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TR.ADUZIONE DEGLI
ECCELLENTI SIGNORI
M.M. R . R .
i SIMÓN CAL1MAKIÍ
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1
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CON L I C E N Z A D E S U P E R I O R ! .
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T lJL'i gPlídraeliti hanno parte nel Mondo Venti*.
giufta il verfcj, che dice»* Ed il tuo Popó-
lo tuttrgiufti in eterno erediteranno la térra, rain®
delle mié piante» opera delle míe mani per eííere
glorificara,.
- j w n * yvfirvh rrovn * ? D D mtn b p nton
rrnop c a r á i * o w a ? ? D^prr D^pf?
* c n ñ i rr¿fe TOÉ* on'* rft'nrj noD¿
.-itygl *n¿inDñ;pbn iTp^ní * p s b w p fin
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3 z 3 W Antigono
AntigonoSocorano, ebbe la rradizione da S¡mn*
g o n , il Giuílo, Egíi íoleva diré: Non ¡late come
que' Servi, che fervono il Padróne, coll'inrenz'on®
di ricevere premio; ma fíate come que* Serví, che
fervono il Padrone, fenza inrenzione di ricevere
premio, e fiar? timorati di D i o .
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Rabí Cháñánjá figlio diNgákafcia díCévá: H a
voluto il Santo Benedetto Signaré far merkevoJe
Ifraele; p eí do rnoínplicó loro Leggi, e P r e c e t f i ;
giuíla il Verfo, che dice: il Sigñore ha volata, pee
farlo m e n t a r e , che s' íngrandifca h L e g g e * e
áurneñtí«
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onVti niDlir' onjriii Dnrbn
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Egli foleva diré: Vogli c i ó , che vuol D i o ; ae*
ciocché egli vóglia c i ó , che tu vuoi. Annulla ií tuo
volere peí volere di D i o ; acciocché aunulli il volere
, altrui peí rao volere,
rrrr t m ^ a f pí ^nü
4
^ y p . ]T\v ]^
ILabán Jochanán figfco di Z a c c a i , ebbe la trad-
dizione da Hjlel e da Sciamai. Egli foleva direr
fe appr.endefti mólta X-egge, non l'attribuire a tua
bontá; che per ral fine fofti creato.
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Rabí Simngón diceva: fíi puntúale nella Lec-
tura del Sciemáng, e nell' Orazione. Quando fas
Orazione, non orare per confuetudine ; ma per
chiedere pietá, e mifericordia dal Signore, giufta
il Verfo che dice; E ' c l e m e n t e , e pietofoegli; (o£-
f e r e n t e , e magno di Mifericordia. £ non ti diíE»
nire mai Reprobo.
il principale follecitan t e .
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ñ u t o s ^ s n p ^nipi^D^riprTpo t&yn
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Rabí Chaniná Prefidente de' Sacerdori dice va 3
Fa orazione p: r la pace del Governo; perché fe
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nírttf pía
t e f e , e fúTTcrltto riel libro di memoria avanti elfo
a pro de'termfttí del" Signore» e d.¡ quelli, c h e ve-
nerano il fuo n o m ? . ísloa ho prova, ehe per d u e ¡
d'onde prova ¡i, ch'eziandio fe uno fedeffe, e s'im-
piegaífe nello iludió della divina i-egge, il Santo
Benedetto Signore gli d-rlHna premió ? Dalla glofa
del Verfo, che d i c e : ftará falo; e contcmplerá che
accettó fopra di luí.
: "osínifr*]nfennrV&-qtíidnjkzJ-wn rjna
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Rabí Nechunja figlio di Hakaná diceva: que-
g l i , che fi forropone al giogo della divina L e g g e ,
leva da fe íleífo il giogo d I governo, e del mon-
darlo e í e r c i z o : e ciafcheduno, che (carica, da fe
;
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n^T3TNv'i¿k Dip^n Srs Í E W t f •'iná IV'Éj*
Rabí Chala'phrá abitante della. villa di Chañan-
ja diceva; Se dieci ílanno affaccendati in Giudizio,
* j 5 3 ;la
t a Divinitá* alberga fra eífí; giufía la glofa del Ver.
i b , che dice: íddio é .affiftenre neíla Congrega de"
Giudici. D'onde provali, fe fbífero eziandio cinque?
Dalla glofa del Verfo, che dice: e la fuá compa-
gnía iopra la térra fondamentó. D ' o n d e provaü.»
