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Monica Meini

Turismo culturale e identità locale.


Riconsiderando il ruolo del paesaggio*

Le eredità culturali sono sempre più considerate come risorse eco-


nomiche che, nel contesto dei processi di terziarizzazione accelerata delle
economie, sono destinate ad assumere crescente rilevanza. La valorizza-
zione del patrimonio culturale può rappresentare, quindi, uno degli obiet-
tivi basilari su cui fondare percorsi di sviluppo sostenibile per molte re-
gioni ricche di eredità del passato suscettibili di diventare vere e proprie
risorse per il futuro. Il processo attraverso cui un oggetto presente sul
territorio può diventare un «bene culturale» è tuttavia alquanto com-
plesso. Esso passa necessariamente attraverso un riconoscimento di va-
lore oggettivo e su ampia scala, ma la dimensione soggettiva dell’attri-
buzione di un valore affettivo e identitario da parte della popolazione
locale, che avviene quindi a scala territoriale, è altrettanto importante.
Come hanno mostrato alcune ricerche condotte in Italia a questo ri-
guardo, la percezione del bene culturale come risorsa può essere nutrita
nel contesto di due distinte prospettive: da un lato, una prospettiva endo-
centrata, nel senso che il bene culturale è considerato una risorsa desti-
nata alla fruizione della comunità locale; dall’altro lato, una prospettiva
eso-centrata, nel senso che il bene culturale è considerato una risorsa per
lo sviluppo del turismo1.
Il presente contributo intende discutere l’opportunità e le concrete
possibilità di sinergia tra le due prospettive. Dopo un breve quadro sul
ruolo del turismo culturale in Italia, si affronterà il tema del rapporto
fra turismo e cultura locale, evidenziandone i rischi di conflittualità ma
anche e soprattutto le opportunità per rimettere i luoghi al centro di

* In ricordo di Adalberto Vallega, Presidente dell’Unione Geografica Internazionale,


che a questi temi ha dedicato parte delle sue ultime preziose energie, sollecitando l’at-
tenzione dei geografi italiani e stimolando non poco le riflessioni dei più giovani.
1
Si fa riferimento in particolare alle ricerche condotte nel contesto nazionale del
Progetto finalizzato Beni Culturali – Sottoprogetto 4 Archivio biologico ed etnoantro-
pologico – Progetto integrato: Beni culturali materiali e gestione del territorio, cui la
scrivente ha preso parte attiva. Si veda Vallega (2000).
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una nuova politica volta ad uno sviluppo turistico che significhi anche
sviluppo territoriale nel suo complesso. Il paesaggio, in quanto forma di
equilibrio fra passato e presente e terreno d’incontro fra abitanti e turi-
sti, può avere oggi un nuovo ruolo come catalizzatore dell’attenzione
nella ricerca e nella comprensione profonda delle vocazioni territoriali e
delle radici autentiche dei luoghi.

Il turismo culturale in Italia


L’industria del turismo è di enorme rilievo economico per l’Europa
e per l’Italia, ma questo settore si trova oggi a fronteggiare una con-
correnza internazionale agguerrita, tanto che nella graduatoria mondiale
degli Stati di maggiore attrazione turistica il nostro Paese sta perdendo
di anno in anno posizioni, superato non solo da Paesi europei come
Francia e Spagna, ma anche dagli Stati Uniti e da Paesi emergenti come
la Cina. Nonostante l’enorme patrimonio culturale e ambientale dispo-
nibile a fini turistici, e l’eccellenza dei suoi valori (fig. 1), il contributo
del settore turismo al complesso dell’economia italiana appare minore
rispetto ad altri Paesi europei ed extraeuropei. Non è questa la sede per
indagare i motivi di questa discrasia. Pare invece opportuno riflettere
sulle potenzialità di uno dei segmenti con tendenza di crescita fra le più
elevate nel panorama internazionale, secondo le proiezioni al 2020 del-
l’Organizzazione Mondiale del Turismo (WTO)2: il turismo culturale.
Dal punto di vista culturale e ambientale, l’Italia offre un patrimo-
nio enorme e ampiamente diversificato: dalle grandi città d’arte a piccoli
borghi di pregevole interesse storico-architettonico, dai grandi eventi cul-
turali alle manifestazioni paesane volte al recupero delle tradizioni nella
gastronomia e negli antichi mestieri. Ma l’attrattività culturale del nostro
Paese risiede anche in un’organizzazione del territorio e in quadri am-
bientali che in molte regioni riflettono un equilibrio geostorico di cui le
forme del paesaggio rendono conto ancora oggi. L’immagine Italia, così
come emerge in un recente rapporto dell’ENIT (2005) sull’importanza
del turismo culturale nel nostro Paese, è legata profondamente al con-

