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1) Autore: Italo Calvino

2) Titolo: Il barone rampante

3) Tempo:
La storia racconta della vita di Cosimo Piovasco di Rondò dal giorno in cui salì sull’elce del suo giardino per
non mangiare le lumache a quello in cui scomparve aggrappato alla corda di una mongolfiera.
L’autore ci dice con precisione quando la vicenda prende avvio (15 giugno 1767), ma non quando si
conclude. Tuttavia, sapendo che Cosimo all’inizio del romanzo aveva da pochi mesi compiuto i dodici anni e
che morì a “sessantacinque anni passati”, possiamo dedurre che la storia narrataci abbracci un periodo di
tempo di circa cinquantatre anni.
La storia si svolge dunque nella seconda metà del VIII secolo e nei primi due decenni del IX secolo, in un
periodo di continui rivolgimenti politici per tutta Europa (si passa dalle teorie dell’Illuminismo alla Rivoluzione
francese, dall’età napoleonica al periodo della Restaurazione…)

4) Luoghi:
La storia si svolge perlopiù nell’immaginaria cittadina marittima di Ombrosa, “libero Comune, tributario della
Repubblica di Genova”. La vicenda si sposta in altri luoghi solo quando il narratore parla dei suoi viaggi in
Francia o del periodo in cui Cosimo si recò nella cittadina di Olivabassa per accertarsi che esistessero
davvero altre persone che vivevano sugli alberi.

