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ISBN 978-88-98862-16-0

Finito di stampare nel mese di dicembre 2014


presso Rebel srl
Immagine di copertina: Yume srl
(dipinto presente nell’abbazia di Esfigmenou, Monte Athos)

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consenso esplicito dell’editore.
Sotirios Fotios Drokalos

CRISTIANESIMO
SANGUINARIO
La devastazione del mondo greco-romano
Cristianesimo sanguinario 5

INTRODUZIONE

Secondo il racconto delle chiese cristiane, il cristia-


nesimo sarebbe cresciuto con un ritmo clamoroso durante
i primi tre secoli della sua esistenza, conquistando pacifi-
camente le anime e i cuori della popolazione dell’Impero
romano, sino al punto di costringere infine lo stesso potere
imperiale, a lungo ostile verso la diffusione della nuova re-
ligione, ad aderirne ai tempi dell’imperatore Costantino e
costituirla religione ufficiale dell’Impero.
La ricerca storica rigetta questa versione. In realtà
per tutto il I secolo d.e.v.1 esistono pochissime tracce della
religione cristiana, e nel secondo la sua presenza è asso-
lutamente marginale. Il movimento cristiano comincia ad
avere un certo peso solo a partire dal III secolo d.e.v., però
ancora all’inizio del IV con l’ascesa dell’imperatore Costan-
tino al trono, rimane sempre fortemente minoritario. Gli
storici concordano sul fatto che il numero dei cristiani com-
plessivamente presenti nell’Impero alla soglia del regno di
Costantino deve essere ritenuto pari a circa il 5% della po-
polazione totale.2 È solo dopo e grazie a Costantino e ai suoi
successori che il cristianesimo viene finalmente diffuso. La
vera prospettiva storica è quindi inversa rispetto a quella
6 Sotirios Fotios Drokalos

sostenuta dalle chiese. Il cristianesimo non divenne reli-


gione dominante nonostante avesse contro di sé un potere
imperiale ostile, ma al contrario esso fu addirittura imposto
e affermato grazie ad un impero favorevole, da un certo mo-
mento storico in avanti.
In seguito presento una breve storia sintetica di que-
sto processo di cristianizzazione forzata e violenta dell’Im-
pero romano, compiuta tra il IV e il VI secolo da parte di
un regime politico e religioso estremamente intransigente,
intollerante e dispotico, di cui anche fra gli specialisti si
parla molto raramente, malgrado si tratti di una verità sto-
rica inequivocabile. Da una parte l’influenza e la potenza
delle chiese, dall’altra la paura di provocare e scontentare
le masse dei fedeli, molte volte scoraggiano la divulgazione
di questi dati storici verso il grande pubblico.
Non condivido esitazioni simili. Sebbene le informa-
zioni contenute in questo testo possano sicuramente per-
fino scioccare persone che non abbiano attinenza con gli
eventi di quel periodo storico, voglio credere che i fedeli che
aborriscono i comportamenti oppressivi e violenti, saranno
fra i primi a condannare le azioni e gli atteggiamenti delle
chiese e di personaggi importanti per la religione cristiana
raccontati nelle pagine seguenti, e dunque fra i primi a ri-
conoscere l’utilità di questa ricerca. La verità fa paura ed
è antipatica solo a chi sceglie di vivere nella menzogna e
nell’ipocrisia. Chi nella sua fede riconosce invece sincera-
mente un invito all’onestà e al rispetto sono sicuro che sarà
Cristianesimo sanguinario 7

felice di venire in contatto con questo diverso punto di vista.


La verità non è un’offesa. Al contrario è un’offesa verso in-
numerevoli persone e intere nazioni e civiltà, lasciare le loro
storie tragiche sepolte sotto la falsità e il silenzio comodi e
colpevoli, ed è irresponsabile e abusivo verso le generazioni
future continuare a riprodurre rappresentazioni errate del
percorso storico. Ho scritto questo libro non per offendere
delle persone ma per onorare i nostri antenati europei e
mediterranei scomparsi come vittime dell’odio ideologico e
dell’oscurantismo, e per combattere contro la possibilità di
ripetizioni di fenomeni simili.
Il testo seguente deriva dalle mie letture relative a
quel periodo storico affascinante ma tragico, che includono
libri di autori pagani come Ammiano Marcellino, Porfirio
e Zosimo, di padri della chiesa cristiana come Eusebio di
Cesarea e Sant’Agostino, i codici giuridici romani, le scrit-
ture sacre cristiane, nonché fondamentali opere moderne e
contemporanee come quelle di Edward Gibbon, Robin Lane
Fox, Eric D. Dodds, G.W.Foote - J.M.Wheeler, Paul Veyne
ecc. Un riferimento e riconoscimento molto particolare devo
alle opere monumentali e coraggiose di Karlheinz Deschner
e del mio caro amico Vlassis G. Rassias, su cui si basa lar-
gamente questo libro.

S.F.D. Bologna, Italia


8 Sotirios Fotios Drokalos

PERSECUZIONI
CONTRO I CRISTIANI?

Già dal 1684 con la dissertazione del teologo Henry


Dodwell “De Paucitate Martyrum”, e ancora di più dopo le
ricerche storiche successive, è noto che il numero dei cristia-
ni giustiziati nel corso delle cosiddette persecuzioni dell’Im-
pero romano, è molto ridotto. Gli studiosi parlano di meno
di 3000 morti o perfino di meno di 15003 nel corso di quasi
tre secoli, mentre indicativo è quanto scritto dallo stesso
celebre vescovo cristiano Eusebio di Cesarea che nel suo
“Martiri di Palestina” parla di soltanto 86 morti durante
tutta la cosiddetta “grande persecuzione”, durata 10 anni4.
Anche stime più ampie, come quella del professore e prete
anglicano W.H.C. Frend, il quale sostiene che nel corso del-
la cosiddetta “grande persecuzione” ordinata dall’imperato-
re Diocleziano, i cristiani uccisi non superarono i 3500, ri-
mangono su livelli molto bassi, in particolare se paragonati
ai massacri religiosi che incontriamo in epoche successive
nel nome dello stesso cristianesimo e del musulmanesimo.
Nonostante la scienza storica ritenga da tempo che i
cristiani giustiziati dall’Impero sian stati un esiguo numero
di persone, l’idea di oceani di martiri resistette fino al XX
Cristianesimo sanguinario 9

secolo. Oggi, quando ormai nessuno oserebbe parlare sul


serio di grandi numeri di martiri, rimane pur sempre l’idea,
in genere anche fra gli atei e i laici, che il cristianesimo sia
stato un movimento inizialmente pacifico composto da per-
sone buone e spirituali che poi, dopo la sua ascesa al potere
e particolarmente nel pieno medioevo, diventò intollerante
e oppressivo. Questa immagine non corrisponde alla real-
tà. Il cristianesimo appare invece fin dall’inizio come una
teoria e pratica in gran parte intollerante e aggressiva, che
rinnegava in modo assoluto l’intera civiltà allora vigente e
aspirava alla sua distruzione, ospitando fra le sue linee dei
gruppi violenti. Lo Stato imperiale in alcune occasioni cercò
di contrastarlo prendendo atto che la prassi del cristianesi-
mo era spesso incompatibile con l’ordine pubblico e la pace
sociale ma malgrado ciò, come abbiamo visto, la violenza
utilizzata fu minima; essa seguiva le procedure, cercava i
colpevoli e incitatori di atti contrari alla legge e giustizia-
va il meno possibile, solo in casi di cristiani che violavano
effettivamente la legge e diventavano pericolosi, e non per
delle ragioni meramente religiose come vorrebbe la propa-
ganda cristiana.
Se dunque un’accusa storica può essere fondatamente
rivolta alle classi dirigenti dell’Impero di quella epoca, essa è
piuttosto che loro - tranne alcuni filosofi e politici - non riusci-
rono a intravedere chiaramente i pericoli che il fondamentali-
smo cristiano era destinato a rappresentare per le culture e le
religioni dell’Impero una volta conquistato il potere imperiale,
10 Sotirios Fotios Drokalos

affinché lo affrontassero con maggiore efficienza. D’altra parte


è vero che gli uomini di quel tempo non avevano l’esperienza
che abbiamo noi e di conseguenza non potevano sapere quanto
distruttivo può diventare il fanatismo religioso e ideologico.
Infatti, nel mondo antico una stessa persona pote-
va partecipare a diversi culti e in parallelo seguire delle
scuole filosofiche e delle attività artistiche. Una cosa del
genere per la cosmopolita età imperiale era perfettamente
normale, perché le religioni pagane non erano sistemi dog-
matici di convinzioni rigide, avversarie della razionalità
e delle tendenze naturali. Erano manifestazioni sociali e
celebrazioni della vita, non fedi da imporre. Sostenere che
un dio era il dio “vero” mentre quelli degli altri erano falsi
o diabolici era per l’umanità precristiana pagana non solo
un’affermazione inaccettabile, ma molto di più: un’affer-
mazione del genere non avrebbe avuto alcun senso, sareb-
be stata qualcosa di incomprensibile. Non ci si scandaliz-
zava perfino di fronte alle frequenti fusioni di dèi, il così
detto “sincretismo”, con cui divinità con caratteristiche si-
mili ma di diverse nazioni venivano combinate e si creava-
no nuovi dèi e culti, anche se quelli iniziali continuavano
ad esistere ed essere rispettati e adorati.
Deve essere dunque chiaro che il fanatismo e dog-
matismo religioso per quel mondo, con l’eccezione delle
correnti della tradizione ebraica più conservatrici, era in
genere qualcosa di estraneo e inimmaginabile. Né il cri-
stianesimo né un’altra religione potevano trovarsi sotto
Cristianesimo sanguinario 11

accusa e persecuzione se restavano solo religione.


Nessuno avrebbe ragione di diventare ostile contro un cul-
to e un sistema di convinzioni tra i migliaia che esisteva-
no allora, interferendo a volte anche in concorrenza, ma
senza nessuna ostilità tra di loro, dentro l’ambito di una
struttura statale e organizzazione politica e giuridica for-
midabile come quella dell’Impero romano.
Quindi non possiamo parlare di persecuzioni religio-
se effettuate da parte del potere imperiale contro i cristia-
ni, ma della naturale autodifesa attuata con l’applicazione
delle leggi, da parte dello Stato e della società contro atti
illegali, sacrilegi, danni a templi, a luoghi sacri ed edifici e
infine violenze contro persone, compiuti da un insieme di
gruppi violenti di seguaci di una confusa nuova religione
chiamata cristianesimo, la quale dichiarava di aver l’inedi-
ta e spaventosa intenzione di dominare su tutte le nazioni,
eliminando le altre religioni e credenze. Obiettivo che pas-
sava immancabilmente dalla conquista del potere politico
dell’Impero e soprattutto dalla distruzione della sua cultu-
ra principale e diffusa fra tutte le nazioni, quella greca.

Statua della dea Artemide


12 Sotirios Fotios Drokalos

COSTANTINO, IL PRIMO
IMPERATORE CRISTIANO

Guerre civili, il cristianesimo


diventa religione statale

Flavio Valerio Aurelio Costantino è nato probabil-


mente a Naisso, 200 chilometri a sud della odierna Belgra-
do, tra il 272 e il 274 d.e.v. da Costanzo Cloro ed Elena.
Fu proclamato imperatore il 306 a York in Inghilterra e
regnò fino alla sua morte nel 337. Suo padre, originario
dell’Illiria, aveva cominciato la sua carriera come guardia
del corpo dell’imperatore e fece carriera fino ad arrivare al
punto di diventare prefetto del pretorio e infine addirittu-
ra imperatore, mentre Elena era una sua concubina. Elena
ebbe un ruolo molto importante nella vita di suo figlio, in
particolare per il suo atteggiamento verso il cristianesimo
e le altre religioni, perciò la chiesa ortodossa celebra i due
come coppia di santi.
Costantino era un grande guerriero e generale e vin-
se molte battaglie per l’Impero, guadagnando fama e rispet-
to. Tra il 306 e il 310 egli annientò i brutteri, distrusse i
Cristianesimo sanguinario 13

loro villaggi e gettò i prigionieri “in massa in pasto alle fiere


nelle arene”5. Per Costantino si trattava di un’abitudine:
a lui infatti piaceva offrire sovrani, re e guerrieri nemici
sconfitti alle bestie durante gli spettacoli tenuti ogni estate
al circo di Treviri, vicino alla sua sede. In altre due occa-
sioni, nel 311 e nel 313, dopo aver vinto rispettivamente
le guerre contro franchi e alemanni, “fece dilaniare da orsi
famelici i corpi dei loro re”6. Queste sue azioni, che sembra-
vano eccessivamente crudeli anche ai suoi contemporanei,
non gli tolsero il sostegno e l’approvazione del padre della
chiesa Lattanzio, secondo cui la mano di Dio proteggeva il
sovrano, e neanche del vescovo Eusebio di Cesarea che in
Costantino vedeva un uomo “buono, clemente, disponibile
verso il prossimo”7. Sicuramente Costantino non fu il pri-
mo o l’unico imperatore con interessi di questo tipo, però
fu il primo imperatore cristiano, molto amato dalla chiesa.
Quest’ultima continua per secoli a raccontare falsamente
che le arene erano usate come luoghi di sterminio dei cri-
stiani, omettendo dati come quelli appena menzionati.
Nel 310 Costantino conquistò la Spagna, togliendola
dal governo di Roma, dove al tempo era situato Massenzio,
ritenuto un usurpatore, e si alleò con l’imperatore Licinio at-
tendendo la morte dell’imperatore Gallerio per lanciare la
sua offensiva. Nel frattempo fece arrestare e giustiziare il suo
suocero Massimiano a Marsiglia, e fece distruggere le statue
che lo rappresentavano. La conquista della Spagna diede a
Costantino l’opportunità di ostacolare il rifornimento della
14 Sotirios Fotios Drokalos

capitale con cereali, per affamare la popolazione, tattica che


presto cominciò a dare frutti provocando carenza di alimenti
a Roma, condizione che permise alla propaganda di Costan-
tino di diffamare Massenzio come “tiranno” che comportò la
miseria del suo popolo, malgrado in realtà i mali del popolo
romano fossero causati non da Massenzio ma dall’embargo
intenzionale dello stesso Costantino, che mirava alla conqui-
sta del potere, non essendo disposto a rispettare il sistema
della tetrarchia istituito precedentemente dall’imperatore
Diocleziano. Costantino voleva tutto il potere per sé.
In questa sua operazione godeva del sostegno della chiesa
cristiana, sebbene Massenzio avesse già firmato e applica-
to l’editto detto “di tolleranza”, promulgato dall’imperatore
Galerio dalla sua sede a Serdica, il 30 aprile 311, con cui ve-
niva data piena libertà d’azione ai cristiani e riconoscimen-
to ufficiale da parte dello stato della loro religione, sotto
l’unica condizione che smettessero di aggredire le istituzio-
ni. In realtà Massenzio aveva, oltre a questo, restituito alla
chiesa tutto il suo patrimonio aggiungendone campi nuovi,
al punto da essere chiamato “liberatore della chiesa” dallo
stesso vescovo Optato, quindi in ogni caso “non è ammis-
sibile presentare Massenzio come un persecutore”8. L’ipo-
crisia e l’inversione dei fatti da parte della Chiesa è quindi
impressionante visto che Massenzio venne rappresentato
nelle successive fonti ecclesiastiche come un mostruoso per-
secutore dei cristiani e Costantino come il loro liberatore.
Infine il 28 ottobre del 312 l’esercito di Costantino,
Cristianesimo sanguinario 15

che aveva invaso l’Italia nella primavera di quell’anno, e


aveva battuto le legioni italiche in due occasioni presso To-
rino e Verona, conquistò la stessa Roma battendo le ultime
forze di Massenzio nella famosa battaglia di Ponte Milvio.
Costantino sostenne di aver visto la sera precedente il se-
gno della croce nel cielo con sotto di esso la frase “Con que-
sto vinci” in greco (“Εν τούτω νίκα”), e così, dopo aver assi-
stito durante il suo sogno anche ad un’apparizione di Gesù
Cristo che gli diede dei consigli, come racconta Eusebio di
Cesarea, decise di usare la croce contro i nemici mettendola
sugli scudi dei suoi soldati. Abbiamo quindi in questo caso
il primo grande utilizzo propagandistico della religione cri-
stiana e dei suoi simboli per scopi militari, una pratica che
verrà ripetuta infinite volte fino ad oggi.
Entrato a Roma dopo la vittoria Costantino rifiutò di
offrire il tradizionale sacrificio a Giove Capitolino perché
le sue bandiere erano già cristiane, ma quest’ultimo fatto
non gli impedì invece di ordinare che la testa di Massenzio
venisse lapidata, riempita di escrementi e trasportata in
tutto l’Impero, oltre a sterminare tutti i suoi famigliari.
Eusebio intanto diffamerà nel peggior modo Massenzio
parafrasando la verità sino a farlo apparire come omicida
di donne incinte e feti, e sosterrà che Costantino conquistò
Roma spinto da compassione per i suoi abitanti, mentre in
realtà fu la tattica cosciente di Costantino nell’ambito di
una guerra di potere voluta e causata da lui a provocare
fame e malessere a Roma.
16 Sotirios Fotios Drokalos

Il 30 aprile del 313 vicino ad Adrianopoli in Tracia,


l’imperatore Licinio che governava l’Illirico e la Pannonia
e a quanto risulta sembrava piuttosto ateo ma collaborava
con la chiesa cristiana, sconfigge nella battaglia di Tziral-
lum l’imperatore d’Oriente Massimino Daia che aveva in
precedenza occupato Eraclea e Bisanzio. Daia, che dopo gli
appelli delle città di Tiro, Antiochia e Nicomedia aveva cer-
cato di affrontare le continue provocazioni, i sacrilegi e le
violenze effettuati da gruppi di cristiani fanatici contro i
templi e la popolazione pagana, e per questo era considera-
to anche lui un “persecutore” dalla chiesa, si suicidò pochi
mesi dopo. In seguito vennero distrutte le statue che lo rap-
presentavano e le epigrafe in suo onore. Licinio, che doveva
moltissimo alla chiesa e alle sue ricchezze, ricambiò il favo-
re con una terribile strage contro l’ambiente pagano di Daia
fra i festeggiamenti sfrenati dei suoi collaboratori cristiani.
Vittime della strage non furono solo quelli che avevano “ap-
passionatamente combattuto” contro il cristianesimo, della
cui morte parla con felicità il vescovo Eusebio di Cesarea9,
ma anche la moglie e i bambini di Massimino Daia, e alcuni
suoi parenti lontani. Dopodiché i padri della chiesa Eusebio
e Lattanzio ci informano pieni di gioia che i nemici di Dio
furono tutti eliminati.
È dunque in quest’anno, il 313, che i vincitori Costanti-
no e Licinio, unici imperatori rimasti, ribadiranno da Milano
quanto imposto dall’editto di Galerio del 311. Dichiarazione
che viene ancora spesso chiamata erroneamente con il famoso
Cristianesimo sanguinario 17

nome di “editto di Milano”, mentre non fece altro che confer-


mare una legge già esistente. I teorici cristiani, già da tempo
non si esprimevano più contro il potere visto che esso diven-
tava sempre più favorevole alla loro religione e intravedendo
la possibilità di occupare il potere imperiale, cominciarono a
dichiarare con voce sempre più alta il loro scopo ultimo, che
consisteva nel desiderio di eliminare tutte le altre religioni e
culti, di sovrapporsi a tutto e tutti. Il vescovo Ereneo dichiara-
va che i cristiani erano superiori alle leggi e quindi non aveva-
no l’obbligo di rispettarle, e nello stesso tempo sant’Antonio di
Egitto, il creatore del monachesimo, predicava la distruzione
del mondo “idolatra” per via del fuoco10.
Costantino intanto tolse ogni obbligo finanziario che
il clero aveva verso le città, e giustificò questa sua deci-
sione sostenendo che comunque il patrimonio della chiesa
fosse destinato ai poveri. Nell’anno successivo fu compiuta
la costruzione della prima basilica cristiana a Roma e si
concluse il sinodo di Arles, che allora era la capitale del-
la Gallia. Dal momento che il cristianesimo era ormai la
religione-ideologia del potere imperiale, il sinodo abrogò
l’impedimento imposto fino ad allora ai cristiani verso la
leva militare e in genere disconobbe l’ostilità contro Roma e
l’Impero, accusando come responsabile il dogma donatista,
già considerato un’eresia dall’ortodossia cristiana e perse-
guitato anche dallo Stato. Si tratta di una svolta epocale
dell’atteggiamento e della linea ufficiale cristiana dato che
il cristianesimo inizialmente non aveva alcun rispetto per
18 Sotirios Fotios Drokalos

il concetto di patria. “Patria sulla terra non abbiamo...”


scriveva Clemente di Alessandria, vissuto tra il 150 e il
215. La patria con la sua cultura, il suo percorso storico, i
legami tra i membri della società, le istituzioni politiche,
era in genere odiosa ai protocristiani perchè connessa agli
dèi patrii pagani. Il concetto di “patria” e “nazione” come
appartenenza ad un’entità politico-istituzionale è tornato
solo verso la fine del secolo XVIII con la grande rivoluzio-
ne francese. Dalla caduta del mondo antico fino ad allo-
ra c’erano state etnie di fatto e popolazioni caratterizzate
dalla loro appartenenza ad un credo, non “patrie” e “nazio-
ni” nel senso di entità politiche.
L’atteggiamento della chiesa verso il potere imperia-
le conobbe un cambiamento radicale da quando esso diven-
ne favorevole al cristianesimo. E così mentre prima il mo-
vimento cristiano odiava profondamente Roma e sosteneva
che essa dovesse morire insieme a tutta la civiltà pagana,
assunse ora un ruolo da difensore provvidenziale dell’Impe-
ro, che ormai veniva definito come “sacro” e “amato da Dio”.
Da questo momento i preti cristiani cominciano a portare le
loro croci di fronte agli eserciti ed a seguirli “santificandoli”
nel nome del “Signore”, abbandonando le loro precedenti
prediche pacifiste e le condanne della guerra.
Tornando al sinodo di Arles, troviamo all’undicesimo
canone la scomunica di ogni cristiana che avesse sposato
un pagano, mentre il sinodo di Ancira, nello stesso anno,
identificava parti del culto della dea Artemide (Diana) con
Cristianesimo sanguinario 19

quello del diavolo cristiano e della “magia”, dando inizio


alla paura per le “streghe” che nei secoli successivi, come
noto, causò delle vere e proprie persecuzioni con moltissime
donne uccise con l’accusa di stregoneria. E mentre la caccia
alla “magia” era ufficialmente iniziata, un solo anno dopo
Ancira, nel 315, Elena e Costantino organizzarono secondo
alcuni racconti una gara di prestidigitazione tra l’esorcista
cristiano Silvestro e dodici rabbini ebrei. Silvestro fu più
convincente e così l’imperatrice accettò in pieno la validità
della nuova religione, diventandone seguace sfegatata. Co-
stantino da parte sua istituì allora la pena di morte per il
cristiano che si fosse convertito all’ebraismo e anche per chi
avesse incitato qualcuno verso una tale scelta. Per quanto
riguarda invece i rabbini, a sentire Giorgio Monaco caddero
in ginocchio e pregarono di essere battezzati11, anche loro
completamente convinti dopo la quanto pare miracolosa -
addirittura - prestazione taumaturgica di Silvestro.
Questa narrazione, di pari passo con molte altre, in-
dipendentemente dal fatto che corrisponda veramente ad
un evento storico oppure no, dimostra la grande contraddi-
zione cristiana tra l’orrore per la “magia” e la contempora-
nea ricerca costante di “miracoli”. La principale argomen-
tazione a favore dell’esistenza del Dio cristiano da parte dei
fedeli e della stessa chiesa era sempre di natura taumatur-
gica, com’è normale per un sistema di idee che si basa non
su deduzioni logiche e osservazione della realtà (leggi natu-
rali), ma su mere presupposizioni e racconti di pochissime
20 Sotirios Fotios Drokalos

persone, peraltro fin dall’inizio orientate al soprannaturale.


Ciononostante essi mostrano una grande paura per la stes-
sa taumaturgia quando questa non si dimostri “divina” ben-
sì “magica”, vale a dire “demonica”. Questa contraddizione
indica a mio avviso anche un tentativo dei preti cristiani
di usurpare il monopolio dell’intimidazione delle masse
ignare, cosicché loro stessi potessero presentarsi come i di-
fensori contro le presunte “forze del male”, e che ebbe una
conseguenza ancora più pesante. Mentre fino ad allora a
denunciare le frodi dei vari ciarlatani che ingannavano gli
ignoranti e i superstiziosi erano i filosofi, con il cristianesi-
mo la denuncia della “magia” cominciò a farsi non nel nome
del razionalismo ma in quello di un’altra superstizione, che
condannava ancora più duramente proprio il razionalismo,
la filosofia, la matematica, perfino la medicina. Mentre per
un filosofo greco la superstizione era frutto dell’ignoranza e
della paura di cui si approfittavano furbi e dominatori, per
il cristiano la “magia” era invece reale e “diabolica” e doveva
essere ferocemente combattuta nel nome di Dio e con il suo
aiuto, che solo la religione cristiana e i suoi sacerdoti pote-
vano offrire. Così il cristianesimo mantenne viva la super-
stizione presentandosi contemporaneamente come il vero
nemico, eliminando la razionalità e la filosofia. Nell’ambito
di questo atteggiamento cristiano contro la “superstizione”
vennero condannate e diffamate anche le pratiche dei culti
pagani. I teorici cristiani, nemici giurati della filosofia e della
razionalità che erano invece adorate dai pagani, accusavano
Cristianesimo sanguinario 21

ora di follia proprio questi ultimi.


