
perché, in un contesto dialettico, sono più importanti le idee che le per-
sone2.
Quello di Democrito (o Leucippo), tuttavia, sarebbe per Platone
stesso un caso estremo. Egli infatti nomina Eraclito, Empedocle, Anassa-
gora, Parmenide, Zenone, Melisso, i Sofisti, ma non Democrito. Platone,
comunque, non menziona mai neppure Diogene di Apollonia che, se-
condo gli interpreti moderni, avrebbe goduto di una grande fama ad
Atene tanto da essere addirittura il bersaglio delle allusioni di Aristofane
nelle Nuvole3. Ora, nessuno degli antichi, si è mai chiesto perché Platone
non nomini mai Diogene4. Il fatto quindi che il quesito nelle fonti antiche
sia stato posto solo in relazione a Democrito, che Aristotele contrappone
spesso a Platone e agli Accademici, è un indizio per scoprire l'ambiente in

1 Erodoto, ad esempio, fa riferimento esplicito all'opera di Ecateo solo due volte (2,143;
6,137), pur alludendo spesso polemicamente a lui. Diogene di Apollonia menzionava gene-
ricamente dei Sophistai. Gli autori ippocratici sono anch'essi estremamente vaghi sull'iden-
tità dei loro avversari e solo raramente fanno dei nomi.
2 Cf. Cambiano1986, 69ss. Su questo procedimento dialettico, v. infra, III 2. 2. 1.
3 Questa opinione corrente va comunque ridimensionata in quanto le allusioni di Aristofane
potrebbero riguardare un'ampia gamma di personaggi che sostenevano teorie simili a quelle
di Diogene, cf. Orelli 1996, 94-109.
4 Fra i moderni solo Steckel 1970, 194s. rileva questo fatto.
Capitolo primo 43

cui esso si è originato. Un interrogativo che suona come una chiara pole-
mica nei confronti di Platone si adatta perfettamente all'atmosfera del
primo Peripato e in particolare alla vena antiplatonica che ne attraversa la
storiografia. In questa prospettiva si inquadra il resoconto di Diogene
Laerzio (9,40) risalente nel suo complesso ad Aristosseno: Platone non
nomina l'Abderita, in quanto era cosciente di non poter competere col
migliore dei filosofi5. Sul resoconto di Aristosseno tornerò comunque
diffusamente in seguito. Per ora mi limito a segnalare che il problema del
silenzio di Platone era già stato sollevato nell'antichità e che si è di volta in
volta riproposto fino ai giorni nostri.
Fra i moderni, Gigon (1972) ha avanzato l'ipotesi che Platone non
parli di Democrito in quanto Socrate, il protagonista dei suoi dialoghi, non
lo conosceva. Tuttavia le opere nelle quali si sono ravvisate allusioni alla
fisica democritea, sono, oltre al Cratilo e al Teeteto, anche il Sofista e il Timeo
dove il protagonista non è più Socrate. Secondo un articolo della Ham-
mer-Jensen divenuto famoso, il Timeo rivelerebbe una recente acquisizione
da parte di Platone di teorie che Aristotele attribuisce anche agli atomisti,
ma si distinguerebbe soprattutto per una valutazione diversa delle con-
cause rispetto al Fedone. Nel Timeo Platone avrebbe accettato anche una
spiegazione meccanicistica della formazione del mondo legata all'ananke,
pur subordinandola alla causa finale; il mondo si svilupperebbe infatti
inizialmente in modo del tutto meccanico senza l'intervento del dio6. A
parte le difficoltà di interpretazione della cosmogonia del Timeo (che dagli
allievi di Platone in poi è sempre risultata enigmatica), c'è tuttavia da os-
servare che la cosiddetta concausa non è rigettata neppure nel Fedone dove
(99a), come nel Timeo (46d), si afferma che essa può essere considerata
solo "ciò senza il quale", cioè una condizione necessaria, ma non una vera
causa. Sulla scia della Hammer-Jensen molti hanno ipotizzato che nel
Timeo Platone non solo abbia preso le mosse dall'atomismo di Democrito,
ma vi alluda criticamente7. Secondo Eva Sachs8 la critica alla dottrina dei
quattro elementi in Ti. 48b-c sarebbe rivolta espressamente contro Demo-
crito. Siccome in realtà la dottrina atomista diverge notevolmente da
quella criticata da Platone, la Sachs era necessariamente costretta, per sal-
vare l'ipotesi, ad attribuire forzatamente agli atomisti una dottrina dei
quattro elementi mutuata da Empedocle e inserita come un corpo estraneo
in quella atomista. Tutto questo sarebbe deducibile:

5 Su questo punto, v. infra, § 2.


6 Hammer-Jensen 1910, 96-105.
7 Cf. e.g. Guthrie II, 1965, 462, 502; Stückelberger 1990, 2562.
8 Sachs 1917, 193-221.
44 Platone e Democrito

1. Dalla cosmogonia di Pseudo-Plutarco9 riportata dal Diels come leu-


cippea, ma in realtà anonima, dove, secondo la Sachs, gli atomi giochereb-
bero un ruolo limitato rispetto agli elementi veri e propri.
2. Dalla cosmogonia-zoogonia riportata da Diodoro10 nella quale gli
atomi non compaiono affatto.
Al tempo in cui scriveva la Sachs si era imposta la visione
reinhardtiana11, ormai ampiamente ridimensionata12, secondo cui la cosmo-
gonia e la zoogonia diodorea risalirebbero, attraverso Ecateo di Abdera, a
Democrito. Ora, la sicura provenienza democritea del resoconto di Dio-
doro non è più accettata da nessuno e il passo di Pseudo-Plutarco è di
dubbia attribuzione13. In ogni caso, gli atomi, in questa cosmogonia com-
paiono e, semmai, è la dossografia tarda che ha mediato il resoconto ad
esprimere i concetti nella propria terminologia. Un altro punto nella quale
la Sachs individuava il riferimento agli atomisti, era l'ironica allusione
all'ajpeiriva di chi aveva ipotizzato l'esistenza di a[peiroi kovsmoi (Ti. 55c),
ma la dottrina degli infiniti mondi è attribuita dalla dossografia anche ad
altri presocratici14. Dunque nessuno degli ipotetici riferimenti a Democrito
nel Timeo è sicuro15 perché Platone si mantiene comunque sul generico.

9 1,4, 878 C (67 A 24 DK; 297, 372, 383 L.).


10 1,7,1 (68 B 5,1 DK; 515, 572a L.).
11 Reinhardt 1912, 492-513.
12 Cf. in particolare Spoerri 1959. Uno status quaestionis aggiornato in Utzinger 2003, 155-167.
13 Il discorso su questo brano è complesso e comunque esula da questo contesto. Accenno
qui solo ad alcuni problemi fondamentali per l'attribuzione di questa cosmogonia: 1. La di-
screpanza con quella di Leucippo in Diog. Laert. 9,30 (67 A 1 DK; 382, 389 L.) secondo
cui gli astri si formano per afflusso nell'aggregato sferico di atomi provenienti dall'esterno e
non per espulsione dei corpuscoli più leggeri dalla massa più pesante all'interno dell'agglo-
merato stesso. 2. La preponderanza di elementi epicurei che aveva portato l'Usener ad inse-
rire il brano fra le testimonianze su Epicuro (Ep. Fr. 308 Us.). Michele Psello (Theol. 23,
87,9 Gautier), in un testo che riassume lo Pseudo-Plutarco, afferma che si tratta di una co-
smogonia epicurea, ma aggiunge, in una nota erronea dovuta ad un fraintendimento, che
Democrito ha seguito in questo Epicuro (Epikouvreio" au{th dovxav ejstin, h|" ta;" ajrca;"
diadexavmeno" oJ Dhmovkrito" to; kivbdhlon tw' n spermavtwn ej n toi'" fuomev noi" aj nevd eixen).
Forse Psello ha inventato, come fa spesso, forse aveva davanti una versione dello Pseudo-
Plutarco che esordiva con una frase del tipo: Epivkouro" kata;; Dhmovkriton filosofhvsa"
(cf. Ps.-Plut. 1,3, 877 D) e ha dunque riferito ad ambedue la cosmogonia, ma ordinando
Democrito dopo Epicuro. Per una attribuzione ad Epicuro anche Epiph. Adv. haer. 1,8,1,
186,12 Holl. Solo Herm. Irris. 12 (67 A 17 DK; 306, 373 L.) riporta questa cosmogonia a
Leucippo.
14 Cf. la sezione Peri; kovsmou presso Stob. 1,22,3 (Dox. 327; 12 A 17 DK; 352 L.) che enu-
mera insieme a Leucippo e Democrito anche Anassimandro, Anassimene, Senofane, Dio-
gene di Apollonia e Archelao. Per Diogene di Apollonia, cf. anche [Plut.] Strom. 12 (64 A 6
DK); Diog. Laert. 9,54 (64 A 1 DK). Sulla confutazione della Sachs riguardo a questo
punto e ad altri menzionati sopra, cf. Sinnige 1968, 184-187.
15 Per altre possibili allusioni, cf. Morel 2003, 138ss. il quale si mostra tuttavia molto cauto
sulla loro reale portata.
Capitolo primo 45

Per quanto riguarda altri dialoghi, Haag16 ha, ad esempio, voluto vedere in
certe etimologie del Cratilo e in una certa metodologia di scomposizione e
di analisi delle parole, l'influsso di una concezione atomista. Platone
l'avrebbe solo riecheggiata, ma non affrontata direttamente in quanto egli
si rivolgeva a dei lettori che non conoscevano i testi democritei, ma solo
quelli di Anassagora e di quegli "Eraclitei" che ad Atene andavano per la
maggiore. Singoli accenni come l'accusa contro Anassagora di aver
utilizzato delle teorie astronomiche antiche, la stessa che Apollodoro attri-
buiva a Democrito17, o l'etimologia di gunhv come gonhv (Crat. 414a), che è
anche democritea18, sono sì interessanti, ma rimandano probabilmente a
opinioni diffuse e non attribuibili specificamente ad un solo autore. Haag,
seguito poi da altri19, vedeva un'allusione a Democrito anche nella teoria
dei komyovteroi del Teeteto (156a), secondo cui le sensazioni non hanno
una loro essenza specifica, ma sono il prodotto temporaneo dell'incontro
di due dunavmei" provenienti rispettivamente dall'oggetto sensibile e dal
soggetto senziente. Haag vedeva una conferma nel fatto che ai sostenitori
di queste tesi viene attribuita una concezione corpuscolarista. Tutto:
l'uomo, la pietra e ogni essere vivente, sarebbe costituito da aggregati. A
prescindere dal fatto che le teorie esposte nel passo sembrano avvicinarsi
maggiormente a quelle dei cirenaici20, si potrebbe obiettare che, se c'è una
allusione a Democrito nel Teeteto, non è da individuarsi nelle tesi dei kom-
yovteroi, bensì in quelle di coloro che considerano sostanze solo i corpi e
ciò che si può afferrare con le mani21. Tali individui vengono infatti desi-
gnati con termini che sembrano ricordare le proprietà degli atomi demo-
critei: sklhroi; kai; ajntivtupoi. Richiama ancora le cosmogonie atomiste
che fanno nascere il mondo ajpo; taujtomavtou l'affermazione ironica di
Teodoro secondo cui i cosiddetti Eraclitei non sono allievi di nessuno,
"ma spuntano spontaneamente da dove capita" (180c ajll aujtovmatoi
ajnafuvontai oJpovq en a]n tuvchi). Tuttavia la caratterizzazione di costoro
come "ispirati" e critici gli uni nei confronti degli altri fa pensare piuttosto
ai dibattiti sofistici e all'immagine degli agoni retorici descritti nell'Encomio
di Elena di Gorgia22 che agli atomisti. L'allusione sembra coinvolgere più

16 Haag 1933.
17 Apollod. ap. Diog. Laert. 9,34s. (68 B 5 DK; 159 L.).
18 68 B 122a DK; 567 L.
19 Haag 1933, 60ss. Su questa linea anche Guthrie V, 1978, 78.
20 Cf. Natorp 1884, 24s. n. 1. Zeller, scettico su questo punto dalla prima alla quarta edizione
della sua Philosophie der Griechen, nella quinta edizione del 1892 (I. 2, 1098) accetta anch'egli
questa tesi. Per una storia di questa interpretazione e di quella contraria che invece nega il
riferimento ad Aristippo e ai Cirenaici, cf. Giannantoni 1968, 129-45. Cf. anche Friedlän-
der, III, 1975, 144.
21 Theaet. 155e. Si tratta di una tesi sostenuta a suo tempo da Duemmler 1882, 58.
22 82 B 11 (13) DK.
46 Platone e Democrito

personaggi catalogabili tutti sotto la denominazione generale di Eraclitei.


Come nella famosa gigantomachia del Sofista (245e) che sarà esaminata più
dettagliatamente in seguito, anche qui Platone non vuole probabilmente
alludere a nessuno in particolare, ma piuttosto a tendenze generali23. I
passi platonici suggeriscono in ogni caso che, nella cerchia dei cosiddetti
Eraclitei, e in generale nella fisica di fine V sec. a.C., tesi corpuscolariste
erano molto più diffuse di quanto si pensi. Non è da escludere che anche
coloro che si richiamavano a Cratilo sostenessero dottrine di questo ge-
nere: nel Fedro, l'etimologia di i{mero", che riecheggia quelle del Cratilo, è
basata proprio sullo scorrere di particelle dall'oggetto all'occhio e sulla loro
azione materiale sull'anima24. Un testo molto indicativo in questo senso è
anche il gorgiano Encomio di Elena. Gorgia presenta il logos non come qual-
cosa di incorporeo e immateriale, ma come un corpuscolo piccolissimo e
invisibile che produce azioni divine25 e provoca una alterazione dell'anima,
sia nel bene che nel male, agendo su di essa come una medicina agisce sul
corpo. Anche se la data di composizione dell'Encomio è incerta26 e non si
può escludere a priori che Gorgia sia stato influenzato dall'opera di Leu-
cippo27, è più probabile che abbia egli stesso elaborato indipendentemente
dottrine corpuscolariste come potrebbero aver fatto anche i seguaci di
Cratilo. Sulle allusioni del Sofista ai materialisti, mi soffermerò in seguito.
Per quanto riguarda poi il passo del decimo libro delle Leggi (889a-890a)
che, per alcuni28, costituirebbe una sicura allusione a Democrito, valgono
le controosservazioni già elaborate dal Sinnige e da altri29: se è vero che la
terminologia della prima parte, la menzione di teorie che fanno nascere il

23 Friedländer III, 1975, 144 sostiene una posizione estrema, secondo cui Platone non solo
non vorrebbe alludere a nessuna dottrina specifica, ma si costruirebbe un avversario non
filosofo con cui è impossibile ogni forma di discussione. Se tuttavia le posizioni descritte
da Platone si avvicinano in qualche modo alla tendenza eracliteggiante, è piuttosto impro-
babile che egli voglia dirigersi semplicemente contro un "non filosofo". Inoltre risulta
chiaro da Theaet. 152d che Platone cerca di inglobare sotto la denominazione di Eraclitei il
maggior numero possibile di predecessori: tutti i sapienti, tranne Parmenide, sarebbero in-
fatti d'accordo sul fatto che tutto diviene e nulla è mai. In questa schiera vengono annove-
rati non solo Protagora ed Eraclito, ma anche Omero ed Epicarmo.
24 Phaedr. 251c ejkei'qen mevrh ejpiovnta kai; rJevo nt—a} dia; dh; tau'ta i{mero" kalei'tai.
25 82 B 11 (8) DK lovgo" dunavsth" mevga" ejstivn, o}" smikrotavtwi swvmati kai; ajf anestavtwi
qeiovtata e[rga ajpotelei'.
26 In ogni caso difficilmente cade dopo il 415 a.C. in quanto le Troiane di Euripide, rappresen-
tate in quell'anno, ne presuppongono la conoscenza.
27 Cf. Mazzara 1984, 133.
28 Per la bibliografia su questo punto, cf. Ferwerda 1972, 359 n. 1 che accetta l'ipotesi di
un'influenza indiretta delle tesi atomiste su Platone.
29 Cf. Sinnige 1968, 199, il commento ad loc. di England 1921 e Tate 1936, 48-54. Anche
Furley 1987, 173 sottolinea la difficoltà di individuare gli atomisti come obiettivo dell'at-
tacco platonico. Una pluralità di personaggi fra cui, ma con molte riserve, potrebbe essere
compreso anche Democrito, indica Zeppi, 1989, 209-214.
Capitolo primo 47

mondo fuvsei kai; tuvchi ricorda le definizioni della cosmogonia democri-


tea presso Aristotele, la seconda parte (in particolare 889e-890a) allude
chiaramente a tesi sofistiche. Inoltre, la dottrina dei quattro elementi, at-
tribuita a questi nuovi sapienti, porta ad escludere che Platone pensi agli
atomisti. Partendo dunque dai dialoghi platonici non si può evincere al-
cuna notizia certa di un suo riferimento diretto a questi ultimi30.