íe foíTero eziandio tre ? Dalla glofa del Verfo,. che
d i c e : ira Giudici g i u d i c h e r á . D ' o n d e provaíi, fe
foíTero eziandio due ? dal Verfo che dice: 'Alloraché
fi parlaron© i ternenti del Signore uno ah" alero, af-
coltó il Signore, ed i n t e í e . D ' o n d e provafi, fe fof»
fe eziandio uno? Dalla glofa del Verfo, che dice í
In ogni luogo, che permetteró, che fi menzioni il
mió nome verró a r e , e ti benediró.
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Rabi Elngazar figlio di Ngazarja diceva; C h i
Bon ha ftudio della divina Legge, non é fociabilej
Chi non é fociabíle, non ha ftudio della divina
L e g g e . Chi non ha virtü, non ha religione per-
fetta, chi non ha rel'gione perfetra, non ha virtü.
Chi non ha prudenza non ha fapere, chi non h a
fapere, non ha prudenza. Chi non ha fariña, n o a
fea ftudio; chi non ha iludió, non ha fariña.
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Rabí Jochanán figlio di Beroká dice v a : Se ale
no pecca con ifcandalo anche di pochi, Iddio fi p
ga di lui p u b l i c a m e n t e : tanto fe lo fcandalo feg
in errore quanto viziofamente.
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Rabí Jeudá díceVa: avveríifci quando ííudii£
perché fefbagljperdifattenzione ,commetripeccato»
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Rabí Simngón diceva: T r e Coroné vi fono,
della divina L e g g e , del Sacérdozio, e dell* Impe*
r i ó ; roa la Corona della buona fama fupera ciaf-
cheduna d* elle»
•na^ntnba"i&g iijr^n»tífiyft
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:ppi^DDanto
Rabí Jangakov diceva: Quefto Mondo é fímt.
íe ad un Atrio, rifpetto al Mondo venturo; prepa»
rati nelPAtrio, per poter entrare nel Palazzo.
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Rabí diceva: Non far cafó del "Vafo, ma di
c i ó , che contiene; giacclíé vi fará un Vaíb nuovo
pieno di Vino veccbio, ed un Vafo vecchio, in
cui non é per anche Vino nuovo,
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Dieci etá corferp d' Adarri fino a Noach; per
far faper¿ eiuanto. di foíferenza ut:. lddip» .nientre
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cutce qaelle etá continuavano ad irritarlo, finochd
fecc ven iré fopra dí eú*e l'Acque del Diluvio.
Mare.
£0 ^b°n pis¡
Con dieci prove, provarono i noílri Padri fe
pieú del Santo Benedetto Signore neí Deferto,
giuíra il verfo che dice: e provarono mé giá dieci
volre> é non ubbidirono alia mia r o c e .
9
w p ^ N> ipiu ¿pt¿? fei; ]i"in^ ]í"ra fei T
:0513a,pn^ni • hps*nfenttot
5 c ttc?
22 ' r é n pía
Sette cofe •fi'-oflervano nell' Ignorante, e fetre
íiel Savio: II3ayip non parla ayanti chi é rnaggio*
re di luí di fapienza, o di e t á . Non entra nel^ra-
¡gionamento de! fuo compagno. Non e. impaziente
á rifppndére. Dirnanda a proppfito, e rifponde a
doyere. Difcprre con ordine . Per quello che non
capilce, dice non ho capito; e cede alia veritá,
L'oppofto di queftc cofe fi vede nell'Ignorante.
;*na.nj£tf D ^ r i s t a n i ^ i s ^ p rro&
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.:j¿n nto¿ W ayi *rihriri hiD'h' tóti i
T T- ; v T T T • y:
Sette forte di fupplizj vengono al Mondo per
fette graviíTjmi peccati. Quando parte degli Uomi»
rii le.yáho le Decirne, e parte non le leva-no; Ca*
reftía per caufa di íiccitá viene, coíicché altri pe*
nurianp, ed altri abbondano* Se univerfalmente
non leyano íe D e c i m e ; CareÜía per caufa di defo-
lazione, e íiccitá v i e n e . Se neppure levano la
C h a l a , Careflia per caula di confumamento viene.
:rrjrotórn'Ts^i*^ 'rrd? ron:?