Porfirio, di cui parleremo in seguito, aveva risposto
sottolineando che allo stesso modo in cui gli analfabeti guar-
dano alle lettere vedendovi solo disegni incomprensibili, così
i cristiani guardano alle statue. Egli, rispondendo alle accuse
di idolatria, scriverà inoltre che “anche se uno dei Greci aves-
se la mente così vuota, da credere che gli dei abitino dentro le
statue, avrebbe un’idea più pura di colui che crede che il di-
vino sia entrato nel ventre della vergine Maria, sia diventato
embrione, e dopo la nascita sia stato avvolto in fasce, pieno
del sangue della placenta e della bile e di sostanze ancora
più disgustose di queste”12. La realtà è poi che furono e sono
tuttora gli stessi cristiani a praticare veramente l’idolatria,
visto che spesso adorano presunte statue e dipinti piangenti
e sanguinanti come “taumaturghi”.
Torniamo al nostro racconto storico per vedere nel
316 il sempre più convinto cristiano imperatore Costantino
dichiarare guerra allo sposo di sua sorella, Licinio, aspi-
rando ad occupare tutto il potere imperiale da solo. Lici-
nio, che pochissimi anni prima era adorato dalla chiesa per
aver collaborato con essa nel corso della sua guerra contro
Massimino Daia, diventa ora l’odiato nemico, addirittura il
nemico per antonomasia. In questo clima Eusebio cancella
molte parti della sua “Storia Ecclesiastica” che facevano ri-
ferimenti elogiativi a Licinio. I due imperatori si scontraro-
no infine l’8 ottobre a Cibalae in Pannonia, dove le forze di
Costantino ottennero una vittoria su quelle di Licinio; poi
22 Sotirios Fotios Drokalos

i due eserciti si scontrarono in una sanguinosa battaglia a


Mardia che a lungo ebbe un esito incerto per concludersi poi
con un’altra vittoria, seppur di misura, delle forze costanti-
niane, finchè all’inizio del marzo 317 venne firmata la pace
con cui Licinio cedeva l’illirico a Costantino.
Intanto, benché occupato nello scontro con Licinio
per il potere imperiale, Costantino non dimentica la sua
lotta già cominciata contro le tradizioni etniche, e un anno
dopo vieta gli oracoli e gli auspici anche privati, pena la
morte. La legge incontrò la reazione di moltissime perso-
nalità importanti e dell’intero Senato di Roma, e così non
venne applicata in Occidente. L’imperatore allora rispose
emanando due nuovi editti l’anno successivo, il 15 maggio
31913, indirizzati “ad populum urbis Romae”, dove ribadiva
il divieto (a pena di morte) per gli auspici privati, ai quali
veniva vietato perfino di stringere semplici amicizie, e per-
metteva solo celebrazioni in pubblico. Per l’auspice che fos-
se entrato in una casa privata la pena prevista era la morte
sul rogo e per i proprietari della casa l’esilio e il sequestro
del proprio patrimonio.
Mentre Costantino colpiva religioni millenarie e tra-
dizioni etniche, d’altra parte favoriva decisamente la nuova
religione, quella cristiana. Il 21 ottobre dello stesso anno
egli liberò il clero cristiano dall’obbligo della leva militare,
e come se ciò non bastasse, anche da ogni obbligo finan-
ziario verso lo Stato14. Molte persone ricche chiesero allora
di diventare preti cristiani per sfuggire al pagamento delle
Cristianesimo sanguinario 23

imposte, mentre l’imperatore con un altro editto trasfor-


mava tutti i contadini nullatenenti dell’Impero in vassalli,
in “schiavi della terra”, come descriverà poi una legge del
39315. La posizione dei “coloni” era ereditaria, cioè erano
obbligati a seguire la professione dei loro padri16, e inoltre
erano loro imposte restrizioni perfino per quanto riguarda-
va il diritto di sposarsi, mentre il loro signore aveva la fa-
coltà di incatenarli nel caso cercassero di sfuggire17. Guai a
dire che il cristianesimo fu un movimento di liberazione e
di abolizione della schiavitù, come spesso cercano di fare i
suoi apologeti moderni, credenti e non. Al contrario esso fu
decisivo per il prolungamento di questo istituto nel tempo
e la sua intensificazione, a differenza della netta tendenza
che esisteva allora nel mondo pagano verso l’abolizione o
perlomeno la limitazione della schiavitù. San Paolo solle-
citava gli schiavi ad obbedire sempre al loro signore per-
ché questo sarebbe il volere di Dio per cui tutti sarebbero
comunque uguali. Lo studio della storia e del diritto non
lascia dubbi in quanto “riguardo al cristianesimo, non esi-
ste traccia di una legislazione volta ad abolire la schiavitù,
sia pure attraverso fasi graduali, dopo la conversione di
Costantino e la rapida incorporazione della chiesa nella
struttura del potere imperiale. Al contrario, si deve pro-
prio al più cristiano di tutti gli imperatori, Giustiniano,
la codificazione del diritto romano nel VI secolo; essa non
soltanto comprendeva la collezione più completa di leggi
sulla schiavitù che sia mai stata raccolta, ma forniva per
24 Sotirios Fotios Drokalos

giunta all’Europa cristiana una base legale bella e pronta


per la schiavitù che fu introdotta nel Nuovo Mondo mille
anni più tardi”18.
Dunque con tutti questi editti e con la linea genera-
le della politica religiosa di Costantino divenne chiaro in
tutto l’Oriente che il favore dell’imperatore era riservato
a chi avesse seguito attentamente le istruzioni e il volere
dei vescovi cristiani di ogni luogo; cosa che spesso signifi-
cava innanzitutto la distruzione dei templi pagani prima
di ogni domanda verso il governo imperiale. Nel 320 Co-
stantino determinò che la chiesa potesse ereditare i patri-
moni dei singoli19, che la liberazione degli schiavi potesse
avvenire ed essere valida solo di fronte ai vescovi e dentro
le chiese, mentre veniva stabilito che gli ufficiali statali
fossero tenuti a rispettare qualsiasi decisione vescovile e
che i vescovi fossero autorizzati ad usare illimitatamente
i cavalli delle poste statali. Inoltre i vescovi venivano libe-
rati dall’obbligo di inginocchiarsi di fronte all’imperatore,
loro soli fra tutti i suoi sudditi20. Si tratta sostanzialmente
dell’inaugurazione di uno stato teocratico e della fine delle
istituzioni repubblicane romane, fatto avvenuto come con-
clusione di una mutazione portata avanti per circa un se-
colo. La conclusione in altre parole di un’intera tradizione
e logica politica espressa nelle istituzioni greche e romane,
e l’inaugurazione di una struttura tipicamente orientale
e dispotica, completamente contraria a tutte le tradizioni
politiche dell’area greco-romana.
Cristianesimo sanguinario 25

Un vero e proprio colpo di stato ai vertici dell’Impero, che


demolì le due colonne teoriche di questa gloriosa struttu-
ra, cioè il pensiero giuridico romano e il pensiero filosofico
greco, sostituendole con la fede cristiana.
Con un altro editto l’imperatore cristiano ordinò ai
governatori locali di onorare le celebrazioni cristiane e for-
nire ogni tipo d’aiuto al clero, contemporaneamente prov-
vide alla costruzione di molte chiese21, e prima della fine
di quell’anno, il 17 dicembre, emanò un editto con cui ve-
nivano vietati i sacrifici. Tre anni dopo, nel 323, quest’ul-
timo divieto si inasprirà accompagnato da minacce di pene
pesanti per i sacrifici rivolti a Roma22. Ancora un dato di
importanza semiologica colossale, che rappresenta la fine
dell’impero romano vero e la sovrapposizione di un regime
cristiano. Il 323 e il 324 sono anni di guerra per Costan-
tino, che guadagnò prima una vittoria sui goti, in seguito
alla quale ordinò che i prigionieri venissero bruciati vivi,
e poi sconfisse definitivamente Licinio ad Andrianopoli e
a Crisopoli sulla costa asiatica del Bosforo, rispettivamen-
te il 3 luglio e il 18 settembre 324. Dopo questa vittoria,
che lo lasciò unico sovrano dell’Impero, Costantino elimi-
nò i seguaci di Licinio e uccise, dopo averli torturati, i sa-
cerdoti di Apollo Didimeo vicino a Mileto poichè avevano
espresso preferenza per il suo avversario, e perché si di-
ceva avessero auspicato pochi decenni prima, ai tempi di
Diocleziano, che il cristianesimo dovesse essere neutraliz-
zato, altrimenti avrebbe distrutto la civiltà23.
26 Sotirios Fotios Drokalos

Inizio della grande oppressione dei pagani

La vittoria definitiva di Costantino diede l’opportu-


nità agli elementi più aggressivi delle comunità cristiane di
attaccare e distruggere i luoghi sacri pagani con maggiore
libertà d’azione, pratica intensificata e allargata negli anni
successivi in particolare alle regioni africane e asiatiche,
dove essi erano più numerosi. Cominciarono allora a veni-
re alla luce moltissime chiese cristiane di lusso, sul monte
Athos vennero distrutti tutti i templi greci24 cosicchè, da
centro del culto della dea Artemide, divenne il “monte sacro”
dell’ortodossia, inaccessibile per le donne. Oltre a questo
Costantino cominciò a perseguire anche gli “eretici” cristia-
ni, come da lui promesso, primi fra tutti i donatisti. L’anno
successivo è ricordato per il Concilio di Nicea, cominciato il
20 maggio 325 e detto “primo concilio ecumenico” della cri-
stianità, convocato e presieduto da Costantino sebbene non
fosse ancora cristiano in quanto non battezzato, affinché
venisse formulata una precisa dottrina cristiana ufficiale.
Al concilio furono convocati tutti i vescovi cristiani, ma dei
1800 invitati si presentarono soltanto in 300. Il concilio de-
cise di stabilire il credo niceno proposto da Eusebio come
dichiarazione di fede, affermò la verginità della madre di
Gesù al momento della sua nascita e soprattutto dichiarò
eretica la dottrina ariana che sosteneva la natura non di-
vina di Gesù. Il concilio di Nicea sostanzialmente fabbricò
Cristianesimo sanguinario 27

la dottrina cristiana “corretta” che divenne quella ufficiale,


ma le sue decisioni non ebbero un peso così grande nei de-
cenni immediati vista anche la ridotta partecipazione ad
esso. Comunque per il secolo successivo l’attenzione del po-
tere cristiano sarà rivolta soprattutto verso il suo obiettivo
principale, ossia la conquista del mondo pagano, mentre
gli scontri fra fazioni cristiane contrarie, anche se presenti
e ferocissimi, saranno secondari. All’inizio del 325, per la
precisione il 4 gennaio, come governatore di Roma fu no-
minato dall’imperatore un cristiano di nome Acilio Severo.
Oltre a questo Costantino offese ancora una volta i costu-
mi romani rifiutando di partecipare ai sacrifici in onore del
Giove Capitolino e vietando l’uso di fuoco e incenso sugli
altari. Queste azioni dell’imperatore furono ritenute empie
dall’aristocrazia e dal popolo di Roma e ne causarono l’ira,
siccome furono giustamente interpretate come comporta-
menti mancanti di rispetto per la città imperiale, la sua
storia e la sua cultura. Quindi Costantino lascerà Roma in
fretta e da allora comincerà a progettare la costruzione di
una nuova capitale dell’Impero, una “Nova Roma” cristia-
na, concependo un piano politico obiettivamente geniale.
L’imperatore cristiano aveva ragione a preoccuparsi
visto che perfino le sue legioni continuavano prevalente-
mente ad onorare gli dèi pagani25, e a maggior ragione poi-
ché già nel 326 Roma tornò ad essere governata di nuovo
da un pagano, Anicio Giuliano. Non si trattava di un’ecce-
zione o di un ostacolo facile da superare ma l’espressione
28 Sotirios Fotios Drokalos

di una realtà sociale e culturale profondamente radicata.


Infatti per molti anni ancora, fino alla definitiva estirpazio-
ne violenta della tradizione romana che vedremo, le cari-
che pubbliche di Roma furono sempre occupate da pagani,
ugualmente a quanto accadeva presso le regioni elleniche
o aventi una classe dirigente ellenica, dell’Impero, nonché
in quelle galliche, italiche, britanniche, nonostante il verti-
ce imperiale diventasse sempre più cristiano e sempre più
ostile al paganesimo. Costantino continuò a cercare di sot-
tomettere Roma ai suoi piani, rafforzarne la deriva cristia-
na e offenderne il popolo e la nobiltà, dando il permesso ai
cristiani di distruggere il tempio di Apollo Sole e di costru-
ire al suo posto la chiesa di san Pietro, e tenendo nel 330
proprio a Roma i funerali di sua madre Elena26; la Città
Eterna non si lasciò né intimidire né impressionare, e lottò
fieramente per la sua cultura e dignità di città governatrice
del mondo. Nel 330 venne eletto console di Roma il devoto
pagano Aurelio Valerio Tulliano Simmaco. Era chiaro che il
baricentro di un impero cristiano come quello voluto da Co-
stantino, di un “principatum totius orbis adfectans” secon-
do Eutropio27, ossia di una “monarchia universale”, doveva
spostarsi decisamente lontano da Roma e dal suo secolare
establishment pagano e repubblicano, verso l’Oriente.
Cristianesimo sanguinario 29

Crimini famigliari di Costantino, presunto ritrova-


mento della croce di Gesù da parte di Elena
e la distruzione dei templi

Nel frattempo nel 326, spinto da sua madre Elena,


Costantino fece uccidere sua moglie Fausta con l’accusa di
adulterio perpetrato con il figlio della sua prima moglie Mi-
nerva, facendola bollire viva dentro dell’acqua bollente. Suo
figlio Crispo, ritenuto cospiratore contro l’imperatore, era
anche egli rimasto già ucciso insieme a molti suoi amici, av-
velenati per ordine di suo padre28. La serie dei crimini fami-
gliari di Costantino, che presso la chiesa ortodossa mantie-
ne ancora oggi il titolo di isapostolos, cioè “uguale agli apo-
stoli”, si chiude con l’omicidio alquanto atroce di suo nipote
Liciniano, che come figlio di Licinio era secondo Costantino
e sua madre pericoloso per il trono; la sua uccisione avven-
ne nel 326, quando il ragazzo aveva 11 anni: fu flagella-
to fino alla morte. Bisogna aggiungere che il grandissimo
patrimonio di Fausta, ereditato da suo padre Massimiano,
passò nelle mani della chiesa: si trattava del Laterano, la
storica sede della chiesa cattolica.
Nello stesso anno Elena insieme ai suoi padri spiri-
tuali partì per la Palestina dove proclamò di aver trovato
la croce su cui sarebbe morto Gesù Cristo. Quest’afferma-
zione, benché priva di ogni fondamento storico, visto che
le croci venivano tutte bruciate subito dopo la morte del
30 Sotirios Fotios Drokalos

condannato, e nonostante nessuno storico la consideri at-


tendibile, continua ancora oggi ad essere raccontata come
realtà dalle chiese cristiane, come moltissime altre vicende
che non hanno nessuna storicità.
Costantino intanto ordinò la distruzione di tutti gli
idoli e il sequestro dei beni dei templi. In questa occasione
il santuario del dio Asclepio a Ege di Cilicia venne raso al
suolo e i materiali furono usati per la fondazione di chie-
se cristiane. Ad Antiochia il governatore cristiano, appena
nominato, sciolse nella fornace la statua di Poseidone per
costruire col suo materiale una colonna in onore dell’impe-
ratore. In seguito distrusse moltissimi monumenti “idola-
tri”, fondando al loro posto delle chiese cristiane. Il cronista
cristiano Malamas fa riferimento al Fillipio e ad un tem-
pio del dio Ermes. Questa pratica di fondazione di chiese
su templi distrutti si diffonderà nei secoli successivi. Qua-
si tutte le chiese protobizantine furono costruite sul posto
con pietre di templi greci distrutti, e a volte intorno alla
chiesa si trovano ancora oggi sparsi i marmi antichi29. Sotto
l’influenza del puritanesimo di sua madre Elena, che pure
nella sua giovinezza faceva come detto la concubina, Co-
stantino diventò anche un duro persecutore della presunta
“immoralità”. Il primo aprile 326 venne istituita la pena di
morte tanto del “rapitore” quanto della “vittima” e dei par-
tecipanti al sequestro, attraverso il metodo atroce dell’ef-
fusione di piombo liquido dentro la bocca, ugualmente a
quanto si stabilì per il semplice adulterio e la relazione tra
Cristianesimo sanguinario 31

donna libera e schiavo: la donna doveva finire decapitata


e l’uomo bruciato vivo. Non sorprende dunque la partico-
lare ferocia con cui Costantino affrontò il culto di Afrodite
e di Apollo, che perseguitò con grandissima intensità. Il
tempio di Afrodite situato sulla presunta tomba di Gesù
venne distrutto, insieme ad altri templi di dèi pagani in
tutto l’Oriente. Eusebio stesso menziona Afaca e Baalbek
in Libano, Golgo, Mambri, Fenice, Siria, Antiochia, e sia-
mo forse giustificati a pensare a cose ancora peggiori dal
momento che a raccontare tutto questo disastro è un cro-
nista imperiale e vescovo cristiano.
Nello stesso tempo in tutto il territorio imperiale
moltissimi templi e edifici di ogni tipo vennero per ordine di
Costantino saccheggiati e spogliati dei loro tesori, cosicché
Costantinopoli potesse adornarsi con le ricchezze e le raffi-
natezze richieste dal suo ruolo di capitale. In quell’occasio-
ne furono rubate da Delfi moltissime oblazioni e statue, fra
le quali la statua dello stesso Apollo Pizio e il leggendario
tripode della Pizia. Ugualmente accade con l’oracolo di Zeus
di Dodona in Epiro, dove la statua fu strappata al tempio30.
Altri tesori trasportati come trofei nella capitale cristiana
di Costantino furono le statue delle Muse di Elicone, la sta-
tua della dea Cibele di Cizico, che secondo la leggenda si
trovava là sin dai tempi degli argonauti, un’altra statua
di Apollo questa volta da Ilion, il Palladio dal tempio della
dea Vesta di Roma: neanche la capitale storica dell’Impero
fu risparmiata. “Si parla di un totale di 427 statue greche
32 Sotirios Fotios Drokalos

di Dèi ed Eroi, raccolti nella chiesa primaria della Santa


Sofia, che poi verranno naturalmente eliminate dal grande
“combattente degli idoli” slavo Jutprada (ellenizzato come
“Giustiniano”)”31 scrive Rassias.

Fondazione di Costantinopoli

La nuova capitale dell’Impero che Costantino voleva,


la capitale cristiana, venne inaugurata nel maggio del 330.
Questa Nova Roma infatti avrebbe avuto un ruolo storico
nella trasformazione dall’impero romano all’impero cri-
stiano. Costantino fondò la nuova capitale sullo stretto del
Bosforo, posto di massima importanza strategica. La città,
alla quale fu dato il nome di Nova Roma e di Costantinopo-
li, venne fondata nel posto dove era situata da secoli la città
greca Bisanzio, da cui com’è ovvio gli storici dell’era moder-
na hanno mutuato il nome “impero bizantino” che non era
mai stato usato ai tempi in cui l’impero romano d’Oriente
si trovava in vita. La città, che era una colonia di Megara,
venne dunque ricostruita e abitata da popolazioni mobilita-
te dall’imperatore facendo sì che gli autoctoni diventassero
minoritari. Lo stesso accade a livello religioso: Costantino-
poli era una capitale cristiana, dove i templi pagani si tro-
varono sin dall’inizio in inferiorità numerica di fronte alle
chiese cristiane.
È opportuno precisare che in questo caso le molte
opere rubate non avevano solo lo scopo di dare lustro alla
Cristianesimo sanguinario 33

nuova capitale, allo stesso modo in cui i romani rubavano te-


sori greci per abbellire le proprie abitazioni e città nei primi
tempi dopo la conquista della Grecia, ma furono usate come
vero e proprio bottino preso ad una civiltà nemica. Eusebio
nella sua “Vita di Costantino” scrive che le opere furono
trasportate a Costantinopoli affinché i cristiani potessero
deriderle. Ecco un testo indicativo del carattere di questo
padre della chiesa, che pure era di discendenza greca, e del-
le gesta dell’imperatore Costantino: “Nel portare a termi-
ne tali opere, l’imperatore agiva per la gloria della potenza
del Salvatore. Da una parte continuava così a onorare Dio,
dall’altra si adoperava in tutti i modi per smascherare l’er-
rore e la superstizione dei pagani. Pertanto, come è giusto,
in ogni città fece spogliare i vestiboli dei templi di costoro,
le cui porte venivano abbattute per ordine dell’imperatore,
in alcuni, una volta rimosse le tegole, la copertura del tetto
finiva per deteriorarsi e in altri ancora i magnifici bronzi,
di cui a torto gli antichi per lungo tempo erano andati fie-
ri, erano esposti bene in vista in tutte le piazze della città
imperiale e giacevano così abbandonati allo sguardo indi-
screto dei curiosi: qui il Pizio, altrove lo Sminteo, nell’ippo-
dromo stesso i tripodi di Delfi e nel palazzo reale le Muse
dell’Elicona. Tutta la città che prende il nome dall’impera-
tore si riempiva completamente delle preziose opere d’arte
in bronzo che erano state dedicate agli dèi in ogni provin-
cia, e alle quali i pagani, nel loro insano errore, per lungo
tempo avevano vanamente tributato, nel nome degli dèi,
34 Sotirios Fotios Drokalos

numerosissime ecatombi, olocausti e sacrifici e, ora, sep-


pure tardi, imparavano a ragionare assennatamente gra-
zie all’imperatore, che trattava questi oggetti alla stregua
di trastulli per il riso e il divertimento degli spettatori”32.
Il saccheggio aveva avuto luogo in tutto l’Oriente. Costan-
tinopoli, messa a capo di un impero caratterizzato da un
modello culturale completamente diverso da quello che lei
stessa voleva incarnare e promuovere, agì dall’inizio alla
fine come oppressore e non difensore delle nazioni che si
trovavano dentro i suoi confini di sovranità.
Per quanto riguarda l’Occidente in quelli anni il po-
tere e la diffusione del cristianesimo e l’autorità di Costan-
tinopoli erano piuttosto deboli, e così non c’era spazio per
comportamenti del genere, ma fu comunque incendiato e
saccheggiato il tempio del Dio celtico - romano Beleno Apol-
lo a Bayeux, e i suoi sacerdoti furono picchiati a sangue.

Distruzioni di templi, divieti di libri, Porfirio

Dal 330, anno di morte dell’imperatrice Elena e fino


alla sua morte avvenuta nel 337, Costantino saccheggiò
ancora più intensamente i templi, in particolare laddove
la presenza pagana non era tanto potente, non solo per
rubarne i tesori come aveva fatto fino ad allora, ma anche
con l’intenzione di distruggerli. Pratica che fa coppia con
la pressione verso i popoli orientali affinché accettassero
il cristianesimo. “I templi dei culti che vengano giudicati
Cristianesimo sanguinario 35

arbitrariamente “volgari”, sempre secondo l’opinione dei


complessati vescovi cristiani che si auto-conclamano accu-
satori di religioni esistite per migliaia di anni prima che
il loro “dio” “scendesse” sulla terra, vengono inizialmente
“purificati” con fuoco e poi finiscono rasi al suolo per esse-
re infine sostituiti da una chiesa che “sigilla” il luogo”33. Il
terrorismo cristiano da Costantino in poi fu non solo tolle-
rato ma anche protetto dalle forze dell’ordine imperiali, che
molte volte collaboravano con i gruppi violenti di fanatici
cristiani, e deve essere stato particolarmente feroce se pen-
siamo al fatto che Eusebio di Cesarea ammette, ad esempio,
che gli abitanti di Fenice, (nei pressi dell’attuale Finiq, in
Albania), pur di salvare le loro vite distrussero moltissime
statue da soli. Costantino inoltre diede ordine affinché tut-
te le casse dei templi venissero aperte e i loro tesori dati
alla chiesa cristiana; i metalli preziosi furono trasportati
alle zecche e diventarono poi monete che a partire dal 333
furono versate nelle casse della chiesa.
Nel 331 si cominciarono a vietare i libri poichè il cri-
stianesimo, ormai statale e politicamente dominante, non
aveva più bisogno di dare risposte a ragionamenti contrari.
Questa tattica, che si evolverà in distruzione indiscrimina-
ta delle opere “idolatre”, provocò un’enorme catastrofe, con
una marea di libri filosofici e scientifici persi per sempre. Il
corpus di testi a cui facciamo riferimento quando parliamo
della filosofia greca non rappresenta che una piccolissima
percentuale dei volumi esistenti prima della distruzione del
36 Sotirios Fotios Drokalos

mondo culturale greco ai tempi dell’avvento del cristianesimo.


Per fare solo una citazione, dei 300 libri scritti da Epicuro ri-
mangono solo tre lettere e due raccolte di aforismi, non è so-
pravvissuto neanche uno dalle decine di libri scritti dallo stoi-
co Posidonio, mentre, anche nel campo meno pericoloso per i
dogmi monoteisti, quello della letteratura e del teatro, delle 82
opere di Eschilo ne abbiamo solo 7, delle 123 di Sofocle ancora
7 e dalle 92 di Euripide 18. La percentuale di testi greci salvati
probabilmente non supera l’uno per cento di quelli esistenti
prima dell’avvento del cristianesimo, e lo stesso vale per le
opere artistiche come statue, sculture, dipinti.
Fra i libri che componevano la lista di questo primo
Index Librorum Proihibitorum cristiano c’era in posizione
saliente il famigerato “Contro i Cristiani” di Porfirio, che in
15 tomi aveva criticato duramente l’intero edificio cristiano
dal punto di vista filosofico e razionale. È opportuno parlare
maggiormente di questa importantissima opera del grande
filosofo neoplatonico di discendenza semita nato a Tiro nel
233 e morto a Roma nel 305, che fu discepolo dell’altrettan-
to grande Plotino. Il suo “Contro i Cristiani” che “allontanò
molti alla dottrina di Dio” come scrisse il vescovo di Gabala
Severiano34, venne vietato già nel 331. Ma malgrado questo, e
nonostante furono in molti i teorici cristiani che cercarono di
abbatterlo con loro opere, la sua influenza rimaneva sempre
grande, cosicchè nel 448 gli imperatori Teodosio II e Valenti-
niano ordinarono il suo totale annientamento, imponendo la
distruzione anche delle opere contestative scritte da cristiani
Cristianesimo sanguinario 37

che contenevano suoi frammenti. Un’ammissione quindi del-


la sconfitta teorica e dell’impossibilità per i teorici cristiani
di rispondere efficacemente agli argomenti esposti nei libri,
nonché una conferma della grandezza filosofica ed epistemo-
logica dell’opera. “Ordiniamo che tutti quanti gli scritti di
Porfirio, che egli scrisse spinto dalla sua follia contro il sa-
cro culto dei cristiani, presso chiunque vengano trovati, sia-
no gettati nel fuoco. Infatti tutti gli scritti che spingono Dio
all’ira e offendono le anime dei fedeli, non giungano alle orec-
chie; così facendo vogliamo venire in aiuto degli uomini”35.
Infatti, la raccolta di frammenti che ora abbiamo nelle
nostre mani dal “Contro i Cristiani”, che rimase dimenticato
fino al XX secolo, è abbastanza ricca per farci rimpiangere la
scomparsa del testo completo. Presento in seguito alcuni di
questi frammenti, utili non solo per il loro contenuto, valido
per quanto ancora ci sarà il cristianesimo, ma anche perché
in essi si vede che la critica razionalista e materialista alla
forma di religiosità rappresentata dal cristianesimo non è
un prodotto dell’ateismo moderno, ma propria del pensiero
greco-pagano già di quindici secoli prima:
“Se Cristo si dichiara via di salvezza, di grazia e di
verità e alle anime che credono in lui si presenta come l’unico
tramite per il ritorno a Dio, come si comportarono gli uomini
di tutti i secoli prima di Cristo?(...) Che cosa avvenne di tante
innumerevoli anime che non ebbero assolutamente alcuna
colpa, dal momento che colui al quale si poteva credere, non
aveva ancora concesso agli uomini la sua venuta?”36. “Cristo
38 Sotirios Fotios Drokalos

minaccia coloro che non credono in lui di pene eterne mentre


altrove dice: “con la stessa misura con cui misurerete, sarete
misurati”, e ciò è abbastanza ridicolo e contraddittorio; in-
fatti se restituirà la pena secondo misura, e ogni misura è
esattamente determinata dal limite del tempo, che senso ha
la minaccia di una pena eterna?”37. “Eppure se qualcuno vo-
lesse rifletterci sopra, troverebbe questa storia della resur-
rezione una sciocchezza completa: infatti spesso è capitato
che molti morirono in mare e i loro corpi furono mangiati
dai pesci, altri furono divorati dalle belve e dagli uccelli;
com’è dunque possibile che i loro corpi tornino indietro?
Suvvia dunque, esaminiamo minuziosamente quanto detto:
per esempio una persona ha fatto un naufragio, e successi-
vamente le triglie hanno mangiato il corpo; poi alcune per-
sone le hanno pescate e mangiate; successivamente queste
persone vennero divorate dai cani; corvi e avvoltoi si cibaro-
no dei cani morti e dei loro resti. Come dunque sarà riunito
il corpo del naufrago smembrato in così tanti animali? E
ancora un altro corpo distrutto dal fuoco e un altro ancora
finito in pasto ai vermi, come possono ritornare alla sostan-
za che avevano all’inizio? Ma mi dirai che questo è possibile
a Dio; ma questo non è vero. Infatti Dio non può fare tutto:
per esempio non può fare che Omero non sia stato un poeta,
né che Ilio non sia stata conquistata; né sicuramente che
due per due che in aritmetica fa quattro, dia come risultato
cinque, anche se lui lo volesse”38.
Cristianesimo sanguinario 39

Morte di Costantino

Il 332 è l’anno in cui Costantino sconfisse definiti-


vamente i visigoti. Centomila uomini, donne e bambini
vennero massacrati e i sopravvissuti furono costretti a con-
vertirsi al cristianesimo. Nello stesso tempo operò un’altra
personalità cristiana, il vescovo di Lampsaco Partenio, che
perseguitò sistematicamente la religione greca; vietò i sa-
crifici e le feste e usando l’esercito imperiale tolse ai templi
gli ornamenti, le statue e le dediche, come scrive lo stesso
Sozomeno nella sua “Storia Ecclesiastica”39. In seguito con
l’approvazione dell’imperatore, demolì tutti i templi della
città e costruì al loro posto delle chiese.
Nel 335 venne inaugurata la chiesa della cosiddetta
“tomba sacra”, la basilica del Santo Sepolcro che fu costrui-
ta sopra al tempio demolito della dea Afrodite, distrutto da
Costantino nel 326, e così tutti i templi della Palestina e
dell’Asia Minore vennero derubati cosicché essa potesse
essere abbellita. Si costruiscono chiese dove prima si tro-
vavano dei templi pagani e sinagoghe ebraiche, mentre fi-
niscono crocifissi o decapitati alcuni presunti “maghi”, che
secondo le accuse rivolte loro sarebbero i responsabili per il
povero raccolto di cereali di quell’anno, avendo loro “anno-
dato i venti con degli scongiuri”40. Fra di loro c’è il filosofo
neoplatonico Sopatro di Apamia, studente di Giamblico, il
quale aveva cercato di far abbandonare il cristianesimo a
40 Sotirios Fotios Drokalos

Costantino e perciò era odiato dai cristiani della corte.