5) Personaggi:
- Cosimo Piovasco di Rondò è il protagonista del romanzo. È estremamente coraggioso, tanto da riuscire
a ribellarsi prima ai suoi genitori, poi al mondo intero. Riesce a mantenere fede al suo proposito di non
scendere mai dagli alberi grazie all’incredibile forza di volontà e alla tenace perseveranza che lo hanno
sempre contraddistinto. È talmente orgoglioso che non vuole farsi vedere a terra neppure da morto.
Sebbene viva sugli alberi mantiene i rapporti con i suoi simili e con grande spirito di iniziativa si dà sempre
da fare per aiutare i suoi concittadini ombrosotti.
- Biagio è il fratello del protagonista nonché voce narrante. Il fatidico giorno in cui Cosimo decide di salire
sugli alberi, egli non riesce a dargli manforte, avendo solo otto anni ed essendo un tipo piuttosto
arrendevole. Visto dal fratello come un codardo, il povero Biagio tenta di sistemare le cose aiutandolo nella
sua impresa: gli procura cibo, coperte e abiti, lo aiuta nella caccia… Ma Biagio, nonostante si prodighi per
aiutare il fratello, è assai diverso da lui: dimostra di essere una persona paurosa, che cerca il più possibile di
evitare i conflitti non schierandosi a favore di nessuno e preferisce rimanere nell’ombra.
- Battista è la sorella di Cosimo e Biagio. Dopo la vergognosa fuga d’amore con il Marchesino della Mela,
viene costretta dai genitori a farsi monaca sebbene sia sempre stata “un animo ribelle e solitario”. Ma la
ragazza odia lo stile di vita che le è stato imposto e sfoga il suo risentimento preparando piatti a base di topi,
lumache o altre schifezze da far mangiare ai suoi parenti. Ad ogni modo per lei c’è il lieto fine: durante un
ricevimento conosce il figlio dei Conti di Estomac, con il quale si fidanza e si sposa.
- Il Barone di Ombrosa Arminio Piovasco di Rondò è il padre di Cosimo. È un uomo che vive nel passato,
legato agli usi e alle tradizioni di quando era ragazzo. Non si interessa affatto a quello che è il clima politico
dell’epoca e pensa soltanto al titolo di Duca D’Ombrosa che ritiene gli venga ingiustamente negato. È di
animo buono e ama la sua famiglia, ma si comporta in modo troppo esigente nei confronti dei figli, tant’è che
sono proprio i suoi continui rimproveri a spingere Cosimo a fuggire sugli alberi.
- Konradine Von Kurtewitz è la madre di Cosimo. Rimasta orfana di madre, da bambina seguiva il padre
Generale negli accampamenti, dove si era appassionata all’arte della guerra. È chiamata “Generalessa” per
quel fare autoritario e quella sicurezza di sé che aveva acquisito frequentando l’ambiente militare. La
disciplina e la severità dell’esercitò la porta però anche in famiglia: disapprova i divertimenti dei figli come
inutili e sciocchi e mantiene una certa autorità anche con il marito.
- Il Cavalier Avvocato Enea Silvio Carrega è lo zio naturale di Cosimo, in quanto fratello illegittimo del
barone Arminio. Non si sa nulla di chiaro sul suo passato: pare che avesse vissuto a lungo in Turchia, ma
che poi fosse divenuto schiavo per non si sa quali motivi e che, dopo essere stato salvato dai Veneziani,
avesse vissuto da accattone a Venezia finché non era stato riscattato dal barone Arminio. Il Cavaliere è un
uomo schivo e di poche parole, tanto che alle volte sembra sia sordomuto. Sente molto la mancanza delle
terre maomettane in cui ha vissuto, tant’è che veste sempre con abiti tipicamente turchi e arriva a
collaborare con pirati berberi pur di ritornare in quei luoghi.
- L’Abate Fauchelafleur, un vecchietto secco e grinzoso, è un religioso di orientamento giansenista che ha
il compito di istruire i ragazzi della famiglia Rondò. Viene ammirato da tutti per il suo carattere intransigente e
per il rigore spirituale che esige dagli altri e da se stesso. Ma in realtà è un uomo distratto e arrendevole che
spesso non ha la forza di opporsi alle birichinate dei giovani Rondò o alle nuove idee libertine e
rivoluzionarie dei Francesi e lascia correre.
- La bellissima Violante (detta Viola) è la figlia dei Marchesi D’Ondariva, vicini dei Rondò. Fin da bambina è
estremamente viziata e capricciosa ed ha un modo di fare altezzoso e arrogante. Come se non bastasse,
spesso avanza pretese assurde e assume un atteggiamento da vera deposta, sia nei confronti dei suoi amici
ladri di frutta che nei confronti del povero Cosimo. Si innamora subito del giovane Rondò, anche se in certi
casi è troppo orgogliosa per ammetterlo, e senz’altro il suo sentimento è ricambiato. Ma la strana
concezione che lei ha dell’amore spinge i due a separarsi.
- Gian dei Brughi (così chiamato per i suoi capelli e la sua barba ispidi e rossi proprio come i brughi) è
ritenuto da tutti gli ombrosotti un brigante spietato e crudele. Egli è invece un uomo mite, amante della
lettura, ormai stanco della vita di bandito. Impegnato com’è a leggere i numerosi libri che si fa procurare da
Cosimo, finisce per abbandonare totalmente il furto. Convinto con il ricatto a fare un ultimo colpo, viene
arrestato e ucciso.
- Ursula è una degli esuli spagnoli che vivono sugli alberi di Ombrosa, figlia di Don Frederico. È una dolce e
bellissima ragazza dai meravigliosi occhi color pervinca di cui Cosimo si innamora subito e con la quale
condivide le prime gioire amorose.
- El Conde è un altro degli esuli spagnoli di Ombrosa. È un pover’uomo che trascorre le sue giornate
pensando con sconforto a suo figlio, detenuto nelle carceri di Re Carlos III e torturato. Fra tutti gli spagnoli
suoi compatrioti è l’unico a comprendere e a condividere gli ideali di libertà di Cosimo e rimane piuttosto
deluso nello scoprire che il giovane non seguirà la sua comunità nel ritorno in Spagna.
- Padre Sulpicio de Guadalete è uno spagnolo esiliato dalla sua patria perché appartenente alla Compagnia
di Gesù, ordine messo al bando dalla Spagna e ostile alla famiglia Rondò. Non vede di buon occhio le nuove
idee libertine che Cosimo sta diffondendo a Olivabassa fra gli esuli e si mostra subito suo nemico. Anche
dopo che il suo ordine viene sciolto, non smette di combattere quelli che lui definisce “eretici”, ovvero tutti
coloro che sono stati influenzati dalle idee libertine provenienti dalla Francia.