2
I segmenti con i trend di crescita più significativi, secondo le proiezioni WTO
2000-2020 (indagine sulle tendenze turistiche generali), sono i seguenti,: 1 turismo bal-
neare; 2 turismo sportivo (sport invernali e nautici); 3 turismo di avventura; 4 turismo
ambientale; 5 turismo culturale; 6 turismo nelle metropoli; 7 turismo rurale; 8 crociere;
9 parchi tematici; 10 convegni e congressi; 11 turismo benessere.
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Figura 1 - I primi dieci Paesi per numero di siti culturali ed ambien-


tali UNESCO

Fonte: www.worldheritagesite.org

cetto di cultura, che non va inteso solamente come ricchezza artistica e


architettonica, rappresentata dai singoli beni culturali, ma anche come
patrimonio di valori territoriali: un patrimonio, quindi, paesaggistico, ga-
stronomico, artigianale, folkloristico.
Dall’indagine ENIT emerge un’attenzione sempre maggiore proprio
alle tradizioni ed al patrimonio enogastronomico del nostro Paese, ac-
compagnato da un interesse per lo stile di vita italiano3. Soprattutto
emerge, da parte della clientela internazionale, il forte interesse per i cen-
tri minori, con itinerari anche fuori dal comune e auto-organizzati, se-

3
In Germania si stanno affermando viaggi regionali a tappe per la scoperta del ter-
ritorio e delle realtà minori, soprattutto per il turismo individuale. Nei Paesi Bassi, in
Belgio e in Lussemburgo si registra una propensione alla visita dei centri minori e del-
l’Italia meridionale, spesso in abbinamento a forme di turismo enogastronomico, visite
a luoghi storici, castelli, ville e poi sempre più anche festival, eventi, o itinerari attra-
verso centri di restauro e botteghe artigiane, dove fare shopping e seguire corsi. Diffusi
presso una clientela esigente e spesso «repeaters» (turisti che scelgono più volte la stessa
destinazione turistica) i «walking tours» alla scoperta di centri minori per una cono-
scenza approfondita dei luoghi, abbinando spesso al turismo culturale quello sportivo.
L’Italia meridionale e i centri storici minori si vanno affermando, dopo che nel Regno
Unito, in Spagna e in Portogallo, anche negli USA, in Giappone, in Australia e in Nuova
Zelanda, dove la tipologia di prodotti offerti va dagli itinerari come tour archeologici,
storici, culturali e musicali a quelli enogastronomici con corsi di cucina, magari in resi-
denze d’epoca.
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condo un’evoluzione della domanda resa possibile dalla diffusione di In-


ternet e dei voli low cost. E, se queste sono le caratteristiche della do-
manda internazionale, possiamo dire altrettanto di quella interna: è sotto
gli occhi di tutti come la generale riscoperta dei valori tradizionali da
parte degli stessi italiani, sempre più alla ricerca della ‘tipicità’4, costitui-
sca un’importante spinta motivazionale per la mobilità del fine settimana
e non solo.
In linea di massima, quello del turismo culturale è un segmento di
mercato meno influenzabile dalle variazioni di prezzo e con un effetto
moltiplicatore del valore aggiunto più marcato di quello di altri segmenti
più noti e diffusi, come il turismo balneare. È un segmento in crescita
perché consono alle tendenze generali del consumo turistico, sempre più
di breve durata ma di maggiore frequenza nell’arco dell’anno. Inoltre, si
tratta generalmente di una domanda colta, orientata ad una visione uni-
taria del nesso cultura-ambiente-economia, consapevole che in Italia,
come in altri Paesi del Mediterraneo, lo stretto connubio uomo/habitat
caratterizza profondamente sia la vita dell’ospite che quella della comu-
nità ospitante e che l’ambiente è un aspetto culturale qualificante del ter-
ritorio. Il turista culturale è quindi un turista tendenzialmente rispettoso
dei criteri di sostenibilità, consapevole di contribuire al mantenimento e
alla tutela delle risorse culturali5.