Nel 337, nei giorni della Pasqua, Costantino si am-
malò e giacchè la medicina “idolatra” era condannata dalla
dottrina cristiana, questo imperatore grande e santo per la
chiesa, cercò di guarirsi usando le ossa di san Luciano; que-
sta pratica medica cristiana però risultò fallimentare così
egli si rifugiò alla speranza di una vita posteriore alla mor-
te e finalmente si battezzò, credendo ovviamente che così
avrebbe avuto più possibilità di essere perdonato per i suoi
crimini e venire accettato nel regno dei cieli vicino al suo
Dio. Una tale aspettativa da parte sua era a mio avviso più
che legittima: chi può scommettere che senza Costantino il
Dio cristiano sarebbe ugualmente diventato il Dio più po-
polare sulla terra per tanti secoli? In ogni caso la chiesa or-
todossa provvide a onorare Costantino attribuendogli come
già detto il massimo titolo possibile, quello di isapostolos,
ossia uguale agli apostoli.
Un episodio riferito da Zosimo, utile a prescindere
dalla sua esattezza storica, poiché ci aiuta a comprendere la
differenza fra le due concezioni religiose, pagana e cristia-
na, racconta che Costantino chiese perdono anche a sacerdo-
ti pagani, ottenendo la risposta che nel paganesimo crimini
tanto disumani come i suoi non potevano essere perdonati in
nessun modo. Le sue azioni lo caratterizzano in modo asso-
luto a prescindere da sentimenti, voglie e speranze.
Fu un vero peccato per l’Impero, il Mediterraneo e
tutta l’umanità che l’indiscusso genio politico e militare
Cristianesimo sanguinario 41

dell’imperatore Costantino si investisse di un pensiero e un


atteggiamento così dispotici e crudeli.

Icona ortodossa bulgara rappresentante Costantino il Grande e Sant’Elena


42 Sotirios Fotios Drokalos

I SUCCESSORI DI COSTANTINO

Strage famigliare di Costanzo;


persecuzioni di omosessuali e “grecizzanti”;
Firmico Materno

A Costantino succedettero i tre figli che aveva ri-


sparmiato, ossia Costanzo II, Costantino II e Costante, fra
i quali venne diviso il potere imperiale. Costantino aveva
provveduto a dar loro un’educazione cristiana cosicché di-
ventassero dei cristiani convinti e pare che fosse riuscito
ottimamente, tenuto conto che il comportamento degli eredi
al trono indusse Eusebio di Cesarea a vedere in loro “una
sorta di prefigurazione terrena della Trinità”41.
A parte l’educazione cristiana il grande imperatore
offrì, com’era naturale anche il suo esempio ai figli rispar-
miati, cosa che si vede chiaramente dalla condotta di Co-
stanzo subito dopo la morte del padre: nell’agosto del 337
fece uccidere tutti i maschi importanti della casa imperiale,
come Dalmazio, suo nipote, Giulio Costanzo, padre del fu-
turo imperatore Giuliano che fu odiato profondamente da
Elena, e anche sei suoi cugini e molti personaggi della corte
fra cui perfino il potentissimo prefetto del pretorio Ablabio.
Cristianesimo sanguinario 43

Da questa strage del vertice dell’Impero ordinata dal devo-


to cristiano Costanzo, alla quale il vescovo Eusebio riconob-
be le “più nobili motivazioni”42, furono risparmiati solo il
piccolo Giuliano di cinque anni e il suo fratellastro Gallo di
dodici anni, gravemente ammalato.
Costanzo II, che non era solo crudele ma anche me-
galomane e probabilmente folle, visto che pensava di essere
stato eletto dall’“Onnipotente” e si autodefiniva “signore di
tutta la terra”43, soffriva di disturbi probabilmente causa-
ti dalla castità di cui andava fiero, nel 339 vietò i matri-
moni tra cristiani ed ebrei. Suo fratello Costante, che era
invece omosessuale44, istituì nel 341 la pena di morte per
gli omosessuali e nello stesso anno dichiarò la caccia anche
ai “grecizzanti”45, cioè tutti quegli individui aventi affinità
con la cultura greca, ossia tutte le persone educate e colte
dell’Impero. In quegli anni opera anche il notevolissimo pa-
dre della chiesa Firmico Materno, che consigliava l’impera-
tore così: “spazza via, cristianissimo imperatore, i tesori dei
templi. Che il fuoco consumi le effigi degli Dèi impresse sul-
le monete!”, e in genere invitava i sovrani a “punire e a con-
dannare con rigore”, a perseguitare “in ogni modo i misfatti
dell’idolatria”, per poter sperare nel premio divino. “Cristo
ha frantumato le statue del demonio”, e questo è “ridotto in
fiamme e polvere”. “È vicino il momento in cui il demonio si
schianterà al suolo prostrato dalle nostre leggi; il momento
in cui cesserà il funesto contagio dell’idolatria, annientata
una volta per tutte. Il suo veleno è scemato (...). Esultate con
44 Sotirios Fotios Drokalos

gioia, esultate fiduciosi per la sconfitta del paganesimo (...)


al comando di Cristo avete trionfato”. Firmico, che si con-
vertì definitivamente al cristianesimo dacché le intenzioni
dei successori di Costantino diventarono chiare, sosteneva
inoltre che “per quanto in alcune regioni gli agonizzanti
seguaci dell’idolatria lanciassero ancora qualche sussulto,
in tutte le terre cristiane il loro totale annientamento era
ormai prossimo”46. Nonostante la frenesia del padre della
chiesa Firmico la verità riguardo alla diffusione cristiana
e alla presenza delle religioni pagane era ben lontana da
quanto lui sosteneva. Il cristianesimo restava infatti per-
lopiù ridotto alle regioni africane e orientali dell’Impero - e
anche là le classi superiori di solito erano di origine o cul-
tura greca -, mentre in Grecia, Italia, Gallia, in genere le
regioni occidentali, il paganesimo non solo rimaneva domi-
nante ma in molti luoghi, Grecia prima di tutti, rifioriva.
Questo dato spiega anche le grida dello stesso Firmico ver-
so l’imperatore affinché lui privasse i templi dei loro beni.
“Le statue degli idoli verranno fuse nel fuoco delle zecche o
tra le fiamme delle miniere, gli arredi sacri diventeranno
di nostra proprietà e noi li trasformeremo in funzione delle
nostre esigenze. In seguito alla distruzione dei templi, in
virtù della forza divina, voi raggiungerete il bene supre-
mo”47. Firmico oltre ad essere un predicatore del furto e del-
la distruzione rappresenta quindi anche il primo48 teorico
cristiano che dopo la conferma del successo del colpo di sta-
to di Costantino, parla apertamente di distruzione totale di
Cristianesimo sanguinario 45

ogni altra religione, culto, credenza e di eliminazione fisica


dei non cristiani. In lui vediamo ormai esplicito un modo
di pensare che determinò il comportamento consueto delle
chiese e monarchie cristiane per molti secoli, finché l’avven-
to dello stato repubblicano e laico moderno non le costrinse
ad abbandonare le loro pratiche oppressive e violente.

Persecuzioni di pagani, ebrei e “maghi”;


privilegi del clero cristiano

Le didascalie piene di odio e di avidità di Firmico


Materno, dedicate agli imperatori Costanzo II e Costante,
ebbero a quanto pare grande successo tra i gruppi violenti
cristiani. Infatti, sempre più “fanatici cristiani si diede-
ro a violare i templi pagani. A Eliopoli, il diacono Cirillo
divenne famoso per questo. Ad Aretusa, in Siria, il sacer-
dote Marco fece distruggere un santuario incorrendo poi
nella vendetta dell’imperatore pagano Giuliano. La comu-
nità cristiana di Cesarea in Cappadocia rase al suolo il
tempio di Zeus, divinità protettrice della città, e quello di
Apollo. Ad Alessandria, durante il patriarcato dell’ariano
Georgios, un cospicuo numero di santuari pagani venne
abbattuto. In breve, l’attacco mosso ai templi pagani fu il
frutto di “un’ondata di fanatismo religioso che non di rado
indusse i cristiani a impugnare le armi gli uni contro gli
altri”.49 In quelli anni venne altresì intensificata la pra-
tica della liquefazione di statue, sculture e colonne nelle
46 Sotirios Fotios Drokalos

fornaci, che venivano situate proprio vicino ai templi, per


produrre direttamente della calce.50

Costanzo, con una legge emanata nel 339, prevedeva


la condanna a morte per chi avesse in qualche modo osta-
colato la conversione di un ebreo al cristianesimo, mentre
per il cristiano che si fosse convertito all’ebraismo veniva
invece prevista la confisca del patrimonio. Inoltre fu vietato
agli ebrei, i quali nel testo della legge venivano chiamati
“setta perniciosa” e la loro comunità “infamante”51, di pos-
sedere schiavi, e nel caso avessero acquistato uno schiavo
cristiano dovevano essere puniti con il sequestro dei beni.
Dal punto di vista economico questa legge stava a significare
che gli ebrei furono da allora costretti ad abbandonare ogni
attività economica produttiva e darsi per forza alle attività
finanziarie e commerciali. Nei secoli successivi questa ten-
denza venne rafforzata sempre più dall’intolleranza e l’ipo-
crisia della chiesa cristiana, la quale, come è noto, vietava ai
cristiani di fare i banchieri e dunque tali necessità venivano
soddisfatte dagli ebrei, che poi finivano sotto accusa come
se queste attività fossero immorali e frodatorie invece che
necessarie e rivolte a bisogni oggettivi. A partire dal 346 Co-
stanzo e Costante ribadiscono il divieto di frequentazione dei
templi in maniera sempre più assoluta e generalizzata, men-
tre viene ormai stabilita la pena di morte per decapitazione e
il sequestro del patrimonio per chi avesse svolto dei sacrifici
o adorato delle statue. L’editto specificava che le stesse pene
Cristianesimo sanguinario 47

sarebbero state inflitte ai prefetti delle regioni nel caso aves-


sero omesso di applicare attivamente la norma.

Nel 354 venne definita come data di nascita di Gesù il


25 dicembre52. La chiesa con questa mossa cercò ovviamente
di declassare le tantissime feste pagane collegate a quella
data a causa del solstizio d’inverno e un anno dopo Costan-
zo istituì l’assoluta immunità dei vescovi cristiani di fronte
ai tribunali cosicché gli “spiriti fanatici” fossero privati della
competenza di “accusarli ingiustamente”53, umiliando anco-
ra di più il diritto romano. Ma non si limitò a questa immu-
nità, che fece imbaldanzire ulteriormente il clero cristiano,
soprattutto visto che nello stesso momento c’era in atto una
persecuzione contro i pagani e gli ebrei, ma li assolse inoltre
da ogni imposizione fiscale e prestazione di qualsiasi tipo di
servizio verso lo Stato. Non solo loro ma anche i loro figli, i
loro servi e i figli di questi ultimi ne furono assolti.

In quel tempo vennero scritti anche i “Canoni Apostoli-


ci” con i quali la chiesa predicava l’astinenza dallo studio di
qualsiasi libro pagano, perfino di quelli giuridici, al posto dei
quali doveva essere letta la “legge di Dio”: “Stare lontano da
ogni libro pagano e diabolico” recita questo canone apostoli-
co54. Lo Stato, che ormai con la chiesa formava sostanzial-
mente un unico ente inseparabile, facilitò l’osservazione
dell’ultimo canone apostolico da parte della popolazione
chiudendo le biblioteche e vietando la loro attività nella
maggior parte delle città. Nel 356 Costanzo e Costante
48 Sotirios Fotios Drokalos

promulgarono un comune editto che ordinava che venis-


se allontanato dall’assemblea del Senato di Roma l’altare
della dea Victoria, nonché la chiusura dei templi pagani e
il sequestro dei loro patrimoni, insieme alla decapitazione
di tutti quelli che praticavano o semplicemente tolleravano
i culti pagani55. È facile immaginare che effetto avessero
editti del genere in un mondo dove operavano sempre più
gruppi di violenti bandisti cristiani che terrorizzavano, ru-
bavano, uccidevano, non solo senza venire contrastati e pu-
niti dalle forze dell’ordine statale, ma essendo addirittura
protetti e sostenuti da queste ultime. Nel maggio dell’anno
seguente Costanzo visitò Roma e, rimasto meravigliato dal-
la bellezza del tempio del Giove Capitolino, di quello della
Fortuna e del Pantheon, ma anche per il fatto che l’aristo-
crazia romana rimaneva pur sempre pagana, si mostrò tol-
lerante verso il paganesimo romano e finanziò perfino al-
cuni templi. Ma vietò, a pena di morte, l’arte divinatoria56
e la consultazione di indovini, oracoli o maghi. Di fronte al
“dio vero” tutti dovevano “stare zitti per sempre”, e così il
tempio di Apollo di Roma e il suo oracolo vennero chiusi. In
questa circostanza Costanzo inoltre introdusse nell’Impero
una tortura di provenienza persiana, uno strumento metal-
lico che strapazzava i reni, per punire chi avesse occultato
i colpevoli57. “Chi consultava un indovino per aver udito lo
squittìo di un topolino o per aver incontrato uno scoiattolo
o per interpretare qualsiasi segno premonitore veniva con-
dotto in tribunale e condannato a morte” scrive Ammiano
Cristianesimo sanguinario 49

Marcellino e Deschner aggiunge: “Astrologi e interpreti dei


sogni potevano essere legittimamente torturati per estorcer
loro una confessione. Anche recarsi nottetempo nei luoghi
di sepoltura costava un’accusa di magia nera. Per aver in-
dossato un amuleto si rischiava la decapitazione. Persino
sogni sospetti potevano condurre a processi per alto tradi-
mento”58. Nel 359 l’imperatore Costanzo, “limitato intellet-
tualmente”, (come lo definisce Ammiano Marcellino), pre-
so da una paura frenetica per la magia, mentre era “sordo
di fronte ad altri casi anche troppo gravi”, affidò l’istrutto-
ria a Paolo “Tartareus” o “Catena”, un sanguinario trainer
cristiano di gladiatori, che si evolse in inquisitore incon-
trollato e crudele dell’“idolatria”. Tutto successe a Scitopo-
li, dove cominciò a funzionare un regime crudele di terrore
che ai tempi dell’imperatore Teodosio assumerà la forma
di vero e proprio campo di concentramento e sterminio dei
pagani. Da tutte le parti dell’Impero nobili e non venivano
trascinati in catene e molti morivano per il malessere e
per l’incarcerazione prima che le torture incominciassero.
Scitopoli, l’attuale Beth Shean della Giordania occidenta-
le, fu scelta per la sua posizione isolata e perché era situa-
ta tra Antiochia e Alessandria, due metropoli con molti
greci e grecisti. “Paolo, secondo gli ordini ricevuti, si mise
in viaggio pieno di funesto furore ed ansante per la fretta.
Dato libero sfogo alla calunnia, molti venivano condotti
al suo tribunale da quasi tutto il mondo, sia nobili che
cittadini d’oscura condizione, dei quali alcuni erano stati
50 Sotirios Fotios Drokalos

oppressi dal peso delle catene, altri sfiniti dalla detenzio-


ne in carcere. Fu scelta come teatro degli orrendi supplizi
la città di Scitopoli in Palestina”59.

Venne a crearsi un’atmosfera di estremo terrore e mol-


tissimi nobili greci vennero torturati. Ammiano Marcellino
menziona alcuni nomi indicativi del fatto che ad essere colpita
fu prevalentemente la nobiltà istruita, malgrado si trattasse
di persone di grande influenza politica. Il regime cristiano col-
piva appunto le classi superiori, i politici e i filosofi che com-
ponevano l’aristocrazia greca e di cultura greca. “Fra i primi
fu condotto in tribunale Simplicio, figlio di Filippo, che era
stato prefetto e console. (…) Fu sottoposto a tortura (…) e fu
condannato all’esilio. Quindi Parnasio, già prefetto dell’Egitto
(…) si trovò in tale pericolo da essere condannato a morte; ma
pure lui fu mandato in esilio. (…) Successivamente Andronico,
noto per gli studi liberali e per i suoi celebri carmi, fu condotto
in tribunale. (…) Pure Demetrio, che aveva il soprannome di
Citra, filosofo ormai avanti negli anni, ma vigoroso fisicamen-
te e spiritualmente, fu accusato d’aver sacrificato alcune volte
a Besa e non poté negare (…). Almeno costoro e pochi altri
furono salvati dall’estremo pericolo (…). Ma, poiché le accuse
si estendevano senza fine come le spire di un serpente, alcu-
ni perivano con le carni dilaniate, altri furono condannati ad
ulteriori pene dopo aver avuti confiscati i beni. (…) Perché,
se qualcuno portava al collo un amuleto contro la quartana
o qualche altra malattia, o se da malevoli testimoni veniva
Cristianesimo sanguinario 51

accusato d’essere passato di sera attraverso un cimitero, ve-


niva condannato a morte perché dedito alla stregoneria, alla
raccolta degli orrori delle tombe e delle vane fantasticherie
ispirate dalle anime che vagano in quelli luoghi”60.

Luigi Rossini, Il Monte Capitolino e parte del Foro Romano coll’incendio nel
Tempio di Giove Capitolino, 1827. Collezione privata.
52 Sotirios Fotios Drokalos

GIULIANO, IL GRANDE DIFENSORE


DELLA CIVILTÀ GRECO-ROMANA

Flavio Claudio Giuliano (Flavius Claudius Julia-


nus), nato a Costantinopoli nel 331, fu insieme a suo fra-
tello Gallo, nato nel 324, l’unico membro maschio della fa-
miglia imperiale risparmiato dalla terribile strage ordinata
da Costanzo II subito dopo la morte di Costantino nel 337.
I due fratelli furono prima tenuti sotto stretta sorveglian-
za nella lussuosa villa della loro madre a Nicomedia e poi
trasferiti in una fortezza isolata a Marcello, in Anatolia,
dove erano circondati esclusivamente da schiavi e spie di
Costanzo, “senza che nessuno potesse avvicinarci, senza
poter studiare, parlare liberamente, chiusi in una prigione
dorata”, come scriverà poi Giuliano. L’educazione del prin-
cipe Giuliano fu affidata al vescovo Eusebio di Cesarea, al
quale era dato l’ordine di non parlare mai al suo discepolo
della scomparsa della sua famiglia, mentre a Gallo - che fu
cresciuto con una profonda istruzione cristiana e divenne
in seguito un fanatico e persecutore di migliaia di pagani
ed ebrei quando governò Antiochia -, fu detto da un emissa-
rio imperiale che Costanzo non ne era responsabile, essendo
Cristianesimo sanguinario 53

avvenuta a opera di soldati ubriachi. Ma Giuliano era stato


testimone diretto del massacro dei suoi famigliari, e così il
bambino molto spesso piangeva e si svegliava nel mezzo della
notte in preda agli incubi.
Eusebio era tenuto ad offrire al piccolo principe
un’educazione rigorosamente cristiana, continuata a Mar-
cello dove Giuliano visse dal 344 al 350 e dove la sua guida
spirituale fu Giorgio di Cappadocia, un vescovo ariano. In
seguito Costanzo permise a Giuliano di tornare a Costanti-
nopoli. Alla fine di quel anno, il 351, a Giuliano fu ordina-
to dall’imperatore suo zio di andare di nuovo a Nicomedia
per completare la sua istruzione. Ma il ventenne Giuliano
sfruttò l’occasione per fare un lungo viaggio e visitare alcu-
ne delle più importanti metropoli dell’Impero come Perga-
mo, Efeso e Atene. In questo viaggio incontrò il fascino della
filosofia greca e della tradizione religiosa pagana e divenne
lui stesso filosofo - platonico - e pagano, senza naturalmen-
te dichiararlo apertamente.
Nel 355 Costanzo nominò Giuliano Cesare e lo
mise a capo delle legioni in Gallia che soffrivano delle in-
cursioni barbariche e dove, fra il 356 e il 359, nelle quat-
tro “campagne galliche” riportò grandi vittorie ai danni
di Alemanni e Franchi, fra cui una vittoria decisiva a
Strasburgo nel 357. Nel febbraio del 360 a Parigi (allora
Lutetia Parisiorum) le legioni occidentali proclamano il
loro adorato capo Augusto. L’anno successivo Costanzo
54 Sotirios Fotios Drokalos

morì e Giuliano, visto che l’imperatore defunto non aveva


lasciato eredi e che il fratello Gallo era morto già dal 354,
diventò l’unico imperatore in vita. L’11 dicembre 361 en-
tra a Costantinopoli e, istituendo la libertà di culto come
gli aveva consigliato il filosofo Sallustio, ordina che siano
restituiti ai templi le loro parti, statue e sculture rubate
dai suoi predecessori e dai cristiani allo scopo di vestire
chiese ma anche luoghi privati e pubblici, e inoltre ordina
che vengano riabilitati i templi e gli altari e ristabiliti i
culti degli dèi61. In parallelo vengono finalmente cacciati,
arrestati e puniti i bandisti cristiani che danneggiavano
templi e altri luoghi sacri e terrorizzavano la popolazio-
ne, mentre vengono demolite le chiese costruite sopra i
templi. Il diritto romano torna in vita, insieme alla fi-
losofia e al paganesimo, l’Impero ritrova se stesso nel-
la romanità e la grecità, che per Giuliano si identificano
tra loro: “Apollo con le colonie greche incivilì la maggior
parte del mondo e ne facilitò la sottomissione ai romani.
Infatti (...) i romani sono di stirpe ellenica perché “l’Italia
fu popolata dai greci”, scrive l’imperatore62.
Voglio sottolineare che questa equivalenza tra roma-
nità e grecità era valida anche per i cristiani fino al regno di
Costantino. Da allora loro gradualmente usurperanno la ro-
manitas, visto che essa indicava il potere politico, giuridico
e militare e useranno la grecità come equivalente del male,
del diabolico, dell’idolatrico, del mondo malvagio che deve
essere distrutto e perseguitato, messo in ginocchio di fronte
Cristianesimo sanguinario 55

al loro dio. Questo accade perché la grecità indicava la cul-


tura, e la civiltà dell’Impero; il termine “greco” nell’ambito
dell’Impero romano era sinonimo del termine “colto”, “ci-
vilizzato” e si diceva “ellenizzare” per “civilizzare”. Con il
cristianesimo la grecità da titolo nobiliare si trasformerà in
vituperio e blasfemia, e la parola “greco” per secoli sarà il
termine primario per definire l’anticristiano e il satanico
da eliminare.
Il vertice della gerarchia cristiana non gradì i cam-
biamenti promossi da Giuliano, abituato com’era già da de-
cenni a sopprimere e perseguitare le altre religioni e tra-
dizioni e a far parte del potere imperiale, se non proprio a
controllarlo secondo il suo volere. Così sant’Atanasio prete-
se dai cristiani di disertare l’esercito romano minacciando
con scomunica chi avesse seguito l’“idolatra” Giuliano. Ma
l’aria era cambiata: a Calcidone rispondendo ai ricorsi del-
la popolazione venne istituito un tribunale speciale a cui
vennero affidati i casi degli ufficiali del regime cristiano che
avevano provveduto a compiere sacrilegi nei templi, furti,
calunnie e ogni tipo di maltrattamenti contro persone. Molti
finirono condannati a morte e così vennero puniti per i loro
crimini. Il più noto fu l’allora governatore militare d’Egitto
Artemio, che aveva sostenuto dei saccheggi da parte dei cri-
stiani reprimendo con le sue truppe la reazione della popo-
lazione. L’agiografia cristiana lo presentò poi come “marti-
re” ed è tuttora celebrato come santo dalla chiesa ortodossa
e cattolica. A Eliopoli del Libano venne allo stesso tempo
56 Sotirios Fotios Drokalos

giustiziato il diacono Cirillo che aveva derubato templi e di-


strutto statue, mentre il vescovo di Aretusa Marco, malgra-
do avesse distrutto un tempio, rifiutò di restituire i danni
come gli fu suggerito, ma finì soltanto linciato dalla folla e
non giustiziato63.
Questo gentile e colto imperatore, le cui qualità non
possono essere paragonate ai suoi predecessori e successori
cristiani, aveva liberato le nazioni dalla paura, dal terrori-
smo e dall’oppressione imposta dal potere imperiale e dalla
chiesa cristiana dai tempi di Costantino - che Giuliano chia-
mava insultatore degli dèi e degli antenati -. Altro esempio
di questa liberazione, accompagnata da un’esplosione di ira,
è quanto accadde ad Alessandria verso la fine del 361, dove il
patriarca Giorgio di Cappadocia, già ricordato come maestro
di Giuliano, che da anni guidava saccheggi, distruzioni di
templi e aggressioni di ogni tipo contro i pagani, venne ucci-
so dalla popolazione che una volta “giunta improvvisamente
la lieta notizia della morte di Artemio (…) fuor di sé dalla
gioia inattesa, con orribili grida si volse contro Giorgio ed
impadronitasi di lui, lo calpestò e lo maltrattò in vario modo,
finché lo uccise tirandolo per i piedi in direzioni opposte”64.
Il 17 giugno 362 Giuliano promulgò un editto con
cui affermava che non era ammissibile che dei cristiani
facessero i maestri di filosofia, a causa del quale è stato
accusato di vietare ai cristiani di studiare la filosofia gre-
ca. In realtà da filosofo e pagano non avrebbe mai potu-
to impedire a chiunque avesse voglia di studiare di farlo,
Cristianesimo sanguinario 57

nè avrebbe occultato il sapere, vietato la ricerca e la ri-


flessione come invece fece sempre la chiesa cristiana. Al
contrario egli stesso fondò a Costantinopoli una biblioteca
di 120 mila libri e scrisse: “Non impedisco l’accesso alle
scuole ai giovani che vogliono frequentarle. Ovviamente
non sarebbe né normale né logico chiudere la strada buona
a ragazzi che non sappiano ancora quale strada seguire.
Dobbiamo illuminare le persone che sragionano, non pu-
nirle”65. La falsa accusa si basava sul divieto che impose
Giuliano agli insegnanti e filologi cristiani di insegnare la
filosofia greca, dichiarando che era assolutamente immo-
rale ed ipocrita la loro attività professionale visto che loro
insegnavano “per pochi soldi” cose completamente contra-
rie a quelle a cui veramente credevano, mentre sarebbe
stato preferibile che andassero nelle chiese a “interpretare
Matteo e Luca”66. In ogni caso l’accusa è infondata perché
il divieto non rimase in vita che per pochi mesi dopodiché
Giuliano, seguendo ancora i consigli del filosofo e nobile
Sallustio, lo abrogò. Infine la critica è piuttosto ridicola in
quanto dopo Giuliano verrà vietato lo studio della filosofia
per tutti, cristiani e non, da parte dei vari imperatori che
il cristianesimo ritiene invece “santi”, “grandi” ecc.
Nel 363 Giuliano visitò il santuario di Apollo a Dafne
di Antiochia, dove poté ammirare la statua dorata del dio
Apollo e ordinò, su richiesta dello ierofante che le ossa di san
Babila seppellite in quel luogo sacro dai cristiani in un atto
profanatore, fossero allontanate. Babila era un precedente
58 Sotirios Fotios Drokalos

vescovo di Antiochia presunto martire dei tempi di Decio,


mentre in realtà fu ucciso dall’imperatore cristiano Filippo
l’Arabo dopo avergli negato la comunione a causa dell’ucci-
sione di Gordiano. I cristiani risposero bruciando il tempio
nella notte del 22 ottobre 362, e poi cercarono anche di spe-
culare; Giovanni il monaco, agiografo di Artemio, racconta
la risibile versione secondo cui l’incendio fu opera di Dio, che
avrebbe mandato un fuoco celeste.
È opportuno sottolineare che l’azione di Giuliano non
rappresenta per niente un sacrilegio consistendo al contra-
rio nell’eliminazione di un sacrilegio. Per il culto di Apollo
è assolutamente inammissibile che reliquie siano seppellite
vicino ai suoi luoghi sacri. Dunque in questo caso l’impe-
ratore non fece altro che ripulire il terreno da una profa-
nazione terribile. Giuliano difendendo il diritto di tutti gli
abitanti dell’impero di praticare la propria religione diceva
che i cristiani “se proprio vogliono adornare le loro chiese,
sono liberi di farlo, ma non ricorrendo al materiale rubato
da altri luoghi di culto”67.
Infine il 26 giugno 363, all’età di 32 anni, l’imperatore
Flavio Claudio Giuliano venne ucciso nel corso di una cam-
pagna militare contro i persiani lanciata nel marzo di quel
anno. Libanio era certo che ad ucciderlo furono i cristiani.
Fatto sta che Giuliano non cadde per mano persiana visto che
al momento le truppe persiane si trovavano molto lontano, e
che nessuno si presentò di fronte al re Sapor per incassare il
premio che il sovrano persiano aveva promesso a chi avesse
Cristianesimo sanguinario 59