2. Democrito e Platone nella tradizione biografica


Forse più indicative, nonostante la loro marcata partigianeria, sono le
notizie biografiche frequentemente liquidate come inattendibili31. Tali
indicazioni, per lo più di carattere aneddotico, sono spesso, dal punto di
vista della verità storica, contraffazioni, ma, nei particolari, riportano al-
l'ambiente in cui sono sorte e al fine per cui sono state concepite, due
elementi fondamentali per inquadrare la ricezione di un autore.
Nel caso del rapporto Platone/ Democrito è importante un aneddoto
che fa entrare in scena anche Socrate. Diogene Laerzio riporta di seguito
tre notizie di diversa provenienza, ma strettamente collegate una all'altra
sui rapporti (o non-rapporti) fra Socrate e Democrito:
1. Secondo Demetrio di Magnesia (I sec. a.C.), Democrito sarebbe
stato ad Atene, ma non si sarebbe preoccupato di farsi conoscere, poiché
disprezzava la fama. Egli avrebbe conosciuto Socrate, ma questi lo
avrebbe ignorato. Demetrio riporta a questo proposito la famosa frase
"sono venuto ad Atene e nessuno mi ha riconosciuto"32.
2. Trasillo sostiene invece che sarebbe proprio Democrito il perso-
naggio anonimo al quale Socrate, nel dialogo I rivali in amore sulla cui au-
tenticità, però, Trasillo stesso nutre dubbi, dice che il filosofo è un pen-
tatleta33 in quanto veramente Democrito avrebbe sperimentato tutti i
campi della filosofia, della matematica, della ejgkuvklio" paideiva e delle
technai34.

30 Questa è anche la conclusione di Sinnige 1968, 187. Ferwerda 1972, 359 giudica molto
probabile la conoscenza degli atomisti da parte di Platone nonostante riconosca che nei
dialoghi platonici non si incontrano sicure allusioni. Cf. ora per una posizione critica e bi-
lanciata nei confronti delle presunte allusioni platoniche a dottrine democritee Morel 2003.
31 Un esempio tipico di questo scetticismo che riduce tutta la tradizione aneddotica sui rap-
porti Socrate/ Democrito e Platone/ Democrito ad un gioco di deduzioni di Diogene
Laerzio o a semplici topoi biografici è Chitwood 2004, 100-102.
32 Dem. Magn. ap. Diog. Laert. 9,36 (68 B 116 DK; XXIV L.).
33 [Pl.] Amat. 136a.
34 Thrasyll. ap. Diog. Laert. 9,37 (68 A 1 DK; 493a L.). In realtà Socrate nel dialogo si rivolge
ad un giovane ateniese che si atteggia a filosofo polymathes e mette in discussione proprio
attraverso la similitudine col pentatleta la concezione della filosofia come polymathia.
48 Platone e Democrito

3. Demetrio Falereo, a sua volta, nell'Apologia di Socrate, affermava che


Democrito non era mai stato ad Atene35.
Queste tre notizie, riportate da Diogene senza alcun legame apparente,
sono tuttavia implicitamente collegate in quanto la seconda e la terza co-
stituiscono due risposte alternative alla prima.
La notizia di Demetrio di Magnesia, al di là dell'autenticità letterale
della frase democritea, mette in risalto soprattutto la modestia di Demo-
crito, ma getta nel contempo un'ombra sulla figura di Socrate il quale ri-
sulta per lo meno sprezzante per non aver neppure preso in considera-
zione un così grande personaggio. Il sospetto che questo aneddoto sia
piuttosto antico e possa derivare da una fonte peripatetica, quale ad esem-
pio Aristosseno, interessata ad una svalutazione di Platone e del suo mae-
stro, è per lo meno legittimo: la frase di Democrito sarebbe in perfetta
sintonia con una dimostrazione dell'arroganza socratica36. Le altre fonti,
contemporanee o posteriori a Demetrio, riportano in effetti la stessa noti-
zia senza alcun accenno a Socrate37.
La terza informazione confuta l'ipotesi che Democrito sia mai stato ad
Atene. Il fatto che risalga a Demetrio Falereo (il quale tende sistematica-
mente a sminuire l'importanza di Atene a causa delle sue vicende perso-
nali) e che comparisse nell'Apologia di Socrate suggerisce che l'autore la ri-
portava per rimuovere ogni ombra dalla figura di Socrate: questi non
conosceva Democrito non perché, per arroganza, non lo avesse neppure
preso in considerazione, ma perché quest'ultimo non era mai stato ad
Atene38.
Trasillo doveva conoscere l'aneddoto riportato da Demetrio di
Magnesia e potrebbe averlo addirittura citato nella sua introduzione alla
lettura di Democrito perché la sua suona come una risposta implicita a
quelle affermazioni: Socrate e Platone conoscono Democrito e lo stimano.
Tuttavia il fatto che Trasillo, il quale aveva redatto il catalogo delle opere

35 Dem. Phaler. Fr. 93 Wehrli (Diog. Laert. 9,37) (68 A 1 DK; XXV, 493a L.).
36 Aristosseno aveva fornito di Socrate un quadro non propriamente edificante descrivendolo
come incontinente, collerico e ignorante, cf. Fr. 52b; 54a-b; 56 Wehrli.
37 Cic. Tusc. 5,36,104 (68 B 116 DK; XXIV L.); Val. Max. 7,7 ext. 4 (68 A 11 DK; XXIV L.);
cf. anche l'allusione anonima in Antonin. 7,67 livan ejndevcetai qei'on a[ndra genevsqai kai;
uJpo; mhdeno;" gnwrisqh'nai.
38 Gigon 1972, 155 sostiene che Demetrio Falereo o non conosceva la presunta frase di
Democrito, o la emarginava come invenzione. Il fatto che Demetrio negasse la presenza di
Democrito ad Atene proprio nell'Apologia di Socrate rende tuttavia più probabile la seconda
soluzione. Non solo egli conosceva la frase, ma sapeva che era finalizzata ad una svaluta-
zione della figura di Socrate.
Capitolo primo 49

platoniche, abbia fatto ricorso ad un dialogo della cui autenticità dubitava 39


significa che non aveva trovato in nessun altro possibili riferimenti a De-
mocrito.
E veniamo ora all'aneddoto principale sui rapporti fra Platone e De-
mocrito riportato da Diogene Laerzio
Aristosseno nei Commentari storici, dice che Platone voleva bruciare tutti gli scritti
di Democrito che si potessero raccogliere, ma i Pitagorici Amicla e Clinia glielo
impedirono dicendo che non serviva a nulla: infatti i libri erano già nelle mani di
molti. Ed è chiaro: infatti Platone, che fa menzione di quasi tutti gli antichi, non
nomina da nessuna parte Democrito, ma neppure laddove dovrebbe confutarlo,
chiaramente sapendo che dovrebbe misurarsi col migliore dei filosofi40.
Tre sono i problemi principali posti dal testo di Diogene:
1. La diversità di stile, indiretto fino a bibliva e poi diretto da kai;
dh'lon de; ha fatto pensare che solo la prima parte del resoconto provenga
da Aristosseno. Gigon sostiene che sarebbe costruita sul modello del rogo
dei libri di Protagora da parte degli Ateniesi. Platone, che nel decimo libro
delle Leggi si era scagliato contro i filosofi empi, avrebbe voluto punire con
l'annientamento dei libri l'empietà di non ben precisate affermazioni de-
mocritee. La seconda parte, invece, riguarderebbe il giudizio sul valore
filosofico di Democrito, l'unico a potersi contrapporre a Platone41.
2. Se si ammette, con Wehrli e Bollack42 che si tratti invece di un
blocco compatto proveniente da Aristosseno e che faccia parte di un
gruppo di storielle sui plagi di Platone, la seconda parte non sarebbe ar-
monizzata con la prima. Infatti l'accusa di plagio contrasterebbe con l'as-
senza di Democrito nell'opera platonica.
3. Enigmatico è poi il richiamo ai Pitagorici. Wehrli e Bollack hanno
cercato di integrarlo nel motivo del plagio: i Pitagorici avrebbero impedito
la distruzione dei libri, testimonianza del plagio di Platone, memori di

39 Il valore ipotetico di ei[per è stato messo ultimamente in dubbio da Mansfeld 1994, 100 il
quale traduce con "because". Cf. tuttavia le convincenti controargomentazioni di Tarrant
1995, 150s.
40 Aristox. Fr. 131 Wehrli (Diog. Laert. 9,40) (68 A 1 DK; LXXX L.) Aristovxeno" dæ ejn toi'"
ÔIstorikoi'" uJpomnhvmasiv fhsi Plav twna qelh's ai sumflevxai ta; Dhmokrivtou suggravmmata,
oJpovsa ejdunhvqh sunagagei' n, Amuvklan de; kai; Kleinivan tou; " Puqagorikou;" kwlu's ai
aujtov n, wJ" oujde; n o[felo": para; polloi'" ga;r ei\nai h[dh ta; bibliva. kai; dh'lon dev: pav ntwn ga;r
scedo;n tw'n ajrcaivwn memnhmev no" oJ Plav twn oujd amou' Dhmokrivtou diamnhmoneuvei, ajllæ
oujdæ e[ nqæ aj nteipei' n ti aujtw'i devoi, dh'lonãovtià eijdw;" wJ" pro; " to;n a[riston auj tw'i tw'n filo-
sovfwn ãoJ ajgw; nà e[soito. Accetto il testo canonico, mantenuto anche nell'ultima edizione di
Diogene Laerzio del Marcovich, che presenta alcune correzioni, ma necessarie, contro l'in-
verosimile mantenimento del testo dei Mss. proposto da Bollack 1967, 243s. (dh'lon eijdw;"
wJ" pro;" to; n a[riston ou{tw tw'n filosovfwn e[soito. Sachant de toute évidence que quand il répon-
dait au meilleur, il serait de cette manière parmi les philosophes).
41 1972, 153s.
42 Wehrli 1967, II, ad loc., 87; Bollack 1967, 243s.
50 Platone e Democrito

quello subito dalla loro setta43. Gigon lascia in sospeso la questione dichia-
rando enigmatica la loro presenza.
Il problema sintattico e quello della coerenza contenutistica dell'aned-
doto possono essere chiariti attraverso il confronto con altri passi di Dio-
gene Laerzio. In un passo della vita di Platone ricompare infatti il quesito
del perché il filosofo non abbia menzionato Democrito. Il brano offre una
lista di "invenzioni" platoniche: Platone è stato il primo ad aver introdotto
nella filosofia il metodo dialettico, il primo ad aver usato termini specifici
come "elemento", "qualità", "dialettica", il primo ad aver studiato le po-
tenzialità della grammatica e, avendo egli per primo parlato contro quasi
tutti i suoi predecessori, ci si chiede perché non abbia ricordato Demo-
crito44. Questa lista risale a Favorino (II sec. d.C.), ma non è certamente
inventata da lui perché una variante della stessa viene riportata anche dal-
l'autore dei Prolegomena alla filosofia platonica45 e singole "invenzioni"
platoniche sono nominate anche da altri46. Favorino si è rifatto verosimil-
mente ai Peripatetici di cui, a detta di Plutarco47, era un fervido
ammiratore. L'immagine di Platone come prw'to" euJrethv" e "rinnovatore"
della filosofia circolava infatti sicuramente in ambito peripatetico, ma era
seguita talvolta da un giudizio negativo. Mentre infatti Eudemo aveva
attribuito a Platone l'introduzione di stoicei'on come termine tecnico per
"elemento", la fondazione di una nuova astronomia e, probabilmente,
anche di una nuova matematica48, Dicearco lo aveva definito nel con-
tempo rinnovatore e distruttore della filosofia in quanto, con il suo stile
raffinato, avrebbe creato una "moda" (la forma del dialogo) che allonta-
nava dalla vera filosofia (le ricerche specialistiche del Peripato)49. I
Peripatetici accettavano evidentemente alcuni assunti sviluppati dagli al-
lievi di Platone sulle innovazioni del maestro, ma ne mettevano in luce