Turismo e territorio fra identità e sviluppo


Dando per certa la crescita del turismo e nella consapevolezza che
l’attività turistica produce mercificazione dei luoghi e consumo di risorse

4
La tipicità è una delle rivelazioni di questi anni. Applicata soprattutto ai prodotti
agroalimentari, ha conosciuto di recente una vera e propria esplosione. Anche i cartel-
loni pubblicitari delle catene della grande distribuzione alimentare reclamizzano piatti e
prodotti tipici e non passa giorno senza leggere sulla stampa di manifestazioni legate alla
promozione di questi ultimi. Si veda Cassi e Meini (2004).
5
Non è questa la sede per un’analisi dettagliata della domanda relativa al turismo cul-
turale e della rispondenza della destinazione Italia alle esigenze di tale domanda. Ci limi-
teremo a rilevare che, nonostante l’elevata capacità di spesa del turista culturale, uno de-
gli aspetti di criticità del nostro Paese resta la scarsa competitività nel rapporto qualità/prezzo
con altre destinazioni internazionali. Altri due aspetti di criticità consistono nella man-
canza di diversificazione dell’offerta e nella scarsa promozione della destinazione, sia nel
suo complesso sia delle singole regioni. Non sempre i tour operator sono in grado di dare
offerte convincenti, sia dal punto di vista del rapporto qualità/prezzo, sia –inevitabilmente-
come risposta alle esigenze particolari e sempre più diversificate del cliente-turista.
Turismo culturale e identità locale 171

ambientali6, la sfida è quella di tenere conto della capacità di carico de-


gli ambienti in una prospettiva di lungo periodo, in modo da affrontare
il tema della sostenibilità in senso pieno, e di rimettere il territorio al
centro della riflessione e dell’azione politica, anche dal punto di vista tu-
ristico.
Non possiamo fare a meno di ricordare che molte risorse culturali,
ambientali e naturalistiche, sono soggette a deterioramento, non sono ri-
producibili, né si può aumentarne l’offerta. Se la valorizzazione turistica
oggi è riconosciuta come un’opportunità di sviluppo anche in molte re-
gioni dell’Italia meridionale, dove l’ambiente e il paesaggio possiedono
un valore intrinseco, tuttavia tale opzione non deve andare a scapito
delle generazioni future e quindi occorrono impatti graduali e control-
lati, anche per mantenere il vantaggio reciproco delle comunità locali e
dei visitatori, ovvero degli insider e degli outsider, senza depauperare le
risorse ambientali: il turismo si deve insomma mantenere coerente con
le specificità culturali e naturali dei luoghi.
Il turismo culturale trova la sua raison d’être nella voglia di locale,
di radici, di milieu e si colloca nell’ambito di un’accresciuta sensibilità
per l’ambiente, perché si basa sulla consapevolezza del legame profondo
esistente fra cultura e natura, per cui non può esserci salvaguardia del-
l’ambiente se non si riconoscono e tutelano le culture che l’hanno uma-
nizzato e non può esserci eredità culturale se non si rispetta l’ambiente
che l’ha prodotta. È evidente a questo proposito l’importanza della me-
moria storica del territorio, che sta alla base della cultura locale: en-
trambe componenti di rilievo nei processi di sviluppo sostenibile. Il vero
turista culturale parte dalla consapevolezza che l’industria turistica spesso
porta con sé la massificazione e la falsificazione della risorsa, la quale
perde in questo modo quel requisito di autenticità tanto ricercato.
Quello che serve, nei territori di accoglienza, è un recupero della re-
sponsabilità diretta dei luoghi e delle popolazioni nell’opera di valoriz-
zazione e gestione dell’attività turistica, per fare in modo che i valori lo-
cali non debbano abbassarsi a squalificato mercimonio, ma offrano la
possibilità a chi vuole visitarli e conoscerli di esplorare davvero il senso
non scontato delle diversissime combinazioni ambientali e culturali esi-
stenti sulla superficie terrestre: creando l’opportunità di un rapporto non
conflittuale fra turismo, ambiente ed economia locale; creando anzi le
condizioni per un vero sviluppo locale.