Viene la Peíte per quelle mprti minacciate nelía
divina Legge , di cui'npn fu comrneífa Y efecuzione
•agrUomini, e per quelli, che íi trattengono l'en»
:trate delí'anno Sabbaticp,
Viene la Guerra per il ritardo della Giúfíiz.ia,
per le ingiuftizie, e per quelli, e-be' fpieja-no. .finí-"
ftramente la divina L e g g e . (
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Qpattro fono le qualitá degli Uomini nell'In»
tereffe: Chi dice: il mió é tuo, ed il tuo é m i ó ;
é un Ignoran*e. Chi dice; c¡ó ch* é mió é m i ó ,
e cid ch* é tup é t u o ; queft'é V ufo ordinario ;
ed altri d i c o n ó , queft'é l'ufo di Sedóm.Chi d i c e :
ció ch'é mió, é tuo, e ció c h ' é tuo, é tuo¿ é un
Hbuón n o m o . Chi dice: c i ó , c h ' é m i ó , é mió, é
ció che é tuo, é m i ó ; é un Empio.
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Ciafcheduno,: c h e / a mentare il Pubblico., non
' p e c o a r i í f e a i i e 'c.isfchedttH.(P c b e j a peccare. i|. Pu6*
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r " ' ' ' folio? *•
na v
Jron pis
blico, non avrá modo di far penitenza. Mosé mé-
rito, e fece mericare il Pubblico, il mérito del Pub-
blico fi applica a lui; giufta la glofa del Verfo»
che dice: La Giuftizia del Signore amminiftró, ed
i fuoi giudizj con lfrael. Jarovngám peccó, e f e c e
peccaré il Pubblico, il peccato del Pubblico li ap*
plica a l u i , giufia il Verfo, che dice .".Per i pee-
cati di Jarovngám, che p e c c ó , e fece peccare
lfrael. .
>p TTnypp úhn unzi ripbp ia *d
rirónpDnn^Dnai n ^ ^ r n r a í j urna**
ttísji/nato? ni"ivriav¿ ix*y&h ¿ybzbp.
fhb-\HTOWD T O K bp vynb^ypyi
re. f
tua L e g g e .
*;IF'Mjia4 na ^isní na .^ISNNBÍN ja ja
fm - jftíH "njpi * Ha ri^ai a^pi. ^rjri nai
taiÉ? *ñpiá Nnkrtla/n^n naíb'nip i ?
' , ; ; w : f i s -\";^;' .; : c
^ FVIN'já f ¡ 9 • fñWate'ntn:tptj
,
: , Dice Rabí leofciüahg figlío di Levi l a ciafche*
Váaü giorno s'ode una voce ncl Monte Chpreb, che
-•-•'••'-•4' • 3 * --
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• " I - /¿ ?líl>li<í^r
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pybblica, e dice : Guai-.a coloro, c h e oíFendono
divina L e g g e ; che ciafcheduno che, non s' i.rnpie»
ga nel di leí iludió, di vien fcacciato dalla prefenz^
di D i o , giufta la gloía cfel Verfo che d j c e ; Cerchi el-
lo, d 0i o in Ñarice di Porco, e bella Don na per-
!
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mw® win oa* nnD aleo np^ "a
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n r a t a ^ ¿ p ; n ^ n^nn tai n t ^ ¿ ; ^ ó ^ P
:*;n^sipty-j5p^td; ^naxjp ^ a
4- 4 1 1 Quefta
otip pis
Quena é" la "maniera d'impoííe^farfi <iel-!a divina
L e g g e : Se puré fofamente pane, e fale doveffiman-
giare> bere Acqua ;a mifura, fopra la íleffa Teirra dor-
m i r é , e p'atire per finta, la toa v i t a ; ;devi tatcayia
- arTatticarti per i' acquiflo di eífa; pero fe fái -/cOsíi
beato tu e bene per t e ; beato tu in-queftoMondo,
e bene per te, nell'. altro. Non neercare-dignjráj^ne
ambire onori, piü di ció che apprendi,-opera, e
non defiderare la Menfa de' R e ; perche é maggicfe
la raa Menfa che, la loro, é parimente la 4ua, Cóxp- :
^¿'teai: d í n a i r p ^ ^ ^
• mtripb^pa fp¿-pa \snpba *a^a * b ^ p ^ n T
ontrón - '
Dife'n ^n'Tpyp Tipan ^ ¿ ^ p y p ' r o q ¿ !