6) Riassunto:
È il 15 giungo del 1767. Il giovane Cosimo Piovasco di Rondò, allora dodicenne, per l’ennesima volta rivela
la sua indole testarda e ribelle rifiutandosi categoricamente di mangiare le lumache cucinate dalla sadica
sorella Battista, al contrario di suo fratello Biagio, di otto anni, che aveva ceduto alle insistenze dei genitori.
Ma Cosimo non è disposto a rassegnarsi al volere del severo padre, il Barone Arminio, e per dispetto sale
sull’elce del suo giardino promettendo che non scenderà mai più.
Il ragazzo, entusiasmato da una strana sensazione di libertà, decide di esplorare il giardino dei suoi vicini, i
Marchesi D’Ondariva. Così, tenendosi ben saldo ai rami, passa da un albero all’altro fino ad arrivare alla
magnolia del giardino dei Marchesi. Lì Cosimo conosce la figlia dei coniugi d’Ondariva, una graziosa
bambina di dieci anni di nome Viola. Rimane profondamente colpito dalla sua aria di sfida e se ne
innamora… Cosimo e Viola fanno un patto: il ragazzo non avrebbe mai dovuto toccare terra, altrimenti
avrebbe perso “la signoria degli alberi”.
Così il giovane Rondò, ancora più convinto a mantenere la sua promessa, inizia ad esplorare il suo nuovo
mondo. In una di queste perlustrazioni incontra i giovani ladri di frutta di cui Viola gli aveva parlato al loro
primo incontro. La bambina quei ragazzi li conosceva bene: per un certo periodo li aveva accompagnati
durante le loro scorribande.
Quando però i genitori di Viola vengono a sapere del suo legame con Cosimo e quei ladruncoli, decidono di
mandarla in collegio. La partenza della bambina lascia nel cuore di Cosimo un profondo vuoto, ma il ragazzo
non si perde d’animo e inizia ad ingegnarsi per rendere più agevole la sua vita sugli alberi. Si costruisce una
capanna per proteggersi dalla pioggia, realizza una sorta di fontana pensile che gli permetta di far arrivare ai
rami di una quercia l’acqua di un vicino ruscello, usa un otre di pelo per dormire comodo e al caldo…
Tuttavia Cosimo, al contrario di quanto si possa immaginare, non vive affatto come un selvaggio isolato dal
resto del mondo: continua a seguire le lezioni dell’Abate Fauchelafleur (il suo tutore), divora libri su libri e
soprattutto rimane in buoni rapporti con la famiglia. Anzi, con un membro di essa i legami si fanno addirittura
più stretti: in quel periodo Cosimo impara a conoscere il Cavalier Enea Silvio Carrega, fratello illegittimo di
suo padre, giunto in Italia dopo aver a lungo felicemente vissuto in Turchia.
Cosimo, stando appollaiato sugli alberi, conosce persone di ogni tipo, come il brigante Gian dei Brughi… Un
pomeriggio riesce ad aiutare il bandito a scappare dalla polizia locale e fra i due si instaura subito un forte
legame. Gian dei Brughi dimostra di non essere il ladro senza scrupoli che tutti credevano che fosse, bensì
un uomo ormai stanco di fare il bandito e desideroso di trascorrere il resto della sua vita dedicandosi alla sua
più grande passione, la lettura dei libri. Così Cosimo procura libri sempre diversi a Gian dei Brughi e
quest’ultimo abbandona il brigantaggio dedicandosi esclusivamente alla lettura.
Ciò però non sta bene agli altri malfattori di Ombrosa, che vogliono che Gian dei Brughi ritorni il crudele
ladro di un tempo. Così due di loro, facendo leva sulla sua sfrenata passione per i libri, riescono a
convincerlo a fare un ultimo colpo, che però non va come sperato: Gian dei Brughi è arrestato e condannato
a morte. Durante i giorni che il brigante trascorre in prigione Cosimo si reca spesso a fargli visita, cercando
di rallegrare le sue giornate leggendogli alcuni libri. Quando il poveretto viene impiccato sulla grande quercia
nella piazza, Cosimo è tanto addolorato che veglia accanto al suo cadavere tutta la notte.
Ma i malfattori di Ombrosa reputano Cosimo l’unico responsabile della morte di Gian dei Brughi e arrivano
ad attentare alla sua vita appiccando il fuoco sotto l’albero su cui il ragazzo stava dormendo. Cosimo riesce
però ad evitare che il fuoco si propaghi grazie all’aiuto dei carbonari bergamaschi che vivono nel bosco.
Inizia quindi a preoccuparsi di come ci si possa tutelare dagli incendi e si impegna a tenere il bosco sotto
controllo anche di notte.
Ma una sera Cosimo, che facendo la guardia per gli incendi ha preso l’abitudine di svegliarsi di notte, vede
un lume in lontananza. È l’avvocato Enea Silvio. Cosimo lo segue fino alla spiaggia, dove suo zio si ferma a
discutere con dei pirati berberi. L’avvocato sta fornendo loro delle informazioni sulle navi di Ombrosa!
Cosimo continua a spiare il cavaliere per giorni finché non vede quei pirati nascondere tutte le merci rubate
in una grotta fra gli scogli. Cosimo avvisa quindi della scoperta i suoi amici carbonari, che sono molto poveri,