43 Wehrli 1967, II, ad loc. 87; Bollack 1967, 242s. Wehrli si limita a formulare l'ipotesi, Bol-
lack interpreta invece sunagagei'n come "comprare" forzando il testo. La storia sarebbe
collegata con quella del famoso plagio del libro di Filolao, cf. Burkert 1972, 223ss.
44 Diog. Laert. 3,24 (LXXX L.) prw'tov" te ajnteirhkw;" scedo;n a{pasi toi'" pro; aujtou',
zhtei'tai dia; tiv mh; ejmnhmov neuse Dhmokrivtou.
45 Anon. Proleg. 5,1-46.
46 Cf. Barigazzi 1966, 219-20; Riginos 1976, 188.
47 Quaest. conv. 734 F.
48 Per il primo punto, cf. Eudem. Fr. 31 Wehrli, Burkert 1958, 174. Per l'astronomia, Eudem.
Fr. 148 Wehrli. Per la matematica, Eudem. Fr. 133 Wehrli. In Index Acad. P. Herc. 1021,
col. Y, nel quale Platone viene presentato come l'ispiratore di tutti i progressi compiuti
dalla matematica nell'Accademia, sono state fatte ipotesi diverse sulle fonti, ma il paralleli-
smo con la funzione attribuita a Platone da Eudemo nello sviluppo dell'astronomia ha fatto
propendere Gaiser 1988, 347 per Eudemo mediato da Dicearco. Cf. anche Dorandi 1991,
207s.
49 Ap. Philod., Index Acad. P. Herc. 1021, col. I. Che il testo riporti le parole di Dicearco ha
sostenuto Gaiser 1988, 314; cf. anche le considerazioni di Burkert 1993, 25s.
Capitolo primo 51

polemicamente anche i lati negativi. Nella vita di Platone di Diogene Laer-


zio si avverte un'eco di quella tradizione, epurata dalle polemiche perché
mediata da Favorino, un Accademico. Il quesito della non menzione di
Democrito da parte di Platone viene posto in modo neutrale come tema
di ricerca (zhtei'tai dia; tiv). Nel brano della vita di Democrito, invece,
l'aggressività antiplatonica è ancora tutta presente e ben evidenziata e non
può risalire né a Diogene stesso, che non mostra mai particolare avver-
sione nei confronti di Platone, né tantomeno al pitagorico platonizzante
Trasillo. Neppure l'aristotelismo tardo raggiunge punte polemiche così
aspre nei confronti di Platone. Dunque anche la seconda parte del brano,
che spiega il perché Platone non abbia mai menzionato Democrito, deve
risalire ad Aristosseno.
L'improvvisa variazione di stile da diretto a indiretto senza soluzione
di continuità non è d'altra parte un problema in Diogene: la si ritrova in-
fatti anche nell'aneddoto immediatamente precedente, derivato da Anti-
stene di Rodi50. E' probabile che anche il brano di Aristosseno sia stato
mediato da Trasillo. La sua identificazione del personaggio anonimo dei
Rivali in amore con Democrito è infatti anche una risposta indiretta a chi
attaccava Platone e Socrate facendo perno sulla mancanza di accenni a
Democrito nelle opere platoniche.
Per quanto riguarda invece l'argomento di Gigon, che ipotizza una
provenienza diversa delle due parti del brano di Diogene Laerzio vedendo
nella prima una condanna morale di Democrito da parte di Platone, nella
seconda un giudizio filosofico, si può osservare quanto segue: l'aneddoto
sul rogo dei libri democritei difficilmente è stato costruito sulla tipologia
del rogo di quelli di Protagora per due motivi. Quest'ultimo risulta infatti
una misura pubblica con valenza politica (sarebbe stato infatti decretato
dagli Ateniesi) ed è difficilmente trasferibile ad una vicenda privata (non
esistono nell'aneddotica antica altri esempi di simili proiezioni). Inoltre
sarebbe stato anacronistico rappresentare un Platone che vuole distrug-
gere per la sua empietà unicamente i libri di Democrito, quando avrebbe
avuto davanti altri esempi di presunti atei quali Protagora, Crizia o Pro-
dico citati spesso come tali nella tradizione successiva51. Dunque non ci
sono motivi per separare il brano di Diogene Laerzio in due parti e ci

50 Diog. Laert. 9,39 (FGrHist 508 F 14) ejlqovnta dhv fhsin (scil. oJ Antisqevnh") aujto;n ejk th'"
ajpodhmiva" tapeinovtata diav gein, a{te pa'san th; n ouj sivan katanalwkovta: trevfesqaiv te dia;
th;n ajporivan ajpo; tajdelfou' Damavsou. wJ" de; proeipwvn tina tw'n mellovntwn eujdokivmhse,
loipo;n ejnqevo u dovxh" para; toi'" pleivstoi" hjxiwvqh.
51 Per Protagora, cf. Sext. Emp. Adv. Math. 9,56 (80 A 12 DK). Per Crizia, cf. Sext. Emp.
Adv. Math. 9,54 con la citazione dei versi del Sisifo (88 B 25 DK). Per Prodico Sext. Emp.
Adv. Math. 9,51; cf. anche 9,18 (84 B 5 DK). Queste accuse di empietà sono comunque
nella maggioranza dei casi un topos letterario.
52 Platone e Democrito

sono invece buone ragioni per riportarlo nella sua globalità ad Aristos-
seno.
Se tutto il resoconto risale a lui, il fatto che Democrito sia assente dal-
l'opera platonica, porta ad escludere il motivo del plagio52 come movente
del desiderio di Platone di bruciarne i libri. Il tono antiplatonico del brano
e la ricezione aristotelica di Democrito in funzione antiplatonica e antiac-
cademica suggeriscono invece un'altro motivo: Platone vuole toglierli dalla
circolazione perché li avverte come un pericolo per il suo prestigio anche
e soprattutto all'interno della sua scuola.
Un punto fondamentale per la comprensione e la contestualizzazione
del racconto è costituito dall'enigmatica figura dei due "Pitagorici" i cui
nomi non sono fatti a caso. Clinia è un personaggio citato anche altrove
da Aristosseno come modello di vita pitagorica53 e Amicla, soprattutto,
non è un pitagorico qualsiasi, ma uno dei fedelissimi discepoli di Platone.
Amicla di Eraclea nel Ponto era annoverato da Eudemo54, fra quei plato-
nici che avevano portato la geometria ad una maggiore perfezione. Una
variante del nome, “Amuklo", dovuta probabilmente ad una corruttela del
testo, ma con la stessa indicazione toponomastica, ÔHraklewvth", si trova
nel catalogo dei discepoli di Platone in Diogene Laerzio (3,46). Amicla
compare inoltre come fedele discepolo del vecchio Platone, accanto a
Speusippo e Senocrate, in un aneddoto di parte accademica nel quale
viene sottolineata l'arroganza di Aristotele e i suoi tentativi di mettere in
difficoltà il vecchio maestro, rintuzzati poi da Senocrate. Aristotele non
era amato da Platone per il suo comportamento e la sua eleganza troppo
raffinata e disdicevole per un filosofo. Il maestro quindi gli preferiva
Speusippo, Senocrate e Amicla. Durante un'assenza di Senocrate ed es-
sendo Speusippo malato e impossibilitato ad accompagnarlo, Platone uscì
nel peripato esterno della scuola senza i discepoli più fedeli. Aveva già
ottant'anni e una memoria ormai piuttosto labile. Aristotele gli si fece
incontro e, postoglisi dinanzi, cominciò a tendergli dei trabocchetti e a
porgli delle domande con un ben determinato intento confutatorio. Pla-
tone, comprendendone lo scopo, si ritirò all'interno. Quando Senocrate
ritornò, non lo trovò più ad insegnare nel peripato dove l'aveva lasciato; al
suo posto c'erano Aristotele e i suoi seguaci. Senocrate notò che quest'ul-

52 Accuse così velate non sono, del resto, nello stile di Aristosseno, il quale rinfacciava aperta-
mente a Platone di aver copiato di sana pianta la Repubblica dagli Antilogici di Protagora (Fr.
67 Wehrli).
53 Aristox. Fr. 30 Wehrli, da Spintaro che aveva conosciuto direttamente anche Socrate (Fr.
54a Wehrli). Clinia è menzionato anche da un altro peripatetico, Chamaileon (Fr. 4 Wehrli).
54 Eudem. Fr. 133 Wehrli che lo designa specificamente come ei|" tw'n Plavtwno" eJtaivrwn
distinguendolo ad esempio da Menecmo, allievo di Eudosso, che aveva solo "frequentato"
Platone (Plavtwni suggegonwv").
Capitolo primo 53

timo, terminato il suo insegnamento, non rientrava presso il maestro, ma


se ne andava a casa propria, in città. Chiese dunque notizie di Platone e
apprese che questi, costretto da Aristotele a ritirarsi, teneva ora scuola nel
suo giardino. Senocrate andò a salutarlo e lo trovò che dialogava con i
suoi numerosi discepoli. Quando il raduno si sciolse, rimproverò Speu-
sippo per aver lasciato cacciare il maestro e poi affrontò Aristotele in
modo così deciso che riuscì ad estrometterlo e a restituire a Platone la sua
sede usuale55. Questo aneddoto presenta due gruppi contrapposti: da una
parte Platone e i suoi fedeli discepoli che, in assenza di Senocrate, non
riescono ad opporsi con sufficiente energia all'arroganza di Aristotele;
dall'altra lo Stagirita con una buona schiera di seguaci che assume un at-
teggiamento di sfida nei confronti del vecchio maestro. Se si inserisce
l'aneddoto di Aristosseno su Platone e Democrito nell'atmosfera dell'Ac-
cademia negli ultimi anni di Platone, come indica la presenza di Amicla,
correlato con questo periodo della sua vita, e lo si inquadra nel clima di
crescente rivalità fra Platone e i suoi fedelissimi e Aristotele e il suo
gruppo56, i particolari del racconto acquistano un loro valore funzionale. I
libri di Democrito, da un punto di vista peripatetico, costituiscono un
oggetto destabilizzante per il prestigio platonico: Aristotele li usa ripetu-
tamente nella sua opera in funzione antiplatonica. Aristosseno attribuisce
dunque a Platone il desiderio di bruciarli come un ultimo tentativo di sal-
vare il suo prestigio compromesso insinuando nel contempo maligna-
mente che Platone non ha mai fatto cenno a Democrito, anche quando
avrebbe dovuto contrapporglisi, per mancanza di validi argomenti. L'a-
neddoto riportato da Eliano presenta lo stesso atteggiamento rinunciatario
di Platone di fronte alla pressione della dialettica aristotelica. Davanti ad
Aristotele e, metaforicamente, davanti a Democrito, il vecchio Platone si
ritira.
La presenza di Amicla e Clinia, soprattutto in un autore come Aristos-
seno che ha dedicato a Pitagora e ai Pitagorici diverse opere, e ne ha co-
nosciuti alcuni di persona, non deve stupire. Il loro atteggiamento è quello
di chi conosce i libri di Democrito e il loro impatto, ma anche di chi cerca
di preservare un autore a loro vicino. La tradizione che collega Democrito
ai Pitagorici è infatti molto antica e contemporanea al filosofo stesso: se-
condo Glauco di Reggio era infatti discepolo di un non ben precisato

55 Ael. Var. hist. 3,19 (Xenocr. Fr. 11 IP; Arist. T 36 Düring). Sulla correlazione di questo
passo con quella serie di rappresentazioni dell'Accademia negli ultimi anni della vita di
Platone che compaiono nell'Index Academicorum e che risalgono alla generazione degli im-
mediati allievi di Platone o di Aristotele, cf. Burkert 1993, 18ss.
56 Per ulteriori aneddoti biografici sui rapporti fra Platone e Aristotele, cf. Düring 1957;
Swift-Riginos 1976.
54 Platone e Democrito

pitagorico57. Ecfanto, un Pitagorico contemporaneo di Platone, aveva


sostenuto tesi chiaramente atomiste58. E' probabile che anche alcune inter-
pretazioni pitagorizzanti di Democrito che emergono di tanto in tanto in
Aristotele siano influenzate da questa ricezione "pitagorica".
Dal resoconto di Aristosseno si possono trarre dunque alcune indica-
zioni:
1. egli non intravvedeva evidentemente nei dialoghi platonici alcuna
esplicita presenza di Democrito né attribuiva a Platone una diretta utiliz-
zazione delle dottrine atomiste ai fini dell'elaborazione del Timeo. Se infatti
avesse individuato nel dialogo delle affinità con l'atomismo, non avrebbe
certamente risparmiato a Platone delle accuse esplicite di plagio.
2. L'atmosfera e i personaggi dell'aneddoto rimandano agli ultimi anni
della vita di Platone. La ricezione di Democrito coinvolge soprattutto i
suoi allievi. Sono infatti principalmente loro, sia quelli favorevoli, come
Clinia e Amicla, che quelli ostili al maestro, come Aristotele, a prendere
posizione sull'opera democritea.
Queste considerazioni trovano conferma anche nell'opera aristotelica
dove Platone e Democrito vengono spesso confrontati, ma mai posti in
un rapporto di dipendenza diretta. Mentre Aristotele dice chiaramente che
Platone ha ripreso la dottrina pitagorica sostituendo unicamente il termine
mimesi con metessi59, pone la relazione fra Platone e Democrito (o Leu-
cippo) sempre e solo a livello tipologico, mai genetico.
Particolarmente significativo a questo proposito risulta il confronto di
due brani della Metafisica: A 6, 987a 29ss. e M 4, 1078b 12ss. Se è vero che
i problemi posti dalla cronologia delle opere aristoteliche sono insolubili e
che è difficile datare i libri dei vari trattati, nessuno mette tuttavia in dub-
bio che il secondo passo sia una rielaborazione del primo60. In Metaph. A 6,
987a 29ss. Aristotele traccia le linee della nascita della dottrina platonica
dell'uno e della diade: essa risulterebbe dalla confluenza di tre tradizioni,
quella eraclitea, quella socratica e quella pitagorica. Dagli Eraclitei Platone
avrebbe mutuato la concezione del continuo scorrere del sensibile e della
conseguente impossibilità di conoscere qualcosa su di essi, da Socrate,
interessato unicamente all'etica, la ricerca dell'universale e della defini-
zione, vale a dire la dottrina delle idee, dai Pitagorici, invece, il concetto di

57 Diog. Laert. 9,38 (68 A 1 DK; XVII, 154 L.). La notizia di Duride di Samo (FGrHist 76 F
23; 154 L.), secondo cui Democrito era allievo di Arimnesto figlio di Pitagora è da spiegarsi
probabilmente come un tentativo di individuazione di questo generico pitagorico cui allude
Glauco.
58 51 1 DK (Hippol. Ref. 1,15); 51 2 DK (Aet. 1,3,19 [Stob. 1,10,16a]); 51 4 DK (Aet. 2,3,3 [Stob.
1,21, 6a]).
59 Metaph. A 6, 987b 10ss.
60 Cf. Annas 1976, 154 con riferimenti bibliografici.
Capitolo primo 55

partecipazione dei sensibili alle idee e l'idea del numero come principio. In
questo contesto non compare nessuna menzione di Democrito o di Leu-
cippo, anzi, poco prima, Aristotele sottolinea come solo i Pitagorici, fra i
presocratici, abbiano "cominciato a parlare di essenza e a definirla" anche
se lo hanno fatto in maniera troppo semplicistica61. Egli utilizza qui,
soprattutto per sottolineare la dipendenza di Platone dai Pitagorici, uno
schema canonico, probabilmente già accademico, concepito per presen-
tare la dottrina platonica come compendio e culmine di tutte le ricerche
precedenti62. Il fatto che Democrito non compaia affatto, significa che
Aristotele non vedeva fra la dottrina democritea e quella platonica alcun
rapporto genetico né tantomeno un influsso diretto dell'una sull'altra,
influsso che invece egli espressamente ribadiva nel caso dei Pitagorici.
In Metaph. M 4, 1078b 12ss. Aristotele ripropone lo stesso schema per
giustificare la nascita della dottrina delle idee. Questa ha le sue radici nella
fusione della dottrina eraclitea del continuo scorrere del sensibile e del-
l'impossibilità di averne conoscenza con quella socratica della definizione
dell'universale ricercata attraverso la dialettica. Fra i fisici Democrito (con
il tentativo di definizione del caldo e del freddo) e, prima di lui, i Pitagorici
(definendo alcuni concetti per mezzo di numeri) avrebbero solo sfiorato
in qualche modo il problema della definizione dell'essenza63. Si tratta di
una seconda fase di sviluppo dello schema, come si può dedurre dal ri-
chiamo alla precedenza dei Pitagorici su Democrito nella definizione del-
l'essenza. Quest'ultimo viene dunque inserito in uno schema già preesi-
stente, ma in una prospettiva ben lontana da una parentela genetica.
La stessa tipologia del confronto a posteriori, con gradazioni che
vanno dal parallelismo neutrale all'utilizzazione polemica della dottrina
atomista contro quella platonica, si incontra costantemente nell'opera
aristotelica. Mi limiterò a far riferimento ai brani senza affrontare la spi-
nosa questione della differenza fra Leucippo e Democrito che porterebbe
troppo lontano dal tema centrale. Si può qui solamente osservare che, in
effetti, il nome di Leucippo compare senza quello di Democrito per lo
meno in un testo considerato molto antico come il libro L della Metafisica.
Il confronto è neutrale, Leucippo e Platone si trovano appaiati e posti