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E di maggior. Eccellenza la Divina L e g g e , che
il Sacerdozio e l'Imperio; perché-aírImperio fi arri-
va per trenca gradi, ed al Sacerdocio per ventiquat-
t r o : ma della Legge fi fa acquifto col mezto di qua-
rantaotto c o f e , cioé con Jo ftudio > con í' áttenzione
d'orecchio* con la pfonunzia delle. k b b r a , con l*
intelligenza, con timore, con iimHrá, con^allegrez-
za,_ col fervire a Savj, con l'acutezza de'Gétáápagni „
con le difpute de* Difcepoli, con pofatezza-di m e n t e ,
con lo ftudio del letterale, con lo ftudio della Mif*
na., col darfí poco allaMereatura, con poco fonno»
con poche defizi'e, con poco rifo, con praticar po-
co il Mondo, con efler fofferente, aver buon cuore»
credenza a' Savj , con fopportar i cailighi, ricono-
i c e r il fuo grado, contentarfr di cío che fi. h a ,
lar- riparo alie fue parole, non/attrrbuiré bontá a
fe fteftb, procurare d'eífer amato amando/ I d d i o ,
'amando le perfone, amando le Carita, amando J e
'•correzioni, amando J e .reitltudini, allontahando-
fi dagli oaoíí, n o n ' Infuperbmdofi per il fuo ftiv
~ dio
dio, non rallegrandofi nel dar Sentenza , foppcr*
rando ií giogo del fyo proffirno, giudicandolo n
buona parte,, ammaeílrandolo «ella Veritá, ed in»
fegnandogli a feguire la pace , quando da pati^
fa al fuo rtudio; che dimanda, riíponde, che af~
coica per ággiugnere Dotrrina, impara con inten-
2 i o n e d'infegnare, e impara con intenzione d'efe-
guire» con acuire Pingegno del Precettoré, e dili-
gentemente conferiré la fuá lezione». e recitando*
©gní cofa a nome del fuo aurore, Dal fucceffo ap-
prendí; che chi d¡ce cofa per nome del fue» autorév
ápporta redenzione al Mondo, giuíra ir Verfo c h e
dice; E dice Efter al R e per nome di Mordocai.
tengono
W pi§
fengono ad effa , e cadauno d e ' fuoi foílentatori e
beato. E dice alero Y e r f o : Che Ghirjanda di gra*
zia fono aj• tuo Capo, e Cpllana alia tua Gola. E
dice altro Y e r f o : dará al juo; Capo Ghirianda di
g r a z i a , cqrona di gfqria ti r i p a r ; á . E dice altrOf;
i p l K r p ^ 3 ¿ D ^ ^ i ^ s n V o Í 3 ^ 3 ptfpr .ni¿¿
^plái tfafo ^pV'ilálPris p^ifi3 nií^sri
^n3'niK3^^Viteonanrtn^i3i n¿Vn nism
' 1' 5 ' T ; ti ••- T • . ' ' •x - - ' • • T ' • TT ; - • T : IT 5
: i Í 3 3 r j p t 'TDI p ^ T T O l ]T"5¿
Jtabl Simngó.n figlio di Menas ja per nome di
R a b í Simngqn figlio, di Jochai d i c e v a ; La beliezza,
la f o r z a , la riephezzaV r p n o r e , ja fapienza, la ve-
t r e z z a , ed i Figli fono cofe proprie per i giufti, e
flan no bene al Mpndo, giufta il' V e n o , che d i c e :
. C o r o n a ' d i ' g l o r i a e la v e t r e z z a , nella vía di Carita
yien trovará; e dice altro Verfo; Corpna de'Vecchj
fono, i Figli d e ' F i g l j , e gloria d e ' F i g l j fono. i. loro
Padri.' E dice alero Verfó: Gloria d e ' g i o v a n i é la
loro F o r z a r e decoro d e ' V e c c h j é la v e t r e z z a . E
dice altro V e r f o : E - f i vitupererá la L u n a , e íi
confonderá
cohfbnderá ií Solé, parché-'regnd ií Signore degíí
eferciti. nel Monte jdi Sióüy~e ^n/iGerufeialáiífi * e-
alla prefenza de* íuoi Yec,cbj^Cará*T onore^ " u
niip y a t . ^ ^ ^ ^ ^ ^ S l ^ l i W ^ ^ I
1
- Rabí Simngón ¡figlio di Menasjajdi<?gva: . Que»
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ífifass ^:D$O n r ^ D s n ^ -miíO *
^ Dice Rabi Jofsé figlio di Kifma: Una volta andan*
í©^ysrC^ággT»\m''jneoítífró*'tírí* U o m o , mi falutó »
ed io^ljkrefi -i¡.-> f a í u « v Mi difie,:-Rabi, abitarefti
con nó'r che ib ti córrifponderei un rniiione di de*
'ñau' d'Orat^Edl id rifpofi: f e : t i r m i daffi -turto T
«rg^ntójcéd'oiroche trovad al Mondo, non abite»
. r e í , c h é ' j n ^ b g o i ove -prbfeflafi la Legge divina»
(Cosí-le^e,ndolÍ-nei libro de' Salmi di David R e d'
ífraele': Mt giovapiü ía Legge della tua bocea che
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