e li conduce alla spiaggia credendo che i pirati se ne siano andati. Ma in realtà nella grotta c’è una riunione
dei capi dei pirati e, quando la gran massa dei carbonari si precipita alla spiaggia, si scatena un’aspra
battaglia. Cosimo, per fermare tre pirati che stanno per chiedere rinforzi, salta sull’albero della barca su cui si
trovavano e li uccide. Ma prima che possa tornare sugli alberi, sale sulla barca l’Avvocato Enea (anch’esso
presente) e prende a remare spaventato verso la nave berbera ancorata non lontano. Cosimo non se la
sente di fare del male allo zio e, nascosto dietro la vela, lascia che i pirati lo prendano con loro. Ma questi
ultimi, ritenendo il pover’uomo responsabile dell’assalto subito, lo uccidono.
Cosimo, dopo essere stato sospinto dalle onde fino e riva ed essere ritornato sui suoi amati alberi, racconta
una versione decisamente diversa della storia, in cui dipinge suo zio come un eroe per tenere nascosto il
suo segreto. Ma il padre di Cosimo, già molto vecchio, non riesce comunque a sopportare la morte di Enea
Silvio, cui era molto affezionato, e muore. Ora è Cosimo il barone di Rondò e per curare gli affari familiari si
reca in città molto più spesso di prima. Molte volte si siede sui rami degli alberi della piazza e racconta agli
ombrosotti le mille avventure che ha vissuto.
E proprio in uno di quei giorni in cui sta raccontando alla folla della sua emozionante vita, Cosimo viene a
sapere che nella vicina città di Olivabassa c’è un’intera colonia di Spagnoli che vive sugli alberi. Preso
dall’eccitazione di quella scoperta, si mette subito in “cammino” e in pochi giorni raggiunge la cittadina, dove
può constatare con meraviglia che le voci che circolano non sono false! Infatti sugli alberi di Olivabassa
abitano dei nobili spagnoli che, ribellatisi a Re Carlos III, erano stati esiliati e, siccome il trattato prescriveva
che gli esuli non potessero toccare il suolo del territorio di Olivabassa, erano stati fatti stabilire sugli alberi.
Fra gli esiliati di Olivabassa c’è Ursula, una giovane di cui presto Cosimo si innamora e con la quale
sperimenta le prime gioie amorose. Purtroppo i due si devono separare quando agli esuli viene permesso di
tornare in patria e Cosimo, non avendo più motivo di restare a Olivabassa, rientra a Ombrosa.
Lì si lascia andare alle passioni più sfrenate: molte fra le più belle donne della città, attratte dal fascino si
stare sugli alberi, cedono senza indugio alle proposte amorose di Cosimo.
La felicità di quel periodo però finisce presto: Cosimo rimane profondamente segnato dalla morte improvvisa
della madre e, come se non bastasse, inizia a rendersi conto degli anni che passano.
Ma a ridare gioia a Cosimo arriva Viola, tornata finalmente alla residenza paterna. Il sentimento di amore
che i due provavano l’uno verso l’altra quando erano bambini si riaccende improvvisamente. Ma Cosimo non
condivide la strana idea che ha dell’amore Viola e quest’ultima non sopporta le scenate di gelosia dell’altro.
Così i due si dicono addio e Viola se ne va di nuovo via da Ombrosa. Cosimo per molto tempo rimane da
solo nei boschi, distrutto dal dolore.
Fortunatamente i suoi doveri di barone lo riportano ad occuparsi dei problemi della città di Ombrosa e lo
distolgono dai tristi pensieri. Cosimo si prodiga per la comunità ombrosotta con impegno sempre maggiore,
aiutandola a difendere il bestiame dai lupi e guidando la rivolta contro la Repubblica di Genova, che
obbligava i poveri contadini a pagare pesanti tributi. Inoltre, influenzato dagli ideali giacobini, cerca in ogni
modo di supportare le truppe francesi penetrate ad Ombrosa per proclamare l’annessione alla “Grande
Nazione Universale”, affinché vincano sui soldati austro-sardi mandati per assicurare la neutralità della
Repubblica di Genova. Grazie anche al suo aiuto alla fine sono le armate francesi ad avere la meglio e
Ombrosa viene annessa al regno di Francia.
Ma gli anni passano inesorabili e Cosimo diventa sempre più vecchio. Così Biagio si adopera affinché negli
ultimi giorni della sua vita il fratello possa avere tutte le comodità possibili: un letto, una poltrona, un
braciere… Tutte le giornate Cosimo le passa sulla grande noce in mezzo alla piazza, avvolto nella coperta.
Ma un giorno non lo si vede né a letto né sulla poltrona: sta seduto a cavalcioni in cima all’albero. Una
ventina di ombrosotti tengono teso un lenzuolo sotto l’albero, certi che prima o poi Cosimo sarebbe caduto
stecchito. Ma Cosimo non dà loro la soddisfazione di vederlo toccare terra neppure da morto: ad un certo
punto passa una mongolfiera sopra la sua testa e, spiccando un balzo, Cosimo si aggrappa alla corda cui
era attaccata l’ancora, sparendo insieme alla mongolfiera.