61 Metaph. A 5, 987a 20-21 peri; tou' tiv ejstin h[rxanto me;n levgein kai; oJrivzesqai, livan d
aJplw'" ejpragmateuvqhsan.
62 Lo schema presenta infatti la dialettica platonica come sintesi e superamento delle ricerche
precedenti distinte in fisica ed etica, uno schema che persiste nella tradizione platonica e
che ritroviamo nella vita di Platone di Diogene Laerzio (3,56) ou{tw" kai; th'" filosofiva" oJ
lovgo" provteron me;n h\n monoeidh;" wJ " oJ fusikov", deuvteron de; Swkravth" prosevqhke to; n
hjqikovn, trivton de; Plav twn to;n dialektiko; n kai; ejtelesiouvr ghse th;n filosofivan.
63 Metaph. M 4, 1078b 19 tw'n mevn ga;r fusikw'n ejpi; mikro;n Dhmovkrito" h{yato movnon kai;
wJrivsatov pw" to; qermo;n kai; to; yucrovn: oiJ de; Puqagovr eioi provteron periv tinwn ojlivgwn,
w|n tou;" lovgou" eij" tou; " ajriqmou;" aj nh'pton, oi|on tiv ejsti kairo;" h] to; divkaion h] gav mo".
56 Platone e Democrito

sullo stesso piano per aver assunto l'eternità del movimento64 (Aristotele si
riferisce qui al movimento disordinato della Chora nel Timeo65). Il solo Leu-
cippo come rappresentante dell'atomismo compare un'altra volta nell'o-
pera aristotelica e precisamente in De generatione et corruptione A 866, che
verrà esaminato dettagliatamente nel terzo capitolo. In questo testo, che si
inserisce nella trattazione dell'agire e del patire, Aristotele sottolinea, senza
commenti particolarmente polemici, le similarità e le differenze fra la dot-
trina dei triangoli e quella dei corpi indivisibili. Platone si differenzia da
Leucippo per il fatto che pone come indivisibili delle superfici invece che
dei solidi, e perché assume forme prime limitate invece che infinite e am-
mette inoltre che la generazione e la separazione avvengano solo attra-
verso il contatto mentre Leucippo le fa avvenire attraverso il contatto e il
vuoto (325b 25-33)67. Per il resto ambedue pongono dei principi indivisi-
bili e definiti dalla forma.
Più apertamente polemici sono invece altri confronti riguardanti i
principi del mondo sensibile come in De gen. et corr. A 2. Qui infatti Ari-
stotele prende posizione, pur rilevandone l'incongruenza, a favore delle
tesi degli atomisti contro Platone. La divisione fino alle superfici è assurda,
quella fino ai corpi, pur essendo anch'essa poco conforme a ragione, ha
comunque il merito di giustificare la genesi e il cambiamento ipotizzando
delle differenze di figura di posizione e di ordine dei corpuscoli. Invece
quelli che mettono insieme dei triangoli possono ottenere solo dei solidi,
ma non dei corpi in quanto questi enti matematici non possono generare
alcuna affezione tipica del corpo. Rispetto all'altro passo, compare qui
anche Democrito che viene nominato addirittura prima di Leucippo. Al di
là delle differenze di tono, è comunque comune ad ambedue i brani il
confronto tipologico e non genetico delle tesi atomiste con quelle del
Timeo. Il tono di crescente polemica in questi brani del De generatione et
corruptione denota un dibattito sempre più acceso e ruotante intorno alle
dottrine del Timeo, o meglio, intorno all'interpretazione che di questo dia-
logo davano gli allievi di Platone. Quest'ultimo, infatti, non ha mai parlato
di triangoli indivisibili come invece costantemente si afferma nel De genera-
tione et corruptione e come interpretavano anche gli altri allievi di Platone. Se
inoltre Aristotele sottolinea con insistenza la superiorità delle dottrine

64 Metaph. L 6, 1071b 31-37 (67 A 18 DK; 17 L.).


65 Cf. anche De cael. G 2, 300b 9-19.
66 L'ipotesi di De Ley 1968, 629ss. secondo cui tali brani sarebbero residui di appunti redatti
nel periodo di permanenza nell'Accademia non è da sottovalutare.
67 Contrariamente a quanto sostiene Silvestre 1985, 38 n. 17, non c'è in questo brano alcuna
conferma del fatto che Platone abbia utilizzato le dottrine atomistiche per la stesura del
Timeo. Aristotele instaura infatti unicamente un confronto tipologico, non genetico, fra le
due dottrine.
Capitolo primo 57

degli atomisti su quelle platoniche, è altrettanto verosimile che dall'altra


parte, nell'Accademia, queste stesse dottrine fossero invece considerate
inferiori a quelle del maestro. Dunque l'opera aristotelica, in particolare il
De generatione et corruptione, riflette in certo modo l'atmosfera che troviamo
nell'aneddoto di Aristosseno e cioè una polemica sempre più aspra nei
confronti di Platone per condurre la quale viene utilizzato Democrito: le
sue teorie, secondo la rappresentazione aristotelica, sono in ogni caso
superiori a quelle platoniche. Questo confronto, dal quale Democrito esce
vincitore, sta probabilmente alla radice del maligno quesito, perché Pla-
tone non abbia mai fatto menzione di Democrito anche laddove (nel Ti-
meo?) avrebbe dovuto criticarlo.
Nell'opera aristotelica tuttavia, se pure in rari accenni, si può cogliere
anche una rappresentazione pitagorizzante di Democrito che giustifica la
presenza nell'aneddoto di Aristosseno del pitagorico e dell'allievo pitago-
rizzante come consiglieri di Platone e, nel contempo, come tutori dei libri
di Democrito.
In particolare sono significativi due brani in cui a Democrito e ai Pita-
gorici vengono attribuite dottrine simili. In De cael. G 4, 303a 9-11 gli atomi
vengono esplicitamente equiparati ai numeri dei Pitagorici
in un certo modo anche costoro fanno di tutte le cose esistenti dei numeri e le
compongono da numeri; e se anche non lo manifestano chiaramente, tuttavia vo-
gliono dire proprio questo68.
Si tratta di una strana assimilazione che non compare altrove in Aristotele.
La ragione va forse cercata nella stretta relazione che quest'ultimo instaura
fra la concezione dell'anima degli atomisti e dei Pitagorici in De an. A 2,
404a 1-21: ambedue la porrebbero nel pulviscolo atmosferico69. Nello
stesso capitolo Aristotele allude alla eguaglianza fra le sferette democritee
e la monade, l'anima numero che muove se stesso, di Senocrate, a sua
volta "pitagorizzante". Se si pensa che la prima menzione di Democrito in
autori a lui posteriori compare nei due titoli di Eraclide Pontico70, notoria-
mente pitagorizzante, su di lui, risulta chiaro che le opere democritee non
erano conosciute solo da Aristotele, ma anche dagli allievi pitagorizzanti di
Platone.

68 Arist. De cael. G 4, 303a 9-11 (67 A 15 DK; 109, 174 L.) trovpon gavr tina kai; ou|toi pavnta
ta; o[ nta poiou'sin ajriqmou; " kai; ejx ajriqmw' n: kai; ga;r eij mh; safw' " dhlou'sin, o{mw" tou'to
bouvlontai lev gein.
69 Su questo brano, v. infra, VII 5.
70 68 A 34 DK; CXIX L.
58 Platone e Democrito

3. Sintesi
L'aneddoto di Aristosseno e i brani aristotelici ora esaminati forniscono in
qualche modo degli indizi per porre l'entrata dell'atomismo nell'Accademia
durante gli ultimi anni della vita di Platone. Leucippo e Democrito sono
stati recepiti e discussi dai suoi allievi "pitagorizzanti" e da Aristotele.
Quest'ultimo in particolare se ne è servito per polemizzare contro il mae-
stro. Da questa atmosfera scaturisce l'aneddoto di Aristosseno sul deside-
rio di Platone di bruciare quei libri la cui diffusione avrebbe potuto infe-
rire un duro colpo al suo prestigio. Posto che comunque per lo meno gli
allievi pitagorizzanti di Platone devono aver conosciuto le dottrine atomi-
ste, come i criptici accenni aristotelici e l'aneddoto del salvataggio dei libri
di Democrito da parte dei "Pitagorici" sembra indicare, il problema è
quello di stabilire se, nell'ambito della ricezione dell'atomismo antico, da
Aristotele in poi, si possa ritrovare qualche traccia di una "lettura" acca-
demica degli atomisti. Questo è possibile per lo meno riguardo alla querelle
sui principi corporei o incorporei, impostata nel Sofista platonico, e pre-
sentata da Aristotele come dibattito fra Accademici e materialisti fra i quali
sono talvolta compresi anche gli atomisti. Lo stesso confronto riemerge in
Sesto Empirico, in un passo che riporta sicuramente anche dottrine acca-
demiche71, nella forma di una diaphonia fra gli "eredi dei Pitagorici", vale a
dire gli Accademici, e i sostenitori di dottrine corpuscolari, in particolare,
gli atomisti. Dalla critica alle dottrine che pongono come principi dei
corpi, ancorché invisibili, gli Accademici partono per ribadire la superio-
rità dei principi incorporei. Questo aspetto della ricezione di Democrito
verrà trattato nel capitolo successivo.

71 Adv. Math. 10,248ss., v. infra, II 4.


Capitolo secondo

Principi corporei/ incorporei.


Atomisti antichi, Platone, Accademici da Aristotele a Simplicio

1. Il compito del vero fisico


La contrapposizione che Aristotele instaura fra atomismo antico e principi
accademici si inquadra nel più ampio dibattito che egli conduce con la
scuola platonica sulla concezione della scienza. Per Aristotele esistono più
scienze ognuna delle quali abbraccia un ambito limitato ed ha principi
propri1. Quelli del mondo fisico devono avere tutte le caratteristiche dei
corpi per poter generare i fenomeni. La ricerca fisica deve dunque tener
conto di questo limite. I principi dell'essere costituiscono invece il campo
di indagine di un'altra scienza, la scienza prima2, che studia l'essere in
quanto tale. Per Platone e per i suoi allievi, invece, la scienza è sostanzial-
mente una, quella dell'essere, e ha una struttura piramidale al cui apice
stanno i principi ultimi; la matematica, l'astronomia, la fisica, sono solo
gradi nell'ascesa verso questi principi.
Aristotele imposta spesso sullo sfondo del problema generale dei
principi propri alla fisica il confronto fra atomisti e Platone/ Accademici,
confronto dal quale i primi risultano sempre vincitori proprio perché
hanno posto a fondamento della realtà naturale dei corpi. Il motivo con-
duttore della critica agli Accademici è invece quello di aver assunto come
principi del mondo fisico degli enti matematici che si situano ad un livello
completamente differente e non possono generare alcun fenomeno fisico.
Nel primo libro della Metafisica, pur considerandosi ancora, all'atto della
stesura di queste considerazioni, un membro dell'Accademia (come indica

1 Sulla stretta correlazione fra l'ambito di ricerca e i suoi principi e sulla conseguente diffe-
renziazione negli obiettivi e nei metodi, cf. Wieland 1970, 52-58.
2 Cf. e.g. Phys. A 2, 184b 25s.
60 Principi corporei/ incorporei

l'uso della prima persona plurale), Aristotele critica dall'interno questo


modo di affrontare la ricerca sulla natura
E, in generale, mentre la "sapienza" ricerca la causa dei fenomeni evidenti, noi
abbiamo tralasciato di indagare proprio questo (infatti non diciamo nulla sulla
causa da cui trae origine il mutamento) e, credendo di enunciarne la sostanza, af-
fermiamo che vi sono altre sostanze, ma, per dimostrare che queste ultime sono
sostanze di quelle, parliamo a vuoto; infatti la partecipazione, come abbiamo detto
anche prima, non è nulla. [...] ma la filosofia, per quelli dei nostri giorni, è dive-
nuta matematica anche se loro affermano che si deve studiare la matematica in
vista di altri fini3.
Poco più oltre, Aristotele critica la concezione di un'unica scienza i cui
principi sarebbero il fondamento anche del mondo sensibile sottolineando
che una scienza operante fuori dalle sensazioni non potrà mai averne co-
noscenza4. Quelli che sostengono la dottrina delle idee, come egli afferma
nel secondo libro della Fisica5, fanno come il matematico che studia sì gli
stessi oggetti del fisico, ma astrae col pensiero dalla loro fisicità e li consi-
dera come se fossero privi di movimento. Una costante della critica ari-
stotelica a Platone e agli Accademici è proprio la debolezza dei loro fon-
damenti epistemologici e del loro metodo: essi riducono tutto a un
numero limitato di ipotesi teoriche che ritengono assolutamente vere
senza occuparsi di ciò che ne consegue per la realtà fenomenica. Il fine
della fisica è però proprio quello di trovare una spiegazione in consonanza
coi fenomeni6.
Per gli Accademici, invece, il fenomeno non è qualcosa di evidente da
accettare come tale, ma un punto di partenza per un cammino a ritroso
verso i veri fondamenti dell'essere, i primi principi, che si situano fuori del
mondo fisico e che sono individuabili solo attraverso la dialettica. I fon-
damenti di questa concezione, come è risaputo, sono già enunciati da
Platone soprattutto nel Timeo, nella Repubblica e nel Filebo. La realtà fisica,
in quanto in continuo fluire, non offre alcuna possibilità di una scienza
sicura; la scienza vera è solo quella dell'invisibile e dell'intellegibile sempre
uguale a se stesso ed eterno7. E' necessario dunque superare il comune

3 Metaph. A 9, 992a 24-29 o{lw" de; zhtouvsh" th'" sofiva" peri; tw'n fanerw'n to; ai[tion, tou'to
me;n eijavkamen (oujqe; n ga;r levgomen peri; th'" aijtiva" o{qen hJ ajrch; th'" metabolh'"), th; n d
oujsivan oijovmenoi levgein aujtw' n eJ tevr a" me;n oujsiva" ei\naiv famen, o{pw" d ejkei'nai touvtwn
oujsivai, dia; kenh'" lev gomen: to; ga;r metevc ein, w{sper kai; provteron ei[pomen, oujqev n ejstin.
ª...º ajlla; gevgone ta; maqhvmata toi'" nu' n hJ filosofiva, faskov ntwn a[llwn cavrin aujta; dei'n
pragmateuvesqai.
4 Metaph. A 9, 992b 18-993a 10.
5 Phys. B 2, 193b 22-37.
6 De cael. G 7, 306a 5-26.
7 Ti. 51e-52a touvtwn de; ou{tw" ejcovntwn oJmologhtevo n e}n me;n ei\nai to; kata; taujta; ei\do"
e[con, ajgevnnhton kai; ajnwvl eqron, ou[te eij" eJ auto; eijsdecov menon a[llo a[l loqen ou[te aujto;
Capitolo secondo 61

metodo di ricerca dei fisici che si arresta ai principi corporei per rivolgersi
invece a quelle che sono le vere cause prime del reale, incorporee e intel-
legibili8. I fisici si arrestano al mondo del divenire, ma non raggiungono la
conoscenza vera che si può acquisire solo studiando le cose eterne e
prime in se stesse9. Questo ha come conseguenza anche la totale svaluta-
zione dell'aspetto empirico delle scienze in quanto l'empiria opera su sin-
goli oggetti corporei, in sé non conoscibili con sicurezza, senza astrarne le
forme eterne. Il vero geometra non studierebbe mai seriamente per sco-
prirvi i concetti geometrici disegni anche bellissimi fatti da un pittore
espertissimo così come il vero astronomo non studia i movimenti degli
astri reali nella loro corporeità, ma coglie teoricamente i rapporti numerici
fra questi astri e i fra i loro movimenti. Per Platone, dunque, bisogna pro-
cedere non con l'osservazione, ma formulando dei problemi e lasciar per-
dere sia le figure geometriche reali, che i corpi celesti reali se vogliamo far
funzionare davvero l'elemento intelligente dell'anima10.
In questa tensione fra il superamento della fisica da parte di Platone e
degli Accademici e il ritorno alla fisica su altre basi rispetto a quelle dei
filosofi della natura da parte di Aristotele si colloca il dibattito sugli atomi-
sti antichi.