6
Si veda l’interessante saggio di Lozato-Giotart (2003) sul rapporto tra finalità tu-
ristica e finalità territoriale.
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È a livello territoriale che si definiscono l’identità storico-sociale e le


complesse relazioni fra ambiente e gruppo umano. Il territorio è infatti
l’esito di cicli successivi di civilizzazione nel corso dei quali sono state
cercate, e trovate, forme di equilibrio particolari fra le proprietà fisiche
del luogo e le attività umane. In questo modo si è costruito, nel corso
del tempo, un insieme di valori riconosciuti e condivisi che sono stati
attribuiti sia a singoli elementi sia al territorio nel suo complesso. È at-
traverso questa attribuzione di valori culturali a connotati fisici e antro-
pici, a elementi materiali e immateriali, che si esplica il grado di tecno-
logia e di cultura di un gruppo umano e si attua il processo di appro-
priazione culturale dello spazio fisico, a cominciare dall’atto stesso di
denominazione dei luoghi. Ed è in conseguenza di questa attribuzione
di valore che vengono individuate particolari risorse ambientali degne di
essere immesse nel processo di ‘valorizzazione’ economica.
Storicamente si conoscono, a livello locale, fasi cosiddette di territo-
rializzazione, in cui si realizzano le condizioni per un gioco a somma
positiva delle relazioni e degli equilibri sia all’interno del sistema terri-
toriale sia fra questo e l’esterno, e fasi di de-territorializzazione, in cui
prevalgono le spinte alla destrutturazione delle relazioni e degli equili-
bri fra ambiente fisico e contesto antropico. Tali spinte verso la de-
strutturazione dello specifico territoriale e dell’identità locale possono
avere varie origini, che si manifestano in forme e correlazioni diverse a
seconda dei territori di riferimento: dallo spopolamento all’eccessiva cre-
scita demografica, dall’abbandono alla mercificazione della cultura locale,
dall’industrializzazione omologante alla colonizzazione turistica.
Anche il turismo può insomma rappresentare un fattore determinante
di destrutturazione del territorio, qualora esso venga a rompere equili-
bri precedentemente raggiunti e il sistema locale non sia in grado di in-
dirizzarne l’apporto verso una nuova finalità territoriale, che non è solo
economica.
Compito della formazione e della ricerca universitaria, nella valoriz-
zazione delle specificità culturali locali a fini turistici, è quello di offrire
strumenti di conoscenza e di competenza adeguati ai sistemi territoriali
locali per leggere il proprio territorio, interpretarne le vocazioni, creare
reti sia al suo interno che con il mondo esterno. L’obiettivo è dunque
quello di fare crescere un sistema ospitale locale, capace di attuare azioni
di informazione, formazione, animazione, promozione e commercializ-
zazione che valorizzino le vocazioni locali in un’ottica di internaziona-
lizzazione senza che il territorio perda la propria identità.
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Un ruolo nuovo per il paesaggio


«Le persone e l’ambiente sono componenti costitutive dello stesso mondo,
che non serve considerare nei termini di una distinzione binaria tra natura
e cultura. Nella percezione del mondo e nel consumo delle risorse (utilita-
rio o simbolico) i significati incorporati negli oggetti ambientali sono tratti
da quel mondo nelle esperienze dei soggetti. La percezione del mondo e la
costituzione di quel che è rilevante o irrilevante per la gente non funzio-
nano nei termini di una ‘lavagna ambientalmente vuota’ su cui percezione
e cognizione hanno origine, ma nei termini della storicità e delle esperienze
vissute in quel mondo. […] il paesaggio è sia medium per l’azione che ri-
sultato dell’azione e di precedenti storie dell’azione. I paesaggi sono speri-
mentati nella pratica, nella attività della vita»7.