ucciso il suo grande avversario. Inoltre la stessa chiesa con-


sidera uno suo santo, Mercurio, l’uccisore di Giuliano, e molti
autori cristiani applaudono la versione dell’omicida traditore
cristiano fra le loro esultanze. Teodoreto scrive: “Sia che a
vibrare il colpo sia stato un uomo o un angelo, non v’è dubbio
che questi ha agito per volere del Signore”68; Sozomenò, più
realista in questo caso, non considera la possibilità dell’an-
gelo o del Signore stesso ma elogia apertamente l’assassi-
no cristiano che “per amore di Dio e della religione compie
un gesto tanto valoroso”69, accompagnato da san Efrem che
predica “Gloria a colui che lo ha annientato gettando nella
disperazione i figli dell’eresia”70.
Tanta era la gioia dei teorici cristiani per la scom-
parsa dell’imperatore filosofo che perfino lo scontroso san
Sabba della Siria sorride, scrisse Teodoreto. A sentire loro
Giuliano era un “caprone puzzolente”, un “cane maledetto”,
uno “strumento del diavolo”. Leggende terribili presero a
circolare nel corso dei secoli su di lui: che era un mostro che
nel corso di riti magici strappava il cuore ai bambini o che
il fiume Oronte fosse pieno di corpi di fanciulli da lui sacri-
ficati agli dèi. Non solo leggende popolane, anche il maestro
della chiesa Teodoreto scrisse che “nel palazzo imperiale di
Antiochia, si diceva fossero state rinvenute numerose casse
piene di teste e pozzi colmi di cadaveri” e poi mentì ancora
più grossolanamente scrivendo che “simili cose sono frutto
degli insegnamenti degli dèi abominevoli”. San Efrem poi
delirava nelle sue “poesie” grottesche così: “Mi avvicino,
60 Sotirios Fotios Drokalos

fratelli, al corpo dell’impuro. Lo guardo e non posso fare a


meno di schernire la sua fede pagana...”71, “Alla sua visita
esultano le fiere, i lupi accorrono al suo seguito..., persino
gli sciacalli emettono ululati di gioia”, “Allora lo sterco co-
minciò a fermentare e da esso uscirono serpenti di ogni mi-
sura e vermi di ogni genere...”. Ma tutte queste bruttezze,
cattiverie e calunnie rivolta a colui che per secoli sarà chia-
mato “Apostata” e in realtà fu obiettivamente l’unica anima
gentile e colta che si trovò al vertice dell’Impero da Costan-
tino in poi, è un comportamento normale per chi pensava
che “esistono due sole realtà: la chiesa e i suoi nemici” come
scrisse ancora san Efrem. Per la parte opposta le cose erano
completamente diverse. Il retore Libanio in contrasto con
i trionfalismi cristiani scriverà giustamente che “prima di
lui c’era solo la notte, e c’è ancora solo la notte dopo di
lui”72 riferendosi alla scomparsa di Giuliano, e alcuni in-
tellettuali metteranno la sua morte come inizio della loro
cronologia. Quale era dunque la vera immagine di questo
imperatore filosofo pagano? Difficilmente si potrebbe fare
una descrizione del personaggio di Giuliano più esatta e
comprensiva da quella di Deschner: “Giuliano aveva rice-
vuto un’educazione filosofica, disponeva di innegabili doti
letterarie e aveva un carattere sensibile e profondo. Egli
non fu soltanto “il primo imperatore veramente colto dopo
più di un secolo”, ma si conquistò anche “un posto di rilie-
vo tra gli autori in lingua greca dell’epoca” (Stein). Ave-
va infatti alle spalle un bagaglio di esperienze culturali
Cristianesimo sanguinario 61

veramente significativo. Profondamente conscio di quali


fossero suoi doveri, l’imperatore evitava ogni forma di lus-
so, si comportava con morigeratezza, non si circondava né
di concubine né di giovanetti, non beveva, ed era solito
far cominciare la sua giornata dopo mezzanotte. Egli si
adoperò per razionalizzare il funzionamento dell’apparato
burocratico, affidando agli intellettuali posti di responsa-
bilità. Cercò di ripulire la corte dagli eunuchi, gli adulato-
ri, i parassiti, i delatori e le spie che in essa pullulavano.
Di simili personaggi ne furono allontanati a migliaia. Ri-
dusse considerevolmente la servitù, diminuì di circa un
quinto l’imposizione fiscale in tutti i territori dell’Impero,
perseguì con rigore gli esattori corrotti, risanò il sistema
postale. Eliminò dalle insegne militari il labaro, lo sten-
dardo imperiale con il monogramma di Cristo, e dette nuo-
vo impulso agli antichi culti e all’educazione classica”73.
Giuliano non fu per niente intollerante e non fece nes-
sun tipo di persecuzione contro religioni o culti. Al contrario
istituì la libertà di culto, restituì quanto era stato rubato
da templi, fece tornare dall’esilio persone condannate per
le loro credenze. Come scrisse Gibbon in realtà l’unica cosa
spiacevole che impose ai cristiani fu che gli tolse la facol-
tà di torturare i loro concittadini, essendo manifestamente
contrario ad ogni tipo di imposizione violenta sulle perso-
ne. Giuliano in una lettera agli abitanti di Bostra scrive:
“Per persuadere e istruire gli uomini occorre usare la ragio-
ne, non la violenza, gli oltraggi o le pene corporali. Non mi
62 Sotirios Fotios Drokalos

stancherò mai di ripeterlo: chi è animato da autentico zelo


per la vera religione, non ricorrerà a nessun tipo di violenza
contro i Galilei. Più che odio bisogna provare compassione
verso di loro che hanno la sfortuna di sbagliare a proposito
di questioni così importanti”74.
Mentre quelli prima di lui e quelli dopo di lui affron-
tavano ogni questione con la forza del potere, lui scrisse dei
libri. Il suo “Contro i galilei” è una delle due opere anticristia-
ne di filosofi pagani che ci sono giunte in buone condizioni,
insieme a quella di Celso (mentre tantissime altre sono state
eliminate dai roghi cristiani o quasi, come la già menzionata
di Porfirio). Poteva emanare degli editti, vietare la pratica
del culto cristiano, condannare all’esilio e alla morte, ruba-
re e distruggere chiese per costruire dei templi, agire vale a
dire con lo stesso modo degli imperatori cristiani suoi prede-
cessori; lui invece, da pagano e filosofo cercò di contrastare
l’influenza cristiana con la parola e gli argomenti. Ci sono
ancora molti esempi della gentilezza e dell’umanità dell’im-
peratore Giuliano estranei ai suoi predecessori e successo-
ri cristiani e dei loro collaboratori spirituali. Nel luglio del
362 Giuliano, che naturalmente era alquanto polemico con
l’ebraismo nei suoi testi, diede agli ebrei l’autorizzazione a
riedificare il tempio di Gerusalemme e inoltre promise che
avrebbe provveduto a restituire loro la patria (!)75. Gli ebrei,
entusiasti con l’imperatore pagano, cominciarono a rico-
struire il tempio ma nel maggio del 363 un incendio causò
danni gravissimi. I cristiani salutarono questo evento come
Cristianesimo sanguinario 63

“miracoloso”, come al solito. Lo stesso accadde con l’uccisio-


ne di Giuliano che avvenne un paio di mesi dopo, dopodiché
con il ritorno del potere in mani cristiane, gli ebrei saranno
di nuovo sotto continua persecuzione fino ai giorni nostri.
Qui Giuliano dimostra invece che lui sapeva, come ogni
persona veramente buona e sana, distinguere fra le idee e
battaglie ideologiche e tra persone in carne e ossa e i loro
bisogni. Nello stesso tempo le città di Atene, Gaza, Emesa,
Ierapoli, Aretusa, Apamia, Seleucia e molte altre, salutano
l’imperatore come “restitutor liberatis” e in tantissime epi-
grafe viene chiamato “restitutor templorum”76; ma anche i
cristiani donatisti lo chiamavano “baluardo della giustizia”
(!) perché aveva fatto tornare dall’esilio molti loro adepti,
perseguitati dal regime cristiano ortodosso. Le classi subal-
terne ritrovavano la struttura imperiale romana e i suoi
benefici dopo tanti anni di regime protofeudale cristiano,
cosicché Libanio dopo la scomparsa del sovrano scriverà:
“Poveri contadini, tornerete ad essere vittime del fisco!”. E
forse non potrebbe essere testimonianza più onorifica per
Giuliano di quella del padre della chiesa, oltre che uno dei
tre “gerarchi” Gregorio Nanziazeno, che scrisse scontento
che “gli ronzavano le orecchie” dagli elogi che da tutte le
parti si rivolgevano a questo imperatore “idolatra”77. No-
nostante Valentiniano, poi diventato imperatore, abbia ne-
gato con disprezzo di onorare gli dèi, Giuliano lo tenne con
un’altissima carica nell’esercito stimando la sua sincerità
e il suo coraggio78. Questo fa capire molto sulla tolleranza
64 Sotirios Fotios Drokalos

di Giuliano verso le persone, ma l’evento che lo eleva ad


“esempio unico nella storia di popoli e re”79 è quello relativo
alla sua visita ad Antiochia. Antiochia, una città già allora
fortemente cristianizzata, abituata ad uno stile di vita de-
pravato, sibaritico, avido, non gradì la semplicità e il rigore
razionalista e sereno dell’imperatore. Gli antiochei presero
ad insultarlo e deriderlo, e lui, che poteva annientarli dalla
faccia della terra con un semplice cenno, abbandonò la città
e scrisse un vero capolavoro letterario, il “Misopogon” (ne-
mico della barba), in cui con umorismo malinconico, ironia
e autosarcasmo rispose agli insulti dei suoi insolenti suddi-
ti dando una vera prova di educazione. Gli antiochei in se-
guito chiesero perdono e lo invitarono a tornare in città ma
lui rifiutò. Il primo a rivalutare Giuliano in era moderna
fu un cristiano, lo storico Lowenklav, che nel 1576 scrisse:
“Lasciamo da parte la religione, e vediamo che uomo fosse
Giuliano. C’erano in Giuliano, non adombrati ma evidenti,
moltissimi segni di insigni virtù; se non le avesse oscurate
l’errore nel culto del vero Dio, sarebbe stato lecito vedere
in lui certamente l’immagine ideale del principe buono, e
pur giovanissimo... Chi dunque, chiedo, se pur ostilissimo
a Giuliano, non vorrebbe esaltare quell’uomo illustre per
tante e sì mirabili virtù di anima e di corpo?... Tuttavia,
si trovano scrittori così alieni da ogni spirito di umanità,
da non esitare a sminuire le sue virtù col solo pretesto
dell’apostasia, e da dichiararlo principe poco fausto, anzi
rovinoso per lo stato”80.
Cristianesimo sanguinario 65

Un altro cristiano, il teologo protestante Gottfried


Arnold continuò su questa strada nel 1699, e infine, con
l’Illuminismo, Giuliano conosce quattordici secoli dopo il
riconoscimento che meritava. Voltaire scrisse: “Questo
personaggio, dipinto in modo così detestabile, è stato l’uo-
mo più illustre o tra i più illustri del passato” mentre un
altro colosso della civiltà europea, l’“olimpio” Goethe, si
dichiarava “orgoglioso di comprendere e condividere l’odio
nutrito da Giuliano nei riguardi del cristianesimo”. Mon-
taigne e Chateaubriand lo annoverarono tra i più grandi
della storia, Shaftesbury e Fielding mostrarono stima per
lui, Montesquieu lo considerava un grande uomo di stato,
autori come Schiller, Ibsen, Kazantzakis, Gore Vidal com-
posero drammi, tragedie e romanzi dedicati a lui, Edward
Gibbon dichiarò che Giuliano fu veramente degno del suo
posto di governatore del mondo, e Rubin, Browning e Stein
rispettivamente scrissero: “Sebbene sia stato un grande
scrittore e un generale ancora più grande, egli fu soprattut-
to una personalità eccezionale”, “il suo carattere possedeva
una nobiltà innata che come un faro eclissava i molti oppor-
tunisti che lo circondavano”, “il regno di Giuliano fu uno dei
migliori che l’impero romano abbia mai conosciuto”81. Visto
che non si possono esprimere le proprie idee nel modo che
usarono i santi e padri della chiesa cristiana nel passato
e violentare la verità storica giacché i tempi sono per for-
tuna cambiati, ultimamente si polemizza contro Giuliano
usando una menzogna piacevole e comoda anche per vari
66 Sotirios Fotios Drokalos

“moderati”, “oggettivi”, “seri” ecc: si dice che il tentativo di


Giuliano sia stato irrealistico e romantico. Questa moderna
apologetica cristiana occulta il fatto che all’epoca di Giu-
liano la religione maggioritaria presso i popoli dell’Impe-
ro continuava a non essere il cristianesimo ma le religioni
etniche tradizionali; in particolare in Grecia e nella stessa
Roma, cioè al centro spirituale e politico dell’impero, il cri-
stianesimo praticamente non esisteva affatto e non poteva
trovare nessuna accoglienza significativa. Ci sono voluti
ancora decenni di oppressione e di stragi crudeli oltre ogni
immaginazione della chiesa e degli imperatori cristiani suc-
cessori di Giuliano affinché le nazioni cardine dell’Impero
si sottomettessero e non “accettassero”, l’ideologia del regi-
me. Con l’imperatore morto la questione era chi gli sarebbe
succeduto. La carica fu proposta al filosofo neoplatonico e
nobile gallo Sallustio, prefetto del pretorio e consigliere di
Giuliano, che è anche scrittore dell’importantissimo tratta-
to “Degli dèi e del mondo”, un’opera indispensabile insieme
ai libri di Celso, Porfirio, Anneo Cornuto e addirittura Giu-
liano per chi vuole conoscere la teologia greca e in generale
politeista e le sue differenze coi tre grandi monoteismi82.
Egli però rifiutò.
Vorrei commentare la scelta dal nobile gallo, che si-
curamente indica un uomo di grande personalità. Ma indi-
ca altresì un moralista che agì con la sua coscienza come
unico riferimento e non come cosciente soggetto storico. La
scelta di Sallustio esaltò il suo Io morale ma abbandonò il
Cristianesimo sanguinario 67

potere nelle mani cristiane con le conseguenze disastrose


che vedremo in seguito. Certo non dobbiamo essere eccessi-
vamente severi, perché sia Sallustio che lo stesso Giuliano,
non possono essere accusati più di tanto per la loro scel-
ta di non dichiarare guerra ad oltranza al regime cristiano,
poiché anche se avevano l’esperienza storica di mezzo secolo
di dominio oppressivo e terroristico, e come filosofi capivano
perfettamente la natura del cristianesimo a livello teorico,
era piuttosto naturale per loro non poter immaginare quanto
distruttivo sarebbe stato l’atteggiamento del potere cristiano
in seguito, cosa che per noi invece è un dato storico. Anche se
in particolare per Sallustio questa ignoranza relativa avreb-
be dovuto essere molto ridotta nel momento in cui si trovò di
fronte al corpo senza vita di Giuliano.

Dibattito immaginario tra Averroè e Porfirio, XIV secolo


68 Sotirios Fotios Drokalos

RESTAURAZIONE E IMPOSIZIONE
DEFINITIVA DEL REGIME CRISTIANO

Stragi, distruzioni, persecuzioni

All’indomani della tragica morte di Giuliano e


dell’esaltazione dei teorici cristiani, le rianimate folle fana-
tiche, ormai completamente incontrollate e incontrollabili,
ripresero a distruggere i templi e le statue e a costruire
chiese cristiane con i loro materiali, ancora più convinte e
aggressive di prima; le aggressioni non si limitavano a col-
pire gli edifici e le opere ma aggredivano anche le persone
in modo sempre più disinvolto e frequente poiché avevano
di nuovo il sostegno e la protezione delle forze dell’ordine
imperiale. I pagani e in particolare quelli fra di loro che
erano più in vista, più colti, più nobili, più ricchi, sempre
più spesso finivano rinchiusi in galera o addirittura uccisi e
privati del loro patrimonio.
Tutto ciò accadeva nonostante l’imperatore fosse una
persona piuttosto tollerante e avesse inizialmente l’inten-
zione di governare senza troppe tensioni, specialmente per
quanto riguardava l’ambito religioso. Ma per i duri teocrati
cristiani questa era la grande occasione di imporre il loro
Cristianesimo sanguinario 69

anelastico dogma sulle nazioni, l’ora di annichilire il paga-


nesimo, il pensiero greco e le varie culture: l’ora dell’attacco
frontale. Esercitarono quindi pressioni intense su Giovia-
no esigendo che agisse con maggior aggressività contro i
pagani per provare la sua fede cristiana. Gioviano, che a
causa del suo approccio più tollerante aveva seguito con at-
tenzione e atteggiamento favorevole i discorsi del filosofo
Temistio, che sosteneva che la conoscenza del divino non
può essere rigida e unica, causando l’ira dei cristiani della
corte, alla fine soccomberà alle pressioni della chiesa. Sarà
questo cristiano tollerante a chiudere molti templi pagani
e a vietare i sacrifici festosi formali; ma soprattutto fu lui a
ordinare l’incendio della restaurata biblioteca di Antiochia
cosicché andasse perduta “la saggezza che ispirarono i de-
moni nelle menti dei pagani”83.
In seguito Valentiniano I e Valente, due fratelli di
discendenza umile provenienti dalla Pannonia, imperato-
ri rispettivamente d’Occidente e d’Oriente a partire dal
364, emanarono tre editti, il 4 febbraio, il 9 settembre e
il 23 dicembre 364 con cui i patrimoni dei templi pagani
che erano stati restituiti dall’amministrazione di Giuliano
venivano di nuovo sequestrati, e inoltre veniva ripristi-
nato il divieto di ogni tipo di rito pagano. Si era sostan-
zialmente tornati all’era precedente il regno di Giuliano,
con ulteriori convinzioni e certezze da parte cristiana, che
si traducevano in maggiore aggressività e dissolutezza.
Sei anni più tardi, nel 370, alle violenze e gli assalti dei
70 Sotirios Fotios Drokalos

gruppi di monaci e altri fanatici venne ad aggiungersi una


grande persecuzione contro matematici, astrologi e adep-
ti pagani in tutto l’Impero d’Oriente, lanciata dalla stessa
corte di Costantinopoli84, che causò migliaia di morti, men-
tre moltissimi templi, statue, sculture e dipinti finirono a
pezzi o formarono ammassi di oggetti “idolatri” e “diabolici”
da eliminare con il fuoco. Innumerevoli libri di filosofia, di
astronomia, di matematica, di poesia, vennero bruciati nel-
le piazze, considerati libri di “magia”, mentre importanti
personalità come l’ex governatore d’Antiochia Fidustio e i
sacerdoti Ilario e Patrizio e soprattutto il filosofo neoplato-
nico Massimo, che fu il mentore dell’imperatore Giuliano,
vennero uccisi dopo essere stati torturati.
Qui ci sarebbe bisogno di una precisazione: per l’epo-
ca della quale stiamo parlando il termine “magia” indica-
va per i cristiani la filosofia stessa e le scienze, incluse la
matematica e la medicina. Non fu cioè per uno sbaglio di
alcuni fanatici ignoranti che vennero distrutte tutte quelle
opere, in questo caso e in tantissimi altri simili scambiati
per libri di magia, ma vennero invece distrutte esattamente
per quello che difatti erano, frutti del pensiero, della razio-
nalità e dell’immaginazione umana, elementi inaccettabili
e demonici per la chiesa cristiana.
Per percepire meglio il clima oscuro di quei gior-
ni è molto utile il riferimento dello stesso san Giovanni
Crisostomo, il quale racconta una sua esperienza perso-
nale risalente a quando aveva soltanto 16 anni. Egli ed
Cristianesimo sanguinario 71

un suo amico si trovavano un giorno vicino ad un fiume e


là scoprirono la presenza di un libro: “Lo abbiamo aperto
e ci abbiamo visto dentro dei simboli magici. Nello stesso
momento ci è arrivato vicino un soldato. Il mio amico ha
nascosto il libro sotto il suo abito e ci siamo allontanati ag-
ghiacciati dalla paura. Perché chi avrebbe creduto che noi
avevamo solo trovato il libro presso il fiume e lo avevamo
levato, quando tutti venivano arrestati, perfino coloro che
sembravano innocenti? (...) Dio alla fine ci ha permesso di
togliercelo di dosso e di salvarci dal pericolo tremendo di
essere arrestati”85. È evidente che i “simboli magici” a cui
si riferisce Giovanni Crisostomo erano in realtà probabil-
mente dei simboli geometrici. Come detto per i cristiani dei
primi secoli, ma in realtà anche per quelli dei secoli più vi-
cini a noi e in alcuni casi anche del nostro, la stessa filosofia
e scienza erano “magia”; il “filosofo” ed il “matematico” si
identificarono a livello teologico e popolare, ma anche pur-
troppo giuridico, coi cosiddetti “stregoni”.
Per quanto riguarda Giovanni Crisostomo, ovvia-
mente da tutto il terrore, gli arresti e le condanne di in-
nocenti che vide intorno a lui nella sua giovinezza, di cui
lui stesso racconta, non provò disprezzo per queste prati-
che ma a quanto pare piuttosto ammirazione, dal momento
che, come vedremo, crescendo diventò uno dei più terribili
persecutori di greci e grecisti. Certamente non a caso egli è
anche oggi considerato così importante, - non solo santo per
i cattolici, ma anche uno dei tre “gerarchi” per l’ortodossia,
72 Sotirios Fotios Drokalos

la parte cioè del cristianesimo che occupò e continua ad oc-


cupare il nucleo storico del mondo greco.
Nel corso di questa persecuzione, che ebbe inizio nel
370, si concluse anche l’operazione di diffamazione di Giu-
liano e dei suoi collaboratori, iniziata subito dopo l’ascesa
di Valentiniano e Valente sul trono, tramite apposite com-
missioni create ad hoc. Ai collaboratori di Giuliano era-
no state rivolte accuse secondo cui essi, con l’uso di varie
malie, avrebbero determinato una loro malattia. Nel 370-
371, nell’ambito dell’orrenda persecuzione dei greci86, tut-
ti i rimanenti ufficiali di Giuliano furono licenziati, come
ad esempio Sallustio, oppure vennero rinchiusi in carcere
o infine uccisi dopo essere stati sottoposti a torture, sempre
con l’accusa di “magia”. Alcuni di quei “maghi” erano il me-
dico Oribasio, il filosofo Simonide, il vescovo cristiano ma
filogreco e criptopagano Pegasio e il già ricordato filosofo
Massimo87.
La persecuzione e il terrorismo del regime cristiano
contro i greci vennero intensificati dopo la nomina al posto
di proconsole dell’Asia di Valente di Festo, un personaggio
sanguinario a cui fu data libertà d’azione assoluta. “Dovun-
que si levarono i pianti e i lamenti di tutti, perché le prigio-
ni erano piene di persone rinchiuse senza motivo, e quelli
trascinati per le strade erano in maggior numero rispetto
a quelli rimasti nelle città. I delatori potevano andarsene
senza nessun pericolo, in quanto obbligati solo ad accusa-
re; di quelli sottoposti a giudizio, invece, alcuni venivano
Cristianesimo sanguinario 73

condannati a morte, senza prove legali, altri perdevano i


loro beni, lasciando i figli, le mogli e tutti i parenti nella
più completa miseria. Lo scopo infatti era raccogliere, con
empietà di vario genere, molto denaro per lo Stato. Pertan-
to, tra i filosofi conosciuti fu ucciso per primo Massimo, e
dopo di lui Ilario di Frigia (...); e ancora Simonide, il lidio
Patrizio e Andronico di Caria. Tutti questi erano uomini
di elevata cultura (...). L’intera situazione era così confusa
che i delatori con il loro seguito irrompevano impunemente
nelle case di chi capitava, portavano via quelli che incontra-
vano e li consegnavano a coloro che avevano l’ordine di ucci-
dere tutti anche senza processo. A dirigere questi delitti era
Festo, uomo pronto a ogni sorta di crudeltà, che l’impera-
tore aveva mandato come proconsole in Asia, per eliminare
tutti gli uomini di lettere. Il piano si realizzò. Festo, infatti,
si mise in cerca di tutti: ne scovò alcuni e li uccise senza
processo; altri invece li costrinse a un volontario esilio oltre
frontiera”88. Nel frattempo le persecuzioni avevano comin-
ciato a prendere piede anche in Occidente già a partire dal
370. Valentiniano, sotto l’influenza del prefetto Massimi-
no provvide all’eliminazione o la neutralizzazione, trami-
te l’incarcerazione o l’esilio, di centinaia di nobili romani
“idolatri”, usando torture d’ogni tipo per strappare loro
delle “confessioni”. Un brano abbastanza rivelatore del loro
atteggiamento, dello storico greco-romano Ammiano Mar-
cellino contemporaneo agli eventi, ci informa che entrambi
questi provinciali di cultura nulla “odiavano gli eleganti, i
74 Sotirios Fotios Drokalos

colti, i ricchi e i nobili”89. Quest’ultima informazione, insie-


me al soprastante intenso testo di Zosimo, conferma inoltre
quanto sostenuto da me in precedenza, ossia che il nuovo
regime cristiano attaccò con enorme ferocia le aristocrazie
tradizionali dell’Impero, che a parte la ricchezza erano carat-
terizzate dalla cultura greca. È comprensibile dunque il fatto
che in quel tempo moltissime biblioteche vennero bruciate
dai loro stessi proprietari, che così facendo speravano di sal-
vare la loro vita e il loro patrimonio dalla chiesa e dal potere
imperiale.
In questi anni di grandi persecuzioni contro i pagani
opera anche il siriano San Martino90, un ex eremita che
poi diventò vescovo e infine santo grazie ai presunti suoi
poteri “telepatici” ed “esorcistici”. Martino era evidente-
mente psicotico, siccome pensava di essere in contatto di-
retto con gli apostoli Pietro e Paolo, la Madonna e una
serie di “sante”91, e naturalmente pensava di combattere,
sempre in senso fisico, contro il diavolo. Ma purtroppo il
santo non si trovava nella Grecia pagana, dove c’erano dei
sanatori speciali per le persone affette da disturbi neuro-
logici, come nel mondo contemporaneo occidentale. Così
la sua malattia lo perseguitò per tutta la vita e ancora
peggio, lo fece diventare un feroce persecutore degli “idoli”
e di intere popolazioni e culture. Egli costrinse migliaia di
galli a convertirsi al cristianesimo facendone massacrare
altrettanti che si rifiutavano di abbandonare la loro reli-
gione patria, mentre in tutta la Gallia furono distrutti i
Cristianesimo sanguinario 75

templi pagani dai battaglioni d’assalto guidati dallo stesso


Martino, la cui attività in Gallia, consacrata e così pre-
ziosa per la chiesa durò cinque anni, concludendosi con
grande successo nel 375.