2. La gigantomachia del Sofista e lo schema


principi corporei/ incorporei in Aristotele
Come già osservato nel primo capitolo, difficilmente Platone faceva pre-
cisi riferimenti agli atomisti. Tuttavia spesso ci si appoggia su un passo
specifico per dimostrare il contrario: la "gigantomachia" del Sofista. Qui lo
straniero di Elea accenna a due schiere contrapposte: coloro che conside-
rano come oujsiva solo quello che si può toccare, cioè il corpo, e i sosteni-
tori delle forme intellegibili e incorporee
Str. E dunque sembra che fra di loro si combatta come una gigantomachia a
causa del dibattito sull'essenza. […] Gli uni trascinano tutto dal cielo e dall'invisi-
bile sulla terra, afferrando semplicemente con le mani rocce e querce. Infatti toc-
cando tutte queste cose assicurano che esiste solo quanto offre qualche possibi-
lità di essere toccato e palpato, definendo l'essenza e il corpo la stessa cosa e

eij" a[llo poi ijovn, ajovraton de; kai; a[llw" aj naivsqhton, tou' to o} dh; novhsi" ei[lhcen ejpisko-
pei'n: to; de; oJmwvnumon o{moiovn te ejkeivnwi deuvteron, aijsqhtovn, gennhtov n, peforhmev non aj ei;,
gignovmenovn te e[ n tini tovpwi kai; pavlin ejkei'qen ajpolluvmenon, dovxhi met ai[sqhvsew" pe-
rilhptovn. Cf. anche Resp. 524c-d.
8 Ti. 46d; 48a-b; 68e.
9 Phil. 58c-59b.
10 Resp. 529d-530c.
62 Principi corporei/ incorporei

guardando dall'alto in basso chi affermasse che qualcos'altro che non ha corpo è,
senza voler ascoltare null'altro — Teet. Parli sicuramente di uomini tremendi; in-
fatti anch'io ho già avuto occasione di incontrarne numerosi— Str. Per questo i
loro oppositori nel dibattito si difendono assai prudentemente dall'alto, da una
certa zona dell'invisibile, incalzandoli col dire che la vera essenza sono certe
forme intellegibili e incorporee e, facendo a pezzettini nelle loro argomentazioni i
corpi di quegli altri e quella che loro chiamano verità, li definiscono un divenire
incessante invece che un'essenza. Riguardo a queste cose c'è sempre stata fra gli
uni e gli altri, o Teeteto, un'accanita battaglia11.
Chi si debba identificare nei due gruppi è stato oggetto di infinite conget-
ture12. In ogni caso l'opposizione fra coloro che ammettono solo essenze
corporee e coloro che, al contrario, assumono come essenze forme incor-
poree è una novità introdotta da Platone accanto a schemi oppositivi
preesistenti e da lui stesso utilizzati13 e si inserisce nel quadro più generale
della ricerca dei principi ultimi del reale. In questo contesto tutti i fisici
sono coinvolti nella denominazione di materialisti in quanto il campo
comune della loro scienza è quello della natura e del sensibile e quindi dei
corpi, un modello superato solo da Platone e dai suoi allievi. Che la tipo-
logia dei materialisti fosse una struttura generica e aperta, passibile di rice-
vere qualsiasi contenuto a seconda della discussione e del contesto è di-
mostrato dal fatto che in Aristotele l'identità dei sostenitori di principi
corporei varia da testo a testo proprio perché tutti i cosiddetti "filosofi
della natura" vengono considerati "materialisti"14. La tipologia dei sosteni-

11 Soph. 246a XE. kai; mh;n e[oikev ge ejn aujtoi'" gigantomaciva ti" ei\nai dia; th;n ajmfisbhvthsin
peri; th'" oujsiva" pro;" ajllhvlou". ª...º oiJ me; n eij" gh' n ejx oujranou' kai; tou' ajoravtou pav nta
e{lkousi, tai'" cersi;n ajtecnw'" pevtra" kai; dru'" perilambav nonte". tw' n ga;r toiouvtwn
ejfaptovmenoi pavntwn diiscurivzontai tou'to ei\nai movnon o} parevc ei prosbolh;n kai; ejpafhv n
tina, tauj to;n sw'ma kai; oujsivan oJrizovmenoi, tw' n de; a[llwn ei[ tiv" ãtià fhvsei mh; sw'ma e[con
ei\nai, katafronou'nte" to; paravpan kai; oujde; n ejqevlonte" a[llo ajkouv ein. QEAI. h\ deinou;"
ei[rhka" a[ ndra": h[dh ga;r kai; ej gw; touvtwn sucnoi'" prosevtucon. XE. toigarou' n oiJ pro;"
aujtou;" ajmfisbhtou' nte" mavla eujl abw' " a[ nwqen ej x ajoravtou poqe; n ajmuvnontai, nohta; a{tta
kai; ajswv mata ei[dh biazovmenoi th; n ajlhqinh; n oujsivan ei\nai: ta; de; ejkeiv nwn swvmata kai; th;n
legomev nhn uJp auj tw'n ajlhvqeian kata; smikra; diaqrauvo nte" ej n toi'" lovgoi" gevnesin aj nt
oujsiva" feromev nhn tina; prosagoreuvousin. ej n mevswi de; peri; tau'ta a[pleto" aj mfotevrwn
mavch ti", w\ Qeaivthte, aj ei; sunevs thken. Per la definizione dei materialisti come "non ini-
ziati, uomini rozzi, duri e resistenti" i quali danno il nome di ousia solo a ciò che è corpo,
cf. anche Theaet. 155e.
12 Cf. in particolare la lista fornita da Diès 1925, 291-293; Friedländer III, 1975, 476 n. 44.
Ambedue sono però convinti dell'impossibilità di individuare l'identità di questo gruppo e
sottolineano il carattere generalizzante della descrizione platonica. Questa ipotesi è con-
fermata a mio parere dall'affermazione di Teeteto di avere incontrato spesso individui
come i materialisti descritti dallo straniero.
13 Sui modelli "dossografici" preplatonici utilizzati poi anche da Aristotele, cf. von Kienle
1961, 38-57; Mansfeld 1986 [1990b, 22-83].
14 In Metaph. A 5, 987a 3-5 i sostenitori di principi corporei sono in generale "i primi filosofi",
in G 5, 1010a 1-3 tutti i presocratici fino ad Omero. In De cael. G 1, 298b 15-26 rientrano in
Capitolo secondo 63

tori delle forme incorporee del Sofista rimanda invece inequivocabilmente


a Platone e ai suoi allievi15.
In alcuni passi Aristotele riprende per intero lo schema del Sofista ri-
producendo le argomentazioni degli Accademici contro la concezione del
corpo come sostanza. Sebbene egli non offra chiare indicazioni sull'iden-
tità delle dottrine materialiste prese di mira dai sostenitori dei principi
incorporei, ci sono tuttavia indizi che rimandano alle tesi atomiste. In
Metaph. B 5, sottoponendo a verifica l'affermazione che le sostanze vere
sono gli enti matematici, Aristotele riproduce le argomentazioni con le
quali gli Accademici hanno superato la concezione del corpo come so-
stanza.
In quanto a ciò che sembrerebbe indicare in maggior grado la sostanza, cioè l'ac-
qua, la terra, il fuoco e l'aria, di cui sono costituiti i corpi composti, le loro affe-
zioni, il caldo, il freddo e le altre di tal genere non sono sostanze; come ente e so-
stanza permane invece solo il corpo che subisce queste affezioni. Ma il corpo è
meno sostanza della superficie, questa della linea e questa della monade e del
punto; il corpo è infatti delimitato da queste e sembra che queste possano sussi-
stere senza il corpo, il corpo invece non possa senza quelle. Perciò i molti e gli
antichi erano del parere che il corpo fosse l'ente e la sostanza, le altre cose sue af-
fezioni, talché anche i principi dei corpi sarebbero i principi delle cose esistenti; i
moderni, invece, che sembrano più sapienti di quelli, hanno posto come principi
delle cose esistenti i numeri16.
Le dottrine degli "antichi", che ipotizzano come ousia solo il corpo in
quanto tale e che i sostenitori degli enti matematici e dei numeri ritengono
di superare, hanno le caratteristiche tipiche dell'atomismo. E' infatti solo
Democrito fra i predecessori di Platone a porre alla base del mondo sen-
sibile semplici corpi privi di affezioni17. Aristotele, con un'ironia di stampo

questa categoria anche Parmenide e Melisso pur avendo essi attribuito ai sensibili caratteri-
stiche tipiche degli enti eterni. In Phys. D 6, 213a 19ss. sono gli "uomini comuni" a soste-
nere che gli enti veri sono solo corpi.
15 Sulle varie identificazioni degli amici delle forme, cf. Diès 1925, 292 n. 1 e Friedländer III,
1975, 476 n. 44.
16 Metaph. B 5, 1001b 32-1002a 12 a} de; mavlist a]n dovxeie shmaivnein oujsivan, u{dwr kai; gh'
kai; pu'r kai; ajhvr, ej x w|n ta; suv nqeta swvmata sunevs thke, touvtwn qermovthte" me;n kai; yu-
crovthte" kai; ta; toiau'ta pavqh, oujk oujsiv ai, to; de; sw'ma to; tau' ta peponqo;" movnon uJpo-
mevnei wJ" o[ n ti kai; oujsiv a ti" ou\sa. ajlla; mh; n tov ge sw'ma h|tton oujsiva th' " ejpifaneiva", kai;
au{th th' " grammh' ", kai; au{th th'" monavdo" kai; th' " stigmh' ": touvtoi" ga;r w{ ristai to; sw'ma,
kai; ta; me; n a[neu swvmato" ejndev cesqai dokei' ei\nai to; de; sw' ma a[ neu touvtwn ajduv naton.
diovper oiJ me;n polloi; kai; oiJ provteron th; n oujsivan kai; to; o]n w[ionto to; sw'ma ei\nai ta; de;
a[lla touvtou pavqh, w{ ste kai; ta; " ajrca; " ta;" tw'n swmavtwn tw' n o[ntwn ei\ nai ajrcav ": oiJ d
u{steroi kai; sofwvteroi touvtwn ei\ nai dovxante" ajriqmouv".
17 Sulla definizione democritea della "sostanza", cf. Arist. Metaph. M 4, 1078b 19-21 (68 A 36
DK; 99, 171 L.), supra, I 2 n. 63; Theophr. ap. Simpl. In de cael. 299a 2, 564,24 (68 A 120
DK; 171 L.), infra, 6. 3 n. 137.
64 Principi corporei/ incorporei

platonico18, liquida la presunta superiorità degli Accademici ristabilendo le


proporzioni. In un diverso contesto, nel quarto libro del De caelo, il con-
fronto fra gli antichi e i moderni, che si conclude con una notazione si-
mile, ha come protagonisti atomisti e Accademici: Platone e i suoi allievi
hanno spiegato la leggerezza e la pesantezza dei corpi composti col fatto
che essi sono formati da una quantità più piccola o più grande di triangoli:
Gli uni [Platone e i suoi allievi] hanno dunque definito in questo modo il leggero
e il pesante; ad altri [gli atomisti] 19, invece, una definizione di questo genere non
sembrò sufficiente, ma, pur appartenendo ad un'epoca più antica, elaborarono
concezioni più nuove su quanto ora esposto20.
Anche qui Aristotele sottolinea, sebbene in maniera meno ironica e pun-
gente, che le teorie degli atomisti, pur essendo più antiche, sono superiori
a quelle più recenti degli Accademici. In ambedue i brani, della Metafisica e
del De caelo, si ritrova comunque lo spirito dell'aneddoto di Aristosseno:
come là il prestigio di Platone, così qui quello dell'Accademia in generale
subisce un duro colpo nel confronto con le dottrine atomiste.
Uno schema ancora più vicino nell'espressione linguistica a quello del
Sofista si ritrova in Metaph. Z 2. Qui Aristotele nomina espressamente co-
loro che ritengono i corpi meno sostanze degli incorporei, e i limiti dei
corpi e i numeri come le vere ousiai
Sembra ad alcuni che i limiti del corpo, cioè la superficie, la linea, il punto e la
monade, siano sostanze e ancor più del corpo e del solido. Inoltre gli uni pen-
sano che oltre ai sensibili non ci sia nulla di tal genere, gli altri invece ritengono
che ce ne siano di più e che siano più eterni, come Platone, il quale considera che
le idee e gli enti matematici siano due sostanze e che la terza sia quella dei corpi
sensibili. Speusippo, invece, pone un numero ancora maggiore di sostanze, co-
minciando dall'uno, e principi per ciascuna sostanza: uno per i numeri, uno per le
grandezze e poi per l'anima e, in questo modo, allarga il numero delle sostanze.
Alcuni, invece, affermano che le idee e i numeri hanno la stessa natura e che le
altre cose, le linee e le superfici fino alla sostanza dell'universo e agli oggetti sen-
sibili, dipendono da queste21.

18 Cf. Pl. Theaet. 180d.


19 Che siano gli atomisti risulta chiaro dal seguito, 309a 2ss.
20 De cael. D 2, 308b 29 oiJ me;n ou\n tou'ton to;n trovpon peri; kouvfou kai; barevo " diwvrisan: toi'"
d oujc iJkano;n e[doxen ou{tw dielei' n, ajlla; kaivper o[ nte" ajrcaiovteroi tai'" hJlikivai" kaino-
tevrw" ejnovhsan peri; tw' n nu'n lecqev ntwn.
21 Metaph. Z 2, 1028b 16 dokei' dev tisi ta; tou' swvmato" pevrata, oi|on ejpifavneia kai; grammh;
kai; stigmh; kai; monav ", ei\nai oujsiv ai, kai; ma'llon h] to; sw'ma kai; to; stereovn. e[ti para; ta;
aijsqhta; oiJ me; n oujk oi[ontai ei\ nai oujd e;n toiou' ton, oiJ de; pleivw kai; ma' llon o[nta ajivdia,
w{sper Plavtwn tav te ei[dh kai; ta; maqhmatika; duvo oujsiva", trivthn de; th;n tw'n aijsqhtw'n
swmavtwn ouj sivan, Speuv sippo" de; kai; pleivou" oujsiv a" ajpo; tou' eJ no;" ajrxav meno", kai; ajrca; "
eJkavs th" oujsiva", a[llhn me; n ajriqmw'n a[llhn de; megeqw' n, e[peita yuch'": kai; tou'ton dh; to; n
trovpon ejpekteiv nei ta;" oujsiva". e[nioi de; ta; me;n ei[dh kai; tou; " ajriqmou; " th;n aujth; n e[cein
Capitolo secondo 65

Anche qui Platone, Speusippo e Senocrate (il sostenitore delle idee-nu-


mero) partono dal confronto con coloro che pongono le sostanze nei
sensibili per sviluppare poi una gerarchia degli incorporei fino ai principi.
Rispetto al brano precedente della Metafisica qui i Platonici sottolineano
che le loro sostanze sono "più eterne" dei corpi. Questo stesso dibattito
sulle sostanze eterne si avverte in sottofondo nel resoconto aristotelico su
Democrito riportato da Simplicio. Aristotele esordisce infatti spiegando
che Democrito avrebbe individuato "la natura delle cose eterne" in "pic-
cole sostanze"22. I principi atomistici vengono qui inquadrati in un dibat-
tito più ampio sulla natura delle sostanze eterne (corpi privi di affezioni o
incorporei?) già inscenato nella gigantomachia del Sofista e rappresentato
con attori più definiti nei passi della Metafisica analizzati sopra. Se Aristo-
tele, riprende la diaphonia del Sofista, facendo intravvedere una contrappo-
sizione degli Accademici agli atomisti, è possibile che la critica degli "amici
delle forme incorporee" cui Platone allude, si sia concentrata ad un certo
punto, negli ultimi anni di vita del maestro, specificamente contro questi
ultimi. Nel clima di rivalità fra l'Accademia e il Peripato non stupisce che
proprio quelle tesi che gli allievi di Platone ritenevano superate dalla dot-
trina dei principi incorporei, fossero invece da Aristotele considerate net-
tamente superiori e utilizzate per minare il prestigio dei Platonici. Nei
brani della Metafisica aristotelica si lasciano comunque intravvedere gli
indizi di una critica agli atomisti che Sesto Empirico, nel decimo libro
Contro i Matematici, attribuisce ai "figli dei Pitagorici" (gli Accademici ap-
punto) e che verrà esaminata più oltre.