Il paesaggio è una costruzione continua. Il turista che oggi ammira la


landa desolata del Grand Canyon dalle strade d’asfalto costruite in fun-
zione dell’itinerario automobilistico, non è uno spettatore asettico ma
contribuisce anch’egli a lasciare tracce che in futuro saranno lette e com-
mentate da altri. Nonostante che a lui sembri di scoprire una natura pri-
mitiva e originaria, è un fatto che altri prima di lui hanno creato quel-
l’immagine. Tutta l’ideologia dei parchi statunitensi si fonda sul mito della
natura originaria, sull’immagine della «wilderness», ciò che divenne il pae-
saggio di fondazione dei «newcomers», degli europei, che si convinsero
che quelle fossero terre vergini, mai abitate prima. Non possiamo quindi
pensare di imbalsamare un paesaggio, ma il paesaggio va rispettato e pro-
tetto, perché la sua qualità geostorica rappresenta una grande risorsa.
Oggi si registra un orientamento comune a considerare la protezione
del paesaggio e quella delle eredità culturali come due aspetti di un’u-
nica realtà; così è giusto che sia, dal momento che il paesaggio è il pa-
trimonio culturale per eccellenza del territorio. Tale orientamento, nella
società, si è affermato soprattutto in seguito alla Convenzione Europea
del Paesaggio, un documento adottato dal Comitato dei Ministri della
Cultura e dell’Ambiente del Consiglio d’Europa, in cui si afferma che
il termine «paesaggio designa una determinata parte di territorio, così
come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di
fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni»8. Una definizione

7
La citazione di Ch. Tilley (1994, p. 23) è tratta dal volume di M. Neve (2004).
8
La Convenzione Europea del Paesaggio è stata firmata a Firenze il 19 luglio 2000,
ratificata dall’Italia con legge 2 gennaio 2006 n. 148 (G.U. n. 16 del 20 gennaio 2006,
Suppl. ord. n. 16), ed è entrata in vigore dal 1° settembre 2006.
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questa che riflette in larga parte l’evoluzione del concetto di paesaggio


che si è avuta nella disciplina geografica.
Quello di paesaggio è un concetto specifico dell’approccio geografico
allo studio del mondo, che proprio per questo ha prodotto tra i geo-
grafi interpretazioni non sempre unitarie; possiamo tuttavia esprimere
tale concetto come sintesi visibile, sensibile e intelligibile dell’interazione
dinamica fra le componenti naturali (fisiche e biologiche) e le compo-
nenti umane che si realizza in un territorio9. La geografia ha anche sa-
puto produrre un metodo di studio – di lettura e interpretazione, dice-
vano maestri come Sestini – del paesaggio: esso si effettua mediante una
serie di passaggi logici che vanno dalla descrizione all’analisi, alla inter-
pretazione, alla previsione e alla progettualità, a partire dalla scala a cui
si vuole operare. In geografia, dunque, la descrizione di un paesaggio è
già qualcosa di progettuale, nel senso che è una descrizione orientata a
spiegare i nessi e le relazioni che, costruiti nel corso di tempi naturali e
umani più o meno lunghi, rappresentano delle determinanti per il fu-
turo di un territorio.
La gestione del paesaggio deve essere in grado di orientare ed ar-
monizzare le trasformazioni determinate dalle esigenze della società, ga-
rantendo la conservazione dei caratteri che lo hanno connotato. Questo
concetto è diventato uno dei capisaldi della Convenzione Europea, a cui
si affianca il concetto del diritto-dovere che ogni cittadino ha nei con-
fronti del paesaggio, sancito dal Codice dei Beni culturali e del Paesag-
gio, secondo cui il paesaggio costituisce un fattore per il benessere in-