Teodosio I, Ambrogio e gli ultimi tentativi


dell’aristocrazia pagana di Roma

Dopo la disastrosa sconfitta di Valente e la sua morte


per mano dei goti nella nota battaglia di Adrianopoli nel 378,
che comportò la prima penetrazione barbarica nell’area bal-
canica dell’Impero e la situazione drammatica che vi si venne
a creare, il nuovo imperatore Graziano, ammettendo la sua
inefficienza, chiamò un generale spagnolo di nome Flavio Te-
odosio ad aiutarlo con il governo e affrontare la crisi.
Un anno e mezzo dopo, il 27 febbraio 380, da Costan-
tinopoli, dove fu situata la sua sede, l’ormai imperatore Te-
odosio I, un fanatico cristiano che per tutto il suo regno pro-
mosse con decisione gli interessi della Chiesa, dichiarò che
unica religione ufficiale dello Stato dovesse da quel momen-
to in avanti essere il cristianesimo. E non solo: il cristiane-
simo con questa legge non diventò esclusivamente l’unica
religione ufficiale, ma anche l’unica religione accettabile,
nella sua forma specifica che onora la “Santa Trinità”, ossia
il dogma da cui provengono il cattolicesimo e l’ortodossia.
Chi non credeva alla “Santa Trinità” era ormai “ignoran-
te, cieco, stolto”, e quindi ogni altra religione venne da
76 Sotirios Fotios Drokalos

allora in poi considerata illegale92 . Teodosio inoltre diede


al vescovo di Milano Ambrogio il permesso di distruggere
tutti i templi “idolatri” e usare le loro rovine come mate-
ria prima per la costruzione di chiese cristiane.
È utile precisare che Teodosio odiava il teatro perché
riteneva fosse roccaforte dell’“idolatria”, e dunque negò tut-
ti i diritti civili e politici agli attori, uguagliando sotto il pro-
filo morale la loro professione a quella dei galeotti e delle
prostitute. Questo atteggiamento verso gli attori e il teatro,
che rimarrà inalterato nei secoli successivi tanto in Oriente
quanto in Occidente per tutto il medioevo, non proveniva da
un capriccio di Teodosio ma esprimeva la tesi ufficiale della
chiesa cristiana e di diversi suoi padri e maestri, primo fra
tutti Giovanni Crisostomo, come vedremo in seguito.
Il dominio cristiano ai vertici del potere imperiale e
la conseguente sfrenatezza delle folle fanatiche cristiane e
dei loro capi non può occultare però una realtà ben diversa
da quella che la propaganda della chiesa vuole presenta-
re. La frequenza con cui venivano emanati editti perlome-
no simili se non identici che imponevano il cristianesimo
come unica religione dell’Impero e perseguitavano i culti
pagani, dimostra che essi non riuscivano ad essere rispet-
tati dai popoli dell’Impero, ma anche che gli stessi ufficiali
non erano, in linea generale, particolarmente scrupolosi
nel farli rispettare.
A questo punto bisogna aggiungere che il predomi-
nio del cristianesimo, come risulta anche da quest’ultimo
Cristianesimo sanguinario 77

ragionamento, pochissimo o niente ha in comune con una


sorta di rivoluzione sociale come alcuni hanno pensato ne-
gli ultimi tempi, marxisti in primis, arrivando al punto di
considerare i cristiani come i primi rivoluzionari sociali
della storia, come se la storia di Atene o di Roma non fosse
piena di lotte sociali e come se la democrazia, il diritto,
le istituzioni dell’Illuminismo non fossero prodotti della
civiltà che esse rappresentano. A mio avviso, invece di “ri-
voluzione”, si tratterebbe di un colpo di stato commesso
da una nuova aristocrazia periferica e militare di origine
barbara, avversaria della classica aristocrazia senatoriale
e istituzionale di cultura greco-romana. Gli unici popoli che
hanno invero accettato liberamente il cristianesimo furono
tribù barbare, ad esempio i visigoti e in genere i goti, che
erano privi di culture evolute e profonde e accettarono quin-
di di convertirsi in cambio di terre imperiali. Questi popoli
primitivi furono parecchie volte usati dalla chiesa e dagli im-
peratori cristiani come pionieri delle orde che venivano man-
date contro le nazioni di grande cultura e tradizione presso
cui il cristianesimo non ebbe nessuna, o pochissima, diffusio-
ne naturale e libera. Infatti le dottrine cristiane nella parte
più avanzata dell’Impero, presso i greci e i romani, “non tro-
varono la stessa simpatia come presso i popoli dell’Est. E non
credo che avrebbe vinto [il cristianesimo] così presto, dentro
il mondo romano, contro la religione antica usando la via del-
la benignità, se non fossero venute in suo aiuto le spade di
barbari neoconvertiti e imperatori fanatici’’93, scrive già nel
78 Sotirios Fotios Drokalos

1830 giustamente J.P. Fallmerayer. Infatti, poco tempo dopo


vedremo il regime cristiano mandare le orde gote contro la
Grecia e Roma.
La legge del 2 maggio 38194, “contro gli apostati”,
che determinava la perdita di ogni diritto politico da parte
di coloro che abbandonavano il cristianesimo per torna-
re al paganesimo, dimostra che, diversamente da quanto
la propaganda cristiana sostiene, non è mai esistita una
presunta ondata unilaterale di conversioni verso il cristia-
nesimo. Benché il potere politico, dopo il colpo di stato di
Costantino, e definitivamente dopo l’omicidio di Giuliano
nel 363, fosse passato in modo sempre più totalitario nelle
mani dei cristiani, non solo non permise al cristianesimo
una diffusione trionfale ma addirittura moltissime per-
sone che furono inizialmente illuse gli girarono le spalle
per tornare alle religioni politeiste. Il bisogno di emanare
un editto imperiale con questo scopo fa inoltre capire che
questa tendenza all’abbandono del cristianesimo, che mal-
grado le persecuzioni contro i pagani rimaneva comunque
minoritario, non aveva una dimensione locale o seconda-
ria ma era estesa su tutto il territorio. In seguito, il 21 di-
cembre 381, venne emanato ancora un editto che vietava
ogni sacrificio o visita ai templi con lo scopo di chiedere
“consigli su argomenti incerti”, vale a dire visitare l’ora-
colo; perché “noi con la Nostra giusta istituzione determi-
nammo che il Dio deve essere onorato con preghiere pure
e non con canzoni abominabili”95.
Cristianesimo sanguinario 79

In parallelo nell’isola di Cipro, il vescovo Epifanio,


nemico sfegatato del culto di Afrodite, vieta i misteri del-
la dea e fa convertire violentemente gli abitanti dell’isola
al cristianesimo. Come suo collaboratore c’è un uomo che
verrà proclamato santo, Ticone, il quale partecipò con gran-
de entusiasmo e gran convinzione alle stragi contro i greci,
agli incendi dei templi e dei libri, alla distruzione delle sta-
tue. Ticone, ci informa il suo biografo, “fece vergognare la
falsità idolatra”. L’imperatore Teodosio intanto darà una
mano al vescovo Epifanio in questo suo duro lavoro santo:
per suo ordine “chi non obbedisce a padre Epifanio se ne
esca dall’isola”96.
Negli stessi anni in Occidente l’imperatore Flavio
Graziano, un giovane disinteressato alla politica ma appas-
sionato di corsa, equitazione e soprattutto caccia, abrogò
il diritto dei templi pagani di ereditare nuove proprietà,
sequestrò tutto il loro patrimonio mobile e immobile già
esistente e abrogò la fiscalizzazione delle loro proprietà
terriere, sostanzialmente condannandoli al disfacimento
economico e alla morte. Graziano al tempo della sua ascesa
al trono come figlio di Valentiniano I aveva solo 16 anni e
quindi per tutto il suo regno si trovò sotto l’influenza del
vescovo di Milano Ambrogio e del vescovo di Roma Damaso,
che in realtà governavano. Esempio significativo di questa
influenza è quanto avvenuto nel 378, quando Graziano
promulgò un editto con cui veniva garantita la tolleranza
nei confronti di tutte le diverse fedi cristiane, tranne che
80 Sotirios Fotios Drokalos

per le sette estremiste, abrogato il 3 agosto 379 dopo un


intervento del vescovo Ambrogio97.
Gravissime furono le azioni di Graziano anche a li-
vello simbolico, primo fra tutti il suo rifiuto del titolo tradi-
zionale del Pontifex Maximus perché considerato idolatra.
Questa azione, particolarmente offensiva non solo per la
religione romana ma anche per la tradizione repubblica-
na e la storia romana, fu seguita dall’appropriazione del
titolo, spogliato naturalmente dal suo vero significato, dal
vescovo di Roma Damaso98 che così divenne il primo Pon-
tifex cristiano e diede inizio a questa usanza dei papi. Egli
impose inoltre lo spegnimento dell’eterno sacro fuoco della
dea Vesta e cacciò le sue sacerdotesse, sequestrando il loro
enorme patrimonio che regalò alla chiesa. Infine nel 383
tolse nuovamente, dopo la restituzione temporanea a cui
aveva provveduto Giuliano, l’altare della Victoria dall’aula
del Senato. La campagna antipagana di Graziano include-
va anche vandalismi di ogni tipo e distruzioni di luoghi sa-
cri, sempre sotto il comando e per il compiacimento dei due
suddetti vescovi.
Gli ufficiali e aristocratici pagani, in nome della gran-
de maggioranza del Senato e del popolo romano, avendo al
comando Vettio Agorio Pretestato e Quinto Aurelio Simma-
co, chiesero udienza all’imperatore, che venne rigettata insie-
me ad ogni altra discussione. Alla fine la delegazione pagana
venne accettata un anno dopo, nell’estate del 384, quando sul
trono d’Occidente si trovava il giovanissimo Valentiniano II
Cristianesimo sanguinario 81

che aveva allora solo tredici anni, dopo che Graziano era stato
ucciso durante un golpe guidato dallo spagnolo Magno Massi-
mo, che a sua volta fu sconfitto dall’imperatore d’Oriente Te-
odosio. Dunque Pretestato e Simmaco, delegati del Senato
stesso chiesero a Valentiniano II che l’altare della Victoria,
rappresentante la Roma secolare e pagana dai tempi della
Repubblica a quelli di Augusto e di Marco Aurelio, venisse
rialzato e i danni economici inflitti ai templi pagani restitu-
iti. Dalla “Relatio de ara Victoriae”, la relazione di Simma-
co per l’imperatore, leggiamo: “Nel nome degli Dèi Patrii,
nel nome degli Dèi autoctoni, supplichiamo la pace. Si deve
rispettare quello che le altre persone credono. Tutti guar-
diamo alle stesse stelle e tutti siamo coperti dallo stesso
domo celeste, siamo circoscritti dallo stesso universo. Che
importanza ha un culto particolare, tramite il quale ciascun
uomo cerca la verità? La strada che guida ad un mistero così
grande non può essere uguale per noi tutti. Ma forse queste
sono argomentazioni vane. Al punto dove ormai stiamo non
c’è spazio per argomenti ma solo per implorazioni”99.
Ma neanche queste belle parole toccanti riusciranno a
convincere il potere cristiano che governava tramite l’impe-
ratore adolescente ad ammorbidire il suo atteggiamento af-
finchè mostrasse rispetto verso le altre tradizioni religiose. Il
vescovo Ambrogio minacciò il piccolo Valentiniano di scomu-
nica nel caso avesse accolto le richieste dei pagani e lui, nella
veste dell’imperatore di Roma, invece di sopprimere il disin-
volto teocrate gli obbedì. Decisione che dimostra oltre ogni
82 Sotirios Fotios Drokalos

dubbio che ormai i vescovi cristiani avevano un’influenza


decisamente più forte dell’illustre Senato di Roma. La stes-
sa Relatio di Simmaco aveva già sottolineato apertamente
la questione riferendosi al culto pagano come tradizione che
andava rispettata se non per riguardo alle religioni in gene-
re, almeno perché si trattava di una tradizione della stessa
Roma: “Perché se ogni spiegazione razionale del divino è av-
volta nel mistero, su quale elemento si può più correttamente
fondare la conoscenza della divinità, se non sui ricordi e sulle
testimonianze dei benefici da essa elargiti? E se è vero che
l’antichità conferisce prestigio alle religioni, allora dobbiamo
conservare una fede praticata per tanti secoli e non disco-
starci dall’esempio dei nostri antenati, ai quali giovò avere
seguito quello dei loro. Immaginiamo ora che Roma sia qui
presente e che si rivolga a voi con queste parole: “Ottimi im-
peratori, padri della patria, rispettate questa mia vecchiaia
alla quale sono pervenuta grazie all’osservanza dei riti. Con-
sentitemi di celebrare le cerimonie ancestrali, perché non ho
ragione di pentirmene. Questi culti hanno ridotto il mondo
sotto il mio dominio, questi riti hanno ricacciato Annibale
dalle mura, i Senoni dal Campidoglio. Per questo dunque
sono stata salvata: per subire rimproveri nell’età senile?”100.
In seguito a questa decisione Simmaco si dimise, ab-
bandonò la vita politica e si ritirò nelle sue terre in Campa-
nia mentre Pretestato morì di malinconia in quello stesso
anno. Questo era l’ultimo tentativo giuridico e politico dei
romani di salvaguardare la tradizione religiosa e politica
Cristianesimo sanguinario 83

ancestrale, ma ormai divenne chiaro che l’impero era pas-


sato sotto il controllo dell’intolleranza e intransigenza più
assolute, e lo stesso diritto romano insieme alle istituzioni
veniva declassato a strumento di un potere dispotico di tipo
orientale. Nondimeno la città eterna offrirà un ultimo lam-
po politeista e repubblicano pochi anni dopo, prima di cade-
re definitivamente sotto le millenarie tenebre teocratiche.
In Oriente le grandi persecuzioni contro i pagani
continuano con la nomina del fanatico cristiano spagnolo
Materno Cinegio, quale proconsole d’Oriente, da parte di
Teodosio. Cinegio subito dopo la sua nomina cominciò a far
demolire templi ellenici nelle regioni del suo dominio o a
trasformarli in postriboli e porcili. Fu distruttivo anche nei
confronti delle biblioteche e dei “blasfemi” libri greci, che
essendo libri di filosofia, matematica, astronomia, storia,
teatro erano per lui, nonché per la Chiesa, inaccettabili e
da eliminare. Egli, incitato da sua moglie Acanzia, che era
anch’essa una fanatica cristiana che nutriva un odio sfre-
nato per le intellettuali del suo sesso, perseguitò con grande
accanimento particolarmente le intellettuali di sesso fem-
minile distruggendo le loro opere. Abitudine generalizzata
e diacronica quest’ultima, non vizio personale di Materno
Cinegio e Acanzia, che rispecchia le concezioni cristiane
stesse a proposito della femminilità, che portarono fra al-
tro ad una eliminazione totale delle opere greche scritte da
donne. Come scrive Rassias: “il vescovo cristiano Agostino
ci informa che la donna non ha un’anima (!), ma anche che
84 Sotirios Fotios Drokalos

l’atto sessuale è come tale tanto “satanico” che sostanzial-


mente tutte le coppie si dedicano alla prostituzione, tutti i
letti matrimoniali sono bordelli e tutti i suoceri galeotti101,
mentre Clemente dichiarerà, già nel secondo secolo, che
la donna dovrebbe morire dalla vergogna per il solo fatto
che è nata donna102. Tommaso, arriva al punto di vietare
ai cristiani sposati ogni rapporto con le loro mogli e dichia-
ra di essere venuto per “cancellare le opere della donna”103.
(…) Avendo in mente tutto ciò, compreso il suggerimento di
Paolo104 non sembra affatto strana la distruzione totale di
quella parte della letteratura antica greca scritta da donne:
Aspasia fu un famoso medico e studiosa probabilmente del
I secolo. La sua notevole opera – nota a noi da altre fonti –
sulla ginecologia venne distrutta, come vennero distrutte
anche le opere di centinaia di donne del mondo “idolatra”,
come ad esempio quella dell’innografica e poetessa Telesi-
la di Argo, della poetessa lirica Corinna di Tanagra, della
poetessa Aneta di Tegea - che Antipatro chiamò “Omero
femminile”, (…) dell’allieva di Pitagora, la filosofa Arignote
(…), della brillante filosofa, matematica e astronoma - ma
anche martire - Ipazia. Come vennero date al fuoco - e inol-
tre non dalla sporca plebe ma dalla chiesa ufficiale stessa
- le poesie di Saffo”105.
Poi il proconsole spagnolo tra il 385 e il 388, anno in
cui morì, lavorando in collaborazione col vescovo Marcello,
demolì il celebre tempio di Edessa, quelli dell’isola Imbro
(templi di Zeus, Ermes, Dioniso, Artemide, Apollo, Nemesi,
Cristianesimo sanguinario 85

Asclepio, Persefone ecc), quelli di Palmira, il grande tempio


di Zeus ad Apamia, che all’epoca era la seconda più grande
città siriana dopo Antiochia e centro della scuola filosofica
neoplatonica di Giamblico, e probabilmente fu responsabile
della distruzione definitiva dell’oracolo di Apollo Didimeo
che era stato restaurato da Giuliano. Il tutto accompagnato
da continue violenze contro le popolazioni di quei luoghi in
un clima di terrorismo106.
Nel 388-89 bande di monaci portatori di clave, pietre
e ferri, che quando non agivano da sole accompagnavano
le azioni delle folle guidate da vescovi e preti, delle armate
bizantine e dei condottieri barbari cristiani, colpirono con
grande ferocia la Siria e la Mesopotamia, mentre folle gui-
date da vescovi causavano grandi distruzioni non solo ai
templi pagani ma anche alle sinagoghe ebraiche e alle chie-
se cristiane “eretiche” (in questa occasione quelle dei cosid-
detti “valentiniani”). Teodosio allora ordinò che le sinago-
ghe e le chiese venissero ricostruite a spese dei distruttori
- ordine mai dato invece dal potere imperiale per i templi
pagani, tranne che ovviamente nel periodo di Giuliano - e
ciò causò la reazione rabbiosa del vescovo Ambrogio che in-
vece considerava giuste le azioni dei suoi colleghi orientali
sostenendo che gli incendi erano necessari per la “purifi-
cazione di questi luoghi di demenza ed empietà”. D’altra
parte gli ebrei erano per il vescovo di Milano e maestro
della chiesa meritevoli di morte e dovevano essere cacciati
ovunque col “flagello di Cristo”, quindi non vi era niente
86 Sotirios Fotios Drokalos

di male nel perseguirli e distruggere le loro sinagoghe107.


Quindi Ambrogio minacciò Teodosio di non celebrare mai
più messa per lui. L’imperatore si offese e questo malcon-
tento nelle relazioni personali tra questi due esponenti al
vertice del regime offrì un piccolo sollievo all’aristocrazia
senatoriale romana che rimaneva fortemente pagana; Te-
odosio malgrado essa fosse il grande avversario della chie-
sa cristiana legata alla nuova aristocrazia imperiale, la
affrontò per un paio d’anni con un po’ più di tolleranza
giacché essa era anche il grande avversario del vescovo
di Milano. Tolleranza che deve comunque essere intesa in
senso estremamente stretto, visto che la cristianizzazione
forzata delle istituzioni continuava ininterrottamente: il
7 agosto 389 con un editto imperiale vennero aboliti tutti
i giorni festivi delle religioni pagane108 che da lì in avanti
sarebbero stati considerati dei giorni lavorativi comuni, e
venne vietata ogni cronologia diversa da quella cristiana.
Infine a Teodosio venne imposta da Ambrogio una pubblica
penitenza affinché venisse riaccettato alla comunità cristia-
na, cosa che l’imperatore fece nel Natale del 390 accettando
come i suoi predecessori la sua sottomissione e la commi-
stione della chiesa con il potere imperiale. Ambrogio ave-
va imposto la formale penitenza pubblica all’imperatore a
causa della strage di Salonicco commessa da Teodosio e dal
suo esercito allo scopo di sopprimere una rivolta della popo-
lazione109. In realtà però quella strage, compiuta nell’ippo-
dromo della città con quindicimila morti, fu obiettivamente
Cristianesimo sanguinario 87

molto utile e non poteva che essere gradita alla chiesa, dal
momento che aveva eliminato una rivolta di greci pagani
contro l’amministrazione del regime cristiano.

Distruzioni e stragi ad Alessandria;


Libanio e le bande di monaci

Ad Alessandria nel frattempo dal 388 era cominciata


una grande persecuzione dei pagani guidata dal patriarca
Teofilo a cui naturalmente l’imperatore Teodosio diede pie-
no appoggio e il permesso di demolire i templi della città.
Il risultato fu infatti la demolizione di tutti i templi greci,
compreso quello di Zeus, o la loro trasformazione in chiese
cristiane, come nel caso di quello di Dioniso. Il sacerdote del
tempio di Zeus, il colto Elladio, riuscì a sfuggire soltanto
uccidendo i suoi aggressori e viaggiò fino a Costantinopoli,
dove parlò all’imperatore della violenza subita e in gene-
re dell’aggressione subita dai pagani, senza riuscire a con-
vincerlo110. Intanto ad Alessandria i cristiani eliminavano i
preti pagani attraverso lapidazioni e contemporaneamente
ridicolizzavano e umiliavano in diversi modi le religioni pa-
gane, i loro simboli e oggetti sacri, che venivano ad esempio
trasportati con asini in giro per la città.
Infine i pagani si ribellarono contro il terrorismo e i
sacrilegi, ma l’esercito bizantino al fianco delle bande vio-
lente cristiane li soppresse, costringendoli a fuggire nel
Serapeo, che era il più grande tempio ancora funzionante
88 Sotirios Fotios Drokalos

nell’Impero, destinato ad essere distrutto a breve. “Sfrut-


tando il suo potere Teofilo offendeva in ogni modo i misteri
dei greci e da una parte purificò il Mitreo dall’altra distrus-
se il Serapeo (...) e tutto quello che c’era dentro il Serapeo
lo ridicolizzò portandolo nel mezzo dell’agorà (...) i templi
venivano distrutti mentre le statue degli dèi si facevano en-
trare nelle fornaci”, scrive il cristiano Socrate lo “Scolasti-
co” nella sua “Storia Ecclesiastica”111. Come dice Silvia Ron-
chey “Teofilo, secondo il cristiano Socrate lo Scolastico, ave-
va fatto “tutto quello che poteva per recare offesa ai misteri
degli ellèni” ed esposto al pubblico sguardo i preziosi oggetti
di culto che aveva fatto razziare, perché la loro fastosa bel-
lezza e la loro misteriosa forza d’incanto fossero svilite e
derise dalla folla dei passanti”112. Il monaco Senuzio, che da
anni terrorizzava la popolazione greca e pagana dell’Africa
del Nord derubando case e uccidendo moltissime persone,
questa volta guida, sotto ordine del suo capo patriarca Teo-
filo e con il consenso delle forze imperiali, bande di monaci
cristiani contro il Serapeo, dentro cui erano fuggiti gli in-
sorti greci con a capo il filosofo Olimpio. Scopo di questi ul-
timi non era proteggere soltanto il tempio come luogo sacro
e religioso, ma proteggere anche le migliaia di libri che esso
ospitava. Dopo che i difensori furono usciti dall’edificio in
seguito ad una negoziazione in cui intervenne l’imperatore
Teodosio, che volendo evitare l’ennesima strage massiccia
di pagani ordinò ai cristiani di astenersi dall’uccidere delle
persone, questi lanciarono il loro attacco distruttivo contro
Cristianesimo sanguinario 89

il grande tempio egiziano. Il più grandioso edificio dell’inte-


ro impero dopo il Campidoglio di Roma secondo Ammiano
Marcellino, venne allora bruciato e distrutto. Lo stesso suc-
cesse con la sua biblioteca e le già menzionate migliaia di
libri greci che si trovavano là, ma anche con la grandissima
statua criselefantina del dio Serapide, costruita dal famoso
scultore ateniese del IV secolo a.e.v. Briasside (Βρυάξις) che
finì in pezzi. Infatti i cristiani, secondo il racconto dello sto-
rico ecclesiastico Teodoreto di Ciro “fecero la statua a picco-
li pezzi, ne diedero una parte alle fiamme e ne trascinarono
la testa per tutta la città sotto gli occhi dei suoi adoratori e
deridendo la debolezza di quell’essere che era stato adorato.
Così dappertutto, facendo loro guerra per terra e per mare,
venivano abbattuti i templi degli idoli”113.
Libanio, preso dalla disperazione, aveva già un paio
d’anni prima scritto una lettera allo stesso imperatore
Teodosio supplicandolo di fermare l’attività criminale dei
bandisti cristiani, descrivendo le loro violenze: “Attaccano i
templi con legni, pietre e ferri e anche senza di essi, usando
i loro piedi e le loro mani. Dopodiché tutto viene saccheg-
giato, i soffitti vengono demoliti, i palazzi rasi al suolo, gli
altari rovesciati, mentre gli adoratori devono scegliere tra
il rimanere definitivamente silenziosi o morire. E quando
il male accade una volta, viene seguito da un secondo e un
terzo assalto e ogni loro trofeo illecito viene seguito da altri
ancora. Operazioni del genere vengono fatte perfino dentro
le città, anche se ne subisce di più la campagna”. E Libanio
90 Sotirios Fotios Drokalos

continua: “Si lanciano verso i campi come un torrente per


distruggere i santuari (...) e dicono che stanno combattendo
i templi ma questa guerra è per il profitto del saccheggio
fatto contro la proprietà dei templi. E rubano anche gli ani-
mali dei poveri dalle scuderie. E non gli basta tutto questo,
ma usurpano la terra delle vittime con il pretesto che essa
sia “idolatra” e così in tanti hanno perso con quest’accusa la
loro proprietà paterna. E commettono tutti questi crimini
briganteschi mentre fanno il digiuno, come loro stessi dico-
no, per servire Dio. E quando trovano un campo difficile da
ottenere, cominciano a dire che in esso si fanno dei presunti
sacrifici e altri mali, e subito vengono inviati contro i suoi
proprietari dei “rieducatori”, perché è così che questi ladri
chiamano se stessi”114.
Ma Teodosio era favorevole a quanto fatto dai suoi
correligionari, così nel 391, con un editto emanato il 24 feb-
braio, riaffermò nuovamente il divieto per i sacrifici e per
la celebrazione di riti nei templi, questa volta inasprendo il
veto visto che ormai finirono per essere considerati illegali
anche la semplice visita e l’avvicinamento ad essi: “Nessu-
no si avvicinerà a templi, nessuno li attraverserà e nessuno
onorerà più immagini fatte da mano umana”115.
In tutti quegli anni, in particolare nell’Africa del
Nord, operavano anche i cosiddetti “circumcellioni” (cir-
cumcelliones) o “soldati di Cristo” come si facevano chiama-
re. Si trattava di bande di monaci che terrorizzavano la po-
polazione commettendo distruzioni, saccheggi e omicidi con
Cristianesimo sanguinario 91

particolare crudeltà e organizzazione. Le loro azioni furo-


no molte volte guidate da vescovi o da ufficiali dell’Impero,
come per molti altri gruppi violenti cristiani. Ad un certo
punto si legarono alla setta donatista, odiata dal cristia-
nesimo ortodosso, ma le loro azioni continuarono ad esse-
re sempre perfettamente tollerate e in sostanza sostenute
dalle forze dell’ordine bizantine, tranne in alcuni casi in cui
questi estremisti colpirono addirittura chiese trinitariste.
Essi usavano clave perché Gesù secondo il vangelo di Gio-
vanni aveva detto a Pietro di lasciare la spada per terra nel
giardino di Getsemani, quindi usare la spada sarebbe stato
un peccato; invece uccidere e rubare usando la clava secon-
do loro no, al contrario si trattava di un atto santo, e così
questi devoti monaci accompagnavano ogni loro assalto a
case o a passeggeri con l’urlo “Lodate Dio!” (Laudate Deum).
In seguito Teodosio, il 16 giugno 391, emanò un altro editto
che vietava ogni interferenza con i templi pagani116.

Il movimento pagano di Flaviano

Nel 390 a Roma viene abolita, da parte del regime


cristiano, l’antichissima carica dell’augure che esisteva da
molti secoli, mentre già da quattro anni, dopo l’editto del
16 giugno 386, è in carica il divieto della semplice manu-
tenzione dei templi anche da parte di cristiani che stima-
vano almeno il loro valore artistico, e ogni celebrazione
folkloristica delle grandi feste romane una volta legate
92 Sotirios Fotios Drokalos

alla repubblica117. Ma nel 392 l’imperatore Valentiniano


II viene ucciso e i romani hanno l’occasione di ribellarsi.
Un ex cristiano che aveva rinnegato il suo battesimo e fatto
ritorno alla religione romana patria, Flavio Eugenio, vie-
ne proclamato imperatore a Lugduno il 22 agosto 392. In
Italia, dove arriverà nella primavera dell’anno seguente, lo
aspetta un aristocratico pagano, il generale Virio Nicoma-
co Flaviano, che nel frattempo restituisce la statua della
Vittoria al Senato e soprattutto la legalità del culto degli
dei ma anche la sua predominanza come religione ufficiale
dello Stato, godendo del sostegno della stragrande maggio-
ranza dei senatori e del popolo. Il 27 marzo 394 i romani,
avendo prima provveduto a praticare, come da tradizione,
l’amburbium, vale a dire la santificazione, celebrano nuo-
vamente per le strade della città la festa della dea Cibele
e continuano con quella della Venus Verticordia il primo
aprile. Tra il 28 aprile e il 3 maggio festeggiano poi la “flo-
ralia” in onore della dea Flora.
Il movimento pagano di cui Flaviano fu l’anima
si rafforzava sempre di più, e sembrò che la parentesi cri-
stiana stesse per chiudersi per la storia di Roma, tanto che
moltissime persone che prima avevano aderito al cristiane-
simo a causa del suo dominio politico ora tornarono massic-
ciamente alla religione nazionale. Il paganesimo per lungo
oppresso, perseguitato, sepolto, tornava ora a fiorire e ad
esprimere la sua forza e le sue radici profondissime. Flavia-
no parlava alla nazione della sicura vittoria della romanità
Cristianesimo sanguinario 93

contro la religione conquistatrice e prometteva il completo


risorgimento del paganesimo subito dopo l’annientamento
del barbaro imperatore cristiano d’Oriente. Il programma
di Flaviano comprendeva la demolizione di tutte le chie-
se cristiane che erano state edificate usando materiali dei
templi distrutti e la restituzione dei patrimoni dei templi
derubati dal regime cristiano, nonché l’imposizione della
leva militare obbligatoria anche per i preti cristiani.
Il vescovo di Milano Ambrogio, terrorizzato nel veni-
re a sapere delle evoluzioni intervenute a Roma, abbandona
allora i suoi fedeli, troppo vile per affrontare la nuova real-
tà così diversa rispetto a quando, collaborando con il potere
statale, compiva persecuzioni contro i pagani, e da fuggiasco
si rivolge a Teodosio. Infine l’Occidente liberato e di nuovo
pagano si scontra con l’Oriente cristiano - o detto in altri ter-
mini Roma con la Nova Roma, Costantinopoli, il 5 settembre
394 nella battaglia del fiume Frigido, sul confine odierno tra
l’Italia e la Slovenia. Teodosio riuscì a comprare i mercenari
franchi e germanici dell’esercito occidentale, lasciandolo in
una grave inferiorità numerica. Quindi dopo due giorni di
resistenza disperata l’esercito romano pagano di Flaviano
ed Eugenio venne sconfitto e massacrato, malgrado i roma-
ni avessero posto su un vicino colle due grandissime statue
d’oro, una di Zeus (Juppiter) e una di Ercole (Hercules). L’im-
peratore Eugenio fu arrestato, brutalizzato e infine decapi-
tato, e la sua testa venne portata in tutta l’Italia per fare
da insegnamento. Flaviano, detto “ultimo dei romani”118 si
94 Sotirios Fotios Drokalos

suicidò per non cadere vivo nelle mani dei nemici.