3. Platone e Democrito in Teofrasto


Teofrasto nel De sensibus riprende dei concetti aristotelici, ma mantiene il
parallelo Platone/ Democrito su un piano di neutralità. Essi sarebbero gli
unici ad aver affrontato il problema della definizione della natura dei sen-
sibili nel modo più ampio e ad averli trattati individualmente. Platone però
non avrebbe negato loro una physis, mentre Democrito ne avrebbe fatto
delle semplici affezioni della sensazione23. Ambedue avrebbero comunque
disatteso le loro premesse elaborando in pratica delle tesi opposte ai loro

fasi; fuvsin, ta; de; a[lla ejcovmena, gramma;" kai; ejpivpeda, mevcri pro;" th;n tou' oujranou'
oujsivan kai; ta; aijsqhtav.
22 Fr. 208 Rose (Simpl. In De cael. 279 b 12, 295,1-2) (68 A 37 DK; 172 L.) Dhmovkrito"
hJgei'tai th;n tw'n ajidivwn fuvsin ei\ nai mikra;" oujsiva" plhvqo" ajpeivrou".
23 De sens. 60 (68 A 135 DK; 71 L.) Dhmovkrito" kai; Plavtwn ejpi; plei'stovn eijsin hJmmevnoi,
kaq e{kaston ga;r ajforivzousi: plh;n oJ me;n oujk ajposterw'n tw'n aijsqhtw'n th; n fuvsin,
Dhmovkrito" de; pav nta pavqh th' " aijsqhvsew" poiw'n.
66 Principi corporei/ incorporei

scopi. In questa maniera Teofrasto pone sullo stesso piano le loro dottrine
e le accomuna nella critica. Altrove egli accennava, sulla scia di Aristotele,
a coloro che, considerando semplici affezioni le quattro qualità fonda-
mentali, proseguivano la ricerca al di là di queste fino alle cause prime24.
Platone è il primo referente, ma Democrito, che aveva cercato di definire
"la sostanza del caldo e del freddo"25, veniva in una certa misura inglobato
nello schema. Teofrasto riteneva tuttavia superfluo ricercare la causa di
questi fenomeni fisici e, altrove, criticava proprio per questo Platone so-
stenendo che è ridicolo domandarsi perché il fuoco brucia e la neve raf-
fredda26. Lo schema teofrasteo nel quale Platone e Democrito vengono
posti in maniera neutrale sullo stesso piano e criticati conseguentemente
per aver ricercato ulteriori cause delle qualità fondamentali determina poi
gran parte della tradizione posteriore.
Il quadro finora delineato, soprattutto attraverso Aristotele, con ri-
scontri nei testi platonici e con uno sguardo alla posizione di Teofrasto ci
offre dunque sostanzialmente tre modelli di confronto fra Platone/ Acca-
demici e gli atomisti.
1. Lo schema apertamente polemico di Aristotele che vede in Platone
e negli Accademici coloro che trattano la fisica coi logoi e assumono quindi
principi inadeguati per quest'ambito. Egli utilizza all'occasione le dottrine
atomiste in funzione antiplatonica e antiaccademica sottolineandone la
superiorità nel campo della ricerca fisica. Il confronto verte comunque
principalmente sulle dottrine del Timeo reinterpretate dagli allievi e, in
misura minore, su quella delle idee-numero. L'utilizzazione polemica delle
teorie atomiste contro Platone e gli Accademici da parte di Aristotele va
inquadrata nel contesto più vasto della concorrenza fra le due scuole:
dall'altra parte probabilmente, come si può dedurre dagli accenni aristote-
lici stessi, gli Accademici cercavano di dimostrare la superiorità delle loro
tesi su tutte quelle che ponevano principi corporei, in particolare l'atomi-
smo.
2. Il secondo modello di confronto consiste nell'opposizione critica
degli Accademici a tutte le dottrine materialiste, già adombrata nella gi-
gantomachia del Sofista. L'atomismo, in particolare, che poneva il corpo in

24 Theophr. De igne 7-8 ajlla; ga;r tau'ta e[oiken eij" meivzw tina; skevyin ejkfevrein hJma'" tw'n
uJpokeimev nwn, h} zhtei' ta; " prwvta" aijtiva". faiv netai ga;r ou{ tw lambavnousi to; qermo;n kai;
to; yucro;n w{sper pavqh tinw'n ei\nai kai; oujk ajrcai; kai; dunav mei".
25 Arist. Metaph. M 4, 1078b 19-21 (68 A 36 DK; 99, 171 L.), supra, I 2 n. 63; per l'opinione di
Teofrasto, cf. Simpl. In De cael. 299a 2, 564,24, infra, n. 137.
26 Theophr. Fr. 159 FHS&G (Procl. In Tim. II,120,18-22) toiau'ta me;n oJ Qeovfrasto" ejpiti-
ma'i tw'i Plav twni peri; th'sde th' " yucogoniva", oujde; ejpi; tw'n fusikw' n pav ntwn levgwn dei'n
hJma'" ejpizhtei'n to; dia; tiv: geloi'on gavr fhsin ajporei' n, dia; tiv kaivei to; pu'r kai; dia; tiv yuvc ei
hJ ciwvn.
Capitolo secondo 67

sé privo di qualità a fondamento del mondo fisico, doveva essere ad un


certo punto diventato l'obiettivo principale per chi, invece, non si fer-
mava, ma procedeva nella ricerca fino alle sostanze incorporee, ai numeri
e ai principi ultimi, uno e diade indefinita. In questo contesto, il termine di
confronto non era solo il Timeo, ovviamente reinterpretato, ma anche e
soprattutto la dottrina dei primi principi. Questo schema oppositivo, che
riproduce quello del Sofista platonico, è presupposto in alcuni passi della
Metafisica aristotelica.
3. Un paragone sostanzialmente neutro, quello di Teofrasto, che si ri-
chiama in parte ad Aristotele, ma senza le sue punte polemiche, e cerca di
confrontare a livello tipologico gli atomisti e Platone in particolare sul
problema dei fondamenti delle qualità elementari prendendo in considera-
zione soprattutto la dottrina del Timeo.
Il modello di confronto polemico aristotelico, fuori dall'ambito delle
discussioni a lui contemporanee e soprattutto a causa dell'enorme influsso
del platonismo non poteva ovviamente essere assunto nella tradizione
posteriore. Esso poteva semmai valere limitatamente a singole osserva-
zioni critiche e sembra essere stato utilizzato in questo modo da Epicuro e
dalla sua scuola27. Nella tradizione tarda che riporta notizie sui principi di
Democrito e di Platone ha prevalso, per ovvi motivi, il modello neutro
teofrasteo anche perché Teofrasto costituiva il principale punto di riferi-
mento per la dossografia antica.
La polemica di segno opposto a quella aristotelica, quella cioè degli
Accademici contro gli atomisti, emerge invece in un brano del decimo
libro Contro i Matematici di Sesto Empirico. Esso si discosta, non solo per il
suo carattere dialettico, ma anche per il contenuto (confronto fra atomi-
smo e dottrina dei principi), dagli altri resoconti tardi facenti capo alla
tipologia teofrastea di parallelismo neutro fra l'atomismo e la geometria
del Timeo e restituisce probabilmente quel nucleo di discussione sull'ato-
mismo antico nell'Accademia di cui sono rimaste solo labili tracce nell'o-
pera aristotelica.
Qui di seguito il brano di Sesto verrà trattato dettagliatamente e con-
frontato con il resto della tradizione tarda facente capo al modello teofra-
steo e ai suoi intermediari. Si potrà quindi cominciare a precisare entro
quali binari si muove la tradizione sull'atomismo antico fuori dai testi
fondamentali di Aristotele e Teofrasto, un lavoro necessario anche per
operare un distinguo fra notizie di autori tardi di varia provenienza e valore
che non hanno certamente attinto agli originali.

27 Cf. su questo punto, infra, VI 3. 1.


68 Principi corporei/ incorporei

4. La tradizione "diafonica". Accademici contro atomisti in


Sesto Empirico Adv. Math. 10,248-262 (121 L.)
Adv. Math. 10,248-262 costituisce un testo fondamentale per ricostruire
un'eventuale discussione dell'atomismo nell'Accademia. Si tratta di un
passo molto discusso, non solo per il suo valore di testimonianza sulla
dottrina accademica, ma anche per i vari problemi che esso pone. Il primo
è un problema di attribuzione: il brano si riferisce alle lezioni platoniche
Sul bene o piuttosto alle interpretazioni che ne davano gli allievi? Il se-
condo, quello che in questo contesto interessa più da vicino, riguarda
l'autenticità della polemica dei cosiddetti Pitagorici contro gli atomisti: si
tratta solo di una ricostruzione a posteriori o ha un valore anche storico?
Il terzo punto, il più controverso, riguarda la fonte del brano di Sesto.
Prima di affrontare l'analisi del brano è opportuno premettere un
dettaglio importante spesso trascurato e cioè che Sesto ne fornisce una
redazione parallela e riassuntiva negli Schizzi Pirroniani (3,151ss.). In questa
versione, di stile tipicamente dossografico, mancano sia l'esposizione det-
tagliata delle varie teorie che i riferimenti a polemiche dirette. Attraverso il
confronto dei due passi è possibile perciò stabilire quali sono i punti della
redazione originale della fonte che Sesto ha mantenuto nel resoconto
principale, ma che ha giudicato poi non essenziali nella redazione riassun-
tiva.
Il resoconto di Sesto si presenta piuttosto articolato. Molto probabil-
mente la sua fonte aveva attinto a sua volta a più fonti, come indica lo
stacco fra i paragrafi 262 e 26328. Nei paragrafi che seguono, vengono
infatti esposte altre versioni di dottrine accademiche: quella delle catego-
rie, quale si ritrova anche in Ermodoro, diretto allievo di Platone29, e la
versione manualistica, canonica negli autori tardi e di probabile prove-
nienza posidoniana30, della derivazione del tutto dai numeri. Per il tema
qui trattato sono però rilevanti i paragrafi 248-262 in quanto sono gli unici
a riportare una diaphonia dei Pitagorici (Accademici) con gli atomisti nella
ricerca dei principi. L'excursus sui numeri in cui questa compare viene in-

28 Sext. Emp. Adv. Math. 10,262s. kai; o{ti tai'" ajlhqeivai" au|taiv eijsin tw'n o{lwn ajrcaiv,
poikivlw" oiJ Puqagorikoi; didavskousin.
29 Cf. Hermod. Fr. 7 IP. Per i rapporti fra i due testi, cf. Heinze 1892, 38ss.; Wilpert 1941,
230; De Vogel 1949, 205ss.; Theiler 1964, 92; Krämer 1959, 284; Isnardi Parente 1979,
108s.; 1982 440s.
30 Cf. Burkert 1972, 54ss. La teoria della rJuvsi" del punto riportata nei § 281-283 era stata
comunque per lo meno sicuramente trattata e difesa anche da Eratostene (Sext. Emp. Adv.
Math. 3,28). Cf. Isnardi Parente 1992, 159-163.
Capitolo secondo 69

trodotto nella discussione sul tema del tempo trattato poco prima perché,
come osserva Sesto, è con i numeri che si misura il tempo31.
Egli passa poi ad una considerazione generale sull'importanza dei nu-
meri nella fisica dei "Pitagorici"
Dopo aver portato a termine l'esame di quel tema [il tempo], riteniamo oppor-
tuno fare un resoconto anche su questo [il numero], soprattutto perché i più sa-
pienti fra i fisici hanno attribuito ai numeri una tale importanza da farne i principi
e gli elementi di tutte le cose. Costoro sono i seguaci di Pitagora di Samo. Quelli
che filosofano veramente —essi dicono— sono simili a quelli che studiano il di-
scorso. Come infatti questi ultimi esaminano prima le parole (infatti il discorso è
composto da parole) e, poiché le parole sono composte da sillabe, esaminano
prima ancora le sillabe, siccome però le sillabe si risolvono nelle lettere della lin-
gua scritta, studiano ancor prima queste ultime, così —dicono i Pitagorici— i
veri fisici, quando ricercano i principi del tutto, devono in primo luogo esaminare
in quali elementi il tutto si scompone32.
Carattere distintivo di questa introduzione è la definizione dei Pitagorici
come "i più sapienti fra i fisici" che non si ritrova in nessun altro dei passi
paralleli di Sesto, né in Pyrrh. hyp. 3,151, né in Adv. Math. 7,93ss., né in
Adv. Math. 4,2ss. né è corrente nella tradizione tarda anche di ascendenza
neopitagorica. Questo giudizio, che riecheggia in certo modo quello del
Filebo (16c-e) sui saggi antichi che hanno elaborato la dottrina dei numeri
come intermedi fra l'uno e l'infinito, risale dunque ad un ambito platonico
che si poneva come alternativo alla concezione aristotelica del fisico: i
migliori fisici non sono quelli che si occupano dei fenomeni, ma quelli che
hanno scomposto il tutto fino ai suoi principi ultimi, i numeri. Di ascen-
denza platonica, sebbene mediata, è anche l'analisi grammaticale come
modello della scomposizione del mondo fino agli elementi primi33.
Di ben altro tenore è l'introduzione parallela di Pyrrh. hyp. 3,151. Qui
si passa ex abrupto dalla dichiarazione che l'estremismo dei dogmatici sui
numeri ha sollevato le critiche degli scettici, al semplice accenno al fatto