7) Ordine degli avvenimenti:


Lo svolgersi dei fatti non segue sempre l’ordine cronologico degli avvenimenti: spesso il narratore ricorre alle
analessi per ricordare delle vicende che hanno condizionato la vita e il comportamento dei personaggi
oppure per rendere più completa la loro descrizione citando episodi significativi in cui siano venute alla luce
alcune loro determinate caratteristiche. Un esempio è l’analessi in cui il narratore mette in risalto lo spirito
ribelle di Cosimo raccontando di quando il ragazzo distrusse il busto di un suo avo e al padre che lo
rimproverava disse che se ne infischiava dei suoi antenati.
Ma nel romanzo vi sono anche diverse prolessi. Ne è un esempio la breve frase che troviamo alla fine del
primo capitolo e che ci anticipa che Cosimo non sarebbe mai più sceso dagli alberi da quel fatidico giorno in
cui salì sull’elce del suo giardino per non mangiare le lumache (“– E io non scenderò più! – E mantenne la
parola.”).

8) Durata:
L’autore utilizza spesso i sommari quando deve raccontare avvenimenti non di particolare importanza ai fini
della trama del racconto: un esempio è il sommario in cui il narratore smette per un attimo di parlare di
Cosimo per aprire una breve parentesi sulla sua vita, raccontando del suo fidanzamento, del matrimonio, dei
figli…
Il ritmo dalla narrazione risulta particolarmente rapido e scorrevole grazie alla presenza di numerose ellissi,
come quella che omette il lasso di tempo compreso fra la morte del barone Arminio e il suo funerale.
Ma nel romanzo si trovano anche delle pause, come la digressione nella quale il narratore descrive
dettagliatamente l’aspetto dello spaventoso gatto selvatico incontrato da Cosimo nel sesto capitolo (pelo,
occhi, denti…), precisando poi che al ragazzo era bastato un secondo per rendersi conto di quanto fosse
infuriata e pericolosa quella bestia.
Inoltre ci sono diverse scene, che però non rallentano mai il fluire del racconto perché spesso contengono
incalzanti passi narrativi.

9) Spazio:
Cosimo passa tutta la sua vita sugli alberi e per questo motivo nel romanzo vi è una netta prevalenza di
spazi aperti. I pochi spazi chiusi sono: la residenza della famiglia Rondò e quella dei Marchesi d’Ondariva, i
salotti della borghesia parigina frequentati da Biagio, la caverna dove viveva Gian dei Brughi e la prigione
nella quale quest’ultimo viene rinchiuso.