9
Secondo il Sestini (1983; 2° ed. 1985, pp. 14-15), «In ogni luogo, o meglio por-
zione anche molto piccola della superficie terrestre […] coesistono numerosi fenomeni,
intesa questa parola nel senso più largo, sia di oggetti concreti […] sia di manifestazioni
dinamiche […]. Essi costituiscono un insieme, che per lo più si rivela almeno parzial-
mente ai nostri sensi, in particolare alla vista: ogni luogo, cioè, assume un’apparenza,
una fisionomia, un paesaggio, che ci consente di prender contatto conoscitivo con quel-
l’insieme. Tuttavia la ‘percezione’ immediata di tale insieme non è esattamente uguale
per ogni persona, rimane più o meno soggettiva. L’indagine geografica si pone il com-
pito di analizzare l’insieme per ricomporlo poi in una sintesi, così da conoscerlo e com-
prenderlo nel modo più razionale possibile. L’insieme non è semplice accostamento o
compenetrazione di fenomeni distinti. Ciascuno di questi influenza in maggiore o mi-
nore misura gli altri, tanto che si stabilisce un tessuto di relazioni, generalmente reci-
proche, per cui quell’insieme costituisce una unità organica. Ogni fenomeno occupa in
questa un posto funzionalmente determinato, e il mutamento di uno porta cambiamenti
più o meno sensibili negli altri, immediatamente o in un tempo di varia durata. Per-
tanto questi insiemi terrestri si collocano tra i sistemi. Parte dei fenomeni sono stretta-
mente fisici, altri di natura biologica, altri ancora riguardano l’uomo.»
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dividuale e sociale, contribuisce alla definizione dell’identità regionale e


rappresenta una risorsa strategica che, se opportunamente valorizzata,
diventa uno dei fondamenti su cui basare lo sviluppo economico10.
In questa stessa direzione si è mossa anche l’UNESCO, che da al-
cuni anni va proponendo alle scuole di tutto il mondo di sviluppare la
conoscenza dei beni culturali ambientali e dei paesaggi dei luoghi in cui
si vive, attivando processi di riconoscimento di siti come patrimonio
mondiale. Nella lista del Patrimonio mondiale dell’UNESCO vengono
iscritti i beni che hanno «un valore universale eccezionale» dal punto di
vista storico, artistico o scientifico, in base alla Convenzione interna-
zionale sulla protezione del patrimonio mondiale culturale e naturale del
1972. Dal 1995 il Centro del Patrimonio Mondiale ha revisionato e am-
pliato le indicazioni degli Orientamenti, aggiungendo i criteri per defi-
nire i paesaggi culturali, intesi come opere congiunte della natura e del-
l’uomo. Tale categoria di beni, che «illustrano l’evoluzione della società
e degli insediamenti umani nel corso dei secoli, sotto l’influsso di solle-
citazioni e/o di vantaggi originati nel loro ambiente naturale e delle forze
sociali economiche e culturali successive, interne ed esterne», devono ri-
spondere al requisito di valore universale eccezionale sulla base della loro
«rappresentatività in termini di regione geo-culturale chiaramente defi-
nita e del loro potere di illustrare gli elementi culturali essenziali e di-
stinti di tali regioni»11.
Per quanto riguarda il turismo, oggi stiamo assistendo ad una do-

10
D.L. recante il «Codice dei Beni culturali e del Paesaggio», ai sensi dell’articolo
10 della legge 6 luglio 2002, n. 137.
11
I criteri cui un sito, un complesso o un paesaggio devono rispondere sono:
1. rappresentare un capolavoro del genio creativo dell’uomo;
2. avere esercitato un’influenza considerevole in un dato periodo o in un’area cul-
turale determinata, sullo sviluppo dell’architettura, delle arti monumentali, della
pianificazione urbana o della creazione di paesaggi;
3. costituire testimonianza unica o quantomeno eccezionale di una civiltà o di una
tradizione culturale scomparsa;
4. offrire esempio eminente di un tipo di costruzione o di complesso architetto-
nico o di paesaggio che illustri un periodo significativo della storia umana;
5. costituire un esempio eminente di insediamento umano o di occupazione del ter-
ritorio tradizionale, rappresentativi di un’area culturale (o di culture) soprattutto
quando essa diviene vulnerabile per effetto di mutazioni irreversibili;
6. essere direttamente o materialmente associato ad avvenimenti o tradizioni viventi,
idee, credenze o opere artistiche e letterarie con una significanza universale ec-
cezionale (criterio da applicare solo in circostanze eccezionali o in concomitanza
con altri criteri).
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manda crescente di ‘paesaggi nuovi’, ancora da scoprire, per cui lembi