Questa fu l’ultima battaglia su scala globale dell’Eu-
ropa pagana contro il regime tirannico cristiano. Ci vorran-
no molti secoli prima che una nuova forza anticristiana, a
mio avviso in gran parte ispirata direttamente al mondo
greco-romano, appaia di nuovo in Europa con la Rivolu-
zione francese e Napoleone Bonaparte, e combatta per la
liberazione delle nazioni europee, ottenendo questa volta
risultati migliori anche se non ideali.
I pagani romani, che dopo la battaglia di Frigido do-
vettero accontentarsi di praticare soltanto privatamente
il loro culto, saranno ulteriormente e decisamente colpiti
quindici anni dopo dai cristiani goti di Alarico, come vedre-
mo più avanti.

Gli ultimi anni di Teodosio I


e l’abolizione dei giochi olimpici

In Oriente con l’editto dell’8 novembre 392 promul-


gato dall’imperatore Teodosio I119 fu vietata di nuovo ogni
manifestazione religiosa della “gentilitia superstitio”, come
venne chiamata la religione pagana nel testo della legge,
dai sacrifici di animali ai sacrifici non sanguinari, dalla
semplice deposizione di corone d’alloro sulle statue degli
dèi famigliari all’uso dell’olibano120. La pena per la pratica
di ciascuno di questi riti era il sequestro della casa o del
campo di chi fosse stato giudicato colpevole. Venne inoltre
Cristianesimo sanguinario 95

sin dalla prima frase sottolineato che il divieto e le pene sa-


rebbero valide in uguale misura indipendentemente dalla
posizione sociale, economica, giuridica e dalla discendenza
dei trasgressori di questa legge oppressiva. Ma come se non
bastasse l’editto del 392, l’offensiva del regime di Costan-
tinopoli contro la civiltà greca divenne ancora più violenta
ed estrema quando nel 393 Teodosio vietò gli stessi giochi
olimpici, insieme a quelli pitici e a tutti gli altri.
I giochi olimpici, che scomparirono nella loro forma
vera e originale con questo editto, rappresentavano non solo
un evento sportivo e religioso di importanza fondamentale,
ma anche lo stesso simbolo della coscienza comune greca.
Fu la prima olimpiade del 776 a.e.v. a segnalare la partenza
della cronologia panellenica e i giorni dei giochi erano gior-
ni di tregua nel caso in cui gli stati greci si fossero trovati in
guerra fra di loro. Essi stavano quindi a simboleggiare l’ap-
partenenza di tutti i greci ad una nazione e ad una cultura
comuni. Per le suddette ragioni questo provvedimento della
teocrazia bizantina colpì i greci più di tutti i precedenti e
causò un grandissimo dolore alla nazione, che probabilmen-
te reagì rifiutandosi di rispettarlo. “C’era la sensazione che
insieme ai giochi olimpici morisse contemporaneamente
l’entità stessa della nazione. E quale popolo, come quello
greco, non avrebbe resistito al suo sterminio politico e non
avrebbe custodito nel suo cuore le memorie di un passato
così glorioso? Questo editto dell’imperatore Teodosio lo ap-
plicarono i goti con incendi nella stessa Olimpia”121.
96 Sotirios Fotios Drokalos

Ma l’intransigenza e l’odio dell’imperatore e della


chiesa cristiani non erano ancora soddisfatti, e un evento
altrettanto terribile stava per accadere. Poco tempo dopo il
glorioso grande tempio di Zeus a Olimpia venne completa-
mente distrutto insieme alla leggendaria statua del padre
degli dèi e degli uomini, una delle sette meraviglie del mon-
do, fabbricata dal grande scultore ateniese Fidia intorno al
430 a.e.v.. In questo ultimo crimine contro la civiltà possia-
mo individuare un evento il cui racconto penso che possa ri-
assumere la storia del pedominio cristiano e della distruzio-
ne dei culti pagani. Si tratta della demolizione del grande
altare di Zeus e l’estirpazione del suo albero sacro. L’altare
di Zeus a Olimpia era stato fatto nel corso dei secoli dai
sacerdoti di Zeus Olimpio e aveva in quegli anni un’altezza
di sei metri e mezzo. Essi prendevano periodicamente la
cenere proveniente della fiamme sacra e servendosi dell’ac-
qua del fiume Alfeo creavano l’argilla che poi aggiungevano
piamente all’altare facendolo diventare sempre più grosso
e alto, come in un rito secolare di delicatezza e creazione
che rappresenta benissimo l’approccio di questa religione
al mondo naturale. Fu distrutto in pochi minuti da ululanti
monaci cristiani, i quali non si accontentarono ma prose-
guirono con l’estirpazione dell’albero sacro del grande dio,
che esisteva in quel posto da molti secoli essendo cresciuto
insieme all’altare.
Cristianesimo sanguinario 97

Alarico, Arcadio e la distruzione della Grecia

Le disgrazie e il declino fatale della culla stessa del-


la civiltà greca non smisero più. Nel 395 Alarico, guidando
un esercito di goti marciò su Costantinopoli alla ricerca di
ricchezze e gloria, nonostante fossero state loro regalate,
nel 382, delle terre in Tracia e avessero il titolo di allea-
ti dell’imperatore Teodosio I, perché avevano accettato di
convertirsi al cristianesimo. Forse fu addirittura la scom-
parsa di Teodosio con la contemporanea ascesa al trono
del primogenito di Teodosio, Arcadio, una persona debole
e senza carattere anche secondo gli autori cristiani122, che
fece aspirare ad Alarico e ai suoi goti qualcosa di più di
quanto già ottenuto. Per evitare il pericolo per la capitale
Rufino, l’eunuco prefetto del pretorio e consigliere del nuo-
vo imperatore, avvertì Alarico delle grandissime ricchezze
degli “idolatri” templi greci, proponendogli di marciare in-
vece verso la Grecia.
Alarico, convinto, invase prima la Macedonia, cau-
sando enormi disastri ad uno dei più sacri luoghi greci, il
Dìon, e poi si mosse agguerrito verso sud. Ad aspettare il
suo barbarico esercito, che era seguito da moltissimi mo-
naci ariani, c’era un’armata bizantina sotto la guida del
generale Geronzio. Ma Geronzio, amico intimo di Rufino e
cristiano, non opporrà alcuna resistenza e permetterà in-
vece ad Alarico di oltrepassare liberamente quel posto che
98 Sotirios Fotios Drokalos

da secoli era la roccaforte naturale della Grecia del sud, le


Termopili123. I goti entrarono così nella Beozia e all’Attica e
distrussero ogni città e villaggio che incontrarono sulla loro
strada, uccidendo i maschi, schiavizzando donne e bambini,
e demolendo con odio furente i templi e le statue, guidati da
migliaia di deliranti monaci cristiani in questa loro opera
infame. È allora che il santuario di Delfi venne distrutto e
fu ucciso l’ultimo ierofante di Eleusi, Ilario. Gli ignari goti
entrarono nell’abato del tempio di Persefone, e conclusero
la loro blasfemia distruggendolo e uccidendone tutti i sacer-
doti. L’unica città che riuscì a respingere l’attacco dei goti
cristiani fu Atene, grazie ad una sua recente fortificazione.
Nel corso di questa avanzata il generale dell’Occi-
dente Stilicone, di origine vandala, benché anche lui cri-
stiano, si mosse per affrontare l’invasione di Alarico agendo
con la dignità e il patriottismo elementari per un generale
dell’impero. Ma la corte di Costantinopoli, a cui mancavano
anche queste virtù, gli diede ordine di astenersi. In seguito
Alarico entrò nel Peloponneso alle cui porte, cioè all’istmo
di Corinto, il proconsole Antioco fece ritirare le sue truppe
senza resistere, seguendo l’ordine segreto della cancelleria
di Costantinopoli124. In parallelo un secondo ordine impedì
di nuovo a Stilicone di intervenire e schiacciare gli invasori
e in più “il Senato orientale dichiarò nemico pubblico que-
sto liberatore troppo zelante”125.
L’esito di questa scandalosa collaborazione mul-
tilaterale tra il condottiero goto e il regime cristiano di
Cristianesimo sanguinario 99

Costantinopoli contro gli “idolatri” greci, fu la distruzio-


ne totale o il saccheggio di una serie di città greche come
Megara, Corinto, Argo, che avevano dai tempi di Giuliano
visto fiorire di nuovo la filosofia, con la fondazione e l’at-
tività di molte scuole filosofiche, insieme all’adorazione di
Afrodite, Apollo e Atena, continuata malgrado le persecu-
zioni e i divieti126. Vittime delle orde gote e dei monaci cri-
stiani furono anche Nemea e il suo glorioso tempio dorico
di Zeus, Megalopoli, Tegea, e infine Sparta, Messina, Ili e
molte altre città ancora, oltre a innumerevoli biblioteche,
templi, statue e opere artistiche.
Dopo questo disastro Stilicone infine disconobbe gli
ordini di Costantinopoli che erano di nuovo contrari a un
suo intervento e sbarcò con le legioni dell’Occidente nel Pe-
loponneso, incastrando facilmente Alarico e il suo esercito,
che intanto aveva già cominciato ad affrontare la resistenza
spontanea della popolazione greca. Questi dovette ritirarsi
precipitosamente per salvare le sue truppe dall’annienta-
mento, fatto che dimostra ancora più chiaramente la respon-
sabilità di Costantinopoli per quanto accaduto. C’è un fatto
stupefacente a dimostrare in modo ancora più inequivoca-
bile questa conclusione: dopo gli eventi tragici accaduti in
Grecia il regime bizantino proclamò il massacratore e deva-
statore Alarico governatore dell’Illirico. Lo scopo dei sovrani
d’Oriente era duplice in quanto da lì in poi “deviarono i suoi
assalti verso l’Italia, loro rivale”127. Esattamente la stessa re-
sponsabilità pesa sul regime cristiano - in questo caso anche
100 Sotirios Fotios Drokalos

occidentale - per il saccheggio di Roma avvenuto nel 410 di


nuovo da parte di Alarico, del quale ci occuperemo più avanti.
L’ostilità di Arcadio, o meglio dei suoi consiglieri eu-
nuchi e della Chiesa, che in sostanza governavano usan-
dolo come burattino, non si limitò a quanto già raccontato
in relazione all’invasione gota ma venne integrata da tre
leggi, quelle del 22 luglio 395, del 7 agosto 395 e del 7 di-
cembre 396, le quali ribadirono tutti i divieti e le pene im-
poste ai pagani. I sacerdoti pagani si spogliarono di tutti
i privilegi sopravvissuti fino a quel momento, i riti paga-
ni vennero considerati contrari alle leggi imperiali, men-
tre venne vietato ai cristiani di presentarsi perfino come
ospiti a cerimonie pagane, e gli dèi greci vennero chiama-
ti “demoni” nel senso alterato della parola, che riflette la
concezione cristiana secondo la posizione dei santi Basilio
e Atanasio. Questa caratterizzazione, ribadita anche da
sant’Agostino nella sua “Città di Dio” (“spiriti maligni”),
fa capire molto di più di quanto forse si percepisce a prima
vista, poichè ci informa che la posizione teologica cristiana
sulle religioni pagane e gli dèi non parla della loro inesi-
stenza ma li considera forze diaboliche esistenti. Vale a
dire che i greci e gli altri politeisti, praticamente tutte le
nazioni e i popoli del pianeta terra, non erano semplice-
mente degli ignoranti o illusi che adoravano degli dèi ine-
sistenti, bensì adoratori di forze diaboliche. Tutta le civiltà
umane precristiane, quella greca, quella egiziana, quella
indiana, cinese, incas, sono dunque, secondo le dottrine di
Cristianesimo sanguinario 101

questi personaggi inqualificabili, opera di forze diaboliche,


legittimando dunque non solo qualsiasi atrocità contro di
esse ma auspicando addirittura la loro estinzione.
Nel 397 la persecuzione e il genocidio contro i greci
faranno un salto di qualità, per quanto questo possa sem-
brare impossibile viste le violenze già raccontate: questa
volta viene ordinata semplicemente la distruzione totale di
tutti i templi greci (“radete al suolo”). L’ordine, che verrà
eseguito il 13 luglio 399, recita: “se continuano ad esistere
in campagna dei templi eretti, che siano rasi al suolo senza
rumori e agitazioni. Perché solo quando essi saranno de-
moliti e scomparsi dalla faccia della terra, sarà distrutta
la base materiale su cui si fonda la superstizione dei pa-
gani”128. Tra i templi distrutti in seguito a questo ordine ci
furono quelli di Estia ad Efeso, di Artemide a Neapolis di
Traccia, di Zeus in Acarnania, i pochi che erano rimasti a
Delfi, quelli di Nemesi e Temide in Attica.
Un anno dopo il vescovo Nikitas demolì l’oracolo di
Dioniso a Bessa e battezzò nell’arco di tre giorni tutti gli abi-
tanti del luogo come egli stesso scrisse, fiero. Sono ovvi la
violenza ed il terrorismo usati contro questi poveri greci af-
finché “accettassero” il cristianesimo, e si tratta naturalmen-
te di una pratica ripetuta innumerevoli volte. Ovunque la
propaganda cristiana parli di “santi” che trasmisero il verbo
dobbiamo riconoscere tra loro proselitisti violenti e fanatici
che compiendo stragi, violenze, torture, distruzioni, coadiu-
vati dall’esercito imperiale e da folle di fedeli, imposero alla
102 Sotirios Fotios Drokalos

popolazione rimasta viva la conversione forzata al cristia-


nesimo. Questa è la realtà, che peraltro si intravede nelle
grottesche favole propagandistiche cristiane stesse, le quali
molto spesso parlano di angeli del signore o di fuochi venuti
dal cielo che uccidevano i cattivi idolatri e distruggevano i
templi demoniaci.
Nel 400 finì raso al suolo l’antichissimo oracolo greco
di Gargano negli Appennini, e al suo posto venne costruita
una chiesa cristiana. Nel giugno del 401 in Africa del Nord
la folla cristiana di Cartagine profanò una grande statua
di Ercole, azione esaltata nella sua predica da sant’Agosti-
no, mentre nella stessa città di Cartagine in quell’anno il
XV Santo Sinodo cristiano previde la scomunica, anche post
mortem, di ogni cristiano che avesse creato relazioni di pa-
rentela o avesse omesso di diseredare eventuali suoi paren-
ti pagani. Il sinodo inoltre afferma che “ci sono anche altre
richieste verso i devotissimi imperatori, come la necessità
di ordinare la distruzione totale, da un angolo dell’Africa
all’altro, di tutti gli idoli che vi rimangono, perché in alcune
aree costiere e alcune zone della campagna fiorisce la me-
schinità di questa menzogna, e anche la distruzione tanto
delle statue quanto dei templi ignoti che sono stati rialzati
tanto in aree rurali quanto isolate. E deve essere inoltre
chiesto, dovunque vengono celebrate, a causa della menzo-
gna pagana, varie feste religiose non ammesse dalla legge
e dove i cristiani vengano sollecitati a parteciparvi, che sia-
no inflitte pene severe, siccome loro insistono a festeggiare
Cristianesimo sanguinario 103

negli stessi giorni nei quali noi onoriamo i nostri benedetti


martiri, perfino vicino alle nostre stesse chiese”129.
Nello stesso anno viene duramente colpita anche una
città che fino ad allora manteneva il suo carattere pagano
e greco, Gaza, che poteva essere fiera dei suoi otto templi
dedicati al Sole, ad Apollo, Afrodite, Persefone, Ecate, agli
Eroi, alla Fortuna e a Zeus, e delle sue scuole di retorica,
che rimarranno funzionanti fino al VI secolo. I pochi cri-
stiani della città, sotto la guida del monaco Porfirio, che poi
venne proclamato santo dalla chiesa, sostenuti dall’esercito
bizantino e seguendo gli ordini dello stesso Arcadio - che
dal 400 è sotto la guida non solo della chiesa e degli eunuchi
cristiani ma anche di sua moglie, la fanatica Ellia Eudossia -
lanciarono un attacco feroce. Incendiarono i sette templi, e il
più famoso e più grande, quello di Zeus, non solo finì comple-
tamente distrutto, ma i cristiani costruirono una loro chiesa
coi suoi marmi, in particolare quei del suo abato che vennero
usati come piastrelle per la piazza cosicché “uomini e animali
lo pestassero sotto i piedi”130. Intanto il devoto popolo avreb-
be evitato per anni di camminare su quelle piastrelle, scrive
Marco Diacono, lo stesso biografo di Porfirio. Vale la pena ri-
portare qui un brano dalla biografia di san Porfirio, vescovo di
Gaza, scritta da Marco Diacono, che presenta implicitamente
non solo il modus operandi barbarico dei proselitisti cristiani,
santi per la chiesa, ma anche il fatto che questo proselitismo
veniva effettuato contro la volontà della grande maggioranza
e in molti casi della totalità delle popolazioni sottoposte ad
104 Sotirios Fotios Drokalos

esso: “C’era una colonna di marmo, che dicevano fosse di Afro-


dite ed era posizionata sull’altare di pietra e su questa colonna
era scolpita una donna nuda con tutte le sue bruttezze. Tutti
gli abitanti della città offrivano là degli onori, ma soprattutto
le donne, accendendo lumi e navicelle, perché dicevano che
lei visitava durante il sonno quelle che desideravano sposarsi,
ma erano tutte menzogne che dicevano illudendosi l’una l’al-
tra... Quando dunque arrivammo nella città e ci avvicinammo
al posto dove si trovava l’idolo di Afrodite, i cristiani alzarono
il santo legno di Cristo, cioè la croce. E ci vide il demone che
abitava dentro la colonna e non potendo sopportare la vista del
formidabile segno, saltando fuori dal marmo lo fece a pezzi. E
dei due idolatri, che per coincidenza si trovavano vicino all’al-
tare, ad uno fracassò la testa e all’altro spezzò la mano dalla
spalla perché stavano lì a deridere il popolo santo”131. Brano
scioccante anche per la grottesca abitudine dei propagandisti
cristiani di presentare azioni criminali e disumane come atti
di dèi e demoni.
In parallelo con tutto ciò moltissime case vengono
saccheggiate, molte statue distrutte, innumerevoli libri rac-
colti in grandi ammassi e poi bruciati, ed infine tante perso-
ne vengono uccise. Nel 404 la grande sinagoga di Alessan-
dria viene trasformata in una chiesa dedicata a san Giorgio
e inoltre gli ebrei perdono il diritto di esercitare una serie
di professioni, a partire naturalmente da quelle politiche,
giuridiche e militari.
Cristianesimo sanguinario 105

Giovanni Crisostomo, Onorio


e la caduta di Roma a causa dei goti

In quegli anni opera anche il patriarca di Costantino-


poli Giovanni Crisostomo, un importantissimo personaggio
della religione cristiana che abbiamo già incontrato più vol-
te. Egli nel giugno del 404 viene destituito ed esiliato dal pa-
triarca Teofilo dopo scontri feroci, anche sanguinosi, ai quali
i suoi seguaci risposero bruciando la cattedrale, il Senato e
anche altri palazzi, mentre lui da allora in poi visse a Cu-
cuso, nell’Armenia orientale. La sua grandissima influenza
e impetuosità si vedono dal fatto che nonostante si trovas-
se in esilio poté mobilitare delle bande di monaci cristiani
dell’area contro la Palestina e la Siria affinché vi devastasse-
ro gli “idoli”, cioè le statue e i templi. Teodoreto di Ciro scrive
nella sua “Storia Ecclesiastica”: “Quando Giovanni venne a
sapere che la Fenice insisteva ancora in rituali in favore dei
demoni, raccolse monaci infiammati da gelo divino e (...) li
mandò contro i templi; i soldi per pagare i demolitori e i con-
trollori non li prese dalle casse reali, ma convinse donne ric-
che a darglieli (...) così distrusse dalle fondamenta le navate
dei demoni che erano ancora erette”132.
Così fece lo stesso Giovanni Crisostomo dopo che i suoi
battaglioni di bandisti incontrarono la resistenza della popo-
lazione pagana, e si ebbero morti e feriti (Epistola 126): “(...)
siamo stati informati che si sono riproposti nuovamente in
Fenice i mali, ed è cresciuta la mania dei greci e molti monaci
106 Sotirios Fotios Drokalos

sono stati feriti e altri uccisi (...); stiate dunque con coraggio
contro il furibondo diavolo e toglietegli gli uomini che si sono
arrecati al suo servizio e impedite che altri cadano nelle sue
mani; questa è l’azione di un uomo valoroso, di anima sobria,
opera di mente eccelsa e alta, opera degna di centomila allori
e premi da Dio: è un’impresa apostolica”133.
Giovanni Crisostomo odiava i greci in modo sfega-
tato e odiava profondamente il teatro, il ballo e la musica,
oltre che ovviamente il pensiero razionale, la scienza e la
filosofia, la scultura e la pittura. Indicativa della qualità di
questo maestro della chiesa, è la sua pretesa che i cristiani
non cantassero mai, neanche nel caso le madri volessero
addormentare i loro bambini, perché la musica e il canto
sarebbero “rimasugli della falsità greca” e dovevano essere
eliminati134. Dopo quest’informazione orribile sicuramente
non sembrerà tanto sconvolgente la sua opinione sui i filo-
sofi greci, che lui chiamava “malfattori”. Vediamo anche le
altre opinioni di questo santo, padre della chiesa e gerarca
dell’ortodossia. Giovanni Crisostomo dice dei greci: “nazio-
ne abominabile di atei, idolatri, demoni, debosciati, igno-
ranti, corruttori”, della loro religione: “tirannia dei demo-
ni”, della loro saggezza: “invenzione dei demoni, irrisoria,
boria”, del canto, il riso e il ballo: “libidinosi, sporchi, dia-
bolici”, del teatro: “cerimonia del diavolo”. Intanto a Cipro
il già menzionato sant’Epifanio sostenne questa volta che
Dio in persona gli diede l’ordine di distruggere il tempio
di Zeus e saccheggiarlo, ordine verso cui il santo dimostrò
Cristianesimo sanguinario 107

naturalmente di essere all’altezza. Sarebbe fondato pen-


sare che il Dio cristiano decise questa volta di comunicare
direttamente col santo, perché l’imperatore Teodosio, che
tanto aveva fatto per aiutare le imprese di Epifanio come
abbiamo visto in precedenza, era ormai morto, e il suo suc-
cessore Arcadio, benché fosse un collaboratore della chiesa
di tutto rispetto, e sotto alcuni aspetti perfino superiore a
Teodosio, forse a causa della sua debolezza intellettuale
faceva un po’ fatica ad occuparsi di Cipro con il dovuto
interesse per un guerriero di Cristo tanto valoroso come
Epifanio, persecutore della “volgarità” che la presenza di
Afrodite comportava, secondo i cristiani. Per sua fortuna
però Epifanio poteva comunque contare su un altro gran-
de guerriero di Cristo, sant’Eutichio, che a Pafo distrusse
in quello stesso anno il tempio e l’oracolo di Afrodite. Ne-
anche lui fu a quanto pare lasciato solo dalla provvidenza
divina nella sua santa opera visto che “come a Mosè fu
dato Aaron per fargli da assistente, così a Eutuchio fu dato
il compagno Nicolao. Perché insieme a lui sbaragliò il tem-
pio della sporca dea e fondò la bellissima chiesa della Santa
Annunziata, e dalle pietre della sporca dea che combatteva
contro Dio, costruì la santa casa”135. Di questo brano preso
dalla biografia di Eutichio, nonché della dichiarazione di
sant’Epifanio e tantissimi altri testi e discorsi propagandi-
stici cristiani, possiamo oggi ridere e ironizzare, ma dobbia-
mo subito dopo pensare a tutti quelli che subirono il delirio
aggressivo di personaggi evidentemente squilibrati come i
108 Sotirios Fotios Drokalos

summenzionati santi cristiani, vivendo in epoche in cui loro


non solo operavano liberamente ma addirittura dominava-
no la vita politica e culturale.
Nel dicembre del 407 a Roma l’imperatore Onorio or-
dinò la combustione dei libri sibillini, affidando questa ope-
razione al generale Stilicone. Questi libri si consideravano
acquistati dal re antico Tarquinio il Superbo dall’oracolo
Sibilla Almatia della città greca di Cuma, e contenevano in
greco suggerimenti per il buon governo e divinazioni utili
agli oracoli di Roma. I libri erano ritenuti sacri e custoditi
proprio nel tempio di Giove Capitolino, il cuore della città.
Si trattava dunque ancora di un sacrilegio di primo ordine
mirato all’ennesima dimostrazione di forza del regime cri-
stiano verso i persistenti pagani.
Nel 408 una legge comune di Arcadio e Onorio ordinò
la spoliazione dei templi pagani di tutte le statue e le al-
tre decorazioni, come anche la demolizione degli altari, co-
sicché gli edifici potessero essere trasformati in chiese cri-
stiane, in campi militari o semplicemente in materie prime
per la costruzione di opere pubbliche. Il tutto accadde sotto
la vigilanza e la guida dei vescovi cristiani di ogni luogo.
La legge specificava che per i giudici non particolarmente
appassionati nell’applicazione di quanto da essa prescritto
sarebbero occorse pesantissime sanzioni pecuniarie pari a
venti litri d’oro, ammesso che non ci finissero dentro loro
stessi accusati di idolatria, cosa in effetti accaduta più vol-
te, come ad esempio al vescovo di Salonicco Taleleo136. In
Cristianesimo sanguinario 109

questa occasione è stato distrutto il tempio di Asclepio ad


Epidauro, il teatro di Dioniso, l’altare di Zeus sul colle Li-
cabetto di Atene, al cui posto venne costruita una chiesa
cristiana, i seni usati per il culto di Asclepio, Pan e Igea
situati intorno all’Acropoli, e infine moltissimi capolavori
della pittura, come i dipinti di famosi pittori dell’antichità
quali Micone, Polignoto, Eufrone, sculture come il Perseo di
Mirone, l’Eretteo, il Cavallo di Troia, l’Eumolpo, l’Artemide
Leucofriene, voto dei discendenti di Temistocle, e tre statue
che rappresentavano i tre grandi poeti tragici Eschilo, So-
focle ed Euripide.
È comunque opportuno sottolineare per la secon-
da volta che la continua emanazione di editti e leggi con
contenuto simile, che tendevano ogni volta a risolvere il
problema “grecità” o “paganesimo”, dimostra la perpetua-
zione delle religioni pagane e dell’istruzione greca, e l’osti-
lità delle nazioni verso la religione statale che cercava di
dominare tutto: il cristianesimo. Nonostante le stragi, le
distruzioni, gli episodi di violenza causati dalle folle fana-
tiche cristiane e le leggi oppressive, il politeismo rimane-
va vivo per il disappunto degli imperatori cristiani e della
chiesa. Ancora una prova dell’insussistenza dell’immagine
promossa dalle chiese, che parla di conversioni volontarie,
quando invece nella grande maggioranza dei casi il cri-
stianesimo venne imposto con la forza e attraverso metodi
estremamente violenti e oppressivi.
Nello stesso anno (408) Stilicone viene ucciso dopo
110 Sotirios Fotios Drokalos

un complotto dei consiglieri aulici di Onorio seguito da un


ordine di quest’ultimo, che aveva cominciato a preoccuparsi
di fronte all’influenza crescente del generale vandalo. Alari-
co, che pochi anni prima era stato sconfitto in più occasioni
da Stilicone nel Nord Italia, vedendo fallire i suoi tentativi
di invasione, trova allora l’opportunità di assediare Roma
,supportato anche da migliaia di profughi che erano stati
prima soldati di Stilicone e si trovarono ad essere persegui-
tati dopo il suo omicidio, costretti a fuggire da Roma pur
di salvare la loro vita e quella dei loro famigliari. Queste
azioni insensate di Onorio e della sua corte saranno seguite
dalla codardia visto che questi, contestato da una serie di
aspiranti imperatori che avevano creato una situazione di
disordine e di anarchia senza precedenti nella storia politi-
ca dell’Impero, abbandonò di fronte al pericolo la capitale,
trovando rifugio a Ravenna. Il papa Innocenzio, che terro-
rizzava la povera plebe ignorante predicando che i neonati
non battezzati sarebbero andati direttamente all’inferno137,
diede prova di essere di uguale spessore morale dell’impe-
ratore, fuggiasco di fronte al pericolo, dandosi alla fuga ab-
bandonando i suoi fedeli e la città.
Infine, mezzanotte del 24 agosto, dopo il tradimento di
cristiani che aprirono la Porta Salariana, le orde di Alarico
entrarono in città. Per tre giorni i barbari saccheggiarono
e distrussero Roma, demolendo templi, statue (come quella
grande di bronzo della dea Virtus) e biblioteche, ma non le
chiese cristiane, secondo l’ordine di Alarico, e massacrando
Cristianesimo sanguinario 111

principalmente pagani romani ma anche alcuni cristiani cat-


tolici, giacché i monaci che seguivano Alarico erano ariani.
Comunque la grande maggioranza degli incendi e delle di-
struzioni avvenne sul colle Aventino, sede dell’aristocrazia
composta dagli antichi gentes romani, che erano rimasti na-
turalmente pagani.
Il fuggiasco Onorio, quasi volesse facilitare la vita de-
gli studiosi dei nostri tempi, emanò il 25 agosto, un giorno
dopo la caduta di Roma, mentre era in corso il saccheggio,
un editto con cui la provvisoria libertà di culto da lui isti-
tuita in Africa doveva essere abrogata e ogni culto o dogma
diverso da quello cristiano ortodosso diventava di nuovo il-
legale138. Ciò accadde forse perché i pagani di Roma, che per
un po’ erano riusciti a ottenere un ruolo politico rilevante
a causa del disordine, erano stati di nuovo eliminati dopo
la conquista di Alarico, che voleva soltanto saccheggiare
Roma e non diventarne suo sovrano, tanto che nemmeno
contestò il potere di Onorio. Infatti Onorio rimase impera-
tore fino alla sua morte nel 423, malgrado la sua capitale
fosse stata conquistata da un esercito nemico contro il qua-
le non combatté mai! Secondo me da questo dato si deduce
che l’esercito di Alarico non era nemico del regime cristiano
di Roma ma addirittura un suo alleato contro le comunità
pagane della città, dal momento che esso, come fece nel 395
Costantinopoli, aveva accettato di consegnargli i suoi sud-
diti pagani e le loro ricchezze.
In seguito le stragi e i saccheggi, insieme all’esclusione
112 Sotirios Fotios Drokalos

di chiunque non fosse cristiano dalle cariche pubbliche, com-


portarono l’eliminazione dell’aristocrazia romana, che venne
sostituita da una nuova aristocrazia cristiana. Gli antichi gen-
tes scomparirono definitivamente e di conseguenza il pagane-
simo cittadino venne sostanzialmente estinto, a parte qualche
rimasuglio clandestino. Ma non accadde lo stesso in provincia.
Là, fuori dai centri di potere passati ormai completamente in
mani cristiane, il paganesimo continuò ad esistere almeno fino
al VI secolo, non solo presso i paesani ma anche presso i nobili
romani costretti a sfuggire in campagna per salvarsi dalle per-
secuzioni cristiane. E non solo: feste come le Calende di gennaio
rimasero vive, infatti il penultimo imperatore di Roma Antemio
(467 - 472), persona di grande cultura e studioso dei classici
greci, ripristinò perfino la festa dei Lupercalia e assunse come
suo consulente un pagano di nome Severo; non è dunque sor-
prendente il fatto che la chiesa lo abbia eliminato definendolo
“greco”. I dominatori cristiani non erano disposti ad accettare
nessuna lacuna nel loro dominio assoluto e così nel 494 il papa
Gelasio divenne furioso all’idea del senatore cristiano Andro-
maco di reintegrare di nuovo i Lupercalia. Nonostante tutto,
ancora nel 536, mentre Roma si trovava in pericolo a causa di
un nuovo assedio goto, all’improvviso le porte del tempio di Gia-
no furono aperte da ignote mani “idolatre”, come dice Procopio,
per la salvezza della città; sempre lui ci informa che la divina-
zione etrusca continuava ancora ad esistere139.
Il disastro della città eterna con il saccheggio dei goti
di Alarico rappresentò in fondo una sconfitta anche per il
Cristianesimo sanguinario 113

cristianesimo, perché tutta la loro propaganda dopo la con-


quista del potere imperiale tendeva, inversamente a quan-
to fatto quando l’Impero era ancora pagano, a identificare
la romanità con la cristianità e a rappresentare l’ordine im-
periale come voluto da Dio stesso, come materializzazione
del volere divino e difensore della fede cristiana, tesi che
ora diventava difficile continuare a sostenere. La soluzio-
ne sarà data da un altro grande teorico del cristianesimo,
sant’Agostino.