10) Personaggi:
Secondo me gli unici personaggi dinamici del romanzo sono: Gian dei Brughi, che diventa da spietato
brigante a mite uomo dedito solo alla lettura; la madre di Cosimo, che sebbene si sia comportata in modo
autoritario e severo per tutta la vita criticando i futili divertimenti dei figli, in punto di morte si addolcisce
arrivando addirittura a divertirsi dei loro giochi; l’avvocato Enea Silvio, che quando inizia le sue trattative con
i pirati berberi sembra riacquistare vita, rallegrato dalla speranza di ritornare in Turchia.
Il resto dei personaggi della storia è caratterizzato da una sostanziale staticità: Biagio rimane sempre il
bambino un po’ codardo che era un tempo; il barone Arminio muore con in testa il titolo di Duca negatogli;
Viola ha anche da donna il carattere capriccioso di quando era bambina; Cosimo mantiene anche da adulto
quella testardaggine che da ragazzo lo aveva spinto a fuggire sugli alberi…
Ma nonostante la loro staticità, quasi tutti sono personaggi a tutto tondo, individui complessi e modificabili
dalle nuove situazioni, combattuti fra mille sentimenti contrastanti, in un’altalena di gioia e dolore, rabbia e
tristezza…

11) Focalizzazione:
La storia viene raccontata nella prospettiva soggettiva di Biagio, il fratello del protagonista, scelto come
narratore. Egli racconta in terza persona, a meno che non si tratti di riportare eventi di cui è partecipe (in
questo caso narra in prima persona).
Spesso Biagio fa parlare altri personaggi, che diventano così narratori di 2° grado. Lo stesso Cosimo,
protagonista del racconto, interviene più volte come voce narrante, ma non solo nei dialoghi: infatti nel
ventisettesimo capitolo Biagio lascia la parola a suo fratello perché convinto che da quel punto in poi egli
possa raccontare la storia meglio di lui. Ma troviamo anche narratori di 3° grado, come all’inizio del
ventiduesimo capitolo, quando Viola, raccontando a Cosimo di quando ha ritrovato il suo bassotto, dice: “Gli
altri dicevano: “E questo donde salta fuori?”…”
Essendo tutti i narratori personaggi del racconto, la focalizzazione maggiormente usata è quella interna. Ma
alle volte l’autore si serve anche della focalizzazione corale, adottando tramite i dialoghi i punti di vista di
personaggi diversi. Troviamo un esempio di focalizzazione corale quando vengono riportati i discorsi degli
abitanti di Ombrosa riguardo ai numerosi colpi del brigante Gian dei Brughi.

12) Racconto:
In questo romanzo il narratore preferisce far parlare i personaggi stessi, riportando le loro precise parole con
numerosi discorsi diretti, brevi monologhi (Cosimo che supplica l’offesa Viola di non andarsene, ma non
sente rispondersi nulla), soliloqui (Cosimo progetta cosa fare per domare l’incendio appiccato sotto il
frassino su cui stava dormendo) e flussi di coscienza (Cosimo si chiede perché Viola gli abbia detto che non
gli permetterà mai di essere geloso).
Ma alle volte il narratore riporta la parole dei personaggi tramite i discorsi raccontati, come quando fa
semplicemente un resoconto del lungo discorso di idraulica fra l’Avvocato Enea Silvio e il Marchese
D’Ondariva. Tuttavia non mancano i discorsi indiretti liberi, come quello in cui il narratore, senza usare i verbi
dichiarativi, racconta cosa si dice Cosimo appena si accorge che hanno appiccato un incendio sotto il suo
albero.