di territorio finora trascurati potrebbero essere efficacemente inseriti in
particolari percorsi di valorizzazione, anche in un’ottica di integrazione
con i luoghi turistici più conosciuti e frequentati. Certamente va rico-
nosciuta la necessità, e l’opportunità, di predisporre adeguati percorsi di
conoscenza volti a suscitare l’interesse dei visitatori per itinerari insoliti,
per territori posti fuori dai sentieri battuti, ma nello stesso tempo tali
percorsi di conoscenza devono essere in grado di attivare processi di
consapevolezza nella popolazione locale, stimolando un’appropriazione
mentale del significato dei segni espressi nel paesaggio ed un’attribuzione
di valore funzionale al processo di sviluppo futuro.
Non va dunque sottovalutato il ruolo del paesaggio, che, al di là della
sua indiscussa funzione estetica, può costituire il fattore chiave di un
percorso virtuoso di conoscenza-consapevolezza-valorizzazione-sviluppo.
Il paesaggio è, come si è detto, una costruzione frutto di una strati-
ficazione temporale, e i segni che ancora oggi vi si possono leggere sono
una via per procedere da ciò che si vede alla individuazione e identifi-
cazione di ciò che non si vede: fattori fisici ed umani, morfostrutture e
patrimoni culturali, relazioni economiche, rapporti di produzione, valori
sociali. Già da tempo il paesaggio viene usato come marchio di qualità
per promuovere l’immagine turistica di una regione o la vendita di pro-
dotti tipici locali. Il salto qualitativo che appare necessario fare oggi è
di utilizzare il paesaggio per favorire la conoscenza delle caratteristiche
del territorio.
Il territorio di oggi può essere visto, infatti, come la risultante di una
rete di relazioni che sono conseguenza di scelte compiute nel passato in
base a determinati valori, oggi magari completamente cambiati. Il terri-
torio conserva sempre un patrimonio culturale, che è costituito di com-
ponenti materiali (rilievi, acque, boschi, campi e relative forme, edifici
per abitare, per produrre, ecc.) e immateriali (tradizioni culturali, cono-
scenze, saperi), cioè è fatto di risorse naturali e storiche, di capitale fisso
accumulato e di cose immateriali come i beni relazionali: il cosiddetto
capitale sociale e cognitivo locale, ovvero la capacità dei soggetti di fare
squadra, di trasmettere dei saperi locali che non potrebbero essere im-
portati da fuori, è quel deposito di cultura, di saper fare, che esiste in
ogni territorio. Ed è questo deposito che può diventare attrazione di un
turismo culturale ad impatto territoriale positivo.
Nei territori sono insomma depositate una quantità di risorse allo
stato potenziale, latenti, da mettere a frutto. Quando si dice «patrimo-
nio territoriale» si fa perciò riferimento a un intreccio di componenti
Turismo culturale e identità locale 177