31 Adv. Math. 10,248.


32 Adv. Math. 10,248 kalw'" e[cein hJgouvmeqa meta; th;n proanusqei'san hJmi'n peri; ejkeivnou
zhvthsin kai; to;n peri; touvtou diaqevsqai lovgon, kai; mavlisq o{ti oiJ ejpisthmonevstatoi tw'n
fusikw'n ou{tw megavlhn duv namin toi'" ajriqmoi'" ajpev neiman, w{ste ajrca;" kai; stoicei'a tw' n
o{lwn touvtou" nomivzein. ou|toi dev eijsin oiJ peri; to;n Sav mion Puqagovran. ejoikevnai ga;r
levgousi tou; " filosofou'nta" gnhsivw" toi'" peri; lovgon ponoumev noi". wJ" ga;r ou|toi prw'ton
ta;" lev xei" ejxetavzousin (ejk levxewn ga;r oJ lovgo"), kai; ejp ei; ejk sullabw' n aiJ levxei",
prw'ton skevptontai ta;" sullabav", kai; ejpei; ejk sullabw' n ta; stoicei' a th'" ejggrammavtou
fwnh'" ajnaluomevnwn, peri; ejkeiv nwn prw'ton ejreunw'sin, ou{tw dei'n fasin oiJ peri; Puqa-
govran tou;" o[ntw" fusikouv", ta; peri; tou' panto;" ejr eunw' nta", ej n prwvtoi" ejxetavzein eij"
tivna to; pa' n lambav nei th; n ajnavlusin. Cf. anche Moderat. ap. Porph. V. P. 48s.
33 Cf. e.g. Pl. Pol. 278d; Theaet. 201ess.; Ti. 48b e Wilpert 1949, 129ss.
70 Principi corporei/ incorporei

che i Pitagorici hanno considerato elementi i numeri34. Manca sia l'enco-


mio di questi ultimi, sia la parte giustificativa del loro metodo, e cioè il
parallelismo con l'analisi del discorso.
In Adv. Math. 10,250 Sesto espone poi l'argomentazione dei Pitagorici
a favore della loro tesi
E' dunque in certo modo contrario alla fisica sostenere che il principio di tutte le
cose è visibile: infatti ogni cosa visibile deve essere composta da invisibili, ma ciò
che è composto da qualcosa non è principio, lo è invece ciò da cui quello è com-
posto. Per questo non bisogna affermare che ciò che appare è principio di tutte le
cose, ma che lo sono le componenti di ciò che appare, le quali, però, non sono
più visibili. Perciò [i Pitagorici] hanno posto come principi delle cose esistenti dei
principi non evidenti e invisibili e in maniera differenziata35.
Qui si intravvede l'intervento dello scettico (Sesto o la sua fonte) in
quanto manca sostanzialmente una dimostrazione del fatto che i fenomeni
sono composti. Il tutto viene presentato tendenziosamente come una
ipotesi. Nei tropi scettici la considerazione delle dottrine dogmatiche
come semplici ipotesi riveste una funzione fondamentale36. Proprio questa
argomentazione è l'unica dell'introduzione ad essere riportata nella ver-
sione parallela di Pyrrh. hyp. 3,152 dove invece è caduto tutto il resto37.
Nel brano di Adversus Mathematicos segue poi il passo che interessa più
da vicino e cioè la diffusa critica alle dottrine atomiste e corpuscolariste le
quali hanno posto come principi sì degli invisibili, ma pur sempre dei
corpi
Infatti quelli che hanno affermato che gli atomi o le omeomerie o le "masse" o,
in generale, i corpi intellegibili sono i principi di tutte le cose esistenti, per un
verso hanno visto giusto, per l'altro invece hanno sbagliato. Infatti, in quanto ri-
tengono che i principi siano invisibili, procedono come si conviene, in quanto
però li pongono come corporei, sbagliano. Come infatti i corpi intellegibili e invi-
sibili precedono i corpi sensibili, così anche gli incorporei devono essere principi
dei corpi intellegibili. E questo è logico: come infatti gli elementi della parola non

34 Sext. Emp. Pyrrh. hyp. 3,151 ejp ei; oJ crovno" dokei' mh; a[neu ajriqmou' qewrei'sqai, oujk a]n ei[h
a[topon kai; peri; ajriqmou' bracev a diexelqei'n. o{son me; n ga;r ejpi; th'i sunhqeivai kai; ajdo-
xavstw" ajriqmei'n tiv famen kai; ajriqmo;n ei\ naiv ti aj kouvomen: hJ de; tw'n dogmatikw' n perier-
giva kai; to;n kata; touv tou kekiv nhke lovgon. aujtivka gou'n oiJ ajpo; tou' Puqagovrou kai; stoi-
cei'a tou' kovs mou tou;" ajriqmou; " ei\ nai levgousin.
35 Adv. Math. 10,250s. to; me;n ou\n fainomevnhn ei\nai levgein th;n tw'n o{lwn ajrch;n ajfusikovn
pw" ejstivn: pa' n ga;r to; fainovmenon ejx ajf anw'n ojfeivlei sunivstasqai, to; d e[k tinwn su-
nestw; " oujk e[stin ajrchv, ajlla; to; ej keivnou aujtou' sustatikov n. o{qen kai; ta; fainovmena ouj
rJhtevon ajrca;" ei\ nai tw'n o{lwn, ajlla; ta; sustatika; tw'n fainomevnwn, a{p er oujkevti h\n fai-
novmena. toivnun ajdhvlou" kai; ajfanei' " uJpevqento ta;" tw'n o[ntwn ajrcav" kai; ouj koinw' ".
36 L'assegnazione ai dogmatici di un passaggio non motivato dai fenomeni alle loro cause
nascoste è un procedimento tipico anche dei medici empirici, cf. Gal. De exper. med. 24,3,
133s.; 25,2, 136 Walzer.
37 Pyrrh. hyp. 3,152 fasi; gou'n, o{ti ta; fainovmena e[k tino" sunevsthken, aJpla' de; ei\nai dei' ta;
stoicei'a: a[dhla a[ra ejsti; ta; stoicei'a.
Capitolo secondo 71

sono parole, così anche gli elementi del corpo non sono corpi; ma devono essere
o corpi o incorporei, perciò certamente sono incorporei. E non è ammissibile
dire che gli atomi si trovano ad essere eterni e che, per questo, essi possono es-
sere principi di tutto pur essendo corporei. In primo luogo, infatti, anche coloro
che assumono come elementi le omeomerie e le "masse" e i minimi privi di parti
assegnano loro una esistenza eterna, talché gli atomi non sono più elementi di
questi. Secondariamente, si ammetta pure che gli atomi siano veramente eterni;
tuttavia, come coloro che ammettono che il cosmo sia ingenerato ed eterno, non
di meno ricercano con la mente i primi principi che lo compongono, così anche
noi, dicono i fisici Pitagorici, cerchiamo con la mente da quali principi sono
composti questi corpi eterni e visibili con la ragione. Dunque le loro componenti
saranno o corpi o incorporei. Ma non potremmo dire che sono corpi, poiché bi-
sognerebbe porre come componenti di quelli dei corpi e così, procedendo la
mente all'infinito, il tutto sarebbe privo di principio 38.
Questo brano, al di là dei rimaneggiamenti, contiene le linee generali di
quella che doveva essere una argomentazione originaria dei "Pitagorici".
Essi partivano dalla critica a coloro che ponevano principi corporei (esat-
tamente come gli Accademici di Aristotele), fossero essi pure invisibili,
sottolineando come l'eternità da loro attribuita a tali corpi fosse solo appa-
rente (in Aristotele Platone e i suoi allievi sottolineano che i loro principi
sono "più eterni" dei corpi39). La vera eternità e i veri principi si trovano
infatti negli incorporei cui si arriva attraverso un procedimento mentale
(kat ejpivnoian). Se inizialmente l'argomentazione sembra rivolta contro
tutte le dottrine atomiste e corpuscolariste, nella seconda parte è però
inequivocabilmente diretta contro gli atomisti che hanno posto gli atomi
corporei come sostanze eterne. I Pitagorici-Accademici prendono le di-
stanze da questi ultimi utilizzando un tipico argomento dialettico basato

38 Adv. Math. 10,252-256 oiJ ga;r ajtovmou" eijpovnte" h] oJmoiomereiva" h] o[gkou" h] koinw'" nohta;
swvmata pavntwn tw'n o[ ntwn a[rcein ph'i me; n katwvrqwsan, ph'i de; dievp eson. h|i me; n ga;r
ajdhvlou" ei\ nai nomivzousin ta;" ajrcav ", deov ntw" ajnastrevfontai, h|i de; swmatika;" uJpo-
tivqentai tauvta", diapivptousin. wJ " ga;r tw'n aijsqhtw'n swmavtwn prohgei'tai ta; nohta; kai;
a[dhla swvmata, ou{tw kai; tw' n nohtw' n swmavtwn a[rcein dei' ta; ajswvmata. kai; kata; lovgon:
wJ" ga;r ta; th' " levxew" stoicei'a oujk eijsi; levxei", ou{tw kai; ta; tw' n swmavtwn stoicei'a ouj k
e[sti swvmata: h[toi de; swvmata ojf eivlei tugcav nein h] ajswvmata: dio; pav ntw" ejsti;n ajswvmata.
kai; mh; n oujde; e[ nesti fav nai, o{ti aijwnivou" sumbev bhken ei\nai ta;" ajtov mou", kai; dia; tou' to
duvnasqai swmatika;" ou[sa" tw'n o{lwn a[rcein. prw'ton me;n ga;r kai; oiJ ta;" oJmoiomereiv a"
kai; oiJ tou;" o[gkou" kai; oiJ ta; ejl avcista kai; aj merh' lev gonte" ei\nai stoicei'a aijwvnion ajpo-
leivpousi touvtwn th; n uJpovstasin, w{ste mh; ma'llon ta; " ajtov mou" h] tau't ei\nai stoicei' a.
ei\ta kai; dedovsqw tai'" ajlhqeivai" aijw nivou" ei\ nai ta; " ajtovmou": ajl l o}n trovpon oiJ
ajgevnhton kai; aijwvnion ajpoleivponte" to;n kovsmon oujde; n h|tton pro;" ejpivnoian zhtou' si ta;"
prw'ton susthsamev na" aujto; n ajrcav ", ou{tw kai; hJmei'", fasi;n oiJ Puqagorikoi; tw'n fusikw'n
filosovfwn, kat ejpivnoian skeptovmeqa to; ejk tivnwn ta; aijwv nia tau'ta kai; lovgwi qewrhta;
sunevsthke swvmata. h[toi ou\n swvmatav ejsti ta; sustatika; aujtw' n h] ajswvmata. kai; swvmata
me;n oujk a]n ei[paimen, ejp ei; dehvsei kajkeivnwn swvmata levgein ei\nai sustatika; kai; ou{ tw"
eij" a[peiron probainouvsh" th'" ejpinoiv a" a[ narcon givnesqai to; pa'n.
39 Metaph. Z 2, 1028b 16ss., v. supra, n. 21.
72 Principi corporei/ incorporei

sulla scomposizione mentale dei composti nelle loro costituenti più sem-
plici. Come i sostenitori delle idee nel Sofista, essi "fanno in briciole nei
logoi" i corpi dei loro avversari e dimostrano che questi non sono vere
sostanze eterne, in quanto mentalmente possono sempre essere scomposti
in altri corpi in una infinita progressione che priva il tutto di un principio
e di un ordine (a[narcon givnesqai to; pa'n). E' un'immagine parallela a quella
della molteplicità senza l'uno fatta balenare da Platone nel Parmenide e
riemergente anche nelle presunte critiche degli Eleati ai pluralisti in De
generatione et corruptione A 8 di cui si parlerà nel terzo capitolo40.
Nel resoconto parallelo di Sesto in Pyrrh. hyp. 3,152 manca sia la critica
agli atomisti sia la conseguente spiegazione della sottrazione kat ejpivnoian
fino ai principi e rimane solo l'opposizione rigidamente binaria fra corpo-
reo e incorporeo nella forma tipica anche di altri passi dossografici di
Sesto e in generale di una certa tradizione sui principi: degli invisibili al-
cuni sono corporei (atomi, o[gkoi), altri incorporei (figure, idee, numeri).
Il brano di Sesto non riproduce comunque alla lettera il discorso dei
Pitagorici-Accademici come è evidente sia dallo stile che dagli incisi sparsi
qua e là. Uno di questi è il richiamo ad Epicuro al paragrafo 257. I "Pita-
gorici" concludono infatti la loro argomentazione contro i principi corpo-
rei ribadendo che l'unica possibile soluzione rimane quella di cercare dei
principi incorporei. A questo punto viene introdotta la seguente osserva-
zione completamente anacronistica in un discorso fatto da Pitagorici-Ac-
cademici:
Cosa che anche Epicuro ha ammesso, dicendo che il corpo è concepito per ag-
gregazione di figura, grandezza, solidità e peso41.
La proposizione relativa e per di più espressa all'aoristo segnala comunque
che si tratta di un inciso42. Il discorso dei Pitagorici-Accademici è infatti
condotto tutto al presente.
Che dunque i principi dei corpi visibili solo col pensiero debbano
essere degli incorporei è evidente, continua il testo, ma il solo fatto di
essere incorporei non li qualifica automaticamente come principi. Infatti
anche Platone ha riconosciuto che le idee, pur essendo incorporee e
preesistenti ai corpi, che si generano secondo il loro modello, non sono
principi in quanto ciascuna idea presa in sé è uno, ma in combinazione

40 V. infra, III 2. 2. 2 e n. 56 per il testo di Parm. 165a-b.


41 Adv. Math. 10,257 o{per kai; Epivkouro" wJmolovghse, fhvsa" kata; ajqroismo;n schvmatov" te
kai; megevqou" kai; ajntitupiva" kai; bavrou" to; sw'ma nenoh'sqai.
42 Si tratta di una definizione di corpo variamente utilizzata da Sesto: in Adv. Math. 10,240
viene riportata ancora come epicurea e confutata, in Pyrrh. hyp. 3,152 viene invece intro-
dotta come definizione generale di corpo come ajqroismov" di accidenti incorporei, in Adv.
Math. 9,367 ricompare come tesi dei "Matematici".
Capitolo secondo 73

con altre è due, tre o quattro; dunque esse sono governate dal numero43.
Nel resoconto parallelo degli Schizzi pirroniani mancano completamente le
osservazioni su Platone, le quali quindi risalgono con molta probabilità al
testo originario dei cosiddetti Pitagorici. Se Alessandro sosteneva che
Aristotele, nel Peri; tajgaqou', attribuiva a Platone il superamento della
dottrina delle idee verso i principi, uno e diade, Simplicio faceva risalire
questa notizia non solo al libello aristotelico, ma anche alle altre redazioni
della lezione platonica sia di Speusippo che di Senocrate e di altri allievi44.
Dunque questo passaggio dalle idee al numero si integra perfettamente
con l'ipotesi dell'utilizzazione di uno scritto degli allievi di Platone da parte
della tradizione cui la fonte di Sesto si richiama45.
Dopo l'accenno alla teoria platonica delle idee, i Pitagorici-Accademici
procedono ad esporre il passaggio dai corpi agli elementi incorporei fino
ai principi primi, l'uno e la diade indefinita:
e le figure solide, che hanno una natura incorporea, vengono pensate prima dei
corpi, ma ancora non sono i principi di tutte le cose; infatti nella rappresenta-
zione mentale vengono prima le superfici poiché i solidi sono formati da queste.
Ma neppure le superfici possono essere poste come principi di tutte le cose; in-
fatti ciascuna di esse a sua volta è composta da elementi che la precedono, le li-
nee, e le linee hanno come presupposti i numeri in quanto la figura composta di
tre linee si chiama triangolo e quella composta di quattro quadrangolo. E poiché
la semplice linea non viene pensata senza il numero, ma, condotta da un punto
all'altro, segue il due e tutti i numeri cadono anch'essi sotto l'uno (infatti la diade
è una diade e anche la triade è un uno e la decade è una somma di numeri). Pren-
dendo le mosse da queste considerazioni, Pitagora ha posto come principio delle
cose esistenti la monade per partecipazione alla quale ciascuna delle cose esistenti
si dice uno. E questa, pensata secondo l'identità con se stessa, viene pensata
come monade, aggiunta a se stessa secondo la diversità, costituisce la cosiddetta
diade indefinita in quanto non è nessuna delle diadi numerabili e definite, ma
tutte vengono pensate come tali per partecipazione a questa. Dunque due sono i
principi degli esseri: la prima monade, per partecipazione alla quale tutte le mo-