13) Stile del linguaggio:


L’autore si avvale per lo più del registro medio, infatti le scelte lessicali rispecchiano quasi sempre l’uso
corrente della lingua.
Ma il narratore varia spesso il registro linguistico, in modo da poter rappresentare al meglio sia il mondo
della nobiltà che quello dei ladri di frutta e dell’umile gente di Porta Capperi: usa vocaboli tipici del linguaggio
alto (come “gaiezza”, “desinare”, “dileggio”) quando parla dei nobili ombrosotti, invece adopera termini tratti
dall’uso popolare (come “imbecillendosi”, “scimunito”) e espressioni del dialetto genovese o bergamasco
(“Cuiasse”, “Belinui”, “Hota”…) per riprodurre il linguaggio della gran massa dei contadini, dei briganti, dei
carbonari.
Per la generale semplicità e la scorrevolezza del linguaggio, questo libro sarebbe alla portata di tutti, se non
fosse per le numerose frasi in francese, tedesco, spagnolo e perfino latino di cui spesso non ci è data la
traduzione.
La struttura dei periodi prevalente è quella della paratassi, che dà luogo a un ritmo narrativo rapido e fluente.
Alle volte questo tipo di costruzione del periodo è particolarmente evidente, come nel ventunesimo capitolo,
in cui troviamo scritto: “Fu sorpresa. Molto. Non dicano.”

14) Tema e messaggio:


Alla base del racconto c’è il tema della fuga, fuga che condiziona l’intera vita di Cosimo. Egli, stanco delle
costrizioni imposte dalla vita di nobile, decide di scappare… Ma non è quello che vorremmo fare un po’ tutti?
Ognuno di noi, sfibrato dal lavoro, dallo studio e da mille impegni, in fondo ha nel cuore il desiderio di
fuggire, di distaccarsi dalla solita routine quotidiana per rifugiarsi in un mondo tutto suo, magari a contatto
con la natura proprio come Cosimo.
Infatti questo desiderio di evasione non interessa solo il protagonista del racconto, ma anche gli altri
personaggi. Fra questi c’è ad esempio Battista: costretta dai genitori contro la sua volontà alla vita
monacale, lei non ha il coraggio di fuggire come Cosimo, ma sfoga il suo rancore dedicandosi a preparare
disgustosi piatti da far poi mangiare ai familiari.
In effetti nessuno dei personaggi, eccetto Cosimo, riesce a farsi forza e a separarsi definitivamente dal resto
del mondo. Ed è esattamente così che si comporta l’uomo contemporaneo: trascorre buona parte delle
giornate pensando a quanto migliore sarebbe la sua vita se mollasse tutto, ma non ha mai il coraggio di
andarsene. L’autore vuole quindi far capire al lettore che alle volte è necessario essere decisi e che vivere
rimuginando su meravigliosi progetti mai realizzati non fa altro che renderci scontenti e irritabili (un po’ come
Battista).
Altro scopo che l’autore si prefigge di raggiungere scrivendo il racconto è quello di comunicarci che è molto
importante anche essere perseveranti nelle proprie scelte, come Cosimo, che ha la determinazione di
rimanere coerente con le decisioni prese, facendo di ciò che era semplicemente un atteggiamento di sfida
nei confronti dei genitori, uno stile di vita.

15) Commento personale:


Il romanzo parla di un ragazzo che fugge sugli alberi e vi rimane tutta la vita. Una vita fatta di avventure
emozionanti, assoluta libertà e spensieratezza, penseremmo noi… eppure l’esistenza di Cosimo non è
affatto tutta rose e fiori come si potrebbe immaginare iniziando a leggere il libro.
Sebbene Cosimo viva sugli alberi non è immune ai dolori terreni: tutte le persone che gli stanno più a cuore
(i genitori, Ursula, Viola…) presto o tardi si separano da lui ed egli trascorre i suoi ultimi giorni nel ricordo dei
tempi felici della sua giovinezza, quando aveva appena iniziato a vivere sugli alberi. Il personaggio di
Cosimo va certo da prendere a esempio per la sua tenacia nel mantenere fede ai suoi propostiti, ma per lui
la fuga non significherà felicità e soddisfazione. Egli sarà sempre pervaso da uno senso di fallimento,
fallimento che si rispecchia anche nel periodo storico in cui passa gli ultimi giorni della sua vita, quello della
Restaurazione: allo stesso modo in cui tutti i progetti e le conquiste di Napoleone vanno in fumo senza che
siano serviti a nulla, anche l’entusiasmo di Cosimo viene meno col tempo ed egli si sente una profonda
insoddisfazione nel cuore.
Secondo me questo libro diverte ben poco, nonostante i toni alle volte ironici e scherzosi, anzi mette spesso
il lettore di fronte alla cruda realtà della vita, portandolo ad una continua riflessione.

Roberta Colapietro V B

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