del sistema ambientale, considerate come risorse e non come vincoli, per-
manenze territoriali di lunga durata, valenze umane, componenti del mi-
lieu sociale e culturale nonché caratteristiche delle culture locali, siano
esse produttive, artistiche, o saperi ambientali. Tali componenti materiali
e immateriali costituiscono delle potenzialità che per diventare risorse
devono essere riconosciute e valorizzate dagli attori locali, dai soggetti
e dalla comunità nel suo insieme.
Gli stretti legami fra paesaggio e territorio, che scaturiscono dai con-
cetti di paesaggio-risorsa e di territorio-patrimonio ora ricordati, pos-
sono giocare un ruolo importante nelle opportunità di sviluppo locale
solo se la popolazione riesce a mettere in atto opportuni processi di va-
lorizzazione.
Non pare giusto, né opportuno, vedere solo gli aspetti negativi del
rapporto turismo-territorio ed interpretare il rapporto fra turismo e so-
stenibilità ambientale solo in termini conflittuali, da cui deriverebbe una
politica prettamente vincolistica di pianificazione e controllo. Nel recu-
pero di un rapporto attivo e consapevole della popolazione locale con
il paesaggio stanno, a nostro avviso, le maggiori potenzialità di uno svi-
luppo integrato, che sappia porre il turismo nella giusta relazione con
le altre attività economiche e con le peculiarità ambientali.
Certo è che la popolazione locale deve essere affiancata e magari gui-
data, e qui sta il ruolo della formazione permanente. Molto può essere
fatto per recuperare la memoria storica del territorio quale volano dello
sviluppo locale, dando ad esempio un’adeguata importanza allo scambio
di saperi intergenerazionale. In presenza di un’imprenditoria giovanile
opportunamente sollecitata, il coinvolgimento degli anziani può infatti
concorrere efficacemente al recupero dei saperi tradizionali legati all’e-
conomia domestica (prodotti alimentari tipici) e agli antichi mestieri (ar-
tigianato tipico), così come nella raccolta dei nomi di luogo, che rap-
presentano una significativa forma di trasmissione della cultura locale.
Ad esempio, il nuovo artigianato e il recupero delle pratiche tradizio-
nali di particolare interesse storico, etnografico e culturale possono far
parte di quel bagaglio di attrattive locali che contribuiscono allo sviluppo
turistico, così come le produzioni tipiche del settore agroalimentare.
Una comunità locale consapevole del proprio ambiente, nel suo si-
gnificato più completo, saprà meglio mettere a frutto le potenzialità del
proprio territorio e saprà offrire al meglio il paesaggio a coloro che vo-
gliono visitarlo perché padrona della sua lettura e interpretazione. Solo
su queste basi una comunità considererà valori i ‘monumenti’ del pas-
sato (dai siti archeologici alle dimore rurali), li conserverà e li valoriz-
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zerà; solo se consapevole delle caratteristiche oggettive e dinamiche del


suo ecosistema, e dunque solo se consapevole dell’importanza della bio-
diversità, essa rinuncerà all’utilizzo economico di un terreno per non in-
terrompere un corridoio ecologico, che magari in tal modo potrà en-
trare nel complesso dei beni da offrire al visitatore.
Una comunità consapevole delle caratteristiche della propria identità
saprà offrire meglio i propri prodotti, mettendo il visitatore in grado di
entrare davvero in sintonia con i luoghi.
Qui la geografia ha indubbiamente un suo ruolo, formativo oltre che
informativo. Imparare a ‘passare dal paesaggio al territorio’, secondo il
percorso che abbiamo ora individuato, vuol dire abituare a comprendere
il significato che sta dietro ai segni, evitando un pericoloso processo di
immobilizzazione del paesaggio provocato da un uso solo estetico del-
l’immagine paesaggistica, del marchio sganciato dall’ambiente che lo ha
prodotto.
È in virtù di tali considerazioni che la scrivente è da anni impegnata
nell’esperienza diretta della costruzione di itinerari per il turismo cultu-
rale12 e in una metodologia di indagine che consente di operare, sul ter-
ritorio, una ricongiunzione tra passato e presente in una prospettiva fu-
tura: con l’obiettivo di ricomporre la dissonanza fra veduta e paesaggio
geografico, fra approccio estetico e conoscenza scientifica, fra i punti di
vista diversi degli insider e degli outsider; con la consapevolezza che il
paesaggio rappresenta un catalizzatore di sensazioni ed emozioni utili ad
innescare il desiderio di carotaggi geostorici alla ricerca dell’identità locale.

Riferimenti bibliografici
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