43 Adv. Math. 10,258 h[dh de; oujk ei[ tina proufevsthke tw'n swmavtwn ajs wvmata, tau't ejx
ajnavgkh" stoicei'av ej sti tw'n o[ntwn kai; prw'taiv tine" ajrcaiv. ijdou; ga;r kai; aiJ ijdevai ajswvma-
toi ou\sai kata; to; n Plav twna proufesta'si tw' n swmavtwn, kai; e{kaston tw'n ginomev nwn
pro;" auj ta; " giv netai: ajll ou[k eijsi tw'n o[ ntwn ajrcaiv, ejpeivper eJkavsth ijdev a kat ijdivan me; n
lambanomev nh e} n ei\nai levgetai, kata; suvllhyin de; eJ tevra" h] a[llwn duv o kai; trei'" kai;
tevssare", w{ste ei\naiv ti ejpanabebhko; " aujtw' n th'" uJpostavs ew", to; n ajriqmovn, ou| kata; me-
toch;n to; e} n h] ta; duvo h] ta; triv a h] ta; touvtwn e[ti pleivona ejpikathgorei'tai aujtw' n.
44 Xenocr. Fr. 98 IP (Simpl. In Phys. 187a 12, 151,6-11).
45 Gaiser 1968b, 66 emargina la notizia su Platone come aggiunta ellenistica. Se fosse tale,
non si capisce perché non dovrebbe comparire, per lo meno in accenno, anche nella ver-
sione degli Schizzi pirroniani.
74 Principi corporei/ incorporei

nadi numerabili sono pensate come monadi, e la diade indefinita, per partecipa-
zione alla quale le diadi definite sono diadi46.
Il resoconto è qui in alcuni punti sicuramente distorto in quanto la tetrade
nella dottrina delle idee-numero non ha come corrispettivo geometrico il
quadrangolo, ma la piramide e c'è una confusione fra la diade come primo
dei numeri e la diade-principio (v. infra), ma il procedimento di sottrazione
dal corpo alla linea riproduce quello che si trova anche in altre testimo-
nianze sulla dottrina delle idee-numero. Nel resoconto degli Schizzi ven-
gono assunti come principi incorporei, in sequenza, le figure, le idee e i
numeri47 senza alcun accenno al metodo di sottrazione, come se si trat-
tasse di entità a sé stanti.

4. 1. Autenticità della polemica antiatomista nell'excursus di Sesto

Tra gli anni quaranta e cinquanta Paul Wilpert, nella sua opera di raccolta
di testimonianze sulla dottrina non scritta di Platone, aveva creduto di
individuare in questo brano di Sesto Empirico un frammento delle lezioni
Sul bene di Platone e ipotizzato conseguentemente una opposizione di
quest'ultimo a Democrito48. In seguito, tuttavia, anche chi ha riconosciuto

46 Adv. Math. 10,259-262 kai; ta; sterea; schvmata proepinoei'tai tw'n swmavtwn, ajswvmaton
e[conta th;n fuv sin: ajll ajnavpalin ouj k a[rcei tw'n pavntwn: proavgei ga;r kai; touvtwn kata;
th;n ejpivnoian ta; ejpivpeda schvmata dia; to; ejx ejkeiv nwn ta; sterea; sunivstasqai. ajlla; me;n
oujde; ta; ejpivpeda schvmata qeivh ti" a] n tw' n o[ ntwn stoicei'a: e{kaston ga;r aujtw'n pavlin ejk
proagovntwn suntivqetai tw'n grammw' n, kai; aiJ grammai; proepinooumevnou" e[cousi tou;"
ajriqmouv", parovson to; me; n ejk tw' n triw'n grammw'n trivgwnon kalei'tai kai; to; ej k tessavrwn
tetrav gwnon. kai; ejp ei; hJ aJplh' grammh; ouj cwri;" ajriqmou' nenovhtai, ajll ajpo; shmeivou ejpi;
shmei'on aj gomev nh e[cetai tw' n duei' n, oi{ te ajriqmoi; pav nte" kai; aujtoi; uJpo; to; e}n peptwv kasin
(kai; ga;r hJ dua;" miva ti" ejsti; duav ", kai; hJ tria; " e{ n ti ejstiv, triav ", kai; hJ deka; " e} n ajriqmou'
kefavl aion), e[nqen kinhqei;" oJ Puqagovra" ajrch; n e[fhsen ei\ nai tw' n o[ ntwn th; n monavd a, h|"
kata; metoch;n e{kaston tw' n o[ ntwn e}n levgetai: kai; tauvthn kat aujtovthta me; n eJauth'" no-
oumev nhn monavd a noei'sqai, ejpisunteqei's an d eJauth'i kaq eJterovthta ajp otelei'n th;n ka-
loumev nhn ajovriston duavda dia; to; mhdemiv an tw' n ajriqmhtw'n kai; wJrismevnwn duavdwn ei\ nai
ªth;n secl. Heintzº aujthv n, pavs a" de; kata; metoch;n aujth'" duavd a" nenoh'sqai, kaqw;" kai; ejpi;
th'" monavdo" ejlev gcousin: duvo ou\ n tw' n o[ ntwn ajrcaiv, h{ te prwvth monav ", h|" kata; metoch;n
pa'sai aiJ ajriqmhtai; monavde" noou'ntai monavde", kai; hJ ajovristo" duav", h|" kata; metoch;n aiJ
wJrismevnai duavde" eijsi; duavde".
47 Pyrrh. hyp. 3,152 tw'n de; ajdhvlwn ta; mevn ejsti swvmata, wJ" aiJ a[tomoi kai; oiJ o[gkoi, ta; de;
ajswvmata, wJ " schvmata kai; ijdev ai kai; ajriqmoiv. w| n ta; me;n swvmatav ej sti suv nqeta, sunestw'ta
e[k te mhv kou" kai; plavtou" kai; bavqou" kai; aj ntitupiva" h] kai; bavrou". ouj movnon a[ra a[dhla
ajlla; kai; ajswvvmatav ejsti ta; stoicei' a. ajlla; kai; tw'n ajswmavtwn e{kaston ejpiqewrouvmenon
e[cei to;n ajriqmovn: h] ga;r e{ n ejstin h] duvo h] pleivw. di w|n sunav getai o{ti ta; stoicei'a tw'n
o[ntwn eijsi;n oiJ a[dhloi kai; ajswv matoi kai; pa' sin ejpiqewrouvmenoi ajriqmoiv. kai; oujc aJplw'",
ajll h{ te mona;" kai; hJ kata; ejpisuv nqesin th'" monavdo" ginomev nh ajovristo" duav ", h| " kata;
metousiv an aiJ kata; mevro" givgnontai duavde" duavde".
48 Wilpert 1941, 229-248; 1949, 128ss.; 1950, 49-66.
Capitolo secondo 75

nel brano la presenza di un nucleo di dottrina platonica, ha avanzato


dubbi sulla sua originalità globale. Già Jaeger, recensendo il lavoro di Wil-
pert, aveva richiamato l'attenzione sulla terminologia ellenistica di vari
punti del brano e sugli evidenti interventi della fonte o delle fonti inter-
medie. Tra questi Jaeger annoverava anche la diaphonia fra "Pitagorici" e
atomisti considerandola una ricostruzione a posteriori49. Gaiser, che nel
volume Platons ungeschriebene Lehre la accettava come parte del resoconto
originale concordando con Wilpert sull'ipotesi di una diretta critica plato-
nica all'atomismo50, diviene poi più cauto nello studio particolare dedicato
a questo brano. Come altri dopo Jäger, anch'egli inclina a considerare il
nucleo che illustra la diaphonia un inserimento in quanto presenta il reper-
torio dossografico ellenistico sui principi presente anche altrove in Sesto e
in altri autori51. A favore di questa tesi sembrerebbe giocare anche un
passo di Sesto in cui viene esposto il decimo tropo scettico della sospen-
sione del giudizio, quello della relatività delle concezioni dogmatiche, nel
quale compare anche la lista tipica della vulgata dossografica sui principi e
la dichiarazione che le varie ipotesi dogmatiche vengono dagli scettici
contrapposte, ora a loro stesse (l'accento è sulle loro contraddizione in-
terne), ora a ciascuna delle altre52. La diaphonia fra i Pitagorici e gli atomisti
potrebbe dunque essere una costruzione seriore.
Per stabilire se e in che misura il brano presenti una contrapposizione
originale degli Accademici agli atomisti bisogna tuttavia osservare il reso-
conto di Sesto da un'ottica diversa rispetto a quella di chi ne rifiuta in
blocco l'originalità. In questo brano, come è stato più volte rilevato, ci
sono sì dei rimaneggiamenti (evidenti ad esempio nella terminologia di
matrice stoica, corrente negli autori di età imperiale) e degli inserimenti
che risalgono ad una tradizione posteriore, ma questi in generale risaltano

49 Jaeger 1951, 250s. [1960, 424s.].


50 Gaiser 1968a, 28s.; 82-85; 354 n. 60; cf. anche 229, 298, 465. Della stessa opinione anche
Krämer 1971, 294 n. 227.
51 Cf. in Gaiser 1968b, 64; 74 n. 103 con l'elenco degli autori in cui compare la sequenza
atomisti, corpuscolaristi, sostenitori di principi incorporei. Un elenco più esauriente in
Theiler 1964, 90 dove però non viene fatta alcuna differenziazione fra i vari tipi di reso-
conto dossografico. Manca in ambedue le liste un passo di Alessandro di Afrodisia, De
mixt. 213,18-214,6 dove i limiti dei corpi sono identificati con i triangoli platonici, v. infra,
n. 77. In ogni caso questi resoconti trattano i limiti dei corpi come dottrina a sé stante così
come Sext. Emp. Pyrrh. hyp. 3,152ss. La problematizzazione di questo passo manca sor-
prendentemente in Thiel 2006, 343s. e 349s. che dà per scontata l'autenticità della polemica
antiatomista.
52 Sext. Emp. Pyrrh. hyp. 1,145ss. devkatov" ejsti trovpo" ª...º oJ para; ta;" dogmatika;" uJpolhvyei"
ª...º dogmatikh; dev ejstin uJpovlhyi" paradoch; prav gmato" di ajnalogismou' h[ tino" ajpo-
deivxew" kratuv nesqai dokou'sa, oi|on o{ti a[toma e[sti tw' n o[ntwn stoicei'a h] oJmoiomerh' ãh]Ã
ejlavcista h[ tina a[lla. aj ntitivqemen de; touvtwn e{kaston oJte; me; n eJ autw'i oJte; de; tw'n a[llwn
eJkavs twi.
76 Principi corporei/ incorporei

proprio per il loro anacronismo come l'accenno ad Epicuro menzionato


precedentemente. Il fatto che Sesto riporti lo schema dossografico am-
pliato sui principi corporei di età ellenistica (atomi, omeomeri, "masse",
minimi privi di parti) non è in sé probante in quanto non esclude a priori
che il nucleo originale (Accademici contro atomisti) sia stato "aggiornato"
con tutta la lista tipica della dossografia tarda53. In generale, comunque,
Sesto presenta come storicamente vere, riproducendone abbastanza fe-
delmente la sostanza, solo le polemiche effettivamente condotte da autori
specifici contro altri54. Non presenta invece come un dato storico, ma
come una semplice divergenza di opinioni fra i dogmatici deducibile dalle
loro rispettive dottrine una diaphonia ricostruita a posteriori.
Nel brano di Sesto si avverte comunque quell'atmosfera di contrappo-
sizione dialettica degli Accademici ai sostenitori dei principi corporei deli-
neata nel Sofista ed evocata più volte nell'opera aristotelica che ho cercato
di delineare nella prima parte di questo capitolo. Qui si possono aggiun-
gere ulteriori considerazioni a conferma di questo fatto:
1. L'affermazione di principio secondo cui i fenomeni devono neces-
sariamente essere composti di elementi invisibili sembra proprio ripro-
durre nella terminologia stessa quella tendenza degli Accademici contro
cui Aristotele si scaglia nel primo libro della Metafisica e nel secondo libro
della Fisica accusandoli di far derivare le cose evidenti da ciò che non si
vede55.
2. I Pitagorici di Sesto mettono sullo stesso piano teorie corpuscolari
e atomiste: ambedue presupporrebbero corpuscoli eterni, ma non tali in
realtà in quanto sia gli uni che gli altri sono ulteriormente divisibili con la
mente. Questa assimilazione fra dottrine atomiste e corpuscolariste ritorna
sia nei resoconti aristotelici che trattano gli indivisibili sia, in particolare, in
un brano del terzo libro del De caelo, il cui tema è proprio l'alternativa fra
eternità o corruttibilità dei corpi elementari: i corpi elementari eterni ai
quali si arresterebbe la divisione sono o atomi, o ancora divisibili, ma mai
divisi. Questa seconda teoria corpuscolare viene attribuita molto strana-
mente ad Empedocle: egli avrebbe ammesso un corpuscolo "divisibile,

53 Su questa linea si pone la risposta data da Krämer 1964, 156ss. alle critiche rivoltegli da
Vlastos 1963, 644-648 il quale, adducendo l'argomento della rielaborazione tarda, negava la
possibilità di una eventuale presenza di materiale originale accademico nel brano. Ciò che
invece risulta più problematico della tesi di Krämer, come vedremo, è che il brano di Sesto
riporti effettiva dottrina platonica non filtrata dall'interpretazione degli allievi. Sull'amplifi-
cazione da parte della dossografia di problematiche e discussioni originarie, cf. Mansfeld
1992b e 2002 che tratta in particolare il materiale peripatetico.
54 Cf. e.g. quella fra Alessino il megarico e il suo contemporaneo Zenone stoico e degli stoici
successivi contro Alessino (Adv. Math. 9,108-110); fra Diogene di Babilonia e gli oppositori
di Zenone (9,133s.).
55 Metaph. A 9, 992a 24-29, v. supra, n. 3; cf. anche Phys. B 1, 193a 5ss.
Capitolo secondo 77

senza che possa mai venire dissolto"56. Tale esegesi dei principi empedo-
clei è tuttavia, molto probabilmente, già accademica e deriva da una rein-
terpretazione della dottrina empedoclea alla luce della teoria corpuscolare
di Eraclide Pontico. Egli aveva infatti assunto come componenti ultime
dei corpi piccole masse prive di connessioni al loro interno (a[narmoi
o[gkoi), e quindi ulteriormente scomponibili, separate da pori57. In Sesto i
"Pitagorici" fanno presente che l'assumere come principi dei corpi intelle-
gibili, siano essi atomi o corpuscoli ulteriormente divisibili come gli o[gkoi,
equivale ad una progressione all'infinito: in quanto corpi essi si possono
sempre immaginare composti di altri corpi senza poter arrivare ad un
principio ordinatore del tutto.
3. Il brano di Sesto si stacca da tutto il resto della tradizione dossogra-
fica tarda di marca teofrastea in quanto è l'unico non solo a presentare
una contrapposizione fra atomismo e dottrine "pitagoriche" dei principi,
superando lo schema della concordanza di fondo58, ma anche a confron-
tare gli atomi non con i triangoli del Timeo, bensì con la