Persecuzioni religiose
114 Sotirios Fotios Drokalos

VERSO IL MEDIOEVO CRISTIANO

Sant’Agostino

Nel suo celebre “De civitate Dei” (“La Città di Dio”)


Agostino torna a sostenere che la vera patria è nei cieli,
dunque non c’è motivo di lamentarsi se Roma è caduta, sic-
come gli uomini non sono altro che “pellegrini” in questa
vita, per cui devono accettare pazientemente il volere di Dio
e i comandamenti da lui imposti ai fedeli. Inoltre nei 22 libri
del “De civitate Dei”, scritti tra il 413 e il 426, il paganesimo
viene rappresentato come causa di tutti i mali, delle guer-
re e delle stragi. In questo suo tentativo Agostino ci offre
infine, senza volerlo, un’ulteriore prova della posizione che
ho sostenuto relativamente al saccheggio di Roma da parte
dei goti, in sostanza voluto dal regime cristiano. Agostino
scrive: “Quale furore di genti straniere, quale crudeltà di
barbari si può paragonare a questa vittoria di cittadini su
concittadini? Che cosa ha visto Roma di più efferato, ma-
cabro e desolante, forse l’antico saccheggio dei Galli e ora
dei Goti o piuttosto la violenza di Mario e Silla e degli altri
uomini eminenti nei rispettivi partiti? (...) I Goti poi han-
no risparmiato tanti senatori che farebbe meraviglia se ne
avessero uccisi alcuni (...). L’ultima tavola di Silla, per non
Cristianesimo sanguinario 115

parlare di molte altre uccisioni, mandò a morte più senato-


ri di quanti i Goti riuscirono a derubare”140. Infine il disa-
stro non conta niente di fronte a quelli provocati dai cattivi
pagani del passato, dice qui Agostino, che aggiunge: “Con
quale fronte dunque, con quale coraggio, con quale impron-
titudine, con quale stoltezza o meglio pazzia non rinfaccia-
no i fatti antichi ai loro dèi e rinfacciano i recenti al nostro
Cristo?”141. Ironicamente il “De civitate Dei” del “pacifista”
sant’Agostino era destinato a diventare il libro preferito di
Carlo Magno.
Per i cristiani e in modo particolare per i cattolici
Agostino sarebbe “un gigante dello spirito, come ne vengono
donati al mondo uno ogni 1000 anni” in quanto “Agostino
è stato il più grande filosofo della patristica e il teologo più
geniale e carismatico che la chiesa abbia avuto (…) pieno di
devozione ardente per Dio e di amore generoso per il pros-
simo, circonfuso dello splendore soave di un’infinita bontà e
di una gentilezza seducente”142.
Deschner risponde a queste esclamazioni riportando
un brano dello stesso Agostino alquanto divertente, che non
ha neanche bisogno di essere commentato: “Lo Spirito San-
to spira in noi, perché causa i nostri sospiri. E non è cosa da
poco che lo Spirito Santo ci insegni a sospirare, in quanto
ciò serve a ricordarci che siamo come pellegrini sulla terra
e ci ammonisce a desiderare la patria e in questo anelito
sospiriamo. Chi sta, o meglio crede, di stare bene in questo
116 Sotirios Fotios Drokalos

mondo fa il verso del corvo. Il corvo, infatti, gracchia, non


sospira. Chi è consapevole di vivere tra le angustie dell’esi-
stenza mortale e di vagare lontano dal Signore... chi è con-
sapevole di questo, sospira. Fintanto che sospira, sospira
bene; dallo spirito abbiamo appreso a sospirare e questo, a
sua volta, lo ha appreso dalle colombe”143.
Per Agostino il paganesimo doveva essere estinto e
dunque ogni pratica capace di aiutare in questa causa era
plausibile. Non solo la distruzione dei templi, delle statue,
la carbonizzazione dei boschi sacri, che il santo festeggiava
nel 400 scrivendo che “per tutto l’Impero i templi sono stati
distrutti, gli idoli abbattuti, sono cessati i sacrifici e coloro
che adorano gli dèi, una volta scoperti, sono stati debita-
mente puniti” furono legittimati da lui, ma anche le tor-
ture di ogni tipo a cui venivano sottoposte alcune persone.
Mentre contrastava in generale la pena di morte, sosteneva
che nel caso dei pagani nonché degli “eretici” donatisti essa
fosse accettabile. Secondo il suo ammirevole ragionamento
i pagani e gli eretici andranno comunque all’inferno dove
avrebbero subito torture eterne. Dunque torturarli sulla
terra sarebbe stato un atto di pietà e umanità perché in
questo modo è possibile far accettare la “verità” salvandoli
così dalle torture eterne! Ecco la giustificazione delle tor-
ture quasi un millennio prima dell’apparizione della Sacra
Inquisizione. L’inquisitore Bernard Gui che nel 1320 circa
dichiarava “il buon cristiano non dialoga con l’infedele ma
gli ficca la spada nel ventre quanto più profondamente può”
Cristianesimo sanguinario 117

è forse più brusco, ma in sostanza segue la stessa mentalità


di Agostino.
È altresì vero che Agostino fu fra i primi, insieme ai co-
siddetti “gerarchi” ortodossi, a cercare di aprire un apparente
dialogo con la filosofia greca. Il santo era un ammiratore del
neoplatonismo e arrivò al punto di sostenere che “se i filosofi
antichi vivessero ai nostri giorni, apportando qualche modi-
fica alla loro dottrina, potrebbero essere definiti cristiani”144.
Si riferiva solo al neoplatonismo, tanto che nessuna delle al-
tre scuole filosofiche greche può essere ritenuta compatibile
con le dottrine cristiane, ma comunque la sua affermazione
non dovrebbe essere scambiata per un atto di simpatia, es-
sendo in realtà piuttosto un’appropriazione indebita, che fa
parte dell’attitudine chiamata “interpretatio christiana”, cioè
l’interpretazione cristiana delle scritture ebraiche e della fi-
losofia greca, che sarebbe quella “giusta”.
Infine merita menzionare, relativamente ad Agosti-
no, che egli morì nel 430 terrorizzato e senza la minima di-
gnità, preso dal panico per la morte imminente145. Secondo
me il paragone con filosofi come Socrate, Epicuro o Voltaire
e la loro morte serena, dice molto sull’effetto della filosofia,
della riflessione razionale, della mente lucida comparata
all’effetto del dogmatismo e fanatismo religioso.
118 Sotirios Fotios Drokalos

Ipazia

Nel 415 ad Alessandria venne brutalmente uccisa la


filosofa e matematica greca Ipazia, figlia del matematico
Teone. Ipazia era un membro illustrissimo dell’aristocrazia
greca e pagana di Alessandria e della scuola filosofica pla-
tonica di quei tempi, e aveva realizzato un’opera notevole
su vari campi di conoscenza, guadagnando grande fama tra
gli intellettuali dell’impero, tanto che in molti venivano a
seguire le sue lezioni. Queste sue qualità, nonostante fos-
se una persona dedita allo studio, sobria e benvoluta, ba-
starono per renderla odiosa ai più intransigenti cristiani
della città, ancora di più perché lei era amica del prefetto
Oreste che, benché ufficialmente fosse battezzato cristiano,
si trovava in contrapposizione politica con il patriarca Ci-
rillo e rimaneva legato all’aristocrazia pagana. Il conflitto
nel corso del tempo si accentuò fino a che Oreste non subì
l’assalto di una folla di cristiani fanatici, che lo accusarono
di essere un “sacrificatore” e un “ellèno”,146 e uno di essi, di
nome Ammonio, lo colpì con una pietra alla testa. Ammo-
nio venne giustiziato e in seguito proclamato martire da
Cirillo; eventi che segnarono una spaccatura totale tra il
governatore e il patriarca. Allora il conflitto coinvolse anche
Ipazia, particolarmente odiata da Cirillo e dai suoi seguaci
fondamentalisti.
Così nei giorni della quaresima del 415, come scrive la
Ronchey147 “monaci e parabalani si riuniscono sotto il comando
Cristianesimo sanguinario 119

di Pietro il Lettore, anche lui un chierico, come il nome rivela,


e insieme concepiscono, scrive Socrate Scolastico, “un piano
segreto”, secondo il quale “una moltitudine di uomini imbe-
stialiti piombò improvvisamente addosso a Ipazia un giorno
che come suo solito tornava a casa da una delle sue pubbli-
che apparizioni”. La filosofa, secondo Socrate Scolastico, fu
trascinata “alla chiesa che prende il nome dal cesare impe-
ratore”, vale a dire al Cesareo che era stato da poco trasfor-
mato in chiesa cristiana, e là “incuranti della vendetta dei
numi e degli umani questi veri sciagurati massacrarono la
filosofa” scrive il pagano Damascio e aggiunge che “mentre
ancora respirava un po’ le cavarono gli occhi”. Cristiano e
avvocato alla corte di Costantinopoli, Socrate lo Scolastico
racconta l’omicidio di Ipazia come segue: “La spogliarono
delle vesti, la massacrarono usando cocci aguzzi (ostraka),
la fecero a brandelli. E trasportati quei resti al cosiddet-
to Cinaron, li diedero alle fiamme”. La Ronchey continua
informandoci che “nell’epitome che il bizantino Fozio ci dà
della Storia ecclesiastica di un altro autore cristiano, Filo-
storgio, dichiaratamente schierato con l’arianesimo e perciò
ostile a Cirillo, ma testimone antico e privilegiato dei fatti,
si legge: “La donna fu fatta a brandelli per mano di quanti
professavano la consustanzialità”, e cioè per mano dei so-
stenitori della dottrina teologia, antitetica a quella ariana,
che predominava ad Alessandria, a partire da Atanasio,
il grande nemico di Ario, che da Atanasio era stato fatto
scomunicare nel concilio di Nicea del 325 - e continuando
120 Sotirios Fotios Drokalos

con Teofilo e Cirillo. Per Filostorgio dunque l’assassinio non


era opera “di una amorfa folla fanatica” ma direttamente di
quel clero, capeggiato da Cirillo, che ad Alessandria, come
è stato scritto, “dominava sia la chiesa sia la piazza”. Biso-
gna in questo punto sottolineare che Cirillo di Alessandria,
il quale nel corso della sua carriera come patriarca incitò
grandissime persecuzioni e stragi massicce anche di ebrei
e cristiani novaziani, oltre che di pagani, venne proclamato
santo della chiesa, e lo è ancora oggi per i cattolici, gli orto-
dossi e i protestanti.
Il cronista cristiano dell’età di Giustiniano Giovanni
Malala non esitò ad incolpare direttamente Cirillo dell’omi-
cidio - il quale naturalmente non fu mai punito vista la sua
potenza nella città - scrivendo che “avuta licenza dal loro
vescovo, gli alessandrini aggredirono e bruciarono Ipazia,
la famosa filosofa, su una pira di fascine di legna da arde-
re”148. Ma d’altra parte Socrate lo Scolastico, scrive che fu
“una non piccola infamia questa compiuta da Cirillo e dalla
chiesa di Alessandria. Poiché assassini e guerriglie e cose
simili sono qualcosa di totalmente estraneo allo spirito di
Cristo”149, incolpa infine del crimine prevalentemente il “po-
polino” cristiano e Pietro il Lettore.
Si tratta della tipica tattica, usata ancora oggi, vol-
ta ad incolpare per gli innumerevoli crimini commessi nel
nome del cristianesimo - quando non si possono negare e
nascondere completamente - presunti “fanatici” minoritari
e isolati,150 evitando ogni discussione seria sulle vere cause
Cristianesimo sanguinario 121

di questi crimini. In realtà quando un movimento politi-


co, religioso, ideologico si oppone veramente a certi com-
portamenti non si limita a condannarli come atti fisici, e
soprattutto non sostiene che comunque essi non possano
caratterizzarlo nel suo intero. Invece cerca con tutte le sue
forze di eliminare ogni possibilità che qualcosa del genere si
ripeta, assicurandosi che fra le sue linee non esistano per-
sone propense a tali atti, considera già da sé che quanto ac-
caduto è vergognoso per se stesso perfino nel caso in cui gli
altri non lo accusino, e combatte a livello concettuale non
solo l’atto ma anche il modo di pensare che ha comportato
l’atto. Il problema per i cristiani non dovrebbe essere quello
di distinguere la loro chiesa e dottrina da questi compor-
tamenti, ma chiedersi come mai essi si compiono nel nome
del cristianesimo e impedire che ciò continui a succedere.
Quindi un’affermazione del genere da parte cristiana po-
trebbe essere presa sul serio e occupare un dibattito solo se
i primi a condannare questi comportamenti fossero gli stes-
si preti cristiani, se lo facessero attivamente cacciando via,
punendo e scomunicando i colpevoli di azioni di questo tipo,
se prendessero senza se e senza ma la parte delle vittime e
dei loro correligionari sostenendoli in tutti i modi possibili,
rispettandone le fedi, credenze ecc. Purtroppo come abbia-
mo visto hanno sempre fatto l’esatto contrario e santificato
massacratori.
Nel caso di Ipazia il vescovo copto Nikiu Giovanni
si schierò con Cirillo in modo “netto e quasi provocatorio”,
122 Sotirios Fotios Drokalos

e la sua narrazione “mostra di considerare l’eliminazione


fisica di Ipazia non solo una comprensibile ritorsione per
l’uccisione di Ammonio, come la presenta chiaramente an-
che Socrate, ma addirittura un’esecuzione legittima, un ti-
tolo di vanto per il “popolo dei fedeli” che l’ha compiuta. Se
Pietro non è solo un lettore, ma un magistrato e un perfetto
servitore di Cristo, l’incontro fra i giustizieri e la vittima
predestinata, colpevole “di ipnotizzare i suoi studenti con
la magia” e di esercitare la “satanica” scienza degli astri,
non è casuale né avviene nella clandestinità dell’agguato di
strada, ma nella dimora dove Ipazia insegna: emblematica-
mente è dalla cattedra, non dalla carrozza, che Ipazia viene
trascinata via”151. Giovanni di Nikiu a proposito dell’ucci-
sione di Ipazia scrive inoltre che “tutto il popolo circondò il
patriarca Cirillo e lo acclamò “nuovo Teofilo” [il già ricorda-
to distruttore del Serapeo e persecutore dei greci], perché
aveva liberato la città dagli ultimi residui di idolatria”152.
Dobbiamo tenere sempre presente che i crimini, i ro-
ghi, le torture, il terrorismo psicologico, intellettuale e fi-
sico, non giunsero a conclusione perché le chiese e gli stati
cristiani dell’Ancien Regime disconobbero e ne presero le di-
stanze. Al contrario in linea di massima persino a fine ‘700,
e in molti casi anche dopo, le pratiche rimasero inalterate e
smisero (?) non a seguito di una scelta libera delle chiese ma
perché l’avvento dello stato repubblicano laico dopo la gran-
de Rivoluzione francese glielo impose forzatamente; cosa che
invece non è ancora accaduta nel mondo musulmano, che di
Cristianesimo sanguinario 123

conseguenza continua a trovarsi tutt’oggi immerso nella bar-


barie teocratica monoteista. Capisco il dispiacere provato da
persone democratiche, razionali, tolleranti, che si considera-
no cristiane, di fronte a queste mie posizioni, ma gli elemen-
ti dell’intolleranza, del totalitarismo e della violenza sono
purtroppo manifestamente presenti nella dottrina cristiana
stessa e già nelle didascalie dello stesso Gesù Cristo, che
dichiara fra altro che “chi non è con me, è contro di me; e chi
non raccoglie con me, disperde”153, nonché “non crediate che
io sia venuto a portare la pace sulla terra; non sono venuto
a portare la pace ma la spada”154. Si troveranno sicuramen-
te mille interpretazioni a provare che il senso vero di queste
terribili frasi sia benigno; ma dato che si continua a parlare
del cristianesimo come di “religione dell’amore” dopo millen-
ni di infinite stragi compiute, compresi genocidi e stermini
di intere civiltà, questo è solo un piccolo particolare. Anche
dalla parte opposta, quella laica-atea, sono presenti idee
errate. Piergiorgio Odifreddi nel suo per il resto splendido
“Perché non possiamo essere cristiani” (2007), chiama Ipa-
zia “protomartire laica”155, pensando a lei più o meno come
ad un Giordano Bruno dell’antichità. Ma in realtà mentre
Giordano Bruno nel 1600 si trovava in un mondo da secoli
dominato dal cristianesimo e agì come illuminatore, come fi-
losofo solitario e ribelle, Ipazia nel 415 viveva nell’epoca dove
questo dominio andava creandosi, distruggendo lo status quo
precedente di cui lei faceva invece parte. Ipazia non era né
“laica” né tanto meno “proto-martire”. Era una dei milioni di
124 Sotirios Fotios Drokalos

vittime dell’offensiva sanguinaria cristiana contro il mondo


pagano e specialmente la cultura greca, uno dunque degli
innumerevoli martiri tra filosofi, scienziati, politici, giuri-
sti, artisti, nobili e semplici cittadini; era una personalità
illustre di un mondo dove la scienza e il pensiero razionale
non si scontravano con la religione, che subì un attacco fe-
rocissimo e infine venne totalmente distrutto da una nuova
forma di religione, contraria a quella vecchia.
Ancora più lontana dalla verità è poi l’opinione di chi
nell’omicidio di Ipazia vuole vedere prevalentemente l’odio
del cristianesimo per le donne. Prima di tutto va detto che
il cristianesimo in realtà non odiò mai le donne come sem-
plici entità fisiche: furono al contrario proprio delle donne,
insieme agli schiavi, a rappresentarne la forza fondamen-
tale nei primi secoli della sua esistenza. Il cristianesimo
non odia “le donne” ma la sensualità femminile (nonché
quella maschile), cioè l’archetipo della donna sensuale ed
erotica. L’ascetica donna antierotica156 e la bigotta furono
invece sempre le sue migliori clienti e come tutti sappia-
mo continuano ad esserlo anche oggi. Comunque il caso di
Ipazia ha pochissimo o niente a che fare con l’odio cristiano
verso la femminilità e la sensualità. Ipazia fu uccisa non
perché era donna ma perché era filosofa e pagana, perché
faceva parte dell’élite ellenica ed ellenistica del suo tempo.
La sua appartenenza al genere femminile fu solo motivo di
ulteriore scandalo per il patriarca Cirillo e i suoi sgherri,
ma non rappresenta la causa principale del suo assassi-
Cristianesimo sanguinario 125

nio. La maggioranza dei giustiziati dal regime cristiano in


quei tempi era di sesso maschile, mentre la maggioranza
netta dei sostenitori fanatici erano donne.
Inventarsi un’Ipazia “laica” o “femminista” e indivi-
duare in queste sue presunte qualità, in realtà inesistenti,
delle motivazioni per il suo assassinio, non è solo un grave
errore scientifico, ma anche un’operazione di oscuramen-
to delle vere condizioni di quell’epoca, e di conseguenza in
fondo un’apologetica moderna e laica del cristianesimo. Ed
è inoltre un’offesa verso Ipazia stessa e verso gli innumere-
voli uomini di scienza, di politica e d’arte che morirono in
modo sostanzialmente identico con lei, assassinati dal regi-
me di terrore cristiano di quell’epoca perché erano membri
dell’aristocrazia di religione pagana e cultura greca dell’Im-
pero romano, e non per ragioni che farebbero comodo ai
cosiddetti “atei”, “progressisti”, “rivoluzionari”, “liberali”,
“femministi” o “nazifascisti neopagani” odierni.

Violenze contro i templi ad Atene.


Le lesioni al Partenone, Proclo

Torniamo al nostro racconto per vedere che nel decennio


successivo le persecuzioni, sostenute da ordini ed editti impe-
riali continuarono con grandissima intensità, al punto che nel
giugno 423 l’imperatore, benché cristiano, venne costretto a
legiferare per una protezione elementare dei suoi sudditi non
cristiani che rispettavano la legalità157. Questa legge non sarà
126 Sotirios Fotios Drokalos

sufficiente per fermare le bande formate perlopiù da mona-


ci che continuano a distruggere, uccidere e derubare templi,
case, biblioteche e scuole; e in ogni caso essa sarà abrogata
un anno dopo. Nel 429 la sfrenatezza dei gruppi terroristici
cristiani colpì il secolare cuore di Atene, il centro della cul-
tura ellenica e politeista, la capitale spirituale dell’Impero,
la città che rappresenta il pilone culturale di quel mondo
accanto al pilastro politico rappresentato da Roma. In col-
laborazione con i soldati bizantini, che ormai agivano come
un vero e proprio esercito di occupazione, essi sradicarono
l’ulivo sacro di Atena e poi, entrati nel Partenone, smantel-
larono l’illustre statua della dea, costruita da Fidia, oltre a
quella di Zeus a Olimpia. I cristiani non si fermarono qui
ma continuarono a danneggiare anche il tempio, abbatten-
done le colonne interne ed il soffitto. Il filosofo Proclo, che
alcuni anni dopo divenne direttore dell’Accademia, cercò di
ottenere dall’imperatore bizantino un minimo di rispetto
per la civiltà greca il cui punto centrale era sempre stato
il culto degli dèi greci ma venne indicato come “seguace dei
demoni” e “idolatra” e gli fu vietato di visitare di nuovo il
Partenone158.
Gli anni successivi continuarono a conoscere distru-
zioni e sacrilegi, sostenuti da un editto imperiale di Teo-
dosio II, quello del 14 novembre 435, con cui venne nuova-
mente ribadito l’ordine di demolizione dei templi pagani,
o come minimo la loro “esorcizzazione” e “purificazione”,
tramite l’intaccatura di croci sui loro marmi, mentre dove
Cristianesimo sanguinario 127

era possibile dal punto di vista architettonico essi potevano


trasformarsi in chiese cristiane. È ciò che accadde al Parte-
none di Atene, che da tempio della dea del sapere divenne
chiesa della “Madonna ateniese”; mentre sempre ad Atene
l’antro del dio della medicina e della dea della salute, Ascle-
pio e Igea, divenne battistero del Salvatore e le sue parti
furono usate per la costruzione della chiesa dei santi Anar-
giri (Cosma e Damiano). Lo stesso accade con la caverna di
Pan, trasformata in chiesa di sant’Atanasio, la Clessidra
divenne chiesa dei santi Apostoli, il monumento a Trasilo
la chiesa della Madonna della caverna, il tempio di Teseo
chiesa di san Giovanni o Giorgio e il tempio di Artemide a
Iliso la chiesa della “Madonna della pietra”. Infine le colon-
ne dell’areopago - che significa “pietra di Ares” (Marte) ed
era la corte suprema della repubblica ateniese - vengono
tolte e trasportate a Costantinopoli per abbellire la cosid-
detta “Porta d’oro”159.
A livello teorico in quel tempo opera Teodoreto Ciro di
Antiochia, che si considerava studioso della filosofia greca.
Il suo rapporto con essa e la sua conoscenza furono però ov-
viamente superficiali, siccome egli stesso dichiarava che si
deve prima credere e poi imparare. Teodoreto inoltre scrive:
“Ho paragonato le opinioni dei filosofi greci alle didascalie
sagge della Scrittura. Le prime si spensero e vennero conse-
gnate alle tenebre della dimenticanza, le seconde fioriscono
e crescono in tutte le città e la campagna e hanno decine di
migliaia di ascoltatori e maestri, che anche se non hanno
128 Sotirios Fotios Drokalos

l’eloquenza di un Platone, portano però la cura tramite la


Verità”. Niente potrebbe essere più rappresentativo. Infatti
l’unico “argomento” del fedele non può infine che essere la
diffusione del suo credo; per il ragionamento razionale, filo-
sofico e scientifico invece la presenza di altri “fedeli” è com-
pletamente irrilevante. La verità provata rimane verità,
che altri credano in essa oppure no. È compito nostro com-
prenderla, non suo diffondersi, come invece accade con la
“verità” monoteista. Teodoreto non poteva poi immaginare
che sarebbe arrivato un tempo in cui la verità della filosofia
greca sarebbe ritornata “in tutte le città e nella campagna”,
nelle scuole, università e biblioteche, della parte dominante
e più sviluppata del mondo.
Il resto del V secolo è caratterizzato da continue
campagne di eliminazione dei rimanenti greci, grecisti, pa-
gani. Nel 451 Valentiniano III di Roma e Flavio Marciano
di Costantinopoli ordinano la pena di morte e il sequestro
del patrimonio per chi continuasse a onorare le “statue abo-
minabili”160.
Nel 472 l’imperatore d’Oriente Leone I classifica il
culto pagano come reato pubblico e istituisce “torture cor-
porali con strumenti metallici e esilio a vita”161 per i violato-
ri, mentre tanto lui quanto il suo successore Zenone Isauro
emanano editti “contro l’irriverente grecità”162. Nel 494 il
papa Gelasio, come abbiamo già visto in precedenza, impe-
disce un ripristino cristiano dei Lupercali e al loro posto,
il 15 febbraio, istituisce una festa dedicata alla Madonna,
Cristianesimo sanguinario 129

mentre tutti i templi di Roma vengono definitivamente si-


gillati. Rimarranno in questo stato finché con Carlo Magno
verranno tutti rasi al suolo e loro parti saranno trasferite
ad Aquisgrana per essere utilizzate nella costruzione della
sua cattedrale.
Le metropoli greche che una volta erano piene di
terme, palestre, teatri, corti, parlamenti, scuole filosofiche
e retoriche, templi splendenti e bellissime statue colorate
furono ridotte in paesini malconci pieni di rovine abitati
da miserabili analfabeti. Il cristianesimo aveva raggiunto
il suo scopo. Per secoli quelli che chiamiamo “studi classici”
saranno completamente assenti e il nome dei greci sarà si-
nonimo di tutti i mali e del diabolico.

La morte di Ipazia
130 Sotirios Fotios Drokalos

GIUSTINIANO, L’ATTO FINALE


DELLA DEVASTAZIONE
DEL MONDO GRECO

Il colpo di grazia alla civiltà e alla nazione greca


fu dato dall’imperatore Giustiniano. Egli inizialmente,
nel 528, vietò una versione clandestina e povera dei gio-
chi olimpici che si teneva ad Antiochia e un anno dopo, nel
529, proibì la funzione dell’ultima roccaforte della filosofia
e scienza greca rimasta attiva, l’Accademia di Atene, cosic-
ché nessuno “osasse insegnare la filosofia e l’astronomia”163.
Il patrimonio dell’Accademia venne sequestrato e l’ultimo
rettore Damascio, insieme ai professori Simplicio, Eulalio,
Prisciano, Ermea, Diogene, Isidoro, partì per la Persia dopo
che il re Cosroe, un ammiratore della civiltà greca, si offrì
di ospitarli e proteggerli dai bizantini come aveva già fatto
anche con altri intellettuali greci (come l’aristotelico Ura-
nio), e propose loro delle sedi all’Università di Jundishapur,
che rappresentava il centro intellettuale dell’impero persia-
no. Alcuni di loro non poterono familiarizzarsi con i costumi
persiani, selvaggi agli occhi greci, e così decisero di tornare
ognuno alla sua città patria, dopo però che Cosroe obbligò
il regime di Costantinopoli a firmare un patto nel 532, con
Cristianesimo sanguinario 131

cui veniva obbligato a rispettare i filosofi e non perseguitar-


li. Uno di loro, Simplicio, fondò una nuova scuola filosofica
nella città di Carre (odierna Harran) in Mesopotamia, che
a lungo riuscì a salvaguardare la sua tradizione pagana; la
scuola ebbe grande successo e sopravvisse per più di 500
anni, prima di finire distrutta dai turchi.
Nello stesso anno (532) in molti aspettavano la cosid-
detta “fine del mondo” come già tantissime volte era acca-
duto nei secoli precedenti e molte ancora in tempi recenti
- si ricorda che primo allarmista fallito fu lo stesso Gesù164 -;
ma questa nonostante tutto non avvenne. Cominciò l’attivi-
tà del monaco Giovanni Asiaco, la cui importanza dieci anni
più tardi venne riconosciuta dall’imperatore per il fonda-
mentale lavoro svolto nell’ambito della “salvezza dei greci
dal culto dei demoni e degli idoli”165. Infatti, Asiaco venne
nominato proselitista imperiale e gli fu offerta ogni age-
volazione necessaria per il miglior svolgimento della sua
attività come capo di battaglioni d’assalto cristiani che ri-
pulivano il territorio dai pagani rimasti. Fra i successi del
proselitista imperiale di Giustiniano brilla in particolare
la grande persecuzione dei greci di Costantinopoli del 546,
quando fu eliminata la maggioranza delle persone colte
della capitale con crocifissioni, smembramenti, affoga-
menti nel mare dentro sacchi, mentre la plebe cristiana
celebrava per le strade con interiora e membri delle vit-
time in mano. Così scrive lo stesso Asiaco: “Erano uomini
egregi e aristocratici, e anche grande numero di letterati,
132 Sotirios Fotios Drokalos

sofisti, insegnanti e dottori. Quando sono stati scoperti o


sono stati denunciati dopo torture, furono flagellati, rin-
chiusi nelle carceri e in seguito consegnati alle autorità
ecclesiastiche per essere rieducati... dopodiché i greci sono
rimasti zitti per molto tempo”166. Giovanni Asiaco scrisse
inoltre fiero di se stesso che fu capace di far convertire
al cristianesimo ottantacinquemila greci di Frigia, Caria
e Lidia distruggendo i loro templi e costruendoci al posto
novantanove chiese e dodici monasteri.
Le persecuzioni ordinate dall’imperatore Giustinia-
no contro coloro che erano “affetti dal morbo blasfemo dei
greci”167 continueranno ininterrotte fino al 562, quando
enormi pogrom per le strade di Atene, Antiochia, Palmira,
Costantinopoli elimineranno tutto il restante potenziale
umano educato e razionale non sottomesso alla fede cri-
stiana. Parallelamente venivano bruciati in grandi roghi
accesi nelle piazze tutti i libri vietati che venivano scoper-
ti, nonché le immagini degli dèi “abominabili” greci, come
scrive il cronista cristiano della Siria Giovanni Malala.
Dentro tutto questo terrore e bagno di sangue provocato
dal regime cristiano, le distruzioni costanti di “sporchi”
monumenti greci sembrano perfino di importanza minore.
Rimane scioccante invece l’abolizione delle ultime istitu-
zioni politiche greche che erano rimaste funzionanti dopo
questi duecentocinquanta anni circa di smantellamento
sistematico della civiltà greca da parte del potere cristia-
no. I parlamenti, gli arconti e la professione del retore
Cristianesimo sanguinario 133

vengono liquidati, e inoltre si cancellano le pensioni per


gli insegnanti delle “arti logiche”(!).
Negli anni dell’offensiva definitiva contro gli ellenici
ed ellenisti vengono eliminati in Cirenaica gli ultimi ado-
ratori del dio Ammone (555), e lo stesso accade in Libano
con quelli di Baal, mentre i pagani eruli del Danubio e i
restanti pagani della Sardegna, della Corsica e della Gallia
dopo un paio d’anni (550-552) di persecuzioni e massacri si
estinguono.
A parte i massacri di miriadi di persone il cui numero
nessuno finora ha valutato, ma è assolutamente certo che si
conta in molti milioni, la carbonizzazione della quasi totali-
tà della filosofia, della scienza e dell’arte e lo smantellamen-
to di ogni struttura politica, nel V e VI secolo il regime cri-
stiano compì un’altra catastrofe, questa volta ambientale.
Seguendo gli ordini del loro Dio, che nella Bibbia più volte
incita i suoi fedeli all’abbattimento e alla combustione an-
che degli alberi dei pagani, esempio ne è lo stesso Gesù che
fece seccare “fino alla radice” un fico168, i cristiani si diedero
ad eliminare gli alberi. Questo perché per tutte le religioni
pagane i boschi erano sacri, i templi si trovavano dentro i
boschi e gli alberi, oltre che i fiumi e le fonti, si considera-
vano abitazioni degli dèi. Dunque secondo una conferenza
dell’archeologo Stephen G. Miller, professore dell’Universi-
tà di Berkeley, menzionata da Rassias, in Grecia tra il 500
e il 600 la vegetazione diminuì enormemente, fiumi e fonti
sparirono, e s’interruppe perfino la coltivazione dell’olivo.
134 Sotirios Fotios Drokalos

Furono particolarmente colpiti i boschi di querce di Zeus,


quelli di abeti di Artemide e Pan e quelli di ulivo che appar-
tenevano ovviamente ad Atena.
Era l’ora dei festeggiamenti per il cristianesimo. Nel
626 il patriarca Sergio compose un inno di ringraziamento
alla vergine madre di Gesù detto “Inno Akathistos”, dove
si dice che lei “dimostrò l’ignoranza dei filosofi”, “mostrò
la pazzia dei tecnologi”, “sciolse le orditure degli ateniesi”,
“controllò il dolo degli idoli”. D’altronde Georgios Pisidis
in “Alla resurrezione” esprime la sua soddisfazione per il
fatto che “è finita la notte delle parole false, si è addor-
mentato Orfeo e ha lasciato la lira, Febo non apre la bocca,
..., Platone sta zitto..., è malato Galeno169...”. Considera-
to “primo grande poeta della nuova religione”, il siriano-
ebreo Romano il Melodo, santo della chiesa, scrive nel suo
inno “Alla Pentecoste”: “Perché spirano e rumoreggiano
i greci? Cosa immaginano di Arato il tre volte dannato?
Che si illudono di Platone?... Che credono di Pitagora che
giustamente venne zittito? Perché non corrono a onorare
giacché apparve lo Spirito Santo?”170. Gli ultimi miserevoli
rimasugli della cultura greca furono annientati nel IX se-
colo dalle bande di proseliti e sterminatori mandate da Co-
stantinopoli in Grecia, guidate dal monaco armeno Nicone
il Metanoite. Insieme a loro furono massacrati anche molti
ebrei e pagani slavi, che nel frattempo vi si erano insediati.
Il paese che solo pochi secoli prima era il centro cultu-
rale del mondo, con il cristianesimo finì ridotto in rovine e
Cristianesimo sanguinario 135

città fantasma. L’impero bizantino poi, favorì decisamen-


te, nel corso dei secoli, le incursioni perlopiù slave verso la
Grecia. A prescindere dunque dal fatto che avesse ragione
Jakob Philipp Fallmerayer a parlare di estinzione com-
pleta della stirpe ellenica e discendenza dei neogreci inte-
ramente da popolazioni slave, o se invece siano nel giusto
indagini antropologiche che danno esiti opposti171, il risul-
tato certo e sostanziale, per chi non affronta i discorsi sto-
rici, sociali e culturali in termini di ematologia e zoologia
secondo le antiscientifiche e criminali teorie razziste na-
zifasciste, era una perfetta ignoranza degli abitanti della
Grecia per quello che la loro terra rappresentava. Perfino
in anni recentissimi la popolazione abitante in Grecia non
aveva la minima idea di cosa fossero stati i greci antichi
e nella formazione dello stato greco moderno, rimane una
totale ignoranza e un fondo di ostilità verso quella cultura,
che è stata così grande in passato.

Zeus, Dio dell’Olimpo


136 Sotirios Fotios Drokalos

OCCIDENTE E ORIENTE CRISTIANI

La fine dell’Impero d’Occidente, per la quale già il


grande storico illuminista inglese Edward Gibbon aveva
indicato come primo responsabile il cristianesimo, fu una
grande disgrazia per i popoli europei di quel tempo e dei
secoli successivi, che videro il loro benessere crollare. La
fine della struttura politica, sociale ed economica imperiale
creò un’anarchia e una completa disgregazione sotto ogni
aspetto, che ebbero nell’immediato un effetto davvero mi-
cidiale. Anche lo studio dell’economia di quel periodo, che
perse ogni globalità e tornò ad essere composta da indigenti
economie locali primitive, che non potevano naturalmente
sopportare produzioni e commerci simili a quelli dell’econo-
mia imperiale, conferma l’immagine di una caduta libera
dei livelli di vita172.
Tutto questo però, dato il dominio cristiano, fu a mio
avviso nello stesso momento una benedizione dal punto di
vista macro-storico. La mancanza di una struttura funzio-
nante espansa e la spaccatura del continente in regni, feudi,
in Italia ad esempio vennero create città-stato repubblica-
ne, con relazioni instabili fra di loro, impedì di fatto il domi-
Cristianesimo sanguinario 137

nio totale della chiesa cristiana e favorì l’avvento dello stato


laico moderno nel corso della storia. La chiesa occidentale si
evolse in un grande potere politico, trovandosi però in mezzo
a moltissimi altri centri di potere senza una struttura di cui
avvalersi, mentre quella orientale si aggrappò a un potere
politico centrale predominante che teneva il controllo di tut-
ta la regione da solo. In Occidente emersero re e sovrani che
malgrado fossero culturalmente cristiani si trovavano in an-
tagonismo con la chiesa centrale, il Vaticano, la cui sacralità
veniva di fatto fortemente contestata, visto che agiva e veni-
va affrontata come un regno, un potere politico. Al contrario
in Oriente la chiesa esercitò il suo potere in collaborazione
con lo Stato, formando un unico ente inseparabile da esso.
Queste evoluzioni determinarono, com’era naturale,
una netta superiorità culturale, economica e istituzionale
orientale per i primi secoli del medioevo, visto che in quella
parte si mantennero un minimo di organizzazione e funzio-
nalità strutturali. Però dentro il caos e l’imbarbarimento
occidentale esisteva qualcosa che in Oriente era assoluta-
mente pregiudicato: la possibilità, il germe di un futuro ri-
nascimento della civiltà antica e di una contrapposizione
radicale al cristianesimo. Il dominio cristiano in Occidente
non riuscì mai a diventare assoluto perché non ottenne mai
il controllo politico completo. In Oriente invece potere poli-
tico e chiesa furono sempre inseparabili, anche dopo la ca-
duta dell’impero bizantino173 e l’ascesa di quello ottomano.
138 Sotirios Fotios Drokalos

Mentre dunque agli occhi dello studioso super-


ficiale della storia potrebbe sembrare che la chiesa cat-
tolica tenne un comportamento oscurantista e oppressivo
e quella ortodossa fosse più tollerante, la realtà invece è
che la chiesa cattolica non riuscì mai ad avere il controllo
assoluto delle società europee, mentre quella ortodossa,
come parte del potere statale unico in Oriente per tut-
ta l’era bizantina, e poi delegato del potere statale unico
in quella ottomana, ebbe davvero il controllo totale sul-
la vita spirituale e culturale del suo gregge. In Occiden-
te già dal 1088, anno di fondazione dell’Università di Bo-
logna, il sapere non si trovava più esclusivamente nelle
mani della chiesa ma cominciava a diventare di nuovo
laico e libero, mentre al contrario in Oriente esso ha con-
tinuato fino ad oggi a trovarsi sotto il potere della chiesa.
Pochi anni prima della caduta di Costantinopoli per mano
degli ottomani, il filosofo neoplatonico Georgio Gemisto
Pletone, che parlò per primo, dopo tanti secoli, apertamen-
te a favore della grecità e del politeismo greco, fuggì in
Italia, a Firenze, e la sua attività fu importantissima per
l’umanesimo rinascimentale italiano. Il suo discepolo più
notevole, Basilio Bessarione, lo seguì in Italia e ivi fondò
biblioteche e collegi filosofici a Roma, diventò cardinale del-
la chiesa cattolica e solo per un soffio non riuscì a diventa-
re papa nel conclave del 1455 (appunto perché proveniva
dal dogma ortodosso). Al contrario a Costantinopoli negli
stessi anni, subito dopo la conquista ottomana del 1453,
Cristianesimo sanguinario 139

che occorse in gran parte perché la chiesa ortodossa prefe-


riva esplicitamente l’occupazione turca invece di allearsi
con l’Occidente accettando la riunificazione delle chiese e
il primato del papa, il collaborazionista patriarca Genna-
dio II Scolario fece bruciare tutti gli scritti di Pletone e
ordinò l’eliminazione di tutti i suoi allievi e in generale dei
grecisti. In una sua lettera di complimenti a un despota lo-
cale che aveva ucciso l’ellenista Juvenalio, il patriarca or-
todosso scrive: “Ave soldato di Cristo e difensore della sua
gloria, ave mani sante. Gli irrispettosi e buoni a nulla el-
lenisti, con ferro e fuoco e acqua e con ogni modo fate usci-
re da questa vita… Picchia, tortura, dopo taglia la lingua,
dopo taglia la mano e se nonostante tutto rimane cattivo,
buttalo in fondo al mare”174. È dunque chiaro che mentre la
Chiesa era ugualmente intollerante e ostile verso la libertà
di pensiero in Occidente e in Oriente, nel primo caso essa
non riuscì a imporsi nella maniera assoluta come avvenne
nel secondo, e perfino la stessa chiesa cattolica con il tempo
accettò e fece propri elementi della cultura antica pagana,
cosa che non accadde mai da parte della chiesa ortodossa.
Già l’immagine dei capolavori pittorici che abbelliscono le
chiese cattoliche paragonate alle nauseanti agiografie orto-
dosse dice molto, per non parlare delle statue e delle scul-
ture che l’ortodossia ancora oggi non può accettare. Se qual-
cuno poi provasse a mettere una statua nuda di Zeus, Posei-
done o Afrodite come quelle presenti in Italia ovunque già da
500 o 600 anni, in una piazza di Atene, incontrerebbe la stessa
140 Sotirios Fotios Drokalos

reazione dei tempi bizantini: si parlerebbe di volgarità, pro-


stituzione e certamente di “idolatria” e “satanismo”; mentre
da parte dei “progressisti”, “modernizzatori”, “comunisti”, cioè
la seconda faccia della medaglia del sottosviluppo e provin-
cialismo neogreco-ortodosso, si parlerebbe di “nazionalismo”
e “monismo”. Infine lo stato laico repubblicano venne creato
sempre in Occidente mentre i paesi ortodossi, come, oltre alla
Grecia anche la Russia e la Serbia, rimangono ancora oggi se-
miteocratici. Nelle scuole non si studiano affatto la filosofia e
la mitologia greca come accade nei paesi occidentali175, ma la
Bibbia, e ai bambini vengono insegnati i racconti della Genesi
o del Vangelo come se fossero realtà storiche, laddove la teoria
dell’Evoluzione di Darwin, ormai provata e indiscussa a livello
scientifico, non viene nemmeno menzionata.

La filosofia spesso è ancora oggi una parola quasi di-


spregiativa nel suo luogo d’origine, la Grecia, e il “troppo” colto
insieme al non credente vengono spesso guardati con diffiden-
za, se non aperta ostilità.
Cristianesimo sanguinario 141

NOTE

1. La cronologia usata è per evidenti ragioni pratiche quella cris-


tiana. Si usa però nel senso di avanti e dopo “era volgare” (e.v.) e
non come avanti e dopo Cristo.
2. Lane Fox, p. 268-269, Gibbon in Lane Fox, p. 268, Bury, McCa-
be, Schultze in Rassias, 2005a, p. 122, G.W.Foote J.M.Wheeler
ecc. Per molti di loro il 5% sarebbe anche eccessivo.
3. Deschner, p. 178
4. Rassias, 2005a, p. 121
5. Deschner, p. 195
6. Idem, p. 195
7. Idem, p. 194
8. Marcone, p. 56
9. Deschner, p. 204
10. Rassias, 2005a, p. 130
11. Idem, p. 133
12. Porfirio, Frammento 77 (p. 355)
13. Codex Theodosianus, IX.16.1 e IX.16.2
14. Idem, XVI, 2.2
15. Codex Justinianus, XI, 52, 1
16. Comba, p. 33
17. Codex Justinianus, XI, 48
18. Finley, p. 128
19. Codex Theodosianus, 16.2.4
20. Idem 16.7.1
21. Idem 16.8.1
22. Idem 16.2.5
23. Rassias, 2005a, p. 142
24. Rassias, 2005a, p. 144
25. Lane Fox, p. 622
26. Rassias, 2005a, p. 151
142 Sotirios Fotios Drokalos

27. Deschner, p. 196


28. Eutropio in Deschner, p. 228
29. Un esempio preso dalla mia esperienza personale è il tempio
di Apollo Faneo nella parte sud dell’isola di Chios, distrutto e
trasformato nella chiesa di santa Marcella. I marmi del tempio
si trovano tutt’intorno, abbandonati così da secoli.
30. Rassias, 2010, p. 18-19
31. Idem, p. 19
32. Eusebio, 3. LIV, 1 (pag. 313)
33. Rassias, 2005a, pag. 152
34. Porfirio, Frammento 42, p. 259
35. Codex Justinianus I, 1, 3
36. Porfirio, Frammento 81, p. 361
37. Porfirio, Frammento 91, p. 379
38. Idem, Frammento 94, p. 385
39. Sozomeno 4.30.2 in Rassias, 2005a, p. 156
40. Lieu-Montserrat in Rassias, 2005a, p.157
41. Deschner, p. 269
42. Idem
43. Idem, p. 273
44. Un’implementazione del meccanismo psicologico noto alla
sessuologia moderna, secondo il quale alcune persone omofo-
biche sono omosessuali che non possano stare in pace con le loro
tendenze a causa delle loro convinzioni morali, e di conseguenza
odiano i loro simili.
45. Rassias, 2005a, p. 159-160
46. Deschner, p. 276
47. Idem, p. 276
48. Lane Fox, p. 672
49. Deschner, p. 279
50. Rassias, 2010, p. 21
51. Deschner, p. 276
52. Jones-Pennick e Tille in Rassias, 2005a, p. 167
53. Deschner, p. 273
54. Rassias, 2005a, p. 168
55. Codex Theodosianus, 16. 10. 4
Cristianesimo sanguinario 143

56. Deschner, p. 278-279


57. Detto “cavallo di legno” (Deschner), o “pettine di ferro” (Chu-
vin Rassias)
58. Deschner, p. 280
59. Ammiano Marcellino, XIX, 12. 7 (p. 393)
60. Idem, XIX 12.9-14 (p. 395-6)
61. Rassias, 2005a, p. 177
62. Giuliano, A Helios Re e I cesari, in Veyne, p. 163
63. Rassias, 2005a, p. 179
64. Ammiano Marcellino, XXII, 11. 8 (p. 563)
65. Rassias, 2010, p. 24. I brani provenienti dai libri di Vlassis
G..Rassias sono mie traduzioni dal greco all’italiano.
66. Deschner, p. 286
67. Deschner, p. 286
68. Idem, p. 288
69. Rassias, 2005a, p. 182
70. Deschner, p. 290
71. Idem, p. 290
72. Rassias, 2010, p. 27
73. Deschner, p. 284
74. Idem, p. 285
75. Idem, p. 285
76. Rassias, 2005a, p. 180
77. Deschner, p. 287
78. Rassias, 2010, p. 25
79. Chateaubriand in Deschner, p. 287
80. Mazzarino, p. 98
81. Deschner, p. 291-292
82. Si considerino inoltre opere di nostri contemporanei come so-
prattutto Jean-Pierre Vernant, Vlassis G. Rassias, Luc Ferry ecc.
83. Rassias, 2010, p. 27-28
84. Codex Theodosianus, 9.16.8
85. Omelia 89 “Atti degli Apostoli” in Rassias, 2010, p. 29-30
86. Si ricorda che il termine “greco”, in quell’epoca e per tutto il me-
dioevo, in particolare in Oriente, era sinonimo di “pagano” e “idola-
tra” e indicava chiunque facesse parte della civiltà precristiana.
144 Sotirios Fotios Drokalos

87. Rassias, 2005a, p. 186


88. Zosimo, IV, 14-15 (p. 393-395)
89. Rassias, 2010, p. 30
90. Rassias, 2005a, p. 188-191
91. È tipico che gli eremiti e in genere i “combattenti contro il di-
avolo” siano circondati da donne immaginarie, visto che la mente
fantastica per scaricare per quanto possibile la tensione causata
dai bisogni naturali non soddisfatti.
92. Codex Theodosianus, 16.1.2
93. Fallmerayer, p. 137
94. Codex Theodosianus, XVI, 7. 1
95. Idem, XVI, 10. 7
96. Rassias, 2010, p. 35
97. Deschner, p. 351
98. Rassias, 2005a, p. 201-2
99. Rassias, 2010, p. 34
100. Geraci Marcone, p. 253
101. informazioni relative nel libro “Eunuchs for the kingdom of
heaven” della teologa tedesca Uta Ranke-Heinemann
102. James Gleugh, Love Locked Out, New York, Crown, 1963
103. Atti e Martiri di Tommaso, 11-12
104. verso Timoteo A, 2, 12
105. Rassias, 2010, 128, 145-46
106. Idem, 2010, p. 37
107. Deschner, p. 376-377, Rassias, 2005a, p. 213
108. Codex Theodosianus, II, 8.19
109. Rassias, 2005a, p. 218
110. Rassias, 2010, p. 37-38
111. Idem, p. 38
112. Ronchey, p. 24
113. Ronchey, p. 23-24
114. Rassias, 2010, p. 39
115. Codex Theodosianus, XVI,10.10
116. Idem, XVI, 10. 11
117. Rassias, 2010, p. 41-42
118. Rassias, 2010, p. 44
Cristianesimo sanguinario 145

119. Codex Theodosianus, XVI, 10.12


120. Circa un secolo dopo il cristianesimo cominciò ad usufruire
dell’olibano, come fece con tantissimi altri elementi delle religio-
ni pagane, tra cui le stesse statue e i dipinti.
121. Fallmerayer, p. 161
122. Wikipedia sulla pagina “Arcadio” cita Socrate lo Scolastico e
Filostorgio, mentre Rassias da parte sua chiama Arcadio “semi-
stupido” (2010, p. 48).
123. Fallmerayer, p. 151
124. Idem, p. 152
125. Veyne, p. 193
126. Rassias, 2010, p. 150
127. Veyne, p. 194
128. Rassias, 2010, p. 52-53
129. Macmullen-Lane in Rassias, 2005b, p. 10-12
130. Rassias, 2010, p. 54
131. Rassias, 2010, p. 154-155
132. Rassias, 2005b, p.23
133. Idem, p. 24
134. Rassias, 2010, p. 54
135. Rassias, 2010, p. 55
136. Idem, p. 55-56
137. Rassias, 2005b, p. 44
138. Codex Theodosianus, IX, 16. 12
139. Rassias, 2010, p. 44-45
140. Agostino, III, 29 (p. 158-159)
141. Idem, III, 30 (p. 159)
142. Rispettivamente Gorlich e Grabmann in Deschner, p. 403 e p. 400
143. Deschner, p. 403
144. Idem, p. 430
145. Von der Meer e Possidio in Rassias, 2005b, p. 71
146. Ronchey, p. 55
147. Idem, p. 58-60
148. Idem, p. 60
149. Idem
150. Un bell’esempio è l’articolo dell’Unione Cristiani Cattolici
146 Sotirios Fotios Drokalos

Razionali, laddove per l’ennesima volta viene sostenuto che “il


comportamento ed il fanatismo di un gruppo minoritario di esal-
tati, non può in alcun modo intaccare la missione e il messaggio
della Chiesa”.( http://www.uccronline.it/tag/cirillo-ipazia/ ).
151. Ronchey, p. 66-67
152. Idem, p. 64
153. Matteo, 12. 30
154. Idem, 10.34
155. Odifreddi, p. 160
156. Molto spesso identificata non solo con le suore cristiane, ma
anche con una certa categoria “femministe” moderne.
157. Codex Theodosianus, XVI, 10.24
158. Rassias, 2010, p. 60-61
159. Idem, p. 62
160. Codex Justinianus, I, 11.7
161. Idem, I, 11. 8
162. Rassias, 2010, p. 81
163. Malamas in Rassias, 2010, p. 84
164. Vedi la sua profezia sbagliata a Marco, 9.1
165. Rassias, 2010, p. 86
166. Rassias 2010, p. 87
167. Codex Justinianus, I, 11. 10
168. Marco, 11. 14
169. Galeno era uno dei più famosi medici dell’antichità
170. Rassias, 2010, p. 92
171. Poulianos, 1962, Università di Mosca
172. vedi Bryan Ward-Perkins, “La caduta di Roma e la fine della
civiltà”
173. Che si autodefiniva “Impero Romano” mentre in Occidente
lo chiamavano “Impero Greco” perché la lingua parlata rimase
quella greca e là l’“Impero Romano” veniva chiamato il “Sacro
Romano Impero Germanico”. Quest’ultimo fatto crea ancora con-
fusione siccome perfino alcuni storici professionisti parlano di
“greci” intendendo i bizantini senza distinguere tra il “greco” nel
senso dell’uso comune, che sarebbe il grecofono, e il “greco” nel
senso storico-culturale che sarebbe il greco antico pagano.
Cristianesimo sanguinario 147

174. Lamprou, p.247


175. Il fatto provoca naturalmente scalpore quando viene riferito
a persone che non conoscono la realtà greca moderna, ma la cosa
ancora più impressionante è che nella stessa Grecia questa situ-
azione sembra normale. Infatti, anche chi fa delle critiche verso
il sistema d’istruzione greco non parla mai del fatto scandaloso
dell’assenza dell’insegnamento della filosofia e della mitologia
nelle scuole.
148 Sotirios Fotios Drokalos

INDICE

Introduzione................................................................................. Pag. 5
Persecuzioni contro i cristiani?................................................... Pag. 9
Costantino, il primo imperatore cristiano.................................. Pag. 12
I successori di Costantino ........................................................... Pag. 42
Giuliano, il grande difensore della civiltà greco-romana.......... Pag. 52
Restaurazione e imposizione definitiva del regime cristiano.... Pag. 68
Verso il Medioevo cristiano...................................... ................... Pag. 114
Giustiniano, l’atto finale della devastazione del mondo greco.. Pag. 130
Occidente e Oriente cristiani....................................................... Pag. 136
Note................................................................................................ Pag. 141
Bibliografia essenziale.................................................................. Pag 149
Cristianesimo sanguinario 149

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